Relazione quadro conoscitivo rapporto strategico

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Relazione quadro conoscitivo rapporto strategico
COMUNE DI MADONE
P.G.T.
DOCUMENTO
DI
PIANO
RELAZIONE
QUADRO CONOSCITIVO
RAPPORTO STRATEGICO
ALLEGATO
A
ARCHIVIO
DATA
SCALA
FOGLIO
febbraio
2008
MARCO BAGGI
URBANISTA PIANIFICATORE TERRITORIALE - COORDINATORE
RAFFAELLA GALIZZI
ARCHITETTO
PAOLO PELLICIOLI
ARCHITETTO - STUDIO GERUNDO
ALBERTO MAZZA SALUZZO
AGRONOMO - STUDIO GERUNDO
LARA ZANCHI
ARCHITETTO - STUDIO GERUNDO
Comune di Madone
Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
INDICE
1
Premessa
1.1
La nuova Legge Regionale: elementi innovativi
1.1.1
2
3
La nuova organizzazione del Piano
3
3
1.1.1.1
Documento di piano
4
1.1.1.2
Piano dei servizi
5
1.1.1.3
Piano delle regole
5
1.1.1.4
I Piani attuativi
6
1.1.2
La Valutazione Ambientale Strategica
6
1.1.3
Il Sistema Informativo Territoriale
6
1.1.4
Il ruolo delle aree agricole
7
Madone oggi
2.1
I processi storici
2.1.1
Breve storia di Madone
2.1.2
Evoluzione urbana
2.2
Il quadro conoscitivo di riferimento
2.2.1
Sistema delle relazioni sovracomunali
9
9
9
10
12
12
2.2.1.1
Il sistema delle infrastrutture
13
2.2.1.2
Il sistema del verde
15
2.2.2
Le disposizioni urbanistiche vigenti nei Comuni contermini
21
2.2.3
Agenda 21 locale
21
2.2.3.1
Il forum di Agenda 21 di Madone
22
2.2.3.2
Considerazioni sul contesto territoriale dell’area di A21
23
2.2.3.3
Lo stato dell’ambiente
25
2.3
Uso funzionale del suolo
2.3.1
Sistema degli spazi aperti
27
28
2.3.1.1
Quadro idrologico e geomorfologico
29
2.3.1.2
Le aree agricole
31
2.3.1.3
Le aree a vegetazione seminaturale
51
2.3.2
Sistema urbano
55
2.3.2.1
Il centro storico
56
2.3.2.2
Le aree residenziali
56
2.3.2.3
Le aree commerciali e industriali
56
2.3.2.4
Le aree dei servizi e delle attrezzature pubbliche
56
2.3.2.5
I beni architettonici
56
2.3.3
Sistema delle infrastrutture
60
2.3.4
Sistema dei servizi
62
2.3.5
Sistema sociale
62
2.3.6
Sistema economico
62
1
Comune di Madone
Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
2.4
Quadro programmatico sovracomunale
2.4.1
Il PTR
63
2.4.2
Il PTPR
63
2.4.3
Il PTCP
64
2.4.3.1
Compatibilità degli interventi di trasformazione del territorio
64
2.4.3.2
Il quadro strategico
67
Disposizioni del PRG vigente
73
2.4.4
2.4.4.1
2.4.5
3
Insediamenti previsti da PRG vigente
Vincoli sovracomunali vigenti
Il Piano Paesistico
2
74
74
76
3.1 Premessa
76
3.2 Il paesaggio
76
3.3 Il quadro legislativo di riferimento
78
3.4 Il Piano Paesistico per Madone
79
3.4.1 Carta della semiologia antropica e del verde sinantropico
4.
63
79
3.4.2 Carta della visualità
79
3.4.3 Carta degli elementi simbolici
80
3.4.4 Valutazione della sensibilità paesistica dei luoghi
80
3.4.5 Indicazioni per la gestione e la tutela dei luoghi
80
Il Rapporto Strategico
83- 121
1
Premessa
1.1 La nuova Legge Regionale: elementi innovativi
La Legge Regionale n. 12/2005, “Legge per il Governo del Territorio”, ha rinnovato l’ordinaria
prassi sia progettuale che gestionale della pianificazione urbanistica per i Comuni Lombardi.
La legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 ha modificato il Titolo V della Costituzione; tali
modifiche hanno riconosciuto formalmente il principio della sussidiarietà verticale, affermando
che: “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio
unitario, siano conferite a Province, Città Metropolitane, Regione e Stato, sulla base dei
principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. La legge regionale n. 12 recepisce
questo principio e attribuisce ai Comuni la massima potestà decisionale in merito al governo
del proprio territorio, demandando alle Province il ruolo di coordinamento, attraverso il Piano
Territoriale di Coordinamento Provinciale.
Lo schema precedente deriva direttamente dalla legge nazionale n. 1150 del 1942, adattata
allo scenario regionale lombardo con la l.r. n. 51 del 1975. Queste leggi urbanistiche, definite
di prima generazione erano impostate dal rapporto gerarchico tra lo Stato centrale, le Regioni
ed i Comuni; il Piano nasceva dopo un iter formativo lungo, tale da essere già vecchio all’atto
dell’approvazione, e la pianificazione, caratterizzata da previsioni rigide, veniva concepito nello
stretto ambito dei palazzi comunali, escludendo completamento i cittadini dalla fase
preliminare di formazione dello strumento urbanistico.
Con la legge n.241 del 1990, si introduce la negoziabilità dell’atto amministrativo e crea i
presupposti per la nascita dell’urbanistica negoziata, elemento fondamentale per le leggi di
“seconda generazione”, come la legge regionale n. 9 del 1999: con questa legge si attua il
principio secondo cui l’interesse pubblico può essere perseguito anche dai privati,
introducendo i Programmi Integrati d’Intervento.
Le leggi di seconda generazione si caratterizzano anche per una valutazione degli standard
urbanistici non più solo dal punto di vista quantitativo, ma anche dal punto di vista qualitativo.
Da questa novità concettuale tra origine il Piano dei Servizi introdotto dalla legge regionale n.1
del 2001 e ripreso interamente dalla legge 12/2005.
La consapevolezza della difficoltà di gestione del territorio attraverso lo strumento del Piano
Regolatore ha portato alla definizione di una nuova tipologia di leggi urbanistiche, cosiddette di
“terza generazione”, che si connotano per:
il passaggio dal PRG, atto unico e rigido, ad uno strumento composto da un documento
strategico contenente le volontà dell’Amministrazione e da un documento operativo, che
traduce le strategie;
la valutazione dello standard urbanistico sempre più sulla base qualitativa che non
quantitativa;
L’esercizio della funzione amministrativa su un piano negoziale anziché autoritario;
l’introduzione dei concetti di perequazione e di compensazione, che ridefiniscono il rapporto
tra i diritti concessi alle proprietà delle aree e l’istituto dei vincoli che gravano sulle aree
stesse.
Un elemento di forte innovazione introdotto dal passaggio dal PRG al Piano di Governo del
Territorio è il carattere delle previsioni inserite nel documento strategico, le quali non
producono la conformazione della proprietà: in questo modo le previsioni hanno una forza
notevolmente inferiore e gli effetti sulle proprietà sono demandati ai documenti operativi che le
traducono in azioni amministrative.
1.1.1
La nuova organizzazione del Piano
L’articolo 6 della l.r. 12/2005 individua come strumenti di pianificazione comunale:
•
•
•
il Piano di Governo del Territorio,
i Piani Attuativi
gli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale.
Comune di Madone
Piano di
Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Il Piano di Governo del Territorio si compone, ai sensi dell’art. 7 della medesima legge, di tre
atti distinti ed autonomi:
•
•
•
il Documento di Piano,
il Piano dei Servizi
il Piano delle Regole.
1.1.1.1 Documento di piano
Il Documento di Piano svolge una sintesi delle criticità, delle potenzialità e delle opportunità e
determina gli obiettivi strategici per il territorio, gli obiettivi quantitativi di sviluppo complessivo
e le indicazioni per le politiche relative alla residenza, alle attività produttive ed ai servizi,
articolandoli in obiettivi strategici e regole, direttive ed indirizzi per la realizzazione degli
obiettivi.
Il Documento di Piano individua gli obiettivi di sviluppo, miglioramento e trasformazione che
hanno valore strategico a livello territoriale: sulla base essi
definisce gli obiettivi quantitativi di sviluppo complessivi del PGT.
Facendo riferimento agli stessi obiettivi strategici e quantitativi, detta inoltre le regole e le
direttive che devono guidare i Piani Attuativi previsti nelle aree di trasformazione, il Piano dei
Servizi, il Piano delle Regole e i vari piani di settore e specialistici che sono previsti per una
corretta gestione del sistema urbano.
Gli obiettivi strategici individuati, come risulta in più punti evidente nelle disposizioni della
legge regionale 12/05, devono essere sottoposti ad una serie di valutazioni che ne dimostrino
la sostenibilità. In particolare quelli relativi alla politica territoriale vanno valutati sulla base
della sostenibilità ambientale ed alla coerenza con le previsioni a livello sovracomunale con
efficacia prevalente.
Non si tratta quindi solamente, secondo le disposizioni della legge, di una pura registrazione
delle indicazioni che derivano dalla programmazione e dalla pianificazione di area vasta, ma di
una valutazione di tipo dialettico che indichi le modalità di recepimento delle previsioni
prevalenti contenute nei piani di livello sovracomunale e che può contenere anche
formulazione di specifiche politiche e previsioni di interesse comunale di cui si propone
l’inserimento nello strumento di area vasta.
Risulta quindi evidente che gli obiettivi finali che emergono dal Documento di Piano, tengono
conto, in forza di quanto appena detto, delle possibili criticità e delle necessarie correlazioni
per garantire la sostenibilità degli interventi, in aderenza anche a quanto emerso dalla V.A.S.,
rispetto a cui il Documento di Piano si rapporta puntualmente.
Nella sequenza logica utilizzata per la redazione del PGT infatti l’individuazione delle aree di
trasformazione è successiva all’analisi delle criticità; ed all’interno delle aree di trasformazione,
l’individuazione degli Ambiti strategici è una risposta operativa alle criticità emerse. Ne
consegue con evidenza che sono proprio gli Ambiti strategici quelli sulla cui realizzazione
l’Amministrazione punta per ottenere il massimo risultato di efficacia del PGT, attribuendo loro
priorità, risorse ed incentivi.
Oltre agli obiettivi strategici ed ai criteri di valutazione della sostenibilità degli obiettivi il
Documento di Piano definisce anche, come si accennava in precedenza, le regole, le direttive
e gli indirizzi che devono essere sviluppati dal Piano dei Servizi, dal Piano delle Regole e dagli
strumenti attuativi che saranno previsti nelle aree di trasformazione.
Il Documento di Piano definisce inoltre i criteri per la perequazione, la compensazione e l’
incentivazione, quali strumenti per l’ottenimento degli obiettivi individuati e per la realizzazione
delle politiche definite attraverso direttive ed indirizzi.
E’ quindi evidente che la caratteristica fondamentale del Documento di Piano sia quella di
possedere sia una dimensione strategica, definendo uno scenario complessivo del territorio
comunale e del suo sviluppo ed una dimensione operativa contraddistinta dalla
determinazione degli obiettivi specifici da attivare e dall’individuazione degli ambiti soggetti a
trasformazione.
Secondo le indicazioni fornite dal d.g.r. 29 dicembre 2006, n. 1681, Modalità per la
pianificazione comunale, il Documento di Piano definisce:
•
4
il Quadro conoscitivo e orientativo che considera:
o indagine sul sistema socio-economico locale
Comune di Madone
Piano di
Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
o
o
o
indicazioni degli atti di programmazione emanati da Enti sovracomunali, di
altri soggetti che hanno influenza diretta sulla pianificazione e degli strumenti
di programmazione settoriale
vincoli amministrativi
istanze e proposte provenienti dai cittadini
•
il quadro conoscitivo del territorio comunale come risultante delle trasformazioni
avvenute nel:
o sistema delle infrastrutture e della mobilità
o sistema urbano
o sistema agricolo
o aree e beni di particolare rilevanza
•
l’assetto geologico, idrogeologico e sismico
I dati raccolti nella fase ricognitiva concorrono alla definizione degli obiettivi di sviluppo,
miglioramento e conservazione a valenza strategica per la politica territoriale del Comune.
Le determinazioni di Piano
Si passa così alla fase di definizione della proposta di pianificazione che mette in evidenza:
•
•
•
•
•
•
gli obiettivi quantitativi di sviluppo del PGT
la determinazione delle politiche d’intervento per i diversi sistemi funzionali
la dimostrazione della compatibilità delle politiche d’intervento individuate con le
risorse economiche attivabili dall’Amministrazione comunale
individuazione degli ambiti di trasformazione
le modalità di recepimento delle eventuali previsioni prevalenti nei piani di livello
sovracomunale
eventuali criteri di compensazione, di perequazione e di incentivazione.
1.1.1.2 Piano dei servizi
Strumento già introdotto dalla l.r. n. 1/2001 si pone quale obiettivo preminente quello di
garantire una dotazione di aree per attrezzature pubbliche e d’interesse pubblico sufficiente a
soddisfare le reali esigenze della comunità; la l.r. n. 12/2005 sposta l’attenzione più sui servizi
forniti che sulla quantità di aree destinate a standard.
Il Piano dei Servizi, basandosi sul quadro conoscitivo e orientativo del territorio comunale
definito dal Documenti di Piano deve:
•
•
•
•
•
inquadrare il Comune nel contesto territoriale che rappresenta l’ambito di riferimento
per la fruizione dei servizi
formulare l’inventario dei servizi presenti nel territorio
determinare lo stato dei bisogni e della domanda di servizi
confrontare l’offerta e la domanda di servizi per definire una diagnosi dello stato dei
servizi ed individuare eventuali carenze
determinare le priorità d’azione
La quantificazione dell’offerta deve fare riferimento alla popolazione stabilmente residente
nell’ambito comunale a cui vanno sommate la popolazione di nuovo insediamento prefigurata
dagli obiettivi di sviluppo del Documento di Piano e la popolazione gravante nel territorio
comunale per motivi di lavoro, di studio, di turismo o come utenza di servizi sovracomunali.
1.1.1.3 Piano delle regole
Si connota come lo strumento di controllo della qualità urbana e territoriale: esso considera e
disciplina, cartograficamente e con norme, l’intero territorio comunale.
Il Piano delle Regole concorre al perseguimento degli obiettivi dichiarati nel Documento di
Piano per un coerente disegno di pianificazione sotto l’aspetto insediativi, tipologico e
morfologico e per un miglioramento della qualità paesaggistica delle diverse parti del territorio
urbano e extraurbano.
5
Comune di Madone
Piano di
Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Il Piano delle regole:
•
•
•
•
•
•
recepisce i contenuti prescrittivi sovraordinati
individua gli ambiti e le aree da assoggettare a specifica disciplina
disciplina gli interventi all’interno del tessuto urbano consolidato
identifica e disciplina le aree destinate all’attività agricola
recepisce le prescrizioni paesaggistiche cogenti e immediatamente prevalenti e si
conforma agli indirizzi, agli obiettivi di qualità paesaggistica e ai parametri dettati dalla
pianificazione sovraordinata
individua le aree non soggette a trasformazione urbanistica
1.1.1.4 I Piani attuativi
Le trasformazioni territoriali e gli sviluppi insediativi previsti dal Documento di Piano trovano
attuazione mediante i Piani Attuativi Comunale, ai quali viene demandata la definizione dei
relativi indici urbanistici necessari. La legge 12 ammette l’utilizzo di tutti gli strumenti attuativi
contemplati dalla legislazione statale e regionale (piani di lottizzazione, piani di recupero, piani
particolareggiati, etc.).
Per la presentazione del piano attuativo è sufficiente il concorso dei proprietari degli immobili
interessati rappresentanti la maggioranza assoluta del valore di detti immobili in base
all’imponibile catastale risultante al momento della presentazione del piano.
Le previsioni contenute nei piani attuativi e loro varianti hanno carattere vincolante e
producono effetti diretti sul regime giuridico dei suoli.
1.1.2
La Valutazione Ambientale Strategica
L’art. 4 della legge per il governo del territorio precisa che, in attuazione della direttiva
comunitaria 2001/42/CE, il Documento di Piano, in quanto atto che definisce gli obiettivi
strategici e le politiche di sviluppo del territorio comunale, sia sottoposto a Valutazione
Ambientale (VAS) con la finalità di promuovere lo sviluppo sostenibile ed assicurare un
elevato livello di protezione ambientale, che tenga conto della caratterizzazione paesaggistica
dei luoghi.
Lo scopo della VAS è riconducibile alla valutazione delle ricadute che le scelte urbanistiche
compiute dalle Amministrazioni Comunali nella redazioni dei Piani provocano potenzialmente
sull’ambiente. In questo senso è necessario che il processo di valutazione della sostenibilità si
vada ad integrare al processo pianificatorio fin dal suo inizio. Per questo è necessario che la
VAS venga redatta parallelamente al Documento di Piano.
Queste in sintesi i principali passaggi del processo di formazione della VAS:
•
•
•
•
•
Avvio del procedimento: assicurare trasparenza delle procedure e legittimazione delle
scelte di Piano
Impostazione: il processo di Valutazione Ambientale contribuisce all’elaborazione del
quadro ricognitivo e conoscitivo assicurando l’integrazione della dimensione
ambientale al quadro di riferimento.
Elaborazione: la Valutazione ambientale, in fase di definizione degli obiettivi di
sviluppo e le politiche d’intervento, assicura che questi vengano declinati mediante
l’individuazione ed il confronto tra ragionevoli alternative al fine di determinare la
stima degli effetti ambientali di ciascuna di esse. In questa fase deve essere
progettato il sistema di monitoraggio, elemento fondamentale di valutazione nel
tempo degli effetti sul territorio derivati dall’attuazione delle politiche e delle azioni
esplicitate dal Documento di Piano. La descrizione degli indicatori ambientali di
riferimento e del sistema di monitoraggio previsto è affidata al Rapporto Ambientale,
elaborato in sintonia con quanto previsto nell’Allegato I della Direttiva 2001/42/CE.
Adozione e approvazione del PGT: attività consultiva e di valutazione di Documento
di Piano e Rapporto Ambientale da parte di cittadini ed Enti competenti, che porta alla
redazione della Dichiarazione di Sintesi
Attuazione e gestione: attività di monitoraggio
1.1.3
Il Sistema Informativo Territoriale
Con d.g.r. 22 dicembre 2005 n. 1562 è stato approvato un documento inerente lo sviluppo del
Sistema Informativo Territoriale integrato previsto dall’art. 3 della l.r. 12/2005. Tale documento
individua le modalità organizzative e gli standard di riferimento da utilizzare per la raccolta e la
6
Comune di Madone
Piano di
Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
condivisione di tutte le informazioni territoriali utilizzate dagli Enti che concorrono al governo
del territorio.
L’obiettivo del SIT integrato è quello di permettere l’accesso al patrimonio delle informazioni
territoriali e ai servizi associati da parte di tutti i soggetti interessati.
Il ruolo del Sistema Informativo Territoriale regionale sarà quello di costituire lo strumento con
il quale tutti i soggetti che partecipano alla sua realizzazione condivideranno i propri dati
territoriali in forma digitale, mantenendoli aggiornati e congruenti, in modo che tutti possano
elaborarli ed utilizzarli secondo le proprie esigenze. I principi guida sono quelli dichiarati nella
proposta di direttiva INSPIRE e si possono così riassumere:
•
•
•
•
•
•
•
•
i dati vanno raccolti una sola volta e gestiti laddove ciò può essere fatto in maniera
più efficiente;
deve essere possibile combinare i dati provenienti da differenti fonti e condividerli tra
più utenti ed applicazioni;
deve essere possibile la condivisione di informazioni raccolte a differenti livelli;
l’informazione geografica e territoriale necessaria per il buon governo deve esistere
ed essere ampiamente accessibile;
deve essere facile individuare quale informazione geografica è disponibile, valutare
l’utilità per i propri scopi e le condizioni secondo cui è possibile ottenerla ed usarla;
i dati geografici devono essere facili da comprendere ed interpretare in maniera userfriendly tramite tools di visualizzazione. A livello regionale, altri fattori spingono nella
direzione della costruzione di un SIT integrato:
la necessità di costruire una base di riferimento geografica comune, nonché di dotarsi
di strumenti per la gestione dell’informazione condivisa a supporto della
programmazione e pianificazione territoriale;
la razionalizzazione dei processi di raccolta, aggiornamento e diffusione dei dati
territoriali, anche al fine di ottimizzare l’uso delle risorse e degli investimenti da parte
dei diversi enti/soggetti.
Alla base del processo di carattere organizzativo e tecnologico per la realizzazione del SIT
integrato, si dovranno definire modalità concertate di condivisione ed aggiornamento dei dati e
“modelli” condivisi dei dati e loro adeguata descrizione (metadato), utile per reperire le
informazioni di interesse per le differenti utenze ed applicazioni.
Lo sviluppo del SIT integrato si configura, quindi, come un’evoluzione dell’attuale sistema
informativo territoriale regionale, dei sistemi informativi territoriali provinciali, comunali e di altri
enti, in un’ottica di cooperazione. Attualmente il sistema informativo territoriale regionale ha
sviluppato un’organizzazione tecnica ed un patrimonio informativo ricco, fruibile da tutti i
soggetti della Pubblica Amministrazione lombarda e messo a disposizione dell’utenza
allargata. Il sistema informativo territoriale regionale sta già operando nella direzione di
integrare banche dati, applicazioni e servizi nell’ambito dell’organizzazione di Regione
Lombardia ed intende ora lavorare congiuntamente agli Enti Locali per perseguire una miglior
efficienza ed efficacia. Per trattare in modo specifico le problematiche di modellazione dei dati
in un’ottica condivisa, su alcuni temi specifici (ad esempio idrografia, viabilità, reti energetiche,
aree protette…), sono già operativi numerosi accordi e gruppi di lavoro che coinvolgono
soggetti interni ed esterni all’amministrazione regionale, sia pubblici che privati.
1.1.4
Il ruolo delle aree agricole
L’art. 15, comma 4 della l.r. 12/2005 stabilisce che il Piano Territoriale di Coordinamento
Provinciale definisca “gli ambiti destinati all’attività agricola analizzando le caratteristiche, le
risorse naturali e le funzioni e dettando i criteri e le modalità per individuare a scala comunale
le aree agricole, nonché specifiche norme di valorizzazione, di uso e di tutela”.
Le aree agricole quindi, all’interno del PGT, sono individuate, d’intesa con la Provincia,
considerando il valore agroforestale dei suoli e i caratteri fisiografici, paesaggistici ed
ambientali che connotano il territorio.
7
Comune di Madone
Piano di
Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
L’individuazione delle aree agricole deve essere orientata a:
•
•
•
•
•
•
•
8
preservare prioritariamente i suoli a più elevato valore agroforestale
favorire la contiguità e la continuità intercomunale dei sistemi agroforestali, anche in
relazione alla costituzione o al mantenimento della rete dei corridoi ecologici
provinciali
evitare processi di ulteriore frammentazione dello spazio rurale
concorrere ad incrementare la compattezza complessiva del tessuto urbano
soprattutto in quei contesti caratterizzati da una forte dispersione delle superfici
urbanizzate
privilegiare interventi di estensione dell’edificato che si connaturino come un progetto
di riqualificazione delle forme di integrazione tra costruito e campagna
individuare specifiche strategie per la destinazione d’uso e la valorizzazione delle
aree intercluse nell’urbanizzato e per le aree di frangia
salvaguardare le fasce di rispetto dei fontanili e del reticolo idrografico minore.
Comune di Madone
Piano di
Governo del Territorio
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2
Madone oggi
2.1 I processi storici
2.1.1
Breve storia di Madone
1
Il ritrovamento di una cuspide triangolare di selce fa ipotizzare che già nel 10.000 a.C. il
territorio di Madone fosse abitato. È comunque certo che la prima trasformazione del territorio
di Madone, dalla fisionomia naturale a quella antropica, avvenne con la colonizzazione
romana a partire dalla fine del II secolo a.C.
Le tracce ancora visibili della centuriazione romana ed il rinvenimento di monete relative al
periodo dioclezianeo ne sono una forte prova indiziaria.
Da questo periodo iniziarono le campagne militari romane che portarono alla progressiva
conquista di queste zone, a cui si accompagnarono imponenti operazioni di colonizzazione,
con le relative centuriazioni del territorio e le costruzioni di avamposti, di città e tracciati viari.
Gli effetti di queste opere, che trasformarono radicalmente l’insediamento, il paesaggio
agrario, le modalità economiche e sociali, sono ancora riconoscibili, specialmente nell’assetto
dei campi, nell’assetto dei centri urbani e nella rete viaria.
Con tutta probabilità in questa zona esisteva in epoca antichissima una fornace di laterizi che
è stata agli inizi di questo secolo l'industria del paese e dalla quale Madone può avere ricavato
il nome e lo stemma araldico: un campo bianco attraversato orizzontalmente nel mezzo da
una barra rossa sormontata da due altre più brevi e una terza sotto di identico colore avente
pressappoco la figura di tre mattoni.
Il Maironi da Ponte, nel suo dizionario Odeporico, al nome Madone accenna alla tradizione
antichissima, che farebbe risalire ai primi secoli della cristianità il vano sotterraneo
dell'Oratorio campestre di S. Pantaleone.
Il Belotti, nella storia di Bergamo, scrive che i lontani antenati madonesi, agricoltori e fornaciai,
devono aver fatto parte del "pagus Fortunensis" che avevano in Suisio il centro nel tempio
dedicato alla Dea Fortuna, mentre più tardi, al diffondersi del cristianesimo, tale centro si
spostò a Terno d'Isola, che risulta una delle più antiche pievi della terra bergamasca. Una
pergamena altomedievale risalente a cavallo tra il IX ed il X secolo ci fornisce la prova più
antica del nome "Madone", rivelandoci anche la presenza attiva di almeno sette famiglie di
contadini che già coltivano trecento/quattrocento pertiche di terreno nel luogo denominato
"Madono". La precisa definizione territoriale di questo luogo risale a più di seicento anni fa.
Il giorno 7 luglio del 1392, con atto del notaio Gasparino fu Giovanni di Mozzo, i rappresentanti
del Comune di Madone fecero le operazioni di ricognizione dei confini territoriali, insieme ai
rappresentanti dei comuni limitrofi di Bonate Sotto, Filago, Rodi, Bottanuco, Suisio e Chignolo.
Trovandosi Madone a poca distanza dal territorio di Milano e dalle tormentate rive dell'Adda,
subì le incursioni delle soldatesche nei frequenti passaggi da Bergamo dei Visconti e dei
Malatesta, da questi a Venezia, da Venezia ai francesi e poi di nuovo a Venezia.
Seppur non certo, sembra che Madone parteggiasse per i Ghibellini: questo lo si deduce dal
fatto che fu vittima più volte di scorrerie da parte dei Colleoni di Trezzo, notoriamente di parte
guelfa.
I primi grossi proprietari di cui si hanno notizie chiare furono i monaci benedettini di Fontanella
(Sotto Il Monte) i Conti Boselli, proprietari del beneficio di “S. Maria Donnazana” (ora S.
Pantaleone), ed i Maldura, ai quali apparteneva il “castello” di Madone situato probabilmente
al centro del caseggiato allora esistente (nei pressi dell’attuale Via Piave) e che fu distrutto “…
dalle genti dei Colleoni di Trezzo … “ (Effemeride, Donato Calvi Vol 1).
La famiglia dei nobili Zineroni acquistò beni nel territorio di Madone nel secolo XVII e vi costruì
prima il palazzo (abbattuto nel 1962 per far posto all’attuale scuola materna) come dimora
estiva e più tardi, nella metà del secolo XVIII, eresse nel 1746 un “Oratorio” (sostituito poi
dall'attuale chiesetta nel 1872) dedicato a San Vincenzo Ferreri.
Anche le origini della Parrocchia di S. Giovanni Battista sono antiche, risalgono infatti al
periodo medioevale. Il primo documento attestante la presenza di un "clericus" della chiesa di
S. Giovanni in Madone, porta la data del 6 febbraio 1208. Anche la chiesetta campestre di S.
Maria Donazana è d'origine medievale e la troviamo citata, per la prima volta, in un documento
del 1260. Dal 1778 questo Oratorio è intitolato a San Pantaleone martire. Dalla fine del
Seicento si hanno notizie anche di un Oratorio privato dedicato a S. Luigi, collocato nell'antico
casseggiato dei conti Boselli, posto nell'allora "Madone di sopra".L’attuale parrocchiale
1
Il ritrovamento avvenne nel 1886 lungo le rive del torrente Dordo, durante i lavori di estrazione dell’argilla per la
fornace di mattoni Zineroni, come testimoniato dalle parole del prof. Mantovani nel testo “Notizie Archeologiche
Bergomensi”, pubblicato nello stesso anno.
9
Comune di Madone
Piano di
Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
dedicata a S. Giovanni Battista fu consacrata nel 1925 dopo quattordici anni dalla posa della
prima pietra. Fino al 1860 l'Amministrazione Civica era retta dal "Convocato" (assemblea degli
estimati).
L'autonomia amministrativa di questo comune risale al periodo dell'Unificazione Italiana,
proclamata il 17 marzo 1861. Madone divenne comune autonomo con Consiglio e Giunta
deliberativa, ma lo fu solo fino al 1928, anno in cui venne accorpato con Chignolo d'Isola,
prendendo la denominazione di "Centrisola": tale restò per un ventennio e cioè fino al 1948,
anno della restituzione dell'autonomia comunale.
2.1.2
10
Evoluzione urbana
Comune di Madone
Piano di
Governo del Territorio
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Soglia al 1889
Soglia al 1959
Soglia al 1994
Soglia al 1937
Soglia al 1974
Soglia al 2005
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2.2 Il quadro conoscitivo di riferimento
2.2.1
Sistema delle relazioni sovracomunali
Una corretta analisi conoscitiva, finalizzata a definire azioni di pianificazione a livello locale,
deve necessariamente confrontarsi con il contesto territoriale in cui il Comune è inserito.
Madone fa parte dell’ambito
territoriale definito dell’Isola
Bergamasca.
L’Isola Bergamasca è una
porzione a forma triangolare di
territorio definito a nord dal
Monte Canto,a est dal fiume
Brembo e a ovest dal fiume
Adda.
L’area, quasi completamente
pianeggiante, presenta
un’elevata vocazione
industriale, con prevalenza
particolare di aziende chimiche,
pur mantenendosi rilevante
anche l’attività agricola.
Le modificazioni riscontrate
nell’uso del suolo nel periodo
1971-1991 confermano una
forte tendenza
all’antropizzazione del territorio:
in questo periodo la superficie
boschiva si è ridotta a Madone
del 13%; la superficie destinata
a prato e pascolo è scesa da 30
a 11,8 ettari; infine, la superficie
utilizzata a seminativo è
aumentata di circa il 10%, con
probabile sottrazione di terreno
a carico della fase forestale del
territorio.
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2.2.1.1 Il sistema delle infrastrutture
Il sistema viabilistico dell’Isola è strutturato su tre grandi strade provinciali, la S.P.155
collegante Ponte S. Pietro con Capriate attraverso i paesi situati lungo il Brembo, la S.P.166
Ponte-Calusco e la S.P. Rivierasca che attraversa i comuni distribuiti lungo l’Adda;
relativamente alla viabilità di ordine superiore, l'autostrada MI-VE percorre l’area nel tratto
meridionale e la S.S. 342 Briantea nella parte settentrionale.
L’Isola è servita da due linee ferroviarie di importanza regionale: la linea Lecco-BergamoBrescia a nord e la Milano–Monza-Bergamo-Brescia, che attraversa l’area nella porzione
centrale.
Interventi di previsione sulla mobilità sovracomunale
I flussi di traffico regionale sono maggiormente intensi lungo quelle direttrici primarie che
interessano la maggiore concentrazione di densità abitativa e produttiva. Il sistema
infrastrutturale derivato dalla rete storica della mobilità sembra non essere più in grado di
assorbire il traffico che giornalmente si sposta sulla rete.
A livello regionale sono quindi stati previsti interventi sulle infrastrutture che rappresentano il
tentativo di miglioramento delle comunicazioni.
I principali interventi che interesseranno nei prossimi anni l’ambito territoriale in cui rientra
Madone e che possono generare conseguenze tali da doverne tener conto nella pianificazione
comunale sono:
•
•
realizzazione dell’Autostrada Bre.Be.Mi.: collegherà direttamente Brescia con Milano
passando per Caravaggio e Treviglio. Viene previsto un buon assorbimento del
traffico con alleggerimento del tratto Brescia-Bergamo-Brescia della A4. Il corridoio del
tracciato della nuova autostrada comprende anche la linea ferroviaria di alta capacità
che collegherà Torino e Venezia.
realizzazione dell’Autostrada Pedemontana, infrastruttura autostradale che si
distaccherà dalla A4 in Bergamo e avrà collegamenti diretti con le autostrade per
Como, Varese e l’aeroporto della Malpensa.
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•
Raccordo autostradale Bre.Be.Mi. – Pedemontana: viene proposto come tracciato
alternativo alla SS 42 da Boltiere e Treviglio
• Dorsale dell’Isola
Il tracciato stradale parte da Terno d’Isola, fino a Filago, collegandosi all’Autostrada A4, alla
Pedemontana e al Raccordo autostradale di interconnessione con la Bre.Be.Mi. la nuova
strada, ad unica carreggiata, si sviluppa in adiacenza al tracciato del nuovo Raccordo
Ferroviario dell’Isola. Le intersezioni con la viabilità esistente saranno a raso tramite rotatorie a
due livelli.
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•
Tracciato ferroviario di Gronda Nord-Est: tratto Carnate, Filago, Levate,Verdello
Tracciato ferroviario in sede nuova, alternativo alla linea Calusco-Bergamo, adibito sia al trasporto delle
merci sia al trasporto passeggeri, si diparte da Carnate per confluire sulla linea FS Treviglio-Bergamo
mediante un raccordo situato a Levate/Verdello. Il tracciato è previsto un percorso parallelo all’autostrada
Pedemontana e lungo il percorso si connette a Filago con il raccordo merci Terno d’Isola-Filago. Questa
configurazione permette la continuità del traffico dell’itinerario di Gronda Nord verso Brescia, attraverso la
Bergamo-Treviglio, la Treviglio-Brescia e l’Altà Capacità Milano-Verona, costituendo un inserimento ideale
per i flussi di traffico del trasporto merci e soprattutto una linea di forte rilevanza per il trasporto passeggeri,
in rafforzo delle direttrici est-ovest.
2.2.1.2 Il sistema del verde
Madone, secondo le indicazioni del Piano Territoriale Paesistico Regionale, rientra nell’ambito geografico
denominato Pianura Bergamasca.
Queste le principali caratteristiche:
L’assetto del paesaggio agrario discende dalle bonifiche operate in epoca storica con la scomparsa delle
aree boscate primigenie a favore delle coltivazioni irrigue e seccagne. Sporadici elementi di sopravvivenza
del paesaggio naturale sussistono solo in coincidenza dei solchi fluviali dei maggiori fiumi (Adda, Serio,
Oglio). Ma anche il disegno del paesaggio agrario presenta, specie seguendo l’evoluzione recente, una
notevole dinamica evolutiva che configura assetti agrari sempre meno caratterizzati nel loro disegno
distributivo e sempre più rivolti a un’organizzazione di tipo estensivo monoculturale. Sotto questo profilo
diventa anche più labile la tradizionale distinzione tra alta e bassa pianura – che in questo caso corrisponde
grossomodo al tracciato della Strada Statale Padana Superiore – che un diverso regime idraulico aveva, fino
a qualche decennio or sono, fortemente connotato e distinto. A tali considerazioni si aggiunge la forza
dispersiva del fenomeno urbano tale da configurare una larga porzione della Pianura Padana, fra cui gran
parte della nostra area, nei termini di “campagna urbanizzata”. Qui, l’affollamento della trama infrastrutturale,
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degli equipaggiamenti tecnologici, dell’urbanizzazione “di strada” o di espansione del già consistente
tessuto insediativo storico delinea una situazione paesaggistica fortemente compromessa e resa
emblematica dall’aspetto ormai ruderale delle molte cascine disperse nella campagna.
La pianura bergamasca, e con un crescendo che va dal suo margine meridionale fino alla linea pedemonta,
è infatti inclusa nel più vasto sistema della conurbazione lineare padano-veneta. Le più forti e sedimentate
dorsali infrastrutturale regionali e interregionali, sia stradali che ferroviarie, attraversano e spartiscono questo
territorio stimolando l’aggregazione degli insediamenti secondo modalità che non appartengono più al
classico sistema di espansione a gemmazione da centri preesistenti ma si compongono a schiera o a pettine
proprio lungo le vie di comunicazione, indipendentemente da riferimenti storici d’appoggio. (…)
È dunque un paesaggio impoverito nelle sue dominanti naturali, dove lo sfoltimento delle cortine arboree,
delimitanti i terreni di coltura, mette ancor più a nudo la povertà dei suoi caratteri.
Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale descrive Madone all’interno dell’unità ambientale Fascia
dell’Alta Pianura
L’unità ambientale è costituita in prevalenza da un territorio pianeggiante incuneato tra Adda e Brembo, di
forma triangolare con vertice rivolto a sud, alla confluenza tra Brembo e Adda, e la base costituita dal crinale
del Monte Canto. In prossimità del corso dell’Adda si sviluppano alcuni terrazzi fluviali più bassi, separati dal
livello fondamentale della pianura da ripide scarpate.
Deboli rilievi sono presenti nel settore settentrionale, riassunti dalla dorsale orientata ESE-ONO del Monte
Canto, la cui massima elevazione è data dai 710 metri del monte; inoltre tra Carvico e Calusco esisteva il
Monte Giglio praticamente demolito dai lavori di estrazione per la produzione di cemento. Queste alture
hanno un’ossatura rocciosa e rappresentano le propaggini più meridionali della catena prealpina, mentre le
dolci ondulazioni del bordo nord-occidentale sono dovute alla presenza di spessi depositi morenici che non
superano i 400 metri.
Il decorso del reticolo idrografico è quasi sempre in direzione N-O - S-E, risulta cioè condizionato dalla
morfologia degli antichi depositi fluviali dell’Adda disposti secondo un conoide molto appiattito e più alto
rispetto a quello del Brembo. Pur essendo delimitato dal corso di due fiumi ricchi di acqua, il territorio
dell’Isola è carente d’acqua. Ciò è dovuto alla limitatezza della zona collinare retrostante e quindi alla
mancanza di bacini idrografici ben sviluppati; inoltre la natura alluvionale del terreno favorisce l’infiltrazione
rapida dell’acqua. Da ciò deriva la cronica sete che solo importanti opere irrigue hanno in parte risolto.
L’ambito fluviale del Brembo costituisce elemento di pausa di significato naturalistico tra le aree densamente
urbanizzate che interessano con continuità i margini laterali della pianura. L’ambito è delimitato dai bordi del
terrazzo fluviale con tratti consistenti e leggibili lungo tutta la sponda destra e per la parte meridionale della
sponda sinistra. La morfologia presenta una notevole varietà con porzioni di alveo profondamente incassato,
con emergenze rocciose e boscate, a Brembate Sotto e Ponte S.Pietro; con la parte pianeggiante di
notevole ampiezza caratterizzata da seminativi delimitati da fasce boscate. Tale area costituisce elemento
omogeneo di elevato significato unitario. Le strutture insediative non presentano rapporti diretti con l’ambito
fluviale, tranne per i due nuclei di Ponte S.Pietro e Brembate Sopra. Il corso del fiume Brembo nel tratto
pianeggiante da Brembate Sopra fino allo sbocco nell’Adda, ha determinato nel tempo diverse
manifestazioni di attività umane che ancora oggi influenzano i caratteri e i valori paesistici: l’attestarsi sulle
sponde di insediamenti residenziali, la costruzione di ponti, il sorgere di impianti industriali che sfruttavano
l’energia dell’acqua soprattutto lungo i canali derivati dal fiume, la derivazione di canali d’irrigazione.
L’unico insediamento che è sorto effettivamente sulle due sponde del fiume unite da un ponte è quello di
Ponte S.Pietro, a lungo costituito da due comuni, uniti nella prima metà del Trecento.
Dove il torrente Dordo sfocia tortuosamente nel Brembo, è sorto in epoca medioevale il castello di Marne.
Significativamente I ponti corrispondono a luoghi di transito identificati storicamente, anche se non sono stati
tra i più importanti del territorio bergamasco. Il ponte di Briolo, sorto in corrispondenza di un insediamento
considerato più antico di Ponte S.Pietro, venne distrutto nel 1493 con quello di Almenno da una piena del
Brembo e poi ricostruito. Il viadotto ferroviario di Ponte S.Pietro venne ultimato nel 1862; mentre il ponte
stradale, sulla strada regia per Lecco, venne rifatto e riaperto al traffico nel 1837.
Sopra Marne sussistono i ruderi dell’antico Ponte Corvo in un punto in cui il fiume scorre incassato tra pareti
rocciose. A Brembate il ponte S.Vittore del sec. XV venne rifatto nel sec. XVIII .
La presenza dei corsi d’acqua naturali e dei canali derivati (roggia Masnada, roggia Brembilla) ha, nel corso
dei secoli, favorito l’insediamento delle prime attività produttive industriali (mulini, telai) e agricole.
Il fiume Adda riveste tra i molti significati anche quello di rappresentare il termine limite dell’Isola e della
Provincia di Bergamo; fiume abbondante d’acqua, a regime alpino, l’Adda scorre in un solco profondo
scavato nell’alta pianura e ha sempre rivestito la funzione naturale di confine tra territori ben distinti.
Il bacino fluviale si spinge profondamente nel sistema alpino e il suo tragitto è sempre risultato una
importante via di comunicazione culturale e commerciale verso Bergamo e verso Milano; infatti nei pressi di
Cornate d’Adda sono sorti “porti” naturali che servivano punti di attracco. Questo è successo fin dai tempi
romani ed è proseguito nell’Alto medioevo per riprendere vigore nel momento dei progetti
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leonardeschi e nei vari studi per la costruzione di canali navigabili che trovarono attuazione nei secoli
successivi. Ancora nell’Ottocento il sistema di canali navigabili permetteva un tragitto dall’Adda a Milano e
viceversa. La presenza di un fiume come l’Adda sarà poi alla base degli insediamenti industriali; Crespi
d’Adda incomincia la sua storia alla fine dell’Ottocento proprio con la sua collocazione sulle rive del grande
fiume. La scarpata fluviale risulta ricoperta da vegetazione boscata ricca di significati naturalistici. Il livello
della pianura sul quale si è sviluppata la presenza antropica, è il più antico ed è costituito dal pianalto
ferrettizzato elevato sul livello base della pianura. I suoli molto profondi, presentano caratteri limoso-argillosi
e locali impaludamenti; l’impermeabilità dei suoli infatti dà luogo a consistenti fenomeni di ruscellamento
superficiale con la formazione di incisioni e vallecole.
Il sistema insediativo lungo il fiume è dato da centri abitati sorti sul terrazzo principale fluviale ed in posizione
riparata rispetto al fiume, costituiti da nuclei aggregatisi secondo uno schema ad attrazione, inglobando
impianti edilizi nobili che se pur non di grande fasto e rappresentatività, costituiscono tuttavia fattori di
importanza paesaggistica. Spesso lo sviluppo di questi tessuti edilizi storici è stato condizionato in tempi
moderni dalla presenza di infrastrutture importanti per l’economia del tempo; come a Calusco ove la ferrovia
con il ponte di Paderno hanno favorito l’insediamento di importanti insediamenti industriali all’inizio del
secolo, oppure a Capriate e a Crespi, importanti punti di transito, che presentano tra i più significativi esempi
italiani di insediamento industriale in forma di piccola città operaia cresciuta intorno ad un importante opificio
secondo un preciso modello complessivo di sistemazione urbanistica.
Le espansioni edilizie hanno seguito un processo di sviluppo lineare lungo i principali collegamenti viari,
inglobando tutte le superfici libere che separavano storicamente le diverse realtà comunali, e così
conurbando distinte realtà locali. Risultato di questa indiscriminata operazione è stata una occupazione di
terreni a vocazione agricola e spesso di relazione con la presenza del corso d’acqua, non coordinata e per
nulla rispettosa dei caratteri naturalistici ed agrari dell’ambito, impiantando soprattutto incongrue attività di
escavazione e asportazione di materiali lapidei negli spazi di pertinenza del fiume, che andranno
debitamente riqualificati.
L’ambito dell’alta pianura, chiusa tra le incisioni delle scarpate fluviali principali, è solcata nel senso nord-sud
da tre torrenti: il Dordo, Il Grandone ed il Lesina, che vanno perdendo l’identità del segno ordinatore della
struttura territoriale urbana, essendo sovrastati ormai dal consumo territoriale messo in atto per giustificare
uno sviluppo economico sociale dai connotati estranei alla specificità territoriale in cui si collocano.
La struttura insediativa originaria ha intessuto uno stretto rapporto con i corsi d’acqua, con maggiore
significatività nei punti di confluenza agricola con media parcellizzazione e una bassa densità di cascinali.
Oggi invece tutti i centri urbani denunciano una spiccata tendenza conurbativa, particolarmente rilevante
nell’area Madone-Brembate Sotto. Dal punto di vista percettivo i grossi centri intensamente urbanizzati si
alternano ad aree coltivate. Sequenze alberate, campanili e chiese, cimiteri e grossi edifici sono gli elementi
emergenti nella percezione visiva delle zone meridionali dell’ambito.
Frange arboree di essenze diverse sottolineano in modo deciso i limiti di proprietà, i cigli stradali ed i torrenti,
soprattutto nella fascia a nord; a sud le frange arborate, costituite da essenze più sviluppate
dimensionalmente e quindi più significative nel disegno del paesaggio, rimarcano in gran parte tracciati delle
centuriazioni che sono permanenti e riscontrabili anche nella viabilità antica e di recente realizzazione.
La presenza del Canto gioca un ruolo importante nella connotazione delle aree a nord, percepibile lungo gli
assi stradali in direzione Terno-Presezzo e lungo la ferrovia Milano-Bergamo; e anticipa il sistema prealpino
della zona rappresentato dalla catena dell’Albenza. Numerosi sono gli edifici sui versanti soleggiati a sud,
dove alcune frazioni rurali conservano parzialmente i caratteri antichi, instaurando un rapporto di
notevolissimo pregio paesistico con le pendici boscate. Oltre la frazione di Corna, infine, sorge il piccolo
Santuario settecentesco della Madonna delle Canne.
Notevole valore paesistico rivestono i pascoli e le radure poste alla sommità della collina raggiungibili
percorrendo il sentiero storico che collegava le due abbazie di S.Egidio e di S.Giacomo, da dove sono fruibili
eccezionali panorami del paesaggio lombardo.
Un elemento di detrazione visiva è rappresentato dalla struttura sospesa come teleferica utilizzata per il
trasposto di marna al cementificio di Calusco d’Adda.
I Parchi locali d’interesse sovracomunale
Il territorio di Madone è interessato da due Parchi Locali d’Interesse Sovracomunale (PLIS): il PLIS del
Basso corso del fiume Brembo e il PLIS del Monte Canto e del Bedesco.
Il PLIS del Basso corso del fiume Brembo
Il Parco ricade nell'ambito amministrativo dei Comuni di Boltiere, Bonate Sotto, Dalmine, Filago, Madone,
Osio Sopra e Osio Sotto (quest'ultimo Comune designato ad Ente capofila per la gestione del Parco in
oggetto). Il territorio del Parco è localizzato prevalentemente lungo il corso del fiume Brembo nel tratto
compreso tra l'abitato di Torchio Sotto in Comune di Bonate Sopra (quest'ultimo Comune non fa parte del
Parco) e il Fosso Bergamasco in territorio Comunale di Boltiere, con una ramificazione verso ovest che
segue il corso del Torrente Dordo fino a comprendere parte del territorio del Comune di Madone.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
L'area del Parco è attraversata in parte dai tratti fluviali delle Rogge Masnada e Brembilla che scorrono
lateralmente al fiume Brembo.
Di elevato pregio è il corso del fiume Brembo nel tratto compreso tra gli abitati di Filago, Marne e Brembate
ove si determina un notevole restringimento dell'alveo del fiume, che in tale tratto scorre tra ripide pareti di
ceppo, fittamente boscate.
Il Parco è posizionato in un area di connessione tra aree protette di grande rilevanza grazie alla presenza a
sud-est del Parco Regionale Adda Nord, a nord-est del PLIS del Monte Canto e del Bedesco e a ovest del
PLIS del Rio Morla e delle Rogge.
Inoltre, occorre tenere presente l'eventuale formazione del PLIS del corso superiore del fiume Brembo, che
verrebbe ad innestarsi in continuità con il Parco in argomento, oltre ad un'eventuale espansione del Parco in
esame a sud con il futuro coinvolgimento del Comune di Brembate.
Il Parco è costituito sia da ambiti agricoli che da presenze boschive, anche di notevole estensione, distribuite
sia lungo i tratti fluviali sia in interposizione delle aree coltivate.
La geografia del parco locale non si presenta particolarmente complessa, essendo il territorio in argomento
essenzialmente pianeggiante tranne per la presenza, lungo un tratto del fiume Brembo, della forra di FilagoMarne che determina un restringimento della sezione della valle fluviale e il conseguente rapido scorrimento
delle acque del fiume. In questo territorio appare molto significativa la presenza di importanti testimonianze
storiche di diverso genere come chiese, castelli, resti di attività industriali e ponti, non solo presenti in
corrispondenza dei centri abitati, ma anche isolate sul territorio che, contribuiscono a connotare l'area del
Parco anche per la valenza storico-culturale. Gli ambiti extraurbani presentano in prevalenza culture arative
e prati stabili con presenza di vegetazione non particolarmente pregiata, in conseguenza dell'attività agricola
intensiva.
Rimane importante la presenza dei prati polifiti in quanto elemento di equilibrio a livello biologico in aree a
forte pressione agricola.
L'area del Parco risulta dunque modificata negli aspetti vegetazionali per la presenza delle aree agricole, ma
mantiene comunque aspetti interessanti e varie tipologie di consorzi vegetazionali, come ad esempio le
macchie arboree presenti lungo le sponde e gli isolotti del fiume Brembo, le cortine e i filari arborei che
accompagnano il corso idrografico minore, le aree boscate, in prevalenza a robinia, ricreate anche
artificialmente in zone precedentemente interessate da interventi distruttivi, i magredi presenti soprattutto
nell'area di Bonate Sotto con presenza di vegetazione al di sopra di strati ghiaiosi e sabbiosi.
Inoltre troviamo le cortine arboree create artificialmente dal dissodamento dei campi, vere e proprie
suddivisioni dei terreni anche a livello catastale, su cui si è insediata una vegetazione adatta a condizioni di
aridità dove all'epoca venivano installati, per motivi imprenditoriali, gelsi per l'allevamento del baco da seta e
per produrre carta.
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Infine la vegetazione creatasi sia direttamente al di sopra che nelle scarpate della forra, presente lungo parte
del corso del fiume Brembo, la quale è costituita da numerose specie vegetali autoctone e quindi meritevoli
di particolare salvaguardia.
Interessante anche la presenza floristica oltre che per la quantità anche per la presenza di specie tipiche di
quote più elevate o comunque rare nell'area interessata dal Parco.
Per concludere, lo sguardo al territorio del Parco non può certo sottrarsi alla presenza di notevoli pressioni
da parte di molti agenti, quali l'edificazione di tipo residenziale e industriale-artigianale, le infrastrutture, come
ad esempio l'autostrada A4 in corso di ampliamento e le nuove proposte di viabilità, le eventuali nuove
presenze di ambiti estrattivi previsti dal nuovo Piano Cave Provinciale che andranno ad interessare anche
parte del territorio del Comune di Boltiere interessato dal PLIS, la pressione della stessa attività agricola a
margine delle aree ritenute di pregio e quindi di tutela da parte del Parco.
Il PLIS del Monte Canto e del Bedesco
Il Parco è collocato su un'ampia porzione di territorio noto come "Isola Bergamasca". L'area è delimitata a
nord dal sistema collinare del monte Canto, il quale raggiunge l'elevazione massima di 710 metri sul livello
del mare. A sud del monte Canto, la maggior parte del territorio del Parco si estende su un pianalto
caratterizzato da una morfologia leggermente ondulata, leggermente soprelevato rispetto al livello
fondamentale della pianura.
Questo altopiano è suddiviso in due parti ben distinte da un'ampia valle a fondo piatto, percorsa dal torrente
Grandone. Il paesaggio agricolo-forestale attuale, nelle sue forme fondamentali, presenta i versanti
meridionali del monte Canto ciglionati e gradinati e ancora in gran parte vitati.
Il pianalto si presenta invece fortemente urbanizzato, con presenza di boschi, brughiere e terreni agricoli,
ancora relativamente estesi. La situazione vegetazionale del pianalto, contrariamente a quella del monte
Canto, appare più degradata, con presenza diffusa di robinieti fortemente ceduati.
Tra le emergenze architettoniche del Parco si segnalano l'Abbazia di Pontida, la chiesa romanica di
Sant'Egidio di Fontanella, villa Grismondi e numerosi insediamenti rurali.
La rete ecologica
Il PTCP individua sul territorio provinciale gli elementi che vanno a costituire la rete ecologica.
La rete ecologica, secondo un approccio strettamente ecologico, può essere definita un sistema
interconnesso, potenziale o effettivo, di unità ecosistemiche, nelle quali e fra le quali conservare la
biodiversità a tutti i livelli ecologici.
Nella pianificazione urbanistica il concetto di rete ecologica viene utilizzato per definire destinazioni ed usi
del territorio che tengano conto delle componenti naturali ed antropiche e delle loro interazioni. Le reti
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ecologiche mirano a realizzare un sistema integrato di aree su cui effettuare azioni di conservazione e
valorizzazione delle risorse naturali e culturali.
Gli elementi che compongono una rete ecologica sono:
•
•
•
Le Aree Nucleo (Core Areas). Sono complessi vegetali naturali e seminaturali che funzionano
come habitat ottimali per molte specie ed hanno una ricchezza di biodiversità molto maggiore di
quella delle aree circostanti. Queste aree hanno una grande importanza per la sicurezza e il
miglioramento delle condizioni di vita delle specie selvatiche ed inoltre funzionano come centri di
riproduzione e crescita delle popolazioni: in questo modo è possibile compensare la perdita
fisiologica di specie nelle aree circostanti. All'interno delle aree nucleo distinguiamo i Biocentri,
dove sono concentrati gli elementi ambientali di massimo pregio, circondati dalle Zone di
Contenimento (Buffer Zones) nelle quali la presenza di valori da preservare è minore e che
possono considerarsi aree di protezione, dove gli eccessi di nutrienti possono essere eliminati, gli
impatti dovuti al turismo controllati, i peggioramenti nella qualità delle acque evitati, così da
consentire l’autoregolazione dei biocentri.
I Corridoi Ecologici. Si tratta di aree o strutture del paesaggio che contribuiscono a ricostituire o
migliorare le possibilità di migrazione delle specie tra le aree nucleo. La loro creazione aiuta a
rimuovere le discontinuità e le “barriere” tra gli habitat dove risiedono le sub-popolazioni di una
specie. I corridoi ecologici possono essere lineari oppure essere disposti "a cintura" attorno alle aree
nucleo o, addirittura, possono essere concepiti come aree di riposo (Stepping Stones) le quali
mantengono una continuità funzionale fra le aree nucleo senza la necessità di una continuità
strutturale.
Le Aree di Recupero Ambientale. Sono elementi aggiuntivi della rete ecologica costituiti da aree
degradate a causa di inquinamento o di uso intensivo che, tuttavia, mantengono caratteristiche del
loro habitat naturale originario e che possono essere recuperate con opportune misure di
management ambientale.
La progettazione delle reti ecologiche si colloca in un segmento settoriale della pianificazione territoriale e
tale progettazione avviene con l’aiuto di scienze “complementari”, come la biologia, la zoologia, la geologia,
ecc. Il problema è che per poter procedere efficacemente all'individuazione delle reti ecologiche non si deve
essere ancora verificato un livello critico di artificializzazione degli habitat ed è, pertanto, necessario che gli
strumenti pianificatori di livello generale - per il caso urbano - impongano delle misure di tutela mirate a
ridurre la pressione antropica sugli ecosistemi naturali e a salvaguardarli, al contempo, da un'eccessiva
frammentazione.
Si tratta, dunque, scendendo ad un livello operativo, di valutare lo stato di fatto dell'ambiente e gli assetti
pianificatori, con, ad esempio, analisi mirate dell'uso del suolo e della zonizzazione del PRG, che si servano
di indicatori di frammentazione ecosistemica derivati dalla teoria delle reti ecologiche e di individuare
mediante procedure rigorose una rete
ecologico-ambientale potenziale cioè un
insieme di aree, da proteggere con apposita
normativa specificante gli usi del suolo e le
attività compatibili, all'interno delle quali si
procederà in un secondo tempo e con un
maggior livello di dettaglio a determinare le
vere e proprie reti ecologiche.
La rete ecologica si fa quindi da una parte
“paradigma
interpretativo
del
territorio”
nell’accezione di lettura di alcune categorie
ben precise e stabilite a priori; e dall’altra
strumento di progetto che analizza, ma nello
stesso tempo regola e norma, i rapporti tra
questi elementi e la restante parte del
territorio.
Nella tavola a destra si riporta stralcio della
tavola di PTCP relativa alle reti ecologiche di
valenza paesistica-ambientale.
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2.2.2
Le disposizioni urbanistiche vigenti nei Comuni contermini
Il mosaico degli strumenti urbanistici sopra riportato, tratto dal SIT della Provincia di Bergamo, evidenzia i
fenomeni urbanizzativi previsti nei comuni contermini: si conferma la tendenza dei comuni di Filago e
Chignolo d’Isola ad impegnare, nella fascia “dorsale”, le aree confinanti con Madone con funzioni produttive
a completamento di quelle gia esistenti e lungo gli assi stradali urbanizzati.
Sulla porzione orientale, dove si conferma la vocazione residenziale degli insediamenti, il comune di Bonate
Sotto riduce la fascia verde agricola, avvicinando il margine urbanizzato al confine Nord di Madone.
2.2.3
Agenda 21 locale
L’agenda 21 è una sorta di manuale promosso dalla pubblica amministrazione locale che attraverso il
coinvolgimento di tutti gli attori sociali vuole orientare ed indirizzare allo sviluppo sostenibile delle proprie
realtà urbane. Si riferisce al processo che consente di definire gli obiettivi ambientali e consente le condizioni
necessarie per il loro funzionamento, in maniera tale da realizzare un processo partecipativo e democratico
che coinvolga tutti gli attori sociali.
Operativamente l’Agenda 21 locale si basa sull’attivazione e gestione di un processo partecipato (Forum
Ambientale) nonché sulla realizzazione del rapporto sullo stato dell’ambiente. Il tutto si svolge mediante
gruppi di lavoro tematici che prevedono fasi di analisi, progettazione, attuazione e monitoraggio in una logica
di miglioramento continuo.
Il Forum è lo strumento che consente di attivare la partecipazione pubblica (cittadini, forze politiche e
sindacali, amministrazioni, organizzazioni non governative, associazioni ambientaliste, agenzie di protezione
ambientale) alle diverse fasi del processo, fino alla definizione, attuazione, valutazione e revisione del
Programma d’Azione. Ad esso è assegnato innanzitutto il compito di individuare i principi generali dell’azione
ambientale locale e di pervenire a una visione condivisa sul futuro della comunità locale, con la finalità di
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definire un Piano di Azione Ambientale per l’Agenda 21 Locale come documento di riferimento per la
Provincia e gli altri attori coinvolti. Il Piano d’azione deve costituire, di fatto, un vero progetto di compatibilità
ambientale dello scenario attuale e futuro del contesto urbano metropolitano in termini di uso del suolo,
politica dei trasporti, politica della casa, disponibilità ad investire, servizi, sviluppo economico, zone
periurbane ecc. Un piano che si articoli in un periodo ventennale con un progetto che deve individuare tempi
e modi della crescita sociale ed economica, definire dove e come accentrare attività produttive e posti di
lavoro, le diverse densità di insediamento, la localizzazione dei centri commerciali, il sistema di spazi aperti.
Esso deve inoltre definire la politica dei trasporti, che deve porsi tre obiettivi: miglioramento della qualità
ambientale, riduzione e mitigazione dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, promozione dell’efficienza
energetica nel sistema di trasporto.
L’Agenda 21 Locale rappresenta quindi un nuovo strumento d’innovazione per le politiche e i programmi di
settore in campo pubblico, imprenditoriale e sociale, per la realizzazione di uno sviluppo sostenibile. Una
partecipazione efficace e duratura nel tempo richiede periodi piuttosto ampi, negoziazione e concertazione
fra i vari interessi in gioco; tale metodologia offre potenziali vantaggi in termini di valorizzazione di progetti
esistenti, d’approcci ai problemi e di progetti e alleanze per ogni settore e ogni attore.
Si tratta di un processo dinamico, articolato parallelamente su piccole iniziative e su progetti di lungo
termine, che subisce continue correzioni di rotta in corso d’opera secondo una logica di continuo
miglioramento, e la cui efficacia dipende da tutti gli attori coinvolti.
Per questo deve immedesimarsi nelle realtà locali, per adattarsi alle peculiarità territoriali, amministrative e
sociale. Gli orientamenti assunti da Agenda 21 Locale dovrebbero essere volti all’evoluzione interna delle
amministrazioni, mediante la collaborazione “verticale” del personale e il coinvolgimento dell’inera struttura
funzionali alla sperimentazione di forme innovative di collaborazione istituzionale tra regione, Provincia e
Comuni e di partenariato pubblico/privato; ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità locale,
stimolando l’impegno attivo dei cittadini e delle imprese affinché adottino modalità di produzione e di
consumo di beni e stili di vita maggiormente orientati alla sostenibilità.
2.2.3.1 Il forum di Agenda 21 di Madone
Madone fa parte dell’area di Agenda 21 denominata “dell’Isola e di Zingonia”.
Il primo passo del gruppo di Agenda 21 è stata la redazione della Relazione sullo Stato dell’Ambiente (RSA)
che descrive i principali elementi ambientali, territoriali e socioeconomici dell’area in esame attraverso
l’utilizzo di indicatori che sintetizzano e semplificano le informazioni di base.
Il modello di riferimento per l’organizzazione degli indicatori è il modello DPSIR, sviluppato dalla European
Environment Agency, dove con Driving Forces – Pressioni – Stato – Impatti – Risposte si intendono:
•
•
•
•
•
DRIVING FORCES: tendenze sociali economiche e demografiche che sono causa di pressioni
sull’ambiente;
PRESSIONI: effetti delle diverse attività antropiche sull’ambiente, quali ad esempio emissione di
sostanze inquinanti e utilizzo di risorse;
STATO: descrizione quantitativa e qualitativa dello stato dell’ambiente e delle risorse;
IMPATTI: cambiamenti nella capacità dell’ambiente di fornire condizioni adeguate per assicurare
salute, disponibilità di risorse e biodiversità;
RISPOSTE: iniziative degli enti pubblici tese a prevenire, controllare, mitigare o adattare i
cambiamenti dell’ambiente.
La RSA si compone delle seguenti parti:
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
•
•
•
•
descrizione degli aspetti ambientali, territoriali e socioeconomici, stato dell’ambiente, impatti
sull’ambiente e sulla salute;
individuazione dei criteri di significatività
sintesi e valutazione degli indicatori
individuazione delle relazioni tra attività antropiche e ambiente e identificazione delle maggiori
criticità ambientali e priorità d’intervento.
2.2.3.2 Considerazioni sul contesto territoriale dell’area di A212
L’Area di Agenda 21 di cui fa parte il Comune di Madone si colloca nella fascia altimetrica di prima pianura,
parzialmente a ridosso del fiume Adda.
2
La superficie territoriale totale ammonta a 85,86 km .
I valori altimetrici dei centri abitati oscillano tra i 287 metri sul livello del mare di Carvico (che è l’unico
Comune nella fascia di collina) e i 159 mslm di Ciserano con una media di 208 mslm; ne consegue un
paesaggio prevalentemente pianeggiante, interamente compreso nel bacino del fiume Brembo.
Il fiume più importante è l’Adda che segna il limite occidentale della Provincia di Bergamo. In realtà, gran
parte del territorio dell’Isola Bergamasca e Zingonia è compreso nel bacino del fiume Brembo, a sua volta
sottobacino dell’Adda.
Per il tratto del fiume Brembo che coinvolge l’area oggetto di studio (da Ponte S. Pietro alla foce in Adda), in
generale l’alveo conserva un buon grado di naturalità, scorrendo in prevalenza profondamente inciso nella
piana alluvionale, anche se il tratto è fortemente influenzato dall’attività antropica; le sponde in
corrispondenza dei centri abitati sono rinforzate artificialmente e, dove non lo sono, si scorgono segni di
attività erosive. I principali affluenti della zona sono: il torrente Lesina, il torrente Dordo, il torrente Morletta, la
roggia Brembilla e la Roggia Masnada (canale ENEL). La portata è regolata dalla presenza di una traversa a
Brembate prima della quale il Brembo subisce numerose captazioni per uso idroelettrico e irriguo con
conseguente riduzione della portata d’acqua.
Nel territorio dell’Area la derivazione a scopo idroelettrico e irriguo ha portato alla formazione di un
complesso reticolo idrografico artificiale, che necessita di periodici interventi di manutenzione che
concorrono ad alterare l’ecosistema acquatico presente.
Le falde acquifere sotterranee presentano una morfologia piezometrica molto accidentata e frastagliata, in
relazione alla distribuzione e all’entità dei prelievi civili e industriali in atto.
Per quanto riguarda l’occupazione del suolo tutti i Comuni considerati mostrano un trend sostenuto di
crescita progressiva, in particolare negli anni che vanno dal 1950 al 1970, per poi diminuire dagli anni 80 in
poi.
La densità abitativa media dell’Area Agenda 21 si trova altamente al di sopra della media provinciale (più
del 300%) e della media provinciale della fascia altimetrica di pianura alla quale i Comuni oggetto di indagine
appartengono (170% circa). Ciò è riconducibile alla dimensione molto ristretta del territorio comunale di
Madone, rispetto alle estensioni dei comuni della pianura bergamasca.
2
Informazioni e dati tratte dalla Relazione sullo Stato dell’Ambiente e Piano di Sviluppo dell’Isola bergamasca e di Zingonia, redatta nel
2003 a cura della IPA Servizi.
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2
I siti industriali occupano una superficie complessiva di circa 8 km . L’Area Agenda 21 concentra il 18%
circa dei siti industriali provinciali, facendo di quest’area la più densamente industrializzata dell’intera
Provincia.
2
Il territorio dell’Area Agenda 21 ospita al proprio interno circa 1,5 km di cave attive, che copre circa il 17%
dell’intero prelievo programmato per la Provincia.
Nell’Area Agenda 21 si concentra circa il 10% delle unità locali industriali della Provincia di Bergamo e
quasi il 12% dei relativi addetti. Per numero di imprese e di occupati, il settore industriale si conferma come
quello trainante nell’economia dell’Area Agenda 21.
Il settore agricolo si presenta come una attività economica di secondaria importanza; l’agricoltura occupa
l’1% circa della popolazione attiva dell’area considerata.
Il settore terziario emerge come seconda forza economica dopo l’industria, con un’occupazione pari al
33,3% circa del totale (dati ISTAT 2001).
Per quanto riguarda la componente demografica nell’area considerata risiedono 95.638 persone pari a
quasi il 10% della popolazione provinciale. La maggior parte della popolazione (64,5%) si concentra nei
Comuni appartenenti all’area di Zingonia.
L’analisi del trend demografico mostra un andamento costantemente crescente dal 1861, anno del primo
censimento della popolazione italiana, al 2001.
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Per quanto riguarda la composizione della popolazione per classi di età, emerge un’interessante particolarità
dell’Area Agenda 21: la prevalenza di popolazione giovane rispetto alla media provinciale
L’Area Agenda 21 è composta da Comuni ad alta densità abitativa. La densità abitativa media per l’Area
Agenda 21 è di 1.114 abitanti per chilometro quadrato; se si considera la sola superficie urbanizzata, la
densità abitativa sale mediamente a 4.213 abitanti per chilometro quadrato nel 2001 a fronte di una media
provinciale di 2.761.
Il sistema infrastrutturale presente nell’area evidenzia una buona dotazione di servizi autostradali, stradali
e ferroviari.
L’indice di motorizzazione medio (rapporto tra il numero di veicoli circolanti e la popolazione residente)
registrato per l’Area è di 0,70 veicoli/abitante, superiore alla media provinciale e in linea con i valori registrati
nella Provincia di Milano, quindi molto elevato.
2.2.3.3 Lo stato dell’ambiente
Aria
La valutazione dello stato qualitativo dell’aria nell’Area tiene in considerazione le emissioni di inquinanti da
parte dei diversi settori economici e il superamento degli standard di qualità dettati dalla normativa vigente.
Il quadro che ne emerge risulta complessivamente critico in particolare per quanto riguarda le emissioni da
trasporto e da combustione industriale e risulta fortemente sbilanciato tra i diversi Comuni che compongono
l’Area.
Il giudizio di elevata criticità che viene assegnato alla tematica deriva dall’ampiezza e concentrazione
spaziale di alcune fonti di emissione e dalla valutazione della qualità dell’aria sulla base dei rilevamenti delle
centraline, mentre le emissioni in atmosfera da parte di impianti industriali, secondo i controlli periodici
dell’ARPA, risultano sempre conformi alle norme vigenti.
Osservando l’evoluzione temporale della concentrazione degli inquinanti atmosferici vi è da rilevare che si
assiste oggi a una progressiva diminuzione di criticità di alcuni inquinanti “classici” quali il biossido di zolfo, il
biossido di azoto e il monossido di carbonio grazie a un aumento di efficienza complessiva dei processi di
combustione mentre restano rilevanti altri inquinanti quali le polveri totali sospese e soprattutto il PM10.
Acqua
La valutazione complessiva della tematica acque considera:
•
•
•
le pressioni sui corpi idrici in termini di prelievi e scarichi;
lo stato qualitativo delle risorse idriche superficiali e sotterranee;
le risposte in particolare in termini di collettamento e depurazione degli scarichi.
Il giudizio complessivamente assegnato alla tematica è di rilevante criticità ed è giustificato dalle seguenti
considerazioni:
•
le analisi dell’ARPA sui corpi idrici superficiali identificano una situazione diversificata nell’Area, con
il Fiume Brembo caratterizzato da una situazione di inquinamento contenuto, ma con altre situazioni
25
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
•
•
•
localmente critiche, in particolare per quanto riguarda il Torrente Dordo. La disponibilità di dati per la
valutazione risente di alcune carenze sia per quanto riguarda il monitoraggio del Fiume Brembo, sia
per la caratterizzazione degli altri corsi d’acqua;
le acque sotterranee, a causa della presenza di atrazina in 2 dei 4 pozzi considerati, sono di qualità
molto variabile da situazioni con impatto antropico ridotto a casi di forte alterazione delle
caratteristiche idrochimiche delle acque di falda;
gli scarichi industriali, soggetti al controllo dell’ARPA, hanno mostrato dal 1997 al 2001 risultati
sempre conformi alla normativa;
le analisi effettuate dall’ARPA sui depuratori presenti nell’Area segnalano una situazione di
frequente non conformità degli scarichi rispetto alla normativa vigente.
Sulla base dei dati disponibili sulla concentrazione di inquinanti chimici nei corsi d'acqua considerati, non si
rilevano concentrazioni superiori ai valori limiti consentiti ed è possibile identificare i seguenti livelli di qualità
ambientale:
•
•
•
•
•
il Fiume Brembo ha un livello di qualità ambientale sufficiente negli anni considerati (l'unica
eccezione si registra nell'anno 2000 nella stazione di Brembate Sopra in cui il livello qualitativo si
riduce a scadente);
il Torrente Dordo ha costantemente un livello qualitativo pessimo;
la Roggia Brembilla presenta, negli anni 2000 e 2001, un livello di qualità ambientale sufficiente,
anche se da valutarsi con cautela a causa dei pochi dati a disposizione;
la Roggia Masnada è classificabile come sufficiente e, nel 2001, di buona qualità ambientale;
tuttavia, ancor più che nel caso precedente, occorre considerare le poche analisi a disposizione per
formulare il precedente giudizio;
il Fiume Adda presenta nel tratto considerato una qualità ambientale sufficiente.
Suolo
Nell’Area, l’occupazione di suolo da parte dell’urbanizzato risulta essere superiore alla media provinciale, ma
inferiore alla media della fascia altimetrica di pianura.
Tra le destinazioni d’uso dell’urbanizzato emerge l’industria che in alcuni Comuni raggiunge valori
consistenti; l’Area risulta essere la più densamente industrializzata della Provincia.
Nonostante la spiccata vocazione industriale dell’Area, la presenza di siti contaminati è minima e si tratta
prevalentemente di aree senza problemi di contaminazione ambientale.
Rifiuti
La valutazione complessivamente assegnata alla componente ambientale rifiuti è di media criticità. Il giudizio
è motivato sulla base delle seguenti considerazioni:
•
•
•
•
•
la produzione di rifiuti solidi urbani è in calo nel periodo considerato, pur presentando dinamiche
parzialmente differenziate tra i Comuni dell’Area Agenda 21;
per quanto riguarda i rifiuti urbani totali si evidenzia un andamento complessivo in lieve crescita;
la produzione pro capite di rifiuti urbani pro capite è pari a 1,25 kg per abitante al giorno, mentre la
media provinciale si attesta intorno a 1,21 kg per abitante;
la raccolta differenziata raggiunge quasi il 52% dei rifiuti urbani totali, con punte di eccellenza nei
Comuni di Bonate Sotto e Presezzo dove, nel 2001, ha superato il 65% dei rifiuti raccolti;
per quanto riguarda la produzione di rifiuti speciali, si evidenzia una lieve diminuzione complessiva
tra il 1999 e il 2000.
Un aspetto da sottolineare riguarda, l’ottima perfomance della raccolta differenziata che identifica nei
Comuni dell’Area Agenda 21 una zona di eccellenza rispetto alla media provinciale che si è attestata nel
2001 a poco più del 47%. Il risultato dell’Area è ancora più interessante se confrontato con la percentuale di
raccolta differenziata media della Lombardia che si aggira intorno al 35%.
Naturalità e biodiversità
Complessivamente, il grado di naturalità e biodiversità dell’Area risulta poco elevato soprattutto per i Comuni
maggiormente urbanizzati. Quanto detto è visibile da una analisi sulla presenza di aree protette: solo tre
Comuni (Bottanuco, Calusco d’Adda e Solza) hanno porzioni di territorio rientranti nel Parco Adda Nord.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Uno sguardo alla superficie delle aree naturali e paranaturali mostra che la maggiore dotazione di aree
naturali o agricole riguarda i Comuni posti lungo i corsi d’acqua Adda e Brembo, a differenza delle aree più
interne dell’Isola bergamasca e dell’Area di Zingonia (compresa nella Pianura centrale)
Il grado di diversità del paesaggio analizzato e il grado di contatto che ciascun sistema ambientale presenta
al proprio interno risultano essere più elevati per la fasce poste lungo i corsi d’acqua ed esigui per le aree
maggiormente urbanizzate e ad alta densità abitativa.
Vi è comunque da sottolineare, per quanto riguarda alcune Amministrazioni dell’Area, l’esistenza di alcuni
progetti di istituzione di Parchi Locali di Interesse Sovracomunale e aree protette.
Rumore
L’indice di motorizzazione medio dell’Area risulta essere 0,70 veicoli/abitante, superiore alla media
provinciale e in linea con i valori registrati nella Provincia di Milano; anche il Traffico Giornaliero Medio di
alcune fra le principali strade provinciali attraversanti i Comuni oggetto di studio mostra valori consistenti e in
crescita.
Le figure 23 e 24 mostrano le strade provinciali per le quali vengono registrati superamenti dei livelli di
attenzione del rumore per eventi di durata non superiore all’ora (75 dB(A)) e per eventi di durata superiore
all’ora in fase diurna (65 dB(A)).
Tra i Comuni maggiormente interessati dall’inquinamento acustico, emergono quelli appartenenti all’area di
Zingonia che sopportano, oltre alle strade statali e provinciali già identificate il traffico dell’autostrada A4
Milano – Bergamo e i Comuni di Carvico, Calusco d’Adda Solza e Presezzo.
Campi elettromagnetici
In relazione ai campi elettromagnetici non si registrano particolari criticità nell’Area, se non per
l’attraversamento di alcune aree urbane da parte di linee elettriche da 380 KV, 220 KV e 132 KV con
conseguente mancato rispetto delle distanze di sicurezza sancite dal D.P.C.M. 23 aprile 1992 (56 metri per i
380 KV, 36 metri per i 220 KV e 20 metri per i 132 KV).
Per quanto riguarda le radiazioni ionizzanti, vi è solo da rilevare alcuni superamenti nei valori di Radon in
ambienti chiusi le cui soglie limite (200 Bq/m3 e 200 Bq/m3) sono indicate nella raccomandazione europea
del febbraio 1990. Tra i Comuni interessati vi sono Dalmine, Filago, Osio Sotto e Presezzo; tuttavia, a causa
del numero esiguo di misurazioni effettuate, non è possibile generalizzare il fenomeno all’intero territorio
comunale.
Sulla base dei dati attualmente disponibili, la tematica campi elettromagnetici e radiazioni ionizzanti non
evidenzia particolari criticità.
Ambiente urbano
In merito all’ambiente urbano dei Comuni dell’Area, lo stato delle componenti ambientali fondamentali aria e
rumore, registra alcune situazioni di criticità.
Per quanto concerne l’inquinamento atmosferico, si hanno superamenti dei livelli di attenzione e di allarme
per il biossido di azoto, le polveri totali sospese, il benzene e il PM10; bisogna comunque tenere in
considerazione che non tutti i Comuni dell’Area sono stati oggetto di un monitoraggio della qualità dell’aria.
Anche per quanto riguarda l’inquinamento acustico, l’elevato indice di motorizzazione e l’attraversamento in
ambito urbano di alcune fra le principali arterie stradali provinciali generano un livello di rumore che spesso
eccede il valori limite definiti dalla Provincia di Bergamo nel piano direttore di risanamento acustico della rete
stradale provinciale.
Una situazione intermedia è invece da rilevare per quanto riguarda i trasporti pubblici locali (TPL);
nonostante la disponibilità e la copertura del TPL sia elevata, si registrano situazione di scarsa efficacia
(linee automobilistiche caratterizzate da valori di viaggiatori km/bus km inferiori a 10) e di scarsa efficienza
(linee che presentano valori di ricavi/costi inferiori al 30%).
2.3 Uso funzionale del suolo
L’analisi dell’uso del suolo verte sulla raccolta e sulla rappresentazione di dati in grado di definire con
chiarezza la destinazione attuale dei suoli nel contesto del territorio comunale di Madone.
Sono stati per questo approfonditi gli aspetti legati alla definizione del territorio, sintetizzati attraverso
osservazioni di campo condotte direttamente in situ, attraverso l’analisi e l’interpretazione della cartografia
esistente, attraverso l’analisi e l’interpretazione di foto aeree.
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2.3.1
Sistema degli spazi aperti
Le unità di uso del suolo complessivamente individuate all’interno dell’area vasta sono elencate nella tabella
sottostante, che viene proposta descrivendo le differenti unità tipologiche uniformandosi al sistema di
nomenclatura DUSAF, aggiornato al 2000.
Uso suolo DUSAF - dettaglio superfici (2000)
Aree urbanizzate
Seminativo semplice
Boschi di latifoglie
Ambiti degradati soggetti ad usi diversi
Totale
Superficie Ha
134,32
114,05
50,34
6,54
305,25
In particolare, l’uso del suolo per gli spazi aperti viene definito dalla seguente casistica:
Uso del suolo
acque
bosco
fascia ripariale
incolto
macchia boscata
orto
prato
seminativo
verde attrezzato
verde pubblico
verde sportivo
Totale
28
Superficie mq
22.460,03
416.921,01
15.854,10
16.028,45
19.609,09
4.338,06
104.706,03
961.333,23
20.462,38
24.797,45
27.282,21
1.633.792,04
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2.3.1.1 Quadro idrologico e geomorfologico
Madone occupa il settore sud-orientale dell’Isola Bergamasca, porzione del territorio della provincia di
Bergamo compreso tra fiume Adda e fiume Brembo.
L’assetto morfologico dell’Isola riflette quello geologico ed è suddivisibile in tre fasce:
zona montuosa a nord, caratterizzata dalla presenza della dorsale del Monte Canto che, con i suoi 710
m.s.l.m. ne costituisce la culminazione massima. Affioramento di substrato roccioso, costituito dai litotipi
appartenenti a formazioni del Cretaceo superiore-Paleocene inferiore e medio, essenzialmente di natura
torbiditica e costituite da arenarie, marne e calcari.
Zona pedemontana che costituisce in alcune zone la fascia di raccordo tra la zona montana e quella
pianeggiante. Tale zona è costituita da materiale incoerente di età quaternaria e di origine prettamente
morenica.
Zona pianeggiante terrazzata: comprende il territorio di Madone. Risulta caratterizzata da morfologia
pianeggiante, interrotta da scarpate che delimitano terrazzi, siti a quote altimetriche distinte, di origine
fluviale e fluvioglaciale. La loro formazione deriva dalle azioni di deposito ed erosione da parte degli
scaricatori glaciali, alimentati dalle acque di fusione dei ghiacciai quaternari. I depositi fluviali postglaciali,
oltre a originare corpi terrazzati incastrati entro i depositi pleistocenici, si rinvengono sotto forma di paleoalvi
posti sulla superficie delle unità più antiche; si distinguono su base morfologica per la formazione di
depressioni a differente grado di sinuosità, con orli più o meno netti e depositi limosi e sabbiosi con profili
poco evoluti.
Il territorio comunale risulta suddiviso in tre principali settori geologici-geomorfologici che risultano
altimetricamente ben distinti, costituiti da differenti unità litologiche e separati da terrazzi morfologici, che si
sviluppano in direzione nord-sud.
Pianalto ferrettizzato: rappresenta la quasi totalità del territorio comunale posta ad occidente del corso del
torrente Dordo. È delimitato ad oriente da una scarpata morfologica con dislivelli pari a 10 metri e nella parte
sud occidentale dall’incisione legata alla presenza del Rio Zender.
Livello fondamentale della Pianura: costituito da depositi fluvioglaciali, risulta delimitato ad ovest dalla
scarpata che lo collega al sovrastante pianalto a e est da un’analoga scarpata che conduce al terzo settore
morfologico. Nella sua porzione occidentale risulta caratterizzato da depressioni in corrispondenza del corso
dei torrenti Buliga e Dordo, i cui alvei ancora più depressi, risultano delimitati da scarpate dell’altezza di
pochi metri, in parte interessate da opere di difesa spondale.
Ripiano fluvioglaciale tardivo: costituito da depositi, risulta separato dal livello fondamentale della pianura da
una scarpata morfologica avente dislivelli di 14, 16 metri.
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2.3.1.2 Le aree agricole
Il sistema delle coltivazioni
Nel complesso del sistema ambientale di Madone, le aree agricole occupano una superficie limitata,
corrispondente a circa 80 ettari sui 305 ettari che individuano il territorio comunale; le aree agricole si
sviluppano attorno al nucleo abitato con scarsi caratteri di continuità con gli spazi aperti dei comuni
contermini.
I dati relativi alla tipologia di utilizzo colturale desunti dalle dichiarazioni PAC (prodotte dalle aziende agricole
ai fini del percepimento del sostegno al reddito di provenienza comunitaria) confermano come il territorio
coltivato conservi i caratteri tipici di un’agricoltura marginale, dove i seminativi risultano prevalenti sulle
superfici arabili, tuttavia mantenendosi corrispondenti a circa il 15% della superficie comunale.
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Seminativi
I seminativi sono costituiti da coltivazioni intensive a prevalenza di mais, con limitatissima presenza di siepi e
di alberi. La loro funzionalità alle dinamiche dispersive della fauna è estremamente differente, come
conseguenza delle caratteristiche fisionomico-strutturali delle colture e delle specie legate a questa tipologia
ambientale. In alcuni casi specifici (es: micromammiferi ed uccelli) le macchie agricole possono agire da
potenziali aree di connessione tra le aree forestali frammentate; diversamente i seminativi intensivi
assumono in certi tratti le caratteristiche di un “deserto antropico”.
Il valore naturalistico ambientale degli appezzamenti agricoli è molto basso perché il fattore dinamico e il
grado di naturalità sono scadenti. In linea generale, le aree agricole sono considerate come spazi
biopermeabili, anche se, soprattutto nelle forme intensive, la biodiversità vegetazionale è molto limitata e la
presenza di edifici comporta un disturbo continuativo per i quotidiani movimenti di persone, l’illuminazione
notturna e rumori. Partendo dal presupposto che alcune tipologie di conduzione agricola potrebbero anche
risultare compatibili con la mobilità biologica se gestite e ripristinate in modo adeguato, si consideri che
un’area agricola rappresenta una risorsa trofica per alcune specie faunistiche e di conseguenza, nei
confronti di queste, può acquisire il ruolo di ambito ecoconnettivo incentivato. In particolare, la qualità
ecoconnettiva dei territori agricoli è legata alla tipologia delle coltivazioni, all’alternanza dei cicli produttivi, e
anche, in modo significativo, alle dimensioni fisiche dell’ambito coltivato.
Prati stabili (foraggiere artificiali)
Si comprendono nella tipologia i prati polifiti caratterizzati da composizione floristica variabile, sottoposti a
sfalci e a pratiche agronomiche di servizio agli allevamenti zootecnici bovini; si tratta di superfici assai poco
estese nel territorio di Madone, assommanti a soli 22 ettari, corrispondenti a circa il 7% del territorio
comunale e di conseguenza non significative nella caratterizzazione delle aree rurali.
I prati presenti nel territorio comunale di Madone sono ambienti di indubbia origine antropica pesantemente
condizionati dall’attività dell’uomo che però consentono l’attività trofica a diverse specie faunistiche.
Ognuno di questi è una realtà indipendente, con una storia diversa, e pertanto si riscontrano prati ben curati,
sfalciati e concimati e altri ormai prossimi a essere incolti con bassa frequenza di calpestio. I rischi che
potrebbero insorgere nei confronti della fauna adattatasi a questo tipo di ambiente sono prevalentemente
correlati all’attività venatoria (fagiano, lepre, ecc.) e alle modificazioni agricole.
Il prato a pascolo è stato ritenuto la tipologia di uso del suolo con un livello di biopermeabilità accettabile ai
fini della continuità ambientale. In questi terreni, sono presenti occlusioni fisiche della continuità ambientale,
quali barriere di delimitazione della proprietà (steccati in legno) anche se facilmente superabili. Il livello di
biopermeabilità viene ritenuto basso ai fini di un eventuale inserimento in corridoi ecologici.
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Gli effetti legati alla presenza di queste infrastrutture lineari sono stati approfonditi negli allegati e in
cartografia.
Le potenzialità dei suoli agricoli
Il presente paragrafo prende in esame le caratteristiche fisiche e chimiche dei terreni agricoli di Madone,
analizzate sulla base delle informazioni contenute nel Sistema Informativo Territoriale della Regione
Lombardia e tradotte nella carta pedologica; le interpretazioni applicative della carta pedologica sono
finalizzate alla valutazione della funzionalità dei suoli, che permette l'elaborazione di supporti conoscitivi
cartografici per l'attuazione di politiche agricole, ambientali e territoriali.
Il comportamento e le risposte attese dai suoli in relazione alle forme di utilizzazione a cui sono sottoposti
dipendono dal grado di espressione delle loro diverse funzioni ecologiche, così nominate:
funzione produttiva, correlata con il concetto di fertilità e, quindi, con la capacità dei suoli di
sostenere e favorire la produzione di alimenti, foraggio e biomassa vegetale in genere;
funzione protettiva, correlata con la capacità dei suoli di agire da tampone e da filtro nei
confronti di potenziali inquinanti;
funzione naturalistica, correlata con il ruolo che i suoli hanno nel formare gli habitat naturali, nel
proteggere la biodiversità e nel conservare importanti patrimoni culturali per l'umanità.
Le valutazioni funzionali sono espresse come carte tematiche ottenute dall'interpretazione della Carta
Pedologica e finalizzate ad una gestione mirata dei suoli ed alla loro conservazione.
Capacità d’uso dei suoli agricoli
La carta della capacità d'uso del suolo definisce sul territorio aree che presentano analoghe limitazioni
fisiche, sulle quali vengono successivamente effettuate le valutazioni relative all'attitudine all’uso agro-silvopastorale con lo scopo di individuare i suoli agronomicamente più pregiati e più adatti all'attività agricola,
consentendo in sede di pianificazione territoriale di preservarli da altri usi.
Le informazioni sono state elaborate e sintetizzate dalle carte di base e da osservazioni desunte nel corso
delle campagne di rilevamento attraverso la metodologia derivata dalla Land Capability Classification (LCC Klingebiel Montgomery, 1961), una classificazione finalizzata a valutare le potenzialità produttive per
utilizzazioni agro-silvo-pastorali sulla base di una gestione conservativa della risorsa suolo, mettendo in
evidenza i rischi di degradazione derivanti da usi inappropriati.
Questo sistema di classificazione è organizzato gerarchicamente secondo due livelli: classe e sottoclasse. Il
grado di capacità d'uso, ovvero l'entità delle limitazioni all'utilizzo agro-silvo-pastorale, viene indicato dalla
classe: nel sistema sono prese in considerazione 8 classi, designate ciascuna con un numero romano da I a
VIII; all'aumentare della cifra corrisponde un aumento del grado di limitazione e di conseguenza una
diminuzione del numero delle scelte economicamente attuabili riguardo l'utilizzo dei suoli.
In particolare, le prime 4 classi sono compatibili con l'uso sia agricolo che forestale che zootecnico; le classi
dalla quinta alla settima escludono l'uso agricolo intensivo, mentre nelle aree appartenenti all'ultima classe,
l'ottava, non è possibile alcuna forma di utilizzazione produttiva.
Le limitazioni prese in esame riguardano due aspetti: il suolo, di cui sono valutate la profondità, la pietrosità,
il drenaggio, l'idromorfia, e l'ambiente, di cui sono valutati il clima, il rischio d'erosione, ecc.
La scala di valori sintetica riportata dal Sistema Informativo Territoriale della Regione Lombardia,
relativamente al tema in oggetto, prevede le seguenti tipologie di suolo:
Suoli adatti all'agricoltura
1
Suoli che presentano pochissimi fattori limitanti il loro uso e che sono quindi utilizzabili per tutte le colture.
2
Suoli che presentano moderate limitazioni che richiedono una opportuna scelta delle colture e/o moderate pratiche
conservative.
3
Suoli che presentano severe limitazioni, tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali pratiche conservative.
4
Suoli che presentano limitazioni molto severe, tali da ridurre drasticamente la scelta delle colture e da richiedere accurate
pratiche di coltivazione.
Suoli adatti al pascolo ed alla forestazione
5
Suoli che pur non mostrando fenomeni di erosione, presentano tuttavia altre limitazioni difficilmente eliminabili tali da
restringere l'uso al pascolo o alla forestazione o come habitat naturale.
6
Suoli che presentano limitazioni severe, tali da renderli inadatti alla coltivazione e da restringere l'uso, seppur con qualche
ostacolo, al pascolo, alla forestazione o come habitat naturale.
7
Suoli che presentano limitazioni severissime, tali da mostrare difficoltà anche per l'uso silvo pastorale.
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Suoli inadatti ad utilizzazioni agro-silvo-pastorali
8
Suoli che presentano limitazioni tali da precludere qualsiasi uso agro-silvo-pastorale e che, pertanto, possono venire adibiti a
fini creativi, estetici, naturalistici, o come zona di raccolta delle acque. In questa classe rientrano anche zone calanchive e gli
affioramenti di roccia
Il territorio di Madone viene classificato come da cartografia seguente:
Fonte: Sistema Informativo Territoriale
Il codice 1 individua suoli agricoli che presentano pochissimi fattori limitanti il loro uso e che sono quindi
utilizzabili per tutte le colture.
Il codice 2 individua suoli agricoli che presentano moderate limitazioni che richiedono una opportuna scelta
delle colture e/o moderate pratiche conservative.
La sottoclasse c sta a indicare la presenza di lievi limitazioni climatiche.
La sottoclasse s sta a indicare una profondità utile del suolo compresa tra 100 cm e 60 cm, la presenza di
scheletro nell’orizzonte superficiale in quantità compresa tra il 15% ed il 35% ed una pietrosità compresa tra
lo 0,1% e 3%.
La sottoclasse e sta a indicare la presenza di pendenze comprese tra il 2% e l’8% con assenza di fenomeni
erosivi.
La sottoclasse w sta a indicare la condizione di drenaggio mediocre, con lieve possibilità di inondabilità.
I codici doppi attribuiti alle sottoclassi individuano situazioni intermedie.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Il codice 3 individua suoli agricoli che presentano severe limitazioni, tali da ridurre la scelta delle colture e da
richiedere speciali pratiche conservative.
La sottoclasse s sta a indicare una profondità utile del suolo compresa tra 60 cm e 25 cm, la presenza di
scheletro nell’orizzonte superficiale in quantità compresa tra il 35% ed il 70% ed una pietrosità compresa tra
lo 0,1% e 3%.
La sottoclasse e sta a indicare la presenza di pendenze comprese tra l’ 8% e il 15% con debole possibilità di
fenomeni erosivi.
La sottoclasse c sta a indicare la presenza di lievi limitazioni climatiche.
La sottoclasse w sta a indicare la condizione di drenaggio lento, con moderata possibilità di inondabilità.
I codici doppi attribuiti alle sottoclassi individuano situazioni intermedie.
Il codice 4 individua suoli agricoli che presentano limitazioni molto severe, tali da ridurre drasticamente la
scelta delle colture e da richiedere accurate pratiche di coltivazione.
La sottoclasse s sta a indicare una profondità utile del suolo compresa tra 60 cm e 25 cm, la presenza di
scheletro nell’orizzonte superficiale in quantità compresa tra il 35% ed il 70% ed una pietrosità compresa tra
il 3% e il 15%.
La sottoclasse e sta a indicare la presenza di pendenze comprese tra il 15% e il 25% con moderate
possibilità di fenomeni erosivi.
La sottoclasse w sta a indicare la condizione di drenaggio molto lento, con alta possibilità di inondabilità.
Il codice 5 individua suoli non agricoli che pur non mostrando fenomeni di erosione, presentano tuttavia altre
limitazioni difficilmente eliminabili tali da restringere l'uso al pascolo o alla forestazione o come habitat
naturale.
La sottoclasse s sta a indicare una profondità utile del suolo minore di 25 cm, la presenza di scheletro
nell’orizzonte superficiale in quantità maggiore del 70% ed una pietrosità compresa tra il 3% e il 15%.
Il codice 6 individua suoli non agricoli che presentano limitazioni severe, tali da renderli inadatti alla
coltivazione e da restringere l'uso, seppur con qualche ostacolo, al pascolo, alla forestazione o come habitat
naturale.
La sottoclasse c sta a indicare la presenza di forti limitazioni climatiche.
La sottoclasse e sta a indicare la presenza di pendenze comprese tra il 25% e il 45% con moderate
possibilità di fenomeni erosivi.
Il codice 7 individua suoli non agricoli che presentano limitazioni severissime, tali da mostrare difficoltà
anche per l'uso silvo pastorale.
La sottoclasse e sta a indicare la presenza di pendenze comprese tra il 45% e il 100% con forti possibilità di
fenomeni erosivi.
Capacità di protezione dei suoli nei confronti delle acque profonde
Il suolo protegge dall'inquinamento l'ambiente, il sistema delle acque profonde, il sistema delle acque
superficiali nonché le catene alimentari, agendo con funzione di filtro e di tampone e favorendo le
trasformazioni biochimiche.
La capacità di protezione del suolo verso le acque profonde esprime la capacità che esprimo i diversi suoli
nel controllare il trasporto degli inquinanti idrosolubili in profondità, portati attraverso le acque di percolazione
verso le risorse idriche sottosuperficiali.
Le precipitazioni e, soprattutto, l'irrigazione sono considerate le cause principali di lisciviazione dei prodotti
fitosanitari e dei loro metaboliti attraverso il suolo, la valutazione della capacità protettiva dei suoli assume
pertanto una rilevanza particolare in tutte e aree in cui vengono utilizzate tecniche irrigue a forte consumo di
acqua.
L'interpretazione proposta esprime la potenziale capacità del suolo di trattenere i fitofarmaci entro i limiti
dello spessore interessato dagli apparati radicali delle piante e per un tempo sufficiente a permetterne la
degradazione; non è invece riferita a specifici antiparassitari o a famiglie di prodotti fitosanitari.
Le proprietà pedologiche prese in considerazione nel modello interpretativo, correlate con la capacità di
attenuazione e con il comportamento idrologico del suolo, sono la permeabilità, la profondità della falda, la
granulometria, le proprietà chimiche (pH, CSC).
Il modello prevede la ripartizione dei suoli in tre classi di capacità protettiva nei confronti delle acque
profonde: elevata, moderata e bassa.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Il territorio di Madone viene classificato come da cartografia seguente:
Fonte: Sistema Informativo Territoriale
Su territorio di Madone si constata una capacità di protezione dei suoli nei confronti delle acque profonde da
considerarsi elevata lungo la fascia orientale del comune, in corrispondenza della fascia di territorio che
connette Filago con Bonate Sotto e verso ovest, oltre il torrente Dordo, a confine con Suisio e Bottanuco; per
la superficie restante, definita in modo particolare nella fascia centrale del territorio comunale, la capacità di
protezione dei suoli nei confronti delle acque profonde risulta moderata e di conseguenza più facilmente
soggetta ad inquinamento delle falde.
Capacità di protezione dei suoli nei confronti delle acque superficiali
La capacità di protezione dei suoli nei confronti delle acque superficiali è complementare alla precedente ed
evidenzia la capacità che esprimono i suoli di controllare il trasporto di inquinanti con le acque di scorrimento
superficiale in direzione delle risorse idriche di superficie.
Gli inquinanti distribuiti sul suolo possono essere trasportati in soluzione oppure adsorbiti sulle particelle
solide contenute nelle acque che scorrono sulla superficie del suolo stesso.
Come nel caso della capacità di protezione dei suoli nei confronti delle acque profonde, anche per questa
interpretazione il Sistema Informativo Territoriale della Regione Lombardia definisce la ripartizione dei suoli
in tre classi a decrescente capacità protettiva.
Molto spesso il comportamento idrologico dei suoli è tale che a capacità protettive elevate nei confronti delle
acque superficiali corrispondono capacità protettive minori nei confronti delle acque profonde, e viceversa; è
infatti facilmente verificabile che suoli profondi, a giacitura pianeggiante, a granulometria equilibrata e dagli
orizzonti relativamente poco permeabili intorno al metro di profondità, abbiano contemporaneamente una
buona capacità di accettazione delle acque meteoriche ed irrigue ed una bassa infiltrabilità profonda.
Le proprietà pedologiche prese in considerazione nel modello interpretativo, correlate con la suscettività dei
suoli a determinare scorrimenti superficiali e fenomeni erosivi sono il gruppo idrologico, l’indice di runoff
superficiale, il rischio di inondabilità.
Nelle aree di pianura non alluvionabili, dove la pendenza è molto modesta o addirittura inesistente, la
capacità protettiva nei confronti delle acque superficiali è comunque prevalentemente correlata al tipo
idrologico dei suoli, che è una espressione sintetica delle modalità e dei tempi di deflusso delle acque di
origine meteorica o irrigua.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Il territorio di Madone viene classificato come da cartografia seguente:
Fonte: Sistema Informativo Territoriale
Su territorio di Madone si constata una capacità di protezione dei suoli nei confronti delle acque superficiali
tendenzialmente elevata nell’ampia fascia centrale al territorio comunale, per lo più corrispondente ai suoli
che manifestano minori capacità nei confronti delle acque profonde; lungo il settore est del territorio
comunale, a confine con Filago e Bonate Sotto, la capacità di protezione dei suoli nei confronti delle acque
superficiali risulta moderata, una condizione che si mantiene anche lungo il settore ovest del comune
unitamente ad alcune zone a capacità di protezione bassa.
In entrambi questi ultimi casi si constata la maggiore facilità di un potenziale inquinamento delle acque di
superficie.
Attitudine dei suoli allo spandimento agronomico dei liquami
I liquami vengono di norma distribuiti sui terreni per arricchirne la dotazione di sostanza organica, per
apportare elementi fertilizzanti e, nello stesso tempo, per risolvere il problema della loro collocazione.
Questa pratica, quando non sia condotta con le dovute attenzioni e nelle quantità ammesse, può risultare
dannosa sia per le acque di superficie che per quelle sotterranee.
Il problema viene rappresentato soprattutto dall'azoto, contenuto in forma ammoniacale nei liquami freschi
ma rapidamente trasformato in forma nitrica dalla flora batterica del suolo.
L'attitudine allo spandimento agronomico dei liquami viene giudicata in base a uno schema che tiene conto
di fattori stazionali (rischio d'inondazione, acclività, pietrosità) e di fattori pedologici (drenaggio, profondità
della falda, scheletro, tessitura, presenza di torba o di orizzonti molto permeabili).
I suoli sono considerati adatti allo spandimento quando le loro caratteristiche sono tali da permettere un
elevato immagazzinamento dei liquami, senza favorirne la perdita in superficie (scorrimento) e in profondità
(percolazione).
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
La scala di valori riportata dal Sistema Informativo Territoriale della Regione Lombardia, relativamente al
tema in oggetto, prevede le seguenti tipologie di suolo:
S1
Suoli Adatti
S2
Suoli Adatti con lievi limitazioni
S3
Suoli Adatti con moderate limitazioni
N
Suoli Non Adatti
A seconda del grado di attitudine del suolo, potrà essere consigliata la distribuzione di quantitativi diversi di
liquame o l'adozione di crescenti attenzioni nella loro gestione; nei suoli considerati non adatti deve esserne
sconsigliata la distribuzione.
Nel territorio di Madone è possibile constatare che i suoli sono sempre adatti allo spandimento agronomico
dei liquami zootecnici; tuttavia, per ampie fasce trasversali in senso nord-sud il territorio agricolo comunale,
sono presenti caratterizzazioni tali da determinare lievi limitazioni allo spandimento, legate
fondamentalmente alla tessitura del suolo.
Il territorio di Madone viene classificato come da cartografia seguente:
Fonte: Sistema Informativo Territoriale
Nel territorio di Madone è possibile constatare che i suoli risultano adatti allo spandimento dei liquami nella
fascia centrale del territorio comunale; sia nel settore orientale che nel settore occidentale del territorio
comunale sono al contrario presenti caratterizzazioni tali da determinare lievi limitazioni allo spandimento,
per le quali si richiedono attenzioni specifiche.
Attitudine dei suoli allo spandimento agronomico dei fanghi di depurazione urbana
I fanghi di depurazione urbana costituiscono il residuo estratto dai bacini di sedimentazione degli impianti
che trattano acque reflue provenienti da insediamenti civili e ad essi assimilabili; il loro riutilizzo in
agricoltura, se correttamente attuato come pratica di recupero del valore fertilizzante, in termini di
concimazione e di ammendamento del terreno, consente di alleggerire i problemi ambientali e gli oneri dello
smaltimento in discariche controllate, ottenendo nel contempo un risparmio nell'uso dei concimi di sintesi.
L'utilizzo agricolo dei fanghi è regolamentato dal decreto legislativo n. 99, del 27 gennaio 1992, emanato in
recepimento della direttiva CEE 278/86, il quale si propone il duplice fine di evitare effetti nocivi sul suolo,
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
sulla vegetazione e sugli animali, e contemporaneamente di incoraggiare la pratica dello spandimento sul
suolo agricolo.
La disciplina relativa alla distribuzione su suolo agricolo dei fanghi di depurazione urbana avviene tramite il
controllo incrociato tra le caratteristiche degli stessi fanghi e quelle dei suoli, accertando l'apporto degli
elementi inquinanti (essenzialmente metalli pesanti) contenuti nei fanghi e imponendo dei limiti di
concentrazione massima di tali inquinanti nel suolo.
L’attitudine dei suoli allo spandimento dei fanghi vuole fornire una valutazione orientativa sul grado di
idoneità del suolo a consentire l'utilizzo razionale dei fanghi con il minimo rischio per le piante, gli animali e
l'uomo.
Tale interpretazione vale in senso generale e può perdere di significato in particolari condizioni applicative;
l'interpretazione va quindi intesa essenzialmente come un contributo di conoscenza sui suoli, ad esempio,
nel programmare controlli o analisi ambientali o nel predisporre complessivi piani di gestione della fertilità
nelle aziende agricole.
Per la classificazione dei suoli vengono utilizzate le seguenti quattro classi attitudinali:
S1
Suoli Adatti
S2
Suoli Adatti con lievi limitazioni
S3
Suoli Adatti con moderate limitazioni
N
Suoli Non Adatti
Il territorio di Madone viene classificato come da cartografia seguente:
Fonte: Sistema Informativo Territoriale
Nel territorio di Madone è possibile constatare che i suoli non sono sempre adatti allo spandimento dei
fanghi di depurazione urbana, manifestando suoli non adatti, suoli privi di limitazioni, suoli dotati di
caratterizzazioni tali da determinare lievi o moderate limitazioni allo spandimento, per le quali si richiedono
attenzioni specifiche.
Valenza naturalistica delle aree agricole
Si tratta di una interpretazione che propone la valutazione dell'interesse scientifico e della singolarità che le
risorse pedologiche regionali manifestano dal punto di vista naturalistico; i suoli sono testimonianza diretta
delle relazioni esistenti tra pedosfera e sistema delle acque ed hanno avuto una importanza determinante
nell'evoluzione degli ecosistemi e dello stesso paesaggio della pianura padana.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
L’attenzione attuale verso gli aspetti culturali e ricreativi espressi dal paesaggio coltivato ha fatto crescere in
questi anni la sensibilità per i beni ambientali, anche per quelli, come il suolo, rimasti più a lungo confinati
nella sfera di interesse di pochi specialisti.
L'interpretazione del valore naturalistico dei suoli costituisce un riferimento utile per caratterizzare in modo
più completo i beni ambientali, integrando conoscenze pedologiche con conoscenze geomorfologiche,
naturalistiche, floristiche, paesaggistiche, geografiche, ecc. e per proporre strategie comuni finalizzate alla
loro valorizzazione e alla loro fruizione.
Fonte: Sistema Informativo Territoriale
Nel territorio di Madone è possibile constatare che i suoli, così come condotti allo stato attuale, manifestano
sulla maggior parte del territorio comunale condizioni di valore naturalistico da moderate a basse,
conservando condizioni di naturalità solamente in corrispondenza del settore occidentale del comune, in
corrispondenza del torrente Dordo.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Le caratteristiche pedologiche dei suoli agricoli
Il presente paragrafo approfondisce e completa la caratterizzazione delle caratteristiche pedologiche dei
terreni agricoli di Madone, analizzate sulla base delle informazioni contenute nella Carta Pedologica redatta
nel 1989 dall’ERSAL, Ente Regionale di Sviluppo Agricolo della Lombardia.
ERSAL, oggi incorporato nell’ERSAF (Ente Regionale di Sviluppo Agricolo e Forestale della Lombardia),
evidenzia ulteriori distinzioni, ascrivendo le diverse caratteristiche del suolo a precisi sistemi paesaggistici.
Tratto da ERSAL – Carta Pedologica: I suoli dell’Isola Bergamasca
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Tratto da ERSAL – Carta della Capacità d’uso dei suoli: I suoli dell’Isola Bergamasca
Settore Nord del territorio comunale
Unità Cartografica BON1-BRE1
Ambiente
Terrazzo fluvioglaciale recente o livello fondamentale della Pianura, ubicato prevalentemente nella parte
orientale dell’Isola delimitato da ripide scarpate boscate
Unità di paesaggio
Superficie modale, a morfologia pianeggiante del livello fondamentale della pianura, costituita da ghiaie e
ciottoli poco alterati di origine fluvioglaciale comunemente presenti in superficie, intensamente coltivata a
seminativo, con rari cedui di latifoglie, fortemente urbanizzata ed industrializzata.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Sottounità di paesaggio
Porzione centrale di livello fondamentale della pianura.
Descrizione del suolo
Gruppo indifferenziato di:
a) suoli profondi, talora moderatamente profondi, su substrato ciottoloso eterogeneo, con scheletro da
scarso a comune in superficie e da scarso ad abbondante in profondità, tessitura media in superficie e da
media a moderatamente fine in profondità, reazione acida in superficie e subacida in profondità, saturazione
bassa in superficie e da bassa ad alta in profondità, scarsamente calcarei a grande profondità, drenaggio
buono (talora mediocre o rapido).
b) suoli profondi, talora moderatamente profondi, con scheletro comune in superficie e frequente in
profondità, tessitura media in superficie e da media a moderatamente fine in profondità, reazione acida in
superficie e da subacida a neutra in profondità, (alcalina a grande profondità), saturazione bassa in
superficie e da media ad alta in profondità, drenaggio buono.
Capacità d’uso del suolo
E’ presente una sola tipologia di suolo ascrivibile alle Classi di capacità d’uso secondo la casistica seguente:
5 – Classe II, suoli con modeste limitazioni che richiedono un’opportuna scelta delle colture e/o moderate
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli con spessore non sempre ottimale e
bassa saturazione in basi
Settore Nord-Est del territorio comunale
Unità Cartografica VAL1
Ambiente
Terrazzo fluvioglaciale recente o livello fondamentale della Pianura, ubicato prevalentemente nella parte
orientale dell’Isola delimitato da ripide scarpate boscate
Unità di paesaggio
Superficie modale, a morfologia pianeggiante del livello fondamentale della pianura, costituita da ghiaie e
ciottoli poco alterati di origine fluvioglaciale comunemente presenti in superficie, intensamente coltivata a
seminativo, con rari cedui di latifoglie, fortemente urbanizzata ed industrializzata.
Sottounità di paesaggio
Aree prive di pietrosità superficiale, caratterizzate da drenaggio localmente difficoltoso.
Descrizione del suolo
Consociazione di suoli profondi su substrato ciottoloso calcareo, con scheletro da assente a scarso,
tessitura media in superficie e da moderatamente fine a fine in profondità, reazione subacida in superficie e
neutra in profondità, saturazione bassa in superficie e da alta a molto alta in profondità, drenaggio mediocre
(talora lento).
Capacità d’uso del suolo
E’ presente una sola tipologia di suolo ascrivibile alle Classi di capacità d’uso secondo la casistica seguente:
5 – Classe II, suoli con modeste limitazioni che richiedono un’opportuna scelta delle colture e/o moderate
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli con spessore non sempre ottimale e
bassa saturazione in basi
Settore Est del territorio comunale
Unità Cartografica BOS1-PLA1
Ambiente
Terrazzo fluvioglaciale recente o livello fondamentale della Pianura, ubicato prevalentemente nella parte
orientale dell’Isola delimitato da ripide scarpate boscate
Unità di paesaggio
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Superficie modale, a morfologia pianeggiante del livello fondamentale della pianura, costituita da ghiaie e
ciottoli poco alterati di origine fluvioglaciale comunemente presenti in superficie, intensamente coltivata a
seminativo, con rari cedui di latifoglie, fortemente urbanizzata ed industrializzata.
Sottounità di paesaggio
Fascia localizzata lungo il bordo orientale caratterizzata dalla presenza di boschi cedui di latifoglie alternati a
seminativi
Descrizione del suolo
Gruppo indifferenziato di:
a) suoli moderatamente profondi, su substrato ciottoloso eterogeneo, con scheletro generalmente frequente
in superficie ed abbondante in profondità, tessitura media in superficie e fine in profondità, reazione neutra in
superficie e subalcalina in profondità, da scarsamente calcarea in superficie a molto calcarea in profondità,
saturazione molto alta, drenaggio buono (talora rapido).
b) suoli moderatamente profondi, su substrato ciottoloso carbonatico, con scheletro generalmente comune in
superficie e generalmente frequente in profondità, tessitura media in superficie e fine in profondità, reazione
subacida in superficie e neutra in profondità, saturazione alta in superficie e molto alta in profondità,
drenaggio buono (talora rapido).
Capacità d’uso del suolo
E’ presente una sola tipologia di suolo ascrivibile alle Classi di capacità d’uso secondo la casistica seguente:
15 – Classe III, suoli con severe limitazioni tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli aventi moderato spessore (50 - 100)
Unità Cartografica DER2
Ambiente
Terrazzo fluvioglaciale recente o livello fondamentale della Pianura, ubicato prevalentemente nella parte
orientale dell’Isola delimitato da ripide scarpate boscate
Unità di paesaggio
Aree ubicate presso il fiume Brembo, a morfologia subpianeggiante, ribassate di pochi metri rispetto al livello
fondamentale della pianura, costituite alluvioni fluvioglaciali tardive ciottolose, con alternanza di boschi e
seminativi.
Sottounità di paesaggio
Non specificata
Descrizione del suolo
Consociazione di suoli moderatamente profondi, su substrato ciottoloso calcareo, con scheletro da comune
a frequente in superficie e da frequente ad abbondante in profondità, tessitura media in superficie e da
media a moderatamente fine in profondità, reazione da neutra a subalcalina in superficie e da neutra ad
alcalina in profondità, saturazione molto alta, calcarei a grande profondità, drenaggio da buono a rapido.
Capacità d’uso del suolo
E’ presente una sola tipologia di suolo ascrivibile alle Classi di capacità d’uso secondo la casistica seguente:
15 – Classe III, suoli con severe limitazioni tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli aventi moderato spessore (50 - 100)
Settore Sud del territorio comunale
Unità Cartografica MAS1
Ambiente
Terrazzo fluvioglaciale recente o livello fondamentale della Pianura, ubicato prevalentemente nella parte
orientale dell’Isola delimitato da ripide scarpate boscate
Unità di paesaggio
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Superficie modale, a morfologia pianeggiante del livello fondamentale della pianura, costituita da ghiaie e
ciottoli poco alterati di origine fluvioglaciale comunemente presenti in superficie, intensamente coltivata a
seminativo, con rari cedui di latifoglie, fortemente urbanizzata ed industrializzata.
Sottounità di paesaggio
Aree prive di pietrosità superficiale, caratterizzate da drenaggio localmente difficoltoso.
Descrizione del suolo
Consociazione di: suoli profondi su substrato ciottoloso eterogeneo, con scheletro da assente a scarso,
tessitura da media a moderatamente fine, reazione subacida in superficie e da neutra a subalcalina in
profondità, saturazione alta in superficie e molto alta in profondità, drenaggio mediocre (talora lento).
Capacità d’uso del suolo
Sono presenti diverse tipologie di suolo ascrivibili alle Classi di capacità d’uso secondo la casistica
seguente:
5 – Classe II, suoli con modeste limitazioni che richiedono un’opportuna scelta delle colture e/o moderate
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli con spessore non sempre ottimale e
bassa saturazione in basi
10 – Classe II, suoli con modeste limitazioni che richiedono un’opportuna scelta delle colture e/o moderate
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli con spessore non sempre ottimale
soggetti ad occasionali inondazioni.
17 – Classe III, suoli con severe limitazioni tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli con drenaggio interno mediocri.
20 – Classe III, suoli con severe limitazioni tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli aventi moderato spessore soggetti a
deboli processi erosivi.
23 – Classe III, suoli con severe limitazioni tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli aventi moderato spessore soggetti a
moderato rischio di inondazione.
26 – Classe IV, suoli con limitazioni molto severe, tali da ridurre drasticamente la scelta delle colture e da
richiedere accurate pratiche di coltivazione; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli aventi scarso
spessore (25 - 50).
Settore Ovest del territorio comunale
Unità Cartografica BON1-BRE1
Ambiente
Terrazzo fluvioglaciale recente o livello fondamentale della Pianura, ubicato prevalentemente nella parte
orientale dell’Isola delimitato da ripide scarpate boscate
Unità di paesaggio
Superficie modale, a morfologia pianeggiante del livello fondamentale della pianura, costituita da ghiaie e
ciottoli poco alterati di origine fluvioglaciale comunemente presenti in superficie, intensamente coltivata a
seminativo, con rari cedui di latifoglie, fortemente urbanizzata ed industrializzata.
Sottounità di paesaggio
Porzione centrale di livello fondamentale della pianura.
Descrizione del suolo
Gruppo indifferenziato di:
a) suoli profondi, talora moderatamente profondi, su substrato ciottoloso eterogeneo, con scheletro da
scarso a comune in superficie e da scarso ad abbondante in profondità, tessitura media in superficie e da
media a moderatamente fine in profondità, reazione acida in superficie e subacida in profondità, saturazione
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bassa in superficie e da bassa ad alta in profondità, scarsamente calcarei a grande profondità, drenaggio
buono (talora mediocre o rapido).
b) suoli profondi, talora moderatamente profondi, con scheletro comune in superficie e frequente in
profondità, tessitura media in superficie e da media a moderatamente fine in profondità, reazione acida in
superficie e da subacida a neutra in profondità, (alcalina a grande profondità), saturazione bassa in
superficie e da media ad alta in profondità, drenaggio buono.
Capacità d’uso del suolo
Sono presenti diverse tipologie di suolo ascrivibili alle Classi di capacità d’uso secondo la casistica
seguente:
10 – Classe II, suoli con modeste limitazioni che richiedono un’opportuna scelta delle colture e/o moderate
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli con spessore non sempre ottimale
soggetti ad occasionali inondazioni.
23 – Classe III, suoli con severe limitazioni tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli aventi moderato spessore soggetti a
moderato rischio di inondazione.
Unità Cartografica DOR2-ROD2
Ambiente
Terrazzo fluvioglaciale recente o livello fondamentale della Pianura, ubicato prevalentemente nella parte
orientale dell’Isola delimitato da ripide scarpate boscate
Unità di paesaggio
Depressioni del livello fondamentale, talora delimitate da orli di terrazzo, soggette ad occasionali
inondazioni, utilizzate a ceduo di latifoglie o coltivo.
Sottounità di paesaggio
Depressioni legate ai torrenti Dordo e Lesina.
Descrizione del suolo
Gruppo indifferenziato di:
a) suoli da moderatamente profondi a molto profondi, su substrato ciottoloso sciolto, con scheletro da
assente a scarso in superficie e da assente a comune (talora abbondante) in profondità, tessitura media
talora moderatamente fine in profondità, reazione acida in superficie e da subacida a neutra in profondità,
saturazione media in superficie ed alta in profondità, drenaggio buono (talora mediocre).
b) suoli da moderatamente profondi a molto profondi, su substrato ciottoloso sciolto, con scheletro da
assente a scarso in superficie e da assente ad abbondante in profondità, tessitura media talora
moderatamente grossolana o moderatamente fine in profondità, reazione acida in superficie e subacida in
profondità, saturazione media in superficie e molto alta in profondità, drenaggio buono (talora mediocre).
Capacità d’uso del suolo
Sono presenti diverse tipologie di suolo ascrivibili alle Classi di capacità d’uso secondo la casistica
seguente:
10 – Classe II, suoli con modeste limitazioni che richiedono un’opportuna scelta delle colture e/o moderate
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli con spessore non sempre ottimale
soggetti ad occasionali inondazioni.
23 – Classe III, suoli con severe limitazioni tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali
pratiche conservative; tale limitazione è dovuta alla presenza di suoli aventi moderato spessore soggetti a
moderato rischio di inondazione.
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L’attitudine dei suoli all’uso irriguo
Tratto da ERSAL – Carta dell’attitudine dei suoli all’uso irriguo: I suoli dell’Isola Bergamasca
Settore Nord del territorio comunale
Suoli arabili di 1° Classe
Territori molto idonei all’irrigazione in grado di fornire produzioni elevate a costi bassi con possibilità di scelta
tra un’ampia gamma di colture.
Queste aree hanno un’alta capacità di remunerazione degli investimenti
Suoli arabili di 2° Classe
Territori moderatamente idonei all’irrigazione dotati di una capacità produttiva inferiore rispetto alla prima
classe. Sono adatti ad un minor numero di colture e richiedono maggiori costi per l’irrigazione. Queste aree
hanno una capacità media di remunerazione degli investimenti
Suoli arabili di 3° Classe
Territori aventi un’attitudine marginale all’irrigazione presentando una idoneità inferiore rispetto alla seconda
classe a causa di maggiori limitazioni nel suolo, nella topografia e nel drenaggio. Queste aree presentano
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rischi di gestione più elevati rispetto alle classi precedenti ma, con appropriati interventi, possono avere
un’adeguata capacità di remunerazione degli investimenti
Settore Est del territorio comunale
Suoli arabili di 2° Classe
Territori moderatamente idonei all’irrigazione dotati di una capacità produttiva inferiore rispetto alla prima
classe. Sono adatti ad un minor numero di colture e richiedono maggiori costi per l’irrigazione. Queste aree
hanno una capacità media di remunerazione degli investimenti
Suoli arabili di 3° Classe
Territori aventi un’attitudine marginale all’irrigazione presentando una idoneità inferiore rispetto alla seconda
classe a causa di maggiori limitazioni nel suolo, nella topografia e nel drenaggio. Queste aree presentano
rischi di gestione più elevati rispetto alle classi precedenti ma, con appropriati interventi, possono avere
un’adeguata capacità di remunerazione degli investimenti
Settore Sud del territorio comunale
Suoli arabili di 2° Classe
Territori moderatamente idonei all’irrigazione dotati di una capacità produttiva inferiore rispetto alla prima
classe. Sono adatti ad un minor numero di colture e richiedono maggiori costi per l’irrigazione. Queste aree
hanno una capacità media di remunerazione degli investimenti
Suoli arabili di 2° Classe
Territori aventi un’attitudine marginale all’irrigazione presentando una idoneità inferiore rispetto alla seconda
classe a causa di maggiori limitazioni nel suolo, nella topografia e nel drenaggio. Queste aree presentano
rischi di gestione più elevati rispetto alle classi precedenti ma, con appropriati interventi, possono avere
un’adeguata capacità di remunerazione degli investimenti
Suoli non arabili di 6° Classe
Territori non arabili che non raggiungono i requisiti minimi per poter essere collocati nelle classi arabili e che
non danno sufficienti garanzie di remunerazione degli investimenti in regime irriguo.
Settore Ovest del territorio comunale
Suoli arabili di 1° Classe
Territori molto idonei all’irrigazione in grado di fornire produzioni elevate a costi bassi con possibilità di scelta
tra un’ampia gamma di colture.
Queste aree hanno un’alta capacità di remunerazione degli investimenti
Suoli non arabili di 6° Classe
Territori non arabili che non raggiungono i requisiti minimi per poter essere collocati nelle classi arabili e che
non danno sufficienti garanzie di remunerazione degli investimenti in regime irriguo.
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Dilavamento potenziale dei nitrati nei suoli
Tratto da ERSAL – Carta del dilavamento potenziale dei nitrati nei suoli: I suoli dell’Isola Bergamasca
Settore Nord del territorio comunale
Sono presenti diverse tipologie di suolo ascrivibili alle Classi di rischio di dilavamento dei nitrati secondo la
casistica seguente:
2 – Suoli che presentano basso rischio di dilavamento dei nitrati. La corretta esecuzione delle normali
pratiche di fertilizzazione azotata permette di evitare il dilavamento con un ragionevole margine di sicurezza,
purché si tenga conto del rischio costituito da periodi piovosi con precipitazioni intense ed abbondanti
ancorché non eccezionali.
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3 – Suoli che presentano un rischio moderato di dilavamento dei nitrati. Nell’impiego dei fertilizzanti azotati è
necessario attuare tutti gli accorgimenti finalizzati alla limitazione del dilavamento, soprattutto in previsione
dei periodi di maggior piovosità.
Settore Est del territorio comunale
E’ presente una sola tipologia di suolo ascrivibile alle Classi di rischio di dilavamento dei nitrati secondo la
casistica seguente:
2 – Suoli che presentano basso rischio di dilavamento dei nitrati. La corretta esecuzione delle normali
pratiche di fertilizzazione azotata permette di evitare il dilavamento con un ragionevole margine di
sicurezza, purché si tenga conto del rischio costituito da periodi piovosi con precipitazioni intense ed
abbondanti ancorché non eccezionali.
Settore Sud del territorio comunale
Sono presenti diverse tipologie di suolo ascrivibili alle Classi di rischio di dilavamento dei nitrati secondo la
casistica seguente:
1 – Suoli in cui il rischio di dilavamento dei nitrati è nullo o molto scarso, legato, in quest’ultimo caso, al
verificarsi di eventi piovosi eccezionali. La corretta esecuzione delle normali pratiche di fertilizzazione
azotata consente un ampio margine di sicurezza nei confronti del dilavamento.
3 – Suoli che presentano un rischio moderato di dilavamento dei nitrati. Nell’impiego dei fertilizzanti azotati è
necessario attuare tutti gli accorgimenti finalizzati alla limitazione del dilavamento, soprattutto in previsione
dei periodi di maggior piovosità.
4 – Suoli in cui è sempre elevato il rischio di dilavamento dei nitrati. E’ sempre necessario impiegare i
fertilizzanti azotati attuando tutti gli accorgimenti possibili per evitare il dilavamento.
Settore Ovest del territorio comunale
Sono presenti diverse tipologie di suolo ascrivibili alle Classi di rischio di dilavamento dei nitrati secondo la
casistica seguente:
2 – Suoli che presentano basso rischio di dilavamento dei nitrati. La corretta esecuzione delle normali
pratiche di fertilizzazione azotata permette di evitare il dilavamento con un ragionevole margine di
sicurezza, purché si tenga conto del rischio costituito da periodi piovosi con precipitazioni intense ed
abbondanti ancorché non eccezionali.
3 – Suoli che presentano un rischio moderato di dilavamento dei nitrati. Nell’impiego dei fertilizzanti azotati è
necessario attuare tutti gli accorgimenti finalizzati alla limitazione del dilavamento, soprattutto in previsione
dei periodi di maggior piovosità.
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2.3.1.3 Le aree a vegetazione seminaturale
Le aree a vegetazione naturali superstiti all’interno del territorio comunale di Madone sono concentrate in
maniera particolare lungo il corso del torrente Dordo, nel settore ovest del comune, e lungo la roggia
Masnada, sul confine orientale.
Nel contesto di sviluppo urbano, industriale, agricolo e infrastrutturale di Madone, si sono conservati lembi di
natura che, seppur fortemente manomessi dall’uomo e compromessi dalle crescenti pressioni antropiche,
conservano discreti requisiti di naturalità garantendo buone prospettive per la creazione di reti ecologiche
interconnesse tra loro.
La vegetazione attuale è il risultato della pressione antropica esercitata sul territorio, in relazione alla
moderna agricoltura meccanizzata che ha determinato il taglio delle fasce verdi e delle siepi perimetrali
interpoderali. Questi fattori hanno alterato l’ambiente preesistente, hanno rarefatto la presenza di specie
autoctone ed hanno favorito la diffusione di infestanti ed esotiche quali rovo, ailanto, robinia, ecc..
A causa dalla periodica manomissione dei suoli, l’area di sviluppo della vegetazione spontanea risulta
ristretta a sottili strisce di territorio adiacenti i corsi d’acqua ed è minacciata abbondantemente dalla crescita
di vegetazione alloctona.
Il torrente Dordo
Il torrente Dordo nasce presso il monte Ghignoletti, a nord di Pontida, e confluisce nel Brembo a sud della
località Marne di Filago. Attraversa il territorio di Madone ad ovest del centro urbano con andamento nordsud.
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Lo studio della vegetazione evidenzia con immediatezza una situazione floristicamente povera e di scarso
significato naturalistico, dove lo stato di abbandono generalizzato ha determinato l’affermazione diffusa di
una flora di sostituzione di origine antropogena, ben lontana dallo stadio climax.
Nonostante questo, il torrente Dordo costituisce l’unico corridoio verde di una certa valenza presente nella
zona di Madone, nonché uno dei pochi corsi d’acqua in cui è consentito lo scarico delle acque delle attività
industriali e dei reflui civili.
Sebbene gli scarichi risultino a norma, è opportuno segnalare un elevato grado di inquinamento dell’acqua
cui consegue una diffusa situazione di degrado; la massiccia presenza di roditori, talpe e soprattutto topi, per
fare un esempio, è in grado di minare la stabilità e la compattezza delle sponde, solcate da tane e gallerie
tanto fittamente da avere il terreno spesso cedevole.
Un ulteriore elemento di degrado, forse non direttamente legato al corpo idrico ma indubbiamente
determinante ai fini della fruizione al pubblico dell’area, è rappresentato dalla presenza di sgradevoli odori
caratteristici di varie sostanze chimiche e farmaceutiche, rilevata a diverse ore del giorno in prossimità della
zona maggiormente industrializzata.
Una superficiale ispezione della condizione delle acque del torrente Dordo ha consentito di rilevare alcune
prove di contaminazione; i cattivi odori emanati dal torrente in alcuni punti e la occasionale evidenza di strati
di schiuma portano ad ipotizzare la presenza di sostanze xenobiotiche disciolte nelle acque; un primo passo
essenziale per la riqualificazione del torrente dovrebbe passare proprio attraverso l'individuazione e la
rimozione delle cause di deterioramento.
Benché le diverse tipologie vegetazionali individuate siano influenzate da caratteri ecologici stazionali
specifici, esse rientrano comunque in una casistica legata al pregresso utilizzo delle superfici boschive
interessate; la ripetuta asportazione degli esemplari migliori, la ceduazione delle specie di taglia più modesta
e di minor pregio, le periodiche ripuliture, hanno destrutturato ciò che è rimasto degli antichi boschi e anche
l'articolazione in più strati è oggi spesso mascherata dal fatto che le specie arboree di taglia secondaria
competono con quelle di taglia superiore, cui non è più consentito di esprimere le potenzialità.
Oltre a ciò, la messa a coltura dei terreni circostanti il torrente sino al limite estremo della scarpata ha
comportato la progressiva sottrazione di superficie a vegetazione naturale con alterazione generalizzata
della composizione floristica originaria, una situazione che ha portato nel complesso ad una notevole
riduzione della diversità biologica.
In seguito a tali modificazioni si è assistito alla progressiva introduzione e all’affermazione di specie invasive
ed alloctone, per cui a parte pochi residui con presenza di vegetazione seminaturale si rinvengono in
generale popolamenti di scarso valore floristico e vegetazionale, caratterizzati da un valore ecologico
complessivo non elevato.
Lungo tutto il tratto indagato del torrente Dordo si individua nella robinia la specie arborea di insediamento
spontaneo certamente più diffusa, dominante in senso fisionomico la maggior parte delle aree boscate;
attualmente presente ovunque, sui margini, lungo le campagne, negli incolti e internamente alle boscaglie, il
bosco di robinia rappresenta certamente la formazione che maggiormente caratterizza il corso del torrente,
sia in senso strutturale che in senso floristico.
Pur manifestando un interesse produttivo, peraltro limitato, si tratta di formazioni di scarso interesse
naturalistico, non idonee all’assolvimento di funzioni ecologiche di conservazione della natura.
Le boscaglie di robinia individuate localmente possono differenziarsi tra loro sulla base di elementi strutturali,
floristici e dinamici legati allo stato di degrado evidenziato.
• Boscaglie abbandonate
Rappresentano lo stato maggiormente avanzato del degrado floristico e vegetazionale rilevabile a livello
locale, presentando conseguentemente il minor grado di naturalità.
A differenza dei consorzi boschivi propriamente “naturali”, caratterizzati dalla stratificazione della
vegetazione e da una composizione polispecifica, i boschi sottoposti a ceduazione presentano un
soprassuolo coetaneiforme o comunque monostratificato, più raramente disetaneiforme a più strati.
In questa fascia si riscontra nello strato altoarbustivo la abbondante presenta di rinnovazione spontanea a
determinare la formazione di piante esili, filate, adugiate e sottomesse per mancanza di spazi liberi,
compromesse sotto il profilo forestale.
Si tratta di formazioni climaciche di tipo secondario di natura antropogena, dove solo la presenza di
Sambucus nigra ricorda le associazioni originarie.
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• Boschi a ceduazione controllata
Di maggior pregio, pur rimanendo nell’ambito di una flora arborea di sostituzione, sono alcuni tratti di
robinieto generalmente privi dello strato arbustivo, o comunque tenuto controllato, caratterizzati da una flora
erbacea al suolo tipica dei prati grassi e dei boschi di latifoglie autoctone.
Se ne determina l’affermazione in seguito ad azioni colturali forestali per le quali si elimina con regolarità lo
strato arbustivo, rendendo possibile lo sviluppo vigoroso dello strato erbaceo, a sua volta regolarmente
sfalciato.
Pur rimanendo molto lontano dall’evoluzione delle cenosi boschive naturali, le buone condizioni edafiche e la
composizione floristica del sottobosco determinano la definizione di un buon grado di naturalità.
• Boschi a minor livello di degrado
Si tratta sostanzialmente dei robinieti in fase evolutiva verso i boschi di latifoglie autoctone, dinamicamente e
floristicamente spostati verso la composizione delle cenosi naturali.
Si presenta il caso tipico del bosco antropizzato che recupera le sue valenze ecologiche con una graduale
conversione spontanea al bosco originario.
Lo strato arbustivo risulta essere nella generalità dei casi decisamente dominato dal rovo (Rubus spp.),
ampiamente diffuso in ampie zone a formare una vegetazione fitta e intricata, in alcuni casi di notevoli
dimensioni.
Il rovo risulta particolarmente sviluppato sui margini più esposti alla luce, dove è accompagnato da una flora
erbacea frequentemente di natura sinantropica; si tratta di situazioni presenti nelle zone a più alto disturbo
antropico, in corrispondenza di fattori di degrado persistenti, come tagli incontrollati che impediscono
l’evoluzione verso cenosi più naturali.
Non è corretto pensare che le formazioni a rovo abbiano sempre connotazioni negative, manifestando al
contrario notevoli qualità ecologiche; tuttavia proprio la capacità di colonizzare i terreni abbandonati
unitamente allo scarso valore estetico che possiede ne fanno una specie indesiderata e segnale di
noncuranza o di vero e proprio degrado.
Mantenendosi sempre dominante il bosco fitto di robinia è tuttavia interessante segnalare come lungo tutto il
tratto indagato compaiano di volta in volta all’interno del bosco ceduo alcune tra le specie autoctone
originarie, caratteristiche delle peculiari condizioni stazionali definite da singoli brevi tratti.
In particolare il biancospino (Crataegus monogyna) ricorre frequentemente, seppur senza formare mai
macchie estese, anche con esemplari adulti importanti; la stessa cosa si può dire del sambuco nero
(Sambucus nigra), generalmente associato ad un concetto di degrado vegetazionale, in realtà capace di
sopportare condizioni stazionali difficili che tenderebbero ad escluderlo dal quadro floristico di sostituzione.
In maniera episodica ma ripetuta è stata rilevata la presenza di numerose specie arboree: nelle stazioni a
terreno profondo e fresco si assiste all’affermazione di quercia farnia (Quercus robur), olmo campestre
(Ulmus campestris), carpino bianco (Carpinus betulus), pioppo bianco (Populus alba), mentre in condizioni di
maggior drenaggio si rilevano ciliegio selvatico (Prunus avium) e frassino orniello (Fraxinus ornus).
Il corteggio arbustivo, oltre a biancospino e sambuco nero, manifesta la presenza delle specie originarie
propriamente mesofile, come fusaggine (Euonymus europaeus), sanguinello (Cornus sanguinea), nocciolo
(Corylus avellana), e delle specie più tendenzialmente termofile, presenti nelle stazione a maggiore
insolazione, come corniolo (Cornus mas) e Rosa canina.
A terra è presente la flora erbacea propria delle formazioni locali del querco-carpineto, caratterizzata in
particolare dalle specie a fioritura primaverile: Primula veris, Leucojum vernum, Scilla bifolia, Anemone
nemorosa, Helleborus viridis.
Dall’analisi effettuata sulla componente vegetazione si possono trarre alcune considerazioni, riportate in
modo schematico:
•
•
•
•
la vegetazione dell’area di intervento si rivela in pochi residui lembi seminaturale, vagamente
prossima dallo stadio climax; lungo il corso del torrente Dordo si rinvengono in generale popolamenti
di scarso valore floristico e vegetazionale, caratterizzati da un valore ecologico complessivo non
elevato;
le principali modificazioni riscontrabili nella vegetazione sono la progressiva sottrazione di superficie
a vegetazione naturale e l’alterazione della composizione floristica in relazione alla modificazione
delle caratteristiche ecologiche per le forti alterazioni derivanti dalla pressione antropica;
in seguito a tali modificazioni si è assistito alla progressiva introduzione e all’affermazione di specie
invasive ed alloctone, che hanno successivamente condotto ad una costante e notevole riduzione
della diversità biologica;
su tutto il territorio esaminato non si ravvisano situazioni impegnate da latifoglie autoctone
sufficientemente estese da permettere la strutturazione di cenosi forestali naturali, né sono stati
rilevati popolamenti di specie rare o di particolare rilievo vegetazionali;
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•
la rinaturalizzazione del torrente Dordo parte da una condizione di base difficile, caratterizzata da
una situazione globale mediocre; si presentano tuttavia delle situazioni floristiche favorevoli che
lasciano intravedere la possibilità di una rapida affermazione di tutte le specie autoctone locali.
Orti
Si tratta di colture industriali specializzate riferibili prevalentemente a prodotti orticoli e frutticoli coltivati in
tunnel o in pieno campo.
Aree incolte
Sono così definite le aree verdi che hanno origine direttamente dall’azione dell’uomo e comprende la
vegetazione dei tappeti erbosi dei giardini e delle aiuole, la vegetazione degli ambienti ruderali e dei bordi
strada, la vegetazione dei luoghi calpestati.
La vegetazione sinantropica è caratteristica dei suoli manipolati, manomessi da interventi antropici che ne
hanno snaturato le proprietà ecologiche originarie; è rappresentata da consorzi di erbe ruderali e
semiruderali, tipiche delle aree abbandonate, dei suoli calpestati e dei margini stradali, non raramente
sfruttati per lo scarico di pietrame o di calcinacci.
In questi ambienti si constata generalmente un elevato grado di costipamento del suolo; la scarsa
circolazione di aria conduce alla selezione di specie dalle elevate capacità di adattamento a situazioni
estreme, poco esigenti di acqua e di ossigeno o dotate di apparato radicale fortemente fittonante.
Sui suoli incolti e manomessi e nelle aree rurali abbandonate, dove lo strato fertile risulta essere molto
sottile, si afferma una flora erbacea adattata alle condizioni più difficili; si evidenzia in particolare il diffondersi
di specie erbacee provenienti da ambiti vegetazionali differenti, compreso materiale esotico particolarmente
aggressivo che si insedia preferibilmente su suoli abbandonati oppure su terreni mossi o di riporto lasciati
inutilizzati.
I macereti in particolare vengono presto colonizzati dalle specie più rustiche, spiccatamente pioniere.
Tipiche dei terreni costipati e dei luoghi calpestati sono Plantago major, Portulaca oleracea, Amaranthus
deflexus e le graminacee Poa annua, Agropyron repens e Digitaria sanguinalis.
Nelle aree abbandonate, su suoli più ricchi di nutrienti, si sviluppano Lactuca serriola, Rumex acetosa,
Rumex obtusifolius, Artemisia vulgaris, Melilotus albus, Verbascum phlomoides.
Nelle zone dotate di buona presenza di sostanza organica vediamo comparire specie dalle maggiori
esigenze nutritive, come Amaranthus retroflexus, Chenopodium album, Urtica dioica, Taraxacum officinale.
Lungo le carrarecce campestri e ai margini dei campi coltivati sopravvivono Erigeron annuus, Xantium
odoratum, Hypericum perforatum, Daucus carota, Cycorium intybus, Centaurea nigrescens, Malva sylvestris.
Sui suoli ruderali particolarmente asciutti e poveri si sviluppano specie xerofile come Euphorbia cyparissias,
Linaria vulgaris, Galinsoga parviflora.
La presenza di queste specie sinantropiche e pioniere può essere considerata come preparatoria
all’insediamento di specie proprie di associazioni via via più evolute che possono condurre nelle fasi
successive all’affermazione di specie arbustive xerofile o termofile.
C’è da pensare che, non sussistendo ripetute azioni condizionatrici il suolo, sia ammissibile un lento e
costante accumulo di sostanze organiche nel terreno che conduce ad una graduale ricostituzione di humus.
Ambienti di questo tipo, benché poco gradevoli visivamente, devono essere considerati particolarmente
interessanti sotto il profilo ecologico poiché vi si può insediare una vita vegetale e animale anche vigorosa.
Aree a verde pubblico, aree a verde sportivo, aree a verde attrezzato
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Si tratta dell’insieme dei suoli urbani destinati ad una fruizione collettiva di tipo ricreativo o sportivo, dove
esistano piantagioni di alberi ed arbusti, prati e aiuole fiorite, realizzati e mantenuti dall’amministrazione
pubblica.
All’interno delle aree verdi urbane la dimensione non sempre esplica funzioni ecologiche importanti,
assumendo come primo obiettivo alcuni significati sociali e culturali legati alla funzione di ricreazione e di
aggregazione che sono in grado di assolvere.
Il beneficio può essere goduto dalla totalità dei cittadini, indipendentemente dalla fruizione diretta che può
avvenire e derivanti dalle attività fisico-motorie dello sport, del gioco o del tempo libero; il beneficio delle aree
verdi urbane può anche essere di tipo “passivo”, determinato dal miglioramento estetico dell’ambiente
urbano nonché dalle fruizioni di tipo ecologico, legate alla depurazione chimica dell’atmosfera, alla fissazione
dei gas tossici e delle polveri, all’emissione di vapore acqueo, alla capacità di essere schermo antirumore.
2.3.2
Sistema urbano
L’uso del suolo per il sistema urbano viene definito dalla seguente casistica:
Uso del suolo
residenziale
res/comm
produttivo
commerciale
centro storico
archeologia industriale
attrezzatura pubblica
culto
discarica
rurale
Totale
Superficie mq
441.255,58
12.283,86
565.434,47
27.413,17
48.606,66
18.332,81
18.357,09
9.928,89
44.362,53
11.264,58
1.197.239,64
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2.3.2.1 Il centro storico
L’attuale delimitazione del centro storico lascia ancora leggibile la fisionomia dei due nuclei che
componevano originariamente l’abitato di Madone, definiti nella cartografia del catasto lombardo veneto
(1853) come Madone di Sopra e Madone di Sotto.
Le tipologie costruttive rivelano l’origine rurale: gli edifici a corte si distribuiscono lungo i percorsi stradali,
formando cortine continue, piuttosto regolari negli allineamenti di gronda e nel ritmo delle aperture.
Alcuni edifici sono stati oggetto d’interventi di recupero.
2.3.2.2 Le aree residenziali
Le aree residenziali di prima espansione si distribuiscono a corona attorno ai due nuclei storici. L’edificato
più recente ha occupato il settore sud est del territorio comunale, lungo la direttrice per Filago.
Le tipologie prevalenti sono palazzine multipiano e ville unifamiliari.
L’edilizia degli ultimi anni è caratterizzata da tipologia a villette a schiera, con caratteri architettonici che
vengono riproposti in serie per tutti gli edifici appartenenti alle stesse lottizzazioni.
2.3.2.3 Le aree commerciali e industriali
Le aree commerciali si concentrano prevalentemente lungo la via che attraverso il centro urbano.
Le aree industriale si collocano nei margini estremi del territorio di Madone: a ovest sorge un complesso
industriale, che comprende un sito annoverato tra quelli a elevato rischio d’incidente; la seconda area
industriale sorge a nord est e comprende attività prevalentemente artigianali.
2.3.2.4 Le aree dei servizi e delle attrezzature pubbliche
I servizi d’interesse pubblico si collocano prevalentemente nell’area centrale, a ridosso del centro storico.
2.3.2.5 I beni architettonici
La Fornace
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Costruita a metà degli anni ’80 dell’Ottocento dal possidente locale Gaspare Zineroni, la fornace fu il primo
impianto industriale della zona di Madone. Inserito in un contesto agricolo tecnologicamente arretrato,
questo moderno insediamento contribuì ad elevare la concezione tecnologica della produzione dei laterizi,
attività peraltro già presente da secoli a Madone.
La forza produttiva di questa fornace s’impose subito, diventando, nel 1891, la seconda a livello provinciale
ed esportando i propri prodotti nei paesi dell’Isola, della bergamasca e della vicina area milanese.
Dopo la seconda guerra, la difficoltà di reperimento dell’argilla e considerata la vicinanza della fornace di
Trezzo sull’Adda (dello stesso proprietario che rilevò la fabbrica agli Zineroni) indusse, nel 1950, alla
cessazione dell’attività produttiva e all’abbandono della fabbrica.
Il complesso, oggi in completo stato di abbandono costituisce un significativo esempio di archeologia
industriale, una testimonianza del passato da conservare e valorizzare. Recentemente, la tromba d’aria
dell’agosto 2007 ha determinato il crollo della ciminiera già in condizione pericolante.
La chiesa parrocchiale di San Giovanni
Opera dell’ing. Luigi Angelini è l’esempio più significativo di edificio costruito totalmente con i mattoni della
fornace di Madone.
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La chiesa di San Pantaleone
La chiesa presenta un impianto planimetrico semplice con orientamento dell’altare a est.
La facciata a capanna è caratterizzata da un portale centrale in arenaria sormontato da affresco e da un
rosone circolare. Ai lati del portale si aprono due monofore. Accanto alla facciata si eleva un piccolo
campanile risalente al XVIII secolo.
All’interno è possibile leggere, nella struttura attuale, la scansione dei successivi ampliamenti, con la
cappella
originaria,
oggi
cripta,
quella
dovuta
all’ampliamento successivo e l’ultimo allungamento nella
campata allargata.
La tradizione popolare vuole che la cripta sotterranea
risalga ai primi secoli del Cristianesimo, mentre la parte
soprastante sia stata realizzata in un secondo tempo. In
realtà da indagini accurate risulta che i due spazi
sarebbero parte di un’unica costruzione risalente al
periodo medievale, che subì poi in epoche successive,
diversi ampliamenti.
Nel 1975 la chiesetta è stato oggetto di un pesante
intervento di restauro che ha portato alla demolizione della
3
casa del romito che congiungeva la chiesa al campanile e
lo sradicamento di sette platani che crescevano davanti
all’ingresso.
La chiesa di S. Vincenzo Ferreri
Fu la famiglia dei nobili Zineroni che nel Settecento decisero di erigere entro il proprio palazzo di Madone,
residenza estiva della famiglia, un oratorio in onore del santo. La costruzione di piccole chiese private era un
modo tangibile per le famiglie benestanti per manifestare il loro sentimento religioso, ma soprattutto questa
costosa forma devozionale voleva essere anche il simbolo dello status sociale delle famiglie
economicamente più potenti.
L’attuale chiesa di S. Vincenzo collocata nella zona che anticamente era chiamata “contrada di Madone di
Sopra” non è quella originaria. Sembra che la chiesa originaria fosse in precedenza un locale già esistente o
perlomeno uno spazio che il nobile Zineroni fece adattare allo scopo. Dalla descrizione ricavata da alcuni
documenti dell’epoca, pare che questo locale fosse quello adiacente al lato destro dell’attuale chiesa.
Nel 1873 la famiglia Zineroni ottenne dalla Curia il permesso per la costruzione di un nuovo oratorio. Il nuovo
edificio fu concepito per una discreta capienza e con un leggero stile barocco.
3
I romiti erano persone che, per scelta quasi monastica di una loro particolare espressione religiosa, o magari perché trovavano più
semplice questa modalità di sussistenza, trascorrevano la loro vita da soli e a volte con la propria famiglia, ad accudire il piccolo luogo
di culto a loro affidato.
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2.3.3
Sistema delle infrastrutture
Il sistema infrastrutturale principale del comune di Madone è impostato sulla viabilità storica che attraversa il
territorio dell’Isola Bergamasca e collega i diversi comuni.
Contestualmente al verificarsi di urbanizzazioni produttive al confine ovest e residenziali a ovest del centro
abitato (dagli anni ’80 ad oggi), sono stati completati dei raccordi stradali che consentono ai mezzi pesanti di
bypassare il centro storico ma, restando interni alle aree edificate, determinano una maggiore diffusione del
traffico veicolare con evidenti effetti di disturbo e criticità legate alla sicurezza stradale.
La recente realizzazione di rotatorie in corrispondenza delle intersezioni tra la viabilità provinciale e
comunale, ha sicuramente fluidificato lo scorrimento dei flussi, ma resta evidente l’inadeguatezza della rete
stradale realizzata con standards di tipo urbano, quindi totalmente priva di separazioni funzionali al transito
ciclabile, interessata da frequenti accessi carrali, intersezioni con strade di quartiere e attraversamenti
pedonali.
In corrispondenza del centro storico, con un fronte edificato in aderenza o ravvicinato, la strada provinciale si
restringe determinando un evidente conflitto tra il mezzo in transito e lo spazio pedonale, causando
situazioni di scarsa sicurezza stradale.
Nelle aree di quartiere a esclusiva funzione abitativa non sono presenti zone ambientali e/o zone 30 in cui si
possa garantire spazi in sicurezza su strada o limitazioni della velocità.
La S.P. 155, che attraversa da nord a sud il territorio comunale, è fonte principale di traffico veicolare intenso
di attraversamento. Essendo l’unica arteria sul lato est dell’Isola Bergamasca è gravata da mezzi pesanti;
particolare rilievo riveste il flusso generato dal polo logistico della Soc. Sanpellegrino, situata a nord
dell’abitato di Madone.
Va segnalata l’assenza di percorsi e piste ciclabili sia lungo le strade provinciali (sistema a rete) sia lungo le
vie di quartiere a collegamento degli spazi pubblici (sistema locale).
Si riporta inoltre la tavola del PTCP E 3. I. Quadro integrato delle reti e dei sistemi, in cui si individua, per il
territorio in esame la:
Rete stradale:
Dorsale dell’Isola: il tracciato in direzione N-S parte da Terno d’Isola (intersezione con la SP 166 e raccordo
con l’Asse interurbano) e costeggiando l’abitato di Chignolo si raccorda alla SP 155 e alla SP 183 nei pressi
di Filago
Rete ferroviaria:
previsione di realizzazione de lraccordo ferroviario merci dell’Isola, ad un unico binario, finalizzato al
trasporto merci al servizio degli insediamenti industriali della zona.
Rete ciclovie:
direttrice di mobilità principale Area Isola
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2.3.4
Sistema dei servizi
Il sistema dei servizi del comune si può pensare articolato in 2 poli, distinti funzionalmente e
geograficamente:
1. il polo del tempo libero, per le attività ricreative e sportive nella parte est del territorio comunale,
costituito dal centro sportivo, che comprende il palazzetto dello sport e un’ampia area verde.
2. il polo con funzione “socio-culturale”, nel centro storico, che comprende il plesso scolastico (scuola
materna, elementare, media, con annessa palestra/auditorium e la biblioteca) l’oratorio e la chiesa
parrocchiale; presso gli edifici scolastici hanno sede anche la biblioteca comunale e la mensa.
Sono inoltre presenti: un ambulatorio medico, il Centro di Aggregazione Giovanile, che ha sede nella ex sala
civica, il Centro anziani, il centro di raccolta rifiuti, localizzato a margine della discarica, nell’angolo sud ovest
del territorio comunale, l’ufficio postale, una farmacia privata e dei mini alloggi di proprietà comunale.
Il cimitero occupa un’area di circa 6.000 mq nelle vicinanze del centro sportivo
Per quanto riguarda le aree a verde pubblico e sportivo, il verde pubblico attrezzato e non attrezzato è
costituto da limitate isole di parco urbano a servizio delle zone residenziali; allo stato attuale risultano
realizzati 65.000 mq.
Il PRG vigente prevede 23,04 mq/ab, mentre risultano disponibili 11,95 mq/ab, e, contando quanto è in corso
di realizzazione, lo standard disponibile risulta pari a 13,39 mq/ab.
Nel PRG vigente le aree per attrezzature comuni previste sono 86.000 mq (pari a 15,08 mq/ab), di cui
esistenti 25.000 mq (pari a 5,19 mq/ab).
Maggiori dettagli sulla dotazione di servizi, sullo stato in cui si trovano e sulla soddisfazione della domanda
di ciascuna tipologia di servizi, si rimanda al Piano dei Servizi.
2.3.5
Sistema sociale
Ls popolazione residente nel comune di Madone al 31.01.2008 è pari a 3.901 abitanti ed è distribuita con
una densità media di 1.309 ab/kmq.
L’analisi dell’andamento demografico, basata sui censimenti Istat 1981-1991-2001 mostra un incremento
demografico piuttosto contenuto seppure negli ultimi anni è presente una consistente componente
immigratoria, compensata peraltro da una notevole spinta emigratoria.
Complessivamente il saldo totale ha rilevato un incremento demografico nel lungo periodo pari all’1,5%
medio annuo, che fornisce le basi per ipotizzare nel prossimo periodo di validità del nuovo strumento
urbanistico un auspicato sviluppo urbanistico del comune.
Per maggiori dettagli si rimanda al Piano dei Servizi.
2.3.6
Sistema economico
Gli insediamenti produttivi si sono attestati in passato sostanzialmente ai margini del tessuto residenziale, in
maniera piuttosto caotica e casuale, mentre più recenti espansioni di carattere produttivo stanno
interessando aree più staccate dal contesto propriamente urbano, occupando settori di territorio a vocazione
agricole e/o naturale principalmente lungo le direttrici viabilistiche dell’isola.
Un polo produttivo è sviluppato lungo via Rodi, nel settore occidentale del territorio comunale, mentre
un’area ancora più ampia si trova lungo la S.P.155, costituita sia da insediamenti industriali (lato est della
strada) che artigianali (lato ovest).
Il tasso di attività della popolazione residente è poco superiore al 50%, prevalentemente l’impiego è nel
settore industriale (30%) e terziario (19%), mentre quasi inesistente il settore agricolo (0,3%).
Le imprese in totale sono 208, di cui artigiane 110, che occupano 1.674 addetti (di cui 401 nelle imprese
artigiane). Si tratta principalmente di industria manifatturiera, imprese edili e del settore commercio e
riparazioni.
Per maggiori dettagli si rimanda al Piano dei Servizi.
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2.4 Quadro programmatico sovracomunale
Il Piano di Governo del territorio comunale si confronta con gli strumenti di pianificazione d’area vasta e ne
recepisce le disposizioni. A questo proposito la L.R. 12 introduce un elemento di novità all’art. in quanto
prevede la reciprocità
2.4.1
Il PTR
La Regione Lombardia ha in corso la predisposizione del Piano Territoriale Regionale.
Con la legge regionale 12/05 il Piano Territoriale Regionale ha acquisito un ruolo fortemente innovativo
nell’insieme degli strumenti e atti di pianificazione previsti in Lombardia.
Il nuovo modello di pianificazione, composto e costituito da una pluralità di soggetti e di processi variamente
interrelati, prevede che il PTR delinei la visione strategica di sviluppo per la Lombardia e costituisca una
base condivisa, su cui gli attori territoriali e gli operatori possano strutturare le proprie azioni e idee progetto.
Le previsioni del PTR hanno, in generale, carattere di indirizzo o orientativo per gli strumenti di pianificazione
locale e solo in talune, limitate, ipotesi esse possono avere carattere prevalente.
L’art.20 della l.r. 12/05 indica gli effetti del PTR: costituisce quadro di riferimento, contiene prescrizioni
di carattere orientativo e definisce gli indirizzi.
Il PTR ha inoltre la valenza di piano paesaggistico ai sensi del D. Lgs. n. 42/04. Adottando il criterio di fornire
previsioni di sempre maggior definizione alle varie scale, il PTR fornisce individuazioni di obbiettivi generali
di salvaguardia ed indicazioni di misure di tutela ambientale.
L’avvio formale dell’elaborazione del PTR (e della relativa procedura di Valutazione Ambientale Strategica VAS) è avvenuto con la deliberazione della Giunta del 1.8.2006, n.3090, che prende atto contestualmente
dei primi contributi pervenuti.
L’elaborazione del piano raccoglie i contributi dei documenti già prodotti gli scorsi anni:
• Documento Programmatico per il PTR (2003)
• Documento strategico: una proposta per il confronto (2004)
• Documento strategico per il piano territoriale regionale (2005)
il 31 ottobre 2006 è stato aperto il Forum per il PTR.
Attualmente (ottobre 2007) sono stati aggiornati:
• Documento di Piano, che contiene gli obiettivi e le strategie di sviluppo per la Lombardia e individua i
sistemi territoriali
• Piano Paesaggistico, che integra e aggiorna i contenuti del Piano Paesistico vigente (2001)
• Rapporto Ambientale, avanzamento della Valutazione Ambientale.
I sistemi territoriali non rappresentano necessariamente un continuum territoriale perimetrato, bensì
costituiscono un sistema relazionale e funzionale riconoscibile anche spazialmente.
• Sistema metropolitano
• Montagna
• Sistema Pedemontano
• Laghi e fiumi
• Pianura agricola
• L’asta del Po
Tre macro - obiettivi territoriali vengono proposti dal PTR quali basi delle politiche territoriali lombarde per il
perseguimento dello sviluppo sostenibile:
• rafforzare la competitività dei territori della Lombardia
• riequilibrare il territorio lombardo
• proteggere e valorizzare le risorse della Regione.
2.4.2
Il PTPR
Dal 6 agosto 2001 è vigente il Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.), approvato con
deliberazione del Consiglio Regionale n. VII/197 del 6 marzo 2001, che disciplina e indirizza la tutela e la
valorizzazione paesaggistica dell'intero territorio lombardo, perseguendo le finalità di:
• conservazione dei caratteri che definiscono l'identità e la leggibilità dei paesaggi della Lombardia
• miglioramento della qualità paesaggistica ed architettonica degli interventi di trasformazione del
territorio
• diffusione della consapevolezza dei valori paesaggistici e loro fruizione da parte dei cittadini
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Le indicazioni del P.T.P.R. vengono poi dettagliate a livello locale dai diversi strumenti di pianificazione
territoriale e di governo del territorio.
Il PTPR suddivide il territorio regionale in Unità tipologiche di paesaggio. Il comune di Madone appartiene ai
Paesaggi dei ripiani diluviali e dell’alta pianura asciutta, per i quali sono previsti i seguenti indirizzi di tutela
Il sistema naturale di drenaggio delle acque nel sottosuolo deve essere ovunque salvaguardato, come
condizione necessaria di un sistema idroregolatore che trova la sua espressione nella fascia di affioramento
delle risorgive e di conseguenza nell’afflusso d’acque irrigue nella bassa pianura. Va soprattutto protetta la
fascia più meridionale dell’alta pianura, corrispondente peraltro alla fascia più densamente urbanizzata, dove
si inizia a riconoscere l’affioramento delle acque di falda.
Vanno pure mantenuti i solchi e le piccole depressioni determinate dallo scorrimento dei corsi d‘acqua minori
che, con la loro vegetazione di ripa sono in grado di variare l’andamento uniforme della pianura terrazzata.
Il paesaggio agrario non deve essere ulteriormente eroso, proprio per il valore di moderatore delle tendenze
urbanizzative. In alcuni casi all’agricoltura potrà sostituirsi la riforestazione come storica inversione di
tendenza rispetto al plurisecolare processo di depauperazione dell’ambiente boschivo dell’alta pianura.
IlSi tratta, nei centri storici, di applicare negli interventi di recupero delle antiche corti criteri di omogeneità
constatata l’estrema parcellizzazione proprietaria degli immobili che può dar luogo a interventi isolati
fortemente dissonanti. Come pure vanno riabilitati i complessi monumentali (ville, chiese parrocchiali,
antiche strutture difensive) che spesso si configurano come fulcri ordinatori di un intero agglomerato.
Si impongono consistenti intereventi di ridefinizione paesaggistica della maggiori direttrici stradali essendo
quasi del tutto compromessi gli orizzonti aperti e i traguardi visuali del paesaggio.(…)
Occorre riprendere e conferire nuova dignità a questi elementi di riferimento paesaggistico, tutelando gli
ultimi quadri visuali, riducendo l’impatto e la misura degli esercizi commerciali.
2.4.3
Il PTCP
Il Piano di Coordinamento Provinciale, approvato con DCP n°40 del 22 aprile 2004, fornisce diverse
indicazioni, sintetizzate nel seguito, che vanno recepite nella pianificazione urbanistica.
2.4.3.1 Compatibilità degli interventi di trasformazione del territorio
La Tav. E.1 del PTCP delimita i perimetri delle aree di criticità in ambito di pianura soggette a rischi
conseguenti a:
- fattori naturali di vulnerabilità idrogeologica;
- fattori di eventi esondativi dei corsi d’acqua naturali;
- fattori dovuti ad elevata densità dei pozzi di captazione;
- fattori dovuti ad inquinamenti e alla presenza di cave e discariche.
Nella figura seguente è riportato stralcio della tavola con elementi di pericolosità e di criticità
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Il territorio comunale ricade in parte in Ambiti di pianura nei quali gli interventi di trasformazione territoriale
devono essere assoggettati a puntuale verifica di compatibilità geologica ed idraulica, in parte in Ambiti di
pianura nei quali gli interventi di trasformazione territoriale devono mantenere come soglia minimale le
condizioni geologiche ed idrauliche esistenti
1. Ambiti di pianura nei quali gli interventi di trasformazione territoriale devono essere assoggettati a
puntuale verifica di compatibilità geologica ed idraulica.
Si tratta di ambiti sui quali si rileva la presenza di valori bassi di profondità della falda rispetto al piano
campagna e la mancanza, o il limitato spessore, dello strato di impermeabilità superficiale. In tali aree ogni
intervento che possa potenzialmente alterare le condizioni chimico-fisiche delle acque presenti nel
sottosuolo (esemplificativamente: insediamenti agricoli; insediamenti industriali giudicati pericolosi,
trivellazione di nuovi pozzi) dovrà essere sottoposto ad un approfondito studio di compatibilità idrogeologica
ed idraulica che ne attesti l’idoneità.
2. Ambiti di pianura nei quali gli interventi di trasformazione territoriale devono mantenere come soglia
minimale le condizioni geologiche ed idrauliche esistenti.
Si tratta di ambiti con presenza della coltre superficiale di contenuta potenzialità ma con falda profonda
rispetto al piano campagna e caratterizzati da una elevata densità di pozzi che vengono a costituire zone di
connessione per le acque contenute in strati acquiferi, determinando il miscelamento e quindi la variazione
dell’originaria composizione idrochimica della falda determinando una elevata vulnerabilità idrologica.
In tali aree dovranno comunque essere effettuati, per ambiti, analisi e studi che diano indicazioni atte a
garantire interventi che non riducano le condizioni di assetto idrogeologico vigenti.
Qualora si volessero realizzare pozzi per uso agricolo, industriale o potabile, si dovrà documentare in modo
approfondito la effettiva necessità dell’intervento in particolare nelle aree ad elevata vulnerabilità
idrogeologica. Qualora questa fosse avvallata da riscontri oggettivi, si dovrà imporre la realizzazione
dell’opera di captazione a regola d’arte, in modo da preservare la qualità dell’acqua delle falde più profonde
e protette, impedendo il loro miscelamento con quelle più superficiali e contaminate. Per quanto attiene la
gestione e la salvaguardia del pozzo si rimanda al D.L. 258/2000.
Una forte limitazione deriva dal fatto che gran parte dell’abitato ricade in Ambiti urbani che per particolari
condizioni geomorfologiche e idrogeologiche richiedono una verifica delle condizioni al contorno e una
specifica attenzione negli interventi di modificazione edilizia di nuova costruzione.
In questi ambiti urbani gli aumenti di volumetrie, le nuove edificazioni e le infrastrutturazioni dovranno essere
subordinati alla predisposizione di specifiche indagini di carattere geologico, idrogeologico, idraulico e
geotecnico rapportate ad adeguato intorno dell’area oggetto di intervento, che dovrà essere definito dai
Comuni nell’ambito degli elaborati della componente geologica dei PRG di cui alla L.R. 41/97. Fino a quando
i Comuni non avranno provveduto agli adempimenti di cui al precedente comma, l’ambito di riferimento sarà
individuato dalla relazione di accompagnamento delle indagini, la quale dovrà dare conto dei criteri assunti
per la definizione dell’ambito stesso. Eventuali modifiche ai perimetri identificati o all’estensione in superficie,
possono essere effettuate solo a seguito di studi dettagliati condotti a livello comunale e approvati con le
seguenti modalità:
delibera di Consiglio Comunale previo espletamento di procedure atte ad assicurare la pubblicità delle
relative conclusioni, ai sensi degli artt. 7 e seguenti della L. 241/90.
successiva approvazione da parte della Provincia, con delibera di Giunta, della proposta comunale di
modifica del perimetro o della superficie. Qualora la proposta comporti riduzione delle superfici degli ambiti,
la relativa approvazione richiede apposita variante al PTCP da assumere con la procedura di cui all’art.22,
comma 2.
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2.4.3.2 Il quadro strategico
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Nella tav E 2.2 sono individuate varie componenti del paesaggio, per le quali valgono le seguenti indicazioni:
Art. 57 Versanti boscati : prescrizioni
1. Il PTCP individua le aree boscate nonché le aree ricoperte prevalentemente da vegetazione arborea che
per caratteristiche e collocazione assumono interesse naturalistico, ambientale, paesistico ed ecologico.
Detta individuazione assume efficacia di prescrizione.
Gli interventi ammessi in tali ambiti, devono rispondere al principio della valorizzazione.
Tali ambiti rappresentano ecosistemi che hanno funzione di fondamentale elemento di equilibrio ecologico.
2. Gli strumenti urbanistici generali prevedranno, avuto anche riguardo agli indirizzi del Piano Agricolo
Provinciale, apposite normative per consentire e disciplinare il mantenimento e l’utilizzazione corretta del
patrimonio boschivo sia a fini agricoli sia a fini di utilizzazione turistica.
3. Nelle aree montane potranno essere previste particolari infrastrutture di attraversamento delle aree
boscate per il servizio all’attività dell’agricoltura montana e delle produzioni ad esse connesse nonché alla
attività turistica prevista dai Piani di Settore di cui all’art.17 o dai progetti strategici di iniziativa comunale,
intercomunale o sovracomunale di intesa con la Provincia e approvati dal Consiglio Provinciale con
procedura di cui all’art.22, commi 2 e 3.
4. Al fine di regolamentare gli interventi sulle aree boscate, il PTCP individua nel Piano di Indirizzo Forestale
di cui alla L.R. n.80/89 e L.R. 07/2000 lo strumento idoneo per la pianificazione e la gestione di tali aree e
per l’individuazione di nuove aree da sottoporre a rimboschimento.
5. Il Comune in fase di adeguamento dello strumento urbanistico alle indicazioni del PTCP:
a) Verifica i dati conoscitivi individuati alla tav. E2. 2 e può definire una diversa perimetrazione delle aree
boscate supportandola con idonei approfondimenti di dettaglio, che comunque non potrà prevedere la
riduzione delle superfici effettivamente occupate dalla vegetazione, comprese le aree boscate distrutte da
incendi successivamente alla data di efficacia del PTCP;
b) individua eventuali nuove aree boscate da sottoporre ad azioni di tutela.
Art. 60 Contesti a vocazione agricola caratterizzati dalla presenza del reticolo irriguo, dalla frequenza
di presenze arboree e dalla presenza di elementi e strutture edilizie di preminente significato storico
culturale
1. Queste zone sono caratterizzate da un sistema naturale e agrario e da un sistema idroregolatore che
trova la sua espressione nella fascia di affioramento (risorgive) e di conseguenza nell’afflusso delle acque
irrigue nella bassa pianura.
2. Valgono le seguenti prescrizioni:
1. Le azioni di tutela in accordo con i Consorzi di Bonifica competenti per territorio devono essere indirizzate
sugli elementi di rilevanza paesistica, dovranno affiancarsi ad azioni di reintegrazione arborea e del reticolo
colturale storico, ed a una mirata ridefinizione del sistema, anche in termini sovracomunali, delle aree verdi.
2. I mutamenti di destinazione urbanistica con previsioni insediative, così come ammesse dall’art.93, comma
4, nonché l’attuazione di insediamenti di attività di allevamento a carattere industriale e di installazione di
strutture permanenti per coltivazioni protette, sono considerati di interesse sovracomunale e dovranno
essere assoggettate alle procedure di cui all’art.12.
Più specificamente gli interventi relativi:
a. alla realizzazione di stalle e strutture permanenti per coltivazioni protette dovranno seguire le procedure
relative al comma 2 dell’art.12;
b. ai mutamenti di destinazione urbanistica con previsioni insediative dovranno seguire le procedure relative
al comma 5 dell’art.12.
3. Sono inoltre da attuare le seguenti direttive:
1. Vanno mantenuti il più possibile i solchi e le piccole depressioni determinate dallo scorrimento dei corsi
d’acqua minori che, con la loro vegetazione di ripa sono in grado di variare l’andamento uniforme della
pianura.
2. Deve essere valorizzata la matrice rurale degli insediamenti che costituisce inoltre un segno storico in via
di dissoluzione per la tendenza generalizzata alla saldatura tra gli abitati; pertanto vanno evitate le
conurbazioni, anche attraverso il mantenimento delle aree libere da edificazione, e potenziando gli aspetti
naturalistici e agrari presenti e potenziali delle aree.
Art. 62 Aree con fenomeni urbanizzativi in atto o previsti prevalentemente inedificate di immediato
rapporto con i contesti urbani
1. le espansioni e trasformazioni urbane, ove previste, dovranno prioritariamente essere orientate alla
riqualificazione e alla ricomposizione delle zone di frangia degli insediamenti. La progettazione degli
interventi dovrà essere rivolta ad un adeguato inserimento paesistico ed ambientale, da ottenersi anche
mediante previsione di impianti arborei ed arbustivi nelle parti esterne, adiacenti il territorio agricolo.
2. le previsioni degli strumenti urbanistici per queste aree dovranno considerare l’opportunità della
formazione di reti ecologiche e di collegamento con le aree a verde o reti ecologiche esistenti sul territorio a
valenza paesistico-ambientale.
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Art. 64 Paesaggio agrario in stretta connessione con la presenza di corsi d’acqua minori e/o con
elementi di natura storico culturale
Poiché è obiettivo fondamentale del PTCP, il riconoscimento della rete provinciale dei corsi d’acqua minori,
individuati nell’allegato Tav. E5.4 o comunque presenti nel territorio, quale elemento significativo della
struttura paesistica locale, si applicano le seguenti direttive:
1. Ad ogni “corso d’acqua” i PRG attribuiranno una fascia di rispetto di relazione visuale e funzionale, al cui
interno si procederà ad una efficace azione di tutela e conservazione dello stato dei luoghi, con
rimozione/trasformazione degli elementi considerati di disturbo.
2. La valorizzazione della rete potrà avvenire anche nell’ottica della fruizione turistica, sportiva e culturale.
3. Tale valorizzazione potrà essere perseguita anche attraverso studi d’insieme nel quadro della rete
ecologica provinciale.
Art. 65 Aree agricole con finalità di protezione e conservazione
Per esse sono configurate le seguenti funzioni :
a) Ambiti di conservazione di spazi liberi interurbani e di connessione
Per tali aree individuate alla Tav. E2.2 i PRG prevederanno una forte limitazione dell’occupazione dei suoli
liberi, anche nel caso di allocazione di strutture al servizio dell’ agricoltura.
I PRG dovranno quindi individuare, ai sensi degli artt. 1 e 2 della L.R. 1/2001 le funzioni e le attrezzature
vietate, dovranno essere indicati specifici parametri edilizi e previste adeguate indicazioni e modalità
localizzative per le strutture ammissibili. I perimetri delle aree sono indicativi e potranno quindi subire
modificazioni, alle condizioni di cui all’art.93, comma 4, mentre sono prescrittive la continuità delle fasce e il
mantenimento di spazi liberi interurbani. Tali fasce dovranno comunque obbligatoriamente rispettare i
corridoi denominati “varchi” indicati schematicamente nella Tavola allegato E5.5 del PTCP, parte dei quali
sono compresi in zone disciplinate dal presente articolo.
b) Zone a struttura vegetazionale di mitigazione dell’impatto ambientale e di inserimento paesaggistico delle
infrastrutture.
La Tav. E2.2 indica i corridoi e spazi verdi finalizzati all’inserimento ambientale dei tracciati infrastrutturali, da
effettuarsi con una progettazione specifica e con eventuale riqualificazione paesaggistica. Ove necessario
dovrà essere armonicamente inserita una fascia – diaframma vegetazionale per la mitigazione degli
inquinamenti prodotti dai traffici. Tali fasce si integrano al sistema dei corridoi ecologici e paesistici e agli
areali di particolare valore ambientale individuati dalla Tav. E2.2 del PTCP.
Art. 66 Ambiti di valorizzazione, riqualificazione e progettazione paesistica
1. Il PTCP si pone come obiettivo quello di individuare già alla scala territoriale – e promuovere alla scala
locale – la realizzazione di un sistema di aree e ambiti di “continuità del verde”, anche nella pianura e nelle
zone di più modesto pregio con particolare attenzione agli elementi di continuità delle preesistenze e delle
fasce già in formazione sempre con attenzione alla varietà e alla diversità biologica.
2. Allo stesso modo il PTCP si pone di tutelare il paesaggio nei suoi caratteri peculiari, promuoverne la
riqualificazione dei sistemi più degradati e promuovere la formazione di “nuovi paesaggi” ove siano presenti
elementi di segno negativo o siano previsti nuovi interventi di trasformazione territoriale.
3. A tal fine individua ambiti, areali e corridoi territoriali che, pur nell’ambito della loro utilizzabilità anche a fini
agricoli, sono volti a finalità di caratterizzazione ambientale e paesistica con interventi di conservazione, di
valorizzazione e/o di progettazione paesistica. L’edificazione necessaria alla conduzione dell’attività agricola
potrà essere consentita dagli strumenti urbanistici comunali che dovranno prevedere una preliminare verifica
della possibilità di allocazioni alternative degli edifici. Nel caso di realizzazione degli stessi all’interno degli
ambiti di cui al presente articolo, dovranno individuare gli elementi fondamentali di caratterizzazione dei
progetti edilizi in coerenza con le Linee Guida previste all’art.16, ove definite.
4. I PRG comunali dovranno prevedere nell’ambito dei rispettivi azzonamenti, d’intesa con la Provincia, la
definizione e la perimetrazione delle aree di cui al presente articolo come individuate alle Tav. E2.2 e E4 del
PTCP, con la possibilità di meglio definire i contorni, fermo restando l’ordine di grandezza dimensionale delle
fasce e/o degli areali.
5. Le aree interne a questi ambiti potranno essere utilizzate a fini agricoli e/o per finalità di interesse e uso
pubblico connesso con gli interventi di riqualificazione ambientale e/o paesistica. Sono inoltre ammessi
interventi per il recupero ed il riuso del patrimonio edilizio esistente anche con limitati ampliamenti
volumetrici. E’ altresì possibile prevedere l’inserimento di infrastrutture viarie di carattere locale.
6. Sono escluse altre forme di insediamento e di edificazione.
Art. 68 Insediamenti rurali di interesse storico
1. Il PTCP individua nell’allegata Tav.E5.6 i principali nuclei e le aggregazioni insediative di origine e
tipologia rurale di antica formazione sia in ambiente di pianura che in ambiente collinare e montano che si
pongono in organico rapporto con il paesaggio agrario circostante.
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2. Tali nuclei e aggregazioni insediative sono caratterizzati da un impianto planimetrico e da un tessuto
edilizio relativamente integri, sono costituiti da edifici e complessi produttivi agricoli (cascine) comprendenti
strutture edilizie, organismi ed elementi architettonici di interesse storico e paesaggistico legati a originarie
funzioni abitative, produttive agricole e zootecniche, in alcuni casi con presenza di edifici religiosi e abitazioni
padronali. Detta individuazione costituisce riferimento obbligatorio e può essere approfondita, integrata o
corretta con adeguate ricognizioni ai fini della loro classificazione negli strumenti urbanistici comunali.
3. Il Comune, in fase di adeguamento alle indicazioni del PTCP, o di predisposizione dello strumento
urbanistico, definisce su planimetria, in scala, adeguata il perimetro degli insediamenti rurali di interesse
storico presenti nel territorio, integrandoli con le aree di pertinenza visiva o funzionale presenti ai margini.
4. Per tali ambiti sono da osservare le seguenti direttive:
a. La normativa dei PRG individua le indicazioni e le prescrizioni atte a garantire il mantenimento dei
caratteri del contesto dell’impianto e del tessuto edificato nonché dei caratteri tipologici e dei materiali
costruttivi tipici del luogo attraverso specifiche indicazioni di intervento.
b. Laddove risulti necessaria la previsione di nuovi volumi edilizi devono essere prescritte le forme, i
materiali nonché l’adozione di tecniche costruttive affinchè lo sviluppo dell’attività agricola e della zootecnia
garantisca il rispetto dei fondamentali caratteri storici e ambientali dell’insediamento e del paesaggio
circostante.
c. I mutamenti della destinazione agricola originaria degli edifici eventualmente dismessi, sono consentiti
qualora non pregiudichino la prosecuzione dell’attività agricola nelle aree circostanti ancora condotte o non
alterino i caratteri e gli elementi del contesto territoriale, quali i tracciati stradali poderali ed interpoderali, i
canali di scolo e di irrigazione, le siepi, i filari alberati, gli elementi storico – testimoniali riconducibili alla
originaria partizione agraria.
Art. 69 Elementi storici e relative aree di pertinenza
1. Il PTCP indica come direttiva per la predisposizione degli strumenti urbanistici la necessità di pervenire ad
un repertorio del patrimonio che riguarda architetture, arti decorative, arte dei giardini, urbanistica,ecc.
integrativo di quello allegato al presente Piano. I PRG prevederanno conseguentemente la disciplina atta a
garantire la conservazione e la trasmissione di questo patrimonio, avviando programmi di recupero e
intervento, e garantendo la non compromissione delle aree interstiziali.
2. I progetti degli interventi dovranno essere accompagnati da specifiche notizie storiche, da analisi
paesistiche, e da una verifica della compatibilità visiva rispetto alle principali linee esterne di percezione
visiva.
3. La Provincia individua con apposito elenco provinciale, approvato con le procedure di cui all’art.22,
comma 2, gli esemplari arborei di alto pregio naturalistico, storico, paesaggistico e culturale. Il Comune, in
fase di adeguamento dello strumento urbanistico alle indicazioni del PTCP :
a. Verifica ed eventualmente integra i dati conoscitivi presenti nell’elenco inserendo negli elaborati della
componente paesistica gli elementi individuati;
b. Elabora misure per la tutela degli esemplari individuati finalizzate ad evitare il danneggiamento e
l’abbattimento degli stessi, salvo i casi derivanti da esigenze di pubblica incolumità o da esigenze
fitosanitarie e comunque previo accertamento dell’impossibilità di adozione di soluzioni alternative effettuato
da tecnico specialista nel settore, nonché le modalità di manutenzione degli stessi;
c. Disciplina gli interventi edilizi e di modifica del suolo in rapporto alla necessità di garantire lo spazio
minimo vitale degli alberi, il mantenimento degli spazi di percezione, la protezione degli apparati radicali
dalle operazioni di scavo. Fino alla data di efficacia dell’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali è
fatto divieto di abbattimento degli alberi inseriti nell’elenco provinciale fatti salvi i casi previsti al precedente
punto.
Art. 70 Percorsi di fruizione paesistica
1. Il PTCP individua, alla Tav. E2. 2, i percorsi che attraversano ambiti di qualità paesistica o che collegano
mete di interesse storico e turistico. Tali percorsi comprendono anche i tratti e i luoghi individuati nella Tav.
E5.4 e disciplinati dall’art.72 dai quali si godono ampie viste a grande distanza o che permettono di cogliere
in modo sintetico i caratteri distintivi del paesaggio. Parte di questi percorsi fanno riferimento agli elementi
che costituiscono fondamento dell’organizzazione storica del territorio, così come rilevata dalla cartografia
storica di riferimento (prima levata) I.G.M. del 1888.
2. Il Comune, in fase di adeguamento dello strumento urbanistico alle indicazioni del PTCP, deve:
a. assumere i percorsi individuati dal PTCP come elementi di alta valenza paesistica e tutelare le direttrici
visive di maggiore sensibilità, e i punti panoramici, che offrono visuali dei luoghi di particolare interesse
paesistico, quali le emergenze geomorfologiche, vegetazionali e storico – culturali, o le viste di particolari e
di qualità ambientale;
b. integrare le norme del proprio strumento urbanistico per consentire l’attuazione degli obbiettivi di tutela;
c. curare che le nuove previsioni insediative non compromettano le condizioni di visibilità dai punti e dai
percorsi panoramici, al fine di garantire la libera fruizione visiva dei paesaggi e degli orizzonti circostanti;
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d. individuare specifiche fasce di rispetto paesistico all’interno delle quali applicare indirizzi di valorizzazione
paesistica, in funzione della tipologia degli insediamenti previsti, e definire la limitazione della cartellonistica.
3. I PRG comunali si atterranno inoltre alle seguenti direttive:
a. valorizzare i tracciati e gli elementi fisici, morfologici, vegetazionali o insediativi che costituiscono gli
elementi di riconoscibilità e di specificità, anche funzionale, del percorso;
b. incentivare la preminente utilizzazione ai fini di una rete di percorsi ciclopedonali.
c. proporre eventuali nuovi percorsi da sottoporre a progetti di valorizzazione paesistica.
Art. 71 Ambiti di opportuna istituzione dei PLIS (Parchi Locali di Interesse Sovracomunale)
1. Il PTCP individua alcuni ambiti di particolare significato naturalistico, ambientale e paesistico di
dimensione sovracomunale e con caratteri di interesse provinciale per i quali viene ritenuta opportuna
l’istituzione di PLIS, al fine di garantire una maggiore valorizzazione del patrimonio naturale e paesistico e
una progettazione degli interventi, sia sotto il profilo delle opportunità di utilizzo delle risorse a fini di
miglioramento della qualità dell’offerta ambientale e paesistica, sia sotto il profilo della gestione degli
interventi per la salvaguardia e la valorizzazione dei luoghi e delle loro peculiarità.
2. A tal fine la Provincia potrà promuovere iniziative opportune per la formazione dei PLIS di cui al comma 1.
3. Fino all’approvazione dei PLIS i suddetti ambiti sono soggetti alla disciplina dell’art.54 e seguenti, in
rapporto alla classificazione delle aree in essi comprese, come individuata nella tavola allegato E5.4.
In particolare le aree individuate nel sistema del “Paesaggio della naturalità” sono soggette alla disciplina
dell’art.54. Le aree interne al sistema del “Paesaggio agrario e delle aree coltivate” e appartenenti alla
“fascia prealpina”, sono soggette alla disciplina dell’art.58. Le aree interne al medesimo sistema e
appartenenti alla “fascia collinare”, sono soggette alla disciplina dell’art. 59. Le aree della “fascia della
pianura” sono soggette, nell’ordine, alla disciplina degli art. 60, 61, 63, 64, 57 come richiamati nella legenda
della Tav. E5.4. Gli strumenti urbanistici comunali dovranno specificamente individuare tutti i “sistemi ed
elementi di rilevanza paesistica” definiti alla Tav.E5.4, prevedendone specifica disciplina evalorizzazione.
4. Il PTCP recepisce inoltre i PLIS istituiti o gli ampliamenti delle relative perimetrazioni anche se non
specificamente rappresentati nella cartografia di Piano.
5. Qualora venissero istituiti da parte di Enti locali nuovi PLIS successivamente all’adozione del PTCP, le
previsioni e le prescrizioni a contenuto ambientale, paesistico e naturalistico saranno considerati come
elementi di maggiore definizione, ai sensi degli articoli 3, 3° comma e 6, del PTPR e, come tali, saranno
prevalenti immediatamente sulla disciplina paesistica del PTCP. Sono fatti salvi e prevalgono comunque gli
elementi prescrittivi del PTCP relativi al quadro infrastrutturale.
6. Qualora i PLIS istituiti avessero perimetri di dimensione diversa da quella individuata dal PTCP, le parti
esterne al perimetro del PLIS istituito restano soggette alla disciplina del comma 3 del presente articolo.
Art. 73 I beni archeologici
1. I PRG, in rapporto alla presenza di siti archeologici dovranno prevedere:
1) la massima salvaguardia possibile dei depositi archeologici e degli elementi significativi della
centuriazione romana;
3) una particolare attenzione negli scavi relativi agli insediamenti edilizi ed alle alterazioni della morfologia
del suolo;
4) la tutela e la valorizzazione di aree archeologiche localizzate.
2. Gli interventi di tipo insediativo ed infrastrutturale anche in aree limitrofe alle aree archeologiche
localizzate devono contemplare preventivi sondaggi di natura archeologica.
3. I PRG loro varianti e adeguamenti dovranno riportare l’individuazione delle aree a vincolo archeologico.
Art. 74 Rete ecologica provinciale
1. La Rete ecologica della Provincia di Bergamo definita nella Tav. E5.5 del PTCP, sarà oggetto di specifico
Piano di Settore come previsto dall’art. 17.
2. Il Piano di settore per la rete ecologica definisce uno scenario ecosistemico polivalente a supporto di uno
sviluppo sostenibile, in modo che si riducano per quanto possibile le criticità esistenti suscettibili di
compromettere gli equilibri ecologici, e si sviluppino invece le opportunità positive del rapporto uomo-natura.
3. I criteri e le modalità di intervento saranno volti al principio prioritario del miglioramento dell’ambiente di
vita per le popolazioni residenti e all’offerta di opportunità di fruizione della qualità ambientale esistente e
futura e al miglioramento della qualità paesistica.
4. Il Piano di Settore prevedrà:
a. il riequilibrio ecologico di area vasta e locale, attraverso la realizzazione di un sistema funzionale
interconnesso di unità naturali di diverso tipo;
b. la riduzione del degrado attuale e delle pressioni antropiche future attraverso il miglioramento delle
capacità di assorbimento degli impatti da parte del sistema complessivo;
c. lo sfruttamento ecosostenibile delle risorse ambientali rinnovabili.
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5. I progetti di opere che possono produrre ulteriore frammentazione della rete ecologica, dovranno
prevedere opere di mitigazione e di inserimento ambientale, in grado di garantire sufficienti livelli di
continuità ecologica. Le compensazioni ambientali dovranno favorire la realizzazione di nuove unità
ecosistemiche, coerenti con le finalità della rete ecologica provinciale.
6. L’allegato Tav. E5.5 del PTCP costituisce l’inquadramento strutturale fondamentale della rete ecologica e
pertanto modificabile solo previa variante al PTCP con le procedure di cui all’art.21.
7. Il Comune, in fase di adeguamento dello strumento urbanistico generale o di formazione di nuovo
strumento, recepisce e articola gli indirizzi della Tav. E5.5 del PTCP e individua eventuali specifici interventi
di riqualificazione ecologico-ambientale. In tale contesto dovranno essere salvaguardati i “varchi” riportati
nell’allegato E5.5 che non risultassero compresi nelle zone disciplinate dall’art.65, provvedendo al
mantenimento ed al rafforzamento di adeguati spazi verdi tali da garantire la continuità dei corridoi.
Art. 75 Elementi della rete ecologica
1. La Tav. E5.5 individua i contenuti di inquadramento dello schema della rete ecologica e degli elementi
fondamentali costituiti da :
a. Struttura naturalistica primaria;
b. Nodi di livello regionale;
c. Nodi di 1° livello provinciale;
d. Nodi di 2° livello provinciale;
e. Corridoi di 1° livello provinciale;
f. Corridoi di 2° livello provinciale.
2. Il sistema di relazioni funzionali della rete ecologica sarà articolato dal Piano di Settore con valore di piano
attuativo, con riferimento ai seguenti elementi:
Aree principali di appoggio in ambito montano
Isole di biodiversità
Matrici naturali interconnesse
Aree di collegamento in ambito montano-collinare
Aree della ricostruzione ecosistemica polivalente in ambito montano-collinare
Gangli principali in ambito planiziale
Gangli secondari in ambito planiziale
Principali ecosistemi lacustri
Corridoi fluviali principali
Corridoi fluviali secondari
Corridoi terrestri
Greenways principali
Aree della ricostruzione ecosistemica polivalente in ambito planiziale
Principali barriere infrastrutturali ed insediative
Fasce di inserimento delle principali barriere infrastrutturali
Principali punti di conflitto della rete con le principali barriere infrastrutturali
Ambiti urbani e periurbani della ricostruzione ecologica diffusa
Varchi insediativi a rischio
Fasce di permeabilità in aree problematiche
Ambiti urbani e periurbani della ricostruzione ecologica diffusa
Aree della ricostruzione polivalente dell’agro-ecosistema
Direttrici di collegamento esterno
2.4.4
Disposizioni del PRG vigente
Il Comune di Madone è dotato di Piano Regolatore Generale adottato dal Consiglio Comunale in data 08
giugno 1977 con delibera n. 16 e definitivamente approvato in data 27 febbraio 1979 con delibera della
Giunta Regionale n. 21997.
Al PRG sono state introdotte successivamente le seguenti varianti:
•
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•
•
variante n. 1, approvata dalla Regione Lombardia in data 21 ottobre 1986, con delibera n. 13627;
variante n. 2, approvata dalla Regione Lombardia in data 07 marzo 1989, con delibera n. 40573;
variante n. 3, Variante Generale, approvata dalla Regione Lombardia in data 17 ottobre 1991, con
delibera n. 13866;
variante n. 4, approvata dalla Regione Lombardia in data 22 settembre 1993, con delibera n. 14188;
variante n. 5, approvata dalla Regione Lombardia, in data 10 maggio 1996, con delibera n. 912955;
variante n. 6, Variante relativa alla Zona omogenea A, approvata dalla Regione Lombardia in data
18 febbraio 1997, con delibera n. 25077;
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
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variante n. 7
variante n. 8, a procedura semplificata, approvata dal Consiglio Comunale con delibera n. 20 del 30
aprile 1998;
variante n. 9, a procedura semplificata, approvata dal Consiglio Comunale con delibera n. 64 del 20
novembre 1998;
variante n. 10, a procedura semplificata, approvata dal Consiglio Comunale, con delibera n. 34 del
29 aprile 1999;
variante n. 11 a procedura semplificata approvata dal Consiglio Comunale, con delibera n. 56 del 23
agosto 2000;
variante n. 12 a procedura semplificata approvata dal Consiglio Comunale, con delibera n. 22 del 20
marzo 2001;
variante n. 13 a procedura semplificata approvata dal Consiglio Comunale, con delibera n. 30 del 31
maggio 2001;
variante n. 14 adottata dal Consiglio Comunale con delibera n. 6 del 31 gennaio 2002;
variante n. 15 adottata dal Consiglio Comunale con delibera n. 21 del 15 maggio 2002
variante n. 16 a procedura semplice approvata dal Consiglio Comunale con delibera n. 68 del 6
novembre 2003
variante n. 17 a procedura semplificata approvata dal Consiglio Comunale con delibera n. 69 del 6
novembre 2003;
Il Comune di Madone è dotato di Piano di Zona ai sensi della legge n. 167/62, approvato dalla Regione
Lombardia con delibera n. 48810 del 01 marzo 1994.
2.4.4.1 Insediamenti previsti da PRG vigente
La Variante Generale n. 3 prevedeva una popolazione teorica insediabile pari a 5071 abitanti con una
volumetria di 127.318 mc, ridotta a 120.449 mc a seguito delle modifiche apportate dalla Regione
Lombardia.
2.4.5
Vincoli sovracomunali vigenti
Il territorio comunale non risulta sottoposto a vincolo idrogeologico (R.D. 3267/23) né ad altri vincoli derivanti
dal Piano stralcio di assetto idrogeologico (P.A.I.), quali delimitazione di aree in dissesto e di fasce fluviali.
Non sono presenti beni paesistici ed ambientali vincolati ai sensi del D.ls. 42/2004.
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3 Il Piano Paesistico
3.1 Premessa
Nella LR 12/2005 sono presenti diversi riferimenti al ruolo del PGT nei confronti del paesaggio: in generale,
le indicazioni della legge sono da intendersi come contenuti obbligatori, nel senso che vi devono essere
elaborati i cui contenuti siano riferibili ai temi che queste evocano; non esauriscono però ovviamente il ruolo
del PGT nei confronti del paesaggio nel suo complesso e nella sua complessità.
È in questo quadro di riferimento che si ritiene necessaria l’elaborazione di un Piano Paesistico per il
territorio comunale di Madone anche in conformità alle disposizioni contenute nell’art. 50 del PTCP della
Provincia di Bergamo, che esplicita per i Comuni questo importante compito:
Art. 50 del PTCP:
I Piani Regolatori Generali dei Comuni dovranno costituire strumento paesistico di maggior dettaglio rispetto
al PTCP evidenziando gli aspetti paesistici, ambientali e rurali che caratterizzano i singoli territori e
definendo indicazioni di azzonamento e normativa adeguate alla salvaguardia e alla valorizzazione di tutti gli
elementi che ne costituiscono e determinano i valori.
2. In sede d’adeguamento al PTCP ai sensi dell’art. 25, nei nuovi PRG, i Comuni dovranno integrare gli
strumenti urbanistici, con uno studio paesistico di dettaglio, esteso all’intero territorio comunale, al fine di
verificare la compatibilità paesistica delle scelte urbanistiche, in conformità alle NdA del Piano Territoriale di
Coordinamento Provinciale.
3. Lo studio paesistico di dettaglio alla scala comunale dovrà essere redatto in riferimento alle componenti
delle unità paesistiche evidenziate nell’analisi paesistica degli studi di settore del PTCP e ai loro caratteri
identificativi, nonché agli elementi di criticità, agli indirizzi di tutela e alle disposizioni di cui al presente titolo.
4. Tali componenti sono raggruppate negli elementi del paesaggio fisico e naturale, del paesaggio agrario e
dell’antropizzazione colturale, del paesaggio storico-culturale, del paesaggio urbano, della rilevanza
paesistica, della criticità e del degrado.
5. I Piani dovranno inoltre individuare la sensibilità paesistica dei luoghi in relazione alle componenti del
paesaggio coerentemente alla D.G.R. n.11045 del 08.11.2002.
6. La valenza paesistica del PRG è componente essenziale della pianificazione urbanistica, strumento
preventivo di verifica per la definizione delle destinazioni d’uso e delle modalità di intervento, al fine di
garantire che le trasformazioni siano operate con il massimo rispetto e in assonanza con le configurazioni
geomorfologiche, fisico-ambientali e con le preesistenze insediative.
7. L’individuazione delle componenti paesistiche che contribuiscono alla formazione di un sistema
ambientale (ecologico e paesistico) di scala provinciale, potrà essere oggetto di maggior definizione dei
perimetri, nell’ambito della redazione del PRG purché venga garantita la loro continuità fisica attraverso i
territori comunali contermini.
3.2 Il paesaggio
“Il concetto di paesaggio ha assunto nel tempo una pluralità di significati, al punto da poter essere
considerato come panorama da un punto di vista estetico-visuale, palinsesto da un punto di vista storicoculturale e insieme di ecosistemi da un punto di vista ecologico. E’ un “sistema vivente in continua
evoluzione”, dotato di propria struttura (forma fisica e organizzazione spaziale specifica), funzionamento
(forma dinamica interna dovuta al movimento ed al flusso di energia tramite acqua, vento, piante e animali) e
cambiamento (soggetto nel tempo in funzione della dinamica e delle modifiche nella struttura.
Tale complessità semantica deve essere vista come una ricchezza, che consenta una maggiore
valorizzazione sinergica in tutti i momenti del difficile confronto con le istante di utilizzazione e
trasformazione del territorio.”
Queste considerazioni sono desunte dalla “Carta di Napoli”, documento redatto a conclusione della “Prima
Conferenza Nazionale sul Paesaggio” (Roma, 14-16 ottobre 1999), per accelerare i processi volti a fare del
paesaggio una risorsa strategica per il futuro e uno dei fondamenti su cui basare lo sviluppo sostenibile del
paese. Essi sono riferibili in particolare:
•
•
alla rinascita generale dei valori e interessi nei confronti del paesaggi, con aggiornamento e
ampliamento del suo significato semantico;
alla reale centralità del paesaggio in tutti i momenti di confronto con le istanze di trasformazione del
territorio, nel quadro delle politiche di controllo dell’uso delle risorse.
Tale documento, considerato che il paesaggio:
•
è costituito dall’alternanza e dall’interazione tra il sistema degli spazi aperti (naturali e antropici) e le
strutture insediative;
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Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
•
è fondato, pur essendo un’entità in trasformazione, su elementi che permettono la distinzione di tipi
e forme relativamente esclusive dipendenti dai diversi siti e dalla loro storia naturale e antropica, e
che pertanto è possibile una classificazione dei diversi paesaggi presenti in una regione,
stabilendone le caratteristiche strutturali e funzionali, utili anche come indirizzo e riferimento per la
trasformazione e gestione,
si raccomanda che il paesaggio venga sottoposto a studio e valutazione, in modo che sia identificabile quale
specifica risorsa culturale e ambientale, e come tale reso evidente ai diversi operatori, tenendo soprattutto
conto delle seguenti caratteristiche che interagiscono tra loro:
•
•
•
ecologico-ambientali e naturalistiche,
storico-insediative e architettoniche,
visuali percettive e dell’aspetto sensibile.
Le caratteristiche sopra elencate individuano, come emerso dalla Convenzione Europea del Paesaggio
(adottata dal Consiglio dei Ministri del Consiglio d’Europa il 19 luglio 2000), le componenti del paesaggio, il
cui esame permette di comprendere in maniera più completa le necessità di tutela e salvaguardia:
•
•
•
componente naturale (idrologica, geomorfologia, vegetazionale, faunistica)
componente antropico-culturale (socio-culturale-testimoniale; storico-architettonica)
componente percettiva (visuale, formale-semiologica, estetica).
Il paesaggio può essere letto come insieme di bacini idrografici, come risultato di processi meccanici e
fisico-chimici legati alla trasformazione della crosta terrestre, o ancora come habitat per specie animali la cui
sopravvivenza è importante per il mantenimento di un globale equilibrio ecologico; è interpretabile come
testimonianza di una cultura e di un modo di vita, prodotto delle trasformazioni umane, ricco di “segni,
strutture, configurazioni artificiali, sovrapposti in modo vario a quelli naturali…” (Calcagno Maniglio, 1998).
Ancora, il paesaggio è connesso con il dato visuale e con l’aspetto del territorio, per cui si può porre
l’accento su come il paesaggio si manifesta all’osservatore, su come gli elementi costitutivi si compongono in
una “forma” riconoscibile e caratterizzante, sulla qualità dei quadri percepiti.
Tra gli indicatori di effettivo funzionamento del paesaggio inteso come “sistema di ecosistemi che si ripetono
in un intorno”, e tra gli elementi che la progettazione deve tenere in considerazione per integrare le istanze
ambientali e paesaggistiche ai processi di trasformazione del territorio, troviamo:
•
•
•
la biodiversità: diversità e varietà di elementi e specie che compongono gli ecosistemi; l’uomo tende
a cercare la massima produttività nello sfruttamento delle risorse naturali creando sistemi elementari
e poco diversificati, fragili e vulnerabili, mentre al contrario indici di qualità ambientale sono la
ricchezza, la varietà di componenti e la diversità dei paesaggi;
la stabilità e l’equilibrio: organizzazione stabile che nel complesso permette un più vasto campo di
esistenza del paesaggio in grado di incorporare eventi esterni di disturbo (naturali e antropici)
tornando in tempi più o meno rapidi alle condizioni iniziali;
l’introduzione di elementi di naturalità e di connessioni ecologiche che consentano passaggi e
spostamenti di materia ed energia.
In accordo alla Relazione esplicativa della Convenzione Europea del Paesaggio, la tutela del paesaggio si
propone di:
•
•
•
conservare e valorizzare gli aspetti significativi o caratteristici giustificati dal suo valore di patrimonio
derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo di intervento umano;
accompagnare i cambiamenti futuri riconoscendo la grande diversità e la qualità dei paesaggi che
abbiamo ereditato dal passato, sforzandosi di preservare, o ancor meglio arricchire tale diversità, e
tale qualità, invece di lasciarla andare in rovina;
promuovere uno sviluppo sostenibile.
Da tali considerazioni discende l’opportunità di:
•
•
76
riconoscere che l’intervento dell’uomo è così profondo e complesso che ormai non si può più parlare
di paesaggi “naturali”, bensì di paesaggi “culturali”, intendendo con questo il frutto inscindibile di
secoli di integrazione tra “natura” e “umanità”;
salvaguardare attivamente il carattere e la qualità di un determinato paesaggio ai quali le popolazioni
riconoscono un valore, consentendo eventualmente trasformazioni che non ne compromettano la
conservazione;
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
•
disciplinare gli interventi ammissibili, armonizzando le esigenze economiche con quelle sociali e
ambientali che mirano a garantire la cura costante dei paesaggi e la loro evoluzione armoniosa”.
La “Carta di Napoli” ribadisce che la tutela del paesaggio deve essere adeguata alle caratteristiche evolutive
del paesaggio stesso, e che pertanto non può limitarsi a misure vincolistiche e di limitazione, ma deve
svolgere un ruolo attivo in riferimento alle necessarie azioni di conservazione, potenziamento,
riqualificazione e gestione delle sue componenti riproducibili, molte delle quali strettamente dipendenti dalla
presenza umana.
Cioè, l’attribuzione di valore alle tipologie di paesaggio operata in sede di piano non deve avere come
conseguenza solo l’imposizione di servitù, obblighi e soggezioni (vincoli, divieti), ma deve sempre scegliere
in positivo le migliori opportunità per una conservazione sostenibile, anche in riferimento all’interesse socioeconomico (sviluppo) del territorio e dei suoi abitanti, mediante adeguati processi di piano di progetto.
La “Carta” invita ad avviare forme di progettazione integrata entro i processi di trasformazione del territorio
esistenti o previsti che tenga conto delle istanze ambientali e paesaggistiche, mediante il perseguimento dei
seguenti obiettivi:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
il mantenimento della biodiversità e del giusto grado di eterogeneità dei paesaggi;
l’aumento della complessità a scapito della banalizzazione ecosistemica;
l’equilibrata distribuzione degli elementi di naturalità anche nel fondovalle, nelle pianure e nelle città;
in particolare si ricorda la rinaturazione dei corsi d’acqua che in molti casi rimane l’unica possibilità
concreta di diffusione della naturalità anche nei tessuti altamente antropizzati;
la rivalutazione del paesaggio agrario come importante sistema plurifunzionale potenziale, con
importanza ambientale e non solo agronomica sempre che sia integrato da elementi seminaturali
compatibili;
la conservazione attiva del patrimonio naturalistico e storico-culturale;
l’utilizzo di indicatori ambientali a supporto dell’analisi paesaggistico-ambientale necessaria al
progetto;
l’introduzione del concetto di “compensazione” come abituale complemento di trasformazioni
compatibili anche di piccola entità, ai fini del miglioramento della qualità ambientale;
la creazione di nuovi elementi di qualità naturalistica diffusa a valenza multipla (riequilibrio ecologico,
minimizzazione degli impatti di grandi opere e infrastrutture, ecc…) attuata anche mediante la
costruzione di reti ecologiche, che rappresentano strutture indispensabili ai fini della conservazione
della biodiversità e della sostenibilità in relazione al fatto che uno dei maggiori problemi della
conservazione del paesaggio è la frammentazione del territorio;
l’occorrenza di un’adeguata progettazione degli spazi aperti e incentivazione e valorizzazione di
quelli privati.
3.3. Il quadro legislativo di riferimento
Legislazione nazionale: Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (d.lgs. n.42 del 22/01/2004)
Legislazione regionale: Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) del 2001 e redazione di un Piano
Territoriale Regionale con natura di Piano Paesistico. Il PTPR rappresenta il riferimento allo stato attuale per
la componente paesaggistica dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali e dei Piani Urbanistici
comunali.
Il PTPR riunisce gerarchicamente in un compendio denominato “Piano del paesaggio lombardo” il sistema
organico degli strumenti di tutela paesistica, costituendosi quindi come luogo di coordinamento di tutte le
iniziative concorrenti all’attuazione della politica regionale di gestione del paesaggio. Ne fanno parte, oltre
allo stesso Piano Territoriale Paesistico Regionale, i Piani Territoriali di Coordinamento delle province e dei
Parchi regionali, le disposizioni regionali che concorrono alla qualificazione paesaggistica dei progetti, quali: i
criteri di gestione che corredano i provvedimenti dei vincoli paesaggistici, gli indirizzi destinati agli Enti locali
titolari per le competenze autorizzative negli ambiti assoggettai a tutela di legge, le “Linee guida per l’esame
paesistico dei progetti” per promuovere la qualità progettuale in tutto il territorio.
Tutti questi piani e indirizzi trovano negli strumenti urbanistici comunali il momento organizzativo e
dispositivo guida conclusivo e nell’autorità comunale l’organo che orienta e controlla le concrete
trasformazioni paesaggistiche del territorio, con le autorizzazioni in ambiti assoggettati a tutela di legge e
l’esame paesistico dei progetti nel resto del territorio. Questo ruolo pragmatico determinante del piano
urbanistico comunale nel quadro strategico complessivo di tutela del paesaggio si ritrova anche nel Codice
dei Beni Culturali e del Paesaggio, dove al Piano Paesaggistico è dato di innovare le procedure autorizzative
e di ridurne l’applicazione per buona parte del sistema dei vincoli solo quando si disponga anche di uno
strumento urbanistico comunale che traduca la pianificazione regionale ad una scala di maggior dettaglio e
quindi di più diretto rapporto con le reali trasformazioni paesaggistiche del territorio.
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Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Si configura in tal modo un complesso sistema regionale di tutela paesaggistica che ha al suo centro il
Comune e il suo Piano di Governo del Territorio.
La disponibilità attuale di un sistema di riferimenti paesistici congruenti in quanto derivati dalla comune
matrice del Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR), costituisce un’opportunità che non può essere
sottovalutata nel definire i contenuti di natura paesistica dei nuovi Piani di Governo del Territorio.
Nei tre atti che costituiscono il PGT il paesaggio diventa un’opportunità di corretta valorizzazione del
territorio e attenta gestione dello sviluppo. il PGT rappresenta il livello generale più vicino al territorio e alla
concretezza delle pratiche di governo. Esso è quindi investito di grandi e decisive responsabilità in ordine
alla tutela del paesaggio. Il compito di tutela affidato al PGT è declinato secondo le tre accezioni previste dal
Codice dei Beni Culturali, nella scia della Convenzione Europea del Paesaggio: tutela in quanto
conservazione e manutenzione dell’esistente e dei suoi valori riconosciuti, tutela in quanto attenta gestione
paesaggistica e più elevata qualità degli interventi di trasformazione, tutela in quanto recupero delle
situazioni di degrado. Il paesaggio, se sul piano delle analisi può essere considerato un tema tra i molti che il
piano deve trattare, è invece presente verticalmente nelle determinazioni del piano, siano esse scelte
localizzative, indicazioni progettuali, disposizioni normative, programmi di intervento o altro. Nulla di ciò che il
piano produce è estraneo alla dimensione paesistica. Ciò sancisce la reciproca centralità del paesaggio nel
piano e del piano nelle vicende del paesaggio.
3.4 Il Piano Paesistico per Madone
Per valutare la rilevanza paesistica di un territorio non esistono protocolli universalmente accettati né criteri
di giudizio universalmente condivisi. Ciò non significa che si cada inevitabilmente nell’arbitrarietà del gusto
individuale immotivato e immotivabile. Si possono infatti indicare criteri, utilizzabili per attribuire un valore in
modo argomentato, che si stanno sedimentando nella prassi corrente.
In tal senso in Lombardia, si può fare riferimento, oltre che al PTPR e alle indicazioni contenute nei PTCP
delle singole province, almeno a due pubblicazioni ufficiali della Regione:
- i criteri relativi ai contenuti di natura paesistico-ambientale dei PTCP (BURL 3° supplemento straordinario
al n. 25 del 23 giugno 2000).
- le linee guida per l’esame paesistico dei progetti (BURL – 2° supplemento straordinario al n. 47 del 21
novembre 2002)
Nei criteri relativi ai contenuti di natura paesistico-ambientale dei PTCP, il capitolo 4.2.2 è dedicato al tema
della attribuzione di rilevanza paesistica, a partire dalle segnalazioni contenute nelle "carte delle rilevanze
naturalistiche e paesaggistiche", che fanno parte rispettivamente delle Carte Geoambientali (per la
montagna) e delle Basi Ambientali della Pianura (per la pianura). Nella tabella che accompagna il testo sono
individuati, indicativamente, i criteri che possono essere adottati nel determinare la rilevanza paesistica delle
diverse categorie di elementi contenute nella legenda della carta delle rilevanze, anche tramite l'ausilio di
altri documenti ed elaborati cartografici e descrittivi. Queste indicazioni sono pertinenti al livello provinciale
più che a quello comunale, ma sono ugualmente utilizzabili come traccia per il percorso valutativo.
Nelle Linee guida per l’esame paesistico dei progetti sono indicati tre criteri per la valutazione della
sensibilità paesistica dei luoghi:
- morfologico-strutturale
- vedutistico
- simbolico.
Per ciascuno di tali criteri, si propongono due livelli di lettura: sovralocale e locale, che corrispondono ai due
“criteri di riferimento” (territoriale e locale) indicati in precedenza.
Sebbene la finalità del documento citato sia la valutazione della “sensibilità paesistica” dei siti in funzione
dell’esame paesistico dei progetti, le indicazioni che contiene sono utilmente applicabili anche al problema
che qui interessa, garantendo coerenza e continuità tra fase di impostazione e fase di gestione del PGT. Il
metodo proposto non è ovviamente da intendersi come meccanismo automatico e banale di “azzonamento”
paesistico, ma piuttosto come lettura organica dell’intero territorio dal punto di vista delle relazioni e dei
diversi sistemi ed elementi di paesaggio che lo connotano localmente e rispetto al contesto più ampio. 3.4 Il
Piano Paesistico per Madone
Per il Piano Paesistico di Madone si è scelto di seguire l’impostazione proposta dalle Linee guida per
l’esame paesistico dei progetti, prendendo in considerazione l’intero territorio: per ogni criterio di valutazione
è stata elaborata una tavola che, da una parte rileva gli elementi per ogni ambito (morfologico, vedutistico,
simbolico) e dall’altra compie, in merito a questi elementi, una valutazione della sensibilità.
A completamento dell’analisi si associa una tavola che raccoglie e sintetizza le valutazioni precedenti e
definisce gli indirizzi di gestione e di tutela del paesaggio. Tali indicazioni sono parte integrante degli obiettivi
strategici del Documento di Piano.
78
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3.4.1 Carta della semiologia antropica e del verde sinantropico
La carta della semiologia (allegato A) è redatta in scala 1:7.500 su cartografia aerofotogrammetrica. La carta
individua i segni che costituiscono la struttura storicizzata del territorio. Un paesaggio è tanto più sensibile ai
mutamenti quanto più conserva le tracce della propria identità storica. Un forte indicatore di sensibilità è
quindi il grado di trasformazione recente, o, inversamente, di relativa integrità dei luoghi, sia rispetto ad una
condizione di naturalità, che alle forme storiche di elaborazione antropica.
Con la carta della semiologia si verifica l’appartenenza del sito a paesaggi riconoscibili e leggibili come
sistemi strutturali fortemente correlati, connotati da comuni caratteri linguistici e formali.
Gli elementi che vengono segnalati sono:
•
•
•
•
•
strutture morfologiche, come crinali, orli di terrazzo, sponde fluviali, scarpate morfologiche, rete
idrografica minore, etc.,
elementi naturalistico-ambientali significativi: alberature, monumenti naturali, boschi, fontanili, zone
umide…
elementi di interesse storico-artistico: percorsi, canali, manufatti ed opere d’arte, edifici rilevanti
componenti del paesaggio agrario storico: filari, elementi della rete irrigua e relativi manufatti, nuclei
e manufatti rurali
testimonianze della cultura formale e materiale che caratterizzano un determinato ambito storicogeografico: soluzioni stilistiche tipiche, utilizzo di specifici materiali e tecniche costruttive.
L’immagine di Madone è legata alla tradizione agricola e ai segni che questa ha lasciato sul territorio nel
corso dei secoli. Gli stessi segni che l’introduzione di nuove tecniche di coltivazione meccanizzate e
l’espansione continua del costruito stanno progressivamente cancellando con conseguenze negative sia
sulla percezione del paesaggio (perdita d’identità culturale, omogeneizzazione delle tessiture…) che sulla
qualità ecologica e ambientale del suolo (impoverimento dei terreni con rischio di formazione del deserto
agricolo,…).
La struttura semiologica del territorio di Madone è stata analizzata secondo la componente degli elementi
naturali o seminaturali (Semiologia seminaturale e del verde sinantropico) e secondo la componente
degli elementi derivati dall’attività dell’uomo (Semiologia antropica).
Semiologia seminaturale e del verde sinantropico
• filari e siepi erborate
• colture in serra
• seminativi
• fascia boscata
• giardino storico
• corsi d’acqua e rete idrografica minore
• paleoalvei
Semiologia antropica
• centro storico
• luoghi di culto
• edifici rurali
• ville storiche
• rete stradale storica
• segni della centuriazione romana
• rete ferroviaria
• manufatti della rete irrigua minore
3.4.2 Carta della visualità
Il concetto di paesaggio è sempre fortemente connesso alla fruizione percettiva.
Non ovunque, però si può parlare di valori panoramici e di relazioni visive rilevanti.
Una valutazione vedutistica si applica là dove si stabilisce una relazione tra osservatore e territorio di
significativa fruizione visiva per qualità del quadro paesistico percepito, per ampiezza, per particolarità delle
relazioni visive tra più luoghi.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
La carta della visualità mette in evidenza le linee del paesaggio percepibile, non rispetto a punti di vista
specifici, ma rispetto all’insieme complessivo degli aspetti morfologici presenti. In altre parole, l’analisi
individua e descrive gli elementi fondamentali che “segnano, distinguono, caratterizzano l’ambito stesso e
attirano l’attenzione a causa della loro forma, dimensione e significato” (Romani, 1988). L’elaborato tende a
mettere in evidenza le linee di forza e di tensione e inoltre rende possibile valutare gli elementi descritti
rispetto all’importanza relativa dei diversi fattori visuali presenti, considerando indirettamente anche la
“fragilità visuale” relativa di ciascuno di loro. Nella tavola vengono individuati gli “ambiti percettivamente
omogenei per struttura e caratteristica”, le “emergenze architettoniche”, la “visualità su strade principali” e gli
elementi detrattori della qualità visiva del paesaggio.
Madone sorge su un’area prevalentemente pianeggiante. Nonostante non ci siano elementi morfologici che
ne caratterizzino l’immagine paesistica, all’interno del territorio possono essere individuati ambiti che
percettivamente possano risultare omogenei:
•
•
•
•
•
•
•
il centro storico: è generalmente, per caratteristiche di omogeneità e compattezza, un corpo ben
distinguibile visivamente dal resto dell’urbanizzato. Sebbene l’espansione edilizia degli ultimi
decenni (anni ’60-’70) abbia portato ad una perdita di leggibilità del nucleo del centro storico per
affiancamento, tuttavia la tipologia costruttiva e l’utilizzo dei materiali consente ancora di identificare
la struttura morfologico-insediativa dell’edificato storico ed il rapporto che storicamente si è
determinato con il territorio di contesto, con le infrastrutture ed in genere con le altre componenti
paesistiche.
urbanizzato omogeneo: attorno al nucleo del centro storico si riconosce una corona edificata che,
nonostante raggruppi tipologie edilizie diverse, costituisce
margine discontinuo tra urbanizzato e agricolo
il paesaggio agricolo caratterizzato da filari, siepi erborate e manufatti rurali
elementi di forte visualità: la chiesa parrocchiale
elementi detrattori: costituiscono elementi di disturbo e di interferenza della visualità le linee
elettriche aeree, edifici industriali privi di mitigazione
visualità su percorsi: vista verso nord sull’arco prealpino orobico
3.4.3 Carta degli elementi simbolici
La carta degli elementi simbolici individua il valore che le comunità locali attribuiscono ad un luogo, non in
relazione alla sua componente formale, ma ai significati che questo assume nella formazione dell’identità
collettiva locale.
La valutazione simbolica ha preso in considerazione tutti quegli elementi, o gruppi d elementi, che rivestono
un ruolo rilevante nella definizione e nella consapevolezza dell’identità locale. Al centro storico, sede
privilegiata della storia e degli avvenimenti locali, si affiancano tutti quei beni, isolati e non, quali edifici,
percorsi e manufatti che hanno rivestito un ruolo importante nella storia del territorio. Una segnalazione
particolare meritano i luoghi di culto (chiese e cimiteri) quali principali riferimenti per la cultura e la devozione
locale.
3.4.4. Valutazione della sensibilità paesistica dei luoghi
Per ogni ambito di valutazione viene elaborata una carta della sensibilità, che attribuisce alle parti di territorio
indagato un valore (da molto basso a molto alto) a seconda degli elementi che lo caratterizzano.
Il giudizio complessivo tiene conto delle valutazioni effettuate in riferimento ai tre modi e alle chiavi di lettura
considerate esprimendo in modo sintetico il risultato di una valutazione generale sulla sensibilità paesistica
complessiva del sito. La classe di sensibilità paesistica (giudizio complessivo) è da esprimersi in forma
numerica secondo la seguente associazione:
1. Sensibilità paesistica molto bassa
2. Sensibilità paesistica bassa
3. Sensibilità paesistica media
4. Sensibilità paesistica alta
5. Sensibilità paesistica molto alta
3.4.5 Indicazioni per la gestione e la tutela dei luoghi
Dall’analisi della componente paesaggistica emergono criticità e potenzialità che indirizzano verso strategie
di gestione e tutela dei luoghi.
Le indicazioni proposte rientrano pienamente nelle disposizioni previste dal PTCP per il territorio di Madone.
•
80
Ripristino e/o miglioramento del grado di naturalità delle sponde del torrente Dordo.
Il torrente Dordo costituisce un’importante infrastruttura naturale per la costruzione della rete
ecologica del territorio di Madone e della pianura bergamasca. È quindi necessario invertire i
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
processi di cementificazione incontrollata delle sponde e dell’alveo del torrente, avviando strategie
mirate alla sua rinaturalizzazione.
•
Mantenimento del territorio a vocazione agricola come area strategica di connessione, salvaguardia
ambientale e miglioramento del paesaggio.
Sembra ormai assodato, sia a livello nazionale che europeo, il ruolo da attribuire alle aree agricole
per il miglioramento della qualità ambientale del territorio.
Gli studi e la bibliografia in merito sono assai vasti; quello che manca è una prassi operativa
consolidata, capace di realizzare il connubio tra attività agricola e recupero ambientale.
Nel più generale quadro del paesaggio, assunto come risorsa concorrente a promuovere nuove forme di
sviluppo sostenibile, la tutela dei valori identitari del territorio passa anche e soprattutto attraverso
l’incentivazione di una progettualità di qualità che si ponga in rapporto positivo con il contesto e che
coinvolga un’ampia gamma di aspetti e di scale, da quella territoriale fino ai progetti di trasformazione che
riguardano manufatti, impianti ed infrastrutture.
L’attenzione rivolta, nell’ultimo decennio, al paesaggio rurale è dovuta in parte alla possibilità di sfruttare le
risorse rurali nel quadro del recupero delle caratteristiche ambientali e sociali della campagna. Il settore
primario, infatti, è per molti versi l’unico in grado di generare, oltre alle esternalità negative, anche le
esternalità positive che il mercato però, attraverso il sistema dei prezzi, non riesce a remunerare. È
necessario, quindi, intervenire sostenendo i servizi che gli imprenditori agricoli possono svolgere a favore
della collettività attraverso o il pagamento di contributi per la produzione di colture meno redditizie ma che
creano effetti esterni positivi, o la remunerazione dei vari servizi ambientali e paesaggistici svolti
dall’imprenditore tramite la sua permanenza nei territori più marginali. Ne consegue che questi contributi
dovranno essere strettamente commisurati sia al beneficio che ne deriva per la collettività sia al costo che
deve essere sopportato dall’imprenditore agricolo. Il pagamento di contributi per la produzione di servizi
rispetto al generico sostegno del reddito ha il grosso vantaggio di risultare sia più conveniente per la
collettività sia più accettabile dal punto di vista sociale. Contemporaneamente, la figura dell’imprenditore
agricolo viene rivalutata in quanto non risulta più il beneficiario di politiche assistenziali ma come colui il
4
quale produce benefici per la collettività .
•
Tutela e valorizzazione del patrimonio architettonico rurale attraverso recupero e conservazione dei
manufatti associati ad una ridestinazione d’uso anche di tipo residenziale.
Valorizzazione del patrimonio architettonico rurale attraverso interventi che pongano attenzione tanto alle
singolarità architettonico-monumentali che ai tessuti edilizi, provvedendo alla sistemazione degli spazi
pubblici, al recupero degli elementi stilistici dell’edilizia di base, al ridisegno degli elementi di arredo urbano.
Interventi di recupero del patrimonio storico possono, inoltre, consentire, oltre alla trasformazione della
destinazione funzionale da agricola a residenziale, la realizzazione di servizi culturali, quali musei, spazi
espositivi, servizi che, se già esistenti, potranno essere riqualificati ed immessi in reti locali e regionali. In
questo ambito particolare attenzione dovrà essere posta all’individuazione di sistemi di gestione innovativi, in
grado di favorire la convergenza di interessi pubblici e privati e di generare concreti ritorni economici,
giacchè è noto che molti investimenti in questo settore si sono vanificati a fronte di una insostenibilità
5
finanziaria e gestionale da parte delle piccole realtà amministrative locali .
4
Piano Strategico Nazionale, Gruppo di lavoro “Paesaggio”. Documento tematico. Ottobre 2006
5
ibidem
81
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
4. IL RAPPORTO STRATEGICO
Sommario
1) L’individuazione degli aspetti chiave per lo sviluppo del Documento di Piano
2) I contenuti del Documento di Piano
2.1 Le fasi preliminari
2.2 I criteri informatori
2.3 I contenuti generali del Documento di Piano
2.4 I caratteri della popolazione e la stima dei fabbisogni
3) I criteri generali per le trasformazioni
4) I sistemi del Documento di Piano
5) Gli obiettivi del Documento di Piano per il Piano delle Regole e il Piano dei Servizi
6) Le linee guida per le norme di attuazione del Piano delle Regole e del Piano dei Servizi
7) Le azioni sul territorio
8) I contenuti del Piano delle Regole
9) I contenuti del Piano dei Servizi
10) Le indicazioni del Documento di Piano
10.1 Campo di applicazione del Documento di Piano
10.2 Tipologie di indicazioni
10.3 Valore delle previsioni
10.4 Ambito di competenza e strumenti operativi
10.5 Rapporti tra Documento di Piano e gli altri strumenti del PGT
10.6 Rapporti tra il Documento di Piano e la pianificazione sovracomunale
11) La Valutazione Ambientale Strategica
11.1 I principi ispiratori
11.2 Il percorso
11.3 I risultati attesi
11.4 La fase conoscitiva
11.5 La fase interpretativa
11.6 La fase valutativa
11.7 La fase partecipativa
12) Obiettivi ed azioni strategiche del Documento di Piano
12.1 Obiettivi generali
12.2 Obiettivi specifici
13) Contenuti e obiettivi del Piano delle Regole
14) Contenuti e obiettivi del Piano dei Servizi
15) Proposte migliorative dei cittadini
16) Criteri per gli insediamenti commerciali
17) Disciplina delle destinazioni d’uso
18) Impianti per la ricezione telefonica e radiotelevisiva
19) Sostenibilità e risparmio energetico
20) Componente geologica, idrogeologica e sismica
21) Rapporto fra PGT e PRG vigente
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
1) L’INDIVIDUAZIONE DEGLI ASPETTI CHIAVE PER LO SVILUPPO DEL DOCUMENTO DI PIANO
Le scelte di indirizzo per la redazione del Documento di Piano vertono evidentemente dagli indirizzi generali
che l’Amministrazione si è posta e dalle analisi svolte nell’elaborato “ Relazione del Documento di Piano”.
I dati emersi dallo studio del territorio di Madone, riferiti agli aspetti ambientali ed urbani, nonché
socioeconomici e di servizi alla persona, hanno avuto lo scopo di individuare gli obiettivi che il documento
dovrà raggiungere partendo dai risultati emersi dalle indagini sul territorio.
Le indicazioni suggerite dall’Amministrazione sono emerse nell’atto fondamentale di riferimento per
l’elaborazione del Documento di Piano, costituito dal programma di mandato dell’Amministrazione Comunale
approvato dal Consiglio Comunale all’esordio della Amministrazione in carica.
Tale documento costituisce parte della programmazione della giunta municipale nello sviluppo urbanistico
del territorio di Madone, con l’individuazione di alcuni obiettivi emersi dal processo di partecipazione
popolare, nonché dalle idee interne di rinnovamento.
L’impegno offerto ai cittadini di Madone non vuole essere uno sterile elenco di progetti da realizzare, ma un
patto che contenga, accanto a chiari punti programmatici, le ragioni e le motivazioni profonde dell’impegno
civile e democratico, in sostanza si tratta di un patto tra cittadini e Amministrazione che ha le sue
fondamenta intorno a due punti indispensabili: disponibilità e partecipazione.
Le strategie generali indicate dagli indirizzi consiliari di governo sono:
- partecipazione;
- perequazione;
- rigore contabile;
- politiche sociali integrate;
- rapporto tra cultura e scuole;
- contenimento delle espansioni residenziali e produttive e conseguente riduzione del consumo di suolo;
- valorizzazione e tutela degli spazi agricoli e di valenza ambientale e paesistica.
2 I CONTENUTI DEL DOCUMENTO DI PIANO
2.1 LE FASI PRELIMINARI
La redazione del Documento di Piano, parte costituente del nuovo Piano di Governo del Territorio (P.G.T.)
del Comune di Madone, è stata preceduta da una fase preventiva di conoscenza delle trasformazioni
storiche del territorio e di verifica e analisi dello stato di fatto, che si è sostanziata, oltre che con la presente
relazione, con la redazione dei seguenti elaborati:
Tav. 1 - Inquadramento territoriale
Tav. 2 - PTCP- Schema previsioni per l’ambito comunale
Tav. 3 - Sistema della mobilità sovracomunale
Tav. 4 - Disposizioni paesistico ambientali del PTCP
Tav. 5 – Mobilità locale
Tav. 6 - Mosaico dei piani urbanistici dei comuni contermini
Tav. 7 - Soglie dell’evoluzione urbana
Tav. 8 - Siti ed emergenze di carattere storico-artistico-monumentale
Tav. 9 - Vincoli vigenti
Tav .10 - Schema previsioni PRG vigente
Tav. 11 - Carte d’uso dei suoli
Tav. 12 - Carta dell’assetto idrologico e geomorfologico
Tav. 13 - Uso del suolo
All. A - Piano Paesistico – Carta della semiologia e della sensibilità morfologica
All. B - Piano Paesistico – Carta della visualità e della sensibilità vedutistica
All. C – Piano Paesistico – Carta della sensibilità simbolica
All. D – Piano Paesistico – Indicazioni per la tutela e la valorizzazione
L’analisi dello stato del territorio e la verifica delle previsioni insediative e dell’apparato normativo del Piano
Regolatore Generale vigente, confrontate con le diverse esigenze ed istanze di rinnovo, modifica ed
adeguamento espresse sia dai Pubblici Amministratori che dai Cittadini con apposite richieste e segnalazioni
scritte, cui è seguita una fase di verifica ed approfondimento delle problematiche territoriali, hanno permesso
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
di approntare le proposte disciplinari e l’ elaborato grafico/progettuale contenenti le indicazioni di sviluppo e
governo del territorio.
2.2 I CRITERI INFORMATORI DEL DOCUMENTO DI PIANO
I criteri informatori che hanno guidato la stesura del Documento di Piano, in coerenza con i contenuti
precipui delle linee programmatiche dell’Amministrazione Comunale, sono in sintesi i seguenti:
- Verifica delle previsioni del vigente Piano Regolatore Generale, con sostanziale ridefinizione delle stesse
relativamente al sistema viabilistico ed infrastrutturale, alla destinazione dei vari ambiti urbanistici, alle
modalità di attuazione, gestione e sviluppo delle varie parti del territorio, al fine di fissare tutti gli elementi di
proposta ed indirizzo in materia di governo del territorio da mettere a punto e delineare in via definitiva
all’interno del Piano dei Servizi e del Piano delle Regole.
- Ridefinizione dei contenuti prescrittivi e di indirizzo delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano
Regolatore Generale vigente, con l’intento di semplificarne il più possibile le modalità attuative, gestionali e
previsionali e di produrre conseguentemente un documento di indirizzi disciplinari costituente la base
normativa del Piano dei Servizi e del Piano delle Regole.
- Valorizzazione dei caratteri ambientali del territorio, secondo la finalità di conseguire la tutela degli aspetti
paesistici e naturalistici compatibilmente con la coesistenza delle normali attività umane, soprattutto di tipo
residenziale, e in coerenza con le indicazioni del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.
- Identificazione delle modalità di intervento finalizzate a garantire le necessarie compatibilità e sostenibilità
degli insediamenti infrastrutturali legati alla mobilità e alla produzione con le preesistenze ambientali da
valorizzare e con i luoghi della residenza e delle attività umane di relazione.
- Adeguamento delle previsioni di governo urbanistico del territorio alle innovate disposizioni legislative in
materia di destinazioni d’uso e di disciplina del commercio.
2.3 I CONTENUTI GENERALI DEL DOCUMENTO DI PIANO
Superando i tradizionali concetti di pianificazione legati alla suddivisione del territorio in distinte zone
urbanistiche (zoning), anche in corerenza con gli indirizzi dettati dalla legge regionale n.12/2005, il
Documento di Piano individua gli obiettivi primari della pianificazione del territorio di Madone a partire
essenzialmente dai caratteri urbanistici, infrastrutturali e paesistici delle sue varie parti e componenti.
Gli ambiti del tessuto urbano consolidato e più densamente antropizzato vengono trattate secondo le
previsioni e modalità progettuali di un Piano di riordino, sistemazione e riassetto urbano e viabilistico, mentre
gli ambiti dalle più spiccate connotazioni rurali, ambientali e paesistiche vengono trattati secondo le
previsioni e modalità progettuali di un Piano di tutela e valorizzazione paesistica.
Un dato che accomuna dal punto di vista delle previsioni urbanistiche (progettuali e normative) i vari ambiti
territoriali principali è costituito dalla medesima modalità di attuazione delle zone edificate o edificabili, per
ogni destinazione ammessa, secondo finalità di semplificazione ed univocità delle modalità di governo del
territorio e di perequazione urbanistica degli interventi.
Per gli ambiti territoriali da sottoporre a particolari modalità di tutela e salvaguardia ambientale, il Documento
di Piano propone al Piano delle Regole indirizzi normativi finalizzati alla protezione delle zone verdi e
boschive, delle aree a conduzione agricola, dei corsi d’acqua, dei percorsi di collegamento, dei fabbricati e
nuclei sparsi isolati.
La finalità perseguita è quella di salvaguardare l’ambiente naturale esistente, di tutelare e valorizzare gli
elementi morfologici e pedologici, di valorizzarne le caratteristiche, le vocazioni e le potenzialità, di
individuarne gli utilizzi compatibili, di tutelare ed indirizzare l’attività colturale agricola, di assicurare la
fruibilità e la permanenza umana nei luoghi ai fini ambientali e paesistici, con l’indirizzo preminente di
perseguire da un lato la salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio in tutte le sue parti
costituenti e dall’altro favorirne comunque la fruibilità e permanenza umana, unica garanzia per una effettiva
e continuativa tutela e manutenzione.
Il Documento di Piano si configura come un vero e proprio atto programmatorio che l’Amministrazione
Comunale di Madone pone a capo delle proprie linee di mandato in ordine alle articolate e complesse
politiche di governo del territorio.
Come stabilito dalla legge regionale n.12/2005, il Documento di Piano definisce:
- il quadro ricognitivo e programmatorio di riferimento per lo sviluppo economico e sociale del Comune,
anche sulla base delle proposte dei cittadini singoli o associati e tenuto conto degli atti di programmazione
84
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
provinciale e regionale, eventualmente proponendo le modifiche o le integrazioni della programmazione
provinciale e regionale che si ravvisino necessarie;
- il quadro conoscitivo del territorio comunale, come risultante dalle trasformazioni avvenute nel tempo,
individuando i grandi sistemi territoriali, il sistema della mobilità, le aree a rischio o vulnerabili, le aree di
interesse archeologico e i beni di interesse paesaggistico o storico-monumentale, e le relative aree di
rispetto, i siti interessati da habitat naturali di interesse comunitario, gli aspetti socio-economici, culturali,
rurali e di ecosistema, la struttura del paesaggio agrario e l’assetto tipologico del tessuto urbano e ogni altra
emergenza del territorio che vincoli la trasformabilità del suolo e del sottosuolo;
- l’assetto geologico, idrogeologico e sismico del territorio comunale.
In base a quanto sopra, al Documento di Piano spetta quindi il compito di :
1) individuare gli obiettivi di sviluppo, miglioramento e conservazione che abbiano valore strategico per la
politica territoriale, indicando i limiti e le condizioni in ragione dei quali siano ambientalmente sostenibili e
coerenti con le previsioni ad efficacia prevalente di livello sovracomunale;
2) determinare gli obiettivi quantitativi di sviluppo complessivo del P.G.T., di cui tengono conto il Piano dei
Servizi ed il Piano delle Regole; nella definizione di tali obiettivi il Documento di Piano tiene conto della
riqualificazione del territorio, della minimizzazione del consumo del suolo in coerenza con l’utilizzazione
ottimale delle risorse territoriali, della definizione dell’assetto viabilistico e della mobilità, nonché della
possibilità di utilizzazione e miglioramento dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale, anche a
livello sovracomunale;
3) determinare, in coerenza con i predetti obiettivi e con le politiche per la mobilità, le politiche di intervento
per la residenza ivi comprese le eventuali politiche per l’edilizia residenziale pubblica, le attività produttive
primarie, secondarie e terziarie, ivi comprese quelle della distribuzione commerciale, evidenziando le
eventuali scelte di rilevanza sovracomunale;
4) dimostrare la compatibilità delle politiche di intervento e della mobilità proposte con le risorse economiche
attivabili dalla Amministrazione Comunale, anche in relazione agli effetti indotti sul territorio contiguo;
5) individuare gli ambiti di trasformazione, definendo i relativi criteri di intervento, preordinati alla tutela
ambientale, paesaggistica e storico–monumentale, ecologica, geologica, idrogeologica e sismica, laddove in
tali ambiti siano comprese aree qualificate a tali fini nella documentazione conoscitiva;
6) determinare le modalità di recepimento delle previsioni prevalenti contenute nei piani di livello
sovracomunale e la eventuale proposizione, a tali livelli, di obiettivi di interesse comunale;
7) definire i criteri di compensazione, di perequazione e di incentivazione.
E’ opportuno specificare che, ai sensi della L.r. n.12/2005, il Documento di Piano non contiene previsioni che
producano effetti diretti sul regime giuridico dei suoli (contrariamente al Piano dei Servizi ed al Piano delle
Regole), ha validità quinquennale ed è sempre modificabile. Scaduto il termine di cinque anni dalla sua
approvazione, il Comune deve provvedere all’approvazione di un nuovo Documento di Piano.
2.4 I CARATTERI DELLA POPOLAZIONE E LA STIMA DEI FABBISOGNI
Al fine di fissare in via preliminare gli obiettivi quantitativi di sviluppo complessivo del P.G.T., il Documento di
Piano si basa su una ipotesi di dimensionamento calcolato tradizionalmente in base ad uno scenario di
sviluppo della popolazione e conseguente fabbisogno abitativo (con proiezione temporale pari
convenzionalmente ad un decennio) derivante dall’analisi dei seguenti fattori:
-andamento della crescita demografica basata su saldi naturali (nati/morti);
-andamento della crescita demografica basata su saldi sociali (immigrati/emigrati);
-andamento dei principali caratteri della popolazione e dei fenomeni di sviluppo socio economico (struttura e
trasformazione delle famiglie, aggregazione e disaggregazione familiare, nuzialità, classi d’età della
popolazione, ecc.).
Il risultato fornisce un dato (teorico) di circa 323 nuovi alloggi ( 969 nuovi vani d’abitazione), pari ad un
fabbisogno complessivo di circa 48.420 mq. di superficie lorda di pavimento (145.260 mc.) di nuova
edificazione residenziale da prevedere nelle ipotesi di sviluppo urbanistico del Piano di Governo del
Territorio.
Occorre tuttavia precisare che si tratta di proiezioni del tutto teoriche, che potrebbero facilmente essere
contraddette dall’evolversi delle situazioni reali anche per il crearsi di fenomeni e condizioni sociali ed
economiche non prevedibili: si pensi a tal proposito che una previsione effettuata dall’Ufficio Statistica della
Regione Lombardia nell’anno 2001 stabiliva per Madone una popolazione di 3.897 unità nell’anno 2011;
85
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
il dato reale ci dice invece che la popolazione di Madone è pari oggi a 3.901 abitanti ( 31.01.2008), cioè
all’incirca la medesima popolazione prevista per il 2011 dalla Regione.
Con riferimento particolare alla legge regionale n.12/2005, occorre specificare che, avendo la medesima
abrogato, fra le altre, la legge regionale n.1/2001 che al titolo terzo stabiliva in 150 mc../abitante ( o 50 mq. di
s.l.p./abitante) il valore medio in base al quale determinare la capacità insediativa residenziale dei piani ed
interventi urbanistici, senza provvedere ad individuare alcun parametro confermativo o sostitutivo del
precedente, il presente Documento di Piano conferma a tal fine il valore già previsto, pari a 150 mc./abitante.
Inoltre, per quanto concerne la tipologia dei servizi e delle attrezzature pubbliche e di interesse pubblico e
generale, per effetto della abrogazione, fra le altre, delle leggi regionali n.51/1975 e n.1/2001 da parte della
legge regionale n.12/2005, non avendo provveduto peraltro la medesima ad effettuare una definizione
confermativa o sostitutiva delle precedenti in ordine alla tipologia e qualità di detti servizi ed attrezzature,
deve essere considerata a tal fine la norma di riferimento nazionale, rappresentata dal Decreto
Interministeriale 2 aprile 1968 n.1444, il quale all’art. 3 stabilisce che sono da considerare spazi pubblici da
assicurare a servizio degli abitanti ( i cosiddetti “standards urbanistici” e con esclusione degli spazi destinati
a sedi viarie) i seguenti:
- aree per l’istruzione, dagli asili nido alla scuola dell’obbligo ( pubbliche e private)
- aree da destinare ad attrezzature di interesse comune: religiose, assistenziali, culturali, sociali, sanitarie,
amministrative, per pubblici servizi, ecc. ( pubbliche e private)
- aree attrezzate a parco, per il gioco e lo sport, con esclusione delle fasce verdi lungo le strade;
- aree per parcheggi.
Le definizioni di cui sopra valgono anche per gli insediamenti produttivi ( ai sensi dell’art. 5 del D.I. 2 aprile
1968 n.1444), mentre per le attività commerciali restano vigenti le normative regionali e nazionali di settore,
con particolare riferimento alla legge regionale 23 luglio 1999 n. 14 e al regolamento regionale 21 luglio
2000 n. 3.
Le tabelle che seguono illustrano i dati di riferimento utilizzati per la costruzione delle ipotesi di sviluppo e
conseguenti fabbisogni abitativi, in base ai quali sono derivati i dati teorici riferiti al dimensionamento del
Documento di Piano.
1) Variazione popolazione e famiglie su base decennale 1981-2001 (Cens. Istat)
Anno
1981
1991
2001
popolazione
n.
2.553
2.781
3.169
variazione
val. ass.
%
228
388
9
14
famiglie
n.
796
925
1.143
variazione
val. ass.
%
129
218
16
23
comp./famiglia
n.
3,20
3,00
2,77
2) Variazione popolazione e famiglie su base annuale 2001-2007 (rielaborazione dati comunali)
Anno
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
popolazione
n.
3.169
3.256
3.388
3.539
3.640
3.765
3.901 ( 31.01.08)
variazione
val. ass.
%
87
132
151
101
125
136
2,74
4,05
4,45
2,85
3,43
3,61
famiglie
n.
1.143
1.188
1.260
1.329
1.411
1.465
1.488
variazione
val. ass.
%
45
72
69
82
54
23
3,93
6,06
5,50
6,17
3,82
1,57
comp./famiglia
n.
2,77
2,74
2,68
2,66
2,57
2,57
2,62
3) Popolazione straniera al 31.01.08 : 244 ( 6,25% del totale della popolazione)
La crescita della popolazione nei decenni 1981-2001 è stata relativamente bassa, con una percentuale
media annua dell’ 1,15% ( media fra saldi naturali –nati/morti – e saldi sociali – immigrati/emigrati).
I nuclei familiari,nel medesimo periodo, sono cresciuti maggiormente, con una media del 2% annuo, cui ha
corrisposto una costante riduzione del n. di componenti per famiglia ( da 3,20 a 2,77).
86
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Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
La crescita demografica annua nel periodo più recente ( 2001-2007) si è fatta invece più sostenuta, con una
media del 3% annuo. In valori assoluti, se la popolazione nel periodo 1981/2001 ( 20 anni) è cresciuta di 616
unità, nel periodo 2001/2007 ( 6 anni) è cresciuta di ben 732 unità.
Analoga considerazione per le famiglie, che crescono nel periodo breve con una media del 4,51% annuo (
rispetto al 2% del ventennio 1981/2001). I componenti per nucleo familiare decrescono invece
costantemente, passando dai 3,20 del 1981 agli attuali 2,62.
In sostanza, l’aumento dei nuclei familiari è stato più sostenuto rispetto al semplice incremento demografico.
4) Famiglie per numero di componenti – 2007 (rielaborazione dati comunali)
N. componenti
1
N. Famiglie
307
N. Componenti 307
2
406
812
3
383
1.149
4
331
1.324
5 e più
61
309
Totale
1.488
3.901
5) Popolazione per classi di età – 2007 ( rielaborazione dati comunali)
Classi d’età
Popolazione
% su pop.
0-5
251
6,43
6-10
198
5,07
11-14
151
3,87
15-20
229
5,87
21-25
212
5,43
26-30
293
7,51
31-55
1.714
43,93
56-60
233
5,97
61-75
253
6,48
oltre75
367
9,40
6) Popolazione per classi d’età aggregate – 2007 (rielaborazione dati comunali)
Classi d’età
Popolazione
% su pop.
0-14
600
15
15-25
441
11
26-60
2.240
58
oltre 60
620
16
Risulta evidente la sostanziale amzianità della popolazione; i residenti con oltre 60 anni sono superiori
numericamente ( sia pur di poco) ai bambini con età fino ai 14 anni e prevalgono nettamente sui giovani dai
15 ai 25 anni. La maggior parte della popolazione ( 58%) è in età matura e comunque lavorativa ( 26-60
anni). In termini aggregati, la popolazione fino ai 30 anni costituisce il 34% del totale, da 31 a 55 anni il 44%,
oltre i 55 anni il 22%.
7) Situazione edilizia residenziale 1981- 2007 ( Istat aggiornata al 2007 con verifica attuazione PRG)
Popolazione
Abitazioni occupate
Stanze occupate
Abitazioni totale
Pop./stanze
Famiglie
Comp. fam.
Fam./abitaz.
Stanze/abitaz.
1981
1991
2001
2007
2.553
754
3.151
823
1,23
796
3,20
1,00
4
2.781
923
3.932
972
1,41
925
3,00
1,00
4
3.169
1.142
4.612
1.212
1,45
1.143
2,77
1,00
4
3.901
1.587
5.713
1.684
1,46
1.488
2,62
0,93
3,60
8) Edifici ad uso abitativo per epoca di costruzione ( Istat aggiornata al 2007 con verifica attuazione
PRG)
Prima del 1919 1919-45 1946-61
1962-71 1972-81 1982-91 1992-07 Totale
47
9
64
102
85
62
192
561
Edifici in totale ( compresi quelli ad uso non residenziale): 719
87
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Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
9) Consumo di suolo e Densità abitativa
Superficie territoriale: mq. 2.980.000
Superficie urbanizzata: mq. 953.200 ( 244 mq. s.u./ab.)
Indice di consumo di suolo: 32%
Indice di consumo di suolo Ambito 18 Isola: 25% ( s.t. mq. 71.340.000, s.u. mq. 17.664.400)
Abitanti al maggio 2007: 3.901
Densità territoriale comunale:
Ab. 1.309/Kmq.
Densità media del territorio Ambito 18 Isola
Ab. 1.015/Kmq.
Densità media provinciale - escluso territorio pedemontano e montano Ab.
931/Kmq.
Densità media provinciale - totale
10) Dimensionamento del vigente PRG 1977-2007:
Abitanti nel 1977:
Famiglie nel 1977:
Vani d’abitazione nel 1977:
2.154
718
2.872
Abitanti previsti dal PRG:
Famiglie previste dal PRG:
Vani d’abitazione previsti dal PRG:
5.900 (incremento rispetto al 1977: 174%)
1.966 (incremento rispetto al 1977: 174%)
7.864 (incremento rispetto al 1977:174%)
Abitanti effettivi ad oggi:
Famiglie effettive ad oggi:
Vani d’abitazione ad oggi:
3.901 (incremento rispetto al 1977: 81%)
1.488 (incremento rispetto al 1977: 107%)
5.713 (incremento rispetto al 1977: 98%)
11) Lo stato di attuazione del PRG vigente ( 1977-2007)
Ambiti a destinazione residenziale
Di previsione
Realizzato
Mc.
Mc.
203.320
183.316
Residuo o in itinere
Mc.
20.004
Stato di attuazione
%
90
Ambiti per attività economiche
Di previsione
Realizzato
Sc.Mq.
Sc. Mq.
112.062
106.314
Residuo o in itinere
Sc. Mq.
5.748
Stato di attuazione
%
95
12) Le previsioni integrative del PRG ( Programmi Integrati di Intervento in itinere)
Ambiti a destinazione residenziale :
Volume
Mc. 64.000
Ambiti per attività economiche:
S. C.
Mq. 53.000
13) Proposte di cittadini e operatori
- Richieste pervenute
- Superfici interessate
n. 14
mq. 62.500
- Sintesi delle richieste:
per destinazioni residenziali
per destinazioni commerciali
per destinazioni produttive o miste per attività economiche
88
mq. 10.330 ( Vol. Mc. 12.500)
mq. 2.500 ( Vol. Mc. 9.000)
mq. 49.640 ( Slp. Mq. 25.000)
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
- Rapporto fra destinazioni richieste: Attività economiche in genere: 80% - Residenza: 20%
- Richieste inerenti la trasformazione di aree agricole o destinate a servizi: mq. 59.970 ( 96%)
14) La situazione delle imprese, dell’occupazione e del pendolarismo
Le imprese registrate a Madone sono 235, con un totale di 1.701 addetti.
44% ( 102) nel settore del commercio, attività direzionali, ricettive e di servizio, con 583 addetti ( 34,27% del
totale).
53% ( 125) nel settore della manifattura e lavorazione prodotti, con 1.113 addetti ( 65,43% del totale)
3% (7) nel settore dell’agricoltura, con 5 addetti ( 0,3% del totale) e circa 97 ha. coltivati nel territorio
comunale.
Delle imprese manifatturiere, circa 110 sono artigiane ( 88% del totale), con 375 addetti ( 37% del totale).
La dinamica vede una modesta crescita dal 1991 ad oggi ( da n. 211 a n. 235 aziende, con incremento
soltanto nel settore del commercio e dei servizi = + 24 unità) .
Dal 1991 ad oggi il n. di aziende ( solo nel settore terziario) aumenta dell’11%, mentre gli addetti
complessivi diminuiscono del 20% ( - 427 unità).
Il numero medio arrotondato di addetti/azienda è pari a 7; nel settore manifatturiero/produttivo è pari a 9, nel
settore terziario è pari a poco meno di 6.
Gli occupati residenti a Madone sono 1.625. Il tasso di attività della popolazione è pari a circa il 42% ( dato
provinciale 40%, dato regionale 43%); i ritirati dal lavoro sono circa il 39% della popolazione attiva ( n. 630),
mentre gli studenti con età superiore ai 15 anni sono il 17% della popolazione non attiva ( n. 268). Circa 731
residenti occupati ( 45%) esercitano la propria attività a Madone, mentre i restanti 894 lavorano al di fuori del
territorio comunale.
Giornalmente si spostano sul territorio comunale, per motivi di lavoro, studio o altro, circa 2.500 persone
residenti, di cui 1.200 in uscita dal comune; circa 1.150 persone entrano in Madone da altri comuni; il
movimento giornaliero complessivo sul territorio comunale ammonta a circa 3.650 individui.
15) Le ipotesi di sviluppo della popolazione e del fabbisogno abitativo
La media storica di crescita registrata è la seguente:
dal 1981 al 2001 crescita annua media pari a + 1,20%
dal 2001 al 2007 crescita annua media pari a + 2,99%
Per una corretta visione del futuro occorre ipotizzare da un lato la doverosa tutela del territorio di Madone e
la conservazione e valorizzazione dei suoi specifici caratteri di qualità urbana, dall’altro un mantenimento,
sia pur contenuto e controllato, della tendenza costante alla crescita degli ultimi anni.
A tale proposito è opportuno segnalare che l’Ufficio Statistica della Regione Lombardia ha effettuato una
previsione per Madone di 4.553 abitanti al 2016.
La tendenza ipotizzata dal Documento di Piano:
Saldo totale annuo positivo pari a + 1,5% - abitanti nel 2007: 3.901 - abitanti nel 2017: 4.443 ( + 610)
L’incremento di 610 abitanti potrebbe dare luogo ad un fabbisogno teorico di circa 203 alloggi ( 3
abitanti/alloggio)
Il fabbisogno abitativo prevedibile è calcolato in circa 323 nuovi alloggi, derivanti da:
- 203 alloggi da destinare ai nuovi nuclei per crescita demografica
- 120 alloggi da destinare a nuovi nuclei che si formeranno per nuzialità e convivenze ( tasso medio 3/1.000
ab./anno)
89
Comune di Madone
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Assumendo il rapporto di tre vani/alloggio e 50 mq. di slp/vano : 969 vani - 48.450 mq. slp ( 145.350 mc.)
15) Le risposte del Documento di Piano al fabbisogno abitativo prevedibile
Al fabbisogno teorico complessivo ( mq. 48.450 di slp. ), il Documento di Piano intende rispondere con
previsioni pari a:
- mq. slp 22.000 all’interno delle operazioni di trasformazione urbana soggette a P.I.I. attualmente in atto
- mq. slp 10.120 all’interno delle operazioni di saturazione dei lotti liberi ( mq. 25.300 x 0,4 mq. slp/s.f.)
- mq. slp 16.300 all’interno delle operazioni di recupero e/o ampliamento degli edifici esistenti
( 20% di 81.500 mq. di slp negli ambiti storici e di consolidati)
per un totale di mq. 48.420 di slp, pari a mc. 145.260.
16) Il peso insediativo residenziale nel Documento di Piano
Mq. slp 48.420: 50 mq./abit. = n. 968 nuovi abit. teorici +3.901 abitanti attuali: 4.869 abitanti teorici.
All’interno delle superfici teoriche sono comprese anche attività e funzioni non residenziali ( commerciali,
direzionali, di servizio, spazi connettivi, ecc.).
L’effettivo peso insediativo prevedibile è dunque misurabile nel 70% del totale:
- mq. slp 48.420 x 70% = mq. slp 33.894, pari a 678 abitanti che, sommati agli attuali 3.901, danno luogo a
4.579 abitanti.
- Raffronto: Peso insediativo teorico complessivo del PGT:
- Peso insediativo teorico prevedibile del PGT:
- Peso insediativo del vigente Piano Regolatore Generale:
4.869 abitanti
4.579 abitanti
5.900 abitanti
17) Bilancio dei servizi e delle attrezzature
Dimensionamento attrezzature a servizio delle zone residenziali
Parcheggi
esist.
di prog.
mq.
1.866
5.073
Verde Pubblico
esist.
di prog.
mq.
109.726
19.025
Attr. Scolastiche
esist.
di prog.
mq.
10.060
11.875
Attr. di inter. comune
esist.
di prog.
mq.
24.965
27.926
Situazione attuale: servizi ed attrezzature esistenti mq. 146.617/ 3.901 ab. = mq. 37,58/ab.
Totale servizi ed attrezzature esistenti e di previsione (su 4.869 abit. teorici )
Parcheggi
mq. 6.939
pari a mq. 1,42 / ab.
Verde Pubblico
mq. 128.751
pari a mq. 26,44 / ab.
Attrezzature scolastiche
mq. 21.935
pari a mq. 4,50 / ab.
Attrezzature collettive
mq. 52.891
pari a mq. 10,86 / ab.
-----------------------------------------------------------Totale
mq. 210.516
pari a mq. 43,23 / ab.
Occorre considerare inoltre la popolazione gravitante sul territorio di Madone e proveniente dall’esterno,
stimata in circa 1.150 persone. A fronte di ciò, calcolata in n. 6.019 la popolazione complessiva da servire, il
rapporto servizi ed attrezzature/ abitante risulta pari a mq. 35,00 .
90
Comune di Madone
Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
18) Dimensionamento destinazioni produttive e compatibili
Nuovo impianto
slp mq.
60.500
Saturazione zone edif. o ampl. edifici
slp. mq.
24.000
Totale
slp. mq.
84.500
19) Attrezzature a servizio delle zone produttive
Parcheggi
esist.
di prog.
mq.
7.268
5.796
Verde Pubblico
esist.
di prog.
mq.
/
4.941
Attr. Collettive
esist.
di prog.
mq.
/
/
Totale
mq.
18.005
Dotazione di previsione: mq. 10.737 ( 12,70 % della S.l.p. destinata a nuovi insediamenti produttivi )
3) I CRITERI GENERALI PER LE TRASFORMAZIONI
1. Coerenza con il quadro strutturale delineato dal Documento di Piano, soprattutto in ordine a :
- Contestualizzazione, cioè coerenza con le localizzazioni proposte per gli ambiti di trasformazione
- Strategicità della trasformazione, cioè corrispondenza alla visione strategica in termini di usi e funzioni
2. Coerenza/compatibilità con il contesto urbano circostante, soprattutto in ordine a:
- Funzioni insediate e insediabili, allo scopo di evitare incompatibilità e criticità
- Assetto morfologico e tipologico, da valutare in rapporto alle caratteristiche formali del tessuto urbano
esistente
- Sistema delle infrastrutture esistenti e programmate, rispetto alle quali le proposte di intervento dovranno
dimostrarsi coerenti e capaci di contribuire alla soluzione dei nodi critici, con riferimento particolare al
sistema della mobilità
3. Assunzione dei principi di sostenibilità ambientale e paesaggistica, con riferimento a:
- Linee guida regionali per il paesaggio urbano, indirizzi di intervento dettati dal PTCP, dal PTPR, dal PTR,
tutti gli ulteriori modelli di sviluppo urbano sostenibile
- Qualità degli spazi pubblici
- Utilizzo di tipologie edilizie e linguaggi architettonici coerenti con il contorno ambientale e paesaggistico
4. Premialità degli interventi a elevata qualità urbana e ambientale, con riferimento a:
- Ricerca di tipologie abitative innovative e adozione di soluzioni tipologiche sostenibili (risparmio energetico)
- Incrementi qualitativi e quantitativi degli spazi pubblici e ricerca di particolari requisiti di identità, fruibilità e
sicurezza dei luoghi;
- Disponibilità ad accogliere modalità perequative, compensative e qualitative indicate e proposte
dall’Amministrazione Comunale
- Localizzazione di funzioni strategiche ad alto contenuto innovativo.
La procedura di prevalutazione dei progetti, sulla base della verifica dell’osservanza o meno dei criteri sopra
richiamati, costituirà il processo critico e selettivo interno all’Amministrazione Pubblica.
4) I SISTEMI DEL DOCUMENTO DI PIANO
A) Sistema insediativo e infrastrutturale
- ambiti di impianto storico per la residenza e le attività compatibili
- ambiti consolidati esterni all’ambito storico per la residenza e le attività compatibili
- ambiti consolidati o di nuovo impianto per le attività economiche
- infrastrutture per la mobilità di previsione sovracomunale
91
Comune di Madone
Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
B) Sistema dei servizi
- verde naturale e attrezzato di fruizione collettiva
- attrezzature ed impianti per le pratiche sportive
- sistema della mobilità e parcheggi
- sistema dei percorsi ciclo-pedonali e di fruizione paesistica
- edifici ed attrezzature destinate a servizi di interesse collettivo ( culturali, sociali, amministrativi, ecc.)
- edifici ed attrezzature destinate all’istruzione
C) Sistema delle tutele ambientali
- il PLIS del Basso Brembo
- il sistema paesaggistico/ambientale del PTCP
- gli ambiti dei corsi d’acqua
- il sistema del verde naturale, boschivo, di fruizione collettiva e le connessioni ecologiche
- il sistema delle aree a conduzione agricola
5) GLI OBIETTIVI DEL DOCUMENTO DI PIANO PER IL PIANO DELLE REGOLE ED IL PIANO DEI
SERVIZI
1) Ambiti residenziali di impianto storico:
- tutelare l’impianto urbano di matrice storica
- tramandare l’edilizia storica ed i suoi caratteri costruttivi dove permangono
- valorizzare o ridare identità agli spazi pubblici
- consentire la sostituzione degli edifici recenti privi di valore storico
- contenere e regolare il traffico veicolare
- trasferire le funzioni incompatibili
2) Ambiti residenziali da riqualificare, ambiti consolidati
- migliorare la qualità urbana
- riqualificare la aree degradate, anche sostituendo il tessuto edilizio dismesso
- organizzare e valorizzare gli spazi liberi pubblici e privati
- consentire il completamento dei lotti liberi privilegiando la destinazione residenziale
- consentire la completa attuazione dei programmi di intervento avviati
- recuperare e destinare ad altre funzioni gli edifici non più utilizzati per le originarie funzioni
- indirizzare verso l’utilizzo di linguaggi architettonici e tipologie edilizie unitari e dialoganti con
l’intorno ambientale
- osservare adeguati criteri di sostenibilità riferiti al risparmio energetico, allo sviluppo delle fonti
energetiche rinnovabili, al corretto impiego dell’energia.
3) Ambiti per le attività economiche
- incentivare la permanenza dei luoghi del lavoro, ricercando la compatibilità con la residenza
- incentivare la messa in sicurezza degli eventuali impianti a rischio di incidente
- favorire gli interventi di adeguamento tecnologico e funzionale
- favorire, per quanto possibile, l’insediamento di nuove attività nei siti dismessi, di programmata
dismissione o sottoutilizzati.
4) Ambiti per i servizi e le attrezzature pubbliche e private di uso collettivo
- adeguare la dotazione di servizi in misura conforme alle effettive esigenze ed alla realistica
sostenibilità e fattibilità economica
- migliorare ed arricchire la dotazione di percorsi pedonali e ciclabili
- organizzare la mobilità e la viabilità locale con particolare riferimento alla sicurezza e alla dotazione
di parcheggi
- favorire la soluzione delle problematiche connesse ai quadri esigenziali delle diverse attrezzature
5) Ambiti di valenza paesistico-ambientale
- valorizzare, tutelare e tramandare i valori ambientali e i luoghi di identificazione storica
- favorire la fruizione ambientale dei luoghi
92
Comune di Madone
Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
- assumere ed approfondire le indicazioni discendenti dai piani sovraordinati e dalle istituzioni
preposte alla tutela paesistico-ambientale, proponendo se del caso gli opportuni adeguamenti in
relazione alle emergenti esigenze locali.
6) LE LINEE GUIDA PER LE NORME DI ATTUAZIONE DEL PIANO DELLE REGOLE E DEL PIANO DEI
SERVIZI
I due strumenti operativi prevedono nelle proprie norme di attuazione, oltre alle specifiche norme disciplinari
urbanistico/edilizie riferite ai vari ambiti territoriali di intervento, anche una serie di articolati normativi riferiti a:
- Proposte migliorative dei cittadini ai contenuti del PGT
Il cittadino/operatore può avanzare proposte che meglio si adattino alle proprie esigenze e consentano un
apprezzabile beneficio per il Comune di Madone.
Tali proposte potranno discostarsi dalle previsioni del Piano delle Regole entro i limiti fissati dal medesimo,
senza che costituiscano variante urbanistica ( per es.: maggiore volume o ingombro dell’edificio o diversa
modalità di intervento a fronte di maggiori benefici al Comune, quali cessioni di aree, esecuzione di opere
pubbliche, monetizzazioni, ecc.)
- Criteri specifici per gli insediamenti commerciali
Definizione dei settori merceologici e delle tipologie commerciali insediabili nei vari ambiti territoriali,
suddivisi fra alto e basso impatto.
Indicazione circa la qualità edilizia degli insediamenti, compreso il rapporto fra organismo commerciale e
spazi urbani sui quali si affaccia.
Definizione delle dotazioni urbane richieste ad ogni insediamento, a partire dalla dotazione minima di
parcheggi.
Modalità di attuazione di ogni singolo intervento.
- Disciplina delle destinazioni d’uso
Determinazione delle attività principali ammissibili e non ammissibili nelle aree ed immobili.
Definizione delle destinazioni d’uso compatibili con quelle principali o complementari.
Determinazione delle aree, attrezzature e servizi ( parcheggi, ecc.) da mettere a disposizione di ogni attività.
Modalità di trasformazione, variazione o adeguamento della destinazione d’uso.
- Disciplina degli impianti per la ricezione telefonica e radiotelevisiva
Individuazione delle aree nelle quali è consentita l’installazione degli impianti, a seconda della tipologia.
Determinazione delle modalità di armonizzazione e compatibilità con il contesto.
Definizione delle cautele finalizzate alla salvaguardia della popolazione ( esposizione ai campi
elettromagnetici).
Definizione delle modalità esecutive e della concertazione dei rapporti Comune/Operatore.
- Disciplina delle modalità costruttive secondo criteri di sostenibilità
Definizione dei criteri esecutivi finalizzati al risparmio energetico, all’uso di fonti rinnovabili, al corretto
impiego della energia.
Determinazione degli edifici e degli interventi da assoggettare ai vari criteri, da quelli minimi a quelli massimi.
Definizione degli specifici incentivi ( volumetrici, economici, ecc.) in base ai diversi requisiti prestazionali
- Rapporti di interrelazione e prevalenza fra PGT, Componente geologica, idrogeologica e sismica,
Valutazione Ambientale Strategica.
- La perequazione
Il meccanismo perequativo permette:
- la acquisizione gratuita di aree da destinare a servizi e attrezzature, in ambiti non assoggettati a
pianificazione attuativa, senza ricorrere all’esproprio
- il superamento del problema della decadenza temporale dei vincoli urbanistici ( 5 anni) e delle
problematiche ad esso connesse ( reiterazione onerosa, determinazione di diritti pregressi, .......)
93
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Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Il modello perequativo proposto si configura come:
- strategico, cioè applicabile solo alle aree che l’Amministrazione Comunale considera strategiche per il
piano
- compensativo, poiché prevede la possibilità di assegnare i diritti edificatori in loco ( max 25% della
superficie destinata a servizi - area di concentrazione dell’edificato da individuare di concerto con l’A.C. o
mediante trasferimento volumetrico in altri ambiti.
In ogni caso il volume riconosciuto è calcolato secondo il parametro di 0,2 mq. di slp/ mq. di s. vincolata
- facoltativo, essendo applicabile ogni qualvolta l’A.C., di concerto con il privato proprietario, lo ritenga
opportuno e conveniente; resta sempre la facoltà per il privato di proporlo in via autonoma all’A.C.
7) LE AZIONI SUL TERRITORIO
1) Sistema urbano residenziale consolidato - Strumento operativo: Piano delle Regole
- valorizzazione e tutela del tessuto urbano di matrice storica
- consolidamento del tessuto costruito
- facilitazione delle operazioni di recupero, riqualificazione, sostituzione
- completamento dei vuoti urbani con finalità di miglioramento della qualità urbana
- conseguimento di adeguati e compatibili mix funzionali
- trasformazione urbana e funzionale di ambiti dismessi
- completamento di ambiti residuali con finalità di riqualificazione territoriale e miglioramento delle
dotazioni e infrastrutturazioni urbane
2) Sistema delle attività economiche - Strumento operativo: Piano delle Regole
- consolidamento degli insediamenti esistenti
- facilitazione delle operazioni di adeguamento funzionale e tecnologico
- facilitazione delle operazioni di riqualificazione e sostituzione funzionale
- mantenimento delle attività economiche compatibili con le funzioni urbane prevalenti
- sviluppo di un sistema economico evoluto in termini occupazionali, funzionali e tecnologici
3) Sistema paesistico/ambientale - Strumenti operativi: Piano delle Regole, Piano dei Servizi
- integrale recepimento delle previsioni e delle azioni di tutela del PTC Provinciale, del P.P. Regionale,
del PLIS del Basso Brembo
- conseguimento di corrette compatibilità paesistico/ambientali degli insediamenti e delle infrastrutture
- tutela e valorizzazione degli ambiti naturali e boschivi di margine e di connessione urbana e degli spazi
verdi di fruizione collettiva
- tutela delle fasce di protezione e valorizzazione dei corsi d’acqua
- mantenimento delle residue aree di margine non edificate con adeguate modalità di conservazione e
valorizzazione del verde esistente
- tutela e valorizzazione delle aree a conduzione agricola
4) Sistema dei servizi, delle attrezzature e delle infrastrutture per la mobilità - Strumenti operativi:
Piano delle Regole e Piano dei Servizi
- adeguamento della dotazione di servizi in misura conforme alle effettive esigenze ed alla realistica
sostenibilità e fattibilità economica
- attribuzione agli ambiti di riqualificazione e consolidamento anche della funzione di arricchimento
quantitativo e qualitativo della dotazione di attrezzature, con particolare riferimento agli spazi per la
sosta degli autoveicoli e per la fruizione del verde pubblico
- organizzazione del sistema della mobilità e della viabilità locale in relazione alla effettiva situazione
territoriale e alle infrastrutturazioni viabilistiche di iniziativa sovracomunale
- valorizzazione delle attrezzature locali e considerazione dei rispettivi quadri esigenziali finalizzati al loro
corretto e tutelato mantenimento e sviluppo.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
5) Sistema dei servizi, delle attrezzature e delle infrastrutture per la mobilità - Strumenti operativi:
Piano delle Regole e Piano dei Servizi
- adeguamento della dotazione di servizi in misura conforme alle effettive esigenze ed alla realistica
sostenibilità e fattibilità economica
- attribuzione agli ambiti di riqualificazione e consolidamento anche della funzione di arricchimento
quantitativo e qualitativo della dotazione di attrezzature, con particolare riferimento agli spazi per la
sosta degli autoveicoli e per la fruizione del verde pubblico
- organizzazione del sistema della mobilità e della viabilità locale in relazione alla effettiva situazione
territoriale e alle infrastrutturazioni viabilistiche di iniziativa sovracomunale
- valorizzazione delle attrezzature locali e considerazione dei rispettivi quadri esigenziali finalizzati al loro
corretto e tutelato mantenimento e sviluppo.
8) I CONTENUTI DEL PIANO DELLE REGOLE
Gli ambiti normativi e le modalità di intervento
I sistemi:
- Le infrastrutture per la mobilità
- Le tutele delle aree da non edificare ( Plis del Brembo, ambiti ad indirizzo agricolo, ambiti con funzione di
salvaguardia paesistica e di ripristino ambientale, ambiti di tutela dei corsi d’acqua e di rispetto dei tracciati
infrastrutturali, fasce di rispetto, .......)
- Il tessuto urbano edificato:
Ambiti di impianto storico ( schede norma - edifici gruppo 5 ricostruzione con slp esistente o max 3 mc/mq)
Ambiti da riqualificare ( ammessi tutti gli interventi; edificazione lotti liberi - 0,4 mq/mq - h. 4 piani)
Ambiti da consolidare ( ammessi tutti gli interventi; edificazione lotti liberi - 0,4 - 0,5 mq/mq - h. 3 - 4 piani)
Interventi in corso ( confermati tutti gli interventi già autorizzati)
Trasferimenti volumetrici ( sempre ammessi secondo i criteri perequativi)
Ambiti per le attività esistenti ( ammessi tutti gli interventi - h. 12 mt. - r.c. 60%)
Ambiti per le attività di nuovo impianto ( ammessi tutti gli interventi - h. 15 mt - r.c. 60%)
Le Norme di Attuazione
9) I CONTENUTI DEL PIANO DEI SERVIZI
La mappatura e schedatura dei servizi ( esistenti e di progetto )
Il sistema delle attrezzature per la mobilità
Il sistema degli spazi per la fruizione del verde
Il sistema delle attrezzature per le attività sportive
Il sistema delle attrezzature per l’istruzione
Il sistema delle attrezzature culturali, amministrative, socio-assistenziali, per il culto religioso
Il sistema dei parcheggi
Il sistema dei servizi immateriali e alla persona
I servizi e le attrezzature esterne al Comune
Il Rapporto generale
La situazione di fatto
La definizione dei bisogni e gli obiettivi prestazionali
La reiterazione dei vincoli
Le norme attuative
La fattibilità tecnico-economica
Il bilancio finale
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
10) LE INDICAZIONI DEL DOCUMENTO DI PIANO
10.1. CAMPO DI APPLICAZIONE DEL DOCUMENTO DI PIANO
Attraverso il Documento di Piano sono espresse le scelte di carattere strategico per il governo, la
pianificazione, la programmazione e la gestione del territorio comunale volte a orientare lo sviluppo
territoriale, sociale ed economico nel rispetto dei principi di tutela delle risorse fisiche, ambientali e culturali.
Il Documento di Piano costituisce riferimento principale per tutti gli atti di pianificazione e programmazione
comunale, siano essi generali o di settore (piano delle regole, piano dei servizi, piani attuativi, piano urbano
del traffico, piano di utilizzo del suolo e sottosuolo).
Gli obiettivi e le strategie contenute nel DdP sono rivolti all’intero territorio comunale e possono avere
influenza anche sulle scelte d’ambito sovracomunale.
10.2. TIPOLOGIE DI INDICAZIONI
Il Documento di Piano esprime le proprie scelte attraverso direttive. Le direttive sono di due tipi:
- Orientative
Indicano una soluzione di riferimento all’interno della quale muoversi per compiere una scelta definitiva. In
pratica lo strumento urbanistico definisce le linee principali dell’azione o dell’intervento che vengono poi
articolate e approfondite nella fase attuativa, ovviamente nel rispetto del principio espresso dalla direttiva
orientativa.
Per esempio:
a) il Documento di Piano esprime la necessità di una misura compensativa in un determinato ambito di
trasformazione, la quale misura viene individuata e definita puntualmente in sede di predisposizione del
piano attuativo;
b) nel Documento di Piano si individua la necessità di sottoporre a tutela un determinato ambito, il quale
verrà normato e perimetrato puntualmente dal Piano delle Regole.
- Puntuali
Sono le scelte che possono o devono essere già definite direttamente dal Documento di Piano perché
ritenute sufficientemente mature e approfondite; in quanto di natura prioritaria e irrinunciabile; perché da
esse dipendono anche altre scelte di piano che non possono essere modificate.
Per esempio:
a) in un ambito di trasformazione è possibile indicare in via definitiva la destinazione d’uso, la tipologia
costruttiva o la realizzazione di una specifica area verde;
b) il Documento di Piano individua la necessità di un collegamento tra due luoghi che può o deve avvenire
secondo determinate modalità e spazi.
10. 3. VALORE DELLE PREVISIONI
Trova cogenza generale e applicazione immediata l’insieme degli obiettivi esplicitati dal Documento di Piano.
Ogni comportamento o iniziativa operante sul territorio o avente riflessi su di esso non può pregiudicare il
raggiungimento degli obiettivi di Piano.
Tutte le direttive sono immediatamente cogenti e applicabili per quanto riguarda il contenuto. Le direttive
puntuali sono inoltre immediatamente cogenti anche per quanto riguarda la forma applicativa. Le direttive
trovano opportuna traduzione normativa negli strumenti che disciplinano puntualmente l’intervento finale
(Piano delle Regole, Piano dei Servizi, Piani Attuativi).
10.4. AMBITO DI COMPETENZA E STRUMENTI OPERATIVI
Al Documento di Piano spetta il compito di definire un quadro conoscitivo e un programma d’azione
relativamente ai diversi sistemi che compongono la realtà territoriale locale e d’ambito sovracomunale:
- ambientale
- insediativo
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
- infrastrutturale
- sociale
- economico
- culturale
L’insieme delle indagini che compongono il Documento di Piano sono raccolte nel quadro conoscitivo.
All’interno di tale documento trovano riscontro le analisi:
- territoriali (uso del suolo, tipologie insediative, stato delle urbanizzazioni, ecc.);
- ambientale (indicatori di stato per acque, suolo, aria, flora, fauna, ecc.)
- statistiche (demografia, economia, ecc.)
- sociologiche e in materia di servizi (fabbisogni, dotazioni, ecc.)
- urbanistiche (stato di attuazione del PRG, indicazioni PTCP, progetti infrastrutturali)
Sulla base del quadro conoscitivo si costruisce una quadro interpretativo che, con valutazioni di ordine
qualitativo e critico, completa la rappresentazione della realtà locale. In particolare in questo documento
vengono espressi ed evidenziati i caratteri peculiari del territorio, le emergenze positive e negative, le
potenzialità e le criticità allo scopo di fornire spunti e suggerimenti per la successiva fase valutativa e
progettuale.
La componente progettuale del Documento di Piano è infine rappresentata dal quadro strategico che
sintetizza in un piano/programma il complesso degli obiettivi, azioni e interventi proposti.
In questo quadro viene rappresentato l’assetto insediativi, infrastrutturale, economico, ambientale, espresso
nelle forme e con gli approfondimenti congruenti con il tenore “strategico” del Documento, ovvero senza le
specificazioni di dettaglio che sono competenza dei piani di settore e dei progetti puntuali.
Coerentemente con la struttura normativa evidenziata precedentemente, sono pertanto qui contenuti gli
indirizzi per l’attuazione delle previsioni espressi nella forma delle direttive orientative e puntuali.
Nel quadro strategico sono anche indicate le eventuali forme perequative, compensative e di incentivazione
connesse con la ripartizione dei diritti edificatori, con la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e con
l’introduzione di bonus edificatori per specifiche categorie e tipologie di interventi.
E’ infine compito di questo documento di progetto individuare le priorità e le modalità di intervento a livello
locale e sovracomunale prevedendo opportune forme di collaborazione e accordo con i soggetti interessati,
pubblici e privati, nonché individuando le risorse finanziarie necessarie.
La costruzione del quadro strategico avviene in modo coordinato e parallelo con la definizione della
Valutazione Ambientale Strategica che ne orienta e limita le scelte attraverso una verifica complessiva degli
effetti rispetto ai sistemi ambientale, sociale ed economico.
10.5. RAPPORTI TRA IL DOCUMENTO DI PIANO E GLI ALTRI STRUMENTI DEL PGT
Come già precedentemente evidenziato esistono delle relazioni gerarchiche tra i diversi strumenti che
compongono il PGT. In particolare si ritiene che vi siano delle indicazioni derivanti dal Documento di Piano
che incidono in modo sostanziale sulle scelte e sulle prescrizioni contenute nel Piano delle Regole e nel
Piano dei Servizi.
Ciò non significa che sono aprioristicamente escluse opzioni di variante ma, viceversa, che tali eventuali
modifiche non devono riguardare le scelte fondative del PGT e che non può essere peggiorato o ridotto il
contributo richiesto allo specifico intervento per il raggiungimento degli obiettivi generali di piano.
Di seguito sono sintetizzate le principali relazioni intercorrenti fra Documento di Piano e altri strumenti di
pianificazione, con specifico riferimento al tipo e al valore delle indicazioni che il primo emette a favore dei
successivi.
E’ evidente che tali indicazioni non valgono per tutti i casi e che devono, di volta in volta, essere adeguate
allo specifico contesto tematico o geografico.
Il rapporto fra il Piano delle Regole e il Documento di Piano è legato alla definizione e individuazione del
tessuto urbano consolidato, delle aree di valore paesaggistico-ambientale e delle aree non soggette a
trasformazione.
In pratica in questa fase il Documento di Piano definisce le linee guida per il riconoscimento delle diverse
valenze territoriali e procede ad una prima individuazione per macro aree.
Per gli stessi ambiti ed aree, il Documento di Piano detta gli obiettivi, che dovranno essere raggiunti e le
azioni da avviare, nel rispetto delle scelte strategiche di sviluppo e conservazione.
Il Documento di Piano rimanda al Piano delle Regole per quanto riguarda la classificazione di dettaglio degli
ambiti di cui sopra, nonché la strutturazione di una normativa che ne governi le trasformazioni.
Il Documento di Piano, in materia di servizi, individua gli obiettivi strategici, quantitativi e qualitativi, che
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
dovranno essere raggiunti mediante le azioni e gli interventi programmati nel Piano dei Servizi.
Spetta inoltre al Documento di Piano definire le priorità d’azione rispetto all’arco temporale di riferimento,
nonché contenere le indicazioni localizzative, più o meno dettagliate, riferite alle infrastrutture di interesse
pubblico.
Come già detto la validità del Documento di Piano è quinquennale ma le indicazioni progettuali in esso
contenute, in particolare in materia di servizi, possono avere una rilevanza anche di lungo periodo.
10.6. RAPPORTI TRA IL DOCUMENTO DI PIANO E LA PIANIFICAZIONE SOVRACOMUNALE
Il Documento di Piano si rapporta in modo diretto con gli strumenti di pianificazione d’area vasta e in
particolare con il Piano Paesaggistico Regionale, con il Piano Territoriale Regionale, con il Piano Territoriale
di Coordinamento Provinciale e con il Parco Locale di Interesse Sovracomunale del basso Brembo, che
rappresentano senz’altro il momento di maggior interesse sia per la scala di approfondimento sia per la
multidisciplinarietà delle tematiche trattate.
Aldilà dei meri rapporti burocratici e procedurali finalizzati alla verifica di compatibilità, appare importante
sottolineare il ruolo propositivo che il Documento di Piano può avere nei confronti delle previsioni di detti
strumenti.
E’ infatti possibile che, a seguito di adeguate valutazioni e approfondimenti alla scala locale, si possano
proporre integrazioni e modifiche alle indicazioni sovralocali, ma anche che, dalle scelte strategiche
comunali, derivino interventi con riflessi sull’ambito sovracomunale.
11) LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA
11.1 I PRINCIPI ISPIRATORI
La Valutazione Ambientale Strategica è qui intesa in senso “integrato” ovvero: non solo la verifica delle
ricadute sull’ambiente (inquinamento, consumo di suolo, ecc.) ma, più in generale, la valutazione degli effetti
indotti dalle scelte di Piano sulla realtà locale letta nelle sue componenti:
- paesistico-ambientale
- sociale
- economica
La Valutazione Ambientale Strategica che dovrà essere redatta parallelamente al presente Documento di
Piano si ispirerà ai seguenti principi di carattere generale, desumibili direttamente dalle direttive comunitarie
e dal quadro normativo nazionale e regionale:
- le scelte del piano (comunale) devono risultare integrate con le scelte degli altri piani (comunali o
sovracomunali; generali o di settore);
- deve essere garantito un processo partecipato che diffonda la conoscenza di base, espliciti i criteri di
sostenibilità, valuti le scelte e le alternative e infine conduca alla definizione di un quadro strategico
condiviso;
- deve essere assicurato, attraverso adeguati strumenti (incontri, pubblicazioni, forum), un elevato livello di
pubblicizzazione di tutte le fasi del processo pianificatorio;
- nelle fasi decisionali devono essere coinvolti i soggetti e gli enti preposti alla tutela dell’ambiente e i
soggetti portatori di interessi generali e diffusi.
11.2. IL PERCORSO
La valutazione del Documento di Piano deve risultare un processo parallelo e coordinato rispetto alla
predisposizione dello stesso e può essere sintetizzato attraverso le seguenti fasi.
- Fase conoscitiva : rappresenta il momento della scelta delle componenti “territoriali” da analizzare,
dell’individuazione delle fonti, della raccolta delle informazioni e della loro classificazione. Il risultato di
questa fase è un quadro conoscitivo interdisciplinare che si integra con quanto già indagato dal Documento
di Piano.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
- Fase interpretativa : costituisce il momento dell’individuazione degli elementi sensibili e vulnerabili del
territorio, dell’analisi qualitativa delle territorio evidenziando le potenzialità e criticità. L’esito di queste analisi
è un quadro interpretativo qualificato che funge da “cartina di tornasole” per la valutazione delle scelte di
Piano. E’ in questa fase che si formano i “criteri di sostenibilità” che orienteranno la VAS.
- Fase valutativa: rappresenta il momento del giudizio, della verifica, della lettura critica delle scelte di piano
rispetto al loro grado di sostenibilità e di coerenza con i criteri ambientali, sociali ed economici
precedentemente individuati.
Trasversalmente alle fasi sopra indicate si pone la Fase partecipativa. In realtà non si tratta di un momento
statico del percorso ma piuttosto di un continuo interscambio di relazioni, fra tutti i soggetti che partecipano
al processo pianificatorio, finalizzato alla pubblicizzazione dei risultati, alla condivisione delle scelte e alla
valutazione delle alternative. La Fase partecipativa deve coinvolgere tutti gli attori presenti sul territorio
portatori di interessi diffusi.
L’interazione tra VAS e Documento di Piano porta alla scelta delle azioni che porteranno all’attuazione delle
previsioni. Maggiore è l’integrazione tra VAS e Documento di Piano, più elevato risulterà la sostenibilità delle
azioni.
La VAS è uno strumento che non si conclude con la formulazione del “Rapporto di valutazione” ma, al
contrario, pone le basi affinché i processi di sostenibilità diventino una costante di tutte le scelte di
pianificazione future.
A tale scopo la VAS deve contenere gli elementi fondamentali per attivare un costante monitoraggio degli
effetti del piano sulle componenti territoriali e ambientali.
11.3 I RISULTATI ATTESI
Durante e al termine di un percorso così articolato è lecito aspettarsi dei risultati concreti ed effettivamente
influenti sulle scelte pianificatorie.
In particolare, attraverso la partecipazione nonché il continuo rapporto tra VAS e Documento di Piano, è
auspicabile che si giunga a:
- Individuare gli elementi sensibili e vulnerabili della realtà locale
- Dare indicazioni progettuali per l’attuazione delle scelte, affinché sia garantita la sostenibilità delle azioni e
degli interventi oppure, qualora ciò non sia possibile, individuare soluzioni alternative.
- Costruire una cultura sostenibile diffusa che riproduca sistematicamente e automaticamente il processo di
valutazione per ogni scelta futura.
Per garantire quest’ultimo risultato si dovranno monitorare nel tempo gli effetti che il Piano ha prodotto sul
territorio al fine di individuare eventuali interventi correttivi. Sarà pertanto necessario individuare degli
indicatori quali/quantitativi che, misurati oggi, ci consentano, domani, di apprezzare eventuali variazione
derivanti dalle scelte compiute.
11.4 FASE CONOSCITIVA
Il quadro conoscitivo della VAS prende in considerazione alcune componenti comuni anche al Documento di
Piano, integrandole con specifiche indagini di settore o approfondendo particolari aspetti della medesima
tematica.
In particolare la VAS analizza:
- La componente territoriale, ovvero i caratteri ambientali, paesaggistici e fisiconaturali del territorio. Si
procede pertanto ad analisi floro-faunistiche (finalizzate, tra l’altro, ad individuare il livello di biodiversità
esistente); indagini fisicoambientali (relative al sistema delle acque, l’aria, il suolo, ecc.); ricerche storiche
(per valutare la rappresentatività di determinati luoghi), ecc..
- La componente sociale, ovvero i fattori dinamici caratterizzanti la popolazione che vive il territorio. Sono
raccolti e analizzati i dati statistici demografici al fine di rappresentare lo stato attuale e le dinamiche
evolutive in atto (dati in serie storica e indici statistici); i fabbisogni espressi dai cittadini (attraverso indagini e
interviste a campione e ad attori rappresentativi).
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
- La componente economica, ovvero l’articolazione e lo stato di salute del mondo produttivo in senso lato
(beni e servizi). Anche in questo caso sono raccolti ed analizzati dati statistici associati ad indagini e
interviste sul posto.
11.5 FASE INTERPRETATIVA
Rappresenta la fase più delicata dell’intero percorso in quanto, pur non avendo la “responsabilità” del
giudizio sulle scelte, deve dare le chiavi di lettura con cui effettuare la vera e propria valutazione.
È necessario individuare gli elementi sensibili e vulnerabili presenti, che costituiscono sostanzialmente la
struttura del territorio, della società e dell’economia. Per sensibili e vulnerabili si devono intendere quegli
elementi che possono subire variazioni in conseguenza di azioni o interventi sul territorio, anche non
direttamente interagenti con essi.
A titolo di esempio fanno parte di questa categoria le aree boschive, quelle prospicienti i corsi d’acqua, gli
ambiti interni o prospicienti il PLIS Brembo, i nuclei antichi, il nucleo della Fornace, i corridoi infrastrutturali (
esistenti e di previsione), la tendenza alla monofunzionalità dei tessuti edificati, ecc. ecc..
In questa fase è possibile individuare gli elementi di criticità che dovranno essere risolti dal piano e gli
elementi di potenzialità sui i quali il piano potrà fondarsi.
A titolo di esempio fanno parte di questi elementi: i margini urbani e i territori di frangia, la tendenza alla
conurbazione dei nuclei edificati, la presenza di “luoghi unici” (ovvero le specificità di Madone), la perdita di
identità locale, l’elevato grado di accessibilità del territorio di Madone, la presenza di un patrimonio edilizio in
parte sottoutilizzato.
Oltre all’individuazione degli elementi, in questa fase appare fondamentale riuscire ad interpretare il territorio
e la realtà anche attraverso le relazioni tra le componenti e gli elementi individuati.
Questo approfondimento risulta essenziale per capire come il piano produce i suoi effetti sulla realtà
economica, sociale e territoriale.
E’ pertanto necessario comprendere che tipo di relazione unisce le componenti e gli elementi, ovvero se
sono relazioni unidirezionali o bidirezionali.
In altre parole si devono individuare le relazioni di “causa ed effetto” che investono le componenti analizzate.
Ad esempio:
- valorizzare i luoghi unici può portare a nuove attività economiche;
- promuovere gli ambiti compresi nel PLIS del Brembo o l’ambito dell’antica Fornace può permettere a
Madone di acquisire un ruolo sovracomunale nelle attività culturali, ricreative e ricettive legate alla corretta
fruizione del territorio;
- sostenere la pratica della bioedilizia può comportare minori pressioni ambientali sul territorio e più oculate e
corrette gestioni energetiche.
11.6 FASE VALUTATIVA
La valutazione del piano avviene su due livelli. Il primo riguarda gli obiettivi generali ed esprime, come già
indicato, la coerenza degli stessi con alcuni principi di sostenibilità di carattere generale. Questa fase è
specifica dell’inizio del percorso pianificatorio.
Il secondo livello riguarda la valutazione delle azioni e degli interventi attuativi proposti dal Documento di
Piano. In questa fase, si valutano gli effetti indotti sui singoli elementi o sui sistemi analizzati (ambientale,
sociale ed economico) anche attraverso una stima della variazione dei valori assunti dagli indicatori di stato.
Attraverso questa attività è possibile esplicitare gli eventuali punti di incompatibilità o contrasto tra le scelte
del Documento di Piano e i criteri di sostenibilità precedentemente individuati.
Nel caso di incompatibilità totale o parziale si devono individuare, dove possibile, delle alternative di progetto
o delle alternative di intervento. Con le alternative di progetto si possono indicare azioni diverse che
perseguano il medesimo obiettivo; con le seconde si possono intendere, ad esempio, alternative di
localizzazione.
Si può infatti ipotizzare che alcune delle azioni di piano inducano effetti positivi su delle componenti e effetti
negativi su altre. In questo caso la valutazione integrata, mediante la lettura degli effetti indotti sulle diverse
componenti, può portare ad accettare l’azione proposta anche se presenta alcuni elementi di criticità.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Si tratta dunque di azioni che vengono valutate utili ma che necessitano di alcuni accorgimenti in fase
attuativa per ridurre gli impatti negativi.
Qualora la VAS non sia in grado di specificare nel dettaglio le misure di mitigazione, in quanto la scelta di
piano non risulta ancora definita, si devono indicare degli indirizzi per definire in fase attuativa le misure
compensative puntuali.
11.7 FASE PARTECIPATIVA
La valutazione non può essere effettuata successivamente alla adozione del Documento di Piano e deve
risultare un processo che tenga conto di tutti gli interessi diffusi presenti sul territorio. La fase partecipativa
inizia con la pubblicizzazione dell’incarico per la redazione degli strumenti di PGT e termina (salvo l’azione di
monitoraggio) con la formale approvazione degli stessi atti.
Durante l’intero percorso di redazione del PGT, a partire dalla formulazione di ipotesi e proposte fino alla
definizione delle scelte definitive, si devono trovare adeguati spazi per la consultazione degli attori interessati
per:
- la raccolta delle indicazioni preliminari;
- la condivisione degli obiettivi;
- l’individuazione dei criteri di valutazione;
- la valutazione delle scelte.
Questo significa, in altre parole, che qualsiasi soggetto deve essere messo nelle condizioni di poter
contribuire all’intero processo progettuale e valutativo.
12. OBIETTIVI E AZIONI STRATEGICHE DEL DOCUMENTO DI PIANO
Il Documento di Piano articola gli obiettivi all’interno di tre macro categorie:
- territoriale (componenti urbanistiche, ambientali, paesaggistiche, ecc.);
- sociale;
- economica.
In virtù del carattere interdisciplinare del Documento di Piano, le indicazioni che seguono devono essere
inserite in un contesto progettuale unico e integrato che vede strette relazioni tra gli obiettivi nonché
profonde sinergie tra le diverse azioni.
Ne deriva che alcuni obiettivi generali sono raggiunti da azioni appartenenti a più categorie ma anche che le
singole azioni concorrono al raggiungimento di più obiettivi.
12.1 OBIETTIVI GENERALI
Il Documento di Piano individua i seguenti obiettivi generali:
A) per la categoria territoriale
A1 – Valorizzazione, anche in senso sovracomunale, delle ricchezze locali (ambiti naturalistici, “luoghi unici”,
nuclei di antica formazione)
A2 – Sviluppo edificatorio controllato
A3 – Miglioramento della qualità urbana coerentemente con le caratteristiche delle parti della città
A4 –Concorso alla creazione di un sistema produttivo integrato e qualificato di portata sovracomunale
B ) per la categoria sociale
B1 - Incremento del livello di socializzazione e di integrazione
B2 – Miglioramento dei servizi offerti, anche di rilevanza sovracomunale
B3 – Valorizzazione dei caratteri culturali e testimoniali
C) per la categoria economica
C1 – Consolidamento e sviluppo del settore produttivo e commerciale locale
C2 – Rafforzamento del ruolo di Madone all’interno dell’ambito territoriale dell’Isola Bergamasca
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12.2 OBIETTIVI SPECIFICI
Il Documento di Piano individua i seguenti obiettivi specifici:
A) per la categoria territoriale:
- Salvaguardia dei valori paesistico-ambientali
- Infrastrutturazione al servizio del territorio
- Promozione delle potenzialità locali
- Tutela dei caratteri del territorio e consolidamento degli ambiti di rilevanza naturalistica esistenti e
creazione di nuove salvaguardie.
- Concorso alla realizzazione della rete ecologica provinciale e regionale.
- Creazione di percorsi di fruizione (anche virtuale) degli elementi strutturanti il territorio (messa a sistema
delle emergenze e delle risorse).
- Creazione di infrastrutture compatibili (anche virtuali) per la valorizzazione dei “luoghi unici” e dei luoghi di
valenza ambientale e naturalistica
- Costruzione del margine urbano
- Consolidamento dei nuclei insediativi
- Quantificazione dello sviluppo edificatorio coerente con le dinamiche in atto.
- Localizzazione di ambiti “a completamento morfologico” del tessuto edificato esistente (frange urbane).
- Recupero dei volumi dimessi non residenziali nei centri storici e nei nuclei consolidati.
- Individuazione e classificazione di ambiti da conservare e strutturare quali risorse disponibili per lo sviluppo
futuro.
- Costruzione di un “effetto urbano” nelle porzioni di territorio che risultano monofunzionali.
- Riduzione degli impatti delle infrastrutture interferenti con il territorio comunale.
- Rifunzionalizzazione e ristrutturazione di porzioni importanti di tessuto urbano edificato.
- Qualificazione di elementi strutturanti la città pubblica (piazze, strade, aree di socializzazione, parchi, ecc.)
B ) per la categoria sociale
- Ridefinizione del rapporto tra spazi pubblici e spazi privati per creare nuovi luoghi di aggregazione e nuove
polarità urbane
- Completamento ed arricchimento del sistema di servizi local,i con particolare riferimento alle nuove
povertà, alle fasce deboli, alla socializzazione.
- Coinvolgimento del settore privato nell’attuazione e gestione dei servizi di interesse pubblico.
- Individuazione di strumenti di perequazione territoriale per l’attuazione delle iniziative di valenza
sovracomunale.
- Valorizzazione dei caratteri culturali e testimoniali
- Promozione delle specificità culturali locali verso utilizzatori esterni
- Salvaguardia e arricchimento dell’identità locale
- Consolidamento urbano e sociale dei nuclei insediativi.
C) per la categoria economica
- Consolidamento delle attività economiche insediate
- Incremento del livello di efficienza della rete infrastrutturale
- Riqualificazione e rifunzionalizzazione degli spazi urbani centrali e creazione di nuovi luoghi per
l’insediamento di attività commerciali.
- Sostegno alla localizzazione di funzioni di eccellenza o volano per lo sviluppo di attività connesse.
- Diversificazione dei settori produttivi con particolare riguardo alle attività innovative e/o nuove per il
territorio.
- Sostegno all’insediamento nei “luoghi unici” di funzioni attrattive e innovative.
- Attivazione di canali di informazione circa le potenzialità del territorio, le attività insediate e le produzioni
locali.
- Concorso alla definizione di un sistema produttivo finalizzato all’accoglimento di attività di rilevanza
sovracomunale.
- Partecipazione attiva al controllo dello sviluppo degli insediamenti produttivi di natura sovracomunale.
- Attrazione di insediamenti e attività qualificati e qualificanti.
- Concertazione con Comuni, Provincia, Regione, ecc. per l’approfondimento delle previsioni già definite.
- Individuazione di strumenti di perequazione territoriale (in particolare tra comuni).
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Pur ricadendo nell’ambito più strettamente operativo del Piano dei Servizi, il Documento di Piano tiene conto
delle previsioni specifiche fatte proprie dalla Amministrazione Comunale con l’approvazione del Programma
Triennale delle Opere Pubbliche.
13. CONTENUTI E OBIETTIVI DEL PIANO DELLE REGOLE
Il Piano delle Regole assolve i seguenti compiti:
a) definisce, all’interno dell’intero territorio comunale, gli ambiti del tessuto urbano consolidato, quali insieme
delle parti di territorio su cui è già avvenuta l’edificazione o la trasformazione dei suoli, comprendendo in essi
le aree libere intercluse o di completamento;
b) indica gli immobili assoggettati a tutela in base alla normativa statale e regionale;
c) individua le aree e gli edifici a rischio di compromissione o degrado e a rischio di incidente rilevante;
d) contiene, in ordine alla componente geologica, idrogeologica e sismica, il recepimento e la verifica di
coerenza con gli indirizzi e le prescrizioni del P.T.C.P., insieme alla individuazione delle aree a pericolosità e
vulnerabilità geologica, idrogeologica e sismica, nonchè le norme e le prescrizioni a cui le medesime aree
sono assoggettate.
e) individua le aree destinate all’agricoltura, le aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche, le
aree non soggette a trasformazione urbanistica.
Entro gli ambiti del tessuto urbano consolidato, il piano delle regole individua i nuclei di antica formazione ed
identifica i beni ambientali e storico-artistico-monumentali oggetto di tutela ai sensi del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio
2002, n. 137) o per i quali si intende formulare proposta motivata di vincolo.
Il Piano delle Regole definisce altresì, con riferimento al quadro conoscitivo del territorio comunale definito
dal documento di piano, le caratteristiche fisico-morfologiche che connotano l’esistente, da rispettare in caso
di eventuali interventi integrativi o sostitutivi, nonché le modalità di intervento, anche mediante pianificazione
attuativa o permesso di costruire convenzionato, nel rispetto dell’impianto urbano esistente, nonchè i criteri
di valorizzazione degli immobili vincolati.
Il Piano delle Regole identifica i seguenti parametri da rispettare negli interventi di nuova edificazione o
sostituzione:
a) caratteristiche degli insediamenti;
b) consistenza volumetrica o superfici lorde di pavimento;
c) rapporti di copertura;
d) altezze degli edifici;
e) modi insediativi che consentano continuità di elementi di verde e continuità del reticolo idrografico
superficiale;
f) destinazioni d’uso non ammissibili;
g) interventi di integrazione paesaggistica, per ambiti compresi in zone soggette a vincolo paesaggistico ai
sensi del d.lgs. 42/2004;
h) requisiti qualitativi degli interventi previsti;
i) requisiti di efficienza energetica.
Il Piano delle Regole definisce anche le seguenti disposizioni disciplinari:
- per le aree non soggette a edificazione o urbanizzazione prive di valore paesaggistico-ambientale detta la
disciplina d’uso, di valorizzazione e di salvaguardia, ;
- per le aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche detta ulteriori regole di salvaguardia e di
valorizzazione in attuazione dei criteri di adeguamento e degli obiettivi stabiliti dal piano territoriale regionale,
dal piano paesaggistico territoriale regionale e dal piano territoriale di coordinamento provinciale;
- per le aree non soggette a trasformazione urbanistica individua gli edifici esistenti, dettandone la disciplina
d’uso e ammette in ogni caso, previa valutazione di possibili alternative, interventi per servizi pubblici,
prevedendo eventuali mitigazioni e compensazioni ambientali.
Il Piano delle Regole individua inoltre, in coerenza con il Piano dei Servizi, gli ambiti normativi per
attrezzature di interesse collettivo in relazione alla funzione prevalente.
Il Piano delle Regole non ha termini di validità ed è sempre modificabile. Le sue indicazioni hanno carattere
vincolante e producono effetti diretti sul regime giuridico dei suoli.
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Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Il Piano delle Regole individua i seguenti obiettivi da perseguire, distinti per ambiti normativi così come
definiti dai successivi articoli:
1. Ambiti di antica formazione
- valorizzare il patrimonio storico-ambientale;
- tutelare l’impianto urbanistico storico, riconoscere i valori storici e valorizzare le strutture insediative;
- tramandare l’edilizia storica;
- tramandare le regole storiche di impianto edilizio e gli antichi caratteri costruttivi ove presenti;
- ridare identità agli spazi pubblici;
- consentire la sostituzione degli edifici recenti privi di valore storico;
- contenere e regolare il traffico veicolare secondo gli indirizzi dettati per il riordino della mobilità;
- trasferire le funzioni incompatibili con i caratteri storico-ambientali.
2. Ambiti da riqualificare, ambiti consolidati
- migliorare la qualità urbana;
- valorizzare il patrimonio storico-ambientale;
- riqualificare le aree degradate;
- organizzare e valorizzare il verde e gli spazi costruiti;
- consentire il completamento dei piani attuativi vigenti;
- consentire il completamento dei lotti liberi;
- tutelare gli edifici di valore storico ambientale;
- recuperare gli edifici rurali non più utilizzati;
- migliorare la qualità dei servizi;
- aumentare la dotazione dei servizi.
3. Ambiti per le attività economiche
- incentivare la localizzazione di nuove attività produttive;
- mettere in sicurezza gli impianti a rischio industriale;
- favorire l’insediamento di nuove attività nelle aree industriali dismesse o sottoutilizzate;
- favorire la localizzazione di servizi alle attività produttive.
4. Ambiti per servizi
- dotare la città delle aree a servizi necessarie per una migliore qualità della vita in conformità con la
dotazione prevista dalle disposizioni legislative vigenti.
- migliorare la dotazione di servizi a disposizione dei cittadini e dei non residenti che fruiscono della città.
5. Ambiti di valenza paesistico/ambientale
- tutelare e tramandare i valori ambientali;
- valorizzare e tramandare i luoghi di identificazione storica;
- tutelare e tramandare le testimonianze edilizie storiche;
- migliorare l’accessibilità pedonale e ciclabile ed i servizi;
- assumere ed approfondire le prescrizioni discendenti da piani sovraordinati.
6. Ambiti per la viabilità e le infrastrutture
- attuare programmi sovracomunali;
- migliorare la mobilità all’interno del territorio comunale;
- creare parcheggi di scambio tra mezzo privato e mezzo pubblico;
- riqualificare le strade storiche urbane;
- realizzare une rete di viabilità pedonale e ciclabile;
La parte riferita alla «Collaborazione dei cittadini» delle presenti individua le condizioni di ammissibilità delle
proposte avanzate dai privati e/o enti pubblici che devono comunque essere comprese entro i limiti fissati dal
Piano per la loro accettabilità e perseguire, in quell’ambito normativo, gli stessi obiettivi.
14) CONTENUTI ED OBIETTIVI DEL PIANO DEI SERVIZI
La L.R. 12/2005, assumendo a suo presupposto la valutazione delle criticità indotte dalla disciplina
previgente ed evidenziate dagli effetti della sua applicazione, ha delineato, il «Piano dei Servizi» come
articolazione obbligatoria ed essenziale del Piano di Governo del Territorio (P.G.T.), per l’attuazione di una
concreta politica dei servizi di interesse pubblico.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
A tal fine la Legge:
• punta a rendere più realistica la base di calcolo degli standard, modificando le modalità di computo della
capacità insediativa di piano;
• riconosce ai Comuni autonomia di valutazione della propria realtà insediativa e del grado di sufficienza ed
efficienza dei servizi offerti alla collettività locale, obbligandoli, peraltro, a documentare l’idoneità dei siti
prescelti in rapporto alla localizzazione di ogni servizio/attrezzatura esistente o previsto;
• elimina categorie predefinite di standard e ne amplia la nozione sino a farla coincidere con quella di servizi
di interesse pubblico e generale, demandando alla discrezionalità comunale la scelta dei servizi da
considerare nel calcolo degli standard;
• valorizza ed incentiva le forme di concorso e coordinamento tra Comuni ed Enti per la realizzazione e la
gestione delle strutture e dei servizi;
• incentiva nuove forme di collaborazione pubblico-privato, idonee a garantire l’effettiva fruibilità dei servizi,
con determinati livelli di qualità, prescrivendo che, per i servizi erogati da privati (in concessione,
convenzione, o comunque abilitati) la rispondenza ad una funzione pubblica viene assicurata dalle
amministrazioni comunali, in via diretta, nell’esercizio dei propri poteri di direzione, controllo e vigilanza;
• orienta ad una progettazione che valorizzi la funzione ambientale ed ecologica del verde;
• indica nei parcheggi un fondamentale strumento di governo della mobilità;
• persegue l’integrazione tra gli strumenti di programmazione ed indirizzo previsti dalle normative di settore
ed il Piano dei Servizi.
La legge prevede, per la redazione dei Piani dei Servizi, alcuni principi di riferimento generali.
Il Piano dei Servizi deve:
• documentare lo stato dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale esistenti in base al grado di
fruibilità e di accessibilità che viene assicurata ai cittadini per garantire l’utilizzo di tali servizi;
• precisare, nel rispetto delle previsioni del Programma Regionale di Sviluppo, dei piani territoriali regionali o
sovracomunali, le scelte relative alla politica dei servizi di interesse pubblico o generale da realizzare nel
periodo di operatività del pianodi governo del territorio, dimostrandone l’idoneo livello qualitativo, nonché un
adeguato livello di accessibilità, fruibilità e fattibilità.
Sulla scorta di tali disposizioni emerge che l’oggetto del Piano in esame è costituito dalla categoria dei
servizi pubblici e di interesse pubblico o generale, che, come tale, è più ampia di quella degli standard
urbanistici.
Vi sono comprese, infatti, tutte le attrezzature ed infrastrutture urbane, ivi incluse, quindi, quelle
ordinariamente ascritte al tema delle urbanizzazioni primarie e secondarie (viabilità, arredo urbano, verde
pubblico, attrezzature sportive, scuole, servizi tecnologici, servizi pubblici primari, acqua, gas, elettricità,
trasporti, ecc.); sono inoltre considerati i servizi a gestione diffusa sul territorio, spesso non coincidenti con
l’esistenza di apposite strutture (servizi sociali e di assistenza).
La nozione di servizio non coincide, però, automaticamente con quella di standard urbanistico: compito del
Piano dei servizi è, infatti, oltre a quello di costituire atto di programmazione generale per la totalità delle
attività e strutture costituenti servizio, altresì quello di selezionare, nell’ambito dei servizi programmati, quelli
che l’Amministrazione comunale, sulla scorta delle valutazioni delle esigenze locali e degli obiettivi di azione
individuati, identifica altresì come standard urbanistici.
La definizione degli standard, quindi, se da un lato recupera un campo di esplicazione tendenzialmente
illimitato (è potenzialmente standard tutto ciò che è qualificabile come servizio di interesse pubblico e
generale), superando le anguste elencazioni della disciplina previgente ed esprimendo, così, per intero il
proprio valore di strumento di implementazione della qualità del vivere, dall’altro resta salvaguardata nella
propria autonomia: sono e saranno standard quegli specifici servizi ed attrezzature che la collettività locale,
nel tempo, riconosce come essenziali e basilari per l’equilibrata strutturazione del territorio, e che della sua
gestione costituiscono, appunto, standard, cioè costanti.
Non è standard, infatti, ciò che, essendo in realtà minimamente indispensabile per la stessa esistenza di un
insediamento, non ne rappresenta un implementazione in termini qualitativi: la viabilità, le reti tecnologiche
essenziali, in sostanza, più che un servizio sono presupposto per la sussistenza del segmento del territorio
da servire, mentre l’ampliamento del catalogo degli standard potrà, invece, più agevolmente esercitarsi nei
settori della socialità e dell’assistenza alle imprese (si pensi, ad esempio, ai servizi di assistenza domiciliare
agli anziani, ai malati, oppure a strutture autogestite di assistenza all’infanzia, o ancora a centri culturali e
ricreativi per le fasce giovanili).
La nozione di standard, pur concettualmente superata, non è più limitata al concetto di aree o strutture
edilizie, potendosi estendere a tutte quelle attività che in concreto concorrono nel realizzare un’autentica
qualità della vita, non di rado accompagnando la persona in fasi estremamente delicate della propria
esistenza.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Nasce quindi la necessità di creare uno strumento capace di interpretare le dinamiche sociali e di rispondere
ad esse in modo adeguato.
Ne consegue la necessità di applicazione di processi di marketing all’azione della pubblica amministrazione,
nella consapevolezza che il miglioramento della qualità della vita dei cittadini non è un elemento accidentale,
ma il valore sostanziale dell’impegno economico profuso dall’istituto “Ente pubblico”, che ne determina la
sua stessa legittimazione.
In questo quadro si ritiene opportuno sottolineare il valore fondante della nozione di interesse generale, che
non costituisce un dato astratto, definibile a priori o precostituito, né coincide necessariamente con
l’interesse della Pubblica Amministrazione.
Nel caso in argomento deve intendersi come interesse generale l’assetto che, in base alle condizioni, anche
temporali, del contesto dato, meglio corrisponde a criteri di efficienza territoriale, sviluppo sostenibile,
maggiore offerta di spazi e servizi, miglioramento della qualità della vita individuale e sociale delle comunità.
L’interesse pubblico è nozione che, nell’ambito dell’ampio concetto di interesse generale, identifica quelle
attività e iniziative che, all’esito del processo di valutazione e sintesi di cui sopra, vengono riconosciute come
necessariamente pertinenti all’azione di un ente pubblico, quale condizione per il loro svolgimento con
caratteristiche coerenti all’obiettivo assegnato a tali attività.
Le attività di interesse pubblico sono anch’esse gestibili da soggetti privati, i quali, però, in tal caso, agiranno
quali delegati o sostituti dell’ente pubblico, con conseguente assoggettamento della loro attività al sistema di
regole proprio dell’attività amministrativa.
Sulla scorta di tali indicazioni di contenuto, il Piano dei Servizi si configura, quindi, come uno strumento
principalmente di programma laddove definisce il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche
prestazioni da fornire, «configurandosi tecnicamente come disegno urbanistico nel quale si compongono e si
organizzano i rapporti reciproci fra i diversi spazi destinati a servizi e fra questi spazi a servizi e le aree
urbane consolidate (aree da mantenere o da trasformare) o da urbanizzare.
Trattandosi di uno strumento programmatico, inoltre, il Piano dei Servizi richiede un’analisi dei bisogni, che
può essere correlata, a seconda dei casi, ad ambiti territoriali, a segmenti di popolazione od a settori
funzionali; in funzione di tali bisogni sarà possibile costruire il cosiddetto portafoglio di servizi da attuare.
In questo processo formativo il sistema delle attrezzature va visto non più come un complesso di vincoli, ma
come un programma coordinato di opere.
Per conseguire le finalità che gli sono attribuite per legge il Piano dei Servizi si compone degli elementi tipici
che sono di seguito indicati:
- verifica della domanda esistente e prevedibile nell’arco di durata del Piano, vale a dire del complesso delle
esigenze e necessità di servizi, qualitativamente definiti, esprimibili dalla popolazione comunale;
- determinazione dei parametri minimi di qualità per ciascuna tipologia di servizio, al cui raggiungimento
l’Amministrazione si impegna, in chiave programmatica, con i propri cittadini;
- censimento dell’offerta esistente, costituito da una catalogazione della disponibilità di servizi esistenti sul
territorio comunale;
- determinazione delle iniziative da assumere per riqualificare, differenziare, incrementare l’offerta dei servizi
in rapporto alla domanda stimata;
- determinazione motivata, in rapporto alle esigenze sopra individuate, delle tipologie di servizi considerati
come standard;
- traduzione dei dati qualitativi derivanti dall’analisi di cui sopra in dati quantitivi di mq. di standard, al fine di
effettuare il controllo di sussistenza (nella sommatoria standard esistenti + standard previsti) del livello
minimo di servizi che la Legge esprime con i parametri di standard mq./abitante e mq./mq. di superficie per
edificazioni non residenziali.
I dati di valutazione primari su cui il Piano fonda la propria analisi, sono costituiti dallo screening delle
necessità di servizi ricorrenti che sarà effettuata non, esclusivamente, in termini quantitativi, bensì operando
la ragionata selezione delle tipologie differenziate di bisogni, emergenti in relazione alle caratteristiche di
composizione della popolazione e dell’utenza.
L’indagine prenderà inoltre in considerazione le esigenze indotte da flussi di utenza, aggiuntivi rispetto a
quelli della popolazione residente, al fine di definire, altresì, la domanda di servizi in termini qualitativamente
differenziati in relazione alle diverse tipologie di uso del territorio.
In rapporto al quadro variegato emerso dalle indagini, seguirà la definizione, in forma parametrica laddove si
renderà necessario (scuole, parcheggi, attrezzature socio-sanitarie), degli elementi quantitativi che le attività
di servizio citate arrivano a possedere in base alle considerazioni emerse.
Nei confronti delle strutture e delle attività di proprietà e a conduzione pubblica, sarà necessario in un
prossimo futuro determinare, per ciascuna tipologia interessata, delle condizioni minime perché un servizio
possa essere definito come tale: ad esempio, quali strutture di supporto minime debba possedere una
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
scuola, un parco pubblico, un centro sociale ed assistenziale, un ufficio amministrativo, ecc.
I parametri qualitativi fissati nel Piano dei Servizi per le strutture pubbliche dovranno costituire altrettanti
criteri determinativi per i casi in cui le medesime strutture vengano realizzate da soggetti privati (secondo
l’usuale meccanismo della cessione gratuita al Comune).
Relativamente ai servizi a gestione privata la definizione dei suddetti parametri si converte nella fissazione
dei contenuti essenziali degli atti di regolamentazione d’uso, al cui assoggettamento la Legge subordina la
qualificazione dei servizi stessi come standard.
Dovranno essere, infatti, individuate nel Piano dei Servizi le modalità (convenzionamento, accreditamento,
ecc.) atte a garantirne la permanenza nel tempo, la qualità prestazionale, l’accessibilità economica, in
analogia a quanto previsto dal D.lgs. 30/7/1999 n.286, che stabilisce l’obbligo per le imprese e gli enti
erogatori di servizi pubblici di improntare la propria attività al rispetto di parametri qualitativi determinati
all’interno di “carte dei servizi”.
Il Piano dei Servizi comporta la ricognizione puntuale del tipo e del livello dei servizi già disponibili,
differenziandosi nettamente dalla mera quantificazione delle aree a standard esistenti che ha caratterizzato
sino ad oggi la prassi della pianificazione; la ricognizione sarà estesa a tutte le attività e le attrezzature
suscettibili di essere qualificate come servizio di interesse pubblico o generale, indipendentemente dalla loro
ascrizione alla categoria degli standards, ai servizi pubblici e a quelli privati.
Le verifiche delineate concorrono alla elaborazione della parte propriamente programmatoria del Piano:
quella in cui l’Amministrazione, sulla scorta della domanda rilevata e dell’offerta esistente, delinea gli indirizzi
delle proprie iniziative dirette ad implementare e modificare qualitativamente la seconda, per adeguarla alla
prima.
In concreto, ciò comporta l’indicazione di iniziative dirette ad ottimizzare il livello qualitativo di strutture
esistenti che si intende confermare, in rapporto ai parametri minimi preventivamente definiti (interventi su
strutture esistenti, compresi quelli manutentivi) e ad implementare le dotazioni di tipologie di strutture di cui
sia rilevata la carenza sul territorio, ipotizzando che il concorso privato si svolga non solo nell’ambito,
tradizionale, della realizzazione di nuove strutture (con il meccanismo della cessione gratuita), nonché nel
settore, di innovativa individuazione, dei servizi a gestione privata, ma altresì tramite la compartecipazione
diretta alle iniziative di recupero e/o adeguamento ai parametri qualitativi individuati delle strutture esistenti di
proprietà comunale o comunque pubblica, non dissimilmente da quanto la prassi esistente già prevede, ad
esempio, per le strutture viabilistiche (per le quali è frequente la previsione, nei piani attuativi, di interventi
privati di adeguamento della viabilità esistente).
In generale, si evidenzia che la parte programmatica del Piano sarà elaborata in aderenza ad altri strumenti
di settore, quali il Programma Triennale delle Opere Pubbliche, di cui il Piano dei Servizi dovrà, in futuro,
costituire una sorta di capitolato delle necessità, redatto su scale temporali e territoriali di più ampio respiro,
che nel programma triennale dovrà trovare un periodico strumento sia di attuazione che di verifica e
aggiornamento.
La predisposizione del Piano dei Servizi, nei termini indicati e a maggior ragione a seguito del varo della
nuova Legge regionale del Governo del Territorio, costituirà, inoltre, mezzo di esplicitazione e precisazione
preventiva degli indirizzi strategici dell’Amministrazione, che consentirà di gestire al meglio, ad esempio, gli
strumenti di programmazione negoziata, quali Accordi di Programma, Programmi Integrati di Intervento,
ecc., di cui costituirà strumento di valutazione (ed è appena il caso di notare la stretta interrelazione che
deve intercorrere tra il Piano dei Servizi e il Documento di Inquadramento della programmazione integrata di
intervento).
Al contempo, anche la ordinaria pianificazione attuativa potrà essere improntata a criteri di valutazione
unitari e preventivamente conosciuti (si pensi, ad esempio, alla definizione delle dotazioni di standard in
ciascun P.A., e dei rispettivi requisiti minimi; all’uso delle somme derivanti da monetizzazione, e alla stessa
valenza residuale che tale istituto potrà assumere nel momento in cui il privato lottizzante possa concorrere
direttamente ad interventi sul patrimonio immobiliare pubblico).
Sulla scorta della ricognizione di cui sopra, saranno individuare le tipologie di servizi reputabili, ai fini
urbanistici, quali standard, come definito dalla trentennale prassi applicativa; insieme a ciò saranno
individuate nuove tipologie di servizi emergenti presso la collettività avendo cura di verificare rigorosamente i
due elementi che assicurano la legittimità dell’ascrizione di un’attività alla qualifica di servizio:
- in generale: preordinazione dell’attività all’assolvimento di un interesse pubblico o generale individuato;
- in concreto: congruenza del servizio con un’esigenza della collettività di riferimento, emersa nell’indagine
sulla domanda di cui al punto precedente.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Tale ultima dimostrazione costituisce base sostanziale per motivare la qualificazione del servizio di cui
trattasi anche come standard. Parte sostanziale di tale definizione sarà, per lo specifico settore dei servizi a
gestione privata, la determinazione delle condizioni di svolgimento del servizio che ne assicurano la
corrispondenza all’interesse pubblico e generale individuato, su cui ci è soffermati in precedenza.
Si è già fatto cenno che i contenuti che rappresentano la parte terminale del Piano dei Servizi, quale
«precipitato» sintetico dell’insieme di indicazioni programmatorie che vi sono incluse, sono connessi ai
seguenti aspetti:
- introduzione e/o conferma del sistema normativo di definizione e disciplina dei servizi qualificati come
standard, in particolare per quanto concerne le regolamentazioni atte a garantirne le caratteristiche
essenziali individuate dal Piano dei Servizi;
- verifica di sufficienza degli standard in rapporto ai minimi di Legge, per quanto concerne la capacità
insediativa residenziale teorica e il peso insediativo, esistente e previsto, degli spazi per attività non
residenziali;
- localizzazione cartografica dei servizi esistenti e di quelli previsti che siano, in base al Piano dei Servizi,
suscettibili di puntuale definizione geografica.
15) PROPOSTE MIGLIORATIVE DEI CITTADINI AI CONTENUTI DEL P.G.T.
Nella attuazione del piano ogni cittadino deve attenersi ai suoi contenuti. Qualora un cittadino si faccia parte
attiva nell’attivazione degli obiettivi del Piano delle Regole precisati per ogni Ambito normativo può avanzare
proposte che meglio si adattino alle proprie esigenze e consentano di conseguire un apprezzabile beneficio
per il comune di Madone.
Le proposte possono discostarsi dalle previsioni del PdR entro i limiti fissati dalle norme di attuazione del
medesimo.
In tal caso l’eventuale accoglimento da parte dell’Amministrazione Comunale non costituirà Variante al PdR.
I benefici consistono in:
A) prioritari
- realizzabilità di opere pubbliche
. miglioramento dello spazio pubblico
. estensione e integrazione delle aree per servizi
- realizzazione di parcheggi di uso pubblico
- miglioramento della circolazione e del sistema di trasporto
- realizzazione di servizi di uso pubblico.
B) secondari
. miglioramento della ricettività
. miglioramento della qualità degli spazi privati non edificati
. recupero o valorizzazione di edifici di valore storico e storico ambientale
. recupero della qualità ambientale
. agevolazione delle procedure di realizzazione del piano.
In particolare le proposte devono perseguire, in ogni Ambito normativo, gli obiettivi precisati nelle premesse
e denominati «obiettivi da perseguire».
Potranno essere avanzate proposte esclusivamente per gli obiettivi prioritari indicati sopra alla lett. A),
mentre gli obiettivi secondari dovranno sempre integrarsi con almeno un obiettivo prioritario.
I benefici specifici da raggiungere nei diversi Ambiti normativi possono essere ulteriormente definiti con
successive Deliberazioni del Consiglio Comunale, in conformità a tutte le disposizioni dettate dalla L.R.
n.12/2005.
16) CRITERI PER GLI INSEDIAMENTI COMMERCIALI
Negli Ambiti normativi in cui le destinazioni d’uso commerciali sono ammesse, si possono insediare, ove
consentito, nuove attività commerciali, in relazione ai seguenti punti:
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a) Settore merceologico
Destinato, nella base dei codici di attività ISTAT, con riferimento all’attività prevalente.
I settori sono definiti, in base all’attrazione di clientela su unità di superficie e di tempo (rotazione) a basso
impatto e ad alto impatto.
- Alimentare
Si definiscono attività alimentari le attività di seguito individuate e contraddistinte per merceologia. Le attività
alimentari sono attività ad alto impatto.
Alimentari despecializzati
Alimentari tradizionali
- Non alimentare a basso impatto;
Si definiscono attività commerciali non alimentari a basso impatto le attività di seguito individuate e
contraddistinte per merceologia:
Auto, moto
Tessili
Mobili, illuminazione, articoli in legno e Plastica, articoli diversi per uso domestico
Elettrodomestici, TV, dischi, nastri, strumenti musicali, macchine per cucine e maglieria
Ferramenta-colori
Attrezzature ufficio
Cine foto ottica
Orologeria, gioielli
Casalinghi
Oggetti d’arte, di culto e di decorazione
Animali vivi da affezione
Libreria
- Non alimentare ad alto impatto.
Si definiscono attività commerciali non alimentari ad alto impatto le attività di seguito individuate e
contraddistinte per merceologia:
Medicali, profumeria
Abbigliamento
Calzature
Giornali, cartoleria
Giocattoli
Articoli sportivi, da regalo
Videogiochi
Videonoleggi
b) Dimensione della struttura commerciale (mq. di superficie di vendita)
- piccola: tra 0 e 150 mq. di superficie di vendita
- media: tra 151 e 1.499 mq. di superficie di vendita
- medio-grande: tra 1.500 e 2.500 mq. di superficie di vendita
- grande: sopra i 2.500 mq. di superficie di vendita
c) Ambiti normativi
Il quadro sinottico (quadro A) delle nuove attività commerciali classifica le tipologie in relazione alle strutture
di vendita nei diversi Ambiti normativi.
La loro ammissibilità è determinata esclusivamente alle condizioni esplicitate nelle norme degli Ambiti
normativi e nelle eventuali schede allegate alle norme di attuazione del Piano delle Regole.
Nei diversi Ambiti normativi, laddove è compatibile una nuova attività commerciale di dimensione superiore
in mq. di superficie di vendita, sono comunque ammesse le categorie dimensionali di ordine inferiore in mq.
di superficie di vendita, facendo riferimento allo stesso settore merceologico.
d) Il quadro B individua, per le diverse tipologie commerciali, lo standard a parcheggio che obbligatoriamente
deve essere a tale uso destinato in caso di attivazione delle diverse tipologie di vendita.
e) Qualità edilizia
Le indicazioni che seguono hanno valore qualora non diversamente disposto dalla disciplina regionale in
materia.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Ambiti di antica formazione:
Gli interventi non devono alterare i caratteri, gli elementi connotativi e le relazioni tra le diverse parti del
tessuto storico meritevoli di conservazione. Il riattamento funzionale di unità edilizie esistenti deve essere
coerente con gli elementi tipo-morfologici e strutturali dell’organismo edilizio esistente.
Il rapporto tra l’organismo commerciale, gli spazi pubblici circostanti e il contesto urbano deve essere
calibrato in modo tale da non alterare le peculiarità identificative del luogo storico, evitando l’eccessiva
caratterizzazione commerciale (insegne pubblicitarie di forte impatto, arredi urbani omologanti, cromatismi
eccessivi o estranei al contesto, ecc).
Gli esercizi commerciali devono contribuire alla valorizzazione dei percorsi storici e i luoghi a ciò
tradizionalmente vocati con particolare attenzione alla sistemazione dei percorsi e dell’accessibilità.
Ambiti da riqualificare e da consolidare, per le attività esistenti, di trasformazione, per le attività di nuovo
impianto:
Per gli insediamenti commerciali destinati alla media e alla grande distribuzione si deve prestare particolare
attenzione alla qualità progettuale dell’intervento. A tal fine, occorre che il progetto sia qualitativamente
apprezzabile in relazione agli aspetti sia di carattere edilizio, sia di correlazione con l’intorno con specifico
riferimento ai seguenti parametri:
- altezza
- materiali costruttivi
- sistemazione delle aree scoperte
- accessibilità
- segnaletica e cartellonistica
- mitigazione ambientale
In particolare deve essere sempre predisposto lo studio degli spazi aperti, degli spazi pedonali, di quelli per
la sosta e la mobilità degli automezzi dell’utenza e per l’espletamento delle operazioni di carico-scarico delle
merci. I parcheggi a raso, dotati di opportune alberature, devono comunque essere localizzati e disegnati in
modo da evitare la configurazione di edifici isolati in un grande parcheggio.
g) Attuazione degli interventi
Al fine di unificare le procedure abilitative urbanistico-edilizie con quelle commerciali, si forniscono le
seguenti indicazioni, che hanno valore qualora non diversamente disposto dalla disciplina regionale in
materia:
- Esercizi di vicinato: comunicazione ex art.7 D.Lgs 114/98
Qualora l’apertura di un esercizio di vicinato, comporti la realizzazione di opere edilizie soggette a D.I.A.
(dichiarazione di inizio attività) alla comunicazione di cui all’art.7 del D.Lgs. 114, andrà allegata la relazione
tecnica asseverata allegata alla D.I.A. stessa.
- Medie strutture di vendita: autorizzazione ex art.8 del D.Lgs. 114/98
Nei casi in cui l’apertura di una media struttura di vendita comporti la realizzazione di opere edilizie soggette
a D.I.A., alla richiesta di autorizzazione comunale andrà allegata la relazione tecnica asseverata allegata alla
D.I.A. stessa.
Qualora invece sia necessaria la realizzazione di opere edilizie soggette a permesso di costruire,
contestualmente alla richiesta di autorizzazione ex art.8 del D.Lgs. 114/98, andrà presentata istanza di
permesso di costruire, a tal fine allegando il progetto e l’ulteriore necessaria documentazione.
In tal caso:
a) il rilascio del permesso di costruire dovrà avvenire nei termini previsti per l’emanazione dell’autorizzazione
commerciale, ma non potranno essere previste forme di silenzio assenso per gli aspetti connessi alla
procedura edilizia, bensì scatteranno i termini per il commissariamento di cui all’art.4, Legge 493/93, come
modificato dall’art.2, comma 60, Legge 662/96;
b) l’autorizzazione commerciale ed il permesso di costruire potranno essere contenuti in un unico atto, ma in
tal caso il provvedimento conterrà l’indicazione degli oneri concessori da corrispondere al Comune e andrà
assoggettato alle medesime misure di pubblicità previste per il permesso di costruire (pubblicazione all’Albo
Pretorio e notifica all’interessato);
c) l’autorizzazione commerciale, nel caso produca effetti anche di permesso di costruire, andrà sottoscritta
dal responsabile della struttura tecnica cui compete firmare il provvedimento edilizio: in caso la struttura
comunale che si occupa di commercio e quella che si occupa di edilizia siano distinte, l’atto andrà
sottoscritto congiuntamente dai responsabili delle due strutture, se del caso anche a seguito di conferenza
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dei servizi interni all’ente, ossia tra le competenti strutture comunali.
Qualora l’intervento interessi aree paesaggisticamente vincolate, la relativa autorizzazione potrà essere
richiesta congiuntamente all’istanza di autorizzazione commerciale e rilasciata contestualmente
all’autorizzazione commerciale, rispettando comunque le specifiche procedure di cui alla legislazione
nazionale e regionale vigente.
In particolare il parere ambientale, distinto da quello urbanistico, è espresso dalla Commissione per il
paesaggio di cui all’art. 81 della L.R. n.12/2005.
L’atto autorizzatorio commerciale con valenza paesistica andrà successivamente inviato, unitamente al
parere della commissione comunale, alla competente Sovrintendenza ai fini dell’esercizio dell’eventuale
potere di annullamento di cui all’art.1, comma 5 della Legge 431/85.
- Grandi strutture di vendita: conferenze dei Servizi ex art.9 del D.L.gs 114/98
La verifica della conformità urbanistica dell’intervento è preliminarmente svolta dagli uffici comunali: a detto
accertamento tecnico si attesterà la conferenza dei Servizi ex art.9 del D.L.gs.114/98, che dovrà comunque
valutare anche le applicazioni urbanistico edilizie dell’intervento proposto.
L’esito negativo della conferenza preclude anche gli effetti concessori.
In sede di procedimento unificato, alla conferenza dei Servizi andrà presentato il progetto esecutivo
dell’intervento proposto e al verbale della conferenza stessa, che avrà effetti di permesso di costruire, andrà
allegata la quantificazione dei contributi di costruzione di cui agli artt. 43 e 44 della L.R. n.12/2005 (effettuata
dagli uffici comunali competenti).
Tale verbale sarà assoggettato alle medesime forme di pubblicità previste per il permesso di costruire
(pubblicazione all’Albo Pretorio e notifica all’interessato).
Per gli immobili sottoposti a vincoli (paesaggistico, storico-artistico, archeologico, idrogeologico) il verbale
della conferenza dei servizi produrrà effetti di autorizzazione solo se alla conferenza stessa parteciperanno,
a seguito di regolare convocazione, i rappresentanti delle Autorità competenti alla tutela del vincolo (il
Comune per il vincolo paesistico, la Sovrintendenza per quello storico, artistico e archeologico, l’Autorità
Forestale per quello idrogeologico).
Nel caso di vincolo paesistico il verbale della conferenza dei Servizi, avente efficacia di autorizzazione
paesistica, dovrà essere trasmesso alla Sovrintendenza ai fini del controllo di cui all’art.1, comma 5 Legge
431/85, qualora la Sovrintendenza stessa non sia intervenuta direttamente alla conferenza dei servizi.
Valgono in ogni caso le disposizioni della Delibera di Consiglio Regionale 13 marzo 2007 n. VIII/352 “
Indirizzi generali per la programmazione urbanistica del settore commerciale ai sensi dell’articolo 3, comma
1, della legge regionale 23 luglio 1999, n. 14” e successive modifiche ed integrazioni.
Quadro A – Quadro sinottico di ammissibilità per le nuove attività commerciali
Tipologia merceologica
Dimensione
struttura
Alimentare
Non alimentare
ad alto impattto
Non alimentare
a basso impatto
Piccola:
fino a 150 mq.
amb. di antica formaz.
amb. da riqualificare
amb. consolidati
amb.. per attività esistenti
amb. di trasformazione
amb. per att. nuovo imp.
amb. di antica formaz.
amb. da riqualificare
amb. consolidati
amb. per attività esistenti
amb. di trasformazione
amb.per att. nuovo imp.
amb. di antica formaz.
amb. da riqualificare
amb. consolidati
amb.per att. esistenti
amb. di trasformazione
amb.per att.nuovo imp.
Medio-piccola:
da 151 a 1.500 mq.
amb. da riqualificare
amb. consolidati
amb. per attività esistenti
amb. di trasformazione
amb. per att. nuovo imp.
amb. da riqualificare
amb. consolidati
amb. per attività esistenti
amb. di trasformazione
amb. per att. nuovo imp.
amb. da riqualificare
amb. consolidati
amb. per att. esistenti
amb. di trasformazione
amb.per att.nuovo imp.
Medio-grande:
tra 1.501 e 2.500 mq.
amb. di trasformazione
amb. per att. nuovo imp.
amb. di trasformazione
amb. per att.nuovo imp.
amb. di trasformazione
amb.per att.nuovo imp.
Grande:
oltre 2.500 mq.
amb. di trasformazione
amb. per att. nuovo imp.
amb. di trasformazione
amb. per att.nuovo imp.
amb. di trasformazione
amb.per att.nuovo imp.
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RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Quadro B – Parcheggi standard per tipologie commerciali
Tipologia commerciale
Superficie da destinare a parcheggio standard
mq/mq di superifice di vendita
A - Supermercati di medio piccole dimensioni: sv < 1.500 mq
B - Supermercati compresi tra 1.500 e 2.500 mq di sv
C1 - Ipermercati, sv compresa tra 2.500 e 5.000 mq
C2 - Ipermercati, con superficie compresa tra 5.000 e 10.000 mq
C3 - Ipermercati, con superficie superiore a 10.000 mq
D1 - Esercizi non alimentari di medio piccole (250 – 1.500 mq) dimensioni (alto impatto)
D2 - Esercizi non alimentari di medio grandi (1.500 –2.500 mq) dimensioni (alto impatto)
D3 - Esercizi non alimentari di grandi (> 2.500 mq) dimensioni (alto impatto)
D4 - Esercizi non alimentari di medie (250-2.500 mq.) dimensioni (basso impatto)
D5 - Esercizi non alimentari di grandi (>2.500 mq.) dimensioni (basso impatto)
E - Galleria di centro commerciale (2)
1,5 mq
2,0 mq
2,5 mq
3,0 mq
3,5 mq
1,0 mq
1,5 mq
2,0 mq
1,0 mq
1,5 mq
1,0 mq
1) Al di sotto dei 150 mq di superficie di vendita, si applicano i parametri di parcheggio di pertinenza per ogni
mq di s.v., e tale indice si considera monetizzabile, così specificati: 0,8 mq. di parcheggio per le zone di
categoria A e B del D.M. 2/4/68 n. 1.444 e 1 mq. di parcheggio per le zone di categoria C del D.M. 2/4/68 n.
1.444.
2) Con tale definizione si intende fare riferimento alle piccole strutture del commercio al dettaglio, alle
strutture paracommerciali ed extra commerciali che completano l’offerta di un centro commerciale integrato
(ristorazione, sportelli bancari, artigianato di servizio, piccoli negozi, ecc.)
17) DISCIPLINA DELLE DESTINAZIONI D’USO
Per la determinazione delle attività ammissibili nelle aree ed immobili, le destinazioni d’uso principali ai sensi
e per gli effetti dell’art. 51 della L.R. n.12/2005 sono quelle di seguito riportate:
1 - Residenza:
spazi destinati alla residenza dei nuclei familiari, spazi di servizio e accessori, aree di pertinenza.
2 - Edilizia residenziale pubblica
Quella posta in essere da soggetti pubblici o privati finanziata con mezzi pubblici o con mutui agevolati,
ovvero in base agli artt. 7 e 8 della L. 10/1977.
3 - Attività turistico ricettive:
A) alberghi, residenze collettive turistico alberghiere, residenze per particolari utenze (studenti, anziani, ecc);
Sono ammesse, entro il limite del 25% della S.L.P. esistente o in progetto, destinazioni accessorie
strettamente necessarie allo svolgimento dell'attività principale quali residenza custode e/o titolare, uffici e
commercio al dettaglio.
B) campeggi in spazi attrezzati per la sosta e il soggiorno dei turisti provvisti di tenda o altro mezzo di
pernottamento dotati dei servizi e delle attrezzature comuni direttamente attinenti
L’attività turistico-ricettiva è compatibile con la residenza.
4 - Attività produttive:
A1) attività industriali, artigianato di produzione e artigianato di servizio.
A2) depositi al coperto o all'aperto.
A3) deposito di relitti e rottami comprese le attrezzature per la compattazione.
B) Attività di ricerca, anche a carattere innovativo, finalizzate alla produzione e fornitura di servizi.
C) Attività di logistica e di autotrasporto.
Sono ammesse destinazioni accessorie strettamente necessarie allo svolgimento dell'attività principale e
integrate nell'unità produttiva stessa ivi inclusi spacci aziendali per la vendita dei prodotti delle aziende.
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È consentita inoltre la residenza del custode e/o titolare, con un massimo di 200 mq di SLP e in ogni caso
non superiore al 50% della SLP totale dell’intervento. E’ altresì consentito l’inserimento di sedi di
associazioni di categorie economiche.
5 - Attività commerciali:
A) struttura di piccola dimensione tra 0 e 150 mq di superficie di vendita
B) strutture di medio-piccola dimensione tra 151 e 1.500 mq di superficie di vendita;
C) struttura di medio-grande dimensione tra 1.501 e 2.500 mq di superficie di vendita;
D) struttura di grande dimensione oltre 2.500 mq di superficie di vendita;
E) attività artigianali di servizio;
F) attività per il commercio all'ingrosso
G) attività per la ristorazione e pubblici esercizi.
6 - Attività terziarie:
A) uffici pubblici e privati non a carattere direzionale: studi professionali; agenzie turistiche, immobiliari,
assicurative, sportelli bancari, uffici postali, laboratori sanitari, servizi, ecc; attività per lo spettacolo, il tempo
libero, l'istruzione, la pratica sportiva e le attività per il culto; attività associative e culturali.
B) attività direzionali pubbliche e private: sedi di attività amministrative, bancarie e finanziarie, di enti
pubblici, di istituzioni, di organi decentrati statali.
Sono ammesse, entro il limite del 25% della SLP esistente o in progetto, destinazioni accessorie necessarie
allo svolgimento dell'attività principale quali la residenza del custode e/o del titolare nonché attività
commerciali di piccola dimensione.
7 - Attività espositive, congressuali e fieristiche:
attrezzature espositive, attività congressuali e fieristiche in sede propria.
Sono ammesse, entro il limite del 25% della SLP esistente o in progetto, destinazioni accessorie necessarie
allo svolgimento dell'attività principale quali la residenza del custode e/o del titolare nonché attività
commerciali di piccola dimensione ed uffici.
8 - Attività pubbliche o di interesse pubblico (D.M. 2/4/68 n.1444, Art. 9 L.R. 12/05, Piano dei Servizi):
a) istruzione;
b) servizi e attrezzature di interesse comune e di interesse religioso: servizi sociali, assistenziali, sanitari,
residenze per anziani, uffici pubblici, centri civici, centri culturali, centri religiosi, biblioteche, musei, cimiteri;
c) verde pubblico per parco, gioco e sport;
d) parcheggi.
Tali servizi sono da computare come servizi ed attrezzature di interesse pubblico solo se pubblici o
convenzionati all’uso pubblico o svolti da Enti istituzionalmente competenti o da soggetti “non profit” (Onluss)
Sono ammesse destinazioni accessorie strettamente pertinenti e connesse allo svolgimento dell'attività
principale quali attività commerciali al dettaglio e pubblici esercizi, residenza del custode o personale addetto
(massimo 250 mq di SLP).
9 - Centri di ricerca, Sedi di ricerca superiore, parauniversitaria e universitaria, Istituti di ricerca scientifica,
tecnologica e industriale ivi comprese le attività di ricerca e sviluppo, nonché attività di produzione di servizi
informatici e connesse alle biotecnologie, alle tecnologie dell’elettronica, della comunicazione e
dell’informazione.
Sono ammesse destinazioni pertinenti e strettamente connesse con l'attività principale ivi comprese mense,
servizi alla persona, residenze universitarie, foresterie, attività museali.
Sono altresì ammesse residenze del custode.
Sono ammesse autorimesse e parcheggi privati pertinenziali e non pertinenziali.
10 - Attività agricole:
attrezzature riguardanti la coltivazione e l'allevamento, purché connesse alle attività di produzione delle
aziende agricole e le residenze agricole degli imprenditori agricoli ai sensi della L.R. 12/05.
11 - Verde privato:
area inedificabile priva di capacità edificatorie libera da costruzioni, sistemata in superficie a prato o a
giardino di pertinenza di edifici esistenti..
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12 - Attività di servizio alle imprese:
- attività commerciali di piccola dimensione così come specificato al precedente comma 5 punto A , attività
per la ristorazione e pubblici esercizi;
- uffici privati e pubblici (sportelli bancari, agenzie assicurative, ...);
- attività congressuali, associative, espositive;
- attività artigianali di servizio.
13 - Attività di servizio alle persone:
- attività commerciali di piccola dimensione così come specificato al precedente comma 5 punto A , attività
per la ristorazione e pubblici esercizi;
- uffici privati e pubblici (sportelli bancari, agenzie assicurative, ...);
- attività artigianali di servizio;
- attività sportive e per il tempo libero.
Sono ammesse destinazioni accessorie strettamente pertinenti e connesse con l’attività principale quali
residenza del titolare e del custode, uffici e servizi di supporto (massimo 250 mq di SLP).
Si definisce uso complementare, accessorio o compatibile alla destinazione principale quello costituente
parte integrante di quest’ultima, necessaria per renderne possibile lo svolgimento.
Detto uso complementare è dipendente dalla destinazione principale sia per esercizio (non svolgibile
separatamente dall’attività principale), sia per quanto concerne la determinazione della dotazione degli
standard urbanistici (fatti salvi i casi e le condizioni specificamente indicati).
Per quanto sopra, sono usi accessori e complementari alle destinazioni principali, in via generale e salvo
diversa prescrizione nella normativa specifica di Ambito normativo, i seguenti:
A) Nelle aree destinate in via principale agli usi residenziali sono ammessi come usi accessori: tutti gli usi
compresi nelle destinazioni inerenti le attività economiche (quali negozi, studi professionali, banche,
botteghe artigianali di servizio con relativi magazzini e depositi, bar, ristoranti, ecc.), a condizione che la
specifica attività di cui trattasi sia, in concreto, compatibile con l’uso residenziale in quanto non molesta (dal
punto di vista igienico/sanitario, delle emissioni acustiche, atmosferiche, della presenza di traffico e flussi di
utenza, ecc.).
Ai fini del riconoscimento di detta compatibilità:
- le attività commerciali e bancarie devono essere preferibilmente ubicate al piano terreno degli edifici;
- le attività artigianali devono disporre di accesso separato ed autonomo ai relativi magazzini e depositi
preferibilmente dal cortile interno.
La modifica d’uso di immobili esistenti da residenza a taluna di tali attività economiche, qualora connessa ad
opere edilizie, può essere subordinata, oltre che al reperimento della dotazione di servizi integrativa, altresì
all’apprestamento, da definirsi con specifico atto d’obbligo, delle misure e cautele necessarie ad assicurare e
salvaguardare detta compatibilità con la destinazione residenziale.
Sono tassativamente esclusi dalle aree residenziali:
le industrie e le attività artigianali incompatibili con la residenza (in particolare le attività insalubri di prima
classe);
i macelli, le stalle di ogni tipo, scuderie comprese;
l’attività agricola (non intendendosi per tale le modeste coltivazioni ad orto nell’ambito dei giardini o aree di
pertinenza degli edifici), ove non diversamente disposto;
i depositi di materiali a cielo aperto.
B) Nelle aree destinate in via principale agli usi per attività economiche è ammessa come uso
complementare la residenza di servizio .
C) Nelle aree destinate in via principale agli usi agricoli sono ammessi come usi complementari:
- la residenza dell’imprenditore o conduttore agricolo a titolo diretto nonchè dei salariati agricoli;
- le attività dirette alla trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici derivanti dalla produzione agricola
principale condotta nell’area o nell’azienda agricola, purchè ubicate nel Comune di Madone, a condizione
che tali attività non siano economicamente prevalenti rispetto all’attività agricola principale;
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- le attività dirette alla cessione dei prodotti agricoli e zootecnici derivanti dalla produzione agricola principale
condotta nell’area o nell’azienda agricola, purchè ubicati nel Comune di Madone, a condizione che tali
attività non siano economicamente prevalenti rispetto all’attività agricola principale, e comunque entro i limiti
della definizione di spaccio aziendale di cui ai successivi commi.
Non è ammessa l’attività di vendita di prodotti agricoli e zootecnici provenienti da aziende agricole collocate
all’esterno del territorio comunale di Madone;
- le attività di agriturismo, purchè non economicamente prevalenti rispetto all’attività agricola principale,
esclusivamente quando inserita nell’attività agricola esistente mediante il recupero del patrimonio edilizio.
Il Piano delle Regole definisce, per ogni area normativa, la o le destinazioni principali ammesse.
Ogni destinazione principale comprende tutti gli usi e le attività corrispondenti alla sua definizione, e
comprende altresì gli usi complementari ed accessori connessi, qualora non vietati.
Sono conseguentemente ammissibili, negli Ambiti normativi, tutti gli usi, le attività, le funzioni non vietate
riconducibili alla destinazione principale, come definita ai commi precedenti, anche se non espressamente
elencati; sono altresì ammissibili gli usi, non vietati, accessori e complementari alla destinazione principale.
Gli usi e le funzioni che, ai sensi delle vigenti normative di Legge e di regolamento, nonchè ai sensi del
Piano dei Servizi, costituiscano attività di servizio pubbliche, di interesse pubblico o generale, sono ammessi
in tutte le aree normative, a condizione che le attività stesse risultino in concreto compatibili con la
destinazione principale.
Si osservano, in ogni caso, le prescrizioni specifiche successive:
Ai fini della determinazione, in conformità ai vigenti parametri di legge, delle dotazioni di aree per
infrastrutture e servizi pubblici, di interesse pubblico e generale, si applicano i seguenti criteri generali:
- per gli usi complementari: la dotazione di servizi è determinata in funzione della destinazione d’uso
principale di cui l’uso complementare costituisce elemento integrativo, fatto salvo l’uso commerciale, per il
quale è comunque dovuta la dotazione di servizi e attrezzature prevista per legge;
- per gli usi accessori: la dotazione di servizi è determinata in funzione dello specifico uso accessorio
medesimo;
- nell’ambito della destinazione principale ad attività economiche la dotazione di servizi è determinata in
funzione delle diverse categorie d’uso indicate nei successivi commi.
Si applicano, inoltre, le precisazioni seguenti.
La destinazione principale a residenza comprende unitariamente sia la residenza di civile abitazione che la
residenza turistica, temporanea o stagionale presso strutture di tipo domiciliare, relativamente alle quali la
determinazione delle dotazioni minime dovute è effettuata secondo i parametri dettati dalla normativa
vigente per la residenza.
Per gli usi che sono accessori alla residenza, la relativa dotazione è da individuarsi, ugualmente in base alla
normativa vigente, in funzione della specifica categoria di attività economica cui l’uso accessorio appartiene.
La destinazione principale ad attività economiche si distingue nelle seguenti categorie:
Attività economiche secondarie di industria ed artigianato: tutte le attività incluse nel ciclo economico diretto
alla produzione e trasformazione di beni, anche immateriali;
Attività economiche terziarie: tutte le attività incluse nel ciclo economico diretto alla produzione di servizi
(attività direzionali, alberghiere, ricettive, ristorative, ricreative);
Attività economiche commerciali: tutte le attività incluse nel ciclo economico diretto allo scambio, all’ingrosso
o al dettaglio, di beni e prodotti.
Per ciascuna di tali categorie, le dotazioni dovute di aree per infrastrutture e servizi pubblici, di interesse
pubblico e generale sono determinate in conformità ai rispettivi parametri stabiliti dalla normativa vigente.
Ai fini dell’applicazione del comma precedente, e in conformità ai principi generali già indicati, si precisa che,
in caso di presenza, nell’ambito di immobile adibito in via principale ad una delle categorie di attività
economiche individuate, di usi appartenenti ad una diversa categoria, ivi dislocate quale elemento
complementare ed integrativo dell’attività principale, la totalità delle superfici è conteggiata secondo i
parametri di standard dettati per la categoria principale di attività economica.
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In particolare:
- costituiscono usi complementari all’attività economica produttiva quelli di tipo residenziale, direzionale,
sanitario, ristorativo, ricettivo, espositivo, ecc., connessi all’esercizio dell’attività;
- costituiscono usi complementari all’attività economica terziaria quelli per attività di carattere produttivo,
commerciale, residenziale ecc.;
- costituiscono usi complementari all’attività economica commerciale quelli per attività di carattere
direzionale, residenziale, sanitario, ristorativo, produttivo, ecc..
Si dovranno osservare, inoltre, le seguenti prescrizioni:
La residenza costituisce uso complementare alle destinazioni principali ad attività economiche, solo in
quanto residenza di servizio per il titolare o il custode dell’attività, entro la misura massima di 1 mq. di s.l.p.
ogni 5 mq. di s.l.p. destinata all’attività economica, e comunque entro il limite massimo di 300 mq. di s.l.p.
per ogni unità adibita ad attività economica.
Al fine di assicurare l’osservanza del predetto limite funzionale della residenza di custodia o del titolare,
nonchè la sua conoscibilità da parte dei terzi, sono inoltre previste le seguenti condizioni: la superficie adibita
a residenza deve essere integrata nel medesimo edificio dell’unità produttiva di cui trattasi; il titolo edilizio
abilitativo relativo alla realizzazione della residenza di servizio deve recare, a pena di inefficacia, l’obbligo di
inserire la limitazione dell’uso delle superfici residenziali, come sopra indicato, negli atti soggetti a
trascrizione nei registri immobiliari.
E’ condizione per la formazione dell’abitabilità delle superfici adibite a residenza di servizio il deposito di
documentazione catastale recante la limitazione predetta.
Negli ambiti destinati ad attività economiche, non è ammessa l’utilizzazione di parti di area od immobile per
usi residenziali indipendenti dall’attività economica svolta a titolo principale.
L’attività commerciale è ammissibile quale uso complementare alle attività produttive, terziarie, ed agricole,
unicamente se svolta in forma di “spaccio aziendale”.
Si definisce “spaccio aziendale” l’attività di vendita di beni prodotti, lavorati, trasformati o comunque trattati
presso lo stabilimento produttivo / terziario / agricolo principale condotto, con carattere di prevalenza, nella
medesima area od immobile; esso costituisce uso complementare all’attività principale svolta nell’area o
nell’immobile, a condizione che il relativo esercizio abbia tipologia non superiore a quella di vicinato, definita
all’art. 4, lett. d), D. Lgs. 114/98.
Relativamente a detti spacci, la dotazione di servizi è conteggiata in base ai parametri stabiliti per l’attività
economica principale cui sono complementari.
L’estensione dell’attività di vendita a merci non aventi le predette tassative caratteristiche comporta la
trasformazione dell’attività commerciale da complementare a principale e, conseguentemente, costituisce
modifica dell’uso urbanisticamente rilevante; ove ammissibile, tale modifica determina l’obbligo di integrare
la dotazione di servizi, in conformità alle disposizioni successive.
Le attività direzionali / ricettive / ristorative / espositive, ecc. sono ammissibili quali usi complementari
all’attività produttiva, unicamente se connesse all’esercizio dell’attività principale: conseguentemente,
l’utilizzo di parti dell’immobile produttivo per attività direzionali / ricettive / ristorative / espositive, ecc. non
connesse all’attività produttiva, costituisce modifica dell’uso urbanisticamente rilevante, con conseguente
obbligo di integrare la dotazione di servizi.
Ai sensi e per gli effetti degli artt. 52, 53, 54 della L.R. n.12/2005, fermo restando che tutte le variazioni d’uso
devono essere conformi alle destinazioni previste dal P.G.T. nelle sue articolazioni, costituisce modificazione
d’uso urbanisticamente rilevante quella, connessa ad opere edilizie e conforme alle destinazioni previste dal
P.G.T. nelle sue articolazioni, che determini una modificazione della dotazione di servizi dovuta.
Si precisa in merito che è modificazione d’uso urbanisticamente rilevante quella, connessa ad opere edilizie:
che interviene tra usi appartenenti a diverse destinazioni principali;
che interviene tra usi appartenenti, nell’ambito della medesima destinazione principale ad attività
economiche, a categorie diverse di attività tra quelle indicate al precedente comma;
che introduca l’uso in via principale o accessoria.
Non costituisce modificazione d’uso urbanisticamente rilevante quella, conforme alle destinazioni previste,
diretta ad allocare un uso di tipo complementare, costituente, cioè, parte integrante dell’attività principale
svolta nell’area o immobile.
E’ invece modificazione urbanisticamente rilevante la trasformazione, conforme alle destinazioni previste, di
un uso da complementare ad autonomo.
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Ai fini della medesima normativa citata, costituisce altresì modificazione d’uso urbanisticamente rilevante
quella, anche non connessa ad opere edilizie e comunque conforme alle destinazioni previste, in forza della
quale le aree o gli edifici vengano adibiti a sede di esercizi commerciali non costituenti esercizi di vicinato.
E’ altresì modificazione d’uso urbanisticamente rilevante quella, anche non connessa ad opere edilizie,
tramite la quale esercizi commerciali, eccedenti il vicinato, pure esistenti, costituenti spacci aziendali
complementari ad attività economiche secondarie di industria - artigianato, ad attività terziarie, ad attività
agricole, e pertanto aventi ad oggetto esclusivamente la vendita di merci prodotte o lavorate o trasformate o
trattate in loco, estendano la vendita a beni non aventi dette tassative caratteristiche, a condizione che la
disciplina di P.G.T. e di P.d.R. ammetta, per l’area o l’immobile interessato, l’uso commerciale come
ammissibile a titolo principale.
Ogni modifica d’uso è ammissibile se l’uso conferito all’area od immobile è compreso tra le destinazioni
principali, accessorie o complementari della zona omogenea di appartenenza e non è in tale zona
specificamente vietato. Inammissibile nel caso contrario.
I mutamenti di destinazione d’uso ammissibili connessi ad opere edilizie sono assentiti a mezzo dei
medesimi titoli abilitativi previsti per le opere di cui trattasi, indipendentemente dalla loro preordinazione alla
modifica dell’uso; conseguentemente, i mutamenti di destinazione d’uso connessi alla realizzazione di opere
edilizie sottoposte a permesso di costruire oppure a denuncia d’inizio attività, sono soggetti, rispettivamente,
al medesimo permesso di costruire o denuncia di inizio attività.
I mutamenti di destinazioni d’uso d’immobili, conformi alle previsioni urbanistiche comunali e alla normativa
igienico-sanitaria e non comportanti la realizzazione di opere edilizie, sono soggetti esclusivamente a
preventiva comunicazione dell’interessato al Comune, ad esclusione di quelli riguardanti unità immobiliari, o
parti di esse, la cui superficie lorda di pavimento non sia superiore a 150 metri quadrati, per i quali la
comunicazione non è richiesta.
Sono fatte salve le previsioni dell’art. 20, comma 1, del D.Lgs. 42/2004 in ordine alle limitazioni delle
destinazioni d’uso dei beni culturali.
In caso di modifica di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, l’autorizzazione alla modifica dell’uso,
da rilasciarsi secondo le modalità indicate ai commi precedenti, è subordinata al reperimento della
dotazione di servizi eventualmente mancante in rapporto alla nuova destinazione, nel rispetto di quanto
dettato dall’art. 51 della L.R. n.12/2005.
L’integrazione della dotazione può effettuarsi:
con previsione inserita nel Piano attuativo in cui l’area o l’immobile interessato sia compreso;
con atto unilaterale d’obbligo sottoscritto dal soggetto attuatore l’intervento di che trattasi, da allegarsi
all’istanza di permesso di costruire e/o alla denuncia di inizio attività.
Con le medesime modalità, si provvede all’integrazione delle dotazioni di servizi aggiuntive per quanto
concerne i mutamenti d’uso non connessi ad opere edilizie. In tal caso, l’osservanza delle prescrizioni
inerenti l’integrazione delle dotazioni è condizione necessaria per il rilascio dell’agibilità dei locali e delle
autorizzazioni commerciali.
La dotazione di servizi mancante può essere reperita:
tramite cessione gratuita e/o asservimento ad uso pubblico di aree nella disponibilità del richiedente;
tramite monetizzazione, se ritenuto ammissibile ed accettato dall’Amministrazione Comunale, in caso di
indisponibilità o assenza di interesse dell’Amministrazione per dette aree.
La violazione delle prescrizioni di cui ai precedenti commi in materia di mutamenti d’uso, dà luogo
all’applicazione delle sanzioni previste all’articolo 53 della L.R. n.12/2005.
18) IMPIANTI PER LA RICEZIONE TELEFONICA E RADIOTELEVISIVA
Le presenti indicazioni riguardano l’individuazione delle aree nelle quali è consentita l’installazione degli
impianti per le telecomunicazioni e la radiotelevisione e per l’installazione dei medesimi, con l’intento di
salvaguardare gli ambienti di vita e proteggere la popolazione dall’esposizione a campi elettromagnetici
prodotti da radiofrequenze e microonde in attuazione del decreto interministeriale 10 settembre 1998, n. 381
“Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute
umana”, in conformità alla legge 22 febbraio 2001 n. 36 “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a
campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, alla legge regionale 11 maggio 2001, n. 11 “Norme sulla
protezione ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le
telecomunicazioni e per la radiotelevisione” e alla deliberazione di Giunta Regionale n. VII/7351 dell’ 11
dicembre 2001 “Criteri per l’individuazione delle aree nelle quali è consentita l’installazione degli impianti per
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le telecomunicazioni e la radiotelevisione e per l’installazione dei medesimi”, fatte salve le norme e le leggi e
quant’altro vigente relativamente agli aspetti urbanistici ed edilizi.
Rientrano nell’ambito di applicazione del presente articolo gli impianti e le apparecchiature in grado di
produrre campi elettromagnetici di frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz, impiegati quali sistemi fissi
per le telecomunicazioni e la radiotelevisione.
In ogni caso gli impianti e le apparecchiature in questione devono essere impiegati garantendo il rispetto dei
limiti di esposizione per la popolazione indicati dalla normativa statale vigente.
Il Comune di Madone, così come stabilito dalla legge regionale 11/01, individua come segue le aree nelle
quali è consentita l’installazione degli impianti per le telecomunicazioni e la radiotelevisione, attenendosi agli
indirizzi formulati dalla Giunta Regionale con la deliberazione n. VII/7351 dell’11.12.2001 e con la legge
regionale 6 marzo 2002, n. 4.
• Area 1
Si definisce “Area 1” l’insieme delle parti di territorio che, una per ciascun centro o nucleo abitato, sono
singolarmente delimitate dal perimetro continuo che comprende unicamente tutte le aree edificate con
continuità ed i lotti interclusi del relativo centro o nucleo abitato; non possono essere compresi nel perimetro
gli insediamenti sparsi e le aree esterne anche se interessate dal processo di urbanizzazione.
• Area 2
Si definisce “Area 2” la parte del territorio comunale non rientrante in Area 1.
• Aree di particolare tutela
Si definiscono “Aree di particolare tutela” quelle aree comprese entro il limite di 100 metri dal perimetro di
proprietà (pubblica o privata) di asili nido, scuole per l’infanzia, scuole elementari e medie, altre strutture per
l’istruzione, luoghi di cura e residenze per anziani, parchi gioco e aree attrezzate a verde pubblico, oratori,
chiese, edifici sottoposti a vincolo monumentale, edifici sottoposti a interventi di restauro o risanamento
conservativo.
Nelle Aree di particolare tutela è consentita l’installazione degli impianti per le telecomunicazioni e per la
radiotelevisione di cui alla legge regionale 11 maggio 2001, n. 11, ad eccezione di quelli con potenza totale
ai connettori d’antenna superiore a 300 W.
In Area 1, fuori dalle aree di particolare tutela, è consentita l’installazione degli impianti per le
telecomunicazioni e la radiotelevisione di cui alla legge regionale 11 maggio 2001, n. 11 ad eccezione di
quelli con potenza totale ai connettori d’antenna superiore a 1000 W.
In Area 2, fuori dalle aree di particolare tutela, è consentita l’installazione degli impianti per le
telecomunicazioni e la radiotelevisione di cui alla legge regionale 11 maggio 2001, n. 11.
E’ fatto comunque salvo quanto previsto dai piani nazionali di assegnazione delle frequenze televisive e di
radiodiffusione sonora.
Gli impianti collocati nelle aree definite conformemente ai criteri di cui alla deliberazione di Giunta Regionale
n. VII/7351 dell’11 dicembre 2001 devono comunque rispettare i limiti fissati dalla normativa vigente in
materia.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.331/2003, l’articolo 4, comma 8, della legge regionale
11 maggio 2001, n.11, si applica seguendo la seguente formulazione:
“E’ comunque vietata l’installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione in
corrispondenza di asili, edifici scolastici, nonché strutture di accoglienza socio-assistenziali, ospedali, oratori,
parchi gioco, case di cura, residenze per anziani, e strutture similari, e relative pertinenze.”
La prescrizione è da ritenersi soddisfatta quando gli impianti per le telecomunicazioni e la radiotelevisione
siano installati in punti che non ricadano in pianta entro il perimetro degli edifici e strutture di cui al suddetto
comma e delle loro pertinenze, come già chiarito nella Circolare regionale 9 ottobre 2011, n.58, della
Direzione generale Qualità dell’Ambiente.
Per quanto concerne installazione degli impianti con potenza totale al connettore d’antenna superiore a
300W, si dovrà valutare l’inserimento dei manufatti nel contesto con riferimento alle norme ed agli indirizzi
del Piano Territoriale Paesistico Regionale, con particolare considerazione:
• Degli ambiti percepibili da punti o percorsi panoramici (art. 20 delle Norme di Attuazione del PTPR);
• Del Piano di sistema “infrastrutture a rete” (volume 7 del PTPR);
• Delle “linee guida per l’esame paesistico dei progetti” (art. 30 delle Norme di Attuazione del PTPR).
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Comune di Madone
Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
L’installazione degli impianti per le telecomunicazioni e la radiotelevisione dovrà essere armonizzata con il
contesto urbanistico, architettonico e paesaggistico - ambientale, salvaguardando i caratteri storici, artistici,
monumentali e naturalistici; gli impianti possono essere collocati su edifici aventi particolare valore storico –
artistico solo a condizione che, per la loro collocazione e visibilità, siano compatibili con tali valori.
Sotto il profilo esecutivo si dovranno privilegiare scelte cromatiche di tipo neutro che riducano l’impatto visivo
dei manufatti e si dovranno evitare superfici metalliche riflettenti.
L’installazione degli impianti dovrà essere realizzata in modo da evitare che il centro del sistema radiante sia
posizionato a quote inferiori a quelle di edifici destinati a permanenza di persone superiori alle quattro ore
situati:
• entro 100 metri nel caso di impianti con potenza totale ai connettori d’antenna non superiore a 300 W;
• entro 250 metri nel caso di impianti con potenza totale ai connettori d’antenna non superiore a 1000 W;
• entro 500 metri nel caso di impianti con potenza totale ai connettori d’antenna superiore a 1000 W.
Sulle proprietà comunali possono essere autorizzate installazioni se ritenute conformi alle presenti
disposizioni.
Tali autorizzazioni dovranno essere supportate da un atto di Convenzione tra il Comune proprietario e la
società richiedente, in cui vengano regolate le condizioni tecniche, economiche e temporali cui l’installazione
viene assoggettata.
In considerazione della durata temporale della concessione ministeriale all’esercizio dell’attività di
telecomunicazione, per gli impianti da realizzare su proprietà del Comune, siano esse aree libere o edifici, il
richiedente dovrà inoltre sottoscrivere un atto unilaterale di obbligo alla conservazione in buono stato
dell’impianto e di tutte le sue pertinenze, nonché di obbligo alla rimozione e al ripristino dello stato dei luoghi
a propria cura e spese entro tre mesi dalla scadenza della concessione ministeriale, ove questa non venga
rinnovata o l’impianto non sia oggetto di trasferimento ad altra società concessionaria subentrante.
Il medesimo obbligo viene esteso agli impianti insediati su aree di proprietà privata, onde scongiurare
l’abbandono di manufatti una volta scadute le concessioni ministeriali e/o le convenzioni con i privati.
Ai sensi dell’Art.4, comma 8 della L.R. 11 maggio 2001, n.11, i gestori di reti di telecomunicazione sono
tenuti a presentare al comune e all’ARPA, entro il 30 novembre di ogni anno, un piano di localizzazione,
articolato per zone di decentramento comunale ove istituite, che, nel rispetto delle indicazioni del presente
articolo, descriva lo sviluppo o la modificazione dei sistemi da loro gestiti, in riferimento, in particolare, alle
aree di ricerca per la collocazione di nuove stazioni ed alla ottimizzazione dei sistemi al fine del
contenimento delle esposizioni.
Il comune, sulla base delle informazioni contenute nei piani di localizzazione, promuove iniziative di
coordinamento e di razionalizzazione della distribuzione delle stazioni al fine di conseguire l’obiettivo di
minimizzare l’esposizione della popolazione, compatibilmente con la qualità del servizio offerto dai sistemi
stessi.
Nella fase di redazione dei piani di sviluppo da parte degli enti gestori deve essere fatto il possibile per
evitare l’installazione di impianti per le telecomunicazioni di qualsiasi potenza (anche inferiore a 300W)
all’interno dei siti sensibili così come definiti nel rispetto dell’Allegato A della D.G.R. n.7351 del 11/12/2001.
Con riferimento a quanto prescritto dal Protocollo d’Intesa tra ANCI e Ministero Comunicazioni per
l’installazione, il monitoraggio, il controllo e la razionalizzazione degli impianti di stazioni radio base che
invita gli enti gestori “a tenere conto, nell’elaborazione del piano di sviluppo della rete, dell’eventuale
presenza, nell’area di interesse, di siti di proprietà pubblica ai fini delle installazioni, ove tecnicamente
possibile”, per l’installazione di impianti per le telecomunicazioni saranno privilegiate le aree e gli edifici di
proprietà comunale sempre che le stesse rispettino le previsioni dei piani di sviluppo presentati dagli enti
gestori e successivamente approvati con Delibera di Giunta Comunale.
Nel caso di impianti per le telecomunicazioni all’interno degli Ambiti di antica formazione, come individuati
dal Piano delle Regole, non è consentita l’installazione di pali/tralicci mentre è consentita l’installazione di
impianti sulla copertura di edifici con almeno 4 piani fuori terra.
Nel caso in cui l’installazione di impianti per le telecomunicazioni di qualsiasi potenza non preveda la
realizzazione di rilevanti opere edilizie o il posizionamento di tralicci/pali, si recepisce integralmente quanto
disposto dalla Delibera di Giunta Regionale n. 16752 del 12/04/2004 in merito ai procedimenti autorizzatori
per l’installazione degli impianti fissi per le telecomunicazioni e la radiotelevisione.
In caso di installazione di impianti per le telecomunicazioni di qualsiasi potenza, preveda la realizzazione di
rilevanti opere edilizie o il posizionamento di tralicci/pali, dovrà essere presentata richiesta di Permesso di
Costruire ai sensi del D.P.R. 380/01 su apposito modello, comunque nel rispetto di tutte le autorizzazioni
previste dalla Delibera di Giunta Regionale n. 16752 del 12/04/2004.
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Comune di Madone
Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Per quanto concerne gli impianti temporanei per la telefonia mobile, si recepisce integralmente il seguente
disposto dall’articolo 8 della L. R. 11 maggio -2001, n. 11 come modificato dall’art. 3, della L.R. 6 marzo
2002, n. 4.
1. Si definiscono impianti temporanei per la telefonia mobile le stazioni radio di terra del servizio di telefonia
mobile (stazioni radio base) destinati ad operare per un periodo di tempo limitato per esigenza temporanee o
in attesa della realizzazione di un impianto fisso, e che, comunque, non siano in attività per un periodo di
tempo superiore a centottanta giorni.
2. Gli impianti temporanei di cui al comma 1, con potenza totale al connettore d’antenna non superiore a 7
W, hanno i medesimi obblighi previsti per gli impianti di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a). Il comune può
chiedere al gestore una diversa localizzazione dell’impianto.
3. Gli impianti temporanei di cui al comma 1, con potenza totale al connettore d’antenna superiore a 7 W ma
non superiore a 20 W, in deroga a quanto stabilito dall’articolo 7, sono soggetti agli obblighi di
comunicazione stabiliti all’articolo 6, comma 1, lettera a) e non necessitano dell’autorizzazione di cui
all’articolo 7. Il comune può chiedere al gestore una diversa localizzazione dell’impianto.
4. Scaduti i termini temporali di esercizio specificati nella comunicazione inviata ai sensi dei commi
precedenti l’impianto potrà essere mantenuto attivo a copertura della stessa area.
Le disposizioni fin qui espresse potranno essere soggetto a revisione a seguito di variazione della normativa
nazionale o regionale o ad evoluzione della tecnologia, senza che ciò comporti necessità di variante al Piano
di Governo del Territorio o alle sue articolazioni.
19) SOSTENIBILITA’, RISPARMIO ENERGETICO, SVILUPPO DELLE FONTI RINNOVABILI,
CORRETTO IMPIEGO DELL’ENERGIA
Tutte le nuove costruzioni, le ristrutturazioni con demolizione completa e le ristrutturazioni integrali
dell’involucro per ottenere il permesso di costruire dovranno ottemperare adeguati “criteri di sostenibilità”
che saranno disciplinati dalle norme di attuazione del Piano delle Regole, fatta salva l’impossibilità di
adempimenti agli stessi che dovrà essere debitamente dimostrata dal progettista.
Tutte le nuove costruzioni, le ristrutturazioni con demolizione completa e le ristrutturazioni integrali
dell’involucro che avranno ottenuto il permesso di costruire e che a realizzazione avvenuta potranno
dimostrare di avere ottenuto un intervento edilizio avente livelli di elevata sostenibilità, intendendo con ciò
l’ottemperamento di tutti i requisiti prestazionali speciali riportati nelle norme di attuazione del Piano delle
Regole, avranno accesso a specifici incentivi .
20) COMPONENTE GEOLOGICA, IDROGEOLOGICA E SISMICA
Lo studio geologico a supporto del Documento di Piano e del Piano delle Regole è parte integrante deI
medesimi ai sensi dell’articolo 57 della L.R. n.12/2005 (componente geologica, idrogeologica e sismica del
piano di governo del territorio).
Come contemplato dalle vigenti disposizioni regionali, le norme di carattere geologico contenute in tale
Studio, con specifico riferimento alla “Carta di sintesi con zonizzazione geotecnica ed indicazioni sulla
fattibilità geologica per le azioni di piano” e alla “Carta della fattibilità geologica per le azioni di Piano”, sono
parte integrante, con carattere prevalente delle norme di attuazione del Piano delle Regole, ed ogni
intervento dovrà essere conforme ed ottemperante, previa verifica tecnica in fase istruttoria, alle prescrizioni
geologiche ivi contenute.
21) RAPPORTI FRA P.G.T. E VIGENTE P.R.G.
Con l'entrata in vigore del Piano di Governo del Territorio e delle sue articolazioni consistenti nel Documento
di Piano, nel Piano dei Servizi, nel Piano delle Regole, sono abrogate le disposizioni del P.R.G. precedente
e successive varianti nonchè di ogni altra disposizione comunale incompatibile.
Nelle more di entrata in vigore e all'entrata in vigore del Piano di Governo del Territorio e delle sue
articolazioni consistenti nel Documento di Piano, nel Piano dei Servizi, nel Piano delle Regole, si applicano
le seguenti disposizioni transitorie:
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Comune di Madone
Piano di Governo del Territorio
RELAZIONE DOCUMENTO DI PIANO
Le aree soggette a Piani Attuativi, adottati o approvati in data anteriore all'adozione del P.G.T.,
regolate dalle prescrizioni dei Piani Attuativi stessi, se ancora vigenti.
sono
Rimangono validi i provvedimenti abilitativi edilizi (comprese le DIA) rilasciati in data antecedente
all'adozione del P.G.T. , fino alle scadenze per loro previste dalla legislazione urbanistica anche in relazione
a variazioni non essenziali apportate ai progetti approvati, sempre che i relativi lavori siano stati iniziati entro
il termine di un anno dalla data di emanazione del provvedimento e vengano completati entro il termine
previsto dal medesimo o altro termine determinato per proroga motivata da eventi indipendenti dalla volontà
del titolare del provvedimento e debitamente comprovati.
Sono sempre comunque emanabili tutti i provvedimenti abilitativi edilizi (comprese le DIA) ed approvabili i
piani attuativi che non siano in contrasto con le previsioni del P.R.G. vigente e con le disposizioni del P.G.T.
adottato.
Restano sempre applicabili le disposizioni di cui all’art. 87 e segg. della L.R. n.12/2005 in materia di
disciplina dei programmi integrati di intervento.
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