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Vincenzo Binetti 281 ROBERT S. DOMBROSKI CREATIVE ENTANGLEMENTS: GADDA AND THE BAROQUE University of Toronto Press: Toronto, 1999. 151 pp. L 'approccio critico all'epistemologia gaddiana proposto da Dombroski in questo volume si fonda, come si evince già dal titolo, su di un utilizzo del "barocco" come possibile chiave di lettura del complesso discorso poetico ed intellettuale dello scrittore lombardo. Ciò che rende comunque interessante il presente lavoro non è tanto l'intuizione di una presenza barocca all'interno dell'estetica gaddiana, cosa tra l'altro già nota a chi ha una certa familiarità con questo autore, quanto il provocatorio invito a (ri)leggerne l'opera considerando appunto la componente barocca oltre che un'interessante peculiarità dello stile anche e soprattutto un fattore politico-ideologico destabilizzante e "distruttivo" in grado di combattere, come suggerisce lo stesso Dombroski, "the outrages of modern exsistence: namely, the conflictual life of risk and hazard generally associated with capitalist modernization" (ix). Indubbiamente un'interpretazione critica di questo tipo, che si avvale tra l'altro dei contributi teorici di studiosi come Walter Benjamin, Fredric Jameson and Gilles Deleuze, inserisce senza difficoltà il lavoro di Dombroski all'interno di un più ampio e certamente attualissimo dibattito intellettuale che riguarda non solo l'epistemologia gaddiana ma anche una rivisitazione ontologica del sapere stesso. La frammentarietà e l'apparente irrazionalità peculiari del postmoderno-che vede appunto una messa in discussione della razionalità e della linearità di una visione aristotelica del reale- trovano infatti in Gadda un interlocutore privilegiato proprio perchè la sua scrittura diventa in un certo senso lo "specchio" nel quale si riflette con tutta la sua problematicità il disordine di questo "mondo barocco". Ecco allora perchè il barocco diventa per Gadda un'arma capace di contrastare attraverso la sperimentazione di un linguaggio nuovo il vuoto lasciato dalla "retorica dei buoni sentimenti" ed allo stesso tempo un imprescindibile riferimento teorico che gli permette di articolare la complessità ed il caos della modernità; una frammentarietà in altre parole che lo scrittore si prefigge semplicemente di registrare ed esaminare nei suoi minuti dettagli all'interno della propria opera in quanto essa stessa elemento peculiare della realtà barocca in cui vive: Vincenzo Binetti 282 "thus if Gadda is 'baroque', he is not so on account of a love for artifice and ornament, but because the world itself is baroque" (4). L'autoreferenzialità del soggetto Gadda e "the authorial intention" che si propongono come oggetti essi stessi e parte integrante di tale caoticità spingono perciò Dombroski ad esplorare la biografia gaddiana alla ricerca di elementi che possano aiutare il lettore a chiarire e a comprendere meglio il complesso messaggio poetico-intellettuale di questo scrittore. Ecco allora nel capitolo II-dopo un primo capitolo introduttivoDombroski affrontare con lucidità e chiarezza la questione dell'autobiografia gaddiana quale emerge da due testi fondamentali in questo senso come il Giornale di guerra e di prigionia e Il castello di Udine. L'esperienza di Gadda come soldato nella Prima Guerra Mondiale, evento traumatico ed eccezionale nella vita dello scrittore ed a cui si fa riferimento costante soprattutto nel Giornale, viene così esaminata attentamente da Dombroski per far luce su importanti aspetti "psicofìsici" della figura gaddiana e sull'impatto che essi avrebbero avuto poi nella sua più matura produzione poetica. L'analisi introspettiva delle proprie nevrosi e lo scrupoloso e dettagliato resoconto diaristico della sua esperienza di soldato che Gadda ci propone infatti nel diario, servono, secondo Dombroski, a mettere in evidenza già da allora una "instabilità" di fondo che si rivela anticipatrice dell'espressionismo barocco gaddiano ed esprime perciò, allo stesso tempo, una tensione costante tra "reale" e "ideale", tra il bisogno di ordine e di chiarezza autoriale e la caoticità implicita del mondo esterno. La guerra, infatti, in quanto evento emblematico di una realtà collettiva frammentaria e "barocca" che ha ormai contaminato irreparabilmente la sfera privata del soggetto, diventa in altre parole "a representation, a theatre of dramatic movement between the subject and its world: a baroque spectacle" (25). In questo senso anche Il castello di Udine, in cui Gadda ritorna ad indagare sulla vicenda bellica dopo un arco di tempo di circa dieci anni, costituisce un momento di riflessione "malinconica" del soggetto narrante sulla frammentarietà del reale; ciò si traduce in una scrittura caratterizzata appunto da una varietà di registri linguistici e stilistici ed in cui domina spesso il "grottesco". Il testo si distacca così, sempre secondo Dombroski, dalla canonicità di certa letteratura di guerra del periodo e si propone invece con la sua problematica caoticità come fattore destabilizzante dell'orizzonte d'attesa di un pubblico di lettori abituato invece a ben altri e più rassicuranti resoconti bellici, ma anche come testimonianza esemplare di un soggetto narrante irrimediabilmente coinvolto e frammentato nel processo stesso di Gadda and the Baroque 283 dislocazione del reale: "the combination of dissociation and hysteria... produces a spectacle in which every tendency to embellish the fragmented self with some lyrical continuity is defeated" (34). Nel capitolo III, emblematicamente intitolato "Creative Bodies: Theory and Practice of the Grotesque," Dombroski continua la sua esplorazione del barocco gaddiano soffermandosi questa volta sul significato problematico che il concetto di " s e l f assume all'interno della poetica di questo scrittore. Mentre il soggetto "in crisi", infatti, costituiva nella letteratura dei primi del novecento un punto di riferimento imprescindibile e focale del processo narrativo ma proprio nel suo stesso narrarsi proclamava comunque la centralità del suo mito, in Gadda il punto di partenza è invece, come sottolinea giustamente Dombroski, "a virtual killing of the s e l f (43), un momento di riflessione cioè etica ed estetica sulla sua necessaria decentralizzazione: "to extract the self from representation by making its existence as a narrative structure problematic" (43). Partendo da questi presupposti teorici il critico prende in considerazione diverse opere gaddiane ed in particolare Meditazione milanese, un testo importante proprio perché elaborazione filosofica sul sapere ο meglio sulla sua inerente instabilità ed i cui fondamenti teorici risalgono, secondo Dombroski, non solo a Leibniz ed al suo concetto di monade ma anche e soprattutto a Bergson: "Knowledge for Gadda is thus a becoming in the Bergsonian sense of duration, that is, a continuous enlarging of experience; simply stated, a process" (45). Considerando inoltre che il "soggetto" in Gadda ha ormai perso la sua centralità e la sua autorevolezza proprio perché è parte integrante della frammentarietà barocca del reale, Dombroski suggerisce-tramite una provocatoria lettura della rappresentazione del corpo ne La cognizione del dolore e in Quer pasticciaccio brutto de via Merulanacome il "grottesco" e la satira diventino per quest'autore non solo un'arma efficace per combattere la tradizione e le sue formule narrative convenzionali, ma anche e soprattutto uno "specchio" capace di riflettere "the degradation that art and the artist undergo under industrial capitalism" (53). I capitoli IV e V-anch'essi ricchi di interessanti ed innovativi suggerimenti teorici ma che per ovvie ragioni di spazio non è possibile discutere in maniera approfondita in questa sede-ritornano ad esaminare con più ampio respiro critico-teorico sia La cognizione del dolore che Quer pasticciaccio. Attraverso una convincente analisi psicanilitico-filosofica della figura di Gonzalo, il protagonista della Cognizione, e della sua malinconica e quasi amletica ricerca dell'Altro, Dombroski dopo aver seguito possibili interpretazioni freudiane e post- Vincenzo Binetti 284 freudiane delle nevrosi di questo personaggio e del suo rapporto di odio-amore con la madre giunge poi a rielaborale e ad arricchirle alla luce di più recenti contributi come tra gli altri quelli di Gianfranco Contini e Gilles Deleuze. Se infatti, "according to Contini, what frees the text from the bounds of neurosis is the totally liberating laughter it generates" (81), allora è possibile constatare ancora una volta come la parodia ed il grottesco diventino uno strumento efficace nelle mani dello scrittore per portare avanti la sua polemica e per riaffermare la sua più matura estetica barocca. Ecco perchè l'immagine emblematica della madre di Gonzalo moribonda sul letto, con cui si chiude il romanzo, rappresenta il simbolo problematico di una "entire tradition of narrative art and language which he has caused to swell into caricature, denigrated and deformed, made the object of the whirl of his schizophrenic vision" (94). Nel capitolo V invece Dombroski affronta la complessa questione stilistico-ideologica di Quer pasticciaccio cercando di spiegare come in effetti la dialettica tra voce narrante e parlate locali e la non "compiutezza" stessa della storia narrata facciano, come voleva anche Calvino, di questo giallo sui generis un problematico romanzo filosofico. Il testo, infatti, che vede come protagonista proprio la città di Roma, capitale dello stato-nazione italiano e sede emblematica del regime fascista, si colloca provocatoriamente con la sua inequivocabile struttura barocca che non ammette facili connessioni di causa ed effetto e con la polifonia espressionistica del suo stile "maccheronico" in opposizione alla canonicità ed alla tradizionale epistemologia del genere romanzo. Come suggerisce infatti lo stesso Dombroski: "Gadda's intention is not to construct, à la nineteenth-century novel, a minute system of causes, but, through perpetual displacement, to create a parody of the need for casual exactitude and specification" (97). Facendo riferimento ancora una volta a Deleuze, Dombroski sottolinea inoltre come l'approccio migliore al testo sia quello di cercare di spiegarsi la complessità polisemica ed intertestuale del barocco gaddiano in quanto "transition", un universo multiforme e dispersivo cioè che ha perso la sua centralità ma non necessariamente la sua unità di fondo: "the distribution or collection of phenomena are not the result of random observation; rather, they...have an inner unity which governs their movement, a movement which is virtually infinite" ( 105). Il libro si chiude infine con un'appendice su Gadda e il fascismo in cui Dombroski, utilizzando in maniera lucida e scrupolosa una serie di interessanti citazioni dai testi saggistici e giornalistici gaddiani che hanno specifica attinenza con questioni politico-ideologiche, cerca di portare alla luce e di spiegare in maniera più trasparente la ormai Gadda and the Baroque 285 inequivocabile, anche se spesso contraddittoria e controversa, simpatia dell'autore per certa retorica fascista ed il suo reazionario sostegno al regime. Partendo infatti dai suggerimenti dal recente intervento critico di Peter Hainsworth su questo argomento, Dombroski analizza in modo abbastanza convincente l'atteggiamento autoriale verso la dittatura cercando di spiegarne slanci celebrativi e momenti di parodico diniego, sia da un punto di vista socio-culturale-e quindi andando ad esplorare la provenienza di classe borghese ed il background familiare conservatore dello scrittore-sia da un lato più strettamente psicologico e personale, cercando di risalire ai bisogni autoriali di ordine, sicurezza e "dignità" ed all'aspetto narcisistico del suo problematico anti-fascismo. Dando voce in maniera convincente e ben documentata all'ansietà ed al senso di "placelessness" che anima e contraddistingue il barocco gaddiano e cercando di far luce nell'universo caotico e frammentario della sua affascinante e problematica vicenda intellettuale ed umana, Dombroski offre senza dubbio con questo libro un contributo stimolante ed indispensabile agli studi critico-teorici su questo autore e sulla sua opera. VINCENZO ΒINETTI University of Michigan, Ann Arbor, Michigan