Le scelte progettuali degli impianti di cogenerazione

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Le scelte progettuali degli impianti di cogenerazione
Le scelte progettuali degli impianti di cogenerazione
Giuseppe Tomassetti (Rev. 2014)
Sintesi
La cogenerazione d’elettricità e calore va vista non tanto quanto una tecnologia d’utilizzo
ottimale della fonte primaria con un approccio top-down, quanto come il modo più efficiente per
soddisfare al meglio i bisogni di una certa utenza, quindi con un processo bottom-up.
Affinchè questo processo sia ben fondato occorre analizzare le necessità termiche ed elettriche
delle utenze nei loro parametri temporali, sia quantitativi che qualitativi (es. temperature), per
valutare la possibilità di soddisfarli contemporaneamente in rapporto alle caratteristiche delle
varie possibili macchine generatrici da impiegare.
È un processo interattivo che coinvolge sia l’utenza che i rapporti della stessa con i fornitori
d’energia e che deve stimare anche le tendenze d’evoluzione delle tecnologie e del mercato.
Il beneficio del minore consumo delle fonti primarie si trasforma poi in un beneficio economico
per il consumatore finale in un processo mediato dalla struttura del mercato, dalle tariffe ed
infine dalla fiscalità.
Il punto di vista della produzione dell’energia
La cogenerazione d’energia elettrica e calore è una soluzione applicata fin dagli inizi dello
sviluppo industriale della produzione dell’elettricità, infatti, ogni motore trasforma parte
dell’energia termica, ottenuta dalla combustione, in energia meccanica e scarica calore
nell’ambiente. Se questa energia termica può essere utilizzata nasce l’opportunità della
cogenerazione.
Si pongono subito tre osservazioni:
1. L’utilizzo del calore scaricato e soprattutto la temperatura richiesta per il suo utilizzo può
modificare o meno il funzionamento del motore. Nel caso della turbina a vapore,
all’aumentare della temperatura del calore recuperato si riduce la potenza elettrica generata,
mentre nella turbina a gas e nel motore a scoppio non si hanno invece effetti sulla potenza
elettrica per effetto dell’utilizzo del calore scaricato.
2. Il motore primo per funzionare ha bisogno di scaricare calore all’esterno, ne consegue che
qualora occorra garantire la funzionalità dello stesso, per la generazione dell’elettricità, in
modo indipendente dal recupero di calore, va predisposto un by pass di scarico per i gas delle
turbine e dei motori, o meglio, uno scambiatore per dissipare il calore del vapore della
turbina da condensare ed il calore dell’acqua delle camicie.
3. La quantità di calore recuperabile dai fluidi scaricati da un motore primo non dipende solo
dalla tipologia della macchina, ma anche dal livello di temperatura richiesto dall’utenza,
quindi mentre la potenza elettrica d’impianto di cogenerazione è definita dai dati di
macchina, la potenza termica utilizzabile è funzione del tipo d’utenza.
Il punto di vista dell’utilizzo di energia
Il punto di vista dell’utilizzo dell’energia considera come le necessità di elettricità e di calore di
una certa utenza possa giustificare la realizzazione di un impianto di cogenerazione invece che il
ricorso alla rete elettrica e ad una caldaia. La situazione è piuttosto diversa in un’utenza di tipo
energy intensive, ove i parametri energetici regolano il processo, da quella di un’azienda
manifatturiera ove i servizi seguono le richieste sempre variabili dal processo; i primi hanno
richieste relativamente costanti nel tempo, le seconde invece hanno richieste variabili in qualità e
quantità e per esse può essere difficile definire le proprie esigenze in modo rappresentativo delle
varie situazioni.
La prima fase della progettazione è costituita quindi dall’analisi dei fabbisogni, segue una
valutazione di come essi possono essere coperti prevedendo un possibile impianto di
cogenerazione, da integrare per il servizio elettrico con collegamenti con la rete per acquisto e/o
vendita e per il servizio termico da completare con caldaia di emergenza ed eventuali caldaie per
integrazioni dei picchi, accumuli e la vendita o l’acquisto di calore qualora siano opzioni
possibili.
L’impianto di cogenerazione genera calore ed elettricità nello stesso momento e nello stesso
luogo; questo obbliga ad analizzare le necessità dell’utenza nel loro andamento temporale e nella
loro contemporaneità. I vari punti di consumo di un’utenza si collegano con la centrale termica
ed elettrica attraverso la rete elettrica e la rete interna di distribuzione del calore (vapore e/o
acqua surriscaldata). Non interessano quindi tanto le necessità delle singole utilizzazioni ma, ad
esempio per il raffreddamento dei motori, occorre considerare le temperature di ritorno in
centrale termica del fluido vettore.
L’adeguamento del circuito del fluido
280
vettore che collega la centrale termica alle
°C
utenze può essere uno dei problemi
maggiori, quando si debba operare su un
impianto esistente.
Molti anni fa, quando i fumi delle caldaie
12 bar
4 bar
Caldaia
alimentate a carbone o olio denso uscivano
a 260÷280 °C, veniva naturale produrre
vapore attorno a 12 bar, laminarlo a 4 bar
100
°C
per essere sicuri di non avere mai condensa
90 °C
nelle tubazioni e servire con questo vapore
anche utenze a bassa temperature, quali
100
60 °C
preparatori di acqua calda, batterie di
90 °C
°C
riscaldamento, essiccatori a 90÷100 °C. Si
usavano tubi più piccoli e lo scambio di
70 °C
calore era rapidissimo. Poi, magari per
l’evoluzione
della
disponibilità
di
combustibile, si è messo il bruciatore a
metano, senza cambiare né caldaia, né
impianto di distribuzione del calore, né le
110 °C
Cogeneratore
batterie di scambio finale.
Per massimizzare il calore recuperabile da
motori a turbina o a scoppio occorre che il
100 °C
60 °C
80 °C
fluido di processo ritorni in centrali alla
70 °C
30 °C
temperatura più bassa possibile. In sede di
progetto questo parametro può risultare
complesso da valutare, non solo nelle
100 °C
60 °C
50 °C
condizioni nominali del processo, ma anche
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nella operazione di notte, nei weekend, etc.
Devono essere analizzati diversi aspetti: è possibile mettere le utenze in serie, in cascata termica?
L’utenza a temperatura più alta o più bassa può essere servita da un circuito a parte? Si propone
un solo circuito di recupero o se ne sceglie uno ad alta temperatura, a vapore, ed uno a bassa
temperatura, ad acqua, messi in serie sullo scarico di un turbogas o invece, in un motore a
scoppio, il primo collegato ai fumi ed il secondo all’acqua delle camicie e all’olio?
Ugualmente va valutata l’opportunità di installare pompe comandate in portata per evitare che
quando il carico termico diminuisce, la temperatura di ritorno non aumenti e non permetta più di
raffreddare il motore (ad esempio).
La base di partenza del progetto deve essere la disponibilità dei diagrammi di carico elettrici e
termici, per periodi abbastanza lunghi da essere rappresentativi delle differenti possibili
condizioni di esercizio; diagrammi che non sono quasi mai disponibili e che devono far parte del
lavoro di diagnosi che precede il progetto.
Le condizioni di utenza sono naturalmente simili in aziende che operano nella stessa area e nello
stesso settore produttivo, per cui l’esperto di settore può trarre utili condizioni dalla conoscenza
di altre utenze che operino nello stesso contesto.
La scelta del combustibile e della macchina
Questa scelta ha necessariamente due parametri, quello economico e quello dell’affidabilità e
della disponibilità nel tempo. L’economicità riguarda non solo il costo di acquisto, ma anche il
costo degli interventi necessari a rendere ambientalmente accettabile la scelta dell’impianto e la
manutenzione. Generalmente si stipulano contratti annuali predeterminati per evitare spiacevoli
sorprese.
Il metano è la scelta dai minori costi di esercizio, e se accoppiato ad una turbina a gas o ad un
motore a scoppio porta anche ai minori costi di impianto, mentre i costi di acquisto del gas sono
legati al prezzo internazionale del petrolio.
All’estremo opposto il carbone o il combustibile derivato dai rifiuti (CDR) richiedono i maggiori
costi per l’esercizio e possono essere bruciati solo in caldaie a vapore con i più alti costi di
impianto; in compenso la loro disponibilità è ampiamente garantita ed il loro costo è sganciato
dalle oscillazioni del mercato.
Su queste basi un’impresa industriale o commerciale sceglierà oggi un impianto a gas, lo stesso
farà un’Amministrazione Municipale che si affacci per la prima volta nel mercato del
teleriscaldamento, mentre Amministrazioni con esperienza e tradizione, con possibilità di
operare in tempi più lunghi e con consenso sociale indiscusso, sceglieranno un impianto a
vapore, policombustibile (rifiuti, carbone, olio, gas), come fatto dalle Aziende municipali dei
paesi scandinavi ed in Italia da Brescia.
Più complessa è la situazione di quegli operatori che abbiano la disponibilità di residui e scarti
combustibili e che debbono valutare se considerarli rifiuti da smaltire a costi crescenti o invece
bruciarli in un impianto di cogenerazione che aumenti l’autonomia dell’impresa.
La via tecnicamente più semplice per utilizzare residui combustibili, è costituita dall’accoppiata
caldaia a vapore e turbina, i cui costi di impianto e di personale per la gestione sono alti, con
rendimenti in elettricità bassi (~ 12÷16% per taglie sotto i 5 MWe), per cui è molto importante
valorizzare economicamente il calore altrimenti scaricato al condensatore (essiccazione o
riscaldamento edifici).
Esiste la possibilità di gassificare i combustibili solidi, con impianti sia poco che molto
complessi, in modo da alimentare poi motori a scoppio o turbine a gas; sono tecnologie non
pienamente affermate soprattutto per l’affidabilità nella composizione del gas, necessaria a
garantire la durata del motore.
Gli impianti a ciclo Rankine, con fluidi organici, sono molto semplici nell'operazione ma, a
metà degli anni ‘90 non erano riusciti a decollare nel mercato che invece si è aperto per loro
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negli anni più avanti grazie agli incentive per l’utilizzo dell’elettricità generate da biomasse;
settore nel quale la società italiana Turboden è diventata leader mondiale
Non tutti i motori sono disponibili in qualsiasi taglia.
Le celle a combustibile, tipicamente modulari sono disponibili da qualche kWe in su.
I motori a scoppio a ciclo Otto alimentati a gas sono disponibili da qualche decina di kWe a
qualche MWe, con rendimenti elettrici che salgono dal 28 al 40%.
I motori a ciclo Diesel alimentati a combustibile liquido o a doppio combustibile sono disponibili
fino a qualche decina di MW con rendimenti elettrici che salgono dal 35 al 45%.
Le turbine a gas scendono dalle centinaia di MWe fino a qualche MWe, ma i rendimenti elettrici
calano dal 38 a meno del 20% per cui le macchine di piccola potenza sono applicate solo per
utenze di calore per l’essiccazione. Le turbine a gas possono essere impiegate in ciclo combinato
aumentando il rendimento elettrico; sono applicabili al di sopra dei 10 MWe.
Gli impianti a ciclo Rankine a vapor d’acqua, dati i loro costi fissi, sono applicabili per taglie
superiori al MWe.
I cicli Rankine a fluido organico sono disponibili per taglie superiori al centinaio di kWe.
Gli impianti di gassificazione di biomasse, con motore a ciclo Otto, vengono offerti per taglie
dalla decina di kWe alle centinaia di kWe, mentre per impianti più complessi (ad es. letto fluido
alimentato ad ossigeno) sono proposti accoppiati a turbine a gas per taglie delle decine di MWe.
Quanto calore e quanta elettricità
Sulla base delle temperature richieste dall’utenza, delle disponibilità di combustibile e
dell’ordine di grandezza dell’impianto si ottiene una selezione delle possibili architetture di
impianto, ma molte variabili restano aperte. Nel mondo delle applicazioni industriali l’elettricità
autoprodotta vale di più del calore ed allora su una data base di calore conviene fare più
elettricità possibile; nelle applicazioni civili il calore recuperato vale in genere di più
dell’elettricità autoprodotta per cui basta produrre l’elettricità necessaria a defiscalizzare il calore
di cui si ha bisogno.
E’ questo il problema dell’indice elettrico-termico; l’utenza ha il suo, ogni tipo di impianto ha il
suo (applicato ad un certo tipo di utenza).
Le condizioni ottimali si hanno quando una certa utenza trova un impianto dello stesso indice,
per una taglia pari alla sua e così vengono usati tutta l’elettricità e il calore prodotto.
Nella pratica questa condizione non è quasi mai rispettata sia perché l’indice elettro-termico
dell’utenza cambia da un periodo all’altro sia perché per la taglia richiesta non si trovano
macchine con un indice corrispondente.
Le varie macchine hanno differenti capacità di modificare il loro carico ed il loro indice elettrotermico, senza decadere troppo nel rendimento.
I motori a ciclo Otto e Diesel sono le macchine con maggiore capacità di regolazione; le turbine
a gas, essendo collegate ad un generatore in corrente alternata, decadono nel rendimento se
cercano di regolare il carico; gli impianti con turbina a vapore, con scarico parziale ed un
condensatore freddo, si trovano in una situazione intermedia.
E’ preferibile spesso affrontare il problema dal lato dell’utenza, decidendo se produrre in
cogenerazione solo parte della sua necessità o invece operando per modificare il suo indice
elettrico-termico.
Va previsto un insieme di caldaie, sia per coprire il picco della domanda termica, sia per
soddisfare tutta questa domanda quando l’impianto fosse non operativo. Se vi è esubero di calore
recuperabile si può o cederlo ad utenze nell’area circostante o impiegarlo per sostituire bisogni di
elettricità, ad es. mediante frigoriferi ad assorbimento. La vendita di calore a terzi è sempre stata
libera in Italia ma è stata applicata solo in pochi casi, probabilmente per timore di introdurre
vincoli verso terzi nel proprio comportamento; sta invece prendendo un certo sviluppo la
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costituzione di reti di teleraffreddamento nel settore civile, con benefici anche ambientali e di
rumorosità, per valorizzare anche in estate il calore recuperato da impianti di cogenerazione.
Più complessa è l’allocazione dell’elettricità eccedente, infatti, il processo di liberalizzazione in
questi 15 anni ha prodotto una lenta ma continua evoluzione e quello che non si poteva fare ieri
si potrà fare domani. Un impianto di cogenerazione è, di norma, connesso alla rete elettrica, se
non altro per garantire la copertura dei fabbisogni in caso di guasto del proprio impianto.
L’elettricità può essere venduta oggi ad un grossista con un contratto bilaterale o ceduta in
Borsa “ritiro dedicato”, sarà l’Acquirente Unico a garantire l’acquisto prioritario (a prezzo di
Borsa) anche di piccole quantità oppure entro certi limiti può essere scambiata con la rete,
“scambio sul posto”, compensando prelievi e cessioni.
L’energia elettrica autoprodotta può circolare liberamente fra i vari punti di consumo dello
stesso proprietario o all’interno di strutture consortili, queste possibilità, definite come SEU o
sistemi efficienti di utenza, sono rimaste per molti anni senza una specifica regolamentazione;
nel 2013 è stata emessa dalla AEEG una prima delibera, sulla base dell’esperienza acquisita è
prevedibile che ci saranno delle modifiche., nel quadro delle iniziative per le “smart greed” e le
“smart cities”.
Il complesso dei rapporti con la rete elettrica è un argomento complesso sia negli aspetti
normativi sia economici; esso è regolato dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas che ha più
volte indicato la sua intenzione di rivedere quanto stabilito nel 1999, regole il cui significato
evolve all’attuarsi effettivo del mercato per effetto di decisioni politiche ed imprenditoriali.
Le incertezze delle scelte di progetto sono state in parte legate alla situazione transitoria del
processo di liberalizzazione del mercato, delle forniture energetiche, ma in parte sono destinate a
permanere; infatti, nel passato la cogenerazione era istituzionalmente vista come autoproduzione,
quasi un’impresa monade che si estraniasse dal contesto generale del monopolio; nella
condizione di mercato aperto ogni operatore è un ingranaggio di un grande sistema del quale
subisce le regole ma nel quale può giocare più ruoli e ruoli diversi nei vari tempi e del quale
contribuisce, nel suo piccolo, all’evoluzione.
La progettazione dovrà quindi sempre più uscire dallo stretto ambito spazio-temporale
dell’impresa e valutare le possibilità istituzionali, quali utenze associare, con quali reti dialogare,
cosa e quando vendere, cosa e quando comprare.
Prende sempre più importanza la possibilità di consorzi di produttori e consumatori (piccoli
sistemi solari nella grande galassia), non più solo per essere più grandi ed avere più capacità
commerciale ma, associando situazioni differenti, utenti industriali e civili, funzione pubblica e
privata, integrare le fonti fossili con risorse rinnovabili locali e con gli interventi di efficienza
energetica, ridurre i rischi ed appropriarsi del valore aggiunto delle integrazioni e delle sinergie.
Evoluzione delle esigenze e concorrenze
Un impianto di cogenerazione dovrebbe poter operare almeno per 20 anni, quindi per tempi più
lunghi rispetto a quelli delle apparecchiature dei processi produttivi o dei servizi. Si pone quindi
l’obbligo di prevedere almeno le tendenze d’evoluzione dei parametri sui quali si è basato il
progetto.
Tre linee d’evoluzione sono evidenti negli ultimi decenni:
1) C’è una progressiva elettrificazione dei
consumi energetici per un complesso di
ragioni legate alla crescente efficienza negli
usi ed alla crescente richiesta di capacità di
regolazione e di flessibilità.
I concorrenti nella produzione di acqua calda:
Utilizzo di fonti termiche rinnovabili
[ le condense di ritorno,
[ i fumi delle caldaie,
[ i fumi di asciugatura ed essiccazione,
[ le acque di scarico calde,
[ il raffreddamento dei frigoriferi,
[ l’abbattimento catalitico dei solventi,
[ le pompe di calore.
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2) La continua crescita d’attenzione alla gestione ambientale produce un’attenzione crescente
agli effluenti gassosi, liquidi e/o solidi. Generalmente trattare gli effluenti produce calore a
bassa temperatura che può andare in concorrenza con il calore recuperabile dalla
cogenerazione.
3) Nel continuo oscillare delle imprese fra integrazione verticale ed invece outsourcing
generalizzato, c’è una crescente disponibilità di fornitura di servizi integrati tecnicomanageriali-finanziari, cui possono rivolgersi gli operatori che non dispongano di risorse
adeguate rispetto alle loro capacità d’impresa.
Da queste considerazioni emerge l’opportunità di preferire impianti con indice elettrico-termico
superiore a quello oggi richiesto, di integrarsi subito in una rete di scambi d’elettricità, e per il
futuro prevedere la possibilità di vendere calore; infine, se non si hanno le risorse può essere
meglio farsi fare l’impianto da terzi (che si prenderanno buona parte degli utili) piuttosto che
rinunciare al tutto.
Le valutazioni economiche
Le valutazioni economiche nelle analisi progettuali delle proposte di cogenerazione non possono
essere basate su analisi parametriche di prezzi o di costi unitari.
Occorre, per ogni architettura istituzionale della proprietà e della rete dei consumatori, ipotizzare
un diagramma di produzione e d’assorbimento, con i relativi contratti (dei fornitori di
combustibili ed elettricità), costruire un’analisi di costi e di utili e poi confrontare i risultati,
dando un peso alle varie prestazioni.
Può essere di supporto all’analisi un data base di tariffe di prezzi e di carichi fiscali, stando
sempre attenti a distinguersi le diverse figure giuridiche (ad es. un ospedale non recupera l’IVA)
ed i differenti usi finali (ad es. alcuni utenti civili hanno il gas naturale con fiscalità base di tipo
industriale, per cui, per loro, il trasferimento alla fiscalità per uso elettrico ha diverso significato
che per il resto del settore).
Nelle differenti soluzioni occorre valutare il costo della gestione e manutenzione, tenendo conto
anche dei transitori, e dell’affidabilità nel tempo del fornitore dei componenti (parametro molto
difficile che porta a privilegiare le forniture di servizio integrato) ed infine il costo delle forniture
energetiche in condizioni di guasto del proprio impianto.
Il dimensionamento ottimale
Il dimensionamento ottimale è il risultato delle analisi di tipo economico; considerando però che
l’analisi economica è fortemente dipendente dalla confidenza data ai vari parametri di consumo
nel tempo ne risulta che la valutazione globale diventa un mix fra l’opportunità di utilizzare certe
opportunità tecniche e l’interesse dell’impresa a relazionarsi con maggiore o minore autonomia
con il contesto circostante.
Le analisi economiche portano alla ricerca della possibilità di aumentare la taglia degli impianti
per ridurre i costi unitari, si ha però il rischio d’impianti sovradimensionati condannati ad
operare a carico ridotto se non si riescono ad allocare all’esterno i prodotti; nel caso opposto
d’impianti troppo piccoli si ha il rischio di un peso eccessivo delle spese fisse di operazione e di
un ruolo troppo limitato all’interno dell’impresa, situazione tipica di alcuni impianti progettati
per bruciare gli scarti combustibili della propria produzione.
Dal complesso delle considerazioni esposte si ricava la valutazione che solo in pochi casi un
impianto di cogenerazione può essere installato in centrale termica, senza che il resto delle
attività siano toccate; nella maggior parte dei casi invece la scelta dell’impianto è l’occasione per
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un riesame generale dei rapporti e delle alleanze dell’utenza con le altre utenze e con i fornitori e
di riorganizzazione delle logiche interne di funzionamento e di gestione.
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