Maggio - Ciba Vision Academy

Transcript

Maggio - Ciba Vision Academy
Aprile 2004, volume VI, numero 1
O2
Silicone idrogel
non solo uso continuo
correttivo
F. Zeri
L’evoluzione
dell’ortocheratologia
A. Calossi
Linee guida nella selezione
del candidato al trattamento
ortocheratologico
Poste Italiane. Spedizione in a. p. - 70% - DC/DCI/VC nr 1- 2004
G. Toffoli, R. Olent
“Da un punto di vista clinico
non è possibile rilevare nessuna
differenza tra una cornea che
indossa una lente in silicone
idrogel con una che non indossa
alcuna lente” dice Lyndon Jones Ph.D.F.C. Optom,
Centro di Ricerca per Lenti a Contatto (CCLR)
Scuola di Optometria, Università di Waterloo
(Fonte: Primer on Silicone Hydrogel Soft Contact Lenses.
Review of Optometry 2/2, January 2004)
O2
lac
lenti a contatto
contact lenses
Codirettori scientifici
L. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma)
Comitato scientifico
L. Boccardo (Certaldo), M. Bovey (Palermo),
R. Fletcher (London), A. Fossetti (Firenze),
P. Gheller (Bologna), M. Lava (Roma), S. Lorè (Roma),
A. Madesani (Forte dei Marmi), L. Mannucci (Padova),
U. Merlin (Rovigo), M. Rolando (Genova),
A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona),
L. Sorbara (Toronto), A.Vinciguerra (Trieste)
Ringraziamenti
Si ringraziano A.I.LAC e S.Opt.I. per la collaborazione scientifica
Comitato editoriale
A. Calossi (Certaldo), O. De Bona (Marcon),
M. Lava (Roma), C. Masci (Roma), F. Zeri (Roma)
Segreteria
O. De Bona
via E. Mattei, 11 30020 Marcon (VE)
tel. 041.5939411
e-mail: [email protected]
Nome della rivista
LAC
Direttore responsabile
Marco Perini
Proprietario testata
BieBi Editrice
Editore
BieBi Editrice
di Mauro Lampo
Via Losana, 4 - 13900 Biella
Tiratura
Quadrimestrale, 32 pagine
Tipografia
Arti Grafiche Biellesi
via Biella 58 - 13878 Candelo (Biella)
Registrazione Tribunale
Biella, in data 6/5/99 al n. 487
Sped. gratuita
Numeri arretrati
1
Presso la segreteria
Contattologia
& Management
1° Convegno ASSOTTICA
Perugia, 5/6 ottobre 2003
Laura Boccardo
La rassegna del primo convegno
Assottica Contattologia & Management,
tenutosi a Perugia il 5-6 ottobre 2003
e pubblicata nel numero 3 vol. V
è a cura di Laura Boccardo.
Ci scusiamo con l’autrice per l’omissione.
sommario
aprile 2004
vol.VI, n. 1
Articoli
Silicone idrogel
pag. 4
Non solo uso continuo correttivo
F. Zeri
L’evoluzione dell’ortocheratologia
A. Calossi
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
G. Toffoli, R. Olent
pag. 11
pag. 21
Rubriche
3
Tips & tricks
L. Boccardo
pag. 30
In libreria
L. Boccardo
pag. 31
a r t i c o l o
Silicone idrogel:
non solo uso continuo correttivo
L’articolo è una rielaborazione aggiornata della relazione presentata al VI Congresso di Contattologia Applicata Biovision 28-30 Settembre 2002
Fabrizio Zeri
FIACLE; Istituto Superiore di Scienze Optometriche di Roma
Sommario
L’idea di un uso continuo notte e giorno delle lenti a contatto
nasce con la stessa idea delle lac. Una delle più recenti novità
nel campo della contattologia è senza dubbio rappresentata
dall’uscita del silicone idrogel (SI), un materiale sviluppato
proprio per questo uso nel rispetto della salute oculare.
I risultati della ricerca scientifica che, ha costantemente monitorato l’evento, hanno attestato performance cliniche straordinarie nell’uso a 30 giorni di lac in SI. Oggi quindi, quando
si parla di SI lo si associa strettamente all’uso continuo. Con
questa rassegna si vuole cercare di spostare l’attenzione sul
possibile impiego di lac in SI in applicazioni con altri regimi
d’uso (prolungato, flessibile e giornaliero) e/o per altri scopi
applicativi oltre quello correttivo, come il terapeutico, sfruttando le particolari caratteristiche di alto Dk e bassa idratazione di questo materiale che in queste condizioni potrebbero
rivelarsi utilissime.
Parole chiave
lac silicone idrogel, uso continuo, uso giornaliero, lac terapeutiche, occhio secco
Introduzione
Le lenti a contatto (lac) sono in grado di offrire notevoli vantaggi visivi, pratici ed estetici rispetto agli
occhiali, ma rimangono pur sempre uno strumento
correttivo che deve essere inserito e rimosso dall’occhio e che ha bisogno di manutenzione. I padri storici,
i pionieri della contattologia avevano da subito intuito
tutte le potenzialità di un uso continuo giorno e notte
delle lac che eliminasse i problemi di gestione. È per
questo che tentativi di un uso di questo tipo furono
effettuati con tutti i tipi di lenti: sclerali e corneali negli
anni ’40 e morbide agli inizi degli anni ’70 (Sweeney e
Ricevuto il 10 gennaio 2004. Accettato per la pubblicazione
il 19 gennaio 2004.
coll, 2000). Solo più tardi però, agli inizi degli anni ’90,
la questione viene affrontata direttamente e si assiste a
quello che può essere considerato il più grosso sforzo
di ricerca applicata in contattologia: lo sviluppo di un
materiale specifico in grado di consentire un utilizzo
continuo delle lac senza rischi per la salute oculare.
Secondo Brennan e Coles (2000) per vincere la “sfida”
all’uso continuo bisognava realizzare una lac confortevole come una lente in idrogel, con proprietà di
superficie come il pmma e con una gas-permeabilità
pari a quella del silicone.
Questa “squadra vincente” ha visto la luce con la
nascita dei materiali silicone-idrogel (SI) che quindi
oggi vengono identificati strettamente con un certo
tipo di uso: quello continuo.
In questa rassegna si vuole cercare di rompere questa
stretta associazione per vedere quali altre opportunità
offrono questi materiali in altri regimi d’uso e in altre
applicazioni.
Prima di procedere è forse necessario soffermarci su
alcuni aspetti terminologici, relativi all’argomento, su
cui in contattologia c’è ancora spesso confusione
(Tab.1). Convenzionalmente, per quanto riguarda il
regime d’uso delle lac, con Uso Continuo (UC; indicato
in lingua inglese come Continuous Wear CW) s’intende l’uso giorno e notte delle lac per 30 giorni, con
Uso Prolungato (UP; Extended Wear EW) l’uso giorno
e notte a 7 giorni, con Uso Flessibile (UF; Flexible Wear
FW) s’intende un uso notturno solo qualche volta a setQuanto
• Uso Continuo (UC): fino a 30 giorni
• Uso Prolungato (UP): 7 giorni-6 notti
• Uso Flessibile (UF): 2-3 notti a settimana
• Uso Giornaliero (UG): solo nelle ore di veglia
Perché
• Uso correttivo
• Uso cosmetico
• Uso terapeutico
• Uso prostetico o protesico
Tabella 1
L’uso delle lac può essere classificato a seconda del tempo e dello
scopo dell’applicazione.
4
2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
Silicone idrogel:
non solo uso continuo correttivo
timana e infine con uso giornaliero (UG; Daily Wear
DW) l’uso solo diurno delle lac. Non è però infrequente
trovare autori che si riferiscono al termine UC sia per
indicare l’uso a 7 che a 30 giorni. Se si guarda invece
allo scopo dell’applicazione, si può classificare l’uso
delle lac in: correttivo (finalizzato alla correzione del
difetto di refrazione, quindi quello di massima diffusione) terapeutico (finalizzato al trattamento di un problema patologico) cosmetico (finalizzato al cambiamento per motivi estesici del colore degli occhi) e prostetico (finalizzato al ripristino di un aspetto normale
in occhi sfigurati).
Frequentemente si sente anche parlare di uso pediatrico e talvolta geriatrico delle lac. In questo caso la
classificazione non si riferisce tanto ad uno scopo
diverso da quelli già evidenziati sopra, ma nasce per
evidenziare quelle che sono delle tipologie applicative
in fasi particolari della vita, accomunate da scopi e strategie che richiedono conoscenze “specialistiche”. In
contattologia pediatrica gli obiettivi sono principalmente correttivi, nella geriatrica sono invece primariamente terapeutici. Entrambe le classi comunque sono
caratterizzate dalla necessità nella quasi totalità dei soggetti (bambini sotto i 2 anni e anziani con difficoltà di
manipolazione) di un utilizzo giorno e notte delle lac
(prolungato o continuo).
Come abbiamo visto le lac in silicone idrogel sono state
pensate per un utilizzo a scopo correttivo con modalità
d’uso di tipo continuo.
Nonostante ciò ci sono molte altre possibilità d’uso di
queste lenti già riportate in letteratura o diffuse nella
pratica clinica come l’uso flessibile correttivo, l’uso prolungato correttivo, l’uso giornaliero correttivo e l’uso
terapeutico in genere con modalità di uso continuo
(Alberti e coll, 2001; Caffery, 2003; Calossi, 2002;
Formichella, 2002; Lim e coll, 2001; Lupelli e
Pescosolido, 2001; Masci, 2002; Zaflik e coll, 2003; Zeri
e Masci 2001).
Le lac Silicone Idrogel nell’Uso Flessibile e
Prolungato Correttivo
La diffusione dell’uso prolungato (sei notti e sette
giorni) cresce con l’avvento dei primi sistemi a ricambio
frequente e disposable. Storicamente all’inizio degli
anni ’90 i brand Acuvue e Seequence vengono introdotti
dichiaratamente con la possibilità di essere usati per
l’UP. Probabilmente si confidava nel fatto che il frequente rimpiazzo delle lac fosse in grado, grazie all’eliminazione dei depositi e della manipolazione, di
ridurre il rischio di infezioni come la cheratite microbica la cui maggiore frequenza nell’UP era stata piena5
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mente dimostrata per lenti in idrogel da numerose
ricerche pubblicate nella decade precedente (ad
esempio Poggio et al, 1989 riportano un incidenza di 1
su 500 nell’UP, rispetto a 1 su 2500 nell’UG).
Di fatto però, seppure le disposable migliorarono l’incidenza di alcune complicanze infiammatorie come la
CLARE (occhio rosso acuto indotto dalle lac) e la CPLC
(congiuntivite papillare indotta dalle lac) non portarono
benefici per il discorso infezioni il cui rischio rimaneva
alto (Schein, 1994). Nonostante questo, almeno prima
dell’avvento del SI, le lac disposable in idrogel erano
ancora fortemente prescritte dagli specialisti per l’UP
(Barr, 1998). Fonn e coll (2001) riportano come la percentuale di UP adottato nelle nuove applicazioni di lac
morbide disposable (quindi idrogel) nel 1998 si attestava su valori del 12,5%, valori ancora piuttosto alti
anche se in calo rispetto agli anni precedenti (21,5% del
1995).
Inoltre c’è da dire che, se anche non prescritto, sono gli
stessi portatori a prendere l’abitudine di dormire con le
lac in idrogel. Sweeney e O’Hare (2001) affermano che
il 92% dei portatori dorme occasionalmente con le lac.
Ma perché il rischio d’infezione con lac disposable in
idrogel non è diminuito? La chiave per spiegare il problema sembrerebbe essere nella sofferenza corneale
(indebolimento epiteliale, aumento adesività batterica
sull’epitelio, etc.) indotta dall’ipossia prodotta dalle lac.
Holden e Mertz nel 1984 stabilirono che per mantenere
l’edema corneale notturno sotto un livello del 4% indossando una lac, il suo livello di trasmissione di ossigeno
doveva raggiungere il valore di 87 x 10-9 (cm x ml O2)
(s x ml x mm Hg) (il valore di Dk/t diventa di 25 se si
prende come criterio un edema di 3,2%). Più di recente
Harvitt e Bonanno (1999) hanno ricalcolato il livello di
sicurezza per evitare anossia stromale durante l’uso
notturno considerando anche l’effetto prodotto dall’acidosi stromale. Il loro risultato indica un Dk/t di
125 x 10-9 (cm x ml O2) (s x ml x mm Hg).
Se si considerano questi valori di sicurezza e i valori di
Dk/t della lac in idrogel, sia esse disposable che convenzionali, in media compresi tra i 18 e i 42 Dk/t
(Tab. 2), si arriva alla conclusione che nessuna di loro
può garantire un uso sicuro notte e giorno, cosa che
invece fanno i materiali SI (il Dk/t del balafilcon A è di
110, del lotrafilcon A è di 175).
Buon senso vorrebbe quindi che non solo nell’uso continuo ma anche nel più limitato uso prolungato o flessibile vengano impiegati solo materiali in siliconeidrogel al posto dei vecchi idrogel. Ciò è tanto più vero
quanto più consistenti sono i valori delle ametropie e
quindi più alti sono gli spessori delle lac. Questi materiali inoltre sono da preferire in contattologia pediatrica
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Silicone idrogel:
non solo uso continuo correttivo
Materiale
Dk/t
(cm x ml O2) (s x ml xmmHg)
Lac disposable non SI
Nefilcon A (Focus Dailies)
Perfilcon A (Permalens)
Polymacon (Seequence)
Etafilcon A (Acuvue)
Omafilcon A (Proclear Comp.)
Vasurfilcon A (Precision uv)
26.0 x 10-9
19.5 x 10-9
24.3 x 10-9
40.0 x 10-9
42.0 x 10-9
27.8 x 10-9
Lac in Silicone Idrogel
Balafilcon A (Pure Vision)
Lotrafilcon A (Focus N&D)
110 x 10-9
175 x 10-9
Tabella 2
Il Dk/t di alcune lenti sferiche non Silicone Idrogel (SI) diffuse in
contattologia morbida paragonato a quello delle lac in SI (valori
tratti dalla guida ai prodotti di Assottica).
dove maggiore attenzione va posta per evitare una
ipossia cronica, considerando il potenziale uso protratto negli anni, sempre che siano disponibili lenti con
parametri indicati al caso.
Le lac Silicone Idrogel nell’Uso Giornaliero
Correttivo
Le particolari peculiarità del silicone-idrogel possono
rivelarsi utili anche nell’uso giornaliero delle lac e
soprattutto nella gestione di casi a rischio di drop-out
(abbandono delle lac) in due ambiti principali: le complicanze ipossiche e quelle lacrimali.
Complicanze Ipossiche
Mentre si è visto che per soddisfare i criteri di Dk/t
indicati dai ricercatori per un sicuro uso notturno non
possiamo che affidarci, nel campo delle lac morbide, ai
materiali SI, cosa ben diversa accade nell’UG.
Sempre Holden e Mertz nel 1984 stabilirono che il
valore minimo di trasmissione di ossigeno di una lac
per evitare edema corneale, in regime di UG, doveva
essere di 24 x 10-9 (cm x ml O2) (s x ml x mmHg). I calcoli di Harvitt e Bonnanno (1999) indicano un valore
leggermente più alto di 35.
Come è possibile vedere in Tab.2, in questi caso i valori
di Dk/t di alcune lenti in idrogel diffuse sul mercato,
sono molto vicini ai livelli di sicurezza indicati dai ricercatori. Tuttavia in molti casi, anche nell’UG, esistono
delle complicanze da ridotto apporto di ossigeno (per
una rassegna vedi Efron, 1999). Questo avviene sia
perché ci sono differenze individuali del valore critico
di ossigeno per il fabbisogno corneale, sia perché al crescere dell’ametropia da correggere cresce il potere e
quindi lo spessore delle lac. Questo crea un Dk/t a profilo variabile: più alto al centro e più basso in periferia
per le lac negative e viceversa per le positive.
Le complicanze oculari legate all’uso di lac la cui causa
è da ascrivere direttamente a problemi di ipossia sono:
la vascolarizzazione corneale, l’iperemia limbare, le
endoteliopatie, le microcisti e i vacuoli, l’edema corneale con i segni ad esso associati come le strie e i
solchi. L’ausilio del SI nei casi di vascolarizzazione corneale è senza ombra di dubbio di grosso aiuto clinico.
Sia in casi di neovascolarizzazione superficiale che stromale profonda l’applicazione delle lac in SI a posto di
lenti in idrogel riduce sensibilmente calibro e lunghezza dei vasi in tempi piuttosto rapidi dell’ordine di
uno due mesi. Nella maggior parte dei casi più che di
una scomparsa si tratta di un “prosciugamento” del
vaso che rimane leggermente visibile come vaso fantasma.
L’ipossia è stata anche additata, seppure indirettamente, come condizione di maggiore rischio per le
complicanze infiammatorie infiltrative come l’ulcera
periferica indotta da lac, le cheratiti infiltrative arrivando fino alla più grave cheratite microbica. Le cellule epiteliali corneali infatti, in condizioni di ipossia,
offrirebbero minore resistenza all’adesività batterica.
Ladage e coll (2001) hanno individuato una maggiore
adesività della Pseudomonas Aeruginosa all’epitelio in
un gruppo di portatori di lac morbide in idrogel a
regime diurno rispetto a quella sviluppata in un
gruppo di portatori di lac in SI sempre a regime diurno.
Nella mia pratica clinica ho avuto modo di constatare
che, alcuni soggetti portatori di lac morbide sofferenti
di ricorrenti reazioni infiammatorie infiltrative, nel
momento in cui venivano riapplicate lac in SI mostravano una riduzione degli episodi infiammatori.
L’uso giornaliero del SI può quindi rivelarsi utile in
tutte quelle condizioni dove una ipossia può indurre o
aggravare una complicanza oculare in grado di portare
all’abbandono delle lac. Esempi di questo tipo sono
appunto tutti quelli dove lo spessore delle lac in idrogel
applicate aumenta sensibilmente come nelle ametropie
elevate, nelle applicazione di piggy-back (morbida più
rgp) o anche nelle lac toriche con prisma di bilanciamento (anche se al momento ancora non sono disponibili lac toriche in SI).
Complicanze Lacrimali
L’integrità e il buon funzionamento dei singoli elementi
(cornea, congiuntiva, palpebre, lacrime) che compon6
2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
Silicone idrogel:
gono l’ambiente delle lac è fondamentale in contattologia. Le lacrime in particolare sono cruciali nel favorire un uso confortevole delle lac, infatti la secchezza
oculare è uno dei sintomi più sgraditi dai portatori e
per questo a maggiore rischio di drop-out. La contattologia ha sempre dovuto misurarsi con i problemi
lacrimali nel doppio, e al contempo ambivalente ruolo,
di causa e soluzione. Generalmente l’approccio contattologico dei sintomi di disidratazione fino alle più
accentuate condizioni patologiche di occhio secco ha
privilegiato l’utilizzo di materiali a bassa idratazione,
a basso tasso di disidratazione, non ionici, di diametro
grande e/o spessore più consistente.
I materiali SI almeno sulla carta sono in grado di dare
vantaggi nell’occhio secco per alcune loro caratteristiche come: la bassa idratazione, lo spessore più consistente (per le Focus Night & Day il tc=0,08 @-3.00; per
le Pure Vision il tc=0,09 @-3.00) e il minore tasso di disidratazione.
L’idratazione dei SI è molto bassa perché mentre con
gli idrogel la strada per aumentare il Dk è quella di
aumentare l’idratazione del materiale, con i SI questa
relazione viene completamente ribaltata (Fig.1); il Dk
si alza proprio con lo scendere dell’idratazione. Questo
è comprensibile considerando che l’aumento del dk è
legato alla presenza nel copolimero di silicone: maggiore è il silicone maggiore è il Dk e minore sarà l’idrogel. L’idratazione dei materiali SI è del 35% per il
balafilcon A e del 24 % per il lotrafilcon A.
Queste potenziali caratteristiche positive del SI in condizioni di secchezza oculare sono state riscontrate clinicamente da diversi autori. Fonn e coll (2000) riportano che la sensazione di secchezza oculare a fine giornata è risultata minore in portatori di lotrafilcon A (SI)
rispetto a portatori di etafilcon A (Idrogel). Sweeney e
coll (2000), nei trias clinici condotti presso il CCLRU di
Sydney e il LVPEI di Hyderabad in India, hanno
riscontrato un miglior comfort e una minore sensazione di secchezza oculare a fine giornata nel gruppo
dei portatori di SI rispetto al gruppo di portatori di
morbide disposable in idrogel.
Personalmente ho avuto modo di seguire un caso clinico di un soggetto con secchezza oculare indotta da
terapia con isotretinoina in cui con successo si è riusciti
ad applicare lac SI dopo che questi era stato costretto,
per i problemi indotti dal farmaco, a sospendere la precedente applicazione di rgp (Zeri e Masci; 2001).
Calossi (2002) ha riscontrato in alcune pazienti in gravidanza un miglioramento del discomfort con lac in
idrogel (fenomeno probabilmente indotto da problemi
lacrimali legati alle variazioni ormonali) passando a
lenti in SI. Clinicamente inoltre ho avuto modo di risol7
2004, vol. VI, n. 1
Dk (x 10-11)
non solo uso continuo correttivo
% contenuto d’acqua
Figura 1
Nel grafico sono rappresentate due curve. La blu indica la relazione tra percentuale di acqua e Dk negli idrogel. La rossa indica
invece la stessa relazione nei silicone idrogel. In questi ultimi il Dk
cresce con il diminuire della percentuale d’acqua.
Figura 2
La foto documenta un aderenza tra lac RGP e cornea.
vere, con l’ausilio di lac in SI, un problema di ricorrenti
aderenze in due portatrici di lac RGP. Il fatto che non
si riusciva a risolvere il problema modificando l’allineamento e la dinamica delle lac attraverso cambiamenti della geometria della lac, faceva pensare a problematiche legate alle qualità lacrimali (Fig. 2).
Aspetti pratici relativi alla gestione del SI nell’UG
L’uso diurno delle lac (ma anche quello flessibile e prolungato, seppure più limitatamente) comporta la manipolazione e l’uso di soluzioni di manutenzione (conservazione, disinfezione, pulizia e risciacquo). Quindi,
laddove il SI dovesse essere utilizzato con questo
regime d’uso si dovrebbe pianificare un programma di
manutenzione compatibilmente alle esigenze del caso
(Pescosolido e coll, 2001.) Secondo le attuali conoscenze
il SI è compatibile con la maggior parte dei prodotti già
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Silicone idrogel:
non solo uso continuo correttivo
utilizzati per gli idrogel. Solo di recente è stato pubblicato un lavoro che ha messo in evidenza un aumento
di staining corneale asintomatico in un gruppo di portatori di lenti in SI (balafilcon A) in regime giornaliero
(UG), che conservavano le lac in soluzione unica a base
di polyaminoproylbiguanide (PHMB) rispetto ad un
gruppo di portatori delle stesse lenti con lo stesso
regime d’uso che conservavano in soluzione unica a
base di polyquaternium-1 (Jones e coll, 2002).
Per quanto riguarda la manipolazione la Caffery (2003)
indica come le lac in SI sono più facilmente manipolabili dai portatori per via della loro minore flessibilità.
Szaflix e coll (2003) hanno applicato lac in lotrafilcon
A , in 70 casi di post chirurgia oculare di diverso tipo
(chirurgia di cataratta con facoemulsificatore, chirurgia
vitreoretinica, cheratoplastica, chirurgia dello pterigio
etc). Le lac erano applicate in tutti i casi in cui si riteneva importante l’uso di una lente con scopo di bendaggio (epiteliopatie, ferite non cicatrizzate, punti
esterni etc). I risultati riportati da questi autori evidenziano un miglioramento clinico della condizione
(43 Ss sono risultati pienamente guariti, 21 hanno avuto
un miglioramento della condizione, solo 6 non hanno
avuto miglioramenti) accompagnato da un ottimo
comfort riferito dai soggetti.
Le lac Silicone Idrogel nell’Uso Terapeutico
Le lac in idrogel sono destinate a scomparire?
Sebbene non siano nate per questo scopo le lac in silicone hydrogel sono state rapidamente impiegate anche
nell’uso terapeutico. Questo perché l’uso terapeutico
si accompagna al regime prolungato nella stragrande
maggioranza dei casi e perché molti sono gli impieghi
in condizioni di occhio secco, anche se in questo caso
soprattutto da esposizione.
Lim e coll (2001) riportano ottimi risultati dall’impiego
terapeutico di lac in SI (lalafilcon A) in casi di cheratite
bollosa, perforazione corneale, abrasioni, lacerazioni
ed erosione corneale ricorrente e nel bendaggio post
chirurgia in caso di cheratoplastica perforante, PRK o
Lasik. Nel post PRK l’impiego delle lac terapeutiche ha
uno scopo di controllo del dolore ma anche quello di
favorire una corretta riepitelizzazione.
Alberti (2001), ha utilizzato lac in balafilcon A in 50
occhi di 30 pazienti per uso terapeutico nel post chirurgia di varie procedure di chirurgia refrattiva corneale: PRK, LASEK, LASIK e INTACS. Secondo l’autore nei pazienti sottoposti a PRK le lac in SI riducono
la presenza di pieghe e solchi rispetto a lenti in hema,
anche il comfort è migliore e le lac possono essere
lasciate più a lungo senza problemi di flogosi favorendo una migliore riepitelizzazione. Masci (2003),
invece, afferma di aver riscontrato, nella sua esperienza
clinica, poche differenze in termini di comfort soggettivo e riepitelizzazione dopo PRK tra lac in SI e lac in
idrogel.
Lupelli e Pescosolido (2001) riportano una serie di casi
clinici che evidenziano un buon successo applicativo
del SI nella cheratite bollosa, nell’entropion, nella cheratite neuroparalitica da lagoftalmo.
Formichella (2002), in una relazione di review sulle
contattologia terapeutica, indica come le lac in SI
offrono ottime performance cliniche in varie condizioni
tra cui la bollosa, l’erosione corneale ricorrente e condizioni di trichiasi.
Da quanto visto fin qui nell’articolo i materiali SI sono
potenzialmente in grado di offrire vantaggi in molte
situazioni applicative.
A questo punto però il buon senso potrebbe portare a
chiedersi perché dovremmo continuare ad utilizzare
anche nei casi di contattologia morbida più “semplici”
lenti in idrogel quando abbiamo a disposizione materiali 5/6 volte più permeabili all’ossigeno.
La risposta è che le lac in SI hanno alcuni svantaggi non
ancora risolti:
• La parametria di queste lenti è ancora piuttosto limitata. Esistono solo due lenti in commercio la Night &
Day della Ciba Vision (lotrafilcon A) e la Pure Vision
della Bausch & Lomb (balafilcon A). Entrambe le lenti
sono disponibili solo monofocali sferiche con poteri
compresi tra le 10 diottrie negative e le 4 diottrie positive.
• Il costo delle lenti è ancora alto. I grossi investimenti
nella ricerca che hanno portato allo sviluppo di questi
Figura 3
Nella foto è riportato il caso di una lac in SI applicata su cheratite
bollosa. È evidente un sollevamento al bordo nella zona infero
nasale della lente.
8
2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
Silicone idrogel:
non solo uso continuo correttivo
materiali si fanno ancora sentire, ed è quindi difficile,
se i vantaggi non sono più che evidenti, applicare nella
routine clinica lenti in SI al posto delle più economiche
lac in idrogel.
• Le lac in SI hanno un modulo di elasticità piuttosto
alto (110-120 g/mm2). Questo può creare problemi di
comfort soprattutto legati al possibile fenomeno del sollevamento del bordo della lente (Fig. 3) e può aumentare la percentuale di SEAL (lesione epiteliale arcuata
superiore) rispetto all’idrogel (Holden e coll, 2000).
Conclusioni
Il mondo della contattologia, negli ultimi 30 anni è
cambiato rapidamente. Questi cambiamenti, che hanno
portato stravolgimenti nelle procedure cliniche applicative, nelle risposte oculari e quindi nelle abitudini
dei pazienti, sono in gran parte legati alla sintesi di
nuovi polimeri chimici. L’avvento dei SI rappresenta
certamente l’ennesimo cambiamento importante in
questo panorama perché questi materiali sono dotati
di caratteristiche straordinarie, prima tra tutte la loro
estrema permeabilità all’ossigeno (fino a 6 volte superiore ai vecchi idrogel). È grazie a questa caratteristica
che si è riaperta una strada, finalmente sicura, per l’UC,
ma anche un nuova alternativa per affrontare le complicanze di natura ipossica da uso delle lac. Per questa
ragione i SI trovano ragione di essere usati non solo
ogni qualvolta si voglia fare un uso notturno delle lac
(in special modo in contattologia pediatria e terapeutica), sia esso flessibile, prolungato o continuo, ma
anche in tutte quelle condizioni di UG in cui la trasmissione di ossigeno diventa importante. Tra queste
ricordiamo la correzione di alte ametropie, il piggy
back, l’uso delle lac in presenza di complicanze oculari
la cui causa è da ascrivere direttamente a problemi di
ipossia come la vascolarizzazione corneale, le endoteliopatie, le microcisti e i vacuoli, l’edema corneale ma
anche in casi ricorrenti di complicanze infiammatorie
infiltrative in cui l’ipossia è stata chiamata in causa seppure indirettamente.
Inoltre i SI sono dotati di altre caratteristiche interessanti come la bassa idratazione, il basso tasso di disidratazione, le ottime proprietà superficiali e la possibilità di ricambio frequente che li rendono estremamente validi nelle condizioni di secchezza oculare.
E’ molto probabile che l’intero futuro della contattologia morbida sia conquistato, per le ragioni fin qui
dette, dai materiali SI. Al momento comunque questi
materiali risentono ancora di alcuni limiti tali da richiedere, prima di una definitiva affermazione, ulteriori
sviluppi e ricerche.
9
2004, vol. VI, n. 1
Summary
The idea of Continuous Wear contact lenses, night &
day, was born with the simultaneous idea of contact
lenses. The most recently issue regarding contattology is the Silicone Hydrogel material, a material
developed for ocular healthy use.
The scientific research results, which have constantly
followed up on the issue, have certified an extraordinary clinical performance with a 30 days use of SH.
Therefore today when we speak about SH, we speak
about Continuous Wear. This article is trying to move
the practitioner attention towards using this lens in
SH for ever other type of use (extended, flexible, daily)
or for any other application, therapeutic for istance,
taking advantage of particular characteristic of these
material: high Dk, low water content.
Key words
Silicone Hydrogel, Continuous Wear, Daily
Wear, therapeutic contact lenses, dry eye
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10
2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
L’evoluzione
dell’ortocheratologia
Antonio Calossi
Optometrista
Sommario
La rinascita dell’ortocheratologia a cui si assiste in questi
ultimi tempi è stata enormemente influenzata dalla disponibilità di materiali altamente permeabili all’ossigeno, dalle
capacità produttive dei moderni torni a controllo numerico,
dalla disponibilità di sofisticati strumenti d’analisi della
topografia corneale e dallo sviluppo di nuove geometrie di
lenti. Questi progressi evolutivi hanno cambiato radicalmente il nostro punto di vista su questa modalità di trattamento delle ametropie. L’ortocheratologia si è evoluta da una
specialità che veniva esercitata soltanto da un numero molto
ristretto di professionisti ad una tecnica che può essere compresa ed attuata con successo da tutti gli applicatori esperti
di lenti a contatto..
Parole chiave
geometria inversa, modellamento corneale, ortocheratologia, Terapia Refrattiva Corneale
L’ortocheratologia è una tecnica non chirurgica con cui
è possibile ridurre, variare o eliminare un difetto refrattivo attraverso l’applicazione programmata di lenti a
contatto (International Society of Orthokeratology,
1972). Le lenti a contatto tradizionali sono disegnate in
modo da interferire il meno possibile con la forma corneale, mentre le lenti per ortocheratologia sono progettate espressamente allo scopo di modificare il profilo corneale in modo controllato. Le lenti per ortocheratologia producono una riduzione temporanea dell’ametropia cambiando la forma della cornea, che possiede un certo grado di plasticità. Il modellamento
della cornea modifica il potere rifrattivo oculare e, se
l’entità del rimodellamento è adeguatamente controlRicevuto il 10 gennaio 2004. Accettato per la pubblicazione
il 1° marzo 2004.
11
2004, vol. VI, n. 1
lata, è possibile variare in modo preciso il potere corneale fino a correggere l’errore rifrattivo. Quando la
lente è sull’occhio si vede bene come con una lente convenzionale; dopo che la lente viene rimossa, la cornea
mantiene la sua forma modificata per un certo periodo
e si continua a vedere bene anche senza lente a contatto. Le prime volte l’effetto dura poco per poi stabilizzarsi, nei giorni successivi, per tutto l’arco della giornata. A seconda del programma di trattamento, le lenti
possono essere portate alcune ore al giorno oppure di
notte per poi essere rimosse durante le ore di veglia. In
quest’ultimo caso le lenti vengono portate durante il
sonno ed al mattino possono essere tolte, continuando
a vedere bene tutto il resto della giornata ad occhio
nudo. Questo trattamento è reversibile e se si sospende
del tutto l’uso delle lenti di mantenimento la condizione ottica oculare ritorna come prima.
Le origini
Nel 1948 Kevin Tuohy, un ottico di Los Angeles costruttore di sclerali, depositò il brevetto di una lente corneale 1. Prima di questo periodo le uniche lenti a contatto disponibili in commercio erano le sclerali che,
all’epoca, venivano prodotte per la maggior parte in
polimetilmetacrilato (PMMA). Le lenti di Tuohy erano
anch’esse di PMMA, ma dato che queste coprivano
un’area di superficie oculare decisamente inferiore
rispetto alle lenti sclerali, potevano essere portate per
più tempo, con maggiore comfort e con minori problemi ipossici. In tutti gli anni ’50 ci furono ulteriori e
significativi sviluppi nelle geometrie delle lenti corneali
fino ad arrivare a quelle che sono in uso ancora oggi e
questi progressi portarono ad una straordinaria diffusione delle lenti a contatto.
Con la diffusione delle lenti corneali si iniziò a notare
che molti giovani miopi che portavano queste lenti
sembravano godere di un certo miglioramento nella
loro visione naturale ed una riduzione della progressione miopica. Questo fenomeno fu riportato per la
prima volta nel 1957 all’International Congress on
Contact Lenses di Chicago e numerose pubblicazioni
si susseguirono per descrivere le variazioni corneali e
refrattive associate all’uso di lenti corneali 2.
a r t i c o l o
L’evoluzione
dell’ortocheratologia
Le lenti corneali di allora venivano applicate con una
curvatura decisamente più piatta rispetto a quella
della cornea, con un raggio base (BOZR) che poteva
arrivare ad essere 0,6 mm più piatto delle letture cheratometriche 3. Lo scopo di questa filosofia applicativa era quello di assicurare un abbondante flusso di
lacrime sotto la lente per rifornire la cornea di ossigeno e, allo stesso tempo, per portare via detriti e
residui metabolici che sarebbero potuti rimanere sotto
la lente. Con questo tipo di lenti ciò che si verificava
sotto la lente a contatto, oltre ad un possibile edema
epiteliale, era un appiattimento della cornea centrale
indotto dall’applicazione di lenti a contatto più piatte
della cornea. In sostanza questi pazienti sono stati i
primi fruitori di un’ortocheratologia non intenzionale.
Alcuni di quegli applicatori che si resero conto del
fenomeno ipotizzarono che, se questo era dovuto ad
una modificazione non intenzionale, forse si poteva
modellare la cornea intenzionalmente in modo controllato. La loro ipotesi era corretta ed il loro lavoro
portò allo sviluppo dell’ortocheratologia 4.
Nei primi anni ’60 George Jessen fu tra i primi a tentare di modificare deliberatamente l’errore rifrattivo
con lenti a contatto rigide, utilizzando una tecnica che
chiamò “ortofocus” 5. La sua tecnica consisteva nell’applicare lenti a contatto di potere neutro con una
zona ottica posteriore piatta abbastanza da permettere la correzione del difetto rifrattivo mediante il
menisco lacrimale che si formava sotto la lente. Il diametro totale della lente veniva aggiustato fino alla
misura minima che la poteva mantenere centrata.
Altri applicatori, come Nolan, Neilson, Ziff, May,
Grant, Fontana, Tabb, Carter, Siviglia e Kerns, svilupparono le proprie tecniche, alcune delle quali si
diffusero e vennero praticate anche fuori dagli Stati
Uniti.
Per molti anni la tecnica ortocheratologica più usata
fu quella di May e Grant 6, secondo la quale si applicavano lenti di diametro relativamente grande, con
un BOZR 0.1 mm più piatto del valore cheratometrico
del meridiano corneale più piatto (K) (Fig. 2). Quando
la lente diventava corneoconforme per l’appiattimento corneale, si sostituiva con un’altra lente ancora
una volta 0.1 mm più piatta del K, e così via fino al
massimo risultato ottenibile.
Benché l’ortocheratologia sia riportata in letteratura
dal 1962 5, per più di tre decenni questa procedura
non è stata pienamente accettata dalla comunità
scientifica soprattutto a causa dei dubbi su quanto
fosse sicuro modificare la zona centrale della cornea7.
Gli unici studi controllati sull’efficacia e la sicurezza
di queste prime tecniche riportano una riduzione
miopica media modesta, di circa 1,00 D, in tempi di
trattamento lunghi compresi fra 3 e 10 mesi, con
grande variabilità dei risultati fra i diversi pazienti.
La riduzione della componente miopica era spesso
accompagnata da un aumento di astigmatismo contro
regola che a volte diventava irregolare 8-25. Le ragioni
di questa scarsa efficacia possono essere comprensibili: le prime lenti per ortocheratologia erano disegnate con curve periferiche più piatte della zona ottica
e quindi si comportavano come lenti convenzionali
troppo piatte, avevano un appoggio solo centrale ed
un eccessivo movimento che potevano causare alterazioni dell’epitelio centrale, inoltre tendevano a decentrarsi, provocando un certo grado di distorsione ed un
aumento dell’astigmatismo e delle aberrazioni corneali.
L’ortocheratologia praticata dai primi pionieri è stata
molto diversa da quella di oggi: lo sviluppo di nuovi
materiali, geometrie, metodi applicativi, tecniche
costruttive e tecniche strumentali per l’esame della
cornea, hanno contribuito all’evoluzione del metodo.
Benché anche oggi posizioni molto autorevoli siano
ancora scettiche nei confronti di questa tecnica 26, gli
studi controllati più recenti dimostrano l’efficacia e la
sicurezza dell’ortocheratologia moderna 27-36.
Le lenti a geometria inversa
L’innovazione che maggiormente ha rivoluzionato
l’ortocheratologia fu intuita agli inizi degli anni ’70 da
Alfred Fontana 37 il quale, nell’intento di risolvere i problemi legati alle geometrie convenzionali, provò ad utilizzare una lente a contatto bifocale che era così costituita: (Fig. 19) una zona ottica posteriore di 6,00 mm di
0.5 mm PERIPHERAL CURVE
0.3 mm INTEMEDIATE CURVE
FIT ON “K”
CENTER CIRCLE
1.00 D FLATTER THAN “K”
6 mm DIAMETER OF
CENTER CIRCLE
8 mm OPTIC ZONE
9.6 mm OVERALL DIAMETER
Figura 1
Orthofocus one piece bifocal contact lens: la prima lente a geometria inversa utilizzata da Fontana, A.A. (1971).
(Da: Orthokeratology. Optometrists Exchange, 3-6).
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2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
L’evoluzione
dell’ortocheratologia
Figura 2
Simulazione fluoroscopica di una geometria convenzionale tricurva secondo May e Grant.
Figura 3
Simulazione fluoroscopica di una geometria inversa tricurva secondo Wlodyga.
Figura 4
Simulazione fluoroscopica di una geometria inversa
tetracurva secondo Reim.
13
2004, vol. VI, n. 1
diametro, 1,00 D più piatta del K; una seconda curva
più stretta della zona ottica da allineare al K; una zona
di disimpegno periferica costituita da due curve progressivamente più piatte di un’ampiezza rispettivamente di 0,3 e 0,5 mm, con un diametro totale di 9,50
mm. Questa particolare geometria di lente non risultava estremamente efficace per la correzione della presbiopia, ma permetteva ottimi risultati ortocheratologici. Sfortunatamente, Fontana non fu molto incisivo
nel divulgare i suoi risultati e la sua tecnica rimase
poco compresa fino alla fine degli anni ’80 quando
Wlodyga e Bryla38 pubblicarono i risultati di 15
pazienti a cui erano state applicate lenti a geometria
inversa.
A differenza delle lenti tradizionali in cui le curve periferiche sono più piatte della curva base, le lenti usate
da Wlodyga e Bryla avevano, come le lenti di Fontana,
una curva secondaria più curva della zona ottica, da
cui il nome “geometria inversa” (Fig. 3). La procedura
di modellamento corneale condotta con lenti a geometria inversa venne chiamata da questi due autori
“ortocheratologia accelerata” perché l’utilizzo di
queste lenti permetteva di completare il programma
terapeutico in tempi molto più brevi rispetto alle tecniche eseguite con lenti a geometria convenzionale.
Le lenti a geometria inversa utilizzate da Wlodyga e
Bryla e successivamente brevettate da Nik Stoyan 39
(titolare della Contex Inc, Sherman Oaks, CA, USA)
avevano un disegno sostanzialmente identico a quello
descritto da Fontana, che si sviluppava su tre zone: una
zona ottica più piatta della curvatura corneale, una
curva di inversione più curva della zona ottica e una
flangia periferica per garantire un adeguato ricambio
lacrimale. La differenza fra le prime lenti utilizzate da
Fontana e quelle di Wlodyga e Bryla era il maggior
grado d’inversione di queste ultime. Oltre a migliorare
la stabilità della lente, la curva di inversione aveva la
funzione di creare uno spazio fra cornea e lente dove
si poteva spostare il tessuto epiteliale via via che si
appiattiva la zona centrale.
Per quanto le lenti a geometria inversa abbiano rivoluzionato positivamente l’ortocheratologia, queste
prime lenti a tre zone presentano alcune limitazioni 40.
Generalmente, con le lenti a geometria inversa tricurve
è possibile correggere miopie non superiori alle 3 diottrie, raggiungendo il massimo risultato in un periodo
di tempo che va da uno a tre mesi. Questa procedura
ortocheratologica prevede la sostituzione di diverse
paia di lenti, via via che la cornea si appiattisce, e infine
una lente di mantenimento, da utilizzare per alcune
ore al giorno, una volta che è stato ottenuto il risultato
definitivo. Inizialmente la lente viene applicata in
a r t i c o l o
L’evoluzione
dell’ortocheratologia
modo da ottenere un’area portante nel centro della
cornea ed un lieve appoggio nella parte periferica. In
questo modo l’effetto di appiattimento è dovuto principalmente alla compressione della parte centrale della
lente. La procedura più comunemente utilizzata prevede di applicare una prima lente con una curva base
più piatta della curvatura corneale di 0,5 - 0,7 mm.
Dopo alcuni giorni la cornea risulta modificata dalla
compressione della lente e si sviluppa un’area portante
periferica, in questo modo la lente diventa stretta e non
è più in grado di modificare ulteriormente la cornea.
A questo punto è necessario sostituire la lente con una
più piatta. In generale sono necessarie diverse sostituzioni: come regola generale si può dire che è necessaria
una lente per ogni diottria da correggere 38-40.
Benché sia stato riportato un certo grado di correlazione fra eccentricità corneale ed effetto ortocheratologico ottenibile 33, 38, 41, con queste geometrie si ha una
scarsa prevedibilità dei risultati42, 43. Un altro limite di
questa geometria è la difficoltà a mantenere la lente
sempre ben centrata. Se si verifica un decentramento
si può presentare una indesiderata distorsione della
cornea centrale che può provocare visione sfuocata e
sdoppiata. Il fenomeno inoltre diminuisce l’efficacia
della lente ed aumenta la possibilità di abrasioni corneali.
Le lenti tetracurve
Le lenti per ortocheratologia più recenti sono un’evoluzione delle prime lenti tricurve a geometria inversa,
modificate al fine di migliorare il centraggio della lente,
aumentare l’effetto ortocheratologico e rendere ancora
più rapido e prevedibile il conseguimento dei risultati.
Le prime lenti di questo tipo sono state sviluppate da
Tom Reim 44, 45 il quale ha brevettato una lente tetracurva a geometria inversa con una curva aggiuntiva
rispetto alle lenti di generazione precedente, inserita
fra la zona di inversione e la flangia periferica. Questa
curva, chiamata zona di allineamento, ha un ruolo fondamentale: permette un migliore appoggio della lente
in media periferia, facilita il centraggio ed esercita una
compressione periferica che aumenta l’effetto ortocheratologico. Nelle lenti di Reim (DreimLens,
Melbourne, Florida, USA) troviamo quindi quattro
zone che dal centro alla periferia sono: zona ottica,
curva di inversione, curva di allineamento e flangia
periferica (Fig. 4).
La zona ottica ha una curva base più piatta della curvatura corneale che viene dimensionata in modo da
ottenere l’effetto correttivo voluto con una sola lente.
Generalmente la zona ottica ha un diametro di 6 mm,
ma può essere più grande o più piccola a seconda del
diametro pupillare, della forma della cornea e dell’appiattimento desiderato per ottenere la correzione. La
curva base viene calcolata nel seguente modo 45: BOZR
= K + target power + compression factor. Dove: BOZR è il
raggio di curvatura della zona ottica espresso in diottrie, K è il raggio di curvatura corneale più piatto
anch’esso espresso in diottrie, il target power è l’effetto
correttivo che si intende ottenere, ed il compression
factor, o fattore di compressione, è un fattore correttivo,
mediamente compreso fra 0,50 e 1,00 D, di ulteriore
appiattimento rispetto al metodo diretto di Jessen 5 che
abbiamo menzionato prima. La seconda zona, definita
fitting zone, ha un raggio minore della curva base ed
anche minore della curvatura corneale. Questa curva
ha una funzione di raccordo e serve a portare la superficie posteriore della lente in contatto con la media
periferia della cornea, creando un collegamento fra
zona ottica a curva di allineamento mantenendo un
lieve sollevamento centrale. Al di sotto di questa zona
di inversione, che ha un’ampiezza tipica di circa 0,6
mm, si crea un serbatoio di lacrime ed uno spazio che
serve per raccogliere il tessuto epiteliale spostato dalla
compressione nella zona di allineamento. La terza zona
è la curva di allineamento, ha un raggio di curvatura
simile a quello sagittale della cornea in quel punto ed
un’ampiezza compresa fra 1,0 e 1,3 mm a seconda del
diametro totale della lente solitamente compreso fra
10,0 e 10,6 mm. La zona di allineamento crea un’ampia
area di appoggio anulare in media periferia che
migliora la capacità della lente di mantenersi centrata.
Essa inoltre crea una forza di compressione periferica
che aumenta l’effetto ortocheratologico della lente. La
quarta zona è la flangia di disimpegno periferico disegnata in modo da facilitare il flusso di lacrime al di
sotto della lente e di impedire alla lente di aderire
troppo saldamente alla cornea.
Il miglior centraggio delle lenti quadricurve rispetto
alle tricurve, permette di risolvere gran parte dei problemi delle lenti di generazione precedente. Con le
lenti a quattro zone si riescono a correggere maggiori
quantità di miopia, ottenendo un appiattimento più
centrato e più regolare, con minore incidenza di deformazioni ed aberrazioni corneali.
Recentemente sono state sviluppate nuove lenti per
ortocheratologia che prevedono un maggior numero
di curve e geometrie più sofisticate 40, ma in sostanza
tutte richiamano l’idea di Reim. La zona di raccordo
può essere continua o segmentata, sferica, asferica o a
sigmoide. La sezione della zona di allineamento o di
“atterraggio”, può essere anch’essa sferica, asferica
oppure una linea retta tangente determinata da un
angolo specifico. L’appropriato allineamento fra lente
14
2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
L’evoluzione
dell’ortocheratologia
e cornea in questa zona è l’elemento maggiormente
critico al fine di ottenere un buon centraggio, una
buona dinamica ed una buona azione di compressione
della lente. Queste nuove geometrie hanno portato ad
una maggior rapidità e prevedibilità dei risultati e,
nella maggior parte dei casi, permettono di utilizzare
un solo paio di lenti per ogni paziente, senza distinzione fra lenti iniziali e lenti di mantenimento 29, 31, 32, 35.
L’ortocheratologia notturna
Alcuni applicatori hanno sviluppato delle procedure
ortocheratologiche che prevedono l’uso delle lenti di
notte: la cornea viene modellata durante il sonno e le
lenti sono rimosse al risveglio e nella maggior parte
dei casi l’effetto dura fino alla sera 30. Questa tecnica
ha il vantaggio di limitare il discomfort di una lente
rigida causato dall’ammiccamento palpebrale e di eliminare le componenti ambientali (polvere, vento, aria
condizionata, attività sportive) che possono causare
intolleranza alle lenti durante il giorno; inoltre la velocità del rimodellamento corneale è incrementata dalla
pressione esercitata dalle palpebre chiuse. Per l’uso
notturno è necessario utilizzare materiali con permeabilità all’ossigeno molto alta per garantire la sufficiente ossigenazione alla cornea anche a palpebre
chiuse 46, 47.
L’ortocheratologia moderna ha beneficiato in questo
senso della disponibilità di materiali rigidi gas permeabili (RGP). Nel 1971, Leonard Seider sviluppò il
primo materiale in silicone acrilato, il Polycon
(Pilkington Barnes Hind, Sunnyvale, CA), che aveva
un valore di permeabilità all’ossigeno (Dk) basso: soltanto 7 x 10-11. Da allora abbiamo assistito a grandi progressi nella ricerca e nella produzione di nuovi polimeri per lenti a contatto. Oggi esistono materiali iperpermeabili all’ossigeno che sono notevolmente più
compatibili con la fisiologia corneale e che hanno
aumentato significativamente l’efficacia e la sicurezza
dell’ortocheratologia, così come della contattologia
convenzionale. Attualmente esistono materiali idrofili
con valori di Dk fino a 140 x 10-11 unità 48 e materiali
rigidi con valori di Dk fino a 175 x 10-11 unità 49. Questa
iperpermeabilità all’ossigeno permette di portare le
lenti anche durante il sonno senza fenomeni ipossici
significativi 46, 47. Nel campo della contattologia morbida ed RGP convenzionale si è così sviluppato l’uso
continuo (lenti giorno e notte senza toglierle per un
periodo fino a un mese), mentre nell’ortocheratologia
si è sviluppato l’uso notturno (lenti applicate la sera e
tolte al risveglio)
Quando le lenti rigide gas permeabili vengono portate
durante le ore di veglia, l’ossigeno arriva alla cornea
15
2004, vol. VI, n. 1
sia attraverso il materiale della lente, sia attraverso il
flusso di lacrime che si crea fra lente e cornea: ad ogni
ammiccamento delle palpebre si ha un ricambio di
lacrime pari a circa il 10 - 20 % 50, 51. Con le lenti morbide il pompaggio palpebrale permette di ricambiare
non più dell’1 % delle lacrime, a causa della loro flessibilità e del diametro maggiore 52. Durante il sonno,
invece, per entrambi i tipi di lenti l’ossigeno arriva alla
cornea solo attraverso il materiale, quindi, a parità di
Dk/t, le lenti morbide e le lenti RGP inducono livelli
paragonabili di edema notturno. Al risveglio, la
pompa lacrimale attivata dall’ammiccamento palpebrale con le lenti RGP è considerevolmente più efficiente che con le lenti morbide e quindi l’ossigeno
viene fornito in maggiore quantità, facilitando un
rapido recupero dello stress ipossico notturno.
Andrasko 53 e Holden et al. 54 hanno dimostrato che la
cornea si riprende più rapidamente dopo l’uso notturno delle lenti RGP, rispetto alle lenti morbide,
grazie alla migliore efficienza del pompaggio lacrimale. Questo recupero è ancora più rapido se, invece
che il porto continuo, giorno e notte, si intraprende un
regime di porto esclusivamente notturno, con rimozione della lente al risveglio. La rimozione consente
inoltre di pulire la lente e di eliminare gli eventuali
detriti intrappolati o depositati sotto la lente stessa.
Le approvazioni dell’FDA
La Food and Drug Administration (FDA) è un organismo di vigilanza sui prodotti di carattere medico e
sanitario che vengono commercializzati negli Stati
Uniti. Prima di essere immessi sul mercato americano
i nuovi prodotti, incluse le lenti a contatto, devono
essere approvate dall’FDA e l’approvazione si limita
ad un loro uso specifico dichiarato. Anche se ha effetti
solo negli Stati Uniti, il rigore di controllo dell’FDA è
riconosciuto in tutto il mondo.
La prima lente da ortocheratologia è stata approvata
dall’FDA nell’aprile 1998. Si tratta della lente Contex
(siflufocon A) Rigid Gas Permeable OK. Il suo uso è
stato approvato per la riduzione temporanea della
miopia fino a 3.00 D, in occhi non affetti da patologie
e con un programma di uso diurno. Per mantenere
l’effetto ortocheratologico di riduzione della miopia
l’uso della lente deve essere continuato secondo un
programma prescritto.
Le lenti rigide gas permeabili per ortocheratologia
Paragon HDS-OK e Fluoroperm 60-OK (paflufocon B)
sono state approvate nell’aprile 2000. Il loro uso è stato
approvato per l’impiego nella riduzione della miopia
in occhi che non presentano patologie; possono essere
prescritte con modalità di uso diurno, nell’ambito di
a r t i c o l o
L’evoluzione
dell’ortocheratologia
un programma ortocheratologico per la riduzione
temporanea della miopia fino a 3.00 D, in occhi con
astigmatismo non superiore a 1.50 D.
Ai fini dell’approvazione dell’FDA sono stati condotti
degli studi clinici i cui risultati sono molto simili per
entrambe le lenti approvate.
Contex
• 138 occhi (69 pazienti) considerati nello studio clinico, con 110 occhi (55 pazienti) che hanno completato
un minimo di 3 mesi di uso delle lenti.
• 106 occhi hanno mostrato una riduzione della
miopia nel periodo di 3 mesi.
• La riduzione media è stata di 1.69 D con una variabilità da 0.25 a 4.25 D.
Paragon
• 184 occhi (92 pazienti) considerati nello studio clinico, con 114 occhi (57 pazienti) che hanno completato
un minimo di 3 mesi di uso delle lenti.
• 113 occhi hanno mostrato una riduzione della
miopia nel periodo di 3 mesi.
• La riduzione media è stata di 1.70 D con una variabilità da 0.125 a 4.50 D.
Le informazioni riportate sull’etichetta delle lenti
Paragon riportano le limitazioni nell’efficacia della
lente.
• Il tempo di uso medio necessario è stato di circa 9
ore al giorno durante l’intero periodo di tre mesi.
• Il tempo di uso giornaliero presentava variabilità fra
i vari pazienti: alla fine dello studio il 35% dei soggetti portava le lenti fra 8 e 12 ore, mentre il 26% portava le lenti fra 12 e 16 ore. Solo il 5% dei soggetti portava le lenti fra 0 e 4 ore.
• Il 45% dei soggetti ha raggiunto i 10/10 alla fine
dello studio e l’80% dei soggetti ha raggiunto almeno
i 5/10 in 3 mesi.
Successivamente sono state approvate per l’ortocheratologia con uso diurno anche le lenti prodotte nei
materiali Boston XO, Boston EO e Boston Equalens II
della Polymer Tecnology Corporation.
L’approvazione dell’ortocheratologia notturna
Nel giugno 2002 l’FDA ha approvato le lenti prodotte
dalla ditta Paragon Vision Sciences (Mesa, Arizona,
USA) per la terapia refrattiva corneale (Corneal
Refractive Therapy, CRT) che prevede l’uso di lenti
durante la notte. Le lenti approvate sono: Paragon
CRT (paflufocon B), Paragon CRT 100 (paflufocon D),
Paragon Quadra RG (paflufocon B), e Paragon Quadra
RG 100 (paflufocon D) Rigid Gas Permeable Contact
Lenses for Corneal Refractive Therapy. Di ciascuna
lente vengono indicate le limitazioni di impiego.
Le lenti rigide gas permeabili per terapia refrattiva
corneale Paragon CRT (paflufocon B) e Paragon CRT
100 (paflufocon D) sono state approvate per l’uso
nella riduzione della miopia in occhi privi di patologie. Queste lenti sono indicate per l’uso notturno
nell’ambito di un programma applicativo di terapia
corneale refrattiva, per la riduzione temporanea della
miopia fino a 6.00 D, in occhi con astigmatismo non
superiore a 1.75 D.
Le lenti rigide gas permeabili per terapia refrattiva
corneale Paragon Quadra RG (paflufocon B) and
Paragon Quadra RG 100 (paflufocon D) hanno essenzialmente le stesse indicazioni delle lenti CRT, ma
sono state approvate per essere usate in caso di
miopia solo fino a 3.00 D, in occhi con astigmatismo
non superiore a 1.50 D.
Per mantenere l’effetto della terapia refrattiva corneale l’uso notturno della lente deve essere continuato secondo un programma prescritto; il mancato
rispetto del programma di mantenimento può avere
ripercussioni sulle attività quotidiane (per es. la guida
notturna), causare fluttuazioni visive e variazioni
della correzione desiderata.
Lo studio clinico della Paragon per verificare la sicurezza e l’efficacia del rimodellamento corneale notturno ha coinvolto 11 centri di ricerca e 205 pazienti,
che sono stati seguiti per un periodo di 9 mesi. Lo
studio ha mostrato che il 93.3% dei soggetti ha raggiunto un’acuità visiva senza correzione di almeno
6/10 e che il 67.4% ha raggiunto i 10/10 o più. Per
verificare l’efficacia delle lenti Quadra RG usate con
modalità di uso notturno, è stato condotto un ulteriore studio confrontando i risultati con quelli ottenuti con l’uso diurno, per un periodo di tre mesi
(durata dello studio sull’uso giornaliero). Non sono
emerse differenze statisticamente significative nella
riduzione del difetto refrattivo, accuratezza, stabilità
e acuità visiva senza correzione.
I risultati che sono stati presentati per l’approvazione
della terapia refrattiva corneale erano riferiti, secondo
i limiti indicati dall’FDA stesso, solo a soggetti di età
non inferiore a 18 anni. Tuttavia nell’approvazione
finale dell’FDA non sono presenti limitazioni di età
poiché l’azienda ha fornito i dati aggiuntivi riferiti
agli adolescenti di età compresa fra i 12 e i 17 anni che
hanno completato lo studio, corrispondenti all’11%
del totale. Ciò che principalmente si evidenzia in
questo gruppo è la prevista progressione della
miopia. Benché tecniche di rimodellamento della
cornea siano praticate fin dagli anni ’60, la sicurezza
a lungo termine dell’uso notturno delle lenti a con16
2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
L’evoluzione
dell’ortocheratologia
tatto per modificare la cornea non è attualmente conosciuta per individui di ogni età.
(fonte: http://www.fda.gov/cdrh/panel/summary/
ophthal08012002.html)
Nel momento in cui scriviamo, altri trial clinici sono
in corso per l’approvazione FDA di altre lenti per
ortocheratologia notturna.
L’ortocheratologia in Italia
Come abbiamo detto l’ortocheratologia è nata negli
Stati Uniti ed all’inizio si è diffusa e sviluppata soprattutto nei paesi anglosassoni come il Canada e
l’Australia. Oggi c’è un grande interesse per l’ortocheratologia anche nel mondo asiatico: Hong Kong,
Taiwan, Giappone e Cina sono paesi particolarmente
attivi nel settore dell’ortocheratologia per l’elevata
incidenza di miopia nelle loro popolazioni. In Italia
l’ortocheratologia è ancora oggi poco diffusa, ma il
nostro paese può vantare pionieri ed esperti di altissimo livello: Mannu, Formenti, Fossetti, Olent,
Marcuglia, solo per citarne alcuni.
Un nuovo brevetto italiano
Nell’estate del 2002 è stato depositato il brevetto di
una nuova lente multicurva customizzata per ortocheratologia notturna, denominata ESA ortho-6, progettata da Antonio Calossi 55 (Fig. 5, 6 e 7). Queste
lenti sono costruite con sei curve che si sviluppano su
un modello biconico e sono così costituite:
Zona ottica. La zona ottica posteriore della lente determina la forma che la cornea assume dopo l’azione di
modellamento corneale, quindi la quantità di errore
refrattivo che viene corretta dal processo ortocheratologico. Il raggio di curvatura di questa zona viene
calcolato in funzione della curvatura corneale e dell’effetto correttivo che si intende ottenere secondo la
seguente relazione: BOZR(D) = K piatto (D) – quantità di correzione desiderata - fattore di compressione
(0,75 D). Per semplificare l’applicazione ogni lente è
etichettata con il raggio base nominale, ossia il K corneale per cui la lente è stata calcolata, anziché con il
BOZR effettivo. Il diametro della zona ottica viene
scelto per ottenere nella zona di transizione uno
spazio lacrimale ottimale ed allo stesso tempo un diametro di appiattimento corneale adatto al diametro
pupillare del paziente. Per gradi di miopia maggiori
si impostano diametri minori, compatibilmente con il
diametro pupillare.
Zona di inversione. Permette il raccordo della zona
ottica con la zona di invito.
Zona di invito. La funzione di questa zona è quella di
ottenere un raccordo più dolce e smussato con la zona
17
2004, vol. VI, n. 1
Zona ottica
Raccordo
Invito
Allineamento
Invito
Flangia periferica
Figura 5
Lente ESA ortho-6 con potere correttivo –3.50 D e K nominale
7.80 mm.
Figura 6
Lente ESA ortho-6 con potere correttivo –3.50 D e K nominale
7.80 mm.
Figura 7
Esito di trattamento ortho-k dopo 5 notti d’uso di una lente ESA
dopo 10 h dalla rimozione.
a r t i c o l o
L’evoluzione
dell’ortocheratologia
Figura 8
Software di personalizzazione di una lente ESA ortho-6. Sulla
destra sono visibili i parametri di personalizzazione, in basso a
sinistra la simulazione fluoroscopica e in alto a sinistra la lente
realmente applicata.
d’allineamento, facilita la dinamica del flusso lacrimale e la ridistribuzione del tessuto corneale.
Zona di allineamento. Questa zona costituisce l’area
d’appoggio della lente sulla cornea, dà stabilità alla
lente e determina il corretto centraggio della lente
sulla cornea, inoltre favorisce l’azione di rimodellamento corneale determinando una zona di pressione
nella zona periferica della cornea che favorisce la ridistribuzione del tessuto corneale verso la zona centrale.
Zona di disimpegno periferica. Si sviluppa su due curve
e permette al bordo della lente di sollevarsi dalla
cornea per ottenere un adeguato ricambio lacrimale
sotto la lente. Oltre a questa funzione fondamentale,
il menisco lacrimale che si forma sotto le flangie periferiche permette un’attrazione capillare che aiuta la
lente a rimanere centrata. Il sollevamento del bordo
ha anche altre funzioni: impedisce una pressione del
bordo della lente con conseguente rischio di insulto
corneale, aiuta a rimuovere la lente mediante la tensione delle palpebre e riduce la possibilità di aderenza
della lente.
L’ampiezza delle diverse zone ed il loro sollevamento
possono essere variati dall’applicatore, mentre il
costruttore dimensiona gli altri parametri necessari ad
ottenere gli spazi lacrimali desiderati nei punti di transizione ed al bordo.
Durante la fase di tornitura le sei curve sono raccordate con un procedimento di blendig che conferisce
alla superficie interna della lente un profilo continuo,
ben raccordato e privo di spigoli.
La geometria della superficie anteriore viene deter-
Figura 9
Curvatura istantanea dopo l’applicazione di una lente ESA ortho6 per una miopia di –3.50. Lente appena rimossa, dopo una settimana di uso notturno.
Figura 10
Curvatura assiale dello stesso occhio dopo l’applicazione di una
lente ESA ortho-6 per una miopia di –3.50 .
minata per ottenere il potere richiesto ed ottimizzare
gli spessori. Il potere correttivo della lente è il risultato del potere effettivo della lente, così come sarebbe
misurato in aria, più quello del menisco lacrimale al
di sotto della zona ottica della lente. Se una lente è
stata progettata per correggere completamente una
ametropia miopica il potere frontale della lente dovrà
sempre essere +0,50 D, mentre il suo potere correttivo
sull’occhio sarà uguale a quello dell’ametropia. Ad
esempio, ammettiamo di voler correggere una miopia
di -2,50 D, applicheremo una lente che sarà 3,25 D più
piatta rispetto al raggio apicale del meridiano corneale
più piatto (2,50 D la miopia da correggere più 0,75 D
18
2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
L’evoluzione
dell’ortocheratologia
di ulteriore appiattimento, il fattore di compressione),
in questo modo il potere effettivo della lente dovrà
essere +0,50 D, mentre il suo potere correttivo, quando
è applicata sull’occhio, sarà appunto -2,50 D., la di 0,25
è dovuta all’asfericità. Per semplificare l’applicazione
ogni lente è etichettata con il potere nominale, ossia il
grado di miopia per cui la lente è stata calcolata.
Tutti i parametri della lente sono personalizzabili
(Fig. 8). Il sistema di applicazione si basa su una serie
di lenti di prova, con cui fare le prime valutazioni
dirette di adattamento sull’occhio del paziente e sull’ausilio di un programma di calcolo dedicato in modo
da poter personalizzare la lente in tutti i suoi parametri allo scopo di ottimizzare l’applicazione
(www.ortho-k.it)56.
I primi risultati clinici di questa nuova lente sono incoraggianti 35, 36, 57-59: già dopo i primi 60 minuti d’uso della
lente si ottiene un significativo appiattimento corneale
e un miglioramento dell'acuità visiva naturale; il profilo corneale si modifica da prolato ad oblato già dopo
la prima notte d’uso; nella maggior parte dei casi si
ottiene un miglioramento dell’acuità visiva naturale
fino a 10/10 per almeno 10 ore dopo la rimozione
delle lenti entro la prima settimana di uso notturno
(Fig. 9 e 10).
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In these days we have been looking at the rebirth of
Orthokeratology, enormously influenced by the availability of highly oxygen permeable material, by its
productive capacity of numerical control lathes, by
the availability of sophisticated instruments for the
analysis of the corneal topography and by the development of the new geometries of contact lenses.
These evolutionary progresses have radically changed
our point of view on this modality treatment of ametropia. The Orthokeratology has changed from a specialty that was only exercised by a small number of
practitioner to a technique that can be understood and
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20
2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
*
Giuseppe Toffoli , Riccardo Olent
**
*Perito Ottico, Ottico e Ortottista assistente in Oftalmologia ** Master, Doctor of Optometry
Sommario
Per molti miopi l’ortocheratologia può costituire una reale
opzione all’uso quotidiano di lenti a contatto e occhiali. Molti
miopi sono attratti dall’ortocheratologia perché non ha limitazioni di età, è reversibile e non è invasiva. Sappiamo che
l’ortocheratologia riduce la miopia, ma il primo passo per
ottenere un buon risultato è l’attenta e meticolosa selezione
del candidato al trattamento. In questo articolo forniremo
una guida per un’attenta selezione del candidato al trattamento ortocheratologico.
Parole chiave
Controindicazioni parziali
ortocheratologia, modellamento corneale preciso, RGL, topografia cornale, trattamento ortocheratologico, selezione del candidato
Parte 2
segue dal numero precedente
Per garantire una corretta procedura della tecnica
ortocheratologica è necessario che:
1. Il candidato abbia sostenuto una visita oculistica,
non oltre i tre/sei mesi prima dell’applicazione e che
non presenti controindicazioni all’uso delle lenti a
contatto OK.
2. Il contattologo abbia le conoscenze teoriche, cliniche
e strumentali per effettuare un’applicazione ortocheratologica e per la gestione dei pazienti.
3. Il contattologo abbia seguito il protocollo applicativo ed abbia eseguito ed interpretato tutti i test preapplicativi necessari.
Dal punto di vista generale, possiamo parlare di controindicazioni assolute o parziali.
Ricevuto il 16 giugno 2003. Accettato per la pubblicazione
il 1° settembre 2003.
21
2004, vol. VI, n. 1
Per assolute intendiamo tutte le condizioni oculari,
sistemiche, ambientali e psicoattitudinali che, di fatto,
non garantiscono la riuscita e la sicurezza dell’applicazione ortocheratologica.
Nelle parziali possiamo includere tutte quelle condizioni che presuppongono una terapia pre-applicativa
e/o la necessità di dover effettuare controlli oftalmologici e contattologici più frequenti. Le possibili controindicazioni richiedono sempre la necessità di un
parere dell’oftalmologo e vanno illustrate e discusse
con il candidato prima di iniziare un programma ortocheratologico.
Astigmatismo
Come già discusso precedentemente, in presenza d’astigmatismo limbus to limbus, interno, superiore alle
1.50 diottrie. secondo regola e 0.75 diottrie contro
regola o associate a basso rapporto miopia/astigmatismo, la lente OK non può assicurare un’AV adeguata
alle attese del candidato.
Di ciò se ne deve discutere precedentemente all’applicazione e prendere in considerazione la possibilità
di dover utilizzare una correzione tempiale aggiuntiva.
Anisometropie e stato eteroforico
L’ortocheratologia è una tecnica indicata per ridurre
le anisometropie miopiche; prima di iniziare un programma OK bisogna accertarsi che il candidato presenti una buona visione binoculare o perlomeno che
non lamenti diplopia una volta corretta l’anisometropia. Questa possibilità deve essere accertata preventivamente, applicando lenti a contatto monouso
di gradazione pari a quella che si vorrà ottenere con
l’OK e ricontrollando lo stato eteroforico. La presenza
di diplopia fissa o intermittente non può essere causa
di controindicazione assoluta poiché utilizzando
prima lenti a contatto disposable ed esercizi ortottici
o Visual Training Optometrico, si può tentare di ristabilire una visione binoculare stabile e confortevole.
Una volta eliminata la diplopia si potrà iniziare un
programma OK.
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Sensibilità al contrasto
La diminuzione di sensibilità al contrasto a bassa
luminanza24, riscontrata in miopi con meno di quattro
diottrie e misurata su soggetti che utilizzano lenti Ok
e su soggetti post chirurgia LASIK, possono ridurre la
performance visiva serale; di conseguenza, per assicurarne la sua soddisfazione, l’intervista pre-applicativa dovrà tenere in considerazione le esigenze del
candidato.
Patologie oculari e degli annessi
Come per ogni altra applicazione di lenti a contatto,
non a scopo di bendaggio terapeutico, deve essere
esclusa la presenza d’ogni processo patologico ed
infiammatorio attivo che già normalmente preclude
ogni altra applicazione contattologica.
Vascolarizzazione corneo-limbare
Particolare attenzione durante l’esame con la lampada
a fessura per evidenziare nei vecchi portatori di lac il
grado di vascolarizzazione limbare32. Si ritiene accettabile un’invasione di 1° grado (fino a 1,4 mm) dei vasi
limbari pericheratici (Figura 12). Oltre questi valori
bisogna ridurre il tempo d’uso notturno (nw), passando eventualmente ad un utilizzo a giorni alterni o
sostituirlo con un uso diurno dw limitato e programmare controlli più frequenti. Nei casi più favorevoli,
miopia bassa o lenta regressione del trattamento, possono anche bastare poche ore d’uso dopo cena per
mantenere una buona A.V.
Diametro corneale
Il diametro corneale può variare in maniera significativa da soggetto a soggetto; in alcuni casi le lenti standard non permettono un’applicazione ottimale. Una
cornea di 11 mm può essere troppo piccola per una
lente standard di 10.80 mm, mentre una cornea più
grande di 12.50 mm probabilmente provocherà un
decentramento della zona di trattamento nasale o
temporale. Questo non dovrebbe essere vista come
una controindicazione assoluta poiché questi casi possono essere risolti usando lenti custom con diametri
appropriati.
Palpebre
La blefarite deve essere trattata e curata prima dell’applicazione ortocheratologica essendo possibile
causa d’infezione (Figura 13). La blefarite è maggiormente presente nei soggetti poco attenti alla propria
igiene personale o con difficoltà di detersione palpebrale, causata da una conformazione orbitale infossata. Accenni di blefarite e grumi di sebo presenti sul
Figura 12
Vascolarizzazione limbare 1°,
EFRON.
Figura 13
Blefarite 2°, EFRON.
Figura 14
Disfunzioni delle ghiandole di
Meibomio 2°, EFRON.
bordo palpebrale, possono essere risolti semplicemente raccomandando l’uso quotidiano di detergenti
palpebrali.
Le disfunzioni delle ghiandole di Meibomio (Figura
14), possono indurre intolleranza e secchezza oculare
ed anche in questo caso migliorando l’igiene palpebrale si potrà risolvere l’infiammazione.
Un’apertura palpebrale stretta e orbite infossate, possono creare difficoltà d’acquisizione delle immagini
topografiche.
Per utilizzare correttamente i programmi di progettazione lenti e gli autofit dei moderni topografi corneali 23, è necessario che si possa elaborare una topografia basata su dati precisi con una SD (deviazione
standard) bassa. In questi casi e soprattutto in presenza di soggetti molto giovani o apprensivi, è utile
spiegare l’importanza della corretta acquisizione
topografica, cercando nel frattempo di mettere a proprio agio il candidato. Talvolta può essere anche
necessario istruire il paziente o un collaboratore chiedendo aiuto per allargare con le dita l’apertura palpebrle.
Come noto, la presenza di una palpebra inferiore
bassa combinata con la superiore anch’essa bassa, può
causare un decentramento inferiore della lente RGP e
ortocheratologica (dw). Quest’inconveniente spesso
22
2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
sparisce completamente nell’uso notturno (nw),
durante il quale il paziente sta sdraiato e la dinamica
della lente non subisce l’influenza della posizione
delle palpebre.
Di conseguenza in presenza di suddette posizioni palpebrali e con un corretto pattern fluoresceinico, sarà
opportuna una verifica con applicazione durante il
sonno e successivo controllo topografico per determinare se la lente risulta ben centrata.
Una diversa situazione si può trovare, in caso di palpebra inferiore
alta associata ad un’elevata tensione palpebrale inferiore, che può causare nel sonno, specialmente durante
la fase REM (Rapid Eye Movement), una pressione sul
bordo inferiore della lente decentrandola verso l’alto
e provocando di conseguenza aloni, immagini fantasma ed un aumento dell’astigmatismo secondo
regola.
Una tensione palpebrale bassa o elevata sembra anche
influire sul tempo, rispettivamente minore o maggiore, per ottenere l’effetto correttivo ortocheratologico desiderato.
Tono oculare
L’utilizzo di lenti a contatto ortocheratologiche non
pare innalzare ma addirittura abbassare la pressione
intraoculare33; in ogni caso, in presenza di toni oculari
superiori ai 18/19 mmhg, di diagnosi o terapia per
glaucoma, è indispensabile richiedere il parere dell’oftalmologo, prima di intraprendere l’applicazione.
Film lacrimale
La maggior causa di riduzione di comfort e di rinuncia
alle lenti a contatto, secondo alcuni ricercatori, è la secchezza oculare 34; peraltro, nonostante un’elevata secchezza oculare sia possibile causa d’assoluta controindicazione, alcuni fattori fanno sì che questo problema non possa essere considerato come controindicazione assoluta e le ragioni sono le seguenti:
• Nell’uso notturno l’instillazione di sostituti lacrimali
umettanti risulta particolarmente efficace e a volte
addirittura superfluo, spesso può essere sospesa
senza che la correzione ortocheratologica ne possa
risentire.
• Il particolare disegno delle lenti Ortho-K prevede
una zona d’inversione che in pratica crea un serbatoio lacrimale di riserva. In presenza di scarsa lacrimazione il volume di lacrime può essere maggiorato
aumentando la TLT (Tear Layer Thickness, ovvero
spessore del film lacrimale detto anche clearance) nel
punto d’inversione (Figura 15).
23
2004, vol. VI, n. 1
CLEARANCE Allineamento
Curva base =
Punto di inversione =
0,010
0,0437
2° Raccordo =
0,019
3° Raccordo =
0,010
4° Raccordo =
0,025
Bordo Periferico =
0,130
Figura 15
I valori in nero indicano il clearance in mm (spessore del film lacrimale) impostabile a piacimento in fase di progettazione di un
moderno software sviluppato per la progettazione personalizzata
delle lenti ortocheratologiche. Il valore in rosso indica lo spessore
del film nel punto di inversione che si trova alla fine della zona
ottica, valore calcolato dal software e non modificabile direttamente.
• I candidati con film lacrimale sottile o con strato lipidico ridotto che soffrono di secchezza oculare possono ben tollerare le lenti nell’uso notturno poiché
l’occhio chiuso impedisce l’evaporazione e la conseguente secchezza oculare.
• Anche se nei portatori abituali di RGP tradizionali
dw è frequente rilevare presenza di punteggiatura
corneale periferica ad ore 3 e ore 9, questo problema
non è ricorrente nei soggetti che utilizzano le attuali
lenti OK ad uso notturno.
È buona regola raccomandare ai soggetti con film
lacrimale non ideale un regime di pulizia accurato
poiché, a causa della facilità d’accumulo di depositi
proteici sulla faccia posteriore della lente, si possono
avere diminuzioni di comfort e tollerabilità.
L’accumulo di depositi proteici può arrivare ad avere
uno spessore di 7/8 micron con conseguenze sia sull’epitelio sia sulla TLT apicale. La stessa attenzione va
posta nella scelta dei conservanti ed umettanti; a volte
è necessaria un’attenta analisi del film lacrimale per
trovare quelli più adatti per il candidato 35.
Allergie e sensibilizzazioni
La presenza d’allergie primaverili può, nella fase
acuta, indurre il paziente a sospendere l’uso delle
lenti a contatto notturno. In questi casi, prima di interrompere completamente l’uso delle lenti, si può anche
passare ad un porto diurno parziale perché nelle
miopie basse sono spesso sufficienti poche ore di porto
per mantenere un AV soddisfacente.
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Tavola 4
PROTOCOLLO APPLICATIVO
Il trattamento ortocheratologico per la correzione della miopia prevede un protocollo ormai collaudato dall’esperienza clinica internazionale
Selezione del candidato
I criteri di selezione del candidato alla correzione ortocheratologica
devono essere rigorosi perché ne determinano fin da subito le principali condizioni di sicurezza e le previsioni sul risultato applicativo.
• Visita oftalmologica sostenuta da non più di 3/6 mesi, per il nullaosta all’applicazione di lenti a contatto ortocheratologica.
• L’esame pre-applicativo deve essere programmato dopo aver
sospeso l’uso delle eventuali lenti precedenti da almeno 24/48 ore, in
caso di lac morbide e da almeno 15/21 giorni in caso di lac RGP.
Il tempo di sospensione lenti a contatto, deve garantire un’acquisizione topografica, un esame del visus e della miopia da correggere il
più possibile affidabile ed esente da alterazioni indotte dall’uso di
altre lac.
• Visus e analisi visiva. L’esame per determinare l’ammontare della
miopia da correggere,
deve essere fatto con l’occhiale di prova o con il forottero (mai con lac
morbide o RGP) e va annotata con la distanza apice lente per il calcolo dell’ametropia al vertice.
• L’esame refrattivo deve portare il candidato ad un visus monoculare e binoculare di 10/10 pieni od almeno analoga alla vecchia correzione (occhiali o lac), dati che andranno registrati sulla scheda e serviranno per progettare la lente ortocheratologica.
• Il candidato dovrà essere informato dei rischi e dei limiti della tecnica ortocheratologica ma nello stesso tempo anche dei vantaggi,
libertà da lenti e maggior controllo della progressione miopica.
• Anamnesi personale, familiare e anamnesi obiettiva intesa a valutare lo stato d’igiene
personale e familiare.
• Studio e discussione sulla eventuale progressione miopica.
• Esame esterno con il biomicroscopio, test lacrimali.
• Topografia corneale computerizzata.
- Calibratura
- Acquisizione immagini
- Check di reperibilità
- Registrazione dei dati cheratometrici con media e deviazione
standard
• Pupillometria
Scelta e progettazione della lente ortocheratologica
Tutti gli esami precedenti ci forniscono un quadro oculare (valutazione contattologica globale) del candidato e ci permettano di stabilire i parametri corneali finalizzati alla scelta della lente o al progetto
personalizzato della lente a contatto Ortho-K;
Valutazione delle condizioni generali della funzione visiva possibilità dell’applicazione ortocheratologica, e discussione delle varie possibilità di correzione ottiche (occhiali, lenti a contatto ....)
• Scelta della lente di prova secondo le indicazioni del costruttore
• Applicazione lente per almeno 30/60minuti, valutazioni del fluorogramma
• Sovrarefrazione, fluorogramma, rimozione lente, esame in lampada
a fessura e visus naturale post applicativo.
• Consegna delle istruzioni, avvertenze e della “Guida al corretto uso
delle lenti a contatto” avvertenze…secondo il D.M. 3 febbraio 2003
• Costi e modalità di pagamento
• Valutazione dei parametri corneali del candidato e progettazione
della lente
• Invio dati al laboratorio
Consegna lente
Applicazione:
Tutta la procedura e l’applicazione deve essere eseguita dal contattologo responsabile, inoltre la prima lente va provata e consegnata nel
secondo pomeriggio (h,17/18) e ricontrollata il mattino successivo al
più presto (h.9,00/10,00) con lenti ancora inserite.
1. Applicazione delle lenti definitive;
2. Attesa della stabilizzazione del film lacrimale;
3. Valutazione del visus e sovrarefrazione;
4. Valutazione in lampada a fessura con e senza fluoresceina dopo 10
min. e 60 min.;
5. Rimozione della lente ed esame dell’epitelio corneale con fluoresceina;
6. Rivalutazione topografica del profilo corneale;
7. Rilevazione del visus naturale e sovrarefrazione.
Valutazione globale.
Se l’applicazione non è corretta, riverificare i parametri delle lenti e
ripetere il protocollo ripartendo dall’acquisizione topografica.
Se l’applicazione è corretta, istruzioni, modalità d’uso e consegna delle
lenti, prodotti e firma della ricevuta del piano di manutenzione, consigli, raccomandazioni, istruzioni, avvertenze e modalità d’uso.
Sorveglianza post applicativa
All’applicazione segue sempre il periodo di monitoraggio: il portatore dovrà essere controllato in studio con la seguente cadenza temporale minima:
1. Al mattino presto ore 9.00/10.00 con lenti ancora inserite dopo la
prima notte d’uso.
2. Al tardo pomeriggio dopo tre/quattro giorni d’uso senza lenti inserite.
3. Al mattino o pomeriggio, dopo dieci/quindici giorni dall’ultimo
appuntamento senza lenti inserite.
4. Al mattino o pomeriggio, dopo trenta giorni dall’ultimo appuntamento senza lenti inserite.
5. Al mattino o pomeriggio, dopo tre mesi dall’ultimo appuntamento
senza lenti inserite.
6. Al mattino o pomeriggio, dopo tre mesi dall’ultimo appuntamento
senza lenti inserite per i controlli e per la pulizia professionale (eventuale) delle lenti.
7. Al mattino o pomeriggio, dopo dodici mesi dall’inizio del programma senza lenti inserite per i controlli, sostituzione programmata
delle lenti e visita oculistica.
La sicurezza nasce all’origine
L’applicazione delle lenti a contatto per un trattamento ortocheratologico ha come obiettivo la
centralità e la soddisfazione del candidato e comporta una specifica
organizzazione: preparazione, esperienza dell’applicatore e una struttura tecnologicamente avanzata.
Per il candidato, la sicurezza nasce all’origine, nel modello organizzativo stesso, perciò ogni
momento del trattamento, dalla valutazione preliminare delle condizioni generali della funzione visiva fino alle visite post-applicazione,
deve essere previsto e tenuto sotto controllo.
In particolare il contattologo che si accinge ad abbracciare la procedura ortocheratologica nel proprio studio, deve essere in grado di
applicare tale modello disponendo, oltre che di un’adeguata formazione personale specifica e di moderne attrezzature, di un’esperienza
nell’organizzazione di servizi parasanitari dedicati alla contattologia
e alla cura degli occhi e di una filosofia aziendale da sempre centrata
sulla soddisfazione del cliente. Per il portatore di lenti a contatto
dunque la sicurezza prosegue nei modi stessi in cui il servizio è proposto: dall’idoneità degli ambienti, alla competenza ed esperienza del
contattologo, dal protocollo applicativo, all’assistenza post-applicazione, senza dimenticare l’eventuale gestione delle complicazioni e
delle urgenze.
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2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Altro discorso vale per i prodotti per la manutenzione
ed applicazione delle lenti; se si sospetta un’allergia o
sensibilizzazione vanno sostituiti con altri maggiormente biocompatibili e per l’applicazione andranno
usati solo prodotti monouso senza conservanti.
Compliance
L’ortocheratologia avanzata nw prevede modalità
d’uso e visite di controllo che devono essere eseguite
con consapevole attenzione; è buona norma consegnare ai pazienti istruzioni specifiche e promemoria
per le successive visite. I pazienti che non si presentano
ai controlli previsti o che non eseguono correttamente
le modalità d’uso prescritte sono cattivi candidati
all’uso delle lenti ortocheratologiche, perciò può essere
indicata per loro una controindicazione anche se non
assoluta.
Motivazionale
La pratica ortocheratologica, per essere sicura, efficace
e soddisfare pienamente il candidato, deve coinvolgere
sia l’applicatore sia l’ametrope. Da parte del contattologo ci deve essere una preparazione specifica, attrezzature, set di prova e/o software ortocheratologici
dedicati alla progettazione e calcolo delle lenti che permetta di lavorare con precisione e in sicurezza.
Da parte del candidato ci deve essere motivazione, una
comprensione chiara di come funziona l’ortocheratologia e conoscenza delle altre possibilità di correzione
ottica (occhiali, lenti a contatto tradizionali e chirurgia
rifrattiva).
Il giusto tempo dovrà essere impiegato per far comprendere quali sono vantaggi, svantaggi, limiti e meccanismi coinvolti nella tecnica OK e sufficiente spazio
dovrà essere utilizzato per chiarire il concetto di completa reversibilità dell’ortocheratologia. Alcuni studi
hanno indicato che in un massimo di 77 giorni avviene
la completa regressione della correzione ortocheratologica36.
Una delle preoccupazioni più frequenti per i miopi è
indubbiamente la progressione della miopia ed il suo
controllo. Questo è particolarmente importante per i
genitori dei giovani in progressione miopica che si
aspettano che l’ortocheratologia possa bloccare o rallentare il peggioramento dell’ametropia.
Anche se diversi studi su RGP tradizionale 37,38,39 ed ultimamente anche con lenti ortocheratologiche 40 hanno
dimostrato come l’uso di lenti RGP rallenti la progressione miopica, ancora insufficienti od incompleti sono
gli studi sulla sicurezza ed efficacia41 dell’OK come sul
controllo della miopia, per il relativamente recente sviluppo della tecnica.
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2004, vol. VI, n. 1
L’Ortho-K avanzata, può permettere ai miopi sotto le
5/6 diottrie di tornare rapidamente a veder bene senza
occhiali e lenti, ma ciò non vuol certo affermare che la
loro miopia è “guarita”, quindi non devono sentirsi
esentati dalle visite periodiche oftalmologiche per esaminare la salute oculare.
La giusta attenzione va data nella selezione del
paziente, alle motivazioni dei candidati prima d’intraprendere una pratica ortocheratologica; molto motivati
saranno i candidati che praticano sport di contatto o
che non tollerano a lungo le lenti a contatto tradizionali.
Buoni candidati sono coloro che per il loro lavoro frequentano ambienti polverosi, ventosi, caldi e asciutti,
personaggi dello spettacolo e chi è spesso sottoposto
ad intense fonti d’illuminazione e di calore.
Un’altra buona percentuale di persone interessate
all’ortocheratologia sono coloro i quali desiderano raggiungere determinati standard visivi senza correzione
ottica, necessari in alcune professioni; in questi casi
anche in prospettiva medico-legale, è indispensabile
verificare che non ci possano essere veti sulla correzione/riduzione dei difetti visivi con tecniche ortocheratologiche.
Simili problemi possono sussistere in soggetti che
hanno obbligo di guida con lenti e che dopo il trattamento ortocheratologico, devono richiedere una revisione della patente per guidare senza obbligo di lenti
correttive.
Controindicazioni assolute
Farmaci
L’utilizzo di qualsiasi farmaco topico o sistemico che
influisca sulla fisiologia oculare o sull’applicazione.
Cheratocono e distrofie corneali
L’esame videocheratoscopico con il disco di Placido e
l’esame con la lampada a fessura devono escludere la
presenza d’irregolarità corneali, forme distrofiche e di
cheratocono.
In questi casi non si può parlare di pratica ortocheratologica, bensì di controllo dell’ectasia corneale con uso
di tecniche di modellamento corneale (corneal molding) 42 con lenti rgp a geometria inversa (tecniche non
discusse in questo lavoro).
Per questo, occorre molta cautela ed è sempre meglio
richiedere parere e monitoraggio oftalmologico oltre
ad un consenso informato da parte del paziente.
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Cheratocongiuntivite secca
L’occhio secco conclamato e la cheratocongiuntivite
secca sono patologie facilmente riconoscibili con sintomatologia particolarmente fastidiosa. Ciò farà sì che
difficilmente un soggetto con questi disturbi, vi potrà
mai richiedere di applicare una lente ortocheratologica nw, ma che evidentemente sono da annotare
come controindicazione assoluta.
Particolare attenzione deve essere posta nell’esame
biomicroscopico della cornea per rilevare la presenza
d’infiltrati sub-epiteliali spesso presenti in pazienti
asintomatici.
Lo stesso vale per eventuali leucomi presenti che
devono essere annotati come localizzazione ed estensione, mentre la presenza di strie, pieghe, microcisti
e vacuoli sono indice di stress corneale e vanno valutati per grado d’intensità32 e considerati come possibile controindicazione.
Sensibilità corneale ridotta
La diminuzione o assenza della sensibilità corneale
presente in alcuni vecchi portatori di lenti RGP 43 più
essere causa di controindicazione assoluta e non va
assolutamente sottovalutata. Nell’uso se non prontamente percepita, la presenza di un corpo estraneo
intrappolato sotto la lente può causare ulcere, abrasioni ed erosioni corneali.
Lesioni corneali
Una controindicazione assoluta deve essere la presenza di una vecchia lesione corneale pregressa in
zona centrale o paracentrale (Figura 17), anche se
completamente risolta ed evidenziabile solo parzialmente dalla topografia corneale (Figura 18).
Lesioni, cicatrici corneali non permettono di ottenere
con l’applicazione ortocheratologica, una zona di trattamento regolare ed efficace (figura 19).
Punteggiatura corneale
La punteggiatura epiteliale rilevata eventualmente
durante la correzione ortocheratologica, può essere
risolta con modifiche opportune alla geometria della
lente OK. La punteggiatura (staining) corneale, se
localizzata centralmente, può essere causata da una
profondità sagittale (clearance centrale) troppo bassa;
di conseguenza bisogna ricalcolare la lente aumentando l’altezza sagittale.
Se lo staining è periferico può essere dovuto a una
profondità sagittale troppo alta o a una zona d’allineamento troppo stretta.
Anche in questo caso il fluorogramma indicherà la
causa e le modifiche da apportare alla lente abbas-
Figura 16
Corneal staining 2°, EFRON.
sando la profondità sagittale o appiattendo la curva
d’inversione e d’allineamento.
Altra causa di controindicazione è la presenza di una
punteggiatura corneale causata da fragilità epiteliale.
Si può accertare fragilità epiteliale quando l’epitelio
corneale si segna instillando fluoresceina su carta o
dopo l’utilizzo di lenti morbide correttamente applicate. La punteggiatura corneale può essere causata
anche da adesioni e indentazioni della lente che possono essere risolte da modifiche alla geometria della
lente Ortho-K. Malgrado ciò, se nonostante le modifiche apportate alla geometria delle lenti OK, la presenza di punteggiatura corneale permane con segni
pari o superiori al 2° grado della scala di valutazione
CCLRU o Efron, (Figura 16), questa deve essere considerata come motivo di controindicazione assoluta.
Edema corneale
Anche se l’utilizzo dei nuovi materiali ad alto DK
(ISO/Fatt Dk > 85) normalmente permette un buon
apporto d’ossigeno e soddisfa le richieste metaboliche
minime indicate da Holden44, bisogna programmare
i controlli mattutini dopo non piu’ di un’ora dalla
rimozione per verificare l’assenza d’edema, pieghe,
strie, microcisti e di segni indicatori di stress metabolico22. Rilevare ad un’ora dalla rimozione delle lenti
OK, la presenza di anche una sola piega corneale
indica edema stromale ed un ispessimento corneale
del 6,4%, inaccettabile per il proseguo del trattamento
Ortho-K.
Anche la presenza di microcisti è un chiaro indicatore
di ipossia corneale ed anche in questo caso occorre
sospendere o modificare il fitting se il numero di
microcisti epiteliali al mattino risultasse superiore alle
50 unità.
Diametro pupillare
La presenza di diametri pupillari in condizioni d’illuminazione fotopica, superiori ai 5,5 mm sono da
considerarsi una controindicazione assoluta per le inevitabili difficoltà in visione scotopica45.
Diametri pupillari inferiori, ma sempre considerati
grandi, in relazione alla miopia da correggere, devono
26
2004, vol. VI, n. 1
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
essere valutati da caso a caso in relazione alla zona di
trattamento ottenibile (vedi Tavola 3, Lac 3 vol V
novembre 2003, pag. 14-15). In questa valutazione
vanno prese in considerazione anche professione e
abitudini del candidato. Un camionista avrà chiaramente altre necessità rispetto ad un soggetto senza
patente che non esce mai di sera!
Controindicazioni sistemiche
Problemi respiratori cronici come sinusite, rinite allergica, asma, possono causare reazioni e alterazioni
congiuntivali con conseguente interruzione d’uso
delle lenti.
L’ipertiroidismo, variazioni ormonali presenti
durante la menopausa, mestruazione, gravidanza o
conseguenti all’uso di contraccettivi orali, possono
essere causa di controindicazione anche se non assoluta e vanno monitorati più frequentemente.
La cornea dei diabetici oltre ad essere più esposta alle
infezioni presenta una maggior fragilità, una più lenta
riepitelizzazione e una ridotta sensibilità corneale 46.
La presenza di malattie da immuno-deficienza,
uveite, herpes simplex, zoster e congiuntiviti croniche
ricorrenti anche se non attive, sono da considerare
come una controindicazione assoluta.
Anche i candidati che hanno avuto una cheratite erpetica, a causa della sua imprevedibilità, sono da controindicazione assoluta.
Uso notturno (nw) o diurno (dw)
La pratica notturna presenta rispetto a quella diurna
indubbi vantaggi e si sta sempre più imponendo
come tecnica di prima scelta.
Vantaggi e svantaggi nel porto notturno nw
Vantaggi
• Al mattino ti svegli e vedi!
• Miglioramento della visione più rapido e zona di
trattamento più centrata.
• Minor rischio di smarrimento delle lenti.
• Visione per sport, lavoro e divertimento, libera da
occhiali e lenti a contatto.
• Aviatori, pompieri, forze dell’ordine, possono ora
raggiungere gli standard richiesti senza lenti.
• Le lenti OK sono più confortevoli rispetto alle lenti
gas permeabili tradizionali e richiedono minor
tempo di adattamento.
• No punteggiatura corneale ore 3 e ore 9.
• In caso di necessità sono utilizzabili sia per uso
diurno sia per quello notturno.
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2004, vol. VI, n. 1
Svantaggi
• Maggior costo per l’ametrope.
• Necessita di maggior disponibilità di tempo per i
controlli, sia per l’applicatore sia per il candidato.
• Necessita di corsi di formazione, aggiornamento e
attrezzature (topografo, software o set di prova)
impegnative e onerose per l’applicatore.
• La qualità dell’applicazione e del laboratorio di
costruzione, deve essere molto alta .
• La selezione del candidato deve essere rigorosa e
attenta.
• Potenzialmente, maggiori complicazioni possibili.
• Limitazione per miopie ed astigmatismi elevati.
• Carenza di studi a medio e lungo termine sugli
effetti delle lenti Ortho-K nw.
Svantaggi dell’ortocheratologia rispetto alla chirurgia
refrattiva
• Generalmente non si possono annullare più di 5/6
diottrie di miopia.
• Non applicabile agli astigmatici con più di 1.5 diottrie secondo regola, 0.75 diottrie contro regola o con
una miopia bassa ed inferiore al valore dell’astigmatismo.
• La procedura richiede tempo (qualche settimana),
con prove, controlli ed eventuali sostituzioni periodiche delle lenti ortocheratologiche.
• La variazione che si ottiene è reversibile, dunque
bisogna continuare a portare le lenti a contatto ortocheratologiche per mantenere una buona visione
senza lenti.
• Diminuzione della sensibilità al contrasto a bassa
luminanza.
“Le idee nuove sono dapprima condannate come
assurde, poi sono scartate come sciocchezze, infine
viene il giorno in cui costituiscono quello che sanno
tutti”.
William James
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
sottoposti a intervento di chirurgia refrattiva. Studio Preliminare. I Congresso
Summary
Nazionale S.OPT.I, Roma, 25-26 Febb.
9. Practice of orthokeratology by a group of contact lens practitioners in Hong Kong
Ortho-K is a viable option for low to moderate
myopic patients who want less dependence on their
glasses or contact lenses or would like improved
unaided acuity. Peoples are attracted to ortho-K
because it has no age restrictions; it’s reversible and
carries none of the risks of surgery. We know that
ortho-K can reduce myopia, but the first step in order
to obtain a good result is the careful selection of the
candidate to the treatment. In this article we will
explain the lines guides for one careful selection of
the candidate to the orthocheratology treatment.
- Part 2: Orthokeratology lenses. Clin Exp Optom. 2003 Jan-Feb;86(1):42-6.
10. Hsiao Ching Tung, Xtreme Countour (CX) otheokeratology for high myopia
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14. JOHN MARK JACKSON. Ortho-K Fits: The Good, the Bad And the Ugly, Part 2.
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15. JOHN MARK JACKSON. Ortho-K Fits: The Good, the Bad And the Ugly, Part
3A. Settembre 2002. Contact Lens Spectrum.
16. Optical Laboratories Association, American National Standard Institute -
Key words
orthocheratology, Precision Corneal Molding,
RGL, corneal topography, ortho-K tratment,
patient selection
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22116-2000.
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29
2004, vol. VI, n. 1
r u b r i c a
tips & tricks
Laura Boccardo
A scuola di trucco
Mentre le spiegavo come mettere e
togliere le lenti a contatto, una
paziente mi ha mostrato un sistema
curioso, ma efficace che le hanno
insegnato a scuola di trucco per
tenere gli occhi aperti: spalancando
la bocca il più possibile anche gli
occhi restano spalancati e diventa
più difficile chiuderli volontariamente.
Antonio Calossi
Sempre a proposito di
trucco
Sempre a proposito di trucco, bisognerebbe ricordarsi di spiegare a
tutte le signore e signorine che portano lenti a contatto quali sono le
principali regole per il trucco degli
occhi: prima si indossano le lenti e
poi ci si trucca, per evitare che particelle di cosmetici vengano trasportate dentro l’occhio durante
l’inserzione delle lenti; conviene
utilizzare trucchi anallergici e di
buona qualità; non si può disegnare la riga con la matita sul
bordo interno della palpebra, per
non otturare gli orifizi delle ghiandole di Meibomio; la sera, prima si
tolgono le lenti e poi ci si strucca,
per evitare che la lozione vada in
contatto con le lenti; è meglio utilizzare al posto del latte detergente
una lozione struccante non grassa,
specifica per occhi; limitare l’uso di
creme contorno occhi molto grasse
perché possono far aumentare la
concentrazione di lipidi nelle
lacrime. Anche quando viene a provarsi le lenti a contatto una signora
con gli occhi molto truccati sarebbe
meglio avere in studio il necessario
per farle pulire le palpebre, per evitare che mettendole le lenti portiamo dentro agli occhi dei detriti
che aumentano la sensazione di
fastidio della lente. Inoltre l’abbondante lacrimazione che spesso si
verifica quando si mettono le lenti
per la prima volta farebbe colare il
trucco nero, con un effetto estetico
molto peggiore di quello di un viso
ben pulito.
Laura Boccardo
Dove conservare i liquidi di
manutenzione
Di solito i nostri pazienti tengono il
contenitore delle lenti a contatto e i
flaconi dei liquidi di manutenzione
nella stanza da bagno, perché
questo sembra il luogo della casa
più adatto per conservare tutto ciò
che attiene la cura della persona,
l’igiene e la cosmesi. In realtà il
clima caldo e umido che si viene a
creare in questa stanza è l’ambiente
ideale per la proliferazione dei
funghi, che si vanno ad annidare
nel contenitore porta lenti e all’imboccatura dei flaconi, quindi
sarebbe opportuno suggerire ai
nostri pazienti di tenere le lenti a
contatto in un luogo fresco e
asciutto.
Pietro Gheller,
3 Marzo 2002, Bologna
Quali sostituti lacrimali
Quando c’è bisogno di utilizzare
dei sostituti lacrimali, è consigliabile preferire i prodotti privi di conservanti perché queste sostanze
hanno a loro volta un effetto destabilizzante sul film lacrimale e
quindi invalidano parzialmente l’azione delle lacrime artificiali.
Pietro Gheller,
3 Marzo 2002, Bologna
Un filtro giallo per osservare
l’immagine fluoroscopica
Per rendere decisamente più contrastata l’immagine fluoroscopica
osservata con la luce blu, si può
inserire davanti all’obiettivo del
biomicroscopio un filtro di sbarramento giallo Wratten Kodak #12
che, assorbendo la luce blu e
lasciando passare in modo selettivo
solo la luce gialla, rende più evidente la presenza di fluoresceina,
sia per l’osservazione del film lacrimale e dell’epitelio corneale, sia
per la valutazione dell’appoggio
delle lenti a contatto. L’aumento di
contrasto è davvero notevole.
Alcune lampade a fessura sono
dotate di questo filtro come accessorio, altrimenti è necessario fissarlo davanti all’obiettivo con
mezzi di fortuna (un pezzetto di
velcro o di nastro adesivo nella
parte superiore) che consentano di
avere entrambe le mani libere
durante l’esame e permettano
ugualmente di spostare il filtro
giallo quando non viene utilizzata
la luce blu. L’uso di questo filtro
diventa quasi indispensabile se si
desidera acquisire delle immagini
dell’esame in fluoresceina, sia fotografiche, sia digitali: per esempio,
alcune telecamere saturano, rendendo la ripresa impossibile senza
filtro. Altri sistemi per rendere più
evidente l’immagine fluoroscopica,
come per esempio l’uso di lubrificanti con una viscosità superiore a
quella della soluzione salina
(Contact Lens Today, luglio 2003),
non sono validi, perché alterano in
modo troppo vistoso le proprietà
del film lacrimale. Per esempio se
con questo sistema si tentasse di
osservare l’appoggio di una lente a
contatto rigida, l’osservazione
sarebbe più difficoltosa a causa
della stratificazione del lubrificante
sulla superficie anteriore della
lente.
Antonio Calossi
30
2004, vol. VI, n. 1
r u b r i c a
in libreria
Laura Boccardo
Confocal Microscopy of the cornea
Leonardo Mastropasqua
Mario Nubile
SLAK Incorporated,
2002
122 pagine,
234 figure
Lingua inglese
Durante l’ultimo decennio, siamo
stati testimoni di una rapida evoluzione delle tecniche diagnostiche
per immagini in oftalmologia.
L’introduzione nella pratica clinica
di strumenti come la biomicroscopia ad ultrasuoni e la topografia computerizzata ha permesso una significante espansione
delle nostre conoscenze riguardo
lo studio morfologico del segmento anteriore ed in particolare
31
2004, vol. VI, n. 1
della cornea. La
microscopia confocale
della cornea è stata
sviluppata per ottenere con metodi non
invasivi
immagini
della cornea con un
ingrandimento ed una
risoluzione maggiori
rispetto a quelle ottenute con la lampada a
fessura. Lo scopo di
questo libro è quello
di fornire una breve
descrizione
delle
attuali potenzialità
della
microscopia
confocale nella clinica
e nella ricerca, evidenziando i suoi vantaggi, limiti e indicazioni, con riferimento
alla letteratura scientifica più
recente.
Le numerose immagini presentate
nel libro sono state ottenute con il
microscopio confocale Confoscan
2.0 (Nidek Technologies, Padova),
uno strumento che ha permesso di
far penetrare nella pratica clinica
una tecnologia fino a poco tempo
fa relegata alla ricerca di laboratorio.
Il primo capitolo è dedicato alla
storia ed ai principi su cui si basa
la microscopia confocale. Il
secondo capitolo descrive la
morfologia della cornea normale
in un viaggio ideale dall’epitelio,
attraverso il plesso nervoso subepiteliale e lo stroma, fino all’endotelio. Nei capitoli successivi vengono analizzati alcuni quadri patologici: distrofie della cornea, che-
ratocono, glaucoma congenito e
megalocornea. Vengono quindi
descritti i microdepositi corneali,
anche in riferimento all’uso a
lungo temine delle lenti a contatto.
L’ultima parte del libro è dedicata
all’utilizzo della microscopia
confocale nella chirurgia corneale:
PRK, PTK, LASIK, cheratoplastica.
Un capitolo è dedicato allo studio
morfologico
microscopico
dell’Haze corneale.
Confocal Microscopy of the
Cornea, curato da due oftalmologi
dell’Università G. D’Annunzio di
Chieti-Pescara, è attualmente l’unico libro completamente dedicato
all’argomento, è idealmente
rivolto ai chirurghi che si occupano di chirurgia refrattiva e corneale, ma è un interessante testo di
approfondimento anche per chi
applica lenti a contatto. In contattologia, la crescente diffusione
della microscopia confocale permetterà di approfondire le reazioni
corneali alle tecniche applicative
più evolute come il porto continuo
con lenti in silicone idrogel e l’ortocheratologia notturna.
SLAK Incorporated
6900 Grove Road
Thorofare, NJ 08086 USA
Tel. 856-848-1000
Fax: 856-853-5991
www.slakbooks.com
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ricerche cliniche e scientifiche nell’ambito dell’area contattologica, nella
fisiologia e patologia dell’occhio esterno.
Sono benvenuti tutti gli articoli originali a carattere clinico, di ricerca,
rassegne bibliografiche, casi clinici ed editoriali che trattino argomenti
legati alla contattologia. Possono anche essere pubblicate lettere attinenti lo sviluppo professionale e la sua evoluzione, l’educazione e gli
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Parole chiave
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per ogni articolo. Tali parole chiave, in lingua italiana ed inglese, debbono seguire i relativi sommari.
Testo
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L’introduzione deve riportare in modo conciso gli obiettivi dello studio.
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mentre i risultati dovrebbero essere descritti in maniera succinta. La
discussione deve essere limitata all’osservazione dei dati presentati.
Articoli di rassegna bibliografica, casi clinici, descrizioni di nuovi stru-
menti o procedure dovrebbero essere costituiti da: sommario, introduzione, testo e commenti.
Bibliografia
I riferimenti nel testo dovranno essere soltanto numerici e riportati con
un corpo più piccolo ad apice.
L’elenco dei riferimenti deve essere riportato in pagine separate del
testo e dovrà essere redatto secondo le modalità sotto elencate, rispettando la punteggiatura e lo stile indicati:
Articoli di riviste
Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo dell’articolo, titolo
della rivista abbreviato secondo le norme codificate, anno, volume,
prima e ultima pagina in cui appare l’articolo.
Nel caso che la numerazione delle pagine della rivista non segua un
ordine annuale, accanto al numero del volume indicare, tra parentesi,
anche il numero del fascicolo.
Esempio di articolo da rivista
Simmons PA, Tomlinson A e Seal DV. The role of Psedomonas aeruginosa
biofilm in the attachment of Acanthamoeba to four types of hydrogel
contact lens materials. Optom Vis Sci, 1998; 75: 860-866
Libri
Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo e sottotitolo dell’opera con iniziali maiuscole, luogo di edizione, editore, anno, n. pagine.
Esempio di libro
Fletcher R e Still DC. Eye Examination and Refraction.
Oxford, Blackwell Science, 1998, 58-60.
Nel caso che si faccia riferimento ad un capitolo di libro:
Woodward G. Clinical applications of contact lenses. In Edwards K. e
Llewellyn R. Optometry. London, Butterworth, 1988, 486-500.
Tutte le citazioni devono essere organizzate sulla base della numerazione
del testo e non secondo l’ordine alfabetico.
Illustrazioni
Per illustrazioni si intende materiale come: fotografie, disegni, grafici, tracciati, ecc.
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- numero della figura
- nome del primo autore e una freccia indicante la parte alta della fotografia.
Organizzazione e spedizione del supporto magnetico
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L’etichetta del supporto deve riportare:
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- un titolo dell’articolo, eventualmente ridotto
- il sistema operativo
- il formato
- il processore word utilizzato, con versione e numero
Materiale aggiuntivo come tabelle, legende, bibliografia ecc. devono
essere salvati su file individuali, uno per ogni categoria; particolarmente gradita è la preparazione di un file legenda.
32
2004, vol. VI, n. 1