La valutazione delle azioni File

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La valutazione delle azioni File
RENDIMENTO E RISCHIO
DEI TITOLI AZIONARI
Prof. Marco Di Antonio
PROBLEMATICITA’
• Per i titoli azionari la costruzione di indicatori di
rendimento è ancora più complessa rispetto ai
titoli obbligazionari perché mancano dati certi:
- sull’entità e sulla distribuzione temporale dei
dividendi
- sul valore del titolo al momento della liquidazione
dell’investimento
- sulla scadenza dell’investimento
UTILIZZI
• Stimare il rendimento conseguibile da un
investitore su un investimento in titoli azionari
• Calcolare il rendimento conseguito da un
investitore su un investimento in titoli azionari
• Stimare il rendimento di equilibrio richiesto
dal mercato per l’investimento in titoli azionari
(costo del capitale)
INDICATORI: i multipli
• Gli indicatori maggiormente utilizzati dal
mercato sono:
-
Dividend Yield
Price/earning (P/E)
Price/cash flow (P/CF)
Book to market ratio
IL METODO DEI MULTIPLI
• Multipli= rapporti tra il prezzo di mercato e
variabili chiave del bilancio della società.
• I multipli cosi’ ottenuti vengono poi confrontati
con parametri analoghi calcolati su societa’
simili (comparables) o con i dati medi di settore
• Lo scopo è di dedurre indicazioni circa la sotto o
sopravalutazione della societa’ oggetto di
indagine.
• Ad esempio i multipli sono particolarmente utili
– Come metodo di controllo della valutazione DCF
– Nei casi in cui non ci sia un flusso di dividendi
5
DIVIDEND YIELD
• E’ dato dal rapporto tra l’ultimo dividendo
(unitario) distribuito ed il prezzo di mercato:
• Limiti:
- sfasamento temporale dei dati
- compara dati di mercato e dati contabili
- trascura la tendenza delle società a
mantenere stabili di dividendi
- trascura la componente di reddito legata a
capital gain/loss
PRICE/CASH FLOW: prezzo/(utile
+ ammortamenti)
• E’ dato dal rapporto tra il prezzo dell’azione ed il cash
flow per azione sulla base dell’ultimo bilancio
• Viene recuperata, almeno parzialmente, la logica di
flusso di cassa del dividend yield
• Un valore elevato indicherebbe un titolo sopravvalutato;
viceversa nel caso di un valore basso
• Limiti:
- sfasamento temporale dei dati
- trascura le diverse prospettive di crescita dei cash flow
PRICE/EARNING RATIO
• E’ dato dal rapporto tra il prezzo dell’azione e gli
utili per azione sulla base dell’ultimo bilancio
• Un P/E alto indicherebbe un titolo
sopravvalutato; viceversa un P/E basso
• Limiti:
- confronta dati di mercato con dati contabile
- sfasamento temporale dei due dati
- trascura le diverse prospettive di crescita degli
utili futuri
PRICE/EARNING RATIO: utilizzi
• Come moltiplicatore per determinare, sulla base
degli utili previsti, il target price cui comparare il
prezzo corrente; se quest’ultimo è superiore
(inferiore), il titolo risulta sopravvalutato
(sottovalutato)
• Come indicatore di confronto per comparare
diversi titoli o settori; es. confrontare P/E di un
titolo con P/E medio di settore per ricercare titoli
sopra o sottovalutati
Da Il Sole 24 ore del 7-12-2013:
la borsa USA è in bolla ? No se si guarda al P/E, che è
16 (su profitti 2013), 14,7 su profitti previsti 2014 (valori
in linea col passato).
Ma conta anche la qualità degli earnings, non solo il
livello ! Se il profitto ad es. è frutto della gestione
extracaratteristica o della leva ? Es. negli USA nei primo
8 mesi dell’anno 505 miliardi di $ in operazioni di buy
back di azioni (record degli ultimi 6 anni) ! Robert Shiller
calcola l’indicatore usando come denominatore la
media dei profitti degli ultimi 10 anni, al netto
dell’inflazione, e come numeratore il prezzo medio
decennale dello S&P 500. Questo rapporto è ora di 25,
contro una media storica di 16,5, e indicherebbe
sopravvalutazione della borsa.
Earning per share e Earning yield
•
EPS: utili per azione (è il denominatore del rapporto
P/E)
•
Il reciproco del P/E esprime il rapporto tra gli utili netti
di pertinenza di un’azione ed il suo prezzo
1
re=
= e/p
p/e
•
Esso rappresenta dunque una misura di rendimento
del capitale, ossia di costo del capitale (se gli investitori
comprano le azioni a un determinato prezzo,
ritenendolo quindi equo, significa che il rapporto in
esame rappresenta il rendimento “equo” sufficiente a
remunerare i loro rischi)
EPS/EY
Problemi
•
•
•
•
Sfasamento temporale dati
EPS non coincidono con aspettative di redditività di lungo
periodo  earnings consensus forecasts  se earnings
futuri sono previsti in aumento, il p delle azioni sale,
mentre EY scende e sottostima costo del capitale
Natura ciclica dei profitti  se una banca subisce un
ribasso (rialzo) degli utili in un dato anno, è probabile che
il mercato anticipi un futuro rimbalzo (ripiegamento) della
redditività  il prezzo scende (aumenta) in misura meno
che proporzionale rispetto a variazione utili  sottostima
(sovrastima) del costo del capitale
Diversa natura dati utilizzati nel rapporto: contabile
versus mercato  correzione di utile contabile per
avvicinarlo a cash-flow
BOOK TO MARKET RATIO
• E’ dato dal rapporto tra il valore di libro (ovvero il
valore di patrimonio netto) ed il valore di mercato
di un’azione
• Il reciproco è il market to book ratio (P/B),
riportato ad esempio da Il Sole 24 Ore
• Concettualmente è un indicatore solido, ma si
scontra con i limiti del bilancio tradizionale
(occorrerebbe un bilancio a valori di mercato)
• Limiti:
- sfasamento temporale dei dati
- Compara dati di mercato e dati contabili
I multipli e la classificazione delle azioni
 TITOLI CON PRICE-EARNING “ALTO”
GROWTH STOCKS
VALUE STOCKS
 TITOLI CON PRICE-BOOK VALUE “ALTO”
 TITOLI CON PRICE-EARNING “BASSO”
 TITOLI CON PRICE-BOOK VALUE “BASSO”
IL “VERO” RENDIMENTO
• ORIZZONTE UNIPERIODALE:
(P31/12 – P1/1 + DIV) / P1/1
• ORIZZONTE MULTIPERIODALE
P0 = DIV1 / (1 + r) + DIV2 / (1 + r) ² + DIV3 / (1 + r) ³...
(rigoroso, ma di difficile utilizzo data l’aleatorietà delle
stime dei dividendi fututi)
RENDIMENTO PER GLI AZIONISTI
E COSTO DEL CAPITALE
Per la stima del costo del capitale si ricorre a tre alternative:
1. Dividend valutation model
–
Il valore di un’impresa è funzione del valore attuale dei flussi
futuri di dividendo
2. Rapporto EPS (o reciproco del rapporto P/E)
–
Rappresenta il rendimento effettivamente ottenuto dagli
azionisti
3. Capital Asset Pricing Model (CAPM)
–
Logica basata sul rendimento degli investimenti alternativi
Dividend valuation model
•
Punto di partenza: il valore di un’impresa è
funzione di due fattori:
– i dividendi attesi futuri (spesso si estrapolano
per semplicità quelli correnti)
– il rendimento risk-adjusted giudicato “equo”, in
base alle caratteristiche di rischio dell’impresa
(costo del capitale)
•
Conoscendo entrambi è possibile stimare il
valore dell’impresa

v
t 1
dt
1  re 
t
Il modello di Gordon: Constant Growth
Dividend Discount Model
•
In genere si ipotizza che i dividendi crescano ad un
tasso costante g, da cui:
v
•
 re  g 
Se si conosce v (banca quotata), è possibile
ricavare
re 
•
d 0  1  g 
d 0  1  g 
p
g
lI costo del capitale è dato dal dividend yield al
tempo 1 (rapporto fra dividendo futuro e prezzo)
maggiorato del tasso di crescita atteso dei dividendi
Dividend valuation model
Esempio
– Prezzo = 20 euro
– Dividendo anno appena concluso = 1 euro
– Tasso di crescita stimato dei dividendi = 5%
re 
1  1  5% 
20
 5%  10, 25%
La relazione tra prezzi e tassi di interesse
La:
v
d 0  1  g 
 re  g 
esprime anche la relazione tra prezzi delle azioni (v) e tassi di interesse
(re).
Nota:
re è un tasso di interesse a lunga scadenza inclusivo del rischio  re
= r + q dove q = premio al rischio
La relazione tra v e r è inversa
La relazione è intuitiva e non assume lo stesso grado di
formalizzazione matematica che contraddistingue i titoli
obbligazionari
I tassi a breve hanno un’influenza significativa, che si manifesta
attraverso la trasmissione delle loro variazioni ai tassi a lunga e/o la
modificazione delle aspettative sui dividendi futuri e sul premio per il
rischio
Dividend valuation model
•
•
•
Altro problema: ipotesi che i dividendi della banca
crescano per sempre ad un tasso costante
Possibile soluzione: stima per i primi n anni - per
esempio applicando un payout ratio costante alle
previsioni sugli utili futuri degli analisti finanziari
(consensus forecasts) - e poi ipotesi di tasso di
crescita costante (g)
Si ricava re con una procedura iterativa
n
v
t 1
dt

d n  1  g 
1
1  re  1  re   re  g 
t
n
Dividend valuation model
•
Esempio
–
–
–
–
20 
prezzo = 20 euro
EPS prossimi 4 anni = 2, 2,2, 2,4 e 2,5 euro
La banca distribuisce 40% degli utili
g = 5%
2  40%
1  re 
1

2, 2  40%
1  re 
2

2, 4  40%
1  re 
– da cui re = 9,3%
3

2,5  40%
1  re 
4

2,5  40%  1  5% 
1
1  re 
4
 re  5% 
UN NOTA BENE: innovazione, valutazione
delle azioni, asset management
L’aumentato ritmo dell’innovazione e il conseguente
accorciamento del ciclo di vita delle imprese e dei periodi di
sostenibilità del vantaggio competitivo hanno importanti
implicazioni:
- Minore attendibilità dei multipli di mercato
- Nei modelli di discounted cash flow, difficoltà nel calcolo del
terminal value
- Aumento del tasso di turnover del portafoglio ottimale
- Maggiore necessità di diversificazione del portafoglio
- Aumento di importanza dell’analisi fondamentale e dello
studio delle dinamiche del cambiamento organizzativo
IL RISCHIO
Il rischio di un investimento azionario è dato dallo
scarto quadratico medio della distribuzione dei
suoi rendimenti periodali (una misura della
volatilità dei rendimenti intorno alla loro media)
LA TEORIA DEL PORTAFOGLIO
(Markowitz, 1952)
• Da una valutazione di investimento
unidimensionale (NPV) a una bi-dimensionale:
expected returns e risk
• Da una valutazione di singoli titoli alla
valutazione di un portafoglio di titoli
Capital Asset Pricing Model (CAPM)
•
Il rischio di un titolo azionario ha due
componenti:
– (i) rischio diversificabile, connesso a fattori
specifici dell'emittente, che può essere
eliminato attraverso un'adeguata
diversificazione del portafoglio
– (ii) rischio non diversificabile o sistematico,
che dipende da fattori generali di mercato e
non può dunque essere eliminato 
misurato dal coefficiente beta
i 
cov  ri , rm 
var  rm 
Capital Asset Pricing Model (CAPM)
•
Poiché la componente diversificabile può
essere eliminata, il rendimento richiesto
dagli azionisti dipende solo della
componente sistematica
re  ri  r  i   rm  r 
Rendimento di
equlibrio (costo
del capitale
azionario)
Tasso di
rendimento di
attività prive di
rischio
Beta del titolo
azionario
(rischio
sistematico)
Differenza fra
rendimento atteso dal
portafoglio di mercato
e rendimento risk-free
Cosa determina il Beta?
i
i  
m
La rischiosità,
misurata rispetto
alla rischiosità
media del mercato.
La correlazione rispetto al mercato, cioè la tendenza a
muoversi insieme al “resto del gregge”:
La correlazione è un indice statistico che assume valori
compresi tra –1 (un signore allo specchio)
e +1 (due sosia che si muovono all’unisono),
passando per 0 (movimenti perfettamente indipendenti)
extrarendimenti della banca Alfa
Utilizzo pratico del Capm

+5,5%
+4%

+3%
+5%
extrarendimenti di mercato (es. S&P/MIB)
Si stima il beta di un
titolo confrontando i
suoi extrarendimenti
passati con gli
extrarendimenti di
mercato.
Si usa questo valore
per prevedere
l’extrarendimento che
gli azionisti chiedono
sul loro investimento,
sulla base
dell’esperienza
passata.
In realtà, il periodo e la
periodicità scelti
possono influenzare
sensibilmente il beta…
IL BETA: significato
•
•
•
Il Beta è una misura del “rischio di mercato” del
singolo titolo
Il Beta esprime la reattività del titolo azionario
alle variazioni del mercato, misurate dall’indice
di Borsa
Un Beta > 1 indica un titolo “aggressivo”, da
acquistare se prevedo rialzi di Borsa; un Beta <
1 indica un titolo “difensivo”, da acquistare in
previsione di un ribasso del mercato
IL BETA: determinanti e tipologie
DETERMINANTI
• Grado di ciclicità del settore di attività  > ciclicità 
Beta più elevato
• Grado di leva operativa  leva più elevata  Beta più
elevato
• Grado di leva finanziaria  leva più elevata  Beta più
elevato
TIPOLOGIE:
BETA LEVERED: riflette rischio finanziario (si usa per il
calcolo del costo del capitale)
BETA UNLEVERED: NON riflette rischio finanziario
BETA LEVERED = BETA UNLEVERED X [1 + (1 – taxrate)
D/E ]
Il beta delle banche
• Sono empiricamente meno volatili di quelli delle
imprese industriali
– il settore creditizio è un settore maturo
– le grandi banche hanno utili abbastanza
diversificati
– la regolamentazione impone
un leverage grosso modo costante
• non si verifica il fenomeno – tipico delle imprese
industriali – per cui variazioni nella struttura delle
passività modificano E anche quando A resta
grosso modo costante
Rischio sistematico di portafoglio
 Sensibilità del portafoglio al mercato
N
 PORT .  1w1   2 w2  ...   N 1wN 1   N wN    i wi
i 1
Dove wi = peso del singolo titolo in portafoglio e N = numero di assets in portafoglio
extrarendimenti della banca Alfa
Utilizzo pratico del Capm

+5,5%
+4%
Stima sui
dati passati:
es. 85%
La nostra
migliore
previsione è zero

+3%
+5%
extrarendimenti di mercato (es. S&P/MIB)
ri = rf + ßi(rm- rf) + ui
Tasso su investimento
risk-free omogeneo per
durata (es btp a 10 anni),
es. 6%
Stima sui dati passati
di lungo periodo
(es. Violi e Panetta,
BdI), es. 5%
ri = 6%+85%5%= 10,25%
Capital Asset Pricing Model (CAPM):
limiti
1. Ipotesi di mercati dei capitali efficienti
2. Stima del beta della banca
3. Scelta valore per il premio al rischio di
mercato  studi empirici: risultati compresi fra
4% e 6%
4. Misura del rischio: volatilità dei rendimenti
diversa da massima perdita potenziale
associata a un certo orizzonte temporale e a
un determinato livello di confidenza (VaR)
5. VaR include anche una componente di rischio
non sistematico
Alcune criticità
•
•
•
I tre modelli per il calcolo del costo del capitale
adottano una prospettiva da investitore  capitale
= capitalizzazione di mercato
Se il tasso re stimato con questi approcci viene
applicato ad una definizione di capitale differente, è
necessario adottare gli opportuni accorgimenti
Hp. La banca ha redatto un piano industriale in cui
il capitale è rappresentato dal patrimonio contabile
e l’obiettivo della creazione di valore è espresso in
termini di Roe (return on equity)  occorre
correggere per il rapporto fra capitalizzazione di
mercato e valore contabile del patrimonio (Price to
Book (p/b))
Alcune criticità
Esempio
• Costo del capitale stimato = 10%
• Capitalizzazione di mercato = 210 m
•
•
Patrimonio contabile = 70 m (price to book
ratio = 3)
Se ROE = 10%  Utile netto = 7 m
•
Reale rendimento azionisti = 3,3%
Alcune criticità
•
Occorre correggere per il price to book (P/B)
ROE corretto = ROE contabile x P/B
•
Costo del capitale “aggiustato” pari a 30% 
rendimento reale del 10% per gli investitori
•
Correzione per effetto fiscale: il rendimento stimato
è al netto delle imposte  va confrontato con
misure di Raroc basate sui profitti netti della banca
•
Se si ragiona in termini di utili lordi (es. formule di
pricing)
r
rˆe 
e
1
Aliquota fiscale
marginale della
banca
Il costo complessivo del capitale
(capitale di rischio azionario + capitale di
debito)
Debito
(D)
Attivo
(A)
Equity
(E)
Il costo medio ponderato del capitale (WACC)
 Il WACC (Weighted Average Cost of Capital) rappresenta il tasso
di sconto appropriato per attualizzare i flussi di cassa per l’impresa.
COSTODEL
DELDEBITO
DEBITO
COSTO
TAXRATE
RATE
TAX
E
D
 kD,i  1 d 
WACCi  kE,i 
ED
ED
COSTODEL
DELCAPITALE
CAPITALE
COSTO
AZIONARIO
AZIONARIO
INCIDENZA
INCIDENZA
DELL’EQUITY SU FONTI
DELL’
DELL’EQUITY SU FONTI
DI FINANZIAMENTO
DI FINANZIAMENTO
INCIDENZADEL
DELDEBITO
DEBITO
INCIDENZA
SU FONTI DI
SU FONTI DI
FINANZIAMENTO
FINANZIAMENTO
Il costo medio ponderato del capitale (WACC)
ESEMPLIFICAZIONE: il caso FINMECCANICA
Un esempio di WACC calculation
Fonte: Equity Research, 10 marzo 2008, Banca Finnat Euramerica