firenze segreta in 10 storie

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firenze segreta in 10 storie
FIRENZE SEGRETA
IN 10 STORIE
FIRENZE SEGRETA
Firenze è una delle città con la maggior concentrazione di opere d’arte per chilometro quadrato:
chi ci vive è talmente abituato alla sua bellezza da non notare tanti piccoli particolari nascosti.
Il suo incontrastato fascino deriva anche da questi dettagli spesso impercettibili, elementi che a
prima vista possono sfuggire anche allo sguardo più attento.
Spesso fondati su basi storiche, altre volte su semplici aneddoti giunti fino noi attraverso un viaggio lungo secoli, i segreti che Firenze nasconde la rendono una città ancor più speciale, dove
storiografia e mistero finiscono spesso per incrociarsi, dando vita a storie e curiosità che tutti dovrebbero conoscere.
Ecco 10 storie che rivelano il lato nascosto della città più bella del mondo: 10 brevi racconti per
scoprire una Firenze enigmatica e assolutamente fuori dagli schemi.
i
QUANDO CADDE
LA SFERA DELLA
CUPOLA DEL
DUOMO
La cattedrale di Santa Maria del Fiore, per tutti il Duomo di Firenze, è uno dei simboli incontrastati della città. Si tratta della quinta chiesa più grande della cristianità
europea e può contenere fino a 3.000 persone.
La chiesa venne consacrata il 25 marzo del 1436, al termine dei lavori della cupola del Brunelleschi da papa Eugenio IV. Dal 1468 una sfera di rame dorato di Andrea del Verrocchio si erge in cima alla Cupola del Duomo. L'opera misura 2 metri
e 30 centimetri di diametro e pesa quasi 2 tonnellate.
Purtroppo non rimase lì a lungo. Cadde la prima volta nel 1492 e poi di nuovo all'inizio del 1600. Durante la forte tempesta di quella notte un fulmine la colpì facendola staccare e precipitare lungo il lato destro della cupola. Solamente dopo due
anni il gran duca Ferdinando I decise di ripararla e sistemarla al suo posto.
Ancora oggi, tra via del Proconsolo e il Duomo è possibile vedere un cerchio di
marmo sulla pavimentazione. Quello è il punto esatto dove cadde la palla quattro
secoli or sono.
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I DETTAGLI
NASCOSTI DEL
BATTISTERO
Il Battistero dedicato a San Giovanni Battista, patrono della città di Firenze, si trova di fronte al duomo di Santa Maria del Fiore, in piazza San Giovanni.
Sul lato che dà su via Roma, vi è un dettaglio nascosto. Nell’angolo in basso a sinistra è possibile scorgere un bassorilievo che rappresenta una naumachia, ovvero
una battaglia navale. Essa costituisce probabilmente un antico sarcofago romano,
incastrato nel muro per ricordare le origini romane di Firenze.
Pare infatti che, proprio in questo luogo, sorgesse in passato un tempio dedicato
a Marte, dio romano della guerra e patrono della città in epoca antica. Un altro
elemento curioso presente nel Battistero risale invece all’età longobarda. Sulla colonna destra dell’ingresso principale, quello rivolto verso via dei Calzaiuoli, è possibile osservare a circa mezzo metro da terra una sorta di impronta.
Secondo la leggenda il re dei Longobardi Liutprando decise di escogitare un
modo per garantire la regolarità delle transazioni commerciali. Stabilì allora di fissare la lunghezza di questa nuova unità di misura prendendo come riferimento la
misura del suo piede, lungo 43,6 centimetri. Le cronache riportano infatti come il
cosiddetto “Pes Liutprandi” veniva utilizzato nell’Italia settentrionale all’inizio del
XIX secolo.
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L’AUTORITRATTO
DIETRO AL
PERSEO DEL
CELLINI
Il Perseo con la testa di Medusa,è una famosa scultura in bronzo realizzata da Benvenuto Cellini, collocata in Piazza della Signoria sotto la Loggia dei Lanzi.
L’opera rappresenta Perseo in posizione eretta sul corpo di Medusa, la terribile gorgone appena sconfitta dall’eroe greco che ne esibisce fieramente la testa decapitata.
La sua fusione mise a dura prova l’artista e i suoi assistenti: la fornace provocò addirittura un incendio sul tetto, mentre il Cellini, in preda ad una febbre altissima causata dall’esalazione dei metalli, portò a compimento l’opera quasi per miracolo.
Sul retro della statua è possibile osservare una dettaglio inaspettato. Proprio sulla
nuca di Perseo si trova infatti un effetto ottico impressionante, che rappresenta il volto di un uomo. Secondo molti si tratta proprio di un autoritratto del Cellini, rappresentato con una smorfia ironica che ben poco si addice ad una statua monumentale.
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LA MALEDIZIONE
DI SANTISSIMA
ANNUNZIATA
All'angolo tra piazza Santissima Annunziata e via dei Servi c'è un palazzo nobiliare. Sembrerebbe un edificio come tanti, in mattoni rossi e con un nome: Palazzo
Grifoni. Ma sulla facciata di questo palazzo c'è una finestra particolare. La finestra
sempre aperta.
Una delle tante leggende fiorentine narra che, verso la fine del '500, un rampollo
della famiglia Grifoni partì per la guerra. La cosa non era strana a quei tempi. La
moglie corse alla finestra per salutarlo un'ultima volta prima del viaggio.
Da lì non si mosse per il resto della sua vita. Aspettava affacciata il ritorno del suo
sposo. Il marito non tornò mai a casa e quando lei morì la persiana venne chiusa.
Esistono due versioni: la prima ci racconta che il vicinato, oramai toccato da quella profonda storia d'amore, s'impose per far riaprire la finestra. La seconda invece
sostiene che quando chiusero la persiana, dentro la stanza iniziarono a volare oggetti e tremare i mobili. Ma appena la finestra fu riaperta tornò tutto alla normalità.
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LA TESTA DELLA
BERTA
La signora Berta si trova oggi sul lato della Chiesa di Santa Maria Maggiore che
dà su via de' Cerretani. È un busto in marmo senza iscrizioni. Le leggende sono
due: una sostiene che si tratti della venditrice di ortaggi Berta, che aveva il banco
davanti alla chiesa.
Sembra che fosse talmente stufa di non sapere quando chiudevano le porte della
città, che donò a Santa Maria Maggiore una campana per avvisare i mercanti dell'apertura e della chiusura delle porte cittadine. Così i fiorentini, per riconoscenza,
le fecero un piccolo busto. La seconda ci racconta una storia ben più tragica, conosciuta anche come la “maledizione di Cecco d'Ascoli”.
Condannato ingiustamente per eresia, il filosofo veniva portato in processione lungo via de' Cerretani per essere poi bruciato sul rogo in piazza Santa Croce. Ma
proprio davanti a dove ora si trova il busto chiese dell'acqua. Subito si affaccio
una donna di nome Berta da una piccola finestra avvertendo di non dargli nulla,
altrimenti, essendo lui alchimista e servo del diavolo, anche con poca acqua non
ne sarebbe stato possibile bruciarlo. L'uomo adirato le disse che non avrebbe più
tolto la testa da lì, e così fu.
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IL CANTO DEI
DIAVOLI IN VIA
DE’ VECCHIETTI
Lungo via de’ Vecchietti, all’angolo con via Strozzi, potrete notare la statua di una
specie di diavoletto aggrappato ad un palazzo. Questa statua dalle curiose sembianze nasconde una storia misteriosa. Il mecenate Bernardo Vecchietti incaricò
nel 1578 l’artista Giambologna di rimettere a nuovo il suo palazzo.
Durante i lavori di ristrutturazione il celebre scultore fiammingo modellò anche una
coppia di diavoletti, dei quali ci è pervenuta solo una copia, attualmente esposta
al Museo Bardini, mentre una sua riproduzione campeggia proprio sull’angolo del
palazzo. Alcuni raccontano che la statuetta, rappresentante in realtà un satiro, sarebbe ispirata al Canto dei Diavoli, collocato all’angolo di via Strozzi.
L’oscuro nome di questo incrocio è a sua volta legato ad un aneddoto riguardante
San Pietro Martire. La leggenda vuole che, durante una messa, al cospetto del domenicano sarebbe apparso un cavallo nero, poi lanciatosi al galoppo contro una
folla dei fedeli. Pare che l’animale fosse proprio il demonio sotto mentite spogli;
San Pietro riuscì a metterlo in fuga, respingendolo con il segno della Croce. Il cavallo nero scomparve nel buio proprio davanti al cantone di via de’ Vecchietti, che
oggi ricorda l’inquietante episodio.
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COME I BISCHERI
DIVENNERO TALI
In Toscana l’appellativo “bischero” indica una persona poco furba. Questo significato è legato alla famiglia fiorentina dei Bischeri. Questa casata era una delle più facoltose dell’intera città e le loro proprietà si trovavano nella zona tra Piazza Duomo e
via dell’Oriuolo.
Quando verso la fine del ‘200 si decise di costruire la Cattedrale di Santa Maria del
Fiore, i Bischeri possedevano molte case nella zona dove la Repubblica Fiorentina
aveva progettato l’edificazione del Duomo: il governo decise di offrire loro un’ingente somma di denaro per acquistarle tutte, liberando così l’area e iniziare i lavori.
Si dice che la famiglia rifiutò, cercando di tirare ancora sul prezzo; dopo qualche
tempo il governo fiorentino, stanco degli indugi, decise di espropriare le abitazione,
risarcendo i Bischeri con ben pochi fiorini d’indennizzo.
Secondo un’altra versione invece, un incendio distrusse totalmente la zona, lasciando così i Bischeri senza proprietà e senza un soldo. Da allora il termine «bischero»
indica appunto una persona decisamente poco furba e ingenua.
8
LA TESTA DI
TORO SU
PORTA DELLA
MANDORLA
Tra i tanti dettagli del Duomo, precisamente sul lato sinistro all’altezza di via Ricasoli,
è possibile scorgere una testa di toro appoggiata in alto su uno dei capitelli. L’insolita scultura è una delle decorazioni di Porta della Mandorla, opera di Nanni di Banco
e altri artisti che dà accesso alla vetta della cupola.
La presenza dell’animale tra le sculture è ricollegabile a due spiegazioni. Secondo
una prima versione, si tratterebbe di un omaggio che i costruttori vollero fare agli animali da traino che furono impiegati durante la costruzione dell’opera. Esiste però
un’altra risposta molto più curiosa e decisamente goliardica.
Pare che durante la costruzione del Duomo un mastro carpentiere avesse una relazione con la moglie di un bottegaio della zona. Quando il marito scoprì il tradimento,
decise di sporgere denuncia presso il tribunale ecclesiastico. L’amante però decise
di vendicarsi in modo piuttosto originale: collocò la testa del toro in modo tale che le
corna puntassero proprio in direzione della bottega del cornuto, come testimonianza concreta del tradimento subito.
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LA STORIA DI
VIA DEI
MALCONTENTI
In molti avrete sicuramente notato il curioso nome della strada che collega via delle
Casine a Piazza Piave. In passato infatti coloro che percorrevano questa via, collocata proprio dietro piazza Santa Croce, avevano motivi più che validi per essere definiti “malcontenti”.
Poco lontano infatti si trova il Bargello, un tempo luogo delle prigioni fiorentine e oggi storico museo di fama internazionale. Nel passato i condannati a morte venivano
condotti al patibolo passando proprio dall’attuale via dei Malcontenti: questa strada
quindi era l’ultimo tratto che i prigionieri per correvano prima di essere giustiziati.
I condannati che uscivano dalle carceri raggiungevano così l’emblematica Porta della Giustizia, al di fuori della quale veniva allestito il patibolo mentre il boia aspettava
le vittime. Per accompagnare l’ultimo viaggio dei malcontenti vennero costruiti alcuni tabernacoli, come quello che si trova all'angolo con via delle Casine, raffigurante
una Madonna col bambino tra i Santi Giovanni e Pietro, sostituito da una copia in
seguito all'alluvione. Ancora oggi la strada ricorda nel nome la triste sorte che attendeva i condannati, andando a costituire una sorta di “miglio verde” tutto fiorentino.
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TUTTI I LEONI DI
FIRENZE
I leoni sono i custodi di Firenze: non è difficile infatti trovare rappresentazioni di questi fieri animali sparse un po’ per tutta la città.
La più famosa è certamente quella del Marzocco di Donatello, che stringe tra le
possenti zampe lo stemma fiorentino, la cui copia collocata in Piazza della Signoria
protegge con fare altezzoso il giglio rosso, stemma della città.
L’origine del nome Marzocco è spiegata dal sommo poeta Dante. Il celebre letterato
riporta la leggenda secondo la quale la statua di un leone collocata su Ponte Vecchio andò a sostituire quella del Dio Marte che si perse durante la terribile alluvione
del 1333.
“Marzocco” deriva infatti dal latino “martocus”, traducibile come “piccolo Marte”. Il
leone venne scelto dalla Repubblica fiorentina a dimostrazione della potenza politica. Questo animale infatti sarebbe stato l’unico in grado di uccidere l’aquila, allora
simbolo imperiale. In Piazza della Signoria i leoni controllano e proteggono ancora
oggi la città e chi vi arriva: possiamo facilmente notare le due statue di epoca romana poste a guardia della Loggia dei Lanzi.
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Altri due più piccoli si trovano invece all’ingresso del Palazzo della Signoria e ne sorvegliano l’entrata. Se alziamo lo sguardo sopra la torre di Arnolfo, possiamo scorgerne un altro in posizione rampante che osserva Firenze dall’alto. Da questa banderuola leonina ha origine il famoso detto fiorentino “quando il leone piscia in Arno, l’è
acqua”. Infatti quando il maltempo arriva sulla città, i venti girano il leone in direzione dell’Arno.
Nella sala dei Gigli all’interno del Palazzo Vecchio si trova poi un maestoso leone
dipinto che stringe con la zampa l’insegna del Popolo Fiorentino. L’affresco, che raffigura San Zanobi e un ciclo di Uomini illustri, venne commissionato al Ghirlandaio
per celebrare la Signoria. Una leggenda racconta che verso il 1280, i fiorentini decisero di collocare in Piazza San Giovanni un leone chiuso in gabbia per rivendicare
l’indipendenza della città.
L’animale però riuscì a fuggire e, dopo aver gettato la città nel panico, afferrò un
bambino. Il leone però, invece di sbranarlo, riconsegnò il piccolo alla madre completamente indenne, per poi farsi ricondurre in gabbia. Da quel giorno il leone venne assunto come vero protettore di Firenze e adottato dalla famiglia Medici, in quanto simbolo di potenza, sino ad essere rappresentato nei luoghi più disparati della
città.
La potenza simbolica di questo animale e il suo legame con Firenze ci viene ricordato ogni giorno: basta osservare i lampioni dalle zampe leonine che illuminano i Lungarni. Che, ancora oggi, proteggono la città e il suo fiume. 12
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