Krav Maga Fesik Krav Maga Fesik - Sindacato Autonomo del Corpo

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APPUNTI PER TECNICI DI DIFESA PERSONALE
METODO KRAV MAGA FESIK
LA PRESENTE DISPENSA E’ AD USO ESCLUSIVO DI
INSEGNANTI FEDERALI FESIK
A CURA DI
M° DANIELE RAMPONI COORDINATORE NAZIONALE
IN COLLABORAZIONE DI :
M° CIRO VARONE DIRETTORE TECNICO NAZIONALE
DOTT. OSVALDO ANGELINI PRESIDENTE SETTORE K.M.
DOTT.SSA SARA VARONE (PSICOLOGA)
DOTT.SSA NUNZIA PEZZULLO (SCIENZE MOTORIE)
DOTT. MARCO NERI (SCIENZE ALIMENTARI)
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INDICE
1-STORIA DEL KRAV MAGA…………
Pag. 4
2-ARMI……………………………………….
Pag. 12
3-ANATOMIA……………………………..
Pag. 61
4-NUTRIZIONE…………………………...
Pag. 107
5-PRONTO SOCCORSO………………..
Pag. 153
6-ALLENAMENTO……………………….. Pag. 185
7-PSICOLOGIA NELLA DIDATTICA… Pag. 203
8-NOZIONI DI PSICOLOGIA………….
Pag. 213
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1-STORIA DEL KRAV MAGA
« Non dite cosa non fare, dite cosa fare. »
(Imirich Lichtenfeld )
ORIGINI
Il Krav Maga nasce dall'opera di sintesi di Imi Lichtenfeld su indicazione
dell'esercito israeliano. Agli inizi degli anni '50,
parallelamente alla nascita dello stato di Israele, a
Lichtenfeld venne richiesto di sviluppare un
sistema di combattimento efficace ma rapido da
apprendere, al fine di addestrare le neonate forze
armate israeliane, subito impegnate in una
durissima lotta.
L'esperienza
di
Lichtenfeld
influenzò
pesantemente lo stile e la filosofia del Krav Maga.
Grande ginnasta, pugile e campione di lotta libera,
alla base teorica aggiunse una grande esperienza
di lotta di strada, maturata in una gioventù in
parte passata a lottare per la vita nei vicoli della
Bratislava occupata dai Tedeschi.
Imre Emerich Lichtenfeld, noto come Imi anche con il nome
ebraico Imi Sde-Or (Budapest, 1910 – Netanya, 9 gennaio
1998)
Logo internazionale
Il logo del Krav Maga consiste nelle lettere K e M scritte in
Ebraico, in un modo artistico e combinato per formare la forma del simbolo. La
K e la M sono circondate da un cerchio aperto perché il sistema può sempre
essere migliorato aggiungendo o cancellando tecniche, esercizi e tecniche di
allenamento. Imi Lichtenfeld, the Grand Master of Krav Maga, disse a proposito
del logo: "le buone cose possono continuare ad entrare nel sistema e le cose
approssimative possono uscirne".
CARATTERISTICHE
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Il Krav Maga è una "tecnica di combattimento" semplice e pratica (chi la
insegna preferisce non chiamarla "arte marziale"). Infatti è nata per essere
appresa in breve tempo ed essere usata in un contesto bellico. Il Krav Maga
predilige un approccio offensivo, che caratterizza questo sistema di
combattimento. Se altre arti marziali tradizionali, soprattutto di matrice
orientale, tendono ad associare oltre all'insegnamento delle tecniche un
sistema filosofico e spirituale, il Krav Maga risponde a criteri di tipo militare
quali l'efficacia e la rapidità con cui si arriva al risultato desiderato, che è la
neutralizzazione dell'avversario.
Dove spesso molte arti marziali (tra le quali anche quelle da cui il Krav Maga ha
attinto, come il Jūdō, il Ju-Jitsu, il Kung-fu, etc...) prediligono un'impostazione
attendista che lascia all'avversario la prima mossa, il Krav Maga punta ad una
rapida neutralizzazione dell'avversario prima che questi possa diventare una
minaccia. È nato come programma di addestramento accelerato per i soldati
dello stato di Israele. Ideato da Imirich Lictenfeld, il krav-maga è una sintesi
armonica di tecniche derivate dalle arti marziali, da sistemi di lotta a mani nude
e dai metodi del Close Combat del Maggiore Firebairn, un mix di colpi a mano
aperta diretti a punti sensibili come naso e gola, pugni di stile pugilistico, leve
agli arti del Judo e del Ju-Jitsu, e calci e ginocchiate tipici della Thai Boxe.
Questa impostazione, adatta ad ambienti ad alto rischio come i teatri operativi
mediorientali, potrebbe essere fonte di problemi in situazioni di vita
quotidiana: infatti l'approccio aggressivo e anticipatorio potrebbero portare a
complicazioni di natura penale. Per questo, nell'ambito civile della difesa
personale, il Krav Maga viene insegnato da istruttori esperti per essere usato
solo in casi estremi di pericolo per la propria vita (violenza da strada, tentativi
di stupro, aggressioni a mano armata ecc...).
La classificazione del Krav Maga come sistema di combattimento ravvicinato
(come bene evidenzia la traduzione del nome) si evidenzia anche nella sua
scarsa attitudine a essere praticato come sport da competizione. Puntando
soprattutto a zone del corpo (genitali, carotide, occhi etc.), ritenute
normalmente intoccabili per altri sport di contatto, il Krav Maga difficilmente
può essere praticato in forma sportiva, come avviene per Karate, Tae Kwon Do
ed altri sport da combattimento. A differenza delle arti marziali che ritualizzano
i gesti il Krav-Maga è un sistema di combattimento pragmatico. Ogni gesto è
essenziale, ogni colpo diretto verso un punto sensibile.
A ciò si aggiunga la grande attenzione che riveste la preparazione per
fronteggiare nemici armati, anche con armi da fuoco come pistole e fucili, per
comprendere l'elevata specificità di impiego di questo sistema di
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combattimento, in cui lo scontro fra due avversari a mani nude è solo una delle
possibilità.
PUNTI SENSIBILI DEL CORPO UMANO
I punti sensibili sono di tre categorie:
1ª Categoria - procurano danni irreversibili
2ª Categoria - procurano fratture, lacerazioni e K.O.
3ª Categoria - procurano dolore senza K.O.
Punti sensibili nella parte anteriore del corpo e relativa categoria:
Occhi (1° cat.) il metodo migliore x colpire è il graffio perché è in grado di
produrre cecità improvvisa e causare dolori intensi
Tempia (1° cat.)
Atlante (1° cat.)
Gola (1°/2° cat.)
Genitali (1°/2° cat.)
Plesso solare (1°\2°\3° cat.)
Fronte (2° cat.)
Naso cartilagine (3° cat.)
Punti sensibili nella parte laterale del corpo e relativa categoria:
Lato del collo (1°/2° cat.)
Ginocchio (2° cat.)
Fegato (2° cat.)
Reni (2° cat.)
Quadricipite (3° cat.)
Punti sensibili nella parte posteriore del corpo e relativa categoria:
Cervelletto (1° cat)
Tendine d'Achille (2°\3° cat.)
Testa, collo e genitali appartengono alla 1°\2° categoria e in combattimento
sono difficili da difendere contemporaneamente.
A questi punti sensibili possiamo aggiungere altri punti chiamati di blocco
neurologico che derivano dall’agopuntura. Sono grandi più o meno come una
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monetina e se stimolati in un certo modo possono guarire secondo la
tradizione cinese ma se colpiti violentemente causano effetti devastanti.
Vediamone alcuni:
Punti del meridiano dello stomaco
S9 : punto altamente letale! Si trova a livello del III superiore -medio del collo
anteriormente e bilateralmente. Funziona sempre ed in ogni condizione
mettendo l’avversario KO o provocando blocco cardiaco. Si colpisce sferrando
un colpo contro il collo dell’avversario con il taglio della mano, con il gomito
(effetti devastanti), con un pugno, con le punta delle dita o facendo uno
strangolamento.
S5 o punto mentoniero :punto facilmente accessibile sul bordo della mascella
con effetto KO. Si colpisce con il pugno o con il palmo. Indicato se l’avversario
carica con violenza e cerca di afferrarvi con entrambe le braccia ;in questo caso
usate la sua stessa forza per far rimbalzare i vostri palmi dalle sue braccia e poi
colpirlo sui lati della mascella sfruttando la forza della sua carica
Punti del meridiano vaso governatore
VG 26: localizzato sotto il naso centralmente si può costringere una persona a
rialzarsi e se colpito con forza provoca danni devastanti. Si colpisce con la base
del palmo della mano o con una nocca del pugno soprattutto utilizzando la
rotazione dell’intero corpo (metodo fa-jing). Il vaso governatore ha origine nel
perineo,sale lungo l’interno della spina dorsale,passa sopra al cranio ,fino ad
arrivare alla colonna nasale.
Punti del meridiano vaso concezione
VC 22 : localizzato a livello della fossetta giugulare se colpito provoca KO
dell’avversario. Si colpisce direttamente ed anteriormente o parallelamente
con la base del palmo,con le punta delle dita,con il gomito soprattutto se si è
agguantati da davanti ,con una nocca del pugno. E’ il meridiano che controlla
l’energia yin di tutto il corpo; la sua funzione è di regolare la circolazione
sanguigna ed energetica lungo i meridiani yin (tre della mano e tre del piede).
Punto della mente
E’ un dei “punti straordinari” e si trova vicino al retro della mandibola appena
davanti al lobo dell’orecchio ;se colpito mette a KO l’avversario. Si colpisce ad
un angolo di 45° ,da davanti,verso la colonna vertebrale usando il pugno, la
base del palmo, il taglio della mano longitudinalmente.
Punto della tempia del meridiano vescica biliare
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VB 1 e IT 23 :colpito direttamente provoca KO o morte dell’avversario. Si
colpisce con una nocca del pugno.
Punti di blocco neurologico
Area del bordo della mandibola che comprende anche parte dell’orecchio e del
collo ; provoca caduta a terra dell’avversario.
VB10: situato sul retro del collo e se colpito con il taglio interno della mano
provoca perdita di coscienza(punto pericoloso).
VG 20(Bahui): al centro del cranio se colpito provoca KO.
IT 17: meridiano intestino tenue si trova sotto l’angolo posteriore della
mandibola. Un colpo portato dal basso verso l’alto provoca KO.
TR 23: localizzato sopra l’estremità esterna del sopracciglio ,lungo il margine
del processo zigomatico dell’osso frontale. Se colpito dall’alto verso il basso
con la base del palmo può causare KO o morte (pericoloso) perché provoca un
drenaggio energetico del riscaldatore inferiore (organi addominali)e
centrale(organi del torace cuore e polmoni).
F14 (Fegato):localizzato sotto la piega inferiore del muscolo pettorale a circa 1
cm sotto il capezzolo .Ha effetti devastanti e pericolosi: provoca il collasso del
polmone ,la perdita di sensi e probabilmente la morte dell’avversario.
VC 14(vaso concezione): situato presso il plesso solare è uno dei punti più
pericolosi per il cuore; deve essere colpito leggermente dal basso verso l’alto.
VB24(vescica biliare): altro punto pericoloso che si trova a 5 cm o due dita sotto
il capezzolo ; provoca perdita dei sensi o morte dell’avversario.
MP 17 (milza –pancreas): localizzato sul bordo esterno del mm pettorale nel
quinto spazio intercostale .Se colpito obliquamente dall’esterno all’interno con
la punta del gomito causa forte dolore e blocco respiratorio.
P5(polmone 5): localizzato sulla piega del gomito sul lato interno radiale e può
essere colpito con estrema facilità causando danni al braccio ,al sistema
nervoso centrale ed al sistema energetico del corpo. E’ un punto di drenaggio
energetico.
MC6 (neiguan del meridiano del pericardio): localizzato al centro
dell’avambraccio ,a circa un palmo di distanza dalla piega del polso; se colpito
causa sia drenaggio energetico con indebolimento della muscolatura del
braccio e sia forte senso di nausea
Polmone 8 : a livello dell’osso stilodeo radiale .
Pericardio 2 a livello del braccio anteriormente e nel tratto medio. Si colpisce
direttamente con le nocca delle dita ,con il taglio della mano ,con il pugno. Gli
effetti sono la perdita della forza muscolare,disfunzioni polmonari e cardiache.
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ALCUNI TERMINI IN EBRAICO CON TRADUZIONE IN INGLESE E SPAGNOLO
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2-ARMI
Un'arma è uno strumento con cui una persona può recare danno ad un'altra o
difendersi in caso di aggressione. In linea puramente teorica, quasi ogni
oggetto può essere usato come arma, anche se chiaramente alcuni oggetti
sono più efficaci di altri.
Da un punto di vista giuridico si distingue perciò fra arma propria ed arma
impropria, cioè fra oggetti progettati e creati appositamente per essere usati
come armi ed oggetti originariamente destinati invece a tutt'altra funzione, che
in un determinato frangente vengono usati come armi.
Secondo il Codice penale italiano (articoli 585 e 704), agli effetti della legge
penale, per "armi" s'intendono quelle da sparo e tutte le altre la cui
destinazione naturale è l'offesa alla persona, nonché le bombe, qualsiasi
macchina o involucro contenente materie esplodenti e i gas asfissianti o
accecanti.
In Italia la detenzione e l'uso delle armi (proprie) da parte dei cittadini sono
regolati per legge. In particolare la detenzione ed il porto di un'arma è
consentito previo il rilascio di apposite licenze rispettivamente
denominate licenza di detenzione di armi e licenza di porto d'armi. La licenza di
porto è obbligatoria sempre e comunque nel caso sia previsto il porto o il
trasporto dell'arma, anche per l'esercizio della caccia o per il tiro sportivo.
Inoltre, nel caso in cui un cittadino, sprovvisto di licenza di porto d'armi ma
dotato dei requisiti, voglia acquistare o detenere un'arma ai fini della difesa
abitativa o per fini collezionistici, può richiedere all'ufficio di Pubblica Sicurezza
competente il rilascio di un nulla osta all'acquisto di armi e munizioni.
Il nulla osta consente l'acquisto sia da armerie che da privati ed autorizza al
trasporto dell'arma acquistata fino al luogo di detenzione. Questa dovrà essere
obbligatoriamente denunciata all'autorità che ha rilasciato il nulla osta così
come dovrà essere denunciata l'eventuale cessione dell'arma.
CLASSIFICAZIONE DELLE ARMI
Armi bianche
Sono armi bianche gli oggetti che provocano danni al bersaglio se impugnati e
azionati dall'uomo con la sola forza fisica. Possono essere oggetti contundenti
oppure lame.
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Armi da lancio
Vengono definite da lancio quelle armi che, sempre grazie alla forza fisica
dell'uomo e in abbinamento a dispositivi meccanici (ma sempre caricati dalla
forza del lanciatore) servono per lanciare - anche a distanze considerevoli proiettili
di
vario
tipo
come
pietre,
frecce,
quadrella
(arco, balestra, catapulta, fionda, …), o che vengono esse stesse lanciate
(giavellotto, asce da lancio, coltelli da lancio).
Armi da fuoco
(le vediamo più avanti…)
Armi non letali
Le armi non letali (in inglese non-lethal weapons) o inabilitanti sono particolari
tipi di armi, atte a fermare o comunque bloccare persone, masse di persone,
materiali o mezzi. Spesso sono usate per sedare le proteste contro la
globalizzazione e fra gli immigranti. Questo tipo di armi colpiscono, puniscono e
scoraggiano i bersagli, ma in teoria non dovrebbero uccidere. Solitamente
questo tipo di armi utilizzano le moderne tecnologie nel campo dell'elettronica,
l'optoelettronica, l'acustica, la chimica la biologica, la medicina e la meccanica.
Alcuni tipi di queste armi sono:
• il Taser, pistola di stordimento che emette delle scariche elettriche
• il Phaser, che sfrutta le microonde
• il Long Range Acoustic Device, un cannone sonoro che sfrutta le onde
acustiche
• i beanbags (letteralmente sacchetti di fagioli), pistole laser che causano
una cecità provvisoria
Armi che sfruttano il principio dell'esplosione (bombe, razzi e missili)
Sono armi che sfruttano la potenza generata dalla carica di esplosivo che
incorporano, per generare danni a persone e cose. Questa particolare categoria
di armi da fuoco, costituita da armi esplodenti, nasce per danneggiare bersagli
molto estesi o molto grandi, come edifici, macchinari, automezzi, mezzi
corazzati, navi eccetera: generalmente non vengono usate da singoli uomini (ci
sono eccezioni, come le bombe a mano, i lanciarazzi RPG ed alcuni
lanciamissili SAM spalleggiabili), ma lanciate da cannoni o sganciate da aerei o
navi, o da appositi veicoli di terra e si differenziano tra di loro soprattutto per i
diversi modi di arrivare sul bersaglio
Armi di distruzione di massa
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Con le scoperte scientifiche del XIX secolo e del XX secolo, alle cosiddette armi
convenzionali si sono via via aggiunte o sostituite armi più sofisticate che fanno
ricorso a tecnologie avanzate basate sull'uso della chimica (armi chimiche, con
veleni o tossine), della biologia (armi batteriologiche, con ceppi di batteri o
di virus letali), dell'energia nucleare (armi nucleari come la bomba atomica,
la bomba H e altre). In italiano è d'uso la dizione armi NBC e maschere antiNBC,
dalle
iniziali Nucleari, Batteriologiche, Chimiche.
In inglese
l'acronimo attualmente più usato è WMD, Weapon of Mass Destruction, ma
sono usati anche NBC e ABC (dove "A" sta per Atomic).
Armi improprie
Come detto, sono considerati armi improprie oggetti costruiti con uno scopo
utilitario, diverso da quello dell'offesa alla persona. La vita moderna è piena di
oggetti che posseggono un potenziale offensivo, e che quindi si prestano a
diventare armi improprie. Si possono citare coltelli e altri arnesi
da cucina, sostanze chimiche sia di sintesi che naturali, utilizzate per i motivi più
vari e che possono essere usate per nuocere ad una persona, automobili e
altri mezzi di trasporto con i quali è possibile provocare volontariamente
incidenti, elettrodomestici, l'energia elettrica sia domestica che industriale: in
pratica, qualunque cosa inventata dall'uomo per uno scopo utilitaristico può
essere usata come arma se ne esiste la volontà.
Armi difensive(passive)
Vengono chiamati impropriamente armi (visto che non servono per offendere)
difensive passive quegli oggetti indossabili atti a proteggere l'indossatore, per
cui sono chiamate anche protezioni individuali.
Quelle antiche, sono la corazza, l'elmo, lo scudo e tutte le altre parti che
difendevano la persona da capo a piedi. Esse erano di forme svariatissime a
seconda dell'epoca di costruzione e della nazione.
CLASSIFICAZIONE DI COLTELLI E ARMI DA FUOCO
COLTELLO
Introduzione
Innanzitutto bisogna tenere presente che oltre una certa lunghezza non si
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tratta più di coltelli ma di gladi o spade, i quali non saranno trattati in questo
articolo. A seconda della forma della lama il coltello sarà a singolo filo o a
doppio filo (detta anche bifilare o pugnale). La lunghezza della lama può variare
da pochi centimetri (6 cm) a più di 18 cm. La lama può essere completamente
liscia o parzialmente seghettata. I materiali usati per la realizzazione del manico
e della lama possono essere più o meno pregiati. I manici possono essere in
legno, in osso, in plastica ABS o materiali più tecnici come il kraton, in acciaio,
rivestiti di gomma o pellami naturali. La lama è in genere in acciaio inox.
Si individuano sostanzialmente due categorie di coltelli: a lama fissa e a lama
pieghevole. Nei primi la lama è immobile, nei secondi la lama è ancorata al
manico tramite un perno che le permette di ruotare di 180° fino a rientrare
completamente nel manico. I coltelli a lama pieghevole possono avere un
sistema di blocco che impedisce alla lama di richiudersi se non con la pressione
di un’ apposita leva e sono detti in questo caso a serramanico. Il sistema di
apertura può essere classico, con una piccola incisione nella lama che permette
di ruotarla oppure a scatto. Nei coltelli a scatto l’apertura avviene attraverso la
pressione di una leva o di un pulsante e il movimento della lama è rapidissimo.
In genere i coltelli a scatto sono sempre a serramanico.
Un altro sistema che si sta diffondendo ultimamente è quello a perno, che
consente l’apertura con una sola mano e in modo rapido, facendo forza su un
piccolo perno che sporge dalla lama.
Lama fissa
I coltelli a lama fissa possono essere a filo singolo o doppio, cioè essere affilati
da un solo lato o da entrambi, in questo caso vengono chiamati più
correttamente pugnali. Possono inoltre avere una lama completamente liscia o
in parte seghettata. Quelli a filo singolo, essendo più spessi, sono più robusti e
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quindi adatti anche a usi estremi. I coltelli a lama fissa non sono quasi mai
dotati di accessori integrati, al massimo (i modelli da sopravvivenza)
dispongono di un contenitore interno al manico dove è possibile inserire piccoli
oggetti indispensabili. Alcuni modelli dispongono di un pezzo di ferro alla base
del manico e possono essere usati come martello o frangi cristalli. La maggior
parte dei coltelli ha però un manico pieno e anatomico, i modelli da
combattimento hanno il manico rivestito in gomma o in materiale ad alto grip
per una migliore maneggevolezza. La forma del manico può essere tale da
consentire un passaggio rapido e sicuro dall’impugnatura dritta a quella
rovescia.
La maggior parte dei modelli hanno la lama resistente all’acqua e alla ruggine,
alcune lame sono trattate antiriflesso o brunite (la lama è nera). Altri modelli,
soprattutto quelli militari, dispongono di seghetti capaci di tagliare fili di ferro
(pensati per il filo spinato). Le lame affilate a mano, a rasoio hanno proprietà di
taglio superbe.
Lama pieghevole
I coltelli a lama pieghevole sono più leggeri e più pratici ma meno resistenti dei
coltelli a lama fissa, in quanto il meccanismo di blocco della lama non potrà mai
avere la stabilità di una lama fissa. Tuttavia nei coltelli di buona fattura la lama
una volta aperta non deve presentare la benchè minima oscillazione.
Il dispositivo a serramanico serve ad evitare che il coltello si richiuda
accidentalmente sulle dita durante l’utilizzo.
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ARMA DA FUOCO
Una arma da fuoco o arma a fuoco è una macchina termobalistica che sfrutta
l'energia cinetica dei gas in espansione da una carica di lancio o scoppio. La
sua azione può essere diretta o indiretta.
Classificazione
Azione
-diretta, l'energia della carica è direttamente utilizzata per ottenere lo scopo
per cui è stata sviluppata l'arma e quindi si parla di ordigni esplosivi o bombe.
-indiretta, l'energia è utilizzata per proiettare un oggetto (che viene chiamato
proiettile se il suo diametro è maggiore di 20 mm) a grande velocità verso un
bersaglio prescelto: sarà il proiettile a causare i danni e si parla quindi di armi
da lancio che per lanciare il proietto sfruttano l'energia derivata da una
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reazione chimica anziché l'energia meccanica o muscolare come nel caso di
armi bianche da lancio quali gli archi, le balestre o le catapulte.
Gestione
Le armi da fuoco (da lancio), esattamente come vengono suddivise allo stesso
modo le armi bianche, si possono suddividere in:
-armi d'artiglieria, se per l'utilizzo ed il trasporto dell'arma sono necessari
diversi uomini e l'impiego dell'arma è rivolto non verso un singolo avversario,
bensì verso una moltitudine o verso grandi opere costruite dall'uomo o
semplicemente verso una o più aree di dimensioni rilevanti.
-armi portatili o da fuoco, sono invece quelle che possono essere utilizzate e
portate individualmente e rappresentano nell'immaginario collettivo ciò che
viene richiamato alla mente quando si parla (genericamente) di armi da fuoco:
per definizione devono avere un calibro inferiore ai 20 mm, un peso inferiore ai
20 kg e sparare proiettili inerti (cioè non esplosivi), anche se il progresso
tecnologico ha portato a sviluppare proiettili esplosivi di calibro inferiore.
L'arma da fuoco portatile moderna è essenzialmente composta da: canna,
carcassa (chiamata anche "cassa" o "fusto" e contenente i meccanismi di
chiusura come l'otturatore, i meccanismi di scatto come il grilletto, il cane o il
disconnettore, gli eventuali meccanismi di alimentazione, ecc.), calcio (o
impugnatura) e sistema di mira.
Le armi da fuoco portatili si possono suddividere in varie categorie generali:
Secondo la lunghezza dell'arma ed il modo di tenerla durante l'azione di fuoco
-Armi lunghe: sono quelle armi leggere dedicate ai tiri su lunghe distanze,
hanno la canna lunga e vengono imbracciate utilizzando entrambe le mani e
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quasi sempre sfruttando l'appoggio alla spalla per reggerle durante il
puntamento e lo sparo. Ne sono tipici rappresentanti i fucili, le carabine, i
moschetti ed alcuni mitra, così come le mitragliatrici, anche se queste ultime
utilizzano spesso un appoggio di sostegno a bipiede o a treppiede per
mantenere la stabilità dell'arma durante gli spari a raffica.
-Armi corte: a differenza delle armi lunghe, sono destinate soprattutto ad un
uso personale nei confronti di bersagli a corta distanza o in modo occulto,
presentano una canna piuttosto corta e generalmente vengono impugnate con
una mano sola. Rientrano in questa categoria le pistole, i revolver ed anche
alcune pistole-mitragliatrici, nonostante queste ultime, per essere controllate
durante il tiro a raffica, vengano impugnate con entrambe le mani.
Per determinare se una arma è lunga o corta si adottano due sistemi incrociati.
Uno è di derivazione militare e considera una costante uguale a 20. Si moltiplica
il diametro nominale espresso in millimetri per la costante e se il numero
ottenuto è maggiore della lunghezza della canna si ha un'arma corta, viceversa
lunga. Ad esempio Pistola Mitragliatrice Beretta mod. 12, canna lunga 20 cm
(ovvero 200mm), calibro 9 mm. Ebbene 9x20=180. L'ottenuto è inferiore alla
lunghezza della canna e quindi, secondo questo sistema, l'arma sarebbe lunga.
Si associa a questo criterio un altro sistema di valutazione definito dall'art. 78
dell'Accordo di SCHENGEN del 14 giugno 1985. Si considerano armi corte le
armi da fuoco la cui canna abbia una lunghezza non superiore a 30 cm o la cui
lunghezza totale non superi i 60 cm. Viceversa si considerano armi lunghe tutte
le altre armi da fuoco. Questa doppia valutazione si è resa necessaria in quanto
armi particolari in calibro ridotto venivano considerate, con il solo sistema
militare, armi corte anche se da imbracciare.
Secondo la possibilità di ripetizione dell'azione di sparo
-Armi a colpo singolo: che sparano un solo colpo per poi dover essere ricaricate
manualmente colpo per colpo inserendo nell'arma una nuova cartuccia dopo
ogni sparo (ne erano un esempio i fucili a retrocarica Sharp ed i Remington
"rolling-block", così come tutti i fucili ad avancarica). Rientrano in questa
categoria anche i fucili a due canne giustapposte (doppiette) o sovrapposte
(sovrapposti) per uso caccia o per tiro al piattello, in quanto la possibilità di
sparare più colpi (in questo caso due) è dovuta alla presenza di più canne da
ricaricare manualmente e non a sistemi di ripetizione (per alcuni oplologi,
queste armi rientrerebbero nella categoria di "armi a ripetizione multicanna"
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assieme alle pistole "pepperbox" di metà '800, oltre che alle mitragliatrici tipo
"Gatling" e tipo "Gardner" e derivate).
-Armi a ripetizione manuale: sparano anch'esse un colpo alla volta, però,
essendo dotate di un magazzino con più colpi e di un dispositivo meccanico che
"incamera" una nuova cartuccia ad ogni azione manuale di riarmo, i colpi
vengono sparati in successione più velocemente in quanto già disponibili
nell'arma. Ne sono un esempio i revolver ed i fucili con otturatore girevolescorrevole (chiamati ad azione "bolt-action", come lo erano i fucili Mauser 98 o
gli italiani Modello 91) o con azione di ripetizione a leva (come i fucili
Winchester 1866 e successivi) od "a pompa". Da menzionare che i revolver,
secondo alcuni oplologi, rientrerebbero nella categoria "armi a ripetizione
multicamera".
-Armi a ripetizione semiautomatica: possono sparare un colpo solo a ogni
pressione del grilletto come nel caso delle armi a ripetizione manuale, però a
differenza di queste, incamerano una nuova cartuccia prelevandola da sole dal
proprio magazzino senza l'intervento del tiratore, per essere pronte a spararne
un'altra alla successiva pressione sul grilletto. Ne sono un esempio le pistole
semi-auto come le Luger o le Walther P38 ed i fucili da caccia a canna liscia
detti (impropriamente) "automatici", oltre i fucili come il Garand M1 americano
della seconda guerra mondiale.
-Armi a ripetizione automatica: mitragliatori che possono sparare più colpi in
rapida successione alla singola pressione del grilletto finché questa non viene
tolta o finché non si esauriscono i colpi nel caricatore. Questa modalità di fuoco
viene definita "a raffica". Tipici rappresentanti di questa categoria sono le
pistole-mitragliatrici come la MP 40 tedesca o il MAB italiano, le mitragliatrici
stesse ed in generale tutte le armi che sparano a raffica (compresi i fucili
d'assalto moderni che possono avere anche dispositivi per selezionare modalità
di fuoco con raffica controllata a pochi colpi).
Secondo il tipo di canna utilizzata
-A canna liscia: sono tipici i fucili da caccia, da tiro al piattello così come erano a
canna liscia la quasi totalità dei fucili ad avancarica fino a circa il 1870.
Normalmente i proiettili sparati da una canna liscia sono di forma sferica
(pallini o pallettoni) contenuti in munizioni di plastica o cartone con fondello
metallico anche se possono essere caricate con munizioni a palla singola. Sono
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Krav Maga Fesik
privi di stabilizzazione non essendoci la rigatura nella canna (con conseguente
portata ridotta), ma esistono eccezioni: proiettili quasi cilindrici con rigatura
preincisa direttamente sul proiettile (ad esempio la palla asciutta Brenneke da
36 gr. utilizzata per la caccia al cinghiale) e proiettili a forma di freccetta
chiamati "flechettes" (sperimentati dagli americani durante la guerra del
Vietnam per uso antiuomo). Esempi di armi a canna liscia sono anche alcuni
cannoni destinati all'ingaggio di bersagli vicini (generalmente sul primo arco
della parabola di tiro) montati su vari modelli di carri armati.
-A canna rigata: sono quelle armi che sparano un proiettile cilindrico-ogivale
che viene stabilizzato per ottenere maggiore precisione anche a lunghe
distanze. Per fare questo, la canna ha una rigatura elicoidale interna che
imprime al proiettile che avanza nell'aria un moto rotatorio che lo stabilizza
(effetto giroscopico) permettendogli di procedere sempre con la punta in
avanti. Ricadono in questa categoria anche i grossi cannoni.
Ci sono fondamentalmente due tipi di rigature: la classica, che consiste in solchi
scavati all'interno della canna, ha andamento elicoidale e può essere destrorsa
o sinistrorsa (a secondo della direzione dei solchi) e avere un numero variabile
di solchi (3, 4, 5...); la seconda è la rigatura poligonale, che consiste in una
canna con un'anima a sezione non perfettamente circolare ma poligonale,
anch'essa con andamento elicoidale destrorso o sinistrorso. Vi sono, in alcuni
casi, canne semirigate in cui per un tratto la canna è liscia e per il rimanente
tratto è rigata.
Canna
La parte più importante in un'arma da fuoco (da lancio) è sicuramente la canna.
Sia nel caso di armi portatili che d'artiglieria, la canna ed il munizionamento
rappresentano la ragione d'essere di questa tipologia di armi.
La canna è sostanzialmente un tubo metallico ed è l'ambiente in cui si esplica
l'azione iniziale del munizionamento, quella che permette di far partire il
proiettile e di direzionarlo verso un bersaglio ed a causa dell'energia emessa al
suo interno, la canna è soggetta ad un fenomeno chiamato surriscaldamento di
canna. Infatti è all'interno della canna che viene posto il munizionamento, è
all'interno di essa che avviene l'accensione della carica di lancio, ed è
percorrendo la parte interna cava (detta "anima") per tutta la sua lunghezza e
fuoriuscendone da una estremità sotto la spinta dei gas caldi in espansione
generati dall'accensione della carica, che il proiettile acquista la velocità (e
conseguentemente l'energia cinetica) e la direzione necessarie per farlo
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Krav Maga Fesik
giungere sul bersaglio. Questo è vero anche nel caso delle armi a camera
multipla e canna singola (come le pistole a rotazione dette rivoltelle),
nonostante l'ambiente ad alta pressione iniziale sia costituito dalle camere del
tamburo.
Caricamento
Perché un'arma da fuoco possa sparare, deve essere prima caricata; cioè vi
deve essere inserita la carica esplosiva e il proiettile. Il modo più semplice per
farlo, e il primo ad essere usato nelle armi antiche fino al XIX secolo, è stato la
avancarica, cioè l'azione di inserire entrambe dalla bocca della canna; con il
progredire della tecnologia venne sviluppato il sistema a retrocarica in cui
nell'arma, dalla parte posteriore della canna veniva inserita una cartuccia
preconfezionata che conteneva sia la carica esplosiva che il proiettile.
Avancarica
Fiaschette per la polvere nera usate per il caricamento delle armi ad
avancarica. Quella a sinistra, da moschetto, è prodotta dalla Colt, quella al
centro è di marca sconosciuta, quella a destra accompagnava le rivoltelle
Remington.
In queste armi la canna e la camera di scoppio erano (e lo sono ancora per le
repliche moderne di armi antiche) costituite da un solo pezzo: un tubo di
metallo chiuso all'estremità, a parte un piccolo foro laterale per l'innesco della
carica esplosiva posto vicino all'estremità chiusa (parte posteriore della canna).
I vari componenti del caricamento (polvere da sparo, borra di pezza e la palla
vera e propria) venivano inseriti infilandoli manualmente nella canna dalla
parte anteriore aperta (la bocca), che era anche la parte da cui sarebbe uscito il
proiettile quando si avesse aperto il fuoco (da qui il nome di "avancarica").
Retrocarica
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Nelle armi a retrocarica la canna è aperta in entrambe le direzioni ed il
munizionamento viene inserito dall'estremità posteriore con la palla rivolta
anteriormente. Al momento dello sparo, la palla percorrerà tutta la lunghezza
dell'anima della canna per uscire anteriormente. Da qui il nome di retrocarica.
Il munizionamento (cartuccia) comprende in un solo pezzo sia la carica
esplosiva che il proiettile, tenuti insieme da un bossolo di ottone, cartone o
plastica (le ultime due sono oggi usate quasi esclusivamente nelle armi a canna
liscia o nel munizionamento a bassa potenza da addestramento). La cartuccia
viene inserita nella camera di cartuccia (sorta di alloggiamento creato nella
parte posteriore dell'anima della canna che ricalca esattamente forma e
dimensione della parte anteriore del bossolo fino al fondello della particolare e
specifica cartuccia prevista per quella determinata arma), bloccata tra la
forzatura (un restringimento dell'anima costituito dall'inizio dei solchi di
rigatura in corrispondenza della fine della camera di cartuccia) e la culatta (o
l'otturatore). Nelle armi automatiche e semiautomatiche l'otturatore è tenuto
premuto contro la canna tramite l'azione di una molla fino all'azione di sparo,
consentendo al bossolo di uscire solo dopo che la palla sia uscita dalla canna.
All'arretrare dell'otturatore il bossolo sparato viene espulso mediante
l'espulsore, piccola parte generalmente solidale con il fusto dell'arma che,
urtando contro il fondello del bossolo e usando l'estrattore come fulcro, espelle
il bossolo dall'arma. Riavanzando verso la chiusura, l'otturatore può camerare
una nuova cartuccia dal serbatoio.
Sistemi di chiusura
L'adozione della retrocarica ha comportato la necessità di chiudere la parte
posteriore della canna lasciando comunque la possibilità di riaprirla dopo lo
sparo, per togliere il bossolo usato e metterne uno nuovo e carico: per
espletare tale azione di chiusura, sono stati sviluppati diversi sistemi meccanici
chiamati appunto sistemi di chiusura.
La chiusura meccanica che viene effettuata da questi sistemi è di tipo
geometrico. Quindi un solido cavo, come è la canna, ha un ricettacolo chiamato
camera di cartuccia, che accoglie un altro solido come il bossolo, il quale
presenta una faccia piana chiamata fondello rivolta verso l'esterno. Il solidobossolo è tenuto in sede da un altro solido costituito dall'otturatore che copre
completamente il fondello e preme su di esso.
Nel caso in cui l'otturatore rimane a contatto del fondello e della parte
terminale posteriore della canna solamente grazie ad un dispositivo a molla che
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a riposo lo costringe a premere contro queste due parti, si dice che la chiusura
è di tipo labile (detta anche a 'massa battente' quando l'otturatore è in
posizione aperta al momento di inizio della sequenza di sparo e costituisce
anche da percussore quando viene liberato dall'azione di scatto).
Quando l'otturatore rimane a contatto del fondello e della parte terminale
posteriore della canna grazie ad un "incastro", anche dopo essere stato
sollecitato ad arretrare a seguito della detonazione della carica di lancio, si dice
che la chiusura è di tipo stabile.
esempio di arma dotata di chiusura a blocchetto oscillante comandato tramite
leva: schema del sistema di chiusura del fucile Martini Henry del 1871 in
dotazione all'esercito britannico dell'epoca
esempio di arma dotata di chiusura ad apertura ritardata sistema Browning
modificato (con piano inclinato anziché la bielletta): schema della pistola
semiauto Radom Viz 35
Tipi ed esempi di chiusura labile
In questo tipo di chiusura, l'otturatore è mobile (quindi non è vincolato ed è
libero di arretrare) ed è tenuto in chiusura solamente dall'azione di una molla
di recupero che lo tiene spinto contro la parete posteriore della canna. Una
cartuccia camerata che viene sparata comincerebbe immediatamente a
spingere indietro l'otturatore sotto la spinta generata dai gas della detonazione
della carica di lancio, vincendo la resistenza dovuta alla massa dell'otturatore
(inerzia) e la resistenza della molla di recupero. Per tale motivo, questo tipo di
chiusura è adatto solamente per armi che sparano pallottole di cartucce poco
potenti o per armi che hanno otturatori piuttosto pesanti: la chiusura labile
viene infatti utilizzata in pistole tascabili di bassa potenza (tipicamente nei
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Krav Maga Fesik
calibri.22, .25, 7,65 mm e 9 mm corto), nei "mitra" e nelle carabine
semiautomatiche che sparano cartucce da pistola (tipicamente in cal. .22). Le
vere differenze riscontrabili tra armi diverse che utilizzano la chiusura labile,
consiste nell'iniziare l'azione di fuoco ad otturatore chiuso o iniziarla ad
otturatore aperto. Spesso iniziano l'azione ad otturatore aperto le armi a
chiusura labile che necessitano di maggiore ventilazione all'interno della canna
per evitare aumenti precoci di temperatura interna che porterebbero
all'autoinnesco delle munizioni via via camerate, rendendo vana l'azione di
controllo esercitata dal sistema di scatto (dal grilletto in particolare): è il caso
delle pistole mitragliatrici quali la Beretta M12, l'Uzi israeliano o lo SterlingPatchett L2A3 inglese. Per lo stesso motivo, la possibilità di iniziare l'azione di
sparo ad otturatore aperto viene a volte utilizzata anche in armi con sistemi di
chiusura più elaborati (come nel caso di chiusura con apertura ritardata)
quando è previsto che debbano sostenere lunghe azioni di fuoco a raffica di
supporto a lunga distanza, anche utilizzando cartucce molto potenti (questo il
motivo della chiusura più elaborata) come è il caso di varie mitragliatrici
(inoltre queste armi prevedono spesso anche sistemi di sostituzione rapida
campale della canna surriscaldata).
Tipi ed esempi di chiusura stabile
Chiusura a cerniera e tenoni (o chiusura basculante) come nel caso di
doppiette e sovrapposti a canna liscia da caccia o come nel caso della carabina
Smith 1862 o dei fucili tipo "drilling" nonché delle pistole "Derringer" (in
quest'ultimo caso la cerniera è posta superiormente). Un sistema di "apertura
basculante" è anche quello presente nei moderni revolver, nei quali il tamburo
bascula lateralmente permettendo la sua ricarica. Vi sono anche revolver in cui
bascula anteriormente il gruppo costituito da canna e tamburo (come nei
revolver Smith & Wesson Schofield di fine '800 e nei revolver inglesi Webley).
Chiusura a blocco oscillante (tipo Peabody Patent 1862 Military Rifle, con
comando a leva incernierata inferiormente, come il tipo Spencer 1860
americano o il Martini Henry 1871 inglese)
Chiusura a blocco verticale (a scorrimento verticale con comando a leva
incernierata inferiormente tipo Sharp M1859-M1863)
Chiusura a blocco orizzontale (a scorrimento orizzontale comandato da leva
incernierata inferiormente al fusto e antero-superiormente all'otturatore come
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Krav Maga Fesik
nel caso della serie di fucili lever action tipo Winchester a partire dal mod.
1873 al mod. 1884 - 92 - 94 e dei fucili tipo Marlin, oppure comandato dal
movimento dell'astina guardamano anteriore come nei fucili "a pompa")
Chiusura a blocco imperniato (o incernierato) lateralmente (tipo carabina
Joslyn M1862)
Chiusura a blocco imperniato (o incernierato) superiormente (tipo
fucile/carabina Springfield Trapdoor M1866 e M1873-M1884)
Chiusura ad otturatore girevole-scorrevole (tipo fucile Mauser K98 o Carcano
Mod. 91)
Chiusura con ritardo di apertura questa chiusura rimane stabile finché la
pressione all'interno della canna è diminuita a valori di sicurezza per la
fuoriuscita del proiettile: a questo punto, tramite accorgimenti diversi, si
svincola la canna dall'otturatore lasciando quest'ultimo libero di arretrare
ulteriormente, diventando così una chiusura labile. Se durante il periodo di
stabilità della chiusura, canna ed otturatore solidalmente arretrano entrambi,
si dice che il ritardo di apertura è "a corto rinculo". Come nel caso delle armi a
"chiusura labile", anche per le armi "a ritardo di apertura" esiste sempre la
molla che provvede al ritorno del carrello-otturatore in posizione di chiusura al
termine dell'azione di sparo. A seconda del grado di stabilità di tali chiusure,
alcune armi, soprattutto con ritardo di apertura a rulli, vengono denominate da
alcuni oplologi a chiusura metastabile, anche se a volte il confine tra chiusura
stabile e chiusura metastabile è così sottile da essere fonte di discussioni tra gli
stessi esperti.
Sistemi di alimentazione
L'utilizzo della cartuccia metallica e dei sistemi di chiusura nelle armi a
retrocarica, ha posto le basi per una successiva evoluzione: l'uso dei sistemi di
alimentazione, che ha comportato la possibilità di avere più cartucce già
pronte per il cameramento in canna e direttamente già presenti all'interno
dell'arma, con conseguente abbassamento dei tempi di ricarica.
In effetti, l'uso di un sistema di alimentazione è la differenza base tra un'arma a
colpo singolo ed una a ripetizione (anche manuale).
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Un sistema di alimentazione è costituito dall'unione tra un qualche tipo di
"serbatoio" contenente le cartucce con il giusto sistema di chiusura/apertura
(eventualmente modificato rispetto a quelli utilizzati per armi a colpo singolo,
in modo da prelevare una cartuccia dal serbatoio ed incamerarla ad ogni azione
manuale od automatica esercitata sull'otturatore).
Il serbatoio può assumere diverse forme e modi di funzionamento: in
particolare può essere fisso e fare parte integrante dell'arma oppure può
essere "staccabile" dando la possibilità di averne a disposizione diversi già
riempiti di munizioni e conseguentemente di sostituire un serbatoio "vuoto"
con uno "pieno".
serbatoio a tamburo detto anche "a rotazione", in quanto le cartucce vengono
presentate per il caricamento (o direttamente per l'azione di sparo) tramite un
movimento circolare dell'intero serbatoio o di parte di esso (comprese le
munizioni). Un esempio di serbatoio parte integrante dell'arma che presenta le
cartucce direttamente per l'azione di sparo, è il tamburo del revolver le cui
camere sono insieme il magazzino e la camera di scoppio della munizione. Altro
esempio di serbatoio integrato nell'arma è il serbatoio rotante del fucile
Mannlicher Schoenauer 1903: in questo caso le cartucce sono solamente
presentate per l'azione di caricamento.
serbatoio tubolare quando è costituito da un tubo nel quale le cartucce sono
alloggiate una di seguito all'altra (dove quindi la parte frontale di una
munizione è a contatto con la parte posteriore della cartuccia successiva). In
genere è una molla a generare la spinta sulle cartucce affinché queste vengano
ad essere "presentate" per l'incameramento. Tipici serbatoi tubolari sono quelli
presenti sotto la canna dei fucili semiautomatici da caccia ad anima liscia o
sotto la canna delle carabine a canna rigata con azionamento a leva (tipo
Winchester). Altra tipica locazione di questo tipo di serbatoio è nel calcio di
armi lunghe, come fu nel caso del fucile e della carabina Spencer mod. 1860, i
quali per la presenza di un serbatoio tubolare a sette colpi nel calcio furono tra
le prime armi a ripetizione, assieme al fucile Henry 1862 a leva (progenitore del
Winchester) ed anch'esso con serbatoio tubolare (in questo caso presente
sotto la canna): attualmente il serbatoio tubolare inserito nel calcio si trova
anche in diverse carabine semiautomatiche cal. .22 Long Rifle.
serbatoio-magazzino : è parte integrante dell'arma e ricavato nella stessa.
Raramente "staccabile" ed a volte non è nemmeno accessibile dall'esterno (se
non durante le operazioni di smontaggio dell'arma). È tipico di diverse carabine
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(anche moderne) o di fucili dotati di otturatore girevole-scorrevole.
Normalmente si carica inserendo le cartucce una ad una o aiutandosi con un
"caricatore a piastrina".
-caricatore a piastrina : trattasi sostanzialmente di una guida metallica che
trattiene insieme le cartucce nel numero previsto per una determinata arma.
Non viene inserito nell'arma, ma funge da aiuto per poter spingere le cartucce
nel serbatoio riempiendolo. L'utilità sta nell'avere insieme il numero di cartucce
esatto per la ricarica e nella velocizzazione del caricamento del magazzino che
viene eseguito con una unica operazione per l'insieme di cartucce inserite,
anziché l'inserimento di ogni singola munizione per volta. Attualmente, si usa
anche per caricare velocemente i caricatori-magazzino staccabili di cui sono
dotate le armi più moderne, oltre ad essere stato il sistema di caricamento di
riferimento per i fucili "bolt-action" ed il sistema principe per caricare la pistola
Mauser C96. Un tipo particolare di caricatore che può essere inserito in questa
categoria è l'attrezzo (in Italia chiamato gergalmente "carichino"; in inglese:
speedloader) che serve a caricare velocemente i revolver a tamburo: in questo
caso, il caricatore è dotato di forma circolare e dotato di tante cartucce quante
ne sono previste nel tamburo da caricare (generalmente cinque o sei): quando
si vuole ricaricare il tamburo, lo si fa basculare, lo si scarica togliendo i bossoli
delle munizioni sparate, si avvicina il "carichino" affinché presenti le cartucce
nuove allineate con le relative camere, quindi si rilasciano tutte le cartucce che
prenderanno sede nelle rispettive camere con un unico movimento.
Richiudendo il revolver, questo risulta ricaricato e pronto allo sparo.
-caricatore a pacchetto : derivazione dei caricatori a piastrina, sono più
complessi nella foggia e più avvolgenti nei confronti delle cartucce che
contengono, in quanto è previsto che vengano inseriti direttamente all'interno
dell'arma da ricaricare per essere espulsi una volta esploso l'ultimo colpo
presente. Tipico rappresentante di questa tipologia di caricatore è il pacchetto
da 8 colpi del fucile semiauto Garand M1, che viene inserito verticalmente
dall'alto nel suo alloggiamento avendo aperto preventivamente l'otturatore.
magazzino-caricatore : è un magazzino scatolato che non fa parte integrante
dell'arma a cui può essere agganciato esternamente (es: fucili d'assalto
moderni o fucili mitragliatori come il Bren inglese od il BAR americano della
seconda guerra mondiale) o inserito internamente (come nel caso della
maggioranza delle pistole semiauto in cui viene inserito dalla parte inferiore del
calcio)
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caricatore a nastro : è il sistema più utilizzato per alimentare le mitragliatrici.
Le cartucce sono inserite una di fianco all'altra in nastro di tela o tra maglie
metalliche: uno dei "capi" della striscia risultante, viene inserito nell'arma e
viene trascinato dai meccanismi di trascinamento e alimentazione presenti,
mano a mano che vengono sparati i colpi: questo permette azioni di fuoco
prolungato, visto che la lunghezza di tale nastro (e conseguentemente il
numero di colpi contenuti e disponibili) può essere aumentata a volontà
aggiungendo un nuovo nastro al termine del precedente.
Meccanismo di sparo
Il meccanismo di sparo è il complesso meccanico costituito dalle varie parti
componenti la catena cinematica di scatto, tramite la quale si comanda l'inizio
della azione di sparo: grilletto, leve, molle, percussore ed eventuale cane.
Spesso questo meccanismo interagisce con il sistema di chiusura/apertura
anche per il suo stesso funzionamento.
Il grilletto è il dispositivo primario con il quale si comanda l'azione di sparo.
Premendolo si attivano le funzioni dei dispositivi direttamente collegati (leve di
rinvio) che a loro volta agiscono sull'elemento terminale che scatena
effettivamente l'azione di sparo: il percussore.
Il percussore può essere di diversi tipi:
Percussore fisso : quando è parte integrante dell'otturatore ed è il movimento
di quest'ultimo che determina l'azione di percussione. È tipicamente il
percussore presente sulle armi a chiusura labile che iniziano l'azione di sparo ad
otturatore aperto (dette anche armi a massa battente). Se la massa
dell'otturatore è consistente, può essere presente una piccola molla di
ammortizzazione tra il percussore (che in questo caso è un pezzo a sé) e
l'otturatore per evitare lo sfondamento della capsula d'innesco presente sul
bossolo.
Percussore lanciato : quando è il suo movimento a determinare la percussione
dell'innesco: in questi casi, il percussore è trattenuto all'interno dell'otturatore
in quanto, pur sottoposto all'azione della sua molla, è intercettato dal sistema
di scatto a riposo. Appena si preme il grilletto, le leve di rinvio del sistema di
scatto liberano il percussore, il quale verrà spinto in avanti dalla molla e quindi
percuoterà l'innesco. Un esempio esemplificativo di percussore lanciato è
quello utilizzato nei fucili "bolt action" ad otturatore girevole-scorrevole.
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Percussore comandato (o "guidato") : quando per effettuare la percussione
deve essere a sua volta percosso da un altro elemento, che normalmente è il
cane. Tipico è il caso della stragrande maggioranza delle pistole
semiautomatiche. Il cane, a sua volta, può essere:
-esterno : quando sporge dall'arma permettendone l'armamento manuale
agendovi direttamente. In questo caso sono visibili (anche lateralmente) i
movimenti del cane sia nelle sue fasi di armamento che di abbattimento.
Esempio: pistola semiauto Colt M1911, Beretta Mod. 70 o revolver come lo
Smith & Wesson Mod. 19 o il Colt Python.
-interno : quando è completamente coperto dalla cassa dell'arma (come nel
caso del fucile semiauto Garand M1) o dal carrello (come nella pistola Browning
1903). Esistono armi a cane interno che mantengono sporgente una piccola
porzione della "cresta" per permetterne comunque l'armamento manuale
(classico esempio il revolver Smith & Wesson Bodyguard).
La modalità con la quale si comanda l'azione di sparo (chiamata anche modalità
di scatto) può essere:
ad azione singola (o Single Action SA) : premendo il grilletto si libera solamente
e direttamente il percussore (o il cane). Prima dell'azione di sparo, quindi, il
percussore deve essere preventivamente "armato" tramite un'altra azione
(manuale o automatica). I revolver ad avancarica Colt Army 1860 ed i revolver a
retrocarica Colt 1873 sparavano solo in questa modalità: ad ogni colpo
occorreva prima "armare" il cane. Anche la quasi totalità delle pistole
semiautomatiche sparano in questo modo: in questo caso il cane può anche
essere armato manualmente per sparare il primo colpo (se precedentemente si
era provveduto ad abbatterlo dopo la fase di incameramento) e comunque lo è
(così come lo è il percussore lanciato nel caso di semiautomatiche prive di
cane) dall'arretramento del carrello-otturatore (sia per i colpi successivi al
primo, sia durante l'operazione di incameramento della prima cartuccia).
a doppia azione (o Double Action DA): premendo il grilletto, il cane (o il
percussore) si arma e poi si libera: la "corsa" del grilletto è più lunga e richiede
maggiore sforzo ma garantisce maggiormente contro spari accidentali dovuti a
contrazioni involontarie del dito sul grilletto per cause emotive e di stress. La
maggior parte dei revolver moderni adotta la doppia azione per le azioni di
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ripetizione veloce dei colpi. Esistono modelli di moderne pistole semiauto che
sparano solamente in doppia azione.
ad azione mista SA/DA : le armi moderne (soprattutto quelle corte come
pistole semiauto e revolver) adottano sia la modalità in azione singola che
doppia: nelle pistole semiautomatiche, questo permette di tenere l'arma carica
con il colpo in canna ed il cane disarmato e di sparare il primo colpo in doppia
azione (i successivi saranno sparati in azione singola) con maggiori vantaggi
nella sicurezza di maneggio e sulla rapidità di inizio dell'azione di fuoco. La
possibilità di doppia azione permette anche di ripetere l'azione di scatto nel
caso in cui una cartuccia faccia "cilecca".
Secondo le modalità di funzionamento del meccanismo di sparo e secondo
l'iterazione con il gruppo di chiusura/apertura, si determinano le caratteristiche
per l'eventuale utilizzazione in armi automatiche e semiautomatiche.
Armi automatiche
Il termine può essere usato impropriamente in riferimento alle armi semiautomatiche, le quali esplodono un proiettile per ogni pressione del grilletto.
Tecnicamente, è corretto utilizzarlo per le armi full-auto ("completamente
automatiche"), che continuano a caricare ed esplodere munizioni fino a che
persiste la pressione sul grilletto. In genere, è possibile discernere dal contesto
quale modalità si intende: spesso per "pistola automatica" o "fucile da caccia
automatico" (a canna liscia) si intende in realtà un meccanismo semiautomatico.
Armi semiautomatiche
Le armi semiautomatiche sono morfologicamente uguali alle armi automatiche:
ciò che le differenzia è il sistema di scatto, il quale permette di sparare
solamente un colpo ad ogni pressione del grilletto.
Questi tipi di armi sparano quindi sempre a colpo singolo ad ogni pressione del
grilletto, pur provvedendo alla ricarica di una nuova cartuccia in camera per
essere pronte alla ripetizione del colpo appena si torna a premere il grilletto, a
differenza delle armi a ripetizione manuale che necessitano ad ogni colpo
anche dell'azione manuale di ricameramento di una nuova cartuccia.
Le armi automatiche e semiautomatiche possono essere caratterizzate da una
preventiva azione di caricamento iniziale e manuale oltre, ovviamente, al
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normale inserimento del caricatore: per poter rendere l'arma offensiva (pronta
al fuoco) si dovrà scarrellare, cioè arretrare manualmente il carrello-otturatore
per permettere alla prima cartuccia di entrare nella canna e di armare il
percussore (nelle armi che iniziano l'azione di sparo ad otturatore chiuso) o per
predisporre la "massa battente" ad eseguire la sua funzione qualora venisse
premuto il grilletto (nelle armi che iniziano il ciclo di fuoco ad otturatore
aperto) .
MUNIZIONI
Il moderno munizionamento per le armi da fuoco portatili è correttamente
definito“Cartuccia”.
Una cartuccia é costituita da quattro elementi: il bossolo, l’innesco, la carica di
lancio e la palla (termine tecnico che risale dalla sua primordiale forma).
Una cartuccia metallica moderna in sezione: 1) bossolo; 2) innesco; 3) carica di
lancio; 4) palla
Esaminiamo i vari componenti della cartuccia:
IL BOSSOLO
Il bossolo si può definire l'elemento più importante della cartuccia, infatti
svolge una doppia funzione: 1) mantiene assemblate le varie parti che la
compongono; innesco,polvere e palla; 2) funge da “collegamento” tra tutti i
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questi elementi e l’arma che dovrà spararla, determinando la chiusura ermetica
della camera di cartuccia e la culatta.
L’etimologia del vocabolo “bossolo” deriva presumibilmente dalla lingua tarda
latina
“buxĭda” che a sua volta si rifà al termine greco “pyxìda”, un vasetto cilindrico,
generalmente di legno di bosso, che serviva a contenere vari prodotti. In
Europa già nel 18° secolo si usavano delle bandoliere con dei contenitori di
legno di bosso (vuoti all’interno ed opportunamente sagomati in modo da
essere riutilizzati con sicurezza dai tiratori), come precedentemente mostrato.
Il moderno bossolo é ottenuto mediante il metodo di lavorazione a estrusione
per impatto, da un dischetto d'ottone, d'opportune dimensioni e peso a
secondo del tipo da produrre, a sua volta ottenuto per fustellatura da una
lamiera. Mediante varie fasi successive d'estrusione il dischetto è prima
modellato e quindi lavorato fino a dargli la forma definitiva. Avrà quindi una
forma, un peso e degli spessori delle pareti, adeguate a sopportare le pressioni
e le dilatazioni che interverranno al momento della combustione della carica di
lancio.
Infatti quando il percussore colpisce l’innesco, posto alla base del bossolo, la
sua fiammata accende la carica di lancio contenuta nel bossolo. La gran massa
di gas che si sviluppano per la combustione spingono istantaneamente la palla,
posta alla sommità del bossolo, che viene prima scrimpata dal bossolo e poi
spinta attraverso l’anima di canna verso la volata. La pressione dei gas non si
esercita però solo verso il proiettile ma in tutte le direzioni. Per contenere la
pressione nell’arma intervengono: posteriormente la culatta dell’otturatore e
sui lati le pareti della camera di cartuccia, quindi il bossolo dilatandosi va ad
aderire perfettamente, nell’attimo di sviluppo della pressione, contro le
suddette parti dell’arma e ne garantisce la tenuta ermetica, sigillando ogni via
di fuga ai gas ed impedendo pericolose fuoruscite posteriori. Allorché le
pressioni dello sparo si esauriscono il bossolo riprende parte della sua forma
originale distaccandosi dalla camera di cartuccia, consentendone un’agevole
estrazione.
La scelta dell’ottone come metallo per produrre i bossoli è dovuta alle sue
caratteristiche di robustezza, elasticità e duttilità, proprie di questo metallo, al
quale viene aggiunta una piccola percentuale di piombo per introdurre una
lieve dote autolubrificante.
Durante le guerre di lunga durata, come fu la Seconda Guerra mondiale, per
sopperire alla mancanza delle materie prime necessarie alla formazione
dell’ottone, il bossolo é stato anche prodotto in ferro sinterizzato ed in
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alluminio, ma si è trattato di soluzioni di ripiego temporanee. Solo in alcuni
paesi dell’est Europa, in Russia ed in Cina è sopravvissuta sino ai giorni nostri la
produzione di bossoli in ferro, ma relegata principalmente alla produzione
militare.
Ancora oggi non è stato individuato un metallo che possa sostituire l’ottone, sia
a livello tecnologico, sia economico.
Solo nelle armi a canna liscia sono ancora oggi utilizzati dei bossoli prodotti con
il corpo in cartone o di plastica, ma ciò è dovuto principalmente alle
caratteristiche tecnico-balistiche delle stesse munizioni e delle armi che le
impiegano, che non necessitano di un corpo del bossolo interamente di
metallo.
I moderni bossoli si dividono in tre tipi principali:
1) Tronco-conico (es. 9 mm. Parabellum);
2) Cilindrico (es. 44 Remington magnum);
3) A bottiglia (es. 30.06 Springfield).
Inoltre, al di la della sua forma generale, tutti i bossoli si possono suddividere
nelle seguenti parti: fondello, corpo, e colletto.
Il colletto, è la parte superiore del bossolo, dove s’inserisce e viene trattenuta
la palla. Generalmente la sua lunghezza è determinata all’incirca dal tratto di
palla che entra nel bossolo. Il colletto è la parte più sottile del bossolo e questa
sua caratteristica permette anche il “crimpaggio” della palla, ossia un
restringimento attuato meccanicamente, che va ad interessare il corpo della
palla o un solco presente sulla stessa (quando è presente), ideato
appositamente per rendere più salda l’unione tra queste due parti. Questa è
una necessità delle cartucce utilizzate in alcune armi automatiche e nei
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revolver, le cui sollecitazioni che si verificano durante il ciclo funzionale e
durante lo sparo, possono talvolta causare l’incassamento o la fuoriuscita della
palla dal bossolo.
Il fondello è invece la parte posteriore (o finale) del bossolo ed anche la più
robusta. Infatti è la zona che deve sopportare maggiormente la pressione dei
gas generati dalla combustione della carica di lancio ed inoltre è il punto in cui
“lavorano” l’otturatore e l’estrattore.
I bossoli, rispetto alla tipologia del fondello, si possono suddividere a loro volta
in
cinque
categorie,
con
le
seguenti
denominazioni:
Rimmed: con un semplice collarino, è il classico bossolo dei revolver (es. .357
Magnum e 44 Remington Magnum);
Rimmed groove: con il collarino e la scanalatura per l’estrattore (es. 7,65
Browning);
Rimless: senza collarino e con la scanalatura per l’estrattore. E’ il
bossolo più diffuso per armi moderne (es. 9 mm. Parabellum e 40 S. & W.);
Belted: con un risalto anulare a cintura subito sopra alla scanalatura per
l’estrattore. Caratteristica dei bossoli per cartucce da fucile magnum da caccia
grossa (es. .375 Holland & Holland Magnum e 460 Weatherby Magnum);
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Rebated: con il fondello di diametro inferiore a quello del corpo. Viene usato
nei casi in cui il diametro del fondello e del bossolo non sono compatibili con
quello della testa dell’otturatore o per permettere l’uso di otturatori standard
in cartucce di notevole diametro (es. 41 Action Express e 425 Westley Richards
Magnum).
Il fondello riporta anche dei dati relativi alla cartuccia: il nome (es. Winchester,
Federal ecc.), o la sigla (G.F.L. Giulio FiocchiLecco ecc.), o il numero della ditta o
dell’arsenale (71 – arsenale cinese ecc.), che loproduce; il calibro della cartuccia
(40 S & W ecc.), l’anno di fabbricazione e altri simboli che ne identificano
l’origine militare, come il cerchio con la croce che riproduce in forma stilizzata il
simbolo della N.A.T.O. e che indica che le caratteristiche tecnico-balistiche
dell’intera cartuccia sono a norma STANAGNATO.
Sul fondello è inoltre ricavata la sede dell’innesco, che è in comunicazione con
l’interno del bossolo attraverso il “foro vampa”, ossia un piccolo foro che
permette alla vampa (tecnicamente definito “dardo di fiamma”) prodotta
dall’innesco di incendiare la polvere da sparo.
L’INNESCO
L’innesco è costituito da una piccola quantità di esplosivo detonante,
contenuta all’interno di una coppetta di metallo o supportato dal bossolo
stesso, che ha lo scopo di determinare l’accensione della carica di lancio a
seguito dell'urto del percussore.
Negli inneschi moderni vengono usate delle miscele basate sullo Stifnato di
piombo, sensibilizzato con Tetrazene, oppure all’Azoditrato di piombo.
Vengono inoltre usati anche “Sali di Bario”.
Gli inneschi si suddividono in due famiglie:
1) a percussione anulare;
2) a percussione centrale.
Nell’innesco di tipo anulare, usato soprattutto per cartucce di piccolo calibro
(es. la .22 Long Rifle raffigurata a lato) l’esplosivo detonante è contenuto nel
perimetro interno del fondello del bossolo ed il percussore ne causa la
detonazione colpendo direttamente sul bordo esterno del fondello.
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Segni dell’urto del percussore nella zona periferica (anulare) nel fondello delle
cartucce cal. .22 L.R.
La carica esplosiva degli inneschi a percussione anulare viene posizionata
durante la fabbricazione, con un sistema particolare definito “a
centrifugazione”, che permette all’esplosivo di disporsi lungo il perimetro del
bordo del fondello.
Negli inneschi a percussione centrale, che sono i più diffusi, la piccola carica
d'esplosivo detonante è racchiusa in un piccolo contenitore, definito anche
capsula, che è a sua volta alloggiata in un’apposita sede ricavata al centro del
fondello del bossolo, come già specificato prima.
I tipi d'innesco a percussione centrale sono due e prendono il nome dai loro
inventori:
Il tipo Berdan è il più vecchio, ma il più usato nelle cartucce militari. Ancora oggi
si possono incontrare dei bossoli di cartucce per armi lunghe che utilizzano
l’innesco Berdan, in particolare quelle prodotte nei paesi dell’est Europa ed in
Asia.
Questo tipo di innesco si distingue per la mancanza dell'incudinetta, in quanto
quest’ultima è ricavata direttamente nel fondello del bossolo, all’interno della
sede dell’innesco.
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Nel disegno qui sopra si notano le differenze tra i due tipi di bossoli ed i rispettivi tipi di inneschi. Il tipo
Boxer ha un solo foro di vampa centrale, mentre il tipo Berdan ha due fori di vampa, diametralmente
opposti all’incudinetta.
Il tipo Boxer é di un anno più recente e si riconosce per avere l’incudinetta
incorporata all’interno della sua stessa coppetta. Questo tipo di innesco si è
diffuso subito tra le cartucce commerciali, in particolare quelle prodotte negli
Stati Uniti d’America, dove la necessità, o la preferenza, dei cacciatori di
ricaricare in proprio le cartucce, ha creato un considerevole business
commerciale, che si è ormai diffuso in ambito mondiale, sia per le armi corte,
sia per le armi lunghe e sostenuto anche dalle attuali tendenze sportive.
INNESCHI NELLE CARTUCCE DA CACCIA PER FUCILI AD ANIMA LISCIA
Apriamo ora una piccola parentesi per quanto concerne
gli inneschi per le cartucce dei fucili a canna liscia. Questi
inneschi sono di concezione differente da quelli
precedenti per carabina e pistola. Le cartucce a pallini
hanno, generalmente, il corpo del bossolo di cartone o di
plastica ed hanno alla base solo un sottile rivestimento
esterno d'ottone. Dato che tale rivestimento non è
abbastanza robusto per reggere un innesco dei tipi
summenzionati, si utilizza quindi uno specifico innesco,
quasi interamente di ottone a sé stante, che contiene la
capsula con l’innesco e l’incudinetta. Lo si potrebbe
quasi definire una specifica evoluzione del tipo Boxer.
LA CARICA DI LANCIO
Nelle cartucce moderne la carica di lancio è composta da una determinata
quantità di esplosivo deflagrante che bruciando, per effetto della detonazione
dell’innesco e l’immediata trasmissione del dardo di fiamma attraverso il foro
di vampa, sviluppa dei gas ad alta temperatura e pressione che forniscono una
spinta accellerativa alla palla, che viene scrimpata dal bossolo e spinta
attraverso l’anima di canna e poi fuori di essa, sino al bersaglio.
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Le moderne polveri da sparo sono dette anche “polveri senza fumo”, ma non
per l’assenza di fumo al momento dell’esplosione ma perchè la quantità di
fumo prodotta dalla loro combustione è minima rispetto alla “vecchia” polvere
nera. Inoltre le polveri senza fumo bruciano senza lasciare residui solidi
all’interno della canna. Le attuali cartucce delle armi portatili impiegano una
tipologia di polvere da sparo che costituisce un tipo di esplosivo specifico, ossia
delle nitrocellulose gelatinizzate.
Queste polveri sono ottenute mediante la nitrazione della cellulosa pura, tratta
con dell’ acido nitrico e del acido solforico concentrato, il quale non partecipa
alla reazione, ma svolge un’azione mordente sulla massa della cellulosa,
consentendo l’attacco da parte dell’acido nitrico. Questo ultimo cede azoto ed
ossigeno alla cellulosa, trasformandola quindi in un composto che possiede già
tutti gli elementi necessari alla sua combustione e quindi, non richiede la
presenza di altri agenti ossidanti.
Le moderne polveri da sparo si suddividono in due tipi principali: “a base
singola” (se ottenute dalla sola cellulosa pura) o “a doppia base” (quando alla
nitrocellulosa è unita nitroglicerina), chiamata anche Balistite.
Le polveri sono prodotte con diverse graniture, ossia con diverse forme di ogni
singolo grano e possono essere: pulvirenti (dette anche a microgranuli), a
lamelle, a sferette, a dischetti, a tubetti o altre particolari e speciali forme) e
con diversa “progressività” per quanto attiene la velocità di combustione in
relazione alla forma e grossezza del grano, cioè dalla sua forma geometrica e
dimensione.
LA PALLA
La palla, comunemente definita anche proiettile, è l’elemento destinato a
portare l’offesa sul bersaglio.
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Con la nascita delle armi da fuoco nacquero, ovviamente che i proiettili
(termine in questo caso consono perché il termine “proiettile” identifica
qualsiasi oggetto proiettato contro un bersaglio). All’inizio vennero usati
proiettili rudimentali come freccette, punte di dardi da balestra, sassi
arrotondati ecc. ecc., ma in seguito non passò molto tempo e si capì che dei
proiettili sferici in piombo o ferro, creati appositamente, arrivavano più lontano
ed erano più precisi. Essendo il piombo un metallo che si trovava in
abbondanza e che era più facile da fondere nella forma voluta, già allora lo si
identificò come il metallo più consono a questo scopo. Ecco perché dalle
arcaiche palle di piombo per archibugio, il termine “palla” identifica
specificatamente l’elemento della cartuccia che deve colpire il bersaglio.
Il piombo fuso costituisce il principale metallo per proiettili da oltre 500 anni di
storia delle armi da fuoco. Attualmente le più moderne palle in lega, molto in
uso nelle cartucce per il tiro sportivo, sono generalmente realizzate sempre con
del piombo, legato con l’antimonio e lo stagno, insieme che conferisce alla palla
più compattezza.
Solo con l’avvento delle polveri infumi e della canne rigate, che impressero alle
palle delle velocità più elevate, facendo ruotare la palla sul proprio asse
durante il suo moto verso il bersaglio, si impose la necessità di rivestire le palle
di piombo con una lega di materiale più duro, al fine di evitare il rilascio di
residui di piombo nella rigatura della canna e mantenere costanti le doti di
precisione.
Questo rivestimento è generalmente denominato “camiciatura” o “blindatura”,
ma non bisogna confondersi con le palle Perforanti, le quali hanno delle
caratteristiche costruttive ben diverse.
Per il rivestimento delle palle vengono solitamente usate vari tipi di leghe
formate da una grossa percentuale di rame con l’aggiunta di stagno e zinco,
oppure di solo rame, o di Maillecort una lega di rame e nichel.
Le palle destinate all’impiego nelle armi automatiche sono in genere
totalmente o parzialmente rivestite in modo da garantire determinate
caratteristiche tecnicobalistichee cioè:
- Fare presa perfettamente nella rigatura della canna;
- Proteggere il nocciolo di piombo dagli urti dovuti all’automatismo dell’arma e
dalle possibili deformazioni;
- Impedire il deposito di scorie (comunemente detta “impiombatura”) nella
canna.
-Le palle così rivestite sono definite, in gergo, blindate o semi-blindate. La
camiciatura o il rivestimento parziale della palla può servire inoltre a
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determinare un’espansione della palla più o meno controllata, al momento
dell’impatto e dellapenetrazione del bersaglio, aumentando così gli effetti di
balistica terminale.
Le palle per le cartucce metalliche a percussione centrale, possono assumere
diverse configurazioni, a secondo del loro specifico impiego o in rapporto al
tipo d’arma in cui verranno utilizzate. Inoltre il loro nucleo può essere costituito
da materiali vari, a secondo lo specifico impiego a cui sono destinate, come
vedremo qui sotto.
Palle di concezione tradizionale:
La maggior parte della palle descritte qui sotto rappresentano un classico della
produzione per le maggiori ditte di munizioni e sono presenti da diversi decenni
in ogni catalogo.
FMJ (Full Metal Jacket = palla blindata) indicate anche con la sigla MC (Metal
Case). Queste palle hanno un elevato potere di penetrazione e sono in grado di
attraversare con discreta facilità vari materiali prima di fermarsi
definitivamente.
Proprio per questo motivo sono le preferite per i caricamenti nelle cartucce
militari, ma non sono certo le più adatte per gli usi di polizia, ove bisognerebbe
evitare i rischi di perforazione del bersaglio e/o eventuali rimbalzi. Non è vero
che i danni prodotti da loro sul corpo umano sono di minore entità (i motivi
sono già stati espressi prima), ma l’energia della lesione, in talune circostanze,
potrebbe rivelarsi inferiore rispetto ad altri tipi di palle.
JSP (Jacket Soft Point = palle semiblindate). La punta di questa palla si presenta
generalmente piatta e con l’apice privo di camiciatura. La loro espansione
all’interno del bersaglio è abbastanza relativa e non sempre efficace. In virtù di
ciò sono state prodotte delle palle JSP che presentano dei leggeri intagli nel
punto di giunzione tra il piombo e la camiciatura, in modo da favorirne
l’espansione.
LRN (Lead Round Nose = palla in piombo a punta arrotondata). Questo tipo di
palle esiste anche in versione tronco-conica denominata LTC. Si tratta di un tipo
di palla che non si deforma mai nello stesso modo e talvolta non si deforma
affatto, può tuttavia dare dei risultati discreti. La percentuale di piombo non è
mai del 100% e quindi è difficile fare una comparazione se non tra cartucce
della stessa ditta e lotto di produzione. La Fiocchi le produce con una leggera
pellicola di teflon nero che ricopre interamente la palla.
Cast bullet, ossia palle per la ricarica amatoriale. Vale lo stesso discorso per le
precedenti. La lega metallica di cui sono composte è solitamente di piombo,
antimonio e stagno in percentuali variabili tra ditta e ditta. Di recente sono
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prodotte delle palle in lega ricoperte di una pellicola di rame (o di una lega a
base di esso), disponibili in vari spessori, che dovrebbe dare delle prestazioni
balistiche migliori, pur non essendo una blindatura vera e propria. Per la difesa
personale non cambia nulla.
LHP (Lead Hollow Point = palle in piombo a punta cava). Concepite come le LRN
o le LTC hanno in più l’apice forato da una cavità. Le prove hanno dimostrato
che la maggior parte di tali palle si frammentano in pezzi troppo piccoli per
avere risultati apprezzabili.
Wad Cutter. Sono delle palle cilindriche di piombo, con la punta piatta e la base
forata. Si riconoscono per essere inserite interamente (o quasi) nel bossolo e
sono ideate per l’utilizzo sportivo. Come potere di arresto eguagliano in risultati
delle LTC, ma sono apprezzabili per la difesa abitativa grazie al loro scarso
rinculo e per l’accettabile rumore dello sparo, che all’interno di una stanza non
dovrebbe farvi saltare i timpani, come invece può accadervi con un calibro 12
od una 357 Magnum.
A breve distanza uccidono come una qualsiasi altra palla, aldilà delle solite
dicerie.
SWC (Semi-Wad Cutter). Idem come sopra. Si riconoscono per la palla che
sporge dal bossolo con una breve sezione tronco-conica e dalla punta piuttosto
larga. Alcune ditte le producono anche ricoprendo la palla con una leggera
pellicola di teflon nero o con una micrometrica ramatura. Le caratteristiche, in
termini di potere d’arresto, sono piuttosto accettabili.
SJHP (Semi-Jacketed Hollow Point = semiblindata a punta cava) talvolta indicate
anche con la sigla HSP (Hollow Soft Point). Assomigliano alla SP ma con la punta
forata e spesso intagliata per favorirne l’espansione. Queste palle hanno spesso
dato ottimi risultati in termini di potere d’arresto, difficilmente si frammentano
e quando lo fanno i pezzi sono di dimensioni tali da creare vaste lesioni.
Tuttavia queste palle quando perforano un hard target manifestano la
tendenza a chiudersi all’apice, comportandosi poi alla stessa stregua delle FMJ.
JHP o anche HP (Jacketed Hollow Point = palla blindata a punta cava). In pratica
sono una palla blindata con la punta cava, quasi sempre intagliata per
migliorare l’espansione.
Palle per cartucce speciali:
Dopo aver visto come sono costituite le palle normalmente prodotte per scopi
militari o civili, vediamo ora quali sono le palle prodotte per scopi speciali ben
determinati.
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Inerti: Sono dei simulacri che riproducono esattamente la palla e la cartuccia
nella sua forma e dimensione originale, sono utilizzate per scopo
didattico/addestrativo.
A corta gittata: La palla può essere di plastica (di colore bianco o azzurro), di
legno, o di materiali frangibili con la base di metallo. Sono usate per
l’addestramento a fuoco. Attenzione però, la pericolosità di alcune di queste
cartucce è quasi pari a quella delle normali munizioni.
Per tiri di precisione: Sono palle particolarmente accuratizzate per il tiro di
precisione. Attualmente vengono utilizzate principalmente dai Tiratori Scelti
delle Forze Armate.
Perforanti: In apparenza è una normale palla camiciata, ma al suo interno ha
un’anima di acciaio al tungsteno che gli conferisce un elevato potere di
penetrazione contro qualsiasi tipo di bersaglio. Le palle perforanti sono
destinate prevalentemente nel tiro contro strutture immobili, veicoli ed
aeromobili.
Traccianti: L’aspetto è quello di una normale palla camiciata. All’interno della
base della palla vi è un composto che viene “acceso” dalla combustione della
carica di lancio ed, all’uscita dalla canna, traccia la traiettoria della palla.
Questo tipo di palla è generalmente utilizzato delle armi automatiche ad alta
cadenza di fuoco e serve per indicare la direzione del tiro.
Incendiarie: Anche in questo caso la palla incendiaria assomiglia ad una
normale palla camiciata. Il nucleo centrale della palla contiene del fosforo (o un
altro composto incendiario), mentre la punta è simile ad una palla tradizionale.
Al momento dell’impatto contro il bersaglio la palla rilascia il composto
incendiario provocando l’incendio del bersaglio. Anche questo tipo di palle
sono solitamente impiegate nel tiro contro strutture immobili, veicoli ed
aeromobili. Oltre a queste vi sono poi delle palle che riuniscono in una sola
palla la caratteristiche di più modelli; come le perforanti-incendiarie e le
perforanti-incendiarie-traccianti, che vengono utilizzate esclusivamente in
ambito militare, per riunire in una sola tipologia di cartuccia le varie necessità
di un conflitto.
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La denominazione delle cartucce
Dopo aver analizzato i vari elementi che compongono una cartuccia, vediamo
come ed in base a cosa le cartucce assumono ciascuna una precisa
denominazione.
Generalmente le cartucce assumono denominazioni che fanno riferimento, sia
alle dimensioni della palla, sia a quelle del bossolo, oppure a delle speciali
particolarità della casa costruttrice. Il metodo in ogni caso più seguito è quello
di identificare la munizione attraverso una o più misure, riguardanti
generalmente il diametro del proiettile e la lunghezza del bossolo. In Europa
queste misure sono espresse in millimetri, mentre nei paesi di lingua inglese in
sottomultipli di pollice (1 Inch. = 2,54 mm.). Talvolta la medesima cartuccia
trova più denominazioni, a secondo di dove viene commercializzata e ciò causa
non poca confusione. Il caso degli “europei” 8x57JS, 6,35 Browning, 7,65
Parabellum e 9mm. Parabellum, denominati negli U.S.A. rispettivamente 8mm.
Mauser, .25 ACP, .30 Luger e 9mm. Luger, rende bene l’idea del caos in cui
talvolta ci si imbatte.
In Europa vengono utilizzati due sistemi di denominazione. Il Sistema Metrico
Tradizionale, detto anche metodo tedesco, in cui una cartuccia che viene
identificata come “9x19” fa riferimento ad una munizione che ha il proiettile di
calibro 9 mm. ed un bossolo lungo 19 mm., l’arcinota 9 mm. Parabellum. In
certi casi anche a tali cifre possono essere aggiunte altre sigle che forniscono
informazioni accessorie sulla foggia del fondello, o del proiettile, o della casa
costruttrice, come ad esempio la cartuccia 5,6x57 R, dove “R” sta per “Rand”
(collarino), la 8x58R Sauer, la 8mm Lebel e via dicendo.
Oppure il Sistema Metrico Semplificato, dove la lunghezza del bossolo e
sostituita del nome del produttore o dell’inventore, come ad esempio il 7mm.
Von Hofe, il 7mm. Remington Magnum ecc., un sistema adottato anche da
alcune ditte americane per la produzione di cartucce nate in Europa.
Il sistema d’identificazione nei paesi anglosassoni, specialmente nel NordAmerica, è invece assai più complesso. Qui generalmente le cartucce sono
suddivise attraverso il diametro del proiettile, espresso in centesimi di pollice.
A tale indicazione sono anche aggiunte altre indicazioni, con riferimento alla
casa costruttrice o all’ideatore, come nei casi del .38 S. & W. Special (il cui
diametro della palla è sempre .357), o del .416 Rigby; oppure all’arma a cui la
munizione e destinata, come nel caso del .45 ACP (Automatic Colt Pistol), o del
.45 Long Colt, ovvero con indicazioni facenti riferimento al peso della carica di
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lancio o della palla in grani, vedasi la cartuccia .44-40, in cui il “40” indica i 40
grani di polvere della sua carica di lancio. Altri riferimenti possono indicare
l'anno di adozione da parte dell’U.S. Army, com’è il caso della cartuccia .30-06
Springfield: .30 il calibro (7,62) e 06 l’anno di adozione della cartuccia (1906). A
tutto questo ampio e fantasioso glossario vi sono poi anche dei riferimenti
puramente commerciali com’è il caso dei .22/30-30 Improved o del .221
Remington Fireball.
In ogni caso è utile per tutti avere ben chiara questa tabella di comparazione
tra levarie misure dei diametri delle palle.
Calibro in millimetri
5,56
6,35
7,62
7,65
8
9
9,1
10 (10,16)
10,41
10,98
11,48
12,7
Calibro in pollici
.22
.25
.308
.312
.323
.355
.357
.40
.41
.44
.45
.50
Un discorso a parte riguarda invece il munizionamento per i fucili ad anima
liscia, la cui denominazione relativa al calibro (calibro 12, calibro 16, ecc. ecc.)
fa riferimento al vetusto uso di designare il “calibro” in termini di numero di
palle in piombo, di uguale diametro, che si riuscivano a produrre fondendo una
libbra (1 libbra = 0,4536 Kg.) di piombo.
Quindi, in un fucile calibro 12 il diametro della canna era tale da poter
accogliere una palla di piombo del peso di 1/12 di libbra e corrispondente ad un
diametro di circa 18,5 millimetri. In pratica si producevano 12 palle uguali dalla
stessa libbra di piombo.
Questo sistema di definizione dei calibri non riguarda le dimensioni dei pallini o
dei pallettoni contenuti in queste cartucce, che invece corrisponde ad altri pesi
e parametri. Paradossalmente le dimensioni dei pallini e dei pallettoni non
sono uguali in tutto il mondo e varia da paese a paese. Solo la cosiddetta “palla
unica” o “palla singola” sempre si adatta, ovviamente, al diametro della canna
dell’arma in cui viene utilizzata.
BALISTICA
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La balistica è il ramo della fisica meccanica che nasce per lo studio del moto di
un “proietto”, inteso come un corpo inerte sottoposto alla forza di gravità e
all’attrito viscoso del fluido in cui si muove. La balistica si è poi differenziata in
varie branche di studio che mantengono il prefisso “balistica”, in quanto
correlate alle armi da fuoco.
Può essere suddivisa in quattro branche principali:
Balistica interna: studia il comportamento del proietto quando esso si trova
ancora all’interno della bocca da fuoco e sottoposto alle forze generate
dall’accensione della carica di lancio.
Balistica esterna: studia il moto parabolico del proietto dopo che esso è stato
sparato o lanciato.
Balistica terminale: studia la reazione di un corpo che entra in contatto con il
proietto. In altri termini studia gli effetti provocati dal proietto sul bersaglio
colpito.
Balistica intermedia: studia il moto del proietto nelle immediate vicinanze del
vivo di volata. Essa consiste nello studio dei fenomeni intermedi tra balistica
interna ed esterna.
SICUREZZA NEL MANEGGIO DELLE ARMI
La prima e fondamentale tecnica che occorre imparare prima di approcciarsi
alle armi è la sicurezza!
Le sue norme vanno sempre rispettate!
Le armi da fuoco non sparano mai da sole e gli incidenti accadono solo a causa
di negligenza nel seguire queste norme.
Dobbiamo tener presente che le sicure sono di 3 tipi:
Sicura Meccanica, che altro non è che la leva di sicura ordinaria che troviamo
su alcune armi (alcune armi ne sono sprovviste) o i sistemi di sicurezza che si
trovano all’interno dell’arma stessa;
Sicura Fisica, che è la buona abitudine di tenere il dito indice fuori dal
ponticello (la guardia del grilletto);
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Sicura Mentale, la più importante delle tre, quella che ci permette di mettere
in atto, in modo razionale e intelligente, la Sicura Fisica e la sicura Meccanica.
Pistola con leva di sicura
Impugnatura con dito fuori dal
ordinaria
Pistola senza sicura
ponticello
Qualche anno fa, un signore di nome John
Dean “Jeff” Cooper (ex Colonnello del US Marine Corps e Padre Fondatore del
Tiro Operativo Moderno) formulò le 4 Regole di Sicurezza Universali e
Fondamentali
per il corretto maneggio delle armi da fuoco, sia per l’utilizzo delle armi corte
(pistole o revolver) sia per l’utilizzo delle armi lunghe (pistole mitragliatrici,
fucili, carabine). Queste regole dette e ribadite più volte da tutti gli istruttori
che si rispettano, al punto da risultare scontate ed essere violate o
parzialmente osservate.
1. Maneggia un'arma come se fosse sempre carica
Anche se abbiamo provveduto personalmente allo scarico dell’arma, bisogna
maneggiarla come se fosse pronta a sparare. Questa forma mentis deve essere
radicata in tutte le persone che, a qualsiasi titolo, maneggiano qualsiasi tipo
d’arma da fuoco.
Krav Maga Fesik
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Krav Maga Fesik
2. Non dirigere mail il vivo di volata* (parte terminale della canna)verso
qualcosa che non si ha intenzione di colpire
Quando teniamo un’arma in mano, è imperativo sapere dove è rivolta la sua
canna e, in base alle situazioni che si verificano, dirigere la canna stessa in una
zona sicura. Per zona sicura intendiamo un luogo dove, in caso di partenza
accidentale di un colpo, non si arrecherà nessun danno. L’arma va puntata solo
se si ha intenzione di colpire o intimare in caso di imminente e reale pericolo.
Indicare o gesticolare con il vivo di volata è assolutamente un comportamento
da sprovveduti.
3. Tenere il dito indice fuori dal ponticello fino a quando non si è deciso di
fare fuoco.
Manipolare un’arma avendo il dito sul grilletto significa mettere in condizione
di estremo pericolo se stessi e/o la gente che ci circonda anche ad una certa
distanza (i proiettili viaggiano e fanno male anche a parecchie centinaia di
metri). Una caduta, una contrazione involontaria o un banale spavento, può
causare il famosissimo “colpo accidentale” o “colpo dell’idiota”. Una leggerezza
del genere può causare un incidente, molto spesso, irrimediabile. E’ buona
norma entrare nell’ordine di idea che quando si sta per toccare un’arma si
pensi subito al dito indice che deve rimanere fuori dal ponticello, sempre!
4. Prima di fare fuoco, sii certo del tuo bersaglio e di quello che c'è dietro ed
in prossimità di esso.
Sparare a casaccio, senza aver identificato il proprio bersaglio, è sicuramente
un’azione imprudente e molto pericolosa. Sparando più o meno in direzione
del bersaglio, qualche proiettile potrebbe colpire persone innocenti nelle
vicinanze del bersaglio stesso. Non dobbiamo trascurare che se spariamo su un
bersaglio, attingendolo in modo corretto, ci potrebbe essere una
sovrapenetrazione del bersaglio da parte del proiettile e creare gravi danni a
chi si trovasse dietro il bersaglio in questione. Per cui la cosa più responsabile
da fare è proprio quella di assicurarsi di aver esattamente identificato il
bersaglio e valutare se in prossimità o dietro di esso ci sono persone o cose
estranee.
Alle sopra citate Regole Fondamentali, vanno aggiunte delle Regole
Complementari o Specifiche che vanno ad ampliare il livello di sicurezza nel
maneggio delle armi.
Krav Maga Fesik
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Krav Maga Fesik
1. Conosci il funzionamento dell'arma che stai utilizzando
La prima cosa da fare, quando si deve utilizzare un’arma, è quella di conoscere
il suo corretto funzionamento, i suoi sistemi di sicurezza e come caricare e
scaricare l’arma, che si deve adoperare, in totale sicurezza. Per sapere come
fare è semplicissimo, si leggono le istruzioni che troveremo sul suo libretto
d’uso e manutenzione rilasciato dal costruttore dell’arma. In mancanza del
libretto si chiede la cortesia ad un esperto (realmente esperto) d’armi. E’
importante sapere che alcune armi hanno dei procedimenti diversi per la
messa in sicurezza e quindi andare per tentativi può essere molto pericoloso.
2. Conoscere le munizioni che si stanno utilizzando
Un altro elemento da tenere in considerazione, quando dobbiamo sparare con
un’arma da fuoco, sono le munizioni che utilizzeremo. Le cartucce devono
essere idonee all’arma che si sta utilizzando, non devono presentare
ammaccature o usura causate per esempio dal tempo e soprattutto non
devono essere di dubbia provenienza.
3. Verificare sempre il perfetto stato dell'arma.
Prima di utilizzare un’arma da fuoco bisogna accertarsi del suo perfetto stato
operativo. Sporcizia, ruggine, usura o parti mancanti sono la causa di
malfunzionamenti, a volte molto rischiosi. A proposito della manutenzione di
un’arma, essa va pulita, lubrificata e controllata periodicamente specialmente
quando non viene utilizza per molto tempo.
4. Non maneggiare mail armi quando si è fatto uso di alcool, medicinali o
droghe
Questa regola si spiega da sola, droga e alcool non si sposano molto bene con
le armi da fuoco (per quanto mi riguarda non si sposano bene con nulla).
Alcuni medicinali invece possono provocare incapacità di concentrazione o
euforia per cui è impensabile credere di utilizzare armi da fuoco se non si è in
perfetto stato psicofisico.
5. Non sparare mai su specchi d'acqua, rocce o superfici dure
Sparare con una certa angolazione su specchi d’acqua, rocce o comunque su
superfici dure, può causare la deviazione del proiettile in maniera
imprevedibile, con pericoli non calcolabili e a volte sorprendenti.
6. Rispettare le leggi e le regole
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Krav Maga Fesik
E’ responsabilità giuridica, del possessore di armi, rispettare scrupolosamente
le leggi che disciplinano la detenzione, il trasporto e l’utilizzo delle armi stesse.
E’ suo dovere informarsi periodicamente, presso gli uffici competenti delle
Forze dell’Ordine, delle eventuali variazioni delle sopra citate leggi. E’
altrettanta sua responsabilità rispettare i regolamenti delle aree dove utilizzerà
le armi da lui detenute o adottate. Vorrei inoltre evidenziare che
è responsabilità giuridica e morale del possessore di armi da fuoco, la
scrupolosa custodia delle armi da fuoco, assicurandosi personalmente che non
finiscano facilmente nelle mani di incapaci, inesperti, tossicodipendenti e
minori.
7. Proteggi occhi e orecchie
Quando si decide di fare una sessione di tiro, per attività ludica o per
addestramento, è obbligatorio proteggere gli occhi con degli occhiali specifici,
per evitare che bossoli di rimbalzo o proiezione di piccole schegge possano
danneggiare l’apparato visivo. E altrettanto salutare e obbligatorio utilizzare
delle protezioni per le orecchie, come tappi o cuffie auricolari, per non causare
lacerazioni al timpano. Se nelle immediate vicinanze ci sono degli spettatori,
bisogna fare indossare obbligatoriamente gli stessi dispositivi di protezione. E’
consigliato utilizzare anche un cappellino con visiera, tipo quelli da baseball, per
evitare che i bossoli si infilino tra occhio ed occhiali.
Vediamo ora due esempi di armi a canna lunga.
AK 47
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Krav Maga Fesik
AK-47, la cui sigla sta per Avtomat Kalašnikova obrazca 1947 goda (dal russo
Автомат Калашникова образца 1947 года: fucile automatico Kalašnikov
modello 1947) è un fucile mitragliatore (o fucile d'assalto), progettato appunto
nel 1947 da Michail Kalašnikov, allora sottufficiale dell'Armata Rossa
dell'Unione Sovietica.
L'AK-47 (o "Kalashnikov", come è popolarmente noto) fu il capofila di una
vastissima serie di armi ispirate alle sue concezioni meccaniche, balistiche e
d'impiego, per lo più adottate da paesi in qualche misura legati all'Unione
Sovietica.
È stato affermato che non meno di 50 eserciti regolari lo adottino come arma
d'ordinanza e che ne siano stati prodotti più di 100 milioni di esemplari.[1] La
sua robustezza e semplicità l'hanno resa un'arma popolare anche tra i soldati di
quelle nazioni che usano armi diverse dall'AK 47 (M16,G3,M14,Srl) tanto che
sia nel Vietnam come nell'Iraq odierno i soldati statunitensi sono soliti
sostituire le loro armi con AK, arma meno raffinata ma più affidabile.
In Italia, viene spesso utilizzato da criminali, poiché è facilmente reperibile sul
mercato clandestino, come "residuato bellico" dei vari conflitti che hanno
accompagnato la dissoluzione della Repubblica Federale di Jugoslavia.
Consci del potere della suggestione e del valore tecnologico dell'arma, i
sovietici fecero circolare, durante la guerra fredda, una leggenda sulle modalità
della sua ideazione.
Secondo la versione "ufficiale", il sergente dei carristi Kalashnikov, ferito
durante la seconda guerra mondiale, nel suo letto d'ospedale avrebbe a lungo
riflettuto sulla possibilità di realizzare un'arma che potesse garantire all'Unione
Sovietica un'adeguata supremazia d'armamento. Avendo saputo che i comandi
strategici del Cremlino erano alla ricerca di un'arma da breve raggio che
potesse usare una cartuccia di calibro 7,62 mm, già usata per il poco
soddisfacente Simonov SKS, avrebbe subito pensato alla possibilità di realizzare
qualcosa di simile all'StG-44, lo strabiliante sturmgewehr tedesco nel frattempo
messo in campo, mantenendone le qualità e correggendone i difetti.
La CIA, ribatté che la leggenda fosse pura propaganda, sostenendo che si
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Krav Maga Fesik
cercasse di sfruttare il nome di un eroe di guerra per ammantare di sentimenti
idealistici una frenetica ricerca condotta da diversi gruppi di armaioli;
comunque la ricerca, anche secondo gli americani, puntava a costruire l'arma
intorno al calibro, ed il progetto fu sviluppato con questo preciso obiettivo.
L'AK-47 è particolarmente all'avanguardia relativamente agli anni del suo
sviluppo ed entrata in servizio. Prende molte delle sue soluzioni tecniche dallo
StG-44 (o MP44) del quale costituisce, secondo alcuni, l'evoluzione.[2] Il
sistema di presa di gas dell'AK-47 è posto superiormente alla canna poco oltre
la metà della lunghezza di questa e connesso diagonalmente, spesso ai lati sono
presenti 4 fori per lo sfogo del gas eccedente, all'interno trova posto il pistone
che produce l'arretramento dell'otturatore.
Il meccanismo operativo è a chiusura geometrica a presa di gas con otturatore
rototraslante. Il sistema di chiusura è formato da due pezzi maggiori,
l'otturatore e il portaotturatore, che lavorano "in solido" con il pistone della
presa di gas. Il portaotturatore è dotato di un incavo sagomato per contenere
l'otturatore, munito di guida a camma per contollarne la rotazione. L'otturatore
di tipo rotante possiede due alette o tenoni di chiusura (quindi la rotazione
necessaria è di 90 gradi) i quali vanno a impegnare due recessi nella culatta
della canna.
La canna dell'AK-47 è — nella configurazione standard — lunga 414 mm (senza
eventuale compensatore), le rigature sono 4 con andamento destrorso, la
tecnica di rigatura è variabile e possono trovarsi esecuzioni per brocciatura
(intaglio a punto singolo con broccia elicoidale) oppure per rotomartellatura. La
foratura della canna degli AK-47 è varia, vista la molteplicità delle produzioni:
generalmente si può affermare che (con buona pace della dicitura del calibro)
la normale foratura è 310 millesimi di pollice.
La catena di scatto[4] si distingue per semplicità e funzionalità. Essa si basa
sull'azione di tre denti d'arresto sul cane (infatti l'arma ha un sistema di
percussione indiretto con cane interno). Il dente d'arresto e quello
disconnettore sono automaticamente azionati dal grilletto mentre il dente
ritardatore è attivato dal movimento del portaotturatore.
Il dente ritardatore funge da dispositivo di sicurezza in quanto evita che il cane
possa colpire il percussore se non ad otturatore chiuso; il dente disconnettore
può venir bloccato da un'appendice del selettore (prevenendo così il riaggancio
del cane fino a grilletto premuto).
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Krav Maga Fesik
Le mire del Kalašnikov sono di tipo aperto e pertanto assimilabili a quelle
tradizionalmente adottate dalle forze armate russe dal 1891 su praticamente
ogni arma leggera.[5] Esse sono formate da un mirino e da una tacca di mira. La
tacca di mira è installata su di un alzo tangente graduato in metri e con un
fondo scala di 800 m, il mirino invece è formato da un piolo inserito su una
struttura vicino alla volata della canna ed è protetto da due generose alette
laterali. Per il tiro notturno sono in dotazione tacca di mira e mirino
fosforescenti agganciabili rapidamente alle corrispondenti parti dell'arma
Il sistema di alimentazione del Kalashnikov è formato da un caricatore
bifilare[6] dalla capienza di 30 cartucce. I caricatori sono realizzati in lamiera
stampata e hanno forma ricurva (detta anche a banana),[7] con un sistema di
aggancio estremamente robusto, composto da un attacco anteriore e uno
posteriore.
Dietro alla sede del caricatore si trova il relativo pulsante di sgancio, che ritrae
l'attacco posteriore svincolando il pezzo.
Il castello è probabilmente una delle parti più interessanti dell'arma.
I russi tentarono di copiare la costruzione in lamiera stampata dello StG-44, ma
in questo campo le tecnologie tedesche erano molto più avanzate di quelle di
ogni altra nazione; perciò la prima versione dell'AK-47, montante un castello
stampato, si rivelò un fiasco visti i problemi di accoppiamento tra le parti
macchinate (fresate) e quelle stampate. Così dopo pochissimo tempo i russi
cominciarono la produzione di un castello in acciaio ricavato dal pieno, proprio
per questo l'AK pesa 4,3 kg scarico, nonostante ciò la lamiera stampata tornò
con l'introduzione dell'AKM, versione più diffusa di questa arma. Il castello è
aperto superiormente, l'apertura viene chiusa da un elemento in lamiera
stampata che contribuisce a contenere la molla di recupero del
portaotturatore.
Il calcio è solitamente realizzato in legno come l'astina guardamano e
l'impugnatura, sono comunque ugualmente comuni versioni dotate di un calcio
pieghevole a stampella (AKS) realizzato per saldatura di tubi di acciaio. Le
finiture sono solitamente una brunitura chimica oppure una parkerizzazione[8]
al biossido di manganese per le parti metalliche eccetto per l'otturatore che
viene lucidato (negli AKM anche l'otturatore è parkerizzato). Le parti lignee
invece sono verniciate, la presa di gas, la canna e tutte le parti a contatto coi
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Krav Maga Fesik
gas sono cromate a spessore per aumentarne la resistenza in condizioni ostili e
con munizionamento corrosivo.
L'AK-47 non ha compensatore. Sull'AKM è stato escogitato un sistema per
compensare la tendenza dell'arma a impennare a destra in alto durante il fuoco
automatico: la volata è stata tagliata nella sua parte superiore leggermente
sulla destra. In questo modo i gas di sparo, uscendo, imprimono una spinta
intesa a stabilizzare la direzione del fucile, contrastando l'impennamento.
Volata del fucile d'assalto AKM. Si noti il freno di bocca obliquo a forma di
"salame tagliato"Lo spostamento è determinato dal fatto che il complesso
otturatore-portaotturatore ha una massa molto rilevante ed è asimmetrico: il
suo baricentro è spostato verso destra e quindi tende a spostare l'arma in
questa direzione.
Beretta M12
Descrizione tecnica
Arma automatica con chiusura di tipo blowback in grado di sparare sia a raffica
che a colpo singolo, la Beretta M 12 S è costituita da una carcassa in lamiera
stampata e ripiegata contenente canna, otturatore e congegni di scatto e di
sicura; caratteristica questa che conferisce all'arma particolare solidità e buon
funzionamento negli anni.
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Krav Maga Fesik
Di forma tubolare, la parte superiore di questa struttura presenta due
filettature sulle quali vengono ad avvitarsi due grosse ghiere, entrambe munite
di leva d'arresto. Svitando quella anteriore, che serve di fissaggio alla canna, è
possibile sfilare in avanti la canna e l'otturatore; svitando invece quella
posteriore si può estrarre facilmente la molla di recupero. Come è facile intuire,
lo smontaggio sul campo è in questo modo semplificato al massimo e non
richiede l'aiuto di alcun attrezzo particolare.
In corrispondenza dell'impugnatura posteriore, sul lato sinistro dell'arma,
troviamo il comando del selettore a tre posizioni: S per la sicura manuale, 1 per
il tiro semiautomatico (colpo singolo), R per il tiro automatico (raffica libera).
Da notare che sulla prima versione della M 12 la sicura manuale era separata
dal selettore di tiro. Una seconda sicura è posta invece sulla parte frontale
dell'impugnatura posteriore. Questo congegno automatico blocca l' otturatore
e il grilletto, rendendo impossibile l'armamento o la pressione involontaria del
grilletto se l'arma non viene impugnata correttamente.
Ulteriori differenze tra i due modelli della Beretta riguardano il sistema di mira
(due diottre montate su braccio a "L" tarate per il tiro a 100 e 200 metri e
mirino regolabile in altezza e in direzìone), che nella M 12 S è stato ampliato e
irrobustito notevolmente rispetto al modello originale; il calciolo ripiegabile sul
lato destro dell'arma lungo il castello, più robusto e funzionale in quanto
dotato di due arresti che lo bloccano rigidamente in posizione sia chiusa che
aperta per una maggiore praticità e superiore precisione di tiro: la leva
d'arresto della ghiera posteriore e, come già accennato, il nuovo tipo di finitura
esterna. La M 12 S viene infatti prima fosfatizzata e successivamente verniciata
con resine epossidiche in modo da renderla praticamente inattaccabile dagli
elementi esterni.
La dotazione consigliata dalla casa gardonese prevede due caricatori standard
da 32 colpi (gli altri tre tipi di carìcatori da 20, 30 e 40 colpi non sono più in
produzione), una chiave di regolazione del mirino, una cinghia di canapa per il
trasporto e due attrezzi per il caricamento normale o mediante piastrine di 10
cartucce. L'arma può ricevere una serie di accessori per impieghi speciali quali
visori notturni a intensificazione di luce o designatori laser, impugnaturailluminatore di grande potenza, dotabile anche di filtro infrarosso, che utilizza
l'energia di una batteria ricaricabile sistemata al suo interno, kit per il lancio di
granate lacrimogene e silenziatore il quale necessita tuttavia per il montaggio
dì una canna appositamente modificata.
Beretta 92
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Krav Maga Fesik
Denominazione Caratteristiche
commerciale
meccaniche
modello
del
92 -Standard
azione mista, sicura
manuale sul fusto,
mezza-monta
del
cane
92-S
azione mista, sicura
manuale sul carrello,
mezza monta del
cane
92-SB
azione mista, sicura
manuale sul carrello,
sicura automatica al
percussore, mezzamonta del cane
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Krav Maga Fesik
92-F
azione
mista,
manuale sul carello,
automatica
al
percussore
92-FS
azione mista, sicura
manuale sul carrello,
fuzione di disarmo
del cane
92-G
azione mista, sicura
manuale
assente,
disarmo del cane
92-D
sola doppia azione,
sicura
manuale
assente
92-DS
sola doppia azione,
sicura
manuale
presente
segue - distinzione in base alle dimensioni
Le armi della serie 92 si distinguono in riferimento alle dimensioni come
delineato nella tabella sottostante.
Denominazione Caratteristiche
meccaniche
commerciale
modello
del
Full-size
canna da 125mm,
caricatore bifilare da
15 colpi (calibro
9x19mm)
Compact
canna da 109mm,
caricatore bifilare da
13 colpi (calibro
9x19mm)
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Krav Maga Fesik
Type-M
canna da 109mm,
caricatore
monofilare da 9
colpi (SOLO calibro
9x19mm)
Centurion
canna da 109mm,
caricatore bifilare da
15 colpi (calibro
9x19mm)
Target
canna da 150mm,
caicatore bifilare da
15 colpi (calibro
9x19mm)
segue - distinzione in base ai materiali
Le armi della serie 92 si distinguono in riferimento alla finitura esterna come
delineato nella tabella sottostante.
Finitura
Materiale e finitura
finitura
nera acciaio
(Brunitron)
inossidabile
finitura
inossidabile
(inox)
non
acciaio inossidabile
tipo X30-Cr13
Glock
Costruttore: Glock Ges.m.b.H Web: www.glock.com Tipo: Pistola Safe Action
Modello: G17 Calibro: 9 Parabellum (9x19 mm) Lunghezza canna: 114 mm
Lunghezza totale: 186 mm Peso: 625 g vuota / 905 g carica Capacità caricatore
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17 colpi (standard) / 19-33 colpi (opzionale) Prezzo Previsto: a partire da CHF
900.-
Modello Smith & Wesson
Calibro: 38 Special
Tipologia: Arma Corta a tamburo (revolver)
Sei colpi
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TONFA POLICE
H
A
D
F
E
B
C
G
COMPOSTO DA
CORPO- IMPUGNATURA
MATERIALE:
LEGNO,
POLICARBONATO
PESO DA GR 500 A GR. 600
LUNGHEZZA DA
CM 55 A CM 60
ALLUMINIO,
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A=LATO GRANDE-GRANDE SPALLA
B= LINEA DI TAGLIO
C= PICCOLA SPALLA
D= LATO PICCOLO
E= IMPUGNATURA
F= TESTA IMPUGNATURA
G= PUNTA
H=TALLONE
ORIGINI E UTILIZZO
Alcune fonti cinesi fanno derivare questa arma da una spada ad uncino che fece
la sua comparsa durante l'epoca della dinastia Qin e quella della dinastia Han.
Per il dottor Yang Jwing-Ming essa non è altro che l'evoluzione di una
stampella. Per la tradizione del Kobudo, come avviene per la maggior parte
delle armi che utilizza, il tonfa era in origine uno strumento agricolo, la
manovella per azionare la macina del mulino, che i contadini impararono ad
utilizzare per combattere dopo il decreto che proibiva il possesso di armi.
Questo poteva essere facilmente estratto dalla macina e utilizzato per
difendersi dai colpi, impugnandolo con la parte lunga del corpo (yoka) a
protezione dell'avambraccio. I colpi erano portati con la parte corta del corpo
(in affondo), con la parte terminale opposta (yoko nage) o imprimendo una
rotazione all'arma con un movimento secco del polso.
Il tonfa è da ritenersi un'arma a tutti gli effetti in quanto, se utilizzato senza
l'adeguato addestramento e l'utilizzo di tecniche ad hoc, può infierire
gravissime lesioni, quali traumi o ossa fratturate.
3-ANATOMIA
IL SISTEMA NERVOSO
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Krav Maga Fesik
Il sistema nervoso è un insieme di organi che permettono la coordinazione
della vita psichica, relazionale e vegetativa. Esso è suddiviso in sistema nervoso
centrale e sistema nervoso periferico.
Il Sistema Nervoso Centrale (SNC) è costituito da due parti:
• encefalo
• midollo spinale
Queste due componenti si connettono attraverso il tronco encefalico e sono
protette rispettivamente dalla scatola cranica e dalla colonna vertebrale. Il
cervello e il midollo spinale non entrano direttamente in contatto con queste
strutture ossee, ma sono protetti da tre tipi di membrane: le meningi. Le tre
meningi presentano caratteristiche diverse e vengono chiamate, procedendo
dalla più interna alla più esterna: pia madre (che aderisce alla superficie dei
tessuti), aracnoide (di consistenza spugnosa) e dura madre (la più resistente).
Inoltre il sistema nervoso centrale è ulteriormente protetto da un liquido nel
quale si trova immerso il liquido cerebrospinale.
Il cervello è costituito da cellule nervose e cellule di supporto: rispettivamente, i
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Krav Maga Fesik
neuroni e le cellule gliali. Il cervello contiene circa 100 bilioni di neuroni e pesa
circa 1,3-1,4 Kg. Ogni neurone entra in contatto con altri 50-100.000 neuroni.
Il midollo spinale, che è lungo circa 43-45 cm, presenta due aree distinguibili per
il loro colore: una parte centrale, grigia, a forma di H), contenente il corpo dei
neuroni, ed una parte più esterna, bianca, che deve il suo colore alla presenza di
fibre mielinizzate. Il midollo spinale collega il sistema nervoso centrale al sistema
nervoso periferico. Dal suo interno si irradiano62 nervi spinali che attraversano il
canale vertebrale: 31 a destra e 31 a sinistra, a diverse altezze della spina
dorsale.
Il sistema nervoso periferico è il responsabile della trasmissione al sistema
nervoso centrale delle attività motorie, sensitive e propriocettive (informazioni
relative alla tensione e trazione dei muscoli e dei tendini, nonché alla posizione
e al movimento delle varie parti del corpo). Inoltre, permette il passaggio delle
informazioni tra il sistema nervoso centrale, il corpo e il mondo esterno.
Questo sistema è costituito da due sezioni:
• sistema nervoso autonomo
• sistema nervoso somatico
Il sistema nervoso autonomo agevola la regolazione dell'ambiente interno (il
cuore, i polmoni, l'intestino, ecc). Si tratta di un sistema sempre attivo non
regolato dalla volontà. Solo a volte ci rendiamo conto della sua attività, per
esempio dopo uno spavento, quando sentiamo battere forte il cuore. È
composto da due tipi di nervi: afferenti ed efferenti che rispettivamente
portano informazioni "al" e "dal" sistema nervoso centrale. Il sistema nervoso
autonomo è ulteriormente suddiviso in tre parti:
• sistema nervoso simpatico
• sistema nervoso parasimpatico
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Krav Maga Fesik
• sistema nervoso enterico
Il sistema nervoso simpatico mobilita e organizza le risorse energetiche nei casi
di situazioni di emergenza o pericolo. Questo sistema agisce aumentando la
frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e rallentando i processi digestivi.
Il sistema nervoso parasimpatico è il sistema adibito al risparmio delle energie:
al contrario del sistema simpatico, diminuisce la frequenza cardiaca e la
pressione sanguigna permettendo che abbiano luogo i processi digestivi.
Il sistema nervoso enterico innerva il tratto gastrointestinale, la colecisti e il
pancreas.
Il sistema nervoso somatico media le interazioni con l'ambiente esterno.
Anch'esso è composto da due tipi di nervi: afferenti ed efferenti. I primi
trasferiscono gli stimoli periferici dagli organi di senso (occhi, orecchie, pelle) al
sistema nervoso centrale, i secondi trasmettono gli impulsi provenienti dal
sistema nervoso centrale ai muscoli scheletrici, producendo dei comportamenti
osservabili (per esempio, correre).
Il sistema nervoso somatico e il sistema nervoso autonomo regolano l'attività
dell'organismo attraverso una stretta collaborazione reciproca con il sistema
nervoso centrale. Cerchiamo di capire queste complesse interazioni attraverso
un esempio. Stiamo camminando tranquillamente per la strada ed
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Krav Maga Fesik
improvvisamente un borseggiatore ci intima di consegnargli i nostri averi.
Possiamo percepire questa persona vedendola e ascoltando le sue frasi
intimidatorie. I nostri organi di senso immediatamente trasmettono
l'informazione al sistema nervoso centrale tramite il sistema nervoso somatico.
Il nostro cervello elabora questi stimoli sensoriali e li integra con le nostre
conoscenze pregresse (gli insegnamenti dei nostri genitori, i numerosi film che
abbiamo visto, tutte informazioni che ci inducono a provare paura per quelle
persone che ci minacciano armate).
Il nostro cuore comincia a battere forte, aumenta la nostra pressione
sanguigna: si è attivato il sistema nervoso simpatico, quindi il nostro organismo
è impegnato a fronteggiare l'emergenza. Un'ulteriore valutazione del nostro
stato fisico ci permetterà di scegliere la risposta più adeguata: siamo veloci e
non portati per la lotta? Probabilmente il nostro sistema somatico riceverà
informazioni dal sistema nervoso centrale di darci alla fuga. Tramite i nervi
efferenti queste informazioni arriveranno ai nostri muscoli in un organismo già
preparato all'azione dall'innalzamento del battito cardiaco e della pressione.
Abbiamo una lunga esperienza in arti marziali e difesa personale? Forse allora
la risposta non sarà la fuga ma l'attacco. Ancora una volta i nostri muscoli
riceveranno delle informazioni su come fronteggiare al meglio il pericolo. È
anche possibile che nel frattempo passi la polizia e il nostro borseggiatore
debba vedersela con le forze dell'ordine.
Probabilmente a quel punto le nostre funzioni tenderanno a ritornare nella
norma, il nostro cuore rallenterà il suo battito e sentiremo una sensazione di
sollievo. Non è da escludere che la paura sperimentata con il borseggiatore non
si plachi con la fine dell'avventura. In questi casi il sistema simpatico continua
ad essere attivo e a sovrastare l'azione del sistema parasimpatico. Allora
probabilmente, nel tornare a casa verremo spaventati da qualsiasi rumore
sospetto e probabilmente avremo lo "stomaco chiuso". Con questo esempio
possiamo comprendere quanto intrecciate e delicate siano le funzioni del
nostro sistema nervoso e quanto la sua azione sia strettamente legata alle
emozioni.
APPARATO ENDOCRINO
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L'apparato endocrino o sistema ormonale è rappresentato da un insieme di
ghiandole e cellule (dette ghiandole endocrine e cellule endocrine) le quali
secernono delle sostanze proteiche o lipidiche chiamate ormoni. Il sistema
endocrino gestisce il funzionamento dell'organismo umano o animale in
collaborazione con il sistema nervoso.
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Gli ormoni vengono emessi dal citoplasma delle cellule, dove sono contenuti in
granuli o vescicole, e riversati direttamente nel tessuto circostante e/o nel
torrente circolatorio, da dove raggiungono successivamente gli organi bersaglio
dove esplicano la loro specifica azione. Ogni ormone raggiunge attraverso il
sangue tutti i punti dell'organismo, ma ha poi azione solo sulle cellule dotate di
opportuni recettori. Ad esempio l'ormone insulina rilasciato dalle ghiandole
endocrine del pancreas agisce su recettori cellulari che determinano l'apertura
di canali appositi per l'assorbimento del glucosio, fondamentale nutriente da
cui le cellule ricavano energia, determinando un abbassamento della glicemia.
Un singolo ormone può espletare il suo compito in più sedi e compiti diversi in
sedi differenti, persino compiti opposti come è il caso, ad esempio,
dell'adrenalina, che mentre aumenta il flusso sanguigno ai muscoli scheletrici lo
riduce in corrispondenza del tratto gastrointestinale.
Per l'apparato endocrino non si può parlare di continuità anatomica, ma di
continuità funzionale: se ad esempio il sistema nervoso si dirama in ogni punto
dell'organismo, ma funziona solo fintanto che le informazioni possono essere
condotte di neurone in neurone al sistema nervoso centrale, gli organi
endocrini sono invece localizzati in sedi distanti dal punto in cui servono gli
ormoni prodotti. Il funzionamento del sistema endocrino è caratterizzato da
una complessa regolazione volta a rispondere perfettamente alle esigenze
dell'organismo. La produzione e liberazione di ogni ormone dipende da fattori
stimolanti o inibenti, in alcuni casi rappresentati dalla stessa azione che si vuole
produrre: tornando all'esempio dell'insulina, questa viene prodotta e secreta
nel sangue in quantità proporzionale al valore della glicemia, realizzando la sua
funzione ipoglicemizzante con un meccanismo, molto utilizzato nell'organismo,
che prende il nome di feedback; in altri casi vi è un controllo attraverso il
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sistema nervoso periferico come avviene per la liberazione di adrenalina da
parte delle ghiandole surrenali che è stimolata da un impulso nervoso di tipo
simpatico; in altri casi sono gli ormoni stessi a fungere da fattori di stimolo o di
inibizione, come è il caso di molti ormoni ipofisari che hanno come organo
bersaglio altre ghiandole o cellule endocrine.
L'attività degli ormoni può essere:
• endocrina: gli ormoni vengono rilasciati nel torrente circolatorio per
raggiungere bersagli lontani;
• paracrina: gli ormoni sono rilasciati direttamente nell'organo o nel
tessuto e hanno funzione sulle cellule vicine;
• autocrina: gli ormoni rilasciati hanno azione sulle stesse cellule che li
hanno prodotti e rilasciati (ciò permette di regolare finemente la
produzione ormonale con il meccanismo di feedback).
Spesso si ha una situazione di azione ormonale mista (ad esempio autocrina +
paracrina).
L'assenza di ormoni determina importanti patologie:
• diabete dovuto all'assenza di insulina;
• ipotiroidismo per assenza degli ormoni tiroidei (T3 e T4).
Così come anche l'eccesso:
• ipertiroidismo;
• iperparatiroidismo per eccesso di paratormone, ormone prodotto dalle
paratiroidi.
Il trattamento delle patologie ormonali è a carico dell'endocrinologo ma non
solo, anche altre figure mediche possono esserne interessate, come il
gastroenterologo e l'oncologo (in caso di tumori endocrini).
Fanno parte del sistema endocrino l'ipofisi, la tiroide, le paratiroidi, le
ghiandole surrenali, il pancreas, l'epifisi. Hanno inoltre funzione endocrina
anche altri organi: le ovaie e i testicoli, il miocardio, il rene, il timo, la placenta,
il fegato, la pelle. Un esempio di cellule endocrine non appartenenti a un
sistema ghiandolare è il sistema APUD, costituito da innumerevoli cellule
localizzate in tutto il sistema digerente (è stato calcolato che se fossero
localizzate in un organo esso avrebbe all'incirca le dimensioni di un'arancia) i
cui ormoni mediano funzioni quali l'acidità gastrica, la motilità, lo svuotamento
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della colecisti. Altre cellule endocrine si trovano nei polmoni dove regolano le
secrezioni; se ne trovano anche nella prostata e in altri organi che non sono
endocrini.
Recentemente si è cominciato a parlare di sistema neuroendocrino,
intendendo la stretta relazione tra ormoni e cellule nervose, le quali infatti
grazie alle terminazioni nervose sono in grado di determinare la liberazione di
ormoni, come accade ad esempio nella zona midollare del surrene con la
liberazione di adrenalina e noradrenalina.
Il sistema nervoso e quello endocrino regolano anche la funzione sessuale.
RIASSUMENDO:
Ghiandole e relativi ormoni
GHIANDOLA
ipotalamo
ipofisi
anteriore
noipofisi)
ORMONI SECRETI
FUNZIONI PRINCIPALI
ormone ntidiuretico
(ADH)
promuove il riassorbimento dell’acqua
da parte dei reni e delle ghiandole
sudoripare; restringe il lume dei piccoli
vasi sanguigni arteriosi
ossitocina
nelle femmine stimola la contrazione
dei muscoli uterini durante il parto, la
secrezione del latte e comportamenti
materni; nei maschi provoca
l’eiaculazione
fattori (ormoni) di
liberazione e ormoni
inibitori
i fattori (ormoni) di liberazione
stimolano, quelli inibitori inibiscono, la
secrezione di ormoni da parte
dell’ipofisi anteriore
ormone follicolostimolante (FSH)
nelle femmine stimola lo sviluppo del
follicolo, la (adesecrezione di estrogeni
e forse l’ovulazione; nei maschi
stimola la spermatogenesi
ormone luteinizzante
(LH)
nelle femmine stimola l’ovulazione, lo
sviluppo del corpo uteo e la secrezione
di estrogeni e di progesterone; nei
maschi stimola la secrezione di
testosterone
ormone tireotropo
stimola la secrezione di tiroxina da
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(TSH)
parte della tiroide
stimola la crescita, la sintesi proteica e
ormone della crescita
il metabolismo dei grassi; inibisce il
(somatotropina)
metabolismo del glucosio
tiroide
paratiroidi
ormone
adrenocorticotropo
(ACTH)
stimola la secrezione di ormoni,
specialmente glucocorticoidi, da parte
della corticale delle ghiandole
surrenali
prolattina
stimola la produzione e la secrezione di
latte da parte delle
ghiandole mammarie
tiroxina
fa aumentare il tasso metabolico nella
maggior parte delle cellule corporee, fa
aumentare la temperatura corporea,
regola la crescita e lo sviluppo
calcitonina
inibisce la liberazione del calcio da
parte delle ossa
paratormone
stimola la liberazione del calcio da
parte delle ossa; promuove
l’assorbimento del calcio da parte
dell’intestino;
promuove il riassorbimento del calcio
da parte dei reni
midollare delle
adrenalina e
ghiandole
noradrenalina
surrenali
fanno aumentare i livelli di glucosio e
degli acidi grassi nel sangue; fanno
aumentare il tasso metabolico; fanno
aumentare la frequenza e l’intensità
delle contrazioni cardiache; provocano
una costrizione dei vasi sanguigni
corticale delle
ghiandole
glucocorticoidi
surrenali
fanno aumentare la concentrazione del
glucosio nel sangue; regolano il
metabolismo dei carboidrati e quello
dei grassi; hanno effetti
antinfiammatori
aldosterone
fa aumentare il riassorbimento dei sali
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da parte dei reni
testosterone
provoca la mascolinizzazione dei
caratteri sessuali secondari; favorisce la
crescita
insulina
fa diminuire i livelli del glucosio nel
sangue, aumentandone l’assorbimento
da parte delle cellule e trasformandolo
in glicogeno; regola il metabolismo dei
grassi
glucagone
trasforma il glicogeno in glucosio,
facendo innalzare i livelli di glucosio nel
sangue
estrogeni
provocano la comparsa di caratteri
sessuali secondari nelle femmine e la
maturazione delle cellule uovo;
promuovono lo sviluppo della mucosa
che riveste la cavità dell’utero; hanno
effetti generali sul metabolismo
progesterone
stimola lo sviluppo della mucosa che
riveste la cavità dell’utero e la
formazione della placenta
testicoli
testosterone
stimola lo sviluppo degli organi genitali
e la comparsa di caratteri sessuali
secondari nei maschi; stimola la
spermatogenesi e la crescita; ha effetti
generali sul metabolismo
epifisi
melatonina
regola l’orologio biologico; può
regolare l’inizio della pubertà
pancreas
ovaie
Altri organi che secernono ormoni
tratto
digerente
rene
secretina, gastrina,
controllano la secrezione di muco,
colecistochinina e altri enzimi e sali nel tratto digerente;
ormoni
regolano la peristalsi
renina
agisce sulle proteine del sangue per
produrre un ormone (l’angiotensina)
che regola la pressione sanguigna
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cuore
eritropoietina
attiva una proteina del sangue a
stimolare la sintesi dei globuli rossi nel
midollo osseo
ormone natriuretico
atriale
fa aumentare l’escrezione di sali e
acqua da parte dei reni; fa abbassare la
pressione sanguigna
APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO
L’apparato cardiocircolatorio è costituito da:
• Il cuore: muscolo con la funzione di pompare sangue a tutto l’organismo
• I vasi sanguigni: condotti all’interno dei quali scorre il sangue
• Il sangue
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La principale funzione dell’apparato cardiocircolatorio è quella di trasportare il
sangue e le sostanze in esso contenute (soprattutto ossigeno) a tutte le cellule
del corpo.
Il cuore
Il cuore è un muscolo che si trova in una regione del torace chiamata
mediastino ( il mediastino è quella parte del torace compresa tra i due
polmoni). Si trova quindi nel centro del torace, con il suo apice rivolto verso il
basso e verso sinistra. (NB. Quando impareremo ad eseguire il massaggio
cardiaco le nostre compressioni andranno effettuate sulla linea mediana del
torace, non sulla parte sinistra del torace!!!!!)
Il cuore è diviso in quattro cavità, due atrii e due ventricoli.
La parte del cuore che nel primo soccorso riveste maggiore importanza è il
ventricolo sinistro poiché è quella parte del cuore con il compito di pompare
sangue a tutto l’organismo.
Nel cuore sono presenti anche 4 valvole:
•
•
•
•
La valvola mitralica (o bicuspide)
La valvola tricuspide
La valvola aortica
La valvola polmonare
La valvola mitralica si trova fra l’atrio e il ventricolo sinistro ed ha il compito di
evitare che il sangue, pompato dall’atrio nel ventricolo, non possa refluire di
nuovo in atrio. In sintesi, tutte le valvole cardiache impediscono che il sangue
possa fluire in senso opposto alla normale circolazione,
la valvola tricuspide si trova fra l’atrio e il ventricolo destro.
La valvola aortica si trova fra il ventricolo sinistro e l’arteria aorta.
La valvola polmonare si trova fra il ventricolo destro e l’arteria polmonare.
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I vasi sanguigni
Esistono tre tipi di vasi sanguigni:
• Le arterie: sono i vasi sanguigni che trasportano il sangue dal cuore alla
periferia dell’organismo.
• I capillari: sono piccolissimi vasi all’interno dei quali avviene lo scambio
cellulare fra ossigeno(O2) e anidride carbonica (CO2). (vedi figura)
• Le vene: trasportano il sangue che dalla periferia ritorna al cuore.
Le arterie
Come detto in precedenza, sono i vasi che trasportano il sangue dal cuore alla
periferia. Dal ventricolo sinistro parte l’arteria aorta, la più grande di tutto il
corpo. L’aorta si divide in moltissime arterie più piccole che portano il sangue a
tutti gli organi del corpo. È impossibile ricordarsi il nome di tutte le arteria ma
vorrei che vi ricordaste delle principali:
• Carotidi: sono le arterie che scorrono nel collo e portano il sangue al
cervello!!! Essendo molto superficiali e vicine al cuore sono le più adatte
per verificare la presenza del circolo
• Coronarie:sono le arterie che portano sangue ( e quindi ossigeno) alle
cellule del cuore
• Radiale: è l’arteria che scorre lungo l’avambraccio e di cui possiamo
apprezzare il polso più facilmente.
• Femorale: è l’arteria che trasporta il sangue agli arti inferiori. Essendo
un’arteria molto grande, in caso di lesione può causare emorragie molto
gravi, anche mortali.
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I capillari
Le arterie terminano in vasi piccolissimi, chiamati capillari.
In questi vasi i globuli rossi (le cellule del sangue deputate al trasporto di
ossigeno) cedono il loro contenuto di ossigeno alle cellule dell’organismo e
acquistano l’anidiride carbonica prodotta dalle cellule.
Nei capillari polmonari avviene il fenomeno inverso: i globuli rossi acquistano
l’ossigeno presente negli alveoli polmonari e si liberano dell’anidiride
carbonica.
Possiamo quindi dire che mentre le arterie e le vene sono vasi “di trasporto”, i
capillari sono vasi “di scambio”.
Le vene
Sono i vasi sanguigni che trasportano il sangue dalla periferia dell’organismo al
cuore. Tutte le vene della parte superiore dell’organismo confluiscono nella
vena cava superiore. Le vene della parte inferiore dell’organismo confluiscono
nella vena cava inferiore. Vena cava superiore e inferiore terminano entrambe
nell’atrio destro.
IL SANGUE
Il sangue è il liquido che circola all’interno del nostro corpo.
È composto da una parte liquida e da una parte solida (costituita da cellule)
come riportato nello schema qui sotto.
PARTE LIQUIDA DEL SANGUE
È costituita dal plasma, un liquido di colore chiaro, all’interno del quale sono
presenti numerose sostanza fondamentali per il nostro organismo, per esempio
il glucosio, i sali minerali, le proteine. Possiamo immaginare il plasma come un
fiume all’interno del quale, oltre alle sostanze appena viste, galleggiano le
cellule del sangue.
PARTE SOLIDA (O CORPUSCOLATA) DEL SANGUE
È costituita da 3 tipi fondamentali di cellule:
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• GLOBULI ROSSI o ERITROCITI: sono le cellule che hanno il fondamentale
compito di trasportare l’ossigeno (O2) alle cellule dell’organismo e di
rimuovere l’anidride carbonica (CO2). Questo è possibile grazie alla
presenza, all’interno del globulo rosso, di una proteina
chiamata emoglobina che è in grado di legare l’ossigeno e l’anidride
carbonica.
• GLOBULI BIANCHI o LEUCOCITI: sono le cellule adibite alla difesa del
nostro corpo. Attraverso dei meccanismi molto complessi distruggono i
microrganismi potenzialmente dannosi.
• PIASTRINE o TROMBOCITI: queste cellule hanno il compito di riparare i
danni dei vasi sanguigni attraverso un processo chiamato coagulazione.
Più semplicemente, quando si crea una apertura in un vaso sanguigno,
esse hanno il compito di “tappare” questa apertura.
Dopo aver spiegato la composizione del sangue vediamo ora quali sono le sue
funzioni:
Trasporto di ossigeno e anidride carbonica: trasporta ossigeno dagli alveoli
polmonari alle cellule e anidride carbonica dalle cellule agli alveoli polmonari
Trasporto sostanze nutritive: fra le quali il glucosio, proteine, grassi, sali
minerali ecc…
Difesa dell’organismo: azione svolta dai globuli bianchi
Trasporto del calore: il calore corporeo è trasportato a tutte le parti
dell’organismo dal sangue.
Il corpo umano contiene circa 5 litri di sangue.
FISIOLOGIA DELL’APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO
Vediamo ora come funziona l’apparato cardiocircolatorio.
Abbiamo detto che il cuore è un muscolo che si contrae per spingere il sangue
in esso contenuto nei vasi sanguigni. La contrazione del cuore prende il nome di
sistole.
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Durante la sistole il sangue contenuto nelle cavità del cuore viene espulso. Alla
sistole segue la fase di rilassamento o di diastole. Durante la diastole le cavità
del cuore si riempiono di nuovo di sangue, pronto per essere espulso alla
sistole successiva.
Gli atri ed i ventricoli però non si contraggono contemporaneamente: quando
inizia la sistole dei ventricoli gli atri iniziano la loro fase di diastole. Quando si
contraggono gli atrii saranno i ventricoli a rilasciarsi. Durante la sistole degli
atri il sangue in esso contenuto viene spinto nei ventricoli che quindi si
riempiono di sangue. Alla successiva sistole ventricolare il sangue dal ventricolo
verrà spinto nei vasi sanguigni.
Vediamo ora come avviene la circolazione del sangue.
La Grande circolazione inizia dal ventricolo sinistro che spinge il sangue
(ossigenato) nell’aorta. L’aorta si suddivide in numerose arterie di calibro
minore le quali, a loro volta, si assottigliano ulteriormente fino a costituire i
capillari. Nei capillari il sangue cede l’ossigeno (O2) trasportato dai globuli rossi
alle cellule e si carica dei prodotti di rifiuto delle cellule stesse, in particolare di
un gas chiamato anidride carbonica (CO2). Dai capillari, attraverso le vene, il
sangue (ora povero di ossigeno e ricco di anidride carbonica) ritorna al cuore e
precisamente all’atrio di destra.
la piccola circolazione parte dal ventricolo destro che spinge il sangue
nell’arteria polmonare. L’arteria polmonare si divide in due arterie che portano
il sangue ad entrambi i polmoni. Nei capillari polmonari, che avvolgono a mo di
rete gli alveoli polmonari, avviene lo scambio inverso: i globuli rossi si liberano
dell’anidride carbonica e acquistano un nuovo carico di ossigeno. Dai polmoni il
sangue ritorna al cuore, all’atrio sinistro, attraverso le vene polmonari.
Riassumendo:
GRANDE CIRCOLAZIONE (o sistemica)
Ventricolo sinistro (sangue ricco di ossigeno)----- aorta-------- arterie
capillari (sangue ora ricco di anidride carbonica)----- vene------atrio destro
PICCOLA CIRCOLAZIONE (o polmonare)
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Ventricolo destro (sangue ricco di CO2)-----arteria polmonare-------capillari
polmonari (sangue ora ricco di O2)-------vene polmonari--------atrio sinistro
NB: il sangue ricco di ossigeno viene anche denominato arterioso. Il sangue
arterioso è di un tipico colore rosso vivo. Esiste però una eccezione: l’arteria
polmonare contiene sangue ricco di anidride carbonica.
Il sangue non ossigenato e ricco di anidride carbonica è bluastro e viene
chiamato venoso. Anche in questo caso le vene polmonari, le quali trasportano
sangue ricco di ossigeno, costituiscono una eccezione.
SISTEMA LINFATICO
Il sistema linfatico comprende una rete fittissima di canali, i vasi linfatici, e una
serie di organi a forma di fagiolo, i linfonodi, intercalati lungo il decorso dei vasi
linfatici, che svolgono un ruolo molto importante nella elaborazione della
risposta immunitaria in grado di intrappolare e distruggere i batteri eteroiloghi
= estranei, come quelli dei vaccini ad esempio, e le cellule malate portati con la
linfa.
La qualità della linfa deriva dalla qualità del sangue, il sangue dal fegato ed il
fegato dal cibo.
La responsabile del benessere cellulare è la linfa, cioè il fluido extra-cellulare
che avvolge in costante bagno ogni singola cellula, il fluido che è diretta
derivazione e continuazione della corrente sanguigna. La qualità di questo
fluido dipende ovviamente dalla qualità del sangue. E la qualità del sangue
dipende dalla qualità della dieta e dall’efficienza del fegato.
Il fegato non solo deve rifornire il sangue di nutrienti appropriati e di tanta
vitamina C naturale, ma deve nel contempo mantenere il sangue libero da ogni
toxiemia (intossicazioni) e da ogni veleno tossico.
Le varie diete, che escono dallo schema tendenzialmente Crudista, sono degli
autentici attentati alla salute umana.
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L'apparato linfatico può essere definito come parte specializzata del sistema
circolatorio. È costituito anch'esso da un liquido (la linfa) che circola in un
circuito di vasi (linfatici), simili alle vene e con valvole a nido di rondine, e che al
termine del suo percorso viene riversato nel sangue attraverso la vena cava
superiore.
La circolazione della linfa differisce dalla circolazione sanguigna in quanto i vasi
linfatici non formano un circuito chiuso, ma un sistema a senso unico che inizia
a fondo cieco dagli spazi intercellulari dei tessuti di molti organi del corpo. Per
questo motivo la composizione chimica della linfa varia a seconda dei tessuti e
degli organi in cui si trova (per esempio la linfa che si forma durante la
digestione contiene un ricco contenuto di sostanze grasse, differenziandosi
quindi dalla linfa che si forma a digiuno). Generalmente ha una composizione
simile a quella del plasma sanguigno, con la presenza di globuli bianchi. In
effetti la linfa si forma a livello dei capillari arteriosi, dalle cui pareti trasuda il
plasma per effetto della pressione arteriosa e si diffonde nei piccoli spazi fra le
cellule. In questo liquido interno avvengono gli scambi di cessione delle
sostanze nutritive e la raccolta di quelle di rifiuto che raggiungeranno la
circolazione sanguigna in due modi:
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una parte viene riassorbita dai capillari venosi per effetto della pressione
osmotica proteica (proteine all'interno dei capillari) e rientra quindi nel
torrente circolatorio sanguigno.
Un'altra parte viene raccolta invece dai capillari linfatici le cui estremità a fondo
cieco assorbono il liquido direttamente negli spazi interstiziali esistenti fra i
capillari sanguigni e le cellule. Da una fitta rete di capillari linfatici, la linfa
passerà attraverso vasi di calibro maggiore e transiterà lungo il suo percorso nei
gangli linfatici (ghiandole linfatiche) nei quali verrà filtrata e purificata da germi
patogeni e altre particelle di rifiuto.
Nella parte sinistra del corpo, i vasi linfatici confluiscono in una dilatazione
chiamata cisterna del chilo (o di Pequet) dalla quale prende origine un grande
vaso linfatico, il dotto toracico, che sfocia nella vena succlavia sinistra.
Nella parte destra del corpo la linfa viene invece raccolta dal grande dotto
linfatico che sfocia nella vena succlavia destra.
Dimensioni del linfonodo
Normalmente grande quanto un pisello, le dimensioni variano da 1-25 mm e
sono relativamente più cospicue alla nascita e si riducono in età inoltrata; si
modificano in condizioni fisiologiche e , in grado elevato, in situazioni
patologiche.
Numero
Molto variabile; più elevato nei primi anni di vita rispetto all’età avanzata (a
causa di una involuzione adiposa).
Esiste tuttavia una costanza e simmetria nella distribuzione spaziale dei
linfonodi.
Riportiamo una media dei numeri descritti da diversi Autori.
•
•
•
•
Testa n. 64
Collo n. 92
Torace n. 166
Addome n. 248
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• Pelvi n 70
• Arto superiore n 80
• Arto inferiore n 42
Consistenza
Di norma duro-elastica.
Sede
Ubiquitaria. Sottocutanea, nello strato profondo; immediatamente sottostante
alle fasce muscolari o nel tessuto di sostegno interposto tra i muscoli; in tutte le
cavità corporee in rapporto con i tronchi vascolari;
addossati alla colonna vertebrale; alla periferia degli organi o
intraparenchimali.
Possono essere isolati o raccolti a gruppi.In talune regioni i linfonodi possono
mancare, e in altre sedi sono costanti, potendo presentare, al più, differenze
volumetriche o numeriche.
Funzione del sistema Linfatico:
• Trasporto e difesa, sorveglianza immunologica: purificazione della linfa,
produzione e circolazione dei linfociti.
• Mantenimento dell'ambiente idrico interno e drenaggio di liquidi
eccedenti nei tessuti
Linfa
Trasporto e scambio di sostanze nutritive e di rifiuto, trasporto di leucociti nei
vasi (capillari) linfatici
Nodo linfatico
Filtrazione e purificazione da particelle di rifiuto e agenti infettivi, eliminazione
di microrganismi patogeni e cellule maligne. Produzione di linfociti e sede dello
stadio finale di maturazione di alcuni lifonciti e monociti.
Le ghiandole linfatiche sono presenti in diverse aree del corpo, abbondanti
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soprattutto nel collo (gruppo sottomascellare e gruppo cervicale superficiale) e
ascelle (gruppo ascellare). Gruppo inguinale è attraversato dalla linfa
proveniente dagli arti inferiori e dai genitali esterni. Presenza importante nella
zona dell'intestino e del torace.
Funzione dei linfonodi e applicazioni cliniche.
La linfa penetra nel linfonodo per mezzo dei vasi linfatici afferenti e ne
fuoriesce dopo una processazione da parte delle cellule contenute nel
linfonodo. Ciò accade perché i linfonodi contengono cellule chiamate linfociti e
macrofagi, che funzionano da vere stazioni di controllo nei confronti delle
cellule tumorali maligne e dei microrganismi patogeni.
Un segnale che c’è stato una attivazione di questo sistema difensivo è
rappresentato da un ingrossamento dei linfonodi, che se hanno sede
superficiale possono rendersi palpabili ed evidenziabili all’esame clinico per
molteplici cause : più frequentemente infiammatorie, malattie immunologiche
o endocrine, sarcoidosi e tumori.
Le cause che determinano linfoadenopatie sono sostanzialmente quelle
infiammatorie acute e croniche (i linfonodi sono dolenti e dolorabili e
riprendono le dimensioni originarie dopo le terapie e soprattutto alla
guarigione in tempi molto variabili).
I linfonodi più frequentemente palpabili sono quelli del collo per ragioni
infiammatorie di pertinenza odontoiatrica o otorinolaringoiatria.
Essendo quindi l'apparato linfatico parte attiva del sistema immunitario, segue
una breve descrizione di alcuni punti chiave dell'immunologia coinvolti nella
reazione dei linfociti e nella loro capacità di neutralizzare batteri, virus,
sostanze chimiche estranee e cellule maligne:
- Antigene: sono macromolecole che inducono il sistema immunitario a
produrre anticorpi. Si tratta di solito o di una proteina di rivestimento di cellule
o di microrganismi o di una sostanza chimica che i linfociti riconoscono come
estranea al corpo e che scatena la loro reazione.
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- Anticorpo: i linfociti reagendo producono delle sostanze (proteine) che si
legano all'antigene, creando così un blocco in grado di disattivare e distruggere
il microrganismo estraneo (virus, batteri, etc.). La produzione di anticorpi
avviene per tentativi e una volta trovata la composizione risolutiva, i linfociti ne
conservano la "memoria" (sia dell'anticorpo prodotto, sia dell'antigene contro il
quale hanno reagito). La memoria secondo i casi può durare mesi, anni o per
tutta la vita.
APPARATO RESPIRATORIO
È l'insieme di organi che consente lo scambio di gas tra il sangue e l'ambiente
esterno, in particolare l'introduzione di ossigeno, indispensabile per il
metabolismo aerobio, e l'eliminazione di anidride carbonica, residuo di molte
reazioni chimiche.
L'apparato consta di un complesso di canali che permettono il passaggio di
aria; di cavità (nasali e paranasali) in cui l'aria proveniente dall'esterno viene
parzialmente riscaldata e depurata del pulviscolo; di organi parenchimatosi (i
polmoni) all'interno dei quali si verificano gli scambi veri e propri tra gas
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contenuti nel sangue e gas contenuti nell'aria inspirata. Nell'espirazione, la
laringe può modulare la colonna aerea in transito, consentendo l'emissione di
suoni, in connessione con l'apparato fonatorio.
Vie aeree
Le cavità nasali: il naso ha una parte scheletrica, la piramide nasale, sostenuta
da ossa del massiccio facciale (mascellari, nasali), da alcune cartilagini e da
fascetti muscolari dei muscoli pellicciai, o mimici. L'aria entra nelle vie aeree (o
vie respiratorie) attraverso le narici, attraversa quindi i vestiboli per accedere
alle fosse nasali. I vestiboli sono rivestiti di cute e possiedono robusti peli,
piuttosto lunghi, detti vibrisse. Le fosse nasali, divise dal setto nasale, si
trovano nello spessore dei mascellari e hanno una parete laterale anfrattuosa
per la presenza dei turbinati o cornetti, i quali mettono in comunicazione la
colonna aerea con le cavità, o seni paranasali, che si trovano nello spessore di
ossa limitrofe (frontale, mascellare, sfenoide). Le pareti delle fosse nasali sono
rivestite da mucosa di tipo respiratorio, fornita cioè di un epitelio vibratile, con
ciglia e ghiandole secernenti muco.
La faringe: dalle fosse nasali, l'aria passa in faringe, canale in comune fra gli
apparati respiratorio e digerente. Al termine della faringe si trovano infatti la
laringe, anteriormente, e l'esofago, posteriormente. Durante la deglutizione il
transito alla laringe è impedito dall'epiglottide.
La laringe è sostenuta da un'impalcatura fibrocartilaginea, cui concorrono le
cartilagini tiroidea, cricoidea, aritenoidee e corniculate; è poi ancorata all'osso
ioide da un insieme di membrane fibroelastiche. La laringe ha una notevole
muscolatura (intrinseca ed estrinseca), con una possibilità di movimenti
reciproci estremamente sofisticata, tanto da aver consentito alla specie umana
l'acquisizione della parola. Essa è tappezzata di mucosa respiratoria, che a
livello della cartilagine tiroidea si solleva in due pliche per ogni lato: la coppia
superiore è quella delle corde vocali false, semplici recessi; quella inferiore è
formata dalle corde vocali vere.
Tra le corde vocali vere si apre la glottide, che è il punto più stretto delle vie
aeree superiori.
La trachea e i bronchi principali: dalla cartilagine cricoidea si diparte la
trachea, organo posto davanti all'esofago e costituito da una serie di anelli
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fibrocartilaginei incompleti sul versante posteriore, e tenuti insieme da una
tunica fibrosa. All'altezza della quarta o quinta vertebra toracica la trachea si
biforca e dà origine ai due bronchi principali, i quali ne conservano la struttura
e ne condividono il rivestimento, che consiste in mucosa di tipo respiratorio,
con epitelio di rivestimento ciliato e numerose ghiandole mucose e sierose.
I bronchi lobari: dopo essere penetrati nel polmone, i bronchi principali si
dividono ben presto nei bronchi lobari. Queste ramificazioni successive, che
formano il cosiddetto albero bronchiale, si distribuiscono a tutto il parenchima
polmonare; fino ai lobuli polmonari si conserva la struttura ad anelli
fibrocartilaginei incompleti e ciò consente a questi "canali" di non chiudersi.
Polmoni
Sono due organi parenchimatosi, contenuti nella cavità toracica, divisi da uno
spazio, il mediastino, che ospita esofago, trachea e cuore. La base di ciascun
polmone appoggia sul diaframma; la faccia ricurva laterale entra in rapporto
con le coste; la faccia centrale è appunto in rapporto col mediastino, e su di
essa si trova l'ilo polmonare, ossia il punto di ingresso dei vasi e dei bronchi
principali. Il polmone destro è più grande del sinistro: infatti a sinistra la cavità
toracica ospita anche il cuore. Il polmone destro è distinto in tre lobi, quello
sinistro in due, più una lingula polmonare. I lobi sono separati da fenditure,
dette scissure.
I polmoni dopo la nascita possiedono un elevato contenuto di aria, tanto da
galleggiare sull'acqua. L'aria è contenuta negli alveoli, piccolissimi spazi
delimitati da sottili lamine di epitelio, nel cui interstizio corrono i vasi capillari
che si dipartono dalle ultime diramazioni delle arterie polmonari. Negli alveoli
l'aria respirata è separata dal sangue solo dallo spessore delle pareti capillari e
delle cellule dell'epitelio polmonare, cosa che facilita gli scambi gassosi tra i due
compartimenti. L'insieme a fondo cieco formato da un condotto alveolare e un
grappolo di alveoli viene detto acino polmonare.
Il polmone non è irrorato solo dalle arterie polmonari che portano sangue
venoso per permettere gli scambi propri dell'ematosi, bensì anche dalle arterie
bronchiali che derivano dall'aorta toracica e trasportano sangue arterioso.
La pleura è una membrana sierosa, che avvolge ciascun polmone ed è formata
da due foglietti: uno viscerale, che riveste il polmone in ogni suo lobo, e uno
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parietale, che riveste invece la parete interna della gabbia toracica. La cavità
virtuale (cavità pleurica) compresa fra i due foglietti contiene un liquido che
facilita lo scorrimento del polmone nel corso della respirazione.
Meccanica respiratoria
La respirazione è una successione di atti respiratori, ciascuno dei quali è
costituito da una inspirazione seguita da una espirazione, che il corpo esegue
grazie all'azione dei muscoli intercostali e del diaframma.
1)Durante l'inspirazione l'aria ricca di ossigeno entra attivamente nei polmoni
grazie ad un movimento di espansione della cassa toracica, che aumenta di
volume. A questo scopo il diaframma, che in posizione di riposo è a forma di
cupola, si appiattisce e contemporaneamente i muscoli intercostali si
contraggono e spingono in alto e in fuori la cassa toracica. Insieme a questa si
espandono anche i polmoni. Più intensa è l'azione dei muscoli intercostali più
aria entra nei polmoni.
2)L'espirazione, durante la quale l'aria povera d'ossigeno viene espulsa
passivamente, avviene quando i muscoli e il diaframma, che hanno provocato
l'inspirazione, si rilasciano. Ciò determina una costrizione della gabbia toracica
e una contrazione dei polmoni che, essendo molto elastici, espellono l'aria.
L'aria espirata contiene ancora una certa quantità di ossigeno.
Fig.1 - Schema dei movimenti dell'atto respiratorio
Il ritmo della respirazione è automatico, ma i muscoli coinvolti sono volontari e
ogni loro contrazione è stimolata da impulsi nervosi. Questi impulsi si originano
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nel "centro respiratorio" presente nel midollo allungato. Il centro respiratorio è
diviso in due parti addette rispettivamente all'inspirazione e all'espirazione.
Il centro inspiratorio attiva i muscoli intercostali fino a che esso non viene
inibito dai recettori di distensione presenti nei polmoni. A questo punto
interviene il centro espiratorio, posto più in profondità, che rende possibile
l'espirazione. Inoltre, il midollo allungato contiene neuroni recettori che
controllano la concentrazione dell'anidride carbonica nel sangue. Un livello
elevato di CO2 segnala un aumento dell'attività cellulare e quindi un maggior
fabbisogno di ossigeno. I recettori perciò reagiscono immediatamente
ordinando un'intensificazione del ritmo e della profondità del respiro. Questi
recettori sono molto sensibili: lo 0.3% in più di anidride carbonica comporta un
raddoppio delle inspirazioni e quindi di conseguenza delle espirazioni.
La frequenza respiratoria, dunque, è determinata soprattutto dalla quantità di
anidride carbonica che è necessario espellere dall'organismo.
APPARATO MUSCOLARE
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È formato di tessuto muscolare capace di contrarsi determinando il movimento
intrinseco di alcuni organi o lo spostamento di arti e in genere la locomozione.
Tale proprietà è dovuta a strutture proprie del tessuto muscolare, sia
morfologiche sia chimiche. Si distinguono tre tipi di tessuto muscolare (liscio,
striato,cardiaco), aventi in comune la caratteristica di possedere cellule più o
meno allungate, contrattili ed elastiche dette fibre muscolari.
Il tessuto muscolare liscio è presente nei muscoli involontari, quello striato nei
muscoli volontari, il tessuto muscolare cardiaco fa eccezione essendo striato e
involontario.
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I muscoli sono più di 600 e costituiscono circa il 40% del nostro peso corporeo;
dai grandi muscoli della spalla o delle gambe fino ai piccoli muscoli situati nelle
orbite oculari, che fanno muovere l'occhio, tutti contribuiscono a dare al corpo
una straordinaria capacità di movimento. Possiedono la capacità di contrarsi e
rilasciarsi successivamente.
I muscoli sono connessi alle ossa mediante robuste formazioni di tessuto
fibroso, i tendini, che si accorciano quando il muscolo si contrae, determinando
l'avvicinamento delle due ossa su cui sono inseriti e di conseguenza il
movimento.
Essi si possono suddividere in muscoli profondi, quando sono connessi solo a
ossa, e muscoli pellicciai quando uno dei punti di attacco è la cute. Questi ultimi
sono i muscoli della faccia o mimici in quanto la loro contrazione modifica
l'atteggiamento della cute del volto dando luogo alle espressioni mimiche.
Esistono 3 tipi di fibre muscolari:
• le fibre muscolari striate;
• le fibre lisce;
• le fibre miocardiche.
Tutte
hanno
però
le
stesse
proprietà
fondamentali:
l'eccitabilità, la conducibilità, la contrattilità, l'elasticità e la viscosità.
Ogni tipo di fibra presenta caratteristiche diverse. La differenza tra i muscoli
striati, scheletrici, somatici o volontari e i muscoli lisci, viscerali o involontari,
riguarda sia la morfologia del muscolo sia la loro funzione.
Al microscopio si rileva che il muscolo, sia il liscio che lo striato, sono costituiti
da tante unità di fibre, ognuna delle quali consta di fibrille più piccole, dette
miofibrille, immerse in una sostanza citoplasmatica, detta sarcoplasma.
Le fibre sono riunite in fasci e sono rivestite da una sottile membrana
semipermeabile.
Le miofibrille delle fibre muscolari lisce sono apparentemente omogenee,
mentre quelle dei muscoli striati presentano alternativamente zone distinte di
rifrangenza, dovuta alla particolare disposizione di due principali componenti
della miofibrilla: l'actina e la miosina.
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Nelle miofibrille di una stessa fibra muscolare le bande chiare e scure si
corrispondono, il che conferisce alla cellula un aspetto caratteristico, di
striatura trasversale.
Oltre che per queste differenze strutturali i muscoli lisci e striati differiscono
per la loro origine, funzione e distribuzione nell'organismo.
I muscoli striati sono in relazione col sistema osseo e intervengono nel
movimento dell'organismo: essi sono chiamati muscoli volontari; mentre i
muscoli lisci provvedono alle attività motorie degli organi interni costituendo le
pareti di vasi sanguigni, intestino, utero ecc. e sono chiamati involontari. In
oltre la muscolatura striata è la più altamente specializzata e si caratterizza per
contrazioni rapide e potenti di singole fibre, mentre la muscolatura liscia, meno
specializzata, a contrazioni ritmiche e rilasciamento lento.
Ogni muscolo contiene del tessuto fibroso bianco, o collagene. Quando questo
tessuto collageno non è mescolato a fibre muscolari dà origine al tendine.
I tendini possono trovarsi a una o a entrambe le estremità del muscolo o anche
nella sua parte intermedia e possono prendere la forma nastriforme, cilindrica,
triangolare, piatta e laminare.
I muscoli sono inseriti sulle ossa quasi esclusivamente tramite i tendini. I
tendini del muscolo non prendono parte alla sua contrazione e al suo
rilasciamento; essi servono a trasmettere la trazione del muscolo che si contrae
e, per la loro moderata elasticità rendono fluido un movimento che altrimenti
sarebbe a scatti. I tendini sono circondati da un tessuto connettivale lasso, che
costituisce una guaina fibrosa esterna con funzione di fissatrice, e hanno una
guaina tendinea sinoviale interna con funzione di facilitatrice del movimento.
COMPOSIZIONE DEI MUSCOLI
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I nostri muscoli sono formati da tre tipi di fibre che forniscono tre tipi di tetano,
cioè di contrazioni muscolari.
Le FIBRE ROSSE o LENTE utilizzano come fonte di energia principale i lipidi,
sono allenabili ed ipertrofizzabili (aumento del diametro e delle loro proteine
contrattili) e presentano un tipo di contrazione isometrico-statico necessario
negli sport di forza statici come il body building.
Le FIBRE ROSSE o LENTE sono ricche di mitocondri, dove avviene la
degradazione ossidativa dei glucidi e di mioglobina, utilizzano principalmente
glucidi come fonte di energia in fase aerobica. E’ del tipo isometrico-dinamico
la loro contrazione, ad esempio nella frenata di deposito al suolo di un peso ed
è impiegata negli sport di resistenza come il ciclismo, il triathlon.
Le FIBRE BIANCHE o RAPIDE sono impostate sul metabolismo aerobico,
utilizzando glicogeno con formazione di acido lattico, nono sono ipertrofizzabili
e presentano la cosiddetta contrazione isotonica tipica degli sport intensivi, di
scatto come i velocisti e i tennisti.
Possiamo dire, quindi, che non tutte le fibre di cui i muscoli sono dotati
funzionano allo stesso modo né utilizzano gli stessi materiali energetici di
partenza.
Ogni fibra muscolare è formata da sotto unità chiamate miofibrille (vedi
figura).La sostanza liquida contenuta tra le miofibrille, detta sarcoplasma, ha la
composizione del normale liquido intercellulare, con vari sali ed in particolare
potassio; sono presenti in soluzioni gli enzimi ed i coenzimi necessari per la
degradazione anaerobica dei glucidi.
Attività fisica ed aminoacida. Correttamente programmato, l’esercizio fisico
svolge un’azione anabolizzante ideale, stimolando le ghiandole endocrine senza
alcun pericolo, se non quello del sovrallenamento. Bisognerà definire un
allenamento adeguato adatto ad ogni singolo caso e che preveda periodi
sufficienti di riposo in funzione delle capacità individuali di recupero. Gli
aminoacidi somministrati contemporaneamente a vitamine e minerali hanno
un’azione sinergica positiva: l’organismo è tarato per funzionare ad un livello
superiore. Alcuni aminoacidi provocano un aumento importante di secrezione
di GH, vantaggio notevole se si vuole aumentare di volume e forza, senza
ingrassare. Alcune sostanze hanno azioni vitaminiche utili e facilitano la
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digestione, la produzione di energia, il recupero e la rigenerazione
intercellulare. E’ il caso di enzimi e coenzimi.
Si sa che i muscoli consumano anche aminoacidi secondo la dieta e dell'età e
dell’esecizio fisico.
Gli aminoacidi non sono accumulabili come riserva e sono sottoposti ad un
processo continuo di sostituzione. Esistono perdite di aminoacidi soprattutto di
8, definiti essenziali che devono essere introdotti dall’alimentazione.
L’esercizio fisico ha un ruolo anabolizzante fondamentale. Senza esercizio i
muscoli si atrofizzano.
L’esercizio produce una ritenzione azotata e un livello elevato di assunzione
aminoacidica aumenta ugualmente il potenziale di sintesi. Lo stato
neuroendocrino è modificato dall’entità di aminoacidi assunti e dall’intensità
dell’esercizio.
Ricordiamo che l’ormone della crescita (GH) è prodotto della parte anteriore
dell’ipofisi. Esso agisce sostanzialmente sulla sintesi proteica delle ossa e dei
muscoli. Aiuta a distruggere le riserve di grasso e a costruire il muscolo.
Classificazione dei muscoli secondo l’attività funzionale
Si possono dividere in 3 gruppi:
• Il muscolo agonista è quello che si contrae concentricamente per
ottenere un determinato movimento articolare; se più muscoli agonisti si
contraggono contemporaneamente si definiscono sinergici;
• Il muscolo antagonista è quello che fa compiere il movimento opposto a
quello desiderato e che si rilassa, o più spesso si contrae
eccentricamente, durante il movimento stesso;
• Il muscolo stabilizzatore è quello che si contrae isometricamente per
mantenere stabile la parte del corpo verso la quale avviene il
movimento.
Classificazione e caratteristiche delle contrazioni muscolari
Si possono dividere in: contrazioni isotoniche, isometriche, isocinetiche,
auxotoniche, pliometriche:
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Isometriche, sono denominate isometriche le contrazioni che non prevedono
variazione di lunghezza nel muscolo. Dove per variazione di lunghezza del
muscolo intendiamo una variazione nel braccio di leva poiché, di fatto, le fibre
muscolari subiscono un accorciamento.
Ad esempio esercitando una forza contro una resistenza inamovibile, o
mantenendo per un certo periodo di tempo una posizione sotto la spinta di un
carico (non necessariamente inamovibile o massimale). In questo caso l'unico
parametro incrementale sarà la forza espressa dal muscolo, senza variazione di
lunghezza. Tale tipo di lavoro ha la peculiarità di incrementare notevolmente,
ed in maniera rapida, la forza del soggetto.
Isotoniche, sono così definite le contrazioni che tendono a sollecitare il
muscolo con una resistenza costante lungo tutta l'escursione articolare. Il grado
di tensione muscolare dovrebbe restare invariato per tutta la durata del
movimento che prevede una fase concentrica ed una eccentrica. In realtà le
contrazioni isotoniche pure sono ottenibili con grande difficoltà e su macchine
appositamente strutturate.
Concentriche, le contrazioni concentriche hanno luogo durante un'azione
muscolare di tipo superante. Ovvero quando la forza esercitata da un muscolo
è in grado di vincere una determinata resistenza. In questo caso assistiamo
all'accorciamento del muscolo e all'avvicinamento dei capi articolari interessati
(es. flessione dell'avambraccio sul braccio). La fase concentrica è anche detta
positiva.
Eccentriche, sono tipiche della fase negativa di un movimento, quando il
muscolo tende ad allungarsi e i capi articolari ad allontanarsi. Caratterizza i
movimenti cedenti, quando si asseconda la resistenza esercitata dall'esterno ed
il muscolo agisce rallentando il movimento.
Isocinetiche, analogamente a quanto avviene per le contrazioni isotoniche,
dove il parametro resistenza è costante, in quelle isocinetiche diviene costante
il parametro tempo, ossia la velocità di spostamento della resistenza sarà
costante, e con sforzo massimale, per l'intera escursione. Naturalmente
l'applicazione pratica richiede delle apposite macchine.
Auxotoniche, sono quelle tipiche di movimenti in cui, la resistenza da vincere,
aumenta progressivamente con lo sviluppo del movimento. Ad esempio
nell'allenamento con gli elastici.
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Pliometriche, contrazioni esplosive che sfruttano l'energia elastica accumulata
in una fase eccentrica con prestiramento, per esprimerla in una fase
concentrica (es. salto dai gradoni, calcio ad un pallone ecc.). In altri termini, in
questo tipo di contrazione, alla forza esprimibile dalla contrazione del muscolo,
viene sommata l'energia accumulata nella fase di prestiramento.
CLASSIFICAZIONE DELLE DIREZIONI DI MOVIMENTO
Innanzitutto bisogna definire la posizione anatomica.
La posizione anatomica è una posizione utilizzata come punto di riferimento
per stabilire le relazioni tra le diverse parti del corpo.
I termini anatomici come anteriore e posteriore, mediale e laterale,
abduzione e adduzione sono sempre riferiti alla posizione anatomica.
Una persona che si trova nella posizione anatomica: è in piedi, in posizione
eretta con la testa eretta, sguardo e palmi delle mani rivolti in avanti, braccia
lungo i fianchi e dita delle mani estese, piedi in avanti e perpendicolari al
corpo.
DIREZIONI DI MOVIMENTO
FLESSIONE: movimento per cui un segmento tende
a formare con un altro un angolo sempre più acuto
ESTENSIONE: movimento per cui un segmento
tende a disporsi sullo stesso piano dell'altro
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ABDUZIONE: allontanamento dal piano mediale del
corpo
ADDUZIONE: avvicinamento al piano mediale del
corpo
ROTAZIONE: movimento compiuto da un segmento
intorno al proprio asse principale
CIRCONDUZIONE: movimento per cui un segmento
descrive un cono ad apice corrispondente al capo
articolare
RIASSUMENDO:
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APPARATO SCHELETRICO
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Nelle cavità presenti nel tessuto spugnoso si trova il midollo osseo rosso, che
ha il compito di produrre la parte cellulare del sangue (globuli bianchi,globuli
rossi e piastrine).
Il
tessuto
cartilagineo
è
costituito
da
cellule
particolari,
dette condriociti immersi in una sostanza fondamentale priva di sali minerali,
e ricca di una sostanza caratteristica il collagene che rende robusta ma
flessibile.
Durante la fase di sviluppo nel grembo materno, tutto lo scheletro è formato
da tessuto cartilagineo; esso rappresenta l'impalcatura su cui si formerà il
tessuto osseo mediante l'accumulo di sali minerali (processo di ossificazione).
Questo processo termina verso il 25° anno di vita.
Nell'adulto il tessuto cartilagineo lo troviamo solo in alcune parti del corpo
come il padiglione auricolare e la punta del naso, e in minima parte nelle
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ossa.
Vari tipi di ossa
Classificazione in base alla forma:
• Ossa piatte, sviluppate più in superficie che in spessore. Sono piatte
quelle del cranio del bacino dello sterno e della spalla; le ossa piatte
sono formate da tessuto osseo spugnoso rivestito da tessuto osseo
compatto.
• Ossa corte, sviluppate in modo pressoché uguali in lunghezza larghezza
e spessore. Sono ossa corte le vertebre il calcagno le ossa dei polsi ecc.
Anche le ossa corte sono formate da tessuto osseo spugnoso rivestito
da tessuto osseo compatto.
• Ossa lunghe, nelle quali prevale lo sviluppo in lunghezza. Sono ossa
lunghe quelle degli arti, quali l'omero il femore la tibia.
In un ossa lunga si distinguono le due estremità dette epifisi, e una parte
centrale allungata detta diafisi.
La diafisi è costituita da una lamina di tessuto osseo compatto che delimita
una cavità piena di sostanza gialla, il midollo osseo giallo,mentre l'epifisi sono
formate da tessuto osseo spugnoso. Tutte le ossa infine sono rivestite da una
membrana detta periostio che contiene delle cellule speciali gli
osteoblasti, capaci di far accrescere l'osso in spessore e di ripararlo in caso di
fratture o lesioni.
Funzioni e strutture dello scheletro
Il nostro scheletro svolge delle funzioni importantissime:
• Sostiene le varie parti del corpo, assicurando il mantenimento della
posizione eretta e permettendo, assieme ai muscoli, il movimento;
• Protegge gli organi più delicati quali il cervello, il cuore, i polmoni, e il
midollo spinale;
• Costituisce una riserva di sali minerali (soprattutto calcio)
indispensabile all’organismo;
• Produce, attraverso il midollo rosso, le cellule del sangue.
Seguendo la suddivisione che generalmente viene fatta del corpo umano,
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tronco e arti, anche lo scheletro viene suddiviso in tre parti:
• Scheletro del capo
• Scheletro del tronco
• Scheletro degli arti
Lo scheletro del capo
Lo scheletro del capo è costituito dalle ossa del cranio e delle ossa della faccia.
Il cranio, che contiene e protegge il cervello, è formato da 8 ossa piatte unite
saldamente tra loro.
La faccia è formata da 14 ossa, anch’esse unite fermamente tra loro con
l’eccezione della mandibola, che è l’unico osso mobile di tutto il capo.
Lo scheletro del tronco
Lo scheletro del tronco è costituito dalla colonna vertebrale e dalla gabbia
toracica.
• La colonna vertebrale è formata da 33-34 ossa sovrapposte, le
vertebre, ciascuna delle quali presenta un foro nella parte centrale; la
colonna vertebrale e quindi attraversata da una specie di canale, il
canale vertebrale, che contiene e protegge il midollo spinale lunga
circa 70 cm, la colonna vertebrale viene suddivisa in cinque regioni:la
cervicale, la dorsale o toracica, la lombare, la sacrale,che è formata da
5 vertebre saldate in un unico osso (detto osso sacro),e la coccigea,che
è formata da 4-5 vertebre anch’esse saldate in un unico osso (detto
coccige).
Ogni vertebra è collegata all’altra da un disco intervertebrale di cartilagine;
ciò conferisce alla colonna vertebrale una certa flessibilità e consente di
attutire gli urti.
• La gabbia toracica è formata da 12 paia di ossa piatte e nastriformi, le
costole, e da un osso piatto situato nella parte centrale del petto, lo
sterno.
Le costole sono collegate posteriormente alle vertebre e, anteriormente, si
uniscono allo sterno mediante dei prolungamenti cartilaginei; le ultime due
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paia di costole anteriormente non raggiungono lo sterno perciò vengono
dette costole fluttuanti.
Le articolazioni
Le varie ossa che formano lo scheletro sono collegate fra loro dalle
articolazioni che, in base al movimento che le ossa stesse devono compiere,
possono essere di tre tipi.
• Le articolazioni mobili: consentono ampi movimenti, come quelli del
ginocchio, del gomito, della spalla. In questo tipo di articolazioni sulle
superfici di contatto delle ossa sono ricoperte da cartilagine, e
l’articolazione stessa è racchiusa in una capsula articolare
fibrosa contenente un liquido, la sinovia, che funziona da lubrificante;
spesso all’interno della capsula è presente anche un disco
cartilagineo che attutisce lo sfregamento fra le ossa durante il
movimento.
• Le articolazioni semimobili: consentono solo movimenti limitati,come
quelli della colonna vertebrale e delle costole. Esse sono racchiuse
dalla capsula articolare fibrosa e sono costituite solo da cartilagine.
• Le articolazioni fisse: non permettono alcun movimento; esse sono,ad
esempio,quelle che si trovano nella scatola cranica. Sono costituite da
legamenti fibrosi che si incastrano perfettamente formando delle
strutture rigide.
LEVE NEL CORPO UMANO
Il sistema scheletrico ed i muscoli su cui si originano e si inseriscono possono
essere considerati come una serie di leve meccaniche ossia dei segmenti
rigidi che ruotano intorno ad un punto fisso (Fulcro). Oltre al Fulcro,in ogni
sistema di leve del corpo umano bisogna considerare la Potenza (forza
muscolare) e la Resistenza (forza peso).
La Potenza è situata nel punto di applicazione del muscolo sull'osso da
spostare; la Resistenza nel punto su cui si scarica la forza da vincere;il Fulcro è
rappresentato situato nell'articolazione che rimane fermo rispetto alla
Potenza e alla Resistenza.
La distanza tra il Fulcro e il punto di applicazione della Resistenza viene
chiamato Braccio della resistenza e la distanza tra il fulcro e il punto di
applicazione della Potenza viene detto Braccio della potenza.
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Si classificano tre tipi di leve:
LEVE DI PRIMO GENERE:
il Fulcro è situato tra il punto di applicazione della Potenza e il punto di
applicazione della Resistenza
Un esempio nel corpo umano è l'articolazione tra l'osso occipitale e la
1°vertebra cervicale.
LEVE DI SECONDO GENERE:
la Resistenza è applicata tra il Fulcro e la Potenza. In questa leva (detta
anche "interresistente" o "vantaggiosa") il Braccio della potenza è sempre
maggiore del Braccio della resistenza.
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Un esempio nel corpo umano è l'articolazione della caviglia.
LEVE DI TERZO GENERE:
la Potenza è applicata tra il Fulcro e la Resistenza. Il Braccio della potenza è
sempre minore di quello della resistenza e quindi questa leva (chiamata
anche "interpotente" o "svantaggiosa") sarà sempre svantaggiosa
Un esempio nel corpo umano è l'articolazione del gomito.
L’apparato digerente
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L’apparato digerente è costituito da un gruppo di organi addetti alla scissione
degli alimenti in componenti chimici che l’organismo può assorbire ed
utilizzare come fonte di energia per costruire e riparare cellule e tessuti.
L’apparato digerente è formato dal tubo digerente (chiamato anche canale
alimentare) e da vari organi associati. Il tubo gastroenterico è
sostanzialmente un condotto attraverso cui passa il cibo; è formato dalla
bocca, dalla faringe, cioè la gola, dall’esofago, dallo stomaco, dall’intestino
(intestino tenue costituito dal duodeno, dal digiuno e dall’ileo, e intestino
crasso, formato invece dal cieco, dal colon e dal retto e dall’ano.
Le ghiandole annesse all’apparato digerente – come le ghiandole salivari, il
fegato e il pancreas – secernono succhi digestivi che scindono il cibo man
mano che esso procede dall’alto verso il basso.
La peristalsi, cioè le onde di contrazione muscolare delle pareti intestinali,
spinge il cibo e i prodotti della digestione attraverso l’intestino, dalla gola al
retto.
La bocca
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La bocca svolge molteplici funzioni: il cibo viene ivi frantumato per essere
deglutito, costituendo così la prima parte del tubo digerente; trasforma le
vibrazioni prodotte dalla laringe (sede delle corde vocali) in linguaggio; è
usata nella respirazione.
Il tetto della bocca è formato, anteriormente, dal palato osseo, duro, e,
posteriormente, dal palato molle, carnoso. La maggior parte del pavimento
della bocca è costituito dalla lingua che contiene gruppi di cellule
specializzate, sensibili al gusto, chiamate papille gustative. Il palato e la lingua
sono circondati dai denti situati nel tessuto delle gengive che ammortizza i
traumi.
Tutte queste strutture sono racchiuse dalle guance e dalle labbra
caratterizzate da un anello muscolare che contribuisce a trattenere il cibo in
bocca.
La parte interna della bocca è rivestita dalla mucosa, lubrificata dalla saliva,
prodotta da tre paia di ghiandole salivari.
La faringe
La faringe è il condotto che collega la parte posteriore delle bocca e del naso
all’esofago e alla laringe. Questo condotto muscolare, rivestito da membrana
mucosa, fa parte sia delle vie aeree sia del tubo digerente. La parte superiore,
nasofaringe (condotto per il passaggio dell’aria), collega la cavità nasale alla
regione posta dietro il palato molle. Il segmento intermedio, orofaringe
(condotto per il passaggio sia dell’aria sia del cibo), decorre dal nasofaringe
fino sotto la lingua. La porzione inferiore, laringofaringe (condotto che è
utilizzato solo per il passaggio del cibo), è posta dietro e ai lati e della laringe
e si fonde con l’esofago.
L’esofago
L’esofago è il condotto muscolare che porta il cibo dalla gola allo stomaco.
L’estremità superiore dell’esofago è la parte più stretta del tubo digerente ed
è circondata da uno sfintere (muscolo circolare) normalmente chiuso, ma che
si apre per consentire il passaggio del cibo. Uno sfintere simile (cardias) è
presente anche nel punto in cui l’esofago si immette nello stomaco.
Le pareti dell’esofago sono costituite da forti fibre muscolari disposte in fasci,
alcune
circolari e altre longitudinali.
Il rivestimento interno dell’esofago, mucosa, è formato da epitelio liscio di
tipo squamoso a cellule piatte.
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Il cibo è spinto in basso da una azione di peristalsi, costituita da potenti onde
di contrazione muscolare della parete esofagea. La forza di gravità ha una
scarsa importanza nel transito del cibo verso lo stomaco, che è infatti
possibile anche in un individuo posto a testa in giù.
Lo stomaco
Lo stomaco è un organo cavo dell’apparato digerente, a forma di sacco,
collegato all’esofago e la duodeno. Lo stomaco si trova nella parte sinistra
dell’addome, sotto il diaframma.
Lo stomaco è espansibile e si dilata quando si ingerisce il cibo; in un adulto ha
la capacità media di 1.5 litri. Le pareti di questo organo sono formate da strati
di tessuto muscolare longitudinale rivestito da speciali cellule ghiandolari che
secernono i succhi gastrici; sono irrorate da vasi sanguigni e innervate da
nervi.
All’estremità inferiore dello stomaco un forte muscolo forma un anello,
chiamato sfintere pilorico, che può chiudere lo sbocco dello stomaco nel
duodeno.
Funzione principale dello stomaco è continuare la scissione dei cibi iniziate in
bocca e che sarà completata nell’intestino tenue; tuttavia esso funge anche
da riserva, permettendo così di mangiare solo due o tre volte al giorno. Se
questo accumulo non fosse possibile sarebbe necessario mangiare più o
meno ogni 20 minuti.
La secrezione gastrica è stimolata dalla vista e dall’odore del cibo e dalla
ingestione degli alimenti.
I succhi gastrici contengono pepsina (enzima che scinde le proteine), acido
cloridrico (che uccide i batteri penetrati assieme al cibo e crea l’ambiente più
adatto per l’azione della pepsina) e fattore intrinseco (essenziale per
l’assorbimento della vitamina B12 nell’intestino tenue).
La mucosa gastrica contiene inoltre ghiandole che secernono muco, il quale
contribuisce a formare una “barriera protettiva” per impedire allo stomaco di
digerire se stesso.
Ogni 20 secondi circa, gli strati della mucosa gastrica formano contrazioni
ritmiche che rimescolano il cibo ed il succo gastrico; l’effetto combinato di
tale movimento e del succo trasformano il cibo semisolido in un liquido
cremoso. Per questo processo occorre un periodo di tempo variabile secondo
la natura del cibo.
Il cibo parzialmente digerito è spinto a intervalli regolari nel duodeno dalle
contrazioni dello stomaco e dal rilasciamento dello sfintere pilorico.
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L’intestino
L’intestino costituisce la parte terminale del tubo digerente e si estende dallo
sbocco dello stomaco all’ano.
L’intestino forma un lungo tubo suddiviso in due segmenti principali:
intestino tenue ed intestino crasso. La funzione dell’intestino è quella di
scindere e assorbire nella circolazione sanguigna il cibo e l’acqua ed eliminare
le scorie della digestione, che sono espulse sotto forma di feci.
L’intestino tenue è lungo circa 6.5 m ed ha un diametro di circa 35 mm. E’
formato da tre sezioni: duodeno (breve segmento ricurvo fissato alla parte
posteriore dell’addome), digiuno ed ileo (due segmenti più grossi e mobili). Il
dotto biliare e i dotti pancreatici sboccano nel duodeno.
Le pareti dell’intestino sono formate da muscoli circolari e longitudinali con
un rivestimento interno, la mucosa, e uno esterno, la sierosa. Le contrazioni
ritmiche dei muscoli (peristalsi) spingono il cibo parzialmente digerito lungo
l’intestino.
La mucosa è formata da molti villi, minuscole sporgenze simili a dita di
guanto, ricoperti da milioni di fronde che creano una superficie molto estesa
per facilitare l’assorbimento delle sostanze nel sangue.
L’intestino crasso è lungo circa 1.8 m ed ha un diametro di circa 50 mm;
circonda come una cornice, le anse dell’intestino tenue.
A differenza del tenue, il crasso è per gran parte fisso nella propria posizione;
la muscolatura è disposta circolarmente invece che in senso longitudinale e
non è dotato di villi. Il suo segmento principale, colon, è diviso in colon
ascendente, colon traverso e colon discendente, e in una porzione pelvica
(colon sigmoide). L’appendice è una formazione che origina dall’estremità del
cieco, posta tra l’intestino tenue e il colon. Il segmento finale dell’intestino
prima dell’ano si chiama retto.
L’intestino tenue ha il compito di digerire il cibo e di assorbirlo nella
circolazione sanguigna. Parte del processo digestivo avviene nello stomaco;
tuttavia, nel duodeno, al cibo parzialmente digerito sono aggiunti altri enzimi
digestivi e la bile.
Ghiandole presenti all’interno delle pareti di ciascun segmento dell’intestino
tenue producono muco ed enzimi, che contribuiscono a scindere gli alimenti
in unità chimiche facilmente assorbibili.
I numerosi vasi sanguigni delle pareti intestinali portano quindi il cibo digerito
al fegato, che lo immagazzina e lo distribuisce al resto del corpo.
Il materiale non assorbito lascia il tenue sotto forma di liquido e fibra. Man
mano che attraversano il crasso, acqua, vitamine e sali minerali sono assorbiti
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nel sangue, lasciando le feci, formate da residui alimentari indigeribili, con
piccole quantità di grasso e diversi batteri.
Le feci sono gradualmente compresse e passano nel retto; in genere la
distensione del retto produce lo stimolo a svuotare l’intestino.
L’ano
Canale localizzato all’estremità del tubo digerente, attraverso il quale le feci
sono espulse dal corpo.
Con una lunghezza media di circa 4 cm, l’ano rappresenta la prosecuzione del
retto nel suo percorso diretto posteriormente e inferiormente attraverso il
pavimento della pelvi.
4-NUTRIZIONE
I PRINCIPI NUTRITIVI
I “pincipi nutritivi” sono le sostanze chimiche che si trovano più o meno in tutti
gli alimenti, in quantità diverse, e che il nostro organismo utilizza per svolgere
tutte le funzioni vitali.
Distinguiamo tra MACROnutrienti e MICROnutrienti:
VEDIAMO A COSA SERVONO E IN QUALI ALIMENTI LI POSSIAMO TROVARE
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MACRONUTRIENTI:
LE PROTEINE
Le proteine sono formate da unità dette aminoacidi che legandosi danno luogo
a molecole di complessità molto variabile. In natura gli aminoacidi sono 20, di
cui 8 sono detti “essenziali” perché l’organismo non è in grado di sintetizzarli,
quindi siamo costretti ad assumerli con gli alimenti. I restanti 12 non sono
“essenziali”, dunque siamo in grado di “fabbricarli.
AMINOACIDI ESSENZIALI
AMINOACIDI NON ESSENZIALI
Fenilalanina
Alanina
Isoleucina (A)
Arginina
Leucina (A)
Asparagina
Lisina
Aspartato
Metionina
Cisteina (S)
Treonina
Glicina
Triptofano
Glutammato
Valina (A)
Glutammina
Istidina
Prolina
Serina
Tirosina (S)
Taurina
A. aminoacidi ramificati
S. aminoacidi semi-essenziali
Sono considerati aminoacidi semi-essenziali la cisteina e la tirosina, in quanto
l'organismo li può sintetizzare a partire da altri due aminoacidi essenziali
(metionina e fenilalanina).
In base al contenuto in aminoacidi essenziali, si suole suddividere gli alimenti in
3 gruppi:
• Alimenti ad alto valore biologico (complete, contengono tutti gli
aminoacidi essenziali) : carne, pesce, uova, latte e latticini.
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• Alimenti a medio valore biologico (parzialmente complete, contengono
una quantità discreta di aminoacidi essenziali): legumi, lievito di birra,
cereali integrali)
• Alimenti a basso valore biologico (incomplete, contengono un numero
insufficiente di aminoacidi essenziali): cereali (raffinati), ortaggi, frutta e
verdura.
Le proteine svolgono nell’organismo diverse funzioni:
Strutturale: concorrono all’accrescimento dell’individo o alla sostituzione delle
cellule danneggiate o usurate.
Di trasporto: per es l’emoglobina responsabile del trasporto di ossigeno nel
sangue
Ormonale: gli ormoni controllano diversi processi metabolici
Enzimi: “catalizzano” processi metabolici
Di difesa: gli anticorpi (immunoglobuline) costituiscono il sistema di difesa
“specifico” del nostro organismo
Energetica: le proteine sviluppano 4 kcal/g, ma l’organismo le usa solo in caso
di “emergenza” (prima brucia i glucidi, poi i lipidi, infine passa alle proteine.
Il fabbisogno giornaliero in proteine è del 10-15% sul totale delle calorie
introdotte di cui:
1/2 di origine animale ( pesce, carne,…)
1/2 di origine vegetale( legumi..)
CARBOIDRATI (O ZUCCHERI O GLUCIDI)
I Carboidrati sono formati da unità chiamate monosaccaridi (come lo sono gli
aminoacidi per le proteine) ed hanno nel nostro organismo la funzione di
fornire energia di rapida utilizzazione. Lo “zucchero” che utilizza il nostro
organismo per ottenere energia è il “glucosio”, per intenderci quello presente
nel sangue umano, e pertanto anche gli altri carboidrati che ingeriamo vengono
trasformati in glucosio per potere essere utilizzati.
1 grammo di gludici fornisce 4kcal.
Il fabbisogno in carboidrati il 50%- 60% dell'energia giornaliera, di cui:
il 10-12% dovrebbe provenire da zuccheri semplici (come il saccarosio, che è lo
zucchero da cucina, o il fruttosio contenuto nella frutta)
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il 40-50% di glucidi nella dieta dovrebbe provenire dagli zuccheri
complessi (essenzialmente l’amido) di cui sono ricchi pane, pasta, legumi e
patate.
Gli zuccheri introdotti in eccesso vengono inizialmente immagazzinati
nel fegato da dove possono essere facilmente riutilizzati in caso di necessità.
Esaurita la capacità di accumulo, anche gli zuccheri vengono trasformati in
grassi e si depositano nel tessuto adiposo.
Fa parte dei carboidrati la Fibra Alimentare (come cellulosa, pectina, lignina) :
l'uomo non è capace di digerirla (e tutto ciò che non riusciamo a digerire
contribuisce alla formazione delle feci) , ma svolge importanti funzioni
nell'organismo, regolando la funzione intestinale, ritardando lo svuotamento
gastrico e contribuendo a mantenere il senso di sazietà.
Recentemente le è stata attribuita una funzione protettiva contro lo sviluppo di
alcuni tumori.
I GRASSI (O LIPIDI)
I grassi (lipidi) sono una fonte concentrata d'energia di lenta utilizzazione (un
grammo di grasso produce 9 kcal) e veicolano le vitamine liposolubili (A, D, E, K)
(liposolubile= solubile nei lipidi) , facilitandone l'assorbimento. Nel corpo
garantiscono
una riserva
di
energia
agiscono
come
isolanti
termici e proteggono gli organi interni.
I nutrizionisti consigliano di privilegiare i grassi di origine vegetale, limitando il
consumo di quelli di origine animale, perché gli oli di oliva e di semi sono
praticamente privi di colesterolo e ricchi di sostanze (gli acidi grassi insaturi)
non solo benefiche, ma anche indispensabili per l'organismo che in alcuni casi
non sa sintetizzarle e deve necessariamente rifornirsene con il cibo.
Infatti, considerando che il fabbisogno giornaliero in lipidi è del 25-30% delle
calorie totali, questi dovranno essere così suddivisi:
1/3 di origine animale (il grasso della carne, del pesce, dei formaggi, il burro)
2/3 di origine vegetale (es: olio extravergine d’oliva e gli altri oli di semi)
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MICRONUTRIENTI:
LE VITAMINE
Le vitamine sono sostanze prive di valore energetico ma indispensabili, anche
se in piccole dosi (da pochi microgrammi a 100 milligrammi) per lo svolgimento
•
dei processi che rendono possibile la vita.
Ogni vitamina svolge una specifica azione e l'alimentazione deve assicurare un
apporto sufficiente di tutte queste sostanze perché l'organismo non è capace di
fabbricare.
Le malattie da carenza di vitamine sono passate alla storia per aver distrutto
eserciti e decimato gli equipaggi delle navi come lo scorbuto (carenza di
vitamina C) , la pellagra (carenza di vitamina PP) , i beri-beri (carenza da
vitamina B I) .
I composti riconosciuti come vitamine per l’uomo sono 13, di cui 4 liposolubili
(A, D, E, K) e 9 idrosolubili: tiamina o B1, riboflavina o B2, niacina o PP, acido
pantotenico, piridossina o B6, biotina e cianocobalamina o B12, l’acido
ascorbico o vitamina C, acido folico.
Le vitamine si trovano sia negli alimenti vegetali che in quelli animali e vengono
suddivise in due gruppi:
9 idrosolubili: le vitamine del Gruppo B e la vitamina C,
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•
4 liposolubili: le vitamine A, D, E, K, F, che si trovano naturalmente disciolte nei
grassi.
L'eccesso di vitamine è inutile se non dannoso: l'organismo non riesce infatti ad
immagazzinare le idrosolubili (ad eccezione della B 12) ed elimina l'eccesso con
le urine.
Le liposolubili invece, se in eccesso, vengono generalmente immagazzinate nei
tessuti, dando luogo a ipervitaminosi che può provocare danni molto seri
all'organismo.
I SALI MINERALI
I sali minerali, presenti sia nei cibi vegetali sia in quelli animali, non forniscono
energia, ma svolgono nell'organismo importanti funzioni, partecipando a
processi vitali:
• il Sodio (Na) ed il Potassio (K) insieme al Cloro (CI) ed al Calcio (Ca) ,
mantengono i potenziali elettrici alla base della trasmissione di impulsi
nervosi;
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• il Calcio è poi coinvolto in molteplici funzioni, quali la mineralizzazione
dell' osso, la coagulazione del sangue, la contrazione muscolare;
• il Selenio (Se) contribuisce alla protezione delle cellule dagli agenti
ossidanti che ne provocano l'invecchiamento;
• il Ferro (Fe) è un essenziale costituente dell'emoglobina dei globuli rossi
e della mioglobina, che nel muscolo capta l'ossigeno.
L'organismo li elimina e li rinnova in continuazione e, quindi, devono essere
introdotti regolarmente con la dieta.
L’ACQUA
È il composto più diffuso sulla terra, in cui è presente nei tre stati: liquido,
gassoso, solido.
Circa l'80% del corpo di un bambino ed il 60-65% di quello di un adulto sono
formati da acqua.
L'acqua è coinvolta in tutte le reazioni chimiche che avvengono nell'organismo,
ed agisce anche come mezzo di trasporto dei nutrienti e come lubrificante.
La introduciamo sia con le bevande, che con i cibi e la perdiamo soprattutto
con le urine, con la respirazione e con il sudore, che è fondamentale per il
controllo della temperatura corporea.
Senza acqua si muore in pochissimi giorni proprio perché vengono bloccate
tutte quelle reazioni chimiche che sono alla base della vita e che soltanto in
presenza di acqua avvengono regolarmente.
Il fabbisogno giornaliero in acqua è di circa 1grammo per kcal ingerita.
Se per esempio il nostro fabbisogno calorico fosse di 2000 kcal giornaliere,
dovremmo assumere 2000 gr d’acqua al giorno, cioè 2 litri!
ALIMENTAZIONE IN GENERALE.
COMPOSIZIONE ELEMENTARE DEGLI ORGANISMI VIVENTI
La vita e la salute dell’uomo dipendono in gran parte dall’alimentazione, ma
purtroppo la maggioranza degli individui non ha un bagaglio sufficiente di
informazioni per potersi nutrire correttamente.
L’alimentazione riguarda la somministrazione di sostanze necessarie allo
svolgimento dei fenomeni vitali.
Nell’organismo gli alimenti servono anzitutto a compensare le continue
perdite, dovute alla respirazione dei vari tessuti, a fornire l’energia necessaria a
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produrre lavoro muscolare, nervoso, ecc., e a riparare i tessuti che
inesorabilmente si logorano nella produzione del lavoro sopra accennato,
restituendo alla cellula la propria integrità funzionale e morfologica. Durante
l’età dello sviluppo gli alimenti servono pure a completare la crescita, hanno
cioè una funzione plastica.
L’alimentazione è quella funzione che somma tre importanti processi biologici:
• Assunzione degli alimenti;
• Digestione degli alimenti, ossia trasformazione degli stessi in principi
nutritivi;
• Assorbimento dei principi nutritivi che, attraverso la circolazione del
sangue, vengono poi metabolizzati nei processi della nutrizione.
La nutrizione consiste nell’insieme dei processi metabolici che permettono alle
cellule l’utilizzo dei principi nutritivi.
La successione dei processi all’interno del nostro organismo si può così
riassumere:
ALIMENTAZIONE → NUTRIZIONE → ELIMINAZIONE DEI PRODOTTI DI RIFIUTO
CONCETTO DI DIETA E RAZIONE ALIMENTARE
La parola “dieta” viene troppo spesso utilizzata in modo improprio riferendosi
alla sola “dieta dimagrante” o ipocalorica.
Con il temine dieta intendiamo invece l’insieme delle razioni alimentari che un
individuo immette nel proprio organismo nell’arco di 24 ore.
Si tratta quindi del regime alimentare specifico di qualunque individuo che
varia sia quantitativamente che qualitativamente in funzione di diversi fattori
(età, condizione sociale, clima, salute, attività fisica….). Questo ci fa capire che
non esiste una dieta uguale per tutti, in quanto le variabili che entrano in gioco
sono diverse.
Con il termine razione alimentare si intende invece la quantità e il tipo di
alimenti da ingerire in un preciso momento della giornata.
I principi alimentari organici ed inorganici (rispettivamente proteine, vitamine,
glucidi, lipidi e poi acqua e sali minerali) hanno diversi valori per il nostro
organismo: valore calorico oppure energetico, che consiste nel fornire l’energia
che il nostro organismo, scomponendo gli alimenti, trasforma in calore e
lavoro. Tutti i principi alimentari sono indispensabili all’organismo; nessuno è
sostituibile con altri, poiché ognuno ha compiti ben definiti. Ne consegue che
un alimentazione equilibrata deve fornire in misura giusta tutti i principi
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alimentari.
Tutti gli organismi sono formati da elementi detti biogeni, ossia da composti
chimici indispensabili alla vita. Di questi, quattro costituiscono il 95% della
materia vivente e sono: ossigeno, carbonio, idrogeno ed azoto. Il rimanente è
costituito da altri elementi presenti in quantità limitata ma pur sempre
importanti.
L’ossigeno, l’idrogeno e l’azoto si trovano in piccola parte allo stato libero
disciolti nel sangue, gli altri elementi chimici si trovano sotto forma di composti
organici ed inorganici. I composti organici sono quelli che derivano dal regno
animale e vegetale, quelli inorganici derivano invece dal regno minerale anche
se oggi questa distinzione non ha più senso in quanto è possibile ottenere in
laboratorio sostanze organiche partendo da sostanze inorganiche. Da un punto
di vista più strettamente chimico possiamo invece osservare che le sostanze
organiche, al contrario di quelle inorganiche sono composti derivati dal
carbonio.
SOSTANZE INORGANICHE ED ORGANICHE CHE COMPONGONO L’ORGANISMO
UMANO
Conoscere la composizione chimica del corpo umano è il primo gradino per la
determinazione dei bisogni nutrizionali dell’uomoUn individuo adulto di 30-40 anni di sesso maschile, 1,75 m di altezza e 70 kg è
composto da:
Composizione percentuale
Composizione in peso
Acqua
59%
41,4
Kg
Proteine
19%
13
Kg
Grassi
17%
12
Kg
Minerali
4%
3
Kg
Glucidi
1%
0,6
Kg
Vitamine
tracce
3-5
g
L’uomo vive a spese degli alimenti. Gli alimenti sono tali in quanto contengono
in proporzioni varie dei principi alimentari. Sono questi che l’organismo
utilizza per crescere, rinnovarsi e lavorare. Alcuni di questi hanno funzione
plastica, altri energetica, altri ancora metabolica nel senso che facilitano i
milioni di reazioni chimiche che avvengono in ogni istante in tutte le nostre
cellule di tutti gli organi.
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SOSTANZE INORGANICHE
Acqua
L’acqua è indispensabile alla vita, costituendo il 60 –70% del peso corporeo
dell’organismo adulto. E’ inoltre elemento fondamentale perché entra in ogni
processo metabolico: l’attività biochimica avviene grazie all’acqua, veicolo di
tutti gli scambi vitali nonché principale termoregolatore.
In queste varie attività vengono espulsi circa 3 litri di acqua al giorno, nelle
urine, nelle feci, nel sudore, nel muco nasale e ne vapori aspirati. A tre litri
aggira perciò il fabbisogno giornaliero di acqua. Un litro di acqua viene ingerito
con cibi solidi, dei quali l'acqua è costitutivo ordinario, gli altri due devono
essere ingeriti sotto forma liquida.
L'acqua negli alimenti
Gli alimenti, tranne rare eccezioni, contengono quantità più o meno rilevanti di
acqua e la sua presenza è importante sia a fini strutturali, organolettici e
nutrizionali, sia nei riguardi della loro conservazione. Non si trova mai allo stato
puro, ma sempre in soluzioni più o meno concentrate ed è proprio la presenza
di soluti che conferisce proprietà alle soluzioni.
L'acqua corporea si trova così distribuita:
• acqua intracellulare, che si trova all'interno delle cellule e rappresenta il
40% circa del peso corporeo
• acqua extracellulare, in totale circa il 20%
• acqua plasmatica, rapidamente scambiabile
• acqua interstiziale e linfa, con un ricambio più lento
• acqua del tessuto connettivo e osseo
liquidi transcellulari, prodotti dalle ghiandole esocrine e dalle mucose
dell'apparato respiratorio, gastroenterico e riproduttivo.
L'acqua non è ugualmente distribuita in tutti i tessuti. Con l'avanzare dell'età il
tenore idrico dell'organismo diminuisce a causa della minore capacità di
ritenzione dei tessuti stessi: l'invecchiamento determina un'alterazione delle
strutture proteiche che legano l’acqua.
Il volume dei liquidi varia anche al contenuto dei grassi: gli obesi hanno un
minor contenuto d'acqua rispetto ai magri; per lo stesso motivo, l'organismo
femminile, che accumula più lipidi, ne contiene meno rispetto a quello
maschile.
Funzioni e fabbisogno
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Numerose sono le funzioni dell'acqua:
• è solvente di gas, elettroliti e colloidi;
• trasporta alle cellule le sostanze nutritive ed allontana quelle di rifiuto;
• partecipa ai processi di termoregolazione;
• costituisce il mezzo in cui avvengono le reazioni metaboliche e digestive;
• è il costituente fondamentale delle secrezioni;
• svolge una funzione plasmatica, conferendo turgore alle cellule.
In condizioni normali, ogni giorno l'organismo ricambia il 6% del suo patrimonio
idrico. L'acqua prodotta dal metabolismo è insufficiente a coprirne il
fabbisogno per cui diventa essenziale il suo apporto il suo apporto esogeno
(bevande ed alimenti).
Per mantenere costante la quantità totale di acqua, ossia l'equilibrio idrico, è
necessario che la quantità di acqua introdotta, addizionata a quella endogena,
sia uguale a quella eliminata. Le vie di eliminazione sono rappresentate da
urine, feci, il sudore e l'aria espirata.
Il fabbisogno si aggira intorno al litro ogni 25 kg. di peso corporeo.
FALSE CREDENZE SULL’ACQUA
• Non è vero che l’acqua faccia ingrassare. L’acqua non contiene calorie, e
la variazioni di peso dovute all’ingestione o eliminazione dell’acqua sono
momentanee e ingannevoli.
• Non è vero che bere molta acqua provochi maggiore ritenzione idrica. La
ritenzione idrica dipende più dal sale e da altre sostanze contenute nei
cibi che consumiamo che dalla quantità di acqua che ingeriamo.
• Non è vero che l’acqua gassata faccia male. Solo quando la quantità di
gas è molto elevata si possono avere lievi problemi in individui che già
soffrono di disturbi gastrici e/o intestinali.
• Non è vero che le saune facciano dimagrire, fanno semplicemente
eliminare sudore. Lo stesso organismo provvederà a reintegrare
prontamente le perdite, e così nell’arco di poche ore il peso tornerà ad
essere esattamente quello di prima.
Sali minerali
I Sali minerali sono indispensabili per molte funzioni del nostro organismo. I Sali
minerali non vengono prodotti dal corpo, ma devono essere assunti attraverso
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l’alimentazione. Una carenza di Sali minerali può portare a vari problemi nel
corpo. Il fabbisogno giornaliero di queste sostanze è minimo, rispetto alle altre
sostanze di cui abbiamo bisogno, rappresentando essi solo il 4% dell’organismo
e sono distribuiti nei vari tessuti ed organi. Grazie ad un’alimentazione
equilibrata e variata è possibile assumere tutti i Sali minerali di cui il nostro
organismo ha bisogno.
I Sali minerali che entrano nella composizione degli organismi sono tanti, ma i
più importanti sono comunque: calcio, fosforo e ferro.
Calcio: sotto forma di fosfato di calcio, presente in quantità di circa 1 chilo e
mezzo nell’organismo è componente essenziale delle ossa e dei denti. Il calcio è
pure indispensabile per la coagulazione del sangue e la regolazione
dell’eccitabilità neuromuscolare. E’ inoltre necessario per prevenire varie forme
di tubercolosi. L’assenza di calcio danneggia il sistema osseo: i denti si fanno
fragili come pure le ossa, lo sviluppo somatico avviene in scala ridotta.
Il metabolismo del calcio è regolato da alcune ghiandole, in particolare le
paratiroidi. L’assorbimento è invece regolato dalla vitamina D detta calciofissativa, per cui pur mangiando alimenti ricchi di calcio ne avremmo lo stesso
carenza qualora mancasse questa vitamina. Il calcio è presente soprattutto nel
latte e nei suoi derivati, seguono poi gli ortaggi e il pesce.
Fosforo: l’organismo umano contiene circa un chilo di fosforo, di cui il 75%
combinato con il calcio nelle ossa e il resto in combinazioni di albumina e di
grasso nei nuclei cellulari, nelle cellule nervose, particolarmente nel cervello. Il
grasso fosforico più noto è la lecitina presente nel latte, nelle uova, nella carne.
L’assorbimento del fosforo avviene attraverso l’intestino tenue ed è in
relazione alla quantità di calcio ed al suo assorbimento.
Ferro: è uno dei costituenti essenziali dell’emoglobina dei globuli rossi del
sangue, cioè la proteina indispensabile per la fissazione dell’ossigeno.
L’organismo perde con la bile parte del ferro che contiene e ha bisogno quindi
di recuperarlo in continuazione. A questo scopo provvedono gli elementi
vivamente colorati: spinaci, carote, insalata, pomodori, carne rossa, vino rosso
ecc.
Minerale
Fonte
Principali funzioni
Magnesio Noci, cacao, semi di Regola l’eccitabilità neuro-muscolare
soia, vegetali verdi
Sodio
Sale, carne, uova, latte Regola la pressione osmotica
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Potassio
Legumi,
patate,
asparagi, Regola l’eccitabilità neuro-muscolare e la
albicocche, pressione osmotica
banane, cavoli, spinaci
Cloro
Sale
Regola
la
pressione
osmotica,
è
un
costituente del succo gastrico
Rame
Legumi,
pesci, Indispensabile per l’assorbimento del ferro
crostacei, carne, noci,
cereali
Iodio
Acqua potabile, pesce, Costituente degli ormoni tiroidei
molluschi, uova, latte e
derivati
Fluoro
Albicocche, pomodori, Agisce sullo smalto dei denti, sulle ossa,
patate, pesce
sull’elasticità dei tendini
Manganese Cereali, cipolla, cavoli, Agisce sul
carote
buon funzionamento
delle
ghiandole, costituente di molti enzimi,
interviene nella biosintesi del colesterolo
Silice
Cereali, frutta, verdura Indicato
per
le
malattie
dell’invecchiamento, fondamentale nella
costituzione del tessuto epiteliale
Zinco
Cereali,
frutta, Fondamentale per i globuli rossi, potenzia la
verdura, carne, funghi, risposta immunitaria
cacao
Bromo
Mandarini,
uva, Ha azione sedativa sul sistema nervoso
cavolo, pomodoro
Cobalto
Selenio
Verdura, latte, frutta, Facilita la captazione dello iodio da parte
pesce
della tiroide
Cereali, pesci
Ha azione protettiva sulle membrane
cellulari
Molibdeno Latte e derivati, legumi Cofattore di enzimi delle ossidoriduzioni
e cereali
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Krav Maga Fesik
Ci sono poi l’arsenico e l’alluminio, tonici, l’argento e l’oro, antinfettivi, il litio,
equilibratore del sistema nervoso, leggermente sedativo, presenti in minori
quantità.
SOSTANZE ORGANICHE
Proteine
Le proteine sono le macromolecole più abbondanti e versatili delle cellule
viventi di cui rappresentano il 50% del peso secco e costituiscono il 14-19%
dell'organismo umano. Sono presenti in tutti i distretti, intracellulari ed
extracellulari, entrano nel funzionamento di tutti i fenomeni biologici.
Sia nelle piante che negli animali le proteine sono componenti essenziale delle
cellule. Nel corpo umano ce ne sono migliaia di tipi diversi distribuite nei
muscoli, nei tendini, nei capelli, nelle ossa, nella pelle, nei vari organi; in pratica
ovunque. L’emoglobina del sangue, gli ormoni, gli anticorpi, gli enzimi sono
tutte proteine.
Dal punto di vista chimico sono costituiti da una sequenza di amminoacidi, che
è specifica di ogni proteina e geneticamente determinata, a cui conferisce le
proprietà di conformazione e chimiche necessarie per esplicare la propria
funzione.
Un ammino-acido è formato da un acido carbossilico in cui è presente un
gruppo amminico –NH2. La formazione di un ammino-acido quindi ruota
intorno ad un atomo di azoto. Sebbene l’azoto molecolare sia molto
abbondante nell’atmosfera terrestre, soltanto poche specie viventi sono
capaci di incorporarlo in molecole organiche, un processo chiamato fissazione
dell’azoto. I vertebrati ricevono praticamente tutto il loro azoto dalle proteine e
dagli acidi nucleici presenti nel cibo. Queste molecole vengono poi degradate
negli ammino-acidi, cioè i “mattoncini” essenziali che compongono le proteine.
In natura esistono “solo” 20 ammino-acidi, ma in una data proteina gli
ammino-acidi si susseguono in un ordine ben definito, e naturalmente un
ammino-acido specifico sarà usato molte volte nella costruzione della proteina.
Il numero di diverse proteine che è possibile costruire con 20 ammino-acidi è
spaventoso. 9 amminoacidi su 20 sono amminoacidi essenziali per i vertebrati,
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il che significa che i vertebrati non sono in grado di sintetizzarli e devono
essere assunti con la dieta.
In base al numero di amminoacidi presenti si hanno:
• oligopeptidi: catene con meno di 10 amminoacidi;
• polipeptidi: catene con 10-100 amminoacidi.
Gli amminoacidi sono 20 e si distinguono in essenziali e non essenziali a
seconda che l'organismo sia in grado o meno di sintetizzarle per proprio conto.
Numerosi sono i criteri classificativi delle proteine:
• In base alla forma: proteine fibrose e proteine globulari;
• In base alla composizione chimica: proteine semplici e proteine
complesse o coniugate;
• In base alla funzione: proteine strutturali e proteine dotate di una
particolare attività biologica. (es. enzimi, ormoni, anticorpi, ecc.)
La finalità primaria delle proteine alimentari è quella di fornire all'organismo,
attraverso gli amminoacidi, gli elementi per la sintesi delle proprie proteine ed
è questa finalità che differenzia essenzialmente i protidi dai glucidi e lipidi la cui
funzione è fondamentalmente energetica.
Dal punto di vista nutritivo assumono particolare importanza le proteine delle
masse muscolari (carne e pesce), e quelle di riserva (latte e uova).
Gli alimenti di origine animale contengono percentuali elevate di proteine ad
alto valore biologico e facilmente digeribili; cereali e legumi contengono invece
protidi a medio valore biologico e a composizione complementare - ossia
mangiati insieme danno una miscela di amminoacidi molto simile a quella
fornita dalle proteine animali- e meno digeribili rispetto a quelle animali.
Talvolta gli alimenti possono contenere delle proteine che svolgono un ruolo
negativo per il funzionamento dell'organismo:
• fattori antinutrizionali: sono inattivati con la cottura, presenti soprattutto
nei legumi e nel bianco d'uovo;
• tossine: sia di origine batterica che contenute originariamente
nell'alimento;
• allergeni: responsabili delle manifestazioni allergiche nei soggetti 'atopici'
ossia predisposti.
Glucidi
I glucidi o carboidrati sono prodotti naturali che svolgono un grande numero di
funzioni vitali. Tramite la fotosintesi le piante trasformano l’anidride carbonica
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in carboidrati: i più comuni sono la cellulosa, l’amido e tutti gli zuccheri. La
cellulosa è il principale componente delle pareti cellulari rigide delle piante,
l’amido è accumulato come alimento o fonte di energia, alcune piante
(barbabietola e canna da zucchero), producono saccarosio che è il comune
zucchero da tavola. Negli animali superiori il glucosio appare tra i componenti
essenziali del sangue.
Rappresentano solo l'1% del corpo umano ma hanno una notevole importanza
nutrizionale costituendo il principale nutriente nell'alimentazione umana e la
fonte energetica a più basso costo: forniscono, se disponibili, circa 4 kcal/g.
Si possono suddividere in:
• monosaccaridi o monosi: formati da singole unità monosaccaridiche a
catena variabile;
• oligosaccaridi: formati da 2 a 9 unità monosaccaridiche;
• polisaccaridi: composti da 10 a più unità saccaridiche.
Le funzioni dei carboidrati sono fondamentalmente due:
• energetica: nell'uomo, sotto forma di glicogeno, costituiscono una
riserva di energia a pronta utilizzazione e sotto forma di glucosio sono
fonte di nutrimento per tutte le cellule;
• strutturale: soprattutto nei vegetali, ma anche nell'uomo, entrano nella
costituzione delle cellule, della sostanza extracellulare.
- Monosaccaridi
I monosaccaridi sono sostanze cristalline, di colore bianco caratterizzate da
sapore dolce, sono solubili in acqua ed insolubili nei solventi organici.
In relazione alle funzioni biologiche che svolgono, i più importanti monosi sono
il glucosio, il galattosio, il fruttosio ed il mannosio, appartenenti al gruppo degli
esosi - a 6 atomi di carbonio- ed il ribosio, il desossiribosio e lo xilosio che
appartengono invece al gruppo dei pentosi.
• Glucosio
E' senza dubbio il glucide maggiormente rappresentato nel mondo
animale e nel mondo vegetale. Si trova libero nella frutta e nella verdura
e costituisce il principale nutriente, a rapida utilizzazione, per tutte le
cellule dell'organismo umano. Le piante lo sintetizzano a partire da acqua
e anidride carbonica in presenza di luce solare attraverso il meccanismo
di fotosintesi. Gli animali lo utilizzano invece come fonte principale di
energia ed anche per la sintesi di molecole complesse.
• Fruttosio
E' molto diffuso nel mondo vegetale, in particolare nella frutta -
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soprattutto mele e pere- in concentrazione maggiore rispetto al glucosio.
Nel sangue umano è presente solo in tracce dove è gran parte
convertito, nelle cellule epatiche ed intestinali, in glucosio. Ha un potere
dolcificante nettamente superiore rispetto
agli altri zuccheri
• Galattosio
Libero è presente solo in alcuni frutti, ma la sua importanza è come
costituente degli oligosaccaridi (lattosio) e polisaccaridi. Nel nostro
organismo viene metabolizzato dopo essere stato trasformato in
glucosio.
- Disaccaridi
Costituiscono la classe nutrizionalmente più importante. Tra questi vale la pena
ricordare:
• Lattosio
E' contenuto nel latte dei mammiferi in diverse concentrazioni: nel latte
materno al 6%, nel latte vaccino al 4%. E' il meno dolce ed il meno
solubile di tutti gli zuccheri.
• Saccarosio
E' lo zucchero maggiormente rappresentato e che viene abitualmente
usato come ingredienti in molti prodotti alimentari; si ottiene
industrialmente dalla canna da zucchero o dalla barbabietola. In natura si
trova nella frutta matura ed in molti ortaggi.
• Maltosio
Si trova nel malto e si ottiene mediante idrolisi dell’amido
- Polisaccaridi
Sono la riserva energetica di piante ed animali e trovano in genere depositati
sotto forma di granuli. Tra i più importanti vanno menzionati:
• Amido
E' la riserva energetica di piante. L'amido viene attaccato dall'amilasi,
enzima presente nel nostro apparato digerente che riduce l'amido prima
in destrine lineari e successivamente in maltosio (disaccaride formato da
due molecole di glucosio e isomaltosio.
• Glicogeno
E' il corrispettivo animale dell'amido. L'organismo ne contiene circa 350
gr localizzati principalmente nel fegato e nei muscoli. E' un polimero del
glucosio ma ha scarsa importanza alimentare poiché viene rapidamente
degradato a glucosio e acido lattico. L'importanza biologica è invece
fondamentale poiché rappresenta, nei muscoli, una riserva energetica a
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rapida utilizzazione e nel fegato un deposito indispensabile per
mantenere costante il glucosio nel sangue: la glicemia.
• Cellulosa
E’ un polimero del glucosio e costituisce fibre molto robuste. Il legno, il
cotone, il lino, la paglia e la pannocchia del mais sono costituite
essenzialmente di cellulosa. Non è metabolizzabile dall’apparato
digerente umano e di molti altri animali.
FALSE CREDENZE SUGLI ZUCCHERI
• Non è vero che i succhi di frutta “senza zuccheri aggiunti” siano privi di
zuccheri, contenendo gli zuccheri naturali della frutta – saccarosio,
glucosio e fruttosio – nella misura dell’8/10% e quindi forniscono circa
70 kcal per bicchiere.
• Non è vero che i prodotti light o senza zucchero non facciano ingrassare
e quindi possano essere consumati liberamente. Molti di questi
prodotti apportano calorie anche in notevoli quantità.
Lipidi
I lipidi costituiscono la principale forma di riserva energetica degli organismi,
entrano nella costituzione delle membrane biologiche, svolgono importanti
funzioni bioregolatrici quali l’assorbimento delle vitamine liposolubili A, D, E, K.
I lipidi alimentari rappresentano una forma di energia concentrata per il corpo
umano. Un grammo di lipidi sprigiona più del doppio dell'energia rispetto alla
stessa quantità di glucidi e proteine: 9 kcal ogni gr di grassi.
Esiste in realtà una certa confusione tra i "grassi" ed i "lipidi". I primi vengono
identificati con quelle sostanze untuose che rientrano nella costituzione di
alcuni alimenti come burro, margarina, gli oli ed alcune parti delle carni.
Chimicamente i grassi sono dei trigliceridi: esteri della glicerina con acidi grassi
variamente miscelati. I grassi depositati nell'organismo sono essenzialmente
trigliceridi misti.
I lipidi, invece, comprendono i trigliceridi ma anche i fosfolipidi e gli steroli. Ciò
che accomuna i lipidi e i grassi è la loro assoluta insolubilità in acqua e la loro
solubilità in solventi organici come etere, cloroformio, benzolo. Fisicamente si
presentano solido-pastosi (grassi) o liquidi (oli) a temperatura ambiente.
I lipidi hanno funzioni biologiche molto differenziate:
• lipidi di riserva o di deposito: essenzialmente trigliceridi che si
accumulano nel tessuto adiposo;
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• lipidi strutturali o di membrana: fosfolipidi, glicolipidi, steroli
• lipidi con attività biologiche specifiche: ormoni, messaggeri intracellulari,
trasportatori di elettroni ecc.
• forniscono acidi grassi essenziali
• veicolano le vitamine liposolubili
• conferiscono appetibilità ai cibi e sazietà.
I lipidi circolanti nel sangue o presenti nelle strutture cellulari sono spesso
legati ad altre molecole formando delle strutture complesse, quali ad es. le
lipoproteine (lipidi + proteine) o glicolipidi (glucidi + lipidi).
Una classificazione utile da un punto di vista nutrizionale è quella che divide i
lipidi in lipidi semplici e lipidi complessi: i primi sono presenti soprattutto negli
alimenti e nel tessuto adiposo del corpo umano, i secondi sono presenti
nel plasma e nelle strutture cellulari sia di origini animali che vegetali.
La parte più variabile dei lipidi è la catena degli acidi grassi che possono
differire per: lunghezza della catena carboniosa, tipo di legame carbonioso,
posizione spaziale del doppio legame.
Gli acidi grassi possono anche essere classificati in:
• saturi: quando presentano tutti legami semplici; come ad esempio
l'acidostearico, l'acidobutirrico e l'acidopalmitico. Sono contenuti nei
grassi animali (burro, lardo, carne ecc.).
• monoinsaturi: quando nella catena è presente un solo doppio legame;
• polinsaturi: quando i doppi legami sono due o più.
Quasi tutte le molecole lipidiche dell'organismo sono prodotte per sintesi
endogena, tranne gli "acidi grassi essenziali" che il nostro corpo non è in grado
di sintetizzare e che devono essere quindi introdotti con la dieta, cioè l’acido
linoleico, l’acido linolenico e l’acido arachidonico.
Vitamine
Scoperte nel 1911 dal medico polacco Kazimierz Funk, che estrasse per la prima
volta dalla crusca una sostanza in grado di curare il beri beri, le vitamine sono
un gruppo di sostanze organiche presenti negli alimenti, molto varie da un
punto di vista chimico, non sintetizzabili dall'organismo ed essenziali affinché il
metabolismo cellulare si svolga in modo regolare. Questi composti devono
quindi essere introdotti dall'esterno, con gli alimenti tuttavia non c'è nessun
alimento che le contenga tutte.
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Tra le caratteristiche, che accomunano queste sostanze così eterogenee tra
loro, c'è quella di agire a piccole dosi - venivano chiamate micronutrienti - e di
non avere importanza da un punto di vista energetico. Ogni vitamina ha un
ruolo ben preciso ed insostituibile.
Le vitamine si possono suddividere in due grandi gruppi:
idrosolubili: non accumulabili dall’organismo e quindi da assumere
quotidianamente con l’alimentazione. Si tratta di tutte le vitamine del gruppo
B, compreso l’acido folico, della vitamina H, PP e C.
liposolubili: vengono assorbite assieme ai grassi alimentari e accumulate nel
fegato. La carenza si manifesta quindi in seguito a una mancata assunzione per
tempi lunghi. Ne fanno parte la vitamina A, D, E e K.
Vitamine idrosolubili
Vitamine del gruppo B: tiamina (B1): necessaria nel metabolismo dei
carboidrati, favorisce lo stato generale di nutrizione dei tessuti nervosi. La
carenza causa danni al sistema nervoso, deperimento generale e alcune
condizioni specifiche come il beri beri, molto diffuso tra le popolazioni che si
cibano principalmente a base di riso brillato, e la sindrome di Wernicke, una
grave forma di stato confusionale. La tiamina è molto diffusa sia negli alimenti
vegetali che in quelli animali, come i cereali, i legumi, la carne di maiale, il
lievito di birra, ed è prodotta in parte anche dalla flora intestinale ma il suo
fabbisogno, che è di almeno 0,8 mg al giorno (0,4 mg ogni 1000 kcal assunte) è
appena coperto da un normale regime alimentare.
riboflavina (B2): importante per lo stato di nutrizione della pelle e delle
mucose, la riboflavina è raramente scarsa nell’alimentazione delle popolazioni
dei paesi ricchi. La sua carenza è invece evidente nelle popolazioni povere,
dove associata a un generale stato di sottonutrizione, causa alterazioni della
pelle, lesioni alle mucose e al tubo digerente. E’ molto diffusa nel lievito di
birra, nel germe di grano, nei cereali integrali, nel fegato, nella carne, nel latte e
nelle uova ed è prodotta anche dalla flora intestinale. Una certa parte però
viene perduta con la cottura dei cibi. Il fabbisogno giornaliero è di 0,6 mg ogni
1000 kcal assunte.
acido pantotenico (B5): vitamina importantissima nella protezione da una serie
di condizioni patologiche, è molto diffusa in tutti gli alimenti sia animali che
vegetali, soprattutto nel fegato, tuorlo d’uovo, legumi e lievito di birra. E’
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carente solo in stati di grave denutrizione, e il suo fabbisogno quotidiano è di 312 mg al giorno.
piridossina (B6): precursore di un enzima importante nel metabolismo dei
composti azotati, la presenza della vitamina B6 influenza l’efficienza
nell’utilizzo delle proteine da parte dell’organismo, ma anche la sintesi
dell’emoglobina e il metabolismo dei carboidrati e dei lipidi. La carenza di B6 è
piuttosto rara, e solitamente causa apatia e debolezza, e in qualche caso una
forma di anemia ipocromica, dove i globuli rossi sono più chiari del solito. E’
molto diffusa tra gli alimenti, nella carne, nel pesce, nei legumi ed è resistente
anche a molti trattamenti industriali. Il fabbisogno giornaliero è stimato in
almeno 1,1 mg al giorno per le donne e 1,5 mg al giorno per gli uomini.
cobalamina (B12): si tratta di un gruppo di sostanze contenenti cobalto,
coinvolte nel metabolismo degli acidi grassi, degli amminoacidi e degli acidi
nucleici. La condizione di carenza è piuttosto rara, e si può manifestare solo nei
casi di dieta vegetariana stretta. In questo caso, è particolarmente delicata la
fase di gravidanza, dove la carenza nella madre può avere effetti molto
pericolosi per il nascituro. La carenza però può derivare anche dall’assenza del
fattore che ne facilita l’assorbimento a livello intestinale, con conseguenti
disturbi a carico del sistema nervoso e della produzione delle cellule del
sangue, fino a una forma di anemia definita ‘perniciosa’. E’ presente in tutti gli
alimenti animali in minime quantità, in particolare nel fegato, nella carne, nel
pesce nel latte e nelle uova, ed è resistente alla cottura. Il suo fabbisogno
minimo giornaliero, normalmente coperto dalla dieta, è di almeno 2 mg al
giorno.
Vitamina C – acido ascorbico: Oltre a partecipare a numerose reazioni
metaboliche e alla biosintesi di collagene, di alcuni aminoacidi e ormoni, la
vitamina C è anche un anti ossidante, interviene nelle reazioni allergiche
potenziando la risposta immunitaria, neutralizza i radicali liberi e svolge una
funzione protettiva a livello di stomaco, inibendo la sintesi di sostanze
cancerogene. La sua carenza provoca una condizione definita scorbuto, una
malattia che in passato era molto diffusa tra i marinai che assumevano poca
frutta e verdura, i cui primi sintomi sono apatia, anemia e inappetenza e poi,
proprio per la mancata sintesi di collagene, sanguinamento delle gengive,
caduta dei denti, dolori muscolari, fragilità dei capillari e emorragie
sottocutanee. La vitamina C è contenuta soprattutto negli alimenti freschi,
come frutta e verdura, in particolare kiwi, agrumi, pomodori e peperoni. La
vitamina viene però facilmente deteriorata durante i trattamenti di
conservazione e cottura, si perde facilmente durante i lavaggi e la cottura in
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acqua e viene danneggiata anche dall’ossigeno e dal calore. Per assicurare un
buon apporto di vitamina C è quindi necessario consumare frutta e verdura
freschissime e crude o poco cotte. Il fabbisogno di vitamina C è di 60 mg al
giorno (70 in gravidanza).
Vitamina H – Biotina La biotina partecipa alla sintesi di glucosio e di acidi
grassi. Essendo una vitamina molto presente negli alimenti e
abbondantemente prodotta anche dalla flora intestinale, non è solitamente
carente nell’organismo. Si trova soprattutto nel fegato, nel pollo, nel tuorlo
d’uova, nella frutta secca, in diversi ortaggi e frutta fresca, nel latte e formaggi,
nel pesce. Il fabbisogno giornaliero è di 15-100 µg al giorno, solitamente
soddisfatto da una normale dieta alimentare.
Vitamina PP – Niacina La vitamina PP prende parte alle reazioni della
respirazione cellulare, della sintesi e demolizione di amminoacidi, acidi grassi e
colesterolo. La carenza di niacina causa la pellagra, una condizione molto
diffusa nelle zone povere anche del nostro paese fino all’inizio del ‘900, a causa
di una alimentazione principalmente consistente in mais, povero di niacina e
ricco di antivitamina PP, una sostanza che si combina con la vitamina PP e la
rende non disponibile per l’organismo. Tipici sintomi della pellagra sono
dermatiti, macchie e desquamazioni epidermiche, disturbi intestinali, diarrea,
fino ad alterazioni neurologiche, come la demenza. La niacina è molto diffusa
negli alimenti di origine animale, e viene sintetizzata dall’organismo a partire
dall’aminoacido triptofano quindi una dieta a base di proteine ne garantisce un
apporto sufficiente. Il fabbisogno giornaliero è di 6,6 mg per 1000 kcal assunte.
Vitamine liposolubili
Retinolo – vitamina A Il retinolo e i suoi precursori, i carotenoidi, costituiscono
uno dei fattori indispensabili per la vista, in quanto sono componenti della
rodopsina, la sostanza sensibile alla luce presente sulla retina oculare. La
carenza di retinolo comporta difetti alla vista che possono arrivare, nei casi più
gravi, fino a completa cecità. La vitamina A però svolge anche un ruolo nel
processo di differenziazione cellulare, ed è quindi molto importante per un
corretto sviluppo dell’individuo, per la sua capacità di risposta immunitaria, per
l’integrità del suo sistema di tessuti. Evidenze scientifiche indicano un ruolo
della vitamina A come agente antitumorale. Una carenza di vitamina A quindi
può provocare malformazioni fetali, difficoltà nel processo di sviluppo e
crescita, sensibilità alle infezioni. Il retinolo è presente soprattutto negli
alimenti animali, nel fegato, nel formaggio, nel burro, nelle uova e nel latte. Nei
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vegetali si trovano invece i carotenoidi, soprattutto nella frutta e verdura di
colore arancione, giallo e rosso, come il pomodoro, la carota, le albicocche,
l’anguria, i frutti di bosco. La vitamina A viene perduta in gran parte durante il
processo di cottura. Essendo liposolubile, si accumula a livello del fegato, e può
comportare, se assunta in eccesso, problemi di ipervitaminosi che possono
causare anche danni permanenti a fegato e milza. Il fabbisogno giornaliero
dunque è di 0,6-0,7 mg al giorno di retinolo, fino a 0,95 durante l’allattamento
(1 mg di retinolo equivale a 6 mg di β-carotene). E’ però consigliabile non
assumere più di 9 mg al giorno di retinolo per gli uomini e di 7,5 per le donne.
Tocoferolo – vitamina E
La vitamina E è un antiossidante che contribuisce al mantenimento
dell’integrità cellulare. Si ossida e degrada facilmente alla luce e in presenza di
calore, quindi durante il processo di cottura e quello di raffinazione dell’olio
vegetale. E’ contenuta soprattutto in frutti oleosi, come le olive, il germe di
grano, i semi. Una carenza di vitamina E, generalmente associata a una
malnutrizione, comporta difetti generali dello sviluppo, compresi disturbi al
sistema nervoso e al metabolismo generale. Il fabbisogno si aggira sugli 8 mg al
giorno.
Calciferolo – vitamina D
Esistono due forme di vitamina D: l’’ergocalciferolo, assunto con il cibo, e il
colecalciferolo sintetizzato dall’organismo. La vitamina D è un regolatore del
metabolismo del calcio e favorisce dunque anche una corretta mineralizzazione
dello scheletro. La maggior parte della vitamina D viene sintetizzata
dall’organismo, per azione dei raggi del sole, a partire da derivati del
colesterolo presenti nella pelle. La carenza di vitamina D comporta il rischio di
rachitismo nei bambini, con conseguente deformazione delle ossa e arresto
della crescita, e di osteomalacia negli adulti, una intensa forma di
decalcificazione ossea. Un eccesso di vitamina D, al contrario, può causare
calcificazioni diffuse negli organi, contrazioni e spasmi muscolari, vomito,
diarrea. La normale esposizione ai raggi del sole è sufficiente a coprire il
fabbisogno di vitamina D negli adulti, e va quindi assunta solo durante la fase di
accrescimento e durante la gravidanza e l’allattamento. In questi casi
l’assunzione dovrebbe essere di 10µg al giorno come integratore, vista la scarsa
presenza di vitamina D negli alimenti, con l’eccezione dell’olio di fegato di
merluzzo.
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Krav Maga Fesik
Vitamina K
La vitamina K svolge un ruolo importantissimo nel processo di coagulazione del
sangue. Una carenza, che si verifica però raramente in seguito a malattie che
impediscono l’assorbimento intestinale o a prolungati trattamenti antibiotici,
comporta quindi emorragie. Il fabbisogno di vitamina K è di circa 60 µg al
giorno, normalmente coperto dalla sintesi endogena a livello di flora
intestinale. Fonti di vitamina K sono i vegetali, in particolare cavoli e spinaci, e il
fegato.
Vitamina Fonte
A
Principali funzioni
Olio di fegato di pesci, Costituisce
la
rodopsina
(pigmento
fegato mammiferi, latte, visivo), promuove il mantenimento degli
burro, formaggio, uova
epiteli, svolge azione protettiva contro il
cancro
B1
Lievito di birra, cereali, Trasmissione dell’impulso nervoso
frutta,
legumi,
fegato,
uova, latte
B2
Cereali,
legumi, Favorisce la respirazione cellulare
frutta,
fegato, uova, latte
B6
Lievito,
cereali,
frutta, Favorisce
il
metabolismo
degli
legumi, fegato, uova, latte, amminoacidi
cervello , verdura
B12
Alimenti di origine animale Controlla la sintesi degli acidi nucleici e
favorisce la sintesi dell’emoglobina
C
Peperoni,
rape,
cavoli, Azione
agrumi, prezzemolo
D
disintossicane,
antiossidante,
rafforza il sistema immunitario
Olio di fegato di pesci, Regola il metabolismo del calcio nelle
fegato mammiferi, latte, ossa
burro,
formaggio,
uova,
lievito
E
Verdure a
foglia larga, Fissa
il
ferro
nella
molecola
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semi e frutti oleosi, oli, dell’emoglobina dei globuli rossi
fegato, uova, latticini
K
Ortaggi, carne
PP
Lievito
di
Favorisce la coagulazione del sangue
birra,
fegato, pesce, legumi
carne, Favorisce
il
metabolismo
lipidico,
glucidico e proteico
Acido
Verdure a foglia larga e Previene l’insorgenza nel feto della spina
folico
verde, legumi, arance, latte bifida
ALTRI COSTITUENTI
Enzimi
Gli enzimi sono sostanze presenti sia nel regno animale che in quello vegetale.
Hanno una struttura chimica molto complessa e per la nostra vita sono
indispensabili in quanto funzionano da catalizzatori, permettono cioè lo
svolgimento di reazioni chimiche, abbassando notevolmente i tempi di
reazione, senza combinarsi con gli elementi della reazione stessa.
Oli essenziali
Sono chiamati anche essenze e sono sostanze volatili che i vegetali utilizzano
per attirare gli insetti o difendersi dai germi. Nel nostro corpo favoriscono la
digestione e svolgono un’azione antisettica. Ne sono ricche le piante odorose
come la menta e la salvia.
Alcol etilico (Etanolo)
Un discorso a parte meritano le bevande alcoliche che sono costitute per la
maggior parte da acqua ed alcol etilico; una minima quantità è rappresentata
da altre sostanze sia naturali che aggiunte, cioè composti aromatici, coloranti
antiossidanti, vitamine ecc. L’alcol è una sostanza estranea all’organismo e non
essenziale. Il corpo umano è tuttavia in grado di sopportare l’etanolo senza
danni evidenti a patti che si rimanga entro limiti fisiologici. Una volta assorbito
l’etanolo entra nel sangue e di li va in tutti i liquidi corporei: non essendovi
possibilità di deposito per l’alcol nell’organismo esso deve essere rapidamente
metabolizzato ad opera di enzimi specifici, a livello gastrico e soprattutto
epatico. La capacità degli enzimi presenti nel fegato di trasformare l’etanolo è
limitata. In alcuni individui, in alcune razze e nelle donne l’efficienza di questo
sistema è molto ridotta. Queste persone sono quindi più sensibili all’alcol.
Infine una piccolissima quantità di etanolo viene eliminata inalterata attraverso
polmoni, urina e sudore.
FALSE CREDENZE SULL’ ALCOL
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• Non è vero che l’alcol aiuti la digestione; al contrario la rallenta e
produce ipersecrezione gastrica con alterato svuotamento dello
stomaco.
• Non è vero che il vino faccia buon sangue; è vero invece che un abuso di
alcol può essere responsabile di varie forme di anemia e di un aumento
dei grassi presenti nel sangue.
• Non è vero che le bevande alcoliche dissetino ma al contrario
disidratano; l’alcol richiede una maggior quantità di acqua per il suo
metabolismo e in più aumenta le perdite di acqua attraverso le urine.
• Non è del tutto vero che l’alcol riscaldi. In realtà la vasodilatazione di cui
è responsabile produce soltanto una momentanea e ingannevole
sensazione di calore che in breve però comporta un ulteriore
raffreddamento.
• Non è vero che l’alcol aiuti a riprendersi da uno shock; al contrario
provocando vasodilatazione periferica determina un diminuito afflusso
agli organi interni e soprattutto al cervello.
• Non è vero che l’alcol dia forza. Essendo un sedativo produce soltanto
una diminuzione del senso di affaticamento e di dolore.
Fibre
Le fibre presenti esclusivamente negli alimenti vegetali, non sono utilizzabili dal
nostro organismo, non vengono digerite né assorbite. Sono comunque molto
utili perché garantiscono un buon funzionamento delle attività intestinali
favorendo l'allontanamento delle sostanze tossiche. Contribuiscono anche ad
aumentare il senso di sobrietà, comportando così una minore introduzione di
cibi. Le fibre si dividono in:
Idrosolubili: Le fibre idrosolubili sono contenute in frutta, verdura, legumi e
alghe. A contatto con l'acqua aumentano di volume, trasformandosi in una
massa gelatinosa.
Una volta ingerite contribuiscono a dare un senso di sobrietà; sono inoltre in
grado di intrappolare zuccheri, grassi e colesterolo rallentandone
l'assorbimento: ciò è di grande utilità nel trattamento di varie malattie, tra cui
l'obesità e il diabete.
Importante è anche l'attività lassativa, derivante dall'aumento del volume
fecale.
Non Idrosolubili: Le fibre non idrosolubili sono contenute in cereali, frutta,
verdura e legumi. Una volta introdotte nel nostro corpo esse favoriscono
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Krav Maga Fesik
l'eliminazione dei rifiuti della digestione. Mescolandosi alla massa fecale ne
accrescono il volume e determinano un effetto lassativo blando, ma costante.
Al loro passaggio, inoltre, catturano sali biliali, colesterolo ed altre sostanze
tossiche favorendone l'eliminazione.
INTEGRATORI ALIMENTARI
DEFINIZIONE
All'articolo 2 del Decreto Legislativo n° 169 del 21 Maggio 2004 viene dichiarato
che: ai fini del presente decreto si intendono per «integratori alimentari» i
prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono
una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di
altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare ma non in
via esclusiva aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine
vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate. I termini:
«complemento alimentare» o: «supplemento alimentare» sono da intendersi
come sinonimi di: «integratore alimentare».
ETICHETTATURA DI UN INTEGRATORE ALIMENTARE
Le direttive relative agli integratori alimentari sono riportate nel decreto
legislativo del 1992, applicazione delle direttive 89/395-396/CEE; a tale decreto
sono state apportate successive modifiche con relative circolari. In particolare,
le norme riguardanti l'etichettatura degli integratori sono definite nell'articolo
6. Secondo norme di legge l'etichetta deve arrecare la nomenclatura
"integratore alimentare" o suoi sinonimi, elencati nell'art.2. In etichetta non
devono essere attribuite al prodotto proprietà terapeutiche e/o curative, non
deve essercene neppure riferimento. È assolutamente vietato affermare che
una dieta equilibrata e variata non è in grado di garantire in quantità sufficienti
le sostanze nutrizionali. L'etichetta deve obbligatoriamente riportare: il nome
delle varie sostanze che compongono l'integratore; la dose giornaliera
raccomandata; avvertenze riguardanti un uso non eccessivo; indicazioni riferite
al prodotto non come un sostitutivo della dieta; tenere fuori dalla portata dei
bambini; effetti fisiologici e nutritivi attribuiti all'integratore. Devono essere
indicate qualitativamente e quantitativamente (quantità riferite alla dose
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Krav Maga Fesik
giornaliera raccomandata) le sostanze nutritive o con effetto nutritivo
contenute.
CATEGORIE
Gli integratori possono dunque essere divisi in queste macro-categorie:
•
•
•
•
PER LO SPORT
PER LA SALUTE E IL BENESSERE
DIETETICI
CONTRO L’INVECCHIAMENTO
Noi ci soffermiamo solo sulla prima categoria.
Gli elementi nutrizionali comunemente più diffusi come integratori alimentari
per lo sport sono:
PROTEINE
AMINOACIDI (RAMIFICATI CHIAMATI ANCHE BCAA OPPURE IN POOL)
CARBOIDRATI
CREATINA
SALI MINERALI
VITAMINE
STIMOLATORI ANABOLICI (ES. HMB, TRIBULUS…)
ANTICATABOLICI (ES. GLUTAMMINA, ORNITINA)
OTTIMIZZATORI METABOLICI (ES. TERMOGENETICI COME CAFFEINA,
GUARANA’…)
ENERGIA E METABOLISMO
Abbiamo visto che gli alimenti sono tutte quelle sostanze che contengono
principi nutritivi che si liberano durante il processo digestivo. Chimicamente gli
alimenti si classificano in alimenti semplici e complessi.
Per alimenti semplici si intendono i cosiddetti principi nutritivi che vengono
subito utilizzati dall’organismo per ricavare energia.
Gli alimenti complessi possono invece essere utilizzati dall’organismo solo dopo
essere stati sottoposti al lavoro digestivo.
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Krav Maga Fesik
•
•
•
•
•
•
Questa energia ricavata dagli alimenti, semplici o complessi che siano, che
nominiamo genericamente energia chimica verrà poi convertita in altri tre tipi
di energia:
l’energia termica, che serve a mantenere costante la temperatura del corpo a
36°C;
l’energia meccanica, che si esplica nel lavoro muscolare;
l’energia elettrica, che serve a trasmettere gli impulsi nervosi ai muscoli.
Questo concetto prende il nome di metabolismo energetico.
Nell’uomo il mantenimento delle funzioni vitali è legato al continuo
svolgimento di reazioni chimiche di sintesi e di scissione le quali vanno sotto il
nome di metabolismo. Le reazioni metaboliche si dividono in reazioni che
liberano energia, o cataboliche, o catabolismo e reazioni che assorbono
energia, o anaboliche, o anabolismo.
L’organismo umano è sede di continui scambi materiali ed energetici. Durante
questi scambi possono verificarsi tre condizioni:
le uscite sono esattamente compensate dalle entrate e l’organismo si trova in
equilibrio materiale;
le uscite superano le entrate, per cui la massa dell’organismo accresce;
le uscite superano le entrate e l’organismo non riesce a mettere in atto tutti i
processi fisiologici.
FABBISOGNO ENERGETICO DELLA DIETA
Ogni organismo vivente per il mantenimento delle funzioni vitali, per
l’accrescimento, per compiere lavoro muscolare utilizza l’energia contenuta
negli alimenti. Tale energia viene espressa in joule o, secondo un uso ancora
molto diffuso in kilocalorie.
L’ unità di misura dell’energia più usata in dietologia è la Chilocaloria (Kcal) o
grande Caloria (Cal). Si definisce Kcal la quantità di calore che si deve fornire a
1 Kg di acqua distillata per portarla dalla temperatura di 14,5°C a 15,5°C.
Nel Sistema Internazionale viene invece utilizzato il Kilojoule (Kj). Una Kcal è
uguale a 4,18 Kj, quindi per trasformare le Kcal in Kj basta moltiplicare per 4,18.
Il fabbisogno calorico (FC) rappresenta la quantità di calorie necessaria nelle 24
ore.
Il fabbisogno calorico è dato dalla somma delle calorie richieste dai seguenti
fattori:
Metabolismo basale (MB). Esprime la quantità di calorie che l’individuo
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Krav Maga Fesik
consuma a digiuno e a riposo; esso è dovuto all’energia spesa per il
compimento delle funzioni vitali, come circolazione, respirazione ecc. Un
esaltazione del metabolismo basale si ha in alcuni stati patologici.
Accrescimento. Il fabbisogno calorico per questa funzione è nullo nell’adulto
mentre nel bambino è tanto maggiore quanto è più intenso l’accrescimento.
Attività muscolare. Rappresenta certamente il fattore più importante ai fini di
modificare la richiesta energetica. E’ limitato nei neonati, ma è elevato nei
bambini e negli adulti che esplicano un’intensa attività motoria.
Azione dinamico-specifica (ADS) degli alimenti detta anche Termogenesi
indotta dalla dieta (TID). Esprime l’energia consumata dall’organismo per
l’utilizzazione degli alimenti. Nell’uomo l’ADS è massima per le proteine, poi
vengono i glucidi ed infine i lipidi.
Termoregolazione. Comprende le calorie occorrenti per mantenere costante la
temperatura corporea. Tale fabbisogno aumenta con il freddo.
Perdite caloriche. Si verificano per l’incompleta digestione degli alimenti che
vengono successivamente eliminati con le feci, e per l’emissione, attraverso gli
escreti o i secreti (urine, sudore ed altri), di sostanze che posseggono ancora un
certo valore calorico.
METABOLISMO BASALE
•
•
•
•
•
II Metabolismo Basale rappresenta l'attività metabolica ossia l'energia utilizzata
da un individuo, in condizioni di riposo mentale e fisico, in posizione supina, a
digiuno da 12 ore e con una temperatura ambientale di 20 gradi. Il
metabolismo basale non è costante e viene influenzato da vari fattori:
Superficie corporea: Se si aumenta la superficie corporea aumenta il
metabolismo basale e viceversa;
Età: aumentando l'età diminuisce il metabolismo basale e viceversa, poichè,
essendo il metabolismo basale espressione principale del consumo di energia
della massa magra, con l'avanzare dell'età diminuisce la massa muscolare ed
aumenta il tessuto adiposo;
Massa muscolare: aumento della massa muscolare aumento del metabolismo
basale;
Clima: diminuzione della temperatura aumento del metabolismo basale e
viceversa;
Stato di nutrizione: digiuno ed una bassa nutrizione diminuiscono il
metabolismo basale che aumenta nelle alimentazioni iperproteiche;
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Krav Maga Fesik
•
•
Febbre: il metabolismo basale aumenta del 13% ogni aumento di 1 grado di
temperatura corporea;
Farmaci: i sedativi diminuiscono il metabolismo basale;
•
Come calcolare il proprio metabolismo basale
METABOLISMO BASALE UOMO
METABOLISMO BASALE DONNA
Kg. peso corporeo x 24
Kg. peso corporeo x 24 x 0.85
FABBISOGNO CALORICO QUOTIDIANO
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•
Il fabbisogno calorico o energetico quotidiano (FCQ) viene definito l'apporto di
energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico
in individui che abbiano dimensioni e composizione corporea compatibili con
uno stato di salute a lungo termine.
Ogni atto della vita implica una trasformazione di energia o in altri termini un
dispendio di energia. Compiendo un qualsiasi lavoro muscolare noi
consumiamo energia ma anche quando riposiamo il consumo pur diminuendo
non cessa mai del tutto. Il lavoro muscolare del cuore ed il lavoro dei muscoli
della respirazione implicano una considerevole quantità di energia in qualsiasi
istante, il che vale anche per gli altri muscoli che pur se in riposo, hanno tutti un
loro “tono muscolare”.
Gli organismi viventi utilizzano essenzialmente due fonti di energia;
l’energia solare, utilizzata dalle piante verdi nella sintesi del glucosio durante il
processo di fotosintesi clorofilliana
l’energia liberata nei processi ossidativi dai glucidi, dai lipidi e dalle proteine.
L’energia è dunque necessaria:
per compiere il lavoro chimico di sintesi dei nuovi costituenti
per preservare l’integrità dell’organizzazione cellulare
per compiere il lavoro meccanico
per essere convertita in calore.
Il dispendio energetico consta delle seguenti voci:
metabolismo basale
termogenesi indotta dalla dieta o azione dinamico-specifica degli alimenti
livello di attività fisica o fabbisogno energetico di attività
Il metabolismo basale incide per il 65/75% sul fabbisogno energetico totale,
il livello di attività fisica ossia il dispendio energetico sull’intero arco della
giornata è strettamente dipendente dal tipo, dalla frequenza e dall'intensità
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Krav Maga Fesik
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•
•
delle attività condotte dall'individuo nell'arco della giornata, Il livello di attività
fisica può variare da un minimo del 15% (attività leggere) ad anche un 75/80%
(attività pesante).
Si distinguono 3 livelli:
Sedentario (impiegato,
studente): 20
% del
metabolismo
basale
Moderato (casalinga,
commessa): 40
% del
metabolismo
basale
Pesante (facchino, taglialegna): 80 % del metabolismo basale
A queste voci vanno eventualmente aggiunte il dispendio per:
la crescita
la gravidanza e l’allattamento (+200/400 Kcal/24 h)
il clima caldo-umido (-5% ogni 10°C in più)
il clima freddo (+5% ogni 10°C in meno ai 18°C)
La termogenesi è una extraproduzione di calore da parte dell’organismo sotto
particolari stimoli o in condizioni particolari. Si può distinguere:
La Termogenesi Indotta dalla Dieta (TID) o Azione dinamico-specifica (ADS)
degli alimenti - rappresenta l'incremento del dispendio energetico in risposta
all'assunzione di alimenti. Mediamente può essere valutata in circa 7-15% del
dispendio energetico totale.
La TID varia in funzione della quantità e del tipo di alimenti ingeriti. Si distingue
la termogenesi facoltativa legata alla quantità di alimenti assunti, e la
termogenesi obbligatoria dovuta all’utilizzazione dei singoli nutrienti (processi
fisiologici e metabolici). Lo stimolo termogenico maggiore è dato dalle proteine
e dagli aminoacidi (10-35% dell'energia ingerita), mentre valori inferiori sono
attribuibili a carboidrati (5-10% dell'energia ingerita) e lipidi (2-5%). Esiste
infine una termogenesi dovuta a sostanze ad azione nervina presenti in
prodotti di uso comune (caffè, tè, tabacco, ecc.) che può assumere, in base
all’entità dei consumi, un significato rilevante.
In conclusione, la spesa calorica quotidiana dipende da due voci fisse:
il metabolismo
basale (all’incirca
1400-1600
calorie)
e
dalla termogenesi (all’incirca 400-600 calorie), e da una variabile, vale a dire
l’attività fisica. Con l’alimentazione vengono fornite le calorie di cui l’organismo
necessita per far fronte alla richiesta dei fattori appena evidenziati. I soli
nutrienti in grado di fornire energia al nostro corpo sono le proteine, i
carboidrati, i grassi e l'alcool. Se però l’assunzione calorica con gli alimenti è
superiore a quella dei consumi, è chiaro che si determina un bilancio positivo,
nel quale le entrate superano le uscite. Tale aspetto è evidenziato da un
aumento del peso corporeo e dei depositi di grasso, e questa situazione è
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Krav Maga Fesik
deleteria per ogni podista, perché determina un aumento del costo energetico
della corsa e di conseguenza uno scadimento delle prestazioni.
FABBISOGNO CALORICO QUOTIDIANO
(METABOLISMO BASALE + LIVELLO DI ATTIVITA’ FISICO)
FABBISOGNO QUALITATIVO DELLA DIETA
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•
•
Per garantire un’adeguata alimentazione è utile conoscere, oltre il fabbisogno
energetico, anche quello qualitativo.
Le sostanze metabolizzabili contenute negli alimenti subiscono come ultima
trasformazione un processo di ossidazione, da cui deriva l’energia necessaria
all’organismo.
Per coefficiente calorico si intende la quantità di calore liberata da un grammo
di principi nutritivi.
I valori sono i seguenti:
1 g di protidi sviluppa 5,6 kcal
1 g di lipidi sviluppa 9,3 kcal
1 g di glucidi sviluppa 4,1 kcal
Vitamine e sali minerali sviluppano 0 Kcal
Questi valori sono stati calcolati usando la bomba calorimetria di Mahler. Nel
calorimetro però la demolizione delle proteine è completa mentre
nell’organismo umano produce urea, che contiene ancora energia; infatti le
proteine hanno una funzione plastica non energetica. Pertanto il coefficiente
calorico risulta essere in realtà di 4,4 Kcal/g.
In più non tutti i principi nutritivi introdotti con gli alimenti sono assorbiti
completamente a livello intestinale, ma ciascuno di essi ha un
diverso coefficiente di assorbimento:
Proteine: 92 %
Lipidi: 97 %
Glucidi: 98 %
Pertanto i coefficienti calorici dei tre principi nutritivi, nell’organismo umano si
calcolano nel seguente modo:
Glucidi: 4,1 X 0,98 = 4,018 Kcal
Lipidi: 9,3 X 0,97 = 9,021 Kcal
Proteine: 4,4 X 0,92 = 4,048 Kcal
Quindi approssimando i valori calorici sono i seguenti:
1 g di protidi sviluppa 4 kcal
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Krav Maga Fesik
•
•
•
•
•
1 g di lipidi sviluppa 9 kcal
1 g di glucidi sviluppa 4 kcal
Il coefficiente calorico delle vitamine e dei sali minerali è uguale a zero. Ciò
significa che tali principi nutritivi non hanno metabolismo, cioè non si possono
né formare né scindere nel nostro organismo. In conclusione tali principi
nutritivi debbono essere obbligatoriamente presenti nella nostra dieta.
Per una persona adulta la dieta giornaliera bilanciata dovrebbe contenere i
principi alimentari nelle seguenti proporzioni:
protidi: 10 – 15 %
lipidi: 20 – 30 %
glucidi: 55 – 60 %
Nei nostri climi, una corretta alimentazione dovrebbe contenere glucidi, lipidi e
protidi grosso modo nelle proporzioni di 1/2, 1/3 e 1/6 del totale. Ad esempio,
per un fabbisogno energetico di 2400 kcal 1200 dovrebbero essere fornite dai
glucidi, 800 dai lipidi e 400 dai protidi.
IL PESO IDEALE
Il calcolo del peso ideale non è un'impresa così semplice come si potrebbe
pensare. Esistono vari metodi per questa valutazione, tutti con vantaggi e
svantaggi. E' opportuno quindi distinguere un peso ideale, un peso di
riferimento, un peso accettabile.
Il peso ideale è un peso più basso del normale ed eguaglia i valori numerici
espressi dai vari metodi di calcolo del peso.
Il peso di riferimento è il peso individuale correlato, prescindendo dall'altezza e
dalla conformazione fisica, con un benessere psicofisico.
Il peso accettabile è invece compreso tra i primi due.
PESO IDEALE
h (in cm) – 100 – (h -150)/4
Fino a qualche decennio fa la magrezza era vista come sinonimo di fragilità e, al
limite, di malattia. Purtroppo anche fra gli addetti ai lavori le tabelle dell'FCQ
continuano a essere riprodotte su molti testi di dietologia. Per fortuna
l'introduzione dell'indice di massa corporea ha finalmente riportato sulla terra
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Krav Maga Fesik
tutti quei dietologi che ritenevano del tutto normale avere qualche chilo di
troppo.
L’ indice di massa corporea corrisponde al rapporto tra il peso corporeo (in kg)
diviso per il quadrato della statura (in cm).
INDICE DI MASSA CORPOREA (I.M.C.)
Peso (in Kg) / h² (in m)
Risultati:
< 18 sottopeso;
18 – 25 normale
25 – 30 sovrappeso
> 30 obesità
> 40 obesità grave
Il peso teorico ideale di un individuo si può calcolare anche in base alla sua
struttura corporea.
•
I tipi morfologici si classificano in:
longilineo – ad ossatura piccola e leggera
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Krav Maga Fesik
•
•
normolineo – ad ossatura media
brevilineo – ad ossatura grande e pesante
Per sapere a quale tipo morfologico apparteniamo si deve fare una valutazione
che si basa sul rapporto:
Statura (in cm) / Circonferenza polso (in cm)
Tipomorfologico_______________________
Longilineo
Normolineo
Brevilineo
Uomo
> di 10,4
tra 10,4 e 9,6
< di 9,6
Donna
> di 10,9
tra 10,9 e 9,9
< di 9,9
DISTRIBUZIONE DELLE CALORIE DURANTE LA GIORNATA
Le calorie totali assunte durante la giornata vanno ripartite in queste
proporzioni:
- il 25% del fabbisogno giornaliero a colazione,
- il 35-40% a pranzo,
- il 10-15% suddiviso fra i due spuntini,
- il 25-30% a cena.
La prima colazione
Per cominciare bene la giornata è importante fare una adeguata, nutriente e
varia prima colazione.
E’ un momento alimentare troppo spesso trascurato, soprattutto in età scolare.
E’ dimostrato che saltare la prima colazione, oltre a causare ipoglicemia, ridotta
concentrazione mentale, si correla positivamente con l’obesità. Un dato
statistico interessante fa rilevare che solo il 5% dei non obesi salta la prima
colazione, contro il 23% degli obesi. In parole povere, chi non fa colazione al
mattino è portato a mangiare molto di più nel corso della giornata, con il
rischio di eccedere e di ingrassare. Latte e yogurt, fette biscottate, frutta fresca
e marmellata, dovrebbero essere gli ingredienti fondamentali della prima
colazione, perché forniscono il giusto apporto di calcio, proteine, zuccheri e
carboidrati.
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Krav Maga Fesik
La mancanza di una prima colazione adeguata, crea una carenza energetica che
si traduce in svogliatezza, difficoltà di concentrazione e fame. Quindi è
importante cominciare la giornata con una riserva di energia che permetta di
affrontare tutti gli impegni senza 'black-out', in modo da arrivare al pasto di
mezzogiorno senza essere troppo affamati.
Uno spuntino a metà mattina
A metà mattina si dovrebbe fare un piccolo spuntino, consistente in un frutto o
in un vasetto di yogurt. Anche una fetta di pane e marmellata può andare bene
ed è sicuramente meglio di una brioche confezionata, più calorica, ricca di
grassi e quindi meno digeribile.
Il pranzo
Il pranzo ideale consiste in un primo piatto a base di pasta o riso, condito con
legumi o con sugo di verdure e accompagnato da un contorno di verdura, cotta
o fresca, condita con olio extravergine d'oliva da gustare con un piccolo panino.
In realtà, la tendenza generale, è quella di dare, anche a pranzo, una porzione
di alimenti proteici, consistente nella classica bistecca o in una porzione di
formaggio. Recenti studi nutrizionali consigliano di diminuire l'apporto
proteico, riducendolo ad una sola porzione al giorno di proteine, da assumere
preferibilmente la sera.
La merenda
La merenda, a seconda dei gusti, può essere dolce o salata, l'importante è
abituare i bambini a cibi semplici, poco elaborati e di facile digestione. Pane e
marmellata, frutta fresca, uno yogurt o una fetta di pane condita con un poco
di olio e sale costituiscono gli spuntini ideali capaci di accontentare tutti i gusti.
La cena
La cena deve essere leggera, di facile digestione e ricca di fibre, fornite da
verdura, legumi e frutta. Perfetta è la combinazione che prevede fibra,
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Krav Maga Fesik
carboidrati (forniti da pasta, pane o riso) e proteine provenienti da carne,
pesce, uova, formaggi e legumi. Ciò che conta è variare spesso la fonte
proteica, alternando alimenti diversi nel corso della settimana. La carne non
rappresenta la fonte unica e privilegiata di proteine, come molte persone
credono, pesce e legumi, ad esempio, forniscono elementi nutrienti
fondamentali, necessari allo sviluppo e alla crescita di un bambino. Anche le
uova forniscono aminoacidi essenziali e rappresentano un alimento
indispensabile della dieta.
ESEMPIO:
Colazione:
200/250 latte magro (0,2%) oppure se non si tollera il latte di mucca usare
quello di soia o di riso o di mandorla.
50/60 gr di fette biscottate con sopra 20 gr marmellata senza zucchero
oppure
60/70 gr di cereali soffiati + 20 di miele
oppure
50/60 gr di biscotti secchi
Metà mattina: Se passano 5/6 h prima del pranzo organizzarsi per 2 spuntini.
50 di pane (tipo rosetta) con 40 di prosciutto magro o bresaola
oppure
250 yogurt magro alla frutta senza zucchero + 25/30 gr di mandorle o nocciole
+ 5 gr di pool di amino acidi o 15 gr di proteine
Oppure
2 frutti + 25/30 di crakers o gallette di riso + 5/6 gr di pool di amino acidi
Pranzo:
100 gr pasta o riso condita in modo semplice con pomodoro e 10 gr di olio (se
gradito aggiungere 10/20 di parmigiano)
120/130 carne oppure 50 gr parmigiano oppure 150 gr tonno
50 gr di pane integrale o di segale
Sempre verdura a volontà . Usare 1 cucchiaio d'olio
Possibile anche al posto del primo fare dei minestroni+ cereali e legumi
Pomeriggio
Uno spuntino come metà mattina oppure uno sheaker con 200 latte + 30 gr di
proteine in polvere + 1 frutto oppure 1 barretta proteica + 1 frutto
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Krav Maga Fesik
Cena:
200 di carne (alternando rossa, cavallo, bianca)
oppure
300 di pesce
oppure
100 di tonno con 1 uovo sodo (insalata mista)
oppure
Uova cotte nelle padelle antiaderenti con 1 uovo intero e 4 bianchi
oppure
200 di fiocchi di latte magro (tipo Yocca) oppure 130/140 ricotta magra
oppure 1 mozzarella light + 60/100 prosciutto cotto)
Sempre:
verdura a volontà + 10 di olio
50 gr di pane oppure 150 gr di patate o 100 gr di fagioli
ALIMENTAZIONE ED ESERCIZIO FISICO
Durante l’esercizio muscolare l’organismo utilizza a scopo energetico
principalmente glucidi (o zuccheri o carboidrati) e lipidi. In particolare mentre
in condizioni di riposo i muscoli traggono l’energia di cui necessitano per l’87%
dall’ossidazione dei lipidi (acidi grassi) e solo per il 13% dagli zuccheri, durante
una attività fisica di intensità lieve, o uno sforzo di breve durata, le richieste
energetiche vengono coperte per il 50% dalla combustione dei grassi e per il
50% da quella degli zuccheri, infine per un lavoro intenso e per prestazioni
fisiche di durata superiore alle tre ore, i lipidi arrivano a soddisfare circa il 70%
del fabbisogno energetico.
ALIMENTAZIONE PRIMA DURANTE E DOPO LA GARA
Come si è detto i principi nutritivi che forniscono energia per l’attività fisica
sono fondamentalmente rappresentati da glucidi e lipidi che potremmo quindi
considerare il principale carburante della "macchina umana".
FASE DI ALLENAMENTO
Ciò che indubbiamente più di ogni altra cosa influenza la prestazione atletica è
l’alimentazione nella fase di allenamento.
Krav Maga Fesik
[Digitare il testo]
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Krav Maga Fesik
L’utilizzo da parte dei muscoli a scopo energetico di glucidi o lipidi dipende non
solo dal tipo di esercizio e dalla sua durata, ma anche dal tipo di alimentazione
adottata nella fase di allenamento.
Ad esempio una dieta ricca in carboidrati consente di aumentare il contenuto di
glicogeno muscolare ed epatico e quindi di fornire una prestazione atletica
intensa e di relativamente breve durata rispetto ad una dieta povera in
zuccheri. Questo perché le scorte di carboidrati, che forniscono energia nelle
fasi iniziali di uno sforzo muscolare intenso, tendono a ridursi nel tempo.
L’organismo quindi, man mano che si riducono le riserve di glucidi utilizzerà
lipidi, che risultano però un carburante meno efficace o comunque non in
grado di mantenere lo stesso livello di intensità dell’esercizio stesso.
L’aumento delle scorte di glicogeno muscolare ed epatico consente pertanto di
triplicare la durata di un esercizio massimale prima che subentri l’esaurimento.
Naturalmente ciò non significa che gli zuccheri siano in grado di migliorare la
prestazione dell’atleta in assoluto in quanto va sottolineato che questa dipende
soprattutto dal talento individuale, dalle caratteristiche biotipologiche e dallo
stato di allenamento del soggetto; uno degli effetti dell’allenamento è infatti la
capacità di immagazzinare più glicogeno.
E’ possibile aumentare la scorta di glicogeno epatico e muscolare con una dieta
adeguata e con un meccanismo particolare detto "supercompensazione di
glicogeno".
La cosiddetta supercompensazione di glicogeno alla Bergstrom o "ginnastica
metabolica svedese" si attua con dieta iperglucidica, esercizio fisico intenso
atto a esaurire le scorte di glicogeno, seguito da una dieta che apporta una
quota di carboidrati pari al 5% del fabbisogno calorico totale e riposo per 3
giorni, quindi una fase di esercizio fisico intenso e ricarica dei depositi di
glicogeno con una dieta ad elevato contenuto in carboidrati 95% del fabbisogno
calorico totale e riposo per 3 giorni.
Esiste anche una versione modificata messa a punto da Fink e Costill, che
prevede una dieta mista con un 50% dell’apporto calorico da carboidrati, poi
deplezione delle riserve con esercizio muscolare intensivo e di nuovo una fase
di ricarica delle riserve con una razione alimentare costituita per il 70% di
energia da carboidrati e riposo per 3 giorni
Con questo tipo di dieta il contenuto di glicogeno muscolare può passare da
1,0-1,5 g% fino a 4 g% ,cioè in pratica quadruplicato, aumentando in tal modo
la durata delle prestazioni atletiche.
I carboidrati da utilizzare per aumentare le riserve di glicogeno sono di
preferenza quelli complessi anche se spesso per praticità si ricorre ad una
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combinazione di carboidrati semplici e complessi fino a raggiungere una quota
pari a circa il 60% delle K/cal totali giornaliere.
Esercizi e allenamenti quotidiani troppo faticosi possono impoverire i depositi
di glicogeno dell’atleta e determinare uno stato di fatica. L’organismo infatti
non ha tempo sufficiente per la resintesi di glicogeno che richiede almeno 48
ore e un apporto di carboidrati con la dieta molto elevato (superiore al 70%
delle calorie totali) non è facilmente realizzabile. Per queste ragioni nel periodo
di allenamento è sempre bene includere delle fasi di riposo.
Nel caso di allenamento per sport aerobici o di durata, è possibile ottenere,
mediante esercizi protratti, una induzione enzimatica (con aumenti fino a 2-3
volte) che consente al muscolo una maggiore utilizzazione di acidi grassi e
chetoni.
Questo è il motivo per cui individui ben allenati tollerano una dieta iperlipidica
meglio dei soggetti sedentari.
Nelle fasi di allenamento è possibile, modificando il modello alimentare,
orientare il "motore muscolare" a seconda del tipo di attività svolta, ad
utilizzare un carburante piuttosto che un altro.
Per esempio negli sport in cui si alternano fasi di impegno intenso a fasi di
minore attività (come il calcio o il basket) i consumi andranno orientati verso un
maggiore utilizzo di carboidrati, mentre nel caso di sport "endurance" come la
maratona, lo sci di fondo o il ciclismo, i consumi devono essere orientati
prevalentemente verso gli acidi grassi.
PASTO PRE-GARA
In tutti gli sport aerobici, e cioè di durata, il pasto pre-gara dovrebbe essere
gluco-lipidico dato che zuccheri e grassi sono il principale substrato energetico
che il muscolo utilizza quando la prestazione sportiva superi i 20-30 minuti.
E’ necessario che il pasto venga consumato almeno 3 ore prima della
competizione, che non sia particolarmente abbondante, costituito soprattutto
da carboidrati complessi (cioè amido) quindi pasta, pane, patate, integrati con
lipidi e una ridotta quota di proteine al fine di modulare l’utilizzo muscolare
degli zuccheri.
Tra i lipidi è bene sottolineare che gli acidi grassi a catena corta, (specie se con
catene di atomi di carbonio intorno a 12) come grassi di origine vegetale o
burro sono metabolizzati più rapidamente. L’acido oleico, e quindi l’olio di
oliva, è altrettanto raccomandabile, poiché è dimostrato essere un energetico
preferenziale per i muscoli specie dei soggetti allenati e negli sport di
resistenza.
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Pertanto una porzione di pasta condita con pomodoro e olio di oliva o burro
potrebbe essere ideale.
Al contrario è spesso dannoso il tentativo di migliorare il rendimento dell’atleta
con un apporto supplementare di zuccheri semplici o complessi prima dello
sforzo; ciò infatti determina un innalzamento della glicemia a cui fa seguito una
liberazione di insulina con pericolo di una ipoglicemia secondaria peggiorata
dall’esercizio.
Inoltre nel pasto pre-gara non è affatto utile un aumento dell’apporto proteico
che anzi può risultare addirittura dannoso.
Il pasto proteico infatti determina una serie di conseguenze che sono negative
per l’atleta perché:
- comporta un notevole impegno digestivo e quindi una sorta di "furto" di
sangue a livello splancnico a discapito della irrorazione muscolare;
- aumenta le scorie azotate da eliminare con un sovraccarico funzionale dei
reni, già impegnati a depurare i tossici di provenienza dalla "fatica muscolare" e
peraltro fortemente ischemizzati (durante una prestazione atletica impegnativa
si può giungere ad una riduzione del flusso plasmatico renale dell’ordine del
90%).
RAZIONE D’ATTESA
La cosiddetta "razione d’attesa" è utile per mantenere le scorte di glicogeno
muscolare costituite durante la fase di allenamento.
Questa dovrebbe essere costituita da soluzioni molto diluite (es. 5%) di
saccarosio, glucosio, fruttosio o miele o succhi di frutta, da assumere in
quantità di circa 125-250 ml/ora (6-12 g di carboidrati in totale) prima e in
attesa della competizione.
Una ingestione eccessiva di zucchero può provocare infatti una ipoglicemia
reattiva, aggravata dallo sforzo, oltre che rallentare i tempi di svuotamento
gastrico e quindi l’entrata in circolo dello zucchero ingerito.
DURANTE LA GARA
L’alimentazione durante la gara non potrà essere uguale fra i vari tipi di sport,
ma dovrà considerare le caratteristiche dello sport, la sua durata e intensità.
Nelle prestazioni fisiche intense e di breve durata non esiste alcuna possibilità
di alimentarsi durante la competizione. Alcuni sport che prevedono invece degli
intervalli (calcio, basket, etc.), consentono all’atleta di realizzare una
reidratazione, di rifornirsi di zuccheri, di compensare le perdite saline legate
alla sudorazione, nonché l’acidosi da fatica. In questi casi non è necessario
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effettuare dei veri e propri pasti, ma è sufficiente l’assunzione di liquidi o
semiliquidi con un contenuto di sali e zuccheri, in concentrazioni non elevate.
Può essere utile l’apporto di acqua minerale gassata, per facilitare lo
smaltimento dei metaboliti acidi a livello muscolare. Problemi particolari
insorgono in alcuni sport, quali basket, volley, tennis, nei quali non è fissata la
durata dell’incontro. In questi casi può essere conveniente, ad ogni intervallo,
provvedere ad una razione di ristoro.
Nelle prove sportive superiori ai 45 minuti è necessario invece, provvedere ad
un regolare rifornimento idrominerale ed energetico, mediante le razioni
liquide o semiliquide.
Estremamente importante è l’acqua, non fredda, eventualmente modicamente
zuccherata. Alimenti glucidici particolarmente indicati sono i monosaccaridi
glucosio e fruttosio, i disaccaridi saccarosio e maltosio, gli oligopolisaccaridi
maltodestrine e amido solubile. Questi ultimi hanno un minor potere
dolcificante e, essendo molecole di maggiori dimensioni, determinano un
minor effetto sulla osmolarità della soluzione, permettendo maggiori
concentrazioni glucidiche. Gare particolarmente lunghe (maratona, ciclismo su
strada, sci da fondo) rendono necessario ricorrere non solo ad un apporto
idrico e glucidico, ma anche proteico e lipidico. Durante competizioni molto
prolungate, infatti, si possono consumare anche migliaia di calorie, rischiando
di esaurire le scorte energetiche dell’organismo Il pasto comunque sarà di
piccole dimensioni (non superiore ai 50 g) ed avrà caratteristiche simili al pasto
pre-gara. Negli sports di endurance è quindi opportuno alimentarsi presto,
poco e spesso.
DOPO GARA
Per quanto riguarda l’alimentazione del dopo gara è intuitivo che l’atleta al
termine della competizione e nei i giorni successivi sarà affaticato e avrà
bisogno di recuperare.
Specialmente se la prestazione fisica è stata impegnativa è facile che lo sportivo
abbia scarso appetito e pertanto la razione alimentare dovrà essere leggera.
Dopo la gara è importante bere acqua gassata oltre i 250 cc, meglio se tiepida,
eventualmente con l’aggiunta di sali di potassio e di sodio per riequilibrare le
perdite idrosaline e combattere l’acidosi; più tardi è possibile bere anche latte
es. 250 cc meglio se scremato.
Al termine della prestazione atletica ha inizio la fase di recupero dell’organismo
durante la quale si deve verificare la ricostituzione delle scorte di glicogeno
(che avviene in circa 20 ore).
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La glicogenosintesi raggiunge la sua massima velocità durante la prima ora
dopo lo sforzo fisico poi si assiste ad un graduale declino nel tempo (circa il 5%
all’ora) per le ore successive.
Naturalmente la resintesi di glicogeno è influenzata dall’alimentazione che
segue la prestazione atletica, e in particolare i cibi in questa fase dovranno
essere facilmente digeribili e di facile assimilazione. Il glucosio sembra favorire
il recupero di glicogeno soprattutto a livello muscolare, mentre il fruttosio
sembra esplicare un maggiore effetto a livello epatico.
Nei pasti successivi alla prestazione dovranno essere introdotti alimenti leggeri
e alcalinizzanti, quali latte e latticini magri, frutta o succhi di frutta, verdura e
cereali (pane, pasta e riso), mentre sono da escludere alimenti acidificanti. E’
consigliabile anche il consumo di minestroni, creme di verdura e legumi.
Dopo le prime 24-48 ore l’alimentazione dovrà diventare più abbondante. I
pasti, che dovranno essere frequenti nella giornata (esempio 5-6 pasti die),
diverranno più completi e dal secondo giorno si dovranno introdurre anche cibi
carnei.
L’apporto calorico dovrà essere piuttosto abbondante raggiungendo anche le
4.500-5000 K/cal die e con un apporto in carboidrati di circa 400-600 g,
soprattutto per coloro che esercitano sport di "endurance".
Nel caso di competizioni che si prolungano per diversi giorni come le corse
ciclistiche a tappe può rendersi necessario un aumento ulteriore dell’apporto in
zuccheri (oltre i 12 g pro kg di peso corporeo die) e in questo caso è utile
ricorrere ad una supplementazione con preparati in commercio a base di
glucidi.
Nella fase successiva le caratteristiche dell’alimentazione ritorneranno simili a
quelle del periodo di allenamento.
5-PRONTO SOCCORSO
CONTUSIONI
Una contusione è una lesione del corpo prodotta da un urto con un corpo
contundente, senza lacerazione della cute.
Sintomi
Dopo il trauma sulla pelle compare un'ecchimosi, una macchia inizialmente
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rossa, poi violacea che con il tempo assume una colorazione giallognola, prima
di scomparire. E' il risultato di una rottura di capillari che versano il sangue nei
tessuti superficiali.
Se il travaso di sangue è più abbondante si ha invece un ematoma, più esteso
gonfio e scuro.
Intervento
In caso di ematomi ed ecchimosi è consigliabile applicare degli impacchi di
ghiaccio per indurre una vasocostrizione, ed eventualmente un bendaggio non
stretto. Si possono inoltre applicare delle apposite pomate.
Cos'è
La contusione cerebrale è una delle possibili
conseguenze che si manifestano in caso di
trauma cranico. Consiste in una distruzione
dei tessuti cerebrali che comporta danni
permanenti e irreversibili.
DISTORSIONI
Una distorsione è un trauma delle articolazioni causato da falsi movimenti. La
più comune è quella della caviglia. Si verifica quando un osso esce dalla sua
sede articolare, rientrandovi immediatamente dopo. Nei casi gravi, questa
momentanea fuoriuscita può provocare una lacerazione dei legamenti.
Sintomi
Una distorsione è solitamente dolorosa. La parte traumatizzata presenta un
gonfiore localizzato e dolore nei movimenti. Questi, anche se faticosi, sono
tuttavia possibili.
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Intervento
E' consigliabile applicare una fasciatura stretta e fare impacchi freddi. Nei casi
di lievi distorsioni è sufficiente tenere l'arto a riposo per qualche giorno. Non
sempre, tuttavia, è semplice fare diagnosi esatte senza una lastra o senza una
visita medica. E' perciò consigliabile condurre l'infortunato all'ospedale per una
visita di controllo che accerti che non ci siano fratture o complicazioni.
Gravità
La distorsione non è un trauma grave, tuttavia è sempre consigliabile una visita
di controllo, soprattutto in presenza di un forte dolore o un forte gonfiore.
Potrebbero infatti esserci dei traumi ai legamenti oppure, invece di una
distorsione, si potrebbe essere in presenza di
una lussazione o di una frattura.
LUSSAZIONE
Cos'è
La lussazione si verifica quando, per un
trauma o un falso movimento, un capo
articolare esce dalla sua articolazione senza
tornare al suo posto.
Sintomi
Dolore acutissimo, impotenza funzionale e blocco dell'articolazione, gonfiore,
visibile deformità dell'articolazione. Le più diffuse sono le lussazioni della
spalla, del dito e del gomito.
evitare
Intervento
Bisogna evitare di rimettere a posto
l'articolazione. E' invece importante chiamare i
soccorsi che trasporteranno l'infortunato
all'ospedale dopo aver immobilizzato l'arto nel
migliore dei modi. L'immobilizzazione dell'arto
con adatte fasciature prima di qualsiasi
movimento o trasporto è fondamentale per
alleviare le sofferenze dell'infortunato e per
ulteriori
traumi.
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Gravità
Anche se la lussazione è molto dolorosa, l'infortunato non è in pericolo di vita.
Poiché non è facile, senza una lastra, diagnosticare che non ci siano delle
fratture, è sempre bene comportarsi come se ci si trovasse di fronte a una
frattura.
FRATTURE
Cos'è
Una frattura è un'interruzione della continuità
di un osso che si verifica solitamente in seguito
a un evento traumatico.
Può essere diretta se si verifica nel punto del
trauma o indiretta se avviene in una zona
lontana: per esempio una frattura di una
vertebra in seguito a una caduta sui calcagni.
Ci sono poi anche delle fratture spontanee che non sono causate da un trauma,
ma da un cedimento delle ossa, soprattutto nelle persone molto anziane, per
carenze di calcio o per malattie come il rachitismo.
Una frattura può essere chiusa, se non c'è lacerazione del tessuto muscolare o
cutaneo, o esposta, quando un moncone lacera il tessuto esterno ed esce. In
questi casi il trauma è molto grave, c'è un grande pericolo di infezione: i tessuti
ossei, infatti, normalmente non vengono mai a contatto con i germi esterni che
possono perciò costituire un grave pericolo e dare origine a serie complicazioni.
A seconda di come un osso si spezza, una frattura può essere:
incompleta, se soltanto una parte dell'osso si spezza;
con spostamento se i due monconi si spostano e non si trovano più allineati
sullo stesso asse, o senza spostamento se rimangono sullo stesso asse;
comminuta se l'osso si spezza in piccolissimi pezzi;
a legno verde - caratteristica dei bambini - quando per un'incompleta
ossificazione l'osso si piega e non si spezza completamente.
Sintomi
In seguito a un trauma non sempre è facile riconoscere senza una lastra se si è
in presenza di una frattura o se più semplicemente si ha una distorsione o una
lussazione.
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In generale, tuttavia, la frattura provoca dolore violento, deformazione
dell'arto, gonfiore, incapacità funzionale e dei movimenti, tumefazioni ed
ecchimosi.
Queste manifestazioni possono anche comparire alcune ore dopo il trauma e
non immediatamente.
ATTENZIONE: le fratture, in particolare nei casi di politraumatizzati (presenza di
molte fratture), possono provocare stato di shock.
Intervento
Bisogna premettere che non è sempre semplice riconoscere una frattura senza
una lastra: si può confondere con una lussazione o una distorsione. In presenza
di un trauma violento è perciò sempre consigliabile intervenire con prudenza e
considerare l'infortunato un potenziale fratturato.
In generale, davanti a una frattura, è bene sdraiare ed immobilizzare
l'infortunato evitando che si muova. Se non ci sono particolari problemi di
urgenza (rischi di vita) evitare il trasporto finché l'arto non sia stato
completamente immobilizzato.
E' sempre meglio attendere il soccorso qualificato di personale dotato delle
attrezzature di immobilizzazione (steccobende, materassini a depressione,
barelle a "cucchiaio").
Fare attenzione che l'infortunato non entri in uno stato di shock e confortarlo.
A questo proposito è bene prestare attenzione soprattutto nei casi di
politraumattizzati.
In caso di frattura esposta è necessario coprire le parti ferite con teli sterili per
proteggerle dalle infezioni. Anche in questo caso bisogna cercare di mettere
l'infortunato in posizione antishock, impedire i movimenti e le ulteriori
lacerazioni e attendere i soccorsi
Fratture
della
colonna
vertebrale.
In questo caso l'immobilizzazione è
fondamentale per evitare che ci sia una
lesione del midollo spinale che può portare a
morte, paralisi o danni irreversibili. Il soccorso
richiede particolari tecniche di spostamento e
particolari barelle come la "cucchiaio" o il
materassino a depressione, che immobilizzano
totalmente l'infortunato prima del trasporto.
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Krav Maga Fesik
Meglio attendere il soccorso di personale qualificato mantenendo il malcapitato
in assoluta immobilità.
Nello spostamento bisogna fare in modo che l'asse testa-collo-tronco non
subisca spostamenti e rimanga sempre rigido e in trazione. Se ciò non avviene si
corre il rischio che una vertebra possa provocare una lesione del midollo
spinale.
Fratture della testa.
Prestare attenzione alle funzioni vitali dell'infortunato e chiamare
urgentemente i soccorsi (vedi trauma cranico).
Nel caso di traumi facciali bisogna fare attenzione che le vie aeree non vengano
ostruite.
Nella frattura al setto nasale è bene applicare del ghiaccio per arginare
l'epistassi.
Fratture delle coste.
E' il risultato di un colpo violento sul torace, per caduta o per sfondamento, per
esempio nel caso di un incidente stradale. Bisogna distinguere la frattura di una
o qualche costa dallo sfondamento del torace, molto più grave. L'infortunato
deve essere tenuto in posizione semiseduta per agevolare la respirazione, non
bisogna farlo parlare o tossire. E' importante mantenerlo il più possibile
immobile per evitare che i monconi delle coste possano bucare i polmoni o
ledere altri apparati vitali. E' necessario chiamare con urgenza i soccorsi che
sono in grado di effettuare il trasporto nel modo più corretto.
Frattura della clavicola.
Solitamente l'infortunato piega la testa dal lato della frattura, per alleviare il
dolore, e si sorregge con la mano sana l'avambraccio. Si ha deformazione
visibile della spalla e il dolore è intenso. E' importante sostenere il braccio
infortunato e immobilizzarlo con una fascia a triangolo nella classica posizione
analgesica del "braccio al collo".
Frattura del bacino.
L'infortunato lamenta forti dolori all'anca, all'inguine o al
cocige. Non bisogna mai metterlo in posizione seduta, per
evitare lesioni interne, mantenendo il ferito supino e
immobile.
Poiché in questi casi c'è il rischio di una frattura della
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parte terminale della colonna vertebrale, è opportuno chiamare soccorsi
qualificati.
ATTENZIONE: questo tipo di frattura porta frequentemente allo stato di shock.
BENDAGGI E FASCIATURE
I bendaggi e le fasciature consistono nell'avvolgere una parte del corpo con
tessuti e garze con lo scopo di proteggere le ferite dalle infezioni, di assorbire le
secrezioni, di tamponare le emorragie o di bloccare lussazioni, distorsioni e
fratture.
Le fasciature sono i bendaggi eseguiti con fasce di varia larghezza a secondo
della zona del corpo interessata.
Fasciatura degli arti. Per fasciare una parte di
un arto si impiega la fasciatura a spirale. Dopo
aver fatto un paio di giri di benda, si continua
ad avvolgere la parte scalando, ad ogni giro,
circa 1/3 della larghezza della benda,
procedendo dall'alto verso il basso. Al
termine, si compiono altri due giri e si fissa il
tutto con un cerotto o con una spilla da balia.
Le fasciature non devono essere troppo
strette, ostacolerebbero la circolazione, ma
nemmeno troppo larghe perché perdono la
loro efficacia.
Se la fasciatura comprende un'articolazione,
gomito o ginocchio, a seconda dei casi si può
continuare a scalare per immobilizzare la
parte, oppure arrivati nell'incavo dell'articolazione si può avvitare la garza su se
stessa per permettere la mobilità dell'articolazione.
Nella fasciatura di una mano, si parte dal polso, si scende a coprire il palmo e le
dita, in modo obliquo, lasciando libero il pollice, e si risale nuovamente verso il
polso dove si fissa. Anche per la caviglia si procede nello stesso modo.
Questo tipo di fasciatura è adatta anche per il torace e l'addome.
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Krav Maga Fesik
Bendaggi tubolari. Esistono in commercio dei
bendaggi tubolari elastici di varie forme e
dimensioni che si adattano alle varie parti del
corpo. Hanno la funzione o di sostenere le
medicazioni e sono molto rapidi e semplici da
utilizzare.
Bendaggi triangolari. Anche le bende
triangolari si possono impiegare per la
fasciatura di arti, mani, piedi, gomiti, articolazioni e testa. Questo bendaggio è
particolarmente usato per sostenere la spalla, nel caso di lussazioni o traumi, o
per sostenere il braccio nella classica posizione del "braccio al collo".
ASFISSIA
L'asfissia, o soffocamento, è la condizione nella quale l'assenza o la scarsità di
ossigeno impedisce una respirazione normale. Il termine deriva dal greco α-,
"senza" e σφυξία, "polso, battito del cuore".
L'asfissia è causa di ipossia, che si ripercuote soprattutto sui tessuti e gli organi
più sensibili alla carenza di ossigeno, come il cervello.
L'asfissia viene spesso accompagnata dalla sensazione di "fame d'aria"; il
bisogno di respirare è indotto da livelli crescenti di anidride carbonica nel
sangue piuttosto che da livelli troppo bassi di ossigeno. A volte il livello di
anidride carbonica non è sufficiente a indurre la "fame d'aria" e il soggetto
diventa ipossico senza accorgersene.
In ogni caso, l'assenza degli interventi necessari porterà molto rapidamente
all'incoscienza, a danni cerebrali e alla morte. [1] La contrizione delle arterie e/o
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delle vene nel collo, come nello strangolamento, non causa asfissia ma
piuttosto ischemia cerebrale.
Cause
Ostruzione fisica delle vie aeree
compressione del torace o dell'addome (asfissia compressiva);
ostruzione delle vie aeree esterne;
annegamento;
presenza di cibo o elementi estranei nella trachea;
strangolamento;
impiccagione;
restringimento delle vie aere
e dovuto ad asma o anafilassi;
inalazione di vomito.
Alterazione dell'aria esterna
L'asfissia può risultare dall'esposizione prolungata ad un'atmosfera contenente
una concentrazione di ossigeno troppo bassa.
Il riempimento di un Vaso di Dewar con gas liquidi, senza ossigeno come l'azoto
in uno spazio chiuso;
Lavoratori che entrano in un bidone di fermentazione in un birrificio ignari del
fatto che lo spazio è riempito di anidride carbonica;
Lavoratori che discendono in una fogna o nella stiva di una nave contenente
gas senza ossigeno e più pesanti dell'aria, solitamente metano o anidride
carbonica;
L'uso sconsiderato di un rebreather subacqueo a circuito chiuso dove l'aria
respirabile ricircolata contiene ossigeno insufficiente;
Respirare una miscela ipossica di gas respirabile mentre immersi in acque poco
profonde dove la pressione parziale dell'ossigeno è troppo bassa per
mantenersi coscienti; i "gas di fondo" ipossici sono studiati solo per essere
respirati a profondità dove quantitativi maggiori di ossigeno divengono tossici,
sotto pressione;
L'inalazione di sopraffacenti quantità di gas diversi dall'ossigeno come l'elio o il
CO2 degli estintori, a scopi ricreativi;
Perdita di pressurizzazione in aereo; la pressione all'interno degli aerei
commerciali è mantenuta a quella equivalente a 6000 ft (1800 mt), ma un
guasto all'impianto di pressurizzazione può riportare la pressione interna pari a
quella esterna;
Esposizione al vuoto, come la decompressione nelle navicelle spaziali (vedere
Soyuz 11).
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Interferenze chimiche o psicologiche con la respirazione
Varie situazioni chimiche e psicologiche possono interferire con l'abilità del
corpo di assorbire ed usare ossigeno o regolare i livelli di ossigeno nel sangue:
Inalazione di monossido di carbonio, per esempio dallo scarico di un'auto, il
monossido di carbonio ha un'alta affinità simile a quella dell'ossigeno con
l'emoglobina nei globuli rossi del sangue, in questo modo si lega fortemente
con l'emoglobina, sostituendo l'ossigeno che dovrebbe invece normalmente
trasportare all'interno del corpo;
Contatto con sostanze chimiche, inclusi agenti polmonari (come per esempio il
fosgene) e agenti sanguinei (come per esempio Acido cianidrico);
L'ipocapnia autoindotta mediante iperventilazione, come nelle acque poco o
molto profonde ed il gioco dell'asfissia;
Una crisi respiratoria che fermi la normale respirazione;
Apnea durante il sonno;
Overdose derivata da assunzione di droghe;
L'ondinismo;
Sindromi da iperventilazione alveolare centrale
Un disordine del sistema nervoso autonomo nel quale un paziente deve
respirare sua sponte. Sebbene si dica spesso che le persone con questa
malattia muoiono se s'addormentano, questo non è di solito il caso;
La sindrome da acuto stress respiratorio.
Soffocamento
Con soffocamento ci si può anche riferire all'ostruzione meccanica delle vie
respiratorie dall'esterno della bocca e delle narici, ottenibili per esempio
coprendosi la bocca ed il naso con una mano od una borsa di plastica[2]. Il
soffocamento può essere parziale o completo, dove per parziale si indica che la
persona che sta soffocando è capace di inalare aria, ma meno del necessario.
Normalmente, questo tipo di soffocamento richiede almeno una parziale
ostruzione di entrambe le cavità nasali e della bocca per condurre all'asfissia. Il
soffocamento con le mani e la bocca è usato in qualche sport di combattimento
per distrarre l'avversario, e creare punti deboli per colpire, giacché l'avversario
è forzato a reagire al tentativo di soffocamento. È anche usato nel BDSM come
tipo di facesitting.
In qualche caso, il soffocamento di questo tipo è combinato ad una asfissia
compressiva simultanea. Un esempio si ha quando un adulto accidentalmente
rotola su di un bambino mentre sono nello stesso letto; un incidente che
spesso non è notato e porta a pensare ad una morte bianca[2]. Altri incidenti
riguardanti un meccanismo simile avvengono quando un alto numero di
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persone è gettata una sopra l'altra (cfr. Foibe) o quando un singolo è seppellito
nella sabbia.
Asfissia da compressione
La posizione del ginocchio sulla pancia comprime il petto, rendendo difficile la
respirazione per la persona a terra.
L'asfissia da compressione (anche chiamata compressione del petto) si riferisce
alla limitazione dell'espansione dei polmoni tramite la compressione del torso,
che interferisce con la respirazione. L'asfissia da compressione avviene quando
il petto o l'addome sono compressi. Negli incidenti, il termine "asfissia
traumatica" o "asfissia da schiacciamento" è comunemente usato per
descrivere l'asfissia da compressione di un soggetto che è schiacciato o
bloccato sotto un grande peso o forza. Un esempio di asfissia traumatica è
quello in cui un soggetto, mentre usava una leva meccanica per riparare
un'auto, viene schiacciato dal peso del veicolo quando la leva scivola. Nei fatali
disastri dovuti alla folla, come il disastro dell'Heysel Stadium, l'asfissia
traumatica è chiamata "compressione da assembramento". Contrariamente
alle credenze popolari, non è un trauma contundente derivato dalla pratica del
trampling (calpestamento) che causa la gran parte delle morti in molti casi, ma
piuttosto un'asfissia compressiva causata dal calpestamento della folla. In spazi
confinati, le persone spingono e si accalcano le une alle altre; le prove date
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dall'acciaio piegato in molti incidenti causati dall'accalcamento della folla
hanno mostrato forze orizzontali oltre i 4500 N (quindi un peso di circa 460 Kg).
Nei casi dove la folla di persone si è condensata in una pila umana si è stimato
un peso di circa 380 Kg nello strato più basso[3].
Note
Il tempo necessario perché sopraggiunga il decesso dipende dal particolare
meccanismo di asfissia. In un esperimento in cui cani vennero soffocati
applicando un air-tight maschera di gomma sulla testa degli animali, fu
osservato che l'arresto cardiaco sopraggiungeva negli animali in 8 minuti. I
movimenti respiratori continuavano e gli animali si dimenavano o erano colti
da convulsioni sino al momento del decesso. In un altro esperimento i cani
furono soffocati costringendoli a respirare azoto: gli animali sopravvissero solo
per un periodo di 5 minuti.
EMORRAGIA
Le emorragie massive, che di solito
interessano grossi vasi arteriosi e sono perciò
molto abbondanti, vanno tempestivamente
arginate per evitare che l'infortunato perda
eccessive quantità di sangue o muoia
dissanguato.
Per bloccare o diminuire le perdite è
sufficiente cercare di fermare la circolazione
del sangue comprimendo i vasi arteriosi in
alcuni punti dove il loro passaggio è facilmente raggiungibile. I punti di
compressione sono collocati tra il cuore e la ferita. Comprimendoli si provoca
una vasocostrizione che rallenta o blocca la circolazione del sangue.
Le compressioni sono ancora più efficaci se si utilizza un oggetto rigido, per
esempio una moneta.
I punti di compressione.
Compressione dell'arteria carotidea. Si effettua in caso di gravi ferite al collo,
facendo molta attenzione a non bloccare
l'afflusso di sangue al cervello.
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Krav Maga Fesik
Compressione dell'arteria succlavia. Si pratica nel caso di ferite alla spalla o
detroncazioni del braccio. Il soccorritore si posiziona dietro la schiena
dell'infortunato e introduce le dita nella cavità dietro la clavicola comprimendo
con forza verso il basso.
Compressione dell'arteria ascellare. Si effettua nel caso di ferite al braccio o
all'avambraccio. E' consigliabile sollevare in alto il braccio dell'infortunato, per
poi comprimere energicamente con i pollici nella cavità ascellare.
Compressione dell'arteria omerale superiore. Utile nel caso di ferite al braccio.
Bisogna comprimere con tre dita sotto il bicipite in corrispondenza dell'omero,
nella parte interna del braccio.
Compressione dell'arteria omerale inferiore. Indicata nel caso di ferite
all'avambraccio o alla mano. Si comprime con i due pollici nell'incavo del
gomito.
Compressione dell'arteria femorale superiore. Si pratica nel caso di ferite alla
coscia o prossime all'inguine. Bisogna far stendere l'infortunato e comprimere
sull'inguine, con la mano chiusa a pugno, in modo deciso e con forza, con il
braccio teso e facendo forza anche con l'altro braccio.
Compressione dell'arteria femorale inferiore. Si effettua in caso di ferite alla
coscia. L'infortunato è disteso a terra con la gamba leggermente piegata: il
soccorritore comprime con forza contro il femore, nella parte interna della
coscia, con la mano chiusa a pugno e il braccio teso.
Compressione dell'arteria poplitea. Utile nel caso di ferite alla gamba o al
polpaccio. L'infortunato è disteso a terra, il soccorritore pone il suo piede sulla
propria spalla, in modo che rimanga sollevato, e comprime nell'incavo del
ginocchio con i due pollici.
Laccio emostatico
E' da utilizzare con molta prudenza e solo in
caso di assoluta necessità. Questo sistema
infatti esclude completamente la circolazione
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sanguigna con il rischio di procurare una necrosi dei tessuti.
Il laccio va perciò utilizzato solo in casi estremi come la detroncazione di un
arto, lo schiacciamento sotto macerie o pesi, o gravi fratture esposte.
Le complicazioni più pericolose sono la possibilità di cancrena ischemica, la
paralisi dei tessuti nervosi, lo shock da laccio.
Una volta messo, il laccio non si deve più né
allentare né togliere: queste operazioni,
infatti, portano a un improvviso ripristino
della circolazione che può comportare
scompensi circolatori anche mortali. Il laccio
emostatico non va mai tenuto a lungo, dopo
30 minuti comincia ad essere rischioso e più
passa il tempo più il rischio di complicazioni
aumenta.
E' consuetudine perciò scrivere sulla fronte dell'infortunato l'ora esatta della
messa del laccio affinché i soccorritori si sappiano regolare.
I lacci emostatici si possono improvvisare con strisce di stoffa, sciarpe e stracci
di una larghezza di circa 4 o 5 centimetri, legati molto stretti o attorcigliati
intorno a un legno o una penna a mo' di torchio.
Non usare mai corde, fili elettrici o stringhe che ledono i tessuti.
ATTENZIONE: il laccio emostatico si può applicare soltanto al femore o
all'omero che costituiscono un supporto rigido contro cui le arterie si
comprimono. Non si deve MAI utilizzare sull'avambraccio o sulla gamba perché
sono formati da due ossa ciascuno, e i vasi sanguigni scorrono tra di essi.
EMORRAGIA ESTERIORIZZATA
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Cos'è
Un'emorragia esteriorizzata si ha quando il
sangue, raccolto in una cavità interna del corpo,
defluisce attraverso gli orifizi naturali. La più
comune è l'epistassi, che consiste nella
fuoriuscita di sangue dal naso. Ci sono poi
emottisi, ematemesi, ematuria, metrorragia,
otorragia, melena.
Sintomi
Variano secondo il tipo di emorragia esteriorizzata.
Intervento
Dipende dal tipo di emorragia esteriorizzata.
Gravità
Varia a seconda del tipo di emorragia esteriorizzata
EPISTASSI
Cos'è
L'epistassi è un'emorragia esteriorizzata che consiste nella fuoriuscita di sangue
dal naso per cause traumatiche o patologiche, come la rottura di un capillare o
l'eccessiva pressione sanguigna.
Sintomi
Fuoriuscita di sangue dal naso.
Intervento
E' bene non rovesciare la testa all'indietro, come
viene spontaneo, ma far defluire il sangue che
altrimenti viene inghiottito o può ostruire le vie
respiratorie. E' consigliabile sedersi, comprimere
esternamente la narice interessata per qualche
minuto per arginare l'emorragia e reclinare il capo in avanti. Si può anche
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applicare
un
impacco
di
ghiaccio
per
provocare
vasocostrizione.
Gravità
Se l'emorragia non si argina, bisogna recarsi in ospedale.
LESIONI MUSCOLARI
La lesione muscolare è la conseguenza di un sovraccarico muscolare che supera
livelli organicamente accettabili.
Le modalità della lesione possono essere classificate come segue (Benazzo,
Testa e Zanon):
•
•
•
•
•
•
allungamento passivo incontrollato
allungamento passivo + contrazione
fenomeno di co-contrazione
attrito per contrazione concentrica improvvisa
dissinergismo dello stimolo neuromuscolare
trauma diretto.
CLASSIFICAZIONE
La categoria delle lesioni muscolari acute comprende vari generi di patologie,
classificate secondo la gravità del danno muscolare. Molte sono le
classificazioni proposte in letteratura, molto simili, ma non del tutto
sovrapponibili. I muscoli colpiti più frequentemente sono il quadricipite (vasto
mediale), il tricipite surale e i muscoli ischiocrurali.
Con una classificazione sintetizzata da quella di Kouvalchouk (1992) e Nanni
(2002), in ordine di gravità, le lesioni possono essere suddivise in
• contratture: o lesione di grado 0; il muscolo è contratto
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• elongazioni: o stiramento, lesione di grado 1; si ha una distensione delle
fibre muscolari, ma non c'è rottura
• distrazioni: o lesione di grado 2; in questo caso le rotture interessano
parte delle fibre del muscolo, con emorragie e conseguenti ecchimosi a
livello sottocutaneo:
-I stadio - rottura di poche fibre
-II stadio - rottura di più fibre
-III stadio - rottura parziale
• rotture: in questo caso la rottura delle fibre interessa tutto il muscolo.
CONTRATTURE MUSCOLARI
La contrattura muscolare è una contrazione involontaria, insistente e dolorosa
di uno o più muscoli scheletrici. Il muscolo coinvolto si presenta rigido e
l'ipertonia delle fibre muscolari è apprezzabile al tatto.
La contrattura è di per sé un atto difensivo che insorge quando il tessuto
muscolare viene sollecitato oltre il suo limite di sopportazione fisiologico.
L'eccessivo carico innesca un meccanismo di difesa che porta il muscolo a
contrarsi. Le cause predisponenti possono essere di
natura meccanica e/o metabolica ma non sono state
ancora definite con chiarezza. Ciò che si sa è che sono
in qualche modo correlate ai seguenti fattori:
mancanza di riscaldamento generale e specifico
preparazione fisica non idonea sollecitazioni eccessive,
movimenti
bruschi
e
violenti
problemi
articolari, squilibri posturali e muscolari, mancanza di coordinazione.
La contrattura è la meno grave tra le lesioni muscolari acute poiché non causa
alcuna lesione anatomica alle fibre. Ciò che si verifica è semplicemente un
aumento involontario e permanente del loro tono.
I sintomi
Il soggetto colpito da una contrattura avverte un dolore modesto e diffuso
lungo l'area muscolare interessata. L'ipertonia viene percepita piuttosto
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chiaramente e l'atleta lamenta una mancanza di elasticità del muscolo durante
i movimenti. La palpazione consente di apprezzare l'aumento involontario del
tono muscolare e di evocare dolore soprattutto in alcuni punti (trigger point
attivi).
Il dolore è tollerabile e non impedisce il proseguimento dell'attività sportiva.
Tuttavia per allontanare il rischio di complicazioni è bene sospendere
immediatamente l'allenamento o la competizione.
Cosa fare:
Anche in questo caso il riposo è la terapia più efficace. Per guarire da una
contrattura normalmente sono sufficienti 3-7 giorni di stop, che potrebbero
diventare molti di più se non si rispettano i giusti tempi di recupero. Inutile e
controproducente continuare a svolgere le attività sportive che evocano
fastidio o dolore alla zona interessata.
Per accelerare il recupero sono utili tutte quelle attività che consentono di
allungare la muscolatura e di favorire l'afflusso di sangue ai muscoli.
Una attività aerobica moderata abbinata a qualche esercizio di allungamento
aiuta a distendere la muscolatura sia direttamente (stretching) che
indirettamente (iperemia locale). L'ideale sarebbe associare anche
un massaggio decontratturante al termine dell'attività in modo da allentare le
tensioni muscolari ed ottenere benefici anche a livello antalgico
Sicuramente utili, ma da utilizzare solo nei casi più gravi e sotto controllo
medico, sono i farmaci antinfiammatori (FANS) e miorilassanti che con la loro
azione contribuiscono a distendere la muscolatura.
Tra le terapie fisiche utili per accelerare i tempi di recupero ricordiamo,
l'elettroterapia, la ionoforesi e lo stretch and spray.
Se la sintomatologia non scompare dopo 10 giorni di trattamento conservativo
(riposo), è bene sottoporsi a visite specialistiche per accertarsi che non vi siano
lesioni muscolari ben più gravi o che il dolore non sia la conseguenza di un
altro problema (sindrome miofasciale, squilibri posturali, problemi articolari,
ecc.).
Prevenzione
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La prevenzione delle contratture è rivolta all'eliminazione dei fattori
predisponenti e/o perpetuanti:
eseguire sempre un adeguato riscaldamento
assicurarsi di essere nelle condizioni fisiche idonee per sostenere lo sforzo
coprirsi adeguatamente nei mesi invernali e, se necessario, utilizzate pomate
specifiche durante la fase di riscaldamento
concedersi i giusti tempi di recupero e di rigenerazione
cercare di correggere eventuali squilibri muscolari e/o articolari
CRAMPI
Sono contrazioni involontarie di un muscolo, accompagnate da dolore e
incapacità di compiere movimento. Possono essere determinati da una
eccessiva fatica del muscolo (formazione di acido lattico), una non adeguata
irrorazione sanguigna a causa del freddo, una eccessiva umidità, una posizione
forzata.
Sintomo Il muscolo interessato è dolente e appare estremamente contratto.
Come intervenire Cercare di distendere (allungare) il muscolo contratto.
Effettuare
massaggi con movimenti lenti e appropriati.
evitare
Sforzi
eccessivi,
il
crampo
è
un
campanello!!
Contrattura e crampi:
La sintomatologia della contrattura è simile a quella del crampo
dalla quale differisce solo per alcuni aspetti:
per la causa di insorgenza che per i crampi è più legata a fattori
energetici/metabolici
per i tempi di guarigione (molto più lunghi per la contrattura)
per il dolore avvertito (molto più violento in caso di crampi)
per le conseguenze sulla prestazione (mentre in caso di contrattura il soggetto
riesce a riprendere l'attività senza particolari problemi in caso di crampi
l'interruzione è quasi inevitabile)
Spesso anche il confine tra contrattura e stiramento è sottile e può accadere
che un semplice ipertono nasconda l'elongazione di alcune fibre muscolari.
STIRAMENTI MUSCOLARI
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Lo stiramento muscolare (anche elongazione muscolare) è una lesione il cui
livello di gravità è compreso fra quello della contrattura e quello
della distrazione muscolare. Considerando i quattro livelli di classificazione
delle lesioni muscolari (0, 1, 2 e 3), lo stiramento muscolare è una lesione di
livello 1; lo stiramento non può essere quindi considerato un infortunio
particolarmente grave tant'è che ecograficamente non è rilevabile, ma una sua
scorretta gestione può causare diversi problemi.
Lo stiramento provoca un'alterazione del tono del muscolo. È un tipo di lesione
facilmente riscontrabile in ambito sportivo ed è provocato da un allungamento
eccessivo delle fibre del muscolo.
Cause
•
•
•
•
•
•
•
•
•
riscaldamento non ottimale
livello di preparazione fisica non adeguato allo sforzo da compiere
problemi posturali
movimenti bruschi
recupero atletico insufficiente
affrettati tempi di recupero dopo un infortunio
condizioni ambientali e climatiche non idonee
microtraumi ripetuti
ecc.
Sintomi
Uno stiramento muscolare dà luogo a un dolore acuto e circoscritto alla zona
colpita dalla lesione generalmente seguito da uno spasmo muscolare. Per
quanto il dolore provocato da uno stiramento sia decisamente più intenso di
quello causato da una contrattura, raramente vi sono problemi a livello di
funzionalità e, molto spesso, il soggetto è in grado di continuare l'attività, cosa
che rischia di peggiorare notevolmente il quadro clinico con il rischio di andare
addirittura incontro a una lesione di livello superiore (una distrazione o
addirittura uno strappo muscolare) con conseguente allungamento dei tempi di
recupero.
Come intervenire
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Trattandosi di un infortunio di relativa gravità, se ci si è fermati nel momento
opportuno, l'elongazione guarisce spontaneamente nel giro di due-tre
settimane al massimo. È assolutamente sconsigliato affrettare i tempi di
recupero perché esiste il serio rischio di incorrere in recidive.
Le terapie indicate nell'immediato sono quelle che il soggetto può effettuare da
sé (impacchi caldo-umidi, farmaci antinfiammatori e miorilassanti).
Nella fase acuta il massaggio è una pratica sconsigliata perché potrebbe
peggiorare il quadro clinico. Passato il periodo di riposo indicato è possibile
eseguire il cosiddetto test delle scale: se il salire e lo scendere le scale non dà
luogo a nessuna dolorabilità è possibile riprendere gradatamente l'attività fisica
prestando una notevole attenzione alla fase di riscaldamento
Prevenzione
Come già accennato in precedenza, un buon riscaldamento gioca un ruolo
fondamentale nella prevenzione delle lesioni muscolari e quindi anche negli
stiramenti; vi sono però altri consigli che si possono fornire per minimizzare la
possibilità di incorrere in questo tipo di infortunio:
• praticare attività sportiva quando si è nelle giuste condizioni per
affrontare lo sforzo fisico; allenarsi in condizioni fisiche precarie o
quando non si è ancora recuperata adeguatamente la seduta di
allenamento precedente, rischia di essere controproducente;
• scegliere un abbigliamento idoneo;
• non sottovalutare sintomi dolorosi di una certa importanza;
• effettuare stretching soltanto se lo si sa eseguire nel modo corretto (lo
stretching non correttamente eseguito può essere fonte di notevoli
danni).
DISTRAZIONI MUSCOLARI
La distrazione muscolare è una lesione piuttosto grave che causa la rottura di
alcune fibre che compongono il muscolo.
STRAPPI MUSCOLARI
Lo strappo muscolare (o rottura sottocutanea del muscolo) è una lesione
muscolare di terzo grado, la più grave, in quanto si ha la rottura di fibre
muscolari con la fascia del muscolo che rimane integra.
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Krav Maga Fesik
Può avvenire per scatti improvvisi o improvvise e violente contrazioni
muscolari e colpisce soprattutto gli sportivi.
Le sedi muscolari maggiormente coinvolte sono i muscoli lunghi degli arti
inferiori (meno coinvolti sono i muscoli addominali e i dorsali), soprattutto
quelli della coscia come gli adduttori, i flessori e il quadricipite oppure quelli
della gamba come il tricipite surale.
La lesione avviene in genere a livello delle giunzioni muscolo-tendinee, la zona
fisiologicamente e meccanicamente più debole, mentre molto raramente si
verifica a livello del ventre del muscolo.
Solitamente coinvolgono gli sportivi che non sono ben allenati o che non hanno
effettuato un adeguato riscaldamento muscolare prima di compiere attività
fisica e quindi il muscolo non è preparato per lo sforzo e si lacera.
Coinvolti soprattutto gli atleti che devono effettuare sforzi esplosivi (sollevare
pesi, saltare, gare di velocità, ma anche nel calcio).
Esistono ovviamente diversi gradi di strappi muscolari, in base al numero delle
fibre lesionate. Nelle lesioni di primo grado sono danneggiate poche fibre del
muscolo, mentre nelle lesioni di terzo grado, più dei 2/3 delle fibre del muscolo
sono strappate.
Sintomi
L'atleta percepisce un dolore violento in sede di rottura e si ha la formazione di
un avvallamento tra i due monconi ritratti del muscolo se lo strappo è grave.
Tendenzialmente il dolore è tanto più acuto quante più fibre sono rotte.
Solitamente c'è sempre un ematoma (cioè una raccolta di sangue) in quanto il
muscolo è irrorato da molti capillari sanguigni che vengono anch'essi lesionati.
Più fibre si strappano, più cospicuo sarà l'ematoma che tenderà ad affiorare in
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Krav Maga Fesik
superficie, altrimenti può rimanere confinato nel muscolo. Spesso è necessaria
l'evacuazione del sangue.
L'atleta, se lo strappo è grave, oltre a essere ovviamente impossibilitato nel
proseguire l'attività fisica non riesce a muovere l'arto e il muscolo appare duro
e contratto.
Uno strappo muscolare è quasi sempre accompagnato da edema, gonfiore e a
volte anche il fenomeno della ''contrattura da difesa'' in cui l'organismo
immobilizza la parte del corpo infortunata per evitare ulteriori aggravamenti.
Terapia
In caso di strappo muscolare bisogna sospendere l'attività fisica, anche se lo
strappo non è così doloroso, in quanto continuare può peggiorare la lesione,
coinvolgendo un maggior numero di fibre.
Una volta a riposo si applica la borsa del ghiaccio perché il freddo
vasocostringe, quindi limita sia la fuoriuscita di sangue che il gonfiore dell'arto.
Il medico prescriverà degli esami da svolgere per identificare bene la lesione e
indicherà la terapia.
Ovviamente nei casi più gravi, si ricorre all'intervento chirurgico per accostare i
due monconi del muscolo e si sutura. Il tempo di recupero è stimato intorno
a1-2 mesi circa. In alcuni casi si può addirittura arrivare allo stop di 4 mesi.
Per le lesioni di primo grado l'atleta deve stare a riposo, prendendo
antinfiammatori o miorilassanti per circa 2 settimane, mentre per le lesioni di
secondo grado lo stop è di quasi un mese.
Riabilitazione
Purtroppo il muscolo lesionato non si ripara con la formazione di nuova fibre
muscolari, ma forma un tessuto cicatriziale, meno contrattile e più fragile
rispetto al muscolo normale. Quindi la cosa migliore rimane comunque il
prevenire queste lesioni.
Quando si riprende l'attività si deve prestare la massima attenzione
alla programmazione degli allenamenti e alla fase di riscaldamento. Si deve
evitare lo stretching ''fai da te'' perché può traumatizzare il muscolo
infortunato e, se fatto male, può essere devastante.
Se il fisiatra propone lo stretching, deve assolutamente istruire bene il paziente,
spiegandogli esattamente gli esercizi da fare. Nulla va improvvisato!
Evitare Manovre manuali e massaggi.
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Krav Maga Fesik
SVENIMENTO
E' la perdita più o meno completa della coscienza dovuta ad una minor
irrorazione del sangue al cervello. Le cause possono essere diverse: colpo di
calore; stanchezza; stati d'ansia eccessivi ecc.
Sintomi Perdita di coscienza e incapacità di reggersi in piedi.
Come intervenire Adagiare il soggetto in posizione supina; sollevargli le gambe;
slacciargli gli indumenti per consentire una migliore respirazione. E'
consigliabile fargli inalare sali ammoniacali o aceto.
Evitare Evitare di spruzzare acqua fredda o altro liquido in faccia o fargli
ingerire liquidi fino a quando non ha ripreso completamente conoscenza.
La posizione antishock
A cosa serve
La respirazione artificiale serve per ossigenare artificialmente un infortunato
che ha un arresto respiratorio, tipico per esempio nei casi di asfissia,
annegamento,
avvelenamento
da
farmaci,
overdose
e
altro.
In questi casi i muscoli involontari che dilatano la gabbia toracica sono bloccati
e l'infortunato non può ossigenare il sangue. In queste condizioni, dopo pochi
minuti, anche l'attività del cuore si blocca. E' perciò necessario agire
tempestivamente per ossigenare il sangue in modo artificiale.
Come si fa
La respirazione artificiale andrebbe praticata attraverso strumenti medicali
come il pallone ambu e, per motivi di igiene e
profilassi, è sconsigliabile praticare la respirazione
bocca a bocca.
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Krav Maga Fesik
Tuttavia, poiché questa manovra può salvare la vita a una persona, in
mancanza di strumenti spetta al soccorritore la decisione di come agire, in base
alla propria coscienza.
Respirazione bocca a bocca. Distendere l'infortunato a pancia in su e
procedere con il controllo della pervietà delle vie aeree e, se l'infortunato non
ha traumi, iperestendere la testa appoggiando una mano sotto la nuca e
spingendo verso l'alto mentre contemporaneamente con l'altra mano si può
esercitare una pressione sulla fronte verso il basso.
Chiudere con due dita il naso dell'infortunato per evitare che l'aria insufflata
fuoriesca.
Dopo avere inspirato profondamente, far aderire le proprie labbra con quelle
dell'infortunato (meglio dopo aver apposto un fazzoletto) e insufflare con forza.
Quindi sollevare la testa e controllare che il torace si sollevi per poi abbassarsi
immediatamente dopo.
Ripetere l'operazione, con un ritmo di 15-20 atti al minuto, fino a quando
l'infortunato non riprende la respirazione autonoma o sino all'arrivo dei
soccorsi.
Controllare periodicamente che l'infortunato non vada in arresto cardiaco.
Respirazione bocca a naso. Se l'infortunato presenta delle fratture alla
mandibola o alla mascella, si può procedere come nel caso della respirazione
bocca a bocca con la differenza che la bocca viene tenuta chiusa per evitare che
fuoriesca l'aria insufflata, e le insufflazioni vanno fatte attraverso il naso.
Respirazione bocca a bocca naso. Nel caso l'infortunato sia un bambino
piccolo, il soccorritore può aderire le proprie labbra sul viso del bambino
effettuando le insufflazioni contemporaneamente attraverso la bocca e il naso
dell'infortunato. In questo caso la quantità di aria insufflata e la forza
dell'insufflazione devono essere ridotte.
Respirazione manuale di Nielsen. Se non è possibile la respirazione bocca a
bocca si può tentare una respirazione manuale la cui efficacia è molto inferiore.
Questa manovra è controindicata in caso di traumi o fratture agli arti superiori
o alla colonna vertebrale.
Dopo aver steso l'infortunato a pancia in giù su un piano rigido, con la testa
iperestesa e gli arti superiori piegati, il soccorritore, inginocchiato, posiziona le
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Krav Maga Fesik
mani sulle scapole dell'infortunato, con le dita ben aperte e, sfruttando il peso
del proprio corpo, esercita una compressione sulla schiena che serve a far
espirare l'aria. Successivamente afferra i gomiti dell'infortunato tirandoli verso
di sé per favorire l'allargamento della gabbia toracica e quindi l'inspirazione.
L'operazione va ripetuta con un ritmo di 15 atti al minuto.
Respirazione manuale di Silvester. Se non è possibile la respirazione bocca a
bocca si può tentare questa respirazione manuale la cui efficacia è molto
inferiore. Questa manovra è controindicata in caso di traumi o fratture agli arti
superiori o alla colonna vertebrale.
Dopo aver steso l'infortunato a pancia in su, su un piano rigido, con la testa
iperestesa, il soccorritore, inginocchiato dietro la testa del paziente, dovrà
afferrargli i polsi, incrociarli sull'addome, portarsi in avanti e, sfruttando il
proprio peso, comprimere l'addome per produrre l'espirazione. A questo punto
dovrà portarsi all'indietro sedendosi sui talloni e aprire le braccia
dell'infortunato per allargare la gabbia toracica e produrre l'inspirazione.
Cos'è
Una perdita di coscienza è la perdita della nozione della propria esistenza e
degli oggetti esterni.
Sintomi
L'infortunato non parla, non sente, non risponde. A volte reagisce a stimoli
dolorosi, per esempio pizzicotti in zone particolarmente sensibili come il
capezzolo o il collo.
Ci sono vari livelli di perdita di coscienza: la lipotimia, il coma e la sincope.
ATTENZIONE: in queste condizioni il polso e la respirazione possono essere
presenti, ma possono anche essersi arrestati.
Davanti alla perdita di coscienza bisogna immediatamente controllare le
funzioni vitali e intervenire di conseguenza ponendo l'infortunato in posizione
antishock.
ATTENZIONE: non porre l'infortunato in posizione antishock nel caso di una
sospetta congestione cerebrale o in caso di
ictus.
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Nel caso di una lipotimia la posizione antishock è sufficiente a far rinvenire dal
malore il soggetto che si dovrà successivamente sottoporre a una visita medica.
Se ciò non avviene immediatamente, e comunque in tutti gli altri casi,bisogna
immediatamente chiamare i soccorsi.
Se si verifica un arresto respiratorio o un arresto cardiaco bisogna procedere
senza perdere tempo con la respirazione artificiale ed eventualmente il
massaggio cardiaco.
ATTENZIONE: in caso di malori o svenimenti, non essendo spesso possibile una
diagnosi sul luogo, è bene sempre comportarsi con la massima allerta e
chiamare urgentemente i soccorsi.
Gravità
La perdita di coscienza può essere una momentanea lipotimia, o svenimento,
ma il più delle volte si verifica per infortuni molto gravi e richiede un soccorso
urgente per condurre il malcapitato all'ospedale.
Rianimazione artificiale: massaggio cardiaco + respirazione artificiale
A cosa serve
Dopo 3 o 4 minuti dall'arresto cardiaco i neuroni e il cervello, molto sensibili
alla carenza di ossigeno che non viene più pompato dal cuore attraverso il
sangue, cominciano una irreversibile distruzione.
In presenza di un arresto cardiaco, perciò, bisogna intervenire immediatamente
con il massaggio cardiaco e la respirazione artificiale: operazioni che servono a
ripristinare artificialmente l'attività cardiaca e respiratoria.
Attraverso il massaggio cardiaco il cuore pompa il sangue soltanto al 20% - 40%
del normale, ma è sufficiente per tenere in vita l'infortunato sino al suo arrivo
in un pronto soccorso dove, attraverso un defibrillatore si tenterà di ripristinare
l'attività cardiaca attraverso scariche elettriche.
Allo stesso modo, la respirazione bocca a bocca, serve per ossigenare il sangue
che viene pompato in modo meccanico attraverso il massaggio cardiaco. Anche
se l'aria che insuffliamo è ricca di anidride carbonica, la quantità di ossigeno
immessa è comunque sufficiente all'ossigenazione. L'aria che espiriamo, infatti,
contiene il 16% di ossigeno, contro il 20% dell'aria che inspiriamo.
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Il soccorritore, esercitando una pressione sulla gabbia toracica, comprime il
cuore tra lo sterno e la colonna vertebrale e in questo modo si sostituisce
meccanicamente all'attività cardiaca. Grazie all'elasticità della gabbia toracica,
quando cessa la compressione, il torace si espande e il cuore si dilata, per poi
restringersi alla successiva compressione.
ATTENZIONE: prima di eseguire un massaggio cardiaco è necessario essere
certi dell'avvenuto arresto del cuore, altrimenti si possono compiere dei danni
molto seri.
Come si fa
Spesso l'arresto cardiaco non è totale, il cuore è in fibrillazione, comincia cioè a
tremolare senza più riuscire a mandare in circolo il sangue. Questo stato è
particolarmente frequente nei casi di folgorazione. Proprio per questo un
tempo prima di iniziare il massaggio alcuni soccorritori tentavano il ripristino
dell'attività cardiaca attraverso il colpo precordiale che però oggi, secondo le
più recenti tecniche di rianimazione in vigore, è
decisamente sconsigliato. Ne riportiamo dunque la
manovra solo perché a qualcuno potrebbe capitare
di sentirne parlare: il colpo precordiale
(SCONSIGLIATO) consisteva in un colpo forte e secco
assestato col pugno chiuso circa alla metà dello
sterno. Veniva ripetuto anche 2 o 3 volte e se l'attività cardiaca non si
ripristinava si passava dunque al massaggio.
Il punto di compressione.
Prima di procedere al massaggio è necessario
individuare il punto di compressione. Per trovarlo si
può misurare ad occhio la lunghezza dello sterno,
individuare la metà e porre il palmo della mano
appena sotto questa metà.
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Krav Maga Fesik
La procedura più corretta e precisa, tuttavia, è la seguente:
1) si deve partire dal margine inferiore dell’arcata costale e risalire con due dita
unite seguendo la costola sin a quando non si raggiunge il punto in cui le
costole si congiungono con lo sterno. 2) Un volta trovato questo punto bisogna
porre su di esso il dito medio e sopra di esso apporre anche il dito indice.
Immediatamente sopra le due dita, sullo sterno, bisogna poi apporre il palmo
dell'altra mano. Questo è il punto di repere, e cioè il punto più corretto dove
andrà effettuato il massaggio cardiaco. Non resta dunque che sovrapporre
anche l'altra mano facendo ben attenzione che le
dita della mano che premono sullo sterno siano ben
sollevate.
E' questo il punto migliore per comprimere il cuore:
al di sopra si rischia di rompere lo sterno, al di sotto
si rischia di procurare fratture alle costole con
possibili lesioni di organi vitali come il fegato o i
polmoni.
Posizione dell'infortunato. L'infortunato deve essere sdraiato a pancia in su,
disteso su un piano rigido o al suolo, meglio se in posizione antishock.
MAI effettuare un massaggio cardiaco su un letto o un materasso!A questo
punto bisogna procedere a garantire la pervietà delle vie aeree e prepararsi alla
ventilazione.
Se il soccorritore è da solo. Dopo aver garantito la pervietà delle vie aeree,
chiudere il naso con una mano, per evitare che esca l'aria che insuffliamo, ed
effettuare 2 o 3 insufflazioni per ossigenare il sangue. Controllare che il torace
e l'addome si dilatino durante l'insufflazione per riabbassarsi immediatamente
dopo.
Posizionarsi in ginocchio al lato dell'infortunato e porre la base del palmo nel
punto di compressione dello sterno precedentemente individuato. Porre il
palmo dell'altra mano sul dorso della prima, con le dita ben alzate, per fare
forza con entrambe le braccia.
Mantenere le braccia ben tese, non piegate, perché il massaggio è efficace se è
perfettamente verticale e non deve mai seguire un asse obliquo.
A questo punto eseguire la prima compressione facendo forza, in modo
perpendicolare, con tutto il peso del corpo, e poi rilasciare. Lo sterno si deve
abbassare di circa 4 o 5 centimetri.
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Krav Maga Fesik
L'operazione va ripetuta 15 volte, le compressioni vanno fatte a distanza di
circa un secondo l'una dall'altra. Dopo 15 compressioni, spostarsi velocemente
vicino alla testa dell'infortunato ed effettuare altre due insufflazioni.
Continuare così alternando 15 massaggi e 2 insufflazioni.
Va detto che ogni volta che si ricomincia a fare un ciclo di compressioni va
nuovamente individuato con la solita procedura il punto di repere.
Ogni tanto bisogna controllare che l'attività cardiaca non si sia ripristinata. In
tal caso interrompere immediatamente il massaggio e controllare le funzioni
vitali dell'infortunato sino all'arrivo dei soccorsi. Se l'attività non si ripristina il
massaggio va continuato senza interruzioni sino all'arrivo dei soccorsi.
ATTENZIONE: nel caso di bambini, le compressioni devono essere meno
energiche. Anche il punto di compressione è differente: in particolare nei
neonati il punto di compressione si trova nel punto mediano della linea di
congiunzione dei capezzoli e la compressione deve essere fatta con due dita
anziché con i palmi delle mani. Questo vale ance per i bambini molto piccoli: la
compressione va effettuata soltanto con le dita, se non si vuole procurare uno
sfondamento del torace. Inoltre bisogna ricordare che nei bambini il ritmo del
cuore è più veloce, 80 - 100 battiti al minuto contro i 60 - 70 di un adulto.
Anche il ritmo del massaggio deve essere un po' più veloce.
Se ci sono due soccorritori. Procedere come nel
caso di un solo soccorritore con le seguenti
differenze: un soccorritore si posiziona vicino alla
testa e si occupa delle insufflazioni. L'altro si
posiziona vicino al torace e si occupa delle
compressioni.
Si comincia con 2 insufflazioni, poi l'altro
soccorritore effettua 15 compressioni, e si continua alternando 2 insufflazioni e
15 compressioni.
E' bene contare ad alta voce ogni compressione, in modo che l'altro
soccorritore che si occupa delle insufflazioni prenda il giusto ritmo e sia pronto
a immettere aria dopo la quinta compressione. Mai effettuare
contemporaneamente insufflazione e compressione ma sempre alternando.
Poiché queste manovre sono molto faticose, è bene che i due soccorritori si
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alternino e si diano il cambio ogni tanto. Il cambio deve essere veloce. Intanto,
ricordarsi di controllare il polso per vedere se l'attività cardiaca si è ripristinata.
ATTENIONE:
Le procedure qui descritte sono in continuo aggiornamento da parte dell'IRC,
che è alla ricerca sempre di nuovi metodi più efficaci per salvare vite umane.
Fino a pochi anni fa, per esempio, nel caso di un massaggio cardiaco con due
soccorritori la manovra prevedeva un ritmo di 1 insufflazione seguita da 5
compressioni, la qualcosa si trova ancora in molti manuali non aggiornati. Le
manovre qui descritte invece tengono conto degli ultimi protocolli del 2003 e in
futuro potrebbero anche cambiare lievemente, visto che la ricerca è sempre in
costante crescita.
RESPIRAZIONE ARTIFICIALE
A cosa serve
La respirazione artificiale serve per ossigenare
artificialmente un infortunato che ha un arresto
respiratorio, tipico per esempio nei casi di asfissia,
annegamento, avvelenamento da farmaci,overdose
e altro.
In questi casi i muscoli involontari che dilatano la gabbia toracica sono bloccati
e l'infortunato non può ossigenare il sangue. In queste condizioni, dopo pochi
minuti, anche l'attività del cuore si blocca. E' perciò necessario agire
tempestivamente per ossigenare il sangue in modo artificiale.
Come si fa
La respirazione artificiale andrebbe praticata attraverso strumenti medicali
come il pallone ambu e, per motivi di igiene e profilassi, è sconsigliabile
praticare la respirazione bocca a bocca.
Tuttavia, poiché questa manovra può salvare la vita a una persona, in
mancanza di strumenti spetta al soccorritore la decisione di come agire, in base
alla propria coscienza.
Respirazione bocca a bocca. Distendere l'infortunato a pancia in su e
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procedere con il controllo della pervietà delle vie aeree e, se l'infortunato non
ha traumi, iperestendere la testa appoggiando una mano sotto la nuca e
spingendo verso l'alto mentre contemporaneamente con l'altra mano si può
esercitare una pressione sulla fronte verso il basso.
Chiudere con due dita il naso dell'infortunato per evitare che l'aria insufflata
fuoriesca.
Dopo avere inspirato profondamente, far aderire le proprie labbra con quelle
dell'infortunato (meglio dopo aver apposto un fazzoletto) e insufflare con forza.
Quindi sollevare la testa e controllare che il torace si sollevi per poi abbassarsi
immediatamente dopo.
Ripetere l'operazione, con un ritmo di 15-20 atti al minuto, fino a quando
l'infortunato non riprende la respirazione autonoma o sino all'arrivo dei
soccorsi.
Controllare periodicamente che l'infortunato non vada in arresto cardiaco.
Respirazione bocca a naso. Se l'infortunato presenta delle fratture alla
mandibola o alla mascella, si può procedere come nel caso della respirazione
bocca a bocca con la differenza che la bocca viene tenuta chiusa per evitare che
fuoriesca l'aria insufflata, e le insufflazioni vanno fatte attraverso il naso.
Respirazione bocca a bocca naso. Nel caso l'infortunato sia un bambino
piccolo, il soccorritore può aderire le proprie labbra sul viso del bambino
effettuando le insufflazioni contemporaneamente attraverso la bocca e il naso
dell'infortunato. In questo caso la quantità di aria insufflata e la forza
dell'insufflazione devono essere ridotte.
Respirazione manuale di Nielsen. Se non è possibile la respirazione bocca a
bocca si può tentare una respirazione manuale la cui efficacia è molto inferiore.
Questa manovra è controindicata in caso di traumi o fratture agli arti superiori
o alla colonna vertebrale.
Dopo aver steso l'infortunato a pancia in giù su un piano rigido, con la testa
iperestesa e gli arti superiori piegati, il soccorritore, inginocchiato, posiziona le
mani sulle scapole dell'infortunato, con le dita ben aperte e, sfruttando il peso
del proprio corpo, esercita una compressione sulla schiena che serve a far
espirare l'aria. Successivamente afferra i gomiti dell'infortunato tirandoli verso
di sé per favorire l'allargamento della gabbia toracica e quindi l'inspirazione.
L'operazione va ripetuta con un ritmo di 15 atti al minuto.
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Krav Maga Fesik
Respirazione manuale di Silvester. Se non è possibile la respirazione bocca a
bocca si può tentare questa respirazione manuale la cui efficacia è molto
inferiore. Questa manovra è controindicata in caso di traumi o fratture agli arti
superiori o alla colonna vertebrale.
Dopo aver steso l'infortunato a pancia in su, su un piano rigido, con la testa
iperestesa, il soccorritore, inginocchiato dietro la testa del paziente, dovrà
afferrargli i polsi, incrociarli sull'addome, portarsi in avanti e, sfruttando il
proprio peso, comprimere l'addome per produrre l'espirazione. A questo punto
dovrà portarsi all'indietro sedendosi sui talloni e aprire le braccia
dell'infortunato per allargare la gabbia toracica e produrre l'inspirazione.
6-ALLENAMENTO
L'allenamento è "un processo pedagogico educativo continuo che si concretizza
nell’organizzazione dell’esercizio fisico ripetuto in qualità, quantità ed intensità
tali da produrre carichi progressivamente crescenti che stimolano i processi
fisiologici di supercompensazione dell’organismo e favoriscono l’aumento delle
capacità fisiche, psichiche, tecniche e tattiche dell’atleta, al fine di esaltarne e
consolidarne il rendimento in gara" (Prof. Carlo Vittori).
PRINCIPI FONDAMENTALI DELL'ALLENAMENTO
CONTINUITA'
Allenarsi con poca costanza non aiuta molto, al contrario allenarsi con una
grande continuità garantisce un costante miglioramento non solo fisico, ma
anche tecnico. Si evitano così lunghe pause che fanno perdere parte della
condizione acqusita.
MULTILATERALITA’
Evitare sedute ripetitive, uguali tra di loro. E’ importante allenarsi con grande
variabilità cercando di effettuare ripetizioni differenti per tipo, velocità e
recupero.
APPRENDIMENTO
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Krav Maga Fesik
Anche quando crediamo di essere perfetti ci sarà sempre almeno un errore
tecnico. Proprio per questo motivo bisogna sempre eseguire delle esercitazioni
tecniche diverse, come ad esempio esercizi coordinativi o di sensibilità.
PROGRESSIVITA'
Bisogna incrementare il volume delle sedute.
GRADUALITA'
Il volume delle sedute deve essere crescente, questa progressione deve sempre
essere costante e mai brusca. Si evitano cosi situazioni eccessivamente
stressanti che non porterebbero a nessun risultato.
PARAMETRI DELL’ALLENAMENTO
Nella classificazione degli allenamenti e nella loro programmazione bisogna
tenere conto di alcuni valori, che rappresentano il reale contenuto
dell’allenamento: durata, volume, intensità, densità, frequenza e difficoltà.
DURATA Tempo cronometrico in cui viene applicato il carico (stimolo) di
allenamento detratto delle pause di recupero.
VOLUME Numero degli stimoli inerenti il singolo esercizio o tutta la seduta di
allenamento(quantità).
INTENSITA' Impegno organico e muscolare rispetto alla massima prestazione
possibile(qualità). Grado di difficoltà percepita dall’atleta.
DENSITA' Rapporto tra tempo di lavoro e tempo di recupero.
FREQUENZA Numero delle volte che lo stesso stimolo viene utilizzato nell’unità
di tempo presa in considerazione (giorni, settimane, ecc.)
DIFFICOLTA' ESECUTIVA Grado di difficoltà e complessità degli esercizi
effettuati.
Al fine di riuscire a migliorare tutte le qualità e quindi raggiungere la massima
forma sia fisica che psicologica bisogna saper organizzare gli allenamenti. In
questo caso si parla di periodizzazione che si divide in pianificazione e
programmazione.
Innanzitutto bisogna aver chiaro l’obiettivo che si vuole raggiungere.
Per raggiungere questo obiettivo si deve avere chiare anche le caratteristiche
principali che i propri atleti dovrebbero possedere in relazione alla disciplina
praticata (MODELLO DI PRESTAZIONE).
Solitamente il modello di prestazione è composto da molte variabili quali le
caratteristiche antropometriche (peso e statura), il livello specifico delle
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Krav Maga Fesik
capacità motorie, le capacità tecniche e tattiche, le caratteristiche psicologiche,
ecc.
Differenza tra Pianificazione e Programmazione
Pianificazione: momento generale di formulazione della strategia delle grandi
variazioni di struttura dell’allenamento riferite ad un ampio arco di
tempo(macrociclo = anno o semestre) e ad obiettivi intermedi(micro ciclo =
mese o settimana). Pertanto vanno definiti gli obiettivi, le priorità, le scadenze
più importanti, i tempi occorrenti per le varie fasi di preparazione, i metodi e i
mezzi più idonei.
Programmazione: momento particolareggiato di stesura del programma di
allenamento sulla base di quanto pianificato in precedenza.
Nella pianificazione e programmazione si deve tener conto di tutte le capacità
motorie.
Le capacità motorie si dividono in coordinative e condizionali:
CAPACITA’ COORDINATIVE
di base : apprendimento, organizzazione e controllo motorio
speciali : proprie di ogni disciplina
CAPACITA’ CONDIZIONALI
Forza
Resistenza
Velocità
Flessibilità (mobilità articolare ed allungamento muscolare)
Le capacità coordinative sono l'insieme delle capacità utilizzate per
apprendere, controllare e organizzare (adattare e trasformare) un movimento.
Lo sviluppo delle capacità coordinative è strettamente dipendente dal
sistema nervoso,
in particolare:
dall’apparato percettivo (vista, udito, tatto);
dall’apparato senso-motorio (equilibrio, percezione dello spazio, e del tempo);
dalla capacità espressiva (linguaggi del corpo).
Le capacita coordinative di base (o generali) possono essere classificate in:
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Krav Maga Fesik
Apprendimento motorio
Capacità d’imparare, assimilare e acquisire movimenti, da quelli più semplici a
quelli più complessi.
Controllo motorio
Capacità di controllare i movimenti per raggiungere esattamente lo scopo
previsto dal gesto da compiere.
Adattamento e trasformazione
Capacità di cambiare, trasformare ed adattare i movimenti appresi ad
improvvisi mutamenti delle condizioni esterne, per permettere di raggiungere
sempre ed in ogni modo il risultato motorio previsto.
Le capacità coordinative speciali possono essere classificate in:
destrezza fine,(movimenti in spazi piccoli senza dispendio eccessivo di energie)
capacità d’equilibrio,(mantenere la postura in condizioni di instabilità)
elasticità di movimento,(fluidità nei movimenti)
capacità di combinazione motoria,(stabire la successione migliore dei
movimenti)
fantasia motoria,(schema motorio adeguato alla situazione)
orientamento spazio-temporale,(gestire il corpo nell’ambiente e nel tempo)
differenziazione cinesica,(quanto forte, quanto veloce)
anticipazione motoria,(azione fisica prima dell’avversario)
reazione motoria,(azione fisica corretta e ad adeguata al contesto)
memorizzazione motoria,(assimilare schema di movimento)
ritmizzazione(organizzare cronologicamente i movimenti)
trasformazione(modificare improvvisamente un movimento)
Principi metodologici per l’allenamento delle capacità coordinative
1. Le capacità coordinative, a differenza delle altre forme principali di
sollecitazione motoria, non possono essere migliorate ed allenate con un
metodo unilaterale ma vanno migliorate in modo complesso.
2. Solo attraverso il principio della variazione e della combinazione continua dei
metodi e dei contenuti dell’allenamento, si può raggiungere un elevato
sviluppo della destrezza.
3. Grazie all’acquisizione e all’utilizzazione delle abilità motorie,
si
perfezionano parallelamente le funzioni psicofisiche (analizzatori) e
coordinative necessarie per l’apprendimento di nuove abilità motorie.
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Krav Maga Fesik
4. Le capacità coordinative, vanno addestrate fin da piccoli visto che i processi
di ricezione ed elaborazione delle informazioni peggiorano con l’aumentare
dell’età e l’efficacia dell’allenamento diminuisce.
5. L’allenamento della destrezza non va eseguito in condizioni di affaticamento,
poiché in tali condizioni i processi di controllo non possono essere allenati in
modo ottimale.
METODI DI SVILUPPO DELLE CAPACITÀ COORDINATIVE
• Per l’impostazione metodica dell’allenamento della coordinazione vale come
principio l’esecuzione di movimenti semplici, perfettamente conosciuti in
condizioni rese più difficili ed eseguire i movimenti in condizioni diverse e che
variano / incostanti.
Un incremento della difficoltà coordinativa può essere ottenuto:
• aumentando le esigenze di precisione;
• aumentando la pressione temporale per l’esecuzione del movimento;
• aumentando le esigenze di complessità, ad esempio, introducendo compiti
supplementari, inserendo il movimento in una combinazione di movimenti,
inserendo una sollecitazione dell’equilibrio;
• esercitandosi in condizioni ambientali variabili, che richiedano un continuo
adattamento del movimento all’ambiente che varia.
OPPURE ANCORA:
aggiungendo carichi condizionali precedenti (lo farei solo dopo aver acquisito il
gesto) o combinando esercizi impegnativi dal punto di vista condizionale e
carichi psichici;
variando le distanze, le posizioni iniziali o finali, la direzione del movimento,
l’impegno di forza, le dimensioni degli attrezzi;
eliminando il controllo ottico;
esercitandosi con la destra e con la sinistra;
dapprima verranno allenate singole componenti;
Quindi si combineranno due categorie di esigenze (ad esempio, aumento della
pressione temporale, mantenendo le esigenze di precisione) ed infine più
aspetti fino ad arrivare all’associazione di tutte le componenti tra loro in
compiti complessi.
ESERCIZI:
• aggiunta di movimenti complessi all'esercizio di base;
• esecuzione degli esercizi in condizioni ambientali inusuali;
• esecuzione speculare dei movimenti da entrambi i lati del corpo;
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Krav Maga Fesik
• esecuzione dei movimenti da diverse posizioni del corpo;
• mutamento della velocità e del ritmo esecutivo;
• mutamento delle dimensioni dell'attrezzo usato.
VARIANTI UTILIZZABILI
SPAZIALI: avanti/dietro; vicino/lontano; dentro/fuori; sopra/sotto; alto/basso;
grande/piccolo; vuoto/pieno…
TEMPORALI: prima/dopo; contemporaneamente; veloce/lento
QUANTITATIVI: tanto/poco; tutto/parte
QUALITATIVI: pesante/leggero; duro/morbido; ruvido/liscio; forte/piano.
Due importanti considerazioni costituiscono il concetto generale di una seria e
competente programmazione dell'allenamento:
1) Lo sviluppo delle capacità motorie del calciatore e del pallavolista (e di
qualunque sport di situazione) sono legate strettamente al fattore tecnicotattico. E' perfettamente inutile aumentare, ad esempio, la velocità di base se il
soggetto non ha poi, in misura parallela, l'abilità tecnica di trasformarla in
velocità di gioco.
2) Il tempo richiesto dalla preparazione fisica è assai elevato; se ci limitassimo a
questo tipo di lavoro sottrarremmo troppo tempo alla preparazione tecnica e
tattica della squadra. Si rivela di fondamentale importanza, specialmente per le
squadre che dedicano poco tempo all'allenamento, riunire insieme le due
preparazioni, almeno tutte le volte che questo è possibile.
Le capacità condizionali
Le capacità condizionali sono: la resistenza, la forza,la velocità,la flessibilità.
Tali capacità hanno come fattore limitante la quantità d’energia che il soggetto
ha a disposizione. Con il progredire dell'allenamento, l'organismo migliora sia le
riserve energetiche sia la capacità di produrle ed utilizzarle, tanto che le
capacità condizionali potranno essere attivate più a lungo e ad un’intensità più
elevata.
Per le capacità condizionali conviene ricordare che:
- In relazione alla FORZA possiamo evidenziare:
1. FORZA RAPIDA
2. FORZA MASSIMA
3. FORZA RESISTENTE
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Krav Maga Fesik
- In relazione alla VELOCITA’ possiamo evidenziare:
1. FORZA RAPIDA
2. RAPIDITA’ MASSIMA
3. RESISTENZA ALLA VELOCITA’
- In relazione alla RESISTENZA possiamo evidenziare:
1. RESISTENZA DI BREVE PERIODO ( 45” – 2’)
2. RESISTENZA DI MEDIO PERIODO ( 2’ – 8’ )
3. RESISTENZA DI LUNGO PERIODO ( > 8’ )
4. RESISTENZA ALLA FORZA
5. RESISTENZA ALLA VELOCITA’ ( < 45” )
Forza
La forza muscolare è quella capacità motoria che permette di vincere una
resistenza o di opporvisi tramite lo sviluppo di tensione da parte della
muscolatura.
La forza si suddivide in
• GENERALE - sviluppo generale atto a favorire uno
sviluppo armonico muscolare
• SPECIFICA - sviluppo specifico con interessamento di
specifici gruppi muscolari chiamati in causa
Espressioni di forza
FORZA MASSIMALE = Espressione massima nell’unità di
tempo Es. Sollevamento di un carico molto pesante
FORZA VELOCE = solitamente è l’espressione
derivante dall’utilizzo del 70-75 % della forza massimale
Es. esecuzione di un gesto tecnico
FORZA RESISTENTE = solitamente è l’espressione
derivante dall’utilizzo del 60 % della forza massimale che
permette numero elevato di ripetizioni
Tipologie di forza
ISOTONICA
• espressioni di capacità di forza soprattutto quella veloce,
• utilizzo di carichi medi o ripetizioni del gesto,
• modificazioni della lunghezza delle fibre muscolari
ISOMETRICA
• sviluppo di forza per vincere una resistenza,
• interessamento di forza massimale
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Krav Maga Fesik
• non porta a modificazioni della lunghezza delle fibre muscolari
Velocità
La velocità è il risultato del rapporto tra lo spazio percorso ed il tempo utilizzato
per percorrerlo (Velocità = Spazio/Tempo).
• Dipende dalla quantità di fibre veloci o fibre bianche
• Le fibre bianche con l’allenamento possono essere modificate in fibre rosse
• Capacità contrattile delle fibre veloci per tempi brevi
Da distinguere due momenti fondamentali:
• Capacità di reazione ( accelerazione )
• Frequenza dei movimenti ( velocità )
Resistenza
La resistenza è quella capacità fisica che permette di sostenere un determinato
sforzo il più a lungo possibile.
• Dipende dalla quantità di fibre rosse
• Non possono in alcun modo trasformarsi in fibre bianche
• Capacità contrattile delle fibre di tipo resistente e di lunga durata
Classificazione della resistenza
• Generale
• Specifica ( propria della disciplina sportiva )
METODI DI SVILUPPO DELLE CAPACITA’ CONDIZIONALI E COORDINATIVE
ALLENAMENTO FUNZIONALE
Per migliorare le capacità condizionali esistono diverse metodologie, attrezzi e
macchinari. Noi ci soffermiamo solo sull’utilizzo della macchina migliore per
allenarci che è il corpo umano ed eventualmente sull’utilizzo di piccoli attrezzi
quali, kettlebells, palle mediche, elastici, vipr, sacche ripiene di sabbia
(sandbags, bulgarian bags) o di acqua (acquabags), anelli (power ring), FLYING
(usando il proprio peso in sospensione), Bosu, Fit Ball, tavolette propriocettive,
superfunctional.
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Krav Maga Fesik
Questo tipo di allenamento a corpo libero o con tali attrezzi ultimamente viene
definito FUNZIONALE. Solitamente si allena con il metodo a circuito.
Nella accezione più ampia del termine funzionale significa allenare il corpo a
svolgere le attività quotidiane. Ed è per questo motivo che viene utilizzato
come metodo di allenamento da chiunque e non solo da atleti.
Pertanto gli esercizi possono essere movimenti eseguiti
La caratteristica principale dell’allenamento funzionale è che si allena il
movimento e non il muscolo!!! Cioè si lavorano
più muscoli
contemporaneamente rispetto alla macchina isotonica con la quale si allena
solo un muscolo per volta.
Infatti il corpo è strutturato in catene cinetiche che lavorano in sinergia per
dare movimento al corpo.
Inoltre si lavora anche sulla muscolatura profonda che è quella responsabile
della stabilizzazione del corpo fissando le articolazioni.
Partendo da questi presupposti l’allenamento funzionale deve avere alcuni
requisiti:
-multiplanarità: muoversi in tutte le direzioni(frontale, sagittale, trasverso);
I piani anatomici sono delle linee immaginarie disegnate attraverso il corpo.
Queste linee permettono di descrivere oggettivamente i movimenti e le
posizioni del corpo.
I piani anatomici sono quattro anche se spesso ne vengono considerati
solamente tre.
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Krav Maga Fesik
Piano mediano: è un piano verticale immaginario che passa attraverso il
centro del corpo (attraverso gli assi longitudinale e sagittale), dividendolo in
due metà (di destra e di sinistra) uguali o antimeri. Il piano sagittale a un
piano verticale immaginario parallelo al piano mediano che non passa
necessariamente per il centro. Spesso questi due piani vengono considerati
come un unico piano chiamato sagittale mediano.
Piano frontale o coronale : è un piano verticale parallelo alla fronte e
perpendicolare al piano mediano (passa per gli assi trasversale e
longitudinale). Divide il corpo in parte anteriore e parte posteriore.
Piano orizzontale o trasversale : è un piano che divide il corpo in due metà
superiore e inferiore. In posizione eretta è orizzontale. E' situato
perpendicolarmente al piano mediano e al piano frontale e passa per gli assi
trasversale e sagittale.
-multiarticolarità: utilizzare più articolazioni per ogni esercizio;
-bilanciamento del corpo: aumentare il controllo globale e cinesico
(propriocettivo) del corpo utilizzando esercizi di bilanciamento statico e
dinamico;
-dinamismo: migliora la coordinazione intramuscolare;
-mobilità: si cerca l’ampiezza del movimento;
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Krav Maga Fesik
-stimolo del “core”: il “core” è la parte centrale del corpo. Viene chiamata
anche cintura addominale. E’ di fondamentale importanza avere un “core”
forte perché previene gli infortuni ed è il collegamento tra la parte superiore ed
inferiore del corpo. Pertanto trasferisce l’energia dalle gambe alle braccia e
viceversa.
I principali muscoli che devono essere potenziati e stabilizzati sono:
· retto addominale
· grandi e piccoli obliqui addominali (obliqui esterni ed interni)
· trasverso dell'addome
· multifido
· quadrato dei lombi.
Il "core", però, racchiude una zona più ampia del normale corsetto addominale,
perché include i muscoli dell'anca, quelli anteriori e posteriori del tronco, il
pavimento pelvico e la fascia toraco-lombare. Tutta questa zona viene aiutata e
stabilizzata dalla "pressione" intraddominale. L'allenamento mirato di questa
zona deve curare la forza, la flessibilità, il controllo psico-fisico e può
considerarsi un aiuto al sistema muscolare al di sopra del diaframma.
Il pavimento pelvico: la zona che va dalla sinfisi pubica al sacro tra le creste
iliache inferiori. Potenziare questo settore muscolare garantisce un equilibrio
funzionale proteggendo la colonna nella parte lombare, dove avviene il
maggior carico.
Il trasverso dell'addome: un muscolo principalmente espiratore. La sua tonicità
crea una forza orizzontale sul pacchetto intestinale e, nel trasferirla ai muscoli
della colonna vertebrale, crea un supporto elastico.
I muscoli paraspinali: la loro tonicità, come il multifido, garantisce una forte
stabilità. Il sincronismo di questi muscoli durante la contrazione dà stabilità alla
zona lombare e a tutto il "core".
ALLENAMENTO A CIRCUITO (CIRCUIT TRAINING)
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[Digitare il testo]
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Krav Maga Fesik
Un metodo molto utilizzato per migliorare le prestazioni atletiche è il
cosiddetto circuit training.
Questo metodo di lavoro si basa sull'alternanza di stazioni aerobiche ed
anaerobiche senza pause intermedie. E’ particolarmente flessibile e permette in
poco tempo l’allenamento simultaneo di più partecipanti.
Importante nell’organizzazione del C.Training è decidere quale obiettivo si
vuole raggiungere(forza, resistenza, velocità…), e in base a ciò programmare al
meglio le diverse stazioni e quindi i vari esercizi. Quindi le variabili da
considerare sono:
-Tipologia di esercizi da inserire nel circuito; ogni stazione è rappresentata da
esercizi diversi chiamante in causa muscoli e variabili diverse (intensità e tempo
di lavoro)
-Numero di esercizi e stazioni da svolgere
-Numero di serie da svolgere (in base al periodo di preparazione)
-Successione degli esercizi da svolgere
-Modalità di esecuzione del movimento
SEDUTA DI ALLENAMENTO
La seduta (o unità) di allenamento si compone generalmente di tre parti:
PARTE INTRODUTTIVA (o preparatoria): detta comunemente "riscaldamento"
consiste nel preparare l'organismo a più specifici impegni previsti
dall'allenamento. Si eseguono esercizi di ginnastica generale, mobilità
articolare, imitazione del gesto atletico ecc. La durata va da 10 a 20 minuti e
oltre a seconda del lavoro previsto nella parte fondamentale.
PARTE CENTRALE (o fondamentale): varia da 80 a 160 minuti e oltre, a seconda
della quantità e intensità del carico prevista. Questo tempo viene dedicato
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Krav Maga Fesik
prevalentemente allo sviluppo della tecnica (apprendimento e
perfezionamento) e delle qualità fisiche.
PARTE CONCLUSIVA (o defaticante): della durata di circa 20 minuti viene
dedicata ad esercizi di allungamento e di rilassamento.
LA MOBILITA’ ARTICOLARE
La mobilità articolare (o flessibilità) è la capacità che permette di compiere
movimenti di grande ampiezza sfruttando al massimo l’escursione fisiologica
consentita dalle articolazioni.
Questa capacità è condizionata:
• dalla struttura ossea dell'articolazione;
• dalle sue componenti anatomiche e funzionali (grado di estensibilità dei
legamenti, tendini e muscoli);
• dalla temperatura dell'ambiente;
• dal livello di riscaldamento del corpo.
È importante ricordare che le fibre muscolari si adattano rapidamente a
qualsiasi situazione.
Molto importante la struttura articolare ( articolarità ) o la capacità di
allungamento muscolare ( l’estensibilità ).
Mentre sulla prima le possibilità di intervento sono alquanto limitati, è possibile
cercare di migliorare la mobilità lavorando molto sull’allungamento
muscolare(=stretching).
Lo stretching può essere attivo o passivo.
La mobilità attiva quando l’allungamento muscolare dipende dalla contrazione
del gruppo muscolare antagonista.
La mobilità passiva quando l’allungamento dipende da fattori esterni come la
gravità, forze esterne , attrezzi o il partner d’allenamento.
Tipi di stretching
Non esiste una sola forma di stretching, anche se quello più conosciuto è,
come già detto, quello codificato da Bob Anderson. In questo capitolo
prenderemo in considerazione quelli più conosciuti.
Stretching balistico
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Krav Maga Fesik
È il primo tipo di allungamento conosciuto e in genere non viene utilizzato nei
centri sportivi, palestre, club perché è pericoloso in quanto fa attivare nel
muscolo il riflesso di stiramento (riflesso incondizionato che ordina al muscolo
di reagire ad una tensione brusca con una rapida contrazione, con elevato
rischio di trauma muscolare). È un sistema di stretching vecchio e ormai
accantonato per la sua pericolosità. Il metodo è molto semplice, si arriva in
posizione di allungamento e poi si inizia a molleggiare.
Stretching dinamico
Questo sistema è consigliato in programmi sportivi in cui sono previsti
movimenti ad elevata velocità, poiché agisce sull'elasticità di muscoli e tendini.
Il muscolo agonista contraendosi rapidamente tende ad allungare il muscolo
antagonista (il muscolo che in questo esercizio vogliamo allungare); si
effettuano, quindi, movimenti a "rimbalzo" con una certa rapidità. La tecnica
consiste nello slanciare in modo controllato le gambe o le braccia, in una
determinata direzione, senza molleggiare, rimbalzare o dondolare.
Leggi dello stretching dinamico:
- procedere ad un riscaldamento generale (cardiovascolare) e settoriale
(rotazione delle articolazioni: collo, spalle, gomiti, polsi, ecc.);
- iniziare con slanci lenti e sciolti e gradatamente aumentare l'ampiezza
oppure la velocità di esecuzione.
-non slanciare in modo incontrollato (tipo stretching balistico).
-controllare il movimento.
-terminare gli slanci quando si manifestano i primi segni di fatica in una
diminuzione di ampiezza e velocità.
-non allenarsi quando i muscoli sono affaticati, i muscoli stanchi sono meno
flessibili, meno veloci e più soggetti a traumi.
-per sport altamente tecnici (come ad es. il Taekwon-Do) è necessario prestare
particolare attenzione all'allineamento dei segmenti corporei.
Stretching statico
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Krav Maga Fesik
È il sistema di stretching più conosciuto, quello codificato da Bob Anderson.
Questo sistema di stretching, con le sue posizioni e il suo modo di respirare,
prende spunto dallo yoga e fonda la sua pratica in esercizi di stiramento
muscolare allo scopo di mantenere il corpo in un buono stato di forma fisica. Si
raggiunge l'allungamento muscolare tramite posizioni di massima flessione,
estensione o torsione. Queste posizioni devono essere raggiunte lentamente
in modo da non stimolare nei muscoli antagonisti il riflesso da stiramento.
Leggi dello stretching statico:
1. Trazione costante senza molleggi da 10 a 30 secondi.
2. Mai oltre la soglia del dolore.
3. Riscaldamento generale prima dello stretching.
4. Abbigliamento comodo.
5. Ambiente non rumoroso.
6. Suolo non freddo.
7. Concentrazione.
8. Non confrontarsi con altri.
9. Controllo del respiro.
10.Alternare l'estensione dei muscoli agonisti con quelli antagonisti.
11.Programma razionale, meglio se sviluppato da personale qualificato.
Stretching statico attivo
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Gli esercizi di stretching statico attivo consistono in esercizi eseguiti con
ampiezza di movimento e sostenendo l'arto o il segmento corporeo
contraendo isometricamente i muscoli agonisti.
Leggi dello stretching statico attivo:
1. Se vi sono esercizi in sospensione per le gambe, le prime volte utilizzare
dei rialzi.
2. Esercitare i muscoli stabilizzatori, specifici della posizione, mediante
appositi esercizi.
3. Aumentare la forza e la resistenza generale, in particolare della sezione
addominale e lombare.
4. Sviluppare al massimo la mobilità articolare.
P.N.F.
Deriva dalle parole inglesi "Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation" che in
italiano significa "facilitazione propriocettiva neuromuscolare".
Questo sistema di stretching è diviso in 4 tempi:
1.
Si raggiunge il massimo allungamento del muscolo in modo
graduale e lento.
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2.
Si esegue una contrazione isometrica per circa 15/20 secondi
(sempre in posizione di massimo allungamento).
3.
Rilassamento per circa 5 secondi.
4.
Si allunga nuovamente il muscolo (contratto precedentemente)
per almeno 30 secondi.
L'intero procedimento è da ripetere per due volte. Questo tipo di stretching,
viene usato molto nella terapia di riabilitazione.
C.R.A.C.
Deriva dalle parole inglesi "Contract Relax Antagonist Contract" che in italiano
significa "contrazione, rilassamento e contrazione dei muscoli antagonisti". È
simile al P.N.F., si differenzia nella fase finale dell'allungamento. Prevede,
infatti, l'intervento attivo (contrazione) dei muscoli antagonisti (in questo caso
agonisti del movimento) a quelli che si stanno allungando. Anche in questo
caso è necessaria la presenza di un compagno che collabori nella contrazione
isometrica iniziale dei muscoli che si vogliono allungare, e che dia anche un
ulteriore aiuto, nella fase finale di allungamento, alla contrazione dei muscoli
antagonisti. In questo sistema vi è una contrazione e un rilassamento del
muscolo agonista quando viene contratto con forza l'antagonista.
C.R.S.
Significa "Contrazione, Rilassamento e Stretching. Questo sistema consiste nel
contrarre isometricamente il muscolo in questione per 10/15 secondi,
rilassarlo per 5/6 secondi e attuare l'allungamento.
Stretching globale attivo (o decompensato)
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Lo stretching globale attivo si basa sul principio che solo gli stiramenti globali
sono realmente efficaci. Gli stiramenti vengono effettuati mediante posizioni
che allungano tutta una catena muscolare portando così ad una rieducazione
della postura. È una forma di stretching innovativa e consiste nella
rieducazione posturale per la prevenzione ed il trattamento delle alterazioni
dell'equilibrio tonico dei muscoli e dell'equilibrio neurovegetativo
riconducibili, in questo caso, alla pratica sportiva. Lo stretching globale attivo
trae i suoi principi dalla Rieducazione Posturale Globale, metodo del "Campo
Chiuso", creata da Philippe E. Souchard. L'importanza di questo sistema è che
non agisce sul singolo gruppo muscolare ma nella globalità del corpo. Secondo
la teoria del creatore di questo sistema, quando eseguiamo un esercizio di
stretching classico su un muscolo (o un gruppo muscolare), otteniamo una
parte di allungamento delle fibre interessate e una parte di allungamento che
viene preso a "prestito" da altri gruppi muscolari. In altre parole, quando si
allunga un muscolo, altri gruppi muscolari devono cedere la propria tensione
per permettere l'allungamento del muscolo in questione. Tale meccanismo
darà una falsa mobilità al muscolo.
BENEFICI
È utile soffermarci sui benefici che lo stretching genera sia sul livello di
prestazione sportiva, che sull'efficienza fisica.
Benefici sul sistema muscolare e tendineo
- Aumenta la flessibilità e l'elasticità dei muscoli e dei tendini.
- Migliora la capacità di movimento.
- È un'ottima forma di preparazione alla contrazione muscolare.
- In alcuni casi diminuisce la sensazione di fatica.
- Può prevenire traumi muscolari ed articolari.
Benefici sulle articolazioni
- Attenua le malattie degenerative.
- Stimola la "lubrificazione" articolare.
- Mantiene "giovani" le articolazioni, rallentando la calcificazione del tessuto
connettivo.
Benefici sul sistema cardiocircolatorio e respiratorio
- Diminuisce la pressione arteriosa.
- Favorisce la circolazione.
- Migliora la respirazione.
- Aumenta la capacità polmonare.
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Benefici sul sistema nervoso
- Sviluppa la consapevolezza di sé.
- Riduce lo stress fisico.
- Favorisce la coordinazione dei movimenti.
- È rilassante e calmante.
RIASSUMENDO:
7-PSICOLOGIA NELLA DIDATTICA
Gli insegnamenti della psicologia
In una società contemporanea pervasa sempre più dall’individualismo, la
psicologia, ed in particolare la psicologia dei gruppi, è in grado di promuovere
l’apprendimento e il cambiamento adottando un’ottica che si basi
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sull’interfaccia tra l’individuale e il sociale (tutto ciò che avviene può essere
letto in termini sia individuali che sociali). Essendo l’uomo un essere sociale
(che nasce e cresce nei gruppi), la psicologia ci dà degli insegnamenti che
possono servire a chiunque in ogni momento e, in particolare, essa ci spiega
delle dinamiche che si presentano durante l’insegnamento ad una classe o ad
un qualsiasi gruppo di persone.
Partendo da questo presupposto, è quindi necessario “insegnare con
psicologia”!
Con ciò s’intende che risulta auspicabile introdurre all’interno del bagaglio
conoscitivo di un insegnante, anche un’infarinatura circa gli aspetti psicologici e
le dinamiche gruppali che la situazione dell’insegnamento ad un gruppo vede
emergere. Insegnare con psicologia implica quindi avere la capacità, da parte
dell’insegnate, di porsi all’interno del gruppo sia come partecipante che come
osservatore in modo da poterne cogliere sia gli aspetti più evidenti ed oggettivi,
sia quelli meno evidenti.
Il gruppo
Con il termine gruppo generalmente indichiamo un insieme di individui legati
da relazioni, i quali si percepiscono come appartenenti ad una collettività (il
gruppo è qualcosa di diverso dalla somma dei suoi membri!). Partendo da
questa definizione, risulta quindi evidente che il gruppo sociale consista in una
serie di persone in interazione tra loro dove l’obiettivo finale risulta essere la
soddisfazione dei bisogni individuali. Ovviamente non esiste solamente il
gruppo sociale, ne esistono di diversi tipi tra i quali il gruppo di lavoro. Esso
rappresenta il tipo di gruppo con cui si interfaccia l’insegnante, e di cui
contemporaneamente fa lui stesso parte, nel momento in cui tiene dei corsi di
qualsivoglia disciplina o area di interesse.
È quindi a questo punto utile capire in cosa si diversifica il gruppo sociale da un
gruppo di lavoro.. sostanzialmente l’elemento che li distingue è che il gruppo di
lavoro ha un obiettivo “lavorativo”, una sorta di compito da portare a termine
integrando i contributi dei diversi partecipanti.
Facendo un esempio pratico di un corso di difesa personale, è evidentemente
chiaro come tutte le persone partecipanti siano lì presenti per imparare delle
tecniche di difesa (obiettivo comune); a questo proposito potremmo osare
dicendo che la difesa non è solo personale ma anche psicologica in quanto i
partecipanti al corso vi si iscrivono sia con l’obbiettivo di difendersi da un
potenziale avversario fisicamente, sia spesso con l’intento di sentirsi più sicuri,
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di qui l’obiettivo inconscio di difendersi dall’ansia che genera qualsiasi
condizione di precarietà e vulnerabilità agli attacchi.
Partendo da queste considerazioni, è di fondamentale importanza capire che
durante la lezione l’insegnante non si trova mai in contatto con l’individuo
singolo ma sempre con il gruppo, di cui lui stesso è parte. Per tale motivo è
necessario conoscere alcune tra le più frequenti dinamiche di gruppo.
Le dinamiche di gruppo
Quando si entra in contatto con il gruppo e quindi con la sua cultura,
indipendentemente dal ruolo con il quale vi si entra, è importante tenere
presente che esistono dei particolari fenomeni psico-sociali visibili solo in
questo tipo di assetto che favoriscono l’apprendimento: tali fenomeni
prendono il nome di dinamiche di gruppo.
I principali fenomeni di cui è necessario tener conto sono:
le difese
la competizione
la leadership
LE DIFESE. L’insegnante di difesa personale viene a contatto, proprio per la
natura del suo compito, con una serie di persone che hanno alle spalle ognuno
una storia diversa: è bene quindi che l’insegnante, nei limiti delle sue
conoscenze e competenze, tenga conto del fatto che si potrebbero creare una
serie di dinamiche apparentemente individuali e sconnesse rispetto alla lezione
che però avranno degli effetti su di essa. Parliamo, ad esempio, delle difese
psicologiche. Qualsiasi persona entri a far parte di un gruppo, sarà pervasa da
due sentimenti contrapposti, da una lato il sentimento di gratificazione e di
motivazione dovuto al graduale raggiungimento dell’obiettivo, dall’altro la
frustrazione, inconscia, dell’appartenere ad un gruppo come una totalità che
frustra il proprio bisogno di affermazione individuale. Ecco che, allora, si
potrebbero verificare dei fenomeni di difesa rispetto al gruppo come per
esempio la formazione di chiacchierii in coppia ( accoppiamento) o anche la
fuga all’esterno ( si nota nel momento in cui gli allievi non si attengono alle
istruzioni date dall’insegnante nell’eseguire una tecnica inventandone varianti
quando non richiesto), o la fuga nel passato ( è evidente quando un allievo
proveniente da esperienze passate di altri corsi simili, mette in atto gli
insegnamenti già appresi sfuggendo quindi al presente) o ancora la confusione
di ruolo in cui uno o più membri del gruppo tentano di sostituire l’insegnante in
diversi modi (es. spiegare qualcosa ad altri compagni). Tali difese di gruppo,
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Krav Maga Fesik
sono quindi modi per affermare la propria individualità e sono da integrare con
la possibilità che si verifichino anche difese individuali (di cui si parlerà in
un’altra sede) derivanti da aggressioni ed esperienze pregresse.
LA COMPETIZIONE. All’interno di ogni gruppo si possono venire a creare delle
dinamiche competitive e il gruppo di iscritti al corso di difesa personale
sicuramente non ne è esente. La competizione può avere due declinazioni,
essa può rappresentare un fattore positivo e di crescita nel momento in cui si
esplica attraverso l’impegno costante dei membri del gruppo, la partecipazione
attiva di questi all’intera lezione volta al raggiungimento di risultati, oppure può
rappresentare un fattore negativo (che potrebbe anche sfociare nel conflitto)
nel momento in cui si esplica attraverso la lotta e lo scontro fisico tra gli allievi
o, peggio ancora, tra insegnante e allievo/i.
LA LEADERSHIP. Le dinamiche competitive di cui sopra si è parlato, richiamano
immediatamente l’insegnante al problema della loro risoluzione, ecco che
interviene qui il processo di leadership. Molto spesso la leadership è intesa e
pensata in un’accezione negativa, si pensi al comando e al controllo che certi
leader hanno sui gruppi generando obbedienza e sottomissione. Ciò che
interessa invece la condizione di insegnante è la leadership intesa nel senso
positivo del termine in base al quale viene definita come quel processo per il
quale ad alcune persone all’interno del gruppo (anche ad una sola), viene
dato il permesso di mobilitare e di guidare il resto del gruppo per aiutarlo a
conseguire degli obiettivi. Esistono ovviamente diversi stili di leadership, si va
da quello autoritario (sottomissione al leader e aggressività tra i membri), a
quello democratico (coesione elevata e buon orientamento al compito) fino ad
arrivare a quello permissivo (basso orientamento al compito). Lo stile auspicato
per l’insegnante di difesa personale (leader) è sicuramente quello democratico:
ciò permette all’insegnante di portare il gruppo al raggiungimento degli
obiettivi preposti ( imparare a difendersi) e di favorire all’interno del gruppo il
coinvolgimento delle persone conquistandone la fiducia e dando prova di
competenza e di lealtà nei confronti del gruppo.
Gli elementi del gruppo.
Per un’adeguata formazione di un insegnante di difesa personale, è importante
conoscere gli elementi fondamentali di un gruppo e quali caratteristiche questi
devono soddisfare.
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Krav Maga Fesik
Gli elementi principali sono: gli obiettivi, l’accettazione delle differenze, i
ruoli, la comunicazione e il clima.
OBIETTIVI: come precedentemente spiegato, i gruppi, ed in particolare il
gruppo di lavoro, è caratterizzato dalla presenza degli obiettivi. Essi
determinano la direzione del lavoro di gruppo e devono essere: definiti in
termini di risultato ( es, “alla fine del corso avrete le seguenti competenze..”),
espliciti ( es. “l’obiettivo del corso è…”), perseguibili ( è inutile proporre un
corso avanzato nei contenuti a persone alle prime armi), articolati in compiti
(es. “oggi impareremo la difesa a mani nude, domani quella da coltello”.. ecc) e
valutabili ( è auspicabile alla fine della lezione dare alle persona la possibilità di
mostrarci cosa hanno imparato).
ACCETTAZIONE DELLE DIFFERENZE: i gruppi di persone che si iscrivono ai corsi
di difesa personale sono eterogenei per quanto riguarda l’età, la cultura, lo
stato economico e sociale e il genere dei partecipanti, per questo è necessario
accettare le diversità tra gli allievi e anche rispetto all’insegnante: in questo
senso il dissenso deve essere visto come un valore e non come un limite al
lavoro. Nel caso di corsi di difesa personale femminile, anche se non ci sono
differenze di genere, le altre differenze permangono e con esse anche i
particolari vissuti che talvolta le partecipanti portano all’interno del gruppo
(aggressioni, violenze, maltrattamenti).
RUOLI: all’interno del gruppo è bene che vengano definiti dei ruoli, tra tutti
quello di leader il quale dal punto di vista formale è dato all’insegnante. Può
accedere però che all’interno del gruppo si venga a creare la figura di un leader
informale cioè scelto dal gruppo in base alle sue caratteristiche e ciò potrebbe
cozzare con il ruolo formale dell’insegnante. Per tale motivo è auspicabile
utilizzare uno stile di leadership democratica in modo che la probabilità che
questo processo avvenga sia minore, e nel caso in cui la “sostituzione del
leader” avvenga, è allora necessario, da parte dell’insegnante, aprirsi al resto
del gruppo cercando di capire come mai questo abbia eletto un altro leader ed
eventualmente trovare soluzioni insieme ad un professionista. È importante
ricordare che anche gli allievi spesso assolvono dei ruoli: abbiamo per esempio
l’esperto ( colui che conosce bene l’argomento), il dominante (colui che
credendo di sapere tutto non lascia la possibilità di avviare un confronto
all’interno del gruppo) e il timido ( colui che è bloccato dalla sua timidezza).
COMUNICAZIONE: la comunicazione è il processo di scambio di informazioni di
influenza, essa prevede esposizione (per esempio la spiegazione
dell’insegnante), ascolto (da parte sia degli allievi che dell’insegnante),
confronto e scambio (il valore del dissenso e possibilità di fare domande) e
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Krav Maga Fesik
feedback (è auspicabile che ogni tanto l’insegnante dia agli allievi una
restituzione su quanto stanno facendo). È infine importante segnalare che lo
stile comunicativo di un insegnante non deve essere né aggressivo, né passivo
ma sostanzialmente assertivo ( rispetto dell’idea dell’altro, apertura al
confronto, capacità di dare il proprio giudizio senza prevaricare e svalutare
l’altro).
CLIMA: il clima è l’insieme delle percezioni dei membri che colgono la qualità
dell’ambiente del gruppo, esso ci dà la “temperatura” e la distanza delle
relazioni all’interno del gruppo, il rapporto con il compito, l’accettazione o il
rifiuto del leader. Il clima è ottimale quando c’è il riconoscimento dei ruoli, una
comunicazione aperta e trasparente, quando c’è sostegno tra i membri e
quando l’insegnante fornisce feedback chiari sui comportamenti tenuti dagli
allievi e sui loro risultati più o meno raggiunti.
L’insegnamento.
Per concludere quanto fin ora esposto, è fondamentale fare un brevissimo
accenno a qualche parametro di insegnamento.
Nonostante l’idea che spesso gli insegnanti hanno sia quella che la lezione
debba essere frontale, è importante sottolineare che, in realtà, dal punto di
vista dell’apprendimento di comportamenti da tenere in situazioni di pericolo,
la modalità ottimale di insegnamento sia quella di una lezione almeno in parte
partecipata. Questo ovviamente non significa che essa debba diventare un
momento di scambio di opinioni come potrebbe essere quello che avviene in
un gruppo di amici, quanto piuttosto che questa possa elevare il livello di
coinvolgimento degli interlocutori, il loro grado di influenzamento su quanto
accade e, soprattutto, rendere più interdipendente il rapporto che si instaura
tra insegnante e allievi.
Gli accorgimenti per rendere una lezione attiva riguardano sia il “cosa” viene
trasmesso (errori potrebbero essere la sovrabbondanza o ridondanza di
informazioni), sia il “come”, cioè le modalità di comunicazione utilizzate: è per
esempio auspicabile la creazione di un percorso logico dei contenuti (es. prima
il riscaldamento, poi l’esecuzione di tecniche sviscerandola nelle sue varianti
Più semplici fino ad arrivare a quelle più complesse e infine un momento di
“verifica” finale) ed eventuali esempi e chiarificazioni.
Allenamento psico-fisico nella didattica:
stabilità emotiva e senso di efficacia
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tolleranza allo stress
gestione delle risorse individuali
resistenza alla fatica
concentrazione
gestione rapida delle decisioni
gestione delle risorse cognitive in tempi prolungati
competenze comunicative
organizzazione, programmazione e pianificazione
rispetto delle regole di gioco e di comportamento
collaborazione e fiducia reciproca
Burn out: le cause piu’ frequenti nell’apprendimento:
Assenza di stimoli, divertimento, sfide competitive, affiliazione.
Eccessivo tecnicismo, noia ripetitività,pressione agonistica Infortuni
Nella didattica insegnare a:
sviluppare il senso dell’impegno
reagire alla frustrazione
resistere all’imbarazzo
capacita’ di adattamento e di modificazione del comportamento in situazioni
di stress
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Appunti per un allenamento di difesa personale:
presenza continua dell’istruttore
l’istruttore deve essere un modello
stile didattico: globale-analitico-globale
principi didattici: enunciare, spiegare, dimostrare, esercizi, correzioni,
ripetizioni
alla correzione deve sempre seguire la dimostrazione
apprendimento visivo
aumento graduale di complessita’ ed intensita’ degli esercizi
I corsi di autodifesa femminile dovrebbero affrontare ogni aspetto del
contatto individuo-ambiente.
L'arma numero uno è quella che permette di evitare l'aggressione: nel nostro
caso essa è la prevenzione. Bisognerebbe analizzare con le allieve le varie
situazioni di rischio, dare consigli su come comportarsi in auto, in treno, a piedi,
eccetera..Risulta fondamentale dare grande importanza ai "confini di contatto
personali” e al linguaggio del corpo. Si allena il colpo d'occhio, il riflesso
istintivo e la visione periferica. L'allieva impara quindi a sviluppare una
mentalità difensiva che porterà con sé per tutto il resto della vita.
Se, nonostante la prevenzione, il pericolo si presenta, allora si passa alla "difesa
verbale". In questa fase si insegna alle allieve ad affrontare il confronto verbale
con l'ipotetico aggressore. L'allieva impara ad assumere una "posizione di
avvertimento" che unita alla difesa verbale può scoraggiare l'aggressore a
mettere in atto le sue intenzioni.
Nel caso l'aggressore non dovesse fermarsi è la "difesa fisica" lo step
successivo.
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Krav Maga Fesik
L'allieva dovrebbe sviluppare una mentalità difensiva che porterà con sé per
sempre.
Alcuni consigli utili perché le donne possano sentirsi più sicure:
Cercare di camminare a testa alta e con le spalle dritte, guardando in faccia gli
altri così che capiscano che tu li stai guardando. Un forte linguaggio del corpo
diminuisce il rischio di diventare bersaglio di malintenzionati.
In una situazione pericolosa grida NO! con forza spingendo la voce dal fondo
dello stomaco invece che dalla gola. Ripetilo mille volte di continuo se
necessario e tieni le mani davanti per proteggerti, tenerlo lontano e, nel caso,
colpirlo.
Non aver paura di fare brutta figura, di passare per isterica se denunci qualcosa
che ti sta dando fastidio, ma devi dire qualcosa! Se qualcuno ti sta dando
fastidio in un luogo pubblico, fa’ una scenata! Non vergognarti.(“Lei mi sta
toccando! Come si permette! Smetta subito!”).
Gridare “Aiuto!” può ottenere l’effetto contrario; meglio gridare “Al fuoco!” o
“Al ladro!” per attirare l’attenzione.
Se qualcuno si avvicina al tuo spazio vitale, tienilo lontano col NO!. Se non si
ferma, buttagli in faccia quello che hai nelle tasche (non le chiavi!): fazzolettini,
accendino, ecc. Gli verrà spontaneo abbassare la testa e ripararsi con le mani.
Approfittane: colpiscilo e poi scappa!
Se ti accorgi di avere qualcuno alle spalle girati e guardalo negli occhi. Se capisci
che vuole aggredirti da dietro, voltati verso di lui e difendi il tuo spazio: NON
DARGLI MAI LE SPALLE.
Evitiamo di combattere finché è possibile, cerchiamo di mantenere la distanza
e di non arrivare al contatto fisico
Non darti la colpa e non dare MAI la colpa alle vittime di un abuso.
L’autodifesa rende le donne più sicure di loro stesse: si scoprono le potenzialità
del nostro corpo. La nostra volontà di difesa è molto più grande della voglia
dell’altro di farci male, per questo possiamo essere più forti."
Consigli generali per la sicurezza
Consapevolezza: tieni sempre alto il livello di attenzione e cerca di essere
consapevole di ciò che ti circonda, anche se sei in un ambiente familiare
Fidati dell'istinto: segui il tuo istinto. Se una persona o una situazione ti crea
una sensazione di disagio, probabilmente c'è un motivo
Linguaggio del corpo: cerca di avere un atteggiamento sicuro quando cammini
o quando parli con una persona, anche il tuo tono di voce deve essere sicuro
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Krav Maga Fesik
L'elenco che segue è un estratto della dispensa Difesa Donna che viene
consegnata alle allieve durante il corso.
Non frequentare strade deserte e buie anche se sei in centro città
Non camminare rasente a porte, portoni, cantieri
Se qualcuno in auto ti chiede informazioni, non avvicinarti
Non dare mai passaggi a persone sconosciute o che conosci da poco e non
accettarne
In treno, evita gli scompartimenti vuoti
In ogni stazione e aeroporto c'è un posto di polizia. Non esitare a rivolgerti a
loro in caso di necessità
Al lavoro, in caso di molestie non esitare a rivolgerti al principale o ai sindacati
Non lasciare documenti con informazioni personali sul computer
In discoteca, se qualcuno ti guarda in modo poco piacevole o fa insistenti
apprezzamenti, avverti il servizio d'ordine del locale
In casa, tieni sempre la porta chiusa a chiave
Non aprire a visitatori inaspettati, anche se muniti di cartellino d'identificazione
In banca o alla posta, quando fai prelievi o versamenti cerca di non andare da
sola
Non fare prelievi al bancomat in zone poco frequentate o la sera
Miti sull’autodifesa femminile
Mito: l'uso della difesa verbale da parte di una donna può trasformare un uomo
normale in un potenziale aggressore.
Realtà: se l'uomo non è un malintenzionato, non lo diventerà perché la donna
in una situazione a rischio usa la voce in modo deciso per avvertirlo di non
avvicinarsi. se invece ignora questo avvertimento, è perché probabilmente ha
intenzione di fare qualcosa.
Mito: una donna non può difendersi contro un uomo, colpire l'aggressore
servirà solo a renderlo più violento.
Realtà: ci sono parti del corpo che sono vulnerabili in chiunque,
indipendentemente dalla stazza e dalla forza fisica. una donna puo' e deve
difendersi da un tentativo di aggressione, colpire l'aggressore crea la possibilità
di scappare.
Mito: quando una donna dice no, forse intende sì.
Realtà: quando una donna dice no, intende no ed è importante che questo
concetto sia ribadito non solo con la voce ma anche con un atteggiamento del
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Krav Maga Fesik
corpo adeguato. un uomo che non accetta un “no” da una donna deve mettere
in allarme.
8-NOZIONI DI PSICOLOGIA
L’aggressività
Per «comportamento aggressivo» si intende, in generale, l'insieme delle azioni
deliberatamente lesive sul piano fisico (come colpire, ferire), materiale (come
derubare) o psicologico (come minacciare, insultare, deridere), dirette verso
uno o più individui.
in particolare sono stati individuati due principali tipi di aggressività:
strumentale, che si esprime in comportamenti aggressivi finalizzati al
raggiungimento di un obiettivo (ad esempio l'autodifesa);
ostile, che si esprime in azioni motivate esclusivamente dall'intento di
danneggiare un'altra persona fisicamente o verbalmente (in questo caso
l'aggressione è fine a se stessa).
È possibile, inoltre, distinguere tra:
aggressività attiva, nella quale il danno proviene da un'azione, come un pugno
o una critica;
aggressività passiva, nella quale il danno è causato dalla mancanza di iniziativa
(per esempio non aiutare qualcuno a soffrire meno). diversi autori hanno
sostenuto che l'uomo è «per natura» aggressivo. com'è noto, freud affermò
che gli esseri umani sono guidati da impulsi sessuali (eros) e aggressivi
(thanatos) a base biologica, e per questo hanno bisogno di essere controllati e
regolati dalle leggi della società civilizzata. per l'etologo konrad lorenz, il
comportamento aggressivo avrebbe in gran parte origine dalla spinta genetica
che, nell'uomo come nell'animale, opererebbe attraverso forti pressioni
organiche: nell'individuo si formerebbe un accumulo spontaneo di energia
pronta a scaricarsi appena la situazione lo permette. ma il comportamento
aggressivo non può essere considerato solo una questione biologica. quando
parliamo dell'essere umano è necessario considerare anche fattori quali: le
condizioni ambientali, le esperienze fatte da ciascun individuo durante il suo
sviluppo, l'educazione che ha ricevuto all'intermo e all'esterno della famiglia, la
precarietà delle condizioni economiche, la conflittualità familiare, la
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frequentazione di ambienti devianti favoriscono, in varie combinazioni,
l'assunzione di stili comportamentali aggressivi.
albert bandura, teorico dell'apprendimento sociale, ha distinto le forme
elementari di aggressività fisica, che hanno luogo senza che ci sia stata alcuna
indicazione, da quelle più violente, che comportano, invece, l'uso di armi, di
strumenti o di abilità che devono essere state apprese socialmente. esistono
forme precoci di prevaricazione, di trasgressione o criminose. un ragazzo
cresciuto in un ambiente in cui, per far valere le sue ragioni, è dovuto ricorrere
alla forza, non sarà in grado di contemplare strategie di relazione con gli altri
diverse da quelle che ha subito in famiglia o sperimentato in strada. i
comportamenti aggressivi sono acquisiti anche attraverso l'imitazione dei
genitori da parte del bambino. altre volte i modelli aggressivi sono fomiti dalla
cultura di appartenenza del soggetto e dai mezzi di comunicazione: nella
società occidentale, ad esempio, il concetto di virilità è spesso coinciso con
quello di violenza.
L’aggressore
L'aggressività è un comportamento che spesso sottintende emozioni quali l’ira
e la rabbia. verso la fine degli anni trenta è stata formulata l'ipotesi della
frustrazione-aggressitivà secondo la quale le manifestazioni aggressive
implicano sempre uno stato di frustrazione e, viceversa, quest'ultimo è sempre
alla base di un comportamento aggressivo. le fonti della frustrazione possono
essere le privazioni, le punizioni, le barriere o i sentimenti di inadeguatezza che
impediscono il perseguimento dei propri fini. un soggetto, quindi, si definisce
«frustrato» quando è contrastato nella soddisfazione dei propri desideri. tale
soggetto può dirigere la propria aggressività verso colui che ritiene essere la
causa di tale situazione oppure, quando ciò non è possibile, verso un suo
sostituto (ad esempio un impiegato irritato col proprio capoufficio può
scaricare le sue tensioni aggredendo la moglie). in genere viene scelto come
sostituto un soggetto debole o indifeso che, per tali motivi, si presta bene ad
«assumere» il ruolo della vittima. ciò spiega perché le persone aggredite spesso
sono donne, bambini o anziani. in alcuni casi l'aggressore è quindi,
paradossalmente, un individuo che, per difendersi da una realtà minacciosa (o
vissuta come tale) sulla quale non riesce ad agire e per la quale non riesce ad
individuare un colpevole, da vita a comportamenti socialmente dannosi nei
confronti di chi occupa un gradino più basso nella scala gerarchica della forza o
del potere. il suo comportamento si configura come una strategia di difesa
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(anche se patologica), che ha come scopo quello di scaricare l'accumulo di
tensione intrapsichica.
per tale motivo l'aggressore spesso:
non pianifica le sue azioni;
agisce inconsciamente, in preda a un raptus.
altre volte, invece, si tratta di individui che hanno un livello di ansia e di
insicurezza particolarmente basso, non presentano problemi a livello di
autostima e in genere, prima di agire, organizzano nei minimi dettagli il loro
piano (luogo, tempi, modalità e persone).
L’aggredito
In entrambi i casi, l'aggressore sa di essere in una situazione di vantaggio
rispetto alla sua vittima perché:
è lui ad iniziare l'azione (effetto sorpresa);
spesso è fisicamente più forte (o si sente tale);
il suo comportamento ha uno scopo ed è accompagnato dalla corrispondente
motivazione a raggiungerlo.
Gli individui mossi dall'istinto di sopravvivenza sono soliti difendersi da una
situazione minacciosa o pericolosa con la fuga o con l'attacco. tuttavia tali
comportamenti, anziché salvaguardarli, spesso si rivelano distruttivi o
autodistruttivi. per essere «vantaggiosa», la difesa messa in atto per
proteggersi da chi attacca, deve essere «adattativa»: ciò che una persona pensa
e vuole è strettamente dipendente dalla situazione, da ciò che le è consentito
di fare e dalle conseguenze stesse della sua condotta. a nulla può servire, ad
esempio, pensare di aiutarsi con un coltello o con un bastone se le circostanze
non lo permettono o se non si è in grado di utilizzarlo. in ciò l'addestramento
all'autodifesa si rivela utile, non solo perché fornisce alle persone gli
«strumenti» psicofìsici per affrontare al meglio le situazioni che mettono a
repentaglio la propria incolumità, ma anche perché l’aggressore, dinanzi ad una
efficace reazione difensiva, non sarà più in grado di controllare il
comportamento dell'altro ed affermare così la propria superiorità. bisogna
ricordare, comunque, che saper fronteggiare una situazione vuoi dire essere in
grado di valutare se e in che modo reagire ai comportamenti altrui. a volte,
qualora non sia necessario, può essere utile ignorare gli attacchi e non
sembrare troppo sicuri: un'eccessiva fiducia nelle proprie forze, infatti, può
avere un effetto boomerang, perché l’aggressore può percepire tale
atteggiamento come provocatorio o di sfida.
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in genere la vittima predestinata è una persona percepita, dal suo aggressore,
come fisicamente o psicologicamente debole e indifesa.
nei casi di aggressioni perpetrate più volte sulla stessa persona, inoltre, si viene
a creare una sorta di circolo vizioso in cui l'aggredito, sottoposto ad uno
stillicidio di soprusi, diventa sempre più insicuro e passivo alimentando, in tal
modo, il comportamento del suo aggressore. e opinione comune che se un
individuo viene fatto oggetto di una aggressione alla presenza di testimoni,
questi ultimi interverranno in suo aiuto; eppure ciò non è sempre vero. alcuni
psicologi sociali, studiando casi di aggressione, hanno evidenziato un fenomeno
noto come «inerzia collettiva».
si tratta dell'indifferenza generale in cui spesso si trova la gente quando è
testimone di un'aggressione. notizie di persone assalite in luoghi pubblici e
affollati, senza che qualcuno sia accorso in loro aiuto, sono all'ordine del
giorno. diversi ricercatori, cercando di spiegare tale fenomeno, sono giunti alla
conclusione che:
una persona, prima di intervenire, deve essere certa che si tratti effettivamente
di un crimine, tanto più che un fraintendimento la metterebbe in ridicolo;
la presenza di più testimoni può inibire la risposta di aiuto per la tendenza di
ciascuno ad attribuire agli altri la responsabilità dell'intervento (diffusione di
responsabilità);
vedere che gli altri non intervengono può portare una persona a credere che
l'aiuto non sia necessario.
premesso che i mezzi per combattere le manifestazioni aggressive dovrebbero
essere innanzitutto sociali - ovvero controllo, prevenzione della delinquenza
ecc. —, a livello individuale, oltre ad utilizzare accorgimenti preventivi (come
frequentare luoghi affollati, evitare zone appartate nelle ore notturne ecc.) ed
eventualmente essere in grado di anticipare il comportamento dei potenziali
soccorritori al fine di modificarlo, è fondamentale la convinzione di essere
arbitri del proprio destino (locus of control interno). se da un lato gli aggressori
percepiscono le loro vittime come più deboli, dall'altro queste ultime tendono
a sopravvalutare chi le aggredisce e molte volte non reagiscono perché
pensano di non farcela. e indubbio che l'aggressione è una situazione che lede
un individuo nella sua globalità, ma spesso il danno maggiore, più che a livello
fisico, si colloca a livello psicologico. le vittime di frequente sviluppano uno
schema di comportamento autolesivo: sperimentano una perdita di autostima
tale che le porta a sentirsi inferiori e a concentrarsi sulle proprie debolezze, il
che le rende estremamente vulnerabili. credere di essere in balia degli eventi e
di non poter controllare il proprio ambiente fisico e sociale può avere, in questi
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casi, conseguenze letali. albert bandura ha coniato il termine «perceived self
efficacy» (autoefficacia percepita) per indicare che il senso di efficacia
personale deriva dalla certezza di essere all'altezza della situazione. a parità di
competenze, la convinzione di riuscire costituisce un vantaggio significativo
rispetto al risultato conclusivo. ad esempio, nello sport, a parità di condizioni
fisiche e di preparazione atletica, la convinzione di poter vincere rappresenta
un notevole vantaggio. attraverso l'addestramento all'autodifesa le persone,
oltre che acquisire specifiche competenze e abilità fisiche, possono imparare a
gestire l'ansia, ad accrescere il proprio sentimento di autostima e, soprattutto,
a sviluppare e consolidare l’autoefficacia percepita (cioè la convinzione di
«potercela fare»). si tratta, in altre parole, di sviluppare negli individui
un'autentica fiducia nelle proprie capacità di riuscita in quelle situazioni che
minacciano la loro incolumità.
a tal fine è indispensabile:
predisporre piani di sviluppo dell'efficacia personale individualizzati, compatibili
con le capacità e le potenzialità di ogni singolo soggetto e caratterizzati da
obiettivi di crescente difficoltà (affinché un insuccesso non riporti la persona
alla situazione di partenza);
fornire alla persona delle puntuali informazioni di ritorno (feedback)
relativamente ai risultati ottenuti. al termine di ogni allenamento, discutere
con il proprio istruttore il modo in cui è stato svolto un dato esercizio fornisce
all'allievo importanti consigli su come migliorare la qualità della sua esecuzione.
in caso di insuccesso è fondamentale incoraggiare l’allievo ad esporsi
mettendolo nella condizione di riflettere sulla prova, sulla prestazione e sui
propri punti di forza e di debolezza. quando gli incoraggiamenti non sono
sufficienti, il confronto con gli altri diventa importante: è più facile immaginare
di riuscire vedendo che altri, simili a noi, mostrano di farcela. inoltre
l'apprendimento è notevolmente facilitato quando si ha l'opportunità di
osservare in che modo va svolta una determinata prova.
In Definitiva..
Le persone che non credono di riuscire a padroneggiare una determinata
situazione si predispongono al fallimento e facilmente diventano vittime;
viceversa, coloro che hanno un alto senso di efficacia personale di fronte alle
difficoltà intensificheranno gli sforzi e cercheranno di impiegare nel modo
migliore le loro risorse personali.
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Questionari di gradimento corsi
Vi presentiamo infine una idea utile per poter migliorare i vostri corsi di
antiaggressione femminile. Si tratta di due questionari di gradimento da
consegnare alle partecipanti uno nella prima lezione ed uno da consegnare
nell’ultima lezione. Entrambe servono per raccogliere informazioni utilissime al
fine di presentare le lezioni in base alle aspettative/necessità delle corsiste.
Breve manuale da allegare alla somministrazione delle due schede
Il presente manuale ha lo scopo di evitare che eventuali differenze nella
spiegazione e nella consegna dei questionari possano inficiare i risultati
ottenuti.
Indicazioni per la scheda iniziale
Per quanto riguarda la scheda iniziale è di fondamentale importanza che questa
venga consegnata al termine della prima lezione del corso. In particolare è
necessario che l’istruttore riservi qualche minuto per l’adeguata spiegazione
che avverrà prima della consegna del questionario. Egli dovrà presentarlo
come un questionario a scopo conoscitivo che non intende giudicare coloro che
rispondono. L’istruttore dovrà leggere la scheda iniziale (consegna e domande)
accertandosi che sia tutto chiaro per l’intero gruppo senza dare risposte
esemplificative e/o interpretative. Dovrà infine sottolineare l’importanza che
ha la restituzione del questionario, la quale dovrà avvenire entro e non oltre la
successiva lezione. Quel giorno l’istruttore dovrà preparare un apposito luogo
sorvegliato (cassetta, scrivania ecc.) dove ognuna potrà depositare il
questionario piegato in modo da rispettarne la privacy.
Indicazioni per la scheda finale
Per quanto riguarda la scheda finale è importante che questa venga consegnata
l’ultima lezione del corso e pertanto che venga compilata in loco dall’intero
gruppo di partecipanti al corso. L’istruttore è tenuto a riservare circa 25 minuti
in cui dovrà:
1. provvedere alla lettura della scheda finale (consegna e domande)
assicurandosi che tutto sia chiaro;
2. lasciare il tempo necessario alle allieve di rispondere alle domande.
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Krav Maga Fesik
N.B. è fondamentale che l'istruttore provveda a procurarsi il materiale
necessario per la corretta consegna e compilazione dei questionari (es. penne,
scatola dove consegnare i questionari).
L’istruttore dovrà infine ringraziare l’intero gruppo per la loro preziosa
collaborazione.
Scheda iniziale
Le proponiamo qui di seguito una scheda che avremmo piacere Lei compilasse.
Trattandosi di domande puramente a scopo conoscitivo, La informiamo che
non esistono risposte giuste o sbagliate e che non vi sarà alcuna valutazione. Le
ricordiamo, infine, che tali schede verranno trattate nel rispetto della privacy
(D.Lgs 196/2003) e che rimarranno totalmente anonime.
Grazie per la collaborazione.
COM'É VENUTA A CONOSCENZA DELL'ESISTENZA DI QUESTO
CORSO?__________________________________________________________
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PERCHÉ HA DECISO
DISEGUIRLO?______________________________________________________
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COSA SI ASPETTA DI
IMPARARE?_______________________________________________________
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CI SONO DELLE TEMATICHE (TEORICHE E/O PRATICHE) IN PARTICOLARE CHE
GRADIREBBE VENISSERO TRATTATE? SE SI, QUALI?
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HA AVUTO DEI DUBBI IN MERITO ALL’INTRAPRENDERE QUESTO CORSO? SE SI,
QUALI?__________________________________________________________
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Le chiediamo ora di fornirci cortesemente alcuni dati:
GENERE
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MESE E ANNO DI NASCITA
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PROVINCIA DI RESIDENZA
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ANNI DI
SCOLARITÁ______________________________________________________
Scheda finale
Al fine di conoscere eventuali punti di forza e/o di miglioramento del corso che
ha seguito, Le proponiamo qui di seguito una scheda che avremmo piacere
compilasse. Anche in questo caso La informiamo che non esistono risposte
giuste o sbagliate e che quanto da Lei scritto verrà trattato nel rispetto della
privacy (D.Lgs. 196/2003).
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RITIENE CHE L’INTERO CORSO SIA STATO COERENTE CON LE SUE
ASPETTATIVE?_______________________
PERCHÉ?
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C’É STATO QUALCHE ARGOMENTO (TEORICO E/O PRATICO) CHE L’HA
INTERESSATA
PARTICOLARMENTE?_______________________________________________
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PERCHÉ?_________________________________________________________
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COME GIUDICHEREBBE LA PREPARAZIONE DEI TECNICI CHE HANNO SEGUITO IL
CORSO? (1= per niente preparati;
2= scarsamente preparati;
3=sufficientemente preparati; 4= buon livello di preparazione;
5= ottima
preparazione)
1
2
3
4
5
COME GIUDICHEREBBE IL LIVELLO DI PROFESSIONALITÁ CON LA QUALE È
STATO SVOLTO IL CORSO? (1=per niente professionale; 2= poco professionale;
3= sufficientemente professionale; 4= buona professionalità; 5= ottima
professionalità)
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1
2
3
4
5
QUALE LIVELLO DI DIFFICOLTÁ MOTORIA RITIENE CHE ABBIANO GLI ESERCIZI
CHE LE SONO STATI PROPOSTI? (1=bassissima difficoltà; 2= scarsa difficoltà;
3= sufficiente difficoltà; 4= buona difficoltà; 5=alta difficoltà)
1
2
3
4
5
CI SONO STATI DEGLI ESERCIZI IN PARTICOLARE CHE L’HANNO MESSA IN
DIFFICOLTÁ DAL PUNTO DI VISTA MOTORIO E/O EMOTIVO? SE SI, QUALI E
PERCHÉ?
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Le chiediamo ora di fornirci gentilmente alcuni dati:
GENERE
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MESE
E
ANNO
DI
NASCITA_________________________________________________________
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PROVINCIA
DI
RESIDENZA
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ANNI
DI
SCOLARITÁ_______________________________________________________
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