L`investimento in capitale circolante

Transcript

L`investimento in capitale circolante
Finanziarsi
L’investimento
in capitale circolante
Il capitale circolante è, insieme al capitale fisso, un importante e
strategico investimento aziendale. Il suo ruolo non è solo quello di
assicurare la copertura di impieghi in crediti verso clienti e scorte, ma
anche e, soprattutto, di evitare che l’azienda entri in una crisi di
liquidità che comprometta l’equilibrio finanziario complessivo. Molti
sono i fattori che portano l’imprenditore ad essere poco attento al
circolante; la presa d’atto, però, che il capitale circolante è un
componente critico dello stato patrimoniale, aiuterà ad essere meno
superficiali nel sottostimare gli effetti dello stesso in una qualunque
azione di pianificazione aziendale
di Antonio Farchione - Dottore commercialista in Pescara
Non sempre il capitale circolante, cosı̀ come gli altri componenti dello stato patrimoniale, è preso in considerazione in maniera
adeguata nella importante e delicata fase della pianificazione
aziendale. L’attuale crisi finanziaria che sta facendo sentire i
suoi effetti a livello globale, richiama l’attenzione delle aziende sull’importanza dei mezzi finanziari e, soprattutto, sulla qualità della struttura e della dinamica finanziaria. L’operatività
aziendale non è caratterizzata
solo da investimenti duraturi,
ma molti dei mezzi finanziari sono drenati anche da investimenti
quasi quotidiani come scorte e
crediti.
Per quanto possa essere superfluo ricordarlo, stimare con attenzione il capitale circolante
aiuta a definire preventivamente
e con maggiore precisione sia le
variabili economiche che quelle
finanziarie. Di certo l’approccio
con il capitale circolante è diverso a seconda che si stia effettuando una pianificazione di bre-
12
PMI n. 5/2009
ve o brevissimo periodo, ovvero
non oltre qualche mese, oppure
una pianificazione di medio-lungo termine che si spinge oltre
l’anno. Ebbene, nel primo caso,
ciò che prevale nell’analisi preventiva è l’aspetto prettamente
finanziario, in quanto in cosı̀ limitato ambito temporale sarà alquanto difficile immaginare una
formazione ed un impiego di risorse del capitale circolante tali
da raggiungere anche obiettivi di
carattere economico. Nel secondo caso, invece, il circolante ricopre un ruolo importante proprio per consentire di raggiungere più agevolmente gli obiettivi
pianificati, tra questi obiettivi
rientrano sicuramente anche la
gestione delle attività di acquisto, produzione e vendita.
Ma perché il capitale circolante è oggetto di poche attenzioni? Principalmente per
tre ordini di motivi. Il primo motivo è associabile alla cultura dell’imprenditore poco allenato a
fare le sue considerazioni anche
valutando la componente patri-
moniale e finanziaria, oltre quella economica sicuramente più
immediata e comprensibile. Il secondo motivo è forse attribuibile
ad una assenza di controllo, specialmente nelle piccole e medie
imprese, della più variegate operazioni che vengono fatte sul capitale circolante da parte di varie
risorse umane operanti in azienda (gli amministrativi, i venditori, i responsabili degli acquisti, lo
stesso imprenditore); codesta
frammentarietà che non consente di localizzare un vero e proprio responsabile, porta a perdere di vista con una certa facilità
la dimensione dell’investimento.
Il terzo ed ultimo motivo è in
parte collegabile al primo; in particolare, l’investimento in capitale circolante, se confrontato con
quello in capitali fissi, è spesso
considerato di più modesta entità e, quindi, a torto, meno significativo.
In realtà, al pari di altre azioni di
monitoraggio già in essere in
azienda, il controllo del capitale
circolante merita un’attenzione
particolare per l’influenza che è
capace di esercitare sulla dinamica finanziaria. A dimostrazione di quanto complessa sia la gestione del capitale circolante, qui
di seguito si riportano le variabili
più importanti che la influenzano:
— la stagionalità; ci sono
aziende che convivono con
situazioni che vedono una distribuzione omogenea degli
acquisti durante l’anno e, di
contro, una concentrazione
delle vendite solo in alcuni
periodi dell’anno (per esempio, il settore dell’abbigliamento), oppure è anche vero
il contrario cioè una distribu-
Finanziarsi
zione omogenea delle vendite
durante l’anno ed una concentrazione degli acquisti in
alcuni momenti ben precisi
dell’anno (per esempio, il settore agro-alimentare);
— le caratteristiche del settore di appartenenza; l’azienda che opera in un determinato settore risente anche
degli usi che generalmente
sono in esso adottati. Ciò
può ripercuotersi a livello di
condizioni di pagamento, rapporti tra clienti e fornitori,
ecc. Gli usi possono, inoltre,
essere differenti anche in
funzione del paese in cui l’azienda lavora;
— il potere contrattuale dell’impresa; è evidente che l’azienda che per dimensione,
per motivi giuridici o contrattuali, ecc. si trovi in una posizione «dominante» rispetto
ad altre imprese con le quali
intrattiene rapporti di lavoro,
può far valere questa sua forza o sul fornitore o sul cliente
riversando su di essi una parte dei suoi problemi finanziari
e, quindi, può trovarsi nella
situazione di imporre pagamenti dilazionati al fornitore
o richiedere forti anticipi o
brevi dilazioni ai propri clienti;
— l’ambiente competitivo; la
globalizzazione espone l’azienda, più che nel passato,
ad una serie di attacchi da
parte di concorrenti anche
stranieri in grado di offrire
prodotti/servizi a condizioni
più competitive. Le risposte
a cui l’azienda non può sottrarsi la obbligano a fare anche importanti investimenti
in capitale circolante. Si pen-
si, per esempio, al rispetto di
certi tempi di esecuzione dei
lavori, la disponibilità in magazzino di una congrua varietà di prodotti, l’accordare al
cliente una determinata condizione di pagamento, aggiungere alla vendita del prodotto
anche alcuni servizi (trasporto, assicurazione, ecc.), ecc.;
— il costo del capitale; la scelta a fare o non fare investimenti in capitale circolante
dipende anche dal costo medio del capitale a prestito reperito sul mercato. Un basso
costo del capitale induce ad
incrementare il circolante,
un alto costo del capitale
contrae l’investimento in circolante. Il costo del capitale
va valutato non solo in funzione dell’istituto di credito
a cui ci si rivolge, ma anche
in funzione del tipo di forma
tecnica di finanziamento che
viene richiesto ed anche in
funzione del peso che ogni tipo di finanziamento viene ad
assumere nell’ambito della
totalità delle fonti di finanziamento richieste;
— l’inflazione; anche l’aumento dei prezzi dovuto all’inflazione determina effetti tangibili nell’ambito del capitale
circolante. L’azienda di fronte
al ciclo acquisto, produzione
e vendita, in seguito ad un
incremento dei prezzi, si vede costretta ad aumentare,
suo malgrado, il fabbisogno
finanziario per consentire alla
gestione operativa di mandare avanti le attività principali
dell’azienda;
— l’andamento del fatturato;
l’andamento delle vendite è
quasi sempre correlato a
quello del capitale circolante.
Del resto è alquanto intuitivo
pensare a situazioni nelle
quali un incremento del fatturato spinga l’azienda ad
avere una maggiore necessità
di fabbisogno sia per venire
incontro a necessità produttive, ma anche per sostenere
l’azione
commerciale
in
espansione. Nella Tavola 1
viene, ad esempio, riportato
il caso di un’azienda che sta
attraversando un periodo di
crescita. Si può osservare,
come è evidente, la sempre
crescente necessità di fabbisogno finanziario e come le
fonti di finanziamento, al fine
di assicurare un certo equilibrio finanziario, debbano essere compatibili agli impieghi
sia in termini di natura che in
termini di variabilità nel tempo. Ovviamente un balzo in
avanti delle vendite non è
sempre sinonimo di ottimismo in quanto il capitale circolante potrebbe risentire di
questa nuova situazione a
causa, per esempio, di un aumento delle scorte in magazzino per invenduto o per necessità di assortimento, di un
peggioramento della qualità
dei crediti a causa di un allargamento della base dei clienti. Una situazione opposta a
quella dell’aumento del fatturato si configura con la diminuzione delle vendite. Anche
in quest’ultimo caso a risentirne è sicuramente il capitale
circolante. La contrazione del
fatturato può essere causata
da molti fattori come un prodotto che non incontra più i
gusti dei clienti, un periodo
di crisi congiunturale, un au-
PMI n. 5/2009
13
Finanziarsi
TAVOLA 1 - IL FABBISOGNO FINANZIARIO E LE MODALITÀ DI COPERTURA
mento di competitività della
concorrenza, un nuovo prodotto più appetibile sul mercato, ecc.;
— il modo in cui è stata impostata la programmazione
ed il controllo; relativamente a quelle aziende che usano
pianificare le loro attività,
può verificarsi la situazione
nella quale il capitale circolante ed, in particolare, l’impiego delle risorse o il reperimento di fonti di finanziamento, dipendano da cosa è
stato previsto in sede di redazione del budget. Spesso nelle previsioni delle vendite si
considera anche il valore dei
crediti ad esse associabili, in
realtà sarebbe opportuno
considerare anche una stima
dei crediti in sofferenza, nonché dei crediti scaduti. Queste ultime due possibilità sono patologie del credito che
nulla hanno a che vedere
14
PMI n. 5/2009
con le condizioni contrattuali
a cui, invece, il budget delle
vendite per semplicità si attiene. Un controllo più accurato del credito alla clientela
consente di monitorare i crediti in scadenza o quelli scaduti per avviare le procedure
necessarie affinché l’azienda
non entri in crisi di liquidità.
Analogo discorso può essere
fatto relativamente ai debiti
di fornitura. Anche in questo
caso il budget degli acquisti
effettua di regola le previsioni dei debiti di fornitura sulla
base del volume degli acquisti preventivati e considerando rigorosamente i tempi
contrattuali previsti. Nulla
viene previsto circa eventuali
ritardi nella regolarizzazione
dei pagamenti che, come è
ovvio, nel caso di dovessero
protrarre oltre modo, sono
causa di oneri finanziari per
l’azienda ritardataria;
— la situazione finanziaria
nella quale si trova l’azienda e la disponibilità
del sistema; l’entità del capitale circolante è ulteriormente influenzata anche da
questa variabile; nessun ulteriore investimento può essere intrapreso se non esiste
un’opportuna copertura finanziaria. Il reperimento dei
finanziamenti dipende anche
dalla solidità patrimoniale
dell’azienda oltre che da un
flusso prospettico degli utili
che dimostrano ad un qualunque istituto di credito la
capacità di saper ripagare
l’investimento. L’esistenza in
azienda di tensioni finanziarie rende più difficoltoso il reperimento di fonti di finanziamento e, soprattutto, rende
difficile riequilibrare il livello
del capitale circolante con
quello del capitale fisso.
Finanziarsi
Il capitale circolante
Da quanto fino ad ora detto, risulta chiaro che il capitale circolante può essere definito come
un investimento aggregato della
gestione corrente ed insieme all’investimento in capitale fisso,
contribuisce a formare l’attivo
dello stato patrimoniale, ovvero
il capitale investito.
In realtà, se accogliessimo la nozione di capitale circolante prendendo in considerazione solo i
componenti attivi dello stato patrimoniale, verremmo ad escludere tutte quelle fonti di finanziamento, ovviamente nel passivo dello stato patrimoniale, che
sono connesse all’attività corrente dell’azienda. In riferimento al
ciclo acquisto-produzione-vendita, infatti, non solo si vengono a
determinare delle necessità finanziarie in relazione alla lunghezza di codesto ciclo, ma si
manifesta anche una richiesta ulteriore di fonti di finanziamento
necessarie proprio per acquistare fattori produttivi che alimentano il suddetto ciclo. Alla luce
di tali considerazioni, si potrebbero definire due modalità di costruzione del capitale circolante:
1 il capitale circolante netto finanziario;
2 il capitale circolante netto
commerciale.
Vediamo più da vicino di cosa si
tratta. Per quanto riguarda il capitale circolante netto finanziario, la ratio che ispira la sua
costruzione è quella di scegliere,
convenzionalmente tra gli elementi dell’attivo e gli elementi
del passivo dello stato patrimoniale, solo le voci legate ad un
ciclo di realizzo entro un arco
temporale di dodici mesi. Nel caso in cui, a titolo di esempio, un
credito verso un cliente dovesse
risultare incagliato e quindi riscosso oltre un anno solare, sarebbe da collocare non tra l’attivo corrente ma tra i componenti
del capitale fisso, cosı̀, allo stesso
modo, se nel passivo ci fossero
debiti verso i fornitori il cui pagamento dovesse protrarsi oltre i
dodici mesi, anche in questo caso
la sua più giusta collocazione sarebbe non nel passivo corrente
ma nel passivo consolidato.
Nella Tavola 2 viene riportato lo
schema che consente di definire
il capitale circolante netto finanziario. Per completezza è possibile definire meglio alcune delle
voci che compaiono nella Tavola
2; ad esempio:
— Cassa e Banche c/c; le seguenti voci devono includere
anche eventuali titoli facilmente negoziabili che, in caso di smobilizzo, non generino perdite di capitale all’azienda;
— Crediti verso i clienti; in
questa voce devono confluire
non solo i crediti verso i
clienti supportati da fattura,
ma anche i crediti verso i
clienti che in contabilità risultino ceduti ad istituti di
credito. L’aspetto rilevante è
sempre l’arco temporale dell’anno solare entro il quale
dovrà verificarsi la riscossione del credito;
— Crediti verso società controllate e collegate; in questa voce bisogna far confluire
non solo i crediti verso queste società in seguito a vendite di beni e/o servizi eventualmente effettuate, ma anche i crediti derivanti da finanziamenti concessi alle
stesse società; anche in questo caso l’importante è considerare l’arco temporale dei
dodici mesi;
— Crediti diversi; in questa
voce vanno inseriti anche gli
eventuali crediti maturati
verso i soci per la parte di
quote sottoscritte ma non ancora versate;
— Disponibilità; in questa sezione vanno inserite non solo
le scorte di magazzino, ma
anche quei cespiti che l’azienda ha deciso di dismettere entro dodici mesi.
TAVOLA 2 - IL CAPITALE CIRCOLANTE NETTO FINANZIARIO
ATTIVO
PASSIVO
Disponibilità liquide immediate:
— Cassa
— Banche c/c
Passivo corrente:
— Banche c/c
— Debiti v/fornitori
— Debiti diversi
- Disponibilità liquide differite:
— Quota corrente di rimborso dei mutui
— Crediti verso i clienti
— Azionisti c/dividendi deliberati ma
(— Fondo svalutazione crediti)
non ancora pagati
— Crediti verso società controllate e — Ratei passivi
collegate
— Risconti passivi
— Crediti diversi
— Ratei attivi
— Risconti attivi
Disponibilità:
Scorte
CAPITALE CIRCOLANTE NETTO FINANZIARIO
PMI n. 5/2009
15
Finanziarsi
Analizzare il capitale circolante
netto finanziario consente di fare
considerazioni circa il grado di
solvibilità dell’azienda nel breve
termine, ovvero verificare se gli
investimenti in capitale circolante, la cui durata si esaurisce nel
breve termine, sono opportunamente coperti da fonti di finanziamento che hanno la medesima durata. Il vero ruolo del capitale circolante netto finanziario è
quello di essere un «capitale cuscinetto» in quanto si pone nel
mezzo tra gli investimenti ed i
finanziamenti in capitale fisso e
gli investimenti ed i finanziamenti in capitale circolante. Il
valore che può derivare dall’analisi del capitale circolante netto
finanziario può essere minore,
uguale o maggiore di zero. Un
valore negativo è sintomatico di
un equilibrio non più rispettato e
quindi le fonti di finanziamento a
breve non sono più coperte nei
tempi previsti dalle entrate a
breve; in altri termini la gestione
corrente è in affanno.
Un risultato del capitale circolante netto finanziario pari a zero
è un’ipotesi alquanto teorica
che, però, è sinonimo di equilibrio strutturale. Del resto basti
pensare solo all’investimento in
scorte di magazzino che da sole,
vuoi per il livello di sicurezza imposto da necessità di produzione
e/o commerciale, vuoi per questioni più squisitamente strategiche, assorbono una quota importante di fonti di finanziamento a
breve. In questi casi la condizione ideale è proprio un valore del
capitale circolante netto finanziario positivo il cui surplus finanziario può essere la «riserva»
per tamponare momentanee situazioni di copertura di investi-
16
PMI n. 5/2009
menti temporanei non previsti.
Abbiamo visto nella Tavola 1 come le attività immobilizzate ed
una parte del capitale circolante
permanente (per esempio le
scorte) sono finanziate da fonti
di finanziamento a medio-lungo
termine, nonché da capitale proprio, mentre la componente variabile del capitale circolante dovrà trovare la sua copertura nei
debiti di funzionamento.
L’altro modo per costruire il capitale circolante prende il nome
di capitale circolante netto
commerciale, descritto più in
dettaglio nella Tavola 3.
Come è possibile notare, la Tavola 3 esprime la costruzione di un
capitale circolante che è strettamente connesso al ciclo acquisto-trasformazione-vendita. In
altri termini, mentre il capitale
circolante netto finanziario si
preoccupa di verificare la copertura del fabbisogno di circolante
oppure l’investimento di un possibile surplus che la gestione caratteristica ha potuto generare,
di contro il capitale circolante
netto commerciale è interessato
ad evidenziare gli investimenti e
le fonti di finanziamento che
possono essere direttamente
connesse all’attività corrente.
Pertanto, in quest’ultimo caso,
non vengono presi in considerazione i saldi di indebitamento a
breve, mentre i valori più rilevanti sono certamente i debiti
verso i fornitori contratti nella
iniziale fase di acquisto delle materie prime ma anche durante
tutto il processo produttivo, i debiti di altra natura che sono comunque sorti in relazione al suddetto ciclo, i crediti verso i clienti e, naturalmente, le scorte. Monitorare il capitale circolante
netto commerciale vuol dire monitorare il lasso di tempo che
parte dalla fase di acquisto dei
materiali fino alla riscossione
dei crediti in seguito alla vendita
dei beni prodotti. Per chiarezza
nella Tavola 4 è riportata la rappresentazione del ciclo di produzione e quello del capitale circolante netto commerciale. Dalla
Tavola 5 risulta chiaro come il
ciclo della produzione porta l’azienda a realizzare dapprima un
investimento in scorte (dal momento «0» che coincide con l’acquisto dei materiali, al momento
«4» che, invece, coincide con la
fase di scarico della merce dal
magazzino e, quindi, con la vendita del prodotto al cliente) e,
successivamente, un investimento in crediti (dal momento «4» al
momento «5» che prevede la ri-
TAVOLA 3 - IL CAPITALE CIRCOLANTE NETTO COMMERCIALE
ATTIVO
PASSIVO
Disponibilità liquide differite:
— Crediti verso i clienti
(Fondo svalutazione crediti)
— Crediti diversi
— Ratei attivi
— Risconti attivi
Passivo corrente:
— Debiti v/fornitori
— Debiti diversi
— Ratei passivi
— Risconti passivi
Disponibilità:
Scorte
CAPITALE CIRCOLANTE NETTO COMMERCIALE
Finanziarsi
TAVOLA 4 - IL CICLO DI PRODUZIONE ED IL CAPITALE CIRCOLANTE NETTO COMMERCIALE
TAVOLA 5 - LE VARIABILI PER VALUTARE LA SOLVIBILITÀ AZIENDALE NEL BREVE TERMINE
Fonte: V. Coda, La valutazione della solvibilità a breve. Finanza, Marketing e Produzione, ott. 1984.
PMI n. 5/2009
17
Finanziarsi
scossione del credito da parte
dal cliente). Ma cosa finanzia
questi investimenti del ciclo produttivo? Il fabbisogno finanziario
è coperto in parte dai debiti verso i fornitori. Dalla Tavola 4 è
possibile vedere come il capitale
circolante netto commerciale è,
infatti, compreso tra il momento
«1» ed il momento «5» quando si
riscuote il credito dal cliente.
L’investimento complessivo in
capitale circolante commerciale
sarà, pertanto, più o meno ampio
in funzione di quanto ampio risulterà il credito di fornitura (il
momento da «0» a «1»). La Tavola 4 ci porta a fare anche delle
considerazioni aggiuntive in relazione alla dimensione dell’investimento in capitale circolante.
Essa, infatti, è strettamente legata al valore intrinseco che hanno i beni utilizzati e prodotti in
azienda. A riguardo si pensi alle
materie prime ed ai prodotti finiti, questi ultimi presentano un
valore più alto delle prime proprio in virtù del fatto che l’azienda ha sostenuto per la loro realizzazione vari costi di lavorazione ed ha aggiunto loro valore.
La misura della dimensione
del capitale circolante netto
commerciale
Ma vediamo ora come è possibile
misurare la dimensione del capitale circolante netto commerciale e cosa accade in caso di modifiche nella politica commerciale
da parte dell’impresa.
Si evince, da quanto detto più
sopra, che il capitale circolante
netto commerciale si preoccupa
sostanzialmente di stimare la
solvibilità a breve dell’azienda
analizzando il ciclo clienti-ma-
18
PMI n. 5/2009
gazzino-fornitori, ovvero l’arco
temporale «netto» che intercorre, in media, tra il momento in
cui viene effettuato il pagamento
al fornitore di materie prime ed il
momento finale di riscossione
dei crediti dal cliente al quale è
stato venduto il prodotto finito.
Certamente la solvibilità a breve
dell’azienda risente molto della
struttura finanziaria complessiva
della stessa (aspetto a cui guardano anche gli istituti di credito
di fronte ad una richiesta di finanziamento volto a coprire un
fabbisogno a breve generato dal
capitale circolante). Ma, ovviamente, gli aspetti a cui le banche
fanno riferimento sono anche altri come, ad esempio, il fattore
fiducia che suscita il management dell’azienda, il fattore immagine che l’azienda ha nel mercato, il fattore redditività e solidità che il mercato percepisce,
ecc. (Tavola 5). È chiaro dalla
Tavola 5 che in un periodo congiunturale alquanto critico, come quello attuale, un’azienda
con una struttura finanziaria debole avrà serie difficoltà per affrontare il difficile momento,
contrariamente a quanto accade
a quelle aziende che, forti finanziariamente, possono, invece, accedere alle loro «riserve» per
fronteggiare la crisi in atto.
Ma torniamo alla misurazione
della dimensione del capitale circolante netto commerciale. Nel
caso di utilizzo degli indici di rotazione (in giorni), il ciclo del
capitale circolante può essere
cosı̀ calcolato:
+
Turnover medio dei crediti commerciali
+
Turnover medio del magazzino
–
Turnover medio dei debiti di fornitura
=
Turnover medio del capitale circolante commerciale
Come è noto i suddetti indici di
rotazione possono essere calcolati nel seguente modo. Il «Turnover medio dei crediti commerciali» è dato dal rapporto:
Fatturato
Clienti inizialiþ
Clienti finali
2
ð1Þ
L’uso della semisomma del valore dei clienti all’inizio ed alla fine
del periodo in esame, consente
di avere un valore medio che,
in qualche modo, attenua situazioni che possono generare «picchi» inferiori o superiori che,
non è escluso, si possono verificare durante l’anno, proprio in
relazione alla politica di investimento in crediti da parte dell’azienda.
Il risultato della (1) è un valore
che misura il numero di volte in
cui l’azienda investe in crediti alla clientela e che si estingueranno con il loro pagamento. Ovviamente, quanto più alto è codesto
coefficiente tanto più alta sarà la
velocità di rotazione dei crediti;
in altri termini, questo significa
che, da un punto di vista economico, l’azienda gode di una buona gestione dei clienti e, da un
punto di vista finanziario, le entrate, derivanti dai crediti, contribuiscono a far diminuire le
fonti di finanziamento da destinare agli impieghi in circolante.
Per un corretto calcolo della (1),
è necessario avere qualche attenzione. Più in dettaglio:
a) numeratore e denominatore
Finanziarsi
non contengono valori omogenei in quanto il fatturato è
al netto dell’IVA, mentre i
crediti sono iscritti al lordo
dell’imposta. Pertanto, in
questo caso, si può rendere
omogenea la frazione con
uno dei seguenti metodi:
— aumentando le vendite
dell’aliquota IVA corrente
(casomai suddividendo le
vendite in funzione delle
diverse aliquote IVA che
sono state applicate);
— scorporando l’IVA dal valore dei crediti.
b) alla voce crediti verso clienti
è necessario aggiungere anche il valore medio delle ricevute e degli effetti scontati
ma non ancora scaduti;
c) al numeratore è necessario
iscrivere solo le vendite nette
a credito.
La conversione del suddetto
Turnover in giorni di dilazione
media concessa ai clienti, può
essere agevolmente fatta rapportando i giorni dell’anno per il
coefficiente di rotazione, ovvero:
360
ð1aÞ
Turnover medio
dei crediti commerciali
O ancor più sinteticamente in
questo modo:
0
1
Crediti iniziali þ
@ Crediti finali A
2
ð1bÞ
Fatturato
360
L’altro indice di rotazione riguarda il magazzino. Il Turnover medio del magazzino si calcola nel
seguente modo:
Fatturato
Magazzino inizialeþ
Magazzino finale
2
ð2Þ
La formula riportata è generica
in quanto considera l’universo
delle scorte presenti in azienda
senza scendere in dettaglio, ovvero applicando l’indice alle diverse categorie di scorte. La
(2) misura quante volte il magazzino medio è stato in grado
di monetizzarsi durante il periodo in esame. Ovviamente, anche
in questo caso, se si vuole esprimere la rotazione in termini di
giorni, si potrà ricorrere alla seguente espressione:
Magazzino inizialeþ
Magazzino finale
2
Costo del venduto
360
ð2aÞ
La (2a) esprime, pertanto, il numero di giorni di giacenza della
merce nel magazzino aziendale,
questo dato è di per sé già un
indicatore del grado di liquidità
delle scorte. Se dalla (2a) dovesse derivare un’eventuale diminuzione dei giorni di giacenza, da
un punto di vista finanziario il
risultato è positivo perché vuol
dire che l’azienda può ridurre le
fonti di finanziamento da destinare all’investimento in scorte.
Se, però, lo stesso dato venisse
analizzato in un’ottica economica, ne deriverebbe che una diminuzione dei giorni di giacenza
delle scorte in magazzino, potrebbe essere sintomatico di
una riduzione dell’efficienza dell’azienda nella gestione del magazzino e degli approvvigionamenti. In quest’ultimo caso, potrebbe accadere che l’azienda
mantenga le scorte ad un livello
inferiore rispetto a quello di sicurezza e proceda a fare più acquisti nel tempo non tenendo
conto dell’importanza della dimensione del lotto, anche al fine
di poter beneficiare di sconti di
quantità presso il fornitore; il rischio ulteriore potrebbe essere
anche quello di non alimentare
correttamente il proprio ciclo
produttivo.
Se, invece, dalla (2a) dovesse
venir fuori un valore che indica
un aumento dei giorni di giacenza delle scorte in magazzino, le
spiegazioni andrebbero approfondite. L’aumento, infatti, può
essere causato da merci obsolete, ma anche da un accumulo di
scorte strategico in vista di un
aumento del prezzo delle materie prime, ma anche da una domanda che rifiuta di assorbire il
prodotto, ecc.
L’ultimo indice che rimane da
analizzare è il Turnover medio
dei debiti di fornitura. L’indice
in questione può essere calcolato nel seguente modo:
Debiti inizialiþ
Debiti finali
2
Acquisti netti
360
La (3) rilascia il numero di giorni
di esposizione verso i fornitori.
Anche per la (3) valgono le stesse cose dette per l’indice di rotazione dei crediti, ovvero circa
l’importanza della omogeneità
del numeratore e del denominatore. Inoltre, in questo caso, è
importante depurare il numeratore dei saldi passivi nei confronti dei fornitori di beni strumentali, nell’ipotesi in cui l’indice dovesse concentrare la sua attenzione sull’analisi dei soli debiti
commerciali.
Esemplificazione
A questo punto per meglio chiarire, facciamo una esemplifica-
PMI n. 5/2009
19
Finanziarsi
TAVOLA 6 - CALCOLO DEGLI INDICI DI ROTAZIONE
Indici di rotazione
Turnover medio dei crediti
commerciali (1b)
Turnover medio
del magazzino (2a)
Calcolo dei giorni
E 280:000 þ E 390:000
2
¼ 196 giorni
E 614:000
360
E 272:000 þ E 240:000
2
¼ 201 giorni
E 458:000
360
Turnover medio dei
debiti di fornitura (3)
E 64:000 þ E 73:000
2
¼ 188 giorni
E 131:000
360
le. Esso è costruito ponderando
le singole durate cosı̀ da esprimerle secondo un’unità temporale omogenee rispetto ai ricavi.
In questo modo è come dire che,
noti i ricavi di vendita, il capitale
circolante netto commerciale subisce variazioni proprio a causa
della durata del ciclo il quale, come è noto, è la somma delle singole durate (crediti, magazzino e
fornitori); oppure, ferma restando la durata del ciclo del circolante, lo stesso subisce variazioni
a causa dell’andamento dei ricavi
di vendita.
Conclusioni
zione che consenta anche di calcolare il Turnover medio del capitale circolante commerciale.
Nell’anno X un’azienda manifatturiera dalla rielaborazione dei
suoi dati di bilancio, calcola gli
indici di rotazione riportati nella
Tavola 6.
Nella Tavola 7 è possibile leggere, alla luce degli indici di rotazione calcolati dall’azienda nell’anno X, i giorni che caratterizzano la durata del ciclo del capitale circolante netto commerciale. Nell’ultima colonna si è provato a fare una simulazione riducendo i giorni relativi agli indici
dei clienti e del magazzino ed
aumentando quelli relativi ai fornitori; il risultato finale è un’evidente riduzione dei giorni del ciclo del circolante.
Il ciclo del capitale circolante
netto commerciale viene, pertanto, costruito come la somma
algebrica della dilazione di pagamento concessa alla propria
clientela con il periodo di giacenza della merce in magazzino dedotto, invece, della dilazione di
20
PMI n. 5/2009
pagamento ottenuta dai fornitori
dell’azienda.
Nella Tavola 8, invece, è stato
calcolato il fabbisogno di cui l’azienda necessita per finanziare il
capitale circolante netto commerciale. Anche in questo caso
è stato calcolato il medesimo
fabbisogno relativamente alla simulazione con un evidente risparmio finanziario.
Nella Tavola 9, invece, abbiamo
una modalità alternativa di determinazione del ciclo del capitale circolante netto commercia-
Dovrebbe essere a questo punto
evidente come un’attenzione
maggiore al capitale circolante
sia alquanto auspicabile da parte
dell’azienda. L’investimento in
circolante è sicuramente influenzato dal contributo che la gestione economica apporta alla formazione delle risorse finanziarie
proprio grazie al risultato reddituale che ne deriva dalle interrelazioni dei costi, volumi di produzione e ricavi nel ciclo acquisti-trasformazione-vendita. L’equilibrio derivante dalla gestione
TAVOLA 7 - CALCOLO DEL CICLO DEL CAPITALE CIRCOLANTE NETTO
COMMERCIALE
La situazione
calcolata dall’azienda
La situazione
simulata dall’azienda
Giorni
Giorni
Clienti
196
140
Magazzino
201
161
Fornitori
188
277
Turnover relativi a:
Ciclo del capitale circolante 209
netto commerciale
24
Finanziarsi
TAVOLA 8 - CALCOLO DEL FABBISOGNO FINANZIARIO GENERATO DALLA DIMENSIONE DEL CAPITALE CIRCOLANTE
NETTO COMMERCIALE
Valore medio annuo
relativo a:
Clienti
Fatturato
gg
360
Magazzino
Costo del venduto
gg
360
Fornitori
Acquisti netti
gg
360
Fabbisogno finanziario generato dal ciclo
del capitale circolante netto commerciale
La situazione
calcolata
dall’azienda
La situazione
simulata
dall’azienda (*)
E 334.288
E 238.777
E 255.716
E 204.827
E 68.411
E 100.797
E 521.593
E 342.807
Risparmio di circolante
E 178.786
(*) I valori esposti in questa colonna sono stati ottenuti mantenendo costanti tutte le variabili e cioè il fatturato, il costo del
venduto e gli acquisti totali.
reddituale ha, quindi, la sua influenza sul capitale circolante
netto commerciale almeno a co-
pertura parziale del fabbisogno
che, dal canto suo, deve essere
coperto anche da fonti di finan-
ziamento esterno. Fino a quando
esistono in azienda rapporti di
struttura da rispettare tra finan-
TAVOLA 9 - CALCOLO DEL CICLO DEL CAPITALE CIRCOLANTE NETTO COMMERCIALE CON IL METODO DELLA
PONDERAZIONE
Valore
totale
Anno X
(5)
Valore
totale
Anno X-1
(6)
Variazioni
Clienti
E 334.288
E 256.740
E 77.548
0,419
+ Magazzino
E 255.716
E 209.846
E 45.870
0,249
– Fornitori
E 68.411
E 32.591
E 35.820
E 433.995
E 87.598
Peso (2)
Giorni
ponderati
(3)
Fabbisogno
unitario
(4)
Durata crediti ai 195,63
clienti
1
195,63
0,543
+ Durata giacen- 201,32
za magazzino
0,75
150,99
– Durata debiti 188,12
ai fornitori
0,46
86,54
Giorni (1)
= Durata ciclo 208,83
capitale circolante netto commerciale
= Valore ciclo ca- E 521.593
pitale circolante
netto commerciale
Durata dei crediti, del magazzino e dei fornitori come valori di bilancio.
Incidenza dei crediti sul fatturato; incidenza del magazzino sul fatturato; incidenza dei fornitori sul fatturato.
I giorni di durata moltiplicati per il peso.
I giorni ponderati divisi per 360 giorni.
Fabbisogno unitario moltiplicato per il fatturato.
Valori estratti dallo stato patrimoniale a fine Anno X-1.
PMI n. 5/2009
21
Finanziarsi
ziamento esterno ed autofinanziamento, il capitale circolante,
dal canto suo, tende a subire
un incremento con un andamento proporzionale alla capacità
dell’azienda di ottenere finanziamenti e quindi riuscire ad alimentare la crescita della attività
aziendale. Di contro, nel caso
dovessero esistere limiti all’ac-
22
PMI n. 5/2009
cesso al finanziamento esterno,
il capitale circolante dovrà ampliarsi per ottenere la copertura
del fabbisogno di fondi, compensando la deficienza di finanziamento esterno.
Nell’uno e nell’altro caso il monitoraggio della dinamica del fabbisogno finanziario del capitale
circolante è sicuramente un ele-
mento critico che, insieme agli
altri impieghi che formano il ventaglio del fabbisogno complessivo aziendale, aiuta a quantificare
con maggiore precisione il volume dei finanziamenti di cui l’azienda necessita per evitare che
la stessa non abbia la congrua
copertura.