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8 Primo piano Mercoledì 9 novembre 2011 Primo piano 9 Mercoledì 9 novembre 2011 | Lotta al Crimine | La ’ndrina aveva investito sull’elezione di Morisani Operazione della Dda di Reggio contro gli interessi della cosca Crucitti Colpo al clan del «sistema» Otto persone in manette, tra cui alcuni prestanome e imprenditori della grande distribuzione di GIUSEPPE BALDESSARRO L’arresto dell’imprenditore Domenico Suraci coinvolto nell’operazione ”Sistema” della Dda (photo Sapone) | TRA BANCHE E SPA | La società fatta fallire per poi ripartire ex novo di CLAUDIO CORDOVA REGGIO CALABRIA - Un vero e proprio dominus che avrebbe dettato le strategie e foraggiato le aziende che gestiva in maniera occulta. Già l’indagine “Raccordo”, di alcuni mesi fa, aveva dimostrato la vocazione imprenditoriale del boss di ConderaPietrastorta, Santo Crucitti. In particolare, in quell’indagine curata, come quella scattata ieri, denominata “Sistema”, dal pm della Dda, Marco Colamonici, venne a galla la stipula di una convenzione tra la Fin Reggio, la finanziaria di proprietà di Crucitti, e la Multiservizi, la società partecipata del Comune di Reggio Calabria, il cui direttore operativo, Giuseppe Rechichi, è attualmente in carcere essendo ritenuto un affiliato dei Tegano. Gli ultimi accertamenti sul conto di Crucitti avrebbero dimostrato come il boss avrebbe messo le mani sulla società Planet Food, attiva nel settore della grande distribuzione cittadina. Una strategia che non è sfuggita ai magistrati che sottolineano «l’evidente capacità finanziaria e la vocazione imprenditoriale della cosca Crucitti, ribadendo come essa si distingua per la sua abilità nell’incunearsi, per il conseguimento degli obiettivi prefissati, in diversi settori economici, legati al mondo della distribuzione alimentare come a quello dell’imprenditoria edile o, come si era constatato con la precedente ordinanza, dell’intermediazione creditizia». Crucitti, dunque, avrebbe gestito in maniera occulta la Planet Food, proprietaria di due punti vendita in città, uno nel rione Modena e uno sulla Strada Statale 106, nei pressi di Pellaro, risultando gestita di fatto da Domenico Suraci classe 73, unitamente a Sandro Aurora e ad Antonino Minniti, tutti soggetti indagati nel procedimento. Crucitti interverrebbe nelle dinamiche della società sia attraverso l’immissione diretta di capitali, sia sfruttando le conoscenze su cui può contare negli ambienti dell'intermediazione del credito a Reggio Calabria. Gli stessi tre gestori occulti della Planet avrebbero incontrato il boss Crucitti per occuparsi di vicende economiche. Incontri avvenuti anche nell’ufficio di Crucitti, in quel tempo monitorato dalle cimici dei Carabinieri. Elemento centrale, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il direttore della filiale reggina della Banca Popolare di Lodi, Francesco Gullì. Un uomo con cui si rapporterà prima Domenico Suraci e poi lo stesso Crucitti. Un rapporto, quello tra i due che porterà gli inquirenti a rilevare «l’accondiscendenza del direttore nel venire incontro alla società e ai personaggi che dietro la stessa si celano». Secondo gli investigatori, il contenuto dei contatti tra Gullì e Crucitti dimostrerebbe come il direttore della filiale reggina fosse un vero e proprio punto di riferimento per le problematiche finanziarie riguardanti la Planet Food: «Clamorosa appare l’espressione del Gullì, quando, rivolgendosi al Crucitti Santo, afferma che bisogna iniziare a dare schiaffi a quelli di Planet Food, considerando che ci sono problemi con degli assegni» è scritto nell’ordinanza firmata dal Gip Domenico Santoro. Gullì che, comunque, allo stato attuale, non risulta indagato, sarebbe stato un personaggio chiave del “sistema”, interessandosi alle parabole finanziarie della Planet Food anche dopo il suo trasferimento da Reggio Calabria. L’indagine “Sistema” ha cercato di fare luce anche su una moltitudine di imprese direttamente riconducibili a soggetti che i pregressi giudiziari, le frequentazioni e i vincoli familiari lasciano ritenere vicini a vari sodalizi presenti sul territorio ed in particolare alle famiglie mafiose De Stefano, Tegano e Libri. Tra i fornitori della società, infatti, c’erano i due generi di Giovanni Tegano, Carmine Polimeni e Michele Crudo, nonché Pasquale Utano, suocero di Paolo Rosario De Stefano e Paolo Schimizzi, ma anche Antonia Maria Siclari, moglie di quel Natale Iannì ritenuto affiliato ai clan Borghetto-Zindato, federati alla famiglia Libri. Circostanze che confermerebbero il pieno inserimento della cosca Crucitti nell'area destefaniana. I rapporti con il direttore della Popolare di Lodi REGGIO CALABRIA - Santo Crucitti, capo locale di Condera, aveva mire importanti. Si stava ingrandendo ed era alla ricerca del grimaldello per entrare a Palazzo San Giorgio. Voleva contare anche in ambito politico. Così aveva deciso di scendere in campo apertamente ed aveva ordinato ai suoi di votare Pasquale Morisani. Siamo nel 2007 e a Reggio si vota per le amministrative. Da una parte c’è l’uscente Giuseppe Scopelliti (attualmente governatore della Calabria), dall’altra Eduardo Lamberti Castronuovo (oggi assessore provinciale del centrodestra). Morisani è candidato con una delle liste civiche che sostengono Scopelliti e risulterà eletto per la prima volta in Consiglio comunale (in passato era stato presidente di circoscrizione). L’attuale assessore ai Lavori pubblici della Giunta guidata da Demetrio Arena non è indagato. Lo stesso gip Domenico Santoro, nella sua ordinanza che ieri ha portato all’arresto di 8 persone, afferma che «non sono emersi, come correttamente segnala il pm (Marco Colamonici, ndr), elementi penalmente rilevanti nei riguardi di Morisani». Il rapporto di conoscenza tra Morisani ed i componenti la cosca, scrive il gip, «era emerso già dalla misura cautelare emessa nei confronti degli esponenti della cosca Crucitti nel procedimento “Pietrastorta”. E «importanti conferme in tal senso sono emerse nel corso dell’attività del presente procedimento, ove viene fugato ogni dubbio in ordine al sostegno elettorale fornito dalla consorteria a favore del candidato Morisani nelle amministrative del 2007». «Inequivocabili», in questo senso, per il gip, «le discussioni avvenute all’interno dell’ufficio in uso a Santo Crucitti a ridosso delle consultazioni, laddove emergeva l’impegno di quest’ultimo nel dirottare le preferenze elettorali di soggetti a lui vicini a favore del consigliere». Poche settimane prima delle elezioni all’interno dell’ufficio in uso a Santo Crucitti, si svolge una sorta di riunione, dalla quale scrivono i magistrati «emergeva l’impegno di quest’ultimo nel dirottare le preferenze elettorali di soggetti a lui vicini - quali, tra gli altri, Sergio Quattrone, Francesco Scaramuzzino e Massimo Silva - a favore del succitato consigliere». Il 2007 è un anno elettoralmente molto difficile per il centrodestra. Scopelliti sa di vincere e anche di parecchi. Ma a sostenerlo ci sono tantissime liste e la battaglia per un posto in consiglio è particolarmente dura all’interno del centrodestra. «Estremamente significative . scrive il Gip Santoro - erano le riflessioni del Morisani che rappresentava il clima delle consultazioni che si sarebbero svolte da lì a poco come: “una convergenza di interessi da parte di diverse cosche”, affermando come alla fine “ci si farà più nemici che amici”». D’altra parte, circa due mesi prima, la vettura di proprietà dell’allora presidente di circoscrizione era stata completamente distrutta dalle fiamme e lo stesso Morisani, in una conversazione intrattenuta con un altro futuro consigliere, Dominique Suraci, aveva ricollegato l’evento al ruolo politico ricoperto. Come accennato, in relazione all’appoggio garantito nelle consultazioni comunali da Santo Crucitti e dai propri accoliti a sostegno di Morisani, «non lascia dubbi». Per gli inquirenti «inequivocabile era la richiesta che il Crucitti rivolgeva sia a Sergio Quattrone: “(…) quanto riesci a dargliene voti? quanti gliene dai? (…)” , sia a Scaramozzino che peraltro manifestava tutta la propria disponibilità replicando: “(…) io la campagna per Pasquale Morisani, non perché è presente, gliela sto facendo io, io so come fare(…)”». Una lunga conversazione nel corso della quale «numerosi sono comunque i passaggi della conversazione in questione da cui emerge l’impegno del Crucitti a sostegno dell’elezione, come quello in cui riferiva: «(…) oggi ho parlato pure con Totò, però ce ne dà due soli (…)… allora te ne devono uscire quattro cartellini e sono due di Totò e in quello di Totò c’è pure suo cugino e quindi giustamente dei tuoi (si accavallano le voci e l’audio risulta incomprensibile) e un ragazzo non mi ricordo come si chiama … incomprensibile... cioè è inutile che le persone gli ho detto Totò quindi sono due questi qua, poi alla Croce Valanidi ne ha? E due ne escono alla Croce Valanidi … incomprensibile ...Totò e suo fratello, però me ne danno due perché anche loro giustamente hanno tremila impegni (…)»; Ed ancora: « (…) segnati Meduri pure, …inc… qua avevo dieci voti sicuri, ogni volta io, le persone che da vent’anni che lavorano con me… sono impegnati, (incomprensibile) oh fighioli mei, segnati Meduri, tu quanto gliene dai Massimo? (…)». Per il Giudice per l’indagine preliminare «Evidente appare, alla luce di quanto sintetizzato nella richiesta del pubblico ministero, un ulteriore profilo dell’attività rientrante nel programma delinquenziale tipico della consorteria mafiosa, ovvero l’infiltrazione nella vita politica cittadina, mediante l’individuazione di un candidato di riferimento, cui garantire appoggio, evidentemente nell’ottica di poter ottenere, in futuro, agevolazioni (sebbene non siano emersi, come correttamente segnala il pm, elementi penalmente rilevanti nei riguardi del Morisani)». In altri termini, Santo Crucitti stava facendo una sorta di investimento. Sosteneva una candidatura nella speranza di passare poi all’incasso. g.bal. La campagna elettorale di boss e amici a caccia di preferenze per le amministrative della primavera 2007 LA SCHEDA Il capocosca inchiodato dai pentiti REGGIO CALABRIA Già a metà anni ‘90, i collaboratori di giustizia lo indicavano come il boss dei rioni Condera e Pietrastorta. Il primo a parlarne, nel febbraio 2002, è Giacomo Ubaldo Lauro, il pentito che aprì scenari su 'ndrangheta e massoneria. Poi arriveranno anche le dichiarazioni di altri soggetti come Umberto Munaò. E sul suo conto avranno qualcosa da dire anche Antonino Gullì, ucciso alcuni anni fa dopo essere uscito dal programma di protezione, Antonio Rodà e Giovanni Battista Fracapane. Gli ultimi due collaboratori, in ordine temporale, ad accusare Santo Crucitti, sono Antonino Lo Giudice, ex boss dell’omonima cosca, e Roberto Moio, nipote del boss Giovanni Tegano. Crucitti sarebbe dunque il capo di un’organizzazione criminale “satellite” della potente consorteria che fa capo alla famiglia De Stefano, inserita durante la II guerra di mafia nel più ampio cartello riconducibile alle famiglie De Stefano-Tegano-Libri. Nel verbale del 5 ottobre 2010, Moio, racconta anche la circostanza riguardante l'uccisione del fratello di Crucitti, avvenuta diversi anni fa. Crucitti, dunque, sarebbe stato un soggetto criminale vicino al boss Mario Audino, trucidato nel 2003, con il quale, peraltro, subisce diversi controlli di polizia. Un soggetto, dunque, a disposizione della fitta rete di elementi vicini a Peppe De Stefano, attualmente detenuto in regime di 41bis all'interno del carcere di Tolmezzo, dopo l'arresto operato dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria. Le minacce del capobastone a un imprenditore a cui aveva fatto dei lavori edili che non riusciva a pagare «Se non mi restituisci i soldi ti rompo le braccia» REGGIOCALABRIA- La cosca Crucitti, una famiglia mafiosa, federata al cartello destefaniano, che si sarebbe mossa come un avvoltoio sul territorio reggino, approfittando “di ogni situazione di difficoltà di imprenditori per infiltrare il tessuto economico”. E’duro il giudizio del Gip Domenico Santoro, che firma l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i soggetti coinvolti nell'indagine “Sistema”. E’ duro, ma è suffragato da circostanze che dimostrerebbero la pervasività del clan retto da Santo Crucitti. Un esempio, un emblema, di tale strategia sarebbe quello che coinvolgerebbe Salvatore Morabito, titolare di una pizzeria nella zona di Pietrastorta, debitore di Crucitti minacciato in modo esplicito dal boss: «Vuoi che te lo dico chiaramente, Sasà, ti rompo le braccia va bene, ma non soltanto a te, Sasà mi devi risolvere il problema». Per i giudici l’obiettivo era quello di rilevare l’azienda L’arresto di Antonino Crucitti Una strategia che Crucitti avrebbe messo in atto nel corso degli anni: subentrare, in maniera assai semplice, nelle attività commerciali in crisi finanziaria. E Morabito sarebbe una delle vittime: «La vicenda - scrive il Gip - permette di illuminare compiutamente la pericolosità di Crucitti Santo che, abbandonate le vesti di imprenditore, mostra la personalità criminale sua e del sodalizio a lui direttamente riconducibile». Morabito, infatti, sarebbe incappato nella rete di Crucitti, che avrebbe realizzato, con la propria ditta, dei lavori proprio con riferimento alla pizzeria “Zì Sasà”. A causa delle precarie condizioni economiche, Morabito sarebbe riuscito a pagare a Crucitti solo una parte della somma pattuita, contraendo, dunque, un debito con il boss: «Sasà ti sto dicendo io tu non puoi approfittare delle persone tu lo sai che stai facendo ora stai approfittando della mia bontà…inc…perché iome nefotto setu approfitti della mia bontà, il problema serio è un altro che io ora ho difficoltà, ho difficoltà quindi tu mi stai creando un danno, il danno non è che un danno….inc…ora io devo avere il blocchetto va bene e devo andare a saldare un debito tuo….inc…è giusto questo discorso qua?». Minacce, quelle di Crucitti, minacce fisiche, ma anche palesi tentativi di distogliere Morabito dall’eventuale possibilità di denunciare alla giustizia la grave situazione: «(…) mi arrestano pure hai capito e se poi mi arrestano poi saranno ulteriori guai per te hai capito(…)». Da tale debito nascerà dunque la strategia di Crucitti per acquisire, a basso costo (appena cinquantamila euro) il locale: «c’è una persona, ieri gliel’ho telefonato ieri io (…) che se lo vuole comprare il ristorante» dice ai parenti di Morabito. Un’operazione che verrà perfezionata grazie all'intervento del fido Mario Chilà. Un comportamento apparentemente conciliante, con il coinvolgimento di una “persona” interessataallocaleche, però,adettadegliinquirenti, si inquadra nella strategia di sciacallaggio messa in atto, negli anni, dal boss Crucitti. cla.cor. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro «Inequivocabili», in questo senso, per il gip, «le discussioni avvenute all’interno REGGIO CALABRIA - Il «sistema» era con- dell’ufficio in uso a Santo Crucitti a ridosso solidato. Il boss Santo Crucitti i suoi conti li delle consultazioni, laddove emergeva sapeva fare. Si muoveva su diversi fronti e l’impegno di quest’ultimo nel dirottare le aveva idee chiare sulle strategie da adotta- preferenze elettorali di soggetti a lui vicini re. Controllava il suo territorio con «cura a favore del consigliere». Insomma la cosca maniacale». Tentava di rilevare attività pu- puntava in alto, alla politica. Ma non è tutto. L’inchiesta che ha portalite strozzandole prima e acquisendole poi. Aveva già messo piede nella grande distri- to all’arresto di otto presunti affiliati alla buzione. E si era speso a sostegno di un cosca, ha anche fatto luce su un sistema di candidato vincente alle amministrative fallimenti pilotati. Nella sostanza una soper sfruttare anche anche il filone politi- cietà, la “Planet Food”, titolare di alcuni grandi supermercati era stata indebitata e co. Il «sistema» Crucitti, all’alba di ieri è sta- poi fatta fallire da un gruppo di persone che successivamente riprento fatto saltare per aria da devano la gestione delle stesun’inchiesta che porta la firse attività attraverso nuove ma del pm della Dda Marco IL CASO aziende intestate prestanoColamonici. Un’indagine, me. La Procura ha scoperto svolta dai carabinieri del Coche al momento della messa mando provinciale di Regin liquidazione, i soci si gio Calabria, che ha consenpreoccupavano di pagare tito di dimostrare quanto soltanto i fornitori mafiosi, siano state falsate le regole mentre degli altri, come didi un pezzo di mercato nel ceva Domenico Suraci (uno quale a rimetterci erano le dei soci) «se ne fottevano». imprese sane, a vantaggio di Così, mentre le aziende sane società riconducibili ad alcuaffondavano per gli insoluti, ne delle famiglie mafiose più quelle riferibili ai Tegano, ai potenti della città. De Stefano o agli Iannì, non Crucitti e i suoi erano riuci rimettevano mai un euro. sciti ad infiltrarsi nel settore In questa maniera quando la della grande distribuzione “Planet Food” crollò sotto il alimentare, dell’intermediapeso di 750 mila euro di debizione del credito e dell’imti, Suraci e compagni fondaprenditoria edile, anche grarono la “Distribuzione e comzie a prestanome compiacenmercio” e iniziarono esattati. E forti di questo potere La convenzione mente da dove erano rimasti. economico hanno tentato di Con le facce nuove dei prestacondizionare l’attività politi- con la Multiservizi nome, ma senza cambiare ca cittadina in occasione del- IL BOSS Santo Crucitti si era una virgola nella sostanza. le elezioni del 2007. mosso anche con una finanSoci, per alcuni aspetti, di Nelle ordinanze firmate ziaria per stipulare un convenPasquale Crucitti che nelle dal Gip Domenico Santoro zione con i vertici della società aziende ci metteva anche il vengono contestati l’asso- municipalizzata Multiservizi. ciazione a delinquere di Questo grazie all’attività credi- suo contante, e più amici di prima con i boss che contistampo mafioso, il concorso tizia di Mario Chilà, all’interno nuavano a riempire gli scafesterno, l’intestazione fitti- della “Fin Reggio”, società rizia di beni e la bancarotta conducibile al capo cosca. Per fali con la propria merce. Nel corso dell’operazione, fraudolenta. far ciò Crucitti si avvale in pricome detto, i carabinieri Il tutto sullo sfondo di rap- mo luogo del rapporto con hanno notificato otto ordiporti costanti col mondo po- soggetti in grado di fare da innanze di custodia cautelare. litico. Per infiltrarsi nel Co- termediari nei rapporti con soOltre che Crucitti e Suraci, in mune di Reggio, secondo cietà anche a partecipazione carcere sono finiti Sandrino l’accusa, il capo della cosca pubblica quale ad esempio la dei rione Condera, aveva da- Multiservizi di Reggio Calabria. Amedeo Aurora, di 41 anni; to disposizione ai suoi di conIn tale contesto, Crucitti Antonino Gennaro Crucitti vogliare i voti su Pasquale sfrutta il rapporto che lo lega al (31) (nipote del boss); MicheMorisani, allora candidato consigliere comunale Domeni- le Crudo (34); Antonino Minin una lista civica a sostegno co Suraci, detto Dominique, il niti (34); Carmine Polimeni dell’elezione del sindaco Giu- quale riesce a far ottenere a (31) e Domenico Polimeni seppe Scopelliti, oggi Presi- Mario Chilà la stipula di una (35), alcuni dei quali già dedente della Regione. Morisa- convenzione tra i dipendenti tenuti. Gli investigatori hanno ni, che adesso, dopo le elezio- della Multiservizi e la società fini della primavera scorsa, è nanziaria di cui il Chilà si è rile- anche sequestrato beni intestatati a Antonio Gennaro assessore al Comune di Reg- vato essere socio di fatto. Crucitti, ma ritenuti nella digio (sindaco Demetrio Aresponibilità di Santo Crucitti. na, del centrodestra), non è indagato, ma la sua voce è stata registrata Secondo il sostituto Marco Colamonici il più volte assieme a quella di Crucitti e dei nipote del boss era in realtà la faccia pulita suoi sodali. Lo stesso gip, nella sua ordi- della famiglia a cui intestare i beni. Ieri innanza, afferma che «non sono emersi, co- fatti sono stati posti i sigilli alla società Epi me correttamente segnala il pm, elementi con sede legale a Reggio Calabria; a quote penalmente rilevanti nei riguardi di Mori- della «Fitland società sportiva dilettantisani». Tra l’altro, il rapporto di conoscenza stica a r.l.», di cui è amministratore unico: tra Morisani ed i componenti la cosca, scri- All’impresa individuale Costruzioni edili e ve il gip, «era emerso già dalla misura cau- locazione dei relativi immobili. Nel mirino telare emessa nei confronti degli esponen- anche un fabbricato e una palestra, un mati della cosca Crucitti nel procedimento gazzino ed una autorimessa. Un vero «sistema» dunque, che com“Pietrastorta”, ma oggi «viene fugato ogni dubbio in ordine al sostegno elettorale for- prendeva anche tutti i crismi del metodo nito dalla consorteria a favore del candida- mafioso, compreso quando erano necessato Morisani nelle amministrative del rie le minacce ad interlocutori che non aveva capito con chi avevano a che fare. 2007». NELLE CARTE Mercoledì 9 novembre 2011 Negli anni diversi collaboratori di giustizia hanno tracciato il profilo del padrino di Condera e Pietrastorta Crucitti “spiegato” dai pentiti A capo di un’organizzazione “satellite” del potente clan dei De Stefano LA SCHEDA di CLAUDIO CORDOVA GIÀ a metà anni '90, i collaboratori di giustizia lo indicavano come il boss dei rioni Condera e Pietrastorta. Il primo a parlarne, nel febbraio 2002, è Giacomo Ubaldo Lauro, il pentito che aprì scenari su 'ndrangheta e massoneria. Poi arriveranno anche le dichiarazioni di altri soggetti come Umberto Munaò. E sul suo conto avranno qualcosa da dire anche Antonino Gullì, ucciso alcuni anni fa dopo essere uscito dal programma di protezione, Antonio Rodà e Giovanni Battista Fracapane. Gli ultimi due collaboratori, in ordine tempoale, ad accusare Santo Crucitti, sono Antonino Lo Giudice, ex boss dell'omonima cosca, che riconosce Crucitti nella foto sottopostagli dagli inquirenti, e Roberto Moio, nipote del boss Giovanni Tegano. Crucitti sarebbe dunque il capo di un'organizzazione criminale “satellite” della potente consorteria che fa capo alla famiglia De Stefano, inserita durante la II guerra di mafia nel più ampio cartello riconducibile alle famiglie De Stefano-Tegano-Libri. Ed è proprio Roberto Moio che a questo schieramento è appartenuto fino al giorno del pentimento, avvenuto subito dopo l'arresto nell'operazione “Agathos”, a parlare con maggiore precisione di Crucitti. Nel verbale del 5 ottobre 2010, Moio, racconta anche la circostanza riguardante l'uccisione del fratello di Crucitti, avvenuta diversi Roberto Moio anni fa: Moio: «...tramite, tramite Mario Audino con Santo, con Santo, Santo… con Crucitti, non mi ricordo se si chiama Santo, forse il fratello che hanno ammazzato che io so anche chi l'ha ammazzato a suo fratello». Pm 1: «Questo Crucitti Santo di dove è?». Moio: «Di Pietrastorta, sopra… Santo si chiama, diciamo… comunque…». Pm 1: «Se si chiama Santo, di Pietrastorta…». Moio: «…lo conosco, lo conosco, gli hanno ucciso il fratello, gli hanno ucciso». Pm 1: «Come si chiamava il fratello?». Moio: «Un certo Mimmo, Mimmo Crucitti mi pare o Santo Crucitti, Santo è lui o Michele è l'altro, comunque». Pm: «Va bene, va bene…». Nino Lo Giudice Moio: «…non mi ricordo bene». Pm: «Poi chi fa parte di questo gruppo?». Moio: «Di questi… no, non sto parlando… sto parlando delle persone che vedevo». Pm: «Delle persone vicine a Giuseppe De Stefano». Moio: «…che vedevo sempre ultimamente con loro, dopo insomma questa, questa tipo rottura che c'è stata». Pm: «Esatto…». Moio: «…e si vedeva insomma…». Pm: «Chiamiamola rottura per farci, per capirci». Moio: «Sì, bravo». Dichiarazioni utili, quelle di Moio, dichiarazioni che il pubblico ministero titolare del fascicolo, Marco Colamonici, allega alle prove raccolte sul boss di Condera e Pietrastorta, già condannato, in primo grado per associazione mafiosa. Crucitti, dunque, sarebbe stato un soggetto criminale vicino al boss Mario Audino, trucidato nel 2003, con il quale, peraltro, subisce diversi controlli di polizia. Un soggetto, dunque, a disposizione della fitta rete di elementi vicini a Peppe De Stefano, attualmente detenuto in regime di 41bis all'interno del carcere di Tolmezzo, dopo l'arresto operato dagli agenti della Squadra Mobile di Reggio Calabria. Roberto Moio racconta l’uccisione del fratello del boss Il sistema scoperto dalla Dda reggina ASSOCIAZIONE di tipo mafioso, concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni, bancarotta fraudolenta aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso. Sono accusate di questi reati, a vario titolo, le otto persone, indicate come appartenenti o contigue alla cosca Crucitti, operante nel quartiere di Condera-Pietrastorta, arrestate ieri dai Carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione «Sistema» (altro servizio a pagina 8 e 9) . L’indagine avrebbe documentato l’infiltrazione pervasiva della ‘ndrangheta, nel settore della grande distribuzione alimentare, dell’intermediazione del credito e dell’imprenditoria edile, attraverso la complicità di imprenditori che avrebbero fatto da prestanome alle cosche. Le cosche, forti di questo potere economico, avrebbero tentato di condizionare l’attività politica, riferita alla competizione elettorale del 2007, sostenendo Pasquale Morisani (non indagato). Gli arrestati sono Sandrino Amedeo Aurora, 41 anni; Antonino Gennaro Crucitti, di 31; Santo Crucitti di 48, già detenuto; Michele Crudo di 44 , anch’egli già detenuto; Antonino Minniti, di 34; Carmine Polimeni di 31, già detenuto; Domenico Polimeni, 35 anni, già detenuto; Domenico Suraci, di 38, tutti reggini. Antonio Minniti in manette L’intercettazione nell’ufficio del boss per la campagna elettorale di Morisani Convergenza di interessi tra clan Per i magistrati il capocosca sperava di infiltrare la politica cittadina C’È una intercettazione che consente di dire ai magistrati che Santo Cricitti ha sostenuto l’elezione di Pasquale Morisani alle amministrative del 2007. Il boss votò per l’attuale assessore ai Lavori Pubblici. Si tratta dell’intercettazione ambientale (di cui pubblichiamo uno stralci) di Santo Crucitti che parla con Pasquale Morisani, Sergio Quattrone e Francesco Scaramozzino, poche settimane prima del voto. Morisani:«Sono tregiorniche devo andare a Condera, mi credi, mi credi ora a parte il fatto di Sergio che è tre giorni che voglio salire a Condera, compreso ora, e tutti mi chiamano, perché minchia deve ancora a Condera a trovare un sacco di persone, devo andare a Condera a trovare un sacco di persone, niente si fanno le nove e mezza di sera, alle nove e mezza puoi andare più a suonare alle persone? no!». Quattrone: «Sai chi è venuto ieri Morace? Sai perché è venuto?». Crucitti: «Vabbé Morace è alla cosa, alla circoscrizione». Quattrone: «Penso che a Condera tanto bene non va Morace». Morisani: «Sergio, la politica, e tu sarai d’accordo con me, non si costruisce in quindici giorni prima delle elezioni, puoi andare dalle persone quindici giorni pri- ma ma non si costruisce». Crucitti: «Ma sai che voglio dire io ehhhh ... no no poi alla fine non c’è niente da fare, perché ognuno va e gli dice la sua eh. Glieli dai un paio di voti?» Quattrone: «Tutti i miei familiari sono dieci, cinque sono per voi» Morisani: «Per davvero? Quelli che portono, quelliche ci danno cinque voti di famiglia sono…». Quattrone: «Cinque io a Panuccio glieli faccio avere, perché se mi vedo con chi mi vedo non gli devo girare gli occhi… incomprensibile… per me sarà cosi». Morisani: « … incomprensibile …sono mischiati…». Quattrone: «… incompr … ripeto non sono mai andato, l’altra volta organizzato per mangiare ma io non sono mai andato». Morisani: «C’'è tutta … incomprensibile … la verità è un’altra Sergio, ricorda quello che ti dico (si accavallano le voci e l’audio risulta incomprensibile) la verità é che non c’è la volontà di creare un progetto politico a Condera… (si accavallano le voci e l'audio risul- ta incomprensibile) tu ci sei, perché non sei disperso e poi ne riparliamo (incomprensibile)… io dico che non c’è, sembra di si, ma in verità non c’è… perché non si crea con il partito, il ceto politico si crea (incomprensibile) zone dove ci sono persone che facciano (incomprensibile) … è la provincia». Quattrone: «(incomprensibile)». Morisani: «Infatti li c’è unaconvergenza di interessida partedi diverse cosche». Quattrone: «No, perché stanno cercando di mantenersi…incomprensibile…». Morissani: «da parti diverse … vedi che questa è campagna: u trenta maggio si fanno più nemici che amici». Crucitti: «Franco mi raccomando» Scaramozzino: « …incomprensibile... ma ci mancava». Crucitti: «No no no no per questa cosa Franco, (si accavallano le voci e l’audio risulta incomprensibile) senti, senti la cosa importante (incomprensibile)». Scaramozzino:«Io la campagna per Pasquale Morisani, non «Le famiglie si stanno tenendo da diverse parti» perché è presente, gliela sto facendo io, io so come fare»Morisani: «Ma te li sei presi i fac simili». Scaramozzino: «E non me li hai dati». Morisano: «I giornalini?». Crucitti: «Vedi di non cadere Ciccio». Scaramozzino: «certo…incomprensibile... la stessa cosa io vado da un parente mio da un amico mio: Ciccio che devo fare chi devo votare? Gli dicevo così, così e così oppure zio, cugini (si accavallano le voci e l’audio risulta incomprensibile) tutta quella pubblicità, sai quanta ne ho nella macchina dell’Enel…». ….omissis .... Crucitti: «Oggi ho parlato pure con Totò, però ce ne dà due soli». Morisani: «Totò chi?». Crucitti: «…incompr… allora te ne devono uscire quattro cartellini e sono due di Totò e in quello di Totò c’è pure suo cugino e quindi giustamente dei tuoi (si accavallano le voci e l’audio risulta incomprensibile) e un ragazzo non mi ricordo come si chiama …incomprensibile... cioè è inutile che le persone gli ho detto Totò quindi sono due questi qua, poi alla Croce Valanidi ne ha? E due ne escono alla Croce Valanidi …incomprensibile...». GLI ARRESTATI Santo Crucitti Antonio Crucitti Sandrino Aurora Michele Crudo Domenico Suraci Carmine Polimeni E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 20 Reggio Il pm Sara Ombra che condusse l’inchiesta “Terrazzamento” scagiona l’ex amministratore dell’Atam Chiesta l’archiviazione di Arena Sollecitato il rinvio a giudizio degli altri imputati. Si valuta la posizione di Filardo di CLAUDIO CORDOVA L’UNICO imputato per cui il pubblico ministero Sara Ombra ha richiesto il non luogo a procedere è l’attuale sindaco di Reggio Calabria, Demetrio Arena. La sua posizione sarebbe stata insomma chiarita, ed è per questo che l’accusa ha chiesto l’archiviazione. Per tutti gli altri soggetti coinvolti nell’indagine “Terrazzamento”, invece, il rappresentante dell’accusa ha richiesto il rinvio a giudizio. Un procedimento che scaturisce da un’operazione condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale e del Noe (Nucleo Operativo Ecologico) che accertarono come in un’area, quella del vallone Bovetto, dove sarebbero dovuti sorgere degli uliveti, si era dato vita, invece, a delle discariche a cielo aperto. I reati contestati nell’ambito dell’indagine indagine coordinata anche dal procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza sono quelli di realizzazione di discarica abusiva di rifiuti speciali non pericolosi (materiali edili da demolizione provenienti da cantieri) in un territorio in cui vige lo Stato di Emergenza nel settore dei rifiuti, traffico di rifiuti, realizzazione di lavori di terrazzamento di terreni a scopo agricolo in assenza dei prescritti titoli autorizzativi, nonchè gestione e trasporto non autorizzati di rifiuti speciali non pericolosi. Arena, oggi sindaco della città, è stato coinvolto nell’inchiesta per delle condotte messe in atto quando era Amministratore Unico dell’Atam, l’azienda di trasporto pubblico del Comune di Reggio Calabria. Quel terreno, dove dovevano sorgere alberi, in realtà, era divenuto venuto una discarica colma di rifiuti provenienti da demolizioni e cantieri edili, ma anche dall’Atam. I legali di Arena, gli avvocati Francesco Albanese e Aldo Labate, hanno rimarcato come Arena, da amministratore unico, non poteva avere il totale polso della situazione: storia diversa rispetto a quanto poteva, invece, il direttore generale dell'azienda, Vincenzo Filardo. Sulla sua posizione, peraltro, il pm Ombra ha chiesto la trasmissione degli atti all’Ufficio di Procura, al fine di valutare se esistano o meno profili di responsabilità penale. Per altri quindici imputati, l’accusa ha chiesto il rinvio a giudizio. Si tratta di Vittorio Bruno Martino, Maurilia Colanino Ziino, Nicola Irto, Pasquale Tripepi, Domenico Malavenda, Giuseppe Schiavone, Francesca Minniti, Giuseppe Laganà, Rosario De Vivo, Domenico Alampi, Giuseppe Nocera, Angelo Toscano, Demetrio Arcudi, Andrea Gattuso, nonché il boss Giovanni Ficara. Adesso toccherà agli avvocati, tra gli altri Francesco Calabrese, Carlo Morace e Giovanni De Stefano, tentare di smontare l’impianto accusatorio ed evitare il giudizio. L’incipit dell’indagine, avviata nel luglio 2009, è curioso: volendo approfondire gli affari della Eko Mrf, gestita da Vittorio Bruno Martino, elemento centrale dell’inchiesta, i Carabinieri, collegati a un normale sito di mappe satellitari, hanno avuto modo di osservare che la foto immortalava all’interno dall'area di proprietà della ditta un camion che scaricava materiale edile su un costone della collina. Da qui, poi l’avviamento vero e proprio delle indagini, con servizi di osservazione per il controllo dei movimenti dei mezzi e le conseguenti attività svolte sul sito di stoccaggio, anche attraverso controlli aerei effettuati dell’Elinucleo di Vibo Valentia, che hanno documentato l’alterazione dell’assetto morfogeologico del territorio. IL BLITZ Il Noe partì dalle immagini del satellite L’indagine mosse i primi passi grazie ai filmati del web che immortalavano i camion che scaricavano i rifiuti REGGIO CALABRIA - L’operazione “terrazzamento” scatto l’8 febbraio scorso, quanto grazie ai satelliti fu possidile scoprire i camion che scaricavano i rifiuti in maniera illecita. L’inchiesta portò al sequestro di tre società di smaltimento di rifiuti speciali e di 21 tra camion e ruspe, oltre che a conti correnti e ad uno dei bar interni all’aeroporto dello Stretto. Un caso singolare. Ne- gli atti che portarono all’iscrizione sul registro degli indagati di 22 persone - quasi tutti titolari di ditte che si occupano di edilizia ci sono infatti le immagini di “Bing Maps”, un motore di ricerca che consente di visualizzare pezzi di territorio attraverso filmati e fotografie. Frammenti provenienti dal satellite, che registrarono alcuni camion nel momento esatto in cui stavano scaricando rifiuti speciali in un vallone adiacente alla fiumara di Bovetto, di Reggio Calabria. Partì così l’indagine dei carabinieri de Comando provinciale e degli specialisti del Noe, coordinata dal Pm Sara Ombra. All’epoca fu spiegato che gli esperti del Noe (Nucleo operativo ecologico), dopo aver visto le immagini satellitari, si erano messi a lavoro per svolgere gli ulteriori accertamenti del caso, scoprendo che alcune aziende, riconducibili all’imprenditore Bruno Martino, scaricavano illegalmente rifiuti speciali provenienti da lavorazioni edili, in una piccola vallata. Un’operazione che pensava passasse inosservata. Martino infatti, era proprietario del terreno ed aveva chiesto l’autorizzazione per realizzare dei terrazzamenti che, ufficialmente, dove servire ad accogliere degli uliveti. In realtà usava il territorio come discarica che andava coperta da uno strato di terriccio, sui andavano piantumati gli alberi di ulivo. Tutto illegalmente secondo i carabinieri e la Procura della Repubblica. Tant’è che durante alcuni controlli, si è scoperto come in realtà le aziende di Martino portassero nel vallone materiali che normalmente andrebbero smaltiti n discarica. Pezzi di pilastro, resti di demolizioni, di bitume stradale, legno, plastica e ferro, finiva tutto assieme, finivano in un unico calderone che, secondo quanto appurato «aveva iniziato a creare problemi anche sul fronte idrogeologico». Oltre alle tre società ed al bar interno all’aeroporto (intestato ad una di esse) finirono sotto sequestro i mezzi di 16 ditte che furono “pizzicate” a scaricare nel vallone, con camion non autorizzati al trasporto di rifiuti speciali. Le accuse contestate a vaio titolo ai 22 indagati erano discarica abusiva di rifiuti speciali non pericolosi. g. bal. Le immagini satellitari Il gup Rodolfo Palermo accoglie la richiesta di giudizio del pm Antonio De Bernardo “Locri unita” andrà a processo I legali dei Cordì avevano chiesto l’abbreviato condizionato ad alcuni testimoni E’ STATA scongiurata l’ipotesi di scarcerazione per i tre imputati del procedimento “Locri è unita”. Ilario Aversa, Antonio Cordì e Antonino Caroleo, ieri mattina, sono stati rinviati a giudizio dal Gup di Reggio Calabria, Rodolfo Palermo. Compariranno nel febbraio 2012 al cospetto del Tribunale Penale di Locri per rispondere dei reati formulati contro di loro dalla Direzione distrettuale antimafia. La decisione arriva alla fine di un mese e mezzo di rinvii: l'’dienza preliminare, infatti, sarebbe dovuta iniziare (e concludersi, visto l’esiguo numero di imputati) il 29 settembre scorso. E tuttavia si sono registrati tuta una serie di problemi. In questo senso, le astensioni e le ricusazioni di tre giudici hanno, di fatto, paralizzato il processo fino a ieri, quando, a una settimana dalla scadenza dei termini di custodia cautelare, il quarto Gup designato ha emesso il decreto che dispone il giudizio. E’ stato necessario, infatti, ricorrere a un giudice del Tribunale Civile, il dottor Palermo, per districare una vicenda che, con il passare delle settimane, si era complicata. Su richiesta dei legali dei tre imputati, infatti, ben tre Gup avevano dovuto “passare la mano”: Antonino Laganà, Daniela Oliva e, da ultima, Silvana Grasso. Giudici che hanno dovuto rinunciare in quanto erano intervenuti in passato in decisioni L’arresto di Antonio Cordì e un’immagine delle riprese della polizia durante l’indagine che riguardavano i tre imputati o procedimenti ad essi colegati. E anche ieri, comunque, l’udienza è filata tutt’altro che in maniera liscia. I legali, infatti, avevano avanzato una richiesta di rito abbreviato, condizionato dalla produzione di alcuni documenti e dall’ascolto di una lunga serie di testimoni, tra cui il celebre boss di Siderno, Giuseppe Commisso, detto il “mastro”. E se sulla documentazione il pm titolare del procedimento, Antonio De Bernardo, non aveva formulato alcuna opposizione, si era fermamente schierato contro l’ascolto dei testimoni: una circostanza che andava a cozzare contro l’economicità temporale del rito abbreviato. Argomentazioni, quelle del pm De Bernardo, condivise dal Gup Palermo che ha così rigettato le richieste di rito abbreviato condizionato, inducendo le difese a optare per l'ordinario, dove, eventualmente, potranno proporre di ascoltare i testimoni citati ieri. Il procedimento, che adesso passa a Locri, scaturisce da un’operazione della Squadra Mobile di Reggio Calabria del 16 novembre 2010. Un’indagine dall'altissima valenza, perchè sancirebbe la riappacificazione tra le cosche Cordì e Cataldo, che per oltre quarant’anni hanno messo a ferro e fuoco Locri in una sanguinosissima faida. Secondo le indagini e le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, infatti, a causa della guerra tra i Cordì e i Cataldo, il locale di Locri, giudicato troppo turbolento, sarebbe stato “messo in sonno” per diverso tempo. La riapertura del locale, infine, avrebbe sancito la pace tra i due schieramenti, in lotta dal lontano 1967, garantendo alle cosche la possibilità di gestire in pace il giro di denaro del comune della Locride. cla. cor. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Reggio 21 Mercoledì 9 novembre 2011 30 Email: [email protected] - Amantea E-mail [email protected] - [email protected] Paola E-mail [email protected], [email protected], [email protected] San Lucido Email [email protected] Scalea Email [email protected] Belvedere Email [email protected] Acquappesa E-mail [email protected] Scopelliti: «Abbiamo deciso di investire dieci milioni per la vostra città e per Cetraro» «Vogliamo rilanciare la sanità» Consiglio comunale d’eccezione a Paola col presidente della Regione di FRANCESCO STORINO PAOLA – Consiglio comunale d’eccezione alla presenza del presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti. Oggetto di discussione l’Ospedale “San Francesco” oggi riunito in Spoke con quello di Cetraro. Il governatore è accompagnato da consiglieri (Chiappetta, Serra, Perfetti, Orsomarso) e assessori regionali (Mancini). Troppo polemiche in questi mesi per non intervenire di prima persona cercando di mettere fine ad inutili discussioni. Scopelliti parla a braccio dopo aver ascoltato attentamente i consiglieri comunali, gli esponenti del comitato, il sindaco e illustra carte alla mano quello che stava per fare Loiero. Come da noi anticipato, nell’ultimo piano si prevedeva la chiusura dell’Ospedale di Paola. «La verità - ha evidenziato - non si può negare. Gli ospedali con meno di 120 posti letto al 12 febbraio 2010 dovevano chiudere e Paola ne aveva 96». A parte questa premessa Scopelliti parla di sanità territoriale e non solo, di voglia di rilancio e della Calabria e di chi «ha deciso di rimanere e pertanto deve lottare per portarla avanti, per vederla crescere, per avere una regione migliore». Su Paola: «quanto fatto Un momento del consiglio comunale di ieri con Scopelliti e parte del pubblico presente oggi è solo un punto di partenza. Abbiamo previsto 10 milioni di euro per la vostra città e 10 per Cetraro. Saranno investiti in risorse umane, adeguamenti strutturali e il 15% in nuove tecnologie. Non ci devo- no essere divisioni. Perché il nostro obiettivo ha un solo e grande interesse rilanciare la sanità». Quindi rivolgendosi ai cittadini di Cetraro presenti: «Il sindaco Aieta condivide la scelta che abbiamo fatto. Cetraro avrà il punto nascita per la chiusura della clinica Cascini. E non solo. Oggi è cambiato metodo. Non si può più pretendere di avere l’Ospedale sotto casa. La sanità deve essere di qualità e dare ga- ranzie». L’assemblea che si è aperta con l’intervento del presidente del consiglio comunale, Ferruccio Fedele, ha visto la presenza di una delegazione di Lpu che attendono la stabilizzazione e di un gruppo di ex precari stabilizzati presso gli ospedali del territorio. Fedele dopo aver condannato le diatribe di questi mesi, rivolgendosi a Scopelliti ha rimarcato: «Ha valutato saggiamente ed avvedutamente la rete ospedaliera di questa area e il corretto rapporto posti letto/abitanti, le condizioni di viabilità e di trasporto ed ha anche rispettato il tasso di utilizzo dei posti letto in rapporto alla qualità/quantità delle prestazioni ospedaliere erogate». Il sindaco dopo aver espresso la sua soddisfazione per la presenza del governatore ha difeso l’operato dell’amministrazione: «abbiamo sempre affrontato la questione senza partigianeria senza spirito di parte. Abbiamo sempre difeso gli ospedali riuniti senza indugi». Interventi critici sono stati invece quelli dell’assessore alla sanità Franco Perrotta e del consigliere comunale Tonino Longo. Perrotta ha attaccato il Pdl locale e ha parlato di campagna propagandistica e ha esortato a compiere scelte coraggiose. Longo invece si è soffermato tra l’altro sulla problematica delle stabilizzazioni. Quindi hanno preso la parola Lucio Cortese e Franco Cortese rispettivamente di Prc e Comitato Bonavita. E infine i consiglieri comunali Arlia, Di Natale, Ferrari e Serranò. VERSO LE AMMINISTRATIVE Paola, il Psdi lavora per larghe convergenze PAOLA - Convergenze verso il Psdi. In punta dei piedi il partito di Lamberti lavora. E in gran segreto, ma non troppo, tesse la tela. Dopo aver confermato di voler candidare a sindaco l'esponente socialdemocratico, l'attuale assessore Giovanni Abruzzo, il Psdi si è incontrato nei giorni scorsi con la correntedel Pd guidata da Graziano Di Natale. Il leader dei Democratici per Paola e capogruppo al consiglio comunale di S&D se con la maggioranza non si aggiusteranno le cose potrebbe dare appoggio proprio al partito dell'ex vicesindaco. Dopo le voci filtrate di una presunta indisponibilità di Graziano Di Natale a candidarsi, che comunque ha affermato di rimettersi alle decisioni che scaturir anno dal partito, potrebbe essere questa una convergenza importante. Senza dimenticare che non molto tempo fa anche il Pri di Sergio Stancato ha avuto un incontro con il gruppo di Piero Lamberti. Manovre di avvicinamento e contatti che porterebbero gli “scontenti” e gli avversari di Roberto Perrotta verso alleanze che se confermate creerebbe non pochi grattaca- pi all'attuale coalizione di maggioranza che sembra avere sposato la candidatura di Carlo Gravina, ex segretario di Forza Italia e consigliere comunale dimissionario dal Pdl. Il Prise da unlato appenaun mese fa ha assicurato fedeltà al Pdl dall'altro sta anche sondando il terreno in altre direzioni e nel farlo potrebbe mettere sul piatto anche un suo nominativo. Tutto è comunque da verificare. Nelle prossime ore potrebbero emergere importanti novità. f. s. Nepetia. Il teste: «Aveva una versione diversa sulla gestione dell’Appenino» Ne ha parlato in aula il pentito Ulisse Serpa L’incontro a Oristano con Mario Serpa In aula la testimonianza dell’amministratore Alberto Cioli per la riappacificazione «Ero in conflitto con La Rupa» di PAOLO VILARDI AMANTEA – Il processo Nepetia è entrato nel clou. Nel corso dell’udienza celebrata ieri mattina nell’aula collegiale del Tribunale di Paola sono emersi particolari importanti sulla gestione dell’Appennino paolano, la Spa addetta alla raccolta dei rifiuti, poi sciolta, al centro del vortice giudiziario. Dinanzi al presidente Paola Del Giudice e ai giudici a latere Nicoletta Campanaro e Anna Maria Buffardo ha reso significative testimonianze Alberto Cioli, l’ex amministratore delegato della società per azioni che venne sfiduciato dai comuni, al quale successe Samà. Cioli ha riferito sui suoi rapporti “conflittuali” con l’allora sindaco Franco La Rupa, presidente della società medesima, nonché sulle presunte ingerenze di personale dipendente e un “rapporto preferenziale”della Spa con Amantea. Una serie di argomentazioni agli atti d’indaginedi questoprocedimento penale a carico di 24 persone, imputate a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, di droga e singoli reati contro il patrimonio, che operavano nel comprensorio del basso Tirreno cosentino. Alberto Cioli, primo teste sentito, sollecitato dalle domande del Pm della Dda Gianpaolo Boninsegna ha esordito con le incomprensioni che caratterizzavano il suo rapporto con La Rupa: “Aveva una visione nettamente diversa dalla mia sulla gestione della società. Il conflitto nasceva in quanto lui era sindaco e presidente dell’Appennino. Pertanto – ha proseguito il teste –voleva un rapporto “preferenziale” con Amantea, dando ordini non sempre nelle competenze della società”. L’ex amministratore delegato è così entrato nei particolari: “La Rupa cercava di imporsi su di me nei consigli di amministrazione, forse perché ero l’unico non calabrese, fino a quando burrascosamente non si chiuse l’avventura. Venni difatti sfiduciato dai comuni”. Sempre Cioli ha altresì raccontato sulla necessità al tempo per la Spa di reperire altri mezzi di lavoro, soprattutto nel periodo estivo: “Ho sempre cercato di noleggiarli al di fuori di questa zona, anche aduna societàdi Scandicci, in Toscana, per non richiederle a Marchese e Samà, onde evitare incompatibilità”. L’allora amministratore non sarebbe però riuscito nell’intento, in quanto la Spa alla fine noleggiò i mezzi di Samà. In chiusura dell’esame Cioli ha spaziato sugli attentati perpetrati alla Spa: Franco La Rupa “L’Appennino paolano ricevette molti danneggiamenti, ma mai intimidazioni nei miei confronti, che denunciai puntualmente, anche in prefettura, ma a cui non davo molta importanza. Ero consapevole che si poteva trattare delle conseguenze di aver cercato di togliere il lavoro a persone”. Il teste è stato poi sottoposto al controesame da parte della difesa di La Rupa, che ha cercato di farlo convenire sul fatto che il suo assistito, ben a conoscenza del territorio, voleva far prevalere esclusivamente una linea di gestione, che non varcava i confini della legalità. Ha altresì rilevato che la sfiducia non gli giunse solo daAmantea, ma da parte di tutti i comuni, sembrerebbe all’infuori di uno, che facevano parte della società”. A seguire è stato sentito Roberto Filippo, consigliere comunale di San Lucido dal 1987, tranne una piccola parentesi, e assessore comunale dal 1997 al 1998. Anch’egli entrò in contrasto con la Spa: “A mio avviso non venne rispettato il capitolato d’appalto. Da qui le divergenze”. Filippo ha infine raccontato che una mattina trovò le gomme squarciate della sua auto, senza azzardare riferimenti sul movente. L’ultimo intervento è stato di Antonino De Fazio, allora coordinatore dei servizi dell’Appennino paolano, che denunciò due attentati col fuoco a mezzi della società, nonché una bottiglia di benzina fatta ritrovare a Cetraro, a bordo di un mezzo. Infine due carabinieri operanti hanno riferito sull’attività che aveva sventato il traffico di stupefacenti, che verrà approfondita nella prossima udienza, fissata per il 22 novembre. PAOLA – Un incontro ad Oristano, in Sardegna, con l’ex boss Mario Serpa, per riappacificare i rapporti nella famiglia, quindi prevenire una guerra intestina. E’ quanto ha riferito ieri mattina, davanti al collegio del Tribunale di Paola, il collaboratore di giustizia Ulisse Serpa, sottoposto ad interrogatorio dal pm della Dda Giampaolo Boninsegna, nel corso del processo a carico di Salvatore Serpa e Giuseppe Sirufo, 24 e 28 anni. I due imputati sono accusati di tentata estorsione ai danni di due ristoratori del posto, aggravata dal metodo mafioso. Ulisse Serpa si era recato insieme ad alcuni parenti ad Oristano, in tempi non sospetti, dove riceveva l’invito da Mario Serpa, detenuto in regime di semilibertà, a superare recenti incomprensioni nella famiglia Serpa, di cui in udienza lo stesso collaboratore ha riferito nei particolari. Quindi al fine di evitare spaccature nel presunto clan. Una situazione di contrasto che ad ogni modo si attenuò col tempo, con l’arresto di Ulisse e Giuliano Serpa, oggi collaboratori di giustizia, nonché di Giancarlo Gravina, tutti dello stesso gruppo. Secondo l’accusa, tornando all’udienza di ieri del processo, i due imputati tentarono di perpetrare l’estorsione vantando appunto la parentela col boss Mario Serpa, un atteggiamento negato dai due giovani, ma che suscitò la reazione dei parenti che redarguirono i ragazzi invitandoli ad atteggiamenti prudenti, non tirando in ballo i familiari che sarebbero stati all’oscuro di tutto. In particolare, come si evince dal capo d’imputazione, Serpa e Sirufo all’epoca dei fatti, tra il 2009 e il 2010, chiesero al titolare di un esercizio commerciale la somma di 500 euro, promettendo “protezione”. Il commerciante si rifiutò però di pagare e sporse denuncia ai carabinieri. Partì quindi l’attività investigativa da cui scaturì l’emissione di un’ordinanza cautelare in carcere che raggiunse entrambi gli imputati, eseguita dai carabinieri di Paola. Nella penultima udienza era stato ascoltato anche Giuliano Serpa, altro collaboratore di giustizia, che aveva riferito sugli equilibri dei clan dopo i primi anni Ottanta. Il processo è stato rinviato al prossimo 13 dicembre. p. v. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Tirreno Mercoledì 9 novembre 2011 Mercoledì 9 Novembre 2011 Gazzetta del Sud 8 Calabria . OPERAZIONE SISTEMA Arrestati dai carabinieri otto presunti componenti della cosca Crucitti dominante nel quartiere Condera-Pietrastorta Reggio, un altro colpo alla ’ndrangheta Spa Credito, intermediazioni e grande distribuzione. La voglia di infiltrarsi nella pubblica amministrazione Paolo Toscano REGGIO CALABRIA In riva allo Stretto la ’ndrangheta si era infiltrata nei settori della grande distribuzione alimentare, dell’edilizia e dell’intermediazione del credito. Emerge uno spaccato inquietante dall’inchiesta condotta dai carabinieri del comando provinciale, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia reggina, sulle attività dei presunti appartenenti alla cosca Crucitti, attiva nel quartiere Condera-Pietrastorta. L’inchiesta è sfociata ieri nell’operazione “Sistema”, con l’arresto di otto persone. La presenza della cosca Crucitti era già stata certificata da un’altra inchiesta sfociata nell’aprile scorso nell’operazione “Piertastorta”, con l’arresto di Santo Crucitti, presunto boss di Pietrastorta, e del suo braccio destro Mario Chilà. Oggi come allora, facendo leva sulla complicità di imprenditori ben inseriti nel contesto socio economico della città e pronti a fare da prestanome, secondo quanto emerso dalle indagini, l’organizzazione criminale aveva allungato i tentacoli in ambiti produttivi dove sono in ballo interessi enormi. L’indagine ha fatto luce su un sistema di fallimenti e conseguente acquisizione di punti vendita alimentari da parte degli stessi soggetti che avrebbero sempre privilegiato, durante le procedure concorsuali, i fornitori legati alla ’ndrangheta. Emblematico il caso della catena di supermercati “Planet food” i cui titolari, secondo gli inquirenti, avrebbero ripetutamente ricevuto da elementi di una potente organizzazione di ’ndrangheta reggina come il clan Tegano sostanziose somme senza avere alcun titolo. E che ci fosse qualcosa che non quadrava nei movimenti di quelle somme, come accertato dalle indagini, è venuto fuori quando la “Planet” è crollata sotto un passivo enorme e nessuno ha avviato procedure per recuperare i soldi elargiti dino al giorno precedente. La cosca, inoltre, forte di uno smisurato potere economico avrebbe anche tentato di condizionare l’attività politica citta- dina, riferita alla competizione elettorale del 2007, mediante candidati di riferimento a cui assicurare sostegno elettorale. Riferimento del clan, secondo quanto si rileva dall’ordinanza del gip Domenico Santoro, in occasione alle elezioni amministrative di quattro anni fa, sarebbe stato il consigliere comunale Pasquale Morisani, attuale assessore ai Lavori pubblici del Comune di Reggio Calabria. Morisani, tuttavia, non è indagato in quanto, scrive il gip nell’ordinanza, «non sono emersi, come correttamente segnala il pm, elementi penalmente rilevanti» nei suoi riguardi. Per il gip, l’attività tecnica espletata nel corso dell’attività investigativa «ha rivelato anche il tentativo di condizionamento politico perpetrato dall’organizzazione criminale attenzionata, concretizzatosi nel supporto garantito da Santo Crucitti e dai suoi accoliti a beneficio di Pasquale Morisani, candidato nelle consultazioni comunali del 2007 in una lista civica a sostegno dell’elezione del sindaco Giuseppe Scopelliti. Il rapporto di conoscenza tra Morisani e i componenti della consorteria criminale – si fa rilevare – era emerso già dal contenuto della misura cautelare emessa nei confronti degli esponenti della cosca Crucitti nell’ambito del procedimento denominato “Pietrastorta”. In particolare, – scrive ancora il magistrato – era risultato il legame del consigliere Pasquale Morisani con Giuseppe Romeo, condannato in primo grado per associazione mafiosa nel richiamato procedimento “Pietrastorta”, unitamente a Santo Crucitti e Mario Chilà, poi nuovamente sottoposti a custodia cautelare in carcere per il medesimo reato». La risposta delle istituzioni all'ennesima offensiva della ’ndrangheta è giunta all’alba di ieri con l’operazione “Sistema”. In esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip Domenico Santoro su richiesta del sostituto procuratore della Dda Marco Colamonici, i carabinieri hanno arrestato 8 persone accusate di essere appartenenti o contigue alla 'ndrangheta nella sua articolazione territoriale denomi- IN SINTESI L’OPERAZIONE. A conclusione dell’inchiesta denominata “Sistema” i carabinieri del comando provinciale hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 8 persone (quattro già detenute). LA COSCA. Colpita l’organizzazione criminale facente capo alla famiglia Crucitti, considerata dominante nel quartiere Condera-Pietrastorta. GLI INTERESSI. La cosca aveva i suoi principali interessi nei settori dell’intermediazione del credito, dell’edilizia e della grande distribuzione alimentare. Puntava, inoltre, a infiltrarsi nella pubblica amministrazione. IL PRECEDENTE. Nell’aprile scorso, con l’operazione “Pietrastorta”, la cosca era stata già colpita. Erano stati arrestati l’imprenditore Santo Crucitti, ritenuto il capo dell’organizzazione, e il presunto braccio destro, Mario Chilà. Antonino Gennaro Crucitti, nipote del presunto boss Santo Crucitti, lascia la caserma e viene accompagnato al carcere di via San Pietro nata “cosca Crucitti”. Il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere all'imprenditore Santo Crucitti, 48 anni, a Michele Crudo e Carmine Polimeni, 34 e 31 anni, entrambi generi del boss Giovanni Tegano, e a Domenico Polimeni, 35 anni; sono stati arrestati anche Sandrino Amedeo Aurora, 41 anni, Antonino Gennaro Crucitti, 31 anni, Antonino Minniti, 34 anni, Domenico Suraci, 38 anni. L'operazione ha registrato, inoltre, il sequestro di beni intestati ad Antonio Gennaro Crucitti ma, secondo gli inquirenti, nella disponibilità dello zio, Santo Crucitti. Si tratta di una quota della società Epi srl con sede legale a Reggio Calabria, di una quota della “Fitland società sportiva dilettantistica”, l’impresa individuale Costruzioni edili e locazione dei relativi immobili con sede nella città dello Stretto. Tra i beni se- questrati immobili siti a Reggio Calabria ed in particolare un fabbricato e locale per esercizi sportivi con fini di lucro, un magazzino ed un’autorimessa. Gli arrestati sono accusati a vario titolo in concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni, bancarotta fraudolenta, tutti reati aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso. I risultati dell’inchiesta “Sistema” vanno a integrare quanto emerso da precedenti indagini. È il caso di ricordare che i primi a parlare dell’esistenza della cosca Crucitti a Condera-Pietrastorta erano stati numerosi pentiti storici della ’ndrangheta. A cominciare da Antonio Gullì e Antonio Rodà, passando per Giacomo Ubaldo Lauro, Umberto Munaò e Giovan Battista Fracapane. In tempi recenti anche Roberto Moio e Nino Lo Giudice. L’invito della parlamentare di Fli Napoli: la politica rinunci ai voti delle “famiglie” REGGIO CALABRIA . «L’operazione “Sistema”, condotta dal comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, che ha portato all’arresto di otto soggetti ritenuti legati alla cosca Crucitti della ’ndrangheta reggina, consolida quanto ormai emerge da più inchieste avviate sul territorio nazionale. Gli uomini della ’ndrangheta votano e fanno votare e hanno la capacità di far eleggere i loro rappresentanti politici in seno ai vari organismi elettivi». Parole dure quelle usate da Angela Napoli, deputato del Fli, nel commentare le notizie relative all’impegno elettorale della cosca Crucitti a Reggio, in occasione delle Comunali del 2007, con il sostegno di un candidato del centrodestra. La parlamentare aggiunge: «Credo sia giunto il momento di comprendere che non servono più fiumi di parole antimafia, proprio nel mentre una parte della politica, sicuramente quella malata, continua a destreggiarsi solo con la “conta” dei risultati elettorali». L’esponente di Futuro e Libertà continua: «Penso, invece, sia giunto il momento di fare un bagno con i sali dell’umiltà e della responsabilità, verificando la qualità dei consensi ottenuti. Contemporaneamente il mondo della politica dovrebbe trovare il coraggio di “cacciare dagli Enti elettivi, a tutti i livelli, coloro che si sono avvalsi dei consensi elettorali mafiosi». L’on. Napoli sostiene che sia giunto il momento di attuare un’inversione di rotta dalla portata storia: «Basta – afferma ancora – con le “targhe”, utili solo a vestire di “verginità” alcune Istituzioni. La politica ha il dovere di allontanare i “ladri della legalità”, rei di usurpare quella liceità necessaria ad assicurare la giustizia sociale ai cittadini onesti».(r.rc) PALMI Sopralluogo sull’autostrada del ministro Matteoli accompagnato dal presidente dell’Anas Ciucci e dal governatore Giuseppe Scopelliti Sa-Rc, lavori a ritmo serrato ma resta un “buco” di 58 km Ivan Pugliese PALMI In bilico come sul filo di un rasoio, alle prese con l’equilibrio precario dei difficili incastri per mantenere una maggioranza di Governo che sia tale almeno numericamente, al Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Altero Matteoli, deve esserne sembrata poca roba destreggiarsi tra viadotti in costruzioni e gli eterni cantieri dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. L’occasione è stata la visita effettuata nella mattinata di ieri assieme al numero uno dell’Anas, Pietro Ciucci. Al sopralluogo ha preso parte anche il Governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti. La cospicua carovana composta da un autobus, diverse auto blu e Forze dell’Ordine ha effettuato il tragitto che da Villa San Giovanni conduce sino allo svincolo di Sant’Elia. In particolare il ministro ha percorso i tratti di autostrada, non ancora aperti al pubblico, ma che rappresentano il nuovo percorso stradale della A3. Le promesse che erano già state fatte nelle visite precedenti da Matteoli e ribadite più volte pubblicamente da Ciucci in diverse occasioni, sono confermate, nessun rinvio insomma: «Dei 440 km di cui si compone la Salerno – Reggio Calabria – ha sottolineato il Ministro – circa 240 sono già aperti. Entro la prossima estate saranno percorribili altri 35 km. Ciò vuol dire che per la metà del prossimo anno potremmo contare su 275 km di strada, questo è un bel risultato». La visita del Ministro e dell’Ad di Anas si è concentrata su alcune importanti opere del tratto percorso: il viadotto Favazzina (campata centrale da oltre 200 metri, due laterali da 110 e altezza di oltre 100 metri); il viadotto Sfalassà (con più grande luce tra i viadotti mai realizzati in Europa) e, dove poi si è svolto l’incontro con la stampa, la galleria Barritteri (lunga circa 2,5 chilometri). «Bisogna tenere conto – ha proseguito Matteoli – quando si analizzano i lavori, che siamo di fronte ad un’opera complessa, fatta di grandi gallerie e continui viadotti». Matteoli conferma quindi la data di consegna con una piccola postilla: «Entro dicembre del 2013 i lavori saranno ultimati, l’unico dubbio riguarda 58 km di tragitto per i quali, a causa della mancanza di fondi o della progettazione, non possiamo fare previsioni su quando e come saranno completati». Proteste degli utenti per le lunghe code, attentati ai cantieri, infiltrazioni mafiose rilevate dalla Dda di Reggio Calabria, l’installazione dei tutor e/o dei pedaggi, ma i lavori, spediti o meno proseguono. «Spetta al Governo – ha esordito Ciucci – la decisione finale sui tutor e sui pedaggi. Io penso che inserire il pagamento del pedaggio sia giusto quando gli introiti sono poi utili a poter offrire opere e servizi al territorio». Ciucci non è sembrato interessato ad approfondire il discorso relativo alle possibili infiltrazioni evidenziando come la questione «non interessa Anas». La Sa-Rc è suddivisa nel suo complesso in 62 interventi ripartiti in 12 macrolotti e 50 lotti, nei quali sono inclusi altri 7 svincoli ini- Il ministro Altero Matteoli e il presidente dell’Anas Pietro Ciucci sui cantieri della Salerno-Reggio Calabria zialmente non previsti dal piano di adeguamento del percorso. Oltre ai 240 km ultimati, in corso di lavori sono altri 120, mentre 25 sono in appalto, in totale 3385 km che fanno circa l’87% del totale del percorso. Chiosa sullo stato dei lavori da parte del Governatore Scopelliti, che ha già avanzato più volte personali osservazioni sulla questione: «Abbiamo constatato che con l’approvazione della legge obiettivo c’è stata una accelerazione sui lavori. Da quello che abbiamo avuto modo di vedere in questi tratti si lavora anche nei weekend. Il sogno è di vederla realizzata nel più breve tempo possibile. Stiamo parlando di un’arteria di vitale collegamento per i calabresi. Le parole del Ministro ci inducono a ben sperare per il completamento dei lavori che dovrebbe avvenire entro la fine del 2013. Per quanto concerne la questione tutor ribadisco che va discussa con il Prefetto mentre per i pedaggi se ne dovrebbe parlare quando i lavori saranno oramai completati». 30 Mercoledì 9 Novembre 2011 Gazzetta del Sud 31 Gazzetta del Sud Mercoledì 9 Novembre 2011 Cronaca di Reggio Cronaca di Reggio . . OPERAZIONE SISTEMA Sotto la lente le comunali del 2007 NEL MIRINO LA GRANDE DISTRIBUZIONE L’ombra del clan Crucitti su Palazzo San Giorgio Il gip Santoro: «Fugato ogni dubbio sul sostegno elettorale fornito a Pasquale Morisani» Piero Gaeta Già la prima indagine della Dda sulla cosca Crucitti – l’ordinanza dell’operazione “Pietrastorta” fu eseguita lo scorso 13 aprile – aveva gettato un’ombra di sospetto sui rapporti tra l’allora consigliere comunale Pasquale Morisani (oggi assessore ai Lacvori pubblici) e i presunti appartenenti alla cosca egemone nella periferia collinare della città. Sospetti che, pur non essendo Morisani indagato («non sono emerse su di lui fattispecie penalmente rilevanti», annota il gip Domenico Santoro), sono stati rilanciati delle indagini dell’operazione “Sistema” che hanno svelato anche il tentativo di condizionamento politico perpetrato dall’organizzazione criminale, concretizzatosi – secondo i Carabinieri e i magistrati della Procura antimafia – nel supporto garantito da Santo Crucitti e dai suoi accoliti a beneficio di Pasquale Morisani, candidato nelle consultazioni comunali del 2007 in una lista civica a sostegno del sindaco Giuseppe Scopelliti. Nell’operazione “Pietrastorta” era risultato il legame di Pasquale Morisani con Giuseppe Romeo, condannato in primo grado per associazione mafiosa, unitamente a Santo Crucitti e Mario Chilà, poi nuovamente sottoposti a custodia cautelare in carcere per il medesimo reato. Nel corso di un colloquio intercettato tra il Romeo e il Morisani quest’ultimo partecipava attivamente alla conversazione, in cui veniva commentato il modo di operare, in seno alla cosca, di Santo Crucitti, esternando critiche e considerazioni, condividendo le riflessioni dell’affiliato Romeo sul momento difficile allora attraversato da Santo Crucitti, sia per ragioni personali dovute alla separazione dalla moglie, sia per la morte di “Mario”, che s’identifica in Mario Salvatore Audino, deceduto il 19.12.2003 in un agguato mafioso, ritenuto capo dell’omoni- ma cosca operante a San Giovannello e personaggio molto vicino a Santo Crucitti, come riportato nella richiamata sentenza “Pieterastorta” . Le difficoltà del Crucitti inducevano il Romeo a riferire al Morisani la grande debolezza dello stesso: «(…)…ora è debolissimo, io lo sto lasciando in pace, non gli sto dicendo niente, gli ho detto Santo tu … non ti sto dicendo niente … me la vedo io politica … tu fottitene …(inc.)… ma sai con Alberto… va bene fottitene (…)». D’altra parte, quale fosse l’effettivo interesse del Morisani nel corso della conversazione intercettata emergeva chiaramente nel momento in cui i due interlocutori facevano chiaro ri- L’imbarazzo Forte imbarazzo ieri, a Palazzo San Giorgio, non appena si è diffusa la notizia dell’inchiesta che ha sfiorato, ancora una volta, Pasquale Morisani. Nel 2007 eletto consigliere comunale e oggi nominato assessore ai Lavori pubblici, secondo le indagini della Procura antimafia, l’avvocato Morisani avrebbe goduto dell’appoggio elettorale fornito dalla cosca Crucitti. E questa notizia ha creato nuove fibrillazioni in un’Amministrazione comunale già provata da mille problemi di natura finanziaria. E adesso Morisani cosa farà? In quest’indagine l’assessore non è stato nemmeno indagato, tuttavia emerge uno spaccato poco edificante che può generare anche qualche retropensiero che Morisani potrebbe scacciare facendo un passo indietro. Molto cauto il sindaco Arena che si è riservato un paio di giorni prima di assumere qualsiasi decisione. ferimento alla spartizione dell’elettorato del rione Condera, accostando al sostegno elettorale che Santo Crucitti avrebbe dovuto fornire al Morisani l’individuazione del bacino elettorale degli altri esponenti politici. Tuttavia, nonostante le difficoltà che in quel momento attraversava il capo cosca Santo Crucitti, era Romeo a garantire al Morisani il sostegno politico del gruppo d’appartenenza: «(…) …dobbiamo andare avanti noi Pasquale (…)». Quindi replicando al Morisani che chiedeva: «(…) Ma con Santo hai parlato, hai chiarito … (inc.) … vi siete chiariti? (…)», il Romeo asseriva: «(…) Ma lui aveva problemi (…)Si, si, lui dice si, si, ma Pasquale è scassato lui poveretto, lo sai com’è in questo periodo, una..una…un coso è, con Santo non ho problemi e poi…(…)». «Evidenziati negli atti del processo “Pietrastorta” gli elementi attestanti il legame tra il Morisani, Santo Crucitti e altri soggetti a quest’ultimo legati – scrive il gip Santoro –, importanti conferme sono emerse nel corso delle indagini del presente procedimento, ove viene fugato ogni dubbio in ordine al sostegno elettorale fornito dalla consorteria a favore del candidato Pasquale Morisani nelle consultazioni amministrative del 2007. Inequivocabili in tal senso sono le discussioni avvenute all’interno dell’ufficio in uso a Santo Crucitti a ridosso delle predette consultazioni, laddove emergeva l’impegno di quest’ultimo nel dirottare le preferenze elettorali di soggetti a lui vicini – quali, tra gli altri, Sergio Quattrone, Francesco Scaramozzino e Massimo Silva – a favore del succitato consigliere». Estremamente significative erano le riflessioni del Morisani che rappresentava il clima delle consultazioni che si sarebbero svolte da lì a poco come: «Una convergenza di interessi da parte di diverse cosche. Ci si farà più nemici che amici». Sandrino Amedeo Aurora scortato da due Carabinieri prima di essere trasferito in carcere Così funzionava il collaudato sistema della spartizione dei ricchi affari Domenico Malara Altro dato emerso nel corso delle indagini, è quello per cui il sistema della spartizione tra gruppi criminali del settore economico della grande distribuzione, mediante la suddivisione delle forniture tra ditte appartenenti o riconducibili ad ambiti diversi, se da un lato permea il sistema dall’altro, considerato la personalità e la caratura dei vari protagonisti, non manca di provocare alcune fibrillazioni che tuttavia non alterano il meccanismo nel suo complesso, né mutano la rilevanza dei comportamenti tenuti dai vari protagonisti della vicenda. Le indagini, infatti, hanno permesso di rivelare come Pasquale Utano e gli altri fornitori legati alla famiglia De Stefano-Tegano abbiano costituito per i gestori delle società impegnate nel settore della grande distribuzione e monitorate nell’ambito della presente indagine, un costante punto di riferimento per la soluzione di qualsivoglia problematica legata ai rapporti con altri personaggi orbitanti nel contesto criminale reggino. Ciò è testimoniato proprio da quanto accade in relazio- Gli otto arrestati Santo Crucitti Antonino Gennaro Crucitti Antonino Minniti Domenico Suraci Sandrino Amedeo Aurora Carmine Polimeni I voti nel rione di Condera? Erano roba loro... blicità e poi viene e ci rompe le palle per le provinciali, che facciamo noi? Tu sei…(inc.)… Pasquale, quegli altri lo hanno il pane, chi è Assessore, che è qua… chi è là… se… se lo ritagliano il posto… (…)». Nel passaggio appena riportato, Romeo faceva riferimento agli elettori originari di Africo e residenti numerosi a Condera che il medesimo riteneva spartire il loro voto tra Totò Caridi da una parte e Alberto dall’altra. Tra gli “africoti” veniva fatto specifico riferimento a Mimmo Logiudice, pacificamente ne alla vicenda della Planet Food Srl, allorquando Domenico Suraci li indicava immediatamente come soggetti cui chiedere sostegno («poi ti metti con l’Arcoti») nel momento in cui i rapporti con uno dei fornitori “privilegiati”, Natale Iannì, precipitavano. La problematica si manifestava per la prima volta nel corso di una conversazione ambientale registrata a bordo della vettura di Domenico Suraci. Le minacce registrate danno conferma circa lo spessore criminale di Iannì, il quale, rivolgendosi a Suraci, gli diceva: «(…)non te lo dico più io Domenico (…)no mi interessa a me (…)li risolvo io, perché sono cose nostre, se volete li risolviamo, se non li risolviamo non fa niente (…)non prendermi per il culo, perché a me (incomprensibile) perché tu pensi che prendi (incomprensibile), con me (incomprensibile) tu fai come la (incomprensibile), non fate questo discorso, volete saltare... compare (…)a me mi hai detto guarda: prima ci vediamo dopo Natale, di dopo Natale ci vediamo giorno due, poi giorno due ci vediamo giorno sette, hai capito (…)noi giorno sette dobbiamo definire quello che è (incomprensibile) giorno sette ci dobbiamo sedere (incomprensibile), per vedere come me li devi dare, perché (incomprensibile) non mi stanno bene (incomprensibile), uno ha problemi, arrivi tu e mi dici ti devi prendere questi perché ho questi, che vuole dire? (…)». Importante frontiera degli investimenti criminali della ’ndrangheta, come confermato anche dai recenti sviluppi giudiziari, è sicuramente l’esercizio abusivo del credito che spesso si tramuta nell’ancor più grave delitto di usura, praticato da esponenti, o comunque da personaggi contigui, all’anzidetta organizzazione criminale. Attività che consente di reinvestire capitali dalla provenienza illecita in una ulteriore e redditizia attività criminale, riuscendo a conseguire illeciti profitti da illeciti capitali. Con riferimento a quanto rilevato nel corso dell’attività investigativa, la ’ndrangheta oltre a monopolizzare le forniture e a controllare, con il tramite di propri referenti, le società che gestiscono diverse unità di distribuzione alimentare in questa provincia, interviene in detto settore anche esercitando attività creditizia a favore delle società già controllate e come rilevato spesso destinate al fallimento. Crediti ovviamente “privilegiati” che comunque l’organizzazione è sicura di recuperare anche quando tali società vengono dichiarate fallite, al contrario di quanto avviene per gli altri creditori che sottostanno a ben altre difficoltà nel recupero di quanto dovuto. Circostanza, questa, riscontrata nella vicenda riguardante il fallimento della Planet Food Srl giacché, allorquando il Tribunale di Reggio effettuava la dichiarazione di fallimento, sullo stato passivo della società la somma ancora da saldare ai creditori ammonta a 714.673,13 euro e tra questi, ovviamente, non vi era nessuno dei creditori “privilegiati” cui si farà riferimento nel prosieguo del presente capitolo. L’utilizzo di canali per l’accesso al credito di natura illecita è un altro degli aspetti che caratterizza la gestione della Planet Food Srl. Dalle indagini, infatti, si rileva che alcuni fornitori ritenuti organici alla cosca De Stefano-Tegano, diventano importanti punti di riferimento per il reperimento del credito da parte dei soggetti posti al controllo della società. Michele Crudo Tanti “pentiti” indicano Santo Crucitti come il boss di Pietrastorta In una intercettazione Romeo e Morisani parlano di come venivano spartite le preferenze elettorali In un’intercettazione con l’avvocato Pasquale Morisani, Giuseppe Romeo riferiva: «(…) …guarda i cosi... come si chiamano… gli africoti votano a Totò…(…) la parte di Mimmo Logiudice vota a… Alberto, a Condera ci sono quelli là Ferrante, Marcianò che votano a lui, non glieli sposti i voti! (…)». Proseguendo Romeo aggiunge: «(…)…perché una volta…se Totò Caridi sale… non hanno motivo di farci la guerra a noi, perché se la fanno per loro stessi Pasquale, però se viene…(inc.)… a fare questa pub- (FOTO ATTILIO MORABITO) identificabile in Domenico Logiudice, figlio di Fortunato e fratello maggiore di Antonio coniugato con Giovanna Maviglia, per l’appunto, originaria di Africo. Al fine di evidenziare la personalità dei personaggi a cui fanno riferimento i due interIl gip Domenico Santoro ha accolto le richieste formulate dai magistrati della Procura antimafia Domenico Suraci lascia il comando dei Carabinieri locutori, appare doveroso sottolineare che i Logiudice appartengono all’omonima famiglia mafiosa capeggiata da Fortunato Logiudice detto “Nato”. A loro proposito, il collaboratore di giustizia Paolo Iannò – ex braccio destro del boss Pasquale Condello “il supremo” – nel riferire sulla spartizione criminale della città di Reggio Calabria a seguito della raggiunta pax mafiosa, in merito al quartiere di Condera, riferisce: «(…) Arrivando su, la frazione Condera prende: dal nostro lato, un parente di Con- Domenico Polimeni dello, tale Nato Logiudice, come responsabilità; dall’altro lato prende Bruno Crucitti, tali Siclari, anonimi che hanno avuto un parente ucciso, che ne fanno parte loro, salendo. Però la responsabilità sono che 65%, anche qui, i soldi li prendono loro, essendo un gruppo maggiore di persone cadute in disgrazia in quella zona, e il restante 35% lo prende Nato Logiudice (…)». Tornando, infine, al colloquio intercettato con Giuseppe Romeo, Pasquale Morisani, con riferimento alle considerazioni fatte dal suo interlocutore sulla spartizione dell’elettorato del rione Condera, concludeva palesando la condivisione di quanto asserito da Romeo e riferisce testualmente: «(…) Sì, sì non glieli sposti! (…)».(p.g.) L’assessore comunale ai Lavori pubblici Pasquale Morisani è tornato al centro delle cronache politico-giudiziarie che riguardano le elezioni comunali del 2007. Sopra: l’ingresso nella frazione di Pietrastorta “regno” della cosca Crucitti che è stata oggetto dell’inchiesta “Sistema” Santo Crucitti è il boss indiscusso di Pietrastorta. Tanti pentiti – Gullì, Rodà, Lauro, Munaò, Fracapane e Moio – sono concordi nel considerare Crucitti il capo di un’organizzazione criminale “satellite” della potente consorteria De Stefano. Nel verbale del 5 ottobre 2010, è Moio, pochi giorni dopo l’inizio della sua collaborazione, a parlarne. Moio: «…tramite, tramite Mario Audino con Santo, con Santo, Santo… con Crucitti, non mi ricordo se si chiama Santo, forse il fratello che hanno ammazzato che io so anche chi l’ha ammazzato a suo fratello». Pm: «Questo Crucitti Santo di dove è?» Moio: «Di Pietrastorta, sopra… Santo si chiama, diciamo… comunque…» Pm: «Se si chiama Santo, di Pietrastorta…» Moio: «…lo conosco, lo conosco, gli hanno ucciso il fratello, gli hanno ucciso…» Pm: «Come si chiamava il fratello?» Moio: «Un certo Mimmo, Mimmo Crucitti mi pare o Santo Crucitti, Santo è lui o Michele è l’altro, comunque…» Pm: «Va bene, va bene…» Moio: «…non mi ricordo bene…» Pm: «Poi chi fa parte di questo gruppo?» Moio: «Di questi… no, non sto parlando… sto parlando delle persone che vedevo…» Pm: «Delle persone vicine a Giuseppe De Stefano…» La sua atttività commerciale è stata danneggiata più volte e lo scorso febbraio è stato ferito in un agguato Bentivoglio, l’imprenditore che non si è mai piegato al pizzo L’inchiesta sfociata nell’operazione “Sistema” si è occupata anche delle disavventure di Tiberio Bentivoglio, commerciante finito ripetutamente nel mirino del racket per il suo rifiuto a pagare il pizzo. Il suo negozio era stato più volte danneggiato e il 10 febbraio dello scorso anno, mentre si trovava ad Ortì, Bentivoglio era stato ferito a colpi di pistola. Prima di quel drammatico episodio Bentivoglio aveva denunciato le gravi intimidazioni subite: «Rappresento – aveva scritto – che sono contitolare con mia moglie Vincenza Falsone dell'attività commerciale denominata “Sanitaria Sant'Elia”, in via Reggio Camp dal 1981. In questi anni la mia attività commerciale è stata fatta oggetto di azioni delittuose tra cui incendi, telefonate estorsive, missive anonime dal contenuto estorsivo, missive contenenti proiettili e attentato dinamitardo. Rappresento che il 13 Aprile 2005, presso l’attività commerciale in argomento, si è sviluppato un incendio di natura dolosa ad opera di ignoti, fatto per il quale veniva sporta regolare denuncia presso questi uffici». Bentivoglio aveva dichiarato di sospettare che quell’evento delittuoso fosse maturato nel- l'ambito di un'associazione culturale no-profit: «Dichiaro ciò – aveva scritto – perché ho dovuto affrontare alcune discordanze maturate sia all’interno dell'associazione che sul territorio ove era ubicata la stessa e dopo aver avuto modo di leggere alcuni stralci di conversazioni ambientali registrate nell’ambito di indagini precedenti». Bentivoglio aveva spiegato che dopo una prima riunione con altre persone del quartiere era stato contattato il parroco, don Nuccio Cannizzaro, perché c’era la volontà di inserirlo nel direttivo come consigliere spirituale in quanto tutti i soci partecipavano attivamente alla vita parrocchiale. L’incarico era stato rifiutato dal religioso che, secondo il commerciante, si era dichiarato sfavorevole alla costituzione di tale associazione: «Preciso che, seppur amareggiato – scriveva BenL’imprenditore Tiberio Bentivoglio è stato ferito in un agguato a Ortì lo scorso mese di febbraio tivoglio nella sua denuncia –, sia io che gli altri soci decidiamo di proseguire nei nostri intenti per avviare l'associazione». Una decina di giorni dopo, nel novembre 2004, ci sarebbe stato l’intervento di Santo Crucitti che a uno dei soci aveva chiesto conto di cosa si stesse realizzando e dopo esserne venuto a conoscenza dell’iniziativa avrebbe posto il suo fermo diniego. «Trascorrono tre giorni – aveva aggiunto Bentivoglio – e due donne che facevano parte dei soci fondatori si dissociano dal gruppo chiedendo anche di non essere menzionati in alcuna scrittura e di non accettare eventuale cariche nel direttivo, poiché la visita di Crucitti non era piaciuta, nonché per evitare eventuali disaccordi con i rispettivi mariti». Il commerciante antiracket indicava nella sua denuncia una serie di conversazioni intercettate, compresa una dove tra gli interlocutori c’era l’avvocato Pasquale Morisani impegnato nel tentativo di individuare i fondatori dell’associazione. Successivamente, nel corso di una riunione a uno dei soci fondatori veniva chiesto perché avesse intrapreso l'iniziativa di andare dal parroco a parlare: «Lo stesso ci ebbe a riferire – continuava Bentivoglio – di averlo fatto perché sapeva che Giuseppe Romeo, amico di Santo Crucitti, era molto vicino al prete in quanto frequentatore della parrocchia. Tranquillizzati dalle affermazioni del parroco, continuavamo nell’espletamento dei nostri programmi cominciando a reperire altri associati illustrando loro il programma e i fini del all'associazione, ma il tutto viene fortemente osteggiato da tante dicerie contro l'associazione che circolavano nel quartiere; per esempio: “sono contro la parrocchia”, “stanno creando un gruppo contro il volere del parroco”, etc. Queste voci procuravano molteplici difficoltà allorquando cercavamo di relazionarci con la brava gente del quartiere».(r.rc) Gazzetta del Sud Mercoledì 9 Novembre 2011 29 Cronaca di Catanzaro . OPERAZIONE CHIOSCO Chiesto e ottenuto dai sostituti procuratori Vincenzo Capomolla e Paolo Petrolo Giudizio immediato per 25 indagati Sono le stesse persone colpite dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere Giuseppe Mercurio Giudizio immediato per venticinque indagati dell’operazione Chiosco. È la richiesta formulata dai sostituti procuratori della Repubblica Vincenzo Capomolla e Paolo Petrolo al giudice per le udienze preliminari del Tribunale del capoluogo che ha accolto la richiesta dell’accusa e fissato l’udienza davanti al Tribunale per il 17 gennaio. Le venticinque persone per le quali è stato chiesto e ottenuto il giudizio immediato sono: Marcello Berlingieri, 32 anni; Nuccio Berlingieri, alias "Pupetto", 31; Roberto Berlingieri, alias "faccia tagliata", 26; Silvano Berlingieri, alias "Pacciani", 39; Alessandro Bevilacqua, 26; Franco Bevilacqua, 43; Francosimone Bevilacqua, alias "il grasso", 30; Luigi Bevilacqua, 43; Giuseppe Ceravolo, 32; Ivan Corapi, 36; Fabio Critelli, 35; Alessandro Galzarano, 52; Antonio Lemma, 25; Pantaleone Mamone, 59; Luigi Miletta, 39; Romina Passalacqua, 36; Claudio Procopio, 39; Cosimo Damiano Veneziano, 26; Massimo Berlingieri, alias "Massimo o Riggitano", 34; Luciano Bevilacqua, 25; Pasquale Cappellano, 40; Nicola Fusca, 39; Ivan Manfredi, 24; Alessandro Sestito, 33 e Angelo Villella, 29. Praticamente si tratta di tutte le persone per le quali il giudice per le indagini preliminari Tiziana Macrì emise il provvedimento di misura cautelare della custodia in carcere. Nell’operazione finirono altre dieci persone che furono sottoposte alla misura cautelare del divieto di dimora nel territorio della regione men- Un gatto a spasso per la città Una famiglia chiede danni per 5mila euro «Quel gatto randagio ha morso nostro figlio» Citati il Comune e l’Asp Uno degli arrestati mentre viene caricato su una camionetta dei Carabinieri durante l’operazione Chiosco tre altre sette persone furono indagate a piede libero. nell’inchiesta finirono pure tre minorenni arrestati su disposizione del tribunale per i minorenni. L'operazione "Chiosco", portata a termine in maniera congiunta da Polizia e Carabinieri, è stata diretta a sgominare una banda ben organizzata che, secondo le accuse, sarebbe stata capace di gestire in maniera autonoma lo spaccio di sostanze stupefacenti nel quartiere "Aranceto", attraverso quello che gli inqui- renti hanno definito un supermarket della droga, con stupefacente di ogni tipo e per ogni gusto, a qualunque ora ed a qualunque prezzo. Cocaina, eroina, e soprattutto cobrett, una sorta di eroina di scarto che costa pochissimo e si assume per inalazione, che arrivavano da Reggio e da Napoli, direttamente consegnati a casa di chi li doveva spacciare. L'operazione è il risultato di due diverse inchieste di polizia e carabinieri, che alla fine sono arrivate a individuare in Francosimone Bevilacqua il responsabile dell'attività di spaccio del gruppo criminale che sarebbe stato composto da soggetti di etnia rom. A questo punto i venticinque indagati, assistiti dai loro avvocati di fiducia, dovranno decidere se farsi giudicare col rito immediato e, di conseguenza, comparire davanti ai giudici del Tribunale il prossimo 17 gennaio o, in alternativa, chiedere di essere giudicati con il rito abbreviato (che prevede, in caso di condanna, lo sconto di pena di un terzo) che si basa esclusivamente sugli atti attualmente presenti all’interno del fascicolo processuale. In quest’ultimo caso il fascicolo processuale ritornerà dal giudice per le udienze preliminari che fisserà una nuova udienza per gli indagati che avranno presentato l’istanza di rito abbreviato. Le rimanenti posizioni invece proseguiranno l’iter giudiziario già intrapreso dall’accusa con la celebrazione del giudizio immediato davanti al tribunale. PROCESSO RINASCITA Alla sbarra gli undici imputati che non hanno scelto il rito abbreviato Immaginate un gattino e un ragazzino amici per la pelle. Pensateli a scambiarsi coccole, più sono piccoli e più sono teneri. Immaginate, adesso, un bimbo tranquillo nella sua cameretta; non ha gatti e agli animali, in quel momento, non pensa minimamente. All’improvviso un gatto randagio - e forse anche nero - entra nella stanza probabilmente da una finestra, gli si avventa contro come fosse una tigre, lo morde e lo graffia. Fantascienza? Assolutamente no, almeno stando all’atto di citazione con il quale una coppia di genitori del centro storico ha chiesto 5mila euro di danni al Comune e all’Azienda sanitaria provinciale per a disavventura capitata al loro figlio minorenne. Sfogliare gli atti pubblicati all’Albo pretorio del Comune può riservare anche qualche sorpresa. E non si tratta di banale curiosità: capita spesso, agli Enti locali, di essere chiamati in causa per le più disparate questioni. Nel caso del gatto-tigre (sempre di felino si tratta...) la richiesta di risarcimento danni riguarda fatti del 2008, è stata formalizzata al giudice di pace e chiaramente notificata al Comune, che ha deciso da parte sua di resistere in giudizio nominando - sulla base di una delibera votata dalla Giunta lunedì scorso - gli avvocati Ida e Anna Maria Paladino, Annarita De Siena e Santa Durante. I quattro legali dovranno dunque sostenere le ragioni del Comune contro la tesi esposta, per i ricorrenti, dal’avvocato Demetrio Battaglia che ha chiesto 5mila euro oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio. I contenziosi scaturiti da aggressioni animali non sono un’assoluta novità. Due mesi fa, per esempio, abbiamo dato notizia del caso di un automobilista che «mentre si trovava in località Pontepiccolo e si apprestava a scendere dalla sua autovettura», stando all’atto di citazione è stato aggredito da «un cane randagio» e «nel tentativo di sfuggire all’animale si portava sulla parte posteriore della macchina andando a sbattere violentemente contro lo spigolo all’altezza delle luci posteriori». In giudizio sono stati chiamati anche in questo caso Comune e Asp. Il danno supposto? Duemila 500 euro.(g.l.r.) DROGA Le richieste dell’accusa Tre testimoni chiave ritrattano le loro dichiarazioni Fuori dal tunnel, 4 anni Hanno ritrattato le loro dichiarazioni accusatorie tre testimoni chiave dell’inchiesta antidroga della Direzione distrettuale antimafia battezzata “Rinascita”. È successo ieri, davanti al tribunale collegiale, nel corso del giudizio immediato a carico degli undici imputati che non hanno scelto il rito abbreviato. Davanti ai giudici (presidente Antonio Battaglia, a latere Adriana Pezzo e Giovanna Mastroianni), incalzati dalle domande del pubblico ministero Vincenzo Capomolla e degli avvocati, tre persone – Raffaele Bianco, Ugo Giorgianni e Raffaele Rotundo – hanno negato le dichiarazioni che avevano rilasciato agli investigatori in fase di indagini, e cioè di aver acquistato la droga da molti degli imputati. Un dietrofront talmente clamoroso da comportare l’invio del relativo verbale d’udienza alla Procura, per le opportune determinazioni in merito all’ipotesi di falsa testimonianza. È comunque venuto meno, in questo modo, un importante elemento a carico degli imputati, che in questo giudizio immediato sono Gianluca Berlingieri, Alessandro Bevilacqua (32 anni), Alessandro Bevilacqua (29 anni), Andrea Bevilacqua, Franco Bevilacqua, Mario Bevilacqua, Simone Bevilacqua, Luca Bianco, Vitaliano Bianco, Luigi Palummo, Nino Passalacqua (tra gli avvocati Alessandro Guerriero, Anselmo Mancuso, Antonio Ludovico, Sergio Rotundo, Giovanni Le Pera, Raffaele Bruno, Maria Aiello, Vi- Il tribunale di via Argento taliano Gallo, Lucio Canzoniere, Giuseppe Spinelli, Salvatore Iannone e Piero Chiodo). Il processo per loro riprenderà il 12 dicembre. Gli altri 56 indagati di “Rinascita” – per i quali la Procura aveva pure chiesto il giudizio immediato ma che hanno scelto l’abbreviato - torneranno invece davanti al gup distrettuale il 30 novembre per le ultime arringhe difensive e la sentenza. L’operazione “Rinascita” è scattata il nove novembre scorso, per l’esecuzione di 73 provvedimenti cautelari disposti su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Associazione armata finalizzata al traffico di droga l’accusa principale mossa ai numerosi indagati dell’inchiesta, considerati dagli inquirenti Agenda telefonica cittadina FARMACIE DI TURNO GALLELLI - Via Mario Greco GIANCOTTI - Corso Mazzini, 237 DI STEFANO - Via Gullì (Lido) FARMACIE NOTTURNE MICELI - Via Tommaso Campanella (Mater Domini) RUFFA - Via Educandato (Monte) COLACE - Viale Crotone (Casciolino) GUARDIE MEDICHE Dalle ore 14 del sabato alle ore 8 del lunedì successivo CATANZARO I (Centro e Nord) - Via Acri tel. 0961745833 CATANZARO II (Sud - Sala e S. Maria) tel. 096163146 CATANZARO LIDO - Viale Crotone tel. 0961737562 ALBI - Viale Trieste, 0961923075 AMARONI tel. 0961913157 BADOLATO tel. 096785010 BELCASTRO tel. 0961932116 BORGIA tel. 0961951318 BOTRICELLO tel. 0961963069 CARDINALE tel. 0967938217 CHIARAVALLE tel. 0967999416 CICALA tel. 096885061 CROPANI tel. 0961965309 DAVOLI tel. 0967533101 GASPERINA tel. 0961486101 GIMIGLIANO tel. 0961995015 GIRIFALCO tel. 0968747219 GUARDAVALLE tel. 096782024 ISCA JONIO tel. 096744168 MIGLIERINA tel. 0961993144 MONTAURO tel. 0967486101 MONTEPAONE tel. 0967576391 PALERMITI tel. 0961917542 PENTONE tel. 0961925041 PETRONÀ tel. 0961933402 SAN PIETRO A. tel. 0961994050 SAN SOSTENE tel. 0967533101 SANTA CATERINA J. tel. 096784307 SANT’ANDREA J. tel. 096744168 SAN VITO JONIO tel. 096796194 SATRIANO tel. 0967543012 SELLIA MARINA tel. 0961964514 SERSALE tel. 0961931292 SETTINGIANO tel. 0961953193 SIMERI CRICHI tel. 0961481282 SOVERATO tel. 0967539406 SQUILLACE tel. 0961912052 STALETTÌ tel. 0961918012 TAVERNA tel. 0961927401 TIRIOLO tel. 0961992285 VALLEFIORITA tel. 0961919355 ZAGARISE tel. 0961937042 membri di due gruppi criminali nomadi contrapposti: quello facente capo a Domenico Berlingieri, 50 anni, e quello guidato da Silvano Berlingieri, 39 anni, detto “Pacciani”. Gli zingari, sempre secondo l’accusa, avrebbero avuto la totale gestione del mercato della droga in tutti i quartieri a sud della città, con importanti rapporti con esponenti della 'ndrangheta del reggino e, soprattutto, con una inquietante disponibilità di armi micidiali, tra cui fucili, pistole e mitra Kalashnikov. Intanto, Domenico Bevilacqua e Alessandro Passalacqua sono stati posti agli arresti domiciliari su istanza dei difensori, gli avvocati Piero Chiodo e Giuseppe Di Renzo del foro di Vibo Valentia(g.m.) Il grande schermo OSPEDALI «Pugliese» e «Ciaccio», centralino unico tel. 0961883111. Servizio emergenza Suem tel. 118 CATANZARO SOCCORSO Centrale operativa tel. 096132155 CARABINIERI Comando provinciale tel. 0961894111 Reparto operativa tel 0961894289 Sezione di P.G. presso Procura Repubblica: Tribunale cent. tel. 0961885375. TAXI Piazza Grimaldi tel. 0961721348 Piazza Immacolata tel. 0961741428 Piazza Matteotti tel. 0961725846 Piazza Roma tel. 0961721034 Stazione Lido tel. 096132473 Stazione Sala tel. 0961753504 Viale Pio X tel. 0961747848 SELLIA MARINA CARABINIERI Comando compagnia tel. 0961964103 Sellia Marina tel. 0961/964103 Simeri Crichi tel. 0961/481007 Zagarise tel. 0961/937003 Petronà tel. 0961/933016 Sersale tel. 0961/931012 Belcastro tel. 0961932041 Cropani tel. 0961/965096 Botricello tel. 0961/963110 GUARDIA DI FINANZA Comando Brigata (Sellia Marina) tel. 0961/968760 SOVERATO FARMACIA DI TURNO SANGIULIANO - Soverato A cura dei gestori sui quali ricade la responsabilità dell’improvviso cambio di programmazione. SUPERCINEMA Via XX Settembre 18, tel. 09611725964 «I SOLITI IDIOTI» di Enrico Lando, con Fabrizio Biggio, Francesco Mandelli, Madalina Ghenea, Gianmarco Tognazzi. Spett. 16 - 18 - 20 - 22. Chiusura settimanale martedì. CINEMA MASCIARI Piazza Lepera, tel. 09611721490. CARABINIERI Comando compagnia tel. 0961/21766 Soverato tel. 0961/721458 Gasperina tel. 0961/748096 Petrizzi tel. 096794005 Davoli tel. 0967533186 Sant’Andrea Apostolo Jonio tel. 0961/744101 SALA A: «La peggiore settimana della mia vita» di Alessandro Genovesi, con Cristiana Capotondi, Fabio De Luigi, Antonio Catania, Monica Guerritore. Spett. ore 18 - 20 - 22. SALA B: «The tomorrow series - Il domani che verrà» di Stuart Beattie, con Caitlin Stasey, Rachel Hurd-Wood, Lincoln Lewis, Deniz Akdeniz. Spett. ore 18 - 20 - 22. Chiusura settimanale mercoledì. AVIS Viale Magna Grecia, tel. 0961/780127 CINEMA COMUNALE: Corso Mazzini, 74 - Tel. 0961741241. CROCE ROSSA ITALIANA Comitato provinciale via Millelli 40, tel. 0961744111 - fax 0961/741769 Chiusura settimanale giovedì. «Le avventure di Tin Tin»Film d’animazione di Steven Spielberg. Spett. ore 16 - 18 - 20 - 22. solo per due imputati Quattro anni per due imputati per un singolo episodio di spaccio di cocaina e prescrizione per tutti gli altri imputati e per i rimanenti capi d’imputazione. È questa la richiesta del pubblico ministero nei confronti di quattro persone coinvolte nell'operazione antidroga "Fuori dal tunnel". Nel dettaglio la condanna è stata chiesta per Roberto Valeo e Antonio Gualtieri mentre la prescrizione per Anna Maria Zangari e Giuseppe Palaia. Il giudice Antonio Battaglia (cancelliere Marcello Chiriatti) ha poi rinviato l’udienza all’undici novembre dove si terranno le arringhe difensive (tra i legali Ar- turo Bova e Gregorio Viscomi) e la sentenza. Il rinvio a giudizio dei quattro imputati risale al 9 novembre del 2006, quando altri due imputati decisero di patteggiare la pena. L'operazione invece risale all'alba del 25 maggio del 2005 quando fu eseguita un'ordinanza cautelare per stroncare un traffico di droga destinata a rifornire le piazze del comprensorio. Agli indagati, per specifiche condotte, è contestato il traffico di stupefacenti. La droga, secondo le accuse, spesso veniva consegnata in alcuni bar cittadini - e specialmente in alcuni posti del quartiere Lido - dagli indagati.(g.m.) Dalla Corte d’appello per due fratelli Furto in una scuola Condanna confermata La Corte d’appello ha confermato la sentenza di condanna a due anni, due mesi e venti giorni di reclusione e 200 euro di multa ciascuno inflitta ai fratelli Francesco Rocky e Marco Alessandro Bulbo, rispettivamente di 27 e 19 anni, arrestati dalla polizia il 18 marzo scorso dopo essere stati sorpresi mentre stavano tentando un furto nella sede dell’Istituto professionale di Stato. I giudici della seconda sezione penale (presidente Giulio Gaetano De Gregorio, consiglieri Francesca Marrazzo e Gianfranco Grillone, cancelliere Giuseppe Femia) hanno accolto la richiesta del sostituto procuratore generale, lasciando immutata la sentenza emessa dal Tribunale il 28 aprile scorso, al termine del giudizio abbreviato chiesto dal difensore dei fratelli Bulbo, l’avvocato Piero Chiodo, che è valso ai due giovani lo sconto di pena di un terzo. Gli imputati erano stati arrestati dagli agenti della Squadra volante, intervenuti dopo una telefonata al “113” con la quale erano stati segnalati rumori sospetti all’interno dell’istituto professionale. (g.m.) Gazzetta del Sud Mercoledì 9 Novembre 2011 43 Cronaca di Vibo . COMUNE A disanza di una settimana dalla segnalazione non un fascicolo o una sedia rotta sono stati rimossi La “discarica” in Municipio resiste Condizioni igieniche inammissibili regnano nel sottoscala del palazzo A distanza di una settimana dalla segnalazione la discarica “a cielo chiuso” – realizzata all’interno di palazzo “Luigi Razza” – è ancora lì. Trovarla non è difficile basta scendere le scalinata principale, quella che se fatta a salire porta alla sala consiliare. Un luogo nascosto certo, secondario e non in vista dove negli anni si è gettato di tutto. Dagli arredi che non servono più, ai fascicoli e ai documenti, che ci si augura non debbano un giorno servire a qualcuno. Insomma nel sottoscala del Municipio a quanto pare si va e si deposita e dallo stato in cui tutto il locale versa il via-vai deve essere più o meno costante. Con il risultato che ai materiali gettati alla meno peggio si aggiunge un’immancabile coltre di polvere ormai stratificata. Tutto qui? Macché. Magari si trattasse soltanto di polvere, anche se ad averne così tanta più di qualche fastidio lo si avverte, perché nel sottoscala di palazzo “Luigi Razza” per quanto delicati si cerchi di essere è la sporcizia, nelle sue varie forme e odori, ad avere la meglio. Una situazione che però, a quanto pare, non sembra preoccupare più di tanto chi Vecchi armadietti e scatoloni con documenti ovunque Lo “spettacolo” ai piedi della scalinata Altro “angolo” trasformato in ricettacolo già da giorni, per rimanere nell’arco di tempo dalla segnalazione, avrebbe dovuto far mettere mano e ripulire. Non tanto perché la discarica “a cielo chiuso” era stata scoperta ma soprattutto per il fatto che in nessun luogo, pubblico o privato che sia, sono ammissibili condizioni igienico-sanitarie al pari di quelle viste e fotografate nel sottoscala. Se poi si considera che l’ammasso di vecchi arredi, fascicoli, ferramenta e quant’altro si trova all’interno di una “casa comunale”, allora la questione diventa più grave anche perché lo stesso Comune è chiamato a vigilare sul territorio proprio per impedire e stroncare sul nascere la realizzazione di discariche, di qualsiasi dimensioni e tipologia esse siano. Insomma è come “predicare bene e razzolare male”. Già in passato, comunque, un altro accumulo di rifiuti vari era stato segnalato all’interno del Municipio. Forse nello stesso sottoscala, ma all’epoca si ripulì tutto, senza indugiare, nell’arco di pochi giorni. Oggi, invece, si va a rilento come se fosse normale trasformare parte del Municipio in ricettacolo di materiali vari.(m.c.) ’NDRANGHETA L’attacco all’imprenditore Pietro Lopreiato e alla cooperativa Talità Kum al centro delle indagini Uliveto distrutto, forse una richiesta estorsiva L’indignazione per il taglio a colpi di motosega delle mille piante di ulivo di proprietà dell’imprenditore agricolo Pietro Lopreiato, 50 anni, di San Gregorio d’Ippona, non si placa. Dopo la grave intimidazione, infatti, avvenuta nella notte tra venerdì e sabato scorsi in località Vajoti di Sant’Onofrio, è stato un susseguirsi di reazioni da parte delle istituzioni e del mondo sindacale e dell’associazionismo. Ultima in ordine di tempo è la dura presa di posizione del coordinamento provinciale di “Libera Vibo” il quale sottolinea: «Siamo profondamente indignati e delusi per il vile gesto ai danni della cooperativa Talità Kum. Siamo, inoltre, vicini a don Salvatore Santaguida e a don Domenico Muscari ispiratori dell’iniziativa che si propone di promuovere la cultura della legalità e dello sviluppo, insieme a tantissimi giovani del posto, in una terra sottomessa alla mentalità mafiosa e all’indifferenza. Distruggere le piante di ulivo equivale a distruggere i loro sogni e le loro speranze, e ancora una volta le nostre speranze. Non possiamo più fingere che tutto vada bene ma dobbiamo avere la forza di reagire ad ogni forma di sopruso». Sul fronte delle indagini i carabinieri battono la pista dell’estorsione nei confronti dell’imprenditore Lopreiato, socio e punto di forza della cooperativa sociale Talità Kum la quale imbottiglia e commercializza l’olio prodotto con il metodo biologico.(l.f.) Il Comune all’apice della piramide delle Associazioni: si realizzino le isole ecologiche solo si rispettassero i quantitativi di differenziata previsti dal contratto Eurocoop e imposti dalla legge». Così potrebbe e dovrebbe essere e qualche segnale sulla buona riuscita del servizio dal quartiere Carmine, più d’ogni altro, era arrivato. Un aspetto quest’ultimo che il Forum ricorda per evidenziare che non solo denuncia è stata fatta, ma anche «fattiva collaborazione». Però nell’affrontare la problematica “differenziata” nei suoi molteplici aspetti le Associazioni – che si dicono disponibilissime a un incontro/dibattito per discutere «dei vantaggi finanziari, occupazionali, ambientali che la differenziata produce» – non mancano di rilevare che «si continua a non capire (o a far finta di non capire) che i servizi che la ditta deve rendere non possono che fare riferimento alle condizioni di appalto che però incasella gli obblighi reciproci in una cornice generale, recante le condizioni che devono essere realizzate per lo svolgimento di un corretto ciclo dei rifiuti e, di conseguenza, per il raggiungimento di risultati apprezzabili. Ci riferiamo a un efficiente ed esteso servizio “porta a porta”, alla gestione delle isole ecologiche, a una costante campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica...».(m.c.) Carabinieri della stazione di Sant’Onofrio nel corso del sopralluogo in località Vajoti di Sant’Onofrio Differenziata, il Forum invita ognuno ad assumersi le proprie responsabilità Il Forum delle associazioni replica alle critiche mosse dai rappresentanti sindacali dello Slai Cobas e Uil in merito all’intervento sulla raccolta differenziata. Un servizio che potrebbe diventare una risorsa per il territorio. Potrebbe, appunto. Perchè alla luce dei dati che il Forum riporta la situazione non è per niente confortante: 10,51% nel 2010 (fonte Arpacal) mentre per l’Eurocoop, nello stesso anno, la percentuale è del 9, 46% al netto degli ingombranti. Se a tutto ciò si aggiungono poi le isole ecologiche ancora irrealizzate – riguardo a questo aspetto il consiglio delle Associazioni al Comune è «di evitare, se possibile, di perdere come già avvenuto più volte i finanziamenti regionali» – e la raccolta “porta a porta” che stenta a ri-partire, allora di strada da fare per far diventare risorsa la differenziata bisogna coprirne ancora tanta. Pertanto le Associazioni ritengono sia giunta l’ora «che ognuno si assuma coscienziosamente le proprie re- Qualche mese fa la distribuzione dei sacchetti per la differenziata in contrada Feudotto sponsabilità», mettendo il Comune «in cima alla piramide». Ma il Forum replica, soprattutto, per chiarire di non essere indifferenti alla sorte dei lavoratori e per ribadire che, al contrario, «un servizio di raccolta diffe- renziata efficace ed efficiente, creerebbe un indotto occupazionale di non indifferente portata: a Vedelago, che è l’esempio più alto, l’indotto generato dalla strategia “rifiuti zero” ha creato la bellezza di 9mila e 200 posti di lavoro, senza tener conto dei benefici ambientali». Incremento che, a parere del Forum, se il servizio decollasse potrebbe aversi anche in città: «I 13 occupati nella piattaforma di località Aeroporto potrebbero triplicarsi se La villa comunale lungo viale Regina Margherita Vecchio (Cisal): negligenza intollerabile Il Comune in “rosso” che regala le targhe ma... chiude la villa C’è il lucchetto. Ma il verde lo si può scorgere dalle barriere. Quelle che separano la villa comunale dal resto della città. Chiusa perchè l’Amministrazione comunale non poteva far fronte alle spese per la pulizia. Verde e sporco, storia e abbandono. Una città sospesa fra quello che era e quello che è oggi. É lì impressa nella villa comunale che tanto lustro diede al Giardino sul mare. Oggi, chiusa. Con un lucchetto. Ricorda la storia e la sua bellezza, il segretario della Cisal Antonino Vecchio; gli anni ‘60 e ‘70 e oggi la chiusura «al pubblico – chiosa con amarezza – perchè sporca, ricettacolo di immondizie che rendono l’aria quasi irrespirabile, nonostante la presenza di alberi, di pini secolari che madre natura mantiene in perfetta forma». Questo “spettacolo” per la Cisal «è una negligenza intollerabile» per cui «i vibonesi – spiega Vecchio – pur non facendo sentire la loro vibrata protesta in forma plateale, non hanno affatto gradito l’accaduto». Tante le lamentele, in questo senso, che sono giunte al sindacato. Raccolte e rilanciate, perchè «se dovessimo – incalza Vecchio – andare a realizzare un referendum, attraverso la Calabria, per chiedere quante ville comunali chiudono per cattive condizioni igienico sanitarie e ambientali, difficilmente troveremmo analoghe situazioni nel resto della regione. Eppure – incalza – si è avuto il coraggio di mettere il lucchetto ai cancelli», senza pensare a quanti frequentavano la villa. Ma, non è la frequenza, in ogni caso, ribadisce il segretario della Cisal il problema, perchè il nodo resta il fatto che non si sia fatto nulla «per assicurare la piena funzionalità ad una delle aree verdi più salutari della città». Insomma, chiunque e quanto la si frequenti, il punto fermo è che «la villa comunale è stata sempre un biglietto da visita per la città proprio per la sua collocazione su corso Umberto I». Un luogo ricco di storia, che ha conservato negli anni la sua eleganza. «É pertanto assurdo – prosegue – che il Comune abbia autorizzato questo black out del servizio perchè impossibilitato a far fronte all’impegno con la ditta addetta alle pulizie». Ragioni che dalla Cisal non si comprendono e la proposta è quella di «una colletta di amministratori» che così potrebbero dare il loro esempio. In fondo per alcuni di loro dalla città si trovano i soldi per «consegnare targhe e pergamene».(s.m.) Venerdì e sabato campagna informativa Ambiente, si punta sul fotovoltaico Lidia Ruffa L’amministrazione comunale fa un passo avanti verso l’energia rinnovabile, facendo diventare così, la “città amica dell’ambiente”. Questo il titolo del progetto promosso da Enel Green Power che venerdì e sabato prossimi (11 e 12 novembre) con uno stand informativo in Piazza Martiri d’Ungheria, promuoverà il fotovoltaico tra i cittadini. L’iniziativa che vede coinvolti l’assessorato agli affari istituzionali guidato da Nicolino La Gamba e Mario Di Fede assessore alle attività produttive è stato presentato ieri nella sala giunta di palazzo “Luigi Razza” alla presenza del sindaco Nicola D’Agostino e dei responsabili calabresi di Enel Green Power, Rossella Sirianni e Francesco Carchedi. Ai cittadini, secondo quanto rilevato in conferenza stampa, sarà proposto il pac- chetto chiavi in mano: “Raggio senza pensieri”, un kit fotovoltaico che nelle versioni da 2,76 a 20Kwp, consentirà di realizzare impianti adatti alle diverse esigenze della comunità. Il pacchetto inoltre, garantisce finanziamento, installazione, monitoraggio e garanzia dell’impianto. «Un’iniziativa utile – ha affermato l’assessore La Gamba – soprattutto in vista dell’avvio di un circuito virtuoso, volto alla diminuzione delle emissioni di Co2 e al conseguente buon uso delle energie derivanti da fonti rinnovabili». Una due giorni informativa quindi, durante la quale, saranno illustrati nel dettaglio i diversi incentivi economici, nonché i risparmi che derivano dall’installazione di un impianto fotovoltaico. Nell’ambito dell’iniziativa al Comune sarà donata inoltre, una bici elettrica che sarà messa a disposizione della cittadinanza.