La Voce della Scuola Tiepolo - Istituto Comprensivo Piazza

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La Voce della Scuola Tiepolo - Istituto Comprensivo Piazza
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Annuale della scuola media Tiepolo di Milano - Anno XXIV n. 1 maggio 2015 - distribuzione gratuita
Qui Tiepolo
La magia del teatro
D
urante quest’anno
scolastico molte classi
seconde hanno svolto
un laboratorio teatrale sotto la
guida di due attori professionisti, Daniela Airoldi Bianchi
e Matteo Bonanni. Nella sezione Qui Tiepolo troverete
il racconto di queste esperienze. Leggete cosa ne pensa
un’alunna:
Se qualcuno dovesse chiedervi cos’è per voi il teatro,
tutti risponderebbero: palcoscenico, attori e recitazione.
Ma per me l’idea di teatro è
tutta diversa. In realtà questo
nuovo significato è ciò che ho
scoperto quest’anno grazie
ad un’esperienza fantastica. È
iniziato tutto un lunedì di febbraio, uno di quei giorni in cui
non vedi l’ora che la campa-
nella suoni per aprirti le porte a qualcosa di sconosciuto.
Dopo aver sistemato i banchi
in modo tale da avere più spazio, una signora dalla chioma
rosso fuoco ha bussato alla
porta. Continua a pag. 4
Piccoli
Critici
A p. 30 le nostre recensioni ad
alcuni libri letti durante l’anno.
Attualità
Eclissi, Expo e molto altro da
p. 19.
L'attrice teatrale e cinematografica Giulia Lazzarini saluta la 2ª I alla fine della rappresentazione della Vita di Galileo al Teatro Officina di Milano
Noi
tra
passato
e futuro
In viaggio
con…
lo zaino
Da p. 21 parliamo di adolescenza, passioni e di cosa ci
aspettiamo dal futuro.
L
a rubrica dedicata ai
viaggi, scolastici e non,
fatti dai nostri alunni.
Nella foto la 3ª L in gita a…
indovinate! da p. 8
Creativ@
mente
Equivoci… infernali
Finestra sul mondo
Una coppia di giovani sposi decide di trascorrere due
settimane di luna di miele ai
Caraibi ma, per problemi di
lavoro, la moglie non può accompagnare subito lo sposo:
lo avrebbe raggiunto alcuni
giorni dopo. Sull’aereo diretto ai Caraibi Freddy, questo
è il nome del protagonista,
conosce una giovane vedova
che, sospirando, ricorda suo
marito Freddy, morto in un
incidente stradale... Continua
a p. 25
Articoli in inglese, francese, tedesco e spagnolo.
Our school trip to Munich
Wednesday, 15th April 2015
6.30: 53 sleepy faces wave their
parents: ready to go…
6.31-5.30 p.m.: during the
9-hours-journey, we stop in Innsbruck, Austria, where we have
lunch and visit this lovely ancient
city. It takes its name from the riv-
er Inn, indeed ‘bruck’ in German
means bridge, so its name means
“bridge over the river Inn”. We
also see some beautiful baroque
houses and the Goldenes Dachl,
the golden roof, Innsbruck’s landmark. We stay here for about two
hours, and then we leave to get to
Munich. Continua a p. 12
INSERTO
STRATIEPOLO
Con i loghi, le foto e i temi
vincitori dell’edizione 2015
2
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
01/
Qui
Tiepolo
Conversazione in francese con la prof. Pennasilico
La prof. Bianchi presenta il tedesco con la LIM
La vendita delle Pigotte
Il nostro Open day
L
a giornata dell’Open
day è un’occasione per
i ragazzi delle quinte
elementari di visitare la nostra
scuola e, per noi delle medie,
è un modo per preparare attività e lavori con gli insegnanti
allo scopo di mostrare come si
studia e si lavora nella nostra
scuola.
sone meno fortunate di noi:
quest’anno abbiamo pensato
ai bambini di Haiti.
Inoltre siamo soliti allestire
un banchetto benefico in cui
raccogliamo offerte per le per-
Benvenuti quindi ai nostri futuri compagni!
Il banchetto Noi per Haiti coordinato dalle proff. Cristiano e Merzoni
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
3
Mate in Italy
L’affascinante mondo della matematica
L
o
scorso
ottobre,
la classe 2ª F si è
recata alla mostra
“MATEINITALY”, allestita
presso la Triennale di Milano.
La mostra è interamente
dedicata alla matematica, ai
diversi contesti in cui essa
viene applicata, alla sua storia
nei secoli ed alla matematica
più astratta.
Sin dall’antichità, l’uomo
ha infatti avuto la necessità
di misurare lunghezze e
quantità. La mostra dedica
una sezione alla matematica
delle civiltà greca e araba, fino
ad arrivare ai primi calcolatori,
antenati dei computer.
Alcune sale sono dedicate
alla cartografia, con il
mappamondo di Fra Mauro
che riproduce le terre
conosciute
prima
della
scoperta dell’America. Sino
all’Ottocento i cartografi
hanno rappresentato il mondo
ridotto ad una superficie
piatta: solo successivamente
il matematico tedesco Gauss
dimostrò che non è possibile
riprodurre fedelmente il
mondo sferico su un piano.
Un’altra sala è dedicata al
moto dei pianeti del sistema
solare e illustra sia la teoria
geocentrica di Tolomeo
ed Aristotele, che quella
eliocentrica dello scienziato
polacco del Cinquecento,
Niccolò Copernico. Abbiamo
potuto osservare due video; il
primo mostrava i vari pianeti
e il Sole nella loro rotazione
intorno alla Terra, secondo
la teoria tolemaica, l’altro
A
vreste mai sospettato
che ogni aspetto della
nostra vita ha un suo
lato matematico? Con lamatematica non solo possiamo fare
previsioni
meteorologiche
o disegnare prototipi industriali, ma anche quantificare
gli effetti dei comportamenti
umani in un gruppo sociale o
decifrare la forma biochimica
delle nostre emozioni.
È questo che racconta al pubblico la mostra MateinItaly:
in che modo le forme e i numeri della matematica
ci aiutano a comprendere e
interpretare sempre meglio il
mondo intorno a noi.
Venerdì 10 ottobre 2014 siamo andati, con la nostra classe
e con le professoresse Casero e
Sidoti, a vedere la mostra MateinItaly. Durante la visita siamo stati accompagnati da una
guida che ci ha spiegato attraverso i giochi interattivi come
viene applicata la matematica
nel mondo.
la rotazione dei pianeti
(compresa la Terra) intorno
al Sole, secondo quella
copernicana.
Una terza sala è dedicata
alla prospettiva con la
riproduzione del dipinto Città
Ideale di Giorgio Martini.
Il dipinto è proiettato su
uno schermo che cambia la
prospettiva
dell’immagine
riprodotta,
a
seconda
della posizione assunta dal
visitatore.
L’ultima parte della mostra
è dedicata non più alla
matematica applicata, bensì
alla matematica pura e lì ci
è stato spiegato il concetto
di infinito e mostrato un
modello matematico.
Sono inoltre esposte diverse
forme geometriche che non
esistono in natura, dalle forme
straordinarie.
In particolare, una parte della
sezione dedicata alla storia
della matematica è destinata
ad alcuni matematici italiani,
tra i quali Leonardo Fibonacci
e Nicolò Tartaglia.
Fibonacci fu un matematico
toscano del 1200, conosciuto
nel mondo della matematica
soprattutto
per
aver
introdotto in Europa i numeri
arabi, o meglio indiani (le nove
cifre dall’1 al 9, oltre allo 0
aggiunto dagli arabi), quando
ancora nel nostro continente
erano usati i numeri romani.
Egli è inoltre noto per la
sequenza di numeri, detta
appunto
di
Fibonacci,
Ad esempio vi vengono spiegate alcune regole matematiche atrraverso curiosità e giochi interattivi.
La prospettiva Un primo
esempio lo abbiamo avuto a
partire da un quadro rinascimentale, raffigurante la visione attraverso un portico di
alcune barche in lontananza.
È stato interessante notare come, spostandosi in una
precisa area delimitata sul pavimento, la prospettiva cambiava: si aveva infatti l’impressione di essere dentro nel
quadro. Questo ci ha fatto capire che dietro ad una cosa che
sembra semplice e comune,
come un disegno, si nascondono un’infinità di calcoli
matematici.
Contare a colpo d’occhio: i
numeri nel cervello L’esperimento successivo dimostra
che è possibile contare a colpo
d’occhio, cioè senza pensarci,
solo con numeri inferiori a 4,
perché con numeri superiori
composta da numeri positivi
interi in cui ogni numero
è la somma dei due numeri
precedenti. La sequenza
può essere rappresentata
con una spirale, di cui è
presente
un’illustrazione
alla mostra, e viene utilizzata
anche in diverse costruzioni
architettoniche.
Abbiamo avuto anche modo
di conoscere le caratteristiche
del famoso nastro di Moebius,
che ha rappresentato una
svolta per la matematica. Si
tratta di una strisciolina di
carta larga qualche centimetro,
incollata alle estremità, a cui
viene dato un mezzo giro
di torsione. È una figura
straordinaria del mondo
matematico, che permette
moltissime applicazioni. Il
nastro ha interessato non
soltanto la matematica: prima
utilizzato come semplice
gioco, ha coinvolto nel tempo
maghi, artisti e scienziati. Le
superfici ordinarie, come ad
esempio il cilindro, hanno
sempre due facce (lato
superiore e inferiore oppure
interno ed esterno), per cui è
sempre possibile percorrere
uno dei due lati senza mai
raggiungere il secondo, se non
attraverso il bordo: nel nastro
di Moebius, invece, ciò non
accade. Se seguiamo con un
dito la superficie dell’anello,
scopriamo che torniamo
al punto di partenza senza
mai staccare il dito; inoltre
si può colorare tutta la sua
superficie partendo da un
qualsiasi punto senza mai
attraversare il bordo, cosa che
la nostra mente fatica a memorizzare in modo sufficientemente rapido. Il gioco consiste nel contare delle palline
rosse che appaiono sullo
schermo solo per una frazione
di secondo. Alcuni nostri
compagni ci hanno provato,
ma pochi sono riusciti a indicare il numero giusto: la guida, infatti, ci ha mostrato una
statistica sul numero di persone che ci sono riuscite ed era
evidente come, per i numeri
superiori al quattro, il successo
è veramente raro.
Nella storia dell’uomo il concetto di numero naturale si è
formato con lentezza, come
attestano gli studi sulle popolazioni primitive. Per loro non
esistevano neppure i nomi per
indicare i numeri oltre il tre;
dopo, si diceva semplicemente
“molti”. Era una percezione
immediata della quantità, distinta dalla capacità di contare. Miniature e ingrandimenti
Grazie ai modelli in scala, si
dovremmo fare, ad esempio,
per il cilindro. Questo perché
l’anello di Moebius non ha
due facce, una superiore ed
una inferiore, bensì una sola
superficie con un solo lato
ed un solo bordo. Se delle
formiche percorressero tutto
l’anello, si ritroverebbero allo
stesso punto di partenza, senza
fare salti, come avverrebbe in
un normale cilindro. Esse non
camminano su lati opposti,
come potrebbe sembrare, al
contrario proseguono una
dietro l’altra in fila sull’unica
faccia del nastro.
vasta branca della matematica
che studia la proprietà delle
figure che non si alterano
quando sono sottoposte a
deformazione.
Sara Goldstein e
Sara Jo Agostino, 2ª F
Il
“pittore-matematico”
Mauritius Cornelius Escher
ha mostrato molto interesse
per il nastro di Moebius ed
ha utilizzato questa forma in
molte sue opere: la più famosa
è proprio un anello di Moebius
percorso dalle formiche.
Anche il matematico Benedict
Listing si è ispirato al nastro
inventando la topologia,
chiamata anche “geometria del
foglio di gomma”. Essa è una
possono studiare e risolvere
enigmi di architettura. Sono
stati creati per studiare al dettaglio i minimi particolari di
strutture comuni come palazzi ed edifici. Ma fare un modellino può essere anche un
piacevole svago o gioco.
Strutture (in)visibili
Molte forme geometriche e
caratteri matematici si ispirano alla natura, per esempio il
nautilus è il primo fossile esistente e ad esso si ispira Fibonacci. Sì, perché Fibonacci ha
inventato la spirale logaritmica ispirata, appunto, al fossile
primitivo.
La sua teoria sostiene che
ogni termine è dato dalla
somma dei due precedenti:
0,1,1,2,3,5,8,13… La sua scoperta risale al 1202.
Galileo Galilei, invece, nasce
nel 1564 a Pisa e, una volta
cresciuto, diventa professore a
Padova: è stato fisico, filosofo,
astronomo e matematico. Egli
ebbe un ruolo importante nel-
la rivoluzione astronomica,
dimostrando inequivocabilmente la teoria di Copernico;
accusato di eresia, fu processato e condannato, ma alla fine
la teoria eliocentrica si rivelò
giusta. Alla mostra abbiamo
potuto vedere come, cambiando il sistema di riferimento, cambia la descrizione del
moto apparente dei pianeti:
toccando il Sole o uno dei pianeti, era possibile vedere il resto del sistema solare come se
ci si trovasse appunto sul Sole
o sul pianeta prescelto.
Serena Girotti,
Angelica Bracchetti,
Costanza Franchini
e Greta Rossi Galante,
2ª F
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LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Si va in scena - La magia del teatro
La vita di Galileo della 2ª I
D
urante l’anno scolastico abbiamo fatto
una suggestiva esperienza di Laboratorio Teatrale. Con la guida dell’attrice
professionista Daniela Airoldi
Bianchi e della nostra insegnante di lettere, prof. Camaldo, dopo alcuni esercizi di
avviamento alla recitazione,
abbiamo scelto un testo piuttosto impegnativo: La vita di
Galileo di Bertolt Brecht, dato
che studiamo tedesco come
seconda lingua.
In 10 lezioni di due ore ciascuna, a scuola, tutti noi, a rotazione, abbiamo interpretato le
parti delle scene selezionate,
per poi allestire il nucleo concettuale del complesso testo
brechtiano che illustra le fasi
principali della vicenda dello
scienziato: Galileo, a Padova,
insegna matematica presso
l’Università, e compie i suoi
studi di astronomia a sostegno
della teoria copernicana e contro il sistema tolemaico-aristotelico. Realizza un cannocchiale e individua nuove prove
a favore della tesi copernicana,
ma le sue teorie vengono condannate dal Tribunale della
Santa Inquisizione di Roma,
poiché ritenute blasfeme sulla
base dell’autorità della Sacra
Scrittura, perché non lasciano
la Terra al centro dell’universo. Costretto a subire un processo, rinnega le sue scoperte,
per poter continuare i suoi
studi, anche se viene ridotto al
silenzio e obbligato a riconoscere l’autorità della Chiesa,
che allora non aveva compreso
il progresso della scienza.
I personaggi, in alcuni casi,
sono stati suddivisi tra più “attori” così da caratterizzarli in
modo differente, ma utilizzando alcuni “trucchi di scena”;
inoltre, abbiamo ricreato scene e ambientazioni attraverso
i movimenti. Alcuni di noi
hanno costruito il planisfero,
altri hanno aiutato con i co-
stumi, altri hanno impaginato
e stampato il programma di
sala. Abbiamo anche scritto
un metatesto, riflettendo su
spunti proposti dal testo, ma
ancor oggi attuali, come il rapporto tra scienza e tecnologia,
o tra maestro e allievo, e in
particolare sul senso di essere
un eroe.
La 2ª I
Continua dalla prima pagina..
nizialmente ero agitatissima, perché le mie aspettative erano molto alte,
ma dopo quell’incontro lo
ero ancora di più perché un
nuovo mondo si era aperto
davanti a me. Appena abbiamo iniziato a parlare ho capito che, grazie al teatro, sarei
cambiata interiormente. Ma
c’è una cosa che più di tutte
mi ha affascinata: quanto il
teatro abbia emozionato Daniela, la nostra insegnante. Si,
perché ogni volta che parlava
era come se stesse rivivendo
un passato che ha tanto amato
e che ancora oggi ama. Ma naturalmente non ci siamo limitati a parlare: subito abbiamo
iniziato a esercitarci e a eseguire alcuni esercizi preparatori
utili per lo spettacolo. Quello
che ho ritenuto più divertente
è stato quello del samurai, un
modo efficace per insegnarci a
non cercare di essere per forza noi il leader della situazione, ma saper lasciare il posto
a qualcun altro. E poi ancora
ecco la parte più emozionante
di tutte: la nostra prima lettura della La vita di Galileo di
Bertolt Brecht, che è l’opera
abbiamo deciso di mettere
in scena. Dopo alcune prove
in cui abbiamo interpretato
a rotazione i vari personaggi
siamo arrivati all’assegnazione
delle parti. Quando siamo andati in scena davanti ai genitori e amici al Teatro Officina
eravamo molto agitati. È stato
I
molto bello incoraggiarci e
aiutarci fra noi anche quando
eravamo in quinta, per esempio, per entrare in scena al momento giusto e con gli oggetti
previsti. Tra di noi si è creata
una grande complicità e una
più salda amicizia.
Allo spettacolo abbiamo anche avuto l’onore della presenza di una grande attrice
teatrale, Giulia Lazzarini - zia
del nostro compagno Alberto
- , che fra le tante sue interpretazioni al Piccolo Teatro è
stata anche la figlia di Galileo
nel testo brechtiano. Alla fine
è salita sul palco con noi e ci
ha fatto i complimenti, emozionandoci molto!
sta è la cosa bella di essere se
stessi.
Edoardo Carella
si, non solo nel teatro ma anche nella vita reale.
Francesca Casiraghi
Per capire veramente cos’è il
teatro bisogna provarlo in prima persona, stando su un palcoscenico.
All’inizio di questa avventura,
non mi sarei mai aspettato di
arrivare dove sono ora.
Matteo Valtolina
L’arte del teatro apre la mente.
Dà la possibilità di conoscere
meglio se stessi e di capire e
aumentare le proprie conoscenze.
Eleonora Frabasile
Camilla Petrillo, 2ª I
Attraverso l’interpretazione
di un personaggio, ci si prepara ad affrontare dei momenti
della vita difficili, perché immedesimandosi in una parte si
possono affrontare situazioni
che magari potrebbero accaderci in un futuro.
Andrea De Curtis
Alcune
impressioni
della 2ª I sull’esperienza del teatro in classe
Appena si pensa al teatro, la
prima idea che ci viene in mente è che esso consista nell’imitare al meglio un personaggio
estraneo, ma la vera sfida è fare
davvero proprie le caratteristiche del personaggio.
Matteo Mainetti
L’esperienza di un laboratorio teatrale ci ha unito di più
come classe. Per esempio, alla
prova generale e alla fine della
propria scena, tutti si congratulavano o si aiutavano a sistemare i costumi.
Rekha Cheriyan
Daniela mi ha insegnato molte cose: una di queste che mi
rimarrà sempre impressa è che
non bisogna mai sottovalutar-
Recitare è come essere in
un’altra dimensione in cui si
possono rivivere anche fatti
storici, come nel nostro caso
con Galileo Galilei.
Pietro Bassani
È stata un’esperienza divertente che mi ha insegnato ad
accettare meglio le cose come
stanno e, anche se non benissimo, anche a recitare.
Francesco Fossati
Durante queste lezioni abbiamo imparato a non considerare i giudizi degli altri, ma a
credere in noi stessi.
Matteo Mariano
Questa esperienza è stata
come un film diviso in puntate: e non siamo ancora arrivati
all’ultima scena.
Alberto Puliga
Per interpretare il mio personaggio, Mazzoni, ho dovuto
scavare a fondo dentro di me
per comprendere meglio la
parte che mi è stata assegnata.
Per me il teatro è un esplosione di emozioni perché un attore anche in una sola scena
deve mostrare una vasta gamma di sentimenti: per esempio
nella mia scena convivono la
gioia per la notizia che Galileo
non ha rinnegato le sue idee e
subito dopo la delusione per la
notizia dell’abiura. In un’età
in cui conta molto il giudizio
degli altri, Daniela mi ha aiutato a capire che ognuno ha i
suoi difetti e i suoi pregi e que-
Il Piccolo Principe in 2ª B
S
ono ormai pochi i giorni che ci separano dalla
rappresentazione teatrale del Piccolo Principe messa
in cena dalla piccola ma unita
“compagnia” della 2ª B. Ma
non sarà solo lo spettacolo finale a permetterci di giudicare
quanto abbiamo fatto in questi tre mesi: le lezioni, infatti,
pur essendo inframmezzate
dalle classiche chiacchiere e da
numerosi vuoti di memoria,
sono sempre state produttive,
grazie alla professionalità di
Matteo Bonanni e all’attenta
supervisione della prof Torri,
ma anche per la passione e la
voglia di mettersi in gioco di
noi alunni.
Matteo ha sapientemente
sviluppato una narrazione
complessa, ma fruibile da
tutti, sfornando un copione
inedito, ispirato alla magica
storia del Piccolo Principe. La
celeberrima storia di Antoine
de Saint-Exupery non è stata
cambiata in modo radicale,
ma ha mantenuto il suo sen-
so poetico e gli innumerevoli
personaggi che il Piccolo Principe trova sulla sua strada che
si possono osservare da diversi
punti di vista e angolazioni,
sia attraverso gli occhi di un
bambino, sia attraverso quelli
di adulto maturo. Ma il rigore del nostro regista non si è
limitato a copiare i testi dello
scrittore francese, ha invece
preso la sua prosa per poi interpretarla in un modo più
moderno, rendendola di gran
lunga più accattivante agli
occhi di noi adolescenti di seconda media.
Per far entrare lo spettatore
nell’anima dello spettacolo,
però, non basta solo il copione, ma occorrono anche i costumi, le scenografie a tanta,
tanta memoria, anche e soprattutto per le posture che
ogni personaggio deve adottare. Le scenografie, pur essendo
realizzate con i semplici mezzi
a nostra disposizione, sono
rese vive da noi attori che
componiamo scene interpre-
tando di volta in volta bizzarri
lampioni, un affollato stormo
di uccelli o un gruppo di pendolari in attesa alla stazione.
Vi aspettiamo in tanti il 7
maggio nel teatro San Giuseppe, sperando caldamente
che l’esperienza sia di vostro
gradimento. E, come si è soliti
dire in situazione di tensione pre-spettacolo, in cambio
chiediamo un semplice, ma
forte: “In bocca al lupo!”.
Niccolò Rapetti, 2ª B
LA VOCE DELLA SCUOLA
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Otello: Cosa può nascere da una tragedia
C
osa può esserci di meglio per rafforzare i
rapporti fra compagni, abbattere timidezze e
insicurezze, e contemporaneamente migliorare l’esposizione orale, se non esibirsi come
attori su un vero palcoscenico,
magari cimentandosi con una
tragedia come l’Otello di Shakespeare?
Proprio a questo scopo le nostre prof. di Lettere ci hanno
proposto un’esperienza per
noi nuova come quella del laboratorio teatrale. Inizialmente non tutti avevamo la stessa voglia di recitare, portare
avanti il lavoro fino a conclu-
derlo con tanto di spettacolo
di fronte a un pubblico, ma
col passare del tempo il regista Matteo, assieme alle prof.,
è riuscito ad appassionarci e
a renderci partecipi tutti allo
stesso modo.
Essendo Otello una tragedia
piuttosto difficile da rappresentare, ci è stata proposta dal
regista una versione del copione tagliata, adattata e semplificata apposta per noi, senza
perdere per questo i passaggi
fondamentali della vicenda.
La tragedia, scritta da Shakespeare nei primi del Seicento,
narra la vicenda del generale
moro Otello e del suo amore
verso Desdemona, ostacolato dal desiderio di vendetta
dell’infido Jago, geloso per
non essere stato nominato luogotenente. La vicenda si svolge principalmente a Cipro,
dove il generale è inviato per
combattere contro i Turchi.
Lì lo ha accompagnato la giovane moglie Desdemona, che
viene usata da Jago per portare
alla follia Otello, facendogli
credere che sia vittima di un
tradimento. La trama viene
ben ordita da Jago: il fazzoletto, primo pegno d’amore del
Moro alla giovane moglie, viene trovato nelle mani del luogotenente Cassio, il quale era
anche stato sorpreso più volte
a parlare con Desdemona; tutto ciò viene sfruttato da Jago
per indurre Otello a uccidere
sua moglie e, quando gli viene
rivelato il coinvolgimento di
Cassio, a tentare di eliminare anche lui, arrivando infine
all’estremo gesto del suicidio.
Il laboratorio ci ha insegnato
molto, facendoci scoprire capacità che neanche noi pensavamo di avere. Abbiamo
imparato i “tempi” della recitazione e a capirci con uno
sguardo. Ci aspettavamo qualcosa di molto più complicato
e noioso, invece, nonostante
quel poco di fatica necessaria
Andreuccio da
Perugia :
Mercante sfortunato o giovane
ingenuo?
A
ndreuccio è un giovane mercante che da
Perugia si reca a Napoli a comprare cavalli, ma
essendo un sempliciotto e un
ingenuo dovrà maturare attraverso una serie di disavventure
che gli capiteranno durante la
sua permanenza a Napoli. La
novella è a lieto fine perché,
nonostante le brutte esperienze fatte, grazie alla sua intelligenza Andreuccio alla fine
otterrà il successo e riuscirà a
diventare uomo, a recuperare i
soldi persi e perfino a guadagnarci.
Il testo affronta temi popolari sempre attuali come la
Fortuna, il Caso, il passaggio
anche traumatico dei giovani
da un’età ingenua ad una più
consapevole. Nel racconto il
personaggio di Andreuccio
può rappresentare ognuno di
noi. Come lui cade in inganno ed è succube di ingiustizie
e truffe, altrettanto potremmo ritrovarci anche noi nelle stesse situazioni. Infatti è
proprio la Fortuna, o il Caso,
l’elemento motore di tutta
quanta la storia. Andreuccio,
infatti, sembra preda della
Sfortuna perché, non usando
l’astuzia, sarà ingannato più
volte nel corso della vicenda e
soltanto alla fine, ormai diventato consapevole, saprà riscattarsi. Ma anche noi possiamo
essere capaci di riprenderci
dalle situazioni in cui ci troviamo usando l’intelligenza,
proprio come Andreuccio.
È proprio questo che la 2ª D
vuole rappresentare attraverso il suo spettacolo teatrale:
la Fortuna o la Sfortuna sono
soltanto dei nomi che attribu-
iamo ai momenti di difficoltà
che non vogliamo affrontare;
tutto, anche il Caso, può essere utilizzato a nostro favore. In
fondo il gusto della vita è anche questo: trarre il positivo di
una situazione a proprio vantaggio, essendo astuti e caparbi, due qualità che a Boccaccio
stanno molto a cuore.
Il lavoro fatto in classe per
preparare lo spettacolo è stato
formativo e divertente. La rappresentazione si svolge senza
dei veri e propri protagonisti
con ruoli fissi, ma il racconto
della novella è affidato a personaggi popolari raffiguranti
le differenti categorie sociali
dell’epoca. La scenografia è
molto essenziale, quasi nessun
oggetto in scena, tutto l’effetto è ottenuto dalla (nostra!)
buona recitazione in volgare
fiorentino. Per far assaporare
al pubblico l’atmosfera popolaresca della Napoli del tempo,
lo spettacolo è accompagnato
da canzoni dal vivo come A
città ‘e Pulecenella e Tarantella e ogni tanto spunta anche
qualche assolo di violino!
Realizzare questo spettacolo,
sotto la guida del regista e attore Matteo Bonanni, è stata
un’esperienza che alla nostra
classe ha fatto molto bene,
non solo perché ci ha fatto stare insieme al di fuori dei soliti
momenti di lezione, ma anche
perché per svolgerla correttamente bisogna ascoltare gli
altri e quindi aprirsi alle opinioni altrui.
Giacomo Brini, Gardenal
Kalkidan, Lorenzo Leani,
2ª D
la locandina dello spettacolo realizzata da Cecilia Capone, 2ª D
allo studio mnemonico delle parti, è stata un’esperienza
divertente, coinvolgente e
istruttiva.
Alessandro Corso,
Luigi Lorenzoni e
Leonardo Rilasciati, 2ª L
LA VOCE DELLA SCUOLA
6
T I E P O L O
Intervista alla compagnia del
Don Chisciotte
A
lle ore 12 di un martedì mattina ci rechiamo
puntuali in 2ª C per la
nostra intervista e troviamo i ragazzi intenti negli esercizi preliminari per rilassare i muscoli e
trovare la giusta postura di recitazione, sotto la guida di Matteo, un giovane attore diplomato alla prestigiosa scuola d’arte
drammatica “Paolo Grassi”. Lo
spettacolo che stanno allestendo è il Don Chisciotte, tratto dal
famoso romanzo cavalleresco di
Miguel de Cervantes letto dai
ragazzi durante le vacanze estive. Subito iniziano le prove della
varie scene: Matteo interviene
spesso per spiegare i movimenti,
i gesti, la tonalità della voce, e le
scene vengono ripetute più volte finché tutto è perfetto. Matteo è bravo, coinvolgente, trova
sempre il modo di far ridere gli
allievi e di “svegliarli” quando
sembrano “addormentati”. Si
capisce subito che alcuni ragazzi
si trovano a proprio agio nel recitare, mentre altri sono timidi e
impacciati, ma sentiamo direttamente da alcuni di loro cosa
pensano di questa esperienza.
Stefano: “Non avrei mai pensato che a scuola si potesse fare teatro. All’inizio credevo che sarebbe stato noioso, ma quando
abbiamo iniziato questa attività
mi sono reso conto che recitare è molto divertente. Quando
hanno assegnato le parti, sono
stato molto felice di avere quella di uno dei Don Chisciotte:
infatti ogni personaggio viene
interpretato da più attori. Però
all’inizio quando ripetevo la
mia parte a casa davanti allo
specchio non facevo neanche
un errore, invece in classe a volte
dimenticavo le parole”.
Meri: “La recitazione mi diverte molto, vorrei diventare
un’attrice. All’inizio mi era stata assegnata la parte del curato,
ma per me era davvero molto
breve, perciò l’ho cambiata con
quella di un mio compagno che
pensava che la sua fosse troppo
lunga. Così ora ho una nuova,
lunga, e favolosa parte: sono un
Sancho Panza! Forse a voi non
sembrerà così eccitante la parte
di un pigrone, ciccione affamato, anche perché sono una femmina, ma io credo invece che sia
ancor più bello immedesimarsi
in un personaggio totalmente
diverso da sé!
Viola: “Sono il Cavaliere della
Bianca Luna; durante le prove,
mentre mi muovo e ripeto le
frasi imparate a memoria, mi
sento libera, libera di lasciarmi
andare, libera di potermi esprimere con emozioni talvolta
esagerate, libera di mostrare agli
altri quella che sono attraverso
quello che non sono”.
Caroline: “Io interpreto il
quinto Don Chisciotte: sono
molto contenta della mia parte,
anche se è un po’ imbarazzante:
devo essere follemente innamorato, tanto da sembrare quasi
istupidita quando nella contemplazione di una immagina-
ria Dulcinea”.
Alice: “Durante le prime lezioni temevo di morire per la
vergogna, poi l’ho almeno in
parte superata. Quando hanno
assegnato le parti ho chiesto di
recitare poche battute e sono
stata accontentata: ma non credo che quello dell’attrice sia il
mio futuro…”.
Ginevra: “Quella del teatro è
un’esperienza bellissima, un
modo divertente di aprire la
mente insieme ai compagni,
aiutando a scacciar via la timidezza e a mettersi in gioco”.
Federica: “Interpreto Antonia,
e sono io che faccio partire la
storia: devo “rompere il ghiaccio” insomma, e per questo so di
avere una parte importante, anche se ho paura di dimenticarmi le parole, di inciampare sul
palco o disastri del genere: per
fortuna ho solo poche battute,
ma…ho paura!”.
Lucia: “Interpreto il sesto
Don Chisciotte e sono stata molto felice quando mi è
stata assegnata questa parte
importante, anche se speravo
in una parte femminile che mi
avrebbe aiutato a calarmi meglio nel personaggio. Però l’esperienza teatrale mi è piaciuta
molto, mi sento elettrizzata, ma
anche un po’ intimidita dal fatto che salirò sul palcoscenico a
recitare e che avrò una scena tutta per me”.
R
Con la collaborazione
delle proff. Borghi, Ucussich
e Voltolina.
Costumi di Alessandro Di
Miceli
Quest’anno la nostra classe ha
seguito laboratorio teatrale sotto la guida di un vero regista,
che ci ha introdotto il lavoro
spiegandoci che recitare è come
giocare (infatti in inglese si dice
to play), ci ha raccontato la storia che avremmo messo in scena
e infine ci ha fatto fare alcuni
esercizi preparatori: in scena infatti bisogna assumere una posizione neutra, con le ginocchia
leggermente piegate, la schiena
dritta ma non rigida e la testa
alta; inoltre ci ha insegnato un
piccolo trucco molto utile, cioè
di associare al personaggio asse-
Dopodiché ci sono state assegnate le parti del testo di Shakespeare e abbiamo cominciato
a provare: la fase di montaggio,
vale a dire la prova iniziale durante la quale il regista spiega
i movimenti e fa lavorare sui
personaggi, è stata lunga e faticosa, ma anche divertente. Per
alcuni è ci è voluto più tempo
per entrare nei personaggi, ma
piano piano ci siamo riusciti
tutti. I due problemi più grossi
sono consistiti nel mantenere
costante l’attenzione e soprattutto nell’imparare le parti: la
verità è che la maggior parte di
noi non è riuscita a fare quello
che aveva raccomandato il regista, cioè studiare il copione per
10-15 minuti ogni sera, perché
i ragazzi di oggi, si sa, hanno
molte distrazioni. Ma per fortuna siamo una classe unita, e
Martina: “Mi piace molto la
mia parte di governante, che è
molto presente ma non deve
dire molte battute. Matteo è
Giorgia: “Chi l’avrebbe mai
detto che la nostra professoressa
ci avrebbe fatto fare un laboratorio teatrale per 20 ore, al posto di grammatica e geografia?
All’inizio ho pensato solo a
quanto sarebbe stato bello non
fare le solite lezioni, poi ho capito che quest’attività mi avrebbe
insegnato molte cose, come a
superare la timidezza, a relazionarmi meglio con i compagni,
a non scoraggiarmi quando
sbaglio. Ora durante le prove ci
chiediamo come faremo a recitare davanti ai nostri genitori e
a non emozionarci, ma secondo
me una volta sul palco lo spettacolo verrà benissimo”.
Bravi ragazzi: sarà sicuramente
così! E a noi non resta che andare a vedere lo spettacolo.
La 2ª C
Alice nei Cantieri
del Novecento
Il sogno di una notte di mezza estate
gnato un carattere, un animale o
qualcosa di familiare, e lavorare
a partire da questo.
Andrea: “Sono uno dei Sancho
Panza, e sono contento della
mia parte: ho dovuto lavorare
soprattutto sulla postura, che è
molto importante. Non mi sento ancora pronto a salire sul palco ed a recitare davanti a tante
persone eppure, anche se sembra un controsenso, non vedo
l’ora di farlo!”.
molto bravo a spiegare le scene,
anche se è molto esigente e ci fa
fare movimenti difficili e complessi”.
Don Chisciotte si arrende al Cavaliere della Luna Bianca
La 2ª F presenta:
egia di Matteo Bonanni
Maria: “Il teatro, che esperienza
fantastica! Interpreto il narratore e la seconda Antonia: all’inizio ero un po’ perplessa, poi ho
capito che il ruolo del narratore
è molto importante, soprattutto quando deve dare il via allo
spettacolo. Ho dovuto ripetere
moltissime volte la mia parte
per migliorarla, ed ero una delle prime a doverlo fare, così mi
vergognavo molto davanti ai
compagni, ma alla fine ho capito che non importa quello che
pensano gli altri”.
quelli che sapevano meglio la
parte hanno aiutato quelli che la
sapevano peggio. Nel frattempo
sono stati creati i costumi e finalmente abbiamo affrontato
la “prova all’italiana”, cioè una
prova integrale della commedia
senza interruzioni. C’è ancora
qualcosa su cui lavorare, ma per
lo spettacolo siamo sicuri che ce
la faremo.
Edoardo Barboni e
Alessandro Di Miceli, 2ª F
A
chi non piacerebbe
ripercorrere la storia
di Alice nel Paese delle Meraviglie attraverso opere
di artisti del Novecento? È
quello che propone la mostra
“I cantieri del ‘900 ” allestita a
Palazzo Beltrami, edificio che
originariamente ospitava una
banca, ma che ora conserva
preziose opere d’arte. Il percorso era appunto basato sulla
storia narrata da Lewis Carroll
ed erano quindi state scelte
opere che potessero rappresentare le stravaganti vicende
di Alice.
Il viaggio nel mondo delle
meraviglie è stato aperto da
un quadro di Boccioni, Campagna con alberi e ruscello che
raffigurava il paesaggio in cui,
secondo il racconto, Alice iniziava la sua avventura. Il quadro appartiene al periodo figurativo dell’artista (infatti le
forme sono ben riconoscibili)
che per un periodo fu divisio-
nista, cioè giocava sui colori
e sulla luce, e nel 1910 diede
inizio al futurismo.
Alice incontra poi il buffo
Brucaliffo, rappresentato da
Pino Pascali con il suo Baco da
Setola formato da sedici scovoli di setola. In questo periodo artistico, detto informale,
si utilizzavano infatti materiali
di vita quotidiana e si dava loro
una nuova vita rendendoli irriconoscibili. Successivamente
ci è apparso lo Stregatto, di cui
Mauro Straccioci rappresentava solo il largo sorriso, una
mezzaluna di ferro e cemento che giocava sull’equilibrio
dell’opera. Superando altri
personaggi, siamo arrivati alla
Corte della Regina di Cuori,
rappresentata da Enrico Baj
con un collage di stoffe intitolato Buste de femme au cheapeau: ispirandosi a Picasso, Baj
rappresentava così i militari e
le loro dame, per criticarli deformandoli. Abbiamo infine
LA VOCE DELLA SCUOLA
7
T I E P O L O
concluso la nostra visita con
Michelangelo Pistoletto e la
sua La ragazza che cammina,
che rappresentava Alice attraverso lo specchio, la continuazione di Alice nel paese delle
meraviglie. Questa opera era
costituita da uno specchio che
rappresentava un’immagine di
una donna che dava le spalle
agli osservatori, ma sembrava
li guardasse riflessi a loro volta
nello specchio. Abbiamo con-
cluso con quest’opera perché
la storia di Alice è un riflesso
della realtà attraverso la fantasia. Questa uscita è stata molto
interessante e ci ha consentito
di apprezzare un grande classico in maniera diversa e decisamente inaspettata.
Isabella Ferrara,
Livia Pantarotto,
Alessandra Turchio
Alessandra Zanzi, 1ª L
Scacco matto!
H
o imparato a giocare
a scacchi con mio zio
quando avevo sette anni, ma non avevo molte
occasioni di giocare con altri
finché non ha imparato anche
mio fratello, un po’ da solo
e un po’ giocando con i suoi
compagni di scuola: ora però
è diventato piuttosto bravo e
spesso riesce persino a battermi.
Invece Alice ho cominciato a
otto anni, grazie al suo imbattibile nonno, che adesso non
c’è più ma le ha lasciato questa
grande passione in eredità.
Abbiamo ripreso a giocare,
questa volta insieme, grazie
al prof. Curtarelli, e a febbraio siamo andate al Castello
Sforzesco con altri due ragazzi
della scuola per un torneo regionale: infatti dal 2012 l’Unione Europea ha chiesto ai
paesi membri di impegnarsi a
divulgare il gioco degli scacchi
nelle scuole, promuovendolo
con tornei giovanili e scolastici. Eravamo molto felici ed
emozionate per questa opportunità: avremmo saltato un
giorno di scuola per divertirci
in uno dei nostri giochi preferiti!
Al Castello era stata allestita
una grande sala con tantissimi
tavoli, su ognuno dei quali ci
aspettavano 4 scacchiere; c’erano infatti molti altri ragazzi
della nostra età, perché erano
ben 12 le scuole che parteci-
pavano al torneo. I posti erano
stabiliti in base alla bravura,
Federico occupava il primo,
Tommaso il secondo, Ginevra il terzo e Alice il quarto; e
durante la mattina ognuno di
noi ha fatto due incontri “preliminari”, che ci hanno un po’
emozionato, ma più che altro
preparato alle sfide più impegnative.
Nel pomeriggio ci aspettavano
infatti tre incontri con le squadre più forti, l’ultima delle
quali era addirittura composta
da quattro ragazze che facevano parte di club degli scacchi:
sono state partite molto impegnative per ognuno di noi e
purtroppo non tutti abbiamo
vinto, ma ci siamo comunque
classificati sesti, a pari merito
con altre due squadre; e Federico, il nostro compagno di
terza I, anche lui a pari merito,
ha meritato un premio.
È stata una bella esperienza,
nuova e divertente; eravamo
molto ansiose e soprattutto
temevamo di fare brutta figura, invece tutto ci è servito a
migliorarci nel gioco.
Da un piccolo gesto,
un grande aiuto
La 3ª D alla Colletta Alimentare
Sabato 29 novembre noi ragazzi
della 3ª D abbiamo partecipato
alla Colletta Alimentare presso
un supermercato della nostra
zona, dove siamo stati divisi in
quattro gruppi, ognuno dei quali
prestava il suo aiuto nel raccogliere alimenti non deperibili,
destinati ad essere distribuiti nel
corso dell’anno alle famiglie bisognose. La buona notizia è che
quest’anno, nonostante la crisi, in
tutta Italia è stato raccolto il 2% di
prodotti in più rispetto all’anno
scorso. Queste le nostre riflessioni
a conclusione della giornata.
Sono felice di aver collaborato
alla raccolta, perché penso di aver
fatto qualcosa di utile. Molte persone hanno dato il loro contributo comprando prodotti da consegnarci: è stato bello vedere tanti
gesti di generosità e mi piacerebbe
partecipare un’altra volta.
del proprio contributo.
Marco Luksch
La raccolta è stata per me un’esperienza unica e nel parteciparvi
nella mia mente vedevo l’immagine dei bisognosi che mi ringraziavano. Questo gesto mi ha fatta
sentire più gentile ed allegra.
Sara Abdous
Era la prima volta che partecipavo e devo dire che è stato molto
istruttivo e in alcuni casi anche
divertente. In futuro lo rifarò sicuramente.
Sofia Corradino
Mi è piaciuto partecipare alla
Colletta perché mi sono divertita con le mie amiche a cercare di
convincere le persone a donare
più prodotti.
Maria Criaco
Alice Barbieri
Mi è piaciuto aiutare persone povere che hanno bisogno di sostegno pratico: spero che la loro vita
migliorerà presto.
Questa esperienza è stata molto
positiva e istruttiva dal punto di
vista umano. Consigliamo a tutti
di partecipare, perché ne vale la
pena.
Lorenzo Vitale
È stato fantastico aiutare le persone più bisognose fornendo cibi
da mangiare e ringrazio che mi ha
invitato per avermi fatto capire
che bisogna aiutare i più poveri.
Mi sono anche divertito molto
ad ascoltare le ridicole scuse che
la gente diceva per giustificare la
scarsità o addirittura la mancanza
Viola Beulke, Federica Stella,
Andrea Sofia Ponta
È stata un’esperienza bellissima, ci
siamo divertiti molto e abbiamo
imparato che, anche con piccoli
gesti, si può rendere la gente felice.
Aiutare le persone, anche attraverso piccoli gesti, ti fa sentire
meglio perché sai che qualcuno
in questo mondo ti sta dicendo
grazie e perché aiutare il prossimo
rende la vita migliore.
Veronica de Torres
È stata una giornata meravigliosa,
non solo perché ero con le mie
amiche e mi sono divertita, ma
perché stavo aiutando delle persone e, fidatevi, è una sensazione
bellissima che rende felici.
Eliana Pifferi
È stato bellissimo spendere un
po’ del nostro tempo cercando di
renderci utili. Mentre distribuivo
volantini per incoraggiare le persone a collaborare mi sono sentita
felice come non mai. Infatti
partecipare alla Ccolletta significa lasciare per un attimo da parte i
nostri piccoli “capricci” per aiutare chi ha veramente bisogno.
Maria Andrea Clerici
Come vedete, partecipare alla
Colletta Alimentare è un’esperienza importante, divertente e
utile: partecipate e anche voi capirete quello che abbiamo provato
noi!
Francesco Renzi, Matteo Tempera, Filippo Toniolo
La 3ª D
Ginevra De Scaglia e
Alice Corradino, 2ª C
Un’esperienza multisensoriale
Q
ualche settimana fa la
nostra classe, accompagnata dalle prof.
Cavallini e Merzoni, si è recata all’Istituto dei ciechi di via
Vivaio per effettuare il percorso “Dialogo nel buio”: più che
una semplice mostra, un’esperienza in cui si percepisce la
realtà utilizzando sensi diversi
dalla vista.
Il percorso si visita a piccoli
gruppi, che entrano uno alla
volta a distanza di circa quindici minuti; prima di entrare si
devono riporre tutti gli effetti
personali, soprattutto quelli
più delicati o che potrebbero
in qualche modo far luce durante il percorso. Si entra poi
in una stanza illuminata da
una luce fioca dove, mentre
ci si abitua al buio, una guida
non vedente spiega in cosa
consiste la visita, invitando ad
abbandonarsi alle proprie sensazioni in senso più ampio.
Il percorso è poi diviso in
cinque sezioni: la prima è
costituita da un ambiente
campagnolo, con cespugli e
piante, cinguettio di uccelli
e la sagoma di una mucca. La
seconda sezione è invece dedicata all’ambiente marino, e
vi si simula una gita in barca,
con tanto di acqua gelida e di
vento che scompiglia i capelli.
Nella terza sezione, quella dedicata alla casa, abbiamo fatto
un gioco nel quale bisognava
riconoscere dei modellini di
plastica di alcuni animali preistorici, percependone le parti
anatomiche. L’ambiente più
caotico è stato invece il quar-
to, quello cittadino, nel quale,
dopo esserci immersi nel traffico, abbiamo visitato un mercato ortofrutticolo: per fortuna non abbiamo dovuto fare
la spesa! La visita si è infine
conclusa al bar dove, sempre
nel buio più totale, abbiamo
fatto merenda con delle bibite
fresche.
marsi in chi non può vedere
ci ha però resi più consapevoli
delle molte cose a cui normalmente non prestiamo attenzione, insegnandoci a non
creare ostacoli, e magari anche
a sostenere chi potrebbe avere
bisogno di aiuto.
Il ritorno alla luce è stato un
sollievo. Nonostante sia stata
una bellissima esperienza, usare gli altri sensi è stato infatti
assai difficoltoso. Immedesi-
Riccardo Poggi
Longostrevi, 1ª B
8
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Un inizio speciale:
la gita d’inizio anno a Canzo
02/
In viaggio
con lo zaino
P
oche settimane dopo
l’inizio della scuola, con
i miei compagni di classe
e tre delle nostre insegnanti
abbiamo visitato i Corni di
Canzo. Ci siamo ritrovati
alla stazione di Cadorna,
insieme ad alcune simpatiche
guide, Elena, Paolo, Milena e
Giordano. Dopo un viaggio
durato circa un’ora, prima di
raggiungere il bosco, abbiamo
attraversato il paese di Canzo e
siamo infine arrivati all’inizio
del vero cammino. Lì le guide
ci hanno fatto fare una specie
di rito con cui ognuno doveva
lavare il volto di un compagno
con l’acqua pura di una bella
fontana di pietra. Poi la classe
è stata divisa in quattro gruppi,
ognuno accompagnato da una
guida.
Per raggiungere la meta,
un agriturismo in collina,
abbiamo utilizzato la mappa
che ci era stata consegnata
all’inizio dell’escursione per
permetterci di orientarci.
Oltre alla mappa, ci erano
stati consegnati anche alcuni
bigliettini sui quali erano
indicati alcuni oggetti da
trovare nel bosco, tra i quali
c’erano i “Guardiani del
Bosco”, piccoli personaggi
Impariamo a orientarci con le mappe
intagliati nel legno nascosti
dietro alberi, sottoterra
oppure appesi sui rami.
Durante l’escursione ho
potuto godere dell’aria fresca
e dei profumi della montagna,
ovviamente diversi da quelli
della città di Milano, dove
invece sto sempre male a
causa dello smog e delle mie
allergie, mentre in quei luoghi
ho respirato benissimo senza
provare alcun fastidio.
Dopo alcuni chilometri a
piedi, sentivamo ormai i
morsi della fame: la meta
da raggiungere è stata così
ancora più desiderata; a
tavola abbiamo chiacchierato,
scherzato e guardato le
fotografie scattate durante il
tragitto.
Rientrati a Milano eravamo
tutti
stanchissimi
ma
soddisfatti per la bella
esperienza, attraverso la quale
abbiamo potuto comprendere
che osservare con attenzione
il paesaggio è importante per
arricchire noi stessi e il nostro
modo di rapportarci con gli
altri e con la natura.
Francesco Pizzuto, 1ª A
È
stato bello cominciare
la scuola media con
una gita scolastica. La
nostra meta erano i Corni
di Canzo dove fra i boschi
e sui sentieri con l’aiuto di
guide molto esperte abbiamo
esplorato,
imparato
a
leggere mappe e a orientarci.
Ognuno ha potuto dare il suo
contributo al proprio gruppo
nelle varie attività che erano
state organizzate per l’intera
giornata.
I momenti trascorsi tutti insieme sono stati fantastici:
l’arrivo a Primalpe e poi più in
alto al rifugio dove abbiamo
potuto avvicinare degli asini
e pranzare, e infine il ritorno
in treno, durante il quale ci
siamo intrattenuti con giochi
divertentissimi.
La gita ci ha consentito di conoscerci meglio e da subito ci
ha molto unito come classe:
per questo consigliamo vivamente anche alle prossime
prime di ripetere quest’esperienza.
La 1a E
La 1ª E fa conoscenza degli animali del rifugio
La 1ª A si prepara alla salita verso i Corni di Canzo
Q
uesta gita per me è
stata bella, ma anche
un po’ faticosa, perché abbiamo dovuto alzarci
presto alla mattina per arrivare
in orario in stazione a prendere il treno che ci avrebbe portato a Canzo. Inoltre, giunti a
destinazione, abbiamo dovuto
percorrere una lunga strada
in salita per arrivare all’inizio
della vera e propria passeggiata, dove le guide ci hanno diviso in squadre; e di lì, naturalmente, abbiamo continuato a
salire…
Però è stato anche molto divertente: infatti i membri della mia squadra erano tutti simpatici e scherzosi. Ad un certo
punto del percorso, ad esempio, ci siamo fermati per riposarci vicino ad una collinetta
da cui siamo rotolati giù più
volte divertendoci e ridendo
a squarciagola. Un momento
particolarmente divertente è
stato quando Filippo, rotolando giù dalla discesa, si è messo
ad urlare: tutti ci chiedevamo
perché facesse così e quando
lui ci ha spiegato che aveva le
castagne in tasca abbiamo capito e siamo scoppiati a ridere.
Un altro episodio divertente
è stato quando, tornando verso la stazione, al nostro compagno Michele si è bucato lo
zaino: non ce ne saremmo mai
accorti se dal buco non fosse
caduta una bottiglietta d’acqua. La guida allora ha girato
lo zaino e glielo ha messo sulle spalle al contrario mentre
noi, naturalmente, ridevamo.
Michele, evidentemente, è abbonato agli incidenti con gli
zaini, infatti ci ha raccontato
che mentre percorreva la stessa strada, durante una gita alle
elementari, aveva raccolto una
pianta di aglio e per portarsela
a casa l’aveva messa nello zaino: tornato a casa, però, una
puzza tremenda appestava lo
zaino e così la povera piantina
dopo tanto viaggio è finita in
pattumiera.
Questi episodi divertenti hanno contribuito a rafforzare la
reciproca simpatia nel nostro
gruppo. La stessa cosa è successa con i compagni quando
ci siamo ritrovati a pranzare
tutti insieme e soprattutto durante la festa per i compleanni
di Ludovica e mio. La prof.
Muneroni ci aveva infatti preparato le torte e questo è stato
un pensiero davvero carino!
Così, dopo aver passato tutti
questi bei momenti con i miei
compagni ho capito che il
vero scopo della gita era quello di conoscersi meglio e di far
nascere nuove amicizie e non
quello di rafforzare i nostri
muscoli.
Viola Vittadini, 1a B
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
La pittura di Marc Chagall
In viaggio per
Milano!
U
n uomo a testa in giù
con la carnagione gialla, verde, blu? Uomini o donne volanti, corpi dalle
forme bislacche? Tutto questo
è normale nella pittura di Marc
Chagall o Moishe Segal, se vogliamo chiamarlo con il suo
vero nome piuttosto che con
quello, dal suono più francese,
che lui stesso si scelse quando,
nel 1910, si trasferì dalla Russia
a Parigi.
Margherita Picin, 3a B
L
a prof. Carminati, per
geografia, ci ha divisi
in gruppi e ci ha affidato alcune ricerche sui luoghi significativi di Milano, in
modo che, oltre che a scuola,
lavorassimo insieme anche a
casa e direttamente sui luoghi
coinvolti, che avremmo dovuto visitare e fotografare.
Un gruppo ha visitato la
Basilica di Sant’Ambrogio,
rimanendo particolarmente colpito dal quadriportico
dove si trovano le colonne con capitelli raffiguranti
piante, draghi, cornici e visi
umani, e dalla cripta dove è
sepolto Sant’Ambrogio insieme a San Gervasio e a San
Protasio. Un altro gruppo si è
recato alla Biblioteca Ambrosiana e a San Sepolcro, proseguendo poi verso Porta Ticinese. Altri invece dovevano
occuparsi dei parchi, e hanno
scelto i giardini Indro Mon-
tanelli e il Parco Sempione.
Un altro gruppo si è dedicato alla zona del Duomo,
che ha visitato attentamente,
insieme alle vicine piazza dei
Mercanti, piazza della Scala e
Galleria Vittorio Emanuele
(soffermandosi in particolare
sul noto mosaico del toro che
dovrebbe portare fortuna a
chi lo calpesta). Altri invece
hanno fatto letteralmente il
giro di Milano, per visitare
le alle porte e conoscerne la
storia, e ammirare le vecchie
insegne intervistandone brevemente ai proprietari. L’ultimo gruppo infine si è recato
sui Navigli, divertendosi a
fotografarli da ogni angolazione per scoprire un lato nascosto della nostra città.
La 1ª G
La mostra, che con i miei compagni ho visitato lo scorso novembre a Palazzo Reale, era
molto ricca e la guida che ci
accompagnava ci ha fatto soffermare su una buona parte dei
quadri esposti. Subito colpisce
come i colori siano vivaci, in
secondo luogo il modo in cui
Chagall inserisce i soggetti (persone, animali e cose) nei suoi
quadri. Un esempio dell’uso di
colori appariscenti, eccessivi, lo
si può cogliere nel Circo Rosso: il
rosso dello sfondo, che già di
per sé mette allegria, è ravvivato
dai fiori - elemento molto presente nelle opere dell’artista gialli, verdi e arancioni; ma non
mancano altri elementi colorati:
il blu dell’uccello che suona il
violino e il verde dei pantaloni
dell’innamorato abbracciato
alla sua amata. Il disegno, poi,
ha uno strano ordine spaziale.
Lo stesso succede in Passeggiata, dove i protagonisti, Chagall
stesso e la moglie Bella, hanno
una particolare collocazione
nello spazio: Bella viene raffigurata volante, come a dare un
senso di spensieratezza, e l’unico suo appoggio alla terra è
la mano del marito, a sua volta
sorridente.
Le opere di questo artista sono
apparentemente molto varie
e discontinue, ma a un occhio
più attento non sfugge come in
realtà siano spesso accomunate
da dettagli che il pittore tendeva ad inserire in quasi tutti i
quadri (ad esempio la tinozza,
il pendolo, i fiori) per il loro significato altamente simbolico.
La tinozza ha un particolare significato, perché dalla biografia
del pittore si apprende che egli,
nato praticamente quasi senza
vita, dopo esservi stato immerso, scampò alla morte. Il pendolo invece indica la forza del
tempo, fenomeno straordinario
capace di portargli via tutto,
contro cui è impossibile lottare.
Simbolo della felicità sono infine i fiori, che significano casa e
allegria, quasi sempre presenti
in ogni suo dipinto.
Con Chagall attraversiamo anche la storia del Novecento:
molti quadri rappresentano
infatti il periodo che portò alle
terribili atrocità del nazismo e
alle persecuzioni del popolo, cui
apparteneva lo stesso Chagall.
Dalla maggior parte dei dipinti di quel periodo scompaiono
speranza, allegria ed emozioni
positive, per lasciare posto a
un cupo senso di disperazio-
A Chiaravalle alla scoperta
della vita dei monaci
I
n aprile con la mia classe e la
1ª B ci siamo recati in visita
all’abbazia di Chiaravalle, un
monastero alle porte di Milano
dove ancora oggi vive una piccola comunità di monaci. L’uscita è
durata una giornata, ed è servita
ad approfondire le conoscenze
sulla vita dei monaci di un tempo, che è molto simile a quella di
coloro che vivono attualmente
nell’abbazia.
Il monastero è stato costruito nel
lontano 1135, su ordine di San
Bernardo di Chiaravalle, una
figura molto importante soprattutto per i milanesi. A quei tempi,
infatti, l’Europa era divisa: c’era
chi appoggiava l’imperatore, chi
il papa, e chi l’antipapa... Milano
non faceva eccezione e, come nel
resto d’Europa, gli scontri erano
continui; San Bernardo invece
riuscì a fare in modo che tutti i
milanesi appoggiassero il papa,
dando fine alle lotte nella città.
Per ringraziarlo, gli abitanti di
Milano gli offrirono il terreno per
costruire l’abbazia.
Al momento dell’arrivo ci siamo
divisi in due gruppi, ciascuno ac-
9
compagnato da una guida e poi
siamo partiti alla scoperta dell’abbazia, dei suoi meravigliosi affreschi e graffiti, delle sue varie zone
(la “sala dei capitoli”, la chiesa, il
grande refettorio, il mulino, il
chiostro). Alcune parti, però, non
sono aperte al pubblico, perché
fanno parte della zona di clausura, ovvero quella parte di abbazia
riservata ai soli monaci, come ad
esempio le celle, che poi sono le
loro camere da letto. Ma il vero
simbolo dell’abbazia è la torre
campanaria, detta ciribiciaccola
(che in milanese vuol dire “cicogna”; infatti questi volatili erano
soliti farvi sopra il loro nido).
L’uscita ha lasciato anche spazio
al divertimento: dopo la visita
guidata abbiamo giocato alla
corsa con i sacchi, al tiro alla fune
e ad un gioco chiamato “orologio”, tutti e tre molto divertenti!
Il pranzo si è svolto all’aperto ed
è stato seguito da una piacevole
pausa, dopo la quale abbiamo
svolto un laboratorio di “miniatura”, un’attività simile cioè a quello
che facevano i monaci amanuensi
di un tempo, che trascrivevano
libri utilizzando penne d’oca e
inchiostri naturali. Ci siamo cimentati in questo tipo di lavoro
che necessita di una grande precisione ma, invece di trascrivere un
libro, abbiamo provato a realizzare una nostra miniatura personale, raffigurante la lettera iniziale
del nostro nome. Si dice infatti
“miniatura” l’iniziale della prima
parola dei libri antichi colorata e
decorata con piccoli disegni. Non
ci siamo però limitati a disegnare,
abbiamo infatti realizzato anche
l’inchiostro: ad esempio con il
cavolo abbiamo ottenuto il violetto, e poi abbiamo adoperato vere
penne d’oca appuntite per realizzare i nostri “capolavori”.
Quest’uscita è stata davvero magnifica. Non è stata solo divertente, ma anche molto interessante e
organizzata in modo da suscitare
curiosità. Non posso quindi che
raccomandarla per future gite, e
non solo scolastiche!
Federica Varone, 2ª L
Margherita Baudo, 1ª A
Progetti di vetrate delle classi seconde A, B, E
ne, alla paura che Chagall nutre
per sé e per la sua gente: questi
sentimenti si percepiscono con
chiarezza nel quadro che raffigura un vaso di fiori appassiti
e le sette candele del Menorah
spente.
Tra le opere esposte quella che
mi è piaciuta di più è stata Il compleanno. Il quadro rappresenta il
primo compleanno festeggiato
da Chagall insieme all’adorata
moglie Bella, sua musa in molte opere. È stato interessante
ascoltare la storia all’origine di
questo quadro. Chagall non
aveva mai saputo la data della
sua nascita (cioè il 7 luglio del
1887) prima del momento qui
raffigurato, e Bella si adoperò
per scoprirla: lui rimane in un
primo momento incredulo, poi
però è molto grato alla moglie
che ringrazia con il bacio qui
dipinto. Attraverso le immagini comprendiamo che l’amore
per Chagall è ciò che di più importante esiste, più forte anche
del dolore. Infatti l’artista si autoritrae in volo, con il corpo in
una posizione “acrobatica” e la
testa all’indietro, mentre bacia la
donna della sua vita, sorprendendola. I colori usati, vivaci e
caldi, contribuiscono a rafforzare la gioia impressa sul volto
di entrambi: si coglie un senso
di felicità che, sembra, Chagall
avrebbe voluto non terminasse
mai.
Maria Pia Ascoli, 3a F
10
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Una gita, tante
avventure
I piccoli ‘intoppi’ e le grandi scoperte
della 2ª D in gita a Torino
M
artedì 14 aprile: eccoci
finalmente pronti per
la gita a Torino! Tutti
puntuali con entusiasmo trovammo posto sul pullman che subito
partì: e giù saluti alle mamme, fazzoletti, lacrime… quand’ecco che
all’improvviso accadde una cosa
strana: due mamme iniziarono a
correre verso il veicolo sbraitando
e urlando. Lì per lì pensammo
che fossero inconsolabili per la
nostra partenza, poi capimmo:
il bagagliaio, contenente i nostri
zaini, era rimasto aperto! Così
iniziammo ad urlare anche noi
all’indirizzo dell’autista, che fortunatamente si fermò e scongiurò
il peggio.
Ora finalmente eravamo davvero
pronti per visitare Torino o, almeno, così credevamo: un nostro
compagno però sembrava non
gradire il viaggio e iniziò a stare
male. Così ci fermammo all’Autogrill, per prendere un po’ d’aria,
visto che all’interno del veicolo
sembrava ci fossero più di quaranta gradi.
Le ragazze s’incamminarono
verso il bagno, ma c’era una mandria di femmine in canottiera che
parlava allegramente e si lavava le
mani, occupando ogni centimetro quadrato di spazio. Risolto il
problema, ci incamminammo di
nuovo verso il pullman, sempre
sotto il sole cocente.
Ma anche una volta arrivati finalmente a Torino, il compagno,
provato dal lungo tragitto, non
sembrava riprendersi e la classe
dovette lasciarlo alle cure di una
prof.; il resto dei ragazzi (finalmente!) si incamminò alla volta
di Palazzo Reale, dove apprese
una parte di storia della città e
qualche segreto degno di Harry
Potter, visto che Torino è una città
di riferimento per la “magia”.
Poi ci recammo in una famosa
farmacia, l’unica dove si produce
ancora il “balsamo di Gerusalemme” che, per intenderci, non è
uno shampoo per rendere i capelli più morbidi e lucenti, ma è un
digestivo.
Successivamente fummo coinvolti in una specie di “caccia al
tesoro”: dovevamo infatti recarci
in alcuni luoghi della città e scattare foto per testimoniare i fatti.
Il problema era che i venditori
ambulanti ci assalivano proponendoci oggetti di ogni tipo - da
occhiali da sole a orologi, cuffie,
collanine - ma fortunatamente la
nostra esperta professoressa riuscì
a “domarli”!
Durante il pranzo restammo tutti
insieme, chiacchierando e divertendoci molto. Poi, ben rifocillati,
andammo a visitare lo stupefacente Museo del Cinema, ricco di
set cinematografici di importanti
pellicole; qui ci trasformammo
tutti in disegnatori attraverso il laboratorio di animazione “Muovi,
scatta, anima”. Il Museo ci stupì sia
per i contenuti che per l’architettura, con il bellissimo ascensore
che conduce in cima alla Mole
Antonelliana, oltre che per le poltrone dall’aspetto comodissimo
sulle quali ci si può sdraiare per
vedere i film proiettati sul soffitto!
La gita è stata bellissima ed interessante… Peccato i piccoli ‘intoppi’ e il caldo torrido: alla ritorno
eravamo letteralmente “cotti”!
In Sud Africa, quante
emozioni
T
re anni fa io e la mia famiglia siamo andati in Sud
Africa durante le vacanze
estive. Circa un mese prima della
partenza abbiamo effettuato la
vaccinazione contro l’epatite A
e abbiamo preso tre enormi pillole contro il tifo; infine, mentre
attendevamo l’arrivo dell’aereo,
abbiamo preso la prima pillola di
malarone per la profilassi antimalarica.
Abbiamo trascorso ben due
settimane in questo luogo meraviglioso: la prima in un parco
protetto chiamato Kruger; la
seconda nella capitale, Città del
Capo o Cape Town. Nei sette
giorni che abbiamo trascorso
nel Parco abbiamo visto animali
di ogni genere: elefanti, giraffe,
zebre, rinoceronti, coccodrilli,
ghepardi,gazzelle, ippopotami,
iene, bufali… Purtroppo non abbiamo avvistato i leoni, ma abbiamo avuto l’eccezionale fortuna di
vedere tre dei trecento ghepardi
che si trovavano in questo gigantesco parco, durante una “gita”
notturna in cui, per mio grande
stupore, faceva davvero freddo.
Abbiamo anche assistito a due
particolari scene: una mattina abbiamo visto una coppia di giraffe
nella fase del corteggiamento che
intrecciavano i colli formando un
cuore; e un pomeriggio abbiamo
notato che nel fiume galleggiava
una giraffa tutta insanguinata,
perché era stata uccisa dai coccodrilli che in quel momento stavano banchettando con gusto.
A Città del Capo, invece, eravamo alloggiati in un magnifico hotel con tanto di sala giochi e sala
riunioni: l’hotel si trovava infatti
vicino all’università dove mio padre ha partecipato a un congresso.
Nella città siamo andati a visitare
un bellissimo acquario in cui ho
scoperto l’esistenza di minuscoli
squali e di enormi mante e l’aviario, un luogo in cui si possono
ammirare uccelli di ogni tipo:
gabbiani, pellicani, pinguini, gufi,
civette, pappagalli, fringuelli, ecc.
Mountain, chiamata così perché
ha una “cima piatta”, su cui è facile
camminare. Su questa montagna
abbiamo svolto una specie di caccia al tesoro in cui cercavamo alcune piante e informazioni sulla
sua particolare forma per rispondere a delle domande. Avevamo
previsto anche una gita a Robben
Island, l’isola su cui Nelson Mandela ha trascorso ben ventisette
anni della sua vita in carcere, che
però è saltata a causa del brutto
tempo.
Questo viaggio mi è piaciuto
moltissimo e desidererei tornare
in Sud Africa, sia per vedere i leoni che per ritornare nell’hotel
di Cape Town e nel meraviglioso
Bed & Breakfast “Utopia in Africa” di Nespruit, una graziosa città
in cui ci siamo fermati prima di
arrivare al parco Kruger e prima
di arrivare a Johannesburg per
tornare in Italia.
Siamo anche saliti sulla Table
Isabella Ferrara, 1ª L
altro gioco, che consisteva nel
riconoscere alcune delle statue
presenti sulla piazza, aiutati per
fortuna dalla simpatica guida.
Prima di entrare a Palazzo Vecchio, il Municipio di Firenze,
abbiamo avuto anche la fortuna di assistere a uno spettacolo della natura sorprendente,
un’eclissi solare parziale, che ci
ha lasciati tutti a bocca aperta;
all’interno abbiamo invece ammirato varie stanze, tra cui il salone dei Cinquecento (con alle
pareti le rappresentazioni delle
battaglie contro Pisa e Siena) e
alcune stanze private di Cosimo
I. Dopo questa interessante visita, ci siamo recati in Piazza Santa Croce, dove abbiamo pranzato all’aperto e abbiamo visitato
la chiesa di Santa Croce, sede
delle antiche tombe di molte
persone famose, come Machia-
velli, Michelangelo, Galileo Galilei e Rossini. Infine è giunto il
momento di fare ritorno al pullman, dove si è svolto l’assalto
ai posti migliori, da sempre le
ultimissime file, una volta conquistati i quali il viaggio è stato
tutt’altro che noioso!
Camilla Muraglia, 2ª D
A Firenze durante l’eclissi
E
sistono tanti tipi di viaggio: viaggio d’avventura,
viaggio in famiglia, viaggio di lusso, viaggio di lavoro
e… gita scolastica, che forse
tra tutti è il più emozionante!
Quest’anno sia la 2ª A che la 2ª
B ne hanno fatta una a Firenze,
meta non vicinissima, ma dotata di uno dei patrimoni culturali e artistici più ricchi d’Italia
nonché uno dei massimi centri
del Rinascimento, argomento
del quale ci siamo occupati da
diversi punti di vista proprio nel
corso di quest’anno. E poi, stando tra compagni, anche le quasi
quattro ore di viaggio non sono
pesate.
Appena arrivati ci siamo messi
subito a visitare la città: la gita
sarebbe durata solo 2 giorni,
quindi meglio sfruttare ogni il
poco tempo a nostra disposizio-
ne. Per prima cosa siamo andati
alla splendida chiesa di Santa
Maria Novella: uno spettacolo
pala della Trinità di Masaccio,
la croce di Giotto e gli affreschi.
Poi ci siamo spostati in piazza
Santa Maria del Fiore, che ospita il famosissimo e stupendo
duomo e abbiamo osservato il
grande campanile di Giotto.
Qui abbiamo svolto un gioco
a squadre, divisi naturalmente
in Guelfi e Ghibellini, ripercorrendo quello che avevamo già
studiato sul Duomo e sul Battistero. Siamo quindi entrati a
visitare la chiesa, ammirando
l’enorme cupola dei record del
Brunelleschi, veramente impressionante: la più grande cupola in muratura mai costruita,
decorata con un affresco di ben
3.600 metri quadrati!
Dopo una breve pausa, abbia-
mo visitato lo Spedale degli Innocenti, primo orfanatrofio al
mondo, progettato da Brunelleschi, il cui portico è ornato da
terrecotte invetriate di Andrea
della Robbia che conservano
intatta la loro brillantezza e luminosità. In seguito abbiamo
raggiunto la Basilica di San
Lorenzo, dove chi lo gradiva
poteva entrare per una breve
visita, mentre gli altri potevano
riposare e fare merenda. Dopo
questo lungo percorso, ci siamo
diretti verso l’albergo, dove abbiamo cenato e trascorso la serata insieme ai nostri amici, ridendo, scherzando, chiacchierando
e perfino ballando: insomma ci
siamo molto divertiti.
La mattina seguente, dopo
un’abbondante colazione, ci
siamo diretti in Piazza della Signoria: qui abbiamo svolto un
Durante questa gita si è sempre
mantenuto un clima allegro, anche grazie alle accompagnatrici
Marina e Giulia e alle prof. Lavezzari, Gigliotti, Pennasilico,
Bertagnolli e Merzoni: è stata
una gita fantastica e sono sicuro
che tutti noi ci siamo non solo
divertiti, ma anche arricchiti di
tutte le belle cose viste e imparate.
Jacopo Di Benedetto, 2ª A e
Stefano Carra, 2ª B
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
11
Esplorando il mondo: la Thailandia
D
urante le passate vacanze di Natale sono
stato in Thailandia.
Ho passato queste vacanze di
Natale proprio lì, uno dei paesi più belli al mondo. La parte
settentrionale del paese è ricca di montagne dai panorami
mozzafiato e di coltivazioni
a noi sconosciute; nel sud invece si trovano spiagge fantastiche, animali molto strani e
un mare dai colori incredibili
popolato di pesci magnifici.
La prima tappa del nostro
viaggio è stata la capitale, Bangkok: si tratta di una città particolare che, pur trovandosi
in un paese ancora piuttosto
tradizionale, si presenta molto
moderna, piena di grattacieli,
palazzi e grandi strade. Orien-
tarsi al suo interno è molto
difficile, anche perché la città
si sta sviluppando velocemente, mentre fino a poco tempo
fa era solo una piccola cittadina. Questa crescita improvvisa ha naturalmente anche
degli effetti negativi, perché
con lo sviluppo delle industrie
si sono diffusi lo smog e l’inquinamento. Inoltre, nell’uscire dalla città, sono rimasto
colpito dalle enormi distese di
baraccopoli che la circondano, che fanno capire quanto la
vita possa essere dura anche in
un paese così bello.
Il viaggio è proseguito verso
Chiang Mai, un’altra bellissima cittadina thailandese, ricca
di antichi templi e di moderni
locali in cui giovani thailande-
Una lettera dalla
Sardegna
Carissima Professoressa,
le vacanze sono arrivate anche quest’anno! E ormai si sa, per me le vacanze sono
al mare e per essere precisi in Sardegna.
Ogni anno infatti torno a Santa Teresa di
Gallura, dove i miei nonni hanno una tipica casa gallurese. Il mare della Sardegna
è meraviglioso, ma il mare della Gallura è
particolare, quasi magico, grazie anche al
fedele vento di maestrale, che qui è di casa.
Tutto intorno a Santa Teresa ci sono molte
spiagge, piccole e isolate, secondo il caratteristico disegno della costa.
Anche quest’anno la compagnia è riunita
e il gruppo allegro e sereno. Come al solito
ci sono famiglie di Roma, Milano, Verona
e Pordenone. Non ci si vede mai durante
l’anno, ma ogni volta è come essersi lasciati due giorni prima. Ieri c’era calma di
vento, il così detto “mare lago” e abbiamo
passato la giornata alla spiaggia della Colba, o lido di ponente, a Capo Testa. È la
spiaggia della mia infanzia, una spiaggia
estesa di sabbia chiara, circondata dalla
profumata macchia mediterranea e bagnata da un mare limpido e cristallino. Il
fondale scende dolcemente e offre spettacoli
meravigliosi. Qui ho imparato a nuotare,
a fare snorkeling e per la prima volta ho
nuotato con un cormorano al mio fianco,
che si immergeva velocissimo per prendere
il cibo e dopo poco tornava a galla fiero con
un pesce nel becco. Anche ieri il cormorano
era in acqua, ma questa volta era in compagnia; in acqua nuotavano velocissimi
due cormorani che per le caratteristiche
delle piume sembravano una coppia. Verso
la fine della spiaggia, a ridosso delle rocce
di granito che delimitano la parte sabbiosa, si stagliano i banchi di Poseidonia, detti
“le banquettes”. La Poseidonia Oceanica è
un’alga comune da queste parti e si accumula sui litorali sabbiosi, diventando una
barriera che attenua l’impeto delle onde e
riduce l’erosione della spiaggia. Un pescatore anni fa, ci ha raccontato che per l’azione rotatoria delle onde della risacca, le
fibre delle foglie, ridotte a piccoli filamenti,
simili a pagliuzze, si trasformano in sfere
compatte che ricordano il feltro, dette “ palle di mare”.
In questa spiaggia, come in tutte le spiagge
delle mie vacanze, non ci sono servizi, solo
natura: ci si deve portare tutto da casa om-
brelloni, cibo, giochi da spiaggia; l’unico
conforto è, in fondo alla spiaggia, il chiosco della signora Maria, che ancora oggi
mi prepara la “schiumetta di latte” come
quando ero bambina. È un semplice cappuccino… ma a me sembra sempre la cosa
più buona del mondo!
Domenica invece,abbiamo passato la
giornata alla spiaggia di Lu-Litarroni,
un tempo spiaggia preferita dei Teresini.
Per arrivare al mare si deve percorrere
un lungo sentiero nella pineta, abitata da
migliaia di cicale che cantano in continuazione. Il canto delle cicale mi fa sorridere
e pensare a quando, da bambine, senza
fiato per la strada in salita, ci fermavamo
ad ogni albero per contare le cicale che riuscivamo a vedere. La spiaggia è formata
da dune che arrivano al mare. L’ecosistema dunale è un ambiente raro e spesso
minacciato: è un ambiente in continua
evoluzione perché le mareggiate ne modificano la conformazione. La spiaggia
è di notevoli dimensioni e, quando il sole
è troppo forte, si può riposare sulle amache all’ombra della pineta. Anche l’altro
giorno la giornata è volata così, tra sole,
mare e canto delle cicale, finché verso sera il
maestrale ha iniziato a rinforzare e il sole
sempre più vicino all’orizzonte non hanno
indicato che era ormai ora di tornare. Ma
sulla strada del ritorno ci siamo fermati
a “La Tegghia”, un agriturismo in una
posizione splendida, dal quale si possono
osservare tramonti meravigliosi pieni di
sfumature dai colori ai profumi. Qui Savino, un amico di mamma, ci ha preparato la tipica zuppa gallurese detta “suppa
cuata”, che adoro. Questo piatto si prepara
con pane, brodo, pecorino sardo e pomodoro.... detto così non sembra un granché, ma
bisogna provare per credere! È un piatto
molto semplice, legato alla vita contadina:
la mamma ne ha una ricetta “segreta” di
cui è molto gelosa… ma quando torno, se
vuole, le svelo il segreto!
Insomma, anche se per lunghi mesi viviamo a Milano, sempre di corsa, in un’aria
spesso irrespirabile, trascorrere le vacanze
in questi luoghi mi dà la carica e la forza
per tornare in città!
A presto
Silvia Chieppi, 3a F
si si divertono. Di lì abbiamo
poi proseguito verso gli altipiani, dai quali, dopo faticose
ore di cammino, abbiamo ammirato dei panorami bellissimi; abbiamo anche visitato
dei villaggi incredibili, arroccati su palafitte in cime alle
montagne e lontani da tutto,
dove sembravano abitare solo
i bambini, gli anziani e alcune
donne che accoglievano i turisti, mentre gli uomini erano in
città a studiare o lavorare.
Infine ci attendeva il mare di
Krabi, per descrivere il quale
basta una parola: magnifico,
con le sue spiagge fantastiche
inframmezzate dai faraglioni che si innalzano nel cielo.
Krabi però è stata a mio parere rovinata dal turismo e dalle
troppe barche a motore che
si aggirano da una spiaggia
all’altra (sono l’unico mezzo
per accedere a quel paradiso),
inquinando il mare e affollando le spiaggia un tempo tranquille e isolate.
Questo viaggio mi è piaciuto
moltissimo: l’aspetto che mi
ha sorpreso di più è la gente. Si
potrebbe pensare che la Thailandia sia un paese vecchio,
abitato da popolazioni ancora
arretrate, invece non è affatto
così. I thailandesi hanno abitudini diverse dalle nostre e
sotto alcuni aspetti possono
risultare un po’ strani ai nostri
occhi, ad esempio salutano in
continuazione, anche quando non ti conoscono, oppure
si mettono comunemente le
dita nel naso; e il loro modo
di vivere è molto diverso dal
nostro, tutti lavorano in continuazione, ti offrono oggetti o
cibo ad ogni angolo della strada, o un passaggio col tuk tuk
o con la barca; e naturalmente
si mangiano cibi diversi dai
nostri, si pratica una religione
diversa, si usano una lingua e
dei caratteri di scrittura molto diversi… ma nel fondo la
possibilità dell’incontro con i
thailandesi riserva grandi sorprese, che contribuiscono a
rendere il loro paese davvero
incredibile, un paese davvero
bello che emoziona chiunque.
Luca Deli, 1ª C
LA VOCE DELLA SCUOLA
12
T I E P O L O
La amistad
03/
E
Finestra
sul mondo
n clase hemos tratado el
tema de la amistad y hemos escuchado una canción titulada Así soy yo en la que
el protagonista describe su personalidad. A partir de esta descripción, hemos reflexionado
sobre la posibilidad de tenerlo
como amigo. El chico de la canción es muy extrovertido y tiene
un carácter fuerte y yo creo que
en la vida es importante hacer
nuevas experiencias y no darse
por vencidos.
tiempos buenos y malos, una
persona con la que estamos juntos, con la que nos entendemos
con una sola mirada. Un amigo
siempre está contigo y siempre
está presente en tu vida. No es
fácil encontrar un verdadero
amigo, pero quien encuentra un
amigo encuentra un tesoro.
Silvia Chieppi, 3ª F
Para mí la amistad es una buena
cosa, tan grande que debe ser
probada. Un verdadero amigo
es quien se queda a tu lado en
Eine Reise nach Munchen
Our school trip to Munich Eine Reise nach München
[Continua dalla prima pagina]
T
hursday, 16th April
2015
7.30: it’s time to get up.
We have breakfast, with hot
water instead of hot chocolate.
During this trip we realize that
Italian food is better than German, except for würstel (and
bier).
9.30-1.30 p.m.: this morning
we are going to see Dachau,
the first concentration camp
built by the Nazis. Here we visit
the huts and the gas chamber
with the crematorium. We also
visit the museum, where photos, documents and prisoners’
equipment are displayed. We
think this is an important experience to do and to remember
in the future, because remembering is a way to prevent that
this could happen again. Without any words to say, we get on
the bus and come back to the
city centre.
1.30-2.30 p.m.: we have time
for lunch in Mariensplatz, the
main city’s square, and guess
what we eat: würstel
2.30-6.30 p.m.: we meet our
guide and she gets on the bus
to explain us the main monuments of the city: the court,
the nymphs’ castle and the
Rathaus, the city hall. This has
a very particular clock, linked
to a carillion, a group of statues
that dance when the bells ring
at 12.00 and 5.00 p.m. After
this we have some time to do
our shopping in the city centre, where fortunately we don’t
have to speak English or German, because almost everyone
knows a bit of Italian.
7.00-11.00 p.m.: this is our last
night in Germany, so we decide
to have fun and we go to the
disco or organize little parties in
our rooms, trying not to make
noise because of the security…
By this time, we become good
friends with the students of the
other class (3ª I), so we stay all
together.
Friday, 17th April 2015
7.30-2.30 p.m.: after our last
German breakfast, we pack
our luggage and put them on
the coach. We say goodbye to
the hostel and get on the bus.
Then the class 3ª I goes to the
Modern art gallery, while we go
to the science and technology
museum: planes, boats, engines
and new nanotechnologie,
there is a lot of science fun for
everybody! There are also a lot
of interactive experiments and
games to do and there is a wonderful souvenir shop, where we
spend a short time but a lot of
money. Then we come back to
Mariensplatz to have lunch: we
know that is strange, but we eat
würstel!
2.30-9.30 p.m.: ready for another really long journey? To
tell the truth: not, but we must
come back, so we spend these
seven hours playing, chatting,
listening to music and laughing. At the end of these three
days there aren’t two classes, but
only one, with true friendship!
W
ir, die Klasse
3ª I und 3ª L,
sind vom 15. bis
zum 19. April mit unseren
Lehrern nach München gegangen. Wir sind mit dem
Reisebus gefahren. Die Reise war sehr langweilig, aber
wir haben eine Pause in
Innsbruck gemacht und die
Stadt kurz besucht. Innsbruck ist sehr interessant:
wir haben dort ein sehr gutes Eis gegessen.
Am Donnerstag Morgen haben wir in Dachau den Konzentrationslager besucht. Einige von uns haben geweint,
weil es sehr traurig, rührend
und ergreifend war. Nach
Disegno di Niccolò Chiappa 1a A
dem Mittagessen haben wir
unsere Reiseleiterin in München getroffen: wir haben
die Altstadt mit ihren vielen Monumenten gesehen
und das Glockenspiel angeschaut. Es war super und wir
haben viel Neues gelernt.
Am Freitag haben wir di
Neue Pinakothek gesehen:
es gibt viele Bilder, sie waren
toll.
Wir finden diese Reise super, wir haben viele Sachen
gelernt und alle zusammen
viel Spaβ gehabt!
Alice Bondurri und
Benedetta Scalfi, 3ª I
Tom,
the odd
thinker
T
om is a stupid boy who
thinks oddly and does
stupid things. He is
so stupid that people say that
when he was undergoing a
brain surgery he ran. So, his
brain is still in the hospital.
One day, as usual, Tom was
having a stroll in the school.
He went to the canteen to
get something to eat and saw
a sign which said “Take only
one apple as god is watching.”
So he took an apple and went
further and saw a candy shop.
He went near it and saw plenty of candies! So he wrote on
a paper “Take as many candies
as you want, because god is
busy watching the apples” and
struck it on the door. Seeing
this, a big crowd came and
took so many candies that the
whole shop was a mess. The
Principal and other teachers came running hearing
the noise and they clear the
crowd. Then they found out
that it was Tom behind all
this. The principle punished
Tom and informs his mom on
what he did. His mom was so
angry on him that she took his
phone for a week.
After this, Tom apologized
to her and she brought him
a magic pen. The ink of this
magic pen, when written,
disappears after 10 seconds.
Tom played around with it
in the class. His risktaking
mind wanted to show his
magic pen to the principle.
He went to the principal’s office and splashed the ink over
the principal’s coat. He waited
for 10 seconds. But, to his surprise, the ink did not vanish.
The principal went nuts! A
classmate of his has stolen his
magic pen and had replaced
it with a similar looking pen.
The principal called his mom
again. His mom came and
saw the ink-stained coat. Tom
apologized to both of them
again, but he would never
stop doing stupid things like
this!
Maheswaran Kiran Yothi,
2ª L
Alessandra Carbone and
Rossella Ferrara, 3ª L
Leonardo Bartezzaghi, 1a A
Francesca Oliveto, 3a I
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
13
Trois lettres sur un film
Milan, le 20 novembre 2014
Cher Marc,
Comment ça va? Moi je vais
bien.
J
e veux te raconter à propos de ce que nous avons
fait en classe avec la prof.
Pennasilico: le mois passé ma
classe a vu un film intitulé:
Mon meilleur ami qui parle
de l’amitié. Ce film raconte la
vie de François, un homme seul,
sérieux et égoïste, qui n’a pas
d’amis et qui pense seulement à
l’argent. Son unique ami est un
pot qu’il a acheté pour 200.000
euros. Un jour il fait un pari
avec une assistante de son magasin: il doit lui présenter entre
10 jours son meilleur ami, sinon le vase sera seulement de
la dame. François est désespéré,
mais par hasard il rencontrera
Bruno (un chauffeur de taxi
sympa, simple et sociable mais
qui n’a pas d’amis). Petit à petit
ils établiront un très beau rapport qui les conduira à devenir
meilleurs amis.
avons vu en classe, moi je veux
dire qu’il me semble très bizarre que deux personnes avec
un caractère très différent sont
devenus meilleurs amis! En fait
François est égoïste, silencieux,
seul, insensible, indifférent et
réservé; au contraire Bruno est
simple, curieux, cultivé, gentil,
sympa, sage, sociable et sensible; et ils n’ont pas d’amis.
La partie du film que j’ai aimé
particulièrement a été quand
François et Bruno, après s’être
disputés, redeviennent meilleurs amis parce que après une
petite discussion François a aidé
Bruno à gagner un million
d’euros.
M
ilan, le 30 Novembre 2014
Chère Julie,
Comment ça va? Moi, très bien.
À propos du film que nous
Edoardo Bona, 3ª C
Je veux te raconter d’amitié à
travers le film Mon meilleur
ami et un passage tiré du livre
Le Petit Prince. Pendant la leçon de français, nous avons vu
avec Madame Pennasilico, le
film Mon meilleur ami. C’est
une comédie dramatique réalisée par Patrice Leconte, sortie
en 2006. Il est basé sur la rencontre de deux hommes seuls
et différents et sur la naissance
d’une amitié touchante et originale. Les personnages principaux sont François et Bruno. François est un marchand
d’art parisien assez connu ;
il est solitaire, égoïste, insensible, indifférent, détaché des
autres et intéressé seulement à
l’argent. Pendant une fête pour
son anniversaire, des collègues
lui disent qu’il n’a pas d’amis.
Alors, il fait le pari de leur présenter son meilleur ami dans
10 jours et, s’il perdra le pari, il
perdra aussi son vase grec, ache-
Milan, le 24 Novembre 2014
peut être juste Bruno. Bruno
est la victime d’une blague actuée par François. Fou de rage,
Bruno casse le vase, sans savoir
qu’il était un faux. Finalement
Bruno participe au jeu télévisé et gagne beaucoup d’argent
avec l’aide de François. A la
fine du film, François et Bruno
redeviennent amis.
Par contre l’histoire du Petit
Prince parle de la naissance de
l’amitié entre un renard et le
Petit Prince. Le Petit Prince,
naïf et curieux un peu comme
Bruno, vient d’une autre planète et il apprivoise le renard.
Ma partie préférée est quand le
renard parle de la couleur du
blé: il dit que le blé lui rappelle
Chère Anne,
comment ca va? Ici il pleut à
verse depuis lundi, mais ça va
bien.
L
a semaine dernière j’ai
vu, avec mes copains et
ma prof. de français, un
film très intéressant qui parle
d’amitié. Ce film était très beau
parce qu’il parlait de choses
sérieuses, mais il faisait aussi
rire. Les deux protagonistes du
film Mon meilleur ami sont
François, un marchand d’art
riche et solitaire, et Bruno, un
chauffeur de taxi très curieux,
toujours disponible et souriant.
François, qui fréquente les
ventes aux enchères pour travail, achète un vase grec. Sur le
vase il y a dessinée l’histoire de
l’amitié entre Achille et Patrocle. Après être allé à l’enterrement d’un connaissant, il réfléchit et il découvre qu’il n’y aura
personne à son enterrement,
parce qu’il n’a pas d’amis. Il
fait alors un pari avec ses associés: il doit trouver et présenter
son meilleur ami à tous, sinon
le vase ne sera plus à lui. Il veut
seulement gagner le vase, il ne
veut pas avoir des vrais amis !
Quand il commence à chercher,
il s’apercevoit que personne ne
le considère comme un ami. Un
jour il connait Bruno dont le
rêve est participer à un jeu télévisé. Il se fait expliquer comment avoir des amis, puis il
découvre que son meilleur ami
Cher Marc, je suis très content
que tu es un de mes meilleurs
amis et je pense que la vraie
amitié, à différence de l’amour,
ne peut pas être achetée. En effet le vrai ami est sincère et fait
tout le possible pour te rendre
heureux.
Réponds-moi vite, s’il te plait!
Gros bisous
Matilde Comoletti, 1ª E
té quelques jours avant à une
vente publique. Au début, il ne
sait pas que faire, mais après
plusieurs tentatives il rencontre
Bruno, un chauffeur de taxi
volubile et chaleureux: l’opposé
de François, il est amical, amusant, souriant, sincère, ingénu.
Il habite en banlieue et il semble
toujours jovial, mais comme
François il est seul et malheureux parce que son meilleur
ami l’a trahi avec sa femme.
De plus, comme François, il est
fragile, triste, cultivé et très intelligent. J’ai aimé beaucoup la
scène finale où Bruno participe
à l’émission «Qui veut gagner
le million?» et réussit à gagner
le million grâce à François qui
répond au téléphone dans le jeu
«appel à un ami».
L’amitié entre François et Bruno n’est pas facile parce que
François ne croit pas à la vraie
amitié, autrement que Bruno.
Bruno se fâche contre François
quand il découvre que François l’a employé pour gagner
son pari. Alors François va à la
recherche de Bruno et va à la
maison de ses parents, il trouve
le Petit Prince parce qu’il est
blond comme les champs de blé.
Je crois que l’amitié n’est pas
une chose qu’on peut acheter
parce que l’amitié n’est pas une
chose si fausse: elle doit être une
chose vraie et sincère, sinon elle
ne vaut pas grand-chose.
la chambre de Bruno et dans
son journal une phrase du livre
Le Petit Prince: «Je serai pour
moi unique au monde. Tu seras
pour toi unique au monde».
Donc, François pense que l’amitié se peut acheter avec l’argent,
pendant que Bruno croit que
l’amitié est un sentiment que
tout le monde connaît très bien
et devait le respecter. Ce film et
de livre ont été très intéressants
parce qu’on parle d’amitié.
Je te conseille de voir le film et
de lire Le Petit Prince aussi,
parce qu’il était l’occasion de
réflexion en classe avec tous mes
camarades. J’espère de te voir à
la mer l’été prochaine.
Je t’embrasse bien fort. À bientôt.
Grosses bises!
Ton amie
Chiara Caumo, 3ª A
Et toi? Qu’est ce-que tu as fait à
l’école? J’espère que tu viendras
en Italie un jour!
Salut mon amie!
Margherita Rugarli, 3ª B
14
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Eine Klassenfahrt Let’s drink a cup
of tea!
L
etzte Woche war ich in
Orange in Frenkreich
mit meiner Klasse. Die
Fahrt dauerte mehr als sieben Stunden. In dieser Zeit
haben wir die Unterkunft organisiert. Als wir angekommen sind haben wir zu Mittag
gegessen und dann sind wir
zum Papstpalast gegangen.
Der Besuch beim Papstpalast
war sehr interessant. Nach
dem Ausflug sind wir zum
Hotel gegangen, wir haben
uns relaxiert, dann haben wir
zu Abend gegessen und sind
durch die Stadt gebummelt.
Am dritten Tag haben wir die
Sonnenfinsternis gesehen und
dann haben wir Arles besucht.
Gegen Mittag haben wir ein
paar Stunden Freizeit gehabt
um kleine Geschenke für unsere Verwandten zu kaufen.
Um vier Uhr sind wir abgefahren und nach einer schönen Fahrt haben wir Mailand
erreicht.
L
et’s make a cup of tea
at school: we brought
at school tea bags, sugar, bread and some Digestive
biscuits. In our classroom we
had a boiler, some tea cups, tea
spoons, paper plates and… a
lot of joy and happiness. So we
drank a nice cup of tea - with
milk of course! – with biscuits
or bread and marmalade or
jam: it was delicious!
1ª G e 1ª I
Die Klassenfahrt war wirklich
super!
Bianca Ballio, 3ª H
Am zweiten Tag haben wir
Saint Rémy und Saintes
Maries de la Mer besucht,
und dann eine sehr schöne
Schiffahrt auf der Rhone gemacht.
Viaje de fin del curso
en Nàpoles
E
l 2 de marzo fui de
excursión a Nápoles
con mis compañeros y
dos profesoras. Partimos de
la estación de Milán por la
mañana a las 7 y después
de 5 horas de tren veloz llegamos a destinación. El viaje
fue largo pero divertido. Por
la tarde visitamos la ciudad
con una guía turística aunque
estuviéramos muy cansados.
El día siguiente fuimos de
excursión al Vesuvio y por
la tarde nos fuimos a visitar
Pompei. Esta última me ha
gustado muchísimo, sobreto-
do las “estatuas” de las personas y animales afectados por la
erupción del volcán.
El tercero y último día fuimos de vuelta por los subterráneos de la ciudad, donde la
gente se refugiaba durante los
bombardeos de la Segunda
Guerra Mundial. A las cuatro de la tarde partimos para
regresar a Milán. Fue una
experiencia fantástica, llena
de emociones que nunca olvidaré.
Flaminia Bulli Prolo, 3ª E
Shrek: the musical
O
n 31st of March we
went to Carcano
Theatre in Milan to
see the musical Shrek, a popular fairy tale, where the actors
were all native English speakers.
The show was about an ugly
ogre called Shrek. The plot was
very interesting: Shrek, in order to take out of his land the
other characters of fairy tales,
went to talk to Lord Farquad,
the king of his city. During the
trip, he met Donkey and they
became friends. Lord Farquad
told him that he had first to
rescue his princess, who was
closed into a tower protected
by a dragon. The dragon fell in
love with Donkey and Shrek
could rescue the princess, but
he fell in love with her: the
princess, during the night,
became an ogre! She did not
want to marry Lord Farquad,
so Shrek revealed her his love
and they got married, living
happily forever.
Matteo Mainetti e
Matteo Mariano, 2ª I
Animales en peligro de
extinción: el oso marsicano
E
l oso marsicano vive
en las montañas de
los parques naturales
de Abruzo. Es más pequeño
que el oso pardo, pero tiene el
pelo castaño como él. Es rechoncho y corpulento, con la
cabeza grande y redonda. Los
artos son fuertes y él pesa en-
Es una especie en vía de extinción por muchas enfermedades y por la caza.
Olmo Rossi, 3ª G
Our first school trip
A
t the beginning of
middle school our
teachers organised a
trip to Canzo, in the mountains. It was tiring but at the
same time educational, and
a different way to meet new
friends.
I got up really early and I ran
to the station with my father.
When we arrived I met my
new class mates and when we
were all there we went on the
train, where we had fun and
chatted a lot.
Margherita Polidoro 1ª E
tre 100 y 150 kg (el macho) y
mide 1,50/1,80 metros en las
patas posteriores (siempre el
macho). Es independiente y
nocturno. Come por el 90%
vegetales, sobre todo en otoño
y en verano, pero también pequeños animales.
Once we arrived, we crossed
the village and reached the
beginning of the track that
would lead us to our destination. Before leaving the
guides taught us how to read
a map that helped us to get
to the farm restaurant. While
we were going up the hill the
guides taught us a lot of in-
teresting things about nature.
Every now and then we played
games, in one of these I made
friends with Margherita, at
present one of my best friends.
Once we arrived we sat at the
table and ate a big plate of
pasta. We had a dessert too!
Ludovica and Viola’s birthdays were in that period, so
our English teacher prepared
two cakes: they were delicious!
While we were walking down
the mountain our guide
showed us “I corni di Canzo”:
the legend says they were the
devil’s horns! Once we arrived down the mountain the
guides gave us a diploma.
Even if this trip was very tiring, I had a lot of fun with my
new class mates!
Martina Monacelli, 1ª B
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
INSERTO
STRATIEPOLO
I Loghi vincitori
del Concorso 2015
1˚ Classificato:
Leonardo Bracchetti 3ª B
2ª classificata:
Carola Benedetto 2ª B
3ª classificata:
Sofia de Conciliis 3ª B
15
16
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
I Temi vincitori del Concorso 2015
Titoli:
Comune a tutte le
classi:
1 - Un frigorifero racconta.
potrebbe aiutarlo nelle sue difficoltà quotidiane o a risolvere un
problema.
3 - Pensa ai tuoi compagni di
classe e ad ognuno di loro abbina un cibo o un piatto che corrisponda al suo carattere.
Classi Prime:
2 - Scrivi un racconto o una fiaba in cui il protagonista si mette
alla ricerca di un cibo particolare o di un ingrediente che
I vincitori e i
segnalati:
Classi Prime:
Classi Seconde:
2 - I cibi ci permettono di sperimentare sapori nuovi, di prova-
3ª F: Gaia Tsegai
3ª H: Micol Fignon
3ª I: Livia Martinelli
1˚ Classificato: Matteo
Testa, 1ª G
2ª Classificato: Asia Selvi, 1ª I
3ª Classificato: Alessandra Zanzi, 1ª L
Segnalati:
I testi dei temi
vincitori
Classe 1ª - Tema 1
1ª A: Bianca Rinaldi
1ª B: Martina Monacelli
1ª C: Filippo Narici
1ª D: Giulia Lualdi
1ª E: Carlotta Cavallini
1ª F: Lorenzo Corterappis
1ª H: Anna Sinico
Classi Seconde:
1ª Classificata:
Kalkidan Gardenal, 2ª D
2ª Classificata:
Alessandra Corna, 2ª H
3ª Classificata:
Costanza Franchini, 2ª F
Segnalati
2ª A: Olimpia Ferrari
2ª B: Matilde de Conciliis
2ª C: Giorgia Pagnotta
2ª E: Sofia Sanguini
2ª G: Giulio Tettamanti
2ª I: Alvise Fedele
2ª L: Leonardo Rilasciati
Classi Terze:
1ª Classificata:
Rossella Ferrara, 3ª L
2ª Classificata:
Anna Zaghi, 3ª G
3ª Classificata:
Veronica Guerra, 3ª E
Segnalati
3ª A: Sebastiano Vena
3ª B: Maria Sole Di Capua
3ª C: Giacomo Zanchetti
3ª D: Sofia Piccinelli
B
uongiorno, sono un frigorifero che vive in una
villetta in campagna.
I miei coinquilini sono quattro: Giancarlo il papà, Lucia la
mamma, Maria la smorfiosa e
Marco la peste. Il più simpatico è Giancarlo, il papà, perché
è sempre calmo, mentre Marco
la peste mi lascia sempre aperto, così arriva Lucia la mamma
che sbatte lo sportello per chiudermi e urla a Marco. Maria la
smorfiosa, invece, mi riempie di
calamite delle principesse e delle
fatine che a me non piacciono.
Il mio giorno preferito è il lunedì perché Lucia compra il pollo
che ha una odore buonissimo ed
è il mio migliore amico. Chiacchieriamo tutto il giorno e giochiamo a ghiacciolo, un gioco
simile a briscola, con le figure
delle carte incise sui ghiaccioli.
Il martedì è il giorno più brutto perché ci sono i broccoli che
sono puzzolenti e antipatici; mi
danno fastidio tutto il giorno e
fanno i bulli con le mozzarelle.
Il mercoledì Lucia la mamma
va a comprare il gorgonzola,
che a me è simpatico ma puzza
moltissimo e tutti lo escludono. Il giovedì è il giorno più
noioso perché arrivano le uova
che dormono tutto il tempo e
fanno scherzi a chiunque parli
o le svegli. Il venerdì di solito
c’è il gelato che è molto dolce e
gentile, sempre disposto ad aiutare gli altri, però un giorno dei
broccoli e delle uova avanzate
hanno preso la coppetta del gelato e me l’hanno spalmata tutta
nell’interno e quando è arrivata
Lucia la mamma ha dato la col-
re gusti e sensazioni diverse, di
compiere, attraverso l’alimentazione, un vero e proprio viaggio:
racconta una storia legata ad un
cibo che ti ricorda un luogo,
una persona o un avvenimento
speciale.
3 - C’è una stretta relazione tra
il cibo e gli affetti: chi prepara il
cibo investe tempo, fatica e fantasia per preparare piatti gustosi
e sani, per dare gioia e benessere
ai propri cari. Descrivi il mo-
pa a Marco la peste. Il sabato e la
domenica sono giorni di riposo,
ma una volta è arrivato il tiramisù, che chiacchiera moltissimo,
non smetteva più di chiacchierare, mi ha tenuto sveglio tutta
la notte! Per fortuna il gelato si è
offerto di farsi scrivere sopra che
non volevo mai più un tiramisù
dentro di me.
I giorni più odiosi sono quando i miei coinquilini vanno in
vacanza e non ho cibi dentro di
me e non so cosa fare. Qualche
volta quando sono particolarmente annoiato vado a visitare
l’aspirapolvere nello sgabuzzino. L’aspirapolvere è molto simpatico, ma è lo sgabuzzino che
non mi piace perché è buio ed
è soffocante, quindi solitamente
vado via dopo due minuti.
La cosa peggiore è quando i
miei coinquilini si dimenticano
un cibo e mi staccano la spina; è
veramente brutto essere seguito
per tre settimane da una puzza
tremenda e da un cibo che ammuffisce dentro di te.
Alla fine la vita di un frigo può
sembrare monotona, ma in realtà è veramente movimentata.
Matteo Testa, 1ª G
Classe 2ª - Tema 2
I
l cibo, per alcuni, può essere
visto come fonte di stress e
di problemi, può essere un
oggetto su cui sfogare le proprie
tensioni, senza però apprezzarlo
a fondo. Quando invece ci ricorda un luogo o una persona,
il valore del cibo cambia sfumatura e diventa un filo che collega
due mondi diversi: la realtà e il
ricordo. Arrivare ad adattarmi a
un paese nuovo con lingua, tradizioni e usanze diverse è stato
impegnativo. Credere di non
riuscire, di sbagliare, di non essere accettata, queste sono state
le mie prime sensazioni.
Ma la gioia e l’allegria iniziavano a insorgere nel mio cuore
perché, agli occhi scuri e colmi
di spavento di una piccola bam-
mento del pranzo o della cena
a casa tua, sottolineando quale
ruolo riveste nei rapporti tra te
e la tua famiglia.
Classi Terze:
2 - Mai come in questo periodo il cibo è spesso al centro dei
nostri interessi: cuochi, EXPO,
alimenti naturali o esotici, piatti
e ricette… qual è il tuo rapporto
col cibo, cosa ti piace? Hai intebina, questo era il mondo perfetto, un mondo dove trovare di
nuovo speranza.
La speranza è giunta ancora
anni dopo, quando la mia famiglia mi ha portato ad assaporare
un piatto tipico della mia regione nativa. Andare in un luogo
dove ciò che mi circondava era
un ricordo è stato come essere
attraversata da milioni di scosse
ognuna composta da memorie.
Assaggiare un pezzo di quel
cibo e chiudere gli occhi mi ha
emozionato, nella mia mente
comparivano innumerevoli flashback in cui vedevo il mio paese
nativo, i suoni, i colori e il volto
delle persone a me più care e le
loro braccia tese nel vano intento di trarmi a sé e stringermi in
un abbraccio infinito.
Inizialmente è stato doloroso
vedere la mia gente, il villaggio e
capire che non ero con loro, ma
il dolore, in seguito, è diventato
piacere e, infine, gioia all’idea di
essere riuscita a vedere ancora
una volta ciò a cui tenevo di più.
Quando ho riaperto gli occhi, le
immagini hanno iniziato a sbiadire per poi sparire. Conservo
ancora questa piccola ma interminabile frazione di secondo
di contatto con la mia ‘vecchia’
vita.
Non dovremmo disprezzare il
cibo perché esso è vita, è fantasia, è ricordo, è condivisione,
soprattutto questo, condividere
il cibo e tutto ciò che fa parte
della vita nel bene e nel male.
Kalkidan Gardenal, 2ª D
Classe 3ª - Tema 3
U
n libro che mi ha aiutato a vedere il mondo
in un’altra prospettiva e ha “nutrito la mia anima”
è stato Se Arianna. Racconta
la storia di una bambina, e poi
resse per la cucina di altri paesi?
Tu cucini e, se sì, perché?
3 - C’è un libro, film o canzone
che ha rappresentato per te nutrimento dell’anima in quanto
ti ha fatto riflettere, vedere il
mondo intorno a te con altri
occhi o semplicemente vivere delle emozioni? Racconta
evidenziando le sensazioni e i
pensieri che tale esperienza ha
suscitato in te.
ragazza, cerebrolesa, che è quindi incapace di comunicare e di
interagire con il mondo esterno. La sua vita è raccontata dai
familiari: la madre, il padre, la
sorella e il fratello; ognuno vive
la difficile situazione in maniera particolare e, raccontandola,
offre al lettore una visione quasi completa della loro vita, con
un’unica eccezione: Arianna,
che non scrive.
Leggendolo sono rimasta molto
colpita, pensando al fatto che a
tutti sarebbe potuto capitare di
nascere cerebrolesi, o con altre
malattie gravi; infatti Arianna
nasce prematura, ma sana e,
causa alcune complicazioni nei
giorni seguenti, ha una emorragia cerebrale, che danneggia
in modo permanente il suo sistema nervoso e quindi molte
funzioni del corpo. Ogni pagina del libro mi ha dato qualcosa, ha nutrito la mia anima e la
mia mente, facendomi crescere
sotto il punto di vista della sensibilità e aiutandomi a eliminare
molti dei miei pregiudizi verso
i malati e le loro famiglie. Avevo sempre pensato infatti che la
loro fosse una vita triste e senza speranza, ma grazie al libro
ho capito che tutto dipende da
come ognuno di noi reagisce.
Ho capito anche che i malati e
i sani non sono due mondi separati, ma che si intrecciano e
spesso si legano strettamente
l’uno all’altro. Uno dei messaggi che il libro ci manda, e che
mi ha molto colpito, riguarda
infatti “gli altri”, cioè noi. Quando nasce Arianna e subito dopo
subisce l’emorragia interna, i
familiari e gli amici di Anna e
Davide, i genitori, non li aiutano, anzi, non si fanno quasi più
sentire, lasciando la nuova famiglia da sola, priva di sostegno,
sia concreto che morale; spesso
infatti basterebbe molto poco,
per esempio un sorriso, per ridare speranza e nuova forza.
Un passo che ha lasciato un segno in me riguarda il fratello di
Arianna, Daniele. Il ragazzo è
geloso della sorella e si lamenta
con la tata del fatto che, mentre
lui è costretto a studiare e a fare i
compiti, lei è seduta a mangiare,
aiutata e coccolata dalla mamma e dalla baby-sitter; quest’ul-
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
tima allora lega le mani e i piedi
di Daniele, lo fa sdraiare per
terra, costringendolo quindi
all’immobilità, dopodiché, con
del nastro adesivo, gli chiude la
bocca, rendendogli impossibile
la comunicazione. Ricrea così
la situazione di Arianna, il cui
corpo non risponde ai comandi
del cervello ed è quindi completamente dipendente da altri.
Questo passaggio è stato per
me molto importante, perché
mi ha aiutato a capire concretamente le condizioni di Arianna
e di tutti i ragazzi come lei. Nonostante l’argomento delicato,
gli autori riescono a far ridere il
lettore, raccontando semplice-
mente la loro vita quotidiana,
che è molto simile a quella di
molti altri, malati e non, anche
se ovviamente presenta particolarità uniche. Ognuno ha infatti
qualcosa che lo contraddistingue, che può essere anche una
malattia.
Un elemento che secondo me
aiuta nella comprensione del
libro è il titolo; con solo due
parole, esprime una domanda
che da sempre tormenta chi conosce o vive queste situazioni.
“Se Arianna fosse stata diversa
da com’è, cosa sarebbe successo?”. Questo si chiede la madre
in una delle innumerevoli not-
ti in bianco; questo si chiede il
padre, quando la figlia è sotto
anestesia per uno dei moltissimi
interventi a cui si deve sottoporre; questo si chiedono i fratelli,
spesso vittime dei pregiudizi dei
compagni. E probabilmente è
questo che si domanda anche
Arianna, “incatenata” alla sua
immobilità e al suo silenzio.
Questo ha provocato in me
numerosi emozioni. Tristezza,
perché la situazione di Arianna
è senza uscita, ma anche speranza, perché qualcosa che può
cambiare esiste, ed è il nostro
comportamento. Una parola
di conforto, una visita, un messaggio sono solo alcune delle
tantissime azioni che possiamo
compiere per aiutare.
Dopo aver letto questo libro,
ho capito che anche io posso
essere in qualche modo utile.
Conosco infatti un bambino
come Arianna, che frequenta
con la famiglia la nostra parrocchia. Avevo sempre pensato
fosse incapace di riconoscere gli
stimoli del mondo esterno, ma
ho provato a fargli una carezza e
ho capito quanto mi sbagliavo.
Lui ha sorriso, e mi ha stretto la
mano. Ciò mi ha molto commosso, e ho notato come anche
i genitori provassero la stessa
emozione. Ho scoperto come
17
può essere gratificante aiutare,
e ormai la domenica passiamo
sempre qualche minuto insieme, dando così ai genitori la
possibilità di avere un po’ di
tempo per rilassarsi. Le magie
di una carezza…
Rossella Ferrara, 3ª L
Alcuni disegni che rappresentano il
piatto preferito realizzati dalle classi
seconde della prof. Bertagnolli.
Alessandra Zanella, 2a E
Niccolò Rapetti, 2a B
Sofia Canali, 2a A
Lucrezia Maniero, 2a A
Ludovico Chieselli, 2a A
Gaia Orsenigo, 2a E
Erica Della Monica, 2a E
L’invenzione della Nutella
I
l dio Ferrero, dall’alto dei
cieli, un giorno vide che i
bambini erano tristi perché pioveva e non potevano
andare a giocare fuori. Allora,
siccome non aveva il potere
di annullare le piogge, decise di far cadere sulla terra del
cioccolato. Mentre scendeva,
l’acqua si mischiò al cioccolato formando così una cremosa
combinazione.
brica con il suo nome. Questa
crema fu poi chiamato Nutella come il nome della prima
bambina che la assaggiò.
I ragazzi rimasero estasiati dalla bontà della crema e fu così
che il dio, vedendo la felicità
dei bambini, edificò una fab-
Andrea Carini e
Pietro Maravita, 1a E
L’origine degli orsetti Haribo
N
el 1920, nei dintorni
della città di Bonn, in
Germania, si aggirava
un branco di orsi che era solito
attaccare la città; in particolare il loro cibo preferito erano i
bambini: ne mangiavano a decine ogni volta.
In quel periodo, a Bonn, la paura in tutte le famiglie era tale che
molti avevano il timore di fare
figli per il rischio di perderli.
Il dio Haribo, che difendeva la
felicità dei bambini, si arrabbiò
molto con gli orsi. Con l’approvazione degli altri déi volle fargliela pagare: ci provò una prima volta ma non ci riuscì. Allora
ad Haribo venne un’idea geniale: trasformare gli orsi in orsetti
gommosi di molti invitanti colori. Così a Bonn ricominciarono a nascere nuovi bambini che
si vendicarono mangiando tutti
gli orsetti gommosi.
E questa è l’origine delle caramelle Haribo.
Matilde Comoletti e
Margherita Polidoro, 1a E
Olimpia Ferrari, 2a A
Progetto grafico della 1ª H
18
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Le foto vincitrici
del Concorso 2015
1o classificato:
Luce sul cibo
Giacomo Zanchetti,
3ª C
In questa foto ho deciso di rappresentare il fatto che spesso l’unico problema ad essere presentato è la scarsità di cibo nel nostro
pianeta, ma questo è vero solo in parte. Il cibo non scarseggia, il
problema è che è mal distribuito. Per questo ho deciso di fotografare la mano che cerca di afferrare il cibo e cioè la possibilità che
tutti gli abitanti del mondo possano nutrirsi; la mano però è solo
un’ombra perché viene dimenticata e messa in secondo piano. Il
cibo invece è rappresentato da alcuni frutti (i frutti della Terra),
che rappresentano il cibo nel mondo (i limoni del Mediterraneo,
i pomodori e l’avocado del Sud America, ecc.). Lo sfondo blu indica l’acqua, che è indispensabile per sopravvivere e per coltivare
la terra. Ho cercato infine di inserire solo colori primari per indicare come la distribuzione del cibo dovrebbe essere semplice ed
essenziale. Il cibo ha bisogno delle nostre cure come noi abbiamo
bisogno di lui.
2ª classificata:
Il mercato delle Spezie
Beatrice Gianoli, 2ª D
Questa foto, scattata in Egitto, vuole essere ricca di colori e di sapori.
3ª classificata:
Vianca Matining, 1ª C
Il cibo è la strada
per conoscere
nuove culture
Come sappiamo, tutti sono diversi, anche nel modo di
cucinare. In questa foto il riso sopra il cucchiaio rappresenta il
mondo, mentre sotto ci sono due tipi di pasta, quella italiana
e quella cinese. Perché è possibile conoscere nuove culture
anche attraverso il cibo.
LA VOCE DELLA SCUOLA
19
T I E P O L O
L’eclissi
05/
Miti e leggende sull’eclissi di Sole e sull’equinozio di
primavera.
Attualità
Foody, mascotte di Expo, collage con gomme e panno realizzato dalle classi 2a A e 2a B
Il cibo dell’anima
A
febbraio la nostra
classe ha svolto
un laboratorio di
poesia sul tema “Il cibo
dell’anima” in collaborazione con Galdus, che ogni
anno propone un concorso letterario scolastico legato alla manifestazione
Bookcity. L’argomento del
concorso e del laboratorio
di quest’anno era chiaramente ispirato all’Expo
con tema “Nutrire il pianeta”.
Durante due incontri la
nostra classe è stata seguita da un esperto che ci ha
aiutato nelle letture e ci ha
fatto riflettere sulle diverse
poesie scelte. A ogni lezione l’esperto leggeva delle
poesie di diversi autori, che
spaziavano da Shakespeare
a Rodari, tutte in qualche
modo connesse al tema
delle diverse caratteristiche delle persone, tra cui
in particolare la curiosità e
le passioni. E dopo aver letto e commentato le poesie,
discutevamo insieme sui
temi suggeriti dall’esperto,
facendo diverse considerazioni sul significato e sullo
scopo dei testi proposti.
A conclusione di queste lezioni, la nostra insegnante
di Lettere ci ha iscritto al
concorso e ognuno di noi
ha realizzato una poesia
o un elaborato in prosa
sull’argomento trattato.
Io ho deciso di partecipare
al concorso con una poesia sulla mia passione per
il pianoforte, che è il mio
“cibo dell’anima”.
Studi di packaging per confezioni di alimenti della 2a E
Giulio Duva, 1ª A
N
el corso della storia, le eclissi solari
sono state vissute
con timore e associate a miti
e superstizioni. In Vietnam
si pensava che una gigantesca rana stesse divorando il
Sole, mentre nell’antica Cina
la gente credeva fosse opera
di un drago celeste affamato.
Una favola dei vichinghi narra che il dio del sole, Sol, viene
continuamente inseguito dal
lupo Skoll e quando l’animale riesce a catturarlo avviene
un’eclissi solare: quindi durante l’eclissi la gente faceva
un sacco di rumore, sbattendo
insieme pentole e padelle, per
spaventare il lupo e far ritornare il Sole. Nell’antica Grecia
l’eclissi solare era interpretata
come un segnale negativo: si
pensava che gli déi fossero arrabbiati con gli uomini e che
l’oscuramento del cielo rappresentasse l’incombere di disgrazie; la parola ‘eclissi’ deriva in effetti dal greco ekleipsis,
che significa “nascondersi”.
Una leggenda della popolazione batammaliba, originaria
della zonna del Benin e del
Togo in Africa occidentale,
narra che durante l’eclisse il
Sole e la Luna combattono, e
l’unico modo per fermare il
conflitto è che anche le persone sulla Terra risolvano le loro
divergenze.
Qualche superstizione però
offre anche un’interpretazione positiva dell’eclissi: e siamo
proprio noi! In Italia è infatti
credenza popolare che i fiori
piantati durante un’eclissi solare crescano più luminosi e
più colorati! Gli antichi Celti davano molta importanza
ai fenomeni del cielo e, tra
questi, l’eclissi di Sole era uno
dei più celebrati: essa veniva
percepita come la morte della
vita sulla Terra, nell’abbraccio della sua morsa di buio e
di freddo, ma lo stesso evento
prometteva la sua resurrezione
quando il Sole invitto avrebbe preso il sopravvento sulla
Luna riportando nuovamente
L’eclissi vista da scuola
vamo mai visto un’eclissi di
Sole, ed è stata un’esperienza
davvero emozionante, specie
vissuta insieme ai miei compagni! Anche la prof. era lì
con noi ed era impegnatissima a scattare le foto durante
le varie fasi del passaggio della
Luna davanti al Sole.
La prossima eclissi di Sole visibile dall’Italia si verificherà
solo nel 2026! Non voglio
perdermela! E speriamo che
ci sia bel tempo!
La mattina del 20 marzo io e i
miei compagni non facevamo
che scrutare il cielo sperando
che le nuvole si diradassero.
Eravamo impazienti di osservare quello strano fenomeno
astronomico per il quale ci
stavamo preparando da molti giorni: l’eclissi di Sole! La
nostra prof. di scienze ci aveva
procurato degli speciali occhialini oscurati con i quali
avremmo potuto osservare il
Sole senza subire danni agli
occhi, ma era necessario che le
nuvole se ne andassero!
Finalmente, verso le 10, la nostra prof. ci ha fatti avvicinare
a una finestra del corridoio,
abbiamo indossato gli occhialini e… non si vedeva niente!
Era tutto nero! Ma, no! Ecco
finalmente uno “spicchio”
di Sole arancione! Non ave-
La 1ª H
L’eclissi vista dalla Provenza
Noi invece abbiamo osservato
l’eclissi durante la nostra gita
in Francia: infatti la mattina
del 20 marzo eravamo ad Arles, ma ci eravamo preparati
portando in valigia gli speciali
luce, vita e calore sul pianeta.
Inoltre, l’equinozio di primavera, avvenuto proprio il
20 marzo, è legato in tutto il
mondo ai concetti di fertilità,
resurrezione, rinascita: la natura si risveglia, i fiori sbocciano ovunque, è il tempo della
costruzione dei nuovi nidi. E
proprio a marzo avvengono,
in tutte le religioni del mondo, festeggiamenti relativi a
questo tema. Anche il nostro
uovo di Pasqua, di origine pagana, ha proprio il significato
di propiziare la rinascita della
vita.
La 2ª H
occhialini oscurati. All’inizio
era nuvoloso e non si vedeva
nulla: eravamo un po’ preoccupati di non riuscire nel
nostro intento, ma la nostra
pazienza è stata premiata:
finalmente dietro le nubi
abbiamo iniziato a vedere il
Sole, o meglio, uno spicchio
di Sole! Quando la luce ha
cominciato ad essere troppo
intensa (perché il cielo si era
rasserenato) abbiamo indossato gli occhialini. E ciò che
abbiamo visto è stato bellissimo! Col passare del tempo
lo spicchio di Sole è diventato sempre più piccolo fino
ad assomigliare ad un sorriso,
per poi “riempirsi” di nuovo.
È stata per tutti noi un’esperienza entusiasmante che non
dimenticheremo mai!
La 3ª H
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Punti di vista trascurati
Le diverse realtà
del nostro pianeta
U
n giorno sono andata
al cinema a vedere un
film che parlava di tre
ragazzi costretti a vivere nelle
discariche del Brasile. Il fulcro
di questo film non era però
il problema del luogo in cui
vivevano questi ragazzi, ma
quello della violenza dei poliziotti contro i cittadini. A me
invece interesserebbe di più
parlare del futuro di questi ragazzi. Dopo avere vissuto metà
della loro vita a lavorare tra i
rifiuti e a prendere cibo scartato da altri per non morire di
fame; dopo avere trascorso la
loro infanzia abbandonati da
tutto e da tutti, costretti a vivere in luoghi sporchi e pieni
di immondizia, cosa diventeranno da adulti? Cosa potranno essere, se non delinquenti
e violenti? Se fossi in loro io
non sarei per niente felice e da
grande di sicuro non diventerei avvocato, medico, banchiere.. Secondo me è spesso così
che nasce la delinquenza.
Io sinceramente non so come
risolvere questo problema, ma
un’idea ce l’ho: bisognerebbe
far capire a tutto il mondo che
c’è gente là fuori che ha bisogno di aiuto, non siamo tutti
ricchi, e c’è qualcuno che è
più sfortunato di noi. C’è chi
si lamenta davanti a un piatto
di minestra caldo (anche io
Classi terze A, B, E
Sarebbe facile dare la colpa di
questo al governo brasiliano,
che usa i soldi per costruire gli
stadi di calcio invece che usarli
per migliorare stabilmente le
condizioni della popolazione.
Ma naturalmente non sono
solo questi i ragazzi che hanno problemi: in tante parti del
mondo ci sono giovani che
conducono questa vita, ed è
difficile aiutare tutti.
G
lo faccio) ma non pensiamo
a quanto un bambino povero
desideri quel piatto. È per questo motivo che il telegiornale
deve parlare di questo problema, perché non riguarda solo
questi ragazzi, riguarda anche
tutti noi. Posso comprendere
che è una situazione delicata,
ma io sono solamente una ragazzina, come faccio a trovare
da sola una soluzione a un problema grande come questo?
Però sono certa che dobbiamo
aiutare queste persone, perché anche loro devono avere
un’opportunità per diventare
qualcuno: noi ce l’abbiamo
questa opportunità, per favore
diamola anche a loro.
Sofia Sanguini, 2ª E
razie ai numerosi mezzi di comunicazione a
nostra disposizione,
siamo in contatto con le più
diverse realtà presenti sul nostro pianeta. Abbiamo la possibilità di osservare immagini
di paesi sviluppati, con strade invase dalle automobili, e
di paesi sottosviluppati, con
case di terra e paglia e fognature all’aperto. Con il termine
“sviluppo” s’intende una condizione economica e sociale
in cui il tenore di vita è alto
e l’economia, è generalmente
stabile o in crescita e presenta
tutti i settori sviluppati. In un
paese sottosviluppato invece,
il tenore di vita è molto basso, a causa della mancanza o
inefficienza dei servizi o dello Stato stesso: carenze negli
ospedali, nelle scuole, nelle vie
di comunicazione. Un altro
segnale di sottosviluppo è il
fatto che gran parte della popolazione è impiegata nel settore primario, evidentemente
praticato ancora con mezzi
rudimentali.
Nei paesi sottosviluppati invece, vige spesso una dittatura o
un governo militare. Guerre e
guerriglie sono molto comuni,
e sono causate soprattutto da
motivi etnici ed economici.
Molti stati a causa del colonialismo, hanno infatti confini
rettilinei, che dividono tribù
e obbligano a convivere etnie diverse. Anche a causa di
questi conflitti la popolazione
vive precariamente, rischiando di perdere da un giorno
all’altro il frutto del lavoro di
una vita.
Spesso però i paesi sottosviluppati hanno anche alcune
caratteristica positiva che
andrebbe “importate” negli
Stati sviluppati. Una di queste, forse la più importante, è
il ritmo più lento e “umano”,
dell’esistenza. Nei paesi evoluti si cade invece spesso nell’estremo opposto: la vita scorre
a un ritmo frenetico, e tutto è
basato sulla competitività. Da
ciò dovremmo capire quanto
gli estremi siano sempre pericolosi, e che un compromesso
sarebbe la soluzione ideale. Vivendo in un paese sviluppato,
conosco abbastanza bene questa realtà, e sono abituata agli
agi e alle comodità. Per questo quando osservo immagini
particolarmente significative
del cosiddetto “terzo mondo”,
rimango colpita dalla fortuna
che ho avuto nel nascere nel
luogo giusto e nel momento
adatto. Questa convinzione è
maturata in me dopo una visita in una baraccopoli sudafricana, la township di Imizamu
Yetu: case ricavate da vecchi
container, fognature per strada e grossi ratti morti proprio
là dove giocano i bambini; la
cosa che mi ha colpita di più
però, è stata l’allegria dei loro
sguardi: nonostante tutto si
stavano divertendo, ed erano
felici.
Rossella Ferrara, 3ª L
Livia Pantarotto, 1a L
20
Chi è l’animale?
S
econdo me nei telegiornali non si parla abbastanza dei traffici degli
animali. Ogni giorno molti
animali muoiono solo perchè
il loro traffico porta tanti soldi
nelle tasche dei delinquenti e
questo dovrebbe essere detto
alla tv. Se ogni giorno si sente
al telegiornale la notizia di una
persona morta, perchè non
bisogna sentirla anche di un
animale morto se, come noi,
sono esseri viventi che hanno
sentimenti ed emozioni? Non
sto dicendo che bisogna mettere dieci notizie, ma almeno
due o tre, giusto per far sapere
alla gente quello che succede
in Italia.
Secondo me però non hanno
colpa solo i telegiornali, ma
anche lo Stato Italiano, che
dovrebbe mettere più controlli lungo le strade e dare
informazioni sulle sanzioni in
cui si può incorrere. Un mio
consiglio è quello di fare delle
campagne contro i traffici di
animali e conferenze gratuite
in cui si informa la gente di
queste brutte cose. Infatti questi traffici non sono solo pericolosi per gli animali ma anche per noi. Se per sbaglio un
serpente velenoso scappasse,
potrebbe venire nelle nostre
case e morderci. Non sarebbe
poi cosi facile salvare la persona perchè all’ospedale hanno
solo gli antidoti per i serpenti
del nostro territorio. Questo è
un motivo in più per far sape-
re alla gente di questi traffici,
perchè se sapessero che la loro
vita potrebbe essere in pericolo, magari si interesserebbero
di più.
Inoltre bisognerebbe convincere le persone a non comprare pelle vera perchè è inutile
uccidere un animale solo per
essere alla moda. Più si comprano queste cose, più si incoraggiano i bracconieri a uccidere gli animali. Per esempio
i rinoceronti sono a rischio
di estinzione solo perchè i
bracconieri continuano a ucciderli per prenderne la pelle e
il corno.
Esiste poi il problema degli
abbandoni, che in questo periodo sono troppi. Io vorrei
far capire alle famiglie che
prendere un cane o qualsiasi
altro animale è un impegno
che implica responsabilità. Ho
letto su internet che molte famiglie con un animale, appena
fanno un figlio, decidono che
l’animale non può più stare
con loro e lo abbandonano.
Questa cosa non è per niente
giusta, e se proprio non si può
più tenere l’animale perchè dà
problemi al bambino, abbandonarlo non è la soluzione:
ad esempio si potrebbe cercare una famiglia che lo voglia
accogliere o, se proprio non si
riesce a trovarne una, lo si può
portare al canile.
Riguardo ai canili, ho notato
che lo Stato Italiano non se
ne preoccupa come dovrebbe.
Sono affollati, brutti e sporchi
e per i cani non è certo un bel
posto in cui divertirsi e giocare. Consiglierei ai politici con
un cuore di non usare il loro
enorme stipendio solo per
loro, ma anche per aiutare gli
altri. Vorrei dire, infine, una
cosa alle famiglie con i cani e
i gatti: non fate fare ai vostri
animali dei figli se poi non li
potete tenere.
Matilde Troncato, 2ª E
LA VOCE DELLA SCUOLA
21
T I E P O L O
Quel “quasi” che chiamano
adolescenza
06/
a cura della 3ª D
Noi tra
passato e
futuro
C
rescita, disagio, emozione, omologazione,
amore… Quante parole ruotano intorno al mondo
misterioso dell’adolescenza,
che sfugge ad ogni definizione. E gli adolescenti come la
pensano in proposito? Spunti,
idee e riflessioni di adolescenti
sull’adolescenza nelle parole
dei suoi protagonisti.
L’adolescenza ci fa sembrare
come delle merendine confezionate: tutti con lo stesso
aspetto, come incartati allo
stesso modo; tutti vestiti con
le stesse marche, con lo stesso
stile; talmente abituati a vedere solo determinati modelli che ci piacciono per forza
le stesse cose: libri, musica,
vestiti. Perché, quando si è
alla ricerca di se stessi, si cerca negli altri ciò che ci piace,
sbagliando e finendo per copiarsi vicendevolmente senza
con questo trovare sé. Dunque l’adolescenza è una sfida,
sfida che per la prima volta
non è più contro qualcuno,
ma contro se stessi. Affrontare
le sfide da soli però spaventa
molto, quindi ci si unisce agli
altri, come se insieme si potesse superare meglio la difficoltà
ed evitare la sconfitta. Infatti
un’altra caratteristica tipica
del periodo adolescenziale è la
paura di essere sconfitti, anche
se non si sa bene da cosa: per
questo durante l’adolescenza
si instaurano rapporti e legami che a volte si mantengono
per tutta la vita. E forse questo
è uno degli aspetti più importanti dell’adolescenza, perché
per far fronte a certi problemi,
cerchiamo l’appoggio nei nostri amici, da cui spesso non
vogliamo veri consigli, ma con
cui abbiamo solo bisogno di
parlare, sfogarci, dire la nostra
opinione.
Federica Stella
Caro Diario,
beato te che non patisci le pene
dell’adolescenza! Da qualche
tempo tutto in me sta cambiando: dalle idee alla mia imma-
gine, perfino i miei desideri, la
mia spensieratezza. Presto più
attenzione alla mia immagine
esteriore e alle mie paure. Mi
sono accorto che manca qualcosa in me, come una soddisfazione che forse riuscirò a trovare
solamente più in là. Mi rendo
conto che dagli abiti che indossi
puoi essere considerato un poveraccio o un ragazzo per bene.
Inizio a comprendere che ciò che
piace agli altri, non piace a me,
ma il mio istinto è spesso sostituito dall’impegno di compiacere gli altri: non sono più me
stesso, ma mi comporto in modo
tale da essere accettato. Non so
se questa sia la vera adolescenza, ma di certo vorrei tornare
a quella serenità interiore che
avevo durante l’infanzia.
Matteo Tempera
L’adolescenza può essere
guardata da molti punti di
vista e alcuni la considerano
addirittura in modo negativo,
perché è un’età in cui si incomincia a sentirsi in difficoltà
con gli amici e soprattutto
con i genitori: tutte le imprese
sembrano più grandi di noi e
ci abbattono, apparendo impossibili, prive di fine, senza
nessuno che ci aiuti o che ci
veda. Poi invece ci si riprende,
come se qualcosa ci obbligasse
a risalire; allora si aprono gli
occhi e ci si accorge che tutti
ci sono sempre stati accanto: coloro che pensavamo ci
avessero escluso non ci hanno
in realtà mollato mai, i nostri
genitori hanno sempre creduto in noi. Tutti i rischi che abbiamo affrontato hanno dato
i loro risultati, e anche quello
che ci ha deluso abbiamo imparato ad accettarlo.
Certamente infatti l’adolescenza non è fatta solo di bei
momenti, ma anche di lezioni di vita difficili, che a volte si possono trasformare in
opportunità per superare gli
errori. E per fortuna ad aiutarci ci sono i veri amici, che
ci sostengono e ci completano con il loro punto di vista
ricco di idee e giudizi diversi
dai nostri. Ecco il motivo per
cui esistono gli amici: senza
di loro nel mondo vedremmo
solo noi stessi, pieni di difetti
e di cattive abitudini difficili
da cambiare. L’adolescenza è
un “quasi”, non si è perfettamente grandi e colti, non si
sono apprese tutte le lezioni di
questo mondo; non se è ancora del tutto completi: a questo
serve crescere e imparare perché questo “quasi” diventi un
tutto.
Carlo Ferroni
L’adolescenza: un periodo difficile, delicato, complesso. Noi
ci sentiamo diversi, più chiusi
verso gli altri, ma anche più
aperti al mondo. I nostri genitori non vedono l’ora che passi, non ci capiscono, non sanno cosa fare con noi, mentre a
noi sembra che nessuno riesca
a capirci, che gli unici con cui
possiamo confidarci siamo noi
stessi e ci sentiamo soli come
non lo siamo mai stati.
L’adolescenza è il Medioevo
della nostra vita; molti pensano che sia un periodo buio
e poco importante, invece
(come ci insegna la storia) è la
fase in cui si gettano le basi per
una rinascita e ci si prepara per
la vita futura.
Sofia Corradino
Una delle tematiche più calde dell’adolescenza è quella
dell’‘essere’ e dell’‘apparire’.
Di solito, il primo criterio di
valutazione di un adolescente nei confronti dell’altro è il
modo di apparire. Spesso, questo cambia il carattere e il comportamento di un ragazzo,
perché, se non si adegua agli
altri, rischia di rimanere fuori
dal gruppetto “in”, quello dei
ragazzi più ‘fighi’. È come la
legge di Darwin: l’organismo
si adegua alla situazione in cui
si trova per non soccombere
e scomparire, perché quelli
troppo deboli ‘si estinguono’.
Inoltre, altro cruccio dell’adolescenza è l’affettività, l’attrazione, il corteggiamento,
l’innamoramento. A questa
età infatti si iniziano a vivere
le prime “esperienze amorose”, i primi innamoramenti.
Dal mio punto di vista tutto
maschile, penso che, per farti
considerare da una ragazza,
devi essere “sgamato”, sempre
pronto, anche con qualche
battuta stupida, ed avere quella marcia in più, che però non
so ancora bene in che cosa
consista. Il corteggiamento
ad alcuni ragazzi viene naturale ed estremamente facile,
perché possiedono un’innata
comicità oppure una ‘divina’
bellezza. Per tutto il resto dei
comuni mortali, ci vogliono
mesi ed addirittura anni per
riuscire a strappare un sorriso
a una ragazza, quando sono
così fortunati da riuscire nell’
intento. Insomma, la vita di un
adolescente è basata principalmente sulle apparenze e sulle
illusioni, a volte anche sulle
bugie, ma nel fondo restiamo
quel che siamo veramente e
di lì guardiamo ‘oltre la siepe’,
verso il nostro infinito, che si
rivelerà in futuro.
Filippo Toniolo
Che cos’è l’adolescenza? Se
facessero un sondaggio nelle
scuole, la maggior parte dei ragazzi risponderebbe “diventare grandi”, oppure “comincia-
re ad essere se stessi”: ma cosa
vuol dire “essere se stessi? Di
certo non vuol dire cercare di
sembrare più grandi, o di conquistare popolarità ai danni
degli altri. Perché questa parte della nostra vita è in realtà
caratterizzata dall’insicurezza: sono insicuri infatti quelli
che giudicano gli altri per mostrare di essere forti e insicuri
quelli che vengono giudicati.
Adolescenza è quando amici e
conoscenti più “cool” ti fanno
l’esame mattutino giudicando
te e il tuo modo di vestire: hai
gli stessi pantaloni da quattro giorni? Ti giudico. Le tue
scarpe non sono l’ultimo modello della marca più in voga?
Ti giudico. Queste sono situazioni che fanno sentire a disagio. Il disagio, infatti, é una
costante dell’adolescenza. Sei
a disagio quando parli di una
cosa ai tuoi amici e ti accorgi
che loro ti stanno ignorando.
Sei a disagio quando gli amici si mettono d’accordo per
pranzare fuori e tu capisci di
non essere invitato. Ormai
non puoi più far niente senza che qualcuno ti dica che
hai sbagliato, che in realtà le
scarpe per cui hai speso un
sacco di soldi fanno schifo,
che sorridi come una scimmia,
che devi mettere l’apparecchio per quegli orribili denti
che ti ritrovi. Quando sei in
gruppo, anche l’amico più fidato ti prende in giro davanti
agli altri: ma non prendertela,
“stavamo solo scherzando”…
Ma allora cosa bisogna fare?
Bisogna stare chiusi in casa e
non vedere nessuno, o uscire
fingendo di stare allo scherzo
mentre lo stomaco si contorce? Io credo di avere la risposta: vivi la tua vita e spera che
l’adolescenza finisca presto.
Leo Colonnello
Ma alla fine che cos’è l’adolescenza per un adolescente? In
realtà è tutto e niente. È tutto
perché si inizia a pensare per
davvero, è tutto perché per la
prima volta si prova il significato della parola ‘fatica’ e perché si provano le prime grandi
delusioni; ma è anche niente,
perché è solo un periodo della
vita a cui poi ne succederà un
altro, ed è niente perché tutte
le idee di questi anni possono
cambiare, anche completamente. E forse per me l’adolescenza è quella pagina da
scrivere alla quale non si sa, se
si avrà mai voglia di mettere la
parola ‘fine’.
Andrea Noè
22
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Con la giusta
prospettiva
Ai nuovi alunni
L
e novità portate dal
passaggio dalle elementari alle medie, sono
tante, diverse e tutte significative.
Di alcune, magari, non ci accorgiamo affatto: una di queste
è la scoperta di una nuova materia, educazione tecnica. Dopo
solo un mese di scuola, infatti,
ci viene chiesto di preparare
tavole, scrivere relazioni e elaborare progetti; e finiamo per
pensare che ragionare in modo
tecnico sia istintivo e naturale.
Ma non è così, non tutti hanno
già una mente razionale. Questo è il motivo per cui tale materia viene insegnata nelle scuole:
riuscire a formare dei ragazzi
intraprendenti e organizzati,
prima nella scuola, poi nella
vita.
Sappiamo tutti di non avere
mai abbastanza tempo per riuscire a compiere tutto quello
che vorremmo fare. Bisognerebbe cercare quindi di affrontare
l’educazione tecnica come un
insegnamento utile alla vita, e
non solo come una materia di
disegno, con squadre e compassi. Infatti abbiamo avuto modo
di esprimere la nostra creatività in tanti modi, attraverso la
stesura di progetti e relazioni,
con la creazione di plastici, con
presentazioni Power Point e
con molti altri lavori di gruppo
grazie ai quali ci siamo potuti
confrontare con le idee e i modi
di lavorare dei nostri compagni.
Uno scorcio dal passato
Venezia, 11 dicembre 2014
zione tecnica è proprio quella di
riuscire a costruire con le proprie mani l’oggetto che prima
era solamente un progetto.
In questi tre anni siamo molto
cresciuti sia nel corpo sia nella
mente, grazie alle molte possibilità di migliorare proposte dai
nostri professori. La nostra prof.
di italiano ci ha sempre spinto
ad affinare la nostra curiosità esercitando nuove attività,
come ad esempio il teatro; mentre la nostra prof. di matematica ci ha insegnato a ragionare
secondo il metodo scientifico e
razionale. Gli altri professori
ci hanno fatto capire l’importanza di amare il proprio lavoro, dedicandovi con passione il
proprio tempo. Durante le ore
di educazione tecnica abbiamo
sviluppato la capacità di unire
tutti questi importanti insegnamenti per riuscire ad affrontare
la vita con maggior sicurezza.
Come la tecnica, che a prima
impressione può sembrare una
materia di solo disegno, ma
serba in sé maggiori sorprese,
la vita se si affronta con intraprendenza e curiosità, ci mostrerà il suo lato migliore. Sono
tante infatti le cose che, guardate dalla giusta prospettiva, contengono sorprese: «Keep your
eyes open, the secret will let
out» (C.S. Lewis).
Abbiamo anche imparato a creare e non solo a immaginare.
E questo per merito dei molti
lavori manuali organizzati
durante gli anni. La capacità
principale richiesta dall’educa-
Le lampade della 3ª L realizzate con la prof. Pini
C
ara nipote,
Filippo Bianchi e
Giacomo Zanchetti, 3ª C
come stai? È da un po’
che non ci vediamo. Sarei molto felice di non vederti
sempre davanti a un computer.
Io, alla tua età, trascorrevo la
maggior parte del mio tempo a
fare passeggiate e a giocare con i
miei fratelli. A Vigonza, la cittadina in provincia di Padova
dove ho trascorso la mia infanzia, avevo, e ho tuttora, nove
fratelli, sette femmine e due
maschi, che amo tantissimo.
Anche oggi ci sentiamo via telefono perché molti non vivono
a Venezia, come me, ma sparsi
tra la campagna e varie città
del Veneto e della Lombardia.
Durante la guerra, la Seconda
Guerra Mondiale, io vivevo in
una casetta, vicino alla ferrovia, costituita da una cucina,
tre camere e un gabinetto che
all’epoca era esterno alla casa.
La cucina era forse la stanza
prediletta perché era il luogo in
cui, in un certo momento della
giornata, tutti e dodici ci ritrovavamo a condividere il pasto,
che per noi era veramente eccezionale, ma che per te potrebbe essere veramente semplice:
allora mangiavamo la carne
una sola volta alla settimana,
accompagnata dalla polenta
tipica del Veneto; altrimenti
c’erano i legumi, le verdure, le
aringhe e la pastasciutta, che
non mancava mai a casa nostra.
La mia infanzia è stata dura
e impegnativa poiché, dopotutto, appartenevo a una famiglia
molto numerosa, ma ne ero orgogliosa perché eravamo molto
uniti e compatti. Spesso giocavo
con i miei fratelli e mi divertivo molto con loro. I nostri giochi preferiti erano correre uno
dietro all’altro, come nel vostro
“Ce l’hai!”; oppure facevamo
“la campana” e durante l’inverno, vicino al passaggio dei
treni, scivolavamo sul ghiaccio
su delle slitte di legno, munite
di zoccoli: era molto divertente.
Durante il periodo di Pasqua,
invece, la tua bis-nonna Gilda si procurava delle polverine
colorate per dipingere le uova
La costruzione dell’icosaedro della 1ª L
sode; uno dei giochi, da noi inventati, consisteva nel tirare un
uovo in una buca e chi riusciva
a tirarlo fuori vinceva in premio l’uovo.
Tuttavia, la mia infanzia fu
toccata da momenti negativi,
soprattutto durante la guerra
dalle nostre parti passavano
infatti i treni che trasportavano le munizioni e gli esplosivi
per il fronte, così per un periodo fummo costretti a “sfollare”,
cioè a trasferirci altrove a casa
di un parente, lasciando la
nostra casa. Le mie più grandi
paure, allora, erano la guerra,
i tedeschi che lottavano contro
i partigiani, e anche gli americani che combattevano contro i
tedeschi: infatti, gli aerei americani sorvolavano le case dalle cui finestre filtrava la luce e
spesso le bombardavano perché
temevano ci fossero i tedeschi;
ricordo molto bene una sera in
cui rimanemmo al buio perché
continuava a passare un aereo
di ricognizione. La mia paura
più grande erano proprio i tedeschi: quando sentivo anche
solo le loro voci, subito temevo
il peggio. Questi furono gli anni
più terribili. Ma ricordo anche momenti belli: ad esempio,
quando durante l’estate ci recavamo al Lido di Venezia per
trascorrere quindici giorni sulla
spiaggia e poi per altri quindici
giorni andavamo in montagna
con mio padre, perché potesse
giovare alla sua salute. Egli,
infatti, lavorava in fabbrica ed
era esposto a sostanze tossiche,
che finirono per farlo ammalare, tanto che, a soli 58 anni,
morì. Lo ricordo sempre con
tanto affetto: sul mio comodino
tengo una sua fotografia e ogni
sera, prima di addormentarmi, lo osservo con compassione
e amore.
Durante la giovinezza, io mi
muovevo in bicicletta, uno dei
più comuni mezzi di trasporto assieme alle carrozze di cavalli; anche le automobili cominciavano a diffondersi, ma
all’inizio erano riservate solo
alle persone più ricche. I nostri
divertimenti erano il cinema e
certe volte anche alla sala da
ballo. Proprio in una di queste
incontrai un giovane e bel ragazzo, che poi divenne mio marito nel 1960, Marcello: quella
sera ballammo la canzone Besame mucio che non dimenticherò mai. Io studiavo e lavoravo contemporaneamente. Ho
lavorato presso la Grande Sartoria di Padova fino a ventotto
anni, quando mi sono sposata.
Per raggiungere la Sartoria,
nelle mattine di nebbia, mi attaccavo al retro dei camion, che
in quelle condizioni andavano
a velocità minima: erano altri
tempi!
Dopo la fine della guerra il re
fu esiliato e così la popolazione scelse con un referendum
la Repubblica al posto della
Monarchia. Nel 1960 mi sono
trasferita a Venezia con tuo
nonno e quattro anni dopo è
nata tua madre. Da bambina
sognava tanto una televisione
e così la nostra prima tv arrivò a casa solo nel 1969, anche
se potrà sembrarti incredibile:
prima andavamo a vedere i
programmi televisivi nei bar
o a casa dei nostri parenti, e si
vedeva il “Carosello”, che era
una tipica pubblicità comica,
oppure “Campanile e sera”, e un
conduttore molto noto era Mike
Buongiorno. Il telefono invece era arrivato in casa un po’
prima, nel 1960, e ci sembrava
quasi sorprendente poter comunicare con i nostri cari lontani.
Il primo computer invece arrivò
nel 1990: eravamo molto perplessi di fronte a questo nuovo
apparecchio elettronico e mi
stupisce ancor più vedere, oggi,
come i cellulari e i computer siano ormai diffusi ovunque, e sia
quasi impossibile immaginare
di non averli. So che tu utilizzi
questi mezzi ogni giorno e che
per te rientrano nella quotidianità, ma ricordati sempre
di farne buon uso e di non farti
travolgere dal mondo frenetico
che ti circonda.
Ti auguro tutta la felicità possibile. Salutami la mamma
Con tanto affetto
La tua cara nonna Lilli
Chiara Caumo, 3ª A
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Un nuovo inizio
C
ara maestra Vittoria,
in questa lettera ti darò
del tu, come mi hai chie-
sto.
Ti volevo raccontare il mio primo mese alle scuole medie. In
Aula Magna, il primo giorno,
mi batteva forte il cuore, perché
speravo tanto di essere in classe
con Annika, la mia migliore
amica, ed ero molto agitata;
per di più hanno incominciato
a chiamare le classi dall’ultima
sezione e l’agitazione continuava ad aumentare: avevo paura
di rimanere da sola. Quando
però hanno finito di chiamare
i ragazzi della prima B, io e
Annika abbiamo incominciato
a saltare di gioia, perché nessuna delle due era ancora stata
chiamata e quindi era ovvio che
fossimo insieme nella A.
Nella mia classe ci sono molti compagni che conoscevo già,
altri non invece che non avevo
mai visto. Per iniziare a fare
amicizia abbiamo avuto tante
occasioni, tra cui la gita a Canzo e i preparativi per il pomeriggio dell’accoglienza dei genitori, che è stata tre giorni fa e
adesso ti racconto com’è andata.
Per prepararla abbiamo lavorato più di due settimane, raccogliendo ed elaborando dati
e informazioni su di noi, sulle
nostre letture preferite o le no-
stre attività nel tempo libero; e
infine è arrivato il momento di
esporre i nostri lavori davanti
ai genitori: alcuni hanno esposto anche una breve in inglese o
in francese, tra cui io. Eravamo
tutti molto preoccupati, anche
se avevamo provato tantissime
volte. Quel giorno quasi tutta
la classe era rimasta a scuola
dopo la fine delle lezioni per
sistemare l’aula per i genitori e
per fare una prova generale: in
questa occasione ci siamo sentiti molto vicini, a condividere
la nostra ansia da prestazione.
Avevamo paura di dimenticare le parole, ma poi è andato
tutto bene. Io ho avuto solo un
momento di difficoltà, quando
insieme ad Annika presentavo i
grafici di matematica: non mi
ricordavo una frase, ma è bastato uno sguardo per capirci e lei
mi ha aiutata, intervenendo al
mio posto.
Cara maestra Vittoria, mi
manchi e non vedo l’ora di
rivederti, però volevo anche
dirti che sono molto contenta
di questa nuova avventura,
nonostante tutte le mie paure
iniziali.
Un grosso abbraccio,
Martina Salghetti Drioli,
1a A
Quando l’amore
non finisce
Martina Di Gravina, 3ª L
Milano, 2 aprile 2015
Cara nonna,
ti scrivo questa lettera anche
se probabilmente non la potrai leggere e resterà lì fredda
e sola, come dimenticata sulla
terra che ti avvolge. Qualche
giorno fa per distrarmi un po’
sono uscita per fare merenda e
al bar, senza pensarci troppo,
ho ordinato la prima cosa che
ho letto sul menù, uno strudel.
Ma al primo morso ho sentito i
brividi alla schiena: lì dentro,
tra le mele c’eri tu. Ho potuto
assaporare ogni nostro abbraccio, ho sentito il calore che mi
trasmettevi, un dolce assaggio
del tuo profumo mi ha circondata come a dirmi: “Sono qua
e resterò con te per sempre”. Da
quel giorno continuo a tornare
in quel bar, per sentirti vicina,
per trascorrere qualche minuto
con te che, dopo tanti anni insieme, mi hai lasciata sola ad
affrontare questo mondo e questa vita, che continuano però a
rimandarmi un po’ di te. Da
quando te ne sei andata ti ho
cercata ovunque, con l’ingenuità e la consapevolezza che non
ti avrei mai più rivista e invece, guarda, ti ho trovata, in un
luogo qualunque, in una fetta
di torta, la stessa torta che mi
cucinavi quando avevo fame,
quando ero triste, quando ero
felice o semplicemente quando
stavo con te. Una torta qualunque, ma con un sapore speciale,
il nostro, quello dell’amore.
Le nostre passioni
Canestro!
I
l basket o pallacanestro,
come si chiama in italiano, è un gioco di squadra
in cui bisogna fare entrare la
palla in un cesto chiamato canestro e vince la squadra che fa
più canestri. Si gioca in 5 contro 5, ma si può giocare anche
in meno; il campo è più piccolo di quello da calcio ed è diviso in due metà con 2 canestri,
l’obbiettivo è far entrare la
palla nel canestro avversario.
Lo si può praticare al coperto
o all’aperto, purché si abbiano
a disposizione un campetto
con due canestri e un pallone adatto: molto duro, che
rimbalzi bene, e foderato di
gommine che permettano di
tenerlo in mano senza farlo
scivolare.
rado raggiungo il canestro. Le
azioni sono veloci e ravvicinate, anche perché c’è un tempo
determinato per finire ogni
azione: 30 secondi, superati
i quali, se non si riesce a fare
canestro, la palla passa agli avversari. Inoltre si gioca con le
mani e quindi è più facile tentare colpi spettacolari, a volte
riescono pure.
Gioco anche a calcio, ma nel
basket mi trasformo da spettatore che tocca un pallone
ogni tanto a protagonista: in
ogni azione ci sono passaggi
e tiri, ho la palla tra le mani
molto più spesso e non di
Anche se in Italia è meno popolare del calcio, il basket ha
però molto successo: l’anno
scorso ad esempio sono andato con mio padre a vedere
gli Harlem Globetrotters,
una squadra americana che si
Un’altra cosa che mi piace del
basket è che capita molto raramente di discutere con un
compagno di squadra per un
errore o con gli avversari per
un fallo o una rimessa; quando qualcuno commette un
fallo, alza subito la mano per
indicare agli arbitri che lo ha
commesso.
esibisce in incredibili partite piene di colpi spettacolari. Sono molto bravi e fanno
molto divertire perché ci sono
dei giocatori molto bravi che
scherzano con gli arbitri, con
gli avversari e il pubblico:
da molti anni emozionano il
mondo con le loro esibizioni.
Il mio allenatore invece è stato un giocatore della serie A
italiana, ha giocato per dieci
anni nella squadra di Milano
che ha vinto scudetti e coppe
europee; è molto alto e non
urla quasi mai, ma quando lo
fa è meglio stare lontani, perché se ti becca ti appende al
canestro! La mia squadra è il
Tumminelli Lambrate e nel
nostro campionato perdiamo
quasi tutte le partite, ma come
si dice: perdendo si impara e
dall’anno prossimo si gioca
sul serio!
Leonardo Mauro, 1ª L
I valori del karate
H
o scelto di parlare del
Karate perché è da
sempre la mia passione più grande. Ho iniziato a praticarlo a cinque anni,
quando ancora frequentavo la
Scuola Materna. Gli insegnanti, Daniele e Adriano, mi hanno insegnato la forma stilizzata del combattimento fino
a farmi conseguire la cintura
marrone: in questa disciplina
infatti le cinture di colore diverso rappresentano il grado
di conoscenza dei kata, le mosse di combattimento stilizzato
che racchiudono le basi del karate. Poi nella nostra palestra è
arrivata Martina, campionessa
europea di karate Kumite, cioè
da combattimento: in realtà lo
scopo del combattimento sarebbe quello di abbattere l’avversario, mentre lo scopo del
Kumite è la crescita reciproca
dei praticanti, pertanto prevede l’allenamento con avversari. Martina è un’allenatrice
stupenda che cura sia la nostra
forma fisica che mentale, perché la filosofia del karate impone di migliorarsi continuamente per ricercare la massima
padronanza tecnica e mentale,
cosi da raggiungere equilibrio
interiore, stabilità, consapevolezza. Gli allenamenti cominciano dal riscaldamento: per
esempio i salti con la corda
ci aiutano nella resistenza e
nell’agilità sul tatami (tappeto
di gara); poi eseguiamo alcuni
esercizi per migliorare la nostra tecnica di Kumite; e infine, messe le protezioni (guanti, corpetto, para- tibie e para
denti), combattiamo tra di noi
per prepararci alle garea. Du-
rante gli allenamenti ci diamo
consigli, il nostro legame è
molto forte, infatti alla fine di
ogni allenamento, dopo il saluto formale, ci abbracciamo
tutti insieme. In questo sport,
viviamo molte esperienze in
gruppo, oltre alle gare in Italia e all’estero, condividiamo
i campus di Karate e i giochi
come il laser game. Martina
tramite lo sport mi ha insegnato tante cose: la principale
è il rispetto e l’amicizia, che
per me oggi sono molto importanti; ma anche che il Karate, nonostante sia uno sport
individuale, può creare una
Grande Squadra quale è oggi
la squadra Pro-Patria Karate
Kumite grazie ad una grandissima Allenatrice.
Norman Baroni, 1ª L
Giulio Tettamanti, 2ª G
Sabrina e il suo staff preparano pane e Nutella per un intervallo speciale in 2ª D
Ti saluto e ti abbraccio
Carlotta Allievi, 3ª A
23
Marta Guerrini 2a A
24
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Immaginiamo il nostro futuro
L
a parola “futuro” ricorre molto spesso nei
discorsi dei giovani, che
devono trovare la loro strada e
cominciare a progettare il proprio domani, poiché ciascuno
ha la meravigliosa possibilità di
diventare ciò che vuole, facendo
delle scelte personali e individuali. Molti non sanno cosa
faranno da grandi, né come
sarà il loro futuro; altri, invece,
hanno già tutto programmato
nella mente, di solito grazie ad
un talento naturale, scoperto
già da piccoli. Io non faccio parte di questa specie: non so cosa
farò da grande, e se c’è una domanda che mi dà fastidio è proprio la classica “Che cosa vuoi
fare da grande?”, perché so mai
cosa rispondere.
Di una cosa, però, sono certa:
avrò una famiglia a cui vorrò
un bene infinito e farò un lavoro che mi renderà orgogliosa,
impegnandomi al massimo per
realizzare i miei sogni e seguire le mie passioni. Ma il mio
futuro mi riempie anche di
timori: ho paura di non prendere la decisione giusta oppure
di prenderla, ma al momento
sbagliato, rovinando tutto; un
altro mio dubbio riguarda me
stessa: riuscirò ad andare sempre avanti, a non mollare mai?
Questo ancora non lo so, ma ce
la metterò tutta per non cedere
di fronte alle difficoltà che mi
troverò a dover affrontare.
Un esempio per me sono i miei
cugini: quest’anno il maggiore
ha cominciato l’università dove
ha deciso di studiare Economia,
ed è un esempio per me perché
ha trovato la sua strada. A questo proposito capisco che già la
scuola media, attraverso le varie materie, permette di scoprire
per che cosa si è portati: nel mio
caso quelle che preferisco sono
le materie umanistiche, Italiano e Storia, ma anche Inglese.
Anche se non ho le idee chiare
su cosa farò da grande, sapere
cosa mi piace è pur sempre un
passo lungo la strada da percorrere per raggiungere il proprio futuro; anche perché, per il
momento, credo che la cosa più
importante sia cercare di vivere
il presente, senza farsi ossessionare dal futuro, perché alcune
volte quello che dobbiamo fare è
semplicemente seguire la strada
che il destino ci indica.
S
iamo nel 2035 e io ho
ormai
trentaquattro
anni: sono padre di tre
ragazzi e tre ragazze e sono
un professore universitario e
insegno alla facoltà di Lettere, ma sono anche scrittore e
direttore del National Geographic ITALIA magazine.
Le mie giornate scorrono
tranquille: al mattino porto
i due gemelli Marco e Paolo a scuola, dopo di che vado
in Facoltà, dove rimango per
tutta la mattinata. Finite le
lezioni, ripasso da casa per il
pranzo ed esco nuovamente
per andare a lavorare tre ore
alla sede principale della rivista. Tornato infine a casa, ceno
con mia moglie e i miei figli,
tra scherzi e risate; infine correggo il lavoro dei miei allievi
fino alle 10.30, quando vado a
letto esausto dalla mia giornata lavorativa.
I miei hobby sono il giardinaggio e scrivere libri. Ripensando a quello che volevo fare
da grande quando ero ancora
un ragazzo di tredici anni, ricordo che già allora volevo diventare un professore, perché
sentivo il desiderio che tutti
potessero imparare.
Guido Armando Castiglioni,
3ª L
O
gni giorno, dopo aver
portato le mie figlie
all’asilo, mi reco alla
facoltà di Biotecnologia, dove
lavoro come ricercatrice. Più
tardi ritiro le figlie dall’asilo,
preparo il pranzo e le metto
a dormire; appena arriva la
baby-sitter, esco di casa e vado
ad allenarmi a pallavolo con la
nostra squadra di mamme. Finito l’allenamento, vado a fare
la spesa, cucino (che mi piace molto, ma solo per questa
settimana, la prossima tocca
a mio marito) e quando torna
mio marito ceniamo tutti insieme. Poi guardiamo insieme
un film, dopo aver messo le
gemelle a letto, anche se sento
già Maia che piange e se non
la calmo subito sveglierà pure
Hazel. Penso spesso agli anni
in cui ero a scuola e soprattutto alla prima scelta che ho
dovuto affrontare per il mio
futuro: ora però so di averla
azzeccata perché, se non fossi
andata in quel liceo, non avrei
mai conosciuto quello che
adesso è mio marito.
Caterina Dallera, 3ª I
È
il 2035 e l’anno prossimo compirò 35 anni;
sono laureata in scienze
politiche, sono sposata da un
paio d’anni e ho appena avuto
il primo figlio: un cucciolo di
sei mesi di nome Michele. Ho
vissuto per tre anni a Barcellona, una città che amo; ora invece vivo in Italia, a Godiasco
Salice Terme, dove la mia famiglia da molti anni una grande casa. Qui posso allenarmi
nello sport che è diventato anche il mio lavoro: il tennis; ho
infatti la fortuna di esercitare
una professione che è anche
divertimento. Ho giocato per
molti anni e pian piano sono
diventata una discreta tennista
e partecipo a tornei in Italia e
all’estero.
Benedetta Proserpio, 3ª G
U
n altro giorno inizia e
i miei clienti-animali
sono già in coda per
essere visitati. Per prima cosa
vado in cucina per preparare
la colazione a tutti quanti, ma
come sempre la mia gatta Milù
con le sue fusa mi costringe
a coccolarla un po’ prima di
dedicarmi ad altro. Dopo aver
dato la colazione anche a lei,
vado a svegliare anche le mie
due figlie, Sofia, di 6 anni e
Rebecca, di 4, che di mala voglia si alzano e, dopo esserci
preparate, ci incamminiamo
verso la loro scuola e infine
verso il mio studio veterinario.
Mio marito ritorna a casa verso le 6 dal lavoro, così da poter
stare un po’ con le sue figlie e
con me. Quando ero una ragazzina pensavo proprio di diventare una brava veterinaria,
sicura di ciò che facevo e dei
miei indirizzi di studio e così
sono riuscita a diventare ciò
che sono.
Con le mie vecchie amiche ci
rivediamo quasi ogni settimana, oltre a quando vengono al
mio studio per farmi visitare i
loro animali. È passato molto
tempo da quando eravamo a
scuola insieme, ma a volte mi
sembra ieri: conservo tanti
ricordi delle scuole medie e il
più bello è stato quello della
gita in Toscana, dove ci siamo
divertite un mondo e dove in
tutte noi è nata la voglia di conoscerci meglio e di diventare
sempre più amiche.
Francesca Oliveto, 3ª I
A
pro le tende e ammiro
per un istante il meraviglioso Lago di Garda illuminato dal sole, poi mi
siedo accanto a mio marito,
un uomo alto, magro, sportivo, allegro e molto creativo,
una persona onesta a cui piacciono molto i bambini. Lui ed
io siamo sposati da otto anni
e abbiamo tre splendidi bambini: Alessandro, di 6 anni, un
bambino vivace e allegro, ma
anche dolce e molto protettivo nei confronti delle sorelline
più piccole, Anna e Camilla,
di 4 anni, che esteticamente
sono uguali, ma internamente
sono completamente diverse;
entrambe dolci e gioiose, anche se molto competitive, ma
Benedetta Girotti, 3a A
Chiara Salghetti Drioli, 3ª A
Margherita Picin, 3a B
Francesca Tortini, 3a B
Camilla tiene quello che prova più nascosto, mentre Anna
racconta tutto. Con noi ci
sono anche un cane e due gatti
che, stranamente, vanno molto d’accordo. Mentre preparo
la colazione vedo le tre piccole pesti che scendono le scale
rincorrendo il cane: infatti, essendo tutti molto mattinieri,
non mi danno neanche il tempo di andarli a svegliare. Dopo
che hanno finito la colazione,
li mando di sopra a lavare i
denti e a vestirsi e, dopo un
attimo, li sento litigare ed urlare; questo mi ricorda molto
quando mia sorella ed io eravamo piccole, e non passava
giorno senza che litigassimo;
ma ora che sono una mamma
devo intervenire e farli ragionare. Dopodiché li porto a
scuola, che non è molto lontano dall’ospedale in cui lavoro,
infatti, dirigo insieme a mia
sorella ed alcune amiche del
passato il “Children Hospital”.
Quando alle otto finisco il
turno, o io o mio marito li
andiamo a prendere; poi,
tornando a casa, passiamo a
prendere una pizza, per accogliere la mia amica delle medie
Alice con suo marito e la figlia
di cinque anni: siamo rimaste
in contatto perché è diventata
l’avvocato del nostro ospedale
e questa sera ci vediamo per
parlare di lavoro e per ricordare i vecchi tempi. Sono inoltre
rimasta in contatto con molte
amiche dell’infanzia e dell’adolescenza: Martina è un’attrice famosa, Anna Chiara ha
scritto dei libri molto appassionanti, Miriam è la pasticcera che serve tutta la famiglia,
Anna, Camilla, Chiara e altre
sono diventate dottoresse o
lavorano con me al “Children
Hospital”.
Maria Prato, 3ª H
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
I tautogrammi
06/
Della 1a E
Creativ@
mente
Equivoci… infernali
Continua dalla prima pagina
L
a vedova spiega di essere diretta ai Caraibi per assistere ai
suoi funerali.
Quando lo sposo arriva, entrando nella camera dell’hotel
nota un computer con accesso a internet e subito decide di inviare
un’e-mail a sua moglie ma, senza accorgersene, sbaglia indirizzo;
il messaggio viene ricevuto dalla povera vedova conosciuta sull’aereo. Suo figlio, rientrando in casa poco dopo, la trova svenuta davanti al computer, e sullo schermo legge l’e-mail rimasta aperta:
Da: [email protected]
Cara sposa,
sono arrivato. Tutto bene. Probabilmente ti sorprenderai nel ricevere mie notizie via mail, ma
anche qui hanno il computer ed è possibile inviare
messaggi alle persone care. Appena arrivato mi sono
assicurato che fosse tutto a posto anche per te quando
arriverai lunedì prossimo… Ho molto desiderio di
rivederti e spero che il tuo viaggio sarà tranquillo,
come lo è stato il mio.
P.S. non portare tanti vestiti perché qui fa un caldo
infernale!
Tuo per sempre Freddy
Alessandro Corso, 2a L
Olivia Fabrizio 1a I
25
I
l tautogramma è un testo
realizzato con le lettere
iniziali di ogni parola
tutte uguali.
Noi abbiamo utilizzato questa tecnica per riscrivere, nel
modo più fedele possibile, alcune fiabe, favole o episodi di
storie più ampie. La rielaborazione non è stata sempre facile
e alcune volte è stato necessario rendere dei termini con
dei giri di parole (ma anche
così aspettiamo suggerimenti
riguardo a come risolvere la
parola “uva” avendo a disposizione soltanto la lettera P
nell’avventura di Pinocchio e
il contadino).
Per ciascuno dei nostri tautogrammi abbiamo scelto di
usare le lettere che ci suggeriva il titolo del testo originale
(L ed A per Il lupo e l’agnello,
P per la Principessa sul pisello, e così via). Abbiamo fatto
un’eccezione per articoli, preposizioni, congiunzioni e alcuni pronomi.
Il Lupo e l’Agnello
Un lupo e un agnello assetati
andarono al laghetto.
Alto si attestò il lupo e all’altro lato del laghetto l’agnello.
Il lupo, acceso dall’arroganza,
litigò con l’agnello.
Lo accusò di averlo apostrofato antipaticamente ancora
prima di arrivare alla luce.
L’agnello si allarmò e il lupo
affamato lo azzannò.
Loris Amorese, Giulia Gomez, Luigi Lucatelli, Pietro
Volta
La Principessa sul Pisello
La Volpe e l’Uva
Ad un principe piacerebbe
portare a palazzo una principessa. Ci provò ma purtroppo
non portò progressi. Ad un
certo punto una principessa picchiò alla porta. “Principessa o non principessa?”
pensò il principe. Per provarlo preparò dei piumini sotto
cui posò un pisello. Passato il
pernottamento, la principessa
prepotentemente protestò:
“Ho pernottato pessimamente!”.
Una volta una volpe voleva
dell’uva. Volle volare verso
l’uva, ma vanamente.
Con volubilità allora: “Non
vedo uva matura, vado via!”.
La volpe, come l’uomo, la
vuole sempre vinta.
Filippo Bulli Prolo, Alessandro Girotti, Caterina Lissoni, Edoardo Zorzan
E il principe la pregò di permanere perpetuamente a palazzo.
Beatrice Bacchini, Maria Teresa Borgazzi, Camilla Bramante
Tomaso Naldi, 2a A
Pinocchio e le faine
Pinocchio in un podere pilucca da una pianta dei prelibati
pallini senza permesso. Allora
il padrone per punirlo pone
Pinocchio a pattugliare il pollaio al posto del precedente
portinaio. Dei piccoli predatori di pollame propongono
a Pinocchio di portar via dei
polli mentre lui ne prenderà
una parte per sé. Pinocchio
però fa prigionieri i predatori
e parla con il padrone. Il padrone perdona Pinocchio e lo
premia.
Flavia Carrasco,
Giorgio Cattaneo,
Carlotta Cavallini,
Paul Perez
Himaya Muthugaia, 2a A
Francesca Fabbri, 2a L
Se io fossi uno strumento
musicale
U
n mattino al mio risveglio mi accorsi di
non riuscire a muovermi: ero paralizzato! Proprio non sapevo come fare per
alzarmi: il letto si era spaccato
sotto il mio peso e per la disperazione lanciai un suono
talmente acuto e tremendo
che avrei potuto rompere i
timpani a qualcuno. Solo in
quel momento capii che ero
diventato un pianoforte! Mi
sono guardato allo specchio
di fronte a me, per avere la
certezza di quello che dicevo. Infatti avevo ragione: ero
proprio un bel piano! Forse
era accaduto perché ero molto
grasso, dato che pesavo circa
104 chili; o forse perché ero
molto appassionato di musica; o forse semplicemente sarà
stato il fato a decidere così.
Comunque quello stesso gior-
no era morta una signora,
nel palazzo in cui abitavo da
pochi giorni. I poliziotti che
vennero a verificare il fatto
bussarono alla mia porta ma,
che avevo lasciata aperta, per
sapere se avessi notato qualcosa, ma trovando solo un pianoforte decisero di portarlo
in un negozio specializzato.
Dopo giorni e giorni di attesa,
un uomo entrò nel negozio,
mi provò e decise di comprarmi. L’uomo era un esecutore
piuttosto imbranato ma, per
qualche strana ragione, una
famosa produttrice di spartiti
per pianoforte voleva proprio
lui per l’inaugurazione di una
nuova sala per concerti: in realtà lo avevano scelto perche
era l’unico ad essersi iscritto e
ad aver partecipato a quel concorso. Mosso a pietà, decisi di
aiutarlo, seguendo quello che
lo spartito indicava, anche se
le sue dita suonavano tutt’altro: tanto ero io a far uscire i
suoni!
Quando l’uomo fece ritorno
a casa, i suoi amici diedero
una grande festa per la sua
magnifica esibizione. Lui era
un appassionato di piano e di
musica, e col tempo imparò
a suonare bene anche senza il
mio aiuto. Io ero ormai vecchio allora, e l’uomo comprò
un nuovo pianoforte: ed ecco
che improvvisamente mi ritrasformai in me stesso, anche se
molto invecchiato. Fu così che
compresi il motivo della mia
trasformazione: essa era avvenuta per permettermi di aiutare una persona appassionata di
pianoforte a imparare a usarlo.
Krishi Moosun, 1a D
LA VOCE DELLA SCUOLA
26
T I E P O L O
L’ombra
M
ilano, 13 febbraio
2015
Caro diario,
sono stanca di essere l’ombra che
si nasconde negli angoli e nessuno
nota: forse perché sono scura ed
evanescente? Ma soprattutto è la
mia “me” di carne e ossa a trascurarmi e a non chiedere mai il mio
sostegno. Eppure io sono lei e lei è
me: sono la sua coscienza, il suo
animo che non parla.
Quando sbaglia a causa mia vorrei che lei si arrabbiasse con me,
e quando raggiunge buoni risultati vorrei che se ne rallegrasse
con me: invece no, io non esisto
per lei! Vorrei urlare ma non
posso: “Ludo, Ludo”, la chiamo,
ma non mi sente. L’altro giorno,
durante la verifica, le bisbigliavo
alle orecchie le risposte, ma lei
scriveva tutt’altro: perché non mi
ascolta?
Sembra tanto ingenua e fragile,
ma ha vinto così tante guerre che
ha più esperienza di un cavaliere
in una fiaba. Quando eravamo
piccole la mamma ed il papà
erano soliti portarci dai nostri
cugini in campagna. Quel posto
era il nostro sogno: la natura, gli
animali, il cielo sempre azzurro,
le voci degli uccelli; le sue origini
sono di una ragazzina di città,
ma il suo istinto è la vita in mezzo alla natura selvaggia: lì può
sfruttare tutta la sua fantasia.
In uno di quei pomeriggi lenti
e afosi, i tre cugini stavano parlando sull’albero di ciliegio davanti al recinto dei tori, quando
Ludovica vide una cosa bianca e
scintillante dentro il recinto; trasportata dalla fantasia, volle impossessarsene: passò sotto la staccionata e, quatta, quatta, uscì col
suo trofeo: “È un corno, chissà chi
l’ha perso?!”. A bocca aperta per
lo stupore (soprattutto noi due per
quello che avevamo fatto) i cugini
decisero di trovare lo sfortunato
bestione senza corna. Entrarono
nella stalla, buia e calda: si sentiva il frastuono degli zoccoli contro
le assi e si riconoscevano migliaia
di occhi gialli e minacciosi nell’oscurità. Federico, il cugino più
grande, accese la torcia e vedendo
tutte quelle creature inferocite
scappò seguito da Margherita.
Ludo invece rimase lì, da sola (o
almeno così credeva lei), si chinò,
prese la torcia, si girò un po’ attorno; aveva paura, ma poi sentì
la mia voce, trattenne il timore e
non scappò. Si avvicinò al recinto un cucciolo senza corno: solo
allora Ludo gettò a terra il corno e corse via. Non era scappata
perché si era fidata di me, perché
sapeva ascoltare meglio di adesso
la sua coscienza.
Lucrezia Maniero, 2a A
Ludovica Nava, 3ª A
Una pagina dell’ebook - Alice Stroscio, 1ª H
2015
Odissea
in classe
Libro XIV - Lucrezia Reimbold, 1ª H
A
partire dal mese di
novembre,
nell’ora
di narrativa, i ragazzi
di 1ª H e 1ª I si sono dedicati
alla lettura drammatizzata del
testo Il sogno di Nausicaa. Terminata la lettura, hanno lavorato sul riassunto dei 24 canti
dell’Odissea e hanno rappresentato graficamente il poema. Il laboratorio di lettura si
è concluso con la realizzazione di un ebook, che raccoglie
il lavoro grafico dei ragazzi
e l’audio delle letture e della
drammtizzazione dei fumetti.
3a LIBRO XXI - Gianna Reyes, 1ª I
Libro I - Matilde Albertini, 1ª H
Libro XI - Lucia Iacus, 1ª H
LIBRO VII - Olivia Fabrizio, 1ª I
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
27
Un dolce futuro
È
una fresca mattina di
primavera quella in
cui il maestro Suzumi, insegnante di matematica, mi chiama alla lavagna
per svolgere una semplice
espressione. Mentre procedo
passaggio dopo passaggio,
noto un piccolo buco nella
lavagna e ci avvicino il dito
per capire di cosa si tratti:
ma ecco che il piccolo foro
sembra ingrandirsi e comincia a risucchiarmi. Una forza
incredibile mi attira verso la
lavagna. Grido con tutte le
mie forze, ma invano: nessuno sembra sentirmi: sono
tutti immobili. Il buco continua a risucchiarmi fino a che
non ci entro del tutto e mi ritrovo in un mondo parallelo,
tutto è diverso dal mio.
Le case che mi circondano
sono a forma di funghi colorati. Intorno a me, invece
delle solite strade asfaltate,
ci sono sentieri sterrati circondati da erba alta e fiori
di pasta di zucchero. Tutti i
passanti sono vestiti in modo
stravagante: gli uomini portano delle magliette colorate
abbinate a dei jeans viola e
una valigetta da lavoro ricoperta di liquirizie e lecca
lecca. Le donne portano magliette a maniche lunghe color pastello, pantaloni color
cachi e scarpe color pistacchio. Le bambine e i bambini indossano felpe colorate
e pantaloni lunghi, che arrivano fino all’inizio delle eleganti scarpe.
mi dove mi trovo?”. Lei mi
risponde con un’aria dolce e
un risolino: “Ma a Dolcilandia, ovviamente!”.
Inizio a camminare verso il
centro della cittadina e decido di chiedere informazioni.
Fermo una ragazza dall’aria
gentile, con i capelli blu-elettrico e gli occhi viola, e le
chiedo: “Scusa, potresti dir-
Ma in realtà avevo smesso di
ascoltarla quando aveva detto “nel 2957”: come era possibile? Così la interrompo e
le domando il giorno e l’anno: “Oggi è il primo gennaio
del 3000”.
“E da dove vengono tutte
queste innovazioni tecnologiche?” le chiedo, indicando
con un ampio gesto tutto
quello che ci circonda. “O
cielo, ma non studi storia
a scuola? Dalla scoperta di
Augustus, nel 2957, abbiamo capito che con i dolci
e la tecnologia dolciaria, il
mondo non viene inquinato e l’umanità progredirà e
abiterà il nostro pianeta per
millenni”.
“Grazie mille” balbetto, e lei
si allontana ridendo, mentre io mi siedo per terra per
riprendermi. Quando finalmente mi rialzo, incomincio a correre tutt’intorno
chiedendo ai passanti se per
caso avessero visto un buco
nel terreno, ma tutti ridono
alla mia domanda. Mi sembra di correre a vuoto, di vedere sempre le stesse cose: il
supermercato con l’insegna
delle caramelle, i giochi pubblici del parco fatti di cioccolato che si muovono a comando, i negozi di elettronica super avanzata a forma di
pera con dentro i robot che
svolgono i lavori domestici...
mi sembrano ore, fino a che
non mi ritrovo nuovamente
seduta sulla mia sedia, dietro
al mio banco, e penso “Adesso chi lo sente il maestro?”.
Infatti il maestro mi sta già
sgridando per non aver finito l’espressione, anche se
ascolta con pazienza il mio
racconto, che considera ovviamente frutto della mia
fervida immaginazione.
Emma Ballerio, 1a D
Fino a che non noto un piccolo, piccolissimo buco colorato nel terreno: non perdo tempo e ci infilo subito
un piede. Anche questa volta precipito per quelle che
Gli addobbi di Natale raccontano
M
i presento: sono
un Babbo Natale, e vengo appeso
ogni anno su un albero di
Natale in un angolino del
bar, dove riprovo ogni volta
l’emozione del primo Natale passato con la famiglia
Cheng.
Adesso vi racconto
come sono entrato a far parte della famiglia:
trascorrevo
i miei giorni su uno scaffale
di un negozio in Cina, tutto
polveroso, in grande solitudine. Un giorno arrivò una
signora, appena mi vide i
suoi occhi si illuminarono e
mi comprò subito.
Quando
mi tirò fuori dal sacchetto io
ero super entusiasta di avere
una nuova famiglia, la sua
casa era graziosa e allo stesso
tempo anche molto grande;
ma dopo qualche giorno mi
misero in una scatolina buia
dalla quale non vedevo niente. Per un po’ rimasi nel buio
e sentivo continui scossoni:
di certo non era una piacevole sensazione.
Ad un certo punto vidi filtrare la luce
e la prima persona che vidi
fu una bambina con lunghi
capelli neri, molto magra, di
nome Lina, che mi prese con
grande entusiasmo e molti
sorrisi: allora capii che sua
zia mi aveva spedito a lei, la
sua nipotina, in un altro Paese, molto lontano.
Mi sono
subito trovato bene nella
famiglia di Lina e ho conosciuto tanti altri addobbi che
sono presto diventati miei
amici, con i quali trascorro
i lunghi mesi nella scatola in
attesa del Natale e di rivedere la mia amica Lina .
Lina Cheng
M
i chiamo Serena,
sono una statuetta
del presepe della
famiglia Maggio, sono una
ragazza che vende limonata
e vengo da Napoli insieme a
tutti i miei amici. Sono stata tirata fuori dallo scatolone il 22 dicembre 2014, mi
hanno sistemato vicino alla
mia amica Sandra, la pescivendola. Nel presepe napoletano, infatti, non ci sono
solo i personaggi raccontati
nel Vangelo, ma anche quelli che rappresentano la vita
popolare di Napoli, come
se Gesù fosse nato in questa
città. Accanto a me molto
spesso ritrovo la venditrice
di cocomeri, il signore delle caldarroste, il pizzaiolo,
la contadina, il pescatore, il
macellaio, la vecchietta che
fila la lana, il pollaio e il ciabattino. Ultimamente hanno
messo anche i personaggi
politici, ma a me non piacciono molto. Ogni statuetta
ha la sua storia, la mia è la seguente: Maria aveva appena
partorito ed io passavo di lì
per rendere omaggio al bambino. Mi sentii chiamare, era
Giuseppe che mi chiedeva
un bicchiere di limonata per
la moglie, stanca e assetata.
Dopo averla bevuta, ne fu
così contenta che mi fece
tenere il bambino in brac-
cio. Da allora faccio parte
anche io del Presepe napoletano. Sono stata comprata a
Napoli in via San Giuseppe
degli Armeni da una signora
di nome Amina, che poi è la
nonna di Allegra: da allora
faccio parte del presepe della
famiglia Maggio, che abita
a Fiesole, ed è una famiglia
molto simpatica, in cui tutti i componenti si vogliono
bene e cucinano altrettanto
bene. Fanno sempre il cenone di Natale nella veranda dove allestiscono anche
il presepe e noi li possiamo
guardare e ascoltare. Peccato
che ora che vi ho raccontato
tutto si è già fatta L’Epifania: è giunto il momento di
tornare nel grande scatolone, tutti ammucchiati e appiccicati.
Allegra Costanzo
I
l mio nome è Pallina.
Sono una pallina di Natale color oro splendente. Per un mese dondolo
sull’albero, mentre per il resto dell’anno rimango chiusa
in uno scatolone in cantina
e attendo con gioia e impazienza il Natale.
Quest’anno però c’è stata
un’avventura
imprevista.
Il primo giorno di giugno
mi sono svegliata e mi sono
accorta che qualcosa non
andava: la cantina si stava
riempiendo d’acqua. Verso
le dieci del mattino ho sentito delle voci preoccupate
che dicevano: «Noo! Il mobile della prozia!», oppure
«Aah! Che disastro!», e anche: «Maledizione! Il mio
televisore del 1950!», e così
via. Finalmente la luce si è accesa e subito ho pensato che
fosse Natale, ma poi la voce
di uomo ha spiegato che doveva essersi rotta l’autoclave;
e infatti dopo qualche ora
sono arrivati gli idraulici e
hanno sistemato tutto.
Così ci siamo rimessi tutti ad
aspettare il 7 dicembre. Fare
l’albero di Natale il giorno
di S. Ambrogio, infatti, è
una tradizione e ogni volta
che l’appuntamento viene rispettato mi sento sollevata in
tutti i sensi: anche perché effettivamente vengo sollevata
dal pavimento e finalmente
esco dallo scatolone per ammirare l’albero già decorato
dalle lucine.
Nei giorni seguenti prendiamo parte alla vita della famiglia, a volte anche in modo
molto movimentato. Un
giorno, ad esempio, Jacopo,
mentre rincorreva le sue sorelle Lavinia e Ludovica, mi
ha colpito con una pallottola di carta e sono finita per
terra. «Ahi!» ho pensato.
«Miao!» ha risposto Dado,
il gatto; poi mi ha preso e
mi ha fatto fare un bel giro
della casa. Così ho potuto
vedere da vicino i preparativi
natalizi e la felicità generale: «Spero tanto di ricevere
un cellulare!» stava dicendo
Jacopo. «Non credo proprio!» replicava Ludovica in
tono beffardo. «Spiritosa!»
le rispondeva il fratello, in
tono sarcastico. «Se questo
è lo spirito del Natale…»
pensavo io. Ma poi: «Ti perdono!» ha detto di slancio
Jacopo «dopotutto è Natale!». «Meno male!» ho
mormorato tra me e me.
Poi mi hanno ritrovata e
appesa nuovamente all’albero. La mattina di Natale
prestissimo, saranno state le
cinque della mattina, ecco
precipitarsi sotto l’albero
Jacopo, Lavinia e Ludovica,
tutti e tre con la bocca aperta alla vista dei pacchetti; e
circa dieci minuti dopo i tre
fratelli stavano trascinando
i loro poveri genitori verso
il salotto, dove tutti hanno
cominciato ad aprire i regali:
vale proprio la pena di aspettare tanti mesi in uno scatolone per godersi da vicino
dei momenti così.
Jacopo Croce
Alice Casagrande 1a L
A cura della 1ª C
LA VOCE DELLA SCUOLA
28
T I E P O L O
Come prosegue la storia?
L
eggi l’inizio di alcuni
racconti scritti dagli
alunni di 1 A e 1 L e
continua tu la storia: poi se
vuoi puoi chiedere all’autore
come andava a finire la sua!
Cornobianko era un giovane
ragazzo originario di tutto il
mondo compresi i poli e esclusa l’Africa,
chissà perché. Parlava tutte le
lingue del mondo, compreso
l’Oceanico e l’animalese. A
Cornobianko piaceva molto
viaggiare, anche perché, visto
che sapeva tutte le lingue del
mondo si trovava a suo agio
ovunque. Un bel giorno Cornobianko incontrò una ragazza di nome Pelibianki che era
uguale a lui, aveva le sue stesse
origini, aveva il suo stesso carattere, parlava tutte le lingue:
i due andarono subito molto
d’accorso e presto si innamorano…
Victor De Lettera, 1ª L
Un tempo, in una cittadina
americana, viveva una famigliola che, dopo la guerra,
non era riuscita a tornare alla
precedente ricchezza. Per questo motivo la figlia maggiore,
Mary, a scuola era presa in giro
e isolata, ma tutto cambiò dal
fatidico giorno in cui la manager di una sua compagna che
partecipava a tutte le sfilate di
New York la notò e le propose
di partecipare a un concorso
di bellezza…
Alice Casagrande, 1ª L
C’era una volta una graziosa
principessa di nome Mary;
viveva con la sua matrigna nel
Palazzo Reale e già da alcuni
anni soffriva per la mancanza
del suo valoroso padre. Mary
era una ragazza molto vivace,
non adatta alla vita di corte.
Aveva lunghi capelli leggermente mossi che sfumavano
dal biondo al castano e due
grandi occhi verdi che illu-
minavano il suo dolce viso.
Fin da quando era piccola le
era stato proibito uscire perché era molto cagionevole di
salute e i suoi vecchi genitori
si erano ripromessi di tenerla
sempre al sicuro e adesso la
matrigna portava avanti questo compito…
amato si sarebbe fidanzato.
Stabilirono allora una prova:
lo avrebbe avuto quella di loro
con la pettinatura più bella. E
ognuna di loro si mise a cercare il parrucchiere più chic della città….
Alessandra Zanzi, 1ª L
Livia Pantarotto, 1ª L
C’era una volta una bella ragazza di nome Alice, ricca
d’animo, ma non di soldi. Era
perdutamente innamorata di
un compagno, il più carino
della classe, ma lui piaceva
anche a tutte le altre ragazze
della scuola: Alice non aveva
molta speranza, poiché era
povera, mentre tutte le altre
erano, sebbene meno graziose,
molto più ricche di lei.
Un giorno, ormai stanche di
litigare tra loro, le ragazze
decisero di scegliere definitivamente con chi di loro il
Il Signor Tacchi e il Signor Rotoli decisero di avventurarsi
un giorno in una foresta della
Germania dai numerosi laghi
e fiumi. Durante la loro escursione in quelle terre colme di
piante e di campi fioriti erano
molti infatti i rumori dell’acqua dei laghi e dei fiumi, che
cambiavano spartito in ogni
momento della giornata. La
mattina, appena entrati nella
foresta, l’acqua sgorgante dei
fiumi era così violenta sul sentierino percorso dai due esploratori che zampilli d’acqua li
colpivano con forza; il Signor
Tacchi allora prese a lamentarsi: “Ehi, quanto sei capriccio-
La parola al nemico
“Ecco, sto per diventare il Re della
Malesia, finalmente! Sandokan
e i suoi “uomini” (si fa per dire)
hanno in mente di dare l’ennesima battaglia. Dopo essere state
già sconfitte, le Tigri Mompracem
non vogliono ancora arrendersi, ma questa volta ho tutto sotto
controllo. La cugina della defunta Marianna, l’amata di Sandokan, insieme al prode Tremal
Nike, sono imprigionati nel mio
palazzo: con questa trappola ho
già attirato l’attenzione di Sandokan. La Tigre e la pirateria
di quei trogloditi scomparirà per
sempre e il dominio del mare e dei
commerci sarà mio!”.
Quante sicurezze avevo! Ma ora
vi racconterò cosa successe in
verità. Si presentò al mio palazzo un principe indiano: non ne
avevo mai sentito parlare, ma ingenuamente lo accolsi come un
ospite speciale. Avevo qualche
dubbio, in realtà, a tratti mi sembrava un po’ strano: soprattutto
se ne stava tutto il giorno a caccia
nelle foreste, ma il mio animo
nobile non mi permise di avere
più di un lieve sospetto. Fino a
quando non scoprii l’ingegnoso
inganno di cui ero stato vittima,
proprio la mattina del giorno in
cui i prigionieri dovevano essere
impiccati. Come mai Sandokan
non aveva tentato di salvarli?
Solo allora mi accorsi che Ada e
Tremal Nike erano scomparsi e
che il principe ospite che tornava
sempre per pranzo si era attardato nella foresta più del previsto;
a quel punto collegai gli eventi e
tutto riportava ad un’unica possibile spiegazione: Sandokan!
Mentre il principe, ovvero Yanez, fedele amico della Tigre,
mi distraeva, Sandokan e i suoi
tigrotti avevano avuto il tempo
di prepararsi per la grande battaglia con armi sufficienti e tanti
uomini. Così anch’io mi preparai per la guerra: i pirati tenevano
saldamente il forte, ma io riuscii
ad avere la meglio. Credevo che
finalmente avrei sconfitto per
sempre il mio avversario, dopo
averlo rinchiuso sulla nave dei
forzati assieme a Yanez, ma fu
un’altra illusione. E neanche l’alleanza con altri forzati fu sufficiente, perché quelli fecero riferimento al sultano Moda Hassim,
a cui io effettivamente avevo rubato il trono, e riuscirono infine
a ridurmi prigioniero.
Ed ora, tramite una bottiglia,
mando questo messaggio ai lettori delle avventure di Sandokan,
quell’uomo formidabile la cui
magnificenza viene descritta con
ogni dettaglio da Salgari, mentre
io, il vero spirito eroico, vengo
lasciato da parte come uno straccetto. Ma non finirà così: gli strapidocchiosi, luridi, sconci pirati
della Malesia un giorno verranno sconfitti tutti, da me!
Viola Bertoletti, 2a C
Lidia Nogara, 1a L
S
ono il famoso Lord James
Brooke, nemico e arcinemico di Sandokan; solo
qualche giorno fa, al colmo
dell’esaltazione per la vittoria
imminente, scrivevo sul mio diario:
so, fiume!”, e l’acqua replicò:
“Non ti lamentare e pensa a
camminare!”.
Federico Giachetti, 1ª A
Caro e fedelissimo Diario,
ti scrivo la mia ultima lettera
perché sto per morire. Il Bernardi, un amico del Bosco, mi
sta aiutando a scrivere queste
mie ultime parole che sono solo
per te. In questo momento sono
imprigionato dalla neve che
pian piano mi gelerà il corpo,
fino ad arrivare al cuore. Per la
prima volta sento paura e terrore... Mai il Colonello Procolo
ha avuto paura, mai si è perso
d’animo, neppure nei momenti
più difficili o tragici ma adesso è
diverso: la paura mi ha assalito
e non mi abbandona più, come
se fossi legato.
Sonia Ballio, 1ª A
LA VOCE DELLA SCUOLA
29
T I E P O L O
La 2ª L a spasso nella Storia
A
ll’inizio del XVI secolo per la Spagna sta per
cominciare un grande periodo: aumentano ricchezza e cultura, prosperano i
commerci e numerose sanguinose battaglie alla conquista
del “Nuovo Mondo” rendono
il paese una temibile potenza
armata. E proprio questo era
il grande sogno di Alejandro
Diáz: combattere in Sudamerica, al fianco dei grandi conquistatori spagnoli, arricchirsi
e imparare a farsi rispettare
dal popolo. Questa sequenza
di immagini si ripeteva ogni
giorno nella mente del ragazzo quindicenne e per quanto
lui sperasse che tutto questo si
avverasse, le condizioni di miseria in cui viveva la sua famiglia, col padre gravemente malato e la madre disperata per il
marito, sembravano opporsi ai
suoi desideri. Nonostante ciò
Alejandro, grazie ad una forte
tenacia affiancata da una nobiltà d’animo degna di Carlo
V, continuava a sperare e ogni
pomeriggio si allenava con la
spada, confidando che la sua
giovane età, le notevoli capacità e il bell’aspetto un giorno sarebbero stati in grado di
destare l’interesse di qualche
E
ra un freddo inverno
quello del 1588 e Jack
doveva inventarsi ogni
giorno l’arte di sopravvivere.
Era un ragazzo di 16 anni, povero e orfano già da tempo;
viveva in una vecchia e malridotta casa di campagna nel
sud di Londra, l’unica cosa
che aveva ereditato dall’amato
padre.
In verità al genitore doveva
anche la sua incredibile abilità
con la balestra; una disciplina
che aveva imparato dopo anni
di pratica e che lo aveva trasformato in un cacciatore formidabile, dote utile tra l’altro
per sfamarsi nei momenti più
difficili. Inoltre Jack, pur non
avendo studiato, era un ragaz-
L
’esploratore Sir Robert
Louis Tudor era un inglese di mezza età e il suo
nome era noto a tutti per le sue
avventure e i suoi viaggi esotici.
In una piovosa sera londinese,
nel suo appartamento di Kensington Park, Sir Robert sedeva
su una poltrona di pelle e sorseggiava, contro le tradizioni
inglesi, una tazza di caffè arabico, la sua bevanda preferita, leggendo Macbeth di Shakespeare,
quando entrò il Signor Moore,
suo fidato maggiordomo, che
gli portava l’ultima edizione del
Times. Subito Sir Robert ripose
il libro e iniziò a leggere il giornale: “Diamine!” sbottò “han-
legno lanciato in aria, venne
arruolato senza troppo sforzo. Nel giro di un mese, nel
febbraio del 1519, era a bordo
di un’imponente nave. Ovunque si girasse rimaneva a bocca
aperta. Lui era abituato a vivere in condizioni di povertà e
quello ai suoi occhi era meglio
di un paradiso. Era affiancato
da circa seicento nobili, armati
di tutto punto; sul ponte c’erano inoltre una quarantina
di archibugi, dei cannoni e tra
tutte le splendide armature
c’era anche la sua. Il viaggio
lo emozionava, si sentiva il
vento tra i capelli e il pensiero di andare a rischiare la vita
in Messico, lontano dalla patria, alla conquista della città
capitale dell’impero azteco,
Tenochtitlàn, non lo terrorizzava affatto. Ma nonostante
fosse riuscito a guadagnarsi
la fiducia di Cortés, restava
comunque un giovanotto alle
prime armi, inesperto, inconsapevole di ciò che gli sarebbe
potuto accadere e di ciò che
avrebbe potuto incontrare.
meglio di sé in battaglia. Ma
le cose non andarono così:
Al si aspettava stragi e sangue
sin dal primo momento e invece gli indigeni li accolsero
in modo amichevole, perché
secondo la tradizione locale
uomini così ben vestiti e ricchi
dovevano per forza essere figli
del Re Sole, e di conseguenza
“venuti dal cielo”. Di giorno
gli spagnoli si facevano adorare come divinità, ma di notte
disponevano cavalli e cannoni, tramando per un attacco di
sorpresa. Dopo essersi guadagnati la fiducia degli Aztechi,
i conquistadores colpirono,
sorprendendo gli indigeni alle
spalle. L’assalto fu fulmineo,
la pace interrotta e quel bellissimo posto si trasformò in
un’unica macabra scena, dominata da sangue e violenza.
Il rumore del metallo contro il
metallo era soffocato solo dalle continue urla di disperazione e la cattiveria del massacro
era paragonabile a quella di un
branco di leoni affamati contro un’indifesa gazzella.
Mentre sbarcavano il giovane
immaginava già i suoi sogni di
gloria avverarsi e contemporaneamente si preparava a dare il
L’inganno, la crudeltà, la velocità con cui la gente cadeva
davanti agli occhi del giovane
destarono in lui un profondo
zo molto intelligente, educato
alle buone maniere, spavaldo
e coraggioso quando le circostanze lo richiedevano. Quei
giorni Jack capì che era giunto
il momento di abbandonare
la sua casa e cercar fortuna altrove; così si incamminò per
Londra e trovò una città piena
di soldati. Erano mesi frenetici
durante i quali la guerra contro la temibile Spagna stava
diventando sempre più critica
ed impegnativa ed ora la regina Elisabetta sperava di sferrare con la sua flotta un colpo
durissimo all’Invincibile Armada. Molti banchetti sparsi
per Londra offrivano a giovani
di buona volontà di arruolarsi
e di imbarcarsi per la guerra e
così Jack si sentì attratto dal
senso del dovere e dell’avventura. Super sia le prove fisiche che i colloqui e, in poco
tempo, si trovò a bordo di un
vascello inglese, con funzioni
di vedetta. Dopo alcuni scontri cruenti e piccole battaglie,
nell’agosto di quell’anno le
due flotte si scontrarono in
modo massiccio nel Canale
della Manica. I possenti galeoni spagnoli erano minacciosi e
sembravano indistruttibili, ma
il Comandante Francis Drake
sapeva come gestire agilmente
la veloce flotta dei vascelli inglesi.
assestato delle terribili cannonate contro la nave di Jack,
stava cercando il classico arrembaggio, il ragazzo ebbe un
colpo di genio. Evitando detriti, morti e feriti, salì con la sua
balestra sull’albero maestro;
ora le navi erano quasi attaccate e lui poteva vedere chiaramente il comandante ed il primo timoniere spagnolo. Con
freddezza e precisione prese la
mira e scagliò due colpi precisi
con la balestra, riuscendo ad
abbattere i due ufficiali nemici. Per i soldati spagnoli fu un
brutto colpo e furono presi
dallo smarrimento; il capitano
della nave di Jack colse al volo
l’opportunità che il ragazzo gli
aveva offerto e senza indugio
chiamò alla carica i suoi sol-
no trovato un’iscrizione maya
che indica precisamente un tesoro!”, e immediatamente balzò
in piedi, prese la chiave del ripostiglio e in pochi minuti preparò una valigia per “spedizioni
esotiche”, si infilò la mantella e
si diresse a Paddington Station:
sarebbe partito per il Brasile con
il traghetto transoceanico.
Una volta giunto in Brasile alloggiò nell’albergo di un certo
Carlos; lì preparò uno zaino
con tutto l’occorrente per la
spedizione nella foresta e partì,
seguendo le indicazioni della
mappa vista sul Times. Dopo
qualche ora di cammino decise
di accamparsi: posizionò un’a-
maca e accese il fuoco, cucinò
qualche provvista e si coricò.
Nel bel mezzo della notte fu
svegliato da un suono ben noto
al suo orecchio, una specie di
strano sibilo accompagnato da
uno strascichio: è il tipico rumore di un serpente a sonagli
amazzonico. Sir Robert prontamente sguainò il machete e
attese di sentire il movimento
del serpente lungo la corteccia:
a quel punto scagliò l’arma, colpendo infallibilmente, e si rimise tranquillamente a dormire.
Il mattino seguente Sir Robert
smontò l’accampamento e si
preparò una tazza di caffè arabico, che non poteva mai mancare
ricco esploratore.
Ma gli anni passavano, era ormai la fine del 1518, un altro
anno di gloria per la Spagna,
un altro anno in cui nessuno
aveva degnato di uno sguardo
il talento sprecato del ragazzo.
Al cominciava a non crederci
più, pensava seriamente che
tutto lo sforzo e il sudore versato negli ultimi anni non fossero serviti a nulla, “Ma presto
o tardi la fortuna girerà” si diceva tra sé. La Spagna, dall’inizio del secolo, aveva compiuto numerose conquiste,
riportando, inevitabilmente,
anche parecchie perdite. Fu
proprio la mancanza di nobili armati a indurre Hernan
Cortés a cercare uomini per
il suo esercito anche guardando ai gradini più bassi della
scala sociale. Alejandro vide
in ciò l’occasione della sua
vita: avrebbe potuto navigare
e combattere al fianco di un
grandissimo conquistador e
immediatamente i sogni di
gloria e di ricchezza ripresero
a farsi vivi nella sua mente. Si
fece avanti e dopo aver dato
dimostrazione della sua destrezza con la spada tagliando
in quattro pezzi un ceppo di
ò
Lo scontro fu caotico e sanguinoso e sembrava che le bordate spagnole fossero troppo
forti; poi, mentre uno dei più
maestosi galeoni, dopo aver
nelle sue spedizioni; infine caricò il moschetto e proseguì verso
la sua meta marciando per circa
sei ore nel folto della foresta.
Allo stremo delle forze giunse
in una strana radura, dove, con
suo sommo stupore, vide ergersi
un’enorme costruzione simile a
quella descritta nel geroglifico.
L’esploratore incredulo si avvicinò e, con un arnese comprato
da Brown Bricolage’s House, aprì
la porta, venendo immediatamente colpito da un forte odore di muffa; ma senza darsi per
vinto cominciò ad avanzare alla
luce di una lanterna: davanti a
lui si apriva un lungo corridoio
che terminava in un’ampia sala.
senso di disprezzo, di rifiuto,
di odio verso la guerra e verso
la sua patria. Si vergognava di
essere spagnolo, si vergognava
di aver ammirato in passato un
così crudele uomo quale era
Cortés e quando, fattosi strada tra la folla, riuscì ad arrivare alle mura del palazzo reale
sotto assedio e si trovò faccia
a faccia con il re azteco, il lato
buono del suo cuore ebbe il
sopravvento, Al scoppiò in lacrime e rinunciò all’occasione
di uccidere il sovrano nemico.
Cortés, che non era entrato
in battaglia, lo stava tenendo
d’occhio per vedere se davvero in quel ragazzo ci fosse del
fegato, e infatti dopo la magra
prova di quel giorno, verso il
tramonto, lo fece frustare a
sangue a causa della sua debolezza. Al si pentì veramente di
aver intrapreso questo viaggio,
tra sé e sé continuava a pensare
di essere un fallito e vide i suoi
sogni di gloria sfumare per
sempre: era ancora giovane,
povero e per di più in una terra lontana e si chiedeva cosa
avrebbe fatto per il resto della
sua vita.
Leonardo Rilasciati, 2a L
dati. Gli inglesi massacrarono
l’equipaggio di quel galeone
che fu affondato e il successo
scatenò entusiasmo e fiducia
nell’intera flotta inglese e presto l’Invincibile Armada si rivelò tutt’altro che invincibile.
Alla fine della guerra Jack fu
presentato a corte, dove la
Regina gli confer la carica di
Protettore del Grande Impero, dichiarando ai presenti che
la stirpe inglese avrebbe dominato ed influenzato per lungo
tempo il mondo proprio grazie a giovani nobili e coraggiosi come Jack.
ì
Riccardo Migliorisi, 2a L
Sir Robert non perse tempo e vi
entrò, scoprendo con enorme
stupore che la stanza era tutta
ricoperta d’oro; prese allora la
macchina fotografica e scattò
molte foto, poi uscì e fece ritorno di corsa verso la città.
La scoperta rese Sir Robert
enormemente ricco, tanto da
potersi comprare una proprietà
di piante di caffè in Arabia e
poter rimanere a casa a leggere
Macbeth senza più dover affrontare difficili avventure.
Luigi Lorenzoni, 2a L
30
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Due classici a confronto 07/
Q
uest’anno ho letto
due libri che, pur
sembrando piuttosto diversi, vorrei provare a
confrontare: Il Gattopardo di
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, scritto a metà del Novecento e pubblicato postumo,
e Via col vento di Margaret
Mitchell, scritto qualche anno
prima nel 1936.
Piccoli
critici
Lo strano caso
del cane ucciso
a mezzanotte
L
o strano caso del cane
ucciso a mezzanotte di
Marc Haddon è un racconto giallo narrato in prima
persona dal suo protagonista,
Christopher Boone, un ragazzo di quindici anni che soffre
di una forma di autismo con
varie: Christopher ad esempio
detesta essere toccato, odia il
giallo e il marrone, ama il rosso e rifiuta di mangiare se cibi
diversi entrano in contatto tra
loro; inoltre, quando passano
quattro macchine gialle di fila,
si chiude negli angoli, non
parla con nessuno e si rifugia
nei suoi pensieri perdendo la
cognizione del tempo.
All’inizio della storia la sua famiglia è composta da lui, suo
padre e il suo topo Toby, mentre alla fine le cose cambieranno. Christopher frequenta il
liceo in una sezione speciale:
il gruppo H. Le sue materie
preferite sono matematica e
fisica, ma coltiva anche altre
passioni, come i libri gialli e i
misteri. Così quando scopre
il cadavere di Wellington, il
cane della sua vicina, decide di
scoprire l’assassino ispirandosi a Sherlock Holmes. Suo padre è contrario a che lui svolga indagini, ma Christopher,
disobbedendogli, persevera
e intanto scrive un libro nel
quale annota episodi su sua
madre che credeva morta.
Nella sua attività di detective
Christopher si imbatte infatti
in alcune lettere scritte da sua
madre ed indirizzate, scoprendo così che sua madre è ancora
viva e che si è trasferita a Londra. Decide allora di rivelare al
padre di avere scoperto che il
responsabile dell’uccisione del
cane è…
Da quel momento per Christopher cominciano avventure del tutto insolite, che
rappresentano prove molto
difficili per lui, finché riuscirà
a raggiungere Londra e a trovare sua madre, anche se poi
dovrà tornare a casa per dare
un esame e per riallacciare il
rapporto con il padre.
Il primo si svolge in Italia, precisamente in Sicilia, a partire
dal 1861: sono gli anni dello
sbarco di Garibaldi nell’isola e
dell’Unità d’Italia; i protagonisti, Don Fabrizio Principe di
Salina e la sua famiglia, sono
disorientati, quasi spaventati
da quello che sta accadendo e
temono di perdere privilegi e
ricchezza con l’aumentare del
potere del ceto borghese; l’unico membro della famiglia
davvero entusiasta del cambiamento è Tancredi, nipote
squattrinato del Principe, che
si arruola con i garibaldini e
si getta nella nuova avventura fino a diventare politico di
professione.
quella di Tancredi e Angelica
da un lato e quella Rossella e
Rhett dall’altro. Il vero protagonista di questi romanzi,
però, è il periodo storico in
cui sono ambientati, ed è evidente come in entrambi i casi
gli autori vogliono raccontare
i grandi cambiamenti nelle
rispettive società e sia Tomasi
di Lampedusa che la Mitchell
descrivono la fine di un’epoca
che loro sembrano preferire a
quella che sta arrivando.
Un fatto curioso è che da questi due libri sono stati tratti
due grandi film, ormai piuttosto datati, che hanno avuto
un enorme successo, nel caso
americano anche più dello
stesso romanzo, e a tutt’oggi
contano numerosi estimatori.
Beatrice Beretta, 3a B
In comune i due romanzi hanno una storia d’amore che
apparentemente sembra occupare il centro della vicenda:
Ma dove sono finito? Non ci
posso credere! Sono proprio
all’interno di Boy!
arrivate sopra il ciclone, che le
risucchiò. Fui tirato dentro quel
turbine vorticoso e svenni.
A rendere molto originale a
avvincente il libro è ovviamente la scelta di raccontare la vicenda attraverso il punto di vista di un ragazzo autistico, ed
è per questo che lo consiglio.
Elia Pavesi, 3a F
Via col vento invece si svolge
nell’America del Sud sempre
attorno al 1861: sono gli anni
della Guerra di Secessione, e la
protagonista, Rossella O’Hara, appartiene a una ricca famiglia di latifondisti che basa
la sua ricchezza sulle piantagioni di cotone coltivate dagli
schiavi, e contrasta l’arrivo dei
nordisti, che vogliono abolire
la schiavitù e cambiare completamente lo stile di vita di
questo genere di famiglie che
rischiano così, come nel Gattopardo, di vedere svanire le
loro ricchezze e i loro privilegi, pur non essendo nobili.
Chi in questo libro sembra
accettare come inevitabile il
cambiamento è il protagonista
maschile Rhett Butler, il quale
però, a differenza di Tancredi,
quando ci sarà da combattere
si arruolerà con l’esercito sudista, pur consapevole di andare incontro a una inevitabile
sconfitta.
S
tavo tranquillamente riposando in camera mia,
immerso nei miei pensieri. Improvvisamente la libreria
cominciò a tremare e un vecchio
libro cadde sul pavimento. Un
vortice alto fino al soffitto cominciò a turbinare nella mia
stanza... Presto mi accorsi che
partiva proprio da quel vecchio
libro posato sul pavimento:
Boy, di Roald Dahl. Il ciclone
si fece sempre più grande e dopo
un po’ cominciò a risucchiare diversi oggetti. Guardai in
basso: le mie gambe si stavano allungando come se fossero
elastiche, mi sentivo come se
qualcuno mi stesse strattonando ripetutamente. A forza di
allungarsi, le mie gambe erano
Quando mi svegliai ero steso sopra un marciapiede. Di
fronte a me c’era un bambino,
aveva più o meno sette anni.
Mi guardò incuriosito e mi
chiese: “Come ti chiami?” Non
sapevo dove mi trovavo e non
sapevo chi fosse quel bambino,
ma decisi di rispondere: “Mi
chiamo Sergio, Sergio Mari, e
tu chi sei?”. Il bambino esitò per
qualche secondo, poi parlò: “La
mamma mi dice di non parlare
con gli estranei… Comunque io
sono Roald Dahl”. Stupefatto
risposi: “Davvero? Roald Dahl!
Il famoso scrittore?!”. Il bambino parve confuso: “Non capisco
di cosa tu stia parlando”. Poi mi
venne in mente che era ancora
un bambino, e non poteva sapere che in futuro sarebbe diventato un grande autore per
ragazzi. Ritirai la domanda:
“No, scusa, ti devo aver confuso
con un’altra persona”. Il bambino, frettoloso, rispose: “Scusa
Sergio, non posso trattenermi.
Devo andare a scuola”, e corse
via in fretta e furia con lo zaino
in spalla.
Decisi di passeggiare per il pa-
ese. Non sembrava una cittadina molto moderna, infatti
non c’erano né semafori, né
automobili, di tanto in tanto
passava un carretto trainato
da un cavallo. La mia giornata
trascorse tranquilla, finché nel
pomeriggio non incontrai nuovamente il giovane Roald, questa volta con le mani sul sedere
e le lacrime agli occhi. Corsi da
lui e gli chiesi: “Oh, santo cielo!
Cosa ti è successo?!”. Roald tentò di parlare: “Il professore mi
ha picchiato”. Sgranai gli occhi:
“Davvero? Nell’epoca dove vivo
io è illegale picchiare i bambini
a scuola! Se posso permettermi:
perché sei stato picchiato?”. Roald parve incerto: “Mi dispiace,
ma questo temo di non potertelo dire”.
Improvvisamente dalla mia
mano spuntò di nuovo quel
ciclone, che mi risucchiò. Poco
prima di tornare nel presente,
Roald mi fece segno di saluto
con la mano. Mi ritrovai in
camera mia, erano le 11:00 di
sera. Stravolto pensai: “Chissà
se mi ricapiterà un’avventura
così!”.
Sergio Mari, 1a I
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Il fascino
del meridione d’Italia
Q
uest’anno in classe
abbiamo letto alcune
novelle di Verga e di
Pirandello, insieme al Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Sono tutti testi risalenti ai
momenti precedenti e successivi all’Unità d’Italia e scritti
da autori provenienti dall’Italia meridionale, in particolare
dalla Sicilia. Ammetto che
all’inizio ero un po’ scettico
sul leggere contemporaneamente e confrontare tre testi
così simili, perché onestamente pensavo fossero noiosi. Alla
fine però mi sono ricreduto
per via della bellezza di queste scritture, che il mio occhio
scorreva velocemente, anche
perché, mischiata alla grande
drammaticità dei temi trattati, emergeva di continuo una
vena umoristica e dialettale
che, avendo i genitori provenienti proprio da quelle zone,
mi faceva divertire maggiormente e mi permetteva di seguire il testo senza problemi.
La tragicità raccontata in queste vicende è a tratti crudele:
un esempio ne è Malpelo che
scava nella sabbia della miniera per trovare il cadavere del
padre; un altro è quando lui
cerca di scaldare il suo amico
Ranocchio malato di tubercolosi con i suoi miseri pantaloni “quasi nuovi” e di nutrirlo
con tutto il suo cibo, che poi è
solo una mezza cipolla. Oppure nella novella Libertà, in cui
alcuni contadini cercano di ribellarsi ai padroni uccidendoli
nella speranza di ottenere della terra da coltivare, ma al po-
Non dirmi
che hai paura
di parentela diretto con il famigerato “Peppe”, nonno della
bella Angelica, che suo nipote
sposerà per interesse.
sto della “libertà” ottengono
solo il carcere a vita. D’altro
canto, però, anche la comicità è spesso molto spinta: ad
esempio nelle conversazioni
tra il Principe di Salina e Padre Pirrone su cosa vada a fare
il Principe di notte in città,
oppure nel terribile confronto
tra la nobiltà del Principe e la
ricchezza volgare di Don Calogero; ma perché non citare
anche Don Lollò della Giara,
che va su tutte le furie quando
scopre che la sua preziosissima
giara si è rotta?
In definitiva, a mio parere la
lettura di questi tre autori è
stata fantastica, perché ha arricchito la mia conoscenza sia
dal punto di vista storico, permettendomi di conoscere meglio come è andato veramente
il processo di unificazione del
nostro paese, ma anche da
quello umano, facendomi capire come venivano trattati i
ragazzi della mia età una volta.
Giuseppe Casale, 3a B
Leggendo queste magnifiche
opere ho anche notato che
l’Unità d’Italia dai meridionali è stata affrontata da due
punti di vista totalmente diversi: da un lato i poveri ragazzi mandati a combattere e morire per un re molto discutibile, che alla fine abbandonerà
tutto; e dall’altro nobili, superiori e indifferenti al processo
e alla novità, tutti preoccupati da altre preoccupazioni: il
maggior problema del principe di Salina, infatti, è quello
di non contrarre alcun legame
Un consiglio da amica
di ebrei sono stati costretti a vivere durante il nazismo.
Forse tu sei ancora piccola per
leggerlo, anche se hai solo due
anni in meno di me, ma ti assicuro che è molto interessante, e
benché la storia sia abbastanza
triste, contiene alcuni particolari davvero divertenti.
C
ara Sofia,
devi sapere che in questi
giorni ho finito di leggere il Diario di Anne Frank, un
libro che fa capire come milioni
Ovviamente non ti racconto la
storia, perché se decidessi di leggerlo, ti rovinerei tutto. Ti svelo
soltanto che Anne è una ragazzina che, per via del nazismo, è
costretta a nascondersi, con la
sua famiglia e altri amici, in
un alloggio segreto. Lì per più
di due anni passa la sua vita a
leggere, a studiare, a parlare, a
scrivere e perfino a innamorarsi.
Vuoi sapere il mio parere?
31
Penso che sia un libro adatto
a te perché ti potrai facilmente
immedesimare in Anne, che è
una ragazza simpatica, allegra
e spiritosa proprio come te. La
sua scrittura è facile e piacevole
e, grazie alla testimonianza di
Anne, purtroppo non sopravvissuta a quell’avventura, si viene
a conoscenza dell’orrore della
Shoah.
Insomma, a me è davvero piaciuto, quindi te lo consiglio! Mi
raccomando: rispondimi e, se lo
leggi, dimmi il tuo giudizio!
Ciao, buona lettura,
la tua amica
Sara Ginelli, 3a B
S
amia è una ragazza di
Mogadiscio che ha la
passione per la corsa. È
molto veloce sin da quando
è piccola ed ha grandi aspirazioni. Fa parte di una grande
famiglia, composta dai genitori, tre sorelle e tre fratelli; la
sorella che più le sta a cuore
è Hodan, con cui si confida
sempre. Il suo migliore amico,
che conosce da una vita, è Alì,
che corre insieme a lei, fino a
quando perde una gara e decide di farle da allenatore. I due
sono costretti a correre e ad allenarsi clandestinamente, ma
Samia riesce comunque a vincere la sua prima gara a Mogadiscio. Intanto gli estremisti di
Al-Shebaab prendono sempre
più potere in Somalia ed Alì
è costretto a scappare, perché
appartiene a un’etnia minoritaria. Samia, che invece è di
un’etnia e di un clan diversi,
rimane sola, senza allenatore,
ma arriva comunque a vincere
una gara nazionale ad Hargeysa. Al suo ritorno però Mogadiscio è in mano agli estremisti e pochi mesi dopo aabe
Yusuf, suo padre, muore: si
tratta di una perdita lacerante
per Samia, che non le fa perdere però la sua voglia di correre,
benché sia ormai costretta ad
allenarsi con il burqa. Le viene
offerta la partecipazione alle
Olimpiadi di Pechino (2008),
dove arriva ultima, ma diventa
l’idolo delle donne musulmane di tutto il mondo, proprio
come aveva previsto suo padre. Samia scopre che Alì è
stato assoldato da Al-Shebaab
ed è stato costretto ad uccidere proprio aabe, quindi vuole
risarcire lei e la sua famiglia.
La ragazza addolorata decide
di seguire un’amica giornalista, Teresa, in Etiopia, ad Addis Abeba, dove conosce un
allenatore disposto a prepararla alle Olimpiadi di Londra
del 2012. Il permesso dalla Somalia però non arriva e, dopo
sei mesi di allenamenti clandestini, Samia segue l’esempio
della sorella Hodan, arrivata
in Europa nel 2008, e parte
per il “Viaggio”. La sua vita da
questo momento è in mano ai
trafficanti di uomini, persone
senza scrupoli che chiedono
continuamente soldi. Samia
riesce a sopravvivere quasi
per miracolo, viaggiando con
altre settanta persone su una
jeep attraverso il grande deserto che dal Sudan e dal Ciad
arriva alla Libia. Giunta a Tripoli dopo circa cinque mesi
di viaggio, è infine pronta ad
imbarcarsi per l’Italia: al primo tentativo i trafficanti sono
costretti a tornare indietro;
la seconda volta, invece, riescono a prendere il largo, ma
a poche miglia dalla costa italiana l’imbarcazione si ferma
e solo dopo lunghe ore arriva
una barca di soccorso italiana.
Il finale è in un certo senso
aperto e merita di essere letto
perché ognuno possa darne la
sua interpretazione.
Questo romanzo è stato ideato
da Giuseppe Catozzella dopo
che nell’agosto del 2012 aveva
ascoltato alla radio la storia di
Samia Yusuf Omar raccontata
da un’inviata italiana nel Corno d’Africa. Il coraggio e la tenacia di Samia hanno colpito
l’autore che ha deciso di scrivere un libro su di lei, dal quale capiamo in realtà il destino
riservato a molti di coloro che
scappano dalla loro patria distrutta dalla guerra, affrontando le condizioni estreme del
“Viaggio” per antonomasia,
quello attraverso il deserto,
durante il quale rischiano la
vita nella speranza di arrivare
a condurne una migliore.
Alberto Accornero, 3a F
Venezia - Paolo Mercanti, 3a A
T I E P O L O
Bolle - Ada Teot, 2a C
Ciò che ci colpisce
della realtà che ci
circonda.
Scatti a cura dei ragazzi di Alternativa del prof. Sgrò.
Grattacielo - Francesca Cimmino, 2a H
Grattacielo - Edoardo Bisagno, 3a C
LA VOCE DELLA SCUOLA
T I E P O L O
Annuale della scuola media Tiepolo di Milano - Anno XXIV n. 1 maggio 2015 distribuzione gratuita
Redazione
Albarosa Camaldo
(Ordine Nazionale dei Giornalisti, Tessera n. 102661)
Silvia De Pol
Realizzazione grafica
Antonello Romeo
[email protected]
Stampa
Lalitotipo s.r.l.
Via Enrico Fermi, 17, 20019 - Settimo Milanese
tel/fax. 02.33.500.830 - [email protected]