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«Non c’è mai stato bisogno di telefonarsi», così Anna Maria Gandini
ricorda i primi anni della Milano Libri, la libreria che ha fondato
nel 1962 insieme a Laura Lepetit, Vanna Vettori e Franco Cavallone.
È lì, in via Verdi, accanto alla Scala, che un gruppo di amici comincia
a ragionare di libri e fumetti attorno alle novità che arrivano da
New York, Londra e Parigi. Nel 1957 Anna Maria, figlia di Guido
Gregorietti, direttore del Museo Poldi Pezzoli («le prime notti a
Così, vent’anni più tardi, Gandini ritornava con legittimo orgoglio
sugli esordi della rivista, spinto da Fulvia Serra, insieme a Cettina
Novelli, una delle colonne della redazione negli anni eroici. Val la
pena di ricordare, anche se è già stato fatto più volte, il dialogo
tra Elio Vittorini e Oreste Del Buono, sollecitati da Umberto Eco,
che apre il primo numero di Linus e offre una piena legittimazione
culturale ai Peanuts. I tre dialoganti non sono scelti a caso: Vittorini,
già su «Il Politecnico» aveva dato spazio ai fumetti di Li’l Abner
e Barnaby, inserendo poi, nella mondadoriana collana dei Nuovi
Milano, era il 1949, arrivavamo da Roma senza una casa, abbiamo
dormito nel Museo ancora chiuso per i danni della guerra»), aveva
sposato Giovanni Gandini, famiglia d’origine di Fontanellato, laureato
in Giurisprudenza, un lavoro alla Ricordi di Nanni Ricordi, ma già
con la vocazione dell’irregolare. Gli amici di Giovanni, Bruno e
Franco Cavallone, Ranieri Carano, Francesco «Ciccio» Mottola,
compagni della facoltà di Legge in via Passione, sono i primi
frequentatori della Milano Libri che presto diviene anche casa
editrice per tradurre i primi fumetti dei Peanuts in Italia. Arriva
Charlie Brown! (1963), con prefazione di Umberto Eco, allora
giovane redattore della Bompiani, ma già intellettuale a tutto
campo in procinto di scoprire la semiologia, e Il secondo libro
di Charlie Brown (1964) sono i primi due titoli. Il successo dei
libri, subito ristampati, incoraggia l’idea di dar vita a una rivista.
Gandini, insieme a Ranieri Carano, prende contatto con la United
Feature Syndicate ottenendo un contratto di traduzione delle
più importanti strips d’oltreoceano. Così, nell’aprile 1965, in
una stanza di via Cernaia, negli uffici di Nanni Ricordi, nasce il
primo numero di Linus. «Un divano verde e un registratore che
funzionava male, Vittorini con l’iterazione, Eco da presentatore
e Del Buono da protagonista. Sembrava tutto bello, intelligente,
fino a quando qualcuno non disse che era retorico, vecchio, melenso.
Forse ha ragione, ma era la prima pagina di una rivista nuova, uno dei
tre o quattro momenti di editoria italiana di questo secolo».
Scrittori Stranieri, accanto a scrittori come Perec, Johnny Hart
con L’antichissimo mondo di B.C. (1965). Del Buono, di una
generazione più giovane, forma il suo gusto per la cultura popolare,
come i coetanei Calvino e Fellini (che saranno vicini a Linus),
alternando la visione dei film di Hollywood a Flash Gordon e
Mandrake, oltre che agli autarchici Bertoldo e Marc’Aurelio. Eco,
un po’ più giovane, sono gli anni di Diario minimo (1964), trova
nelle nevrosi dei Peanuts uno specchio della società contemporanea
(Schulz è accostato a Salinger).
La redazione di Linus si sposta dopo pochi mesi in due stanze in
un cortile di via della Spiga 1, ospite di Baldo e Carla Pellegrini.
La via allora non aveva l’aspetto da duty free che ha oggi, e accanto
al fruttivendolo, al panettiere, alla scuola elementare frequentata
da Gandini negli anni trenta, c’era la casa editrice di Livio Garzanti
e nascevano le prime boutique del prêt à porter come Cose, Adriana,
Dorothée Bis o Gulp! (nome sintomatico) in via Santo Spirito.
Sfogliando le prime annate colpisce la funzionalità della grafica
che riesce a trovare un linguaggio comune tra il fumetto americano
contemporaneo (Peanuts, B.C, Jeff Hawke), storico (Braccio di Ferro,
Li’l Abner, Krazy Kat), le strisce e l’illustrazione d’artista francese
(Copi, Roland Topor, Jean-Michel Folon, Jean-Claude Forest), il
Bristow di Frank Dickens, l’omaggio ai classici dell’illustrazione
italiana (Antonio Rubino o il Il Corriere dei Piccoli), gli autori
italiani (Neutron di Guido Crepax da cui nasce Valentina, il primo
Una storia milanese
La libreria Milano Libri
in via Verdi 2.
La bicicletta appoggiata
al muro è il segnale che
Anna Maria Gandini «is in».
A fianco alcuni libri
pubblicati da Milano Libri
Edizioni: Charles M. Schulz,
Arriva Charlie Brown!
(1963), Al Capp, L’il Abner,
Il cittadino Yokum (1966),
Frank Dickens, Bristow,
l'impiegato del diavolo
(1968).
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vero fumetto «adulto» di casa nostra), oltre a che una serie di articoli
di ottimo livello, spesso con funzione pedagogica, sulla storia e sui
problemi del fumetto firmati da Vittorio Spinazzola (nel gruppo anche
la moglie Renata in qualità di traduttrice), Franco Cavallone e Oreste
Del Buono che stigmatizza, per esempio, la moda del fumetto nero
alla Diabolik. Temi e autori con tratti molto diversi ma che riescono
a coesistere, grazie alla grafica sobria e funzionale di Salvatore
Gregorietti (fratello di Anna Maria Gandini), formatosi a Zurigo e
a quel tempo socio junior di Bob Noorda e Massimo Vignelli nella
I luoghi del divertimento sono il Santa Tecla, il primo Derby
di Cochi e Renato, il cabaret di Franco Nebbia. Poi ci sono gli
artisti che danno una nuova impronta alla musica leggera come
lo stralunato e geniale Jannacci degli esordi, Nanni Svampa, i
cantautatori della scuderia di Nanni Ricordi come Luigi Tenco,
Giorgio Gaber, Gino Paoli, il giovanissimo Ricky Gianco (di cui
Gandini organizza una memorabile festa per i 16 anni) o i nuovi
talenti della CGD diretta da Franco Crepax.
Cresce intanto il pubblico degli spettacoli di Dario Fo e Franca Rame.
Certosino Passamuri,
di Sandro Somarè,
e un disegno di Emilio Tadini
pubblicati su Il Giornalone.
(1973).
Unimark International. Oggi siamo abituati alla compresenza di
testo e immagini, ma la messa in pagina di Gregorietti e Gandini era
nuova e immediatamente «classica», anche per l’uso dell’Helvetica
come carattere passepartout. Indimenticabili i colori delle copertine,
riservate a un personaggio dei Peanuts, con qualche eccezione, solo a
partire dal 1969, per Bristow e pochi altri.
La rivista va prendendo una linea anche attraverso un referendum
tra i lettori (1966) da cui si apprende che i fumetti preferiti sono Peanuts
e B.C, le riviste più lette sono L’Espresso, Epoca, L’Europeo, i film
più visti quelli di 007 e di Sergio Leone.
Nel 1967, attraverso un secondo sondaggio, si viene a sapere che «il
linusiano medio ha 24 anni, ama l’Inghilterra, è radical-socialista o
liberale». La capitale ideale è la swingin’London, i punti di riferimento
sono Dylan, Bob Kennedy, i Beat e i Beatles.
Nel 1966 muore Elio Vittorini e Umberto Eco scrivendone su Linus,
si rivolge così ai giovani lettori: «vorrei che leggendo le storie di
Charlie Brown sapessero che qualcuno, un giorno, aveva saputo
stupirsi e riflettere anche su queste cose, perché tutto può diventare
importante se è visto con interesse e spirito critico, unito a una
ilare e curiosa serenità». La morte di Vittorini è un passaggio
di stagione. A Milano ora si colgono i prodromi della società
di massa: una nuova generazione di artisti, scrittori, funzionari
editoriali, grafici, giornalisti, pubblicitari, che spesso viene dalla
provincia (la citazione d’obbligo è La vita agra), produce una
nuova cultura in cui si mescolano l’alto e il basso, la fascinazione
per gli Stati Uniti e la riscoperta della cultura popolare italiana.
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Nelle pagine di Linus Emilio Tadini (personaggio chiave come
crocevia tra i diversi ambienti culturali milanesi) scrive dell’Orti
Film Studio di Giulio Cingoli, Nicola Falcioni, Giancarlo Carloni
e Margherita Saccaro. Loretta Strong di Copi è rappresentato al
Teatro Gerolamo diretto da Umberto Simonetta. Per tacere di una
nuova generazione di artisti, le «ultime avanguardie» che mettono in
discussione gli insegnamenti dell’Accademia di Brera dove ancora
insegna Achille Funi. Quasi tutte le persone citate sono amiche della
coppia Gandini, frequentano la libreria, a volte scrivono su Linus.
Qualcuno un po’ più anziano (il discrimine è la Seconda guerra
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mondiale) come Eric Linder, il grande agente letterario, li osserva
divertito e curioso e si chiede cosa combineranno questi giovani.
Nel 1965 non è ancora così chiaro.
Che direttore è Gandini? Pochissimi gli articoli firmati, ma sua è la
scelta delle copertine, l’impaginazione, la revisione delle traduzioni
– è Cavallone il traduttore «principe» che conia per i Peanuts il
neologismo «toffolette» per marshmallows o «Santa polenta» per
Good Grief, piuttosto che grande cocomero per great pumpkin –, si
occupa della posta dei lettori che, attraverso risposte molto ironiche,
Due supplementi «speciali»
di Linus.
spesso brevissime, è una chiave per comprendere il tono della
rivista. Già dal 1966 escono numeri speciali, prevalentemente di
fumetti, come Linusestate, Linusgiallo, ProvoLinus, Asterlinus
(col debutto dell’eroe di Goscinny e Uderzo), mentre nel 1968,
in un Linusrosa, fa la sua comparsa Tintin. I numeri allegati o
speciali proseguono per tutta la direzione Gandini.
Al terzo anno di vita, nel 1967, vengono introdotti racconti di Italo
Calvino (accompagnati da bei disegni di Tadini), Luigi Malerba e
Giorgio Soavi con illustrazioni di Folon di cui lo scrittore è stato
un po’ il mentore italiano.
Il fatidico 1968 non passa indenne nemmeno per Linus: Gandini
si trova casualmente a Parigi nei giorni del joli mai e salva Copi
dalle ire della polizia, ma nel numero di agosto, in una risposta a un
lettore afferma che «traducendo dal cro-marcusismo e dal levitico
straussismo si ottiene: Linus non è una rivista rivoluzionaria.
Si accontenta di ironizzare sul costume e forse anche sulle strutture
sociali cercando di divertire».
Non abbastanza per Oreste Del Buono che, qualche anno dopo
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(1976), imputa alla scarsa propensione di Gandini per la politica
la perdita di una nuova generazione di lettori che, dopo il ’68,
avrebbero voluto una rivista più schierata politicamente.
Afferma Del Buono: «Ci toccava imparare. Imparare ad aver coraggio.
A non accontentarci del divertimento dei fumetti che pubblicavamo, a
non accontentarci dell’anticonformismo che ci ostinavamo a perseguire,
a non accontentarci del gusto delle scelte che veneravamo».
Lo ritiene poi responsabile di una chiusura verso gli autori italiani
«tranne qualcuno come Guido Crepax, suo amico sino dall’infanzia
o amico dei suoi amici d’infanzia» e fa il caso di Alfredo Chiappori
che è pubblicato su Linus solo attraverso lo sforzo congiunto suo e
di Ranieri Carano (redattore semifisso della rivista). Del Buono, che
diverrà nel 1972 direttore di Linus, dopo che la rivista è stata ceduta
a Rizzoli, conclude: «riconoscerò sempre che senza la genialità di
Gandini non si sarebbe esistiti mai, ma la tirannia dello snobismo a volte
è maggiormente paralizzante di quella del capitalismo». Sono parole
forti, da condividere solo in parte. Se si prendono in considerazione le
iniziative editoriali di Gandini: Linus (senz’altro la più importante),
Il Giornalone, Uffa o anche quelle solo progettate, il tratto comune mi
pare sia la complicità, il lavoro che diventa gioco tra un gruppo di
persone che si conoscevano dai tempi dell’università (i Cavallone,
Mottola, Carano, Manlio «Califfo» Villari) o anche da prima come i
fratelli pittori Guido e Sandro Somaré.
La politica per Linus era al massimo l’America radical di Jules
Feiffer, ma nello stesso 1968 si rende piuttosto omaggio all’eleganza
di Sergio Tofano – Gandini cercò invano di convincerlo a risuscitare
il Signor Bonaventura – e all’eterna giovinezza di Cesare Zavattini,
mentre Guido Crepax, intervistato da Marisa Rusconi, è ormai un
personaggio e il primo volume di Valentina esce in quell’anno da
Milano Libri. Non risulta però che la rivista abbia perduto copie.
Negli ultimi anni della direzione Gandini si introducono nuovi
autori come Ralph Steadman, Bob Blechman, il classico Sempé,
Doonesbury di Garry Trudeau, si indaga il fiorente fumetto argentino
attraverso gli articoli di Marcello Ravoni, sono invitati a collaborare
Cochi e Renato, allora comici surreali della televisione in bianco
e nero; esce perfino un singolo numero (1970) di un’edizione inglese
di Linus con Frank Dickens come editor e Steadman (che di lì
a poco avrebbe dato manforte ad Hunter Thompson nel gonzo
journalism) come art editor. La redazione (una stanza) era in
King’s Road, indirizzo strategico nella Londra di allora.
Ma la città più vicina all’indole di Gandini è Parigi dove, insieme
ad Anna Maria, incontra regolarmente gli amici Topor, Copi,
Arrabal e la colonia di artisti e scrittori d’origine argentina che
aveva in Julio Cortázar il punto di riferimento, e ancora Jérôme
Savary, Jean-Claude Forest (Barbarella). Visite spesso ricambiate a
Milano o nella casa in Sardegna dove la coppia Gandini trascorreva
una parte dell’estate e dove nascevano iniziative un po’ folli
come un fotoromanzo organizzato da Savary con Copi come
attore pubblicato sulle pagine di Ali Baba, rivista che nasce come
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Due numeri unici: il Linus
UK (1970 e Uffa (1981).
La copertina di Ali Baba
e il retro con il secondo
titolo: Robinson.
Una pagina del fotoromanzo
di Jerome Savary con Copi
attore protagonista.
supplemento di Linus. Responsabile ne è Oreste Del Buono:
attorno a lui Gandini, Carano, Cavallone e Giuseppe Trevisani, il
grafico che lavorava con Del Buono fin dai tempi de Il Politecnico.
Il primo numero è del dicembre 1967 e pone i lettori di fronte a
una doppia testata per scegliere il nome della rivista: Ali Baba o
Robinson? La scelta cade sul primo e nel numero d’esordio, molto
cosmopolita, sfilano i nomi di Topor, Fernando Arrabal, Folon,
Cortázar, Wolinski, Nicola Biggelow, nuovo personaggio di Frank
Dickens, Dick Tracy, Jeff Hawke e Valentina di Crepax, unico
ricco di una trentina di titoli che meriterà di essere studiato più
approfonditamente: colonna portante sono i volumi dei Peanuts,
a cui si aggiungono un paio di volumi di Topor, un’Enciclopedia
del fumetto a cura di Oreste Del Buono, il teatro di Fernando
Arrabal e quello di Copi, Al Capp (Gli Shmoo), il prodigioso Paolo
Poli che, con la collaborazione di Ida Omboni, firma Rita da
Cascia (1968) e CarolinaInvernizio (1970), due libri tratti dai
suoi spettacoli, Jules Feiffer con Piccoli assassini (1970), Frank
Dickens con Bristow, l’eterno Sempé con Complicato, ma non
autore italiano di una rivista a metà tra letteratura e fumetto che
dura un paio d’anni a cavallo del 1968 e offre inoltre al lettore
un’inchiesta di Lietta Tornabuoni sulla censura cinematografica, il
teatro di Poli presentato da Ida Omboni, fumetti di Crepax, Feiffer,
Wolinski, un racconto di Carlo Villa, Krazy Kat.
Un esperimento interessante, in cui si scorge soprattutto l’iperattivismo
di Del Buono, ma che non riesce. Nasce dalle costole di Linus,
anche Ubu. È il 1970 e Gandini aiuta il giovane ma già rodato
Franco Quadri, a progettare una rivista che, come recita lo slogan,
«esce una volta al mese, non è un giornale underground, non è
un giornale monografico, non è un giornale indipendente, non
è soltanto un giornale sullo spettacolo». Quadri la dirige ed è
soprattutto attento alle controculture nel teatro – sono gli anni del
Living Theatre in Italia – ma anche nel cinema e sulla scena rock.
Ubu dura pochi numeri, ma il direttore porta con sé un nome
così ben trovato nelle future iniziative editoriali. Meno effimera
l’attività della casa editrice Milano Libri che prima di essere ceduta
nel 1972, insieme alla rivista, alla Rizzoli, produce un catalogo
semplice (1969). Linus diventa un (mica tanto) piccolo fenomeno
editoriale, la tiratura raggiunge le 110 000 copie. Se ne accorge
Mario Formenton, direttore generale della Mondadori, che manda
i contabili a spulciare i bilanci in vista di un acquisto, ma il vecchio
Arnoldo si oppone. Non capisce una rivista che gli è ostica fin dal
nome. Sarà la Rizzoli ad acquistare Linus e la Milano Libri.
Gandini, che ha poco più che quarant’anni, si getta in una nuova
avventura, un giornale per bambini di tutte le età, ma in particolare per
i bambini di quella borghesia, bollata come radical chic (definizione
antipatica ma abbastanza esatta), che ha ormai la consistenza di una
classe sociale. Nel 1972, una polemica sul Corriere della Sera tra
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Alcune copertine della
Milano Libri Edizioni
Indro Montanelli e Camilla Cederna nei giorni che seguono la morte
di Gian Giacomo Feltrinelli spacca la borghesia cittadina in due: una
parte, la più tradizionale, è la «maggioranza silenziosa» ma in quegli
anni sembra minoritaria, l’altra, che in quegli anni sembra prevalere,
guarda verso nuove forme di organizzazione della società, ma alla
fine si accontenta di inventare nuovi stili di vita o di seguire le mode
più recenti. Le fotografie sui vernissage milanesi di Carla Cerati,
raccolte in Mondo cocktail (1971), sono in questo senso più eloquenti
di qualunque discorso su quegli anni. Linus nasce in quel brodo
di cultura, anzi ne è parte costitutiva, ma la sua influenza si farà
sentire anche ben lontano da Milano: tra i suoi lettori ci saranno
molti degli scrittori, registi e, va da sé, illustratori e fumettisti che
esordiscono nella seconda metà degli anni settanta. Un nome per
tutti è Nanni Moretti che in Ecce Bombo (1978) usa dialoghi che
ricordano la sintesi delle strips americane. Gandini e compagni
riescono a trasmettere un umorismo nuovo per l’Italia in cui la
tagliente tradizione milanese (specie in dialetto) si mescola al
sense of humour anglosassone.
Ubu, la rivista diretta da
Franco Quadri e edita
da Milano Libri Edizioni
(1970-71).
A destra:
I fratelli Mantovani,
storia disegnata da
Ita Saccaro, pubblicata su
il Giornalone (1973).
Il Giornalone, rivista che ha l’aspetto di un quotidiano di grande
formato, nasce nell’aprile 1973 con l’appoggio della Fabbri e la
grafica di Gregorietti: nel primo numero si trovano tra l’altro Boffo
di Franck Dickens, un gioco di guerra di Guido Crepax, un disegno
di Tadini, e memorabili, almeno per chi scrive, sono l’Identikit
di mamma e papà e le avventure dei Fratelli Mantovani «che non
son alti e non son nani» di (Margher)Ita Saccaro. L’avventura dura
quattro numeri e sconta il difetto di essere fin troppo innovativa.
Per Gandini la sconfitta è uno scacco e, anche se impegnato in molte
iniziative nel corso degli anni settanta – i Diki Books, la collana
per bambini di Garzanti, la collaborazione a Il Giorno, la creazione
della Giovanni Gandini Editore che pubblica il solo Roland Topor,
L’inquilino stregato (1976), la direzione del Giornale della Lombardia,
mensile «di informazione politica e regionale» –, fatica a ritrovarsi
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in una città che sta cambiando. Cominciano a Milano gli anni di
Craxi, antico compagno di studi nella facoltà di Legge, e il gruppo
di amici che frequentano i Gandini si divide tra chi è sensibile alle
sirene socialiste, con evidenti benefici di carriera e visibilità, e chi,
forse più per ragioni più di stile che ideologiche, preferisce scelte più
scomode. Un ulteriore rilancio è Uffa, «libro periodico per bambini
e famiglie negli anni dei bottoni» che esce nel maggio 1981 per la
Emme Edizioni di Rosellina Archinto.
A collaborare il solito giro di amici: Copi, Topor, Dickens, Folon.
Tra le cose più riuscite una casa immaginata da Giancarlo De
Carlo con la collaborazione della figlia Anna. La rivista vive per
un solo numero e la vena creativa di Gandini, che, seppur sempre
più incline alla malinconia, resterà inesauribile, si riversa verso
la prosa d’invenzione e di memoria, l’osservazione del dettaglio
quotidiano che trova gli esiti più alti in Caffè Milano (1987) e nel
liminale Un milione di copie (2006).
Copertine di: Roland Topor,
L’inquilino stregato,
Gandini Editore (1976)
e Un milione di copie
Archinto (2006).
Sotto: una languida
Valentina di Guido Crepax
(1972).
Alberto Saibene
Note
Le testimonianze di Anna Maria Gandini e Salvatore Gregorietti sono
state fondamentali per ricostruire vicende note ma di cui ancora non
si è fatta la storia. Il ricordo di Gandini risale a Linus, aprile 1984,
p. 80. Oreste Del Buono, Via col vento del ’68. E la politica entrò a
«Linus» è ora in Almanacco Guanda, Satyricon. La satira politica in
Italia, a cura di Ranieri Polese, Guanda, Parma, 2009, pp. 54-55, ma
risale a Storia privata della satira politica dall’«Asino» a «Linus»,
De Donato, Bari, 1976. Umberto Eco, Ricordo di Vittorini in Linus,
marzo 1966, p. 8. Da considerare anche Il notaio Cavallone. Testo
di Franco Cavallone sulla sua professione. Introduzione di Corrado
Stajano. Una testimonianza del fratello Bruno. Fotografie di Giovanna
Borgese, Libreria Milano Libri, Milano, s.d. (ma 2005). Utile inoltre,
Giampaolo Dossena, Il giovanotto Charlie Brown, in la Repubblica,
20 gennaio 1990, p. 21.
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