Ulisse, il primo eroe che piange
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Ulisse, il primo eroe che piange
«Ulisse, il primo eroe che piange» Emma Dante porta a Spoleto "Odissea a/r" con gli attori del suo laboratorio. «Andata e ritorno perché condensa tutte le grandi domande sull'esistenza. Un viaggio nell'identità maschile e nelle sue fragilità». Rapporto con le donne compreso L'INTERVISTA m Odissea secondo Emma w Dante. Inevitabile pensare a Penelope. Invece la grande regista palermitana ha scelto Telemaco, il figlio di Ulisse che nei primi canti del poema omerico parte alla ricerca di quel padre che quasi non conosce e cercandolo cresce, matura, diventa uomo. Di qui il titolo dello spettacolo, in scena dal 6 al 10 luglio al festival dei Due Mondi di Spoleto: Odissea a/r. Che in quell'ironico "andata e ritorno" condensa «tutte le grandi domande sull'esistenza», come ci dice la regista da Palermo. «Il viaggio che ognuno di noi deve compiere, la ricerca delle origini, la necessità di forgiarsi un destino». C'entra anche la costruzione dell'identità maschile, oggi così problematica e vacillante? «Certamente. Infatti non racconto tanto il viaggio di Odisseo quanto ciò che lascia e ciò che trova quando torna, in particolare il figlio, che ritrova ventenne senza averlo visto crescere. Tutto questo non è poi così lontano dal mio teatro. Quando si dice Odissea si pensa sempre ai canti sul viaggio di Ulisse, a Circe, Calipso, Polifemo, la parte più fantasmagorica, con tutto il suo corteo di figure umane e sovrumane, ninfe, mostri. Ma anche la Telemachia è interessantissima perché mette padre e figlio a confronto. E vede Telemaco scoprire la sua potenza di uomo capace di fronteggiare i Proci, quegli energumeni sguaiati che assediano la madre e in scena parlano uno strano impasto dialettale». Come ha lavorato sul testo? «In tutta libertà. Con i classici bisogna essere un po' incoscienti, tanto hanno le spalle larghe. Mai essere provocatori per forza. Un I classico è tale proprio perché non smette di porre domande, inutile forzare la mano. Lo spet- tacolo poi, già visto in forma di studio all'Olimpico di Vicenza, nasce dal laboratorio che conduco da due anni con gli allievi della Scuola dei Mestieri dello Spettacolo al Biondo di Palermo. L'Odissea era l'ideale per far lavorare questi 23 giovani tra i 18 e 28 anni che fanno tutto, cantano, ballano, recitano, si cuciono perfino i costumi per imparare ad averne cura». Ci sono "effetti speciali" come le bambole meccaniche della Cenerentola vista all'Opera? «No, no (ride)\ Lo spettacolo è visionario, più fisico che testuale, ma la sua forza principale sono proprio questi 23 ragazzi che da due anni lavorano insieme e vanno tutti nella stessa direzione. Come sempre, o quasi, non ci sono scenografie. I paesaggi, l'interno del palazzo, li raccontano i corpi degli attori, le loro "geometrie esistenziali" come direbbe l'amico Franco Battiate. In scena ci sono solo quattro scatole nere ai lati del palco da cui gli attori estraggono l'occorrente come dal cilindro di un mago. Un costume, una vela, due scarpe, una trombetta da stadio... E poi si canta, molto. Una canzone l'ha scritta Bruno Di Chiara, cioè Odisseo, un palermitano di grande talento. Le altre sono di Serena Ganci, con cui avevo già fatto l'Intervista impossibile a Polifemo, per restare in materia...». Chi sono i suoi allievi, da dove vengono? «Alcuni hanno storie incredibili. Telemaco, cioè Alessandro Ienzi, palermitano, a 25 anni era un avvocato lanciatissimo in un grande studio legale a Roma. Ma quella vita non gli piaceva, per una somatizzazione aveva perso addirittura la vista, poi ha scelto il teatro ed è rinato». Non siamo lontani da quella maturazione virile che è al cuore di Odissea a/r... MEDIA Infatti. Lo spettacolo in fondo racconta lo sbocciare di un ragazzo che per diventare uomo deve affrontare il mare, o il male, che nell'Odissea sono la stessa cosa, si fondono in ogni momento. Ma il mare, e il male, sono anche attraenti, affascinanti... Quando Telemaco, spinto dagli dèi, si decide a partire con 20 navi, sa già che non troverà il padre ma che quel viaggio lo deve fare, deve lasciare la madre, il palazzo, affrontare l'ignoto... Non come certi ragazzi di oggi che si separano dalla moglie e tornano a casa dalla mamma...» Nelle note di regia insiste sull'umanizzazione del mito e descrive Ulisse come un eroe «piccolo e bugiardo»... «Beh, di fronte a certi lati maschili divento un po' perfida... Ma "piccolo" sta per fragile, umano. In fondo Ulisse è il primo eroe capace di lacrime. Nella prima scena appare con la faccia immersa in una bacinella, che è insieme il mare e il suo pianto, perché non direi mai a un attore vai lì e fai finta di piangere.... Dunque Ulisse non è il guerriero tetto d'un pezzo che si mette sul piedistallo e uccide tetti. È anche capace di sedere in riva al mare e piangere a calde lacrime pensando alla sua famiglia. Ma è piccolo perché dice un sacco di bugie, è pronto a tutto per i suoi scopi. E poi, insomma, dopo quel gran pianto, arriva Calipso che se lo porta giù nella sua grotta profonda per consolarlo, e lui dietro come un cagnolino...». Fabio Ferzetti PER DIVENTARE UOMO TELEMACO DEVE AFFRONTARE IL MARE, OVVERO IL MALE CHE NELL'ODISSEA SONO LA STESSA COSA OMERO A fianco una scena del nuovo spettacolo "Odissea a\r" di Emma Dante (foto sotto) liberamente tratto da Omero: debutterà al Festival di Spoleto il 6 luglio MEDIA 23 Spettacoli MACRO . Domenica 19 Giugno 2016 wwwiLmcssaggcro.it Emma Dante porta a Spoleto "Odissea a/r" con gli attori del suo laboratorio. «Andata e ritorno perché condensa tutte le grandi domande sull'esistenza. Un viaggio nell'identità maschile e nelle sue fragilità». Rapporto con le donne compreso «Ulisse, il primo eroe che piange» OMERO L'INTERVISTA m Odissea secondo Emma I Dante. Inevitabile pensare a Penelope. Invece la grande iv-ijiiiii palermitana ha scelto Telemaco, ilfiglio di Ulisse che nei primi canti del poema omerico parte alla ricerca di quel padre che quasi non conosce e cercandolo cresce, matura, diventa uomo.Diquiiltitolodellospettacolo, in scena dal 6 al 10 luglio ai festival dei Due Mondi di Spoleto: Odissea a/r. Che in quell'ironico "andata e ritomo" condensa "tutte le grandi d o mande sull'esistenza", come ci dice la regista da Palermo. «U viaggio che ognuno di noi deve compiere, la ricerca delle origini, la necessità di forgia rsi u n destìn o». trova quando torna, in particolaC e n t r a a n c h e la costruzione re il figlio, che ritrova ventenne dell'identità maschile, oggi co- senza averlo visto crescere. Tutsì problematica e vacillante? to questo non è poi cosi lontano «Certamente. Infatti non raccon- dal mio teatro. Quando si dice to tanto il viaggio di Odisseo Odissea si pensa sempre ai canti quanto ciò che lascia e ciò che sul viaggio di Ulisse, a Circe. Calipso, Polifcmo, la parte più fantasmagorica, con tutto il suo corteo di figure umane e sovrumane, ninfe, mostri. Ma anche la Telcmachia è interessantissima perché mette padre e figlio a confronto. E vede Telemaco scoprire la sua potenza dì uomo capace di fronteggiare i Proci, quegli energumeni sguaiati che assediano la madre e in scena parlano uno strano impasto dialettale". Come ha lavorato sul testo? «In tutta libertà. Con i classici bisogna essere un po' incoscienti, tanto hanno le spalle larghe. Mai essere provocatori per forza. Un A fianco u na scena del nuovo spettacolo "Odissea a\r" di E m m a Dante (foto sotto) l i b e r a m e n t e tratto da Omero: d e b n t t e r à al Festival di Spoleto il 6 luglio I 0 PER DIVENTARE UOMO TELEMACO DEVE AFFRONTARE IL MARE. OVVERO IL MALE CHE NELL'ODISSEA SONO LA STESSA COSA classico è tale proprio perché non smette di porre domande, inutile forzare la mano, Lo spettacolo poi, già visto in forma di studio all'Olimpico di Vicenza, nasce dal laboratorio che conduco da due anni con gli allievi della Scuola dei Mestieri dello Spettacolo al Biondo di Palermo. L'Odissea era l'ideale per far lavorare questi 23 giovarti tra i 18 e 28 anni che fanno tutto, cantano, ballano, recitano, si cuciono perfino i costumi per imparare ad averne cura». Ci sono "effetti speciali" c o m e le bambole meccaniche della CcncrcntolavistaairOpcra? «No, no (ride)'. Lo spettacolo è visionario, più fisico che testuale, ma la sua forza principale sono proprio questi 23 ragazzi che da due anni lavorano insieme e vanno tutti nella stessa direzione. Come sempre, o quasi, non ci sono scenografie. 1 paesaggi, l'interno del palazzo, li raccontano i corpi degli attori, le loro "geometrie esistenziali" come direbbe l'amico Franco Battiate In scena ci sono solo quattro scatole nere ai lati del palco da cui gli attori estraggono l'occorrente come dal cilindro di un mago. Un costume, una vela, due scarpe, una trombetta da stadio... E poi si canta, molto. Una canzone l'ha scritta Bruno Di Chiara, cioè Odisseo, un palermitano di grande talento. Le altre sono di Serena Ganci, con cui avevo già fatto l'Intervista impossibile a Polifcmo, per restare in materia...». Chi sono ì suoi allievi, da dove vengono? -Alcuni hanno storie incredibili. Telemaco, cioè Alessandro Ienzi. palermitano, a 25 anni era un avvocato lancìatissimo in un grande studio legale a Roma Ma quella vita non gli piaceva, per una somatizzazionc aveva perso addirittura la vista, poi ha scelto il teatroedèrinato». Non siamo lontani da quella maturazione virile che è al cuo r e dì Odissea a/r... Infatti. Lo spettacolo in fondo racconta lo sbocciare di un ragazzo che per diventare uomo deve aftron tare il mare, o il male, che nell'Odissea sono la stessa cosa, si fondono in ogni momento. Ma il mare, e il male, sono anche attraenti, affascinanti... Quando Telemaco, spinto dagli dèi, si decide a partire con 20 navi, sa già che non troverà il padre ma che quel viaggio lo deve fare, deve lasciare la madre, il palazzo, affrontare l'ignoto... Non come certi ragazzi di oggi che si separano dalla moglie e tornano a casa dalla mamma...» Nelle note di regia insiste sull'umanizzazione del mito e descrìve Ulisse c o m e u n e r o e «piccolo e bugiardo"... «Beh. di fronte a certi lati maschili divento un po' perfida... Ma "piccolo" sta per fragile, umano, In fondo Ulisse è il primo eroe capace di lacrime. Nella prima scena appare con la faccia immersa in una bacinella, che e insieme il mare e il suo pianto, perche non dirci mai a un attore vai lì e fai finta di piangere,... Dunque Ulisse non è il guerriero tutto d'un pezzo che si mette sul piedistallo e uccide tutti. È anche capace di sedere in riva al mare e piangere a calde lacrime pensando alla sua famiglia. Ma è piccolo perché dice un sacco di bugie, e pronto a tutto per i suoi scopi. E poi, insomma, dopo quel gran pianto, arriva Calipso che se lo porta giù nella sua grotta profonda per consolarlo, e lui dietro come un cagnolino...». Fabio Terze tti "Linda" nel paese del belcanto E la regia cede il passo alle voci LIRICA V enerdì sera "Lindadi Chamounix" di Donizetti è tornata a Roma dopo oltre cent'anni, in un nuovo allestimento realizzato in coproduzione col Gran Team? del Liceu di Barcellona, firmato per la regia da Emilio Sagi con le scene di Daniel Bianco, i costumi di Pepa Ojangurcn e le luci di Alberto Faur; sulpodio Riccardo Frizza. Nelle sue note di regia, Emilio Sagi ha individuato nella Linda un senso di nostalgia assai melodrammatico, che ha un effetto ipnotico sommamente moderno come in alcune composizioni di PhilippGlass. LA SCENA Da qui l'idea d'impostare il suo lavoro sul canto e d'utilizzare una scenografia essenziale, limando i dettagli dell'epoca e dei luoghi. Gli ambienti dove si svolge l'azione sono evocati solo da forme geometriche: nel primo atto l'Alta Savoia è tutta da immaginare. I colori, le scene e i costumi sono tutti chia ri e tendono al bianco, a voler sottolineare quest'impostazione straniarne, Un'idea registica di questo tipo, che si concentra solo sul canto puro, lascia sullo sfondo la recitazione, che invece è l'origine e la fonte dalla quale il canto nasce ed esprime le passioni, che in questo spettacolo non trovavano sempre la strada per esprimersi e di arriva re alpubblico. La protagonista, molto attesa, e stata Jessica Pratt. considerata oggi ima delle grandi interpreti del repertorio bclcantistico. yornata a Roma dopo il grande successo dell'anno scorso nella 'Lucia di Lammermoor". Dolala di mezzi vocali di primissimo piano, non è però sembrata in gran forma, risolvendo con qualche nervosismo e insicurezze di troppo la pagina più nota dell'opera. "0 luce di quest'anima" nel primo atto, migliorando nel prosieguo dell'opera. Buona la prova del giovane e atletico tenore Ismael Jordi, nel ruolo di Carlo: la sua e una voce ben timbrata, soprattutto nel registro acuto. La migliore della serata è stata senza dubbio la giovane georgiana Ketevan Kemoklidze nei panni di Pierotto, l'amico fidato di Linda: voce calda, omogena e ottima presenza scenica. Bruno De Simone ha risolta con grande esperienza il ruolo del borioso marchese dì Boisflcury. Completavano adeguatamente il cast Roberto de Can- HA DEBUTTATO AL COSTAMI L'OPERA DI DONIZETTI OTTIMA PROVA DELLA GEORGIANA KEMOKLIDZE QUALCHE INCERTEZZA PER JESSICA PRATT dia (Antonio). Christian Van Horn (il prefetto). Caterina di Tonno (Maddalena) e Saverio Fiore (intendente delfeudo). LA PARTITURA Linda è una partitura interessante, anomala, scrina nel 1842 per Vienna, quindi con tratti molto diversi rispetto ai capolavori più noti di Donizetti, in particolare riguardo all'orchestrazione e alla libertà formale n ch'organizzar e il decorso drammaturgico. Tali elementi non sono emersi nella lettura di Riccardo Frizza, chemancava del necessario respiro e approfondimento espressivo. Molti applausi a scena aperta e buon successo per tutti, in particolare per la Pratt, Jordi, Kemoklidzem e De Simone. Dopo la prima di venerdì, "Linda di ChamoLinix" sarà replicata domani (ore 16.30), mercoledì 22 (ore 20), venerdì 24 (ore 20), domenica 26 (orelG.30), martedì 28 (ore 20). Luca Della Libera MAGNESIO e POTASSIO A ^ É ^ ^ T TEATRO DEI/OPERA Jessica Pratt e Ismael Jordi In "Linda di Chamounix" MEDIA