RIASSUNTO TESI “IL RAPPORTO DI LAVORO SPORTIVO”
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RIASSUNTO TESI “IL RAPPORTO DI LAVORO SPORTIVO”
RIASSUNTO TESI “IL RAPPORTO DI LAVORO SPORTIVO” di Simona Monici matr. 20093 La tesi affronta il tema attuale e complesso del rapporto di lavoro sportivo, attraverso un sistema di cinque capitoli che permette di cogliere l’evoluzione della questione nella giurisprudenza e di valutare i momenti di attrito e di stimolo concettuale derivanti dalla presenza di due ambiti ai quali l’atleta è sottoposto: l’ordinamento giuridico delle istituzioni sportive da un lato e la legge dello Stato dall’altro. Nel primo capitolo, dedicato all’ordinamento sportivo, dopo una breve introduzione sulle origine storiche del rapporto fra uomo e sport, viene evidenziata l’importanza del diritto sportivo, complesso delle norme giuridiche inerenti lo sport inteso come attività in cui si esprimono la tensione agonistica e l’assenza di finalità pratiche (ZAULI 1962). Il diritto sportivo è anche l’ambito in cui trovano mediazione le norme di provenienza sportive che ne costituiscono il nucleo originario e quelle di provenienza statuale. In rapporto al problema della “giuridicità delle norme sportive”, viene sottolineata l’importanza dell’ordinamento sportivo internazionale, le cui prescrizioni, considerate ora meramente tecniche ora manifestazioni di autonomia negoziale, costituiscono in realtà un autentico ordinamento giuridico. Tale insieme di regole e convenzioni è declinato poi a livello nazionale da varie Istituzioni, Federazioni o Comitati sportivi (CONI, FSN, Associazioni sportive, Leghe, atleti, ufficiali, agenti sportivi). Il C.O.N.I. (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), in particolare, costituitosi per promuovere lo sport nel territorio italiano e riconosciuto dalla L. 426/1942, è uno degli organi più importanti all’interno dell’ordinamento sportivo. Anche a livello internazionale lo sport non risulta direttamente fra le materie di competenza comunitaria, anche se indirettamente lo sport quale pratica sociale dei cittadini ha legami con la sanità 1 pubblica, l’istruzione, la formazione professionale, la gioventù, l’ambiente, la sicurezza e quindi è oggetto di specifiche politiche di settore. Uno degli ambiti in cui si applica il diritto comunitario è, per esempio, quello della prevenzione e repressione del doping. Nel secondo capitolo viene affrontato il rapporto fra dilettantismo e professionismo. Accanto all’atleta dilettante, che pratica l’agonismo in modo limitato e non percepisce denaro per la propria attività sportiva, finalizzata esclusivamente al gioco, si è sviluppata in epoca moderna anche la figura dell’atleta professionista, che vive della propria attività, pratica l’agonismo in modo illimitato e continuo ed agisce in cambio di retribuzioni. Il nostro ordinamento sportivo tuttora non contempla precise definizioni di atleta professionista e atleta dilettante. L’art. 5 del DPR 157/1986 delega al C.O.N.I. la definizione di questo criterio che attualmente risulta discriminato dalla presenza o meno di una remunerazione legata all’attività sportiva praticata dall’atleta. Le varie federazioni nazionali fissano poi altri criteri, come il tesseramento, l’età, la continuità della pratica sportiva, il rapporto tra indennità e rimborso spese. In Italia, sulla base di questi canoni, sono riconosciuti nell’ambito del professionismo solo sette sport, che comprendono il calcio, il tennis, il golf, il ciclismo, il pugilato, il motociclismo, la pallacanestro. In considerazione della notevole estensione del fenomeno del professionismo di fatto, parte della dottrina e della giurisprudenza ha tentato di individuare una specifica regolamentazione che potesse ovviare alla disparità e varietà di trattamenti. La tesi cerca di appurare se il rapporto di lavoro che si instaura fra l’atleta dilettante e società sportiva possa essere qualificato come un rapporto di lavoro all’interno dell’ordinamento statuale. Nel terzo capitolo viene affrontato il problema della qualificazione giuridica del rapporto che lega gli atleti alla società sportiva. La prestazione sportiva esercitata per conto di una società sarebbe stata prestata a partire da un contratto atipico, non avvicinabile a nessuno di quelli considerati dal Codice e caratterizzato da elementi diversi dalle normali prestazioni d’opera (agonismo, restrizioni, obbligo di iscrizione, peculiarità del rapporto sportivo, diversa causa). Attraverso la confutazione di questi elementi, la tesi passa in rassegna le posizioni della giurisprudenza che ha cercato di evidenziare progressivamente le caratteristiche del contratto sportivo come un contratto oneroso, a prestazioni corrispettive e di scambio, visto che comporta la permuta tra due beni, tra due utilità economiche. 2 Negli ultimi due capitoli viene analizzato il rapporto di lavoro degli sportivi professionisti alla luce della legge 23 marzo 1981 n. 91, inerente il rapporto tra professionisti sportivi e società. La legge ha creato una tutela giuridica per l’atleta professionista riconosciuto come tale ufficialmente dal C.O.N.I.. La giurisprudenza ha inteso così regolarmente due aspetti: da un lato, la natura giuridica della prestazione dell’atleta professionista e la conseguente disciplina del rapporto che lo lega alla società sportiva, dall’altro l’individuazione di una particolare normativa applicabile alle società sportive. La legge 91/1981 ha risolto la questione della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro sportivo disciplinandolo come rapporto di lavoro subordinato e confermando quindi la supremazia dell’ordinamento statuale su quello sportivo. La tesi procede poi con l’analisi dettagliata della legge, sottolineando alcune incongruenze ma dando risalto anche agli importanti enunciati in essa contenuti, quali riconoscimento della libertà nell’esercizio dell’attività sportiva, individuale o collettiva, professionistica o dilettantistica (art. 1). Nell’art. 3, il legislatore qualifica il rapporto intercorrente fra l’atleta e la società, inquadrandolo nell’ambito del lavoro subordinato, punto d’arrivo del dibattito dottrinario e giurisprudenziale del passato. Nel momento in cui si definisce subordinato il rapporto di lavoro degli sportivi professionisti, si può notare come la disciplina legislativa prevista per il contratto di lavoro sportivo sia diversa da quella in vigore per il comune rapporto di lavoro subordinato data la peculiarità della prestazione degli atleti professionisti. Nell’analisi dell’art. 4, si evidenzia la previsione di un “accordo”, ovvero di un contratto tipo a cui devono uniformarsi i contratti individuali tra società e professionisti. La norma dà quindi ampio spazio alla contrattazione collettiva, la cui importanza è dovuta al fatto che il contratto collettivo dovrebbe avere una posizione prioritaria rispetto ai regolamenti federali nella gerarchia delle fonti e quindi dovrebbe giocare un ruolo fondamentale di mediazione tra la disciplina tipica del lavoro subordinato e la disciplina speciale del lavoro sportivo. Un altro articolo molto importante è l’art. 16 che enuncia l’abolizione del vincolo sportivo, espressione massima del postulato della libertà dell’attività sportiva. Come controvalore della perdita del vincolo sportivo, l’art. 6, nel caso di nuovo contratto stipulato dall’atleta, prevedeva la possibilità per le federazioni di obbligare la società titolare del nuovo contratto al versamento a favore di quella precedente, di un’indennità 3 di preparazione e promozione. Una tal indennità era prevista anche per i trasferimenti dei giocatori da un paese all’altro, ma le disposizioni allora vigenti sono cadute sotto la scure della Corte di Giustizia C.E.E. che ha risolto il caso Bosman, perché anch’esse contrastanti con l’art. 48 del Trattato che sancisce la libertà di circolazione delle persone. Infine, avendo la sentenza Bosman eliminato l’indennità di promozione e di trasferimento, si è potuto assistere ad una “liberalizzazione” della posizione degli atleti in scadenza di contratto e conseguentemente del mercato dei trasferimenti. 4