Riforma La Camera approva il reato di tortura Un

Transcript

Riforma La Camera approva il reato di tortura Un
POSTE ITALIANE S.P.A.  SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE  D.L. 353/2003 CONV. IN L. 27/02/2004 N.46 ART. 1, COMMA 1,  NO/TORINO
Vai sul nostro sito
www.riforma.it
notizie
aggiornamenti
abbonamenti
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
RIFORMAL’ECO DELLE VALLI VALDESI: VIA SAN PIO V, 15  10125 TORINO • EURO 1,55
17 APRILE 2015 • ANNO XXIII • NUMERO 15
LA CAMERA APPROVA IL REATO DI TORTURA
80 ANNI FA FU EMANATA LA CIRCOLARE «BUFFARINI GUIDI»
Un passo di civiltà
Nocivi all’integrità della razza
Gian Mario Gillio
L
a Camera dei deputati, nella seduta del 9 aprile 2015,
ha approvato con alcune modifiche la proposta di legge C. 2168 (già approvata dal Senato) che introduce –
dopo trent’anni di vuoto legislativo – nel codice penale italiano il reato di tortura. La proposta dovrà tornare tuttavia
al Senato.
Il disegno di legge, approvato con 244 sì, 14 no e 50 astenuti (M5Stelle) ha tra i suoi riferimenti principali la convenzione Onu contro la Tortura, firmata (anche dall’Italia) a
New York nel 1984. L’iter parlamentare è arrivato a pochi
giorni dalla sentenza della Corte di Strasburgo che ha condannato l’Italia per reati di tortura in riferimento ai fatti avvenuti all’interno della scuola Diaz in occasione del G8 di
Genova nel 2001.
«A Genova – ha dichiarato all’agenzia stampa Nev il deputato valdese Luigi Lacquaniti (Pd) al termine della votazione – la protesta sociale di massa, che allora sembrò esaurirsi sotto i colpi dei manganelli e sotto gli idranti delle forze
dell’ordine, segnò il declino di un certo modello economico
dominante. A distanza di quattordici anni, grazie alla sentenza della Corte di Strasburgo, stiamo tentando di porre un
rimedio, seppur tardivo, introducendo il reato di tortura, finora non contemplato dal nostro Ordinamento. Nonostante
qualche incertezza, il provvedimento permetterà d’ora in
avanti di punire gli atti di tortura con la reclusione».
Numerosi atti internazionali prevedono che nessuno possa essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti, tuttavia la maggior parte di questi atti si
limita a proibire la tortura ma non ne fornisce una specifica
definizione.
La discussione alla Camera ha ovviamente spaccato gli
schieramenti politici: si è parlato di attacco alla sicurezza
nazionale e di intimidazione alle forze dell’ordine nel testo
rivisto dalla Camera per la votazione e critiche pesanti sono
giunte da parte della Lega Nord, da Fratelli d’Italia e da Forza Italia. Così si è espresso il senatore valdese Lucio Malan
(Fi) sentito dall’agenzia Nev: «Chi è nelle mani dello Stato va
trattato con ogni garanzia, e a Genova nel 2001 in diversi
casi ciò non è avvenuto, e le condanne sono arrivate senza
bisogno di reato specifico nel codice che, a esempio, neanche in Germania e Svezia c’è. Oggi rischiamo invece di mettere nelle mani dei delinquenti i carabinieri e i poliziotti, che
rischieranno da 5 a 12 anni anche per aver causato “sofferenze psicologiche”. Chi toccherà più un delinquente?».
Il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione
straordinaria sui diritti umani del Senato, ritiene che il testo
approvato dalla Camera sia mediocre: «Anzitutto – ha detto
all’agenzia Nev – perché ha cancellato il riferimento allo stato di privazione della libertà e alla condizione di minorata
Il provvedimento fascista che vietava il culto pentecostale è il più grave atto di intolleranza religiosa dopo
l’unità d’Italia. Intervista a Carmine Napolitano, preside della Facoltà pentecostale di scienze religiose
Marta D’Auria
I
l 9 aprile del 1935 veniva diramata la circolare n.
600/158, la cosiddetta «Buffarini Guidi» - dal nome dell’allora sottosegretario del Ministero dell’Interno - che bandì il culto pentecostale «essendo
risultato che esso si estrinseca e si concreta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza». Quel provvedimento, considerato il più grave atto di intolleranza religiosa che sia stato compiuto in Italia dopo l’Unità, ebbe
gravi ripercussioni sulla vita di centinaia di persone e
causò profonde sofferenze alle comunità pentecostali
presenti su tutto il territorio. In occasione dell’80° anniversario di quella circolare, abbiamo sentito Carmine
Napolitano, preside della Facoltà pentecostale di scienze
religiose di Aversa (Ce), progetto della Federazione delle
chiese pentecostali in Italia (Fcp).
«La circolare «Buffarini Guidi» ha rappresentato la
messa al bando di chiese inermi, giovani, composte da
persone molto semplici che non riuscivano neanche a
capire quali potessero essere le motivazioni per cui un
regime così feroce si accanisse tanto contro uno sparuto
numero di evangelici poco noto, posizionato soprattutto in aree geografiche e metropolitane periferiche, causando molto dolore e sofferenza. Nonostante molte cose siano state già dette e scritte su quegli anni, credo che
gli effetti pratici di quella circolare siano ancora tutti da
portare alla luce da un punto di vista storico».
— In che senso?
«Nella memoria storica delle nostre chiese, alcune
delle quali hanno avuto persone direttamente coinvolte
in quelle vicende, vi sono narrazioni incredibili di quello
che accadde: persone portate via di casa e messe in galera; riunioni di culto interrotte improvvisamente; persone sfollate e mandate via dalle proprie case; gente che
venne arrestata e mandata al confino semplicemente
per il fatto di essere pentecostale. Vi è stato anche qualche episodio tragico: una persona, finita nel carcere romano di Regina Coeli perché pentecostale, è risultata
tra i morti delle Fosse Ardeatine, qualcun altro è morto
in un campo di concentramento. Per il popolo pentecostale – che in Italia esisteva da meno di trent’anni ed era
fatto da gente semplicissima, come contadini, artigiani,
molti dei quali semianalfabeti – ritrovarsi di fronte a
un’operazione di quella portata ha segnato profondamente la memoria delle nostre chiese».
— Nel 1955 l’infamante circolare venne abrogata. Ma
ancora oggi è in vigore la legge sui culti ammessi del 1929
che regolamenta i rapporti tra lo Stato italiano e le confessioni diverse dalla cattolica che non abbiano stipulato
una Intesa. Qual è la situazione delle chiese che fanno
parte della Federazione delle chiese pentecostali (Fcp)?
«Nel secondo dopoguerra molte cose sono cambiate
per il mondo pentecostale, per diversi motivi: è mutato
il regime statale, è stata approvata la Costituzione italiana, e molti evangelici di più lunga tradizione hanno
sposato la causa dei pentecostali, come Giorgio Peyrot,
Giorgio Spini, accanto ai quali vanno ricordati importanti personaggi come Gaetano Salvemini e Piero Calamandrei. Quando la Fcp è nata 20 anni fa, il livello di riconoscimento giuridico delle sue componenti era molto
basso. Negli anni la situazione è mutata: quasi tutte le
grandi organizzazioni della Federazione, cioè quelle di
interesse nazionale, hanno il riconoscimento giuridico;
[segue in ultima]
[segue in ultima]
UN APPELLO INTERRELIGIOSO
CULTURA
Giovan Luigi Pascale
martirio e resistenza
di Marco Fratini
È uscita una nuova edizione
delle «lettere» del pastore
valdese che, dopo aver frequentato gli ambienti riformati a Ginevra, predicò in
Calabria e, condannato
dall’Inquisizione, fu arso vivo a Roma nel 1560.
[a pagina 7]
Fine della povertà estrema entro il 2030
P
iù di 30 fra leader religiosi e
CHIESE
Carovana per la dignità
del lavoro
di Marta D’Auria
Per iniziativa della Commissione «Globalizzazione
e ambiente» della Fcei, par-
tita dai tre poli petrolchimici inquinanti della Sicilia e
passata per l’Ilva di Taranto,
la carovana è giunta a Napoli. Una «tre giorni» per
dare voce al movimento per
la giustizia ambientale.
[a pagina 9]
responsabili di organizzazioni
di fede hanno lanciato il 9 aprile un appello per porre fine alla povertà entro il 2030, obiettivo condiviso anche dalla Banca Mondiale.
«Porre fine alla povertà estrema:
un imperativo morale e spirituale»
è il titolo del documento, diffuso il
9 aprile, che sottolinea come negli
ultimi 25 anni si sia dimezzato il
numero di persone costrette a vivere in povertà estrema, cioè con meno di un dollaro al giorno, secondo
i parametri universalmente riconosciuti. «Ora, per la prima volta nella
storia dell’umanità – recita il testo
– esistono la possibilità concreta e
la responsabilità morale di riuscire
a porre fine a queste condizioni di
indigenza. Abbiamo ampia eviden-
za da parte della Banca Mondiale di
poter raggiungere questo traguardo
nei prossimi 15 anni. Questo auspicio deve diventare un imperativo
morale perché crediamo fortemente che la qualità di una società si
misura in base a come i più poveri
ed emarginati vivono. I nostri testi
sacri, poi, ci chiamano a combattere
le ingiustizie e aiutare i più sfortunati in mezzo a noi».
[segue in ultima]
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 2 • all’ascolto della Parola
11
Io sono il buon pastore; il buon
pastore dà la sua vita per le pecore.
12Il mercenario, che non è pastore e al
quale non appartengono le pecore,
vede venire il lupo, abbandona le
pecore e si dà alla fuga, perché è
mercenario e non si cura delle pecore.
14Io sono il buon pastore, e conosco le
mie, e le mie conoscono me, 15come il
Padre mi conosce e io conosco il Padre,
e do la mia vita per le pecore.
3
Voi mangiate il latte, vi vestite della
lana, ammazzate ciò che è ingrassato,
ma non pascete il gregge. 4Voi non
avete rafforzato le pecore deboli, non
avete guarito la malata, non avete
fasciato quella che era ferita, non
avete ricondotto la smarrita, non avete
cercato la perduta, ma avete
dominato su di loro con violenza e con
asprezza. 5Esse, per mancanza di
pastore, si sono disperse, sono
diventate pasto di tutte le bestie dei
campi, e si sono disperse. 6Le mie
pecore si smarriscono per tutti i monti
e per ogni alto colle; le mie pecore si
disperdono su tutta la distesa del
paese, e non c’è nessuno che se ne
prenda cura, nessuno che le cerchi!
7Perciò, o pastori, ascoltate la parola
del SIGNORE! 8Com’è vero che io vivo,
dice DIO, il Signore, poiché le mie
pecore sono abbandonate alla rapina;
poiché le mie pecore, che sono senza
pastore, servono di pasto a tutte le
bestie dei campi, e i miei pastori non
cercano le mie pecore; poiché i pastori
pascono sé stessi e non pascono le mie
pecore, 9perciò, ascoltate, o pastori, la
parola del SIGNORE!
(Ezechiele 34, 3-9)
(Giovanni 10, 11-15)
«Io sono il buon pastore»
Il futuro del buon pastore è strettamente legato al futuro della gregge. Il buon pastore diventa uno con le sue pecore, le chiama
per nome, le cura e fa di tutto per farle crescere bene, perché dalla salute della gregge dipende il suo futuro, la sua vita
Jens Hansen
C
hi non la conosce, l’arte pia che
ha come soggetto il buon pastore? Viene dipinto un Gesù vestito di bianco, il vestito senza
macchia, senza strappi. Gesù
stesso con uno sguardo dolce, un viso che
sembra appena uscito da un centro benessere, le mani con unghie ben curate, mani che
fanno intravedere che questo Gesù non è capace di lavorare duro, pena vesciche che si
formerebbero dopo nemmeno dieci minuti
di lavoro duro. Talvolta questo buon pastore
porta sulle spalle una pecora o un agnellino
ed è circondato da una gregge di belle pecore grasse. E, siamo sinceri, molti degli inni
del nostro Innario hanno lo stesso sfondo
idilliaco non solo con le melodie, talvolta anche con i testi.
Un tale dipinto, una tale melodia, un inno
che descrive il buon pastore in colori rosei
sono lontani anni luce dalla realtà della vita
di un pastore. I pastori di tutti i tempi sono
persone ai margini della società, sempre
fuori, con un lavoro duro che non da loro
un’aspettativa di vita elevata, anzi invecchiano velocemente essendo esposti a tutte le intemperie del tempo. Il conflitto dei pastori
con i contadini sedentari ha una lunga cultura e la Bibbia ne è testimone, già al suo inizio, con Caino e Abele.
Se poi vediamo come si chiamano i pastori della storia recente – Cowboy, Gaucho – il
quadro di persone ruvide, talvolta violente e
fuori legge, veloci con il revolver (Cowboy) si
completa un quadro in forte contrasto con
il nostro immaginario del pastore.
È ovvio che Gesù non vuole esaltare la professione del pastore, o meglio, non la vuole idealizzare.
Se sceglie la figura del pastore per spiegare
com’è lui e per farci capire come dovremmo
essere noi, lo fa per la sua abitudine di prendere esempi dall’orizzonte e dall’immaginario collettivi della sua gente. Il pastore è solo
lo sfondo, il messaggio non è direttamente
collegato a queste figure ruvide ma al modo
di esercitare questa professione.
Abbiamo da un lato il buon pastore, il
buon pastore riceve le sue pecore dal padre,
è quindi l’erede, il successore. Le pecore sono del padre, ma il futuro del buon pastore
è strettamente legato al futuro della gregge.
Ci vogliono impegno e cura. Il buon pastore
diventa uno con le sue pecore, le chiama per
nome, le cura e fa di tutto per farle crescere
bene, perché dalla salute della gregge dipende il suo futuro, la sua vita. Se perde la gregge, perde se stesso, va in bancarotta. Il buon
pastore è perciò strettamente legato alle sue
pecore, dipende da loro e loro dipendono
da lui.
Dall’altro lato c’è il mercenario, l’operaio
talvolta solo a giornata, che oggi lavora e
forse domani non trova lavoro. Le pecore
non sono sue. Fa il lavoro per un altro e
con esso a malapena si guadagna il pane
quotidiano. Il mercenario non ha bisogno
di entrare in simbiosi con le pecore, intanto non sono sue. Il mercenario vuole solo
arrivare a sera, al pagamento per mettersi
qualcosa fra i denti.
Ora il Gesù dell’Evangelo di Giovanni si
identifica con il buon pastore per dire alla
chiesa di Giovanni: non sono un mercenario, non vi lascio orfani in nessuna situazione, sia essa anche difficile.
E ora? Che si fa con quest’affermazione del Risorto di essere il buon pastore? Arte pia che relega
Gesù nei quadri appesi in camera da letto?
Una confessione di fede cantata con fervore
prendendo uno degli inni? Se ci limitassimo
a ciò saremmo poveri testimoni del Risorto
che invece non lascia occasione per rinnovare l’invito a seguirlo. Il Risorto non vuole essere relegato in camera da letto, non vuole
essere adorato, infatti, non lo chiede mai a
nessuno. Il suo invito costante è: seguimi.
Ed è qui che la questione del contrasto fra
il buon pastore e il mercenario ci coinvolge
in prima persona. Seguitemi, voi siete figlie
e figli di Dio, Dio vi affida questo mondo:
uomini e donne, animali, piante. Se stanno
bene, state bene anche voi, se li trattate male, tutto ciò si ripercuoterà anche su di voi.
Non siate mercenari! Ma quante volte lo
siamo! Quante volte ci comportiamo come
mercenari che agiscono senza una prospettiva positiva da buon pastore, anche all’interno delle nostre chiese
nella prospettiva di un PER APPROFONDIRE
mondo da custodire. * J. Blenkinsopp, Ezechiele,
Ormai chi mi conosce Claudiana, Torino, 
sa che non celebro * G. Sloyan, Giovanni,
Claudiana, Torino, 
sante cene o non vi * R. Van Drimmelen,
partecipo se si usano Economia globale e
bicchieri di plastica fede, Claudiana, Torino,
usa e getta; essa – con 
la plastica – è solo
una comunione fra
mercenari, non una comunione con il buon
pastore. Talvolta le chiese cambiano davvero e utilizzano altri bicchieri da lavare. Talvolta scopro che lo fanno solo quando sanno che ci sono io. Lo stesso princicpio vale
per le agapi. Fortunatamente ci sono delle
chiese dove non ci si comporta più da mercenari, dove si lavano le stoviglie dopo le
agapi e non si butta più niente.
Se andiamo dalla chiesa alla vita quotidiana, l’orizzonte da mercenario si allarga a dismisura: il
cambiamento verso energie rinnovabili?
Troppo caro. Meno rifiuti elettronici? Guasta la festa. Merce sfusa invece di confezionata in tanto materiale che poi va in spazzatura? Troppo complicato. Usare meno la
macchina? I mezzi pubblici non funzionano,
in bici troppo pericoloso, a piedi vanno solo
i matti.
Viviamo in un mondo di mercenari, stiamo perdendo la sensazione di essere fatti gli
uni per le altre. Siamo sulla buona strada
per distruggere noi e il pianeta con questa
mentalità.
Abbiamo solo questo pianeta. Non possiamo lasciarlo e poi abitare un altro. C’è solo
questa umanità, non possiamo separarci da
essa. C’è una sola comunione fra le creature
di Dio, non viviamo se ci autoscomunichiamo da essa. Non abbiamo niente e nessuno
oltre al mondo in cui viviamo, il mondo ci è
stato affidato da Dio affinché fossimo dei
buon pastori e delle buone pastore seguendo l’esempio di Gesù.
Già il profeta conosce i «suoi» mercenari,
gente che sfascia invece di fasciare, che uccide invece di guarire, che sfrutta invece di
condividere. È per questo che il Risorto si
identifica con la figura del buon pastore e
vuole che lo seguiamo. Il Risorto ha in mente una chiesa in cui la mentalità mercenaria
lasci lo spazio alla mentalità del buon pastore, dove la testimonianza della vita che riecheggia domenica dopo domenica nei culti,
prenda forma in un impegno di comunione
e di condivisione a livello globale.
La mentalità mercenaria porta alla morte
del Creato e di un numero infinito di persone, l’impegno del buon pastore è in grado di
fasciare le ferite e di incamminarsi così verso un altro mondo che vuole rendere possibile e vivibile qui e oggi affinché la Risurrezione non diventi un dogma vuoto ma forza
della mia vita e del mio impegno.
Rimane quindi un chiaro incarico: abbiate cura di
voi, del prossimo, del pianeta. Essere il buon pastore alla fine non vuol dire altro che vivere
in una relazione sana rispecchiata dal comandamento che Gesù stesso ci insegna:
amare Dio e il prossimo come se stessi, il
triangolo dell’amore. Dentro c’è tutto il
mondo, tutto il creato, ma in una visione in
cui noi non siamo la corona del tutto ma in
rete chiamate e chiamati a vivere in armonia.
(Terza di una serie di quattro meditazioni)
Ti lodiamo per tutto quello che ci doni
Signore, ti lodiamo per tutto quello che ci doni.
Ci doni la vita, il cibo, la gioia, il tempo.
Signore, ti lodiamo per tutto quello che ci chiedi.
Ci chiedi di amare la vita, di condividere il cibo,
di dare la gioia, di consacrare del tempo per gli
altri.
Signore, ti lodiamo per tutto quello che ci doni, e
per tutto quello che ci chiedi.
Perché così ci fai vedere che siamo figlie e figli tuoi,
ci insegni che siamo tutti fratelli e sorelle.
Ci dici che siamo nati dal tuo amore, e per il tuo
amore! Amen.
(Tratto da Un sentiero nella foresta, della Cevaa, p. 44)
Un Gesù vestito di bianco...
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 3 • fede e spiritualità
Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco era molto buono. Fu sera, poi
fu mattina: sesto giorno.
Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l’esercito loro. Il settimo
giorno, Dio compì l’opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da
tutta l’opera che aveva fatta. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò,
perché in esso Dio si riposò da tutta l’opera che aveva creata e fatta.
Disegno di Max Cambellotti
Genesi 1, 31; 2, 1-3
Quando ci siamo davvero
Essere chiesa è riscoprire di essere una famiglia che ha un giorno speciale in cui
si incontra per celebrare la grazia di Dio che ci accoglie per ciò che siamo in Lui
Anna Maffei
«M
ercoledì viene il rabbino!
Lo fa lui lo studio biblico». «Sì, l’ho saputo, parlerà sul sabato», «Lo
Shabbat, la benedizione
del sabato, è nel ciclo di studi biblici sul tempo del
creato». «È la prima volta che viene nella nostra
chiesa il rabbino capo di Firenze?», «A fare uno
studio biblico credo di sì. Mi raccomando…».
La raccomandazione alla partecipazione era
d’obbligo ma forse non ce n’era bisogno. Nel giorno e nell’ora convenuta un nutrito gruppo di persone riempie la saletta e si pone in ascolto in religioso silenzio mentre Rav Levi racconta come la
comunità ebraica, anzi, come ogni famiglia di ebrei
osservanti, vive lo Shabbat. Ed è un racconto che
affascina i convenuti. «Il sabato inizia col tramonto
del venerdì e si conclude con l’uscita delle stelle del
giorno dopo e dura, quindi, a seconda dei luoghi e
delle latitudini fra le 25 e le 26 ore». Con l’affermazione che il sabato è un giorno più lungo degli altri
e con la citazione di Genesi 1, 31-2, 1-3, si apre la
serata e il rabbino, a suo agio nella semplicità del
contesto comunitario, con voce pacata e occhi luminosi dipinge davanti agli occhi dei presenti quel
tempo speciale e benedetto che è da sempre il sabato per il suo popolo. L’accensione delle candele e
la loro benedizione, operazione per le comunità
ebraiche ortodosse, rigorosamente femminile, così
come gran parte della complessa preparazione dei
cibi e della tavola, rappresentano l’entrata nel tempo sacro. «È l’abitudine a vivere sin dall’infanzia un
giorno in modo così radicalmente diverso dagli altri giorni, che rende il sabato così speciale», dice il
rabbino. «Oggi poi il sabato assume un carattere
unico anche perché la sfida è di stare per un giorno
intero senza tutti quegli oggetti che hanno assunto
una così grande importanza nella vita ordinaria, i
computer, i cellulari, la televisione. Non è facile ma
è possibile. La consuetudine lo rende possibile».
Mentre il rabbino parla e cita brani di preghiere, o
racconti cabalistici anche buffi o risponde alle nostre curiosità, io penso a quanto sia difficile per noi
evitare che cellulari squillino duranti i culti e a
quanta fatica facciamo a trovare nelle nostre domeniche il tempo per riposare o il silenzio per meditare. «Il sabato rappresenta un impegno di tutti
noi al non fare», dice il rabbino. Impegno al non
fare – rimugino io.
La serata finisce. Accompagno a casa il Rav, lo
ringrazio, e ci scambiamo gli auguri. Quest’anno la
pasqua ebraica e quella cristiana coincidono e c’è
tanto da fare. È un tempo intenso per noi come per
loro. E impegnativo… Ma la riflessione sul sabato,
precetto biblico, continua ad accompagnarmi. Così, tornata a casa, vado a ripescare libri sull’argomento e leggo: «Il compimento della creazione è il
riposo, il compimento del fare è l’essere. La creazione è l’opera di Dio, ma il sabato è l’essere presente di Dio». Sono frasi del teologo che mi ha formato, Jürgen Moltmann, nel suo libro «Dio nella
creazione». Il sabato celebra l’esserci di Dio davanti
alla creazione ed è l’invito a noi, come parte di essa, di essere semplicemente davanti a lui.
Essere e non fare. Il sabato è dunque per gli ebrei quello
che per noi è la grazia. Cioè essere accolti, amati non
per quello che si fa ma per quello che si è. Questo
pensiero mi piace e – come la grazia – mi dà riposo.
Così per gli ebrei, se capisco bene, il sabato è entrare, invitati, nel riposo di Dio, ma è anche: riposarsi insieme, come famiglia, come comunità; e delimitare questo tempo di riposo come spazio accogliente di Dio. Spazio-tempo in cui si è insieme presenti
in Dio. E tutto ciò che ostacola questo semplice stare insieme nella sua benedizione viene rimosso, accantonato.
La testimonianza del Rav sul sabato ha nutrito anche la mia riflessione sull’essere chiesa, cioè essere
quella famiglia che ogni settimana ha un giorno in
cui si incontra per celebrare la grazia di Dio che ci
accoglie non per quello che facciamo per Lui ma per
quello che siamo in Lui.
Il giorno del Signore, che per noi è la domenica, è
il giorno in cui esserci davvero gli uni per gli altri, il
giorno in cui non dovremmo avere fretta, non dovremmo venire continuamente interrotti e disturbati, il giorno in cui non dovremmo essere altrove, la
nostra attenzione non dovrebbe essere distratta, il
giorno in cui i nostri sguardi, le nostre voci, i nostri
corpi, le nostre mani dovrebbero esprimere e celebrare insieme la gioia dell’incontro. Il giorno della
gratitudine per il semplice fatto che ci siamo.
Certo, nella nostra tradizione, noi resistiamo parecchio al
considerarci semplicemente come il popolo della domenica.
Siamo chiesa tutti i giorni, ce lo ripetiamo, e per un
verso facciamo bene a dircelo. Ma nella pratica la
domenica è l’unico giorno in cui riusciamo davvero
a incontrarci tutti, o almeno la maggior parte della
comunità. Le ragioni le conosciamo – dislocazione
geografica sul territorio, problemi lavorativi, traffico, impegni di famiglia, figli, eccetera – dunque anche non volendo siamo per la gran parte il popolo
della domenica. Ma se è così, allora, diventiamolo di
più! Organizziamoci per esserlo appieno. Miglioriamo la preparazione perché la domenica sia quello
che dovrebbe essere, il giorno del Signore, appunto.
Attendiamo con trepidazione il giorno della festa,
creiamo aspettativa nei nostri bambini.
Un giorno Ides, una cara sorella camerunense,
mi raccontò che nel suo villaggio la domenica è
diversa da tutti gli altri giorni: sin dal primo
mattino si sente l’aria di festa, ci si abbiglia con
cura con i vestiti e i colori delle grandi occasioni,
si sente il trambusto nelle case perché tutti,
grandi e bambini, siano pronti in tempo per le
lunghe camminate al ritmo dei canti per arrivare
in chiesa. E poi i tamburi e il ballo per celebrare
il culto al Signore. Senza alcuna fretta. Bello, no?
Forse possiamo imparare qualcosa di questo anche noi: restituire alla domenica un carattere
speciale. D’altra parte, riprendendo una bella
metafora di Abraham J. Heschel, che è valida anche per noi cristiani, è nel tempo e non nello
spazio che il Dio della Bibbia costruisce le sue
cattedrali. Gli spazi possono essere privati, il
tempo invece appartiene a tutti. Sta a noi lasciare tempo a Dio perché lo riempia di se stesso. Di
memoria e di futuro. E, facendolo, ci dia gioia.
La santità del tempo
L
’ebraismo è una religione
del tempo che mira alla
santificazione del tempo.
A differenza dell’uomo, la cui
mente è dominata dallo spazio,
per cui il tempo è invariato,
iterativo, omogeneo,
per cui tutte le ore
Abraham
sono uguali, senza
Joshua
qualità, gusci vuoti,
Heschel,
la Bibbia sente il caIl Sabato,
Rusconi 1987, rattere diversificato
del tempo: non vi sopp. 15; 17
no due ore uguali;
ciascuna ora è unica,
la sola concessa in quel momento, esclusiva e infinitamente preziosa.
L’ebraismo ci insegna a sentirci legati alla santità del tempo, a essere legati a eventi sacri, a consacrare i santuari che
emergono dal grandioso corso
di un anno. I Sabati sono le nostre grandi cattedrali; e il nostro Santo dei Santi è un santuario che né i Romani, né i tedeschi sono riusciti a bruciare,
un santuario che nemmeno l’apostasia può facilmente di-
struggere: il Giorno dell’espiazione. Secondo gli antichi rabbini, non è l’osservanza del
Giorno dell’Espiazione, ma il
Giorno stesso, l’«essenza del
Giorno» che, con il pentimento
dell’uomo, espia le colpe di
quest’ultimo.
Il rituale ebraico può essere
caratterizzato come l’arte delle
forme significative nel tempo,
come architettura del tempo.
(…)
Una delle parole più eminenti della Bibbia è qadosh,
santo; una parola che più di
ogni altra rappresenta il mistero e la maestà del divino. Ora,
che cosa è stato il primo oggetto santo nella storia dell’universo? È stata una montagna? È
stato un altare?
La eminente parola qadosh
viene usata per la prima volta
nel libro della Genesi alla fine
della storia della creazione, ed
è estremamente significativo
che essa venga applicata al
tempo: «E Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò».
Esodo e sabato
inscindibilmente legati
I
sraele ha offerto ai popoli
due archetipi di liberazione:
l’esodo e il sabato. L’esodo
dalla schiavitù verso la terra
della libertà è il simbolo attivo
della libertà esteriore. Il sabato
è il simbolo pacifico
della libertà interiore.
Jürgen
Moltmann,
L’esodo rappresenta
Dio nella
l’esperienza fondacreazione,
Queriniana
mentale della storia
1986,
di Dio, il sabato l’epp. 330-331
sperienza fondamentale della creazione
di Dio. L’esodo è l’esperienza
fondamentale del Dio che agisce, il sabato del Dio che esiste.
Nessun esodo politico, sociale
ed economico dall’oppressione,
da screditamento e sfruttamento, porta davvero alla libertà di
un mondo umano senza passare attraverso il sabato, senza
una sospensione di qualsiasi
nostra opera, senza l’abbandono e il riposo nella presenza del
Signore. Viceversa gli uomini e
le donne non troveranno mai la
pace sabbatica alla presenza del
Signore finché non si libereranno dalla dipendenza e dall’oppressione, dalla disumanità e
dall’empietà. Esodo e sabato sono inscindibilmente tra loro
congiunti.
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 4 • ecumene
DAL MONDO CRISTIANO
Kenia. 10 avventisti tra le
vittime del massacro
nell’Università di Garissa. Nel
triste bilancio dei 148 studenti
cristiani uccisi, il 2 aprile, da
uomini armati che hanno fatto irruzione nell’Università di Garissa,
in Kenya, vi sono anche 10
avventisti. Tra i morti vi è Eric
Nyumbuto, leader della chiesa
avventista del campus gestita da
studenti. Stanley Rotich,
membro della comunità avventista di Garissa, ha riferito che si
trovava in un edificio vicino
quando ha sentito gli spari; ha
pensato allora di chiamare
Nyumbuto, ma la conversazione
si era interrotta bruscamente
perché i telefoni erano stati
staccati. Aveva poi appreso che
l’amico era morto. Durante
l’attacco 500 studenti sono
riusciti a fuggire e molti sono
rimasti gravemente feriti.
Philmon Okal, membro della
chiesa avventista di Garissa, è
stato uno dei primi poliziotti arrivati sul posto. «Le parole non
possono descrivere quanto sia
stato orribile questo evento. Ma
ciò che è accaduto mi fa pensare
che il ritorno di Gesù è molto
vicino», ha affermato Okal. «In
quel giorno la violenza, la morte
e la distruzione non esisteranno
più». Diverse persone ritenute
complici dell’attacco sono già
state arrestate e il governo del
Kenya ha promesso una giustizia
rapida. Questo è il peggiore
attacco mortale avvenuto nel
paese in circa due decenni. Il
gruppo che ha rivendicato la
responsabilità del massacro è lo
stesso che ha attaccato il Westgate Mall a Nairobi, nel 2013. La
Chiesa avventista del settimo
giorno esprime cordoglio per la
morte degli studenti uccisi la settimana scorsa. «Siamo straziati
da una tale insensata perdita e vi
chiediamo di pregare per tutte
le vittime di questa terribile
tragedia», hanno affermato i
membri avventisti di Garissa. Il
dipartimento Affari pubblici
della Regione Intereuropea della
Chiesa ha dichiarato:
«Assistiamo con profonda tristezza a questa ultima atrocità. Sono
tempi difficili. Viviamo in uno
scenario di violenza e di odio in
Medio Oriente. Crediamo
fermamente che i valori universali basati sulla dignità umana debbano guidare ogni coscienza su questo pianeta. Possa
il Signore onniptente darci un
cuore misericordioso che ci conduca verso la riconciliazione. Il Si-
gnore consoli tutti coloro che sono coinvolti in questa disumana
atrocità». (Notizie
Avventiste/Ann/EudNews)
Sud Sudan. Capo della missione
Onu: necessario giungere a un
accordo di pace. «In Sud
Sudan è necessario arrivare a
un accordo di pace. Da parte
mia non posso che
incoraggiare tutte le parti a
contribuire al suo
raggiungimento per il bene
del popolo del Sud Sudan».
Così si è espressa Ellen
Margrethe Løj,
rappresentante speciale e
Bratislava. Come promuovere l’inclusione sociale?
Annapaola Carbonatto
Giorgia Malanetto
S
iamo a Svätý Jur, un piccolo paese di cinquemila
anime vicino a Bratislava
(Slovacchia). Un luogo ameno
e semideserto che, nell’ultima
settimana di marzo, ha assistito all’arrivo di giovani provenienti da paesi europei e non e
di diverse confessioni religiose.
Il motivo? La partecipazione
all’incontro From Vision to
Reality!, organizzato dal Consiglio ecumenico della gioventù
in Europa (Cege).
Il seminario, avente come
obiettivo la comprensione e l’analisi delle diverse dimensioni
di esclusione/inclusione sociale presenti nella società attuale,
si è svolto presso la sede cittadina di Agape.
Qui si è riflettuto sulle strategie da adottare per evitare l’esclusione analizzando i casi di
minoranze etniche e religiose
in Europa.
Può sembrare un’ovvietà, ma
è bene ricordare che per promuovere l’inclusione sociale bisogna prima di tutto combattere le diverse forme di emarginazione. È necessario tenere
I partecipanti all’incontro di Bratislava
sempre a mente che ogni situazione viene valutata dal «nostro» punto di vista occidentale ed europeo, inevitabilmente
diverso (né migliore, né peggiore) rispetto a quello di persone provenienti da altri contesti culturali e religiosi. Giovani
di popoli diversi hanno priorità diverse e ciò deve essere ricordato quando si ideano e
promuovono progetti, che possono non andare a buon fine se
non si capiscono i reali bisogni
delle persone che si vogliono
aiutare. Quando si parla di minoranze bisogna avere come
obiettivo l’integrazione e non
l’assimilazione.
Nei workshop sono stati presentati strumenti e metodologie per organizzare campagne
per progetti sociali. A esempio
i video prodotti per campagne
come No hate speech movement, che si impegna per contrastare i discorsi d’odio che
circolano su internet.
Si è dedicata anche una giornata a un approccio dal punto
di vista teologico, ascoltando il
pastore Benjamin Simon e realizzando uno studio biblico in
piccoli gruppi. Abbiamo ana-
lizzato in particolare i testi in
Deuteronomio 10, 17-19 e in
Matteo 25, 31-46, concernenti
il tema dell’inclusione dello
straniero.
La settimana è stata poi ricca di incontri con ospiti. Abbiamo ascoltato la testimonianza di Peter Pollak, primo membro di origine rom del Parlamento slovacco, e abbiamo dialogato con alcuni rappresentanti del ministero della Cultura slovacco delle politiche che
stanno adottando per favorire
la coesistenza di diverse confessioni.
Durante il soggiorno i momenti di preghiera comune sono stati curati dai giovani presenti di diverse confessioni religiose, in particolare quelle cattolica, islamica, ortodossa e
protestante.
Una splendida occasione di
condivisione con altre persone
della propria tradizione e di accoglienza di modi di pregare, a
volte molto diversi dai nostri
quotidiani. Dei momenti dove
condividere e venirsi incontro,
dei veri e propri momenti di
inclusione.
Losanna. Religioni e media, una coppia impossibile
Alberto Corsani
D
ieu n’existe pas dans
mon journal: Dio, nel
mio giornale, non c’è.
Giornalisti e operatori dell’informazione si sono ritrovati
a Losanna, la sera del 26 marzo scorso, a dibattere in un luogo oggi «laico» (un ex locale di
culto, aperto alla cittadinanza
e alle associazioni culturali),
per discutere un tema d’attualità su invito dell’agenzia stampa ProtestInfo, le cui notizie
spesso i lettori di Riforma trovano nelle nostre pagine. ProtestInfo, infatti, festeggiava i primi 15 anni di attività, da quando subentrò alla precedente
agenzia Spp, creata nel 1928.
Il direttore, pastore Michel
Kocher, ha condotto una tavola rotonda a cui hanno partecipato giornalisti di quotidiani e
altri periodici della Svizzera romanda, ma anche il sociologo
delle religioni Philippe Gonzalez (sui cui lavori v. Riforma n.
14, p. 5) e Béatrice Métraux,
consigliera di Stato (Dipartimento Istituzioni e Sicurezza
del Cantone di Vaud).
Argomento della tavola ro-
tonda era dunque la presenza,
o meglio l’assenza, delle questioni religiose dai mezzi
d’informazione «normali», o
generalisti. Secondo Gonzalez,
il maggior successo nelle trasmissioni tv con rappresentanti delle religioni si ha non tanto
quando si parla di religione, o
dei contenuti della fede, ma
quando si affronta una delle
tante angosce che caratterizzano la società nel suo complesso (di nuovo, l’etica, il fine-vita
o il sesso, Charlie Hebdo, i preti pedofili, un’ipotesi di legge in
Svizzera contro i minareti). Ci
si attende una qualche parola
dalle comunità di fede: a volte
arriva, possiamo dire noi, a volte no. Il peggior caso è quando
la comunità di fede ripete quello che la società vuole sentirsi
dire: ma questo è un problema
che non riguarda i soli operatori dell’informazione, ma investe le chiese, le comunità, le Facoltà di teologia, la predicazione stessa; e nessuno può tirarsi
indietro.
Per i protestanti c’è poi un
problema in più: se i «valori»
della cultura protestante sono
in buona parte quelli della modernità, c’è il rischio che altri
soggetti se ne facciano portavoce, come e anche meglio delle chiese stesse, e le chiese ne
risultano espropriate. Ma è forse tipico del protestantesimo
costruire gli strumenti critici
per analizzare anche se stesso,
con i rischi di consunzione delle proprie comunità e di omologazione a visioni del mondo
«vicine». Là dove, poi, il protestantesimo è religione maggioritaria, è importante quello che
ha fatto notare la Consigliera
di Stato a proposito delle nuove norme che regolano il riconoscimento dei soggetti religiosi: non un riconoscimento,
in astratto, delle religioni, ma
un riconoscimento dei diritti
degli aderenti alle religioni
stesse, cioè i diritti delle persone in carne e ossa.
Alla tavola rotonda erano
presenti anche gli operatori
dell’informazione convocati
quel giorno e il seguente dalla
Cepple – Conferenza delle
chiese protestanti dei Paesi latini d’Europa – intorno al tema «Religioni e media», una
coppia impossibile (oltre a chi
scrive e agli operatori delle
chiese svizzero-romande, anche i rappresentanti dell’Église
protestante unie de France e
dell’Église protestante unie de
Belgique).
Lo snodo principale attorno
al quale si è sviluppata la discussione è stato quello dei
rapporti fra comunicazione
all’interno delle chiese, tra una
chiesa e l’altra, tra le chiese dei
diversi Paesi e tra le chiese e le
rispettive società: ognuno di
questi fronti richiede, come è
ovvio, un insieme di risposte il
più possibile coordinate. Non
ultimo, si affaccia il problema
della o delle professionalità: le
chiese devono avere nei loro
organigrammi dei portaparola
o dei professionisti dell’informazione?
Tre saranno le direttrici lungo le quali proseguire il programma appena avviato a Losanna: le strategie comunicative per le chiese dei Paesi latini;
la comunicazione via web; i linguaggi per parlare alla società:
appuntamento fra un anno e
mezzo/due anni.
capo della missione dell’Onu
in Sud Sudan, durante un
incontro con il segretario
generale del Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec),
pastore Olav Fykse Tveit,
tenutosi a Ginevra lo scorso
25 marzo. Durante la
riunione, Tveit ha
sottolineato l’impegno delle
chiese per una «pace giusta»
in Sud Sudan: «Riaffermiamo
l’impegno del Cec ad
accompagnare le chiese sud
sudanesi nella ricerca della
pace. Per noi è importante lavorare con l’Onu e capire
quali nuove iniziative
Paolo, inventore
dell’antisemitismo?
Elisabeth Schenker
Protestinfo
C
on Pâques, et après? Paul et l’espérance chrétienne, Simon Butticaz, professore in scienze bibliche dell’Università di Losanna, mette tutto il rigore del metodo storico-critico, delle sue ricerche e della sua erudizione al servizio sia della teologia sia della fede. Ma l’ambizione di questo
libro pubblicato da Cabédia è anche di essere uno strumento accessibile a tutti coloro
che si interessano alla cultura «giudeo-cristiana» e ai suoi fondamenti.
«Paolo di Tarso: un teologo dell’Avvento». Nel
percorrere gli scritti di Paolo, l’autore, professore di Nuovo Testamento alla Facoltà di
Teologia e di Scienze delle religioni di Losanna, disegna la particolarità della teologia
di questa eminente figura del primo cristianesimo che è Paolo di Tarso. Una teologia
caratterizzata dalla «speranza», come risulta dallo studio approfondito dei testi, al di là
della loro complessità e delle loro contraddizioni interne. Una speranza però «che non è
la semplice estrapolazione delle possibilità
umane ma che si nutre di un dono di vita
che in Gesù Cristo ha trionfato sulla sofferenza e sul male [...] Essa non è futuro semplice: è l’avvenire di Dio, coniugato in tutti i
tempi», scrive Simon Butticaz.
Ma questa speranza è per tutti? La questione coraggiosa del presunto antisemitismo di Paolo è trattata dall’autore con rigore e finezza a partire dall’insieme dei testi
che ci sono giunti, senza cercare di volere
salvare ciò che non potrebbe esserlo. Se questa questione è stata apertamente posta fin
dall’indomani di uno dei periodi più bui della nostra umanità, le risposte sono state raramente così chiare: l’apostolo Paolo non è
in causa. Il libro di Simon Butticaz non entra mai in polemica ma mostra però in modo brillante quello che una lettura esigente
dei testi, presi nel loro insieme e posti nel loro contesto, è in misura di rivelare, e come
può essere ancora pertinente per i tempi di
oggi. Chiudendo questo libro di erudito che
si legge come un romanzo, i sospetti si situano altrove: a essere in discussione sono solo
le interpretazioni letteralistiche e parziali
dei testi ai quali si riferisce la fede. E questo
qualunque sia la religione.
L’autenticità dei testi biblici non è più oggetto di
dibattito. Poche figure del primo cristianesimo hanno fatto scorrere tanto inchiostro
quanto quella di Paolo di cui il Nuovo Testamento ha conservato sette lettere. Soltanto
sette? François Vouga, professore in scienze
bibliche e specialista di Paolo, scrive al riguardo nell’Introduction au Nouveau Testament (Labor et Fides, 2008): «Se dunque
tutte le lettere del corpus paoliniano si richiamano all’apostolo Paolo [...] secondo un
certo consenso della ricerca, sette lettere sono ritenute autentiche, cioè dettate e inviate
personalmente dall’apostolo».
(Traduzione dal francese di
Jean-Jacques Peyronel)
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 5 • ecumene
intraprendere per essere
d’aiuto nel procedere dei
negoziati di pace – cosa di cui
le chiese e il popolo del Sud
Sudan hanno disperatamente
bisogno». (Nev/Cec)
Crimea. Tempi duri per le comunità religiose. Sono tempi duri
per le comunità religiose in
Crimea. Secondo quanto
riportato da un’indagine di
Forum 18, le autorità di Mosca
hanno imposto alle 1.546
comunità e organizzazioni
religiose registrate dalle
autorità ucraine di ri-registrarsi per ottenere il riconosci-
mento delle autorità russe.
Il percorso si è rivelato particolarmente difficile, sia per la
presentazione dei documenti
richiesti sia per i relativi costi,
tanto che alla scadenza del 1°
marzo solo 15 entità religiose
– l’1% del totale – avevano ricevuto l’aprovazione delle
autorità russe, mentre altre
150 stanno aspettando di ricevere una risposta. La mancata registrazione permette
alle comunità religiose di riunirsi ma non di stipulare contratti di affitto, avere dei
dipendenti o invitare
predicatori stranieri. In
conseguenza di ciò, non si
contano le violazioni della
libertà di religione o di credo:
controlli e sequestri di
materiale religioso,
impossibilità di recuperare
luoghi di culto confiscati nel
periodo sovietico, nuove
tasse, espulsione di religiosi
stranieri, ridefinizione delle
strutture ecclesiastiche per
rientrare nei criteri di
registrazione imposti,
contratti d’affitto rescissi
unilateralmente. (Nev/Ve)
Usa. Coppia omosessuale
consacrata al ministero
pastorale. «Non avrei potuto
immaginare di festeggiare
questo giorno senza mia
moglie, la mia migliore amica,
al mio fianco», ha dichiarato
la neo-consacrata pastora
Holly Clark-Porter riferendosi
a sua moglie Kaci. Entrambe
sono state ordinate ministre
di culto della Chiesa
presbiteriana degli Stati Uniti
(Pcusa), a Wilmington,
Delaware. Il loro ministero
pastorale comincia pochi giorni dopo che la Pcusa ha
deciso il cambiamento della
definizione di matrimonio
nella propria costituzione.
La definizione «tra uomo e
donna» è stata sostituita con
quella più inclusiva «tra due
persone», aprendo così alle
coppie dello stesso sesso. Ai
20.000 pastori e pastore in
servizio della Pcusa è data,
tuttavia, la possibilità di rifiutarsi di celebrare le unioni
tra persone dello stesso sesso.
Il cambiamento è stato sostenuto da 86 presbiteri (i
dipartimenti regionali in cui
è suddivisa la chiesa), mentre
41 si sono dichiarati contrari.
Non sono mancate le
polemiche su una questione
che impegna le chiese da
anni. Le chiese locali della
Pcusa sono scese da 10.959
nel 2005 a 10.389 nel 2013, un
decremento dovuto in parte
anche al passaggio ad altre
denominazioni che non
consentono le unioni
omosessuali. Le pastore Kaci
e Holly Calrk-Porter da parte
loro testimoniano come la
Pcusa, con questo
cambiamento, sia diventata
la più grande chiesa protestante Usa che accoglie
pienamente le coppie Lgbt.
(Nev)
Burkina Faso. Mamadou Karambiri, ex musulmano diventato «apostolo»
Sébastien Fath
Bibbia e miracolo, proposto a tutti,
qualunque sia la religione di origine. Questo Centre International
d’Évangélisation (Cie) tesse una vasta rete di assemblee francofone,
disseminate in una trentina di Paesi diversi. Centinaia di pastori francofoni si sono formati all’ascolto
dell’apostolo Karambiri, tramite i
materiali digitali diffusi dal Cie.
L’
intolleranza impetuosa della gente che ha troppa fretta, no grazie. Il cielo, lo si
aspetta. Si prende tempo. E si discute. Nonostante tensioni interconfessionali che crescono in vari
Paesi dell’Africa dell’Ovest, un’ampia cultura pluralista segna sempre
i rapporti sociali: si accetta senza
difficoltà la fede dell’altro. Si assiste alle sue feste. Si scambia. E il
cambiamento di religione non è la
fine del mondo! Nel Burkina Faso,
un uomo incarna, più di qualunque altro, questa possibilità pacifica del cambiamento religioso: si
tratta del pastore Mamadou Karambiri, ex musulmano e nuova
«stella» della francofonia protestante.
Una megachurch a Ouagadougou.
Nato a Tougan il 7 marzo 1947,
Mamadou è cresciuto in una famiglia impregnata di islam tradizionale. Ha recitato il Corano. Ha
rispettato il digiuno del mese di
Ramadan. Ha effettuato la salat,
preghiera rituale, nella sua moschea di Bobo-Dioulasso. Eppure,
questo ex musulmano del Burkina
Faso è oggi la polena di un protestantesimo di conversione, di
Mamadou Karambiri
orientamento pentecostale e carismatico, che in quel Paese africano sta avendo una progressione
spettacolare.
Dopo aver incontrato, dice, il
Cristo durante un soggiorno di
studi in Francia, a metà degli anni
1970, ha sposato senza indugio la
causa evangelica, portato da una
vigorosa messa in evidenza dei miracoli che lo Spirito Santo opera
nella vita del credente.
Successivamente predicatore,
quindi pastore, poi apostolo dichiarato (nel 2004), è oggi alla testa della più grossa chiesa del
Burkina Faso, e ha fondato, insieme alla sua équipe, un vero e proprio impero religioso. Il suo punto
di appoggio è una megachurch, il
Tabernacle Béthel Israël, sede del
Centre International d’Évangélisation, che riunisce a Ougadougou
più di 6000 fedeli ogni domenica.
L’obiettivo è quello di un «Dio
XXL» (taglia molto ampia), tra
Una nuova figura della francofonia
protestante. Si potrebbe pensare
che un simile percorso di eccezione isoli. Niente affatto. Mamadou
Karambiri è oggi una figura rispettata e influente del paesaggio culturale e politico del Burkina Faso e,
a questo titolo, la sua voce va molto al di là della cerchia dei suoi fedeli. Ufficiale dell’Ordine nazionale del Burkina Faso nel 2001, decorato dal presidente Blaise Compaoré, questo economista di formazione ha sviluppato una imprenditorialità fondata prima di
tutto sulla conversione e sull’inculcare un cristianesimo efficace e
fervente.
Ma la sua influenza va oltre. In
occasione di un congresso evangelico francofono nel 1998, si chiedeva «come costruire le nostre nazioni aiutando i nostri governi. I go-
verni non possono fare tutto da soli. Bisogna aiutarli a fare delle nostre nazioni delle nazioni prospere». Ma come, e a quale prezzo?
Ampio dossier...
Ex adepto delle Assemblee di
Dio, Mamadou Karambiri ha in
particolare conservato di quella
eredità un solido senso dell’organizzazione, di cui usufruisce il suo
Centre interdénominationnel international d’évangélisation (Ciie).
Ma ha anche preso in prestito dalle tendenze carismatiche più recenti un gusto per il «combattimento spirituale» e la carica profetica. Per cui circola regolarmente,
come oratore e come insegnante,
in tutto lo spazio della francofonia,
dall’Europa al Québec passando attraverso tutta l’Africa dell’Ovest.
Nessuna fatwa ha ostacolato il suo
percorso. È a viso scoperto e in
pieno giorno che questo ex musulmano continua oggi a nutrire la
crescita non solo del protestantesimo evangelicale del Burkina Faso
ma, più ampiamente, di una francofonia senza confini di cui è diventato uno dei volti imprescindibili. (Regardsprotestants)
(Traduzione dal francese di
Jean-Jacques Peyronel)
Stati Uniti. La prima università musulmana riconosciuta
Kimberly Winston
Rns/Protestinter
U
n college che esige lo studio
del poeta inglese William
Wordsworth e del Corano
per ottenere un diploma è ormai la
prima università islamica riconosciuta negli Stati Uniti. Lo Zaytuna
College, a Berkeley, in California, è
stato riconosciuto nel mese di marzo 2015 dall’Associazione occidentale delle scuole e dei collegi, un’organizzazione accademica che supervisiona gli istituti pubblici e privati negli Usa.
Questo nuovo status significa che
lo Zaytuna College, che possiede
soltanto due edifici e forma una cinquantina di studenti, è un’istituzione legittima di insegnamento superiore, a soli pochi isolati dal suo stimato vicino: l’Università Berkeley.
«Essere riconosciuti ci pone allo
stesso livello delle altre università»,
ritiene Colleen Keyes, il vicepresidente di Zaytuna College. «Siamo
ormai partner uguali». Questo riconoscimento rafforza la credibilità e
lo status dei quindici professori dell’istituto. «Questo significa anche
che abbiamo nuove possibilità di
collaborazione con i nostri colleghi
delle altre università nel Paese», ag-
giunge Colleen Keyes: «Possiamo
ormai lavorare con le università al
livello della formazione di base e al
livello postdottorato, nonché con le
scuole di teologia che sono numerose a Berkeley».
Al tempo della sua creazione, nel
2009, lo Zaytuna College era solo
un seminario, poi è diventato un
college nel 2010. All’inizio c’era solo
una trentina di studenti per dieci
professori. I primi studenti hanno
ottenuto il loro diploma nel 2014 e
nello stesso anno l’istituzione ha
comprato due immobili nel quartiere di Holy Hill, dove si trovano
diverse università di teologia. Uno
degli edifici, una chiesa, viene utilizzato ora come sala di riunione
per gli studenti.
50 studenti nel mondo. Oggi, la
scuola conta 50 studenti, metà dei
quali vengono dalla California e gli
altri dal New Jersey, dal Michigan,
dal Texas, dalla Florida e dal Missouri. Ci sono altrettanti americani
stranieri di cultura pachistana, araba, turca, afroamericana o latina.
Tutti gli studenti di Zaytuna College sono musulmani ma nessun prerequisito religioso è necessario per
essere ammessi.
Lo Zaytuna College – olivo in
arabo – è unico negli Usa. Esso
propone lo studio dei testi islamici
in arabo, compreso il Corano, nella
loro forma originale. Lo Zaytuna
College propone solo un diploma,
un bachelor in Diritto islamico e
Teologia. Per ottenerlo, gli studenti
cominciano con lo studio delle
scienze umane il primo anno: la retorica, la logica, la grammatica inglese, la dissertazione e lo studio
delle opere maggiori della letteratura occidentale. Parallelamente, essi
studiano l’arabo, il diritto islamico,
la storia, le scienze e la matematica.
Per ottenere il loro diploma, devono essere capaci di recitare un passo del Corano e avere effettuato lavori comunitari.
«Gli studenti capiscono che non
c’è dicotomia tra l’islam e l’Occidente», spiega Colleen Keyes. «Il
ruolo dei musulmani negli Usa è di
considerare l’islam in un ambiente
non islamico e di pensare al modo
di essere musulmani e americani allo stesso tempo».
24.000 dollari l’anno. I corsi sono
misti ma gli studenti devono promettere di non flirtare insieme
nell’istituto. Le spese di scolarità
ammontano a 15.000 dollari l’anno
ai quali vanno aggiunti 9000 dollari per l’alloggio.
Raja Ali, una studentessa di secondo anno, di 30 anni, ha scelto lo
Zaytuna College prima che fosse riconosciuto. L’annuncio del suo riconoscimento significa molto per
lei. «Sono molto contenta per il futuro del College e per quello dei futuri studenti», dice.
L’Associazione occidentale delle
scuole e dei collegi non ha risposto
a domande scritte riguardanti la
sua decisione di accreditare il College. Tuttavia, in una lettera del 4
marzo 2015, la presidente del gruppo di accreditamento, Mary Ellen
Petrisko, ha dichiarato che il College riuniva le quattro condizioni fondamentali per essere riconosciuto.
Le reazioni di fronte a questo accreditamento sono divise. Nomie
Darwish, il fondatore dell’organizzazione Arabs for Israel, ha detto a
FoxNews.com che il cofondatore
dello Zaytuna College, Hatem Bazian, è un «antiIsraele» e un opportunista che utilizza la sua posizione
per portare avanti le proprie idee
politiche.
Altri pareri sono stati più favorevoli. «Non posso fermare le mie lacrime di gioia», ha scritto un lettore sul blog di UC-Berkeley. «Grazie
ad Allah! Grazie a tutti i fratelli e le
sorelle che hanno dato del loro
tempo, del loro denaro e condiviso
le loro competenze per fare andare
in porto questo progetto».
(Traduzione dal francese di
Jean-Jacques Peyronel)
Lo Zaytuna College
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 6 • cultura
L’epopea interiore
«L’altra Heimat», solo due giorni nelle sale
Note e guglie
La «Passione secondo Matteo»
nel Duomo di Milano
Paolo Fabbri
La distribuzione avvertiva da tempo, nei trailer, che il 31 marzo e il 1° aprile si
sarebbe potuto vedere, in Italia, L’altra Heimat, quarto tassello della «saga»
sulla patria del regista tedesco Edgar Reitz. Non era, purtroppo, un pesce
d’aprile. Due sere due: si può solo sperare nell’uscita di un dvd, come avvenuto
per Hannah Arendt di M. von Trotta un anno fa. Se non altro il film è stato
proiettato, come sempre si dovrebbe, in lingua originale con sottotitoli.
N
Alberto Corsani
L
uogo dell’azione è sempre il villaggio
immaginario di Schabbach (in analogia
con Morbach, paese natale del regista),
nel Massiccio dell’Hunsrück, fra il Reno, la Mosella e la Saar: siamo negli
anni 1840-43, dopo la Restaurazione, di cui
sconta però gli effetti: ai francesi si sono sostituiti i nobilastri della zona, che vessano la popolazione contadina con tasse, gabelle e spocchiose
furfanterie. Il popolo, insieme di veri servi della
gleba, fa la fame; gli adulti muoiono di tubercolosi e i bambini di difterite.
Edgar Reitz
In questo clima, la famiglia del fabbro Johann Simon,
progenitore dei Simon delle serie successive, è
compatta e disgregata al tempo stesso: Gustav è
appena rientrato dal servizio militare; il fratello,
Jakob, perde tempo con i suoi libri che parlano
di terre esotiche (il Brasile del Pernambuco e di
Porto Alegre) invece di lavorare nella forgia; la
figlia Lena ha trovato un marito cattolico e un figlio fra le vigne lungo le rive della Mosella. Per
questo viene esecrata ripetutamente (in un dialogo che trasuda disprezzo, si dice che il marito
non è una persona per bene come «noi evangelische»: opportunamente il sottotitolo traduce il
termine tedesco con «protestanti», precisione
lessicale non scontata).
Jakob sogna i nativi del Brasile e ne studia gli
idiomi su libri che arrivano da chissà dove, forse
da qualche fiera; ma quando racconta i loro modi di vivere alla ragazza che gli piace (e che poi
diventerà moglie di Gustav), non si capisce bene
in che misura faccia sfoggio di erudizione e in
quale invece non inventi lì per lì: il risultato è lo
stesso, la fascinazione per un luogo «altro», dove
almeno si possa sfuggire alla fame.
dopo la partenza da parte di Gustav sarebbe già
sufficiente, in pochi minuti, a rendere il film un
capolavoro: tanta è l’ansia, l’aspettativa, il rimpianto nei volti e nelle voci di coloro che ascoltano la lettura fatta da Jakob.
Tutto il film, del resto, è costruito sulla dialettica tra interiorità e narrazione: appartiene
alla narrazione l’articolazione in immagini (un
bianco e nero incredibile, inframmezzato ogni
tanto da pochi oggetti a cui viene restituito il
colore in elaborazione digitale) dei paesaggi
della campagna renana; questi ultimi però
spesso diventano primi piani (piante di grano,
uccelli della foresta, attrezzi
La «voglia di partire» è a metà stradella forgia, zoccoli dei cavalli
da tra la necessità di sopravvivenza e
da ferrare, telai per tessere) sul
cui sfondo si sviluppano le «tiil delirio: un viaggio transoceanirate» di Jakob o le considerazioco, all’epoca, equivaleva a una
condanna a morte per un emiDie andere Heimat ni fatte di rassegnazione e digrante su cinque, tra infezioni, – Chronik einer Sehnsucht gnità: «i bambini [morti di difstenti, malavita. E partire signifi- (L’altra patria – Cronaca di terite] ci hanno preceduti nel
cava partire per sempre: mesi e un desiderio), regia di E. Regno dei cieli – dice Gustav
mesi di viaggio, e poi l’incertez- Reitz, Germania 2013. Con J. dopo uno struggente funerale
za. Nessun componente della D. Schneider, A. Bill, M. collettivo – ma qui siamo all’inpiccola carovana che muove da Scheidt, M. Breuer, R. Krie- ferno». Ma la rassegnazione è
tale che i genitori dei bambini
Schabbach per imbarcarsi alla se, P. Lembeck. 230 minuti
appena sepolti non se la prenvolta del Brasile potrebbe realidono né con Dio né con il pasticamente tornare: per chi restore, un po’ compassato, giovasta, è un altro modo di perdere i
ne ma autorevole, che predica una Parola diffifigli. E la prima lettera che giunge quasi un anno
cile da accettare.
*
SCHEDA
La prima serie di Heimat (termine intraducibile:
oltre che patria indica identità, patria interiore)
risale al 1984; si compone di 11 episodi girati per la
tv (oltre 900 minuti) e si apre alla fine della Prima
Guerra mondiale. I tempi si dilatano negli episodi
centrali, ambientati nel periodo fra le due guerre,
e descrivono Schabbach e i suoi dintorni con
«puntate» più concentrate negli anni della
Seconda Guerra, negli anni ’50, ’60 e nel 1982.
La seconda serie (Heimat 2 – Cronaca di una
giovinezza, 1992, 13 episodi per 26 ore di film)
propone Hermann Simon, futuro direttore
d’orchestra e compositore, negli anni della sua
formazione fra altri giovani aspiranti artisti, che
studiano a Monaco di Baviera, negli anni dal 1960
al 1970.
Heimat 3 – Cronaca di una svolta epocale (6 episodi
usciti nel 2004 per complessivi 700 minuti) si apre
con il crollo del Muro di Berlino e arriva al
congedo definitivo del protagonista Hermann
Simon da Schabbach nell’anno 2000.
Il romanticismo stava per sbocciare e dare ordine al
vagheggiamento per le terre lontane. La creatività
poetica avrebbe fornito un senso alle ferite
dell’anima, che per gli abitanti di Schabbach
sono soltanto ferite: quando la madre di Jakob
guarisce dalla tbc, i figli la portano con una sedia in un campo perché abbia beneficio dal sole; e quando lei rievoca i sei (su nove) figli
morti piccoli, sembra destinata a raggiungerli.
Invece lei sopravvive, ma la ferita non si rimarginerà mai, portarsela dentro è una caratteristica del suo vivere. Come lo sono i sogni di Jakob. Parola chiave del romanticismo sarà Sehnsucht, di cui ogni traduzione è inadeguata:
struggimento è quella che si avvicina di più;
aspirazione fallita, disillusione, rimpianto. È
curioso, ma creativamente fertile, che il regista
abbia proposto questo capitolo della sua saga
ora, a posteriori, dopo che ne abbiamo visto il
maestoso seguito.
el silenzio dell’attesa, lo
sguardo sale con la fuga delle pietre lungo le possenti
colonne lanciate verso un cielo che
vorrebbero raggiungere ma non riescono (e lo simulano allora con le
volte ardite a forma di vele distese),
che si uniscono a simulare uno
slancio ideale verso la volta celeste,
verso un oltre ideale, dove abita
Dio, plasticamente reso evidente
dalle volte stellate, proiettate all’esterno dalle guglie del gotico lombardo. Lingue diverse parlavano
muratori, scalpellini, ingegneri, architetti, provenienti dagli angoli più
sperduti del continente, ma s’intendevano ugualmente per i canoni di
una cultura artistica comune e
fors’anche di una fede inquieta ma
non ancora platealmente divisa dalle caparbie scelte umane.
Un applauso, che si perde nell’ampio spazio della cattedrale di
Milano, segna l’arrivo dell’orchestra
e il differente costume nordico, che
includeva la Passione nel culto reso
al Signore e tuttora mantiene l’atmosfera mistica connessa, eliminando ogni manifestazione di palese apprezzamento, pur avendo accantonato l’idea di farne un vero e
proprio culto inclusivo del sermone e di tutte le altre componenti.
D’altronde, non si può dimenticare
che, nella sua concezione originaria –valida ancora oggi nei suoi
contenuti essenziali – la «passione» è stata pensata per favorire
l’espressione di un sentire che il
linguaggio logico-sintattico non
riesce a dire, rendendo necessario
il ricorso al linguaggio poetico, tipico di gran parte dell’Antico Testamento, che trova forme di altezza inusitata anche nel Nuovo, con
punte di altezza immensa come in I
Corinzi 13. Oggi la liturgia riformata si limita ad accogliere alcune
melodie delle «passioni», adattandole con parole diverse ai momenti
specifici del culto, mentre la loro
esecuzione integrale resta patrimonio comune delle espressioni di fede nel Cristo vivente.
Ciò non ha impedito ad alcuni direttori di attenersi a una interpretazione il
più possibile vicina a quella origi-
naria: tra questi Gustav Leonhardt,
che riduce al minimo le sezioni orchestrali e attribuisce al coro soli
tre elementi per voce, ottenendo
ritmi più incalzanti, come nella
esecuzione proposta a Milano nel
corso delle «Settimane Bach» organizzate dalla Società del Quartetto. Ruben Jais ha optato per un
coro ampio, che ha ugualmente
consentito al maestro di ottenere
un discorso musicale dai toni assai
differenziati: dal pensieroso coro
iniziale Kommt, ihr Töchter, helft
mir klagen («Venite, figlie, piangete
con me»), cui si interseca lo struggente O Lamm Gottes unschuldig
(«O agnello di Dio innocente») al
durissimo Er ist des Todes unschuldig! («Merita la morte!») con ampia differenziazione di toni e sempre con profonda intensità, ottenuta con una direzione attenta ai minimi particolari anche nelle prove
dei solisti, curando l’accentuazione
dei ritmi puntati e staccati, per sottolineare la drammaticità della
Passione, pur senza eccedere nella
drammaticità di taluni passaggi, fino a dare l’impressione degli eventi
come di una dolorosa ma sempre
consapevole accettazione della volontà divina.
Clemens Loeschmann (evangelista) ha
dato sicura continuità al racconto con
delicate ma sempre appropriate
accentuazioni delle varie situazioni; Filippo Mineccia (alto) ha rappresentato con trasporto il dolore
dell’umanità credente di fronte alla
tragedia umana e cosmica di Gesù,
a partire dal Buss und Reu («Pentimento e rimorso»), splendidamente accompagnato dai flauti traversi, vero pilastro dell’orchestra;
struggente e appassionata Céline
Scheen, voce materna, espressione
della universale sensibilità femminile Ich will dir mein Herz schenken («Voglio donarti il mio cuore»); valide anche le prove del tenore Tim Lawrence e del basso
Marco Granata. Ruben Jais ha saputo ottenere dall’orchestra e dai
cantanti volta a volta suoni dolci o
drammatici con una rigorosa attenzione al testo e una meticolosa
quanto intensa direzione ricca
spesso di intenso pathos.
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 7 • cultura
Fra martirio e resistenza
Una nuova edizione dell’epistolario del pastore e martire Gian Luigi Pascale
In Calabria e
nell’entroterra irpinofoggiano, fino alla metà
del ’500 alcune migliaia di
valdesi, giunti dal
Piemonte e dal Delfinato
fra XIV e XV secolo,
avevano potuto
sopravvivere quasi
indisturbati. I contatti fra
Nord e Sud, garantiti
tramite i barba, erano
proseguiti senza
interruzione anche a
seguito dell’adesione alla
Riforma. Tuttavia il
fermento degli anni ’50 e
la transizione verso
un’organizzazione delle
comunità in parrocchie
sul modello ginevrino
contribuì a dar loro
maggiore visibilità. In
seguito alla richiesta di
predicatori rivolta dalle
colonie calabresi al
Consiglio dei pastori di
Ginevra, a Guardia, San
Sisto e nei borghi vicini
giunsero Etienne Negrin
da Bobbio Pellice,
Giacomo Bonelli
originario di Dronero e
Giovanni Luigi Pascale,
allora a Losanna*.
Marco Fratini
N
ato a Cuneo, Pascale si era
trasferito a Ginevra e poi a
Losanna, dove frequentò
l’Accademia teologica di
Pierre Viret e Théodore de
Bèze. Nel frattempo la preoccupazione
dell’Inquisizione romana era cresciuta nei
confronti delle minoranze etniche e religiose. In questo clima la predicazione di
Pascale, praticata senza prudenza, invitava i fratelli a non nascondere le proprie
convinzioni. Il suo arrivo fu una rottura
rispetto ai suoi predecessori. Costretto ad
abbandonare San Sisto, si spostò a La
Guardia. Il 2 maggio 1559 fu incarcerato
nel castello di Fuscaldo (per otto mesi) poi
a Cosenza, a Napoli e infine a Roma dove,
condannato dall’Inquisizione, il 16 settembre 1560 fu bruciato sul rogo nella
piazza di Castel Sant’Angelo.
Personaggio di spessore intellettuale e slancio
evangelico, in carcere scrisse decine di lettere * agli amici di Ginevra, ai valdesi di
Calabria, al fratello Giovanni Bartolomeo
e alla fidanzata Camilla Guarino, che presto furono raccolte e pubblicate da Scipione Lentolo e Jean Crespin, con ampia diffusione nell’Europa protestante. Pascale
stesso ne raccomandava la pubblicazione,
come testimonianza di martirio e come
ammaestramento morale nei confronti dei
fratelli perseguitati e di coloro che ne seguivano le sorti a distanza. Caratterizzate
da un linguaggio ben radicato nelle fonti
Didascalia: Gian Luigi Pascale condotto a Roma di fronte al papa (da Adriaen Cornelisz van
Haemstede, Historie der martelaren [Storia dei martiri], Dordrecht 1657, p. 249v).
Conoscere l’altro
Unitre: storia delle religioni ad Aosta
Paola Pecoraro
I
n un momento storico di grande difficoltà nell’affrontare tematiche come l’integrazione religiosa e sociale, in cui «l’altro» appare unicamente come una minaccia
e non come una possibilità di confronto,
ben si è inserito il corso di Storia delle religioni organizzato ad Aosta dall’Unitrevda e
dal Centro culturale protestante nei mesi di
febbraio e marzo, realizzato anche grazie ai
fondi dell’otto per mille della Chiesa valdese
(Unione delle chiese metodiste e valdesi).
Sede del corso la bella sala conferenze della
Biblioteca regionale.
Il pastore Maurizio Abbà ha svolto il ruolo di coordinatore, ma nello stesso tempo è
stato relatore di alcune lezioni e proprio a
lui è stato chiesto di avviare per il prossimo
anno l’organizzazione di un nuovo corso
dato il gradimento dimostrato da questo e
bibliche, in particolare di derivazione paolina, tipico di un certo clima culturale da
«combattimento spirituale», il testo è fitto
di termini guerreschi (nemico, armi, combattimento, esercito, capitani, vittoria),
violentemente polemico contro gli «idoli»
e contro la messa (horribile idolatria), con
numerosi ed espliciti riferimenti all’Antico
Testamento.
In una sorta di appassionata predicazione, nella consapevolezza dell’inevitabilità e
del valore del sacrificio a cui Dio lo ha
chiamato, il suo messaggio ai fratelli calabresi si fa via via più esplicito («... bisognava piuttosto morire che abbandonare così
santa impresa, e così sentiva la mia coscienza obbligata a predicare loro con
l’esempio, poiché non potevo farlo con la
voce»). Nell’invocare Dio affinché gli desse
la forza per sopportare i patimenti della
prigionia e dell’inevitabile supplizio finale,
egli è costantemente consapevole di dover
sostenere la propria missione come un
combattimento e giunge anche a parlare di
se stesso come di un soldato.
La principale convinzione che egli è
chiamato a testimoniare è la verità della
Parola di Dio, che consiste innanzitutto
nel rifiuto all’idolatria. Se è Dio stesso che
lo prepara alla battaglia, specularmente
quella dei nemici è una battaglia contro
Dio in nome delle tentazioni di Satana. Si
tratta di una missione in cui il concetto di
battaglia è costantemente affiancato a
quello di edificazione della chiesa di Cristo, ed è proprio in tale contesto che Pascale inserisce espliciti riferimenti al martirio, come forma di combattimento e di
testimonianza. Pur in questa adesione incondizionata al sacrificio inevitabile a cui
Dio lo ha chiamato, Pascale pensa al suo
gregge e non pretende da tutti la medesima disponibilità: «ma alcuni diranno che
non si sentono le forze per morire per Gesù Cristo, e io rispondo che chi teme di
essere vinto combattendo, deve almeno
eleggere di vincere fuggendo. Perciò il
fuggire vi è lecito; ma piegare i ginocchi a
Baal vi è proibito sotto pena della dannazione eterna».
Tuttavia, in tutte queste sue esortazioni ai fratelli in pericolo, mai si affaccia la possibilità di
una reazione armata contro l’aggressione
del nemico, anche se nelle sue pagine quella del martirio appare come una vera e propria forma di resistenza. La testimonianza
è, secondo Pascale, utile a far conoscere la
Verità di Dio e a svelare gli inganni dei suoi
nemici: «D’una consolazione tra le altre ho
da ringraziarlo ed è il rumore popolare
ch’io intendo essere in queste parti – scrive
il 17 marzo 1560 dalla prigione di Cosenza
–, in quanto alla religione, di modo che
molti, avendo notizia della nostra confessione, si maravigliano della tirannia dei no-
dal precedente. Il corso si è sviluppato in otto unità didattiche che hanno visto l’alternarsi di relatori di valore che hanno svolto
gli argomenti loro proposti:
– Per un alfabeto delle religioni (past.
Maurizio Abbà);
– I Padri della Chiesa e le religioni non
cristiane (prof. René Roux);
– Il Cristianesimo protestante da Lutero a
Martin Luther King (past. Paolo Ribet);
– Il cattolicesimo romano nel XXI secolo:
bilanci e prospettive con papa Francesco (Fr.
Guido Dotti);
– Il continente cristiano differenze e affinità, quale futuro per il cristianesimo (past.
M. Abbà);
– L’Ebraismo nella vita quotidiana (rabbino Alberto Moshe Somekh);
stri avversari. E questa è la cagione che io
desidero che la confessione della nostra fede non resti del tutto sepolta; atteso che la
nostra detenzione è manifesta in molti luoghi di questa cieca Italia, onde penso che la
nostra morte non sarà neanche sepolta.
Della quale tanto più mi rallegro quanto
più spero che il Signore se ne debba servire
per qualche edificazione della sua Chiesa e
maggiore assai di quanto farei restando in
vita».
La coerenza dimostrata da Pascale nel
sostenere le proprie convinzioni di fede e
nel sostegno che egli (prigioniero prossimo
al supplizio) offre ai suoi fratelli calabresi
(pur in pericolo ma ancora liberi), non va
letta soltanto come dimostrazione di fede
incrollabile e disposizione al martirio, ma
anche come rinnovata proposta di una forma di resistenza che trae forza da una lunga e ininterrotta catena di testimoni della
Verità, in un momento storico in cui si
stanno per inaugurare gli scontri confessionali che infiammeranno il regno di Francia
per quasi quarant’anni.
* Lettere d’un carcerato (1559-1560) annotate e fatte precedere da un cenno biografico sullo scrivente Gian Luigi Pascale
per opera di Arturo Muston, Torre Pellice,
Libreria «La Luce», 1926, pp. 37-38. Della
pubblicazione di Muston esce ora una ristampa a cura delle edizioni Prometeo di
Castrovillari, con l’aggiunta di una prefazione tratta da un articolo di Augusto Armand Hugon pubblicata su «Il Ponte», VI,
9-10, 1950.
Segnaliamo inoltre la voce «G. L. Pascale» curata da Susanna Peyronel nel vol. 81
del Dizionario biografico degli italiani
– Buddha e Gesù Cristo: due Vie a confronto: affinità e diversità (M. Abbà);
– Velare, Svelare, Rivelare. Il velo delle
donne nelle Religioni (prof. Dario Cosi).
La platea sempre attenta, numerosa e
partecipe ha mostrato chiaramente interesse per gli argomenti trattati, rivolgendo ai
relatori domande e dando origine a dibattiti
costruttivi. Iniziative come questa dimostrano chiaramente il desiderio, che emerge
da più parti, di confronto su tematiche di
spinosa attualità come l’integrazione in tutti
i suoi aspetti partendo proprio dal sentire
voci diverse, dall’ascoltare differenti punti di
vista per arrivare alla consapevolezza che si
possono comunicare e vivere differenze
personali, e che ciò non è una minaccia, ma
una grande ricchezza.
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 8 • vita delle chiese
AGENDA
17 aprile, venerdì
MILANO – Alle 18, al Centro
culturale protestante (v. Francesco
Sforza 12/a) Simone Maghenzani e
Giuseppe Platone intervengono su
«Le chiese protestanti nella prima
guerra mondiale».
18 aprile, sabato
FORANO (RI) – Alle 11, alla chiesa
valdese (v. del Passeggio 8), «I
cristiani davanti al dramma
dell’immigrazione»: presentazione
del progetto Mediterranean Hope,
con Massimo Aquilante e l’ufficio
otto per mille.
FIRENZE – Alle 17 alla libreria
Claudiana (b.go Ognissanti 14R), per
il ciclo «Anglicanesimo, darwinismo
e omosessualità nell’età vittoriana»,
conversazione sulla poesia In
memoriam di Alfred Tennyson a cura
di Stefano Bini e Massimo Zanoccoli.
MILANO – Alle 18,30 al tempio
valdese serata su Mozart, con tre
concerti per pianoforte e quartetto
d’archi. Al pianoforte, Daniele
Defilippis, Lorenzo Reho, Claudio
Gay.
17 aprile, venerdì – 19 aprile, domenica
FIRENZE – Alle 15,30, per il
trentennale di «Biblia», convegno
«Per sora nostra madre terra»;
incontro inaugurale a Palazzo
Vecchio, con interventi di Sergio
Givone, Piero Stefani, Luigi Ciotti,
Luisa Cattaneo. Intervengono nei
giorni seguenti Jean Luis Ska, Daniel
Marguerat, Romano Penna, Carlo
Ossola, Gherardo Colombo, Grazia
Francescato, Pietro Greco, Stefania
Monti, Benedetto Carucci Viterbi,
Enzo Bianchi e Carlo Petrini. Info:
055/8825055 / [email protected]
19 aprile, domenica
CINISELLO BALSAMO (MI) – Al
Centro culturale «Il Pertini» (p.zza
Confalonieri 3), alle 15 «Donne e
Costituzione: le radici e il cammino»,
anteprima nazionale del filmintervista Nadia Gallico Spano,
Madre Costituente di Antonella
Restelli (2015). Intervengono la
regista, Chiara e Paola Spano,
Lorenza Carlassare, Debora
Migliucci.
21 aprile, martedì - 24 aprile, venerdì
ROMA – Alla Facoltà valdese di
Teologia (v. Pietro Cossa 42),
seminario pubblico e gratuito su
«Figure di Cristo nelle epistole ai
Colossesi ed agli Efesini: confronto
con la Gnosi». A cura di Corina
Combet e Jean-Daniel Dubois. Orari:
15-17 per i primi due giorni e 11-13
per i seguenti.
24 aprile, venerdì
TRIESTE – Alle 18, alla chiesa
riformata elvetica e valdese –
basilica di s. Silvestro,
«Dell’impossibile libertà di giungere
al possesso della propria vita e alla
vera comunicazione con gli altri».
Ruggero Marchetti parla di Carlo
Michelstädter, filosofo e poeta
goriziano, morto suicida a 23 anni
nel 1910.
25 aprile, sabato
RIESI (CL) – Dalle 9, al Servizio
Cristiano (v. Monte degli Ulivi 6),
giornata del protestantesimo
siciliano, con la partecipazione delle
chiese battiste, metodiste, valdesi,
luterane e avventiste.
27 aprile, lunedì
TORINO – Alle 17,30 al Circolo dei
Lettori (v. Bogino 9), presentazione
del libro di Ercole Ongaro Resistenza
nonviolenta 1943-45. Ne discutono
con l’autore: Piera Egidi, Bartolo
Gariglio, Enrico Peyretti.
Susa Una Pasqua «BMV» per tre comunità
Davide Rostan
«O
r egli non disse questo
di suo; ma siccome era
sommo sacerdote in
quell’anno, profetizzò che Gesù
doveva morire per la nazione; e
non soltanto per la nazione, ma
anche per riunire in uno i figli di
Dio dispersi» (Gv. 11, 51-52).
Ironicamente il vangelo di
Giovanni pone sulle labbra di
Caifa la profezia su come la
morte di Gesù sia a vantaggio
della nazione, senza immaginare
che l’effetto sarebbe poi stato
ben diverso da ciò che Caifa
stesso immaginava. Anche le
nostre chiese la domenica di Pasqua si sono radunate per celebrare la resurrezione ma, anziché farlo in piccoli gruppi sparsi
in una lunga vallata, quest’anno
abbiamo pensato di radunarci in
un unico tempio: quello della
chiesa battista di Susa (Torino).
Ormai da diversi anni la colla-
Gianni Fornari amico e collega
Marco Rolando
i Gianni ho condiviso dal 1988
l’appartenenza alla chiesa valdese e l’interesse appassionato alla teologia e alla cultura protestante. Entrammo, entrambi provenienti dal cattolicesimo, entrambi medici, lui a Ivrea, io a
Biella, nelle comunità valdesi, comunità allora affratellate dalla
presenza carismatica e intelligente del pastore Gianni Genre, che
creò un clima indimenticabile e
coinvolgente di passione per la fede e per le questioni teologiche a
cui Gianni e io non eravamo
estranei. Si veda la sua amicizia
con don Luciano, prete operaio di
Banchette di Ivrea, presente anche al suo funerale nel tempio
valdese di Torino il 21 marzo.
Ricordo il mio primo contatto
con la teologia protestante attraverso un libro di Italo Mancini,
Novecento teologico, edito da Vallecchi, che portava in sovracopertina i nomi di Barth, Bonhoeffer,
Bultmann.
Ricordo una discussione appassionata e fraterna durante l’Assemblea-Sinodo del 1990 a Roma,
in una trattoria del ghetto ebraico
sul sinodo di Dordrecht in cui
Gianni e io stavamo sinceramente
dalla parte dei Gomaristi in linea
con Giovanni Diodati e tacciammo di arminianesimo e di semipelagianesimo dei carissimi amici
nostri interlocutori.
Gianni era un uomo rigoroso,
nella sua preparazione scientifica
come in tutte le cose che faceva,
così come negli ultimi anni faceva
il contadino e l’apicoltore nella cascina di Grazia, sua moglie, a Riva
di Chieri, ma sapeva anche amare
i doni della vita ed essere gioioso e
conviviale, e distingueva molto
bene il cibo e il vino buono da
quello cattivo. Nell’ultima cena
fatta insieme dall’amico Gino Lusso, a cui era arrivato stanco e affa-
D
ticato guidando ancora l’automobile il 17 gennaio scorso, ci eravamo scambiati dei doni per i nostri
compleanni che cadono in gennaio e mi aveva regalato una splendida bottiglia di vino francese.
Anche quando l’amarezza provata in modo sincero e disinteressato per la chiusura dell’Ospedale
valdese di Torino lo coinvolse e
indirettamente coinvolse anche
me, non venne mai meno in Gianni Fornari la sua sincera e sofferta
adesione alla Chiesa valdese.
Anzi, l’elaborazione di quel lutto
finì per coinvolgerci e farci riscoprire ancora più profondamente le
ragioni della nostra amicizia così
come era successo anni prima dopo una sua grave malattia con la
condivisione delle vacanze in
montagna.
Non è un caso che nell’ultima
telefonata che ebbi con lui, lucido,
mi comunicò la sua gioia per la visita in ospedale (questa volta era
lui il paziente) di Gianni Genre e
delle letture bibliche (Geremia)
fatte insieme.
La scelta del Salmo 71 per la sua
morte, il penultimo del secondo libro dei Salmi prima della chiusura
con il salmo regio di Salomone,
con la sua caratteristica individuale di sofferenza con sfumature
quasi psicologiche e la sua apertura al futuro, riassumono il senso
delle sue scelte e della sua vita: «Tu
sei stato il mio sostegno fin dal
ventre di mia madre: tu sei quel
che mi hai tratto fuor dell’interiora
d’essa… non abbandonarmi ancora, o Dio, fino alla vecchiezza, anzi
fino alla canutezza: fin ch’io abbia
annunziato il tuo braccio a questa
generazione e la tua potenza a tutti quelli che verranno appresso...
perciocché, avendomi fatte sentire
molte tribolazioni e mali, tu m’hai
di nuovo renduta la vita e m’hai
tratto di nuovo fuor degli abissi
della terra...».
borazione tra la chiesa battista di
Meana e quella valdese di Susa
ha assunto una sua forma precisa: culti in comune più volte al
mese, uno studio biblico quindicinale, il catechismo per adulti e
gli incontri ecumenici. Nell’ultimo anno il predicatore locale Ivo
Blandino, che cura la chiesa battista di Susa, è diventato anche
maestro di canto di una piccola
corale che contribuisce alla collaborazione fra le due chiese.
Un tempo gli avvisi per segnalare le attività delle chiese usavano il termine adunanza, e anche
noi domenica 5 aprile ci siamo
adunati di fronte al sepolcro vuoto di Gesù, insieme a Maddalena,
a Pietro e al discepolo amato: la
chiesa valdese di Susa e le chiese
battiste di Susa e di Meana. Spesso i nostri piccoli numeri ci hanno fatto preoccupare per il corpo, per le nostre identità diverse
e definite; per i confini dei nostri
corpi, individuali e collettivi, e
per gli edifici che li raccolgono.
Ironicamente anche noi abbiamo
avuto bisogno di essere pochi per
cominciare a radunarci insieme e
per preoccuparci meno dei nostri
corpi. Maddalena cercava un corpo la mattina di Pasqua, cercava
la concretezza, la materialità,
qualcosa che durasse per sempre,
un corpo da piangere. Verrà
chiamata per nome da un giardiniere, si volterà e dirà «Maestro»
e poi andrà ad annunciare, senza
che nessuno le abbia dato il permesso, ciò che aveva visto. Cercava un corpo, riceverà un nome
e una vocazione.
Le nostre tre comunità non si
radunavano insieme da anni, abbiamo gioito, ricevuto insieme la
Santa Cena e ascoltato la parola
del Signore. Il cammino verso il
riunire in uno i figli di Dio dispersi è fatto di corpi che si mescolano, si conoscono, si riconoscono e infine si chiamano per
nome. È un cammino che ha una
vocazione, quella della resurrezione che supera le nostre divisioni e che ci chiama all’annuncio. Che il Signore ci conceda di
essere ancora riuniti nel suo nome per rendere testimonianza
della sua parola così come oggi
l’ha concessa a noi in val di Susa.
Carrara La chiesa metodista ricorda
la pastora Caterina Dupré
Simone Fiaschi
a chiesa metodista di Carrara
e il suo Consiglio hanno deciso di scrivere questo breve messaggio per ricordare la pastora
Caterina Dupré, che ci ha lasciato per far ritorno alla casa
del Padre la mattina del 6 aprile;
vogliamo testimoniare al marito
Vito, alla madre Annemarie, a
tutta la sua famiglia e a quanti la
conoscevano il profondo affetto
e la grande stima che la comunità provava e prova nei suoi
confronti. Caterina giunse a
Carrara nel settembre del 2001,
subito dopo la sua consacrazione; vi rimase solo tre anni durante i quali seppe sempre dare
testimonianza della sua profonda fede, vissuta in maniera molto concreta e aperta. Si impegnò in modo particolare con i
clandestini, le donne dell’est Europa sfruttate che venivano a
chiedere aiuto in chiesa; ai più
dubbiosi non si stancava mai di
dire «leggi il passo di Matteo
25,35, “Ebbi fame e mi deste da
mangiare; ebbi sete e mi deste
L
da bere; fui straniero e mi accoglieste”, e pensa a ciò che Gesù
voleva dire e a ciò che dicono
direttamente a te oggi questi
versetti». Parole attualissime
anche ora. Ottima cultrice del
cristianesimo ortodosso, raccontava spesso del suo periodo
di studio in Russia e a New
York, durante i quali aveva potuto conoscere di persona questa nuova realtà, tanto lontana
dal nostro essere chiesa quanto
interessante, ricca di tradizioni
uniche e affascinanti, sconosciute e snobbate in Italia. Dopo
un lungo studio biblico sull’Ortodossia, con un grande entusiasmo misto a un po’ di timore,
chiese alla comunità se avremmo voluto celebrare il culto
dell’alba di Pasqua, culto in cui
le tenebre della notte e le luci
dell’alba fanno da sfondo al sacrificio di Gesù; questo culto almeno allora veniva celebrato
normalmente nella Chiesa ortodossa e non nelle nostre. Da allora, tutti gli anni celebriamo
questo culto, dando così voce a
un cristianesimo che deve sapere riformarsi volta per volta,
aprirsi alle altre realtà, farle sue
e non scartarle a priori perché
diverse dalla propria tradizione.
Siamo grate e grati a lei per il lavoro svolto nella nostra chiesa,
per quanto ha saputo insegnarci
e darci a livello personale e comunitario.
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 9 • vita delle chiese
Campania Con la testa e il cuore: terza tappa della carovana per la dignità del lavoro
Marta D’Auria
U
n lungo weekend in cui la testa e il
cuore hanno dialogato insieme appassionatamente. Così si può descrivere la terza tappa della «Carovana per la
dignità e la sostenibilità del lavoro», iniziativa coordinata dalla Commissione globalizzazione e ambiente (Glam) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia
(Fcei). La carovana, partita dalla Sicilia,
regione martoriata da tre poli petrolchimici inquinanti, e passata per Taranto, la
città dell’Ilva, si è fermata dal 27 al 29
marzo in Campania, nella cosiddetta
«Terra dei Fuochi», quel territorio dove
per anni si sono concentrati sversamenti
illegali di rifiuti urbani, tossici, industriali
che hanno provocato un grave danno alla
salute dei cittadini e al degrado del territorio. Venerdì pomeriggio, dietro uno striscione colorato, un piccolo corteo di credenti delle chiese evangeliche di Napoli è
partito dalla chiesa battista di Arzano e ha
percorso le strade cittadine per dire a gran
voce il proprio «basta» allo scempio dell’ambiente e allo sfruttamento del lavoro.
In prima fila le animatrici della carovana
che attraverserà l’Italia durante il 2015:
Antonella Visintin, coordinatrice della
Glam, e Mariaelena Lacquaniti.
ratore ha offerto ai presenti l’opportunità
di stare ancora un po’ insieme.
L’indomani l’iniziativa si è spostata al centro di
Napoli, presso la chiesa valdese di via dei
Cimbri, dove nel pomeriggio di sabato 28
marzo si è tenuto il convegno «Lavoro: non
solo dati ma denunce, proposte, obbiettivi»,
moderato da Mariaelena Lacquaniti. Fulvio
Frezza, vicepresidente del Consiglio comunale di Napoli, ha presentato una relazione
sul lavoro con una particolare attenzione
alla situazione della città di Napoli, penalizzata fortemente – come altri comuni italiani – dai tagli governativi. L’investimento
sulla formazione e sulla ricerca, e la conservazione e la promozione del patrimonio
culturale, artistico, paesaggistico del territorio comunale e regionale possono essere
il volano per la crescita e l’occupazione di
tanti, soprattutto dei giovani che vanno all’estero impoverendo il potenziale del proprio paese. È seguito l’intervento di Antonella Visintin che ha ricordato con dati ed
esempi circostanziati come lo sviluppo, da
obiettivo universale di emancipazione dallo
stato di bisogno, sia diventato un lusso e un
privilegio di pochi. «Il lavoro oggi non ha
dignità, – ha detto Visintin – crea marasma
nelle reti sociali e familiari; è lavoro che facciamo senza più saperne il significato. Come cristiani, vogliamo affermare la necessità che lavoro è quello che sa dare la vita e sa
restituire dignità alla persona». Dopo un
imprevisto e piacevole intermezzo musicale
del quartetto mandolinistico «Plectrum»,
sono state ascoltate le testimonianze di Teresa Musto e Novella Vitale, autrici del libro «Teresa e le altre. Storie di donne nella
Terra dei Fuochi», a cura di Marco Armiero, (ed. Jaca Book). Le due testimoni, sollecitate da Annamaria Martuscelli, dell’ass.
Cittadini campani per un piano alternativo
dei rifiuti, hanno dato voce al vasto movimento per la giustizia ambientale campano,
dove le donne svolgono un ruolo rilevante.
Se le «storie sono asce di guerra da disseppellire» (Wu Ming), allora queste donne so-
no diventate delle «guerriere» che hanno
saputo offrire la propria narrazione come
strumento di resistenza all’ingiustizia ambientale che non è solo imposta con i blindati e i manganelli, ma anche con una narrativa che sradica qualunque possibile alternativa. È stato infine ascoltato Vincenzo
Vanacore, presidente della cooperativa sociale «L’uomo e il legno» che dal 1995 realizza a Scampia percorsi di reinserimento
lavorativo per soggetti svantaggiati e a favore di bambini e adolescenti a rischio attraverso corsi di formazione in falegnameria, restauro, arte presepiale, ceramica. La
domenica mattina l’esperienza della Carovana è stata condivisa con la comunità battista di Napoli-via Foria riunita per il culto.
Tre giorni intensi in cui la fatica della riflessione su lavoro, ambiente, ingiustizia
sociale si è stemperata nell’incontro e nella
condivisione delle esperienze di uomini e
donne provenienti da percorsi diversi che si
sono ritrovati compagni e compagne di un
cammino comune.
Mentre venivano distribuiti volantini ai passanti, incuriositi da questo insolito corteo,
per le vie hanno risuonato non solo gli slogan per la difesa dell’ambiente e per un lavoro che non fosse precario e irregolare,
ma anche inni evangelici a voler dire che
l’impegno per la salvaguardia del creato e
la difesa della dignità umana è anche testimonianza della propria fede. Lungo il percorso, il corteo ha fatto alcune brevi soste
durante le quali vi sono stati interventi da
parte evangelica (il past. Giuseppe Verrillo, della chiesa libera di Volla; il past. avventista Davide Malaguarnera; l’avventista
Felix Adado, mediatore culturale), e da
parte di rappresentanti di alcune realtà associative (Legambiente e Comitato Terra
dei Fuochi). Concluso l’itinerario, i partecipanti sono ritornati nel locale della chiesa battista di Arzano, dove un buffet risto-
Napoli Attività di solidarietà ai migranti
Altamura Dalla parte delle donne
Marta D’Auria
Anna Dongiovanni
D
a anni impegnata sul fronte dell’assistenza sanitaria ai migranti, la Fondazione evangelica Betania ha promosso
lo scorso 20 marzo, presso il Centro sociale
Casa Mia – E. Nitti a Ponticelli (Na), una
giornata di lavoro tra diversi soggetti che
sono impegnati in attività di solidarietà ai
migranti: le chiese evangeliche napoletane;
il Servizio rifugiati e migranti (Srm), la
commissione «Essere chiesa insieme» e il
progetto Mediterranean Hope della Federazione delle chiese evangeliche in Italia
(Fcei); la Federazione lavoratori dell’agroindustria (Flai) della Cgil; Emergency.
«Quest’incontro – ha affermato in apertura Luciano Cirica, vicepresidente della
Fondazione Betania – nasce dalla necessità
di organizzare come evangelici, in rete con
le altre realtà associative operative sul territorio di Napoli e della Campania, un progetto di lavoro con i migranti che, mettendo
a fattor comune le diverse esperienze e disponibilità, possa dar inizio a un’iniziativa la
più condivisa e sinergica possibile».
I lavori sono entrati nel vivo con interventi a più voci: Marta Bernardini ha presentato il progetto Mediterranean Hope della Fcei che consiste in un Osservatorio sulle
migrazioni con sede a Lampedusa e un centro di accoglienza a Scicli «La casa delle culture» (Rg); Franca Di Lecce, direttore del
Srm della Fcei, ripercorrendo il trentennale
lavoro svolto dal Servizio per la tutela dei
diritti dei migranti e rifugiati, ha posto l’accento sulla necessità di decostruire la narrazione della migrazione in chiave emergenziale, in quanto non rispondente alla realtà;
Jean René Bilongo della Flai-Cgil ha descritto le condizioni delle migliaia di immigrati
impiegati nell’agricoltura, vittime del capolarato e dello sfruttamento lavorativo ed esistenziale ai limiti della schiavitù; la past.
Dorothea Mueller ha presentato il programma «Essere chiesa insieme», avviato
nel 2000 per promuovere l’incontro e la fraternità multietnica all’interno dell’evangelismo italiano; infine Sergio Serraino ha raccontato l’esperienza di intervento sanitario
e di mediazione culturale che dal gennaio
2013 Emergency svolge a Castel Volturno
(Ce) non solo a favore dei migranti.
Nel pomeriggio, dopo la proiezione del
docufilm Dalla fuga all’attesa, di Carmen
Té sull’esperienza degli immigrati a Cassibile, è stato dedicato del tempo allo scambio di considerazioni e proposte. In particolare è emersa l’idea di organizzare in rete
un punto di ascolto a Castel Volturno rivolto soprattutto alle donne immigrate che
in quell’area sono vittime della prostituzione. Prossimamente i presenti si incontreranno per continuare a lavorare sulle proposte emerse.
S
abato 7 marzo alla chiesa battista di
Altamura (Ba), un gruppo numeroso di donne e alcuni uomini hanno
partecipato a una conferenza sulla violenza contro le donne, organizzata dalla
chiesa ospitante con la collaborazione
dell’Associazione delle chiese battiste di
Puglia e Basilicata (Aceb/Pb), del Dipartimento di evangelizzazione (De) dell’Ucebi, del Movimento femminile battista (Mfeb) e del Centro antiviolenza italiano (Cai) con sede a Matera.
La conferenza è stata introdotta dalla
presidente del Mfeb, Lucia Tubito, ed è
stata moderata dalla presidente dell’Aceb/Pb, Maria Caputo. Relatrici: la pastora Gabriela Lio, segretaria del De;
l’avv. Rosa Melodia, consigliera del Comune di Altamura; l’avv. Ivana Giudice,
presidente del Cai, e la segretaria, Giovanna Casamassima.
Rosa Melodia ha raccontato l’attività
dello «sportello donna» attivato ad Altamura dove le donne, vittime di violenza, potevano contare sull’aiuto di psicologi e di medici. La consigliera ha evidenziato che la violenza è un problema
sociale e culturale ed è fondamentale
cominciare a cambiare la società attraverso l’educazione, evitando di educare
in modo diverso i bambini dalle bambi-
ne, insegnando loro che tutti e tutte sono degni di rispetto.
Anche le due rappresentanti del Cai di
Matera hanno ribadito che la sfida per il
cambiamento sta nell’educazione e nell’abbattere i pregiudizi che soffocano e
fanno morire quelle donne che potrebbero essere salvate, tutelandole e facendo
valere il loro diritto al rispetto, a una vita
senza violenza.
La pastora Lio ha fatto un mea culpa
da parte dei cristiani che nel tempo, a
partire da una lettura patriarcale di alcuni testi biblici, hanno legittimato la subordinazione della donna. Ha riferito
che nel suo paese d’origine, l’Argentina,
ci sono molti casi di violenza sulle donne
e, poiché i poliziotti non davano credito
alle testimonianze delle donne, sono stati
creati dei posti di polizia femminili, dove
sono le donne che raccolgono le denunce
di violenza. Ha infine ricordato che nelle
chiese battiste gli uomini hanno cominciato a interrogarsi sul fenomeno della
violenza maschile e stanno riflettendo e
lavorando per arginare il problema. Non
sarà facile ma è un inizio importante. A
conclusione della serata c’è stato l’impegno dei presenti a far sapere che a Matera c’è un Centro che aiuta le donne che
subiscono violenza, che divulga la teoria
del rispetto e il coraggio di denunciare.
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 10 • vita delle chiese
Torino Per non perdere la dignità
Luigi Pecora*
G
iovedì 26 marzo, nella sede di Compassion Italia a Torino, alla presenza di
alcuni rappresentanti delle chiese valdesi, battiste, avventiste ed Esercito della
Salvezza, si è svolto un incontro con Giuseppe De Marzo, coordinatore nazionale
della campagna «Miseria Ladra» (promossa
da «Libera» e dal Gruppo Abele) che ha illustrato la battaglia sociale denominata
«reddito di dignità», tesa a sollecitare il parlamento, attraverso una raccolta di firme
on-line (www.campagnareddito.it) a rendere operative le proposte di legge pensate da
Sel e M5S assieme alle istanze di una minoranza del Pd. I partiti promotori usano le
espressioni di «reddito minimo garantito» e «reddito di cittadinanza», ma le associazioni che fanno capo a don Luigi Ciotti
hanno preferito usare la formula di «reddito
di dignità». La petizione, avviata il 13 marzo, durerà 100 giorni. Lungi dal cavalcare
un’onda partitica specifica, l’associazione
Libera non chiede altro che quei cittadini i
quali hanno votato i propri rappresentanti
in parlamento, al netto del colore politico,
sollecitino i parlamentari che li rappresentano a emanare una misura di legge che
estirpi alla radice la causa della povertà, assoluta e relativa, nel nostro Paese.
Si ripete, ormai da tempo e come un mantra, che la grave crisi che ci attraversa, ben
peggiore di quella del 1929, sia strutturale,
sistemica ed etica. Essa è figlia delle diseguaglianze sociali e, non ultimo, di una politica
di austerità che ha pregiudicato importanti e
opportuni investimenti. A ciò si aggiungano
i tagli dei trasferimenti e il famoso Patto di
stabilità, che blocca la possibilità d’investimento degli enti locali e impatta negativamente in primo luogo sui Comuni. E chi ne
fa le spese? La povera collettività, della quale
fanno parte 10 milioni di nostri connazionali
che ogni giorno lottano per salvarsi dalle inquietanti sabbie mobili che minacciano di
relegarli nell’invisibilità sociale. E con loro
sopravvivono altri 6 milioni di italiani, i quali si trovano a sperimentare la morìa esistenziale della povertà assoluta. L’Unione europea già nel lontano 1992 chiese alle nazioni
che ne fossero ancora sprovviste di attuare
sostegni al reddito per gli inoccupati; così
avvenne per tutti i paesi, tranne che per Bulgaria, Grecia e Italia. Ma Giuseppe De Marzo, durante l’incontro, ci informava che anche la Grecia sta studiando in queste ultime
settimane la realizzazione di una misura di
supporto per i senza lavoro.
I nuovi dati dell’osservatorio socio-economico fotografano una necrotica stagnazione dell’economia italiana, che si trova ai
livelli più bassi raggiunti in questi anni di
crisi. Impoverimento generale e «redistribuzione al contrario» sono le facce della
stessa medaglia neoliberista; il tutto inserito in un contesto di povertà dilagante, pro-
Da sinistra: Silvio Galvano e Rino Sciaraffa di
Compassion, Luigi Pecora e Giuseppe De Marzo
prio perché manca una vera democrazia di
prossimità a beneficio delle vittime dell’esclusione sociale.
È evidente che disoccupazione, miseria,
sfiducia, crisi e stagnazione si alimentino a
vicenda. Servono provvedimenti che permettano al ciclo di invertirsi, grazie all’aumento della liquidità familiare. Dalla ripresa
dei consumi trarrebbero giovamento sia le
imprese che i lavoratori in cerca di impiego.
Occorrono misure immediate, proprio come il «reddito di dignità». Il nostro Paese
possiede la maglia nera per la povertà minorile e per la dispersione scolastica. È davvero inquietante sapere che il 61% dei giovani ha dichiarato, in un recente sondaggio,
che sarebbe disposto ad arruolarsi nella malavita e nelle mafie, pur di avere un reddito.
Ed è per questo che la legalità fa il paio con
la dignità: perché essa costituisce quelle ta-
vole laiche di pietra, rappresentate dal costituzionalismo del Novecento.
Per finanziare il «reddito di dignità» occorrono tra i 15 e i 23 miliardi di euro, le
cui coperture sono già state individuate;
tale sostegno è calcolato, sulla singola persona, nella misura del 60% dello stipendio
medio italiano, ossia circa 780 euro al mese. All’interno di tale ammortizzatore, oltre agli indubbi vantaggi sull’economia, è
stato studiato un percorso mirato di rioccupazione: il soggetto viene seguito ai fini
di una collocazione lavorativa e pertanto
gli verranno offerte tre opportunità di lavoro. Ma proprio perché non si tratta di un
mero provvedimento assistenzialistico, se
tutte e tre le occasioni verranno rifiutate
dal soggetto, la persona perderà l’accompagnamento economico.
* Libera – Gruppo Abele
Catania Inaugurata la Biblioteca «Navarria – Crifò»
Silvestro Consoli
S
abato 28 e domenica 29 marzo, nell’edificio dove si trova il tempio valdese di
Catania, è stata inaugurata la biblioteca
privata «Navarria – Crifò», dedicata a Salvatore Navarria (Catania 11/09/1912 –
22/10/1986) e Mario Crifò (Patti 20/02/1927
– Catania 13/02/2010). Il primo, professore
di storia e filosofia al liceo «N. Spedalieri» di
Catania, di famiglia valdese, fu un credente
fervente e di ideali progressisti, presidente
dell’Ymca dal dopoguerra agli anni ’70. Una
personalità poliedrica i cui interessi spaziavano dalla teologia alla vulcanologia. Il se-
condo, professore di educazione fisica, fu un
lettore appassionato di letteratura e critica,
scienze e filosofia: il suo universo fu la sua
biblioteca, costruita nell’arco di tutta la vita.
L’associazione culturale «S. Navarria» ha
voluto realizzare (con il rilevante contributo finanziario dell’otto per mille della Chiesa valdese) questa biblioteca per offrire un
servizio alla città e al quartiere, che si
esplicherà in primo luogo con la consultazione e il prestito. I libri sono già circa
5000, e la catalogazione a opera di volontari è in corso. Sono stati infatti acquisiti
gli strumenti necessari alla catalogazione e
all’inserimento dell’archivio nella rete delle
biblioteche nazionali. In tale fase sono stati
provvidenziale l’aiuto e la consulenza gratuita della professoressa Simona Inserra,
docente del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania.
Un secondo servizio verso il territorio si
esplicherà mediante lo svolgimento di attività culturali e sociali dell’associazione: qui
gli spazi della biblioteca assolveranno a un
indispensabile compito di supporto logistico. L’associazione «Prof. Salvatore Navarria», costituitasi nel 2012 e formata essenzialmente da membri delle chiese valdese e
battista di Catania, ha già in agenda delle attività per l’anno corrente e una prospettiva
di quelle che – in futuro – potranno essere
strutturali e permanenti.
I testi presenti vanno dalla teologia alla storia
delle religioni, dalla storia alla filosofia, dalle
scienze sociali alle enciclopedie, ecc. Di particolare pregio i volumi di fine Ottocento
narranti la storia della Sicilia, i trattati teologici (anche antichi) con particolare riferimento al Nuovo Testamento e una nutrita
sezione riguardante la teologia protestante.
Il capitale librario proviene da recenti donazioni e da libri già in possesso della chiesa valdese di Catania, eredità della ex biblioteca «Salvatore La Rosa», donati dai figli
e dai nipoti dei professori Navarria e Crifò.
Inoltre l’associazione ha ripristinato e attrezzato un palcoscenico teatrale preesistente, che risulterà contiguo, senza divisioni, allo spazio del settore librario.
Si ha nel complesso un piccolo ma grazioso teatro con 50 posti a sedere, disponibile
per attività di animazione e culturali: la biblioteca si presenta così come ambiente polivalente adatto a molte attività.
All’inaugurazione, divisa per motivi logistici in due giornate consecutive, sono stati
presenti Roberto e Antonio Navarria e
Chiara Crifò, rispettivamente figli e nipote
dei professori cui è dedicata la biblioteca, ai
quali hanno rivolto interventi pieni di commozione, gratitudine e ammirazione.
L’inaugurazione ha raccolto coloro che
sono stati più vicini all’Associazione, con la
presentazione della biblioteca e qualche ora
di piacevole intrattenimento: una mostra
fotografica realizzata da Linda Barnobi; uno
spettacolo presentato da Ernesto Barnobi
(deus ex machina di tutto); Rossana Quattrocchi ha letto brani personali e del giovane ed eclettico Alfredo Polizzano (librettista
lirico e non solo). L’architetto Alvise Spadaro ha presentato una sua recente fatica letteraria, Le travestite. Donne nella storia. La
«Isa’s band» (Isabella Navarria; Francesco
Laurino; Giovanni Arena; Vincenzo Marano; Francesco Olivo) ha eseguito brani del
classico repertorio jazzistico americano.
Premio Acat Italia: «Una laurea per fermare tortura e pena di morte»
L’
Acat Italia, associazione cristiana ecumenica che opera dal
1983 «contro la tortura e i trattamenti crudeli, inumani o degradanti, compresa la pena di morte», ha
presentato il bando di concorso per il
premio di laurea sul tema della tortura e della pena di morte, un progetto
finanziato con i fondi 8 per mille della
Chiesa valdese iniziato nel 2009.
Il premio di laurea, valido per gli
anni accademici 2013/2014 e 2014/
2015, e dell’ammontare di 3.500 euro
per ciascun anno accademico, sarà
conferito alla migliore tesi su uno dei
due temi proposti:
1) L’abolizione della pena di morte:
motivazioni, strategie, azioni, impegno, impatto;
2) La tortura e i trattamenti crudeli, inumani o degradanti contro le
persone nel mondo contemporaneo: cause, implicazioni, strategie e
strumenti per la loro prevenzione e
abolizione e per la riabilitazione
delle vittime.
I partecipanti al bando avranno a
disposizione per le loro ricerche le bi-
blioteche degli Enti sostenitori: la Federazione internazionale delle Acat a
Parigi, l’associazione umanitaria Medici contro la tortura, la Facoltà valdese di Teologia (Roma), le Università
Libera Università Maria ss. Assunta
(Lumsa) di Roma, Palermo, Taranto,
Gubbio, il Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace (Roma).
Il bando si rivolge agli studenti dei
corsi di laurea triennali, magistrali e
specialistici di tutte le università italiane presenti sul territorio nazionale,
statali e non statali, che rilascino titoli
di laurea aventi valore legale, e di università pontificie che rilascino lauree
riconosciute in Italia.
Il premio viene attribuito a giudizio
insindacabile di una commissione
esaminatrice nominata da Acat Italia,
e la premiazione avverrà nel corso di
una cerimonia pubblica.
La tesi di laurea e la documentazione devono essere inviate rispettivamente entro il 30 giugno 2015 e il 30
giugno 2016. Per il testo del bando ed
eventuali variazioni consultare il sito
www.acatitalia.it.
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 11 • l’Eco delle Valli Valdesi
Verso il 25 aprile. Sono 70 gli anni gli anni
trascorsi dal 25 aprile 1945, giorno
ufficialmente riconosciuto come data
simbolo dalla liberazione dal giogo nazifascista. Numerosi gli appuntamenti previsti.
A Pinerolo venerdì 24 alle 21 fiaccolata con
partenza da piazza Facta a cura dell’Anpi.
Sabato 25 alle 10,45 corteo dal Municipio con
deposizione delle corone alla lapide
«Ferruccio Parri» con i messaggi del sindaco e
di altre autorità. Presente la banda Ana di
Pinerolo. Anche due appuntamenti sportivi
per l’occasione: sabato 25, 37° trofeo della
Resistenza alla piscina di Pinerolo a partire
dalle 9 e domenica 26 partenza alle 10 da
«Bikecafe» del 39° Gran Premio della
Liberazione. Organizza Gsr alpina.
Sempre nell’ambito del 25 aprile a
Pomaretto presentazione del libro di
Lorenzo Tibaldo La rosa bianca – Giovani
contro Hitler. La serata si terrà alla sala
incontri «Teofilo G. Pons» della Scuola Latina
e vedrà la partecipazione di Davide Rosso e
dell’autore.
Programma ricco a Luserna San Giovanni
dove si concentrano i festeggiamenti
organizzati dal Comitato val Pellice per la
difesa dei valori della Resistenza e della
Costituzione repubblicana. Si inizia già
sabato 18 aprile alle 18 nella saletta d’arte con
la presentazione delle tesi di laurea di Debora
Michelin Salomon (Le donne staffette
partigiane) e di Rosaria Popolo (il Pioniere).
Intervengono Maria Airaudo, presidentessa
onoraria Anpi di Luserna San Giovanni, e
Giulio Giordano, presidente Anpi di Torre
Pellice. Domenica 19 in piazza Partigiani
concerto della filarmonica San Bernardino
alle 10,30. A seguire formazione del corteo e
deposizione delle corone ai monumenti dei
caduti e alle 11,30 interventi di Duilio Canale,
sindaco di Luserna San Giovanni, di Lorenzo
Tibaldo, presidente del Comitato, e orazione
ufficiale di Elvio Fassone. Pranzo alle 12,30 al
Bersaglio (prenotazioni al 333.1919289 –
335.6740769). Domenica 26 invece si
cammina sulle tracce della guerra partigiana,
a cura dell’Anpi di Luserna, dell’Atletica Val
Pellice, dell’associazione «Le ciaspole» e della
Giovane Montagna di Pinerolo. Il ritrovo è
previsto per le 8,30 a Luserna San Giovanni in
piazza Savines-le-Lac: la passeggiata,
intervallata dal pranzo al sacco, toccherà i
luoghi simbolo della Resistenza fra Luserna e
Bricherasio. Per informazioni telefonare a
333.3571108 o 335.5793304.
A Torre Pellice pranzo partigiano alla
Foresteria valdese previsto per sabato 25:
prenotazioni al 333.8147757 oppure
0121.932491.
PINEROLO
Quadri nella corsia. Giovedì 9 aprile gli
studenti del Liceo artistico di Pinerolo,
accompagnati dal preside e dagli insegnanti
hanno donato 16 bellissime tele al reparto
chirurgico di «Daily & Weekly Surgery»
situato nell’ala nuova dell’Ospedale «Agnelli»
di Pinerolo consentendo così di arredare con
un tocco di arte, di umanità e di rispetto nei
confronti delle persone assistite.
Già il 13 febbraio 2013 gli studenti del Liceo,
sempre in condivisione con il preside e gli
insegnanti, avevano fatto un primo dono
importante all’Ostetricia-Ginecologia
dell’Ospedale: in quel caso le numerose
opere artistiche collocate alle pareti
rappresentavano una rielaborazione artistica
del valore della nascita, del delicato
momento della gravidanza, dei primi giorni
di vita, anche nel segno e nel rispetto della
multiculturalità.
CONTRAPPUNTO
Offrire il pane o insegnare a farlo?
Si volerà con la fibra ottica?
Incontro dei Concistori valdesi: come affrontare le nuove povertà
Piervaldo Rostan
Samuele Revel
«N
on offriamo il pesce, insegnamo a
pescare». È questa l’idea che il
primo Distretto delle chiese valdesi vuole portare avanti: quella
di essere sì una chiesa caritatevole ma anche di andare oltre e offrire nuovi spunti
per aiutare le persone in difficoltà. Se ne è parlato
nella ormai consueta riunione di tutti i Concistori
che si è tenuta sabato pomeriggio scorso a Pinerolo,
nel tempio. Una partecipazione di anziani e pastori
non altissima, dovuta, probabilmente, all’ora e al
giorno in cui è stato fissato l’incontro. Al di là di
questo si è discusso molto di questo progetto e sono anche scaturite delle riflessioni importanti. Successivamente è stato anche analizzato il mensile
«L’Eco delle Valli Valdesi free press» che ogni mese
ricevete assieme alla versione settimanale, e ci sono
stati commenti positivi.
Il tema principale però era quello delle nuove povertà, su cui una commissione ha lavorato su mandato della Conferenza distrettuale. All’incontro il
portavoce Davide Rosso ha evidenziato «come sia
tragica la situazione sul nostro territorio quando
parliamo di nuove povertà. Al centro di ascolto di
Pinerolo vengono seguite circa 450 persone che
hanno le più svariate rischieste (dai pacchi alimentari, all’aiuto economico ecc.) e allo stesso modo anche
in altri Comuni c’è molto lavoro per i centri di ascolto o strutture simili. Vista la situazione abbiamo
pensato che si debba fare di più, un ulteriore passo».
E il passo va nella direzione del lavoro, che sta alla
base di quasi tutte le richieste: le persone sono in
difficoltà perché non hanno le risorse economiche
che di solito il lavoro offre. «Vogliamo formare delle
persone e non solo offrire loro un lavoro che può
durare poco e non essere spendibile in futuro come
curriculum. Sappiamo che il nostro operato sarà una
noce in un mare ma sappiamo anche che è importante iniziare da qualche parte». Il progetto dovrebbe funzionare come un laboratorio dove le persone
bisognose trovano chi è disposto a insegnare loro i
rudimenti di un mestiere (dal posatore di lose per
tetti, al cestaio, al piccolo artigiano ecc). Il progetto è
piaciuto ai Concistori che però hanno espresso legittimi dubbi sull’aspetto logistico dell’intervento: dove
verrà effettuato, a chi sarà rivolto, che tipi di lavoro
potranno essere insegnati. Su una cosa ci si è trovati
d’accordo, come ha detto Paolo Corsani del Concistoro di Pomaretto: «Non dobbiamo più solo offrire
pesce ma anche insegnare a pescare». Ora la Commissione ha raccolto molte indicazioni su come proseguire il lavoro, che è parso condiviso da tutti seppur con molte indicazioni. La Commissione esecutiva distrettuale ha un fondo che può essere utilizzato
per questo progetto, che, come già ricordato, sarà
soltanto un piccolo passo in un momento di difficoltà per molti e molte. «Siamo consapevoli – termina
Rosso – che un mestiere non si impara in due settimane (o comunque in uno spazio di tempo limitato
quale può essere quello di un corso) ma l’obiettivo è
di suscitare interesse e dare le nozioni di base che
poi potrebbero essere approfondite dai singoli».
Teatro delle ombre: «Giosué Gianavello» in scena
Sabato 18 aprile, alle 16,
all’Asilo dei vecchi di San
Germano Chisone, la Diaconia valdese – Coordinamento opere valli e l’Asilo
dei vecchi di San Germano
Chisone presentano il teatro
delle ombre, dal titolo «Giosué Gianavello – Il Leone di
Rorà (1617-1690)». Lo spettacolo, inserito all’interno del progetto «Xsone 2.0» e dedicato a grandi
e piccini, racconta la storia
di Gianavello, condottiero
valdese che deve la sua fama
all’azione di resistenza e difesa delle valli valdesi. Protagonista delle Pasque Piemontesi del 1655 (il governo
del Ducato di Savoia lanciò
un’operazione militare contro le popolazioni valdesi,
volta ad eliminare la presenza protestante nelle valli),
preparò le istruzioni per il
glorioso rimpatrio dei valdesi nel 1689.
Telecom Italia ha avviato a Pinerolo i lavori per la realizzazione della rete in fibra ottica che renderà disponibili servizi
innovativi a cittadini e imprese. Il programma di copertura
prevede di raggiungere entro l’anno oltre 10.000 unità immobiliari, grazie alla posa di 21 chilometri di cavi in fibra ottica
che permetteranno di collegare oltre 50 armadi stradali alle
rispettive centrali.
L’iniziativa si inserisce in un piano di sviluppo nazionale di Telecom Italia che prevede di raggiungere il 75% della popolazione entro il 2017. L’investimento programmato da Telecom Italia
per lo sviluppo innovativo della banda ultra larga sulla rete di
accesso è pari quasi a 3 miliardi di euro nel triennio 2015-2017.
Per la posa dei cavi in fibra ottica verranno sfruttate le infrastrutture esistenti di proprietà sia di Telecom Italia sia pubbliche, come
ad esempio quella per l’illuminazione della città; si cercherà di limitare al massimo gli scavi e quindi il deterioramento della pavimentazione e, conseguentemente, i ripristini stradali.
I lavori sono già iniziati in diverse zone della città e nel corso
dell’anno famiglie e imprese di Pinerolo potranno cominciare a
usufruire di connessioni con velocità fino a 30 Megabit al secondo che migliorano nettamente l’esperienza della navigazione in
rete e abilitano nuovi servizi.
Della fibra se ne avvantaggeranno tutti, chi lavora da casa e chi
dall’ufficio, chi vorrà vedere video in alta definizione, o semplicemente attivare videosorveglianze o telerilevamenti ambientali.
Per quanto riguarda la telefonia mobile a Pinerolo Tim ha realizzato sull’intero territorio comunale la nuova rete 4G raggiungendo una copertura prossima al 100% della popolazione grazie all’adeguamento di 3 stazioni radio base. La rete mobile di
nuova generazione Tim offre una velocità significativamente
superiore a quella delle reti di precedente generazione, consentendo in questo modo ai cittadini prestazioni e livelli di servizio
che velocizzeranno tutto. E alla fine la città avrà anche molte
strade rimesse a nuovo...
Ma le valli? Continueremo a vedere la tv a singhiozzo, con il
digitale che non funziona, con velocità «bradipesche» per
quanto riguarda un banale collegamento Internet, con la necessità di attivare segnali Internet via radio che spariscono
semplicemente dietro una piccola cresta montana o dietro le
fronde di un castagno?
Serata al Cai Uget: nel ’57 a Pian Sineive
Venerdì 17 aprile alle ore 21 la quarta
e ultima delle consuete serate in sede al
Cai Uget Val Pellice in piazza Gianavello 30 a Torre Pellice sarà dedicata all’aereo dell’esercito statunitense caduto a
Pian Sineive in alta val Pellice sopra la
conca del Pra nell’estate 1957.
Attraverso letture, immagini e video
si ripercorrerà la dinamica dell’incidente, si conoscerà il tipo di aereo coinvolto
fino ad arrivare alla ristrutturazione del
monumento che ricorda l’evento.
La serata è stata resa possibile grazie
all’interessamento di Giorgio Cignolo del
Cai Uget Torino e Arturo Rigotti del Cai
Uget Val Pellice, che saranno presenti.
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 12 • l’Eco delle Valli Valdesi
APPUNTAMENTI
15 aprile, mercoledì
POMARETTO: Alle 20,45, alla
Scuola Latina ultima proiezione
del Cineforum 2014-2015 con il
film «Saving Mr. Banks» (2013) di
John Lee Hancock.
17 aprile, venerdì
PINEROLO: Alle 17,30 al circolo
sociale, presentazione
dell’ultimo libro di Giorgio
Merlo, «Renzi e la classe
dirigente»; intervengono, con
l’autore, Guido Bodrato, Gianni
Cuperlo, Davide Gariglio.
PINEROLO: Per i «Venerdì del
Corelli» concerto del Duo
Claudio Mansutti e Federica
Repini, alle 21, presso la «Sala
Concerti Italo Tajo» della chiesa
San Giuseppe, via Sommeiller, 5.
18 aprile, sabato
PINEROLO: Dalle 9 alle 18, in
piazza Facta, la Croce Rossa
italiana invita tutti al bazar di
solidarietà «Cose di ieri... e di
oggi»; le offerte raccolte
andranno al sostegno di
famiglie in difficoltà.
19 aprile, domenica
PINEROLO: Il Cesmap
organizza per le 15 al salone dei
Cavalieri un pomeriggio
dedicato a laboratori ed
esperienze sul gioco e i
giocattoli attraverso la storia; è
richiesto un contributo di 7
euro. Info e prenotazioni allo
0121.794382.
8 marzo «Non ho l’età»
Si conclude con buon successo
di pubblico il ciclo di appuntamenti realizzati in occasione della giornata internazionale della donna.
L’ultimo incontro «Non ho l’età»,
organizzato in collaborazione con
il Coordinamento Donne Spi/Cgil
e Auser Insieme Pinerolo, si terrà
venerdì 17 aprile alle 18, al Centro
sociale s. Lazzaro – via dei Rochis
3, Pinerolo.
In quest’occasione verrà presentato il progetto per i «Non mi arrendo», che si pone come obiettivo
quello di garantire un maggior
coinvolgimento ludico sportivo dei
cittadini di terza età.
Il tema dell’incontro, «Come riuscire ad invecchiare bene», sarà
moderato dalle dr.sse Graziella Rossi e Federica Rosi, rispettivamente
geriatra e fisioterapista. Insieme, illustreranno un programma completo di laboratori, ideati sia per
donne sia per uomini, che si svolgeranno da aprile a maggio 2015.
«Non ho l’età» è un appuntamento che si colloca ancora nel
contesto delle attività di «8 marzo
e dintorni» e che, da un lato, sottolinea l’importanza e l’utilità della prevenzione e dell’attività fisica,
dall’altro offre una possibilità alla
cittadinanza di stringere nuovi
rapporti e l’occasione di nuovi
confronti.
Parco del Po Torre e Bobbio non ci stanno
Piervaldo Rostan
L’
atteggiamento di forte contrapposizione e di netta chiusura alla nuova proposta da
parte delle amministrazioni dei
Comuni di Bobbio Pellice e
Villar Pellice, oltre che di una parte della comunità locale, con la prevalenza (a torto o a
ragione) del timore di vincoli, difficoltà burocratiche e controlli, ha caratterizzato il dibattito sull’ipotesi di ampliamento del parco
del Po all’alta val Pellice. Se ne è parlato anche durante l’ultima assemblea del Cai Uget
Valpellice svoltasi a fine marzo, che alla fine
ha approvato un documento. «Si sono chiusi gli spazi per un confronto positivo con la
Regione Piemonte, in vista di una possibile
ridefinizione del perimetro dell’area protetta e del diritto di rappresentanza negli organismi di gestione.
Il nuovo Parco del Monviso verrà comunque costituito, senza l’inserimento in esso di
parte del Comune di Bobbio Pellice. Nonostante la precedente opposizione di alcune
amministrazioni locali, le Unioni dei Comuni di val Varaita e val Po, dopo un confronto serrato con la Regione e la ridefinizione dei confini dell’area protetta, hanno
deciso di aderire alla proposta di costituzione del nuovo parco, valutando che non era
possibile perdere una così grande occasione
di sviluppo, promozione e tutela del loro
territorio.
Verrà quindi costituita una vasta area
protetta, fortemente caratterizzata sul piano dell’immagine pubblica, capace di attirare attività, proposte e risorse sul suo territorio. La val Pellice rischia, in questo scenario,
di rimanere area periferica e marginale, privata della opportunità di godere dei vantaggi promozionali e d’immagine e delle facili-
Alcolismo Iniziative al Sert per sensibilizzare al problema
el mese di aprile, dedicato a livello internazionale alla prevenzione delle problematiche alcolcorrelate, l’Asl To3, attraverso
la struttura Sert di Pinerolo, organizza una
serie di iniziative rivolte alla popolazione, finalizzate alla sensibilizzazione e alla diffusone di informazioni corrette sul tema.
Le attività si svolgono con il sostegno della Città di Pinerolo e con la preziosa partecipazione di numerose associazioni tra cui
Acat, Aza, Fat, Aliseo, Avass, Scuola Latina
di Pomaretto.
Mercoledì 15 aprile nell’ambito del Cineforum di Pomaretto alle 20,45 sarà possibile
N
assistere alla proiezione del film «Saving
Mr. Banks», una delicata commedia interpretata da Emma Thompson e Tom Hanks,
che con ironia affronta il tema delle difficoltà che devono affrontare, nel corso della loro vita, i figli cresciuti da genitori con problemi alcolcorrelati.
Venerdì 17 aprile alle 20,30 presso la sala
convegni Asl di Pinerolo è in programma
una serata pubblica organizzata in collaborazione con l’associazione Anapaca, dal titolo «Alimentare la salute: benessere, stili di
vita e consumi alcolici».
Il programma 2015 prevede anche un’ini-
tazioni per l’accesso a finanziamenti e fondi
comunitari riservati alle aree protette».
Di fronte a questa situazione, la sezione
Cai Uget Val Pellice, pur capendo le motivazioni di opposizione delle amministrazioni,
del mondo agricolo e dei cacciatori, in linea
con le posizioni prese in materia dai suoi
organismi regionali, auspica «che la Regione Piemonte e le amministrazioni comunali
di tutta la val Pellice riaprano in tempi brevi
il confronto (aperto ai rappresentanti di categoria e delle associazioni di tutela ambientale) sulla possibile integrazione di parte del territorio della valle nel costituendo
Parco del Monviso, in modo da poter cogliere, insieme alle valli vicine, tutte le opportunità che la nuova area protetta potrà,
nel prossimo futuro, riservare al territorio».
E nel frattempo, le amministrazioni di Bobbio e Villar Pellice hanno avviato una riflessione tendente a chiedere alla Regione Piemonte di gestire direttamente i Siti di interesse comunitario della zona riconosciuti
dall’Unione europea, quelli della Miricaria
germanica, un arbusto che cresce lungo il
Pellice fra Villar, Bobbio e Torre Pellice e
della grande area del Pra-Barant, noto per
la Salamandra lanzai ma anche per il giardino botanico, per le sue radure pascolive e
per il grande patrimonio faunistico che offrono alla valle un grande valore turistico.
ziativa rivolta soprattutto ai giovani mercoledì 22 aprile alle 16,30 al circolo Arci di Pinerolo, «Non berti la patente»: un momento informale di incontro e informazione con
la presenza di operatori Asl e di rappresentanti delle associazioni, per affrontare in
particolare, ma non soltanto, le problematiche legate ad alcol e guida e alcol e lavoro.
Sabato 18 aprile dalle 14 alle 19 in piazza
Facta a Pinerolo, Giornata di sensibilizzazione con la presenza di operatori degli enti
pubblici e di rappresentanti delle associazioni, con cocktail analcolici offerti dagli allievi del Cfiq (Consorzio per la formazione,
l’innovazione e la qualità).
Come ogni anno, domenica 7 giugno
50 anni fa Serrata per immigrati italiani
Marco Rostan
C
hiudere le frontiere agli immigrati e fare di loro il capro espiatorio di tutti gli
aspetti negativi presenti per la popolazione del paese verso cui è diretta l’immigrazione. Non siamo a Lampedusa, ma
sull’Eco delle Valli del 1965, con questo titolo: «La serrata elvetica contro l’immigrazione». La civilissima e in buona parte protestante Svizzera, con un referendum sui problemi della congiuntura economica, aveva
approvato una serie di misure: limitazioni
degli stagionali, stretto controllo alle frontiere di Chiasso e Briga, sorveglianza sui
passaggi da un lavoro all’altro, gruppi rim-
patriati dentro un cellulare. Questi immigrati in Svizzera erano italiani, come Matteo
Salvini, anche lui propugnatore di serrate
per difendere i lavoratori italiani…
All’epoca gli immigrati italiani in Svizzera erano 700.000.
Il Consiglio delle chiese evangeliche del
Cantone di San Gallo affermava che «invece
di imprecare contro lo straniero e farne un
capro espiatorio, potremmo come svizzeri e
protestanti fare cose più importanti».
Il compito dei protestanti in Italia, e più
precisamente dei valdesi nel Pinerolese, dove essi non sono semplicemente una diaspora minoritaria, ma costituiscono una
quota significativa della popolazione, viene
affrontato da Giorgio Tourn in una serie di
tre articoli, che prendono spunto da due libri sulla storia del Pinerolese, di Arnaldo
Pittavino e Vittorio Morero, che ovviamente parlano dei valdesi, il primo in modo documentario accanto ad altre caratteristiche
del territorio, il secondo più approfonditamente, a esempio sull’atteggiamento valdese
e cattolico durante la Resistenza.
Il «ghetto» entro cui erano stati chiusi i
valdesi è crollato nel 1848, ma per Tourn la
vera storia moderna inizia per le Valli nel
1945. Va bene riflettere sul passato e sull’intreccio fra storia e testimonianza, ma «ci si
Centro Culturale
«Famiglie oggi»
Prende avvio martedì 21
aprile il ciclo seminariale di
film promosso dal Centro
culturale valdese di Torre
Pellice «Famiglie oggi; riscrivere la grammatica delle
relazioni»; si tratta di sei serate coordinate da Daniela
Di Carlo. Alla visione del
film seguirà una discussione
sulle tematiche sollevate. La
prima sera, ore 21, proporrà
«In un mondo migliore» di
Susanne Bier (2010).
«Casco» La raccolta ha
superato i 20.000 euro
Fra serate di danze, concerti, cene di
autofinanziamento, il cursore che monitora la raccolta di fondi per il «Casco», Cantiere scuola Osasco, ha scavalcato i 20.000 euro superando così il
35% della somma necessaria per realizzare il progetto di ampliamento della
scuola
agraria.
Nella foto la «Corsa col Casco» a Osasco-Garzigliana-Bricherasio tenutasi sabato 11 aprile
conclude il ciclo di iniziative la festa di primavera dell’associazione Aliseo, presso la
Cascina Nuova di Roletto. (pvr)
rivolge ai padri come a uomini vivi, quando
si è uomini vivi che camminano verso l’avvenire». Essere vivi significa avere ideali,
concezioni del mondo, della libertà e della
giustizia. Significa politica e dunque contrasti nella chiesa. Sono gli anni della guerra
nel Vietnam, il contrasto politico sul nostro
giornale è forte. Il direttore Gino Conte, pur
dando spazio alle diverse posizioni, è decisamente solidale con il popolo vietnamita e
denuncia l’aggressione «cristiana» da parte
degli Stati Uniti (le bombe benedette prima
del decollo dei B52). Per altro Conte denuncia con forza la dittatura comunista.
Ma le lettere al direttore denunciano il
«sinistrismo dilagante sulla stampa evangelica».
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 13 • l’Eco delle Valli Valdesi
NELLE CHIESE VALDESI
LUSERNA SAN GIOVANNI: Sabato 18 aprile alle
20,30 il tempio ospiterà un concerto a favore
della casa Miramonti di Villar Pellice.
Partecipano: il Coro del liceo valdese,
l’Evangelische Firstwald-Gymnasium di
Mössingen (Germania) e «Les Accordéons» di
Villar Pellice.
PINEROLO: Giovedì 16, alle 21 nei locali del
tempio, proseguono gli incontri biblici col
pastore Gianni Genre.
Sabato 18 aprile, alle 9,30 nei locali del tempio,
seminario sulla Riforma con Sergio Rostagno e
Luciano Deodato. Alle 20,45 il gruppo teatro
valdese presenta «Un filo tenace» in
collaborazione con l’Anpi.
Domenica 19 aprile alle 10 al tempio di Pinerolo
culto a cura di ragazzi/e del III anno di
catechismo, con pranzo e giornata comunitaria.
POMARETTO: Assemblea di chiesa domenica 19
aprile alle ore 14,30 all’Eicolo Grando, per
confrontarci con i risultati del questionario
valutati durante la visita della commissione
esecutiva distrettuale a gennaio.
Sabato 18 aprile alle ore 20,30, il Gruppo Teatro
Angrogna presenta, al teatro valdese, lo
spettacolo «Vich nella prima guerra mondiale».
La Filodrammatica di Pomaretto presenta nel
tempio, il 25 aprile alle 21, l’azione scenica: «Per
non dimenticare». Mercoledì 22, alle 20,30,
riunione a Pomaretto.
PRALI: Martedì 21, alle 20, riunione a Orgere e
mercoledì 22, alle 20, riunione a Villa.
SAN GERMANO: Sabato 18 aprile alle 20,30 nel
tempio valdese: «Una fede che canta» concerto
del «Brass Ensemble» e della Corale valdese di
San Germano Chisone.
SAN SECONDO: Sabato 18 aprile alle 20,45 il
gruppo teatro della chiesa valdese di Luserna
San Giovanni presenta nella sala «George
Dandin, ovvero il marito beffato», di Molière.
Domenica 19 aprile alle 10, culto celebrato dal
Concistoro.
TORRE PELLICE: Domenica 19 aprile, alle 16 nel
tempio, concerto di primavera con «Cantici
dell’evangelismo internazionale», ottoni, voci,
piano.
Venerdì 17, alle 18, riunione quartierale alla
Ravadera. Martedì 21, alle 18, riunione ai
Simound e alle 20,30 ai Bouissa.
La commissione evangelizzazione organizza un
incontro alle 16,30 rivolto a tutti coloro che sono
disponibili a collaborare per il «Tempio aperto».
VILLAR PELLICE: Domenica 19 aprile, alle 10,
culto del Signore in lingua francese al tempio a
cura del pastore emerito Bruno Bellion.
Martedì 21 aprile, ore 20,30, riunione quartierale
alla scuoletta della Piantà. Tema: «I
fondamentalismi».
VILLASECCA: Domenica 19 aprile, nella chiesa
di Chiotti, si svolgerà la festa di canto delle
scuole domenicali del II e III circuito. Inizio con il
culto, pranzo al sacco e laboratori fino alle 16.
Radio Beckwith
Evangelica
FM 87.80, 96.55 e 88.00
www.rbe.it
PineroloSerata sulla violenza di genere Libri Evangelizzare in coppia
Alberto Corsani
P
iù di 500 persone hanno partecipato a Mi fido di te, la serata sulla violenza di genere organizzata dal progetto «xsone» della Diaconia valdese sabato 11 aprile al Teatro Sociale
di Pinerolo, nel corso della quale sono stati
presentati dieci cortometraggi realizzati da
alcune classi degli istituti superiori del Pinerolese.
Marco Armand-Hugon, a nome della Csd
– Diaconia valdese, ha definito ragazzi e ragazze delle scuole come «ambasciatori» di
una nuova sensibilità nei confronti della tematica, e in effetti occorre proprio partire
da chi è più giovane per cercare di sovvertire una cultura, antica e tremenda, una miscela di prepotenza, orgoglio, ignoranza di
se stessi da parte degli uomini, giovani e
meno giovani. Rappresentanti di enti e associazioni presenti sul territorio hanno illustrato la loro azione culturale («Uomini in
cammino») o di aiuto alle donne vittime di
violenza.
La responsabile del progetto, Paola Paschetto, la counselor Alessandra Mattiola, e
Anna Giampiccoli, regista dei cortometraggi, hanno illustrato il lavoro svolto con ragazzi e ragazze delle scuole, dai momenti
curricolari a quelli extracurricolari: questionari e confronti tra studenti e non solo. Agli
studenti sono poi stati sottoposti anche video e spot sulla violenza di genere, e da lì
sono partite le scelte linguistiche su quale
forma di cortometraggio realizzare. Il video, ha sottolineato Anna Giampiccoli, si
presta bene a un lavoro di questo tipo per la
sua capacità di esprimere una sintesi, una
valutazione, una presa di posizione.
Diversi, dunque, gli stili adottati nei film,
fra i quali anche quello del Liceo valdese di
Torre Pellice; alcuni denotano fra l’altro
una non banale «amicizia» di ragazzi e ragazze con i locali della loro scuola, una bella manifestazione d’affetto in un’epoca in
cui sembra lecito anche oltraggiare i locali
di comune utilizzo, a partire dagli adulti.
Su tutti indicherei Guardati, dell’Ist. «A.
Prever» di Osasco, il cui protagonista,
udendo voci e rumori di una violenta lite,
estrae dallo zaino un oggetto che noi non
vediamo e, suonato il campanello della casa
da cui provengono i drammatici suoni, lo
depone di fronte alla soglia. Il maschio di
casa va ad aprire quando il ragazzo è già
andato via, e trova in terra uno specchio:
ognuno (maschio adulto o giovane) si guardi e (si) rifletta.
Un’ultima avvertenza: prossimamente la
visione dei cortometraggi sarà possibile sul
sito del progetto: www.xsone.org.
Cai Uget Ricordo di Luca Prochet
Il Cai Uget val Pellice ricorda con riconoscenza la guida alpina Luca Prochet per la
collaborazione con la sezione all’inizio degli
anni Ottanta nell’organizzazione dei primi
corsi di alpinismo e sci alpinismo. Non esisteva ancora la Scuola Intersezionale «Valli
Pinerolesi» e ogni sezione faceva per sé. È
nata così un’esperienza positiva che si è più o
meno mantenuta nel tempo e caratterizza
ancora oggi il Cai Uget val Pellice: la collaborazione con le guide alpine.
Inoltre non possiamo dimenticare la sua
lunga e proficua attività di volontario nella
stazione di Soccorso Alpino di Torre Pellice,
che, accanto ai suoi impegni ad ogni livello, lo
ha sempre visto presente, partecipe e attivo in
esercitazioni e interventi.
Pertanto non solo il direttivo del Cai Uget
val Pellice, ma tutti i soci che hanno potuto
apprezzare le doti di professionalità e umanità
di Luca si stringono attorno a Christine, nostra socia, Simone e Alice, in un forte abbraccio di affetto e solidarietà.
Il Consiglio direttivo del Cai Uget val Pellice
Renato Coïsson, Alessandro Teofilo
Mathieu e Luigia Vinay Mathieu, 17 anni al
servizio del Comitato di Evangelizzazione.
I
libri di storia, anche della storia della chiesa, sono sempre appassionanti, specie se scritti con passione in
modo da far rivivere le persone e le situazioni. Ancor più affascinanti sono
però le biografie, i diari, le memorie,
cioè gli scritti che in modi diversi introducono il lettore in un mondo a lui sconosciuto o poco conosciuto, e lo fanno
non come un professore che illustra e
documenta, ma come un amico che ti
accompagna.
In questo volume Renato Coïsson ha
fatto ricorso a una via intermedia fra la
narrazione storica e la memorialistica,
ha infatti narrato a grandi linee l’attività
di questi suoi nonni, utilizzando però in
modo molto abbondante e appropriato
le scritture che li riguardano, nella maggioranza dei casi le loro lettere.
Il lettore che entra in questa storia accompagna una coppia che presta servizio in alcune sedi o «stazioni» del Comitato di Evangelizzazione dal 1888 al
1910. Ufficialmente, cioè dal punto di
vista dell’Istituzione, il personaggio è
lui, maestro nella scuola che l’opera della Chiesa valdese mantiene in quella località. In realtà quando non è presente,
è la moglie che supplisce, oltre a gestire
una famiglia di sette figli. Il maestro
Mathieu infatti non insegna solo a scolaresche di tutti i tipi, ma è evangelista,
non solo nella località dove risiede, ma
dove lo conducono le imprevedibili
chiamate del Signore.
Da Coazze a Tenda, da Schiavi
d’Abruzzo a Falerna, da Guastalla a Pietra Marazzi per finire a Torre Pellice:
sono 23 anni di peregrinazioni nell’Italia umbertina, a scontrarsi con religiosi
fanatici e ottusi, finire in carcere perché
i carabinieri anziché tutelare i tuoi diritti obbediscono al prete, alloggiare in case fatiscenti e svegliarsi un notte sotto le
macerie del tetto caduto in camera da
letto. E i problemi finanziari connessi
con la numerosa famiglia, gli studi dei
figli, la ricerca di una pensione economica e sicura.
I membri delle comunità sono spesso
di prima generazione, in alcuni casi fermamente convinti, spesso con idee
molto confuse, più che chiaramente
evangelica la loro posizione è spesso
ispirata a un anticlericalismo generico e
spesso la presenza valdese (ma questo
vale per tutte le chiese evangeliche) è
interessante perché offre una scuola e
questo garantisce un passo innanzi nella promozione sociale.
Il caso del maestro Mathieu è uno fra
i tanti, leggere le sue vicende è come
leggere quei diari di guerra in cui un
soldato narra quanto accade attorno a
lui, che ti introducono nella realtà della
truppa molto meglio di molti libri di
storia. E qui siamo in presenza, è il caso
di dirlo, della fanteria del Regno, quella
che ha tenuto le posizioni. Da pagine di
questa natura si comprende quanto impegno, dedizione, fatica, dispendio di
energie abbia rappresentato la nascita
della presenza evangelica nel nostro
paese, e considerando la realtà odierna
viene da chiedersi chi di noi, in situazioni di questo tipo, resisterebbe oggi
così a lungo.
SERVIZI
San Secondo Il culto del Giovedì Santo, occasione di rafforzamento per la comunità
Emanuele Genre
e è vero che ci sono molti momenti nei quali una comunità di
credenti si ritrova e si rafforza, per
la chiesa valdese di San Secondo il
culto del Giovedì Santo è uno dei
più importanti.
Sono state oltre centotrenta le
persone che la sera del 2 aprile hanno voluto partecipare al culto nella
sala delle attività attorno alle tavole
apparecchiate, a ricordo del modo
in cui è nata la Santa Cena. La meditazione, condotta dal pastore
Claudio Pasquet, ha preso spunto
S
dalla lettura fatta dai precatecumeni
di dal capitolo 14 del Vangelo di
Marco, e ha fornito alcuni spunti di
riflessione sulla Cena del Signore.
Un momento che era stato organizzato per celebrare la Pasqua
ebraica, per ricordare cioè la liberazione del popolo d’Israele dalla
schiavitù in Egitto, ed era perciò per
Gesù e i suoi discepoli un’occasione
gioiosa. Sappiamo però che quella
non fu una festa completa, piena,
così come non lo è nessuna delle
nostre, perché i piccoli e grandi momenti brutti della vita ci colpiscono
oggi come a quei tempi. Gesù era
cosciente di quello a cui sarebbe andato incontro, ma accettò comunque di celebrare la ricorrenza, sebbene sapesse che Giuda lo avrebbe
tradito, che Tommaso avrebbe dubitato, che Pietro lo avrebbe rinnegato. E così anche noi veniamo accolti, nonostante i nostri inevitabili
difetti, malgrado siamo spesso così
simili a Pietro, pieni di noi stessi,
ricchi di promesse mai mantenute.
E a ricordarci la nostra somiglianza con i discepoli sono anche state
le preghiere proposte dai catecume-
ni e i canti dei bambini della scuola
domenicale, che hanno preso parte
al culto liturgico con Cena del Signore, celebrata con pane azzimo
spezzato dai presenti e succo d’uva,
in modo da consentire a tutti di
parteciparvi.
Al momento di riflessione è seguita una cena comunitaria alla quale
hanno preso parte oltre cento persone, a sottolineare un volta di più la
dimensione di condivisione che caratterizza l’appuntamento, ormai diventato una piacevole consuetudine
della chiesa di San Secondo.
guardia medica
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 800-233111
guardia farmaceutica
(turni festivi orario 8-22)
Farmacie in turno domenica 19
aprile
Pinerolo: Nuova, via
Giovanni XIII 70, tel: 0121377297
Luserna S. G.: Savelloni, via
Fonte Blancio 12, tel: 0121900223;
Perosa Argentina: Termini,
via Umberto I 1, tel: 012181205.
Eliambulanza 118
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 14 • otto per mille
cultoradio
Siria: l’emergenza cresce,
le risposte diminuiscono
Scambio di
doni eucaristici
Foto Stefano Stranges
Luca Maria Negro
I
Matteo Scali
«Y
armouk è la fotografia esatta della disperazione della guerra siriana». È questa l’immagine
più chiara che possiamo trarre dal buco nero
rappresentato oggi dalla Siria, sconvolta da un
conflitto che ha superato da tempo la boa dei
quattro anni. A fornirla è il direttore della Cooperativa Armadilla,
Marco Pasquini, che prima della guerra lavorava insieme a un’associazione di donne siriane, Zahret el Madaen, in una zona poco
a sud di Yarmouk, Hajar al Aswad. Oggi, dopo lo scoppio del conflitto, l’attività del centro, finanziato dall’otto per mille della Chiesa valdese, si è spostata a nord, nel quartiere di Midan, «un quarto
d’ora a piedi da Yarmouk».
Perché si torna a parlare di Yarmouk e che valenza ha nello
scacchiere siriano? Molti, al di fuori della Siria, hanno conosciuto
questo campo profughi attraverso una foto, diffusa l’anno scorso
dall’Unrwa, che mostra un’interminabile fila di persone in coda
per ricevere gli aiuti internazionali tra due ali di edifici distrutti.
Ma Yarmouk è soprattutto un pezzo della città di Damasco e
quando le agenzie di stampa internazionali hanno battuto nei
giorni scorsi la notizia degli scontri con l’Isis in quella zona abbiamo chiesto a Marco Pasquini, che da poco è tornato dalla Siria, di
aiutarci a comprendere gli eventi.
– Innanzitutto ricordaci che cos’è Yarmouk e che cosa è
diventato dopo questi anni di guerra.
«Yarmouk è un campo profughi palestinese che si trova nella
zona sud di Damasco, dentro l’area della città. Da Yarmouk per
arrivare al centro di Damasco, prima della guerra, erano sufficienti venti minuti. Un quartiere enorme che dal settembre del 2011 è
stato circondato dall’esercito governativo perché in quella zona e
in quella limitrofa, Hajar Al Aswad, sono cominciati i primi scontri subito dopo l’inizio delle cosiddette primavere arabe. All’inizio
della guerra, fino al settembre 2012, Yarmouk ospitava 180 mila
palestinesi. Oggi ci sono circa 18 mila persone».
– Yarmouk è un luogo simbolico anche perché è parte della
città di Damasco. Come leggiamo le notizie di questi giorni?
«Come direttore di Armadilla non condivido quello che viene
presentato in questi giorni sulla stampa. Non è vero che lo Stato
Islamico ha conquistato il campo profughi.Yarmouk è sempre stato un luogo di grande ribellione, specialmente negli ultimi tre anni. All’inizio parlava di ribelli, poi essi hanno aderito alle varie
bande dell’opposizione siriana, più o meno coordinate, dentro cui
Al Nusra, l’Al Qaeda siriana, è sempre stata molto presente. Oggi,
come è successo in Libia, il brand vincente è quello dell’Isis,
quindi hanno deciso di chiamarsi così. Ma non è successo qualcosa in questi giorni di particolarmente differente rispetto a quello
che è accaduto negli ultimi tre anni: non c’è una presa militare come può essere successo a Idlib. Non ci sono nuovi scontri ma sono gli stessi che si perpetuano, solo che oggi parlando di Isis si va
sui giornali. I morti del periodo passato dove non era esposta la
bandiera dell’Isis, non vengono considerati».
– Trattandosi di una zona al centro del conflitto le notizie che giungono sono molto contraddittorie e difficilmente
verificabili...
«Di nuovo non c’è nulla. La novità più grande di questi giorni in
Siria è che tutte le varie componenti dell’opposizione, compresa
Al Nusra, hanno deciso – notizia ufficiale - di raggrupparsi un’altra volta in una coalizione contro il governo centrale. Questo vuol
dire che la scelta di tutto l’Occidente di appoggiare solo esclusivamente l’opposizione siriana porta indirettamente a finanziare
un’altra volta Al Nusra, e quindi Al Qaeda. Mi sembra che la storia si ripeta e chi sta pagando il prezzo più alto è la popolazione
siriana. La gente all’interno della Siria è stremata. Quando parlo
della Siria parlo solo di Damasco: non vado fuori dalla città perché non potrei andarci. È una popolazione che ha quasi perso la
speranza per il futuro, e quindi non può esserci che una soluzione
politica. Continuare ad appoggiare una pacificazione di questo
paese senza una strategia logica e che guardi al futuro, vuole solo
dire continuare ad appoggiare un sistema che, da qualunque parte
si guardi, uccide migliaia di persone».
– Tornando alle persone che subiscono la guerra, che fotografia dobbiamo considerare parlando della crisi umanitaria siriana?
«La situazione è tragica. Fino a qualche tempo fa negli occhi
della gente leggevi la volontà di andare avanti con la speranza che
qualcosa potesse cambiare. Oggi purtroppo è una situazione di
remissione totale. Noi lavoriamo con un gruppo di donne e siamo
di fronte all’aumento di richieste di servizi da parte delle famiglie.
All’inizio davamo esclusivamente servizi di pediatria, fisioterapia
e special education per bambini con difficoltà di apprendimento. Durante la guerra il numero delle famiglie è aumentato da 210
a 1380, con un particolare: prima la media della famiglia siriana
era di 5 persone, oggi la media è di oltre 11 persone. Questo non
perché sia aumentata la demografia ma perché nella tragedia siriana, dove dobbiamo considerare i circa 7 milioni di profughi interni, c’è stata un’aggregazione di famiglie e gruppi famigliari.
Quindi il fabbisogno a cui potevamo dare risposta con un kit
mensile per cinque persone, grazie anche ai fondi dell’otto per
mille della Chiesa valdese, è cresciuto: oggi un kit deve soddisfare
11 persone di media. Non è più un sostegno al reddito, ma stiamo
parlando di un’emergenza vera, che costa sempre di più e riesce a
dare sempre meno risposte».
Riforma/l’Eco delle Valli Valdesi
Redazione centrale - Torino
Direttore responsabile: Luca Maria Negro
via S. Pio V, 15 • 10125 Torino
tel. 011/655278
fax 011/657542
e-mail: [email protected]
([email protected])
In redazione: Alberto Corsani (coord. Eco delle Valli
Valdesi), Marta D’Auria (coord. per il Centro-Sud),
Claudio Geymonat, Jean-Jacques Peyronel, Samuele
Revel, Piervaldo Rostan, Federica Tourn (coord.
newsletter quotidiana), Sara Tourn.
Collaborano: Luca Benecchi, Eugenio Bernardini,
Alberto Bragaglia, Avernino Di Croce, Piera Egidi
Bouchard, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrario, Pawel
Gajewski, Maurizio Girolami, Massimo Gnone, Simona
Menghini, Debora Michelin Salomon, Victoria
Munsey, Nicola Pantaleo, Giuseppe Platone, Giovanna
Pons, Gian Paolo Ricco, Davide Rosso, Marco Rostan,
Mirella Scorsonelli
Redazione di Napoli
recapito postale:
via Foria, 93 • 80137 Napoli
tel. 366/9269149
e-mail: [email protected]
Redazione Eco delle Vall Valdesi
recapito postale:
via Roma 9 - 10066 Torre Pellice (To)
tel. 338/3766560 oppure 366/7457837
e-mail: [email protected]
2015
Associato
alla Unione stampa
periodica italiana
Grafica: Pietro Romeo
Amministrazione: Ester Castangia
Abbonamenti: Daniela Actis ([email protected])
Promozione: Lucilla Tron ([email protected])
Stampa: Alma Tipografica srl - Villanova Mondovì (CN)
tel. 0174-698335
Editore: Edizioni Protestanti s.r.l.
via S. Pio V 15, 10125 Torino
Abbonamenti sul conto corrente postale n. 14548101
intestato a: Edizioni Protestanti s.r.l.
IBAN: IT86E030 6901002100000015867
Abbonamento ordinario: € 75,00
ridotto: € 50,00
semestrale: € 39,00
sostenitore: € 120,00
Riforma + Confronti € 109,00
Riforma + Amico dei Fanciulli € 85,00
Riforma + Giov. Evangelica € 90,00 online € 50,00
Online/Pdf: annuale € 39,00 - semestrale € 22,00
estero prioritario Europa: € 125,00
altri continenti: € 140,00 sostenitore: € 160,00
Tariffe inserzioni pubblicitarie: contattare la
segreteria Partecipazioni: a parola € 1,20.
Economici: a parola € 1,20.
La testata Riforma-L’Eco delle valli valdesi è registrata dal Tribunale di Torino ex tribunale Pinerolo con il n. 175/51 (modifiche 6-12-99). La testata Riforma-L’Eco delle valli valdesi fruisce dei
contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250.
Il numero 14 del 10 aprile 2015 è stato spedito dall’Ufficio CPO di Torino, Via Reiss Romoli, 44/11, martedì 7 aprile 2015.
n queste ultime settimane nel nostro Paese si stanno moltiplicando
i segnali di «disgelo ecumenico». A
metà febbraio, per la prima volta, il
segretario generale della Conferenza
episcopale italiana ha partecipato a un
convegno della Federazione delle
chiese evangeliche; all’inizio di marzo
cattolici, evangelici e ortodossi hanno
presentato un appello comune contro
la violenza sulle donne; a fine mese è
stata annunciata la visita di papa
Francesco alla chiesa valdese di Torino, che avrà luogo a giugno.
Un altro segnale di disgelo, piccolo
ma significativo, è venuto pochi giorni
fa dal Piemonte: dalla diocesi di Pinerolo, il cui territorio coincide con le
Valli tradizionalmente abitate dai valdesi. Qui, in occasione della Pasqua, è
avvenuto uno scambio di doni «eucaristici»: i valdesi hanno donato ai cattolici il vino per la veglia pasquale in
Duomo, e i cattolici hanno donato ai
valdesi il pane per la celebrazione della Cena del Signore, durante il culto
della mattina di Pasqua.
Il teologo valdese Sergio Rostagno
ha spiegato che il gesto prende spunto da un’antica consuetudine delle
chiese d’Oriente e d’Occidente, documentata dallo storico Eusebio di Cesarea: pur avendo delle divergenze
sull’osservanza di alcuni riti, esse
continuavano a praticare la reciproca
ospitalità eucaristica. Oggi le chiese
sono divise alla mensa del Signore,
ma per Rostagno «riscoprire l’antica
abitudine di scambiarsi almeno qualche elemento che ricordi la comunione (…) ci aiuta a comprendere che,
nella consapevolezza delle tensioni
ecumeniche, si può anche ravvisare
una reale fraternità», nell’attesa di arrivare a una piena comunione. Per
questo lo scambio del pane e del vino
a Pasqua, ha detto il pastore valdese
di Pinerolo, Gianni Genre, è «una
piccola cosa che ha però una valenza
simbolica molto forte; è la primizia di
qualcosa di più grande».
Certo, qualcuno potrebbe obbiettare che si tratta davvero di una piccola
cosa, visto che da anni, anche in Italia,
esistono gruppi ecumenici che praticano la reciproca ospitalità eucaristica, sfidando le rigide regole del diritto
canonico. Altri potrebbero replicare
che le «fughe in avanti» non servono.
Personalmente non credo sia utile, in
campo ecumenico, contrapporre le
iniziative spontanee di base ai gesti
più ufficiali, come quello di Pinerolo.
In modi diversi le une e gli altri sono
espressioni dello stesso desiderio di
unità, testimonianze di una fioritura
piena di speranza per un ecumenismo
non fine a se stesso, ma «affinché il
mondo creda» (Giovanni 17, 21).
(Rubrica «In cammino verso
l’unità della chiesa» della trasmissione di Radiouno «Culto
evangelico» curata dalla Fcei,
andata in onda domenica 12
aprile).
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • pagina 15 • lettere e commenti
La vita di Renzo Bertalot
Valdo Bertalot
Su «Riforma» del 27 marzo, con un articolo di Mario Cignoni a pag. 15, abbiamo
già dato notizia della scomparsa del pastore Renzo Bertalot, avvenuta il 19 marzo.
Pubblichiamo ora alcune notizie biografiche redatte dal figlio Valdo Bertalot, segretario generale della Società biblica in Italia.
R
enzo Bertalot è nato ad Ivrea, il
21 giugno 1929. Dopo il diploma
da geometra presso la Olivetti, ha compiuto gli studi teologici presso la Facoltà valdese di
teologia a Roma (1948-1952), e all’Università di Princeton (U.S.A. , 1953). Nello stesso
1953 è stato consacrato pastore nel Sinodo
della Chiesa valdese e ha svolto il suo ministerio a Torino e a Chivasso.
Dal 1954 al 1961 è stato pastore a Montreal (Canada) proseguendo gli studi presso
la Mc Gill University dove ha conseguito la
specializzazione in teologia (STM) con la
tesi The Social Gospel and the Roman Catholic Modernism (1959) e successivamente
il dottorato (PhD) con la tesi Imago Christi. An investigation of the doctrine of Man
according to the later writings of K. Barth
and P. Tillich (1961). Rientrato in Italia, ha
esercitato il ministerio pastorale a Torre
Pellice (1961-1962) e a Venezia (1962-1967).
Sulla scia della propria esperienza canade-
I protestanti e il papa
Circa «La prima
volta del papa» (Riforma n. 13), non si
può non condividere lo spirito sia dell’invito rivolto al
pontefice sia delle motivazioni che lo
sottendono. Dunque il sottoscritto
non è da annoverare fra i possibili sostenitori dell’accusa di «tradimento»
all’indirizzo dei propri vertici ecclesiastici.
Vorrei però sapere se fra i «temi su
cui possiamo proporre al papa dei
passi in avanti» sia stata prevista (o lo
sarà - penso, in particolare, al 2017)
se di dialogo ecumenico, il pastore Bertalot è stato fra i pionieri del dialogo ecumenico in
Italia fin dagli anni ’60 insieme
al sacerdote don Germano Pattaro della diocesi di Venezia e a
Maria Vingiani, fondatrice del
Segretariato attività ecumeniche (Sae). Insieme a don Pattaro prima e a mons. Luigi Sartori poi, è stato il consulente
teologico nazionale del Sae e anche membro
fondatore nel 1973 del Gruppo misto di lavoro teologico del Sae. Questa sua «vocazione»
per il dialogo ecumenico ha caratterizzato
tutta la sua vita e il suo impegno per la diffusione della Bibbia e nell’insegnamento.
Negli anni 1967-1989 ha diretto le attività in Italia della Società Biblica Britannica e
Forestiera (nota allora anche come Libreria
Sacre Scritture) per la diffusione della Bibbia. Fin dall’inizio ha svolto un intenso lavoro di relazioni con tutte le Chiese
italiane per promuovere e sostenere il loro
impegno missionario «biblico». Negli anni
’70 ha avviato la revisione della Bibbia
protestante «Riveduta-Luzzi» (1924) e la
traduzione interconfessionale in lingua
corrente della Bibbia, «Parola del Signore»
(Tilc), realizzata insieme da biblisti cattolici
e protestanti ed accolta dalle Chiese per la
sua dimensione missionaria. Pubblicata
una richiesta capitale che fa la differenza: il ritiro della scomunica a Lutero. La questione mi pare fondamentalmente seria.
Da un lato si tratta di una posizione
storicamente ormai superata e, quindi,
superabile (il che può valere anche esempio fra altri - per le parole di Lutero stesso, secondo il quale sotto il
papa «non sapevamo nulla di ciò che
un cristiano deve sapere»). Dall’altro,
bisogna tener conto della essenza sua
propria.
Qui, lascio la parola allo storico
Thomas Kaufmann: «La condanna
dell’eretico non è stata revocata e per
la dottrina cattolico-romana è valida
RINGRAZIAMENTI
«Il vostro cuore non sia turbato, abbiate fede in Dio» (Giovanni 14, 1)
I famigliari della cara
Marcella Paschetto ved. Ribet
Ringraziano tutti coloro cha hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al pastore Claudio Pasquet.
«L’Eterno è la mia forza e il mio cantico, ed è stato la mia
salvezza»
(Salmo 118, 14)
Il 12 aprile è serenamente mancata nella sua casa di San
Germano Chisone, dove era nata,
Paola Vinçon vedova Ribet
Lo annunciano la figlia Gabriella con Camillo e i nipoti
Enrico, Michele, Claudia e Filippo, e il figlio Andrea con Vera.
«Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede» (II Timoteo 4, 7)
I famigliari tutti della cara
Maria Michelin ved. Garnier
di anni 103
ringraziano tutti coloro che in vari modi hanno
partecipato al loro lutto. Un ringraziamento particolare
alle signore Liviana e famiglia, Clementine e Denise, alla
nipote Lilia, al dott. Ghirardi e al pastore Gabrielli.
Villar Pellice, 15 aprile 2015
Grazie per la vicinanza
nel 1985, a oggi questa traduzione ha avuto una diffusione di circa 14 milioni di
copie nelle sue diverse edizioni.
Nel 1983, insieme a membri autorevoli delle diverse
Chiese italiane, ha fondato
la Società Biblica in Italia, associazione interconfessionale senza scopo di
lucro per la promozione della Bibbia e per
il sostegno di tale missione. Dal 1983 al
1989 ne è stato il primo segretario generale, divenendone successivamente presidente onorario. Il pastore Bertalot ha insegnato in istituzioni accademiche quali: la Facoltà valdese
di teologia di Roma, lo Studio teologico del
Seminario di Verona, lo Studentato delle
Missioni di Bologna, l’Istituto Teologico
Saveriano di Parma, l’Istituto di Scienze
Religiose di Sorrento-Napoli, le Università
di Sassari e di Milano, il Marianum di Roma e l’Istituto di Studi Ecumenici «S. Bernardino» di Venezia.
Autore di circa 150 pubblicazioni (libri e
articoli), ha tradotto in lingua italiana la
Teologia Sistematica di P. Tillich. Era membro onorario dell’American Bible Society
(1986) e socio ordinario della Pontifica Accademia Mariologica Internazionale.
ancor oggi e per l’eternità. Essa non
colpisce solo la persona di Lutero, ma
con lui anche tutti coloro che si sentivano e si sentono, direttamente o indirettamente, vincolati alla sua interpretazione del cristianesimo».
Sergio Paolo Ronchi, Milano
Dopo lo svolgimento del
funerale di Caterina Dupré desideriamo esprimere la nostra riconoscenza a tutte le persone che in questi
mesi e in particolare nell’ultimo periodo
della sua malattia, ci sono stati vicini in
modi diversi, facendoci sentire la loro vicinanza e la loro preghiera.
Desideriamo, inoltre, far giungere la nostra gratitudine a quanti e quante l’hanno
assistita attraverso le cure mediche e infermieristiche: l’equipe dell’Ircc di Candiolo (To), in particolare il dott. Carnevale, la dott. Gallo, la dott. Coha; le ADI di
Pinerolo e Pomaretto, l’Uco di Pinerolo.
Vogliamo rivolgere anche un pensiero
di profonda riconoscenza ancora alla pastora Maria Bonafede e al pastore Gianni
Genre, che hanno presieduto il culto in
cui abbiamo preso congedo da Caterina,
affidandola al Signore in cui ha creduto,
come ci ricorda la parola dell’evangelo di
Giovanni: «Signore da chi andremmo noi?
Tu hai parole di vita eterna».
Rivolgiamo ancora un pensiero affettuoso
e grato ai fratelli e alle sorelle della chiesa
valdese di Prali e del Centro ecumenico di
Agape per il loro sostegno e la loro presenza
premurosa in tutti questi mesi passati.
Vito Gardiol con Annemarie, Amilda, Eugenio, Cecilia, familiari e parenti tutti.
cerca
un/a coordinatore/trice ed educa
educatori/trici
tori/trici
ogetto di accoglienza
accogl
esidenziale per minori stranieri non
n accompagnati.
p g
bando:
ormazione, Psicolo
Psico educazione/formazione,
coo digia, Sociologia, Servizio Sociale (per laa funzione di coor
eaa in Scienze dell’
dell educazione/formazione, Psicologia, Sociologia,
ogia, Servizio Sociale
So
ucativo (preferenziale)
ione
- Costituisce ttitolo preferenziale la
la conoscenza di una o più
lingue straniere
Inviare curriculum vitae in formato europeo e lettera di motivazione a [email protected] entro il 24
aprile 2015.
Riforma • numero 15 • 17 aprile 2015 • ultima pagina
DALLA PRIMA PAGINA
DALLA PRIMA PAGINA
lo hanno conseguito in tempi molto recenti; la Chiesa apostolica in
Italia, che aderisce alla Fcp, ha stipulato un’Intesa; infine, un altro
circuito di chiese che aderisce alla
Federazione, sotto un ombrello giuridico denominato “Consulta evangelica”, sta trattando l’Intesa con
lo Stato».
— Da allora, dunque, è stato più semplice per i
pentecostali vivere la propria fede e confessare il proprio culto?
«Indubbiamente sì, dagli anni ’60 in poi le chiese
pentecostali sono state lasciate un po’ in pace. Questo però non è andato mai di pari passo con una vera possibilità di pari opportunità e di pari dignità,
perché sul territorio le chiese hanno sempre risentito di un atteggiamento di ostilità sia da parte delle
amministrazioni sia da parte della chiesa di maggioranza».
— In Italia ancora non c’è una legge quadro sulla
libertà religiosa. Qual è l’impegno della Fcp su questo versante?
«Credo che nella Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (Ccers), la Fcp sia
stata uno dei soggetti più attivi, in qualche caso contribuendo in modo diretto anche a una discussione
che rivalutasse il discorso intorno alla necessità di
una legge generale sulla libertà religiosa. Da alcuni
anni, poi, nel contesto di una società caratterizzata
dal pluralismo religioso, questa è diventata una battaglia di tutto il mondo evangelico, alla quale mi
sento di poter dire che la Fcp ha dato un contributo
decisivo».
— Ottanta anni fa centinaia di pentecostali furono arrestati, subirono minacce e percosse a motivo
dell’Evangelo. Oggi, in molte parti del mondo i cristiani vengono uccisi e perseguitati a motivo della loro fede…
«Siamo molto colpiti da questi fatti in virtù della
memoria delle persecuzioni vissute dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle nella fede che ci hanno preceduto. Da nostre fonti sappiamo che spesso i cristiani perseguitati e uccisi sono di fede pentecostale:
dal punto di vista del coinvolgimento emotivo questo è significativo perché vediamo compiersi in altre
parti del mondo cose che pensavano di non voler e
dover più vedere».
Fine della
povertà
estrema entro
il 2030
Nocivi
all’integrità
della razza
(D’Auria)
L’appello è nato da una tavola rotonda di
leader religiosi, promossa il 18 febbraio dalla
Banca Mondiale a Washington. La dichiarazione mira a generare un desiderio sociale e
politico nei grandi attori coinvolti al fine di
ispirare in loro la volontà di unirsi e ragionare insieme, attingendo dalle molte convinzioni e credenze condivise che uniscono le maggiori religioni mondiali, con l’obiettivo finale di
dare alla luce norme e azioni capaci di combattere la povertà.
Tra i firmatari dell’appello ci sono i responsabili di Act Alliance (una coalizione di 140 chiese e organizzazioni cristiane
impegnate nell’aiuto umanitario), Caritas Internationalis, Alle-
anza evangelica mondiale, Esercito della Salvezza e di altre organizzazioni di ispirazione cristiana, ebraica, musulmana, Baha’i, buddista… John Nduna, segretario generale di Act Alliance, ha dichiarato: «Sappiamo che la fine della povertà è possibile. Per fare ciò è necessario unire le forze e far sì che gli Stati
diano priorità massima all’inclusione e alla protezione sociale
delle parti più marginalizzate della propria popolazione».
Jim Yong Kim, presidente della Banca Mondiale, ha raccolto
la sfida: «Noi e i leader religiosi abbiamo un obiettivo comune: liberare il mondo dalla povertà. Questi impegni richiesti
giungono al momento opportuno e le nostre azioni congiunte
possono dare forte impulso alle nostre politiche, ispirandole».
DALLA PRIMA PAGINA
difesa che nel testo del Senato erano il necessario corollario della scelta di qualificare la tortura come un reato comune. Ciònonostante,
siccome il meglio è nemico del bene, qualsiasi
persona assennata non ha potuto astenersi dal
votare a favore del pur discutibile e pur limitato testo all’esame
della Camera, pena l’ennesimo affossamento dell’introduzione
del reato di tortura nell’andirivieni parlamentare».
Il testo prevede che quello di tortura sia un reato comune,
punibile con la reclusione da 4 a 10 anni e ascrivibile a chiunque «con violenza o minaccia […] intenzionalmente cagiona a
una persona a lui affidata» sofferenze fisico-psichiche per «ottenere informazioni o dichiarazioni, per infliggere una puni-
Un passo di
civiltà
(Gillio)
zione, per vincere una resistenza» o «in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose». Nel nuovo testo è prevista anche l’aggravante quando a commettere il reato è proprio un pubblico ufficiale che agisce con abuso di potere o violando i doveri inerenti
alla sua funzione.
La legge introduce inoltre il reato di istigazione del pubblico
ufficiale (ad altro pubblico ufficiale) a commettere tortura,
con una reclusione prevista da 1 a 6 anni. La legge interviene
anche su espulsioni, immunità diplomatiche ed estradizioni.
Malgrado il testo sia ancora carente in molte sue parti, come
ha ricordato il senatore Manconi, l’Italia ha certamente fatto
un ulteriore passo di civiltà. Ma dopo quante primavere…
Kek e Ccee: appello al rispetto per i Rom e la loro cultura
I
n occasione della Giornata internazionale dei Rom, che ricorreva l’8
aprile, il vescovo anglicano Christopher Hill, presidente della Conferenza
delle chiese europee (Kek, che riunisce
le chiese protestanti e ortodosse) e il
cardinale Péter Erdő, presidente del
Consiglio delle conferenze episcopali
d’Europa (Ccee) hanno rilasciato un
messaggio congiunto a favore del rispetto delle persone Rom e della loro
cultura, «dono del Creatore».
«Le nostre Chiese in molti luoghi
aiutano le comunità Rom a migliorare
la loro integrazione sociale – da non
confondere con l’assimilazione – pur
preservando la cultura Rom. Questo
aiuto passa per l’insegnamento doposcuola, i servizi medici, gli aiuti alimentari, le consulenze legali e altre
forme di consulenza», si legge nel messaggio che esordisce ricordando come
«ogni essere umano è creato a immagine di Dio, qualunque sia la sua lingua e
la sua cultura».
E verso le chiese i presidenti della
Kek e del Ccee lanciano un appello affinché le proprie comunità diventino
«sempre più aperte nei confronti dei
Rom, che sono spesso esclusi e vivono
in povertà ai margini della società», e
affinché sostengano le iniziative a favore della loro integrazione sociale.
«Operare per la giustizia significa lavorare per una riconciliazione con
questo passato». (agenzia Nev)