Picasso fotografo

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Picasso fotografo
La Vetrina dell’Arte
LIBRI D’IMMAGINE
L’ESPLORAZIONE
FOTOGRAFICA
DI PABLO PICASSO
di ALESSANDRO VOGLINO
D
opo la morte di Pablo Picasso, avvenuta a
Mougins nel 1973, la famiglia decise di donare al Governo Francese una quantità notevole
di materiale fotografico appartenuta al grande maestro.
Ben presto ci si accorse che di questo materiale facevano
parte alcune migliaia di immagini fotografiche tra quelle
collezionate e quelle da lui stesso realizzate. Ciò spinse
alcuni esperti ad iniziare degli studi sulla controversa e
stimolante interrelazione fra i quadri di Picasso e il mezzo fotografico.
P
icasso ha sempre considerato la fotografia come
un nuovo e importante metodo per interpretare
la pittura, come nei più importanti lavori del
periodo cubista. Ma l’artista ha usato la fotografia anche
come un nuovo mezzo diretto, pitturando, tagliando e
lavorando le foto, contribuendo a trasformare la comune
P. PICASSO - sopra: Pierrot e Arlecchino (1920, goauche a
matita su carta, cm. 25.7 x 19,7, dono di Gilbert W. Chapman,
National Art Gallery Washington) - sotto: Lo studio blu
(Parigi o Barcellona, 1902, stampa al bromuro d’argento,
cm. 1,8 x 13,1, Archivi Picasso, Museo Picasso, Parigi)
- nella pagina accanto Autoritratto nello studio (Parigi, 1901,
stampa al bromuro d’argento, cm 12 x 9, Archivi Picasso)
percezione pittorica. La produzione fotografica di Picasso comprende infatti una grande
varietà di forme e tecniche che confluiscono
in opere d’arte autonome: fotografie sovrapposte, cliché-verres, incisioni, fotogrammi,
diapositive, collages e ritagli fotografici. Nel
percorso della sua lunga e operosa carriera,
esplorando la fotografia con la stessa intensità con cui indagava il disegno, la pittura e
la scultura, il maestro utilizzò un ricco apparato di temi, stili e mezzi espressivi. Determinanti furono le frequentazioni e collaborazioni con altri artisti e fotografi come Dora
Maar, Brassaï, Gjon Mili, André Villers,
Man Ray, che rivelarono la sua straordinaria
inventiva dimostrando l’abilità nello spingere la fotografia verso direzioni inattese.
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S
appiamo che Picasso conservava tanti fotoritratti del
secolo scorso o cartoline figuranti tipi etnografici
o regionali. Li troviamo nel suo archivio accanto a
foto di giornali, foto di famiglia, immagini pubblicitarie o
scientifiche. Nel tempo si sono imposte corrispondenze con
molti suoi disegni, pitture e sculture. E’ quindi evidente che
dall’iconografia fotografica l’artista ricavò spesso del materiale come ispirazione alle sue opere o proprio come materiale
stesso per le sue scelte plastiche unendo le arti della pittura,
scultura, grafica e fotografia. E’ di questo periodo il lavoro ad
olio Paulo su un asino (1923) il primo esempio di dipinto di
Picasso ispirato ad una fotografia di anonimo. L’artista volge
un particolare interesse alle risorse della fotografia in quanto
medium e sperimentazione non solo nella ripresa, ma anche
nello sviluppo e nella stampa. E’ a questo “Picasso Fotografo”
Sopra - ROBERT DOISNEAU - Pablo Picasso con una pagina di
vogue ridisegnata (Vallauris, 1952, stampa al bromuro d’argento
cm. 24 X 18,2, Archivi Picasso, Parigi)
A sinistra - P. PICASSO - Donna seduta in poltrona
(Parigi, 1918-1920, olio su tela cm 130 x 89, collezione privata)
Nella pagina accanto - P. PICASSO - Donna-Satiro (Vallauris,
1951, penna e inchiostro di China sulla pag. 33 di Vogue del
maggio 1951, cm 32 x 24, Arch.Picasso, Museo Picasso, Parigi)
che il grande fotografo e sperimentatore della camera oscura
Man Ray rendeva omaggio nel 1937 nella sua prefazione alla
pubblicazione Cahiers d’Art, scrivendo: «Sì, hai fatto fotografia, come tutti i pittori, ma non con i tuoi propri occhi,
con le tue proprie mani, non con le macchine prese a prestito. Hai perfino inventato il soggetto». I lavori di ricerca
cui accenna sfruttano le risorse del mezzo fotografico senza
tener conto, come per le opere di Man Ray stesso, delle sue
componenti essenziali: non c’è macchina da presa, obbiettivi
e neppure un vero negativo, perché tutto deriva dalla pittura
su lastra di vetro e dal contatto diretto con la carta sensibile.
Quella più comunemente conosciuta come fotogramma che,
secondo l’espressione di Tristan Tzara, è una fotografia alla
rovescia, perché, secondo all’uso corrente di ripresa/sviluppo/
stampa, andrebbe invece letta dal supporto alla visione.
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V
ediamo quindi, come ben emerge dal recente
volume di Anne Baldassari Picasso e la Fotografia. Lo specchio nero (Alinari Edizioni), che
la fotografia ebbe una notevole presenza nella vita di Pablo Picasso sin dai primi anni del ‘900 e fu probabilmente
fonte di ispirazione, complemento e mezzo di evoluzione
del pensiero artistico. «Come tutti i pittori veri, Picasso
adora il colore per se stesso» così scriveva Félicien Fagus
durante la mostra dell’artista da Vollard nell’estate 1901.
Sin dai mesi che seguirono, però, questa maniera pré-fauve
lascerà presto il posto a una quasi monocromia che preannuncia il cosiddetto Periodo blu. L’uso che Picasso fece del
medium fotografico all’inizio del secolo potrebbe aver direttamente contribuito a questo mutamento stilistico.
E
’ infatti di questo periodo di sperimentazione,
l’allestimento fotografico Lo studio blu (1902)
che rappresenta un enigma visivo. Concepita con
lo stesso criterio delle fotografia Autoritratto nello studio
(1901), dove la figura dell’autore si intravede mimetizzata
sulla parete del suo studio, qui sconvolge le regole della
visione realista di una semplice ripresa fotografica: in una
visione del suo studio la tela Donne al bar, che occupa la
maggior parte dello spazio vi è rappresentata “sotto sopra”
rispetto alle altre opere. Il risultato è una composizione
astratta che mette in opposizione dei formati rettangolari,
i cui motivi cozzano con la curva sinuosa e luminescente della donna vista di spalle. Uno sguardo plastico privo
della terza dimensione suggerisce un nuovo disegno fatto di incastri di piani e di superfici, che preannuncia quel
percorso di pensiero che lo porterà alla realizzazione, nel
1937, dell’opera pittorica più nota di Picasso: Guernica.
Un volume, quindi, e uno studio, quello proposto da Anne
Baldassari per la Fondazione Alinari, che ci fa afferrare meglio come funziona lo sguardo dell’artista. Una foto ferma
un momento di “gelo” nel processo produttivo e Picasso
stesso si servì di questo effetto per analizzare la propria visione in momenti così decisivi come furono il Periodo blu,
il soggiorno a Horta e le messe in scena dei papiers collès,
momenti caratterizzanti e determinanti nell’evoluzione del
pensiero artistico del grande Maestro del Novecento.
Alessandro Voglino
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Sopra la copertina del volume Picasso e la Fotografia.
Lo specchio nero di Anne Baldassari (edito da Alinari).
PICASSO E LA FOTOGRAFIA.
LO SPECCHIO NERO
di Anne Baldassari
264 pagine; 280 ill. col. e bicr.; It; ril. 23x31
Euro 72,00
Il volume è disponibile
da HF Distribuzione
(tel. 0161.210727 – fax 0161.214133)
e nei siti Internet www.artelibri.it
o www.hfnet.it
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