Diario di Viaggio in Spagna – Valencia e Sagunto

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Diario di Viaggio in Spagna – Valencia e Sagunto
Diario di Viaggio in Spagna – Valencia e Sagunto
Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
Il piacere di viaggiare non si esaurisce mai… quando poi si viaggia con amici cari che hanno la
nostra stessa disposizione mentale, è ancora più bello, si unisce il piacere di vedere, di capire,
di arricchire le proprie conoscenze con quello di stare insieme e di sentire le stesse emozioni.
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Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
La Spagna può essere considerata una meta scontata, ma è sempre un
luogo interessante, in ogni regione, in ogni città.. E’ un luogo ricco di
“incontri” con la storia, con l’arte, nella sua massima espressione del
moderno e del barocco che vediamo sorprenderci già in ogni via, in ogni
piazza, nei palazzi, nelle chiese di ogni angolo remoto…
In questo breve viaggio con i nostri amici, io ed il mio compagno siamo
stati attirati da quella zona che in passato veniva chiamata con il nome
impreciso di Levante, una regione che è in fondo l’oriente della penisola
iberica, i cui rilievi aridi e suggestivi scendono a gradini fino alla pianura
del litorale del Mediterraneo.
E l’emozione è iniziata già a casa, quando insieme, a tavolino, abbiamo
puntato lo sguardo su Valencia, la città principale del Levante… la terza
città della Spagna!
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Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
La storia di questa città mi è apparsa
alquanto burrascosa, ricca di colpi di
scena
che
vanno,
in
parte
sommariamente ricordati: fondata dai
Romani nel 138 a. C. fu poi, dopo la
caduta dell’impero romano, conquistata
dai Visigoti, poi ancora subì l’invasione
araba e berbera.. infine arrivò il mitico
Rodrigo Diaz e bisogna dire che
Valencia deve i suoi quarti di nobiltà
proprio al grande Cid Campeador, che la
strappò agli Arabi nel 1094 e che vi
morì, lasciandola poi nella mani
dell’adorata moglie Chimene.
In seguito la città non visse un periodo
tranquillo perché venne riconquistata
dai Mori fino a quando non fu ripresa
definitivamente in seno alla cristianità
da Giacomo I d’Aragona nel 1238.
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A causa della sua ricca storia e delle varie
culture che l'hanno interessata, la città di
Valencia è di per sé un museo a cielo aperto, ma
un museo disparato, vario, in cui abbiamo visto
coabitare edifici monumentali centenari,
insieme a bellissime costruzioni avveniristiche,
ultramoderne.
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Le nostre giornate sono iniziate con la visita del centro dove era anche ubicato il nostro hotel…
carichi di entusiasmo, siamo partiti a piedi, dalla famosa Plaza del Ayuntamiento, centro
nevralgico della città, affollata sempre di gente, a qualsiasi ora del giorno..
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...abbiamo seguito il suo percorso triangolare allietato da alberi e bancarelle di fiori con al
centro una grande fontana zampillante una serie di getti d’acqua.. decisamente rinfrescanti
se ci si avvicinava troppo!
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Il percorso era dominato da una serie di maestosi edifici bianchi, luminosi, alcuni
classicheggianti, altri barocchi.. altri ancora modernisti, senza uno stile ben definito, ma
piuttosto “eclettico”.
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Alzando lo sguardo verso l’alto abbiamo subito
ammirato il palazzo del Comune, un edificio degli
inizi del XIX secolo, fiancheggiato da torrioni
circolari coronati da cupole ellittiche ricoperte di
ceramica vetrata.. con una bella torre centrale
dotata di un orologio che scandiva le ore al suono di
un delizioso carillon, ed una grande balconata dove
certamente i notabili dalla città assistevano alle
feste, alle processioni che si svolgevano nella
piazza sottostante.
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A questo punto quel “fanciullino” che alberga nel profondo del cuore di tutti noi… ci ha
spinto a salire su un simpatico trenino per un piccolo giro del centro.. la giornata bella e
l’aria tiepida, erano una specie di lasciapassare valido per qualsiasi cosa rallegrasse il nostro
spirito.. per cui ci siamo divertiti un mondo e nello stesso tempo abbiamo preso un primo
contatto con alcuni monumenti della zona.
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Subito ci è apparsa la Plaza de Toros, inaugurata nel 1917, all’apparenza simile ad un
anfiteatro romano, ma in effetti con uno stile che rispecchiava la moda dell’epoca, il neoclassico. L’insieme era armonico con quattro gallerie di mattoni ad archi ellittici a tutto
sesto. La bellezza dell’esterno però contrastava, a mio avviso, con lo spettacolo meno bello e
un po’ cruento che regolarmente si svolgeva al suo interno…
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Discesi da quel mini trenino folcloristico ci siamo, più
seriamente, dedicati alla scoperta della città
attraversando magicamente i vari secoli, indirizzati
verso alcune delle chiese più rappresentative, tra cui
quella di San Martino. Ci siamo così trovati immersi
nella gloriosa storia della cristianità spagnola, i cui
monumenti sacri, preziose testimonianze storiche, si
fondevano ormai visibilmente con la quotidianità della
vita degli spagnoli.
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Ecco allora la prima sosta alla bella chiesa di Santa Catalina che sorgeva sui resti di
un’antica moschea risalente al periodo musulmano.
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L’interno a tre navate, sostenute da contrafforti laterali dove si intravedevano tra le volte e gli
archi, le diverse cappelle… mi è apparso suggestivo. Lo stile prevalente, in quella miscela di
influenze architettoniche, era senza dubbio, quello gotico con i soffitti altissimi e gli spazi ampi
in una atmosfera di penombra che definirei armonica tale da sfumare i contorni dei dipinti,
delle vetrate, delle statue.
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Accanto alla chiesa si ergeva alta e snella.. una bellissima torre barocca di 40 metri, a base
esagonale. Guardandola dal basso in tutta la sua estensione verticale incuteva un certo
rispetto.. era divisa in quattro sezioni uguali e in cima spiccavano nella sezione campanaria
alcune deliziose colonnine elicoidali.
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Sempre con il morale alle stelle non abbiamo esitato ad affrontare la fatica della salita.. su, su
con il fiatone grosso abbiamo arrancato su quegli alti e diseguali gradini che ci costringevano in
uno stretto percorso rotatorio che sembrava non finire mai.
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Poi quando siamo arrivati in cima il panorama della città ai nostri piedi ci ha ripagato di ogni
fatica. Era bello, rilassante, pur tra mille voci, osservare tutto ciò che ci circondava… isolare i
dettagli che contavano, estrarli dal flusso generico… vedevamo la cattedrale che avremmo
visitato più tardi, con la sua torre campanaria, le piazze, i bei palazzi.. tutto mentre il vento ci
sbatacchiava con forza, senza alcun riguardo.
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Un po’ frastornati siamo discesi dal campanile e ci siamo diretti in una via laterale per
visitare il famoso Palazzo del “Marqués de Dos Aguas” un gioiello in stile rococò, noto
anche per il suo esuberante ed estroso portale d’ingresso.
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Di pianta quadrangolare irregolare con torri in ogni angolo il “Palacio” ci è apparso subito
maestoso anche se per ammirarlo meglio avrebbe dovuto avere intorno a sé molto più spazio.
La spettacolare facciata di alabastro rappresentava ovviamente allegorie sull’acqua e sui
fiumi.. in alto si notava la statua della “Virgen del Rosario”.
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Dalla
statua
della
Vergine
discendevano due cascate di
acqua.. in allusione al titolo dei
marchesi.
Ai lati della porta troneggiavano
due figure gigantesche, degli
atlanti michelangioleschi, ripiegati
su se stessi, pensosi, che
simboleggiavano proprio i due
fiumi che fertilizzavano i campi di
Valencia, il Turia ed il Jùcar.
Il palazzo ospitava il bellissimo
museo
delle
ceramiche
che
purtroppo, a causa degli orari
sballati, non abbiamo potuto
visitare.
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Ci siamo diretti allora verso la grandiosa
Cattedrale, il simbolo religioso per
eccellenza della città, risultato di una serie
di rifacimenti e aggiunte che andavano dal
1261 al XVIII secolo.
La sua imponenza si notava soprattutto nella
vastità della superficie occupata e dalle
differenti
tendenze
architettoniche..
potevamo infatti passare, senza alcun
problema, dallo stile romanico a quello
gotico fino a quello barocco spagnolo.
Siamo entrati attraverso la “Puerta de los
Hierros”, l’accesso principale, realizzata in
puro stile barocco. Il nome “dei ferri” era
dato dalla cancellata appunto in ferro che la
proteggeva.
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Le sculture sulla porta erano dedicate
all’esaltazione della Vergine e dei santi
valenciani.. la sua forma concava dava
un’illusione ottica di maggior spazio, mentre
in realtà tutto il portale pur alto 36 metri,
non
era
particolarmente
esteso
in
larghezza.
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L’interno della Cattedrale ci è apparso
altrettanto
maestoso
nella
sua
struttura a croce latina, ma nello stesso
tempo, armonico e semplice, con tre
navate come era caratteristico nelle
chiese romaniche. Il retablo maggiore
presentava una bella statua della
Vergine fiancheggiata da trittici con
scene della sua vita…
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...ma l’attrattiva principale sia per i fedeli che per i turisti era la Cappella medioevale del
Santo Graal con il suo calice. Si riteneva infatti che la coppa risalente al I secolo a.C.
conservata in una teca, fosse quella che Gesù aveva utilizzato per bere durante l’ultima cena.
Intorno alla teca della sacra coppa, riluceva anche qui, un grande altare in alabastro..
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Usciti all’esterno abbiamo seguito
un percorso circolare attorno alla
Cattedrale per poter ammirare le
altre porte: quella dei dodici
Apostoli,
in
stile
gotico,
bellissima, che risaltava sulla
parete in mattoni con le sculture
dei dodici fedeli compagni di
Gesù…
...con i suoi tre archi fioriti,
arricchiti da statuette di angeli,
santi, profeti, il portale era poi
incoronato, in alto, da un grande
rosone con la stella di Davide.
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Proseguendo, nella parte posteriore della
chiesa ci è apparsa la terza porta, la più
antica della Cattedrale, chiamata del
Palau, più semplice, ma non per questo
meno bella… si affacciava su una piccola
piazza dove
si trovava il palazzo
dell’Arcivescovado,
sul
cui
balcone
principale spiccavano unite le bandiere di
Valencia, di Spagna e del Vaticano.
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Sopra la porta in stile romanico, si potevano
vedere quattordici piccoli volti con delle
brevi iscrizioni che indicavano i nomi di
ciascuno.. i bassorilievi mi hanno stupito
molto perché erano i visi di sette coppie
che si erano unite in matrimonio allo scopo
di ripopolare Valencia dopo la riconquista
cristiana da parte di Giacomo I.
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A questo punto alcuni di noi non hanno
saputo
resistere…
accanto
alla
cattedrale svettava El Miquelet o più
semplicemente il Miguelete, la torre
campanaria in stile gotico, a forma
ottagonale, uno dei monumenti più
caratteristici della città… alta ben 51
metri… come si poteva non salire?
Allora è iniziata l’impresa eroica,
l’arrancamento faticoso su per i 207
gradini di una stretta scala a
chiocciola.. ma anche questa volta la
bellezza del panorama della città che
si dispiegava a ventaglio davanti a noi..
che abbiamo ammirato con il cuore
che batteva incessantemente… ci ha
ripagato di tutta la fatica..
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Quando si è in un gruppo di amici
affiatati, l’allegria è sempre contagiosa
e in più la città di Valencia invitava alla
gioia ed alla spensieratezza per cui,
anche se le gambe tremavano un po’ per
la discesa dal Miguelete, desideravamo
tutti continuare a vedere, a scoprire
nuovi angoli, scorci particolari.
Paulo Coelho dice bene: “Se siamo allegri
vuol dire che stiamo percorrendo il
cammino giusto”… allora perché non
abbandonarsi ad uno sprazzo di follia
per le vie del centro? Ad un tentativo,
più o meno riuscito, di ballo per meglio
corrispondere all’atmosfera spagnola?
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A parte gli scherzi simpatici, intorno alla
cattedrale abbiamo ammirato gli antichi
palazzi e alcune chiese di cui non ricordo il
nome, che si stagliavano nitide con i loro
campanili elaborati, contro l’azzurro intenso
del cielo.
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Siamo così arrivati, sempre nelle vicinanze della Cattedrale, in “Plaza de la Virgen”, il cuore
del centro storico di Valencia, dove, si affacciava, tra monumentali costruzioni il possente
palazzo gotico “de la Generalidad”, sede del Governo autonomo.
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Un lato della piazza era occupato anche dalla Basilica della “Nostra Signora degli
Abbandonati”, una delle più venerate chiese della città.
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Completava la suggestiva piazza, facendo bella mostra di sé, la
originalissima fontana chiamata “La Fuente del Turia”.
La fontana era molto particolare.. al centro della grande vasca, sopra un
piedistallo era collocato, in posizione distesa, ma con il torace sollevato
che poggiava su un gomito, un enorme uomo barbuto, che simboleggiava il
fiume Turia, le cui acque erano sempre state importanti per la vita della
città.
Inoltre la grande statua del Turia sosteneva un “corno dell’abbondanza”
pieno di frutta che indicava la ricchezza dei tempi antichi e attorno, ai
bordi della fontana, se ne stavano otto statue di nude, belle fanciulle,
una diversa dall’altra, con un’anfora in mano da cui fuoriusciva altra
acqua… esse reppresentavano le otto “acequias”, cioè i canali di
irrigazione degli orti di Valencia che ricevevano l’acqua proprio dal fiume
Turia!
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Un’altra perlustrazione dopo lauti pranzetti nei ristoranti per gustare la “paella valenciana” con
sangria, le tapas.. è stata nell’antico “Barrio del Carmen” uno dei quartieri storici della città.
Nel periodo medioevale era stato un rifugio degli arabi che da luogo fatiscente, l’avevano
trasformato in un quartiere aristocratico e ricco di costruzioni, palazzi con deliziosi patii,
piccole fontane al centro di piazzette quasi romantiche…, come la “Plaza del Negret”, e tale era
rimasto anche dopo la riconquista cristiana.
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Quando poi nel 1356 Pedro II aveva sentito
la necessità di migliorare le fortificazioni
della cinta muraria della città, per
difenderla da un possibile ulteriore attacco
dei musulmani, erano nati i due monumenti
storici più interessanti del Barrio del
Carmen… le due Torri, porte di accesso e di
comunicazione della città con l’esterno
attraverso l’antica muraglia.
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Ecco allora la Porta de Serranos o Torre di Serranos,
cioè “dei montanari”, una splendida e monumentale
costruzione situata a nord della città, chiamata così
perché riceveva l’accesso dei montanari provenienti
da Sagunto-Barcellona. Più avanti si ergevano “Las
Torres de Quart”, impressionanti, erette un po’ più
tardi in stile tardo gotico militare, che richiamavano
alla memoria le fattezze del Maschio Angioino di
Napoli e che recano ancora i segni delle cannonate
dell'esercito napoleonico.
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A Valenza però un’intera giornata doveva assolutamente essere dedicata alla “Città dell’arte e
della scienza”, estesa per buona parte sul letto prosciugato del Turia, nella parte meridionale.
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Il luogo era decisamente avveniristico, incredibile, solare, circondato da bellissimi specchi
d’acqua, un luogo che lasciava subito senza fiato per la meraviglia. Ci siamo arrivati in bus e
quando siamo scesi, ci siamo fermati per un attimo, in silenzio, dato che eravamo totalmente
affascinati da tutto quello che ci circondava..
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Il calore del sole mitigava il venticello pungente di fine Dicembre… eravamo tutti avvolti da una
luce accecante che invadeva e penetrava nell’animo come un balsamo.
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Spiccavano in quel mondo moderno, in quel paesaggio onirico e quasi stregato di cemento armato
e acciaio che superava i confini del presente e ci proiettava con forza verso un possibile futuro,
quattro grandi edifici, progettati e curati quasi tutti dal grande architetto valenciano Santiago
Calatrava.
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La costruzione più stupefacente era
sicuramente “l’Hemisferic”.. un’enorme
cupola che, da lontano, era visibile come
un grande occhio con tanto di ciglia e
bulbo oculare che guardava e scrutava il
mondo. Quell’incredibile ed ingegnoso
effetto ottico era amplificato dallo
specchio d’acqua alla sua base, che ne
rifletteva i contorni insieme ai raggi
dorati del sole che sembravano creare
una superficie tempestata di lustrini.
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Ed anche il ponte “L’Assut de l’Or” con la sua forma caratteristica di una vela spiegata al vento,
tipica di tutti i ponti di Calatrava, era spettacolare.. pareva esibirsi con orgoglio, elegante con
quei tiranti di ferro bianch1 e cilindrici che svettavano nel cielo di Valencia.
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Dall’alto poi ci permetteva di vedere, nella giusta prospettiva, l’unione tra il palazzo delle
scienze e l’emisfero, che insieme sembravano formare lo scheletro di un dinosauro: la coda
era rappresentata dal palazzo delle scienze, mentre la testa dall’emisfero.
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Vicino a quel Planetario si trovava il “Museo de las Ciencias Principe Felipe” che ricordava,
come ho detto prima, lo scheletro di un dinosauro.
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Suddiviso su tre piani, praticamente
era un museo interattivo di grande
efficacia didattica, un luogo ludico e
culturale, sorprendente dunque, non
solo per le sue caratteristiche
architettoniche, ma anche per la sua
immensa capacità di divertire,
insegnare
ed
emozionare
promuovendo la partecipazione dei
visitatori..
Anche noi ci siamo cimentati, con
grande entusiasmo, in alcuni test
della memoria, del rilassamento
cerebrale,
della
forza
di
concentrazione…
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Anche il “Palau de les Arts Reina Sofia” adibito alle rappresentazioni di qualsiasi tipo di opere,
concerti, musical, danze e commedie.. era impressionante con i suoi 70 metri di altezza in una
costruzione divisa in quattro sale indipendenti.
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Il quarto polo d’attrazione della città della scienza era il “Parco Oceanico” o meglio
“l’Ocenografic”, considerato uno dei più grandi acquari del mondo.
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L’aspetto architettonico di questa costruzione con il tetto a forma di ninfea, con cupole che
parevano ondeggiare al cielo, era stata curata da Felix Candela, ma non aveva nulla da invidiare
rispetto alle altre costruzioni di Calatrava.
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L’Ocenografic” era un’enorme città
sottomarina che presentava gli
ecosistemi marini di tutto il mondo..
l’esterno era già suggestivo di per se
stesso, con stagni dove se ne stavano
tranquilli eleganti fenicotteri, spazi di
verde.. ma varcata la soglia si entrava
in un altro mondo.
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Si percorreva uno stretto tunnel fiancheggiato da vasche di pesci di ogni tipo e dimensione…
sembrava di camminare nell’oceano, sembrava di vivere un’avventura unica.
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I pesci sinuosi, grandi e piccoli, volteggiavano intorno a noi, qualcuno ci fissava, forse curioso,
forse indifferente, chiuso nel suo mondo e noi allungavamo la mano quasi per accarezzarli e ci
perdevamo incantati ad osservarli.
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Se poi ci si abbandonava alla fantasia, in
quell’atmosfera di luce tenue e soffusa
si poteva anche immaginare di essere in
un sottomarino, in pieno oceano, e
sentire il frastuono delle onde, il cupo
rimbombo del motore che procedeva in
quella massa d’acqua, si potevano anche
avvertire gli schiaffi dell’acqua contro
lo scafo.. ma quelle erano solo sensazioni
immaginarie!
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Ritornando alla realtà presente abbiamo continuato a procedere in quel corridoio virtualmente
immerso proprio nell’oceano, tra banchi di coralli e pesci tropicali.
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Bello e divertente è stato anche lo spettacolo nella vasca dei delfini. Vederli saltare,
volteggiare nell’aria e tuffarsi poi nell’acqua azzurra del loro laghetto.. così intelligenti,
vivaci e simpatici… era un vero piacere.
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Le loro evoluzioni erano certamente frutto
di
duro
lavoro
da
parte
degli
ammaestratori, eppure quelle creature
acquatiche sembravano libere, naturali,
felici, sembravano degli attori consumati
che si esibivano davanti ad un pubblico
attento, con un certo orgoglio gioioso..
saltavano, uomini e delfini, scivolando
sull’acqua,
in
acrobazie
all’unisono,
veramente incredibili... che meraviglia!
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In quell’avveniristico complesso della città
delle arti e delle scienze non potevamo
dimenticare l’Agorà, una “piazza” come
diceva il nome in greco, un’altra costruzione
particolare, simile al guscio chiuso di una
conchiglia, che racchiudeva uno spazio
versatile per lo svolgimento di feste e
manifestazioni varie.. un ambiente dunque
per parecchie funzioni che poteva essere
convertito anche in uno spazio espositivo.
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Abbiamo infine costeggiato L’Umbracle.. una
struttura con una copertura trasparente,
lunga 300 metri, che permetteva di osservare
il cielo captando i raggi del sole… una specie
di serra dove abbondavano varie specie di
piante tropicali che potevano sopravvivere
grazie al clima artificiale, caldo, al suo
interno. Il desiderio di Calatrava era stato
proprio quello di ricreare l’atmosfera magica
e romantica dei giardini d’inverno europei.
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Essere a Valencia e non arrivare al mare era un delitto.. per cui, ben due volte, ci siamo spostati
verso il porto, verso la Marina Real, verso le belle spiagge di Las Arenas per poter camminare
nella sabbia, per arrivare a toccare l’acqua del mare, per gustare il calore del sole che a Dicembre
era una vera pacchia!
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Inoltre lungo la passeggiata marittima parallela alla spiaggia abbondava una serie infinita di
ristoranti dove abbiamo potuto assaggiare alcune delle specialità della cucina valenciana.. e
questo aspetto invitante del viaggio non ci dispiaceva per niente!
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Ma poi l’emozione di porre i piedi sulla sabbia ci ha assalito.. la spiaggia in
tutta la sua estensione era diventata un simbolo di libertà.. abbiamo
camminato fino al mare lasciando visibili le orme diverse delle nostre
scarpe da ginnastica.
Avremmo voluto toglierle e camminare nell’acqua come vedevamo fare ad
alcuni valenciani, ma, a dire il vero, non ne abbiamo avuto il coraggio,
condizionati forse dal fatto che, nonostante il sole alto nel cielo, era
inverno e l’aria era gelida.
Eppure davanti all’immensa distesa del mare siamo stati tutti presi dalla
rete del suo fascino.. abbiamo ascoltato il suono delle sue onde che si
frangevano a riva, abbiamo esteso lo sguardo immaginando mondi lontani..
i riflessi di altre vite.. poi tornati con i piedi a terra, abbiamo camminato
allegri e spensierati pregustando il succulento pranzetto in riva al mare.
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Altri giorni, altre peregrinazioni per la città.. tante, troppe le cose da vedere, ed ogni giorno
scoprivamo qualche nuovo angolo, qualche monumento, qualche chiesa dimenticata.. ricordo per
esempio il quartiere del mercato, uno dei più frequentati e affollati di Valencia con il grandioso
Mercato Centrale Coperto, uno dei palazzi più significativi del modernismo spagnolo, ricco al suo
interno di tutti i prodotti regionali.
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Di fronte al Mercato s’innalzava bellissima la facciata della Lonja, la Borsa Merci, un
palazzo che lasciava proprio senza fiato per la sua ricercata eleganza.. costruito nel 1469,
era un po’ il risultato della prosperità commerciale della città.
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La torre merlata che vedevamo spiccare al
centro era in puro gotico fiammeggiante, ma
tutto il complesso esprimeva una sorta di
forza e imponenza. Anche qui avremmo voluto
visitare l’interno che ci avevano descritto
bellissimo, ma disguidi sugli orari ce l’hanno
impedito, per cui ci siamo limitati ad una
visita esterna.
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Completava la monumentalità della Piazza
del Mercato la ricca chiesa barocca di Los
Santos Juanes e guardandola ci si stupiva
del fatto che la struttura primitiva, del
1368, fosse stata in puro stile gotico.
L’aspetto attuale era il frutto di vari
rimaneggiamenti avvenuti nei secoli
successivi, a causa dei molteplici incendi
che aveva subito.
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Quante cose da vedere e quante avventure in questo breve soggiorno a Valencia! Ricordo con
piacere quella relativa alla passeggiata attraverso i giardini che occupavano, addirittura, il letto
prosciugato del fiume Turia. Lasciato il centro cittadino ci siamo avventurati gioiosamente in
quel serpente verde ricco di piste ciclabili, di alberi, di parchi giochi, di centri sportivi.. un’oasi
di pace e di relax!
Diario di Viaggio in Spagna – Valencia e Sagunto
Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
Il percorso è stato molto piacevole, si snodava attraverso sentieri tracciati tra piante che
avevano bisogno di essere da noi sostenute, da palme.. sembrava di essere in un mondo diverso,
mentre a pochi metri la vita di una grande città scorreva indisturbata.
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Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
Se poi volgevamo lo sguardo in alto
trovavamo i numerosi ponti.. alcuni
provenivano dal passato barocco ed erano
quasi monumentali, arricchiti da statue,
altri più moderni, di recente costruzione
avevano lo scopo di attraversare quel
polmone verde.
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Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
Durante la passeggiata ci siamo anche avvicinati alle Torri di Serranos, sempre monumentali e
integre nella loro possanza, allora ci siamo sentiti piccoli, piccoli al loro cospetto, ma le abbiamo
salutate come vecchie conoscenze amiche!
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Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
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Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
Lungo la via principale alberata sorgeva il
Real Monasterio de la Santisima Trinidad,
un edificio di grande importanza storica,
fondato dalla reggente Maria Cristina di
Castiglia, nel 1242, come convento delle
Clarisse e divenuto poi nel XV secolo un
centro culturale, non solo religioso.
Ora il convento era abitato ancora dalle
monache che lo aprivano solo ad orari
prestabiliti.. che non erano i nostri
possibili.. per cui non abbiamo potuto
visitare il suo interno ed il Museo, ma
abbiamo ammirato, dal cancello, la
facciata della chiesa, costruita in
muratura in stile gotico fiammeggiante e
la porta d’ingresso, del XV secolo, su cui
spiccava un bellissimo tondo di ceramica
rinascimentale.
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Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
Una delle ultime giornate del nostro breve, ma intenso viaggio è stata dedicata all’escursione in
treno alla vicina cittadina storica di Sagunto. Avvolti da quell’atmosfera di allegria condivisa, in
un gruppo affiatato, ci siamo proiettati alla stazione, abbiamo controllato gli orari e… via.. in
poco più di venti minuti ci siamo ritrovati a Sagunto.
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Subito ci è apparsa, situata su una collina della Sierra Calderona, dominare dall’alto, l’Acropoli
con il Castello, testimonianza tangibile di 2000 anni di storia della città.. con resti, più o meno
conservati, risalenti alle varie civiltà che avevano occupato quel territorio.
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Ne abbiamo ripassato, brevemente, le vicende: fondata, con il nome di
Arse, nel V secolo a.C. dagli Iberi, la città visse un periodo prospero,
sviluppò una grande attività commerciale sia con i Greci che con i Fenici, e
vide innalzare anche le imponenti mura di difesa, che potevamo
intravedere, ridotte purtroppo a ruderi, durante la nostra salita.
Poi arrivò l’invasione dell’esercito cartaginese di Annibale nel 219 a.C., che
la distrusse dopo un lungo assedio. È emblematico il fatto che tutti gli
abitanti, per non cadere nelle mani degli invasori, preferirono suicidarsi in
massa! Dopo la seconda guerra punica arrivarono i vincitori Romani e così
iniziò un secondo periodo di ricchezza e splendore della nuova “Saguntum”.
Ma la pace era un dono troppo incredibile per quella città… infatti le
successive ondate di barbari, Goti e Bizantini la ridussero di nuovo in
disgrazia. Nell’ VIII secolo passò sotto il dominio arabo, poi arrivò il Cid
Campeador.. ma riuscì a tornare definitivamente in mano cristiana solo con
Giacomo I nel 1238.
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Dopo questo primo apprendimento culturale ci siamo dedicati alla visita del castello salendo
attraverso uno stretto viottolo ciottoloso. Ogni tanto qualche scorcio della cittadina ai nostri
piedi ci faceva fermare.. ma forse tutto era una scusa perché avevamo il fiatone grosso per
l’arrancamento e le risate di gruppo!
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Finalmente dopo aver costeggiato i ruderi delle antiche mura protettive siamo arrivati al
Castello che si estendeva per quasi un chilometro.. al suo interno abbiamo subito notato ampi
spazi circondati da mura di tracciato romano e medioevale..
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La Plaza de Armas era il nucleo più antico del castello… erano visibili ancora i ruderi di
parte del foro romano ed un pozzo dell’epoca e poi ancora resti di templi e colonne.
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Poi, attraverso un grande portale, ci siamo immessi nella seconda delle grandi sette piazze
del complesso, quella della Conejera dove erano evidenti i resti dell’occupazione araba…
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Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
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...e da uno spalto delle mura merlate
abbiamo
goduto
del
magnifico
panorama sulla fascia costiera della
città.. riuscivamo anche a vedere
parte dell’antico teatro romano...
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Essendo l’Acropoli disposta su vari terrazzamenti, ci siamo spinti attraverso un viottolo
verso il fianco orientale del castello per visitare altri resti , un piccolo museo con tante
iscrizioni sui ruderi, lapidi, colonne, lasciate dai vari occupanti la città… che non sono stati
pochi!
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Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
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Camminavamo tutti allegri, posando il piede su quelle pietre centenarie
dove Iberi, Cartaginesi, Romani, Arabi.. erano passati.. anche loro
avevano calpestato quel suolo ed allora mi sembrava quasi di sentire le
loro voci, i loro inni di battaglia, il loro coraggio, il loro dolore.. quanti
secoli scorrevano ai nostri piedi… attorno a noi… e tutto era passato, la
loro grandezza e le loro gesta potevano ormai leggersi solo sui libri di
storia!
Ricordo che, nonostante la consapevolezza del fuggire veloce e
inesorabile del tempo, eravamo tutti molto contenti, sentivamo il
piacere di esistere, di vedere tutto quello che ci circondava, di
conoscere la grandezza del passato e ad ogni passo, il piacere
diventava sempre più vivo e si trasformava in allegria collettiva fatta
di battute e di buonumore!
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Abbiamo poi lasciato quel luogo per andare a visitare il Teatro Romano poco più in basso,
ma quella è stata un po’ una delusione… era troppo ristrutturato e adibito a teatro
moderno ricoprendo quasi interamente le antiche gradinate, devo dire malamente.
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Risaliva al III secolo a.C. ed aveva occupato la concavità del pendio con i suoi 33 ordini di
scalinate che a semicerchio stavano di fronte al proscenio.. fortunatamente aveva
conservato la struttura basilare, e le parti originali visibili riuscivano comunque a
comunicare una certa suggestione.
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Una visita poi alla parte vecchia della
cittadina di Sagunto, dopo un pranzetto in
un locale tipico, era d’obbligo.. siamo
entrati nella Juderia, l’antico quartiere
ebraico, con le sue case di stampo
medioevale che formavano stretti vicoli, il
tutto emanava una certa nostalgia di
tempi migliori…. Originale solo il “Portalet
de la Juderia”, una bella porta contornata
da un arco a tutto sesto.
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Poi, diretti alla stazione abbiamo attraversato
anche la parte nuova di Sagunto. La grande
Plaza Major con i suoi portici.. abbiamo sfiorato
la chiesa di Santa María la cui costruzione era
iniziata nel 1334 ed era un esempio
d'architettura gotica rimaneggiata, in seguito,
nello stile barocco, visibile soprattutto nel
portale d’ingresso dove risaltava la decorazione
con colonne plateresche, un po’ elaborate che
sembravano spiccare su quella facciata
essenziale.
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Due sorprendenti perle dell'antica terra del Levante
Tornati a Valencia, l’ultimo giorno abbiamo voluto
godere di una giornata relax, di sole e mare, come
dei veri valenciani.. siamo arrivati in bus alla
Marina Real , e sul molo abbiamo ammirato
“l’Edificio del Reloj” con le sue decorazioni
moderniste, abbiamo guardato quei frammenti di
presente, interrogandoci ed immaginando il
glorioso passato del porto...
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...poi a piedi abbiamo costeggiato il mare lungo i capannoni che ospitavano il Museo
Marittimo.. fino ad arrivare alle spiagge che già i giorni precedenti ci avevano accolto.
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Ci siamo concessi una passeggiata rilassante sotto il tiepido, ma sempre gradito sole del
primo gennaio 2014.. ed in questo modo, pregustando un lauto pranzetto abbiamo
camminato a lungo, senza avvertire la stanchezza tale era il piacere... e in quello stato
d’animo di serena complicità, abbiamo voluto dare il nostro saluto alla bella Valencia
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Un arrivederci al prossimo viaggio
dall’allegra compagnia dei magnifici otto