gestione del suolo

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gestione del suolo
Influenza della gestione del suolo sui parametri qualitativi e
produttivi della vite
Mirko Melotti - ASTRA Innovazione e Sviluppo
La gestione del suolo rappresenta una delle scelte più delicate nell’ambito della gestione
complessiva del vigneto perché è in grado di condizionare profondamente l’ ambiente,
influenzando il livello di lisciviazione e scorrimento superficiale di elementi nutritivi, in
particolare azoto, i processi di erosione idrica ( non trascurabili anche negli ambienti di
pianura ) ed eolica del suolo e, da un punto di vista più squisitamente agronomico, le
caratteristiche fisico-chimiche e biologiche del suolo, la presenza di flora avventizia, la
presenza e diffusione di entomofagi e patogeni fungini ( Botrytis C.), la diversità biologica
all’interno dell’agroecosistema e quindi l’equilibrio vegeto-produttivo della pianta.
In questo contesto la gestione del suolo riguarda la scelta tra inerbimento e lavorazione
che varia in funzione di diversi fattori quali, la natura del terreno, la giacitura, il livello di
vigoria espresso dalla pianta e la possibilità o meno di irrigare.
L’inerbimento può essere inteso come copertura permanente costituita da un miscuglio di
diverse essenze poliennali ( soprattutto graminacee e leguminose ) e interessare la sola
zona dell’interfilare oppure anche quella sulla fila ; può invece rivestire carattere
temporaneo, quindi solo per parte della stagione, ed essere costituito da un miscuglio di
essenze poliennali oppure da specie o miscuglio di specie annuali con funzione specifica di
sovescio.
Diversi studi condotti in varie zone viticole italiane hanno messo in evidenza i molteplici
pregi dell’inerbimento, con influenze positive sulla quasi totalità dei parametri citati in
precedenza e, per diversi vitigni, sulla composizione analitica e sulle caratteristiche
organolettiche dei vini ; l’unico punto critico è risultata essere la competizione, idrica in
particolare, con le piante di vite, competizione che, tra l’altro, può essere regolata
scegliendo un opportuno miscuglio di essenze. La lavorazione, per contro, ha mostrato un
unico pregio, la riduzione della perdita di acqua dal suolo. Negli ambienti di pianura
caratterizzati da suoli di tipo argilloso, argilloso-limoso e medio impasto l’inerbimento, nella
zona dell’interfilare, è una pratica sicuramente consigliabile in particolare a partire dal 2° 3° anno dall’impianto per diversi motivi, tra i quali il contenimento della vigoria, l’apporto
di sostanza organica, la migliore portanza del suolo, così come lo è anche negli ambienti
collinari soprattutto per ostacolare i fenomeni di erosione.
Molto scarse sono, invece, le esperienze citate in bibliografia riguardo l’impiego di essenze
in purezza o miscugli di essenze con specifica funzione di sovescio nell’ambito del vigneto.
Le colture erbacee di copertura (cover crops, colture da sovescio) sono in grado di
influenzare positivamente molti dei fenomeni elencati e la scelta di quella più adatta è
legata all’individuazione dell’obiettivo che si vuole perseguire con la sua coltivazione.
-Riduzione della lisciviazione dei nitrati :
-Riduzione dell’erosione :
-Competizione con le infestanti :
-Miglioramento della struttura del terreno :
-Apporto di azoto e di sostanza organica :
-Attirare insetti utili :
-Impedire lo sviluppo di patogeni :
L’azienda che ha ospitato la prova è sita in località Migliarina di Carpi ( MO ) nell’areale di
produzione del vino D.O.C. “Lambrusco Salamino di Santa Croce” ed è gestita seguendo i
canoni dell’agricoltura biologica come previsto dal Reg. CEE 2092/91 e successive
modifiche.
Per l’attività sperimentale in questione sono state prese in considerazione 7 tesi, di queste,
4 sono sovesci seminati ( veccia + avena, favino, pisello + orzo, miscuglio Landsberg ) in
autunno, una è un sovescio a crescita spontanea ( inerbimento naturale ) e le rimanenti
due tesi sono l’inerbimento permanente e la lavorazione del suolo che funzionano da
testimoni.
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Per il miscuglio Veccia C. + Avena sono state adottate dosi di semina di 35 Kg/Ha e 60
Kg/Ha rispettivamente ;
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Il Favino è stato seminato impiegando la dose di 150 Kg/Ha ;
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Per il miscuglio Pisello + Orzo sono state adottate dosi di semina di 60 Kg/Ha e 40 Kg/Ha
rispettivamente ;
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Il miscuglio Landsberg ( Veccia V. + Lolium M. + Trifolium R. ) è stato seminato alla dose
di 40 Kg/Ha ;
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L’inerbimento permanente ( Lolium P. + Festuca R. + Poa P. + Festuca O. + Trifolium R. )
è stato seminato solo una volta all’inizio della attività alla dose di 50 Kg/Ha.
Il sovescio rappresenta uno strumento molto importante nella gestione del suolo
dell’azienda biologica se si considera la non possibilità di impiego di concimi minerali
azotati di sintesi, il basso titolo dei concimi azotati ammessi in agricoltura biologica, la non
frequente disponibilità di sostanza organica animale ( letame ) aziendale e le limitazioni
riguardo la sua provenienza extra-aziendale ; sono sostanzialmente fertilizzanti vivi in
grado di contribuire al mantenimento di un sufficiente tenore in sostanza organica nel
terreno e di apportare quantità anche molto elevate di azoto minerale.
Proprio l’elevata quantità di azoto minerale rilasciata nel suolo può costituire una
controindicazione nell’impiego di questi sovesci, infatti nel caso in questione l’APA ( Azoto
Prontamente Assimilabile ) rilevato sul mosto, che indica lo stato nutritivo della pianta e la
quantità di N disponibile per i lieviti in fase di fermentazione, evidenzia molto chiaramente
una situazione complessiva di elevata nutrizione delle viti e, in particolare, i diversi sovesci
e la tesi lavorata mostrano livelli decisamente più elevati rispetto alla tesi inerbita in modo
permanente. Questi livelli così sostenuti di azoto assimilabile si traducono inevitabilmente
in condizioni di elevata vigoria complessiva dove si riconferma, tra l’altro, la classica
contrapposizione tra gestione con inerbimento permanente e lavorazione, con i livelli più
contenuti e più alti di vigoria rispettivamente ; in questo senso le colture da sovescio si
collocano in posizione intermedia. Condizioni di elevata vigoria inducono infine una
maggiore incidenza di marciume da botrite sui grappoli ; ancora una volta la tesi con
inerbimento permanente da luogo alla più bassa incidenza di marciume in
contrapposizione con miscuglio Landsberg, veccia + avena e favino che mostrano, invece,
la più elevata presenza di muffa grigia.
Le diverse tesi a confronto hanno mostrato nel complesso una copertura del suolo
nettamente superiore al 70 % , quindi in grado di garantire un efficace rinettamento della
flora avventizia, con la sola eccezione dell’inerbimento naturale che ha fornito anche le
produzioni più scarse di biomassa ; buona nel complesso anche la tolleranza al freddo,
solo il pisello si è dimostrato un po’ più sensibile contribuendo così a rendere il miscuglio
con l’orzo una delle tesi meno produttive in termini di biomassa.
Le produzioni di biomassa fresca possono raggiungere livelli decisamente sostenuti
oscillando da circa 18 T/Ha per il miscuglio pisello + orzo a circa 41 T/ha per il Favino,
sostanza fresca che viene interrata, nel periodo di massima potenzialità produttiva ( piena
fioritura ) con una umidità di circa l’80 %.
L’impiego delle colture da sovescio pone anche la problematica della mancanza di
copertura vegetale a partire da fine maggio-inizio giugno, periodo in cui vengono sfalciate
e poi interrate, questo rappresenta un inconveniente soprattutto in ambienti pedoclimatici, come quello in cui si è svolta la prova, caratterizzati da suoli con tessitura
argilloso-limosa che renderebbero abbastanza difficoltosa la circolazione delle macchine
all’interno del vigneto in caso di precipitazioni consistenti, penalizzando in particolare la
tempestività degli interventi.
In ultima analisi, sulla scorta delle precedenti considerazioni, uno strumento tecnico così
prezioso quale il sovescio deve essere attentamente calibrato in funzione delle
caratteristiche pedo-climatiche e agronomiche dell’azienda, nelle condizioni in questione
risulta abbastanza evidente che la migliore soluzione tra quelle considerate sembra essere
rappresentata da un inerbimento permanente interfilare in grado di conferire una buona
portanza al terreno, di contenere l’elevato vigore vegetativo potenziale della pianta e di
garantire una più completa e regolare maturazione dell’uva ; questo tipo di gestione è in
grado di garantire comunque livelli produttivi sostenuti ( quasi 20 Kg di uva/ceppo quindi
circa 29 T/ha ) anche se significativamente inferiori a quelli indotti dalle altre tesi in prova.
Queste colture da sovescio possono trovare una opportuna collocazione in ambienti
caratterizzati da livelli di fertilità più contenuti e suoli con tessitura più sciolta.