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Epidemiologia-e-fatt..
EPIDEMIOLOGIA
MASCHILE
E
FATTORI
DI
RISCHIO
DELL’INFERTILITA’
L’infertilità, definita come fallimento al concepimento di una coppia dopo almeno 12 mesi di
rapporti regolari non protetti, rappresenta un problema di salute sociale dal momento che, secondo
l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 15% delle coppie in età fertile nei paesi occidentali
ne è affetta (1). In circa il 30% delle coppie infertili si riconosce un fattore maschile, nel 35% dei
casi un fattore femminile, nel 20% dei casi entrambi i fattori ed infine nel 15% delle coppie
l’eziologia rimane sconosciuta (Tabella 1).
Tab. 1
INFERTILITA’ (15% coppie in età fertile)
• 30% Fattore maschile:
- Cause pre-testicolari
- Cause testicolari
- Cause post-testicolari
(10%)
(75%)
(15%)
• 35% Fattore femminile:
- Fattore tubarico
- Infertilità endocrino-ovulatoria
- Endometriosi
- Ridotta riserva ovarica
- Fattore multiplo femminile
- Poliabortività
(13.3%)
(4.7%)
(5.9%)
(4.5%)
(5.8%)
(1.1%)
• 20% fattore misto
• 15% infertilità idiopatica
La definizione di infertilità da fattore maschile di per sé non racchiude una sindrome clinica
omogenea e ben definita, potendo sottintendere un’eziologia pre-testicolare (mancata o ridotta
produzione spermatica da inadeguata secrezione gonadotropinica), testicolare (patologie primitive
testicolari) o post-testicolare (da ostacolato trasporto spermatico lungo le vie escretrici, da disturbi
eiaculatori, da fattore immunologico o da alterata biofunzionalità nemaspermica). Ogni patologia si
riflette in una alterazione dei parametri seminali che può coinvolgere il numero e/o la qualità degli
spermatozoi (Tabella 2).
Tab. 2 Percentuali dei singoli quadri seminali nella popolazione dei maschi infertili
QUADRO SEMINALE
%
Normozoospermia
Azoospermia
Oligozoospermia
Astenozoospermia
Teratozoospermia
Oligo-asteno-teratozoospermia
25
10
5
30
10
20
Negli ultimi anni numerosi studi hanno tentato di analizzare i possibili effetti di fattori ambientali e
stili di vita sulla produzione spermatica e sulla fertilità maschile. Tuttavia, a causa dell’enorme
variabilità nella conta spermatica fra i diversi individui e nello stesso soggetto, solo per pochi di essi
vi è una solida evidenza scientifica di una qualche relazione causale, mentre per molti fattori di
rischio rimangono evidenze limitate di una chiara associazione con l’infertilità (Tabella 3A e 3B).
Tab. 3 A: Principali fattori di rischio dell’infertilità maschile
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CRIPTORCHIDISMO
IPOTROFIA TESTICOLARE
VARICOCELE
TUMORI DEL TESTICOLO
FATTORI GENETICI
TRAUMI TESTICOLARI
INFEZIONI DEL TRATTO RIPRODUTTIVO (orchiti, epididimiti, prostatiti)
CAUSE IATROGENE (chirurgia, chemioterapia, radioterapia)
MALATTIE SISTEMICHE e/o ENDOCRINE
TORSIONE del FUNICOLO SPERMATICO
Tab.3 B: Fattori di rischio con evidenze limitate
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ESPOSIZIONE a FATTORI TOSSICI AMBIENTALI e/o OCCUPAZIONALI
STILI DI VITA
FUMO
TEMPERATURA SCROTALE
ETA’
VESTIARIO E BIANCHERIA INTIMA
FAMILIARITA’ PER INFERTILITA’ E POLIABORTIVITA’
POLIMORFISMI GENETICI
Sia nell’uomo che nell’animale un aumento della temperatura scrotale si associa ad un danno della
spermatogenesi (2,3). Sia un’esposizione ad alte temperature per un breve periodo, sia
un’esposizione a modesti aumenti di temperatura per periodi più prolungati, sono in grado di
danneggiare quantitativamente e qualitativamente la spermatogenesi. L’aumento della temperatura
scrotale può aumentare il numero delle atipie spermatiche, può ridurre la motilità spermatica o
ridurre il numero di spermatozoi nell’eiaculato (2,3). Di conseguenza, fattori ambientali e stili di
vita che alterino la temperatura scrotale potrebbero rappresentare fattori di rischio per una ridotta
produzione spermatica (4). Inoltre alcune attività lavorative possono incrementare il rischio di
infertilità per esposizione a radiazioni, tossici o microtraumi (ad es. nei camionisti).
Alcuni Autori hanno riportato un aumento negli ultimi anni di diverse patologie del tratto
riproduttivo maschile, tra cui criptorchidismo, ipospadia e soprattutto tumore del testicolo. Questo
dato, assieme al supposto aumento di alterazioni della spermatogenesi negli ultimi decenni, ha fatto
ipotizzare che alcuni fattori comuni nel determinare tali patologie possano agire durante la vita
fetale e neonatale. Tali fattori agirebbero sulle cellule del Leydig, sulle cellule del Sertoli o sulle
cellule germinali primordiali e spermatogoni, e rappresenterebbero dunque fattori di rischio per il
successivo sviluppo di patologie del tratto riproduttivo. L’insieme di queste quattro patologie
(tumore del testicolo, criptorchidismo, ipospadia, infertilità) viene talvolta considerato una
sindrome, la sindrome da disgenesia testicolare (TDS), sottintendendo che queste quattro patologie
riconoscano fattori di rischio comuni e siano l’una fattore di rischio per l’altra (5).
Per quanto riguarda l’esposizione ambientale a pesticidi, inquinanti ambientali o altre sostanze note
o sospettate essere degli “endocrine disruptors”, solo un numero limitato di relazioni causali sono
state stabilite tra l’esposizione a tali sostanze e gli effetti avversi sulla salute umana (6-9). Alcuni
studi recenti hanno comunque confermato che alcune esposizioni, per esempio quelle agli
inquinanti del traffico, siano in relazione ad una riduzione dei parametri seminali (10-12). Il
possibile ruolo svolto da sostanze esogene ad attività ormonale sul tratto riproduttivo maschile porta
inoltre a considerare il possibile effetto negativo dell’uso di ormoni a fini sportivi o di bodybuilding. Per quanto riguarda il fumo di sigaretta, esso si associa ad una più alta percentuale di
spermatozoi con morfologia anormale, ma non vi è alcuna relazione tra fumo e produzione
spermatica (13-14).
L’età avanzata si associa a riduzione del volume dell’eiaculato, riduzione della percentuale normale
di spermatozoi, riduzione della motilità spermatica, senza effetti evidenti sulla concentrazione degli
spermatozoi. Inoltre l’aumento dell’età si associa ad un incremento delle aneuploidie spermatiche e
delle mutazioni germinali de novo, condizioni che a loro volta possono essere responsabili di aborti
ripetuti e malattie genetiche nella prole (15).
Le infezioni del tratto riproduttivo maschile (orchiti, epididimiti, prostatiti, etc) rappresentano
ovviamente un fattore di rischio importante, così come una storia di traumi testicolari, torsione del
funicolo spermatico o la presenza di malattie concomitanti, quali il diabete mellito, epatopatie,
nefropatie o neuropatie, o pregressi interventi chirurgici a livello inguinale, vescicale o sul tratto
riproduttivo maschile. Tutti questi fattori, così come l’uso di farmaci ad attività ormonale o farmaci
iperprolattinemizzanti o farmaci che possono alterare la motilità spermatica, o l’abuso di alcool e
droghe, andranno comunque indagati nella valutazione del soggetto infertile.
Fattori di rischio maggiori
- Il criptorchidismo, sia in forma monolaterale che bilaterale, indipendentemente dalla sede del
testicolo ritenuto (addominale o inguinale) e dall’età al momento dell’intervento di orchidopessi,
espone ad un aumentato rischio di infertilità, oltre che di tumore del testicolo (16).
Con il termine “criptorchidismo” si indica la mancata discesa di uno o di entrambi i testicoli
all’interno della borsa scrotale ed esso rappresenta il più frequente difetto congenito nei neonati
maschi (2-4% dei nati maschi) (17). Negli ultimi anni sono stati compiuti passi importanti nella
comprensione della fisiologia della discesa testicolare, ma l’esatta eziologia del criptorchidismo
rimane ancora per gran parte sconosciuta (17-18). Numerosi studi hanno evidenziato che i principali
regolatori della discesa testicolare sono gli ormoni prodotti dalle cellule di Leydig, INSL3 e
testosterone, coinvolti rispettivamente nella fase trans-addominale ed inguino-scrotale della discesa
dei testicoli (16), attraverso il loro legame con i recettori RXFP2 (relaxin family peptide 2) e AR
(androgen receptor). Un possibile contributo genetico al criptorchidismo, quindi, potrebbe essere
sostenuto da mutazioni del sistema INSL3/RXFP2 o dell’AR o da alterazioni cromosomiche
associate a deficit assoluto o relativo di androgeni. In un recente lavoro su ampia casistica (19) è
stato dimostrato che le aberrazioni cromosomiche rappresentano l’anomalia genetica più frequente
nei casi di criptorchidismo, soprattutto se persistente (1.6% forme monolaterali, 4.2% forme
bilaterali) e che tali alterazioni del cariotipo sono esclusivamente rappresentate dalla Sindrome di
Klinefelter (cariotipo 47XXY). In linea generale possono essere individuate due distinte categorie
di pazienti criptorchidi: soggetti con alterazioni genetiche, frequentemente affetti da
criptorchidismo bilaterale, che mostrano un progressivo danno testicolare (coinvolgente anche il
testicolo sceso normalmente in caso di criptorchidismo monolaterale) (20) e che sono ad elevato
rischio di infertilità e tumore del testicolo (21-25); soggetti con basso peso alla nascita, nati
prematuri, spesso dopo gravidanze complicate da diabete o pre-eclampsia, nei quali solitamente si
verifica la discesa spontanea dei testicoli durante i primi mesi di vita; questo secondo gruppo di
pazienti è a minor rischio di degenerazione testicolare, soprattutto se l’intervento di orchidopessi
viene eseguito precocemente (25) e raramente presentano anomalie genetiche.
- Un altro importante fattore di rischio per l’infertilità maschile, anche in considerazione della sua
elevata prevalenza nella popolazione maschile giovane-adulta, è il varicocele.
Questa patologia, caratterizzata da un’abnorme dilatazione delle vene del plesso pampiniforme
associata a reflusso venoso, è presente in circa il 15% della popolazione maschile e in circa il 40%
degli uomini infertili.
Il meccanismo con cui il varicocele induce il danno testicolare non è stato ancora del tutto chiarito,
ma un ruolo centrale sembrerebbe giocato dall’ipertensione venosa, che in cronico determina
ristagno di sangue con ipossia parenchimale e quindi atrofia e fibrosi dell’organo (26).
In realtà tali alterazioni non compaiono in tutti i soggetti affetti da varicocele, ma solo in alcuni di
essi. Perché il varicocele abbia un effetto dannoso sulla spermatogenesi solo in alcuni uomini non è
ancora chiarito e numerosi meccanismi fisiopatologici sono stati invocati quali causa del danno
testicolare: ipossia, ipertermia, disfunzioni ormonali, autoimmunità, stress ossidativo, apoptosi ed
aumento della pressione idrostatica nel sistema di drenaggio venoso testicolare (27-28). Di
conseguenza non c’è accordo in letteratura su quali pazienti con varicocele trattare e quali seguire
nel tempo ed, inoltre, su quali siano i parametri migliori da considerare per tale decisione (29). In un
recente lavoro sono stati studiati i flussi vascolari intratesticolari di soggetti affetti da varicocele
sinistro mediante mezzo di contrasto gassoso ed è stato individuato che il tempo di transito medio
del mezzo nel testicolo sinistro di tali soggetti rappresenta un parametro predittivo indipendente di
oligozoospermia suggerendo un possibile ruolo del varicocele sinistro, in assenza di altri fattori di
rischio di infertilità, sulle alterazioni del microcircolo intratesticolare e quindi dei parametri
seminali (30).
- Il tumore a cellule germinali del testicolo è la più frequente neoplasia maligna nei maschi
caucasici tra i 15 ed i 40 anni ed affligge approssimativamente l’1% degli uomini con ridotta
fertilità. La sua incidenza annuale varia da 10/100,000 (in Norvegia e Danimarca) a 2/100,000 (in
Finlandia e nei paesi Baltici) e negli ultimi anni è significativamente aumentata (31-32). Molti dei
pazienti affetti da tumore testicolare hanno una storia pregressa di criptorchidismo e/o ipospadia o
disgenesia testicolare, per cui tali condizioni vengono considerate fattori di rischio per lo sviluppo
della neoplasia in età adulta. Infine nei testicoli dei pazienti affetti da tumore testicolare si riscontra
frequentemente la presenza di microlitiasi, un’entità clinica, il cui significato non è stato ancora del
tutto chiarito. La maggioranza dei soggetti affetti da tumore testicolare a cellule germinali presenta
una ridotta qualità seminale, persino prima della diagnosi (33) ed il trattamento con chemioterapia
e/o radioterapia, sia in epoca pre-puberale che adulta, possono peggiorare ulteriormente i parametri
seminali (34), a causa del danno, transitorio o permanente, che inducono sulla spermatogenesi. I
farmaci citotossici in grado di danneggiare la funzione testicolare sono numerosissimi e
praticamente tutti sono in grado di portare ad una riduzione importante del numero delle cellule
germinali (a seconda del dosaggio utilizzato e dello schema terapeutico), ma gli agenti alchilanti, il
cisplatino e la procarbazina sembrano provocare gli effetti più deleteri sulla spermatogenesi. Per
tale motivo deve essere sempre consigliata una crioconservazione del liquido seminale prima
dell’inizio della terapia. Inoltre, insieme al danno spermatogenetico, i pazienti con tumore
germinale testicolare presentano una disfunzione delle cellule di Leydig, che coinvolge anche il
testicolo sano controlaterale (35) ed incrementa il rischio di sviluppo di ipogonadismo negli anni
(36-38).
- Le alterazioni genetiche possono rappresentare fattori di rischio per infertilità. Infatti in circa il
15% dei soggetti maschi infertili è possibile identificare una specifica anomalia genetica
responsabile dell’alterazione riproduttiva, ma c’è ormai accordo nel sottintendere meccanismi
genetici non ancora identificati anche nella maggioranza di casi di infertilità idiopatica (vedi
capitolo 3).
- Infine un capitolo a parte è rappresentato dalla microlitiasi testicolare.
La microlitiasi testicolare (MT) è una rara condizione ad eziologia e patogenesi sconosciuta
caratterizzata dalla presenza all’interno del parenchima testicolare di calcificazioni intratubulari. Il
suo riscontro, solitamente occasionale durante l’esame ecografico del testicolo, è aumentato nel
corso degli ultimi anni grazie all’evoluzione delle apparecchiature ecografiche che permettono di
identificare strutture del diametro inferiore al millimetro. L’MT è caratterizzata dalla presenza
all’interno del parenchima testicolare di spot iperecogeni, del diametro compreso tra 1 e 3 mm, che
non presentano cono d’ombra posteriore (39). (Figura 1).
Fig.1: Microlitiasi testicolare classica
Essendo lo studio ecografico testicolare eseguito in pazienti con sintomatologia scrotale la reale
prevalenza della MT nella popolazione sana non è chiaramente definita.
Si stima essere compresa tra l’1,5 e il 5,6% nella popolazione generale mentre nei soggetti infertili
possa arrivare al 20% (Tabella 4).
Tab. 4 : Prevalenza della MT nella popolazione generale e sub fertile
La patogenesi della MT è ancora poco chiara. Studi di microscopia elettronica hanno dimostrato
che le microcalficazioni, localizzate all’interno dei tubuli seminiferi, sono costituite da un nucleo di
idrossiapatite circondato da vari strati concentrici di fibre di tessuto connettivo. Lo strato esterno
costituito da residui citoplasmatici con vescicole, mitocondri degenerati e fibre di collagene; lo
strato intermedio costituito da fasci di fibre collagene e lo strato interno costituito da lamelle
multiple. All’origine di queste microcalcificazioni sembra esservi l’incapacità, da parte delle cellule
del Sertoli, di fagocitare le cellule di sfaldamento tubulare. I microliti occupano dal 30 al 40% dei
tubuli seminiferi, mentre le cellule del Leydig in genere non sono interessate (39) .
La diagnosi di MT è prevalentemente ecografica. I pazienti con riscontro occasionale di MT
generalmente non presentano sintomi mentre rari sono i casi in cui è presente dolore testicolare
(39). Le più comuni patologie associate alla MT sono le neoplasie testicolari e l’infertilità (40-43).
Altre condizioni morbose frequentemente associate sono il criptorchidismo (44-45), il varicocele,
la torsione testicolare (46-47), la sindrome di Klinefelter (48), la fibrosi cistica (47) la sindrome di
Down (47), lo pseudoermafroditismo maschile (47), le calcificazioni alveolari (47) e del sistema
nervoso centrale (47), la neurofibromatosi (47), l’AIDS (47) e la sindrome di McCune-Albright
(49).
Tuttavia è ancora da chiarire se tali patologie siano una causa di MT o riscontri occasionali senza
alcun nesso fisiopatologico.
Il classico aspetto ecografico della MT consiste nella presenza di molteplici spot iperecogeni
distribuiti casualmente all’interno del parenchima testicolare: tale quadro viene descritto in
letteratura come “a tempesta di neve” o “a cielo stellato” (Fig. 1). La distribuzione delle
calcificazioni solitamente è bilaterale mentre raro è il riscontro di microlitiasi monolaterale. I criteri
ultrasonografici di TM sono stati definiti per la prima volta nel 1992 da Hobarth et al. (50) e
consistono nella presenza di almeno 5 spot iperecogeni per campo di immagine delle dimensioni
comprese tra 1 e 3 mm, in assenza di cono d’ombra posteriore e perdita di volume testicolare. Il
riscontro di un’alta associazione di neoplasie testicolari soltanto nei casi in cui siano presenti 5 o più
spot iperecogeni ha portato molti Autori a dividere le TM in due gruppi: la microlitiasi “classica”
(CTM) e la microlitiasi “limitata” (LTM). La CTM è caratterizzata dalla presenza di 5 o più
microliti per campo di immagine mentre l’ LTM da meno di cinque (Figure 2 e 3).
Fig 2 Microlitiasi “classica” (CTM)
Fig 3 Microlitiasi “limitata” (LMT)
La relazione tra la presenza di MT e lo sviluppo di carcinoma in situ (CIS) o di un tumore a cellule
germinali (TGCT) è l’aspetto maggiormente studiato nel corso degli ultimi anni (Tabella 5) (Figura
4).
Tab. 5 Prevalenza della MT e associazione con tumori
Fig.4: Tumore a cellule germinali (TGCT) in paziente con microlitiasi classica (CMT)
Nonostante il generale consenso sull’aumentata prevalenza di neoplasie testicolari in pazienti con
MT, in letteratura non esistono dati che documentino un nesso di causa salvo il lavoro di Ikinger e
coll. i quali, usando una tecnica mammografica, hanno esaminato in sede post-operatoria 92 biopsie
testicolari (43 con neoplasie maligne e 49
benigne). In condizioni di benignità, le
microcalcificazioni sono state trovate in 8 campioni (16%) mentre in soggetti con lesioni
neoplastiche sono state rinvenute in 32 campioni (74%) suggerendo un nesso fisiopatologico (51).
Anche se la microlitiasi testicolare può essere spesso associata ai tumori del testicolo i dati
pubblicati che descrivano lo sviluppo di tumori testicolari in pazienti con diagnosi di MT sono
pochi e spesso discordanti.
Derogee e coll. hanno condotto un’analisi retrospettiva in un periodo di 6 anni, su un campione di
1535 esami ecografici, suggerendo che la MT non rappresenta una condizione premaligna. L’MT è
stata infatti diagnosticata in 63 pazienti (4,1%) 29 dei quali (46%) presentavano una concomitante
neoplasia testicolare. I pazienti con MT che non presentavano tumore, sono stati quindi seguiti in un
follow-up di circa 60 mesi durante i quali solo 1 su 31 di essi ha sviluppato un seminoma 35 mesi
dopo la diagnosi di MT (52).
In un altro lavoro Bennet e coll. attraverso uno studio retrospettivo di referti ecografici testicolari
hanno osservato che su 104 pazienti con MT trentanove presentavano 5 o più microliti in almeno
un’immagine US (criteri per la microlitiasi classica CTM), 65 avevano meno di 5 microliti (criteri
per la microlitiasi limitata LTM) e che 7 dei 39 pazienti con CTM (18%) e 1 dei 64 pazienti con
LTM avevano un tumore in atto. Il follow-up ultrasonografico è stato eseguito in 72 pazienti su 104
(31 con CTM e 41 con LTM ) con una media di follow-up di 45 mesi (da 19 a 90 mesi). Nessuno di
questi pazienti ha sviluppato cancro testicolare e nessuno dei pazienti con microlitiasi limitata ha
sviluppato microlitiasi classica (53).
Infine De Castro e coll. durante un follow up di 5 anni su 63 soggetti asintomatici con MT, ha
riscontrato che solo 1 paziente (1,6%), 64 mesi dopo la diagnosi iniziale, ha sviluppato un cancro al
testicolo (54). Questi Autori escludevano quindi un maggior sviluppo di neoplasie testicolari in
soggetti affetti da MT.
D’altra parte, altri studi supportano l’ipotesi di un maggior sviluppo di neoplasie in soggetti affetti
da MT. Alcuni Autori hanno infatti riportato un incremento nel rischio di sviluppare un TGCT nei
soggetti con MT compreso tra le 13 e le 21 volte (55).
Da quanto emerso si può concludere che i soggetti con MT risultano a maggior rischio di sviluppare
CIS e TGCT; tuttavia molti di loro nel corso degli anni non svilupperanno un tumore testicolare
(55). Sulla base di questa osservazione diversi Autori si sono chiesti se fosse necessario eseguire un
follow-up periodico nei soggetti affetti da MT.
Molti di loro concludono consigliando di istruire il paziente ad eseguire periodiche autopalpazioni
dei testicoli e di consigliare un follow-up annuale comprendente una visita specialistica ed un esame
ecografico (55). Tale atteggiamento potrebbe infatti permettere di identificare un quadro di CIS o di
TGCT confinato al solo testicolo aumentando la prognosi e riducendo la necessità di eseguire
un’orchiectomia o di intraprendere chemio e/o radioterapie.
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