limitare ancora di più i già scarsissimi aiuti provenienti

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4 novembre 2013
Numero 34/Anno II
Consiglio Europeo, tanti proclami e nessuna soluzione concreta
On 24 and 25 of October the EU leaders were meeting in Brussels during the European Council. According to European Trade Union
Confederation the Council conclusions offer no perspective to re-direct economic policies towards more equality, less poverty, towards longterm investment for sustainable growth and good job.
Bruxelles: il 24 e il 25 di ottobre, in un clima reso difficile dalle notizie trapelate sullo
spionaggio americano nei confronti dei capi di stato europei e con gli occhi di tutti
ancora rivolti alla tragedia di Lampedusa, si è svolto il Consiglio Europeo. Assise che
riunisce tutti i capi di stato e di governo dei paesi dell’Unione, dalla quale si
attendevano risposte concrete per provare a risolvere il dramma occupazionale e
ridare competitività e stabilità alle economie dei paesi UE. Le tante attese, tuttavia,
sono state in buona parte tradite. Si è, infatti, trattato di un vertice in cui al di là dei
roboanti proclami si è fatto poco per lo sviluppo dell’Europa sociale, continuando a
procedere su posizioni neoliberiste. È questo il laconico commento che si legge in
un comunicato di Bernadette Ségol,segretaria generale dalla CES, la Confederazione
Sindacale Europea.
La stessa CGIL aveva ribadito a più riprese la necessità di un netto cambio di rotta per l’Europa. Nel corso del Summit Sociale
Tripartito, riunione che ha preceduto i lavori del Consiglio europeo, il responsabile del Segretariato Europa, Fausto Durante, ha
chiesto ai leader europei di “imboccare con decisione la strada di un piano straordinario di investimenti e di crescita armoniosa
dell'Europa nel suo insieme”, creando “lavoro per i milioni di giovani europei oggi disoccupati”, percorrendo “il cammino della
armonizzazione delle politiche fiscali, dell'unione bancaria, degli standard europei sul lavoro e sui diritti sociali”.
Un accorato appello che non ha trovato ascolto. Il vertice, infatti, è stato viziato dal pesante clima che si respirava intorno alla
questione dello spionaggio americano. Un tema che ha condizionato molto i lavori e che ha messo in secondo piano i problemi
strutturali dell’UE. Anche sul fronte dell’immigrazione, con la ferita di Lampedusa ancora aperta, il Consiglio è stato piuttosto vago e
scarsamente incisivo. I capi di stato e di governo europei si sono limitati ad esprimere profonda tristezza per quanto accaduto,
impegnandosi a rafforzare gli strumenti di controllo lungo le coste mediterranee e incentivare la cooperazione con i paesi d’origine
dei migranti. Inoltre, hanno richiesto alla Task force per il Mediterraneo, recentemente istituita dalla Commissione europea, di
formulare entro fine anno delle proposte concrete, basate sui principi di prevenzione, protezione e solidarietà, per implementare gli
strumenti e le politiche a disposizione dell’Unione. Infine, il Consiglio si è impegnato entro giugno 2014 a formulare alcune linee guida
per una riforma delle procedure per l’ottenimento del diritto di asilo.
Gli altri temi oggetto del Consiglio europeo sono stati l’economia digitale, la delicata questione della disoccupazione giovanile, le
politiche di stabilità e il controllo sul sistema bancario. Anche in questi ambiti la risposta dei capi di stato e di governo europei è stata
piuttosto blanda. Non sono, infatti, state messe sul tavolo ulteriori risorse per far fronte alla crisi occupazionale, rimandando la
questione all’implementazione degli schemi nazionali delle “Garanzie per i Giovani” e dell’ “Alleanza Europea per l’apprendistato”.
Inoltre, pur chiedendo all’Eurogruppo di procedere con la stesura dei principi guida per la ricapitalizzazione diretta delle banche da
parte dell’ European Stability Mechanism (ESM), attraverso il completamento dei meccanismi di supervisione unica, i capi di stato e di
governo non hanno indicato una data entro cui ultimare i lavori. Segno evidente che un accordo per l’attuazione dell’Unione bancaria
è ancora lontano. Infine, il Consiglio Europeo ha accolto positivamente la proposta della Commissione di usare i tassi di
disoccupazione e gli indicatori sociali come strumenti per lo sviluppo della Dimensione Sociale Europea.
Come affermato da Bernadette Ségol, perciò, si può vedere come “le conclusioni del Consiglio non offrono alcuna prospettiva per
reindirizzare le politiche economiche europee in chiave di una maggiore equità, di una riduzione della povertà e dell’investimento
verso politiche di sviluppo di lungo periodo in grado di dare stabilità e lavoro dignitoso ”. In pratica, i capi di stato e di governo
europei hanno optato per il mantenimento dello status quo, impedendo un reale rilancio dell’economia europea e lasciando
inalterato il pesante stato di diseguaglianza sociale che si vive in Europa.
Selezione dei testi a cura di Fabio Ghelfi, Umberto Bettarini, Angelo Motola e
Laura Zunica. Pubblicazione del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia
[email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni –
Milano www.icaruspartecipation.eu- www.facebook.com/icaruspartecipation
Il progetto I.C.A.R.U.S. ha ricevuto il sostegno della
Comunità Europea – la responsabilità dei contenuti è
esclusivamente dei realizzatori e la Comunità Europea
non ha alcuna responsabilità sulle informazioni riportate.
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Lavoro minorile: l’obiettivo è mancato
The global number of child labourers has dropped from 246 million to 168 million over the last decade. But even the latest improved rate
of decline is not enough to achieve the goal of eliminating the worst forms of child labour by 2016 – agreed by the international
community. ILO chief: World needs to turn plans to end child labour into urgent action
Dall’8 al 10 ottobre 2013 si è tenuta a Brasilia la 3° Conferenza Mondiale sul Lavoro
Minorile, organizzata dal governo brasiliano, in collaborazione con
l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL – ILO), in base agli impegni presi
durante l’assemblea del 10-11 maggio 2010 all’Aia, in Olanda. In quell’occasione fu
adottato un documento finale, la “Roadmap for Achieving the Elimination of the
Worst Forms of Child Labour by 2016”, in cui i partecipanti dichiararono la volontà
di aumentare i propri sforzi nella direzione di un obiettivo comune, quello di
eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2016, esortando la comunità
internazionale a moltiplicare gli sforzi in questo senso.
La Conferenza in Brasile è stata un momento importante di riflessione e dialogo
comune tra governi, parti sociali, società civile, organizzazioni a carattere
regionale e internazionale per misurare i progressi compiuti negli ultimi anni nel processo di eliminazione del lavoro minorile, in
particolare delle sue forme peggiori, in conformità con gli obiettivi posti dal piano d’azione adottato nel 2010. Non solo, è stata anche
un tavola rotonda di scambio di esperienze e buone pratiche. Si è provato a ragionare su quali politiche e strategie coerenti è
possibile concentrarsi per poter accelerare il processo di eliminazione del lavoro minorile. In questo senso, le esperienze assorbite
dai governi, ong, parti sociali e società civile di tutto il mondo rappresentano un ricco patrimonio di conoscenze tali da ispirare la
realizzazione di nuovi progetti e politiche incentrate sull’eliminazione delle peggiori forme di lavoro che hanno come protagonisti i
minori.
A tal proposito, il sito ufficiale della Conferenza di Brasilia propone a tutti i partecipanti la compilazione di un modulo online, utile alla
presentazione di idee e buone pratiche in tema di prevenzione o eliminazione delle forme di lavoro minorile.
Dal 2000 sono stati fatti importanti passi avanti nella lotta al lavoro minorile ma l’obiettivo di eliminare le forme peggiori fissato per il
2016, stabilito alla Conferenza dell’Aja, non sarà raggiunto. Lo conferma il nuovo Rapporto dell’Organizzazione Internazionale del
Lavoro “Marking progress aganist child labour”, presentato lo scorso 23 settembre 2013 a Ginevra. Lo studio indica una riduzione di un
terzo del lavoro minorile dal 2000 ad oggi, passando da 246 milioni a 168 milioni. I progressi più significativi sono stati registrati tra il
2008 e il 2012, tuttavia, 85 milioni di bambine e di bambini lavoratori nel mondo continuano a svolgere lavori pericolosi che hanno
conseguenze dirette sulla loro salute, sicurezza e sviluppo morale.
I progressi degli ultimi anni, seppur raggiunti con una velocità lontana da quella sperata, sono dovuti principalmente alle scelte
politiche e agli investimenti nell’istruzione e nella protezione sociale, oltre all’impegno diretto dei governi e all’aumento del numero
delle ratifiche delle due Convenzioni ILO sul lavoro minorile. Nel suo intervento alla Conferenza di Brasilia, Guy Ryder, Direttore
Generale dell’ILO, è stato molto diretto nei confronti dell’Assemblea. Senza mezzi termini si è rivolto ai rappresentanti di più di 150
Paesi presenti chiedendo loro di raddoppiare gli sforzi. “Cerchiamo di essere chiari – ha detto Ryder – noi non raggiungeremo
l’obiettivo fissato per il 2016 e questo è un fallimento della politica collettiva. Dobbiamo fare di meglio”. L’incidenza di lavoro minorile è
più elevata nei paesi poveri, ma i paesi a medio reddito hanno il maggior numero di bambini lavoratori. L’agricoltura è il settore in cui
questo fenomeno è predominante (98 milioni di bambini), ma è ugualmente considerevole nei servizi (54 milioni) e nell’industria (12
milioni), di solito nell’economia informale.
Come ha ricordato l’ex presidente del Brasile, ed ex sindacalista, Luis Inácio Lula da Silva, nel suo discorso conclusivo alla 3°
Conferenza Mondiale sul Lavoro Minorile, spesso “la mappa del lavoro minorile nel mondo coincide con quella della fame e della povertà”
e la situazione non cambierà se non saranno disposte politiche d’intervento mirate e coordinate per una più equa distribuzione del
reddito nelle regioni più povere del pianeta. Ma il problema del lavoro minorile, così come quello divisione della ricchezza, non
riguarda i soli paesi poveri o quelli in via di sviluppo, ma interessa anche quelli più avanzati, ad esempio gli Stati europei,
pesantemente colpiti dall’impatto della crisi economica stagnante e dalle discutibili misure di austerità decise dai governi nazionali,
responsabili dello disfacimento dello stato sociale e delle tutele dei diritti fondamentali dei cittadini. Come osservato da Silvana
Cappuccio, del Dipartimento Politiche Globali della CGIL, durante il suo intervento alla Conferenza brasiliana: «Il lavoro minorile è
vietato nell'Unione Europea, ma, in realtà, emerge un quadro contraddittorio quando guardiamo a molti Stati europei, come ha anche
denunciato di recente il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa». Secondo un’indagine Eurostat pubblicata ad inizio
anno, nel 2011 i bambini erano più a rischio di povertà o di esclusione sociale rispetto al resto della popolazione: il 27% dei bambini
affrontava quel rischio. “Mentre sarebbe stato necessario che gli Stati europei adottassero misure per affrontare i casi di malnutrizione,
tali tagli di bilancio stanno, invece, colpendo i servizi per l'infanzia, oltre che l'assistenza sanitaria, l'istruzione e i servizi sociali”. Tale
contesto emerge in maniera chiara e dettagliata dalla Relazione annuale dell’Agenzia europea per i Diritti Fondamentali (FRA) dal
titolo “Fundamental rights: challenges and achievements in 2012”, pubblicata lo scorso giugno 2013.
Il lavoro minorile è un problema a carattere globale e continuerà ad esserlo anche dopo il 2016. Almeno fino a quando i governi
nazionali non si convinceranno a rafforzare le proprie legislazioni e a cooperare a livello internazionale al fine di ridurre la povertà,
migliorare l’istruzione, i servizi sociali, l’assistenza sanitaria, le prospettive di lavoro per gli adulti e non ultimo il diritto all’infanzia, così
che nessun bambino sia più costretto a dover lavorare, se non solo ed esclusivamente per gioco, al di sotto dell’età minima garantita.
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Le autorità israeliane bloccano la Delegazione del Parlamento Europeo a pochi giorni
dall'entrata a Gaza
The visit of the European Parliament's Delegation to the Palestinian Legislative Council (DPLC) in Gaza, which was scheduled to take place
between 27th and 30th October 2013, with the full support of Martin Schulz, President of the European Parliament, has been refused by the
israeli authorities with no valid reasons. This is going to complicate the mission of the European Parliament regarding humanitarian help in
the Gaza Strip.
Tra il 27 e il 30 ottobre 2013 la Delegazione del Parlamento Europeo al Consiglio
Legislativo Palestinese aveva in agenda una visita all'interno di Gaza per
questioni umanitarie, data la grave situazione che continua ad aggravarsi di
giorno in giorno, con il totale appoggio del presidente del Parlamento Europeo
Martin Schulz. Questa visita di membri eletti di una delegazione ufficiale del
Parlamento Europeo, per motivi ancora non molto chiari né ragionevoli, è stata
bloccata con pochi giorni di preavviso da parte delle autorità israeliane
nonostante i ripetuti interventi del Presidente Schulz mirati a sottolineare
l'importanza di tale missione.
Emer Costello, Chairperson della Delegazione del Parlamento Europeo al
Consiglio Legislativo Palestinese (DPLC) si è dichiarato attonito e disarmato in
seguito a tale decisione soprattutto poiché i motivi addotti dalle autorità stesse
sembrano risultare privi di un fondamento reale e necessario per la tutela e la protezione dei civili israeliani, ma paiono invece essere
mere prese di posizione ostili nei confronti della popolazione palestinese all'interno della Striscia di Gaza volte semplicemente ad
ostacolare gli aiuti umanitari provenienti dalla delegazione del Parlamento Europeo.
Nel dettaglio infatti, la ragione ufficiale del rifiuto all'accesso è stata dichiarata dalle autorità israeliane in linea con le politiche secondo
le quali le autorità stesse non hanno alcuna intenzione di autorizzare quel tipo di visite nella Striscia di Gaza che potrebbero facilmente
rinforzare Hamas, ma secondo Costello questa decisione è deplorevole e non fondata su motivazioni reali:Infatti le motivazioni alla
base di questo ingresso della Delegazione a Gaza erano chiaramente finalizzate ad aiuti umanitari e all'osservazione della situazione
all'interno della striscia. Costello ha in seguito aggiunto che la visita era stata pianificata in seguito ad indicazioni dell'UNRWA,
chiaramente mirata al monitoraggio di servizi pubblici essenziali come scuole, centri sanitari e centri per la distribuzione del cibo.
Inoltre, erano anche già state pianificate visite ai programmi di lavoro finanziati dall'UE e incontri sul tema dell'istruzione con gli
studenti della comunità Cristiana a Gaza. Data la situazione preoccupante emersa nell'area, la visita aveva chiaramente uno scopo
esclusivamente sociale, economico ed umanitario.
Al Parlamento Europeo è stato votato un budget sull'assistenza finanziaria per la Palestina e per le trattative del processo di pace, e
l'UNRWA ha stanziato 300 milioni di Euro per la regione nel 2014: tutto ciò rende il rifiuto delle autorità israeliane all'accesso dei
membri del Parlamento Europeo ancora più deludente e senza senso, continua Costello, che dichiara inoltre di aver richiesto che il
Presidente Schulz, e l'Alto Rappresentante Catherine Ashton di preoccuparsi della questione con le autorità israeliane al fine di poter
proseguire con questa missione. Nel caso in cui rimanesse definitivo il veto all'accesso a Gaza dovrà tenersi un incontro con UNRWA
nei territori di West Bank.
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