Progettazione ed esecuzione

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Progettazione ed esecuzione
Costruire naturalmente
a cura di Maurizio Corrado
AS21
Architettura sostenibile
Mauro Lajo
Paul Luther
Biopiscine
Progettazione ed esecuzione
s Tecniche
s Normativa
II Edizione
Se
sistemi editoriali
Š
Professionisti, tecnici e imprese
Gruppo Editoriale Esselibri - Simone
Estratto della pubblicazione
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Prima edizione: ottobre 2007
Seconda edizione: aprile 2009
AS21 - Biopiscine
ISBN 978-88-513-0559-8
Ristampe
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2009
2010
2011
2012
Questo volume è stato stampato presso:
Legoprint Campania S.r.l.
Via Vicinale Murate, 1/b - Napoli
Coordinamento redazionale: Paola Oreggioni
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Estratto della pubblicazione
Introduzione
Per aspera sic itur ad astra
(Seneca, Hercules furens, atto II, v. 437)
Sempre più spesso si sente parlare delle crescenti patologie dovute alle precarie
condizioni ambientali: rumore, polveri sottili, elettrosmog, inquinamento di mari
laghi e fiumi.
Sempre più spesso le cose che un tempo si potevano fare oggi non lo si possono più.
Sempre più spesso, anche tu, cerchi soluzioni naturali perché ti sembrano migliori, perché il tuo corpo sente la necessità di non avvicinarsi almeno per un attimo
a chimica e a prodotti artefatti, perché ti piace pensare che si possa ancora camminare a piedi scalzi su un verde prato senza temere una eruzione cutanea.
Oggi la conoscenza approfondita delle adeguate tecniche costruttive ci permette di
realizzare anche in Italia piscine senza cemento armato e di depurare le acque semplicemente attraverso un uso sapiente di piante, filtri a ghiaia, filtri lavici e microrganismi che autonomamente si formano nella piscina.
La piscina naturale si inserisce completamente nel paesaggio del quale è sempre
stata una parte fondamentale: come non ricordare gli stagni, laghetti, specchi d’acqua che hanno fatto da cornice ad amorosi incontri, furtive passeggiate, momenti
di impagabile relax. Farsi cullare dal suono mai uguale di una piccola cascata d’acqua è la certezza di un tempo senza tempo nel quale noi ci rigeneriamo.
L’attenta progettazione permette di realizzare bio piscine all’interno delle quali non
si utilizzano sostanze chimiche o cloro per la purificazione dell’acqua, ma si creano le condizioni naturali affinché rimanga assolutamente pura e quindi balneabile: l’acqua viene filtrata dalla microfauna e microflora acquatica che si sviluppa
nella ghiaia e nelle zeoliti della zona di rigenerazione e del laghetto di sorgente. Le
piante acquatiche, oltre ad avere una funzione estetica, assorbono l’azoto disciolto
nell’acqua in modo da ridurre la possibilità di eutrofizzazione ossigenando la stessa attraverso le radici sommerse.
Ninfee dai colori delicati, phragmites, carex, tipha sono le vere protagoniste della
piscina naturale.
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Introduzione
Solo la piscina naturale può far rivivere l’emozione, la sensazione di una immersione totale nella natura. Acqua limpida e cristallina, l’assenza di cemento, l’aspetto piacevolissimo, l’assenza totale di prodotti chimici per la depurazione che fa sì che l’acqua sia dolce, morbida e gradevole sulla pelle, senza alcun rischio di allergie, fanno
della piscina naturale un momento ideale per gustare l’alternanza delle stagioni, per
concedersi piacevoli momenti di relax, per regalarsi un bagno rinfrescante.
La potremmo definire senza timore di esagerazioni una oasi di naturale bellezza per
la flora, per la fauna e soprattutto per noi stessi.
In questi anni l’esperienza è molto maturata, le aziende hanno potuto verificare che
le nostre condizioni climatiche, sia a Nord che a Sud, e il gusto italiano hanno delle
necessità specifiche, che i nostri amici d’oltralpe non hanno. Dalle incertezze di
alcuni anni fa, siamo passati ad una vera ingegnerizzazione della biopiscina. Molti
modi di operare, molte tecniche, molte idee estetiche fanno di questo prodotto un
frutto davvero interessante per l’esperienza creativa in ambito ambientale. Oggi più
di prima qualunque cliente, con qualunque tipologia di situazione, può vedersi
offrire diverse possibilità di realizzazione a diversi costi.
Davvero non ci resta che fare un bagno e goderci un meritato relax.
Estratto della pubblicazione
PRIMA PARTE
Cos’è una piscina
biologica
Estratto della pubblicazione
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La storia
Con la collaborazione di Stefano Mencarelli e Regula Bobst
1.1 Sviluppo e concetto della piscina
Fin da tempi molto lontani, gli uomini hanno costruito delle piscine per gli scopi
più diversi: dall’uso sportivo, soprattutto per la formazione degli atleti e l’allenamento militare, a quello rituale e religioso, fino ad arrivare a quello terapeutico e
sanitario delle famose Thermae, all’interno delle quali i romani, oltre a sfruttare le
proprietà delle preziose acque per finalità tanto igieniche quanto curative, crearono dei veri e proprio luoghi di incontro, caratterizzati da una precisa funzione sociale, molto spesso circondati da meravigliosi giardini. Durante tutto il Medioevo
e fino a metà Ottocento, almeno in ambito Occidentale, la piscina divenne sinonimo di stabilimento termale. È solo dalla metà dell’Ottocento che, specialmente
in Inghilterra e negli Stati Uniti, si ricominciarono a realizzare impianti di questo
tipo ad uso sportivo e di intrattenimento.
Proprio negli Stati Uniti, a partire dagli anni ’20, si ebbe il primo vero boom delle
piscine private, che diventarono in breve un ambito status symbol.
Da allora la piscina si diffuse gradualmente, con un’accelerazione esponenziale
dagli anni ’70 in poi, in tutti i Paesi del mondo.
Il diffondersi cosı̀ vasto delle piscine impose, fin dalla fine dell’Ottocento, di trovare soluzioni tecnologiche alla limitazione più evidente che si poneva nella costruzione e nella manutenzione della stessa: la disponibilità idrica.
Fino allora, infatti, la qualità igienica ed estetica delle acque di balneazione era
stata assicurata dal continuo e consistente ricambio dell’acqua stessa. È logico,
quindi, che le piscine fossero state costruite solo dove vi fosse un sufficiente apporto idrico, costante, soprattutto durante le stagioni d’utilizzo. Un fatto che, di
per sé, ne limitò lo sviluppo numerico in maniera drastica.
Con la diffusione delle piscine pubbliche e private, anche in luoghi non particolarmente ricchi d’acqua, si pose quindi immediatamente il problema della creaEstratto della pubblicazione
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Capitolo 1
zione di ‘‘circuiti chiusi’’, che permisero di limitare quasi al solo rabbocco i consumi idrici dell’impianto.
La soluzione, con l’inizio del Novecento, fu l’utilizzo del cloro, un elemento chimico che è capace di sterilizzare quasi completamente la massa d’acqua di una piscina. Contemporaneamente, grazie ai progressi dell’elettrotecnica, fu possibile
dotare le piscine d’impianti di pompaggio e filtrazione ad alimentazione elettrica,
capaci di mantenere meccanicamente l’acqua del bacino (sostanzialmente stagnante e chiuso) libera dai depositi che altrimenti la renderebbero torbida e sede
d’indesiderate fioriture algali e batteriche.
Quindi si può sintetizzare molto, ma non sbagliare altrettanto, dicendo che il
concetto di piscina moderna è stato per molto tempo collegato con un concetto
chimico e fortemente tecnologico del trattamento dell’acqua.
Negli anni ’70, mentre si assisteva ad una crescita esplosiva della domanda e dell’offerta di piscine pubbliche e private, si cominciò a delineare, soprattutto nel
Nord Europa, una nuova sensibilità ai problemi ecologici; la ricerca di un rapporto più armonico tra Uomo e Natura creò un ampio dibattito sulle tecnologie fino
a quel momento considerate indiscutibili.
Nel campo delle piscine questo significò un’attenzione critica crescente riguardo
ai problemi che una piscina chimica poteva creare: allergie e irritazioni da cloro,
manutenzione complicata e costosa, grandi consumi energetici e di prodotti chimici per il trattamento idrico, innaturalità estetica e paesaggistica delle piscine, limitazione stagionale della fruizione ecc.
In area di lingua tedesca, si cominciarono a cercare alternative alla depurazione
chimica dell’acqua.
Non fu un caso, visto che, nel 1952, proprio in Germania, presso il Max Planck
Institut, fu introdotto e sperimentato, per la prima volta in maniera scientifica, il
concetto di fitodepurazione. Proprio questo nuovo concetto, accompagnato dalle
prime applicazioni nel campo della depurazione delle acque reflue urbane attraverso le macrofite, aprı̀ delle nuove possibilità operative per innovativi tipi di piscine: ‘‘Die Schwimmteiche’’, ‘‘laghetti balneabili’’ o meglio ‘‘biopiscine’’, appunto.
1.2 Storia e concetto della ‘‘biopiscina’’
Sembra che il concetto della biopiscina sia nato dall’elaborazione pratica e teorica
di persone che nutrivano già interessi scientifici, professionali o di passione per
l’acquariofilia, la biologia, lo studio dei biotopi e la coltivazione di piante acquatiche. Integrando le proprie conoscenze e sensibilità in campo biologico con gli
studi nascenti di applicazione della fitodepurazione, alcuni "pionieri" cominciarono a fare esperimenti.
Già nel 1954 a Graz, in Austria, Gottfried Kern costruı̀, con molta intuizione, il
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La storia
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primo laghetto decorativo (‘‘Badeteich’’) in cui era possibile, oltre che coltivare le
sue collezioni di piante, fare il bagno all’interno di una vasca appositamente concepita – di 24 8 metri – separata dal giardino acquatico con paratie di legno.
Tutto lo scavo era impermeabilizzato con argilla, con una parte destinata ai bambini di circa 35 m2, un trampolino e una spiaggia di sabbia. Nella zona naturale
Kern inserı̀ ninfee e altre piante acquatiche, di cui conosceva benissimo le caratteristiche biologiche: egli infatti era, in Austria, uno dei primi vivaisti specializzati
nella coltivazione di tali piante. Questo impianto, esteticamente molto bello, attirò moltissimi visitatori austriaci e anche stranieri.
È molto probabile che parecchie delle biopiscine odierne si siano ispirate a questo primo pionieristico lavoro.
Il laghetto balneabile naturale (‘‘Natur Schwimmteich’’), nome che il professore
di biologia austriaco Richard Weixler usò per la sua prima realizzazione nel
1976 a Braunau, s’ispirò chiaramente all’esperienza di Kern: un bacino impermeabilizzato in argilla di circa 1000mq, 200 dei quali costituivano la parte veramente balnenabile, senza l’utilizzo di nessun impianto tecnico. La qualità dell’acqua era garantita dai processi naturali che avvenivano attraverso la presenza di
vari tipi di piante, microorganismi ecc. e dalla loro interazione con i substrati
presenti.
Negli anni immediatamente successivi si cominciarono ad usare teli sintetici per
l’impermeabilizzazione di questi primi laghetti decorativi balneabili (‘‘grosse Gartenteiche zum Schwimmen’’). Cosı̀ accadde anche a Micheldorf, sempre in Austria, nel 1980, quando A. Roidinger realizzò il suo impianto, che è utilizzato a
tutt’oggi per fare il bagno.
Nei primi anni Ottanta, in Austria e contemporaneamente in Germania, si cominciò a delineare la moderna concezione costruttiva delle biopiscine, che prevedeva
un utilizzo sempre più frequente del telo sintetico e di uno scavo appositamente
progettato per alloggiare la vasca balneabile.
W. Gamerith utilizzò in quegli anni un telo di ECB con 1,5 mm di spessore per
impermeabilizzare uno scavo che prevedeva poi dei muri perimetrali della vasca
balneabile costruiti con blocchi di cemento prefabbricati. I muretti finivano circa
40 cm sotto il livello dell’acqua e permettevano la circolazione superficiale della
stessa tra la vasca balneabile e la parte rigenerativa e naturalistica. Era questo il
primo esempio di un modello di biopiscine che, anche se in parte rivisto, è stato
molto utilizzato.
Nel 1984 Paul Schwedtke, imprenditore tedesco, decise di ‘‘convertire’’ la sua piscina chimica in una biopiscina. Per farlo costruı̀, ai bordi della vasca in cemento
preesistente, una parte depurativa allagata e fittamente piantumata, che andava
sia a sostituire l’impianto tecnico e il cloro, che a formare un ricco giardino acquatico che valorizzava la sua abitazione tanto da renderla famosa.
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Capitolo 1
Perché lo fece? Perché era stanco della asetticità della piscina al cloro.
L’esperienza di Schwedtke, resa famosa attraverso una pubblicazione, creò i presupposti perché le biopiscine fossero finalmente codificate come offerta di mercato e come valida alternativa alle piscine chimiche.
Le biopiscine di Schwedtke e di Gamerith sono ancora oggi esistenti, perfettamente funzionanti e fruibili. L’acqua dal riempimento iniziale non è mai stata sostituita, ma solo rabboccata.
La cosa interessante da notare è che fino a quel momento tutti gli impianti erano
stati realizzati senza l’ausilio di nessuna apparecchiatura tecnica. Infatti, da un
concetto di depurazione dell’acqua a circuito chiuso basato ‘‘semplicemente’’ sulla
chimica e sulla meccanica, si era passati ad un concetto che unisse conoscenze di
biochimica, idrobiologia, limnologia ed ecologia molto più complesse, con il vantaggio di risparmiare complessivamente molto ‘‘lavoro’’, sia umano sia energetico
e di rendere il sistema chiuso un biotopo stabile, ma vivo.
Come emerge da ciò che fin qui è stato detto, i pionieri di questa innovativa disciplina sono stati spesso giardinieri e vivaisti di piante acquatiche, biologi e in
generale persone molto interessate alla natura, che avevano familiarità con i concetti di fitodepurazione e creazione di ‘‘biotopi’’ acquatici e palustri. Proprio quest’ultimo era il loro principale obiettivo: la creazione di un biotopo stabile e esteticamente bello, dove fosse possibile anche la balneazione.
La tecnica entrò molto lentamente nel campo delle biopiscine. Inizialmente si
usarono piccole pompe per alimentare ruscelli, cascate e sorgenti artificiali, più a
scopo decorativo che funzionale, anche se l’esperienza faceva intanto notare che
tale movimento idrico aiutava a mantenere l’acqua in condizioni di trasparenza
migliori, probabilmente perché ne arricchiva il contenuto di ossigeno.
Tra il 1984 e il 1986, in Austria, Svizzera e Germania nacquero varie aziende specializzate nella costruzione di biopiscine. Queste svolsero un importante lavoro
di sperimentazione e codifica e, in qualche caso, brevettarono nuovi sistemi di
realizzazione.
Fecero in seguito la loro apparizione anche gli impianti tecnici specifici, spesso
(almeno all’inizio) derivanti da una evoluzione e un adattamento delle soluzioni
attinte dalla tecnologia acquariologica, molto piu’ ‘‘matura’’ e sperimentata. Questi impianti, almeno nella gran parte dei sistemi, non raggiungevano le potenze e
le portate delle piscine chimiche e svolgevano solo in parte le stesse funzioni.
Nel corso degli anni Novanta, sia dal punto di vista architettonico che del funzionamento, cominciarono ad incontrarsi, e in qualche caso scontrarsi, filosofie ‘‘puriste’’ completamente naturalistiche (la biopiscina concepita come biolago, quindi
pressoché simile ad un laghetto naturale) e filosofie ‘‘architettoniche’’ (la biopiscina costruita con vasche ‘‘tradizionali’’, con le parti di depurazione più o meno naturali, costituite da laghetti o da vasche fitodepurative e grossi impianti tecnici).
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La storia
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Un’altra suddivisione che si attuò fu quella tra bacini unici e biopiscine formate
da più parti, collegate con il principio dei vasi comunicanti.
La casistica raccolta in ormai quasi trent’anni di esperienze costruttive è veramente la più vasta. Si può arrivare ad affermare che ogni biopiscina è paragonabile ad
un individuo, e quindi diversa da un’altra per aspetto fisico e, in parte, anche per
funzionalità fisiologica. Le caratteristiche dell’acqua, dei substrati, del clima, delle
piante scelte per la realizzazione e decine di altre variabili, determinano, infatti,
l’evoluzione di ogni impianto in maniera originale e questa è la caratteristica più
interessante di ogni piscina a depurazione naturale.
Nel 2000, l’Associazione Austriaca dei Costruttori di Biopiscine (VÖS) ne ha codificato ufficialmente 5 tipologie, in base alle caratteristiche dell’impianto tecnico,
che, a ricaduta, influenza la funzionalità biologica e le caratteristiche architettoniche dell’intera installazione.
E nel resto del mondo?
Fino alla fine degli anni ’80 le biopiscine sono state quasi esclusivamente costruite nei Paesi del Centro e del Nord Europa, dove evidentemente una coscienza
ecologica e una conoscenza tecnologica e concettuale più approfondita nei potenziali committenti ha permesso lo sviluppo del settore.
Da allora, anche se con molta lentezza, grazie alla diffusione delle conoscenze di
tecnica costruttiva e attraverso riviste e pubblicazioni specialistiche, la biopiscina
si è diffusa anche in altri Paesi.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze sono circa trenta le nazioni dove è documentata la costruzione di biopiscine. In Italia, in Francia, negli Stati uniti, in
Australia e in molte altre nazioni, le prime biopiscine risalgono ai primi anni ’90,
e spesso sono state costruite secondo sistemi austriaci, tedeschi o svizzeri e, almeno in Italia, per clienti che hanno le stesse nazionalità.
Solo in seguito, in alcuni di questi Paesi, si sono sviluppate ‘‘scuole’’ e aziende nazionali, che, tra l’altro, devono adeguare le tecniche costruttive a climi e richieste
dei clienti che spesso sono molto diverse da quelli mitteleuropei.
In Italia, in particolare, le prime realizzazioni sono da far risalire a metà anni Novanta. Tutti i costruttori delle prime biopiscine italiane sono stranieri di lingua tedesca; solo a partire dalla metà degli anni ’90 hanno cominciato ad operare anche
aziende italiane (altoatesine, tracciando anche geograficamente una ‘‘discesa dal
Nord’’ della tecnologia).
A fine decennio sono entrate nel settore anche altre aziende, ma fino a pochissimi
anni fa la biopiscina in Italia era pressoché sconosciuta. Poi alcune riviste e pubblicazioni hanno finalmente dato voce a questa nuova tecnologia verde ma, rispetto alla potenzialità della richiesta di mercato, ancora il settore biopiscine italiano deve trovare un suo equilibrio.
In particolare, manca ancora un approccio di assistenza e consulenza scientifica e
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Capitolo 1
manutentiva al potenziale mercato, approccio che nei Paesi in cui le biopiscine
sono nate e si sono sviluppate è stato fondamentale per far crescere quella sensibilità alla ‘‘naturalità’’, fondamentale per poter vendere una biopiscina a clienti
che spesso sono fortemente influenzati dall’immagine chimica e tecnologica che il
secolo appena passato ha sedimentato nell’immaginario collettivo sul concetto di
piscina balneabile.
La biopiscina, infatti, per quanto potranno evolvere le conoscenze scientifiche e
gli impianti tecnici a supporto, non sarà mai un bacino morto (e quindi facilmente controllabile) come una piscina chimica, ma una living machine, un sistema in
cui, cioè, la tecnica, la natura e l’uomo interagiscono in costante movimento.
È fondamentale, quindi, che il fruitore di una biopiscina sia messo in grado di
‘‘comprendere’’ e interagire correttamente con la sua piscina in tutte le fasi della
sua maturazione biologica, pena lo snaturamento del concetto appena nato di
biopiscina.
Una sfida non solo italiana.
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La filosofia
Con la collaborazione di Richard Weixler
2.1 La filosofia delle piscine biologiche
Una piscina biologica fu realizzata già nel 1953 a Graz, in Austria, non a caso da
un maestro giardiniere, che la utilizzò per la sua coltivazione di ninfee. Il suo impiego ed il suo aspetto estetico rappresentavano l’obiettivo principale. Nel 1976
fu costruita una piscina biologica di 1000 m2. Questi biolaghi sono gli antenati
delle piscine biologiche di oggi. Nel 1983 Werner Gamerith in Austria e Paul
Schwedtke in Germania hanno costruito piscine biologiche con muri in calcestruzzo come separazione dalla zona di rigenerazione; questi impianti esistono e
funzionano tuttora.
Dalla metà degli anni Ottanta, nell’ambito del movimento ecologista, furono costruite sempre più piscine biologiche. La gente era evidentemente attratta dalla
flora acquatica nonchè dalla possibilità di poter fare un bagno nel proprio giardino in un contesto naturale.
Le prime piscine biologiche erano costruite in modo molto naturale: due terzi
erano destinati alla zona di rigenerazione ed un terzo alla zona nuoto. Le persone
apprezzavano soprattutto il fatto di non dover utilizzare dei prodotti chimici come nelle piscine convenzionali, cosa che permetteva loro di risparmiare anche
sui costi di gestione. D’altro canto si poteva apprezzare la piscina per tutto l’anno:
d’estate per il bagno, in autunno per i colori della vegetazione, d’inverno per il
pattinaggio, la primavera si annunciava con la prima fioritura e la presenza degli
animali acquatici, anfibi e rospi.
Questi motivi sono rimasti sostanzialmente invariati fino ad oggi. Le piscine biologiche sono molto più economiche, nella loro realizzazione, se paragonate a piscine convenzionali che hanno bisogno di essere trattate continuamente con sostanze chimiche per il loro funzionamento. Specie nella gestione di un biolago,
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Capitolo 2
non si ha nessuno di questi costi e si ha meno lavoro. Se in una piscina convenzionale bisogna pulire ogni foglia e sedimento dal fondo perché altrimenti avrebbe un aspetto molto trascurato, nei biolaghi questo non rappresenta un grande
problema, perché sono difficilmente visibili. Punto fondamentale resta però il
contatto con la natura.
Oggigiorno la gente vuole vivere accanto ad un ritaglio di natura nel proprio giardino ed apprezzare l’acqua morbida non trattata. Nell’acqua calda prosperano le
ninfee fiorite, si possono osservare farfalle e libellule, gli uccelli che vengono ad
abbeverarsi e a fare un bagno, o anfibi durante i rituali del corteggiamento. Una
piscina naturale è sempre di stagione ed offre un’esperienza di vita naturale di
particolar valore.
Anche se dall’inizio degli anni Novanta si iniziò ad installare delle pompe, per
esempio per movimentare l’acqua in un ruscello o in una cascata, questi costi
energetici sono molto più bassi rispetto a quelli necessari per il funzionamento di
una piscina convenzionale. Il riscaldamento avviene in modo naturale nelle zone
di sponda meno profonde e il biolago mantiene questo calore per merito della
sua grandezza anche per giorni.
Fino ad oggi, circa il 50% delle piscine naturali create nel mondo non viene costruito con l’ausilio di installazioni tecniche. Quando sono progettate e realizzate
correttamente, infatti, funzionano benissimo. Anche gli impianti creati con più
tecnica funzionano, quando non si esagera con il suo impiego.
In un periodo di devozione verso la tecnica, anche i giardinieri sono stati spinti a
credere di più nella sua efficacia che nello svolgimento naturale delle cose; questo
li ha indotti ad installare le più svariate e complicate attrezzature tecniche di diversi fornitori, con il motto: ‘‘Quando una cosa è cosı̀ costosa e tecnica deve funzionare’’. In verità è proprio il contrario. Tanti sistemi sovratecnicizzati sono falliti, e con loro le aziende costruttrici, perché non si sono informati abbastanza riguardo ai processi del trattamento naturale dell’acqua e dei microrganismi che
fanno funzionare una piscina biologica.
In certi casi l’intero volume d’acqua della piscina, è stato convogliato più volte al
giorno attraverso filtri tecnologici, con il risultato di aver eliminato tutti i microorganismi utili.
Inspiegabilmente, dopo poco tempo, tutto l’impianto era completamente invaso
da alghe nonostante tutti i soldi spesi. Parecchi costruttori di piscine biologiche,
illuminati da questi contro-esempi, hanno iniziato ad interessarsi alla biologia acquatica, perché solo quando si capiscono i processi ed i collegamenti del sistema
naturale si possono realizzare delle piscine biologiche funzionanti. Hanno capito,
quindi, che una filtrazione meccanica molto fine non è necessaria, perché il lavoro che dovrebbe esserle assegnato lo svolgono le dafnie. Le dafnie filtrano l’intero
volume d’acqua della piscina nel corso di 1-7 giorni, eliminando cosı̀ alghe, parEstratto della pubblicazione
La filosofia
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ticelle sospese e germi potenzialmente rischiosi per la salute. I costruttori di piscine biologiche hanno capito che non è necessario immettere continuamente
aria nell’acqua con delle pompe, perché l’acqua di una piscina biologica, con
una abbondante presenza di piante acquatiche, è sempre satura del 120-150%
d’ossigeno.
Cosı̀ negli ultimi anni si é verificata una svolta: invece di installare impianti tecnici complicati, ci si affida di più alla purificazione biologica: è più efficace e costa
molto meno. Nei corsi specializzati ci si confronta intensamente con le diverse
‘‘colonne della pulizia biologica dell’acqua’’. I membri delle associazioni dei costruttori di piscine biologiche continuano a migliorare le loro conoscenze attraverso questi aggiornamenti che si svolgono in tutta Europa. Solo pochi irriducibili continuano nel loro accanimento attraverso dei substrati filtranti, pompe e filtri
costosi, ma al più tardi dopo 3 anni ogni piscina biologica sovratecnicizzata subisce un collasso. Questo lo dimostrano anche le perizie degli ultimi anni che si sono dovute confrontare al 90% con impianti ‘‘ad alta tecnologia’’.
Il fatto che molti costruttori esperti considerino gli impianti tecnici come fattore
secondario, non ha niente a che fare con un’avversione nei confronti della tecnica, il fatto è che molti impianti si sono ripresi semplicemente spegnendo le pompe, restituendo cosı̀ alla natura la possibilità di gestirsi da sola. Ciò nonostante
esistono impianti tecnici molto utili per le piscine biologiche che servono a ridurre i tempi di manutenzione e che danno anche un loro contributo al trattamento
biologico dell’acqua. Si tratta solo di vedere come viene impiegata la tecnica.
Piscina biologica privata. Autore: Richard Weixler.
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Capitolo 2
2.2 Le cinque categorie di piscine biologiche
Affinché i clienti e gli interessati si possano orientare nella giungla delle piscine
biologiche, l’associazione dei costruttori di piscine biologiche austriaca (VÖS) ha
elaborato cinque categorie. Ogni impianto, cosı̀, può essere facilmente catalogato
e ciò facilita la decisione per un tipo costruttivo o l’altro. Affermazioni come:
‘‘Questo è il miglior sistema di biopiscina’’ si possono scordare; le categorie vengono ben descritte senza alcun giudizio qualitativo e sono il risultato di decenni
di esperienza e ricerca scientifica.
Il vantaggio è che, sin dall’inizio, si può scegliere il tipo più adatto al committente, considerando vantaggi e svantaggi, la spesa e il fabbisogno di manutenzione.
Ovviamente si possono anche realizzare soluzioni intermedie tra due tipi di categorie vicine.
2.2.1 Categoria I - Puramente naturale
Le prime piscine biologiche furono realizzate senza alcuna tecnica (circuito d’acqua con pompe). Molte di queste funzionano oggi ancora benissimo, alcune hanno più di 25 anni e non è stato mai necessario alcun cambio d’acqua. La zona di
nuoto di questi impianti comprende da circa un terzo fino a metà della superficie
totale, il resto era dedicato alla natura.
Zona di rigenerazione
Agli inizi comprendeva quasi il doppio della zona nuoto, dopo si stabilı̀ un rapporto 1:1.
Nella costruzione, la gran parte della zona di rigenerazione viene coperta con
substrato per le piante e suddivisa da zone con ghiaia, le quali impediscono il franare del substrato e possono essere calpestate per motivi di manutenzione. La divisione dalla zona di nuoto consiste in un semplice argine di terra sotto il telo di
impermeabilizzazione o da muri in cemento armato, sacchi di ghiaia, pietre, costruzioni in legno ecc.
Le piante
La varietà di piante in questa categoria è molto ampia. Ricerche scientifiche dimostrano, tra l’altro, che i sistemi ecologici funzionano al meglio se la varietà di
specie è più elevata:
–
–
–
–
piante palustri, spondali e da canneto – ca. 25 specie;
piante sommerse – da 5 a 8 specie;
piante con foglie galleggianti – da 3 a 5 specie;
piante galleggianti – da 2 a 3 specie.
La filosofia
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Gli animali
Anche la varietà di specie animali è più grande che in altri tipi costruttivi, perché
qui gli animali trovano abbastanza spazio vitale e le condizioni adatte per la riproduzione. Libellule e altre specie di insetti si insediano attraverso il volo, gli anfibi si presentano nel periodo dell’accoppiamento.
Solamente lo zooplancton viene immesso dall’uomo consapevolmente, prendendo alcuni secchi d’acqua da un lago naturale senza pesci, che poi vengono versati
nel bacino appena riempito.
L’utilizzo e la manutenzione
Dopo alcune settimane riservate allo sviluppo delle piante queste piscine sono
molto stabili dal punto di vista ecologico e possono essere utilizzate intensamente
per il bagno. Come in altri tipi, si possono realizzare delle zone d’ingresso molto
ampie, zone per i non nuotatori ecc., ma anche attrazioni come scivoli d’acqua,
trampolini, rocce per il salto ecc.
Per quanto riguarda l’intensità della manutenzione, ognuno deve valutare per sé
stesso quanto tempo vuole investire e che qualità d’acqua vuole ottenere. Se i lavori di manutenzione come il taglio delle piante, l’aspirazione dei sedimenti dalla
zona di nuoto, e altri ancora, vengono fatti regolarmente, si può avere un’ottima
qualità d’acqua per decenni. Quando si bada meno alla manutenzione, lo sviluppo delle piante è molto forte, le ninfee e le piante sommerse si espandono, come
le piante da riva, perché vi sono a disposizione tanti elementi nutritivi. Comunque in primavera e in autunno bisognerebbe estrarre biomassa dalla piscina, altrimenti è molto probabile che l’acqua si intorpidisca e che il processo di interrimento proceda.
La qualità dell’acqua
In questo tipo costruttivo, l’acqua é perlopiù da mesotrofica a eutrofica (da medio ad alto livello nutritivo), comunque con acqua molto limpida. Il livello degli
elementi nutritivi è più alto (P,C,N,CO2) e viene continuamente consumato dalle
piante.
Per quanto riguarda l’igiene, questa categoria può senz’altro competere con le altre. Gli organismi responsabili della pulizia dell’acqua (zooplancton, biofilm,
piante sommerse) sono molto vicini ai bagnanti – si fa il bagno, per cosı̀ dire, tra
loro, e per questo la pulizia dell’acqua funziona benissimo.
Grandezza minima e costi
Con una superficie di ca. 150 m2 , queste piscine sono molto stabili se costruite
correttamente. Si possono comunque realizzare anche più piccole, se si osservano
i criteri costruttivi dell’ambiente e della manutenzione.
Estratto della pubblicazione
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Capitolo 2
I costi di realizzazione sono più bassi che in altri tipi costruttivi, bisogna però
porre molta attenzione alla qualità del substrato delle piante, delle ghiaie e in particolare modo alla scelta delle piante, affinché possa funzionare al meglio la rigenerazione naturale dell’acqua.
2.2.2 Categoria II – Piscina naturale con poca tecnica
A partire circa dal 1988, si iniziò ad installare delle piccole pompe per il funzionamento di pietre di sorgente, cascate, e corsi d’acqua. Questo perché si era osservato che l’acqua rimaneva più limpida, anche se in questo modo si rendevano
necessari degli intervalli di manutenzione più regolari. Piscine di questa categoria
si realizzano tuttora.
Tecnica
Vengono installate delle piccole pompe a basso consumo energetico da 24 V, con
un trasformatore posizionato all’esterno della vasca (in un pozzetto a 2 m di distanza dal bordo vasca). La pompa dovrebbe essere in grado di funzionare continuamente e di muovere circa il 20% del volume d’acqua totale in 24 ore.
Piscina biologica privata. Autore: Richard Weixler.
Qui bisogna porre attenzione al fatto che la maggior parte della piscine viene attraversata dalla corrente d’acqua. Questa ha, innanzitutto, il compito di alimentare i biofilm con ossigeno ed elementi nutritivi per il raggiungimento di un’ottima
qualità d’acqua. Il biofilm si forma anche nei corsi d’acqua. Questi dovrebbero esEstratto della pubblicazione
La filosofia
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sere sempre in funzione perché già pause di 30-60 minuti possono causare la
morte del biofilm.
Sarebbe ideale costruire la piscina in modo che fosse attraversata dalla corrente
d’acqua in tutta la sua lunghezza, per esempio con una piccola sorgente ad ovest,
ed un punto di aspirazione (attraverso uno skimmer) ad est.
Su piscine di oltre 200 m2 si possono impiegare pompe anche da 220 V. Quando
il movimento d’acqua si aggira intorno al 20% in 24 ore, si parla ancora di un
impianto di categoria 2. Nel caso questo valore sia più alto si parla di un passaggio, che è molto frequente, verso la categoria 3.
Zona di rigenerazione – Zona di nuoto
La zona nuoto occupa circa il 50% della superficie totale. Bisogna considerare
che anche l’ingresso, pontili, e separazioni interne ne fanno parte.
La zona di rigenerazione è realizzata come nella categoria I. La zona di nuoto
non deve essere coperta con ghiaia per non ostacolare l’aspirazione con gli attrezzi di pulizia. La separazione funzionale delle zone (di nuoto e di rigenerazione)
può avvenire con muri di cemento armato, pietre, sacchi di ghiaia, elementi di legno ecc. Perlopiù vengono impiegati materiali che permettono una realizzazione
il più possibile naturale.
Le piante e gli animali
La zona delle piante viene realizzata come nella categoria I. Ogni tanto vengono
realizzate zone di piante più piccole, che però sono piantate in modo più fitto.
Bisogna fare attenzione alla giusta scelta delle piante, considerando i risultati dell’acqua di riempimento e anche la giusta composizione del substrato.
Anche in questo tipo costruttivo molto naturale, gli animali si trovano a loro
agio. Quando le rane gracidano troppo, possono essere trasferite in natura senza
grande difficoltà.
L’utilizzo e la manutenzione
Più grande è la piscina biologica e più grande risulta il suo equilibrio biologico.
Se si sono rispettati tutti i criteri di una costruzione corretta, già dopo alcune settimane si stabilizza l’equilibrio ecologico, e quindi, dopo il riempimento, si potranno fare i primi bagni, ma stando attenti a non provocare delle onde troppo
violente che potrebbero sradicare le piante di riva.
Impianti vecchi di questa categoria hanno una stabilità ecologica molto solida,
che non può essere sconvolta neanche da estati eccezionali o altri fenomeni naturali come, per esempio, la fioritura intensa di un albero vicino.
La manutenzione è come descritta in categoria I, qui i filtri degli skimmer, però,
20
Capitolo 2
devono essere svuotati e puliti ogni 1-2 giorni. Se si va in vacanza per qualche
settimana, si consiglia di spegnere la pompa, perché altrimenti potrebbe subire
un danno se lo skimmer si intasasse, dato che la piscina può funzionare anche
senza la circolazione dell’acqua.
Grandezze minime e costi
A seconda del tipo costruttivo, dell’ambiente e della manutenzione, le piscine di
questo tipo funzionano molto bene a partire da una superficie di circa 100 m2 . I
costi per la sola tecnica di un impianto di questa misura si aggirano intorno ai
1.000 euro.
2.2.3 Categoria III – Piscine con media tecnica
In questa variante – che viene scelta da circa il 75% degli interessati – si impiega
una pompa più forte che viene posizionata in un pozzetto all’esterno della vasca.
Questa pompa deve essere in grado di muovere l’intero volume d’acqua in 24
ore.
La tecnica e la sua funzione
La corrente della superficie dell’acqua fa risparmiare soprattutto lavoro di manutenzione - come la raccolta di foglie e alghe con un retino – e crea inoltre correnti
nel corpo d’acqua che sono favorevoli alla rigenerazione della stessa (biofilm e
piante vengono alimentate con sostanze nutritive ed ossigeno). La superficie dell’acqua viene pulita con skimmer galleggianti, skimmer a parete, canalette di sovrappieno, attraverso i quali vengono setacciati fogliame, alghe, semi di piante,
che non possono più sedimentare e, di conseguenza, formare biomassa e melma.
Il movimento dell’acqua deve essere realizzato in modo tale che lo zooplancton
non venga ucciso. Lo zooplancton, di solito, popola le zone d’acqua più profonde
e per questo motivo le correnti dovrebbero essere realizzate soprattutto sulla superficie dell’acqua verso gli skimmer. Questo si può ottenere anche con l’immissione dell’acqua di ritorno a pelo d’acqua, possibilmente nella direzione principale del vento.
Di solito la pompa funziona da 8 a 12 ore al giorno, programmata attraverso una
centralina. Per rispettare la biologia acquatica bisognerebbe distribuire i cicli di
funzionamento della pompa con intervalli regolari su tutto l’arco delle 24 ore della giornata.
Zona di rigenerazione e piante
Il rapporto tra zona di nuoto e zona di rigenerazione può essere di 3:2 quando
l’impianto può raggiungere un equilibrio biologico ottimale. Zona nuoto, ingres-
La filosofia
21
so, separazioni funzionali e tutte le strutture accessorie, non dovrebbero però superare il 60% della superficie. La zona di rigenerazione viene costruita come descritto alle categorie I e II. Il substrato, la ghiaia e le pietre devono corrispondere
alla qualità dell’acqua di riempimento, ossia alla qualità d’acqua che si cerca di ottenere dopo alcuni anni. Nella scelta delle piante bisogna considerare che vi sono
a disposizione meno elementi nutritivi, perché questi vengono eliminati attraverso la corrente d’acqua di superficie e di skimmer. Se meno sostanza organica subisce il processo di mineralizzazione, la qualità dell’acqua sarà mesotrofica (contenuto medio di elementi nutritivi). Per questo motivo, alcune specie di piante
devono essere concimate con concimi speciali. Si rinuncia di solito a piante con
foglie galleggianti, perché hanno un alto bisogno di concimazione.
L’utilizzo e la manutenzione
Non ci sono ostacoli per un intenso utilizzo da parte dei bagnanti, ma questi si
dovrebbero in ogni caso fare una doccia prima di ogni entrata in acqua, perché
altrimenti verrebbero immessi elementi nutritivi da ognuno di loro. La conseguenza potrebbe essere una formazione di alghe, dal momento che vi sono a disposizione meno piante che possono consumare questi elementi nutritivi.
La manutenzione dovrebbe avvenire in modo molto regolare: il taglio delle piante, l’aspirazione dei sedimenti (almeno una volta l’anno), ma soprattutto il controllo dei cestelli degli skimmer o delle canalette di sfioro. Se parti di piante morte permangono a lungo sott’acqua, i batteri iniziano la loro opera di mineralizzazione, con la conseguenza che l’acqua viene riempita di sali minerali. A questo segue una formazione d’alghe, specialmente nel caso in cui vi siano troppo poche
piante sommerse che possono assorbire questi preventivamente.
Piscine biologiche dalle categorie I a III assumono il loro carattere in circa 5 anni.
Si adeguano alle circostanze ambientali e all’utilizzo. Fino ad allora il fabbisogno
di manutenzione per una piscina di 100 m2 si aggira intorno ai 30 minuti per
settimana (valore medio); in seguito questo fabbisogno diminuisce con il raggiungimento della stabilità dell’equilibrio ecologico.
2.2.4 Categoria IV – Piscina con molta tecnica
Le piscine di questa categoria hanno spesso, oltre agli skimmer e alle canalette di
sfioro, anche ulteriori filtri che vengono alimentati dalla stessa pompa o da una
pompa ulteriore. Vengono utilizzati filtri a microfibra o di ghiaia, spesso in vasche separate.
La funzione della tecnica
Come negli impianti della categoria III, una parte delle sostanze inquinanti viene
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Capitolo 2
setacciata attraverso gli skimmer o dalle canalette. Vengono inoltre eliminati elementi molto fini attraverso un’ulteriore filtrazione meccanica. Questa filtrazione
fine deve essere fatta in modo da non danneggiare lo zooplancton. Le correnti
dell’acqua dovrebbero essere continue e in tutte le zone della vasca, ma non troppo intense perché altrimenti i processi biologici verrebbero disturbati. Oltre alla
filtrazione fine meccanica, buoni filtri permettono anche lo sviluppo di processi
biochimici nei quali gli elementi nutritivi vengono trasformati ed eliminati attraverso l’attività del biofilm e di altri organismi. Inoltre anche i germi igienicamente
rilevanti vengono ridotti.
Nel corso di 24 ore l’intero volume d’acqua può essere fatto circolare teoricamente 2 volte.
Zona di nuoto e di rigenerazione
Questi impianti vengono spesso realizzati in uno stile architettonico formale: vasche in cemento armato con elementi artificiali o rivestimenti in pietra. Attraverso
la separazione netta delle zone funzionali si può ottenere un passaggio del flusso
d’acqua mirato ed una filtrazione di tutto l’impianto. Di per sé la separazione delle zone funzionali non ha niente a che fare con la categoria della piscina biologica, per quanto, spesso, uno stile architettonico venga associato a molta tecnica.
La zona di rigenerazione può essere accostata alla zona di nuoto, spesso, però,
vengono scorporate. Trovano impiego vasche di rigenerazione con piante sommerse, filtri a ghiaia piantumati o non piantumati. Questa categoria si adatta anche molto bene per la ristrutturazione di vecchie vasche convenzionali.
Almeno il 35-40% della superficie totale d’acqua è riservata alla zona di rigenerazione, che dovrebbe avere anche delle zone più profonde con piante sommerse,
le quali fissano fosfato disciolto nell’acqua, per essere poi eliminato dal sistema
attraverso il taglio delle piante.
Utilizzo e manutenzione
Per merito di zone nuoto ben delimitate e dell’acqua spesso molto limpida, i bagnanti vedono esattamente dove si possono muovere. Non vi sono ostacoli per
un intenso utilizzo da parte dei bagnanti, perché le piante sono protette in zone
loro riservate. Realizzazioni di questo tipo devono essere facilmente accessibili
per le operazioni di manutenzione perché ne richiedono molte di più rispetto alle
categorie precedentemente descritte.
L’aspirazione dei sedimenti può avvenire, almeno in parte, attraverso dei robot di
pulizia, o manualmente, con intervalli di 1-2 volte al mese, spesso anche più frequentemente.
A seconda del tipo costruttivo e dei materiali filtranti, i filtri devono essere risciacquati, puliti o sostituiti più spesso.
Estratto della pubblicazione
La filosofia
23
I costi per il funzionamento sono relativamente alti già per il consumo di energia
delle pompe elettriche.
2.2.5 Categoria V – Piscine naturali ad
altissima tecnologia
Solamente a partire dal 2000 si è iniziato a sperimentare tipologie di piscine naturali con varianti dotate di poco spazio riservato alle piante, nonostante circa un
terzo della superficie totale debba essere comunque destinato alla zona di rigenerazione. Spesso si cerca di sostituire le zone delle piante con impianti di filtrazione: vengono allora realizzati, esternamente, dei filtri di ghiaia, zeolite o di altra
fattura, e la zona di nuoto consiste in una vasca separata. L’intero volume d’acqua
viene movimentato più volte al giorno, il lavoro che di solito svolge la natura,
viene sostituito dagli impianti tecnologici.
Utilizzo e manutenzione
Come in una piscina convenzionale, non ci sono limiti nell’utilizzo a costo forse
di perdere una particolare atmosfera naturale. Anche dal punto di vista della creazione del giardino, una vasca di questo tipo ha una importanza minore. Hanno
l’aspetto di una piscina convenzionale, la differenza è nel trattamento biologico
dell’acqua che non ha bisogno di impiegare sostanze chimiche. Tutte le sostanze
sospese e inquinanti vengono eliminate e decomposte attraverso filtri tecnici e
biologici. Di conseguenza vi è bisogno di una intensa manutenzione perché lo
zooplancton non è quasi più presente a causa della forte movimentazione dell’acqua (da 2 a 5 volte o più al giorno). Le funzioni dello zooplancton devono essere
svolte dai filtri che a loro volta devono essere puliti e controllati regolarmente. I
materiali filtranti, o l’intero filtro, devono essere spesso sostituiti. Bisogna far attenzione che nei filtri biologici esterni non possa succedere una liberazione di fosforo a causa della mancanza di ossigeno dovuta a una perdita di corrente. Il problema della sedimentazione del fosforo deve essere risolto.
Per la pulizia della vasca vengono impiegati dei robot con intervalli anche settimanali.
Costi
I costi sono più alti che nelle piscine convenzionali, anche se il prezzo dipende
moltissimo dal tipo di materiale con cui viene costruita questa biopiscina: vasche
in acciaio inox, piastrelle di ceramica, mosaici...
Siccome le pompe devono funzionare ininterrottamente vi è un notevole consumo di corrente elettrica con i rispettivi costi.
Estratto della pubblicazione
Capitolo 2
24
Schema generale della 5 categorie:
Tecnica e costi
Caratteristiche e tempi
di utilizzo delle pompe
Categoria 1:
Piscina biologica
senza tecnica
Grande varietà di
Costi: ca. E 120,– fino a
200,–/m2
Categoria 2:
Piscina biologica con poca
tecnica: Piccola pompa
(corso d’acqua, pietra di
sorgente...)
Ricircolo d’acqua:
10-20% del volume d’acqua
al giorno
Percentuale della
zona di
rigenerazione
rispetto alla
superficie totale
d’acqua
50 – 70%
specie, molto naturale
In primavera possibilità
di intorbidimento
Biologicamente
molto stabile
Fabbisogno di
manutenzione
Taglio piante in
autunno e primavera.
Aspirazione sedimenti
per evitare
intorbidimento.
Più naturale meno
aspirazione
sedimenti.
Costi di energia zero.
E
Elementi nutritivi e
Costi: ca. E 150,– fino a E
250,– /m2
Categoria 3:
Foglie, petali, alghe...
finiscono nel setaccio e
Piscina biologica con
sfioro dell’acqua:
possono essere
asportati. ConseguenzCanaletta di sfioro o skimmer
Ricircolo d’acqua:
a: bassa formazione di
melma.
50-100% del volume
d’acqua al giorno
Pompa in funzione da
6 a 12 ore al giorno.
Costi: ca. E 180,– fino a E
350,–/m2
Categoria 4:
Piscina biologica con
molta tecnica
Canaletta di sfioro o
skimmer, filtri.
Ricircolo d’acqua:
teoricamente ca. 2 del
volume d’acqua al giorno
50%
ossigeno vengono
distribuiti meglio
ottenendo acqua più
limpida
Biomassa eliminata in
Taglio piante in
autunno e primavera.
Aspirazione
sedimenti 1 volta
l’anno.
Costi di energia
all’anno ca. E 120,–
fino a E 180,– .
40 – 45%
Taglio piante in
autunno e primavera.
Pulizia del setaccio più
volte alla settimana.
Aspirazione
sedimenti 1-2 volte
all’anno.
Costi energia ca. E
500,– fino a E 800,–
all’anno
35 – 40%
gran parte.
Pulizia acqua
soprattutto
attraverso impianti
tecnici ma anche
piante.
Vasca secondaria o
impianto fitodepurazione.
Pompa in funzione da
12 a 24 ore al giorno .
Costi: ca. E 280,– fino a E
480,–
Estratto della pubblicazione
Taglio piante in
autunno e primavera.
Pulizia e manutenzione
filtri.
Sostituzione
materiale filtrante.
Aspirazione
sedimenti zona nuoto
1 volta al mese.
Costi di energia
annuali ca. E 800,–
fino a E 1.500,–.