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A
berrazione
Difetto ottico → dell’obiettivo, che,
in fase di → ripresa, impedisce l’esatta riproduzione di un’immagine fotografica. La
maggior parte delle a. possono essere ridotte, ma mai eliminate del tutto, chiudendo il
→ diaframma.
Acido acetico
Acido derivato dall’aceto, componente alla
base di molte soluzioni di → arresto.
Acutanza
Misura della → nitidezza, nei punti di transizione tra → il bianco e il nero, di un’immagine fotografica.
Aerofotogrammetria
Applicazione aerea della → fotogrammetria.
AF
Sigla per → autofocus.
AFIP
Sigla dell’Associazione Fotografi Italiani
Professionisti.
Afocale
Sistema di lenti, privo di lunghezza → focale propria, che modifica quella degli →
obiettivi cui viene aggiunto.
Agente
Persona incaricata di promuovere il → fotografo professionista presso potenziali
clienti, procacciando commissioni e pattuendo le parcelle in cambio di una percentuale
sui compensi.
le maggiori produttrici mondiali di materiale fotografico. Nel 1964, dalla fusione
con la società belga Gevaert, sorge la Agfa
Gevaert, nel 1981 incorporata dal gruppo
Bayer.
Agfacolor
Prima pellicola con cromogeni incorporati, commercializzata dalla → Agfa nel
1936, a pochi mesi dal lancio della → Kodachrome da parte della → Kodak. Verso
la fine della seconda guerra mondiale le
truppe statunitensi di stanza in Germania
occupano lo stabilimento di Wolfen, nei
pressi di Lipsia, rendendone pubblici i segreti industriali relativi alla fabbricazione
dell’A. I diritti esclusivi di sfruttamento del
brevetto vengono confiscati e diventano di
pubblico dominio, a titolo di indennizzo
bellico, assieme alle formule, portate a conoscenza dei fabbricanti di → pellicola di
tutto il mondo. L’A. diventa, così, il punto
di partenza per una serie di procedimenti a
colori, che, messi a punto verso la metà
degli anni Cinquanta da numerose case —
dal Giappone all’Italia — determinano
l’abbandono del bianco e nero, a favore del
colore, da parte di centinaia di migliaia di
appassionati.
Agitazione
Organizzazione specializzata nella vendita,
a chiunque ne faccia richiesta, del materiale
fotografico di cui dispone.
Movimento impresso per agitare le soluzioni chimiche durante il trattamento del
materiale → fotosensibile, di norma effettuata una o due volte allo scadere di ogni
minuto. Una scarsa a. fornisce immagini
deboli, ma nitide, mentre un’eccessiva a.
fornisce → negative ricche di densità e di
contrasto.
Agfa
AIRF
Società tedesca fondata nel 1925, con stabilimento a Wolfen, nei pressi di Lipsia, tra
Sigla dell’Associazione Italiana Reporter
Fotografi.
Agenzia fotografica
311
strumenti
Album
Raccoglitore per → fotografie. Ne esistono
in commercio dei più disparati, di ogni materiale, formato, costo: rilegati in pelle, con
cordoni dorati e passepartout in carta pregiata; rilegati in stoffa o in cartone; completamente in carta o in plastica.
Albumina (procedimento
all’)
Procedimento a base di albumina, messo a
punto da Claude Niépce de Saint-Victor nel
1847, consistente nel ricoprire lastre di cristallo (preferito al vetro, perché più facile
da pulire) con una soluzione sensibile di albume d’uovo, ioduro di potassio e cloruro
di sodio, poi immersa in nitrato d’argento.
Fornisce ottimi → negativi, che possono
essere preparati anche molto tempo prima
dell’uso, e offre il vantaggio di combinare
l’estrema definizione della → dagherrotipia
alla illimitata potenzialità riproduttrice della → calotipia. Adatto a riprendere — con
un’esposizione di circa tre ore, a luce buona
— vedute o panorami, ma inservibile per i
ritratti, viene immediatamente abbandonato nel 1851, all’avvento del → collodio.
Alinari, Società Fratelli
Casa fondata da Leopoldo A., a Firenze, nel
1854. Romualdo, Leopoldo, Giuseppe e
Antonietta A. nascono a Firenze da Sebastiano e Scolastica Paganori. In seguito alla
morte del padre, Giuseppe viene messo a
bottega presso l’intarsiatore Falcini, Romualdo nel banco Batacchi, Leopoldo presso il prestigioso laboratorio calcografico di
Luigi e Giuseppe Bardi. Quest’ultimo consiglia e aiuta, anche economicamente, Leopoldo a darsi alla fotografia — di cui si occupa fin dal 1850 — e, in particolare, alla
riproduzione dei quadri e dei disegni sparsi
nelle gallerie d’arte cittadine, che «si vendono come il pane». Nel 1852 Leopoldo apre
un laboratorio in via Cornina, a due passi
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dalla bottega del Bardi, iniziando anche a
scattare ritratti. Dal 1854, anno della fondazione, le ordinazioni crescono al punto da
imporre, nel 1863, il trasferimento in quella
che diventerà la sede storica della Società:
un grande stabilimento, appositamente costruito, nell’attuale via Nazionale. La fama
della ditta è notevole, anche all’estero. I lavori commissionati richiedono una capacità
tecnica ed un gusto artistico particolari. Si
lavora col collodio umido: le lastre — di
grandezza straordinaria: 1,15 m d’altezza
per 85 cm di larghezza — devono essere preparate una per una, messe a seccare, quindi
sensibilizzate in una camera oscura organizzata sul posto. I fratelli A. ordinano alle migliori ditte, nazionali ed estere, apparecchi
fotografici di ogni genere e formato, provando e sperimentando, nel loro laboratorio personale, tutti i procedimenti. Tra i loro
concorrenti diretti, i migliori fotografi del
tempo: gli Anderson a Roma, Giorgio Sommer a Napoli, e, soprattutto, gli amici e conterranei Brogi. Ma gli A. sono i primi a rendere organica la propria attività (incentrata
sulla documentazione d’arte senza, però, trascurare il paesaggio e il ritratto), portare a
termine campagne specifiche, conservare le
lastre in un organizzatissimo archivio, pubblicare sistematicamente i propri lavori in
cataloghi a stampa (la fondazione di una casa
editrice propria risale al 1885). Il primo dei
quali, dedicato a Firenze e alla Toscana, risale al 1865. Nel novembre di quest’anno,
in seguito alla scomparsa di Leopoldo, la
conduzione dell’azienda passa a Romualdo
— organizzatore e amministratore dell’impresa di famiglia — e a Giuseppe — fotografo di altissimo livello e grande sperimentatore — al quale si devono importantissime variazioni del procedimento all’albumina, oltre alla messa a punto dei procedimenti
alla ceroleina e al cellulosio. Romualdo
muore il 7 gennaio 1890, Giuseppe il 24
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aprile seguente. La responsabilità di una famiglia numerosa e di una trentina di dipendenti ricade, adesso, su Vittorio, primogenito di Leopoldo. A differenza di Giuseppe,
Vittorio non dimostra una particolare vocazione tecnica. In compenso legge, studia e
s’interessa di arte più per passione che per
necessità aziendali, intensifica l’attività editoriale, incrementa i lavori sul paesaggio e
la veduta urbana organizzando campagne di
rilevamento fotografico a vasto raggio in
ogni angolo d’Italia, continua la sperimentazione dei materiali e raddoppia i mezzi
tecnici a disposizione degli operai. Figlio
dell’agiata borghesia fiorentina, Vittorio ha
istintivamente acquisito lo spirito di ricerca
e la vivacità intellettuale caratteristica della
città. Iscritto, come gli zii, alla → Società
Fotografica Italiana, Vittorio partecipa alle
sue molteplici iniziative. Nel 1893 scatena
sul → «Bullettino» della Società una battaglia contro le nuove disposizioni statali per
tassare, in misura maggiore, chi fotografa
quadri e materiali dei musei e degli istituti
statali. Lo stabilimento in via Nazionale è
sempre affollato e in piena attività, mentre i
lavori presentati in occasione di mostre internazionali ottengono diplomi, medaglie e
riconoscimenti. Riprodurre opere d’arte e
diffonderle attraverso bellissime foto rappresenta un modo nuovo di fare cultura, che
colpisce e stimola gli stessi studiosi d’arte.
I fotografi degli A. non si limitano a ritrarre
frontalmente quadri, sculture, architetture;
ma li leggono e li interpretano, fino a riscoprire il lavoro degli autori. Il loro stile rasenta una perfezione ed una uniformità non
solo tecniche: la scelta dell’illuminazione
giusta, dell’angolazione più adatta o dell’obiettivo ideale viene operata per permettere al pubblico la lettura più semplice e
chiara possibile delle intenzioni dell’artista
attraverso l’immagine fotografica. Alcune riprese di contadini o di operai al lavoro, in
cui si avverte chiaramente la «messa in
posa» dei soggetti ed un certo bozzettismo,
possono apparire stucchevoli e quasi retoriche. Ma ad una lettura più attenta si scopre
che la finzione è stata realizzata per eccesso
di chiarezza, per rendere efficacemente gli
atteggiamenti dei soggetti. Le immagini degli A. non sono frutto del caso o delle fortuna, ma della creatività e della precisione del
fotografo. Lo stile, inconfondibile, risente
della pittura e della scultura: i paesaggisti
del Quattrocento e del Cinquecento fiorentino nelle riproduzioni d’arte più rigorose;
Sartorio e Michetti in certi eccessi decorativi; Pellizza da Volpedo nelle foto «populiste»; i Macchiaioli minori nelle foto di taglio un po’ troppo bozzettistico. Dal 1873
gli A., la cui attività nell’ambito della riproduzione fotografica è stata caratterizzata
dalla scultura, si dedicano maggiormente al
mercato della pittura contemporanea. Nel
catalogo di quest’anno, infatti, vengono
elencati ventitré dipinti in commercio o presenti in collezioni private. Ma è tra il 1881 e
il 1896 che l’attività assume dimensioni e
caratteristiche veramente interessanti, tanto
nel campo del mercato d’arte quanto nel
commercio delle riproduzioni fotografiche
tratte da tali opere. Con particolare attenzione ai pittori toscani. Casa A. è al centro
dell’interesse di artisti, critici, scrittori e studiosi. La villa di famiglia a Fiesole, il «Quartino», si trasforma gradualmente in un frequentatissimo salotto culturale. Mecenate
illuminato e sensibile, nel 1900 Vittorio istituisce, sotto il patronato della Società Italiana per l’Arte pubblica, il Concorso Internazionale A. a premi per dipinti originali a
soggetto religioso. Lo scopo è un misto di
intervento culturale e di convenienza commerciale, finalizzata ad acquisire l’esclusiva sulle riproduzioni fotografiche di dipinti
sacri inediti — anche se di modeste qualità
— da moltiplicare nei formati più diffusi: il
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strumenti
grande formato, ideale nell’arredamento, e
il formato album, adatto al piccolo collezionismo di riproduzioni artistiche. Vittorio
stesso, attraverso i concorsi, inizia una personale collezione di dipinti: le clausole di
partecipazione prevedono, infatti, oltre al
diritto di libera riproducibilità da parte della Casa delle opere presentate, anche il diritto di prelazione sul loro acquisto da parte
dell’organizzazione. Nel 1901 il Concorso,
indetto per illustrare la Divina Commedia,
premia Armando Spadini: l’opera viene
stampata in tre tomi, apparsi tra il 1902 e il
1903, corredati da 388 illustrazioni. Nei primi anni del Novecento la Casa realizza una
serie di campagne fotografiche all’estero,
documentate da altrettanti cataloghi a stampa: Dresda, Parigi, la Grecia e la Spagna.
Nel 1909 inizia la pubblicazione del Decamerone, con illustrazioni di Tito Lessi, che
si concluderà nel 1915. Nel 1910, in seguito alla prematura scomparsa del figlio Carlo, Vittorio riduce progressivamente l’attività. Continuano, tuttavia, le corrispondenze istituite in ogni parte del mondo e l’attività delle succursali aperte a Roma e a Napoli. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Vittorio concepisce la realizzazione de
Il Paesaggio Italico nella Divina Commedia: un volume in cui raccogliere le fotografie di tutti i paesaggi d’Italia citati nel
capolavoro di Dante Alighieri, ora minacciati dalla guerra. Un’iniziativa unica, fotograficamente ed editorialmente, che vedrà
la luce nel 1921. Nel 1920, intanto, contro
il parere dei figli e dei nipoti, Vittorio costituisce la società anonima Fratelli Alinari Istituto di Edizioni Artistiche (I.D.E.A.): nell’anno del passaggio dalla gestione familiare a quella industriale, la raccolta dei negativi dei più diversi formati raggiunge la
cifra di settantamila soggetti, mentre ammontano a migliaia le lastre non catalogate. Le riproduzioni di opere d’arte sono or314
dinate per città e suddivise per nazione, regione e città. I libri usciti per le edizioni A.
ammonterebbero, invece, a seimila. La produzione fotografica A. comprende tre collezioni principali: la collezione dei negativi originali di opere d’arte, che offre un’illustrazione organica, per unità di criteri e
ordinamento, del patrimonio nazionale artistico e storico; la collezione delle fotografie dirette a colori, che comprende riproduzioni rappresentative della pittura e
delle sue applicazioni minori (miniature,
mosaici, affreschi, arazzi, stoffe e così via)
di ogni secolo; la collezione dei disegni di
grandi maestri, tra le più interessanti del
genere per il valore grafico, documentario
e decorativo. Rimasto miracolosamente
integro, dalla fine degli anni Cinquanta l’archivio Alinari si arricchisce dei fondi di
altri importanti studi italiani — tra cui Brogi, Anderson, Michetti — arrivando a raccogliere un patrimonio di 400.000 lastre di
vetro e di 750.000 negativi su pellicola. Nel
corso degli anni le foto degli A. contribuiscono all’educazione visiva di intere generazioni di italiani, prima attraverso le cartoline illustrate e poi attraverso la televisione: per anni, infatti, la Rai le trasmette
per intrattenere i telespettatori durante gli
«intervalli» tra un programma e l’altro. Nel
1982 l’azienda viene acquistata da Claudio De Polo. Questi promuove nuove campagne di rilevamento fotografico; nel 1984
affida la direzione di «Fotologia», rivista
di critica fotografica, a Italo Zannier; nel
1985 inaugura a Palazzo Rucellai il Museo della Fotografia, chiuso però nel gennaio del 1997 e attualmente in cerca di una
nuova sede fiorentina. Per l’estate del 2000,
le foto dell’archivio A. sono attese su Internet.
Alogenuri
Sali d’argento (bromuro, cloruro, ioduro),
che costituiscono la parte → fotosensibile
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dell’emulsione fotografica. In seguito all’esposizione alla luce all’interno della →
macchina fotografica, subiscono una reazione fotochimica — più o meno pronunciata,
a seconda dell’intensità della luce stessa —
che, formando argento metallico di colore
nero, va ad alterare le caratteristiche chimiche dell’emulsione.
Ambrotipia
Procedimento fotografico al → collodio su
vetro, particolarmente diffuso tra il 1851 e
il 1880 circa, consistente nell’incollare su
stoffa nera o nel ricoprire con uno strato di
vernice scura la parte posteriore del negativo di una → lastra al collodio umido.
Ambrotipo
Immagine fotografica ottenuta mediante
procedimento di → ambrotipia.
American Standard Association
→ ASA.
Analizzatore a scansione
→ Scanner.
Analizzatore colore
Strumento presente nelle stampatrici professionali, impiegato, nella → stampa a colori,
per determinare i valori della filtratura in
sintesi sottrattiva e additiva.
Analogico
Modalità di trattamento dei dati attraverso
la variazione continua di un segnale, in analogia con un determinato fenomeno fisico.
Anastigmatico
→ Obiettivo esente da difetti di → astigmatismo. Sono a. tutti gli obiettivi di moderna
costruzione, tranne quelli delle macchine
fotografiche ultra economiche (come, ad
esempio, le usa e getta).
Angolazione
Posizione data alla → macchina fotografica, in rapporto all’ambiente o al soggetto
della → ripresa.
Annerimento
Fenomeno alla base della tecnica fotografica, per cui, se esposti alla luce, certi → alogenuri modificano la propria struttura.
Ansco Film Company
Società detentrice dei diritti del brevetto di
Hannibal Williston Goodwin per la pellicola fotografica flessibile e trasparente in nitrato di → celluloide, quando, nel 1914, la
Corte d’Appello distrettuale degli Stati Uniti
sentenzia che la domanda di brevetto da
questi depositata nel 1887 ha «rivelato per
la prima volta le caratteristiche fondamentali ed essenziali di una vera pellicola avvolgibile» e stabilisce un indennizzo di cinque milioni di dollari.
Anticalore (filtro)
Spessa lastra in cristallo, componente del →
proiettore dia e di alcuni → ingranditori, in
cui impedisce che il forte calore emesso
dalla lampada danneggi le → pellicole.
Apertura relativa
→ Luminosità.
Apocromatico
→ Obiettivo, in genere di lunga → focale,
esente da → aberrazione cromatica per tutti
i colori primari (rosso, blu e verde).
Apparecchio fotografico
→ Macchina fotografica.
Archivio Alinari
→ Alinari, Società Fratelli.
Armadio essiccatore
Accessorio da → camera oscura, per → l’essiccamento delle pellicole.
Arresto acido (bagno di)
Trattamento chimico successivo al bagno di
→ sviluppo, che interrompe l’azione del →
rivelatore sulla pellicola.
ASA (American Standard
Association)
Sistema statunitense in base al quale i costruttori di materiale fotografico tarano le
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strumenti
→ pellicole secondo la sensibilità alla luce,
i cui valori vengono stampati sugli imballi
originali e sui foglietti d’impiego che le accompagnano. Assieme al → DIN, è lo standard più diffuso.
Asferiche (lenti)
Lenti → dell’obiettivo di moderna concezione, realizzate accoppiando una normale lente sferica con uno strato di resina acrilica, che
funge da elemento correttivo, consentendo un
→ contrasto migliore ed una diminuzione
delle → aberrazioni cromatiche e, quindi, una
più soddisfacente resa del colore.
Asse ottico
Linea retta ideale, che, attraversando il centro del sistema ottico → dell’obiettivo, unisce il → fuoco posteriore a quello anteriore.
Astigmatismo
→ Aberrazione comune all’obiettivo fotografico e all’occhio umano, che impedisce
di mettere a fuoco contemporaneamente linee tra loro perpendicolari contenute nello
stesso piano.
Atelier
Termine francese, di accezione comune, per
→ sala di posa.
Atrografia
Procedimento fotografico al → collodio su
vetro e carta nera, particolarmente diffuso
tra il 1851 e il 1880 circa.
Atrotipo
Immagine fotografica ottenuta mediante
procedimento di → atrografia.
Attinico
Termine riferito alla capacità della luce
d’impressionare il materiale → fotosensibile
che colpisce.
Audio/Video (AV)
Qualsiasi tipo di connessione tra suono e
immagine, come nelle → diaproiezioni corredate da colonna sonora sincronizzata.
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Autochrome
Prima tecnica pratica di fotografia diretta a
colori, basata sul sistema additivo, brevettata nel 1904 da Louis e Auguste Lumière.
Le lastre A., commercializzate nel 1907,
vengono prodotte dalle officine Lumière, nel
quartiere di Monplaisir, all’estrema periferia di Lione, fino al 1932.
Autocromìa
Sistema additivo a colori alla base del procedimento → Autochrome.
Autofocus
Messa a → fuoco automatica dell’obiettivo, che, attraverso un sistema di rilevamento delle distanze a raggi infrarossi, in tempi
brevissimi si regola automaticamente sulle
distanze tra la → macchina fotografica e il
soggetto della ripresa.
Automatico (apparecchio)
→ Macchina fotografica in cui → l’esposizione viene controllata — parzialmente
o completamente — da elementi interni,
che tengono conto della → sensibilità delle pellicola e della luminosità del soggetto, misurata da un → esposimetro incorporato.
Autoscatto
Dispositivo che, ritardando di alcuni secondi lo → scatto dell’otturatore in una → macchina fotografica, permette al fotografo,
dopo averlo azionato, di porsi di fronte all’obiettivo per farsi riprendere. Viene impiegato, inoltre, per azionare il pulsante di scatto senza incorrere nell’inconveniente di
muovere accidentalmente l’apparecchio durante esposizioni particolarmente lunghe. I
primi a., meccanici, dotati di sistema ad orologeria, potevano essere reperiti come accessori. Oggi sono elettronici, variamente
regolabili e, quasi sempre, incorporati all’apparecchio.
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AV
Sigla per → Audio/Video.
B
acinelle
Contenitori in plastica, più raramente in acciaio inossidabile o in ferro smaltato, adoperati per il trattamento delle → carte in → camera oscura. Nei laboratori professionali vengono sostituite da vasche verticali con → agitazione automatica.
Bagno
Immersione della → pellicola o della → carta nelle soluzioni per il trattamento di → sviluppo.
Banco ottico (apparecchio a)
→ Macchina fotografica professionale da
studio, di grande formato, composta da due
piastre (portaobiettivo e portapellicola) collegate da un sistema meccanico e da un →
soffietto, le quali possono essere allontanate tra loro, spostate e ruotate (decentramento e basculaggio).
scala cromatica di un unico colore; sia esso
il grigio della → dagherrotipia e della →
ferrotipia, il verde dei → disegni fotogenici
di Bayard, il giallo delle → carte al sale e
così via.
Bilanciamento
Correzione effettuata, per mezzo di → filtri, della → temperatura colore di una luce
per ripristinare l’equilibrio cromatico.
Blitzlichtpulver
Miscela esplosiva di polvere di magnesio,
clorato di potassio e solfuro di antimonio,
componente di base del primo tipo di → lampeggiatore. Incendiata, produce un forte
lampo luminoso, impiegato a partire dal
1880 per eseguire quasi tutte le → fotografie scattate con luce artificiale.
B/n
Abbreviazione per → bianco e nero.
Brillanza
Termine riferito alla quantità di luce riflessa da una superficie.
Basculaggio
Bromografo
Inclinazione della piastra portaobiettivo o
della piastra portapellicola rispetto all’asse
ottico dell’obiettivo, caratteristico delle
macchine professionali a → banco ottico,
che consente correzioni di prospettiva e
l’estensione della profondità di → campo.
Bromuro d’argento
Bauhaus
Istituto di ricerca per le arti e i mestieri fondato nel 1919 a Weimar, in Germania, dall’architetto, designer e urbanista tedesco
Walter Gropius.
Bianco e nero
Espressione utilizzata per indicare un’immagine fotografica priva di → colorazione, entrata nell’uso comune soltanto dopo l’invenzione della fotografia a colori. Le prime
immagini fotografiche sono, infatti, monocromatiche: riproducono, cioè, forme e colori di un determinato soggetto attraverso la
Apparecchio per eseguire → stampe a contatto, costituito da una cassetta con coperchio in vetro opalino contenente una luce
di sicurezza ed una luce bianca per la stampa.
→ Alogenuri.
Bullettino della Società Fotografica Italiana
Rivista specializzata della → Società Fotografica Italiana, stampata nella tipografia
fiorentina di Salvatore Landi, nata nell’ottobre del 1889 e pubblicata fino al 1911.
Bussola filettata
Foro filettato posto nella parte inferiore della
→ macchina fotografica, utile per fissare
quest’ultima al → cavalletto o ad altro supporto fisso o per applicarvi il → winder o il
→ motore.
317
strumenti
C
alcografia
Sia procedimento di → stampa, particolarmente adatto alla riproduzione di → fotografie in bianco e nero o in altre monocromie, in cui l’immagine sulla → carta si
origina in base allo stesso processo che porta alla realizzazione dei → positivi fotografici; sia le immagini ricavate mediante tale
procedimento. Mentre nel procedimento
fotografico i toni chiari e scuri dell’immagine sono ottenuti mediante strati di sostanze di diversa consistenza, nella stampa con
c. il colore viene steso sulla carta in differente spessore; il che, graficamente, si traduce in differenti sfumature tonali.
Calibri fotografici
Le misure del materiale e degli impianti di
trattamento, uniformate a livello internazionale nel secondo dopoguerra per una sempre più massiccia espansione dei consumi e
per la conseguente organizzazione di laboratori cittadini in grado di assicurare interventi in serie di → sviluppo e stampa.
Calotipia
Primo procedimento valido positivo-negativo, messo a punto da William Henry Fox
Talbot perfezionando la → talbotipia, tra il
20 e il 21 settembre 1840. L’immagine viene rivelata → negativa su un foglio di carta
da lettere di buona qualità, trattato, da un
lato, con una soluzione di nitrato d’argento;
successivamente asciugato, quindi immerso per due o tre minuti in una soluzione di
ioduro di potassio allo scopo di ottenere la
formazione di ioduro d’argento. Lavato e
asciugato, il foglio viene inumidito con una
soluzione di gallo-nitrato d’argento; quindi
esposto, nello → chassis dell’apparecchio,
per uno o due minuti alla luce del Sole. Un
bagno di gallo-nitrato d’argento porta a sviluppare → l’immagine latente sul foglio,
lavato e fissato in un bagno finale di iposolfito. Per questo procedimento Talbot presen318
ta richiesta di brevetto l’8 febbraio 1841,
ottenendone la registrazione il successivo 17
agosto; mentre adopera per la prima volta
in forma ufficiale il nome che ha imposto al
nuovo procedimento in una lettera indirizzata alla «Literary Gazette», datata 19 febbraio 1841.
Calotipo (detto anche carta
al sale o carta salata)
Immagine fotografica ottenuta mediante
procedimento di → calotipia.
Camera obscura
→ Camera oscura.
Camera oscura
Espressione utilizzata per indicare sia l’apparecchio ottico da proiezione adoperato dai
pittori del Rinascimento (più propriamente,
camera obscura) — paesaggisti e vedutisti,
in particolare — per risolvere problemi prospettici sul piano figurativo, di cui Leonardo da Vinci descrive le caratteristiche spiegando come attraverso un picholo spiraculo rotundo (un piccolo foro rotondo) possa
proiettare un’immagine su una parete o una
superficie bianca in una camera forte oscura (una stanza buia); sia l’ambiente opportunamente attrezzato per lo → sviluppo delle
pellicole e l’esecuzione degli → ingrandimenti, oltre a tutti i procedimenti tecnici in
cui è necessario maneggiare materiale fotosensibile senza danneggiarlo. Una c.o. amatoriale può essere allestita, facilmente, in un
qualsiasi ambiente della casa. È consigliabile la stanza da bagno, in cui si dispone di
abbondante acqua corrente e di uno scarico.
Le infiltrazioni di luce vanno accuratamente eliminate oscurando porte e finestre con
carta nera, con tessuto nero o con pannelli
di compensato. Anche le più piccole fessure vanno mascherate con del nastro adesivo
nero. L’unica fonte d’illuminazione deve
essere rappresentata da speciali lampade a
muro, dotate di filtri di sicurezza adatti a
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preservare il materiale fotosensibile. Occorrono alcune → bacinelle per gli acidi, una
→ sviluppatrice (o tank) per la pellicola,
pinze in acciaio inossidabile — o più economiche mollette da bucato — con cui mettere ad asciugare i rullini srotolati, misurini
ed un orologio temporizzatore. I piani di appoggio vanno protetti con fogli di plastica,
poiché le soluzioni possono rovinarli o macchiarli. Le apparecchiature elettriche (→ un
ingranditore, una essiccatrice per le carte o
un piccolo armadio essiccatore per le pellicole ed un’eventuale smaltatrice) devono far
capo ad un impianto di alimentazione, da
tenere a debita distanza dall’acqua.
Camera solare
→ Ingranditore messo a punto nel 1857, in
seguito perfezionato da Auguste Bertsch per
stampare i negativi da 5,7 x 5,7 cm ottenuti
con l’apparecchio fotografico automatico,
che, costruito da questi nel 1860, rappresenta
il prototipo delle moderne microcamere.
«Camera Work»
Rivista specializzata nata per presentare al
pubblico i lavori di → Photo-Secession, pubblicata a New York da Alfred Stieglitz —
nella triplice funzione di editore, direttore e
redattore — dal gennaio del 1903 al 1917.
Stieglitz adotta come principio supremo la
bellezza delle immagini, della stampa e della
rivista stessa, promettendo agli abbonati la
pubblicazione più sontuosa mai apparsa in
campo fotografico. C.W. s’impone immediatamente grazie ad una copertina semplice e lineare, priva di immagini, all’eccellente
qualità delle illustrazioni — riprodotte per
procedimento di → calcografia — alla carta finissima, agli eleganti caratteri tipografici, agli interventi di importanti scrittori (tra
cui Gertrude Stein, George Bernard Shaw,
Oscar Wilde) anche su temi non direttamente
connessi alla fotografia: tutti accorgimenti
che rendono i cinquanta numeri della rivista particolarmente ambiti dai collezionisti
d’arte moderna. Il prezzo dell’abbonamento è proporzionato alle ambizioni: otto dollari per soli quattro numeri. Nel 1911 la rivista sposta l’attenzione dalla fotografia alla
pittura: il numero di aprile/luglio è dedicato
esclusivamente alle opere di Auguste Rodin,
artista europeo sconosciuto in America. In
seguito alla demolizione, nel 1917, dell’edificio al → 291 sulla Fifth Avenue, Stieglitz
è costretto a interrompere anche la pubblicazione di C.W., sempre più contestata dagli abbonati; i quali non condividono né l’interesse per la pittura contemporanea, né i
repentini cambiamenti di opinione di Stieglitz. Nel 1917, infatti, i 1.000 sostenitori
dei primi anni sono ridotti a 37.
Campo
Spazio inquadrato dalla → macchina fotografica, quindi impressionato su → fotogramma, la cui ampiezza e profondità dipendono dalla distanza interposta tra l’apparecchio e la quantità di → ambiente inquadrato, oltre che dal tipo di → obiettivo
impiegato.
Candid Shot
Espressione inglese, di accezione comune,
utilizzata per indicare una → fotografia scattata di sorpresa, all’insaputa del soggetto
della → ripresa.
Caricatore
Involucro metallico contenente la → pellicola, avvolta intorno ad un rocchetto di plastica, da inserire all’interno della → macchina fotografica. Al contrario della cartuccia → è riutilizzabile, poiché non deve essere rotto per estrarne la pellicola impressionata da sottoporre a trattamento di → sviluppo.
Caricatore per dia (o magazzino)
Contenitore — lineare o circolare — che,
mosso dal dispositivo di avanzamento del
→ proiettore dia, porta il → telaietto conte319
strumenti
nente la diapositiva in posizione di inserimento e lo riceve dopo la proiezione.
Carta ad annerimento diretto
→ Carta fotosensibile, adoperata dai fotografi ritrattisti per realizzare prove preliminari di → stampa: non è necessario, infatti,
procedere allo → sviluppo chimico dell’immagine, prodotta direttamente dalla luce.
Presenta, però, degli inconvenienti: è di bassa → rapidità, per cui può essere usata soltanto per stampare a contatto; durante il →
fissaggio, inoltre, l’immagine assume un colore sgradevole, che può essere eliminato
effettuando un → viraggio al cloruro d’oro.
Carta albuminata
→ Stampa all’albumina.
Carta al ferro-prussiato
→ Cianotipo.
con la → smaltatrice). Il supporto cartaceo
maggiormente impiegato a livello tanto industriale quanto amatoriale è la c. politenata, in ambito commerciale classificata con
la sigla RC (cioè Resin Coated, trattata con
strati di resine plastiche): racchiusa tra due
sottilissimi fogli di plastica assolutamente
impermeabili e indeformabili, richiede tempi
di lavaggio e di essiccamento assai brevi;
non presenta problemi di accartocciamento
e non va trattata, quindi, con la smaltatrice.
Le c. politenate, pur avendo una resa lievemente inferiore a quelle baritate — ancora
preferite nei procedimenti di stampa delle
fotografie da concorso — rispondono alle
necessità pratiche della stragrande maggioranza di fotoamatori e professionisti.
Carta politenata
→ Carta fotosensibile.
Carta salata
Carta all’albume
→ Calotipo.
→ Stampa all’albumina.
Carte
Carta al platino
Termine francese, di accezione comune, utilizzata come abbreviazione per → carte-devisite.
→ Stampa al platino.
Carta al sale
→ Calotipo.
Carte-de-visite
Carta baritata
→ Carta fotosensibile.
Carta fotosensibile
Supporto cartaceo per → stampe e ingrandimenti, su un lato del quale è stesa →
l’emulsione. Il supporto cartaceo tradizionale è la c. baritata (trattata, cioè, al bario):
dato che tende ad assorbire eccessivamente
le soluzioni impiegate durante il trattamento, necessita di un → lavaggio finale lungo
e accurato affinché alcuni prodotti chimici
(come l’iposolfito di sodio, usato in fase di
→ fissaggio) non determinino l’ingiallimento e la distruzione dell’immagine d’argento
o dei coloranti; il suo → essiccamento imperfetto, inoltre, può causare stampe accartocciate oppure opache (da trattare, quindi,
320
Espressione francese, di accezione comune,
utilizzata per indicare il → formato — detto, in italiano, visita — messo a punto dal
ritrattista parigino Adolphe Disdéri. Questi,
nel novembre del 1854, brevetta un apparecchio fotografico munito di quattro →
obiettivi e di una → lastra scorrevole delle
dimensioni di 16 x 12 cm. Su ogni metà della
lastra è possibile realizzare quattro → scatti; per cui, ottimizzando i costi, è possibile
produrre otto immagini su ogni lastra. Tale
invenzione passa inosservata fino al 1859,
allorchè Napoleone III — in partenza per
l’Italia, alla testa del proprio esercito — si
ferma nell’atelier di Disdéri, in Boulevard
des Italiennes, per farsi ritrarre con il nuovo
sistema. Migliaia di soldati imitano l’impe-
glossario
ratore e la moda dei miniritratti multipli si
propaga fulmineamente in Francia e in Gran
Bretagna, quindi negli Stati Uniti. La richiesta di piccole immagini cresce a dismisura:
tutti i fotografi adottano l’apparecchio per
scattare fotografie delle dimensioni di circa
5,5 x 8,5 cm e la concorrenza tra i vari studi
abbatte ulteriormente il costo, già conveniente, del nuovo formato. Questo prende il
nome di carte-de-visite poiché, nel giro di
pochi mesi, tra gli ospiti che si recano in
visita presso amici o parenti, si diffonde la
consuetudine di farsi annunciare presentando, invece del tradizionale biglietto da visita, il proprio micro-ritratto incollato su un
apposito cartoncino da circa 10 x 6 cm. Anche se la prima iniziativa del genere viene
comunemente attribuita ad un fotografo di
Marsiglia, che, già nel 1851, correda il proprio biglietto da visita col relativo ritratto.
Le dimensioni dei singoli miniritratti diminuiscono ulteriormente quando, di lì a poco,
i fotografi trovano il modo per impressionare addirittura dodici immagini su un’unica lastra. Alcuni modelli di apparecchi fotografici vengono dotati di obiettivi con diverse lunghezze → focali, così da poter riprendere immagini di dimensioni diverse.
Il modello perfezionato dell’apparecchio
offre, inoltre, al cliente ben sei ritratti al prezzo di uno: il fotografo può, infatti, mascherare determinate parti della lastra per esporre un elemento alla volta e ritrarre, ad esempio, il medesimo soggetto in una serie di →
pose diverse.
Cartoline postali illustrate
Cartoncini tradizionalmente decorati dagli
artisti con immagini di fantasia, destinati a
correre da un capo all’altro del mondo nelle
corrispondenze private o negli scambi tra
appassionati collezionisti, tra i primi e più
efficaci veicoli per la diffusione di massa
della → fotografia. La maggior parte dei
soggetti delle c.i. con immagini fotografi-
che, vengono realizzati in → sala di posa: si
tratta, per lo più, di ritratti, mentre le immagini di taglio «giornalistico» sono in numero decisamente minore. La loro nascita è stata fissata al 1857, quando il duca il Parma
incolla il proprio ritratto sui biglietti da visita. Ben presto i fotografi iniziano a produrre intere serie di biglietti simili, corredati da ritratti di personaggi noti (attori, politici, sportivi e così via), tanto in Europa quanto
negli Stati Uniti.
Cartuccia
Involucro in plastica contenente la → pellicola, da inserire all’interno della → macchina fotografica. Al contrario del → caricatore non è riutilizzabile, poiché deve essere rotta per estrarne la pellicola impressionata da sottoporre a trattamento di →
sviluppo.
Cavalletto (o treppiede)
Supporto fisso, a forma di tripode, dotato di
una → testata mobile sulla quale viene fissata la → macchina fotografica.
CCD
Sigla di → Charge Coupled Device.
CD
Sigla di → Compact Disc.
Cellula fotoelettrica
Componente che eroga una corrente elettrica proporzionale alla quantità di luce che lo
investe.
Celluloide
Materia plastica scoperta per caso durante
le ricerche di un’alternativa all’avorio per
la costruzione delle palle da biliardo, messa
a punto da John W. Hyatt nel 1869. Nel 1887
Hannibal Williston Goodwin mette a punto
una → pellicola fotografica, flessibile e trasparente, in nitrato di celluloide. Nel 1889
George, Eastman commercializza negli Stati
Uniti la Eastman Kodak: una pellicola fotografica in nitrocellulosa, trasparente e sensibile, avvolgibile in rollo, adatta alla ripre321
strumenti
sa rapidissima di istantanee, detta → film.
Nel 1891 Thomas Alva Edison e William
Kennedy Laurie Dickson, che lavorano alla
messa a punto del → cinetografo e del →
cinetoscopio, ne ordinano alcuni nastri larghi 35 mm e li perforano ai bordi.
Centri di sviluppo fotografico
Punti di aggregazione di alcuni atomi durante → l’esposizione, prodotta dall’azione
della luce sugli → alogenuri d’argento, dai
quali ha poi inizio la riduzione ad argento
metallico per opera del → rivelatore contenuto nel bagno di → sviluppo.
Centro ottico
Punto d’incontro dei raggi che passano attraverso → l’obiettivo. Di norma si trova all’interno, ma può anche trovarsi all’esterno
dell’obiettivo.
Charge Coupled Device
(CCD)
Dischetto magnetico che costituisce il →
supporto alle immagini nella → fotografia
digitale.
Chassis
Dal francese châssis, letteralmente telaio.
Contenitore a tenuta stagna di luce per → la
lastra da impressionare: costituisce un elemento mobile delle prime → macchine fotografiche, così che gli c. contenenti la lastra impressionata possano essere progressivamente rimpiazzati dagli c. contenenti la
lastra vergine.
Chrome
Suffisso che contraddistingue le → pellicole invertibili a colori (Agfachrome, Kodachrome, Ektachrome ecc.).
Cianotipia
Procedimento di → stampa a contatto, messo a punto da John Herschel nel 1842 —
ancora in uso per riprodurre disegni di architettura — basato sulla riduzione, per
322
mezzo della luce, di composti ferrici in sali
ferrosi. Questi ultimi, per reazione con il ferrocianuro di potassio, forniscono un’immagine di colore blu. Una volta lavate, le stampe possono essere sviluppate in un bagno
ossidante (soluzione di perossido di idrogeno), producendo così del ferrocianuro ferrico più scuro (blu di Prussia).
Cianotipo (o carta al ferroprussiato)
→ Immagine fotografica ottenuta mediante
la → cianotipia.
Cibachrome
Sia il procedimento, messo a punto nel 1963,
sia la relativa → carta fotosensibile per ottenere → stampe a colori direttamente da
→ diapositive. Assicura colori saturi, brillanti e assai stabili nel tempo.
Cinema
Abbreviazione di → cinematografo, utilizzata, in senso lato, per indicare tanto il mezzo cinematografico quanto l’industria nata
a seguito della sua invenzione e, in senso
stretto, come sinonimo di sala cinematografica.
Cinematografo
Apparecchio dotato della triplice funzione
di ripresa, sviluppo e proiezione di immagini in movimento. Brevettato il 13 febbraio
1895 dai fratelli Auguste e Louis Lumière,
si basa sulla scomposizione del movimento
in fotografie fisse che, riprese successivamente e proiettate su uno schermo ad una
determinata velocità, creano l’illusione del
movimento. Ispirato alla → lanterna magica nel formato e nelle caratteristiche, funziona a 16 immagini al secondo e utilizza la
stessa pellicola del → cinetoscopio di Thomas Alva Edison: un nastro perforato di →
celluloide della larghezza di 35 mm. Presentato in prima assoluta il 22 marzo 1895 a
Parigi, con la proiezione del film L’uscita
degli operai dalle Officine Lumière a Lione
glossario
(La sortie des ouvriers de l’Usine Lumière
à Lyon). La prima proiezione pubblica a pagamento si tiene il 28 dicembre 1895 al
Salon Indien, saletta sotterranea del Gran
Café al numero 14 del Boulevard des Capucines a Parigi.
Cineromanzo
→ Fotoromanzo.
Cinetògrafo
Apparecchio per la registrazione su un nastro perforato di celluloide della larghezza
di 35 mm di immagini in movimento, visibili attraverso il → cinetoscopio, messo a
punto negli Stati Uniti da Thomas Alva Edison e William Kennedy Laurie Dickson nel
1891.
Cliché-verre
→ Stampa ottenuta non da un → negativo
fotografico, bensì da un’immagine dipinta
o disegnata su un → supporto trasparente o
traslucido. Si tratta, sostanzialmente, del
procedimento tecnico creato da Nicéphore
Niépce prima di quello fotografico e adottato, ancora più anticamente, nella sua forma elementare, dai pittori per duplicare in
più copie la medesima opera. Tramite interventi sulla lastra (come la disposizione di
macchie di colore), gli autori contemporanei ne hanno fatto una tecnica tipicamente
fotografica.
Cloruro d’argento
→ Alogenuri.
Cinetoscòpio
Coda
Apparecchio per la visione individuale dei
film registrati con il → cinetografo, messo
a punto negli Stati Uniti da Thomas Alva
Edison e William Kennedy Laurie Dickson
nel 1891. Ispirato al → peep-show nel formato e nelle caratteristiche, funziona a 48
immagini al secondo. Pagando un nickel lo
spettatore può girare una manovella e guardare dentro una cassa in legno, alta un metro e mezzo, con in cima un oculare. Attraverso il quale vede su un piccolo schermo
una scenetta animata, la cui durata non supera i 15 secondi, registrata su una pellicola
chiusa ad anello.
L’estremità della pellicola da 35 mm che
sporge dal → caricatore e che s’inserisce nel
rocchetto di avvolgimento, recante fori o
numeri perforati d’identificazione.
Circuito elettronico esposimetrico
Componente della → macchina fotografica.
Collage
Termine francese, di accezione comune, utilizzato per indicare una semplice ma efficace tecnica di → fotomontaggio. Consiste
nell’incollare alcune parti ritagliate da →
fotografie diverse allo scopo di ricavarne una
nuova immagine, eventualmente da rifotografare.
Collodio
Sostanza collante e viscosa, ricavata dal →
fulmicotone, impiegata come → emulsione
sensibilizzante nel procedimento al → c.
umido.
Cliché
Collodio umido (procedimento al)
Termine francese, di accezione comune, utilizzato per indicare una → lastra in zinco,
rame o materiale plastico, incisa con procedimenti fotochimici per la riproduzione tipografica di disegni e di fotografie. In senso
figurativo indica, invece, un modello convenzionale di riferimento.
Primo procedimento fotografico pratico su
lastre di vetro descritto da Frederick Scott
Archer nel marzo del 1851 sulla rivista «The
Chemist» e quasi unanimemente accettato
dopo il 1854, quando — anche se con tempi
di esposizione più lunghi — può essere utilizzato anche a secco, a scapito dei dagher323
strumenti
rotipi. Comporta, inoltre, la messa a punto
di altri procedimenti per → positivo diretto:
l’ambrotipia; la ferrotipia; l’atrografia, su
carta nera.
Color
Suffisso che contraddistingue le → pellicole negative a colori (Kodacolor, Fujicolor
ecc).
Colorazione
Procedimento tecnico attraverso il quale le
immagini fotografiche risultano essere a
colori. Il più antico è quello manuale, ottenuto colorando ogni immagine elemento per
elemento. Operazione faticosa e molto costosa, che dà una c. innaturale. I procedimenti meccanici successivi si dividono in
procedimenti additivi, in cui si parte da alcune luci di colore diverso e, mescolandole
una all’altra, si ottiene una luce di altro colore; e procedimenti sottrattivi, in cui si parte
dalla luce bianca, che è il prodotto della mescolanza di tutti i colori dello spettro, e, sopprimendone alcuni, si ottiene il colore desiderato. In genere, nella mescolanza additiva vengono utilizzati come colori fondamentali — o primari — la luce rossa, verde e
azzurra. Le quali, mescolate in varie proporzioni, producono praticamente tutte le
tonalità cromatiche; mentre la somma dei
tre colori primari produce il bianco. Nel procedimento sottrattivo i colori primari sono
pigmenti — o coloranti — che assorbono
rispettivamente le lunghezze d’onda rosse,
verdi e blu; sottraendole, così, alla luce bianca. Tali pigmenti sono il ciano (azzurro-verde), il magenta (rosa-viola) e il giallo: si tratta dei colori complementari ai tre primari
del sistema additivo. Propriamente combinati tra loro i tre colori primari sottrattivi
assorbono tutti i colori della luce, producendo il nero; mescolati in varie proporzioni
producono, invece, quasi tutti i colori dello
spettro. Il procedimento sottrattivo si è rivelato d’impiego più pratico rispetto a quello
324
additivo — adoperato nei primi sistemi di
fotografia a colori — e su di esso si basano
le pellicole moderne. I due procedimenti
conducono ad effetti analoghi, in quanto
l’occhio non ne percepisce la differenza.
Colori caldi
Si dicono caldi — per la sensazione di calore che conferiscono alle immagini — il giallo, il rosso e i loro composti.
Colori complementari
Si dicono complementari due colori che,
addizionati, danno luce bianca. I c.c. dei tre
colori primari (rosso, verde e blu) sono, rispettivamente: ciano, magenta e giallo.
Colori freddi
Si dicono freddi — per la sensazione di freddezza che conferiscono alle immagini — il
blu, il verde e i loro composti.
Coma
→ Aberrazione caratteristica di obiettivi assai luminosi, cui si può ovviare chiudendo
il → diaframma, che provoca la riproduzione in forma allungata dei punti posti ai bordi dell’immagine.
Compact Disc (CD)
Disco del formato standard da 12 cm di diametro per 1, 2 mm di spessore, in materiale
plastico (per lo più policarbonato) rivestito
con un sottile strato di alluminio riflettente e
con uno strato esterno di vernice protettiva,
sul quale vengono registrati suoni e/o immagini codificati in forma numerica (→ digitale) attraverso una successione di microcavità riproducenti quelle praticate con tecniche → laser su una matrice in cui è stata
trasferita la registrazione digitale originale.
Compatta
→ Macchina fotografica dalle dimensioni
ridotte, priva di obiettivo intercambiabile
e di un sistema di accessori. Le prime c.
vengono concepite alla fine degli anni Settanta per l’uso occasionale della grande
utenza, che mostra di apprezzare maggio-
glossario
re semplicità rispetto alle più impegnative
→ reflex. Per questo tipo di utenti l’industria potenzia la produzione e la diffusione
delle c. a esposizione automatica, non reflex, di formato 24 x 36 mm, obiettivi di
focale ridotta (ossia lievemente grandangolari, attorno ai 30 mm per facilitare l’inquadratura e ridurre gli errori di messa a
→ fuoco). Grazie a soluzioni tecniche del
genere, l’utente occasionale riacquista simpatia per la pratica fotografica. Le compatte, di conseguenza, crescono in prestazioni, dotandosi via via di migliori → fotocellule esposimetriche, di obiettivi zoom,
di motore per l’avanzamento e il riavvolgimento della pellicola e di autofocus.
Conchiglia
Accessorio a forma di conchiglia, quasi sempre in gomma morbida, applicato al → mirino delle → reflex.
Contafotogrammi (o contatore)
Dispositivo elettromeccanico che, collegato ad un → motore o ad un → winder, ne
arresta automaticamente il funzionamento
dopo che è stato impressionato il numero
prefissato di → fotogrammi.
Contapose
Dispositivo meccanico che tiene il conto del
numero dei → fotogrammi esposti.
Contatore
→ Contafotogrammi.
Contatto caldo
→ Slitta.
Contrasto
Sia la misura della variazione di → luminosità nelle varie zone di una fotografia, sia la
variazione stessa di luminosità. Il c. può essere definito, in fase di → ripresa, attraverso → l’esposizione o l’impiego di → filtri;
in fase di → stampa, invece, tramite l’uso di
→ carte dalla differente fotosensibilità.
Controluce
Tipo di → illuminazione, ottenuta retroilluminando completamente il soggetto della ripresa.
Copia
Singolo esemplare della → stampa di una
→ fotografia.
Copulanti
Prodotti chimici complessi, normalmente
privi di colore, incorporati nei tre strati delle → pellicole a colori negative e invertibili
(tranne la Kodachrome) e delle → carte a
colori, attivati durante lo → sviluppo cromogeno.
Copyright
Diritto d’autore relativo alle immagini fotografiche. Nella maggior parte dei Paesi il c.
di una fotografia rimane al fotografo che l’ha
realizzata, salvo diversi accordi contrattuali.
Corpo macchina
→ Macchina fotografica.
Corredo
L’insieme degli accessori (→ obiettivi, filtri, motori, treppiedi ecc.) che completano
una → macchina fotografica.
Cronofotògrafo a lastra fissa
Apparecchio da ripresa messo a punto da
Étienne-Jules Marey nel 1882, perfezionando il proprio → revolver fotografico,
per registrare le immagini di un soggetto
in movimento su un’unica lastra fotografica.
Cronofotògrafo a pellicola
Apparecchio da ripresa messo a punto nel
1887 da Étienne-Jules Marey, trasformando il → revolver fotografico, rimpiazzando
la lastra circolare con una lunga striscia di
carta fotografica che si srotola davanti all’obiettivo. Marey vi realizza uno schema
grafico della composizione del movimento
nel corpo umano. Ma lo scorrimento all’in-
325
strumenti
terno dell’apparecchio della striscia di carta
fotografica, che non è perforata, manca di
regolarità.
Cuboflash
Tipo di → flash composto da un gruppo di
quattro → lampade lampo montate sulle facce laterali di un cubo provvisto di uno zoccolo per l’innesto su → macchine fotografiche economiche, appositamente predisposte,
che lo fanno ruotare di 90° ad ogni → scatto. Al contrario del → Magicube, per l’accensione richiede un circuito di eccitazione
alimentato a pila.
Curvatura di campo
→ Aberrazione che si verifica quando l’immagine non va a → fuoco su un piano, ma
su una superficie curva.
Cyberframe
Termine inglese, di accezione comune, utilizzato per indicare la cornice o — data la
quantità di immagini che può visualizzare —
l’album digitale, ovvero il formato più avanzato delle foto digitali, che fa piazza pulita di
portaritratti, cornici e album tradizionali,
messa a punto dall’industria tra il 1999 e il
2000. La prima c. viene lanciata dalla Sony
nel 1999: Phd-A55, composta da un piccolo
schermo da 5,5 pollici molto luminoso e con
una buona risoluzione, che, oltre alle foto
digitali, permette di visualizzare brevi filmati, funziona con la → memory stick.
D
ada
→ Dadaismo.
Dadaismo (o Dada)
Dottrina filosofica più che movimento artistico, nato ufficialmente il 5 febbraio 1916
a Zurigo. Già il nome (ricavato da dada:
espressione, comune al vocabolario francese e a quello russo, articolata dai bambini
non ancora in grado di parlare per intendere
i giocattoli) si richiama alla «primitività»
dell’essere umano e manifesta la ferma vo326
lontà degli artisti che vi aderiscono a voler
iniziare da zero per esprimere — attraverso
un’arte tutta nuova ed opere che spaziano
dalla poesia al teatro, dalla pittura alla fotografia — la ribellione contro l’assurdità della
guerra. Le opere dada hanno un’impronta
rivoluzionaria nelle forme e antimilitarista
nei contenuti, che scaturisce dall’orrore per
il massacro irrazionale e sistematico della
moderna macchina bellica.
Dagherrotipia
Procedimento messo a punto da Louis-Jacques Mandé Daguerre nel 1835, annunciata
ufficialmente il 27 settembre 1835 sul «Journal des Artistes». Prevede l’impiego di una
→ lastra di rame ricoperta da uno strato di
ioduro d’argento, accuratamente levigata e
sensibilizzata, dentro un’apposita cassetta,
ai vapori di iodio; dopo → l’esposizione
nella camera oscura, la lastra viene sviluppata con i vapori emessi dal mercurio riscaldato alla fiamma di una lampada a spirito.
Daguerre mette a punto in questo modo il
procedimento fotografico «diretto», cioè
senza l’impiego del negativo: l’immagine
finale si materializza, infatti, direttamente
sulla lastra. Di conseguenza tale procedimento non permette di ricavare una o più
copie se non rifotografando il soggetto originale, oppure il → dagherrotipo ottenuto
da una precedente esposizione. L’immagine viene, infatti, rivelata «positiva» sulla
lastra: il dagherrotipo è un positivo diretto,
che appare come l’immagine speculare del
soggetto rappresentato, non riproducibile e,
per la sua «unicità», presenta la caratteristica di esemplare: il dagherrotipo non è, quindi, una matrice.
Dagherrotipo
Immagine fotografica ottenuta mediante
procedimento di → dagherrotipia.
Daylight
Termine inglese, di accezione comune, utilizzato per indicare sia una → pellicola a
glossario
colori, generalmente invertibile, bilanciata
per luce diurna; sia una → lampada fluorescente che genera una luce abbastanza simile a quella diurna, ma non al punto di poter
essere impiegata nella fotografia a colori.
Decentrabile
→ Obiettivo speciale, che consente il → decentramento.
Decentramento
Movimento della piastra portaobiettivo o
della piastra portapellicola, caratteristico
delle macchine professionali a → banco ottico, che consente di correggere la prospettiva. Fa sì che → l’asse ottico dell’obiettivo, rimanendo sempre perpendicolare alla
→ pellicola, non cada al centro di quest’ultima.
Definizione
Finezza dei dettagli registrati su una → pellicola o su una → carta fotosensibile, misurata in linee per millimetro. In fase di →
ripresa viene influenzata dalla qualità → dell’obiettivo e dalla stabilità della → macchina fotografica, in fase di → sviluppo dal →
rivelatore.
tire dal 1880. Acquistano presto ogni foggia immaginabile: spilla da cravatta, pacchetto di sigarette, borsetta, manico di bastone da passeggio, scatolina di lucido per
scarpe, rivoltella. Quest’ultimo modello —
pur non avendo l’aspetto più adatto per mettere il soggetto a proprio agio — diventa
particolarmente popolare grazie all’impugnatura, molto comoda da puntare per lo →
scatto: il «revolver fotografico» contiene
dieci → lastre minuscole ed un obiettivo
montato sulla canna; dopo aver premuto il
grilletto per scattare una → foto, l’operatore ruota il tamburo per immagazzinare la lastra esposta in un compartimento inferiore
e portarne in posizione un’altra. Facendo
presa sull’entusiasmo suscitato dalla novità, le d. conquistano rapidamente alla fotografia migliaia di persone e contribuiscono
a creare un nuovo genere: → l’istantanea
dal vivo.
Deutsche Industrie Normen
→ DIN.
Dia
Abbreviazione per → diapositiva.
Densità
Diaframma
Grado di annerimento della → pellicola o
della → carta dopo → l’esposizione e lo →
sviluppo, misurata tramite il → densitometro.
Detective
Dispositivo ad apertura circolare variabile:
determinando l’apertura → dell’obiettivo,
regola la quantità di luce che raggiunge la
→ pellicola passando attraverso il sistema
ottico della → macchina fotografica. Il d.
aperto fornisce la minima → profondità di
campo, ma consente riprese con una quantità minima di luce; il d. chiuso, al contrario, fornisce la massima profondità di campo, ma necessita di una quantità maggiore
di luce.
Termine inglese, di accezione comune, utilizzato per indicare → macchine fotografiche in miniatura, molte delle quali possono
essere camuffate o nascoste tra i vestiti, passando del tutto inosservate, costruite da parecchi fabbricanti europei e americani a par-
Immagine fotografica positiva — ricavata da
→ pellicola invertibile — impressa su pellicola o su → lastra trasparente, che può essere guardata in trasparenza o proiettata su
uno schermo tramite → proiettore dia.
Densitometro
Strumento ottico impiegato per misurare la
→ densità di un’immagine fotografica.
Dephot
Agenzia fotografica tedesca, nata a Berlino
nel 1928.
Diapositiva
327
strumenti
Diaproiettore
morbidire la resa di un’immagine fotografica.
→ Proiettore dia.
Diaproiezione (o proiezione
di diapositive)
La tecnica più spettacolare con cui mostrare immagini fotografiche al pubblico, anche
per la somiglianza con la proiezione cinematografica. In entrambi i casi le immagini,
dopo la selezione e il montaggio preliminare del materiale a disposizione, vengono
proiettate su uno schermo. Una sequenza di
→ diapositive, però, è fortemente concentrata nel tempo: deve arrivare rapidamente
al punto — senza beneficiare del movimento e dei dialoghi — per cui ogni immagine
deve avere un significato preciso. E, come
un film, deve avere una precisa continuità:
un attacco che introduca il tema della proiezione, una parte centrale che lo sviluppi, un
finale che lo concluda. Le d. hanno, in genere, carattere documentario. Sono prive,
quindi, di una vera e propria trama. Nella
loro organizzazione non si può, comunque,
prescindere dal seguire una progressione
logica: una sequenza dovrebbe iniziare con
un’immagine generica, facilmente comprensibile, che presenti chiaramente il soggetto
allo spettatore, creando, allo stesso tempo,
l’atmosfera giusta. L’ordine cronologico si
rivela valido in molte occasioni. Alla buona
riuscita di una d. contribuiscono narrazione, musica ed effetti sonori, registrati su un
unico supporto sonoro (generalmente un
nastro magnetico) sincronizzato.
Diazotipìa
→ Eliografia.
Diffrazione
Fenomeno ottico per cui i raggi di luce che
passano vicino ai bordi di un corpo opaco,
subiscono una deviazione.
Diffusione
Lieve dispersione della luce, effettuata in
fase di → ripresa o di → stampa per am328
Diffusore
Pannello riflettente, in vario materiale, capace di ammorbidire la luce troppo violenta
emessa da una sorgente luminosa naturale o
artificiale.
Digitale
Tipo di rappresentazione di un’informazione in maniera non continua, in genere attraverso elementi di codice binario.
DIN (Deutsche Industrie Normen)
Sistema tedesco in base al quale i costruttori di materiale fotografico tarano le → pellicole secondo la sensibilità alla luce, i cui
valori vengono stampati sugli imballi originali e sui foglietti d’impiego che le accompagnano. Assieme → all’ASA, è lo standard
più diffuso.
Diorama
Attrazione spettacolare particolarmente diffusa nell’Ottocento, inventata intorno al
1820 da Louis-Jacques Mandé Daguerre e
derivata direttamente dal → Panorama, del
quale può essere considerato una versione
ridotta. Il D. è costituito da una tela di grandi dimensioni, i cui bordi rimangono invisibili allo spettatore; questi, immerso nella
totale oscurità, arrivando dinanzi al grande
dipinto dopo aver attraversato un corridoio
buio, riceve l’impressione di affacciarsi ad
una finestra aperta. Inaugurato nel 1822 in
Rue Samson a Parigi, Le Diorama di Daguerre e Charles Bouton — prototipo dei
numerosissimi locali fioriti nel corso dell’Ottocento nelle principali città d’Europa
— allestisce spettacoli caratterizzati da sapienti e complicati effetti di luce, che riproducono per lo stupore dei numerosissimi
avventori il passaggio dal giorno alla notte
e viceversa; nel celebre La Messe de minuit
à Saint-Ètienne-au-Mont, ad esempio, nel-
glossario
la chiesa, dapprima illuminata a giorno, la
luce svanisce lentissimamente, si accendono le candele e, nella penombra, la scena
sembra popolarsi di fedeli. Solitamente, due
scene diverse sono dipinte sulla medesima
tela: illuminandola ora anteriormente, ora
posteriormente si ottengono le due vedute;
rese ancora più suggestive dall’impiego di
luci di rifrangenza, dalla composizione delle lampade a colori e dal graduale mutare
dell’intensità luminosa. Quasi tutti i D., inoltre, offrono agli spettatori — analogamente
all’attrazione di Daguerre e Bouton — la visione in sequenza di più scene allestite, una
di seguito all’altra, tutt’intorno alla piattaforma che ospita il pubblico.
Diottrìa
Unità che esprime la potenza di una lente,
corrispondente alla lunghezza → focale di
quest’ultima, espressa in metri.
Direttore della fotografia
Componente del reparto luci di una produzione cinematografica. In fase di pre-produzione e di lavorazione del film è il più
stretto collaboratore del regista nella scelta
tecnica e stilistica dei colori, dell’illuminazione del set e dell’angolazione da dare alla
macchina da presa. Nella ripresa in bianco
e nero, in cui predominano tutte le sfumature del grigio, avrà cura di contrastare il più
possibile i piani e le ombre per evitare che
le immagini risultino appiattite sullo schermo. La ripresa a colori non presenta questi
inconvenienti, ma, viceversa, il d. della f.
eviterà contrasti o abbinamenti cromatici
troppo azzardati.
candola, bagnandola nel nitrato d’argento,
essiccandola di nuovo al buio, immergendola in una soluzione di ioduro di potassio;
quindi esponendola ancora umida nella camera oscura fino ad ottenere un’immagine
visibile, poi lavata e fissata nel bromuro di
potassio.
Disegni fotogenici di Talbot
Immagini fotografiche «generate dalla luce»,
senza l’impiego della → camera oscura, limitandosi ad appoggiare piccoli oggetti dai
contorni frastagliati (una foglia, un fiore, una
piuma o un merletto) sopra un foglio di carta
sensibilizzato alla luce, secondo il procedimento messo a punto nel 1835 da William
Henry Fox Talbot. Questi, invece di una →
lastra, adopera un foglio di carta, dapprima
immerso in una soluzione di sale da cucina e
poi passato in una soluzione di nitrato d’argento: in tal modo sulla carta viene a formarsi una base di cloruro d’argento sensibile alla
luce e, al tempo stesso, insolubile all’acqua.
Sul foglio così trattato, Talbot appoggia gli
oggetti trattenuti da una lastra di vetro ed
espone il tutto alla luce del Sole: le parti del
foglio rimaste scoperte, molto lentamente, diventano scure; mentre le parti coperte restano bianche. Alla fine → dell’esposizione Talbot procede al → fissaggio immergendo il
foglio in una forte soluzione di sale, di bromuro o ioduro di potassio.
Display
Dispositivo visualizzatore che costituisce un
accessorio elettronico comune a parecchie
attrezzature fotografiche, dalle → fotocamere ai → proiettori dia.
Disegni fotogenici di Bayard
Distorsione
Immagini fotografiche → negative, realizzate direttamente su → carta da Hippolyte
Bayard subito dopo l’annuncio dell’invenzione della → dagherrotipia (7 gennaio
1839) immergendo la carta sensibilizzata in
una soluzione di cloruro di ammonio, essic-
→ Aberrazione ottica per cui le linee dritte
parallele e vicine ai bordi dell’immagine
appaiono curve, particolarmente evidente
nell’impiego di → obiettivi grandangolari.
D. a botte (o a barilotto): se la curvatura è
rivolta verso l’esterno. D. a cuscino (o a
329
strumenti
cuscinetto): se la curvatura è rivolta verso
l’interno.
Dominante
Tonalità di colore indesiderato, che si ritrova a coprire uniformemente una → stampa
o una → diapositiva a colori. Le d. possono
essere corrette in fase di stampa o evitate, in
fase di → ripresa, mediante l’impiego di →
filtri.
grafia, poco a poco la galleria si apre a nuove forme espressive finora ignorate dalle manifestazioni artistiche ufficiali. Nel 1917, la
galleria è costretta a chiudere, a causa della
demolizione dell’edificio.
Duplicating
→ Pellicola invertibile a bassissimo → contrasto, adatta alla → duplicazione di diapositive.
Doppia esposizione
Duplicato
Sovrapposizione di due immagini sul medesimo → fotogramma. Può essere accidentale — anche se, con gli apparecchi di moderna concezione, risulta praticamente impossibile — o voluta, per creare effetti particolari (come → esposizioni multiple).
Ogni singola riproduzione di una → fotografia, di una → stampa o di una → diapositiva.
Dorso
La parte posteriore di una → macchina fotografica. Dorso-data d. dotato di un orologio elettronico incorporato, che, sostituito a
quello normale della macchina fotografica,
imprime in un angolo del → fotogramma
una serie di numeri riferiti a giorno, mese e
anno dello → scatto, ora, minuti e secondi,
o altri dati codificati. Dorso-info d. che, sostituito a quello normale della macchina fotografica, permette di ampliarne le funzioni.
291
Galleria aperta da Alfred Stieglitz nei locali
attigui al proprio appartamento, all’ultimo
piano del civico 291 sulla Fifth Avenue di
New York, su suggerimento di Edward J.
Steichen, tanto per perseguire la promozione delle arti e la formazione del gusto artistico del pubblico attraverso le mostre quanto per dotare gli aderenti a → Photo-Secession di una sede in cui possano riunirsi per
discutere e per esporre i propri lavori. Le
Little Galleries of the Photo-Secession, qualche tempo dopo ribattezzate con il numero
civico dell’edificio, vengono aperte il 24 novembre 1905. Nata in funzione della foto-
330
Duplicazione
Riproduzione di → copie identiche — stampe, ma soprattutto diapositive — ottenute
fotografando la copia originale o, nel caso
delle diapositive, per stampa a contatto su
pellicola invertibile.
E
astman Dry Plate and
Film Company
Società per la fabbricazione di → stripping
film costituita a Rochester nel 1884 da George W. Eastman, Henry Alva Strong e William H. Walker con trecentomila dollari di
capitale.
Eastman Dry Plate Company
Ditta per la fabbricazione di → lastre secche alla gelatina-bromuro — la prima ad
impiegare la macchina per spalmare le emulsioni inventata da Swann nel 1879 — fondata a Rochester nel 1881, con un investimento di duemila dollari, da George W. Eastman ed Henry Alva Strong.
Eastman Kodak
→ Pellicola fotografica in nitrocellulosa, trasparente e sensibile, avvolgibile in rollo,
adatta alla ripresa rapidissima di istantanee,
commercializzata da George W. Eastman a
partire dal 1889.
glossario
Eastman Kodak Company
Eliotipia
Società fondata a Rochester da George W.
Eastman dopo la messa a punto della →
Eastman Kodak, specializzatasi, sotto la sua
direzione, anche nella fabbricazione di materiale sensibile per uso cinematografico.
→ Fototipia.
Emolliente
→ Imbibente.
Emulsione
→ Pellicola invertibile a colori, con i copulanti incorporati → nell’emulsione.
Parte della → pellicola sensibile alla luce,
costituita solitamente da una sospensione di
sali d’argento in gelatina, che, mediante trattamenti fotochimici, registra in forma positiva o negativa l’immagine passata attraverso
→ l’obiettivo della macchina fotografica.
Eliografia (o diazotipia)
Episcopi
Effetto Sabattier
→ Solarizzazione.
Ektachrome
Tecnica di riproduzione di un originale su
supporto traslucido (disegno o mezzatinta)
di carta speciale, per impressione, mediante
esposizione alla luce artificiale e successivo sviluppo in presenza di vapori di ammoniaca. Le copie così ottenute sono monocrome, generalmente in blu, nero o seppia, a
seconda del tipo di sostanza sensibile.
Eliografia di Niépce
Sia il procedimento messo a punto da Nicéphore Niépce nel 1822, sia l’immagine fotografica ottenuta mediante tale procedimento. Dopo
aver sciolto il bitume in olio di lavanda — un
solvente usato nella preparazione delle vernici — e averne steso uno strato su una lastra di
peltro, Niépce vi sovrappone un disegno al tratto reso trasparente con un bagno oleoso; quindi espone la lastra e il disegno alla luce del
Sole. Dopo un’esposizione di circa tre ore, il
bitume diventa duro nei punti attraversati dai
raggi — corrispondenti alle zone bianche —
rimanendo, al contrario, molle sotto le zone
scure dell’incisione. Tolto il disegno e lavata
la lastra con olio di lavanda e trementina per
asportare il bitume non indurito dalla luce, ripulisce fino alla base di peltro i punti della lastra corrispondenti ai tratti neri del disegno e
li bagna con un acido che intacca il metallo:
sul quale si produce la copia dell’originale. La
lastra è pronta per essere inchiostrata e, quindi, stampata con un torchio tipografico.
→ Proiettori dia.
Ermanox
Prima → macchina fotografica da → reportage, dotata dei luminosissimi → obiettivi
Ernostar, fabbricata nel 1925 dalla Ernemann di Dresda.
Esplosione
Effetto ottenuto variando, in fase di → esposizione, la → focale di un → obiettivo zoom.
Esposìmetro
Strumento, di norma incorporato nelle moderne → macchine fotografiche, basato sull’impiego di una fotoresistenza — dispositivo a semiconduttore fotosensibile, in cui
la resistenza elettrica diminuisce con l’intensità della radiazione luminosa incidente
— utilizzato per misurare l’illuminazione
del soggetto da riprendere e stabilire la corretta → esposizione in funzione della →
sensibilità della → pellicola adoperata. I
valori da esso rilevati possono essere indicati da un microamperometro, da un display
digitale o dall’accensione di una serie di diodi luminosi (LED). Molto spesso l’e. controlla direttamente l’esposizione in modo
semiautomatico (il fotografo sceglie il tempo o il → diaframma e l’e. imposta il diaframma o il tempo per una corretta esposizione, in base alla sensibilità della pellicola) o totalmente automatico (l’e. imposta sia
il tempo sia il diaframma, in base ad un pro331
strumenti
gramma inserito nel circuito di controllo
della macchina). L’e. manuale (di dimensioni maggiori e non incorporato alla macchina) viene tuttora impiegato per la misurazione della luce incidente o della luce emessa dai → flash, che, data la brevità del lampo, non può essere misurata altrimenti. Gli
e. spot (incorporati o manuali) misurano la
luminosità di piccole zone e si rivelano particolarmente utili nella ripresa di soggetti che
presentano forti contrasti d’illuminazione.
Viene adoperato anche per le riprese elettroniche su → nastro magnetico, oltre che
per le riprese cinematografiche.
Esposizione
Procedimento consistente nel sottoporre una
→ emulsione fotosensibile all’effetto della
luce.
Essiccamento
Fase del trattamento fotografico, consistente nell’asciugatura delle → carte e delle →
pellicole.
Essiccatrice
Accessorio da → camera oscura per → l’essiccamento delle → stampe su carta politenata.
mia alla Columbia University, il quale, nella
didattica, ha sempre fatto largo uso di immagini fotografiche. Alla fine del 1935 Stryker
inizia a reclutare un’équipe di fotografi allo
scopo di avviare un «censimento visivo» delle
condizioni materiali di vita delle popolazioni più colpite e, al tempo stesso, informare
l’opinione pubblica nazionale attraverso un
mezzo persuasivo adeguato. L’équipe della
FSA — da cui Stryker esige una profonda
conoscenza teorica delle situazioni fotografate — dal 1935 al 1943 produce centomila
immagini a metà strada tra lirismo e documentazione, esercitando un’influenza determinante su tutta la fotografia contemporanea.
Ferrotipia
Procedimento fotografico al → collodio su
→ lastre di ferro smaltate in nero o in marrone scuro, brevettato nel 1856 dal chimico
statunitense Hannibal L. Smith, popolarissimo negli Stati Uniti e nell’America del Sud
— malgrado l’avvento della pellicola in rullo
e della macchina a cassetta — fin verso gli
anni Trenta del Novecento.
Ferrotipo
Età del collodio
Immagine fotografica ottenuta mediante
procedimento di → ferrotipia.
Periodo storico compreso tra il 1851 e il
1880 circa, così detto per l’introduzione del
→ collodio nella tecnica fotografica.
Solco elicoidale di una vite (filetto maschio)
o di una madrevite (filetto femmina).
Filettatura
Exacta
Film
Primo apparecchio fotografico → reflex monobiettivo, commercializzato nel 1937, in
cui l’immagine può essere messa a → fuoco attraverso lo stesso → obiettivo.
Termine inglese di accezione comune, che
nella traduzione letterale vale per → pellicola di celluloide, mentre in senso lato indica un prodotto cinematografico finito.
Filmpack
F
arm Security Administration (FSA)
Organizzazione istituita a Washington dal
governo degli Stati Uniti, in seguito alla gravissima crisi finanziaria del 1929 — che colpisce soprattutto le classi rurali — sotto la
direzione di Roy Stryker: docente di econo332
Confezione di un certo numero di → pellicole piane, inseribile per il caricamento nel
→ dorso dell’apparecchio → Polaroid.
Filtri
Vetri o → gelatine, neutri o colorati, posti
davanti → all’obiettivo della macchina fotografica o alle → lampade, allo scopo di
glossario
ammorbidire l’intensità luminosa delle immagini. Si distinguono f. per aumentare il
contrasto, f. di correzione cromatica, f. di
conversione, f. speciali.
Fish-eye (ovvero occhio di pesce)
Espressione inglese, di accezione comune,
utilizzata per indicare un tipo di → obiettivo super-grandangolare, che, impressionando sulla → pellicola immagini circolari, permette curiosi effetti di deformazione.
Fissaggio (bagno di)
Trattamento di → sviluppo che scioglie gli
→ alogenuri residui, successivamente eliminati da un lungo → lavaggio in acqua corrente, successivo al bagno di → arresto acido. Si esegue immergendo la → pellicola o
la → carta in una soluzione di tiosolfato (detto
anche iposolfito) di sodio o di tiosolfato di
ammonio. Il problema del f. delle immagini
— effettuato, in origine, con il cloruro di sodio (comune sale da cucina) — viene risolto
da John Herschel nel 1839, quando individua nell’iposolfito di sodio il liquido ideale.
Si tratta di una sostanza di cui ha studiato le
caratteristiche già nel 1819, individuandone
la capacità di sciogliere molto rapidamente
dei sali d’argento e osservando, in particolare, come il muriato d’argento si dissolva nell’iposolfito di sodio «come zucchero nell’acqua». Herschel conclude, di conseguenza, che
le sostanze fotosensibili reagiscono in maniera differenziata ad un trattamento, a seconda
che siano state o meno trasformate dalla luce.
Flash (o lampeggiatore elettronico)
Termine inglese, di accezione comune, utilizzato per indicare il dispositivo elettronico
impiegato per produrre un → lampo di luce
artificiale che illumina il soggetto di una →
ripresa fotografica. Ai primordi della fotografia, per sopperire alla scarsa → sensibilità
delle → emulsioni, si utilizza la luce emessa
dalla rapidissima combustione di polvere di
magnesio. Pratica che, oltre ad essere oltremodo scomoda, genera un fastidiosissimo
fumo. L’uso delle prime lampade a lampo
inizia negli anni Trenta: una massa di fili di
magnesio, contenuta in un’ampolla di vetro
con ossigeno in pressione, viene accesa da
una resistenza elettrica o da un innesco, controllati dall’otturatore della macchina fotografica. Negli anni Sessanta, grazie alla riduzione di ingombro e di costo, si diffonde l’uso
dei lampeggiatori elettronici. Nei moderni f.
il lampo viene generato, in un tubo vuoto
contenente xeno (un gas nobile), dalla scarica dell’energia accumulata da un condensatore caricato da un circuito elettronico alimentato da batterie a secco o, più raramente, dalla rete domestica. Il tubo contenente gli elettrodi tra i quali avviene la scarica è, solitamente, dritto e corto. Ma può essere lungo e
a forma di anello nei f. anulari — impiegati
nella realizzazione di macrofoto e in campo
medico — qualora l’obiettivo vada posto in
posizione ravvicinata rispetto al soggetto della ripresa. In molti f. la durata del lampo —
quindi la quantità di luce emessa — è variabile e viene regolata da un sensore, posto sullo
stesso f. o sulla macchina fotografica, il quale determina che la pellicola riceva una quantità di luce sufficiente ad una corretta esposizione. Oggi è tecnicamente possibile incorporare un piccolo f. anche nelle macchine
fotografiche più economiche. Il f. dedicato è
incorporato alle fotocamere automatiche. In
genere un f.d., inserito nell’apposita → slitta
portaccessori, informa la fotocamera della
propria disponibilità a funzionare così la fotocamera sceglie: un conveniente tempo di
scatto, che può essere modificato dall’operatore nei limiti imposti dall’otturatore. Il →
diaframma viene regolato dall’automatismo
o dall’operatore, a seconda del tipo di fotocamera. Nel secondo caso il f.d. si adegua,
regolando di conseguenza la durata del lam333
strumenti
po per una corretta esposizione: quanto minore è il minimo tempo possibile di scatto,
tanto maggiori saranno le possibilità del fotografo di bilanciare la luce dell’ambiente rispetto alla luce del f. Alcuni f. d. di nuova
generazione sono dotati di una torcia zoom,
accoppiata allo zoom dell’obiettivo, che può
essere disinserita a discrezione del fotografo.
Flessibile (scatto)
Comando a distanza del pulsante di → scatto della macchina fotografica, che evita di
trasmettere scosse o vibrazioni all’apparecchio posto su → cavalletto o su altro supporto. Può essere meccanico, in filo e guaina e lungo fino ad un metro; o pneumatico,
lungo anche qualche metro.
Flip-flash
Tipo di → flash, composto da un gruppo
da sei ad otto → lampade lampo montate
su un unico supporto, inseribile su → macchine fotografiche economiche e a sviluppo istantaneo, la cui accensione in sequenza viene determinata da un particolare circuito.
Flou (ovvero sfocatura)
Termine francese, di accezione comune, utilizzato per indicare la perdita di → definizione dell’immagine ripresa. È imputabile
ad una precisa esigenza espressiva, oppure
ad un involontario errore nella messa a →
fuoco.
Focale (lunghezza)
Capacità → dell’obiettivo, misurata in millimetri, di catturare la porzione di spazio da
far rientrare nel → fotogramma.
Focale (piano)
Piano immaginario sul quale un → obiettivo a → fuoco proietterebbe un’immagine
nitida. Coincide con la posizione in cui viene a trovarsi la → pellicola.
Focheggiare
Fogli di sfondo
→ Fondali dipinti, adoperati dai → protofotografi per eseguire ritratti in → sala di
posa.
Folding (ovvero pieghevole)
Termine inglese, di accezione comune, utilizzato per indicare le → macchine fotografiche che si prestano ad essere ripiegate per
un minore ingombro.
Fondali
Rotoli di cartoncino colorato, in varie dimensioni, impiegati per → riprese in → sala di
posa su sfondi uniformi e regolari.
Fonògrafo ottico
Principio per fissare le immagini fotografiche concepito da Thomas Alva Edison nel
1888, in seguito ad una visita di Eadweard
James Muybridge nei suoi laboratori di West
Orange nel New Jersey.
Formato
Dimensioni — espresse con la misura dei
due lati — di → un fotogramma, una fotografia o una carta fotosensibile.
Formato visita
Espressione italiana per → carte-de-visite.
Foto
Abbreviazione comunemente usata per →
fotografia, nell’accezione di immagine fotografica.
Fotoamatore
Chiunque pratichi la tecnica fotografica, ma
non da professionista.
Fotocalco
→ Stampa ottenuta su apposita carta gelatinata, recante → un’emulsione fotosensibile, utilizzabile, dopo → l’esposizione
alla luce e il trattamento fotografico, come
matrice a ricalco di un disegno industriale.
Fotocalcografia
Tecnica di stampa analoga alla → fotoincisione, consistente nella produzione di ma-
Il mettere a → fuoco.
334
glossario
trici per la stampa incavografica: calcografia, con lastre di rame; e rotocalcografia
(o rotocalco), con matrici cilindriche di
rame. Nella f. il procedimento di formazione della matrice differisce da quello
della fotoincisione in quanto la parte stampante non è quella in rilievo bensì quella
incavata, che risulta costituita da una serie
di piccolissimi alveoli in cui si raccoglie
l’inchiostro che verrà trasferito sulla carta
in fase di stampa.
Fotocamera
→ Macchina fotografica.
Fotocartografo
Sia il tecnico specializzato nel ricavare piante e carte topografiche da fotografie terrestri o aeree, sia l’apparecchio ottico impiegato in → fotogrammetria.
Fotoceramica
Sistema di riproduzione di immagini fotografiche su ceramica, realizzato usando
come → emulsione bicromato di ammonio,
gomma arabica e zucchero. Si ottiene, con
procedimenti diversi, sia da un → negativo
sia una → diapositiva: l’immagine, riportata su una → pellicola di collodio, viene applicata sulla ceramica e, dopo essere stata
essiccata, viene opportunamente trattata con
fondenti e passata al forno di cottura.
Fotoclub
Termine inglese, di accezione comune, utilizzato per indicare un’organizzazione o
un’associazione fotografica.
tre strati sensibili ai → colori primari (blu,
verde e rosso su pellicole positive o invertibili; i loro complementari sulle pellicole
negative) e sulla legge di composizione del
colore; sia la → fotografia a colori, su →
carta o su → diapositiva.
Fotocompositrice
Macchina per la → fotocomposizione di caratteri tipografici. Le prime apparecchiature che consentono di ottenere un film fotografico del testo, piuttosto di una composizione in piombo, derivano dalle macchine
tradizionali linotype e monotype. Nella f.,
alle matrici incise vengono sostituite matrici fotografiche che riproducono in negativo
il carattere o il segno grafico. Il loro apparato meccanico è pressoché uguale a quello
delle macchine tradizionali: invece del gruppo di fonderia vi è una speciale → fotocamera, contenente un → film: il prodotto di
tali macchine è, di conseguenza, una pellicola, che, sviluppata, presenta il testo tipografico, fotografato in colonna, nella giustezza voluta, in bianco e nero. I modelli successivi, grazie ad un’impostazione del tutto
diversa — basata principalmente sul sistema di perforazione separata dall’unità fotografica — alla possibilità di sostituire
l’obiettivo e all’aiuto di elaboratori elettronici, consentono la produzione di testi in vari
corpi.
Fotocomposizione
→ Fototipia.
Sistema che consente di ottenere direttamente su → carta o su → pellicola, in → negativo o in → positivo, mediante → fotocompositrice, la composizione di un testo pronta per essere trasportata su una lastra offset
o su un cilindro rotocalco, senza dover fotografare una copia di stampa ottenuta da
una pagina composta tradizionalmente in
piombo.
Fotocolor
Fotocopia
Sia il procedimento fotografico a colori,
basato sulla presenza → nell’emulsione di
Sia la riproduzione — in bianco e nero o a
colori — di un originale su carta mediante
Fotocollografia
Ogni processo di riproduzione fotomeccanica mediante colloidi stesi su vetro, metallo o pietra; comprendente la → fotolitografia e la → fototipia.
Fotocollotipia
335
strumenti
→ fotocopiatura, sia la copia prodotta mediante tale procedimento.
Fotocopiare
L’insieme delle operazioni tecniche necessarie al riprodurre in → fotocopia.
Fotocopiatrice
Apparecchio per → fotocopiatura.
Fotocopiatura
rispondenti inquadrature del film, poiché, oltre agli attori, comprendono le costruzioni
sceniche, le apparecchiature tecniche e le
maestranze al lavoro sul set.
Fotodinamica futurista (o
fotodinamismo futurista)
Tecnica che prevede la rappresentazione
dinamica di un corpo in movimento, senza
fermarlo e frantumarlo in fasi successive,
nell’ambito delle ricerche condotte dai →
Futuristi.
Procedimento fotografico per la riproduzione — in bianco e nero o a colori — di originali su carta. Effettuato un tempo tramite
l’impiego di carte termosensibili, con o senza l’intermediazione di materiali impressionabili chimicamente; attualmente basato sul
procedimento detto f. a secco (o xerografia), in grado di produrre copie su carta comune, inventato da C.F. Carlson (19061968) e introdotto dalla Xerox nel 1950,
basato sulle proprietà elettrostatiche del selenio, che si comporta da conduttore alla luce
e da isolante al buio. Esponendo alla luce
riflessa dall’originale un cilindro di selenio
caricato positivamente, le cariche si dispongono secondo il disegno da riprodurre. Su
di esso viene, quindi, dispersa una polvere
(toner) caricata negativamente e fondente
con il calore, che si fissa al foglio. Il metodo di esposizione si avvale di ottiche speciali in grado di eseguire ingrandimenti, riduzioni e varie elaborazioni dell’originale
grazie alla scansione → digitale dell’immagine.
Qualsiasi procedimento di riproduzione di
un documento originale, che faccia uso di
superfici o di sostanze sensibili alla luce. I
sistemi più diffusi di f. sono: la → fotografia, la → termografia, → l’eliografia, i metodi elettrostatici (→ fotocopiatura) ed elettrolitici (→ microfilm).
Fotocopista
Fotofinish
Persona addetta alla → fotocopiatura.
Fotocronaca
Resoconto giornalistico basato, prevalentemente, su fotografie.
Fotocronista
Autore di → fotocronache.
Foto di lavorazione
Fotografie realizzate sul set di un film dal
→ fotografo di scena; sono caratterizzate da
→ inquadrature più ampie rispetto alle cor336
Fotodinamismo futurista
→ Fotodinamica futurista.
Foto di scena
Fotografie realizzate sul set di un film dal
→ fotografo di scena; non sempre destinate
a illustrare una specifica → inquadratura:
talvolta, infatti, presentano uno o più attori
in → pose prive di ogni riferimento rispetto
all’azione, destinate a mettere in risalto la
scenografia, il trucco o i costumi.
Fotoduplicatore
Apparecchio atto alla → fotoduplicazione.
Fotoduplicazione
Sequenza fotografica dell’arrivo di due o più
concorrenti al traguardo, impressionata in
un’unica immagine e con assoluta precisione da uno speciale apparecchio — dotato di
un apposito → otturatore a fessura (allineata sul traguardo), dietro al quale scorre la
→ pellicola, trascinata da un motorino —
azionato quando i concorrenti sono a poche
metri dalla linea d’arrivo. La velocità di scorrimento della pellicola va preventivamente
glossario
regolata in relazione alla velocità dei soggetti, alla distanza di → ripresa e alla → focale usata. Sulla pellicola appaiono esclusivamente i soggetti in movimento, colti nell’istante in cui attraversano il traguardo. Il
f. trova applicazione negli ippodromi, nei
velodromi, per le corse ciclistiche in linea e
— a titolo indicativo e consultivo — per le
gare atletiche.
Fotofinishing
L’insieme dei trattamenti di → sviluppo e
stampa eseguiti in laboratori specializzati,
fino alla consegna delle → copie alla clientela.
Fotoform
Gruppo fotografico d’avanguardia fondato in
Germania, nel 1949, da Otto Steinert — il
quale abbandona la professione medica per
tentare di superare, attraverso la fotografia,
il trauma del nazismo e di recuperare l’esperienza del → Bauhaus — cui aderiscono Peter Keetman, Siegfried Lanterwasser, Wolfang Reisewiytz, Toni Schneiders e Ludwig
Windstosser. Le loro immagini sono rappresentazioni di forme astratte: oggetti luminosi
in movimento, bolle d’aria, frammenti plastici e così via, che suscitano l’entusiasmo
del pubblico e della critica più aperta.
Fotofucile
Staffa speciale in tutto simile, nella parte
posteriore, ad un fucile, che monta una →
reflex ed un → teleobiettivo da 300-600 mm,
la cui agevole impugnatura permette di tenere fermo il corpo macchina nella → ripresa di un soggetto in movimento.
Fotogenìa
La naturale predisposizione per cui un viso,
grazie a tratti regolari ma particolarmente
marcati, risulta nettamente impressionato
sulla → pellicola.
Fotogiornale
Pubblicazione giornalistica basata, prevalentemente, su → fotografie.
Fotogiornalismo
→ Genere che combina il giornalismo con
la → fotografia.
Fotoglittografia
L’insieme dei procedimenti di riproduzione fotomeccanica in incavo e in rilievo, in
uso fino alla fine dell’Ottocento.
Fotografare
L’insieme dello svolgimento di tutte le attività, tecniche e artistiche, finalizzate alla
realizzazione di un’immagine fotografica.
Fotografia
Sia il procedimento chimico-fisico che, utilizzando un fenomeno ottico ed un fenomeno chimico, permette di registrare le immagini di soggetti illuminati su materiale →
fotosensibile; sia l’immagine fotografica ottenuta mediante tale procedimento. La nascita della f., fissata per convenzione al 7
gennaio 1839 — data della presentazione ufficiale della → dagherrotipia all’Accademia
delle Scienze di Parigi — scaturisce dall’unione di due distinte correnti di studi: la
prima, attenta ai fenomeni ottici, conduce
all’evoluzione della → camera oscura; la
seconda alla messa a punto di sostanze chimiche, modificabili se esposte alla luce.
Louis-Jacques Mandé Daguerre, dal quale
la dagherrotipia prende il nome, non è, però,
l’unico padre della f. Alla sua invenzione
apporta, infatti, un contributo determinante
→ l’eliografia di Nicéphore Niépce. L’invenzione del procedimento positivo-negativo si deve, invece, a William Henry Fox
Talbot; il quale perfeziona la → talbotipia
in → calotipia grazie ai suggerimenti di John
Herschel. Inventore, a sua volta, del procedimento di → fissaggio, nonché dei termini
f., → positivo e → negativo.
Fotografia digitale
Procedimento che sostituisce la normale
pellicola a emulsione chimica con dischetti
magnetici, sui quali è possibile registrare
337
strumenti
un’immagine video fissa (o still-video) mediante l’impiego di sensori elettronici: la
pellicola è sostituita da un sensore elettronico, i cui segnali elettrici vengono registrati
su dischetto magnetico. L’immagine può,
quindi, essere visualizzata su uno schermo
televisivo oppure stampata da stampanti laser, a getto d’inchiostro, termiche. La prima
fotocamera → digitale, presentata nel 1983,
permette di aprire la strada al collegamento
tra la f. tradizionale e la gestione elettronica
dell’immagine. La qualità delle immagini
fotografiche così ottenute risulta, però, abbastanza modesta rispetto agli elevatissimi
standard raggiunti dalla f. chimica, a causa
della limitata capacità di risoluzione dei sensori elettronici. Un ulteriore progresso viene raggiunto con l’introduzione, negli anni
Novanta, del dispositivo Compact Disc Photo Video. La registrazione delle immagini
— anziché sul tradizionale materiale fotosensibile — avviene su un dischetto magnetico o CCD (Charge Coupled Device), sensibile alla luce. Tale supporto analizza l’intensità e il colore dei punti che costituiscono l’immagine proiettata su di esso dall’obiettivo, trasformandoli in impulsi elettrici. Questi vengono, quindi, trasferiti su un
supporto magnetico (dischetto magnetico o
Compact Disc ottico) in grado di contenere
alcune decine di immagini. L’immagine così
registrata può essere visualizzata immediatamente su un monitor, stampata su carta tramite stampante, trasmessa a qualsivoglia distanza via cavo o via etere. Mediante un processo di digitalizzazione il CCD permette,
inoltre, d’incamerare innumerevoli immagini ad alta definizione da negativi o da diapositive tradizionali. Il CCD è costituito da
migliaia o milioni di elementi fotosensibili, in genere disposti ordinatamente a comporre una griglia dalla forma più o meno
rettangolare, che reagiscono quando vengono colpiti dalla luce. Nel momento in cui
338
viene premuto il pulsante di scatto, la luce,
passando attraverso le lenti dell’obiettivo,
raggiunge il CCD; questo trasmette le cariche presenti su ognuno degli elementi sensibili che lo costituiscono ad un convertitore analogico-digitale; quest’ultimo trasforma i segnali ricevuti in dati digitali e li
spedisce ad una memoria RAM (sigla di
Random Access Memory), da cui possono
essere prelevati per la visione sul display
dell’apparecchio digitale oppure per essere salvati su una scheda di memoria. Elementi fotosensibili di silicio sostituiscono
gli alogenuri d’argento: ma gli elementi
sensibili del CCD, a differenza degli alogenuri, hanno la possibilità di ritornare allo
stato di «non eccitazione».
Fotografia scientifica
L’insieme delle numerose applicazioni date
nel campo delle scienze alla → fotografia,
strumento d’indagine dalle notevoli capacità divulgatrici, che ha permesso all’occhio
umano di «vedere l’invisibile». A differenza dell’occhio umano — che percepisce soltanto la luce visibile (i colori dell’arcobaleno, dal violetto al rosso) — la particolare
sensibilità dell’apparecchio fotografico arriva a registrare immagini attraverso altre
onde elettromagnetiche (raggi X, raggi ultravioletti, raggi infrarossi, oltre a fasci di
neutroni), fornendo cognizioni inaccessibili con la luce ordinaria.
Fotografia Soggettiva
→ Subjektive Fotografie.
Fotografo
Chiunque, a scopo dilettantistico o professionale, pratichi la → fotografia. Un f. «generico» può cimentarsi in vari generi fotografici; mentre i f. «specializzati» in determinati settori (moda, pubblicità, ritrattistica, architettura ecc.), magari di fama internazionale, operano in regime di aperta concorrenza.
glossario
Fotografo di scena
→ Fotografo professionista, incaricato da
una produzione cinematografica di fotografare — prima, durante o subito dopo i ciak
più significativi — tutte le scene del film,
inquadratura per inquadratura e in sintonia
con le angolazioni date dal regista alla macchina da presa. S’impegna per contratto ad
adeguarsi alle inquadrature scelte dal regista, ma, soprattutto, a fornire quotidianamente la documentazione fotografica di ogni
giornata di lavorazione. Finisce così con
l’essere l’autore di un vero e proprio «diario fotografico» del film, rappresentando per
la produzione e per la regia un preciso riferimento storico. In caso di rifacimenti, infatti, produttore e regista saranno certi di
poter recuperare l’esatta inquadratura e di
non sbagliare i raccordi con il resto del girato. In compenso il f. di s. ha, salvo eccezioni, l’esclusiva sulle fotografie adoperate
dall’ufficio stampa per il lancio pubblicitario del film.
Fotogramma
Termine utilizzato per indicare sia ogni singola immagine fotografica, in → positivo o
in → negativo, di cui si compone la striscia
di → pellicola; sia una → stampa fotografica ottenuta senza negativo.
fotogramma (Tecnica del)
Tecnica fotografica messa a punto da Laszló
Moholy-Nagy per realizzare i suoi → fotogrammi.
Fotogrammetria
Sia la tecnica impiegata nella realizzazione
di carte geografiche mediante il rilevamento planimetrico e altimetrico del terreno, con
riprese fotografiche da terra o dall’aereo
(detta aerofotogrammetria); sia l’immagine fotografica (o rilievo fotogrammetrico)
ricavata dall’applicazione di tale tecnica.
Nella f. terrestre le riprese vengono eseguite con l’asse ottico dell’apparecchio — uno
speciale teodolite (strumento ottico per misurare distanze) munito di camera oscura e
detto, quindi, fototeodolite — disposto orizzontalmente. Nella f. aerea le riprese vengono eseguite con l’apparecchio disposto
verticalmente e installato con accorgimenti
particolari, affinché non risenta dei movimenti dell’aereo. La f. viene impiegata anche nella rilevazione di oggetti di forma
complessa come sculture, opere architettoniche, parti interne del corpo umano.
Fotogrammetrico
Relativo alla → fotogrammetria.
Fotogrammetrista
Tecnico specializzato in → fotogrammetria.
Fotogrammi
Suggestive silhouette astratte, ottenute da
Laszló Moholy-Nagy — senza l’impiego della → macchina fotografica — ponendo oggetti opachi o semitrasparenti su un foglio di
→ carta fotosensibile, illuminandoli, quindi
procedendo allo → sviluppo e al → fissaggio.
Fotoincisione (o fototipografia)
Tecnica di stampa, consistente nell’incisione di matrici di materiale vario mediante procedimenti fotografici. Un → negativo o un
→ positivo vengono impressionati su una
→ lastra di zinco (detta → cliché) trattata
con sostanze → fotosensibili e quindi, dopo
un → lavaggio per eliminare le parti non impressionate, incavata mediante erosione con
acidi delle parti lavate. Le parti impressionate risultano, così, in rilievo e costituiscono la matrice per la stampa (detta matrice
rilievografica). Per estensione, il termine f.
viene spesso utilizzato per indicare impropriamente due tecniche analoghe: la → fotocalcografia e la → fotolitografia.
Fotoincisore
Tecnico addetto all’esecuzione di → cliché
per la → fotoincisione.
339
strumenti
Fotolaboratorio
Fotomontaggio
Abbreviazione per → laboratorio fotografico.
Termine utilizzato per indicare tanto la tecnica fotografica consistente nell’accostare
o sovrapporre artificialmente, in fase di →
stampa, diversi → fotogrammi, → fotografie o loro parti, fino a formare un’immagine
che non corrisponde ad una situazione reale; quanto la composizione fotografica ottenuta con tale tecnica.
Fotolibro
Volume a stampa in cui le illustrazioni fotografiche sono preponderanti rispetto alle
parti scritte.
Fotolito
Sia la matrice su → pellicola fotografica,
trasparente, per stampa in offset, ottenuta per
trasposizione → fotomeccanica, le cui parti
si presentano in → positivo; sia il laboratorio di riproduzione fotolitografica.
Fotolitografia
Tecnica di stampa analoga alla → fotoincisione, consistente nella produzione di matrici per la stampa planografica: diretta (o
litografica) con lastre di pietra; indiretta (o
offset) con lastre di metallo.
Fotopianta
Pianta topografica ottenuta riunendo una
serie di → fotografie aeree planimetriche,
raddrizzate e ridotte alla medesima scala.
Fotoreportage
→ Servizio fotografico eseguito da un →
fotoreporter.
Fotoreporter
Fotolitografico
→ Fotografo di avvenimenti d’attualità per
conto di giornali o di agenzie.
Relativo alla → fotolitografia.
Fotoricognitore
Fotomeccanica
Il complesso dei procedimenti che impiegano la luce per ottenere una matrice, dalla
quale stampare un numero illimitato di copie.
Fotomeccanica (Pellicola)
Espressione italiana per indicare la pellicola → Lith.
Fotomeccanico
Relativo alla riproduzione → fotomeccanica.
Fotometallografia
Ripresa fotografica, a vario → ingrandimento, della struttura superficiale dei metalli.
Fotomodelli
Modelli professionisti impiegati nella realizzazione di → fotografie di moda, pubblicitarie e così via. Il loro requisito indispensabile è la → fotogenia, ma devono anche
essere in grado di → posare a seconda delle
direttive del → fotografo.
340
Aeroplano da ricognizione munito di → apparecchi fotografici per il rilievo di basi, attrezzature industriali, vie di comunicazione, mezzi e postazioni nemiche.
Fotoritocco
L’insieme delle operazioni — manuali o
digitali — che apportano varie modifiche,
più o meno significative, all’immagine fotografica. Il f. manuale diventa una pratica
abituale a partire dagli anni Cinquanta dell’Ottocento — proprio mentre la voga del
ritratto fotografico raggiunge il culmine e
vengono conseguiti parecchi importanti progressi tecnologici — quando consente al
fotografo d’intervenire sull’immagine per
migliorarla, appagando la vanità dei clienti
più esigenti.
Fotoromanzo
Sia un racconto per immagini che si dipana
attraverso una sequenza — cronologica o,
quantomeno, logica — di quadri fotografici, corredati da dialoghi e da didascalie racchiusi in «nuvolette» dal taglio squadrato
glossario
che visualizzano le battute dei personaggi o
sintetizzano verbalmente l’azione; sia la rivista, di solito settimanale, specializzata in
questo genere di storie. Oltre che dalla letteratura «rosa» e dal fumetto, il f. deriva dal
cinema i suoi contenuti spiccatamente melodrammatici. In origine, infatti, è chiamato cineromanzo e, attraverso fotogrammi e
didascalie, riassume per un pubblico prevalentemente femminile la trama di un film
già programmato nelle sale cinematografiche. Il primo numero di «Grand Hotel» —
il titolo è preso a prestito dal celebre film
hollywoodiano del 1932, interpretato da
Greta Garbo — esce per le edizioni Del
Duca il 29 giugno 1946, con una storia disegnata tratta da un romanzo: Anime incatenate. I primi f., infatti, sono disegnati. Visto il successo di «Grand Hotel», Luciano
Pedrocchi — attivo nel campo delle pubblicazioni per ragazzi — pensa di sostituire i
disegni con le foto, decisamente più realistiche, di interpreti in carne e ossa. Realizzato alla buona un prototipo di storia sentimentale, Pedrocchi lo sottopone all’editore
Arnoldo Mondadori. Nasce così «Bolero
Film»: il primo numero, in edicola il 7 maggio 1947, ha sedici pagine e costa 25 lire.
Lo strepitoso successo di «Bolero Film» e
di «Sogno» — nuovo settimanale edito da
Rizzoli — obbliga anche «Grand Hotel» a
passare, nel 1950, alla fotografia. I f. raccontano sempre storie romantiche di amori
contrastati, in cui un lui ed una lei devono
superare ogni sorta di ostacoli prima dell’inevitabile lieto fine. Eppure, in un Paese
semianalfabeta com’è l’Italia del dopoguerra, al f. va riconosciuto il merito di avvicinare tantissime persone alla lettura. Le favolose entrate derivanti dalla vendita dei f.,
poi, tanto alla Mondadori quanto alla Rizzoli, vengono impiegate per sostenere produzioni culturali «di qualità».
Fotosensibile
Dotato di → fotosensibilità.
Fotosensibilità
Sensibilità alla luce, propria di sostanze o
dispositivi le cui caratteristiche risultano
modificate da un qualche tipo di radiazione
luminosa.
Fotoserigrafia
Sia la tecnica consistente nell’adattamento
alla → fotografia della serigrafia, antichissimo procedimento di stampa — ampiamente diffuso in Cina e in Giappone — consistente nel produrre singolari combinazioni
di immagini a schema astratto; sia l’immagine fotografica ottenuta mediante tale procedimento. Dopo aver fissato una sagoma
forata ad un tessuto a trama rada ben steso
su un telaio, quest’ultimo viene posto sulla
superficie che deve ricevere l’impressione e
lo si inchiostra. L’inchiostro filtra attraverso il tessuto nelle aree in corrispondenza dei
fori della sagoma negativa, producendo sulla superficie un’immagine positiva. Gli artigiani asiatici usano sagome fatte a mano e
tessuti di seta. Per serigrafare immagini fotografiche è possibile usare un tessuto sintetico o una rete metallica, mentre le sagome si ottengono trasferendo diapositive ad
altro contrasto su uno speciale materiale per
riproduzione fotomeccanica, la cui emulsione gelatinosa diventa insolubile quando viene investita dalla luce. Tale procedimento
permette di riprodurre immagini su qualsiasi superficie e di colorarle come si preferisce, a seconda degli inchiostri di cui si dispone.
Fotoservizio
→ Servizio fotografico.
Fotostatica
Tipo di → fotocopia, ottenuta ponendo
l’emulsione a contatto con l’originale da riprodurre e illuminandolo attraverso il dorso
341
strumenti
di una particolare carta sensibile; dopo lo
sviluppo, si ottiene un negativo, dal quale,
col medesimo procedimento, si ricavano le
copie.
Fotostereografo
Apparecchio a visione binoculare, utilizzato
per ricostruire riprese → fotogrammetriche.
Fototeca
Luogo adibito alla raccolta e alla conservazione di → fotografie.
Fototegìa
Fototopografia
Applicazione della → fotogrammetria alla
topografia (la tecnica di rappresentazione
grafica dei luoghi), utilizzata per effettuare
rilievi di grandi superfici.
Fotozincografia
Procedimento di riproduzione → fotomeccanica originariamente attribuito alle matrici litografiche su zinco, quindi divenuto sinonimo di → fotolitografia.
Fotozincotipìa
Procedimento fotografico consistente nell’ottenere un’immagine → positiva diretta
per tintura della gelatina che rimane sul →
supporto, dopo l’eliminazione dell’immagine → negativa e la distruzione della gelatina nei punti corrispondenti per mezzo di
acqua ossigenata.
Procedimento di riproduzione → fotomeccanica che permette di ottenere una matrice
in rilievo, ovvero un → cliché inciso su zinco.
Fototelegrafia
Free-lance
→ Telefotografia.
Fototintura
Procedimento per impressionare su stoffa
un’immagine inalterabile.
Fratelli Alinari Istituto di
Edizioni Artistiche (I.D.E.A.)
→ Alinari, Società Fratelli.
Espressione inglese, di accezione comune,
utilizzata per indicare un → fotografo professionista indipendente da → agenzie e da
testate giornalistiche.
Fototipia (detta anche fotocollotipia o eliotipia)
FSA
Tecnica sperimentata nel 1855 e perfezionata verso la fine degli anni Sessanta dell’Ottocento, attraverso → un’emulsione di
gelatina e bicromato di potassio, che rivela
la proprietà d’indurirsi nelle zone colpite
dalla luce restando permeabile all’acqua
nelle altre parti. Per l’impressione della
matrice vengono adoperate → lastre o →
pellicole trasparenti negative: l’inchiostro
grasso disteso sulla matrice aderisce, a sua
volta, solamente nelle zone asciutte; per poi
trasferirsi sulla carta sovrapposta, pressata
con un rullo o un torchio litografico.
F/64
Fototipista
Autore di matrici nel procedimento di →
fototipia.
Fototipografia
→ Fotoincisione.
342
Sigla della → Farm Security Administration.
Movimento fotografico nato nel 1932 in
California, su iniziativa, tra gli altri, di Ansel Adams, Edward Weston, Willard van
Dyke, sciolto nel 1935. Prende il nome dalla minima apertura del → diaframma, che
permette di ottenere la massima nitidezza
dell’immagine. Si oppone al pittorialismo
fotografico per una presentazione il più possibile realistica del soggetto, senza alcuna
manipolazione.
Fucile fotografico
Accessorio per la → macchina fotografica, consistente in un supporto a spalla che
consente di usare a mano libera ottiche fino
a 500 mm. È dotato di una speciale impugnatura a pistola con meccanismo a molla,
che facilita la messa a → fuoco. L’applica-
glossario
zione di un → winder, consente di scattare
senza mai distogliere l’occhio dal → mirino.
Fulmicotone (detto anche
cotone fulminante, nitrato di
cellulosa o nitrocellulosa)
Esplosivo ottenuto dal trattamento della cellulosa con acido nitrico concentrato. La sua
scoperta, nel 1846, da parte dal chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein (17991868), incentiva una serie di ricerche che
sfociano nella sperimentazione del → collodio.
Fuoco fisso
Caratteristica delle → macchine fotografiche economiche, i cui → obiettivi, privi di
regolazione di messa a → fuoco, essendo
costruiti sulla distanza → iperfocale, riproducono accettabilmente tutti i soggetti compresi tra → l’infinito e i 2 m circa.
Fuoco (messa a)
Operazione consistente nel regolare →
l’obiettivo della macchina fotografica in
base alla distanza dell’oggetto della → ripresa, per far sì che i suoi contorni risultino
nitidi.
G
abinetto Fotografico
Nazionale
Istituito a Roma nel 1892 da Giovanni Gargiolli — suo fondatore e primo direttore —
come laboratorio fotografico del Ministero
dell’Istruzione Pubblica (nel 1979 inglobato nell’Istituto Centrale per il Catalogo e la
Documentazione), negli anni si arricchisce,
per acquisto o per donazione, di strumentazioni fotografiche, materiale negativo e positivo, collezioni prestigiose.
Galileiano (sistema di traguardazione)
Sistema di traguardazione non → reflex,
consistente in un piccolo oculare, in genere
dotato di un semplice sistema di lenti, che
dà un’immagine approssimativamente simile a quella che verrà registrata sulla → pellicola.
Gelatina
Sostanza colloidale in cui sono dispersi gli
→ alogenuri, stesa in strati sottilissimi sulla
→ pellicola o sulla → carta fotosensibile.
Viene impiegata anche nella fabbricazione
di → filtri, grigi o colorati.
Futurismo
Gelatina-bromuro (procedimento alla)
Fondato da Filippo Tommaso Marinetti
come movimento poetico d’avanguardia —
di rottura, cioè, rispetto alla precedente tradizione culturale — si sviluppa come movimento artistico in seguito alla sottoscrizione del Manifesto dei pittori futuristi, nel
1910. In pittura e in scultura, ma anche in
alcune rappresentazioni teatrali e cinematografiche, i Futuristi contrastano polemicamente il «passatismo» della borghesia
benpensante: enfatizzano il gesto e la parola, mitizzano tutti i simboli della modernità
e del progresso tecnologico (la città, l’industria, la velocità, le macchine ecc.), teorizzano e raffigurano uno «spazio dinamico»
in costante divenire.
Metodo pratico, basato sull’uso di → lastre
trattate con → gelatina al bromuro d’argento; che, sostituendo la gelatina al → collodio, permette l’impiego di lastre secche, esposto da Richard Leach Maddox sul «British
Journal of Photography» dell’8 settembre
1871. Maddox forma il bromuro d’argento
in presenza di gelatina; l’emulsione contiene
un eccesso di argento ed una piccola quantità di acqua ragia: senza bisogno d’altro, la
stende sulla lastra e la lascia essiccare. Tale
procedimento offre concretamente una durata pressoché illimitata al materiale impressionabile, una → sensibilità dal doppio a dieci
volte quella del collodio umido, una → rapidità di posa di circa cinque secondi in perfet343
strumenti
te condizioni tecniche e di luce. Ma l’invenzione di Maddox appare tanto più rilevante
se si pensa che, senza le lastre secche, la →
pellicola in rullo — indispensabile sia per la
tecnica fotografica moderna, sia per la tecnica cinematografica — non sarebbe stata neppure ipotizzabile. La fabbricazione industriale
di lastre alla g.b. — in seguito ai perfezionamenti apportati da numerosi ricercatori —
viene iniziata in Inghilterra dalla Liverpool
Dry Plate Company nel 1874, mentre nel resto d’Europa si diffonderà dopo il 1877.
Gelatine
Tutti i materiali a base di → gelatina, applicati
davanti → all’obiettivo della macchina fotografica o davanti alle → lampade, utilizzati per
modificare la resa cromatica delle immagini.
Genere
Categoria sistematica adoperata dalla riflessione critica per distinguere e classificare le
opere fotografiche, in rapporto alle tipologie formali e contenutistiche codificate dalla tradizione in ambito letterario prima e in
ambito cinematografico poi.
Gigantografia
→ Stampa fotografica ingrandita oltre i 50
x 65 cm.
Glamour
Termine inglese, di accezione comune, utilizzato per indicare un → genere fotografico malizioso — a soggetto erotico, piccante, ma non osceno — molto in voga negli
anni Cinquanta del Novecento.
Gomma bicromata
Procedimento di → stampa del positivo.
L’emulsione fotosensibile — consistente in
una miscela a base di gomma arabica, bicromato di potassio e acqua — reagisce alla luce
diversamente dall’argento: invece di annerirsi, indurisce in proporzione alla quantità di
luce che vi incide. L’emulsione viene stesa
sulla carta per la stampa; variando lo spessore dello strato e la quantità di luce che lo col344
pisce durante la stampa, è possibile ottenere
diverse «atmosfere»: uno strato spesso conferisce un effetto granuloso, particolarmente
adatto alla riproduzione di grandi superfici
in chiaroscuro; mentre uno strato sottile crea
una grana più fine ed una migliore definizione dei particolari. Per le stampe policrome è
necessario preparare un’emulsione per ogni
colore: dopo ogni esposizione, la foto viene
lavata e asciugata; soltanto in seguito si procede allo strato successivo. Le immagini alla
g.b. possono essere stampate a contatto su
svariati supporti: carta, stoffa, plastica, legno,
acciaio inossidabile.
Gomma su platino
Procedimento di → stampa del positivo, ideato da Alvin Langdon Coburn. Fornisce immagini «a doppio strato», che presentano
una buona gradazione dei livelli tonali, con
squarci di luce brillanti ed ombre eteree. Una
prima stampa a contatto del → negativo su
carta trattata con → un’emulsione di platino, viene coperta con un nuovo strato semitrasparente a base di gomma arabica; usando lo stesso negativo, si stampa nuovamente l’immagine su quella già esistente. La colorazione viene, invece, conferita dai coloranti annegati nello strato di gomma.
Goodwin Film and Camera
Company
Ditta costituita sul finire dell’Ottocento da
Hannibal Williston Goodwin per fabbricare
la propria → pellicola fotografica flessibile
e trasparente, in nitrato di → celluloide.
Grana
Agglomeramento sulla → pellicola in granuli degli → alogenuri, esposti e sviluppati,
che formano l’immagine fotografica.
Grandangolàre (o grandàngolo)
Tipo di → obiettivo a corta distanza → focale, che permette di riprendere un → campo visuale particolarmente ampio.
glossario
Grandàngolo
→ Grandangolare.
Gruppo ottico
Due o più elementi o singole lenti incollate
tra loro all’interno di un → obiettivo.
H
asselblad
Celebre marchio di fotocamere → reflex monoculari, fondato da Victor H. (19081978). Fotografo svedese — il nonno è il primo importatore di Kodak in Svezia — perennemente insoddisfatto delle macchine che
utilizza, durante la seconda guerra mondiale
H. costruisce il primo apparecchio per l’aviazione del proprio Paese. Il 6 ottobre 1948, a
New York, presenta alla stampa la H. 1600F:
apparecchio rivoluzionario, dalla forma originalissima, la prima reflex medio formato
dotata di obiettivi e magazzini portapellicola
intercambiabili. Versatilità, maneggevolezza,
qualità, robustezza, bellezza e ottiche eccelse — prima gli statunitensi Kodak, quindi i
tedeschi Zeiss: capaci di incidere la pellicola
in maniera particolare — ne fanno presto un
mito tra appassionati e professionisti. Nel
1954 nasce la H. Superwide: fotocamera
compatta costruita attorno ad un obiettivo
Zeiss, che, coprendo un angolo superiore ai
90°, annulla la distorsione delle linee. Nel
1957 nasce la H. 500C dotata di otturatore
centrale, che rappresenta una straordinaria
innovazione. Anche la NASA adotta la H. ed
una 500EL viene adoperata dall’astronauta
Neil Armstrong per riprendere il collega Edwin E. «Buzz» Aldrin Jr., che, nel 1969, muove i primi passi sulla Luna. Negli anni Settanta la H., sbaragliando la concorrenza, arriva a produrre 20.000 apparecchi l’anno. La
società cambia più volte proprietà dopo la
scomparsa del fondatore e, nel 1996, passa
alla banca svizzera Sbs.
High-key
Espressione inglese, di accezione comune,
utilizzata per indicare una tecnica di → stam-
pa fotografica — spesso collegata alla →
ripresa e allo → sviluppo — in cui prevalgono i valori tonali chiari.
Hillotipo
→ Dagherrotipo a colori messo a punto nel
1850, grazie ad una combinazione accidentale di sostanze chimiche, dal pastore battista statunitense Levi L. Hill. Dal 1851 gli h.
vengono realizzati anche da Niépce de Saint-Victor, ma si possono ammirare per pochissimo tempo, poiché, non essendo fissati, i «colori naturali» sbiadiscono appena le
immagini vengono esposte alla luce.
Home-Video
Espressione inglese, di accezione comune,
utilizzata per indicare il sistema d’intrattenimento casalingo, diffuso a partire dagli
anni Ottanta, consistente nella vendita e nel
noleggio di film in → VHS. L’impianto H.V. prevede il collegamento tra un televisore
ed un videoregistratore, attraverso il quale è
possibile riprodurre sullo schermo elettronico dell’apparecchio televisivo le immagini incise su → nastro magnetico.
I
.D.E.A.
Sigla dell’Istituto di Edizioni Artistiche
Fratelli → Alinari.
Identikit
Sistema di identificazione personale utilizzato dalla polizia nella ricerca dei responsabili di reati, consistente nella realizzazione di una sintesi figurata dei tratti somatici
desunta dalle informazioni rese dai testimoni
oculari dei fatti.
Illuminazione
La diffusione di sorgenti luminose artificiali, o naturali e artificiali assieme, finalizzata ad effettuare → riprese fotografiche. I.
frontale la sorgente luminosa è posta accanto all’apparecchio e leggermente spostata a
sinistra; conferisce un’illuminazione diretta, uniforme e piatta, che crea impercettibili
345
strumenti
zone d’ombra. I. dal basso orientata verso
l’alto, la luce crea ombre innaturali; può essere utilizzata per creare espressioni sinistre
ed un senso di mistero. I. dall’alto la sorgente luminosa, posta quasi verticalmente
rispetto al soggetto, crea ombre scure, molti contrasti e, nei ritratti, non illumina gli
occhi. I. laterale (o a lama di coltello) è il
tipo di i. più naturale, fornita dalla sorgente
luminosa principale orientata verso il soggetto con un angolo di 45°. Viene largamente
impiegata per evidenziare l’incarnato di un
viso o la trama di un tessuto. È la classica
luce dei ritratti, perché, tagliando nettamente
in due il viso del soggetto, gli conferisce una
profondità tridimensionale. I. latero-posteriore la sorgente luminosa, collocata affianco e leggermente dietro il soggetto, crea effetti di grande drammaticità. Retroilluminando completamente il soggetto, si ottiene
un controluce.
Illuminotecnica
Il complesso delle regole e dei principi seguiti dal → fotografo nel predisporre → l’illuminazione più adatta al tipo di riprese da
effettuare su un → set.
Imbibente (o emolliente, in
inglese wetting agent)
Liquido che, avendo la prerogativa di ridurre la tensione superficiale delle soluzioni
acquose, facilita il contatto tra la → pellicola o la → carta con i bagni di → sviluppo.
Aggiunto all’acqua del → lavaggio finale,
evita la formazione di gocce che lascerebbero sull’emulsione macchie indelebili.
Immagine latente
L’immagine invisibile creata sulla → pellicola dall’esposizione, che diventerà visibile, attraverso l’azione del → rivelatore, solamente dopo il processo di → sviluppo.
Infinito ( )
In ambito fotografico viene inteso come sinonimo di grande distanza: oltre 20 m per
346
un → obiettivo grandangolare, oltre 50 m
per un obiettivo normale, oltre 100 m per
un teleobiettivo.
Infrarosso (fotografia all’)
Fotografia ottenuta con una → pellicola dotata di emulsione sensibile alle radiazioni
infrarosse. La pellicola in bianco e nero impiegata con un filtro infrarosso permette di
penetrare la foschia e dà toni particolari,
mentre quella a colori dà toni falsati.
Ingrandimento
→ Stampa di una copia → positiva dalle dimensioni maggiori rispetto a quelle del →
negativo da cui è tratta. I. a lapis finto ritratto fotografico rifatto a matita, assai diffuso
tra Otto e Novecento, quando l’i. fotografico non è tecnicamente possibile, in quanto
da una → lastra si può stampare soltanto una
immagine della stessa grandezza. Questi i.,
che occupano un certo numero di pittori di
modesto valore, restano in uso anche dopo
la messa a punto degli → ingranditori fotografici: un intervento a mano di un «artista»
ha, infatti, per il committente, un valore indubbiamente superiore di un i. «meccanizzato».
Ingranditore
Apparecchio che consente di ingrandire
immagini → negative e → diapositive.
Montato verticalmente su una colonnina
portante, opera come un → proiettore dia:
la luce irradiata da una lampada incorporata attraversa il negativo e, mediante la
messa a → fuoco di un → obiettivo, proietta l’immagine sulla → carta disposta sul
suo piano d’appoggio; è la distanza tra
l’obiettivo e il piano di proiezione a determinare le dimensioni dell’immagine ingrandita. I comandi di un i. sono estremamente semplici: la distanza dell’obiettivo
dalla carta fotosensibile dipende dallo spostamento verso l’alto o verso il basso, lungo la colonnina verticale che lo sostiene,
dell’intero corpo dell’apparecchio. Le ot-
glossario
tiche in dotazione agli i. — al pari di quelle delle fotocamere — hanno un diaframma, da cui dipende la regolazione dell’intensità della luce sulla carta. Alcuni i. adottano il sistema a luce diffusa tra la lampada e il negativo è posta una piccola lastra
di vetro opalino, che ha la funzione di distribuire uniformemente la luce. È inevitabile, tuttavia, la perdita di parte della luce
irradiata: i raggi luminosi che la compongono, infatti, diffusi senza un particolare
orientamento, possono anche non raggiungere l’obiettivo. La maggior parte degli i.
— costruiti in funzione delle pellicole in
rullo di piccolo formato — adotta il sistema a condensatore, attraverso il quale la
luce viene distribuita sul negativo in maniera altrettanto uniforme, ma meglio
orientata: tra la sorgente luminosa e il negativo sono poste due lenti convesse, che
concentrano i raggi luminosi facendo sì che
attraversino direttamente il negativo; gran
parte della luce riesce, così, a raggiungere
l’obiettivo, offrendo un’estrema definizione dei dettagli. L’i. riveste un ruolo di primaria importanza nel procedimento fotografico: l’ingrandimento rende infatti possibile il largo impiego di fotocamere che
adoperano pellicole di dimensioni contenute e, quindi, più economiche (come il
piccolo formato). L’ingrandimento permette, inoltre, di intervenire «esteticamente»
sulle immagini: dare esposizioni diverse a
diverse zone della stampa, variarne la prospettiva, creare distorsioni nell’immagine
e così via.
Innesto
Sistema — a vite (con → filettatura) o a
baionetta — per collegare il → corpo macchina e → l’obiettivo in apparecchi dotati
di obiettivo intercambiabile.
Instamatic
Denominazione commerciale utilizzata per
indicare sia la → pellicola confezionata in
→ cartucce di plastica, introdotta sul mercato dalla Kodak nel 1960, sia le → macchine fotografiche che l’adottano.
International Standard Organization
→ ISO.
Internegativo
→ Negativo a colori che riproduce una →
diapositiva in maniera da poterla stampare
su → carta.
Inversione
Procedimento che permette di ottenere
un’immagine → positiva direttamente dalla
→ pellicola impiegata per la → ripresa, normalmente applicato alle pellicole → invertibili; ma possibile, per il → bianco e nero,
anche con le normali pellicole → negative.
Invertibile
Tipo di → pellicola che, tramite procedimento di → inversione, fornisce direttamente una → diapositiva in bianco e nero o a
colori. Le pellicole i. a colori hanno una →
latitudine di posa assai ridotta: richiedono,
quindi, un’esposizione precisa e non rendono correttamente soggetti ad altro contrasto.
Ioduro d’argento
→ Alogenuri.
Iperfocale
La distanza tra il piano pellicola di quel piano i cui punti risultano ancora a fuoco, per
effetto della → profondità di campo, quando → l’obiettivo è a → fuoco → sull’infinito. Gli apparecchi a → fuoco fisso hanno
l’obiettivo regolato sulla i. Mettendo a fuoco alla distanza i., l’immagine risulta accettabilmente nitida dalla metà di essa → all’infinito.
ISO (International Standard
Organization)
Standard internazionale che raggruppa le
scale di fotosensibilità delle pellicole espresse in → ASA e in → DIN.
347
strumenti
Istantanea
Kelvin (K)
Definizione utilizzata per indicare sia una
→ foto scattata di sorpresa, cogliendo il soggetto in atteggiamenti spontanei e naturali;
sia una foto scattata con un tempo → rapido, che blocca i movimenti del soggetto ripreso.
Unità di misura, espressa in gradi, della scala
di similitudine impiegata per misurare la →
temperatura colore delle sorgenti luminose.
Istantanei (sviluppo e stampa)
Trattamenti ultrarapidi del sistema → Polaroid.
Istituto di Edizioni Artistiche
Fratelli Alinari (I.D.E.A.)
→ Alinari, Società Fratelli.
I-Zone
→ Polaroid commercializzata nel 1999, ultracompatta, sottilissima e dai colori vivaci
— ne esistono anche versioni per bambini
con la fattezze del coniglio Bugs Bunny o
del canarino Titti — ideale per prendere
«appunti visivi» e ispirata alla filosofia «live
the moment» (esasperazione del motto oraziano «carpe diem»). Funziona, infatti, con minipellicole che danno microfotografie di pochi centimetri quadrati (3,5 x 2,4). Carica pellicole da 12 pose e a colori, che possono essere adesive e diventare stickers personalizzati.
K
→ Kelvin.
Kallitype (o procedimento
Van Dyke)
Procedimento fotografico consistente in una
variante della → cianotipia, messo a punto
intorno al 1899, basato sulla riduzione dei
sali ferrici di acidi organici in sali ferrosi in
presenza di nitrati d’argento. La carta sensibilizzata mediante sali d’argento e sali ferrici produce per contatto un’immagine color bruno, fissata in una soluzione alcalina
di tiosolfato di sodio.
348
Kodachrome
→ Pellicola invertibile a colori lanciata sul
mercato dalla Kodak nel 1935 nel → formato per il cinema amatoriale e, l’anno seguente, commercializzata in caricatori da 35
mm per apparecchi fotografici.
Kodacolor
→ Pellicola negativa a colori, messa a punto dalla Kodak a metà degli anni Trenta.
Kodak N. 1
Prima → macchina fotografica lanciata sul
mercato da George W. Eastman, nel giugno
del 1888, con lo slogan You press the button, we do the rest! (Premete il bottone, facciamo noi il resto!), ricavato da una combinazione arbitraria di lettere vagamente ispirata al nome della madre. Si tratta di un apparecchio a cassetta lungo meno di 17 cm e
largo 10, il primo a non aver bisogno di un
→ cavalletto e che, invece della carta, adopera → celluloide in rullo; dà fotografie di
forma circolare, poiché, per sfruttare tutta
l’immagine proiettata → dall’obiettivo, è
privo di una maschera rettangolare per delimitare il → formato; si vende già carico della
pellicola sufficiente per cento → pose, al
costo di 25 dollari, incluse pellicola, tracolla e custodia in pelle, → sviluppo e stampa
del primo rullo. Dopo aver scattato cento
foto, l’utente spedisce l’apparecchio così
com’è, senza aprirlo, alla Eastman di Rochester, dove si provvede allo sviluppo e alla
stampa di tutti i negativi della clientela. Per
la restituzione delle stampe e dell’apparecchio regolarmente ricaricato basta accludere alla spedizione dieci dollari, che coprono
anche le spese per lo sviluppo e la stampa
del nuovo rullo.
glossario
L
aboratorio di sviluppo e
stampa
Laboratorio specializzato, nel quale viene
effettuato il procedimento tecnico di → sviluppo e di → stampa delle immagini impressionate sulla → pellicola fotografica.
Lampade
Sorgenti luminose artificiali, di vario tipo e
di varia potenza, adoperate per illuminare il
soggetto della → ripresa fotografica. L. lampo l. elettriche la cui ampolla, piena di ossigeno, contiene anche un sottile foglio di alluminio che all’accensione, prodotta da un
innesco attivato da una batteria, genera una
luce particolarmente intensa.
Lampeggiatore elettronico
→ Flash.
Lampo
Sorgente luminosa artificiale di brevissima
durata, com’è quella del → flash, impiegata
in caso di luce naturale insufficiente alla →
ripresa fotografica. L. al magnesio primo
esemplare di l., cui si comincia a ricorrere
intorno al 1850, quando si scopre che la
combustione di fili di magnesio produce una
luce molto viva, simile a quella del Sole. Il
denso fumo bianco prodotto dal magnesio
costringe, però, i fotografi a scappare all’aria
aperta, mezzo asfissiati, dopo un paio di scatti. L. riflesso (o indiretto) tecnica di illuminazione del soggetto, consistente nel variare la direzione del l.
Lanterna magica
Apparecchio ottico per la proiezione di immagini fisse, diffuso in tutta Europa a partire dal Cinquecento. In una piccola scatola,
fornita di obiettivo, sono sistemati uno specchio concavo, una serie di lenti, una lastra
di vetro dipinta con immagini dai colori trasparenti ed una fonte di luce costituita da
una candela o da una lampada a olio. I raggi
luminosi sono raccolti dallo specchio, riflessi sulle lenti e concentrati sulla lastra di ve-
tro. Le immagini dipinte sono catturate dall’obiettivo, che le ingrandisce e le proietta
sulla parete bianca di una stanza buia. Diretta discendente della → camera oscura, la
l.m. viene descritta per la prima volta da
Athanasius Kircher nel 1646.
Lanternisti
Addetti al funzionamento della → lanterna
magica e degli apparecchi ottici da essa derivati.
Laser
Acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, ovvero amplificazione di luce mediante emissione stimolata della radiazione. Tecnica sviluppata nel
1960, che permette di ottenere fasci molto
intensi di luce, a differenza della luce ordinaria, monocromatica (tutta di una stessa
lunghezza d’onda) e coerente (i fotoni — o
le onde — risultano tutti in fase nello stesso
istante).
Lastra
Sia il materiale fotosensibile con → supporto
in vetro e, per estensione, il → negativo da
esso ricavato; sia, in gergo tecnico, la pellicola → piana di grande → formato.
Latitudine di posa
Capacità di una → pellicola nel tollerare
errori di → esposizione.
Lavaggio
Immersione della → pellicola o della →
carta in acqua corrente, successiva ad ogni
→ bagno. Il l. finale serve a eliminare →
dall’emulsione ogni residuo di sostanza
chimica, in particolare il → tiosolfato di
sodio.
LED (Light Emitting Diode)
Serie di diodi emettitori di luce, usati per
l’indicazione digitale di grandezze o per segnali di vario tipo.
Leica
Abbreviazione di Leitz Camera, → macchina fotografica messa a punto da Oskar Bar349
strumenti
nack — direttore della sezione sperimentale della fabbrica di strumenti ottici Ernst
Leitz a Wetzlar, nella Germania Occidentale — brevettata nel maggio del 1914 e commercializzata nel 1924. A differenza della
→ Kodak a cassetta, macchina per → istantanee senza pretese, la L. — che è in grado
di realizzare 36 → pose, impiega un rullo di
→ pellicola da 35 mm con → fotogrammi
da 24 x 36 mm, un → otturatore a tendina
con tempi molto brevi ed un → obiettivo di
eccellente qualità — diventa lo strumento
preferito dai → fotoreporter e da un numero sempre crescente di appassionati. Piccola e semplice, trasportabile dappertutto e di
facilissima utilizzazione, diventa presto il
modello ispiratore di tutti i moderni apparecchi portatili. Al primo esemplare fanno
seguito, nel 1930, la Leica C, dotata di obiettivi intercambiabili e, nel 1932, la Leica II
con → telemetro incorporato.
Lente addizionale
Lente convergente che, posta davanti → all’obiettivo, consente la messa a → fuoco
di soggetti a distanza ravvicinata. Quando
l’obiettivo è regolato → sull’infinito, risultano a fuoco oggetti posti ad una distanza
uguale alla lunghezza focale della lente
stessa.
Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation
→ Laser.
Light Emitting Diode
→ LED.
Lith, pellicola (o pellicola
fotomeccanica)
Materiale per riproduzioni fotografiche ad
alto contrasto (fabbricato, con marchi diversi, da alcune case, come: Kodalith, Gevalith,
Gaf P - 407), usato soprattutto per la stampa
in offset. Tra le sue caratteristiche, l’eliminazione di tutti i grigi intermedi: la riproduzio350
ne risulta, quindi, una → diapositiva che presenta i soli toni bianchi e neri. Poiché rende i
toni chiari col nero assoluto e quelli scuri col
bianco, la pellicola l. rende invisibili le ombrature e le sbavature in una pagina di composizione tipografica da riprodurre per ricavarne una matrice da stampa. Questa stessa
caratteristica consente al fotografo che si dedica alla grafica di trasformare una normale
immagine fotografica a gradazione continua
in un motivo di neri e bianchi. Variando il
tempo di posa per la riproduzione, si possono inoltre realizzare immagini con proporzioni differenti di bianco e di nero, sino ad
ottenere una silhouette nera appena punteggiata qua e là dalle luci più forti. Poiché la
pellicola l. dà riproduzioni in bianco e nero
assolutamente trasparenti, in fase di stampa se
ne possono sovrapporre diverse per ottenere
una vasta gamma di effetti. Il materiale si presta, inoltre, a vari metodi di stampa a colori,
tra cui l’impressione mediante sagome forate
nel procedimento della → serigrafia.
Little Galleries of the Photo-Secession
→ 291.
Low-key
Espressione inglese, di accezione comune,
utilizzata per indicare una tecnica di → stampa fotografica — spesso collegata alla →
ripresa e allo → sviluppo — in cui prevalgono i valori tonali scuri.
Luce della ribalta
Tra i primi sistemi di → illuminazione artificiale — utilizzata, nei teatri ottocenteschi,
per illuminare il palcoscenico — consistente in un getto di ossigeno e idrogeno che
proietta una fiamma su un disco di calce,
portandolo all’incandescenza.
Luce di sicurezza
Lampada speciale, dotata di filtri, che emette
una debole luce colorata. Impiegata per illuminare la → camera oscura e il → bromogra-
glossario
fo, consente di vedere il materiale fotosensibile senza comprometterne → l’emulsione.
Luce incidente
Luce che illumina il soggetto di una → ripresa fotografica.
L.U.C.E., Istituto Cinematografico Italiano (L’Unione
Cinematografica Educativa)
Istituito nel 1924 sulle basi del Sindacato
Istruzione Cinematografica come L.U.C.E.,
nel 1925 si trasforma in Istituto Nazionale
L.U.C.E. e, nel 1937, trova la sua sede definitiva in una nuova costruzione nei pressi
di Cinecittà e del Centro Sperimentale. Nato
come Ente parastatale, successivamente si
trasforma in Ente dello Stato.
Luce parassita
Espressione utilizzata per indicare una o più
macchie chiare prodotte su un’immagine
fotografica dai riflessi di luce sulla superficie esterna → dell’obiettivo, tra le sue lenti
interne e sulle superfici metalliche all’interno dell’apparecchio. La formazione di l.p.
può essere evitata astenendosi dallo scattare foto in direzione del Sole o di sorgenti
luminose artificiali. Queste, però, producono l.p. anche quando vengono a trovarsi fuori dal campo di → ripresa, poiché la superficie dell’obiettivo devia i raggi obliqui verso la parte interna della macchina fotografica. Quanto più il → diaframma è aperto,
quindi, maggiore è l’eventualità che si verifichi tale inconveniente. Si rende allora indispensabile fare uso del → paraluce o di
→ diaframmi chiusi il più possibile; oppure
mascherare la fonte luminosa con l’oggetto
stesso della ripresa, facendo sì che quest’ultimo venga a trovarsi tra l’obiettivo e la luce.
Luce riflessa
Quella parte della → luce incidente su un
soggetto, che, non essendo assorbita ma riflessa da quest’ultimo, va ad impressionare
la → pellicola.
Luminosità (o apertura relativa)
Sia la quantità di luce emessa o riflessa da
un soggetto o da una superficie; sia la quantità di luce che passa attraverso → l’obiettivo, in relazione alla sua → focale.
M
acchina fotografica
(detta anche fotocamera o apparecchio fotografico)
Apparecchio ottico-meccanico per la ripresa di immagini su → pellicola fotosensibile. Suoi componenti essenziali sono il corpo macchina e l’obiettivo. Il corpo macchina contiene tutti i dispositivi ottico-meccanici — che consentono il controllo dell’immagine e dei suoi parametri — ed elettronici, che consentono la gestione dell’apparecchio da parte dell’operatore: l’oculare di traguardazione o mirino, il pentaprisma, l’otturatore a tendina o a lamelle metalliche, il
circuito elettronico esposimetrico. L’oculare di traguardazione (o mirino), consente
l’inquadramento dell’immagine. Il pentaprisma consente di riflettere al mirino l’immagine così come viene catturata dalle lenti
dell’obiettivo. L’otturatore a tendina o a
lamelle metalliche, comandato dal pulsante
di scatto, può essere a scorrimento orizzontale o verticale. La velocità di lavoro dell’otturatore — che, normalmente, non supera il duemillesimo di secondo — può raggiungere un ottantesimo di secondo nei
modelli a scorrimento verticale con lamelle
al titanio. L’otturatore è detto centrale nei
modelli in cui viene costruito all’interno
dell’obiettivo. Il circuito elettronico esposimetrico consente con vari sistemi di ottimizzare il rapporto tra la quantità di luce in
arrivo dall’obiettivo, la sensibilità della pellicola adoperata e la velocità di lavoro dell’otturatore (ovvero, l’intervallo di tempo in
cui la luce colpisce l’emulsione fotosensi351
strumenti
bile stesa sul supporto plastico della pellicola). Il corpo macchina monta, inoltre, tutti i dispositivi meccanici che consentono la
gestione del lavoro fotografico: la leva per
l’avanzamento della pellicola; la manovella per il riavvolgimento della pellicola; il
controllo del comando della profondità di
campo (lo spazio metrico in cui tutti gli oggetti osservati attraverso il mirino risultano
a fuoco), importante in particolari condizioni
di luce, con tempi di esposizione molto veloci o con grandi aperture del diaframma (il
foro, ad apertura regolabile, che lascia passare la luce attraverso le lenti dell’obiettivo). Negli apparecchi moderni questi dispositivi sono automatizzati e comandati da un
micromotore alimentato, come l’intero sistema elettronico della macchina, da batterie a lunga durata, oppure — è il caso dell’avanzamento della pellicola — dal → winder, un motore ausiliario che permette di
scattare in sequenza più fotografie. Il corpo
macchina porta anche una slitta (o contatto
caldo) per l’inserimento del flash — anch’esso elettronico e, spesso, orientabile —
collocata, in genere, sulla parte superiore
dell’apparecchio. L’obiettivo è un sistema
ottico convergente composto da una o più
lenti concentriche (obiettivo diottrico) o da
lenti e specchi (obiettivo catadiottrico),
montate in un contenitore cilindrico dotato
di ghiere per la messa a → fuoco e per l’apertura del diaframma, in grado di trasferire
sulla superficie della pellicola l’immagine
nitida ed uniforme del soggetto inquadrato.
Gli obiettivi sono caratterizzati dalla lunghezza focale — la capacità dell’obiettivo,
misurata in millimetri, di catturare la porzione di spazio da far rientrare nel fotogramma — dalla quale dipende l’angolo di campo; e dall’apertura relativa (o luminosità)
— cioè dalla quantità di luce che lasciano
passare — determinata dal rapporto tra la
lunghezza focale e il diametro dell’apertura
352
attraverso cui passano i raggi luminosi. Gli
obiettivi — intercambiabili tanto nelle macchine → reflex (il tipo di apparecchio più
diffuso, per uso sia amatoriale sia professionale) quanto nelle macchine da studio —
in alcuni casi vengono alloggiati su torrette
girevoli montate sul corpo macchina per
permettere un rapido cambiamento di lunghezza focale. In base a quest’ultima, gli
obiettivi si suddividono in normali, → grandangolari e → teleobiettivi.
Macro (obiettivi)
Speciali → obiettivi per riprese a distanza
ravvicinata.
Macrofotografia
Sia la tecnica fotografica a distanza ravvicinata, con rapporto di riproduzione compreso
tra 1:1 e 10:1, sia l’immagine fotografica ottenuta mediante tale procedimento.
Magazzino
→ Caricatore per dia.
Magicube
Tipo di → flash, composto da un gruppo di
quattro → lampade lampo, la cui accensione — a differenza del → Cuboflash — viene innescata automaticamente, senza l’impiego di batterie.
Magnum Photos
Agenzia fotografica autonoma, organizzata come una cooperativa di cui tutti i fotografi sono allo stesso tempo soci e proprietari, fondata a Parigi nell’aprile del 1947
da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson,
George Rodger, William Vandivert e David «Chim» Seymour. Nel 1948 il gruppo
apre a New York una seconda sede, alla
quale si affiliano altri celebri → free-lance. In inglese «Magnum» indica una grossa bottiglia, il cui contenuto corrisponde a
due «bottles of spirit»: nella scelta del nome
è determinante il doppio senso della parola «spirit», che allude alla varietà di ingegni di cui si compone il gruppo. Scopo di-
glossario
chiarato è liberare il fotografo dai condizionamenti culturali e politici imposti dagli editori, facilitare i rapporti lavorativi
con i periodici e suddividere i servizi in
base ai rispettivi interessi personali. La
macchina fotografica viene impugnata
come un’arma per testimoniare ed esplorare le vicende internazionali, dalla guerra
di Spagna alla seconda guerra mondiale. I
fotografi della M. sono accomunati dal mito
del realismo, espresso attraverso l’istantaneità. Cartier-Bresson, in particolare, riconosce al fotografo la capacità di cogliere
— nella frazione di secondo che coincide
con lo scatto di un’istantanea — il «significato di un fatto» sintetizzandolo sotto forma di informazioni visive istantanee ma
complete, approfondite e ben articolate.
Mammut
Macchina fotografica dalle dimensioni gigantesche, costruita nel 1900 a Chicago su
ordinazione di una compagnia ferroviaria
che desidera la riproduzione fotografica —
perfettamente dettagliata e in un’unica immagine — di un nuovo treno rapido di lusso. Pesa circa 650 chili se caricato con la
sua → lastra di vetro (che, da sola, ne pesa
225) e viene manovrato da una squadra di
quindici uomini, mentre per lo → sviluppo
e la → stampa di una fotografia nel → formato da 1,35 x 2,40 m sono necessari circa
40 litri di soluzioni chimiche.
Manifesto
Foglio di dimensioni variabili, da affiggere
in luoghi pubblici, recante un’elaborazione
grafica, fotografica o pittorica di una o più
immagini.
Marginatore
Accessorio da → camera oscura che permette di mettere in posizione e trattenere i fogli
di → carta fotografica sul piano di → stampa dell’ingranditore, incorniciando le immagini in un bordo bianco.
Mascheratura
Tecnica che, in fase di → stampa, permette
di esporre in modo differenziato la → carta
fotografica per compensare eventuali differenze di → densità presenti sul → negativo.
Offre il mezzo più efficace per adattare i
colori e le immagini al gusto del fotografo.
Questi, servendosi di cartoncini neri sagomati o, più semplicemente, delle proprie
mani, può far risaltare un elemento di particolare interesse e, nello stesso tempo, attenuare o rafforzare i colori.
Matrice
Esemplare originale, da cui è possibile ricavare copie.
Memory stick
Supporto dalle dimensioni di un chewing
gum — nato per immagazzinare dati (tra cui
file mp3 e immagini) — componente essenziale della Phd-A55, prima → cyberframe
lanciata dalla Sony nel 1999.
Mezzatinta
Sia la sfumatura intermedia di un colore; sia
la tecnica di riproduzione → fotomeccanica delle m. di una → fotografia, consistente
nell’impiegare una → lastra di vetro reticolata in maniera da suddividere l’immagine
in una miriade di punti: alcuni minuscoli,
altri di dimensioni maggiori. La prima riproduzione di m. mai apparsa su un giornale a larga diffusione — definitivamente adottata, dopo alcuni anni di esitazione, intorno
al 1910 — appare sul «Tribune» di New
York il 21 gennaio 1897 e raffigura il
newyorchese Thomas C. Platt, appena eletto senatore degli Stati Uniti.
Mezzi toni
Sfumature di grigio, comprese tra il bianco
puro e il nero puro.
Microcamera
→ Macchina fotografica compatta e automatizzata, dalle dimensioni ridotte.
353
strumenti
Microfilm
Sia il sistema di ripresa fotografica con forte rapporto di riduzione su → pellicola a →
grana finissima, utilizzato per lo più per l’archiviazione di riproduzioni miniaturizzate
di documenti di vario genere; sia la bobina
di pellicola contenente tale riproduzione. A
partire dal 1945 vi si ricorre largamente per
la raccolta, l’archiviazione dei documenti e
la loro successiva consultazione. L’impiego del m. offre una serie di vantaggi: celerità di duplicazione; facile protezione e conservazione della micro-copia di documenti
preziosi o riservati in piccoli locali blindati
(casseforti, cassette di sicurezza ecc.); conservazione del documento su pellicola per
un periodo certamente superiore all’originale cartaceo, data la deperibilità di carte e
inchiostri; agevole spostamento, specialmente in caso di sinistri e di richieste di consultazione; assoluta fedeltà di riproduzione;
possibilità di consultazione collettiva o simultanea, poiché, da un unico negativo, può
essere ricavato un numero infinito di positivi; prestito di documenti tra i più disparati
Istituti; risparmio di spazio; basso costo, sia
in bianco e nero sia a colori.
Microfilmatura
Procedimento per l’esecuzione di → microfilm.
Microfotografia
Sia il ramo della → fotografia scientifica
che, combinando il microscopio con → l’apparecchio fotografico, permette la registrazione dei movimenti di organismi altrimenti invisibili all’occhio umano; sia l’immagine fotografica ottenuta mediante tale procedimento.
le un documento utilizzando un microscopio che gli permette di ridurre l’originale
in scala 1:60. I primi microformati di documenti risalgono invece al 1870, quando,
durante la guerra franco-tedesca, il collegamento tra Tours (dove si è ritirato il governo francese) e Parigi (assediata dal nemico) viene assicurato tramite piccioni
viaggiatori che trasportano messaggi microscopici, stilati su una superficie di un
millimetro quadrato. Un formato così ridotto consente di far trasportare a ciascun
piccione tremila, quattromila messaggi per
un peso complessivo inferiore ad un grammo. In occasione della prima e della seconda guerra mondiale, in particolare a partire
dal 1945, i vantaggi della miniaturizzazione dei documenti su → microfilm vengono ampiamente sfruttati dai servizi di spionaggio.
Mirino (o oculare di traguardazione)
Componente della → macchina fotografica.
Modulation Transfer Function
→ MTF.
Moltiplicatore di focale
Sistema ottico → afocale, che, inserito tra
→ corpo macchina e → obiettivo, ne aumenta la lunghezza → focale del doppio (duplicatore) o del triplo (triplicatore).
Mondo nuovo (o niovo)
Definizione italiana della → scatola ottica.
Monocroma
→ Monocromatica.
Micro-riproduzione
Monocromatica (o monocroma)
Riproduzione fotografica, in scala ridotta,
su → microfilm. La sua nascita risale al
1839, quando John Benjamin Dancer riesce a fissare su una superficie fotosensibi-
Immagine fotografica che presenta varie sfumature di un unico colore, ottenuta da →
pellicola a colori impiegando un → filtro
fortemente colorato oppure da → diapositi-
354
glossario
ve o → stampe in bianco e nero trattate in
maniera speciale.
Monopiede
Supporto costituito da un’unica gamba
estensibile a cannocchiale, dotato di una testata a snodo su cui è possibile fissare la →
macchina fotografica.
Monoreflex
Abbreviazione per → reflex monoculare.
Mordenzatura
Preparazione → dell’emulsione per la successiva applicazione di coloranti organici.
Mostra fotografica
Esposizione pubblica di → stampe fotografiche. La sua organizzazione comporta la
soluzione di una serie di problemi di progettazione, da risolvere preliminarmente con
schizzi e piantine. L’organizzatore predispone, prima di tutto, la posizione delle foto:
alcune principi fondamentali prescrivono di
alternare stampe verticali e orizzontali, stampe dai toni chiari e dai toni scuri, stampe
con immagini grandi e con immagini piccole, appendendole a varie altezze, corredandole di didascalie e, se necessario, di note
esplicative. La piantina o — per eventi di
un certo rilievo — il plastico in scala ridotta
dell’ambiente in cui ha luogo la m., rivestono un’importanza decisiva per stabilire la
collocazione delle foto. Piantina e plastico
possono essere rimaneggiate più volte, finché la struttura dell’esposizione corrisponda al naturale flusso dei visitatori. L’allestimento di pannelli supplementari offre alcuni vantaggi: aumentare la superficie espositiva, offrendo più superfici verticali su cui
appendere le stampe; incanalare l’itinerario
del pubblico dentro percorsi obbligati; rinnovare l’aspetto dell’ambiente. Perché la m.
abbia un ritmo preciso e riesca a fare presa
sul pubblico, le foto vanno proposte in un
determinato ordine: immagini-chiave, stampate in grandi dimensioni, alternate a quelle
più piccole; e poi drammatiche alternate a
serene, tristi alternate a spensierate e così
via.
Motore
Accessorio della → macchina fotografica
costituito da un motore elettrico alimentato a pile, incorporate o separate, che provvede a far avanzare automaticamente la →
pellicola ad ogni → scatto e a riarmare →
l’otturatore. Il suo impiego permette di effettuare scatti singoli o in serie, ad una velocità fino a cinque → fotogrammi al secondo.
MTF (Modulation Transfer
Function)
Sistema di analisi completa ed oggettiva di
un → obiettivo, in riferimento tanto alla →
risolvenza quanto al → contrasto.
Multivisione
→ Diaproiezione su un unico, grande schermo, di più → diapositive provenienti da altrettanti → proiettori dia sincronizzati.
N
astro magnetico (o videotape)
Striscia di materiale plastico, un lato del quale
è rivestito di sostanze ferromagnetiche, contenuta all’interno della → videocassetta, utilizzata come supporto per la registrazione e
la riproduzione di segnali elettronici.
Natura morta
Espressione utilizzata, in campo artistico,
per indicare la rappresentazione di soggetti
inanimati in contrapposizione a quella con
figure umane.
Naturalismo
Movimento capeggiato dal fotografo Peter
Henry Emerson, affermatosi in Europa intorno al 1880, mentre il → Pittorialismo è
al culmine e si assiste alla prima diffusione
di massa della fotografia, determinata dal
lancio della → pellicola in rullo e dell’ap355
strumenti
parecchio → Kodak N. 1. Instaurando un
dibattito sulla fotografia che si protrarrà fino
ai primi decenni del Novecento, Emerson si
schiera contro le sofisticazioni pittoriciste:
attacca le convenzioni imposte dai sostenitori della fotografia «d’arte» in una serie di
articoli; si scaglia contro artifici ed espedienti diffusissimi quali il montaggio delle immagini, i soggetti in costume, i fondali dipinti e la tendenza a romanzare la vita quotidiana; mette al bando trucchi di luce, pose
studiate, costumi ed oggetti di scena per prescrivere attrezzatura semplice, autonomia di
composizione rispetto alle forme classicheggianti e totale soppressione del ritocco, stigmatizzato come «il procedimento con cui si
trasformano fotografie belle, brutte e così
così, in brutti disegni o dipinti».
Negativa
Immagine fotografica in → negativo.
Negativo
Tipo di → pellicola che funge da supporto
all’immagine, ottenuta esponendo una →
emulsione fotografica, sulla quale i colori e
i relativi toni dell’immagine appaiono rovesciati. Dal n. possono essere ricavate più →
copie e, per procedimento di stampa, il →
positivo.
NG
Sigla per → numero guida.
Nitidezza
Grado, più o meno elevato, con cui si riescono a distinguere i dettagli che compongono un’immagine fotografica.
Numero guida (NG)
Numero che esprime la potenza di una →
lampada lampo o di un → flash, generalmente riferita ad una → pellicola da 100
ASA. Viene utilizzato per determinare il →
diaframma da impostare, ottenuto dividendo il NG per la distanza in metri del soggetto della → ripresa.
356
O
biettivo
Componente della → macchina fotografica e del → proiettore dia, costituito
da un sistema lenticolare convergente in grado di trasferire sulla superficie piana della
→ pellicola o dello schermo un’immagine
nitida e uniforme. Gli o. sono intercambiabili tra loro e, in alcuni casi, vengono alloggiati su torrette girevoli montate sulla macchina fotografica per permettere un rapido
cambiamento di lunghezza → focale. In base
a quest’ultima, l’o. si distingue in normale,
→ grandangolare e → teleobiettivo. Gli o.
anamorfici sono usati per lo più in diaproiezioni panoramiche, mentre quelli a lunghezza focale variabile sono anche detti → zoom
(o trasfocatori).
Obiettivo tedesco
Obiettivo messo a punto nel 1840 da Josef Max
Petzval — circa sedici volte più luminoso di
quello adoperato da Daguerre — che permette di fotografare scene scarsamente illuminate, persone in movimento ed ha la proprietà di
ridurre il tempo di esposizione a meno di un
minuto. Nel gennaio del 1841 Voigtländer &
Figlio lo lanciano sul mercato montato su un
raffinato apparecchio, appositamente costruito — il primo a non essere una camera oscura
modificata ma la prima, vera → macchina fotografica — venduto, smontato, in un elegante astuccio di legno: la sua forma è simile a
quella di un piccolo telescopio ed utilizza lastre circolari per poter registrare l’intera immagine prodotta dall’obiettivo.
Occhio di gufo
→ Owe-eye.
Occhio di pesce
→ Fish-eye.
Oculare di traguardazione (o
mirino)
Componente della → macchina fotografica.
glossario
Offset
Procedimento di stampa planografica indiretta, in cui l’immagine deriva da una litografia ed è trasportata su carta mediante una
matrice cilindrica di materiale plastico. Perfezionato nel 1904, consente di stampare
contemporaneamente testo ed immagini con
notevole riduzione dei costi.
Olografia
Tecnica che, grazie all’impiego della radiazione monocromatica emessa da un → laser, permette la realizzazione di immagini
fotografiche con particolari caratteristiche di
tridimensionalità. La radiazione laser viene
sdoppiata, per mezzo di uno specchio semitrasparente, in due fasci: uno (detto fascio
di riferimento) colpisce direttamente la lastra fotografica, l’altro la colpisce dopo essere stato diffuso dall’oggetto di cui si vuole ottenere l’immagine. Questi fasci interferiscono, dando luogo ad una figura di diffrazione — l’ologramma — che viene registrata dalla lastra. Per ottenere l’immagine
dell’oggetto bisogna far passare attraverso
il suo ologramma un solo fascio di radiazione laser (il fascio di riferimento), che riproduce gli stessi fronti d’onda formatisi
in seguito alla diffusione della radiazione del
secondo fascio: l’occhio dell’osservatore
vede, quindi, l’immagine tridimensionale
dell’oggetto. Dennis Gabor inventa l’o. nel
tentativo di mettere a punto una tecnica per
rendere visibili gli atomi e, dopo anni di ricerche, nel 1947 ne elabora i principi fondamentali. Gabor tenta di interessare l’industria alla propria invenzione, ma con scarso successo. L’invenzione gli varrà, comunque, nel 1971, il premio Nobel per la fisica.
Gli ologrammi di Gabor sono poco più che
curiosità da laboratorio e, in realtà, non appaiono tridimensionali ma piani a causa della
fonte luminosa impiegata: la tradizionale
lampada ad arco di mercurio. Soltanto in
seguito all’avvento del laser, nel 1963,
Emmett N. Leith e Juris Upatnieks mettono
a punto la tecnica olografica, che presentano ufficialmente nell’aprile del 1964. In seguito George Stroke perfeziona il cosiddetto ologramma riflettente, che estende il campo di applicazione dell’olografia e segna il
suo definitivo ingresso nel mercato fotografico. L’o., che porta la fotografia nella terza
dimensione, si basa su leggi ottiche assai
complesse. Nell’apparecchio fotografico tradizionale un sistema ottico (l’obiettivo) raccoglie i raggi luminosi riflessi dal soggetto
e li concentra per formare l’immagine sul
materiale fotosensibile: l’elemento tridimensionale (la profondità) non viene registrato
poiché la pellicola non è sensibile alla fase
delle onde luminose, vale a dire l’ordine in
cui queste si susseguono per rappresentarlo. L’o. permette quindi di registrare sulla
pellicola la fase, che apporta l’informazione relativa alla profondità; e, con essa, le
varie intensità delle onde luminose cui si
devono i toni chiari e scuri. Nel procedimento olografico, inoltre, tutte queste informazioni vengono registrate sulla pellicola senza far uso dell’obiettivo. L’immagine generata da un ologramma risulta talmente aderente alla realtà che l’osservatore, inevitabilmente tentato di toccare ciò che vede, resta a mani vuote. La sensazione di realtà
deriva dal fatto che l’immagine è assolutamente completa: il soggetto, ricreato otticamente in tre dimensioni, viene presentato all’occhio umano in un numero pressoché infinito di versioni. Semplicemente cambiando l’angolo d’incidenza del fascio laser o
modificandone la lunghezza d’onda, l’o.
permette di registrare sulla stessa pellicola
un numero quasi infinito di versioni dello
stesso soggetto. Per cui, esaminando anche
solo una piccola parte di un ologramma, è
possibile vedere l’immagine nella sua interezza. Una delle caratteristiche essenziali del
procedimento olografico, sta nella capacità
357
strumenti
di registrare e di immagazzinare rapidamente e agevolmente grandi quantità di informazioni. Ogni ologramma contiene, infatti,
un grandissimo numero di vedute dello stesso soggetto ed ogni veduta costituisce un repertorio assai vasto di informazioni. La tecnica olografica trova vasta applicazione nell’ambito dei controlli di produzione industriale, nel restauro di opere d’arte, in informatica ecc. Inoltre permette di registrare, tramite computer, immagini di ciò che non esiste: di dare, ad esempio, una rappresentazione visiva di un modello creato con calcoli matematici. L’o. acustica, che fa uso di
onde sonore invece che di onde luminose,
viene applicata alla sorveglianza sottomarina: il sistema sonar, ad esempio, consente
di osservare su uno schermo simile a quello
del radar immagini di oggetti immersi in
acqua mediante l’emissione di onde sonore; queste ultime, riflesse dagli oggetti, vengono raccolte da un dispositivo che le trasforma in segnali elettrici.
Ologramma
Immagine fotografica prodotta mediante →
olografia.
Ombrello
→ Diffusore in stoffa a forma di ombrello,
impiegato soprattutto per i → lampeggiatori da studio, la cui superficie interna — altamente riflettente — può essere bianca, argentata o dorata.
Open-flash
Accensione del → lampo non sincronizzata
con → l’otturatore, ma comandata manualmente mediante un pulsante durante una →
posa particolarmente lunga.
Ortocromatica (pellicola)
→ Pellicola (ma anche carta fotosensibile)
in → bianco e nero, la cui emulsione è sensibile a tutti i colori dello spettro ad eccezione del rosso, impiegata per eseguire riproduzioni → fotomeccaniche.
358
Otturatore
Congegno rotante → della macchina fotografica e del → proiettore dia, posto tra →
l’obiettivo e la → pellicola, che regola sincronicamente il passaggio dei raggi luminosi provenienti dall’esterno verso →
l’emulsione fotografica. L’o. è costituito da
un disco metallico dotato di una fenditura,
la cui ampiezza determina il tempo di esposizione, ed è diviso in settori opachi e aperti. Ruotando, i settori opachi interrompono
il flusso della luce durante il trascinamento
della pellicola, mentre i settori aperti consentono l’esposizione (nella macchina fotografica) o la proiezione (nel proiettore dia)
nell’attimo in cui la pellicola rimane ferma.
Owl-eye (ovvero occhio di
gufo)
Espressione inglese, di accezione comune,
utilizzata per indicare un tipo di apparecchio che «vede» al buio, senza tradire la propria presenza attraverso l’emissione di →
lampi. Progettato e costruito per le forze armate statunitensi impegnate a combattere in
Vietnam, che lo usano per l’osservazione
notturna delle foreste, viene in seguito impiegato per scopi investigativi e in operazioni di salvataggio. È costituito da una sonda di circa 50 cm, con un obiettivo ad una
estremità ed uno schermo di visione all’altra; all’interno della sonda è montato un intensificatore di immagini che amplifica la
luce, anche quella di minima intensità, migliaia di volte, trasformandola in segnali
elettrici che attivano uno schermo fosforescente, rendendo visibile l’immagine.
P
ancromatica (pellicola)
→ Pellicola (ma anche carta fotosensibile) in → bianco e nero, la cui emulsione è sensibile a tutti i colori dello → spettro, che registra con tonalità di grigio di varia intensità.
glossario
Pancromatiche (lastre)
Tipo di → lastre fotografiche sensibilizzate
verso le radiazioni di tutti i colori, commercializzate alla fine del 1894 dai fratelli Lumière.
Panning
Termine inglese, di accezione comune, utilizzato per indicare una tecnica di → ripresa consistente nel cogliere un soggetto in
movimento trasversale rispetto alla → macchina fotografica, in maniera che risulti abbastanza nitido su sfondo completamente
mosso.
Panorama
Attrazione spettacolare in voga nell’Ottocento (e, in scenotecnica, un fondale dipinto di grandi dimensioni, fisso o mobile, o
un fondale monocromo curvilineo solitamente destinato a fingere il cielo), consistente in un dipinto di diversi metri presentato
su una superficie a 360°, sviluppato lungo
le pareti di un padiglione rotondo appositamente costruito e illuminato dall’alto in maniera tale che lo spettatore, posto al centro
della sala, percepisca l’illusione ottica di essere circondato da un orizzonte reale. L’idea
alla base del P. consiste, infatti, nel superare
le limitazioni oggettive imposte dalla normale raffigurazione della realtà: l’occhio di
chi osserva tanto un quadro quanto una fotografia è forzatamente costretto a vedere
soltanto una porzione di spazio, corrispondente ad un determinato settore, al cui vertice hanno operato il pittore o il fotografo
per riprendere la scena. Il P. pone, invece, lo
spettatore nelle medesime condizioni in cui
quest’ultimo verrebbe a trovarsi osservando, ad esempio, un paesaggio dall’alto di una
montagna: sarebbe al centro di un emisfero; mentre, tutt’intorno, case, monti, cielo
gli si dispiegherebbero dinanzi con continuità e senza altro limite di quello segnato
dall’orizzonte. Suggerito da alcuni studi del-
l’architetto tedesco Breysig, il P. viene costruito per la prima volta a Edimburgo nel
1785 e presentato al pubblico tre anni più
tardi dal pittore inglese Robert Barker. Introdotto a Parigi nel 1799 dallo statunitense
Robert Fulton (l’inventore del battello a vapore), che l’espone a Mont-Martre, il P. viene successivamente perfezionato allo scopo di creare l’impressione della tridimensionalità: viene introdotto un falso piano con
oggetti reali, sagome di alberi e così via, resi
nell’esatta proporzione delle forme e dei colori; mentre la piattaforma dove prende posto il pubblico viene sagomata a forma di
picco di montagna, di torre, di tetto, affinché l’illusione sia perfetta. Dal 1820 circa,
per iniziativa di Louis-Jacques Mandé Daguerre, il P. ha nel → Diorama una versione
ridotta di ancora più ampia diffusione.
Panoramica (fotografia)
Immagine lunga e stretta ottenuta o realizzando più fotografie successive, ruotando
ogni volta la → macchina fotografica di un
determinato angolo, o impiegando speciali
apparecchi dotati di → obiettivo rotante e
caricati con → pellicola posta su un arco di
cerchio.
panoramica (Testata)
Dispositivo che, posto tra il → cavalletto e
la → macchina fotografica, consente la rotazione di quest’ultima di 360° per l’esecuzione di foto panoramiche.
Paparazzata
Impresa da → paparazzo.
Paparazzo
→ Fotoreporter specializzato nel cogliere
alla sprovvista celebrità di vario genere in
circostanze imbarazzanti, così detto dal
nome di Paparazzo: personaggio di contorno del film La dolce vita (di Federico Fellini, 1960) — a sua volta ricavato da quello
di un albergatore calabrese dell’Ottocento,
scovato dagli sceneggiatori in un libro di
359
strumenti
viaggi — fotografo intrigante, sempre a caccia di scandali.
Parallasse (errore di)
Differenza tra il → campo inquadrato dal
→ mirino e il campo effettivamente impressionato sulla → pellicola, che risulta tanto
più elevata quanto più il soggetto è vicino
alla → macchina fotografica.
Paraluce
Accessorio in metallo, plastica o gomma.
Applicato → all’obiettivo, evita che raggi
luminosi provenienti da una forte sorgente
— naturale o artificiale — ne colpiscano direttamente la lente frontale, causando fastidiosi riflessi.
Parco lampade
L’insieme delle → lampade adoperate per
→ l’illuminazione artificiale della → sala
di posa.
Passeggiate fotografiche
Spedizioni in carrozza organizzate, tra Otto
e Novecento, dai soci della → Società Fotografica Italiana, che inaugurano in Italia
il lavoro fotografico d’équipe, durante le
quali si scattano foto «in gruppo» da sviluppare assieme nei «gabinetti» della Società.
Passepartout
Termine francese di accezione comune utilizzato per indicare una cornice in cartone
rivestito, più o meno spesso, che, nei quadri
e nei portaritratti, delimita l’immagine con
un bordo colorato e la distanzia dal vetro.
P.D.
Sigla per → Pubblico dominio.
Peep-show
Definizione inglese della → scatola ottica.
Pellicola
Supporto, flessibile e trasparente, per la registrazione delle immagini fotografiche. È
composta da una striscia in celluloide o in
acetato di cellulosa, le cui componenti fon-
360
damentali sono costituite da una «base» o
«supporto»; un sottilissimo «substrato adesivo» in gelatina; una «emulsione» sensibile alla luce, legata alla base mediante il substrato adesivo e costituita solitamente da una
sospensione di sali d’argento in gelatina, riconoscibile come il lato opaco. Le moderne
p. fotografiche vengono generalmente suddivise in due grandi categorie: in bianco e
nero o a colori; oppure, a seconda del loro
impiego: per ripresa, per elaborazioni in
camera oscura, per arti grafiche e così via.
Le p. in bianco e nero possono essere ortocromatiche (cioè sensibili a tutti i colori,
escluso il rosso), pancromatiche (sensibili
anche al rosso), UV (sensibili alle radiazioni ultraviolette). Oltre ai negativi, da quasi
tutte le p. in bianco e nero è possibile ottenere diapositive mediante un procedimento
di inversione. Le p. a colori sono costituite
da tre strati sovrapposti di emulsione. Lo
strato esterno è sensibile al blu, quello intermedio al blu e al verde, il terzo al blu e al
rosso. Un filtro giallo posto sotto al primo
strato, blocca la luce blu: i due strati sottostanti vengono, quindi, impressionati soltanto dalla luce verde e da quella rossa. Le p.
invertibili a colori, che registrano fedelmente
la differenza di colore esistente tra luce naturale e artificiale, sono prodotte in due tipi
diversi: per la luce naturale e per la luce
artificiale, notevolmente gialla, delle lampade a incandescenza. Le p. per lavori in
camera oscura vengono utilizzate per ottenere duplicati di diapositive, negativi da diapositive e viceversa, oppure per speciali elaborazioni in bianco e nero o a colori. Le p.
per arti grafiche, dotate di scarsa sensibilità
e forte contrasto, vengono utilizzate per la
stampa di giornali e riviste. La p. piana viene, invece, confezionata in fogli — anziché
in rulli, caricatori, cartucce o a metraggio
— adoperata nella macchine da studio di
grande formato, per l’esecuzione di lavori
glossario
industriali o per elaborazioni in camera oscura.
Persistenza retinica
Principio secondo il quale la retina dell’occhio umano possiede la proprietà di restare
impressionata per un determinato periodo di
tempo dalle immagini viste, enunciato per
la prima volta nel 1829 dal belga Joseph
Ferdinand Antoine Plateau, fisico, astronomo e studioso di ottica. Grazie a questo fenomeno, l’occhio umano riesce a fondere
in un flusso continuo le singole stimolazioni visive che riceve. Per verificarne l’esattezza, nel 1830 lo stesso Plateau mette a
punto il fenachistoscopio (detto anche fenachetiscopio o fenacistiscopio).
Persistenza visiva
Fenomeno secondo il quale «il cervello
umano vede un oggetto più a lungo dell’occhio stesso», alla base dell’illusione del
movimento delle immagini cinematografiche. Queste vengono, infatti, registrate separatamente in una successione rapidissima
(24 fotogrammi al minuto secondo) di pose
fotografiche fisse, che riproducono un oggetto in movimento catturato in posizioni
progressivamente differenti e vengono presentate allo sguardo dello spettatore a velocità costante (ancora 24 fotogrammi al minuto secondo). Per ottenere la sensazione di
moto continuo, sono necessari non meno di
18 e non più di 24 → fotogrammi al minuto
secondo. Ogni immagine resta impressa sulla retina per 1/20 di secondo: continuiamo a
vederla, quindi, per una frazione di secondo
anche dopo che l’oggetto è scomparso dal
nostro campo visivo. Se ci viene presentata
un’immagine dopo l’altra, la p.v. della prima occupa anche la brevissima pausa necessaria alla comparsa della seconda. Il nostro cervello, tratto in inganno, le percepisce come due immagini continue e riesce a
coglierne le tre dimensioni, di fatto inesistenti, integrando tra loro i particolari — da
quelli in primo piano, a quelli sullo sfondo
— in un quadro dinamico e completo. Lo
spettatore cinematografico, aiutato dalla
memoria visiva e dal processo di elaborazione del cervello, riesce così a ricreare
l’ambiente fisico in cui si svolge l’azione
sullo schermo. L’illusione del movimento,
però, s’interrompe immediatamente se viene modificata la velocità di proiezione.
Photofit
Termine inglese, di accezione comune, utilizzato per indicare un sistema di identificazione personale, analogo → all’identikit, per
il quale si adoperano particolari di fotografie anziché disegni.
Photogenic-drawing
Espressione inglese per → disegno fotogenico.
Photogravure
Tecnica fotografica di → stampa, particolarmente delicata, perfezionata tra Otto e
Novecento. Adottata da alcuni fotografi-artisti per la particolare resa figurativa, vi ricorre anche Alfred Stieglitz per illustrare →
«Camera Work».
Photo-Secession (ovvero Secessione Fotografica)
Associazione fotografica, tra i più importanti
movimenti artistici del Novecento, organizzata come gruppo ufficiale da Alfred Stieglitz nel 1902 e attiva fino al 1910. Tra i
membri fondatori alcuni fotografi, più o
meno dilettanti: Edward J. Steichen, apprendista litografo del Milwaukee influenzato dai
pittori Impressionisti; Clarence White, contabile di Newark, Ohio, ritrattista d’ispirazione romantica; Gertrude Käsebier, direttrice di un atelier per ritratti, specializzata
in composizioni idilliache e rappresentazioni
allegoriche con donne e bambini. Pur battendosi a favore della fotografia, molti «secessionisti» orientano chiaramente i propri
lavori verso lo stile impressionista di artisti
361
strumenti
contemporanei come Camille Corot e James
Whistler.
Piano
Dimensione della figura umana inquadrata
dalla → macchina fotografica, quindi impressionata sul → fotogramma, variabile a
seconda della distanza interposta tra l’apparecchio e il soggetto inquadrato, oltre che
dal tipo di → obiettivo adottato.
Piatta (fotografia)
Immagine fotografica a basso → contrasto,
difetto imputabile ad una sottoesposizione
o ad una luce diffusa e senza ombre.
Pieghevole
Termine italiano per → folding.
Pinzetta
Attrezzo a molla, in acciaio o in plastica,
impiegato in → camera oscura per manovrare le → carte fotografiche immerse nei
→ bagni.
Pittorialismo
Movimento che, in età vittoriana, attecchisce soprattutto negli ambienti amatoriali, in
cui forte è l’aspirazione a connotare la fotografia — ancora afflitta da un grave complesso d’inferiorità nei confronti delle arti
tradizionali — di una propria identità culturale ed estetica. Principali rappresentanti del
gusto allegorico-narrativo, tipico del P., due
ex pittori: Oscar G. Rejlander ed Henry P.
Robinson, i quali si distinguono nella realizzazione di «fotografie composite» ottenute assemblando a mosaico varie immagini dopo averne progettato la sintesi finale.
Tecnica con cui riescono ad ottenere → fotomontaggi realistici, eppure fortemente influenzati dalla pittura in voga (specialmente quella dei Preraffaelliti: esponenti del
movimento artistico sorto in Inghilterra verso la metà dell’Ottocento per contrastare,
attraverso il recupero della naturalezza
espressa dai pittori vissuti fino all’epoca di
Raffaello, l’accademismo della cultura uf-
362
ficiale e i mali della nascente società industriale). La maggior parte delle centinaia di
migliaia di foto «pittoriche» prodotte negli
anni Sessanta dell’Ottocento, caratterizzate
dall’eliminazione dei dettagli e dall’uso del
→ soft focus, raffigurano una varietà sterminata di tipi caratteristici, scene di vita domestica e aneddoti edificanti.
Pixel
Termine inglese, di accezione comune, abbreviazione dell’espressione picture element, utilizzato per indicare l’elemento più
piccolo di un’immagine elettronica; è anche
l’unità di misura della definizione di un’immagine espressa in p. per pollice.
Plasmografia
Sia la tecnica di → fotografia digitale consistente nell’intervenire artisticamente su
una foto tradizionale, acquisita tramite →
scanner, effettuando una serie di sessioni di
manipolazione delle forme e dei colori; sia
l’immagine fotografica ottenuta mediante
tale procedimento.
Plastificazione
Procedimento definitivo di rivestitura consistente nel porre una → stampa fotografica
tra due fogli di cloruro di vinile — plastica
perfettamente trasparente — per proteggerla e poterla maneggiare senza preoccuparsi
di danneggiarla. Il «sandwich» viene introdotto in una pressa idraulica e portato ad una
temperatura di quasi 140°: la plastica, fondendosi, penetra nelle fibre della stampa e,
raffreddandosi, torna allo stato solido formando un rivestimento protettivo molto resistente su entrambe le facce e intorno ai
bordi della foto.
Platinotipo
→ Stampa virata al platino.
Pocket
Denominazione commerciale utilizzata per
indicare sia la → pellicola confezionata in
→ cartucce di plastica, introdotta sul mer-
glossario
cato dalla Kodak nel 1972, sia le → macchine fotografiche che ne fanno uso.
Poggiatesta
Sostegno invisibile adoperato dai → protofotografi per far rimanere immobili i soggetti ritratti durante i lunghi tempi di →
esposizione necessari ai procedimenti di →
dagherrotipia e → calotipia.
Polacolor
Pellicola → Polaroid a colori.
Polaroid Land
→ Macchina fotografica a → sviluppo e
→ stampa istantanei. Il prototipo di un apparecchio che, un minuto dopo lo → scatto
e in piena luce, dà una stampa in bianco e
nero dalle tonalità seppiate, messo a punto
dal fisico statunitense Edwin Herbert Land,
viene presentato nel 1947 in occasione di
una riunione della Optical Society of America. Land perfeziona il proprio apparecchio sfruttando uno straordinario trattamento, riuscendo ad ottenere, nel 1959, foto di
qualità ineccepibile in soli quindici secondi dallo scatto. Il progetto di Land può dirsi compiuto con la messa a punto, nel 1960,
del 900 Electric Eye: un apparecchio completamente automatizzato, in grado di produrre stampe fotografiche in bianco e nero
in dieci secondi. La P.L. è caricata con un
«sandwich» positivo-negativo, contenente
un’emulsione negativa e la carta sensibile.
Dopo lo scatto, le due superfici sensibili
vengono portate a stretto contatto. L’immagine si trasferisce dal negativo alla carta
non attraverso l’azione della luce, come nel
procedimento tradizionale, ma grazie ai
prodotti chimici posti tra le due superfici.
L’immagine positiva si forma per azione
dei cristalli di bromuro d’argento non impressionati dal negativo: gli stessi cristalli
che, in una pellicola tradizionale, vengono
eliminati in fase di fissaggio. Per facilitarne il caricamento, le pellicole P.L. vengo-
no prodotte in filmpack: una piccola scatola, facilmente inseribile nel dorso dell’apparecchio, contenente fogli piani di materiale negativo e positivo. Per scattare una
foto, dopo aver esposto il negativo, lo si
capovolge, tirando una linguetta bianca per
metterlo in contatto con la carta da stampa. Così facendo, il negativo impressionato si capovolge e si avvicina a dei rulli pressori. A questo punto, tirando una linguetta
gialla, il negativo e la carta da stampa passano attraverso i rulli, che schiacciano una
capsula contenente i prodotti chimici. Questi ultimi si spandono uniformemente tra
le due superfici, sviluppando e fissando rapidamente l’immagine. Alcuni apparecchi
P.L. si caricano con due distinte bobine,
contenenti, rispettivamente, la pellicola negativa e la carta da stampa unite da un’unica linguetta: la pellicola negativa viene impressionata premendo semplicemente il
pulsante di scatto. Tirando la linguetta, poi,
tanto la pellicola negativa quanto la carta
da stampa passano attraverso due rulli pressori ed escono dall’apparecchio. La compressione operata dai rulli provoca la rottura di una capsula contenente una sostanza chimica vischiosa, situata sulla carta
positiva da stampa, che avvia il processo
di sviluppo tra le due superfici. Dopo una
decina di secondi, separando la pellicola
negativa dalla carta, su quest’ultima appare stampata l’immagine positiva. Il sistema P.L., a differenza delle comuni pellicole rapide, che presentano evidenti sgranature, assicura immagini prive di grana. Ciò
è dovuto soprattutto alla distanza, estremamente ridotta, tra le superfici positiva e negativa del sandwich. Il sistema di Land
permette, infatti, agli ioni d’argento di passare in linea retta dalla superficie negativa
a quella positiva, riducendo la formazione
di grumi d’argento, causa principale della
comparsa della grana e della perdita di de363
strumenti
finizione dell’immagine. Nel 1963 Land,
in qualità di presidente della Polaroid Corporation, annuncia che il già popolarissimo sistema per ottenere stampe in bianco
e nero in un minuto è stato adattato alla
fotografia a colori, grazie alla messa a punto della pellicola Polacolor: dopo lo scatto
basta tirare una linguetta di carta all’estremità dell’apparecchio per ottenerne, in circa sessanta secondi, la stampa a colori.
Come tutte le moderne pellicole a colori,
la Polacolor è di tipo sottrattivo. Tutte le
sostanze chimiche impiegate per il trattamento automatico e per la formazione dei
colori devono, però, essere incorporate in
un rotolo di pellicola abbastanza sottile per
essere contenuto in un apparecchio di piccole dimensioni. La sezione negativa della
pellicola P. — il cui spessore è di un ventesimo di millimetro — comprende sei strati
distinti più un supporto e due strati separatori, incaricati di creare l’immagine negativa. Tre degli strati consistono di altrettante emulsioni, ciascuna delle quali è sensibile soltanto ad uno dei colori primari.
Ad ogni strato fa seguito uno composto da
molecole, disposte in maniera particolare,
di rivelatore cromogeno. Altri quattro strati compongono la sezione positiva ed uno
è costituito da un involucro a baccello, contenente una soluzione alcalina che avvia il
processo di sviluppo. Quando il fotografo
tira la linguetta, la pellicola P. passa tra due
rulli. Questi ultimi spezzano l’involucro,
liberando la soluzione alcalina. La quale
filtra in tutti gli strati, attivando le altre sostanze chimiche. Quando la soluzione alcalina attiva le molecole di rivelatore cromogeno, queste, penetrando nei rispettivi
strati di emulsione, formano un’immagine
negativa e vi fissano un colorante in ogni
area. Al di fuori dell’immagine negativa, il
rivelatore, senza trovare ostacoli, raggiunge la carta per la stampa e forma un’imma364
gine positiva a colori. I tre coloranti possono così raggiungere la sezione positiva,
dove, mescolandosi, producono tutte le sfumature cromatiche. Il fissaggio avviene
negli ultimi secondi del procedimento,
quando la piccola parte residua della soluzione alcalina entra in contatto con le molecole acide contenute in uno degli strati
del positivo. La reazione tra molecole acide e alcaline genera acqua, che libera l’immagine positiva dall’eccesso di alcali e interrompe lo sviluppo. Le molecole dei coloranti, avvicinandosi per saldarsi, fissano
l’immagine. Quindi, a partire dagli anni
Sessanta, per ottenere immagini a colori
non è più necessario ricorrere ad attrezzature e a tecniche da laboratorio. La P. fornisce stampe istantanee sul luogo stesso
della ripresa, mentre le altre pellicole possono essere trattate in una comune camera
oscura con tecniche analoghe a quelle per
il procedimento in bianco e nero. Nel 1972
la P.L. compie un altro progresso nel procedimento di sviluppo e stampa, grazie alla
messa a punto di un sistema di espulsione
automatica della stampa istantanea a colori. I fotografi, d’ora in avanti, possono scegliere tra un’ampia gamma di procedimenti
a colori quello che meglio si adatta alla
propria visione del mondo reale e alle proprie intenzioni espressive. Ogni pellicola
riproduce, infatti, i toni cromatici in maniera lievemente diversa: fedelmente, o attraverso contrasti sorprendenti. Il negativo
di tutte le pellicole P. è inutilizzabile e —
di conseguenza — un ingrandimento da
pellicola P. può essere ottenuto solamente
rifotografando la copia positiva, per ricavarne il negativo da stampare. Nel 1974 la
P.L. mette a punto, però, una pellicola in
bianco e nero in grado di fornire contemporaneamente, trenta secondi dopo l’esposizione, un positivo ed un negativo riproducibile. Quest’ultimo può essere utilizza-
glossario
to e ingrandito fino a venticinque volte.
Progettati e lanciati sul mercato per un uso
strettamente amatoriale, gli apparecchi P.L.
trovano applicazione anche in ambito professionale, specialmente in virtù delle caratteristiche estetiche delle immagini, impossibili da ottenere con la pellicola comune. Le stampe, quasi completamente prive
di grana, sono caratterizzate da un aspetto
morbido e cremoso. I fotografi professionisti, poi, sostituiscono spesso la pellicola
P. all’esposimetro: caricando mediante dorsi intercambiabili un apparecchio tradizionale con un filmpack è, infatti, possibile
eseguire rapidamente delle esposizioni e
controllare le relative stampe, evitando errori irreversibili sulla pellicola in rullo.
Data l’alta risoluzione accade, però, spesso, che il provino assurga a dignità di scatto.
Polistirolo
Pannello → diffusore in polistirolo espanso, materiale plastico leggerissimo e di colore bianco.
Ponte di luce
Fitta rete di supporti longitudinali e trasversali, lungo i quali possono scorrere in ogni
senso → lampade singole o a gruppi, per
creare → un’illuminazione uniforme o concentrata su qualsiasi punto della → sala di
posa.
Pop Art
Tendenza artistica fortemente innovatrice,
anche per lo scanzonato umorismo con cui
dissacra e reinterpreta visivamente le icone
imposte dai mezzi di comunicazione di massa all’immaginario popolare contemporaneo, che prende il nome dall’abbreviazione
dell’espressione inglese Popular Art. I suoi
rappresentanti, prendendo spunto dalle immagini quotidianamente diffuse nell’ambito della società tecnologica, creano quadri
simili a fumetti e a segnaletiche stradali,
compongono ritratti con strisce di → foto e
così via. Le immagini fotografiche di oggetti familiari, già riprodotte infinite volte
sulle pagine di giornali e di riviste o su manifesti pubblicitari, vengono moltiplicate in
quelli che sono stati definiti «luoghi comuni visivi»: immagini che aggrediscono l’occhio e influenzano il modo di pensare di
chiunque legga un giornale, guardi la televisione, vada al cinema o faccia la spesa in
un supermercato.
PopShots Instant
Prima → Polaroid «usa e getta», commercializzata nel 1999, la cui confezione ricorda un sacchetto di patatine. È riciclabile, caricata per dieci → istantanee, dotata di un → esposimetro per riprese ravvicinate e di un → flash incorporato per
scattare foto in qualunque condizione di
luminosità fino a 2,5 m. L’espulsione della → pellicola non è automatica — come
nelle altre Instant Polaroid — ma a trazione manuale, come nei primi modelli
prodotti dalla casa.
Portadia
Foglio in materiale plastico trasparente, dotato di una serie di piccole tasche in cui archiviare e conservare → diapositive.
Portafiltri
Accessorio da applicare alla parte anteriore
→ dell’obiettivo, per dotarlo di filtri o lastrine piatte di vario formato.
Portanegativi
Buste, in carta o in plastica trasparente, in
cui archiviare conservare → negativi.
Portaobiettivo
Componente degli apparecchi fotografici a
→ banco ottico.
Portapellicola
Componente degli apparecchi fotografici a
→ banco ottico.
Portfolio
Selezione di → fotografie che illustrano le
capacità tecniche ed estetiche di un → foto365
strumenti
grafo professionista, da sottoporre ad eventuali committenti.
Posa
Atteggiamento che assume il soggetto della
→ ripresa davanti → all’obiettivo fotografico. Per estensione, è anche sinonimo di →
scatto.
Posare
Il mettersi in → posa.
Positiva
Immagine fotografica in → positivo.
Positivo
Immagine su → pellicola in grado di essere
proiettata, ottenuta, per procedimento di →
stampa, dal → negativo.
Poster
Termine inglese per → manifesto.
Posterizzazione
Tecnica fotografica adottata nella realizzazione di immagini di forte impatto, dai colori forti e vivaci, che ricordano quelli impiegati nei → manifesti (in inglese poster).
Si ottiene dalla sovrapposizione di un numero variabile — a seconda degli effetti
desiderati — di immagini → positive, in
bianco e nero o a colori, poi trattate ed elaborate a piacimento.
Potere risolutivo
→ Risolvenza.
Potere risolvente
→ Risolvenza.
Procedimento Van Dyke
→ Kallitype.
Profondità di campo
Porzione di → campo all’interno del quale,
dati un certo → obiettivo ed un certo → diaframma, le persone e gli oggetti inquadrati
con la → macchina fotografica risultano
messi a → fuoco. Aumenta chiudendo il diaframma, oppure utilizzando → obiettivi
grandangolari.
366
Profondità di fuoco
Spazio entro il quale può oscillare la posizione del piano → focale, senza ripercussioni sulla qualità dell’immagine fotografica.
Proiettore
Sorgente luminosa artificiale che, fornendo
un fascio concentrato di luce, genera zone
luminose più piccole e delimitate, ombre più
scure e marcate, conferendo di conseguenza
effetti drammatici. Malgrado possa servire
come unica sorgente luminosa, solitamente
viene adoperato assieme ai → riflettori per
far meglio risaltare alcuni particolari.
Proiettore dia (detto anche
diaproiettore o proiettore
per diapositive)
Apparecchio che consente di proiettare e ingrandire su uno schermo le immagini delle
→ diapositive. I suoi componenti fondamentali sono: una lampada, un sistema di ventilazione forzata ed un → gruppo ottico, oltre
ad un sistema per l’avanzamento delle diapositive ed uno per la loro messa a → fuoco. Ne esiste una vasta gamma, che va dagli
apparecchi per uso casalingo a quelli professionali. Questi ultimi, particolarmente costosi e sofisticati, offrono prestazioni elevate come: completo automatismo dell’avanzamento e della messa a → fuoco, telecomando, obiettivi zoom, sistema ottico accessorio che permette di vedere in anteprima la
diapositiva che sta per essere proiettata, ventola per il raffreddamento, comandi di dissolvenza per sincronizzare due p. in modo
che sullo schermo appaia gradualmente
un’immagine mentre sparisce la precedente, congegno per invertire l’ordine di avanzamento delle diapositive, presa per l’abbinamento ad un registratore che fornisca
l’eventuale commento musicale o parlato,
lampade al quarzo assai potenti per poter
effettuare proiezioni di qualità anche in am-
glossario
bienti spaziosi. Gli apparecchi per uso casalingo, adatti a proiettare di tanto in tanto
una piccola serie di diapositive, non offrono prestazioni particolari: sono privi di ventola e richiedono l’inserimento manuale, una
per volta, delle diapositive. La differenza
fondamentale tra i vari tipi di p. è costituita,
però, dal sistema di caricamento: alcuni sono
dotati di caricatori lineari per le diapositive, che avanzano in un solco predisposto;
altri di caricatori circolari, che possono essere montati orizzontalmente o verticalmente rispetto alla base dell’apparecchio. I primi sono di più agevole sistemazione e risultano più comodi quando si verifichi la necessità di conservare piccole serie di diapositive (da 36 a 80), in genere sufficienti per
brevi proiezioni. I secondi accolgono un numero maggiore di diapositive (80 o 100),
rendendo più agevoli le lunghe proiezioni.
Esistono anche p. che accolgono tanto i caricatori lineari quanto quelli circolari, permettendo di conservare piccole serie di diapositive negli uni e serie maggiori negli altri. Appartengono alla famiglia dei p. anche
gli episcopi apparecchi adatti a proiettare le
immagini di stampe e di altri corpi opachi
invece che, come le diapositive, trasparenti.
Proiettore per diapositive
→ Proiettore dia.
Proiezione di diapositive
→ Diaproiezione.
Protofotografo
→ Fotografo professionista ottocentesco.
Provino
Nell’accezione più conosciuta consiste in una
sequenza di → fotografie, in base alle quali
valutare le doti di → fotogenia di un → modello in relazione al lavoro da realizzare; nell’accezione più propriamente tecnica consiste in una foto → Polaroid, eseguita allo scopo di collaudare le condizioni di luce dell’ambiente in cui ci si appresta ad effettuare lo →
scatto definitivo, oppure a controllare la qualità dei → bagni di sviluppo della pellicola,
della stampa dei positivi e così via. P. di stampa a contatto → stampa fotografica di una
serie di → negativi, ottenuta senza l’ausilio
→ dell’ingranditore e adoperata per decidere cosa s’intende stampare.
Pseudosolarizzazione
Effetto parziale di → solarizzazione.
Pubblico dominio (P.D.)
Materiale non soggetto al diritto d’autore,
utilizzabile senza richiedere permessi o corrispondere pagamenti a chicchessia.
Publifoto
Agenzia fotografica italiana, fondata nel
1936 a Milano dal napoletano Vincenzo
Carrese e destinata a diventare, in breve, la
più importante agenzia indipendente a livello nazionale.
Pulsante di scatto
Dispositivo — meccanico o elettrico — della → macchina fotografica, che permette di
azionare → l’otturatore.
Q
uadro
R
affica
In fase di → diaproiezione, la porzione dello → schermo occupato dalla diapositiva; in fase di → ripresa, lo spazio inquadrato dalla → macchina fotografica.
Sequenza rapidissima di → riprese
fotografiche, ottenuta tenendo premuto il
pulsante di → scatto di una → macchina
fotografica munita di → motore.
Raggi Röntgen
→ Raggi X.
Raggi X (o raggi Röntgen)
Radiazioni elettromagnetiche in grado di
attraversare un corpo solido e, sensibilizzando una → lastra fotografica, visualizzarne
la struttura interna. Scoperti nel dicembre
367
strumenti
del 1895 dal fisico tedesco Wilhelm Konrad Röntgen (1845-1923), rappresentano
l’applicazione scientifica più emblematica
della → fotografia.
Rapidità
Termine riferito alla → sensibilità della →
pellicola: la pellicola più sensibile è detta
rapida.
Rapporto di ingrandimento
→ Rapporto di riproduzione.
Rapporto di riproduzione (o
di ingrandimento)
Il rapporto che intercorre tra le dimensioni
«fotografiche» dell’immagine impressa sulla pellicola e le dimensioni «reali» del soggetto ripreso.
Rayografia
Sia la tecnica per ottenere fotogrammi tridimensionali creata da Man Ray (18901976), da questi applicata anche alle immagini cinematografiche; sia l’immagine ottenuta mediante tale procedimento. Man Ray
immerge nella vaschetta del → rivelatore un
foglio di → carta fotografica; appoggia sul
foglio gli oggetti più svariati: un imbuto di
vetro, una provetta, un termometro bottiglie,
cocci di vetro, forcine per capelli, reti metalliche ecc.; accende, quindi, la luce. A volte
espone dapprima la carta sotto la lampada
immobile; altre volte vi passa sopra, per
qualche istante, una lampadina tascabile. Gli
oggetti opachi danno immagini dal contorno nitido, gli oggetti traslucidi assumono
forme diverse; mentre le ombre, che sembrano liberarsi nello spazio, acquisiscono
una particolare bellezza.
RC (Resin Coated)
Sigla impiegata per classificare, in ambito
commerciale, la → carta fotosensibile.
Reflex
→ Macchina fotografica a tendina assai diffusa per uso sia amatoriale sia professionale,
caratterizzata in quanto il vetro smerigliato
368
— anziché sul fondo, al posto della lastra
sensibile — è situato nella parete superiore
della camera, parallelamente all’asse, e l’immagine vi viene riflessa da uno specchio girevole che durante la messa a → fuoco si dispone obliquamente all’asse, così da farla
apparire sul vetro smerigliato nella sua posizione reale. Nel 1685 il frate tedesco Johann
Zahn progetta e costruisce la prima camera
oscura portatile il cui principio di base è comune a quello dei moderni apparecchi r.
monobiettivo, in cui l’immagine viene raddrizzata grazie ad uno specchio inclinato: si
tratta di una scatola di legno alta poco più di
22 cm e lunga 60, dotata di una lente montata in un tubo da spostare avanti e indietro per
mettere a fuoco l’immagine; un’apertura regolabile per dosare la luce in entrata; uno
specchio per raddrizzare l’immagine proiettandola su uno schermo traslucido collocato
nella parte superiore della scatola, così da
poter osservare l’immagine in questione anche dall’esterno. La r. 35 mm, il tipo di fotocamera più diffusa a partire dalla fine degli
anni Settanta del Novecento, offre la lettura
interna dell’esposizione, ottiche intercambiabili, mentre un discreto corredo di accessori
ne fanno un sistema componibile abbastanza
sofisticato, piuttosto ingombrante, di peso non
indifferente, bisognoso di una certa applicazione per un uso corretto e proficuo; certamente troppo complesso per l’uso occasionale della grande utenza, che mostra di apprezzare maggiore semplicità. Negli anni seguenti l’industria fa crescere in affidabilità e
automatismi le r. monobiettivo, che, dotate
massicciamente di accessori elettronici, acquisiscono in parte le dotazioni delle compatte. Una camera del genere, in grado di assolvere pressoché a tutti i compiti istituzionali, perfezionata con ulteriori dotazioni, fa
definitivamente tramontare le r. tradizionali.
La successiva generazione delle r. monoculari (o monoreflex) presenta modelli elettro-
glossario
nici superaccessoriati, muniti, tra l’altro, di
due o tre micromotori, display digitale, lettura automatica della sensibilità della pellicola
adottata, uno o due microcomputer, obiettivi
autofocus, piccolo flash incorporato, otturatore a tendina.
Reportage
Servizio giornalistico realizzato da un →
reporter.
Reporter
Giornalista che descrive fatti e avvenimenti
dopo esserne stato testimone o dopo avere
raccolto le necessarie informazioni.
stesso Marey, nel 1887, lo trasforma in →
cronofotografo a pellicola.
Riflettore
Sorgente luminosa che fornisce un ampio
fascio di luce e può essere utilizzata, quasi
sempre, per → l’illuminazione generale: in
interni e, per i primi piani, in esterni.
Rilievo fotogrammetrico
→ Fotogrammetria.
Ripresa
Speciale apparecchio fotografico, dalle dimensioni considerevoli, impiegato per realizzare le → pellicole necessarie alla stampa tipografica.
L’insieme delle operazioni tecniche necessarie a fissare su → supporto le immagini
fotografiche, consistenti nel collocare la →
macchina fotografica nel punto più adatto a
ottenere → l’inquadratura desiderata; valutare e sistemare adeguatamente le fonti di luce
artificiale o naturale; impressionare la → pellicola registrando → l’azione predisposta.
Resin Coated
Riproduzione
→ RC.
Tecnica di → ripresa che tende ad ottenere
copie fedeli di documenti, disegni, immagini e qualsiasi originale a due dimensioni.
Reprocamera
Restauro
Lavoro di recupero di → lastre, pellicole o
stampe fotografiche.
Retino
→ Pellicola trasparente che reca impressa
una trama uniforme o irregolare, impiegata in → camera oscura per la realizzazione
di → stampe dagli effetti particolari. Vengono commercializzati r. con una considerevole varietà di trame, ma possono anche
essere realizzati artigianalmente fotografando la superficie con una struttura qualsiasi.
Revolver fotografico
Sorta di fucile che, al posto dei proiettili,
contiene pellicola e, invece di sparare una
serie di colpi, scatta una serie di fotografie
successive. Messo a punto, grazie ai consigli di Eadweard James Muybridge, da Étienne-Jules Marey. Il quale riesce così a fotografare e cronometrare i movimenti di un
uccello in volo, scattando dodici pose al secondo su una lastra fotografica circolare. Lo
Risoluzione
Capacità di un sistema ottico o di un materiale → fotosensibile nel registrare i dettagli più fini del soggetto ripreso.
Risolvenza (detta anche potere risolvente o potere risolutivo)
Capacità di un → obiettivo o di una pellicola, misurata in linee per millimetro, di riprodurre distintamente i particolari vicini.
Ritratto fotografico
Immagine fotografica di una o più persone.
Rivelatore
Componente fondamentale del bagno di →
sviluppo, che, riducendo gli → alogenuri colpiti dalla luce in argento metallico, trasforma
→ in immagine visibile l’immagine latente.
Rolleiflex
Macchine fotografiche di tipo → reflex —
in cui la visione dell’immagine inquadrata
369
strumenti
avviene tramite uno specchio disposto a 45°,
così che, anche se l’immagine proveniente
dall’obiettivo risulta capovolta (soggetto a
testa in giù e lati invertiti) appare parzialmente raddrizzata (soggetto con la testa in
alto ma con i lati invertiti), consentendo di
vedere direttamente attraverso l’obiettivo
quanto realmente andrà a impressionare la
pellicola e di intercambiare gli obiettivi —
dotati di mirino quadrato, osservato dal fotografo tenendo la macchina all’altezza del
petto, che caricano un rullino da dodici pose
del formato 6 x 6 cm. La prima serie viene
immessa sul mercato nel 1929.
Rotocalco
Procedimento di stampa incavografica rotativa, che utilizza forme cilindriche nelle
quali gli elementi stampanti sono incavati
rispetto a quelli non stampanti.
Rullino
Confezione di → pellicola fotografica in
rollo, evoluzione industriale della → Eastman Kodak.
S
acco nero
Accessorio in tessuto di colore nero,
impermeabile alla luce, dotato di apposite
aperture, adoperato per proteggere il materiale → fotosensibile caricando o scaricando in piena luce la → pellicola da una
→ macchina fotografica o le pellicole piane dai portapellicola degli apparecchi a →
banco ottico.
disparati: alcuni allestiscono scenografie
lussuose e stravaganti; altri preferiscono interni disadorni con poche, essenziali suppellettili. I fotografi ritrattisti — come i colleghi pittori — tendono ad adattare gli sfondi
e gli oggetti «di scena» alla personalità del
soggetto ripreso: strumenti musicali per i
musicisti, maschere greche per le attrici,
polverosi volumi o strumenti scientifici per
i professionisti. Quasi tutti offrono, comunque, ai clienti la possibilità di dare di sé un’immagine diversa, scegliendo tra un ampio assortimento di accessori teatrali, pannelli e →
fogli di sfondo: gli arredi finiscono, così, col
riflettere sogni e ambizioni del cliente di turno. La moderna s. di p. deve avere il soffitto
abbastanza alto per allestirvi il → ponte di
luce, le pareti chiare e non colorate.
Salonismo
Matrice stilistica tendente a dare eccessiva
attenzione alla bella forma, a scapito dei contenuti, di immagini fotografiche realizzate
al chiuso delle → sale di posa.
Sbianca
Procedimento chimico che, rendendo solubili gli → alogenuri esposti e trasformati
dallo → sviluppo in argento metallico, permette l’inversione chimica dell’immagine
trasformandola da → negativa a → positiva.
Sbianca-fix
Trattamento che riunisce in un unico bagno
la → sbianca e il → fissaggio, adoperato per
→ pellicole e carte a colori.
Sala di posa (anche detta
atelier o studio)
Scanner (o analizzatore a
scansione)
Ambiente adibito alla realizzazione di →
riprese fotografiche a livello professionale,
attrezzato con → fondali, → parco lampade, cavalletti e i vari accessori della → macchina da presa. Le prime s. di p., allestite tra
Otto e Novecento, specializzate nel ritratto,
vengono arredate dai titolari nei modi più
Apparecchio consistente in una periferica
di input che analizza un’immagine punto
per punto, trasformandola in una serie continua di segnali elettrici di tipo → digitale
e li invia ad un computer per una successiva elaborazione oppure ad una teletrasmittente per l’invio a distanza. È detto s. an-
370
glossario
che un apparecchio complesso comprendente un decodificatore dei segnali collegato con una stampante su carta comune,
con una stampante su carta o su pellicola
fotosensibile, con un monitor. L’elemento
base del tipo di s. più comune utilizzato per
la riproduzione di immagini fotografiche
— ma anche di testi e disegni — è un carrello mobile, recante un sensore ottico ed
una sorgente luminosa che si sposta su un
telaio a contatto con l’immagine. Il sensore ottico capta la luce riflessa dall’immagine e la trasforma in segnale elettrico proporzionale all’intensità della luce stessa.
L’immagine viene suddivisa in una matrice
bidimensionale composta di piccoli punti,
detti → pixel : per ogni posizione del carrello, il sensore ottico esplora una riga dell’immagine (scansione principale); quindi,
il carrello si sposta alla riga successiva (scansione secondaria) e ad ogni pixel viene fatta
corrispondere un’informazione in codice binario ottenuta da un convertitore analogico-digitale. Dal numero di bit del convertitore dipendono le sfumature di colore che
uno s. può riprodurre: lo s. monocromatico
associa ad ogni pixel una determinata sfumatura di grigio; lo s. a colori esegue la lettura dell’immagine associando ad ogni pixel
una determinata sfumatura di ciascuno dei
tre colori fondamentali (rosso, verde e blu).
Scatola ottica
Apparecchio ottico diffuso dai lanternisti
ambulanti a partire dalla metà del Settecento. Una scatola buia che, opportunamente
illuminata sul retro da una candela o da una
lucerna a olio, mostra immagini di città, monumenti, figure umane. Lo spettatore, accostando l’occhio ad un foro dotato di una
lente d’ingrandimento, percepisce l’immagine dipinta su un vetro. Detta in Italia →
mondo nuovo o niovo e, in Inghilterra, →
peep-show.
Scatto
Azionamento → dell’otturatore tramite l’apposito → pulsante di s. Per estensione, è anche sinonimo di → posa.
Scenografia
Insieme degli elementi visivi, presi dalla
realtà o ricostruiti artificialmente, in cui viene ambientata la → ripresa fotografica.
Schadografie
Silhouette ottenute, alla stregua dei → disegni fotogenici di Talbot, appoggiando piccoli oggetti (come strisce di carta e pezzetti
di spago) sulla → carta fotosensibile, poi
esposta alla luce, senza l’impiego dell’apparecchio fotografico, messe a punto da
Christian Schad nel 1916.
Schermo
Superficie chiara, di formato rettangolare e
in speciale tessuto riflettente, su cui vengono proiettate le → diapositive.
Secessione Fotografica
→ Photo-Secession.
Segretaria di edizione
Componente del reparto regia di una produzione cinematografica, tradizionalmente una
donna. Considerata la «memoria storica» del
film, ha il compito di annotare tutto quanto
accade sul set. Durante le riprese cura la stesura del diario di lavorazione, del bollettino
di edizione e del foglio di montaggio; depenna dalla propria copia della sceneggiatura le inquadrature previste mano a mano
che vengono girate, vi annota le inquadrature scelte dal regista e i movimenti della
macchina da presa, segnalando tutte le varianti apportate volontariamente o meno
(dialoghi, movimenti di macchina, rifacimenti ecc.); annota e fotografa con una →
Polaroid ogni minimo dettaglio delle inquadrature girate per evitare incongruenze tra
un ciak e l’altro (postura e abbigliamento
degli attori, disposizione del mobilio e del-
371
strumenti
le suppellettili ecc.); comunica al ciacchista
i numeri della scena e dell’inquadratura da
girare di volta in volta; cronometra la durata del girato per fare un calcolo approssimativo del materiale che si avrà a disposizione in fase di montaggio. A conclusione
di ogni giornata di lavorazione fa, infine, il
consuntivo giornaliero della pellicola impressionata e segna le «buone» sul bollettino per la stampa inviato, assieme al girato,
al laboratorio di sviluppo e stampa.
conda delle esigenze espressive. I s. ambientali — che ricostruiscono, cioè, un determinato ambiente — variano per complessità:
un pavimento e due semplici pannelli dipinti
o ricoperti con carta da parati, ad esempio,
possono fingere un ambiente molto sofisticato. Ma, di solito, il tempo e il costo per
allestire un s. risultano di gran lunga superiori a quelli richiesti dal lavoro su un luogo
reale.
Sensibilità
Termine italiano per → flou.
Capacità variabile della → emulsione di una
pellicola di rimanere impressionata dalla
luce. La pellicola più sensibile è detta rapida. S. cromatica reazione di una → pellicola, di una carta o di una fotocellula ai vari
colori dello → spettro.
Sequenza
Serie di → fotogrammi raffiguranti il medesimo soggetto in movimento, ripresi, uno
di seguito all’altro, generalmente con l’ausilio di un → motore o di un → winder.
Servizio fotografico (o fotoservizio)
→ Reportage preparato da un → fotografo
professionista dietro preciso incarico.
Servoflash
→ Servolampo.
Servolampo (o servoflash)
→ Cellula fotoelettrica che, determinando
l’accensione di un secondo → flash colpito
dalla luce emessa dal primo, permette di
azionare contemporaneamente un’intera serie di → lampeggiatori elettronici senza collegarli tra loro tramite cavetti.
Set
Parte della → sala di posa o di un qualsiasi
spazio, interno o esterno, opportunamente
attrezzato per ospitare una o più → riprese
fotografiche (ma anche televisive o cinematografiche). Un s. allestito in interni può essere progettato fin nei minimi dettagli, a se372
Sfocatura
Sfondata
Immagine fotografica che presenta alcune
parti troppo chiare, o completamente bianche, a causa di una indesiderata → sovraesposizione.
Sfondo
Tutto quanto viene a trovarsi alle spalle del
soggetto principale di una → ripresa fotografica.
Sgranatura
Effetto per cui la → grana appare eccessivamente visibile su una → stampa. Risulta
particolarmente evidente nelle stampe molto ingrandite, cui può conferire effetti suggestivi. Le → pellicole rapide si prestano
meglio di quelle lente a questo effetto, per
le grosse dimensioni dei cristalli di bromuro d’argento. Ma qualunque pellicola, se
convenientemente trattata in fase di → sviluppo, può dare immagini a grana grossa.
La s. può essere volutamente enfatizzata,
inoltre, dalla → sovraesposizione e dal prolungamento dei tempi di sviluppo.
Sincronizzazione
Capacità di azionare il → lampo nell’attimo in cui → l’otturatore è completamente
aperto.
Slitta (o contatto caldo)
Accessorio della maggior parte delle →
macchine fotografiche, permette di innestarvi il collegamento con il → flash.
glossario
Smaltatrice
Apparecchio ad alta temperatura, impiegato nella → smaltatura.
Smaltatura
Tecnica di asciugatura a caldo per rendere
brillante la superficie delle → stampe fotografiche. Viene impiegata esclusivamente
nel trattamento dei supporti cartacei tradizionali (carte baritate), poiché superflua nel
caso di impiego di supporti plastici (carte
politenate autosmaltanti).
Società Fotografica Italiana
Le adesioni alla nascitura S.F.I. vengono
raccolte, a Firenze, il 25 giugno 1887, in
occasione del banchetto offerto ai giurati
della Prima Esposizione Italiana di Fotografia. Il 9 febbraio 1889 viene costituita
una commissione per redigerne lo statuto,
mentre la S.F.I. viene ufficialmente costituita il successivo 6 aprile. Giacomo Brogi
è il vicepresidente; presidente è il senatore
Paolo Mantegazza, medico e antropologo,
appassionato di fotografia, di cui si serve
per le proprie ricerche scientifiche. La nascita della S.F.I. viene annunciata in forma
solenne il 26 maggio 1889, nell’aula magna del Regio Istituto di Studi Superiori,
davanti ad un uditorio numeroso e sceltissimo.
Società Fratelli Alinari
→ Alinari, Società Fratelli.
Soffietto
do i contorni, conferisce particolare morbidezza alle immagini in fase di → ripresa.
Solarizzazione (o effetto Sabattier)
Detta anche effetto Sabattier, dal nome di
Armand Sabattier, medico, scienziato e fotografo francese, che la descrive per primo nel 1862. Per «solarizzare» un’immagine in → positivo bisogna interrompere
lo → sviluppo prima del → fissaggio,
esporla per un certo tempo all’azione di
una luce bianca, proseguirne lo sviluppo.
Il primo ciclo di sviluppo lascia intatte le
luci più intense presenti nell’immagine,
mentre le zone d’ombra sono già — almeno parzialmente — sviluppate; con il
secondo ciclo di sviluppo le ombre anneriscono ulteriormente e le luci si differenziano in tutta una varietà di toni grigi. La
parziale inversione dei valori tonali così
ottenuta — detta pseudosolarizzazione —
conferisce all’immagine un effetto irreale, talvolta inquietante. La s. selettiva consiste nel far prendere luce, in fase di sviluppo, soltanto ad alcune zone dell’immagine, così da ottenere accostamenti particolari di elementi reali e irreali.
Soluzione
Miscela omogenea di due o più sostanze, per
la preparazione dei prodotti chimici impiegati nei trattamenti del materiale → fotosensibile.
Sia il manicotto pieghevole, a tenuta stagna
di luce, che serve per unire la piastra portaobiettivo e la piastra portapellicola negli apparecchi a → banco ottico; sia lo strumento
che, nelle riprese in → macrofotografia, permette di allontanare → l’obiettivo dal corpo macchina.
Sottoesposizione
Soft focus
Sottosviluppo
Espressione inglese, di accezione comune,
utilizzata per indicare la tecnica — caratteristica del → Pittorialismo — che, sfocan-
→ Sviluppo incompleto, che rende i → negativi poco densi e scarsi di → contrasto. È
il fenomeno opposto al → sovrasviluppo.
Effetto per cui l’immagine ripresa risulta
troppo scura, ottenuto chiudendo eccessivamente il → diaframma rispetto → all’illuminazione e alla → sensibilità della → pellicola. È il fenomeno opposto alla → sovraesposizione.
373
strumenti
Sovraesposizione
Effetto per cui l’immagine ripresa risulta
troppo chiara, ottenuto aprendo il → diaframma più del necessario. Alcune parti dell’immagine possono risultare sovraesposte
e apparire completamente bianche (o sfondate) anche nel caso in cui la ripresa sia stata effettuata in maniera corretta, a causa di
fonti luminose o di superfici riflettenti che
vanno opacizzate. È il fenomeno opposto
alla → sottoesposizione.
Sovraviluppo
→ Sviluppo eccessivo, che rende i negativi
molto → densi, troppo ricchi di → contrasto e di → grana grossa. È il fenomeno opposto al → sottosviluppo.
Spettro cromatico
L’insieme delle bande di colori nei quali la
luce bianca si scinde passando attraverso un
prisma. Alle due estremità dello s.c. si trovano le radiazioni infrarosse (IR) ed ultraviolette (UV), che, invisibili all’occhio umano, possono impressionare la → pellicola
fotografica.
Spot
Termine inglese per → proiettore.
Staffa
Accessorio impiegato per fissare il → flash
alla → macchina fotografica, tenendolo,
però, ad una certa distanza.
Stampa
Tanto il procedimento tecnico con cui, da un
→ negativo già passato attraverso il procedimento di → sviluppo, si ottengono sia il →
positivo sia i → duplicati del negativo stesso; quanto le copie su → carta, di numero
illimitato, ricavate mediante tale procedimento. Nella s. a contatto (o diretta) il negativo
viene appoggiato sulla carta sensibile, quindi il tutto viene esposto alla luce: in tal modo
la s. avrà il medesimo → formato del negativo. Nella s. per ingrandimento l’immagine
presente sul negativo viene proiettata sulla
374
carta attraverso → l’ingranditore: in tal modo
sarà possibile ottenere una s. di formato maggiore rispetto al negativo.
Stampa all’albumina
Procedimento, detto anche alla carta albuminata o carta all’albume, introdotto nel
1850 da Louis Blanquart-Evrard e rimasto
in uso a lungo. Su un foglio sottile di carta
di buona qualità viene spennellato uno strato di freschissimo bianco d’uovo, poi sensibilizzato con una soluzione acidificata di
nitrato d’argento. Il → fissaggio dell’immagine avviene nel consueto bagno di iposolfito; al quale, talvolta, per ottenere chiaroscuri più profondi e porporini, viene aggiunto cloruro d’oro. La superficie delle s. all’a., liscia e leggermente lucida, riporta una
grande varietà di toni ed una notevolissima
finezza di dettagli grazie all’azione → dell’emulsione; che, a differenza del procedimento su → «carta salata», non vi è incorporata ma stesa sopra.
Stampa al platino
Tecnica di → stampa che impiega una →
carta fotosensibile la cui → emulsione non
è composta dall’argento bensì dal platino,
che conferisce alle immagini una scala di
valori tonali estremamente differenziata, luci
più trasparenti ed ombre più delicate.
Stampa al sale
Primo procedimento utilizzato da Talbot per
i propri → disegni fotogenici.
Stampa con la pressa tipografica
Procedimento di → stampa per fotografie
che hanno origine da matrici fotosensibilizzate di metallo o di carta, subendo un procedimento analogo a quello usato per le fotografie stampate sulle riviste: una matrice
di carta per offset, trattata con → emulsione
fotosensibile, facendo passare la luce attraverso il → negativo abbinato ad una lastra
di vetro retinata, come per realizzare le ri-
glossario
produzioni a mezzatinta. Dopo un trattamento chimico, l’immagine si visualizza sulla
matrice in forma di bassorilievo: è proprio
nelle zone in rilievo che, durante la stampa,
il colore viene trasferito sulla carta.
Stampa in negativo
Procedimento di → stampa per cui occorre
ricavare una → diapositiva dal negativo originale, stampandolo su una → pellicola fotomeccanica; da questa copia positiva si
potrà poi ottenere la stampa in → negativo.
Con questa tecnica si realizzano immagini
di estrema semplicità, simili a silhouette:
effetto intensificato, talvolta, adoperando
pellicola fotomeccanica ad altro contrasto.
Durante questo procedimento l’immagine
può subire ulteriori manipolazioni, come una
solarizzazione selettiva — limitata, cioè, ad
alcune sue parti — o l’inversione dei toni.
Stampare
L’insieme dello svolgimento di tutte le attività finalizzate alla realizzazione di una →
stampa fotografica.
Stereoscopia
Meccanismo di visione tridimensionale delle
immagini fotografiche. A differenza del
meccanismo di visione umano — che è stereoscopico in quanto i due occhi, funzionando in simbiosi, a circa 6 cm l’uno dall’altro,
forniscono una visione tridimensionale della realtà — l’immagine fotografica è bidimensionale. Si sviluppa, cioè, lungo due
coordinate spaziali: l’altezza e la larghezza.
La visione fotografica è quindi piatta, priva
di una terza dimensione: il rilievo, proprio
della capacità visiva umana, che dà all’osservatore l’impressione della profondità di
campo. Il termine stéréoscopique compare
per la prima volta nel Traité d’optique del
gesuita belga François d’Aguillon, pubblicato ad Anversa nel 1613; che pare abbia
ispirato anche la costruzione, intorno al
1630, del primo apparecchio stereoscopico.
La voga della fotografia stereoscopica si
diffonde fulmineamente, tanto in Europa
quanto negli Stati Uniti, verso il 1860: due
immagini accoppiate, quasi identiche tra
loro, osservate attraverso il visore a doppia
lente dello stereoscopio, si fondono in una
sola, dando la stessa sorprendente impressione di rilievo che si avrebbe guardando il
soggetto originale.
Stereoscopio
Apparecchio per la visione in → stereoscopia delle immagini fotografiche.
Stereotipo
Termine italiano per → cliché.
Still-life
La ripresa in studio di qualsiasi soggetto
inanimato, di piccole e medie dimensioni:
oggetti, cibo, immagini astratte (finalizzate, per lo più, a creare un’atmosfera o a trasmettere stati d’animo). Spesso, allo scopo
di evidenziare il soggetto e sottolinearne le
forme, si rende necessario uno sfondo semplice, che non sia dominante e che non confonda i tratti essenziali del protagonista della
ripresa. È il → genere fotografico più adatto a pubblicizzare un prodotto, illustrare la
copertina di un libro e così via.
Stripping film
→ Pellicola fotografica avvolta su bobina,
consistente in un rotolo di → carta rivestita
di un sottile strato di → emulsione alla gelatina-bromuro; dopo essere stata sviluppata e fissata, può essere staccata dalla carta
ed essiccata su → lastra di vetro, permettendo così di tirare le copie in → positivo.
Tale sistema, messo a punto da George W.
Eastman e William H. Walker nel 1884 a
Rochester, richiede una particolare maestria:
poiché il → negativo tende a deformarsi
quando viene staccato dalla carta, molti fotografi preferiscono rispedire la pellicola alla
→ Eastman Company affinché provveda al
trattamento.
375
strumenti
Strobografia
Sia la → ripresa fotografica realizzata impressionando un unico → fotogramma con
il soggetto illuminato da una fonte luminosa artificiale, che emette una serie di → lampi in rapida sequenza; sia l’immagine fotografica ottenuta con tale tecnica, consistente in un fotogramma recante una serie di
immagini sovrapposte, utilizzate per lo studio dei movimenti.
Studio
→ Sala di posa.
Subjektive Fotografie (ovvero Fotografia Soggettiva)
Movimento fotografico d’avanguardia fondato da Otto Steinert, convinto della necessità di recuperare e di far rivivere in Germania il clima culturale del → Bauhaus, in cui
confluiscono i componenti di → Fotoform
e non solo. La prima esposizione si S.B. si
tiene nel 1951 a Saarbrücken e fa di Steinert un punto di riferimento internazionale.
Le fotografie «soggettive» sono immagini
fortemente individualizzate e creative, prive di qualunque intento narrativo o documentaristico, mai meramente riproduttive,
accomunate esclusivamente dallo stile: i
soggetti spaziano dall’astrattismo all’attualità, dalla natura morta al ritratto.
to dalla → Kodak durante la guerra del Vietnam, per ovviare al problema di trasportare
al fronte il materiale cinematografico necessario ad organizzare spettacoli per intrattenere le truppe statunitensi. L’apparecchiatura è leggera e poco ingombrante, →
l’emulsione della pellicola è molto sensibile, le immagini sono nitide e proiettabili su
grande schermo.
Supporto
Parte della → pellicola sulla quale è stesa
→ l’emulsione.
Surrealismo
Movimento artistico nato a Parigi nel 1924,
che si ripropone di esprimere un significato
al di sopra della realtà. I Surrealisti tentano
di conciliare i sogni con la realtà — le due
condizioni umane essenziali, apparentemente in conflitto tra loro — componendo una
«surrealtà», ovvero una realtà assoluta.
Sviluppare
L’insieme dello svolgimento di tutte le attività finalizzate alla realizzazione di un →
negativo fotografico.
Sviluppatrice (o tank)
Supercompatte
Contenitore a tenuta stagna di luce, in plastica o in acciaio, che consente di sviluppare una o più → pellicole con una ridotta
quantità di prodotti chimici in un ambiente
illuminato normalmente.
Macchine fotografiche lanciate sul mercato
alla fine degli anni Ottanta del Novecento
— alcune derivate dalle → monoreflex, altre dalle → compatte — caratterizzate dall’autofocus e dall’estrema automatizzazione, che offrono riprese rapide e facili.
Trattamento consistente in una serie di bagni
chimici, lavaggi e così via, con cui si rendono visibili e permanenti le immagini latenti
impressionate sulla → pellicola attraverso la
→ macchina fotografica.
Super 8
Formato ridotto da ripresa e da proiezione
che consente un uso più libero del mezzo
cinematografico, anche al di fuori del tradizionale sistema produttivo, affermatosi negli anni Sessanta come supporto ideale per
la cinematografia amatoriale. Messo a pun376
Sviluppo
Sviluppo colore
→ Sviluppo cromogeno.
Sviluppo cromogeno (o sviluppo colore)
Trattamento di → sviluppo per pellicole a
colori, in cui si formano contemporaneamente
l’immagine a colori ed un’immagine nera di
glossario
argento metallico. Quest’ultima viene poi eliminata attraverso un bagno di → sbianca, al
quale seguono il bagno di → fissaggio e il →
lavaggio finale in acqua corrente.
mati Looney Tunes della Warner Bros. In
materiale gommoso, è dotata di → flash,
otturatore elettronico e lente addizionale
incorporata per riprese ravvicinate.
Sviluppo istantaneo (pellicola a)
Telaietto
→ Pellicola impiegata nel sistema → Polaroid.
T
aglierina
Accessorio di precisione, utilizzato
per modificare le dimensioni dei fogli di →
carta fotografica. È composto da una lama e
da un piano rettangolare, sul quale vanno
collocati i fogli da tagliare. Nelle t. a lama
dritta, questa è incernierata su un lato del
piano; nelle t. a lama rotonda, questa scorre
lungo un asse. Mentre questi due tipi forniscono tagli rettilinei, altri permettono di ottenere stampe dai bordi frastagliati (in voga
fino agli anni Sessanta del Novecento).
Taglio
L’inquadratura di una → stampa, che può
essere diversa da quella del suo → negativo. Si ottiene sia ingrandendo parzialmente
il negativo, sia tagliandolo materialmente.
Un determinato t. può essere scelto tanto per
enfatizzare, quanto per escludere un elemento dall’inquadratura.
Struttura di supporto — in plastica o in cartoncino, con o senza vetri — per → diapositive.
Telefoto
Immagine fotografica trasmessa attraverso
un impianto di → telefotografia. Le t. vengono largamente utilizzate dalle agenzie di
stampa per far pervenire ai giornali, in tempo pressoché reale, le immagini con cui corredare gli articoli.
Telefotografia (o fototelegrafia)
Tecnica relativa alla trasmissione a distanza
di immagini fotografiche attraverso le linee
telefoniche o telegrafiche. L’immagine in partenza viene digitalizzata, ovvero analizzata da
un’apparecchiatura elettronica che la scompone in una serie di segnali elettrici. Questi vengono trasmessi a distanza, dove un analogo
apparecchio, compiendo l’operazione inversa, ricostruisce l’immagine in arrivo.
Tele-macro
Tipo di → teleobiettivo che consente riprese a distanza assai ravvicinata.
Talbotipia
Telemetro
Procedimento fotografico negativo-positivo
messo a punto da William Henry Fox Talbot grazie ai suggerimenti di John Herschel,
che, perfezionato alla fine del 1840, prende
il nome di → calotipia.
Dispositivo ottico-meccanico per misurare la
distanza tra la → macchina fotografica e il
soggetto della → ripresa, generalmente accoppiato al movimento di messa a → fuoco.
Tank
TAZ-Cam
Tipo di → obiettivo a lunga distanza → focale, che permette di riprendere soggetti lontani come se fossero vicini.
Macchina fotografica → Polaroid commercializzata nel 1999, pensata per i bambini e
camuffata sotto le fattezze di Tazmanian
Devil, celebre personaggio dei cartoni ani-
Scala, normalmente espressa in gradi →
Kelvin, impiegata per misurare numerica-
Termine inglese per → sviluppatrice.
Teleobiettivo
Temperatura colore (o temperatura cromatica)
377
strumenti
mente la qualità cromatica di una sorgente
luminosa.
l’obiettivo viene registrata, quindi, più rapidamente dai prodotti chimici.
Temperatura cromatica
Trasfocatore
→ Temperatura colore.
Termine italiano per → zoom.
Tempo di posa
Treppiede
Tempo durante il quale → l’otturatore rimane aperto, permettendo il passaggio della luce → dall’obiettivo alla → pellicola.
→ Cavalletto.
Termografia
Tecnica diagnostica consistente nella registrazione — su schermo o su → pellicola
— delle radiazioni infrarosse emesse da una
superficie cutanea, in grado di evidenziare
eventuali processi patologici di organi interni del corpo umano ma non situati troppo
in profondità.
Testata
Elemento mobile del → cavalletto, sul quale viene fissata la → macchina fotografica.
Through-The-Lens
→ TTL.
Tiosolfato di ammonio
Componente fondamentale del bagno di →
fissaggio.
Tiosolfato di sodio (o iposolfito di sodio)
Componente fondamentale del bagno di →
fissaggio.
Toner
Tricromìa
Procedimento consistente nel riprodurre
l’immagine di un oggetto nei suoi colori
naturali attraverso la sovrapposizione di tre
→ matrici, ciascuna dotata di uno dei colori
fondamentali (il giallo, il rosso e il blu).
Trucco
Qualsiasi intervento, effettuato in fase di →
ripresa o in fase di → sviluppo e stampa,
finalizzato ad alterare il realismo delle immagini fotografate.
TTL
Sigla dell’espressione inglese Through-TheLens. Indica che la lettura esposimetrica viene effettuata, letteralmente, attraverso
l’obiettivo.
U
nione Cinematografica
Educativa, L’
→ L.U.C.E.
V
elatino
Polvere impiegata nel procedimento di →
fotocopiatura a secco.
Tessuto leggerissimo, teso su una cornice rigida, che, tenuto a 50 cm dalla luce di
un → riflettore, la ammorbidisce.
Trappole per topi
VHS
→ Camere oscure modificate, di dimensioni minuscole — alcune non superano i 6
cm per lato — costruite, a metà Ottocento,
da William Henry Fox Talbot nel tentativo
di ridurre i tempi di → esposizione, dotate
di un obiettivo con una lunghezza → focale minima: la luce raccolta viene concentrata su una superficie ridotta, piuttosto che
disperdersi su una grande superficie; l’immagine più luminosa proiettata → dal378
Formato standard del → nastro magnetico
contenuto nella → videocassetta, corrispondente a mezzo pollice di larghezza.
Videocassetta
Supporto composto da un → nastro magnetico protetto da un’apposita confezione in
plastica, che, inserito in un apposito lettore
(il → videoregistratore), trasforma il segnale elettronico inciso sul nastro in immagini
in movimento visibili sullo schermo del te-
glossario
levisore. Funziona attraverso poche operazioni elementari studiate apposta per consentirne l’utilizzazione da parte del numero
più ampio di persone, bambini compresi. Il
nastro magnetico, a differenza della pellicola, è economico, pratico e riciclabile: non
ha bisogno di sviluppo e stampa e, nel caso
di errore, si può riutilizzare registrandovi
sopra altre immagini.
Videoregistratore
Apparecchio per la registrazione e la riproduzione delle immagini elettroniche contenute sul → nastro magnetico della → videocassetta. I primi esemplari di v. per uso professionale vengono introdotti, nel 1956,
dalla società statunitense Ampex.
dalla società giapponese Kyocera, dotato di
un micro obiettivo fotografico che consente
di scattare foto a colori da trasmettere in diretta tramite il display del telefonino.
Vortografia
Sia il procedimento per ottenere un’immagine multipla, priva di colore, in cui predominano le forme astratte, realizzata mediante il → vortografo; sia l’immagine fotografica ottenuta mediante tale procedimento.
Vortografo
Apparecchio fotografico messo a punto da
Alvin Langdon Coburn verso la fine del
1916, composto dalla combinazione di tre
specchi a forma di prisma.
Videotape
Termine inglese per → nastro magnetico.
Vignettatura
In fase di → ripresa è l’oscuramento degli
angoli di un → fotogramma, causato da un
→ paraluce o da un → filtro non adeguati
→ all’obiettivo; in fase di → stampa è l’inserimento del soggetto — di solito un ritratto — in un ovale sfumato.
Viraggio
Procedimento meccanico monocromatico per
la → colorazione della → pellicola. L’argento metallico, uno degli ingredienti dell’immagine impressionata sulla pellicola, viene
sostituito con un sale colorato che agisce soltanto sulle parti scure dell’immagine. L’intero → fotogramma viene, poi, trattato con una
tintura per ottenere colorazioni omogenee.
Visore
Piccolo apparecchio, simile ad un binocolo,
illuminato internamente, che consente ad
una sola persona per volta di osservare →
diapositive attraverso una lente d’ingrandimento.
Visual-phone
Assemblaggio tra fotocamera digitale e telefono cellulare, commercializzato nel 1999
X
erografia
→ Fotocopiatura a secco.
Xilografia
Procedimento manuale di incisione su legno
per la riproduzione di immagini. Un disegnatore copia un disegno — a volte invertito — su un blocco liscio, generalmente in
legno di bosso; un abile artigiano elimina
poi tutta la superficie, tranne i contorni che
devono essere stampati; il blocco finito viene premuto in argilla morbida per ricavarne
un calco, nel quale viene versato del metallo fuso. Il → cliché così ricavato viene impiegato per la stampa e può essere utilizzato per migliaia di copie. Le x. presentano le
linee dritte e pesanti accentuate, mentre le
zone d’ombra sono indicate da un tratteggio.
Y
ou press the button, we
do the rest!
Letteralmente Premete il bottone, facciamo noi il resto!, slogan adoperato da George W. Eastman per lanciare sul mercato,
nel giugno del 1888, l’apparecchio → Kodak N. 1.
379
strumenti
W
ebCam Go
La prima telecamera, che, staccata
dal computer, si trasforma in una videocamera digitale in grado di scattare fotografie
a colori, commercializzata nel 1999. Dotata
di un’autonomia di carica e di una memoria
che le permettono di scattare fino a trecento
immagini e di archiviarne oltre novanta, può
essere collegata al pc senza cavi o fonti di
alimentazione esterne.
Weegeescopio
Accessorio messo a punto negli anni Cinquanta dal → fotoreporter statunitense Weegee (1899-1968), consistente in un caleidoscopio, che, applicato alla → macchina
fotografica, permette di ottenere più riflessi
della stessa immagine.
incorporate — che provvede a far avanzare
automaticamente la → pellicola ad ogni →
scatto e a riarmare → l’otturatore. Alcuni
w. consentono scatti singoli o in sequenza e
il riavvolgimento automatico della pellicola.
Z
oom
Sistema ottico a capacità → focale variabile della → macchina fotografica, costituito da tre complessi di lenti.
Zooprassinoscòpio
Espressione inglese per → imbibente.
Apparecchio messo a punto da Eadweard
James Muybridge nel 1881 per proiettare su
uno schermo le istantanee dell’andatura di
un cavallo in corsa, effettuate nel 1877, raccolte su un’unica striscia di carta fotografica.
Winder
Zumata
Wetting agent
Motore ausiliario della → macchina fotografica, elettrico — alimentato da batterie
380
Variazione di → focale, quindi di → campo, ottenuta con l’impiego dello → zoom.