Cop edit som - Salute per tutti

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Cop edit som - Salute per tutti
Vol. 8 - n. 2 - Maggio-Agosto 2010
ISSN 2035-0678
Periodico quadrimestrale - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - Art. 1, comma 1 DCB Milano
Indexed in
EMBASE/Compendex/Geobase/SCOPUS
ORGANO UFFICIALE
La generazione dell’“eccesso”
Maurizio Tucci
La vaccinazione anti HPV: considerazioni etiche
Paola Delbon, Adelaide Conti
L’angoLo deLLo sPeciaLista
La sindrome di Klinefelter: una condizione spesso non sospettata
Vincenzo De Sanctis, Sara Ciccone
front Line
Quando i genitori non sanno più dire no
Costantino Gilardi
gioVani medici
iperidrosi nell’adolescente: inquadramento diagnostico-terapeutico
Sara Ciccone
Leptin and ghrelin serum concentrations in thalassemia major
and intermedia patients and normal subjects
Hamdollah Karamifar, Maryam Bahmanyar, Vincenzo De Sanctis, Mehran Karimi
Editoriale
Ho conosciuto un Medico, giusto e buono. Il ricordo di un Allievo
Il 22 Giugno è scomparso il prof. Calogero Vullo.
Era nato a Crotone il 24 Marzo 1927.
Si era laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Sassari, nel 1949.
Nel 1951 si era specializzato in Pediatria, presso l’Università degli Studi di Pisa.
Dal 1951 al 1955 era stato Assistente in Clinica Pediatrica presso l’Università di Sassari e dal 1955 al 1962 a Ferrara.
Nel 1958 aveva conseguito la Libera Docenza in Clinica Pediatrica.
Primario Ospedaliero a Cesena dal 1962 al 1972 e a Ferrara dal 1972 al 1997.
Ha diretto per molti anni il Centro della Talassemia di Ferrara.
Ricercatore, dal 1958 al 1959, al Walter Reed Army Institute of Research di Washington.
Professore a Contratto di Bioetica all’Istituto di Filosofia della Università di Ferrara.
Fondatore e primo Presidente della Società Italiana di Medicina della Adolescenza.
Co-Direttore di Prospettive in Pediatria dalla fondazione al 1996.
Vincitore del “George P. Englezos Award” della Thalassaemia International Federation e “Il Medico d’Italia Carlo Urbani 2009”
dell’Ordine dei Medici ed Odontoiatri della Provincia di Ferrara per i successi ottenuti nella cura e prevenzione della talassemia.
Sono stato un Suo Collaboratore dal 1972 al 1994, gli anni più importanti per la mia formazione in Pediatria ed Adolescentologia.
Avevo conosciuto il prof. Vullo durante lo svolgimento del servizio militare presso la Caserma Cisterna del Follo di Ferrara.
Sapevo poco del Professore in quanto negli anni 1971 e 1972 avevo lavorato, in qualità di Assistente Medico, presso la
Divisione di Medicina Interna dell’Ospedale Civile di Codigoro.
Mi ricordo che un Collega neonatologo, di Foggia, mi disse: è un Pediatra con grandi capacità e qualità professionali, “tienitelo stretto!”.
Iniziai a frequentare la Divisione Pediatrica di via Savonarola durante il tempo libero e alla sera, dopo cena. Tutti i Medici mi
accolsero con grande cordialità e disponibilità. Quando entravo in reparto con la divisa di Ufficiale Medico ci mancava poco che le
infermiere si mettessero sull’attenti.
Il mio interesse per la pediatria e l’impegno professionale vennero premiati un anno più tardi quando fui assunto con la qualifica di Assistente in Pediatria. Da quel momento in poi non ho più lasciato la Divisione Pediatrica.
Per me il prof. Vullo è stato un Maestro e un secondo padre. Esigente, a volte severo, paziente, sempre pronto ad ascoltarmi
e a stimolarmi nello studio e nella ricerca. La tolleranza, il rispetto per il paziente e i suoi genitori, l’attenzione per i più deboli completavano egregiamente le Sue qualità professionali.
Il prof. Vullo è stato soprattutto un ematologo pediatra ed un adolescentologo, che ha allargato i nostri orizzonti.
Per tutti coloro che hanno avuto la possibilità di lavorare con lui è stata una avventura appassionante e stimolante in quanto ha
modificato sostanzialmente l’ambito delle competenze mediche, da medici dei bambini a medici degli adolescenti e dei giovani adulti.
Vorrei ricordare alcuni aspetti del Suo impegno professionale.
In passato il destino dei bambini con talassemia era il decesso entro un tempo più o meno breve. Tutto ciò aveva generato
la convinzione nei familiari, e in molti medici, che la talassemia fosse una malattia incurabile. Grazie al Suo impegno professionale ha
sostenuto la ricerca in vari ambiti e ha realizzato l’obiettivo del miglioramento della qualità di vita e della integrazione psico-sociale dei
pazienti con talassemia. Ha restituito alla Società un individuo che potesse svolgere una vita attiva ed utile. Oggi molti pazienti hanno
raggiunto l’età adulta, sono sposati, hanno bambini e sono ben integrati nella Società.
Ha intuito il ruolo fondamentale che potevano svolgere le Associazioni per la lotta contro la talassemia. Oggi queste
Associazioni sono presenti in molti Paesi nei quali la talassemia rappresenta un problema medico e sociale.
Ci lascia tanti insegnamenti: l’onestà e correttezza professionale, il rispetto degli aspetti deontologici ed etici, l’impegno nel
lavoro, il sostegno per i più deboli e per i soggetti con patologia cronica.
Ci mancherà tantissimo; vivremo nella consapevolezza che abbiamo avuto la fortuna di aver vissuto accanto ad un Medico
ed Uomo fuori dal comune.
Vincenzo De Sanctis
1
Vol. 8 - n. 2 - Maggio-Agosto 2010
ORGANO UFFICIALE
Sommario
DIRETTORE SCIENTIFICO
Vincenzo De Sanctis (Ferrara)
COMITATO DI REDAZIONE
Silvano Bertelloni
Giampaolo De Luca
Bernadette Fiscina
Giuseppe Raiola
Tito Livio Schwarzenberg
COMITATO EDITORIALE
Antonietta Cervo
Salvatore Chiavetta
Michele De Simone
Teresa De Toni
Piernicola Garofalo
Maria Rita Govoni
Domenico Lombardi
Carlo Pintor
Luigi Ranieri
Leopoldo Ruggiero
Giuseppe Saggese
Calogero Vullo
INTERNATIONAL
EDITORIAL BOARD
Magdy Omar Abdou
Mujgan Alikasifoglu
Hala Al Rimawi
Thaana Amer
Mike Angastiniotis
German Castellano Barca
Yardena Danziger
Oya Ercan
Helena Fonseca
Daniel Hardoff
Christos Kattamis
Nogah Kerem
Karaman Pagava
Praveen C. Sobti
Ashraf Soliman
Joan-Carles Suris
Editoriale pag. 1
Vincenzo De Sanctis
(Pisa)
(Amantea, Cosenza)
(New York, USA)
(Catanzaro)
(Roma)
La generazione dell’“eccesso” pag. 5
Maurizio Tucci
(Pagani, Salerno)
(Palermo)
(L’Aquila)
(Genova)
(Palermo)
(Ferrara)
(Lucca)
(Cagliari)
(Catanzaro)
(Lecce)
(Pisa)
(Ferrara)
La vaccinazione anti HPV: considerazioni etiche
l’angolo dEllo SpEcialiSta
La sindrome di Klinefelter:
una condizione spesso non sospettata pag. 17
Vincenzo De Sanctis, Sara Ciccone
front linE
(Alexandria, Egypt)
(Istanbul, Turkey)
(Irbid, Jordan)
(Jeddah, South Arabia)
(Nicosia, Cyprus)
(Torrelavega, Spain)
(Petah-Tiqva, Israel)
(Istanbul, Turkey)
(Lisbon, Portugal)
(Haifa, Israel)
(Athens, Greece)
(Haifa, Israel)
(Tbilisi, Georgia)
(Ludhiana - Punjab, India)
(Doha, Qatar)
(Lausanne, Switzerland)
Quando i genitori non sanno più dire no pag. 22
Costantino Gilardi
giovani mEdici
Iperidrosi nell’adolescente:
inquadramento diagnostico-terapeutico pag. 25
Sara Ciccone
SEGRETARIA DI REDAZIONE
Gianna Vaccari (Ferrara)
STAFF EDITORIALE
Direttore Responsabile
Direzione Generale
Direzione Marketing
Consulenza Grafica
Impaginazione
Leptin and ghrelin serum concentrations
in thalassemia major and intermedia patients
and normal subjects pag. 29
Pietro Cazzola
Armando Mazzù
Antonio Di Maio
Piero Merlini
Stefania Cacciaglia
Hamdollah Karamifar, Maryam Bahmanyar,
Vincenzo De Sanctis, Mehran Karimi
Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano
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per iscritto la propria decisione a: Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano
pag. 12
Paola Delbon, Adelaide Conti
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 8, n. 2, 2010
La generazione dell’“eccesso”
Maurizio Tucci
Giornalista Scientifico, Realizzatore indagine “Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani” della SIP,
Responsabile Comunicazione Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza, Milano
Riassunto
La Società Italiana di Pediatria realizza dal 1997 (e dal 2008 i collaborazione con la Società Italiana di
Medicina dell’Adolescenza) una indagine annuale su “Abitudini e stili di vita degli adolescenti” su un campione nazionale di 1200 adolescenti di età compresa tra i 12 e i 14 anni. In questi tredici anni abbiamo osservato un profondo cambiamento della prima adolescenza, dovuto non certo ad una mutazione genetica, ma – essenzialmente – alle mutate
condizioni al contorno create, e di fatto imposte, dalla “società degli adulti”. La sempre maggiore presenza della televisione nel nostro quotidiano, l’avvento del telefono cellulare e l’utilizzo di massa di Internet hanno profondamente modificato il modo di vivere e di comunicare degli adolescenti. Oggi è quasi impossibile fare a meno di questi strumenti e
sarebbe anche sbagliato farlo, ma i genitori devono essere consapevoli che l’uso eccessivo e non controllato di TV,
telefonino e Internet fa peggiorare in modo significativo comportamenti e abitudini di vita degli adolescenti. Guardare
troppa televisione (più di 3 ore al giorno) ha effetti negativi per quanto riguarda comportamenti direttamente correlati
alla TV (maggiore influenza della pubblicità, maggiore indifferenza alla visione di immagini e situazioni violente, tendenza crescente ad imitare i comportamenti dei personaggi televisivi), ma condiziona “in peggio” anche le abitudini alimentari, la percezione del sé, il rapporto con il bullismo, la percezione del rischio, l’abitudine ad assumere comportamenti considerati rischiosi, il rapporto con la famiglia e con il sesso, l’addiction (fumo, alcol, droghe). E navigare troppo in Internet (più di 3 ore al giorno) introduce nelle abitudini degli adolescenti le stesse criticità, in alcuni casi addirittura amplificate, osservate per chi guarda molta TV. Ma TV e Internet non sono nati per fare da baby-sitter (o teenagersitter). Essere consapevoli di questo significa anche essere consapevoli che la soluzione del problema non può arrivare dai controlli e dalle leggi (che pure dobbiamo pretendere), ma che bisogna trovarla all’interno di quei contesti istituzionalmente deputati ad allevare i bambini e gli adolescenti: primi tra tutti, la famiglia e la scuola.
Parole chiave: adolescenti, pediatria, internet, televisione.
The “excess” generation
Summary
Since 1997 (and since 2008 in collaboration with the Italian Association of Adolescent Medicine), the Italian
Association of Pediatrics has been carrying out an annual survey on “Habits and Lifestyle of Adolescents”. This study is
based on a national sample of 1200 adolescents aged between 12-14. Over the last 13 years we have seen a drastic
change of early adolescents from 12 to 14 years of age, not caused by a genetic mutation, but essentially caused by
changed socio-cultural conditions and surroundings created – and actually imposed – by the “adult world”. The growing
presence of television in our everyday life, the advent of mobile phones and the massive use of the Internet have drastically modified the life-style of adolescents as well as their way of communicating. Nowadays nobody can imagine life
without television, mobile phones or Internet and it would be wrong to live without this technology. However, parents must
be aware that the massive and uncontrolled use of these powerful tools might have long-lasting negative effects on the
behaviour and the habits of adolescents. Watching television more than three hours a day, has a deep negative impact
on adolescents and may influence their behaviour in undesirable ways (greater influence of TV advertising, growing indifference to violent scenes, strong tendency to imitate or emulate the behaviour of television characters and so on). Too
much television negatively affects also eating habits, teenagers’ self-esteem, their risk perception, their approach to bullying, their tendency for risky behaviour, as well as their relationship with family, sexuality or drugs. In the same way, surfing the net for more than three hours a day can lead to similar dangerous habits. Contemporary parents work a lot, and
when they come back home they are not eager to spend time with their children. The consequences of this fact is that
TV or Internet play the role of a babysitter. Yet television and internet were not born to fulfil this purpose. Being aware of
this also means knowing that the solution of the problem does not simply depend on laws and rules – which we must certainly keep demanding – but that it needs to be found within those primary social institutions where children and adolescents are normally brought up: first of all family and school.
Key words: adolescenti, pediatria, internet, televisione.
5
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 8, n. 2, 2010
mente aumentato dal 1997 al 2006,
Da tredici anni, attraverso l’indagifacendo poi registrare, nel 2007 e
ne che realizzo per la Società
nel 2008, una sia pur contenuta
Italiana di Pediatria (campione di
inversione di tendenza (2).
riferimento ragazze e ragazzi tra i
Nonostante fosse evidente che il
12 e i 14 anni), seguiamo l’evolvercalo era in gran parte dovuto non a
si dei comportamenti e delle abituun utilizzo più dinamico o socializdini di vita di quella che mi piace
zante del tempo libero, ma ad un
definire “la società degli adolescentrasferimento da un “video” (quello
ti”. E in questi tredici anni abbiamo
televisivo) ad un altro (quello del
osservato un profondo cambiacomputer), avevamo salutato con
mento della prima adolescenza (1),
soddisfazione il nuovo trend.
dovuto non certo ad una mutazione
Soddisfazione che è durata poco,
genetica, ma – essenzialmente –
perché dai dati del 2009 emerge
alle mutate condizioni al contorno
che torna a crescere il consumo televisivo. A guardarla più di 3
create, e di fatto imposte, dalla “società degli adulti”.
ore è il 23% del campione (25% dei maschi) e non a fronte di un
La sempre maggiore presenza della televisione nel nostro quotinuovo “travaso”, perché il consumo quotidiano di Internet contidiano, l’avvento del telefono cellulare e l’utilizzo di massa di
nua a crescere. Ad entrare quotidianamente in Internet è oggi il
Internet hanno profondamente modificato il modo di vivere e di
50,7% del campione (42,4% nel 2008) e a trascorrere in rete più
comunicare, e gli adolescenti, protési per sociologia e biologia
di 3 ore al giorno è il 16,4%.
verso la scoperta dell’altro, hanno immediatamente fatto proprie
A questo si aggiunge che sono proprio i grandi fruitori di televiqueste nuove straordinarie opportunità di comunicazione,
sione ad essere anche i più assidui frequentatori della rete e
modellando su di esse le loro relazioni e i loro stili di vita.
dagli incroci sulle risposte emerge che più del 7% degli adoleInternet, televisione e telefonino sono ormai elementi pressoché
scenti intervistati ha dichiarato di passare più di tre ore al giorno
irrinunciabili del vivere quotidiano e sarebbe non solo irrealizzasia davanti alla TV che in Internet.
bile, ma anche sbagliato pensare di poterne fare a meno. Ciò
Se il sociologo Giovanni Sartori nel 1997 aveva parlato di homo
che va evitato, specie per quanto riguarda gli adolescenti, è,
videns (3) oggi possiamo con inquietudine ancora maggiore parinvece, l’eccesso. Perché è proprio l’uso eccessivo e non conlare di “puer videns” e registrare che c’è una significativa pertrollato di questi strumenti – come emerge chiaramente dalle
centuale di giovanissimi che passa, in media, 4-5 ore al giorno
indagini della SIP – che fa peggiorare in modo significativo comdavanti ad un monitor.
portamenti e abitudini di ragazzi e ragazze.
Evidenziamo ormai da anni gli effetti negativi del consumo teleAl rischio dell’“eccesso” – d’altra parte – è particolarmente esposta
visivo su abitudini e comportamenti adolescenziali (4), che sono
una generazione in divenire che non può avere “in sé” gli strumenparticolarmente significativi non solo per quanto riguarda comti per sottrarsi a questa insidia. Altri (la società degli adulti) dovrebportamenti direttamente correlati alla TV (Tabella 1), ma anche
bero provvedere a scongiurarlo e non limitarsi ad enunciarlo.
per quanto concerne le abitudini alimentari, la percezione del sé,
Purtroppo dobbiamo registrare il fatto che, nonostante i tanti
il rapporto con il bullismo, la percezione del rischio e l’abitudine
allarmi lanciati, pochi o nulli sono stati i risultati ottenuti in questa
ad assumere comportamenti considerati rischiosi, il rapporto con
direzione e gli adolescenti sono sempre più tendenti ad un attegla famiglia e con il sesso, l’addiction (fumo, alcol, droghe)
giamento bulimico nei confronti dei consumi di nuovi e vecchi
(Tabella 2).
media e, soprattutto, sono sempre più padroni assoluti (e quindi
sempre più difficilmente
controllabili) delle nuove
Tabella 1.
tecnologie della comuniComportamenti
in
relazione
al maggior consumo televisivo (%).
cazione.
Televisione
ed Internet
Il consumo di televisione
da parte degli adolescenti (in termini di ore di visione al giorno) è costante-
Guardo la TV la sera tardi prima di addormentarmi
Imito i comportamenti dei personaggi TV che mi piacciono
Desidero spesso quello che vedo nelle pubblicità in TV
Provo indifferenza nel vedere immagini violente in TV
Passo ogni giorno più di 3 ore al PC
6
Campione Nazionale
Più di 3 ore
di TV al giorno
47,6
54,3
15,5
44,7
16,4
70,0
64,7
27,3
51
22,8
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
La genrazione dell’”eccesso”
Volume 8, n. 2, 2010
Tabella 2.
Comportamenti in relazione al maggior consumo televisivo e di Internet (%).
Ho fumato/fumo sigarette
Ho fumato/fumo canne
Bevo abitualmente:
- vino
- birra
- liquori
Mi sono ubriacato
Accettabile prendere integratori/farmaci per attività sportiva
Mi piace apparire più grande dell'età che ho
Ho messo una mia foto provocante su Internet
Dopo i 14 anni età ragionevole per primo rapporto sessuale
Ho comportamenti rischiosi
In genere rispetto le regole dei genitori
Considero i “bulli” in gamba
In alcuni casi è giusto essere razzisti
Vorrei essere:
- più magro/a
- più alto/a
- più bello/a
- più muscoloso/a
Mangio solo le cose che mi piacciono
Ho già seguito una dieta
Dieta autoprescritta (o trovata su Internet , tv, …)
Mangio tutti i giorni fuori dai pasti principali:
- merendine confezionale
- snack salati confezionati
- panini fatti in casa
- frutta
- biscotti
- gelati
- cioccolata
- patatine
- cereali
- yogurt
- latte
- pizza/focaccia
- bevande gasate
- nutella e simili
Ma anche navigare troppo in Internet (più di 3 ore al giorno) introduce nelle abitudini degli adolescenti le stesse criticità, in alcuni
casi in modo addirittura amplificato, osservate per i grandi fruitori di TV (Tabella 2).
A questo si aggiunge che la maggiore permanenza in Internet
porta ad adottare con frequenza significativamente maggiore
comportamenti a rischio (5, 6) nei rapporti con interlocutori sconosciuti (comunicare via chat, dare il numero di telefono, inviare
foto anche in atteggiamenti provocanti, farsi vedere in cam,
accettare incontri (Tabella 3). E per messaggiare o inviare foto a
Campione
Nazionale
Più di 3 ore
di TV al giorno
Più di 3 ore
di Internet al giorno
29,5
8
39,7
15,7
43,2
15,6
39,1
49,4
22,4
13,3
5
39,3
7,7
11,7
48
53
28,7
18,3
10,3
46,7
12,5
20
49,2
63,4
27,6
32,1
8,5
53,3
18,1
17,1
67,4
72,5
3,5
20,7
72
62,8
5
21
81,4
56,8
10,6
27,6
49,6
59,4
61,1
38,5
35,0
21
40,9
52,3
64,0
66,7
47,3
41,3
23
48,6
53,3
58,8
66,3
37,2
42,2
26,6
48,2
18,6
12,3
31,2
53,2
32,2
14,2
23,8
18,8
29,5
21,3
58,4
18,4
27,3
25,3
27,0
19,3
35,3
43,7
31,7
18
29,3
30
31
19,7
54
25,7
37,3
30
22,1
17,1
34,7
45,7
30,7
21,1
39,7
32,7
27,6
23,6
51,8
31,2
38,7
38,7
sconosciuti oltre ad Internet c’è anche il telefonino. Circa il 24%
ha affermato di aver inviato sms o mms ai “proprietari” di numeri dati da amici o trovati su Internet. Se è pur vero che nella grandissima maggioranza dei casi gli interlocutori “sconosciuti” sono
altri adolescenti, abituarsi ad abbassare le difese è certamente
un rischio da non sottovalutare.
Per quanto riguarda la TV, sono gli adolescenti del Sud a farne un
uso maggiore (il 30% la guarda più di 3 ore al giorno Vs 23%
media nazionale), mentre i frequentatori della rete più assidui
sono quelli del Centro (19% più di 3 ore al giorno Vs 16,4% media
7
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 8, n. 2, 2010
Tabella 3.
e il 9,1% conosce amici che
hanno provato la cocaina
(non è stata posta la
Campione Nazionale
Più di 3 ore
domanda diretta sull’uso).
di TV al giorno
Il 40% beve vino, il 50%
(57% dei maschi) birra, e il
Guardo più di 3 ore di TV al giorno
22,9
32,2
22,4% liquori. E il 13,3%
Utilizzo spesso webcam
10,1
25,1
(17,7% al Centro Italia) si è
Parlo di sesso
31,1
45,1
ubriacato almeno una volta.
Messo mia foto provocante su Internet
7,7
18,1
Il 20,2% trova ragionevole
Durante conversazioni con uno sconosciuto ho accettato di:
assumere farmaci o integra- dare il numero di telefono
20,7
37,2
- dare una fotografia
2,5
4,5
tori per migliorare le presta- proposte di sesso on line
11,8
19,6
zioni sportive (era il 18% nel
- farmi vedere in webcam
10,2
17,1
2008).
- incontrarmi con lui
12,8
24,1
Se troppa televisione e troppo Internet inducono gli
adolescenti ad una maggiore esposizione a droghe, fumo ed alcol, anche il consumo di
nazionale). E mentre i teledipendenti sono prevalentemente
alcol è un indicatore importante dei comportamenti.
maschi, sono le femmine le più assidue del web.
Il criticizzarsi dei comportamenti adolescenziali risulta, con eviAncora, per quanto riguarda Internet, chat e messenger sono utidenza, direttamente proporzionale all’abitudine a bere. Così
lizzati da oltre il 75% degli adolescenti e circa l’80% è abituale frecome, gli adolescenti che bevono più sostanze alcoliche hanno
quentatore di YouTube (il 22% ha già inviato un suo filmato). Il
una percezione del rischio significativamente più bassa degli altri
41% ha un suo blog, nel quale inserisce prevalentemente foto e
(Tabella 5), ma hanno maggiore predisposizione ad assumere
musica (e le femmine, molto più dei maschi, inseriscono anche
comportamenti che loro stessi riconoscono come rischiosi (80%
proprie riflessioni sulla famiglia, le amicizie, l’amore).
Vs 57% del campione nazionale).
Su Facebook, fenomeno degli ultimissimi anni, ha già il proprio
Gli “eccessi” che caratterizzano i grandi fruitori di TV e di Internet
profilo oltre il 50% degli adolescenti intervistati (53% delle femmie gli adolescenti che hanno una maggiore esposizione alle
ne) e un ulteriore 17% ha dichiarato di essere in procinto di iscrisostanze alcoliche, non devono farci però perdere di vista le abiversi. Nato con l’obiettivo di ritrovare vecchi amici perduti negli
tudini e i comportamenti generali, che appaiono comunque per
anni, compagni di scuola di vent’anni prima, colleghi di “quattro
molti versi critici.
lavori fa”, sorprende trovare Facebook nelle cyber frequentazioni
di ragazzini che difficilmente possono essere interessati a trovare l’ex-neonato vicino di culla al nido. Dai focus group riceviamo
qualche chiarimento in proposito: “Sto cercando tutti quelli col
Sessualità
mio cognome”. Ma c’è anche una voglia bulimica di nuove amicizie: la maggior parte sono sconosciuti ai quali si fa richiesta di
Il 66,7% degli adolescenti intervistati dichiara di avere (o avere
amicizia, ma il gioco è proprio quello: farsi accettare dal maggior
già avuto) il ragazzo o la ragazza. Se ciò non implica, naturalnumero di persone. Criteri di scelta per richiedere l’amicizia?
mente, che abbiano avuto rapporti sessuali, indica comunque
Ovvio: “se sono fighi”.
una contiguità col sesso. E a questo proposito il 63% dei maschi
e il 44% delle femmine dichiara di avere, sul sesso, tutte le informazioni che ritengono necessarie.
La loro fonte di informazione di gran lunga prevalente è, però, il
Addiction
gruppo dei pari (64%), mentre continua a diminuire la percentuale di chi si rivolge ai genitori (mamma 29%, era al 33% nel
Circa un adolescente su tre dichiara di fumare sigarette (al Sud
la percentuale dei fumatori sale al 36%). E Alessia (nome di fan2008; papà 17%, era al 19% nel 2008). Il 22% dei maschi e il 14%
tasia, ma tredicenne vera) in un fosus group ha detto: “È un anno
delle femmine si affidano, invece, ai forum o alle chat su Internet.
che ho smesso ma l’anno scorso fumavo tantissimo”.
Interessante ciò che pensano a proposito dell’età in cui inizia ad
L’8% (nel 2007 era il 4,7%, nel 2008 il 6,4%) (1) ha anche dichiaessere ragionevole avere rapporti sessuali completi. Il 12% circa
rato di “farsi le canne”. Percentuale certamente sottostimata speindica 14 anni (la loro età), mentre il 22% indica 16 anni e un altro
cie se si considera che il 37% ha dichiarato di avere amici che
22% 18 anni. La maggioranza (41,5%) è però propensa a sostenefumano canne. Il 5% conosce amici che hanno fatto uso di ecstare che non ci sia una età precisa, ma che è importante “sentirsi
sy (solo lo 0,3% ha ammesso di averne fatto personalmente uso)
pronti”.
Comportamenti in relazione al maggior consumo di Internet (%).
8
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
La genrazione dell’”eccesso”
Volume 8, n. 2, 2010
Tabella 4.
Comportamenti in relazione al maggior consumo di Isostanze alcoliche (%)
Imito spesso i comportamenti dei personaggi TV che ammiro
Desidero spesso le cose viste nella pubblicità in tv
La televisione trasmette molte immagini violente
Le immagini violente in TV mi lasciano Indifferente
Vado In Internet la sera tardi
Navigo in Internet più di 3 ore al giorni
Ho dato in Internet ad uno sconosciuto il numero di telefono
Ho dato in Internet ad uno sconosciuto una fotografia
Ho accettato proposte di sesso in chat da uno sconosciuto
Ho accettato di farmi vedere in webcam da uno sconosciuto
Mi sono incontrato con una persona conosciuta in Internet
ho messo una mia foto “provocante” su Internet
Mangio quasi sempre le stesse cose
Mangio cose molto diverse
Mangio solo le cose che mi piacciono
Chi riferisce di essere stato vittima di un bullo è una spia
Chi riferisce di essere stato vittima di un bullo è un fifone
Chi riferisce la cosa ad un adulto fa la cosa giusta
Un bullo è un tipo (una tipa) in gamba
Fumi sigarette
Fumi canne
Conosco amici che hanno fatto uso di “ecstasy”
Ho fatto uso di “ecstasy”
Conosco amici che hanno fatto uso di cocaina
Mi sono ubriacato
Mi piace apparire più grande
Se ho un problema mi rivolgo alla mamma
Se ho un problema mi rivolgo agli amici
Non chiedo consiglio a nessuno
Le regole che danno i genitori sono troppe
Ho (ho avuto) il ragazzo/a
Per informazioni sul sesso chiedo alla mamma
Per informazioni sul sesso chiedo agli amici
Per informazioni sul sesso vado sui forum o in chat su Internet
So tutto quello che c’è bisogno di sapere sul sesso
Ragionevole rapporto sessuale dopo i 14 anni
Il razzismo è inaccertabile
In alcuni casi è giusto essere razzisti
Come già osservato, la percentuale di coloro che indicano nei 14
anni l’età-soglia aumenta in modo significativo con l’aumentare
del tempo che trascorrono in Internet e davanti alla TV. È evidente, in questo, il ruolo giocato dai due media nella precocizzazione della sessualità e, più in generale, dei comportamenti di
tipo adulto.
Totale
Chi beve più di
una sostanza alcolica
6,8
15,5
57,9
44,7
21,7
16,4
12,8
20,7
2,5
11,8
10,2
7,7
18,9
45,5
35,0
9,0
9,2
81,3
3,5
29,5
8,0
4,9
0,3
9,1
13,3
39,3
36,45
50,2
11,4
19,5
66,7
29,1
63,9
18,0
53,6
11,7
62,3
20,7
12,8
21,2
51,3
54,5
40,4
23,3
21,9
38,4
7,5
20,5
21,9
17,8
26,3
34,0
38,5
15,4
14,7
69,2
12,8
60,9
23,1
12,8
1,3
21,8
36,5
51,3
21,2
50,6
20,5
28,8
76,9
18,6
70,5
25,6
71,8
23,7
52,6
30,1
E, per apparire più grandi (cosa che desidera oltre il 40% degli
intervistati), l’espediente che considerano più importante per le
femmine è il truccarsi (lo indica il 21%), poi il modo di vestirsi
(16,1%) e, a distanza, (6,8%) il cercare di comportarsi in modo
più maturo. Per i maschi, invece, è il modo di vestire (11%) l’espediente più utilizzato.
9
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 8, n. 2, 2010
Tabella 5.
Viene considerato un comportamento “rischioso” (%).
Fumare “canne”
Avere rapporti sessuali non protetti
Ubriacarsi
Rubare oggetti in un negozio
Guidare la macchina o la moto senza patente
Guidare il motorino o la bici in modo spericolato
Guidare il motorino senza casco
Prendere integratori per migliorare le prestazioni atletiche
Fare a botte
Avere rapporti sessuali prima di 14 anni
Danneggiare o sporcare oggetti in luoghi pubblici
Prendere farmaci
Bere liquori
Fumare sigarette
Provocare qualcuno
Fare i graffiti sui muri
Uscire da soli la sera tardi
Bere vino o birra
Fare un piercing
Fare un tatuaggio
Totale
Chi beve più di
una sostanza alcolica
88,3
86,7
86,2
86,1
85,4
82,0
81,8
77,6
75,5
69,7
68,8
68,3
67,5
63,7
63,6
56,2
54,0
51,7
39,2
38,0
78,8
75,0
74,4
78,2
73,7
71,8
67,9
71,2
62,8
46,2
59,0
71,8
50,0
45,5
67,1
44,9
46,2
34,6
34,0
32,7
La famiglia
Bullismo
ILe regole che i genitori danno sono considerate adeguate (né
troppe né poche) dal 70% degli adolescenti, senza differenze tra
maschi e femmine. Nonostante le “eque regole”, oltre il 27%
degli adolescenti afferma di rispettarle comunque raramente o
mai. Di quel conflitto generazionale che da sempre ha caratterizzato il rapporto tra genitori e figli adolescenti sembrano essersi perse le tracce. Non è detto che ciò sia un bene. Quel conflitto serviva ai genitori per imporre/proporre ai figli un modello di
riferimento e serviva ai figli per misurare le forze e le competenze di uomo e di donna in divenire. Addestrava gli adolescenti, sia
pure in un ambiente protetto, all’esigenza del confronto e dell’argomentazione ed era, comunque, garanzia di protocolli di
comunicazione condivisi (1). Oggi è stato in gran parte sostituito da una fragile pace che “tiene” finché i genitori rinunciano al
loro ruolo di guida e indirizzo e, “preoccupati essenzialmente di
essere amati dai loro figli” – come dice impeccabilmente il sociologo domenicano Costantino Gilardi – accettano le condizioni
imposte dai loro figli.
E dalla ricerca emerge – inevitabile conseguenza di una genitorialità così debole – che l’influenza dei genitori sulle decisioni che
li riguardano è addirittura minore di quella che gli stessi adolescenti considererebbero ragionevole (Tabella 6)
Il 64% degli adolescenti intervistati dichiara di aver assistito a
fenomeni di bullismo. Un dato fortunatamente in calo rispetto
agli anni passati (75%), anche se c’è da chiedersi se ciò sia
dovuto ad una reale contrazione del fenomeno o ad una sorta
di “assuefazione”. In ogni c’è ancora un consistente 41% che,
se fosse vittima di un bullo, non lo rivelerebbe ad un adulto, ma
cercherebbe di risolvere la cosa da solo. Il 71% giudica comunque male chi si comporta da bullo, ma c’è un 5,4% dei maschi
che lo considera i bulli “tipi in gamba”.
Il rapporto
con la “società degli adulti”
Che un adolescente abbia come interlocutore privilegiato un
suo coetaneo, anche se si trova di fronte ad un problema da
risolvere, è un atteggiamento comprensibile. Va però segnalato
come nel tempo è progressivamente diminuita la percentuale di
chi si rivolge anche ad un adulto. Solo dallo scorso anno la
“mamma” è scesa dal 42% al 36,4%, il papà dal 20% al 16%, gli
insegnati dal 3,3% al 2,6%, mentre aumenta sempre il ricorso
agli amici dal 44,7% al 50,2% (7).
10
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
La genrazione dell’”eccesso”
Volume 8, n. 2, 2010
Tabella 6.
Influenza dei genitori (%).
Genitori influiscono
sulle decisioni
Sarebbe giusto che i genitori
influissero sulle decisioni
22,9
10,1
31,1
7,7
32,2
25,1
45,1
18,1
20,7
2,5
11,8
10,2
12,8
37,2
4,5
19,6
17,1
24,1
Guardo più di 3 ore di TV al giorno
Utilizzo spesso webcam
Parlo di sesso
Messo mia foto provocante su Internet
Durante conversazioni con uno sconosciuto ho accettato di:
- dare il numero di telefono
- dare una fotografia
- proposte di sesso on line
- farmi vedere in webcam
- incontrarmi con lui
Allargando dalla sfera privata ad una socialità più allargata, la
fiducia degli adolescenti è prevalentemente rivolta alle forze dell’ordine (si fida di polizia e carabinieri il 64%), ai medici (61,2%) e
agli insegnanti (56,9%). In coda troviamo i giornalisti (9,7%) e
soprattutto i politici (7,2%). Complessivamente, va registrato che
anche per le figure che ispirano più fiducia non si raggiungono
mai livelli di adesione molto alti.
La televisione e Internet non sono questo, perché nella loro
legittima essenza non sono nati per assolvere ad una funzione
educativa.
Essere consapevoli che la TV e Internet non sono nati per fare da
baby-sitter (o teenager-sitter) significa essere altrettanto consapevoli che la soluzione del problema non può arrivare dai controlli e
dalle leggi (che pure dobbiamo pretendere), ma che bisogna trovarla all’interno di quei contesti istituzionalmente deputati ad allevare i bambini e gli adolescenti: primi tra tutti, la famiglia e la scuola.
Conclusioni
Bibliografia
Televisione e Internet responsabili, dunque, delle criticità dell’adolescenza che più ci preoccupano? Da quanto ci dicono i dati
raccolti sì, ma poniamoci anche altre domande. Chi l’ha detto
che la TV e Internet debbano educare, promuovere valori elevati, intrattenere bambini e adolescenti per tre ore e più al giorno?
Chi l’ha detto che la televisione e Internet debbano rappresentare un’agenzia formativa, per i ragazzi, così come dovrebbero
essere famiglia e scuola?
Non l’ha mai detto nessuno. E’ solo una nostra ingiustificata pretesa, perché ci farebbe davvero comodo se, dopo un pomeriggio lasciati a casa davanti alla TV o a navigare in Internet, i nostri
figli ci raccontassero di avere imparato tutto sull’educazione stradale (divertendosi come matti) invece di prendersi a botte come
fanno i Gormiti, di aver visitato decine di siti pornografici e di
chiederci l’ultimo modello di playstation.
1. Tucci M. Enclave Adolescenza. Editeam 2009.
2. Tucci M. Abitudini e Stili di Vita degli Adolescenti italiani. Pediatria
Notizie 2009; 6:4-6.
3. Sartori G., Homo videns, Editore Laterza e figli, Italy, 1977.
4. Tucci M. Le nuove dipendenze. Pediatria Notizie 2004; 12:6-7.
5. Bertelloni S, Lombardi D, Tucci M, Burgio R. TV, Internet e minori.
Rischi ed opportunità. Area Pediatrica 2005; 8:34-40.
6. Tucci M. La vita in rete? Fenomeni di Internet-dipendenza nella prima
adolescenza in: “L’eccezionale quotidiano” (Autori Vari) – Rapporto
sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia a cura del
Ministero del lavoro e Politiche sociali, Istituto degli Innocenti, Firenze
2006; 304-313.
7. Tucci M. Un commento ai risultati dell’edizione 2008 dell’indagine su
“abitudini e stili di vita degli adolescenti”. Pediatria Notizie 2008; 6:5-7.
Corrispondenza:
Dott. Maurizio Tucci
Via Ettore Troilo 4 - 20136 Milano
Tel. 02.83.78.105 – 349.76.03.168
e–mail: [email protected]
11
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 8, n. 2, 2010
La vaccinazione anti HPV:
considerazioni etiche
Paola Delbon, Adelaide Conti
1
Centro di Studio e di Ricerca di Bioetica dell’Università degli Studi di Brescia
(con il contributo della Fondazione Poliambulanza) – Cattedra di Medicina Legale
Riassunto
Gli Autori propongono alcune riflessioni etiche riguardo alla vaccinazione contro il papilloma virus, recentemente proposto per le ragazze dodicenni. Diversamente dalla maggior parte delle infezioni che si trasmettono per
effetto delle mera esposizione (ad es., in classe), il Papillomavirus si trasmette essenzialmente per via sessuale: il progetto educativo nel quale la proposta di vaccinazione si inserisce non può essere trascurato. In particolare, gli Autori
provano a valutare l’offerta attiva della vaccinazione contro il Papillomavirus alla luce dei principi fondamentali della bioetica, beneficenza, non maleficenza, autonomia e giustizia.
Parole chiave: papilloma virus, vaccinazione, adolescenti, etica medica.
Human papilloma virus vaccine: ethical issues
Summary
The Authors discuss on the principal ethical issues about the vaccine against Human Papillomavirus (HPV)
that has been recently proposed to young girls (12 years). In contrast to most infections which are transmitted by mere
exposition (i.e. in a classroom), HPV is primarily transmitted by sexual contact: the educative project in which the vaccination can be proposed cannot be leaving out. In particular, the Authors try to evaluate HPV vaccine by using the cardinal principles of Biomedical Ethics, beneficence, non-maleficence, autonomy and justice.
Key words: human Papillomavirus, vaccination, adolescents, ethical biomedical principles.
frequenza delle prime due classi della scuola secondaria, nel
cui contesto ragazze e genitori possono agevolmente acquisire
adeguati elementi conoscitivi sull’infezione e la vaccinazione;
possibilità di recuperare nella terza classe della scuola
secondaria le dosi mancanti del ciclo vaccinale e di riproporre l’immunizzazione in caso di mancata adesione;
sussistenza a tale età dell’influenza genitoriale, successivamente perduta;
possibilità di inserire anche questa vaccinazione nella stessa
fase di vita in cui sono previste tutte le altre vaccinazioni previste dal calendario nazionale. Ciò consentirebbe anche di
configurare la vaccinazione anti-HPV come intervento di normale prevenzione immunitaria;
recente positiva esperienza del programma di vaccinazione
anti-epatite B nella preadolescenza, con possibilità di utilizzare la rete di rapporti e le procedure organizzative già utilizzate tra il 1991 e il 2003 dai servizi vaccinali”.
Nel dicembre 2007, l’Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano ha delineato la “strategia per l’offerta attiva del vaccino contro l’infezione da HPV in Italia”, con l’intento di “fornire indicazioni per l’offerta attiva e gratuita, su scala
nazionale, della vaccinazione anti-HPV alle dodicenni”; la commercializzazione di tale vaccino è stata deliberata dall’Agenzia
Italiana del Farmaco (AIFA) con Determinazione 28 febbraio 2007.
Nel gennaio 2007 il Consiglio Superiore di Sanità, “chiamato ad
esprimere la proprie valutazioni in merito alle strategie vaccinali
contro l’infezione da virus del papilloma umano (HPV) più opportune per il nostro Paese, alla popolazione target da privilegiare,
alle modalità organizzative da predisporre…”, aveva evidenziato
anzitutto che “la strategia vaccinale di più sicuro impatto per la
prevenzione delle infezioni da HPV è quella che interviene nella
fase pre-adolescenziale (9-12 anni)” e aveva dunque individuato
il target prioritario delle ragazze dodicenni “in ragione di diverse
considerazioni:
assenza pressoché totale di pregressi contagi;
migliore risposta immunologica documentata nei soggetti di
tale età, come risulta dalla letteratura internazionale;
La scelta di indirizzare tale vaccinazione prioritariamente alle
ragazze dodicenni, e dunque a giovani che ancora frequentano
12
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
La vaccinazione anti HPV: condiserazioni etiche
Volume 8, n. 2, 2010
di infezioni sessualmente trasmesse, gravidanze indesiderate o
interruzioni di gravidanza (4).
Anche per tali motivi l’attuazione del citato programma vaccinale
deve svolgersi nell’ambito di un contesto di informazione e counselling necessario per rendere i soggetti coinvolti nel programma
stesso consapevoli della specificità del vaccino e dunque della
presenza di altre malattie sessualmente trasmissibili ovvero della
necessità di ricorrere agli screening indicati per la diagnosi di
altre patologie.
Come sottolineato nella citata Intesa tra il Governo, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano del dicembre 2007, la vaccinazione rende indispensabile il coinvolgimento, oltre che del
pediatra di famiglia e del medico di medicina generale,
“anche di altre figure professionali, normalmente
estranee al mondo delle vaccinazioni.
Infatti, dal momento che l’obiettivo di
questa nuova vaccinazione consiste nel ridurre la morbosità e
mortalità delle infezioni da HPV
e del cervicocarcinoma, appare indispensabile l’integrazione tra il mondo
delle vaccinazioni e quello dello screening […].
Dato che il vaccino non
previene tutti i tumori
cervicali sarà necessario mantenere livelli elevati di compliance allo
screening”.
Anche il Consiglio Superiore di Sanità ha sottolineato che “qualsiasi strategia
dovrebbe, peraltro, essere accompagnata da azioni di arruolamento attivo, che comprendano anche capillari interventi di informazione e
comunicazione rivolti ai soggetti target e alle
loro famiglie e relativi alle tematiche inerenti la vaccinazione, la prevenzione del carcinoma del collo dell’utero, i programmi di screening a essa connessi e l’esercizio dell’attività sessuale”, ritenendo necessario che “nelle campagne informative che
accompagneranno la vaccinazione si ponga l’accento sull’efficacia della strategia combinata vaccinazione-screening e si raccomandi alle donne vaccinate di sottoporsi a screening, seguendo le
linee guida di riferimento per non vaccinate”.
L’introduzione del vaccino in esame richiede dunque la predisposizione e l’attuazione di un programma di informazione ed educazione volto ad evitare malintesi e generalizzazioni circa la protezione accordata dal vaccino stesso. D’altra parte, l’implementazione
della vaccinazione in esame non può prescindere dalla considerazione che l’HPV è una infezione acquisita principalmente attraver-
la scuola dell’obbligo consente peraltro l’offerta attiva anche a
gruppi a rischio di deprivazione sociale; d’altra parte, tale strategia d’intervento facilita la comunicazione con le famiglie, importante nella realizzazione dei programmi relativi a tematiche sensibili quali le malattie sessualmente trasmissibili.
L’introduzione e l’offerta della vaccinazione contro l’infezione del
virus del papilloma umano alle dodicenni può essere valutata
anche alla luce dei principi fondamentali della bioetica (1).
Il principio di beneficenza esige “che venga attivamente ricercato il bene del soggetto, che la sua malattia sia prevenuta, che il
danno che egli patisce venga tolto o attenuato e, più in generale
che i benefici vengano massimizzati rispetto ai danni”; il principio
di non maleficità d’altra parte esige “che non venga
arrecato danno al paziente” (2).
In conformità con il principio di beneficenza, l’attuazione del programma
vaccinale, volto appunto ad intervenire prima dell’inizio dell’attività sessuale ovvero in misura tale da indurre una protezione elevata prima di
un eventuale contagio
con l’HPV, e dunque
l’offerta di un prodotto
da somministrare a
persone sane in previsione di un eventuale
rischio futuro, rappresenta una importante
misura a tutela della
salute della donna.
Zimmerman (3) ha sottolineato che il vaccino potrebbe garantire protezione alla
donna, anche nell’ipotesi di astinenza sessuale fino al matrimonio e
di fedeltà durante il matrimonio, in caso
di partner HPV infetto e dunque in presenza di
un rischio di trasmissione del virus, oltre che in relazione all’ipotesi di una possibile violenza.
D’altra parte, per un’attuazione piena del principio di beneficità
risulta fondamentale la valutazione del rapporto rischi-benefici
correlati all’introduzione della vaccinazione in esame, non soltanto in relazione agli effetti diretti che tale vaccinazione può
determinare (valutazione dei vantaggi della vaccinazione, della
sicurezza, dell’efficacia a lungo termine, delle reazioni avverse,
etc.), ma anche in relazione ad esempio al rischio – a causa della
protezione percepita con la vaccinazione – che la vaccinazione
sia accompagnata dall’abbandono degli screening citologici per
il cancro della cervice uterina, o al rischio di una incidenza in termini negativi sul ricorso a misure volte a garantire la sicurezza nei
rapporti sessuali, con la conseguenza del possibile incremento
13
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 8, n. 2, 2010
so rapporti sessuali con persona infetta e non già di seguito alla
mera esposizione ambientale: la discussione circa le implicazioni
etiche della vaccinazione anti HPV deve dunque tener conto del
fatto che essa non è equiparabile in maniera assoluta agli altri interventi di prevenzione cui sono sottoposti i minori secondo il calendario vaccinale. Del resto, proprio la correlazione di tale vaccino
con la prevenzione di una malattia sessualmente trasmessa congiuntamente al coinvolgimento di soggetti minori, preadolescenti,
può determinare un’influenza negativa nell’accoglimento di tale
vaccino: in alcuni casi i genitori potrebbero essere preoccupati del
fatto che la scelta di sottoporre le proprie figlie a tale vaccinazione
possa rappresentare un avvallo per una precoce attività sessuale
(5) e favorire un incremento di condotte sessuali non protette.
La discussione circa l’eticità della vaccinazione anti HPV in relazione al rapporto rischi-benefici contiene talvolta il riferimento
anche alla dottrina del doppio effetto, che è frutto della distinzione tra l’azione, buona rispetto al suo oggetto e finalizzata ad un
effetto buono, ed il “danno incidentale ma inevitabile” ad essa
collegato che non sia né il mezzo per raggiungere l’effetto buono
né la finalità dell’azione (6).
Secondo tale principio una pratica che comporti gli effetti descritti risulterebbe dunque accettabile purchè nel rispetto di alcune
condizioni: l’azione in sé non sia “cattiva”; l’effetto positivo che si
intende raggiungere con l’atto in questione non discenda direttamente dall’effetto negativo prodotto; l’effetto negativo non sia
voluto; l’effetto positivo sia proporzionato, ovvero almeno equivalente all’effetto negativo prodotto dall’azione in esame.
L’applicazione di tale principio alla vaccinazione anti HPV giustificherebbe dunque la stessa alla luce delle seguenti considerazioni (7): la vaccinazione è un’azione “buona”, in quanto funzionale alla prevenzione di una malattia; la possibilità di una incidenza negativa sulla responsabilità nei comportamenti sessuali
e il rischio di confusione riguardo all’utilità degli screening relativi al cancro della cervice uterina non rappresentano il mezzo
attraverso il quale il trattamento produce il suo effetto positivo; lo
scopo della vaccinazione risiede esclusivamente nella protezione dalla stessa accordata; attraverso un programma di offerta e
consulenza adeguato e mirato alla promozione di comportamenti responsabili l’effetto positivo della vaccinazione prevale
indubbiamente sui possibili rischi individuati. Le famiglie interessate necessiterebbero dunque di essere rassicurate del fatto che
la promozione della salute sessuale e la disponibilità di un vaccino per un’infezione sessualmente trasmessa non comportano
la promozione di un’attività sessuale a rischio, se inserite in un
contesto di informazione-comunicazione adeguato.
Di Pietro et al. (8) hanno evidenziato il rischio di incidenza negativa della vaccinazione anti HPV sullo stile di vita e dunque sulle
scelte delle adolescenti coinvolte, e al contempo l’urgenza di un
approccio globale al bene della persona, che non possa prescindere appunto dal tener conto dell’impatto a livello psicologico ed esistenziale che l’introduzione del vaccino in esame può
avere sulla vita delle dodicenni coinvolte.
Gli Autori sottolineano la necessità di integrare l’eventuale proposta vaccinale nel contesto di un processo formativo-educativo
volto a promuovere lo sviluppo dell’identità dell’adolescente,
proprio alla luce della delicatezza di tale fase dell’esistenza.
La proposta vaccinale in esame non può prescindere dal coinvolgimento dei genitori della minore, titolari del potere-dovere di
cura della prole e quindi del potere decisionale relativo alla tutela della salute della figlia minore; d’altra parte il minore ha diritto
ad essere informato e ad esprimere la propria opinione rispetto
ad una proposta di trattamento che lo riguardi.
Il nostro ordinamento giuridico riconosce del resto uno spazio
significativo alla volontà del minore in relazione ad alcune situazioni relative alla sfera della salute sessuale e riproduttiva (ad es.,
contraccezione, interruzione volontaria di gravidanza) alla quale
afferiscono aspetti intimi della vita della persona
Uno dei principali obiettivi della strategia di comunicazione che
deve accompagnare l’offerta attiva della vaccinazione anti HPV
delineati nella citata Intesa consisterebbe proprio nell’“offrire ai cittadini informazioni certe e comprensibili sulle caratteristiche e i
vantaggi del vaccino e, più in generale, sull’importanza della prevenzione e di una sessualità sicura, a tutela della propria salute”.
L’offerta dell’informazione relativa alla vaccinazione in esame
dovrebbe svolgersi peraltro nel singolo caso entro un contesto
spazio-temporale che garantisca ai genitori la possibilità di esprimere le proprie perplessità, anche in relazione agli aspetti sopra
evidenziati, e attraverso modalità di comunicazione che tengano
comunque conto del fatto che tale proposta vaccinale è inevitabilmente destinata ad inserirsi nel programma educativo della
minore: la peculiarità della proposta vaccinale anti HPV richiede
che “la strategia della sua applicazione vada particolarmente
curata e condivisa, in quanto l’etica di questa vaccinazione – che
di per sé è inerente a un determinato stile di vita con forti connotazioni etico-sociali – si caratterizza di peculiari problematiche
pedagogiche che, in generale, le altre vaccinazioni contro malattie infettive non comportano” (9).
Il processo di informazione-comunicazione tra i professionisti
competenti in materia e genitori e figlie deve dunque garantire la
formazione di scelte consapevoli e meditate e la composizione
di eventuali contrasti all’interno della stessa famiglia.
Così, nel processo decisionale relativo alla vaccinazione anti HPV
potrebbero configurarsi diverse situazioni: accordo di entrambi i
genitori e della figlia interessata per l’effettuazione della vaccinazione; rifiuto da parte dei genitori che ad esempio ritengano la
figlia ancora non sessualmente attiva; rifiuto sia da parte dei genitori che da parte della figlia; parere contrario espresso dall’adolescente; richiesta del vaccino da parte del minore senza il consenso dei genitori, in seguito ad un loro rifiuto o per scelta del minore
di non coinvolgerli in discussioni sulla sua sessualità (10).
Tali ipotesi impongono una riflessione anche alla luce del principio dell’autonomia, ovvero “il principio etico per cui la persona ha
diritto alla gestione della propria salute e della necessità di consentire alle terapie” e che “trova il suo fondamento nella stessa
14
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
La vaccinazione anti HPV: condiserazioni etiche
Volume 8, n. 2, 2010
sentare l’occasione per “ripensare al nodo fondamentale della
comunicazione tra genitori e figli all’interno della famiglia affrontando le tematiche riguardanti la sessualità” (16) ovvero l’occasione “per rafforzare e migliorare il dialogo e la relazione tra genitori e figlie, proprio perché affronta temi così delicati ma così
importanti per il loro benessere e la loro vita” (17).
Anche l’applicazione del principio di giustizia comporterebbe la
garanzia della disponibilità del vaccino in esame per tutte coloro
che ne abbiano bisogno ed al contempo l’irragionevolezza di rendere obbligatoria tale vaccinazione – anche con la conseguenza
dell’esposizione al rischio di eventuali reazioni avverse –, in particolar modo in relazione a coloro che, ad esempio, per motivi religiosi o per altre ragioni, scelgano di praticare l’astinenza sessuale.
Il principio di giustizia infatti “esamina le ricadute sociali delle
decisioni biomediche, in modo che oneri e benefici siano equamente ripartiti nella collettività” (18).
Le citate problematiche etiche connesse all’introduzione della
vaccinazione contro il papilloma virus umano a ragazze minorenni paiono dunque doversi affrontare nel quadro di un processo decisionale volto anzitutto a realizzare la tutela della salute
della minore attraverso una scelta consapevole e meditata da
parte dei genitori, che si inserisca nel progetto educativo divenendo occasione per implementare la stessa comunicazione
all’interno della famiglia ed in particolare nel rapporto genitorifigli, con il supporto di professionisti del settore socio-sanitario
competenti in materia.
dignità dell’uomo, nel suo essere realtà indisponibile a qualsiasi
manipolazione altrui” (11).
Tale principio prescrive infatti “che gli individui vengano trattati
come soggetti autonomi e che quindi le loro preferenze siano
rispettate e che la loro partecipazione decisionale venga suscitata e tutelata”(12).
L’applicazione del principio dell’autonomia nell’ambito dell’offerta vaccinale anti HPV comporta dunque l’effettuazione della proposta vaccinale e l’offerta dell’informazione nel caso di specie in
via prioritaria ai genitori della minore, titolari del potere decisionale, affinché possano affrontare tale scelta nel quadro e secondo le modalità del programma educativo dagli stessi intrapreso,
e successivamente l’eventuale coinvolgimento della minore e l’ascolto della sua opinione.
La scelta dei genitori può essere d’altra parte influenzata da vari
fattori, tra i quali l’importanza di proteggere i propri figli; l’efficacia
del vaccino; la severità percepita dell’infezione da HPV; l’opinione
in merito ai vaccini; precedenti esperienze di infezioni; percezione
che i propri figli siano a basso rischio di contrazione dell’infezione;
mancanza di conoscenze circa la malattia (13).
Tali considerazioni contrastano con la possibilità, prospettata in
alcune realtà nazionali, della previsione dell’obbligatorietà della
vaccinazione anti HPV, peraltro correlata non già ad un’esposizione al rischio in forza della presenza della minore in determinati
ambienti frequentati dalla stessa (ad es. scuola), bensì ad un’esposizione al rischio legata a determinati comportamenti. La
discussione etica in materia pare sostanziarsi nella domanda critica circa la possibilità che il raggiungimento di un più alto livello di
copertura vaccinale giustifichi la violazione dell’autonomia dei genitori attraverso l’imposizione dell’obbligatorietà della vaccinazione.
L’obbligatorietà della vaccinazione ha incontrato negli ultimi anni
resistenze per motivi di ordine filosofico, politico, scientifico, ideologico: fiducia in cure naturali o alternative, opposizione al potere
dello Stato, sfiducia nei confronti delle aziende farmaceutiche, convinzione che i vaccini non siano così sicuri come gli esperti sostengono o che i minori ricevano troppe iniezioni, sono alcune possibili motivazioni dell’opposizione dei genitori alle vaccinazioni (14).
D’altra parte, in relazione alla specifica vaccinazione anti HPV, l’imposizione della stessa, nell’urgenza di arrivare ad alte coperture
vaccinali e dunque nell’intento di realizzare una maggior protezione contro la malattia, potrebbe rappresentare un’ingerenza nell’autonomia dei genitori, nella scelta di un trattamento che impone non
soltanto riflessioni in termini di tutela della salute della prole, ma
potrebbe inserirsi nel programma educativo, con il rischio anche di
porsi in contrasto con i valori condivisi nella famiglia; in particolare
la giustificazione per l’obbligatorietà parrebbe non sussistere nell’ipotesi di un’infezione non trasmissibile casualmente.
Beneficità e autonomia possono dunque congiuntamente realizzarsi attraverso “scelte consapevoli dell’individuo, sostenute dall’intervento di operatori esperti, che sappiano integrare le conoscenze scientifiche con le capacità relazionali” (15).
In tale prospettiva, la proposta vaccinale in esame può rappre-
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11. Aramini M. Op. cit.: 156.
12. Aramini M. Op. cit.: 14.
13. Di Pietro M.L. Op. cit.: 307.
15
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 8, n. 2, 2010
14. Colgrove J. The ethics and politics of compulsory HPV vaccination.
N Engl J Med 2006; 335:2389-2391.
16. De Mei B. Op. cit.
17. Conferenza stampa – Presentazione campagna vaccinale contro
l’HPV – Discorso del Ministro Livia Turco. 22 febbraio 2008.
15. De Mei B. La comunicazione sulla vaccinazione contro il papilloma
virus (HPV). http://www.epicentro.iss.it
18. Aramini M. Op. cit.: 15.
Corrispondenza:
Paola Delbon
Cattedra di Medicina Legale - Università degli Studi di Brescia
P.le Spedali Civili, 1 - 25123 Brescia
tel. 030 3995480 - fax 030 3995839
[email protected]
16
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
La sindrome di Klinefelter: una condizione spesso non sospettata
Volume 8, n. 2, 2010
La sindrome di Klinefelter:
una condizione
spesso non sospettata
Vincenzo De Sanctis 1, Sara Ciccone 2
1
2
U.O. Pediatria Ospedaliera - Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara
Medico-Chirurgo - Ferrara
Riassunto
La sindrome di Klinefelter comprende una serie di disordini cromosomici in cui è presente almeno un cromosoma soprannumerario al normale cariotipo 46,XXY. Rappresenta il disordine genetico più comune, con una prevalenza di 1 caso su 500-660 maschi. Nel 10% dei casi la diagnosi viene fatta in epoca prenatale, nel 10% in età infantile
ed in circa il 25% in età adulta. Gli Autori descrivono 3 casi clinici di adolescenti inviati a consulenza specialistica per
“difficoltà scolastiche e disturbo della memoria”, “alta statura” e “ritardo puberale con ginecomastia”. In tutti e 3 i casi
l’esame obiettivo faceva sospettare una patologia cromosomica che veniva confermata con le indagini citogenetiche
(47,XXY). È importante che i Pediatri e i Medici di famiglia sappiano sospettare o riconoscere le condizioni genetiche di
più frequente osservazione allo scopo di effettuare una diagnosi precoce ed instaurare un eventuale trattamento terapeutico.
Parole chiave: sindrome di Klinefelter, disordini cromosomici sotto diagnosticati, adolescenti, medici di famiglia.
Klinefelter syndrome: an underdiagnosed chromosomal disorder
Summary
Klinefelter syndrome (KS) is the most common sex chromosomal disorder affecting approximately one in
500-660 males. It is characterized by the presence of one or more extra X-chromosome, with the kariotype 47,XXY being
the most prevalent type. If the diagnosis is not made prenatally, 47,XXY males may present with a variety of subtle clinical
signs that are age-related. The Authors report three adolescent patients with unsuspected KS discovered during an
endocrine or adolescent evaluation for academic difficulties, incomplete pubertal development, gynecomastia and tall
stature. It is imperative that family physicians become familiar with the more common genetic condition and potential manifestations at different ages to expedite diagnosis and treatment.
Key words: Klinefelter syndrome, underdiagnosed chromosomal disorder, adolescents, family physicians.
non-disgiunzione cromosomica durante la meiosi I o II o una
non-disgiunzione mitotica. La probabilità di avere una nondisgiunzione aumenta in modo proporzionale all’età materna. Gli
effetti sullo sviluppo aumentano in modo proporzionale con l’aumento del numero degli X soprannumerari (1).
Nel 10% dei casi la diagnosi di KS viene fatta in epoca prenatale, nel 10% in età infantile ed in circa il 25% in età adulta, a causa
di un ipogonadismo e/o infertilità (5, 6).
La diagnosi viene fatta tardivamente a causa della scarsità o
scarsa rilevanza delle manifestazioni cliniche durante l’infanzia.
In età adolescenziale il segno clinico più costante è rappresentato dal ridotto volume testicolare (99-100%) (7). Questo segno
clinico non sempre viene rilevato nel corso delle visite mediche
di routine o viene inquadrato in maniera non corretta.
Descriviamo 3 casi di adolescenti inviati al nostro ambulatorio di
adolescentologia ed endocrinologia per una sospetta patologia
adolescenziale od endocrina, in realtà strettamente correlata alla
sindrome di Klinefelter.
La sindrome di Klinefelter (KS) comprende un insieme di disordini cromosomici in cui è presente almeno un cromosoma X
sovrannumerario rispetto al normale cariotipo maschile, 46,XY.
La forma classica, che rappresenta il disordine cromosomico più
frequente, presenta un cromosoma X soprannumerario (47,XXY).
Più raramente sono stati osservati altri cariotipi, come 48,XXYY,
48,XXXY e 49,XXXXY (1).
L’espressione KS risale al 1942, quando Klinefelter et al. (2)
descrissero nove uomini con ginecomastia, microrchidismo, azoospermia e elevati livelli di gonadotropine (3). Nel 1959 Jacobs et al.
compresero che la KS poteva essere secondaria ad un disordine
cromosomico dovuto ad un cromosoma X sovrannumerario.
L’aneuploidia XXY rappresenta il disordine più comune dei cromosomi sessuali nell’uomo, con una prevalenza di 1 su 500-660
maschi (4, 5). Le altre aneuploidie dei cromosomi sessuali sono
molto più rare, con una incidenza da 1 su 17000 a 1 su 100000
nati maschi (1).
Il cromosoma X extra nella forma classica di KS deriva da una
17
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 8, n. 2, 2010
Caso clinico 1
Gli adolescenti con problemi neuro-psico-comportamentali possono richiedere una valutazione del neuropsichiatra dell’età evolutiva ed, a volte, la necessità di un intervento terapeutico (9, 10).
Nella primavera del 2002, un adolescente di 15 anni veniva inviato all’ambulatorio per adolescenti “per difficoltà scolastiche e
disturbo della memoria”. Il ragazzo dall’età scolare aveva manifestato difficoltà di concentrazione, scarsa socializzazione e disturbo della memoria, che si erano accentuate durante l’adolescenza. La mamma riferiva che aveva consultato diversi specialisti ed
un programma radiofonico, di medicina, con scarsi risultati.
Veniva ipotizzato un generico “disturbo psico-comportamentale”.
All’esame obiettivo il ragazzo non presentava tratti dismorfici, la
statura corrispondeva al 90° centile (177 cm) ed il peso al 75°
centile (51 kg). Lo sviluppo puberale corrispondeva ad una fase
intermedio-avanzata di pubertà (G4 PH4, secondo Tanner). Il
volume testicolare corrispondeva a 4 ml e lo sviluppo del pene
era in accordo alla fase di sviluppo puberale raggiunto.
Il quoziente intellettivo (QI) corrispondeva a 80.
Veniva sospettata una sindrome genetica e richiesto il cariotipo,
che confermava il sospetto diagnostico (47,XXY).
Il valore dell’LH era pari a 3.9 mUI/ml, l’FSH era elevato (19.6
mUI/ml), il testosterone (TT) e l’estradiolo (E2) erano nel range
della variabilità normale (TT = 320 mg/dl, E2 = 18 pg/ml). Valori
normali in 10 soggetti di controllo, nella stessa fase della maturazione puberale: LH = 2.1 ± 0.7 mUI/ml; FSH = 3.6 ± 1.4 mUI/ml;
TT = 339 ± 124 mg/dl; E2 = 15.4 ± 5.1 pg/ml.
Caso clinico 2
Nel settembre 2005, un adolescente di 14 anni e 6 mesi veniva
inviato all’ambulatorio di endocrinologia per un inquadramento
diagnostico dell’alta statura, riscontrata per la prima volta all’età
di 8 anni.
All’esame obiettivo era presente una statura in piedi superiore al
97° centile (178 cm), un peso superiore al 90° centile (71.3 kg),
l’apertura delle braccia (SPAN) risultava maggiore di 2 cm
rispetto alla statura in piedi. Il rapporto segmento superiore/segmento inferiore pari a 0.9. Non erano presenti segni dismorfici.
Lo sviluppo puberale era compatibile con una fase intermedia di
pubertà (PH3, G3, secondo Tanner). I testicoli, di consistenza
aumentata, presentavano un volume pari a 4-5 ml (orchidometro di Prader).
Il ragazzo presentava un normale sviluppo intellettivo ed il rendimento scolastico veniva definito dalla mamma “soddisfacente”.
La valutazione endocrinologica mostrava un livello di LH ed FSH
superiori alla norma (4.1 e 25.2 mUI/ml). I valori della testosteronemia, del 17 ‚ estradiolo e del 17 idrossiprogesterone (17OHP) erano
pari a 220 mg/dl, 28 pg/ml e 0.7 ng/ml (per i valori di normalità, vedi
valori del caso clinico 1; il valore di 17OHP era nella norma).
L’età ossea era avanzata di 1 anno e 4/10 (TW 20 ossa) rispetto
all’età cronologica.
Per il ridotto volume testicolare e per la presenza di un ipogonadismo-ipergonadotropo veniva richiesto il cariotipo, che risultava
47,XXY.
Commento
I pazienti con KS, pur nell’ambito di un livello intellettivo (QI) nei
limiti della norma, presentano spesso difficoltà di apprendimento con ridotta performance scolastica, ritardo del linguaggio e
delle acquisizioni linguistiche, diminuzione della memoria a
breve e lungo termine e dell’abilità matematica, difficoltà di lettura di grado variabile. Vi è, inoltre, un’aumentata incidenza di
dislessia e di disturbo dell’attenzione. Le alterazioni della performance intellettiva sembrano dipendere dal cromosoma X in
eccesso. I soggetti con un cromosoma X sovrannumerario, presentano una incidenza superiore di ritardo mentale. In particolare, l’eccesso di X verrebbe correlato ad una riduzione della
sostanza grigia del lobo temporale (7).
Alterazioni psichiatriche variabili dal disturbo neurotico, alle sindromi ansiose, ai disturbi depressivi e psicotici, sono di frequente rilievo nella sindrome di Klinefelter. I soggetti con KS sono più
insicuri, introspettivi, sensibili ed hanno maggiori difficoltà di
inserimento tra i coetanei (8-11).
In una casistica riportata nel 1999(8) emergeva che su 19 soggetti KS il 42% necessitava di terapia logopedica, il QI verbale
medio, testato con il metodo Wechsler Intelligence Scale for
Children (WISC), era di 94.3 e il QI di performance 97.6, entrambi significativamente inferiori rispetto al gruppo di controllo; il
77% presentava disturbi dell’apprendimento. Il 26% dei pazienti
aveva ricevuto cure psichiatriche. Nessuno dei pazienti KS
mostrava tratti omosessuali.
Commento
I bambini con KS presentano caratteristiche fenotipiche variabili.
Non avendo una facies dismorfica caratteristica, sono indistinguibili dai bambini con cariotipo normale (11).
Ratcliffe et al. (8) hanno segnalato che alla nascita i pazienti XXY
presentano peso, lunghezza e circonferenza cranica inferiori
rispetto ai controlli. La circonferenza cranica si mantiene tra il 10°
ed il 25° percentile. Uno studio più recente di Visootsak et al. (1)
non ha confermato questi dati.
In entrambi gli studi, i pazienti presentano un incremento della
velocità di crescita staturale tra i 5 e gli 8 anni di età, dovuto ad
una maggiore crescita degli arti inferiori. L’ampiezza e il timing
dello scatto di crescita puberale non erano diversi rispetto ai controlli e raggiungevano una statura finale di 179.2 ± 6.2 cm.
Nel 75% dei ragazzi XXY è stata osservata una tendenza all’obesità centrale (1, 6, 11).
L’incremento staturale sembra essere dovuto ad un aumento
della lunghezza delle gambe. Il riscontro di questo segno, in età
prepuberale, farebbe pensare ad una possibile azione del cro-
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
La sindrome di Klinefelter: una condizione spesso non sospettata
Volume 8, n. 2, 2010
centile (rispettivamente 181 cm e 81.6 kg) (Figura 1). Era presente una modesta acne al volto e seborrea. Il volume testicolare corrispondeva a 4 ml, la peluria pubica ad una fase intermedia di pubertà (PH4, secondo Tanner), il pene misurava 5.5 cm.
Era presente una ginecomastia mista (ghiandolare ed adiposa,
con diametro trasverso di 5 cm).
Il cariotipo risultava 47,XXY e la valutazione endocrina era compatibile con un ipogonadismo-ipergonadotropo, con prevalenza
dell’FSH (24.1 mUI/ml) sull’LH (4.7 mU/ml). Il 17b estradiolo era
modicamente aumentato (36 pg/ml) ed il testosterone sierico ai
limiti inferiori della norma (220 mg/dl).
Nel corso del follow-up la ginecomastia si è notevolmente ridotta, dopo 1 anno dalla valutazione specialistica endocrinologica.
mosoma X soprannumerario e non ad un effetto secondario al
deficit di androgeni (6).
In contrasto a quanto si osserva nella tipica alta statura del soggetto eunucoide, la SPAN nei pazienti KS raramente supera la
statura del paziente (6). Il ridotto diametro biacromiale sembra,
invece, essere dovuto alle ridotte concentrazioni plasmatiche di
testosterone (6).
Caso clinico 3
Nell’aprile del 2007, un ragazzo di 14.7 anni veniva inviato al
nostro ambulatorio di endocrinologia per ritardo puberale associata a ginecomastia, comparsa da circa 1 anno.
All’età di 3 anni era stato sottoposto ad intervento chirurgico di
orchidopessi sinistra.
I genitori riferivano che il ragazzo presentava facile irascibilità, un
rendimento scolastico a “fasi alterne” e difficoltà di concentrazione.
All’esame obiettivo la statura ed il peso erano superiori al 97°
Commento
Una minoranza di pazienti con KS presenta alla nascita un iposviluppo del pene o una mancata discesa testicolare (8).
I testicoli si presentano inizialmente normali per dimensioni e
consistenza. In pubertà, dopo un iniziale incremento del volume, si può osservare un arresto parziale della crescita del testicolo (media 5.5 ml) (6). Alla fine della pubertà, il volume testicolare risulta in genere inferiore a 10 ml (1). Le dimensioni del
pene sono normali nel 75% dei pazienti e la peluria pubica progredisce allo stadio 6 in più di metà dei pazienti (8).
La ginecomastia, osservata da Ratcliffe nel 56% dei casi, risulta
transitoria nella maggior parte dei casi (può durare da uno a tre
anni) (8), non risponde alla terapia medica e può richiedere un
trattamento chirurgico (6). Il rischio di carcinoma della mammella è 20 volte superiore rispetto ai controlli (1).
Non ci sono differenze nei livelli di testosterone nel liquido amniotico tra feti XXY e XY (12). Analogamente, il picco postnatale di
testosterone risulta simile tra pazienti e controlli. Anche durante
l’infanzia, le concentrazioni salivari di testosterone risultano normali e cominciano a crescere all’esordio della pubertà. Tuttavia,
le concentrazioni dell’ormone spesso dopo i 16 anni appaiono
significativamente inferiori rispetto ai controlli.
I livelli plasmatici delle gonadotropine, nei soggetti prepuberi,
sono nel range della normalità. Il loro livello inizia a crescere sei
mesi dopo l’esordio della pubertà (8) a causa della accelerata
deplezione delle cellule germinali. Anche se molti pazienti sono
infertili, sono stati descritti casi di paternità senza l’utilizzo di tecniche di procreazione assistita, in particolare nei casi di mosaicismo, ma anche in un paziente XXY non mosaico (14). Le probabilità di diventare padre per i pazienti KS sono oggi cresciute,
grazie all’estrazione testicolare di spermatozoi (TESE) ed all’iniezione intracitoplasmatica degli stessi (ICSI) (14).
Figura 1.
Adolescente di 14.7 anni (caso clinico 3) inviato per ritardo
puberale e ginecomastia. Diagnosi: Sindrome di Klinefelter
(47,XXY) (De Sanctis V, osservazione personale).
Conclusioni
I soggetti affetti da sindrome di Klinefelter, nella maggior parte
dei casi, vengono diagnosticati in età adulta e più raramente in
19
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 8, n. 2, 2010
Tabella 1.
Caratteristiche cliniche e più frequenti complicanze
osservate nei pazienti con sindrome 47,XXY e varianti.
Nascita
Infanzia
Pubertà
Età adulta
Disturbo del linguaggio
X
X
X
Disturbo comportamentale
X
X
X
Ritardo mentale
X
X
X
Alta statura
X
X
Abito eunucoide
X
X
Ritardo puberale
X
Testicoli di ridotto volume
X
X
Ginecomastia
X
X
Riduzione della libido
X
X
Criptorchidismo
X
Micropene
X
Ipospadia
X
Alterazioni somatiche
X
Bibliografia
Alterazioni della funzione tiroidea
X
Alterazioni della glicemia
X
età evolutiva. I pazienti sfuggono alla diagnosi a causa della
variabilità delle caratteristiche fenotipiche e per l’assenza di
dimorfismi facciali.
I disagi e le conseguenze di una diagnosi tardiva sono stati portati all’attenzione medica dagli stessi pazienti (16).
È importante, quindi, saper riconoscere le caratteristiche dei
pazienti con KS per effettuare una diagnosi precoce (Tabella 1).
Un’analisi del cariotipo è indicata nel caso in cui compaiano, in
un maschio, i seguenti segni clinici:
1. deficit di attenzione
2. ritardo di sviluppo
3. deficit del linguaggio
4. difficoltà di apprendimento
5. difficoltà psicosociali
6. problemi comportamentali
7. microrchidismo in età puberale
8. ginecomastia.
mandazioni riportate in letteratura
(17, 18). Inoltre, bisognerà informare i genitori che questa patologia
cromosomica non esclude la possibilità di poter procreare se verranno utilizzate tecniche di fertilizzazione assistita (14).
Una terapia sostitutiva con testosterone, in età adolescenziale, può
essere necessaria, in casi selezionati, per mantenere un adeguato
livello plasmatico di testosterone,
allo scopo di prevenire le complicanze secondarie alla carenza di
androgeni (3, 6, 19, 20).
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La diagnosi precoce di KS nei soggetti prepuberi consentirà di
identificare i soggetti che avranno bisogno di un intervento logopedico, supporto scolastico ed educazionale (9-11).
Nei soggetti in età adolescenziale la comunicazione della diagnosi dovrà essere fatta con “gradualità”, seguendo le racco-
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Corrispondenza:
Dr. Vincenzo De Sanctis
U.O. Pediatria Ospedaliera
Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara
Tel. 0532 236934 - Fax 0532 247107
e-mail: [email protected]
21
Quando i genitori
non sanno più dire no
Costantino Gilardi
Laboratorio Freudiano, Torino.
È diventato abbastanza frequente durante un viaggio in
treno, in un negozio o per strada constatare che alcuni, forse molti,
genitori non sanno più dire no ai loro figli, in modo a volte davvero
sorprendente.
Da circa vent’anni in qua il non sapere più dire no è divenuto un
comportamento così evidente da non potere non metterlo in relazione con il funzionamento stesso del nostro sociale contemporaneo.
Alcune ricerche hanno evidenziato la relazione di questi comportamenti con:
un indebolimento della autorità
una crescita esplosiva delle sollecitazioni al consumo.
te l’aumento (13%) di denunce da parte dei genitori contro comportamenti dei figli nei loro confronti.
Sono state fatte proposte di “scuole per genitori”, il che da una
parte stupisce per il fatto che sembrava scontato che si sapesse
fare i genitori, ma dall’altra fa cogliere che saper fare il genitore non
è oggi cosa scontata e si rende necessario un saper fare supplementare, da apprendere.
Questa inedita difficoltà obbliga però ad una constatazione più
vasta e che cioè la crisi di legittimità riguarda l’intera società e non
soltanto i genitori.
Da dove trae la legittimità un insegnante per far tenere il silenzio in
classe?
O da dove trae la legittimità un insegnante per giudicare se le competenze sono state acquisite o no?
Già Freud segnalava tre compiti “impossibili”: quello di educare,
quello di governare e quello di psicoanalizzare. Certamente il compito di educare per i genitori e per gli insegnanti è confrontato ad
un impossibile che fa parte dello stesso compito e della scommessa ad esso legata, ma forse ciò che diviene sempre più frequente nella nostra società è il venir meno di un riferimento a qualcosa di terzo al di là del due, sia esso
il due di una coppia di partners, il due
del rapporto genitore-figlio o di qualsiasi altro rapporto che mette due
persone una di fronte all’altra.
In passato il riferimento terzo assumeva delle precise forme nel funzionamento sociale: Dio, il sovrano, le
forme di autorità costituita ecc. JeanPierre Lebrun nel suo libro Un
mondo senza limite, così sintetizza e
un po’ schematizza la successione
dei diversi funzionamenti nelle epoche storiche: figli di Dio, figli della
scienza, figli di nessuno.
Se il funzionamento è duale, se la
mia legge è imposta all’altro o la
legge dell’altro è imposta a me, questo funzionamento duale, speculare,
troppo immaginario, finisce con l’essere sempre cannibalico: o io mangio te o tu mangi me.
Ma ciò che mi pare più interessante evidenziare è il legame di
questa impossibilità con una crisi inedita di legittimità: per
molti genitori è diventato difficile o impossibile riconoscere a se
stessi la legittimità di potere e di dovere intervenire con delle
proibizioni.
Molti genitori si sentono obbligati a rispondere positivamente alle
domande dei loro figli e la pratica clinica evidenzia, in modo inedito, che il desiderio di saturare tutte
le richieste dei figli è legato alla
paura di perdere l’amore dei figli.
In passato – pur sfumando questa
affermazione – il primo compito dei
genitori era legato alla educazione;
oggi, e pare che il fatto tenda ad
aumentare, l’obiettivo in qualche
modo primo è essere amati dai propri figli.
Ma, in modo opposto e simmetrico,
si osservano anche comportamenti
più aggressivi che in passato da
parte dei figli nei confronti dei genitori. Fenomeno diventato sufficientemente importante da interessare i
poteri pubblici che, ad esempio in
Belgio, hanno ritenuto di dover
provvedere a strumenti di sostegno
alla “genitorialità”. Il giornale La
Libre Belgique (23 gennaio 2006)
ha pubblicato un articolo riguardan-
22
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Quando i genitori non sanno più dire no
Volume 8, n. 2, 2010
Il punto centrale di ogni educazione è finora consistito nel trasmettere un riferimento terzo, autorevole e non autoritario, che permettesse al soggetto di diventare se stesso. Si tratta della irrinunciabile funzione paterna divenuta scomoda o troppo evanescente. Una
certa letteratura psicologizzante non ha sempre facilitato le cose:
mi pare necessario ricordare che la funzione paterna non è necessariamente esercitata dal genitore biologico; nelle strutture matrilineari la funzione paterna è esercitata dallo zio materno e nei casi in
cui il genitore sia morto precocemente è ovvio che la funzione
paterna sarà esercitata da un altro o da un’altra, madre compresa.
Il diritto romano aveva ben colto la distinzione tra genitore e padre:
quando nasceva un bambino, ciò che lo costituiva figlio era il fatto
che il padre lo sollevasse sulle braccia (tollere liberum) e se il padre
sollevava un bambino che non aveva generato, questo bambino
diventava figlio.
Compito dell’irrinunciabile esercizio della funzione paterna è quello
di produrre un consenso alla perdita del tutto è possibile, un consenso alla trasmissione di un limite, che ha una funzione strutturante per il soggetto.
È divenuto più difficile nel nostro funzionamento sociale trasmettere qualcosa della necessaria rinuncia alla onnipotenza come dato
irriducibile della condizione umana.
Persa la legittimità di una posizione necessariamente asimmetrica,
i genitori, in un rapporto con i figli diventato troppo duale, sono
costretti a meritare l’amore dei figli.
L’istituzione familiare, che aveva il compito di preparare i figli a trovare un loro posto nella vita sociale, aveva come risorsa di poter far
funzionare una differenza, una asimmetria di posti; il rapporto genitori-figli sta tendendo invece a diventare luogo di scambio, di contratto reciproco e simmetrico: i genitori negoziano e contrattano con
i loro figli o sono costretti a negoziare e contrattare per ottenere rendimento scolastico o qualunque altra cosa.
La solidarietà società / famiglia si è infranta: nell’attuale funzionamento sociale la famiglia tende a proteggere i figli dalla scuola e
dalla società. Si diventa adulti senza essere usciti dalla infanzia e
dalla adolescenza.
Educare deriva da educere, tirar fuori, che rinvia ad almeno due
dimensioni necessarie per diventare adulti:
diventare capaci di pensare e agire autonomamente
essere sufficientemente “tirati fuori”, cioè in grado di sbrogliarsi
da soli.
La inedita difficoltà a dire no, che ho cercato di evocare brevemente, ha ovviamente delle conseguenze rilevabili nel legame sociale;
ne indico sinteticamente due: la violenza e il funzionamento di
massa.
La violenza emerge nel bambino come comportamento normale,
quando i primi altri attorno a lui (genitori o coloro che ne fanno le
veci) gli significano una proibizione, lo mettono di fronte ad un limite, ad un no.
Ma l’esperienza clinica fa ben vedere che se il bambino non ha di
fronte a lui un altro capace di sopportare l’urto della sua normale
violenza, questa violenza non potrà evolvere né trasformarsi in
qualcos’altro, cioè sublimarsi. E allora prenderà la strada della
distruzione, sarà abbandonata a se stessa, fino ad un godimento
mortifero nell’esercizio della violenza stessa.
I genitori delegittimati, non attrezzati a sostenere questo urto, evitano lo scontro-incontro tra genitore e figlio.
I genitori che troppo evitano la “normale” violenza del bambino
o troppo evitano l’inevitabile conflitto, rischiano di far sì che il
bambino e poi l’adolescente non trovi dinanzi a sé la testimonianza di qualcuno che è riuscito a cavarsela sufficientemente
bene con la violenza e con l’odio: non riceve la testimonianza
che è possibile e necessario trasformare il normale odio in
qualcosa d’altro.
Nella generazione successiva questo giovane, che non ha potuto
metabolizzare il suo odio, orientandolo diversamente, quando sarà
confrontato alla violenza e all’odio dei suoi figli, sarà di fronte a una
zona cieca e non sopporterà di essere oggetto d’attacco.
Si pone inevitabilmente la domanda sull’avvenire della violenza e
dell’odio nelle nostre società occidentali.
La massa
Molti segnali ci fanno cogliere che nel sociale contemporaneo ritornano funzionamenti di massa che ci pareva dover relegare ad un passato tramontato.
In Psicologia delle masse e analisi dell’Io Freud individuava come
caratteristiche della massa un prevalere degli aspetti emotivi ed
affettivi sugli aspetti razionali, come può avvenire in uno stadio o in
un assembramento fortemente connotato da situazioni analoghe, il
riferimento ad un capo e la funzione della propaganda.
Mi pare difficile, senza generalizzare, non ritrovare i tratti salienti di
questo funzionamento in certi aspetti della comunicazione di
massa, nell’influenza esercitata dai media, nel riferimento a capi o
capetti, nel riconoscersi nel branco o in altre forme di simili aggregazioni.
Venendo meno un riferimento terzo, un luogo d’eccezione, un
luogo non simmetrico, che ci permetta di esistere come soggetti,
corriamo il rischio di diventare soggetti gregari, presi nella massa,
persi in un “tutti”.
Jean-Pierre Lebrun per descrivere questo modo di funzionare del
sociale conia un neologismo, “entousement”, che potremmo tentare di tradurre con “intuttimento” (3).
Dipendiamo, diventiamo consumatori, consegnati a funzionamenti
collettivi e a opinioni mediatiche. I tentativi di sottrarsi a questo tipo
di funzionamento tendono a prendere due posizioni opposte e sim-
La violenza
Nel contesto di crisi di legittimità evocato, che in modo
più generalizzato si iscrive nella postmodernità (1) o nella ipermodernità (2) la violenza prende forme inedite.
23
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Quando i genitori non sanno più dire no
Volume 8, n. 2, 2010
po speculari, dove non può che prevalere la legge del più forte
e la violenza; qualunque comportamento o parola che fa intervenire una dimensione terza avrà un effetto benefico. Non si
tratta di imporre la mia legge o di subire la legge dell’altro, ma
di essere entrambi sottomessi ad una legge comune;
è urgente ritrovare una parola autorevole, capace di uscire dalle
impasses autoritarie e dai silenzi assordanti, dal troppo pieno e
dal troppo vuoto.
metriche: quella della rivolta in forma violenta e quella della soggezione in forma di vittima.
Cosa fare?
Il compito di ogni educatore è sempre confrontato ad
un impossibile. I genitori non saranno, per fortuna!, all’altezza dell’attesa dei loro figli, ma proprio questo permetterà ai figli di trovare
la loro strada.
In questa prospettiva mi limito a tre considerazioni:
saper fare la distinzione tra persona e ruolo di genitore e non
sentirsi personalmente attaccati o distrutti quando inevitabilmente i figli, più o meno violentemente, si contrappongono;
cercare di uscire il più possibile da situazioni troppo duali, trop-
Bibliografia
Corrispondenza:
Costantino Gilardi
Laboratorio Freudiano
Corso Vittorio Emanuele II, 172
10138 - Torino
e-mail [email protected]
24
1.
J. F. Lyotard, La condition postmoderne, Minuit 1979.
2.
G. Lipovetsky, Les temps hypermodernes, Grasset 2004.
3.
J.-P. Lebrun, La Perversion ordinaire. Vivre ensemble sans autrui, Denoel
2007.
Giovani Medici
Iperidrosi nell’adolescente:
inquadramento
diagnostico-terapeutico
Sara Ciccone
Medico-Chirurgo, Ferrara
Riassunto
La sudorazione è un processo fisiologico e vitale. L’iperidrosi è una sudorazione eccessiva che può essere focale o generalizzata. Diverse condizioni possono essere responsabili di quest’ultima forma. Una sudorazione eccessiva può costituire un problema importante per gli adolescenti. Questi pazienti riferiscono di sentirsi a disagio e di avere
problemi di ordine psico-sociale. Questa review riporta un approccio alla diagnosi e al trattamento delle iperidrosi.
Parole chiave: sudorazione, iperidrosi, trattamento, adolescenti.
Hyperhidrosis in adolescents:
diagnostic and therapeutic approach
Summary
Sweating is a physiological and vital process. Hyperhidrosis is an excessive sweating that can be focal or
generalized. Several conditions may be accountable for the latter form. Increased sweating may constitute an important
problem for adolescents. Those affected report embarrassment and social distress. This review report an approach to diagnosis and treatment oh hyperhidrosis.
Key words: sweating, hyperhidrosis, treatment, adolescents.
La sudorazione è un processo fisiologico, essenziale per la termoregolazione, ed è sotto il controllo del sistema nervoso simpatico. Si distinguono due tipi di sudorazione: termoregolatoria
ed emozionale. La maggior parte delle ghiandole sudoripare è di
tipo eccrino. Queste ghiandole, la cui principale funzione è la termoregolazione, sono distribuite su tutta la superficie corporea,
con una densità maggiore a livello della regione ascellare, del
palmo delle mani e della pianta dei piedi. Le ghiandole sudoripare apocrine si trovano principalmente a livello delle ascelle e
della regione urogenitale. Queste ghiandole si attivano durante la
pubertà e sono responsabili dell’odore “acre” riferito spesso dai
genitori (1, 2).
Una sudorazione eccessiva viene definita iperidrosi.
La prevalenza dell’iperidrosi nella popolazione generale, secondo uno studio statunitense, è pari al 2,8%. Nel 51% dei casi la
localizzazione è ascellare (3). La forma più comune in età prepubere è quella palmo-plantare (4). Nei soggetti affetti non sono
state osservate alterazioni morfologiche delle ghiandole sudoripare. L’iperidrosi è secondaria ad una disfunzione del sistema
nervoso autonomo o è secondaria ad alterazioni molto più com-
plesse, come è stato ipotizzato da Harmsze et al. (5) in soggetti
giovani adulti che eseguivano un esercizio fisico. È stata inoltre
ipotizzata una maggiore sensibilità dei centri ipotalamici regolatori della sudorazione agli stimoli emotivi di origine centrale (1, 2).
L’iperidrosi può interferire con le normali attività quotidiane, e
spesso induce disagio o problemi di ordine psicosociale (1, 4).
L’adolescente che presenta iperidrosi non solo ha la necessità di
cambiare spesso gli indumenti bagnati (2), ma può andare
incontro ad un aumentato rischio di infezioni (6). Un corretto
inquadramento diagnostico ed un precoce trattamento possono
migliorare significativamente la qualità di vita del paziente (4).
Riportiamo di seguito un breve inquadramento delle forme localizzate e generalizzate.
L’iperidrosi localizzata interessa principalmente le ascelle, le mani,
i piedi ed il viso. Sembra avere una predisposizione genetica, in
quanto il 65% dei pazienti presenta una familiarità. A differenza
della forma generalizzata, esordisce in genere durante l’infanzia o
l’adolescenza. Caratteristicamente, non si manifesta durante il
sonno e si accentua con il calore e gli stimoli emotivi (2).
L’iperidrosi generalizzata interessa l’intera superficie corporea ed
25
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 8, n. 2, 2010
Tabella 1. Cause di iperidrosi (da Stolman, modificata).
Iperidrosi generalizzata
Iperidrosi localizzata
Calore, umidità, esercizio fisico
Malattie febbrili: infezioni acute e croniche
Neoplasie: linfoma di Hodgkin
Metaboliche: diabete mellito, ipoglicemia, tireotossicosi
Attivazione del simpatico: shock e sincope, dolore intenso,
astinenza da alcol o droghe
Neurologiche: disautonomia familiare, sindrome di Ross
Farmaci: propanololo, pilocarpina, antidepressivi triciclici
Calore
Olfattoria
Gustativa: acido citrico, caffè, cioccolata, burro di arachidi,
alimenti speziati
Lesioni neurologiche/Sindrome di Frey
In conclusione, l’iperidrosi è un problema di frequente osservazione nell’età adolescenziale. A volte è tale da comportare disagio ed isolamento sociale. Una valutazione diagnostica viene
raccomandata solo per le forme generalizzate. Diversi presidi
sono disponibili per le forme localizzate a differenza delle forme
generalizzate che sono molto difficili da trattare.
è causata principalmente da infezioni febbrili, alterazioni endocrine o neurologiche, neoplasie e farmaci (1). Nella Tabella 1 vengono riportate le cause responsabili dell’iperidrosi secondo
Stolman (2).
Il trattamento dell’iperidrosi può essere topico, sistemico o chirurgico. Inizialmente, il trattamento prevede l’utilizzo di agenti
topici. Gli antitraspiranti più usati sono a base di cloruro di alluminio, che riduce la sudorazione ostruendo i pori delle ghiandole sudoripare e producendo atrofia delle cellule secretorie.
Tuttavia, questi farmaci non sempre riescono a controllare l’iperidrosi localizzata.
La ionoforesi costituisce uno dei più semplici, sicuri ed efficaci
presidi per il trattamento dell’iperidrosi palmare e palmo-plantare. Consiste nell’applicazione di una corrente continua, a bassa
tensione, attraverso l’acqua o garze imbevute a contatto con la
superficie da trattare (2, 4).
Le iniezioni intradermiche di tossina botulinica inibiscono temporaneamente (6-15 mesi) il rilascio di acetilcolina a livello delle
fibre postgangliari del sistema simpatico, che innervano le ghiandole sudoripare(1, 2). Pochi studi riportano l’utilizzo della tossina
botulinica nell’adolescente con iperidrosi. Uno studio effettuato
su 9 bambini e adolescenti con iperidrosi palmare trattati con
tossina butulinica ha riportato, tra gli effetti collaterali, il dolore
nella sede dell’iniezione ed una transitoria ipoastenia (7).
Per le forme sistemiche gli anticolinergici potrebbero essere utili,
ma sfortunatamente i dosaggi necessari per ridurre la sudorazione causano effetti collaterali tali da non essere tollerati a lungo
termine (2, 4).
Il trattamento chirurgico dell’iperidrosi ascellare resistente al trattamento locale è rappresentato dall’ablazione delle ghiandole
sudoripare ascellari. Un’alternativa, per le forme palmari e cranio-facciali, è rappresentata dalla simpatectomia per via toracoscopica, che consiste nell’interruzione della trasmissione degli
impulsi dai gangli del simpatico alle ghiandole sudoripare. La
tecnica è efficace ma comporta alcune complicanze, come l’iperidrosi compensatoria. Questa si manifesta, secondo un recente
studio, nell’82% dei pazienti. È meno frequente nei bambini
(70%) rispetto agli adulti (88,5%) (8, 9).
Bibliografia
1. Schlereth T, Dietrich M, Birklein F. Hyperhidrosis - Causes and
treatment of enhanced sweating. Dtsch Arztebl Int 2009; 106:32-37.
2. Stolman L P, Hyperhidrosis-medical and surgical treatment, Eplasty.
2008; 8: e22.
3. Strutton DR, Kowalski JW, Glaser DA, et al. US prevalence oh
hyperhidrosis and impact on individuals with axillary hyperhidrosis:
results from a national survey. J Am Acad Dermatol 2004; 51:241-248.
4. Gelbard CM, Epstein H, Hebert A. Primary pediatric hyperhidrosis: a
review of current treatment options. Pediatr Dermatol 2008; 25:591-598.
5. Harmsze AM, van Houte M, et al. Exercise-induced sweating in
healthy subjects as a model to predict a drug’s sweat-reducing
poperties in hyperhidrosis: a prospective, placebo-controlled, double
blind study. Acta Derm Venereol 2008; 88:108-112.
6. Walling HW. Primary hyperhidrosis increases the risk of cutaneous
infection: a case-control study of 387 patients. J AM Acad Dermatol
2009; 61:242-246.
7. Coutinho dos Santos LH, Gomes AM, Giraldi S, et al. Palmar
hyperhidrosis: long-term follow-up of nine children and adolescents
treated with botulinum toxin type A. Pediatr Dermatol 2009 26:439-444.
8. Steiner Z, Cohen Z, Kleiner O et al. Do children tolerate thoracoscopic
sympathectomy better than adults? Pediatr Surg Int 2008; 24:343-347.
9. Moya J, Ramos R, Morera R, Villalonga R, et al. Thoracic
sympathicolysis for primary hyperhidrosis- a review of 918 procedures.
Surg Endosc 2006; 20:598-602.
Corrispondenza:
Dott.ssa Sara Ciccone
Via Garibaldi, 83 – 44121 Ferrara
e-mail: [email protected]
26
Agosto 2010
Leptin and ghrelin serum concentrations
in thalassemia major and intermedia patients
and normal subjects
Hamdollah Karamifar 1, Maryam Bahmanyar 2, Vincenzo De Sanctis 3, Mehran Karimi 4
1
Pediatric Endocrine Department – Shiraz University of Medical Sciences – Shiraz (Iran)
Pediatric Department – Shiraz University of Medical Sciences – Shiraz (Iran)
Department of Reproduction and Growth – Pediatric and Thalassaemia Unit – Ferrara (Italy)
4
Hematology Research Center – Shiraz University of Medical Sciences – Shiraz (Iran)
2
3
Comitato Editoriale
Abstract
Endocrine dysfunctions related to iron overload, such as delayed puberty, short stature and hypogonadism, lead to major
problems in thalassaemic patients.
Leptin, a polypeptide with 167 amino acids produced by white adipose tissue, is a hormone which reduces appetite and
increases energy consumption by affecting the central nervous system. Ghrelin, a peptide hormone produced by the stomach, stimulates growth hormone release via growth hormone secretagogue receptor.
To evaluate leptin and ghrelin serum levels in thalassemia, 50 normal subjects, 50 b-thalassaemia major patients and 50
thalassaemia intermedia patients were randomly selected.
Mean leptin concentration was 2.6 ± 1.2 mg/L in patients with b-thalassaemia major, and 2.8 ± 2.4 mg/L in patients with
b-thalassaemia intermedia. These values appeared to be significantly lower than controls (9.2 ± 2.9 mg/L) (p < 0.001).
Mean ghrelin concentrations were 1042.1 ± 275.9 pg/mL and 989.3 ± 275.5 pg/mL in b-thalassaemia major and intermediate groups, respectively. This value in thalassaemia major appeared to be significantly higher compared to the control group (876.9 ± 384.3 pg/mL) (p < 0.01).
There was a positive correlation between serum leptin concentration and body mass index (BMI) in thalassaemia major
and intermedia. Leptin levels were significantly lower in thalassaemia major patients with short stature compared to controls, but no correlation was found between ghrelin levels and short stature in any of the three groups. These results suggest
that one of the endocrinopathies affecting thalassaemic patients is adipose tissue dysfunction and it may be that low leptin
levels play a role in the endocrine dysfunction in these patients. These findings need to be confirmed in further studies.
Key words: leptin, ghrelin, thalassemia.
.
Direttore Scientifico
Vincenzo De Sanctis (Ferrara)
Comitato di Redazione
Vincenzo Caruso (Catania), Paolo Cianciulli (Roma), Maria Concetta Galati (Catanzaro),
Maria Rita Gamberini (Ferrara), Aurelio Maggio (Palermo)
Comitato Editoriale
Maria Domenica Cappellini (Milano), Marcello Capra (Palermo), Gemino Fiorelli (Milano), Alfio La Ferla (Catania), Turi Lombardo (Catania),
Carmelo Magnano (Catania), Roberto Malizia (Palermo), Giuseppe Masera (Monza), Lorella Pitrolo (Palermo), Luciano Prossomariti (Napoli),
Michele Rizzo (Caltanisetta), Calogero Vullo (Ferrara)
Segretaria di Redazione
Gianna Vaccari (Ferrara)
International Editorial Board
A. Aisopos (Athens, Greece), M. Angastiniotis (Nicosia, Cyprus), Y. Aydinok (Izmir, Turkey), D. Canatan (Antalya, Turkey),
S. Fattoum (Tunis, Tunisia), C. Kattamis (Athens, Greece), D. Malyali (Istanbul, Turkey), P. Sobti (Ludhiana, India), T. Spanos (Athens, Greece)
Emothal
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 8, n. 2, 2010
Introduction
Presently, low weight and short stature
in thalassaemic patients have become a major
health care problem, as thalassaemia is the most
common genetic disorder worldwide.
Thalassaemia major (TM) manifests as a progressive hemolytic anemia caused by a defect in both
beta globin genes. This severe anemia – hemoglobin (Hb) is usually between 3 to 7 mg/dL –
leads to severe hepatosplenomegaly and growth
disorders and most patients will depend on
recurrent transfusions by the age of two. In thalassaemia intermedia (TI), patients carry a mutation in beta globin genes but are still capable of
maintaining Hb between 6 to 10 mg/dL, so that
they will not need recurrent transfusions, except
in case of infections or surgery (1, 2). Endocrine
disorders such as short stature, delayed puberty
and hypogonadism, caused by iron overload in
thalassaemic patients are major problems indicating endocrine system dysfunction (3).
Leptin is a 16 kD polypeptide with 167 amino
acids. This hormone is secreted by adipose tissue and has a major role in long term maintenance of body weight. It can reduce the appetite
and increase energy consumption by affecting
the hypothalamus. Leptin inhibits neuropeptide
Y which is an appetite stimulator. It also leads to
gamma MSH expression which also reduces the
appetite via hypothalamus (4-8).
Ghrelin is a 28 amino-acid peptide secreted from
the stomach which leads to growth hormone
(GH) release. Ghrelin serum concentration
increases before food intake and decreases after
that (9). Ghrelin's effect on appetite, but not on
GH release, depends on intact vagus outflow (1012). Many hormones regulate serum level of
ghrelin such as PYY3-36, which reduces ghrelin
and suppresses appetite.
The aim of this study is to find a possible relationship between leptin and ghrelin levels and
complications of thalassaemia major and intermedia such as short stature and low weight, in
order to find a potential therapy – such as recombinant leptin hormone – to improve the health
status of these patients.
Methods and materials
The study was performed from January
2008 to July 2009 at the Namazi Hospital of
Shiraz, Iran. The study population consisted of
50 patients with TM referred to the Thalassaemia
Department of Shahid Dastgheib Hospital of
Shiraz, and 50 patients with TI referred to the
Motahari Clinic of Shiraz, selected by using random cluster sampling methods. Fifty healthy
children (matched for age and gender), selected
randomly among the students of four educational zones of Shiraz city, served as the control
group. All patients and healthy children had normal liver function tests. Written informed consents were taken for the study from all parents.
Height was measured using a stadiometer, and
weight was measured by Seca scale. Body mass
index (BMI) was calculated using the formula (13):
wt (kg)
BMI = _______
Ht (m2)
Patients were referred to Namazi Hospital
Research Center for collection of blood samples.
The most recent results of the patients' hemoglobin and serum ferritin were recorded. Fasting
blood samples (5 ml) were collected at 8 AM in
Namazi Endocrine Research Center. The samples
were centrifuged and the sera were maintained at
-70 C. for tests.
Leptin serum concentration was measured via
radioimmunoassay using Leptin Kit (DRG
Instruments GmbH, Germany) and ghrelin
serum concentration was determined via ELISA
using Ghrelin Kit from the same company.
Variables in this study included gender, age, height, weight, BMI, leptin concentration, ghrelin
concentration, Hb and serum ferritin. The study
was approved by Research Council of Shiraz
University of Medical Sciences.
Chi square test was performed for investigating
relationships between qualitative variables. To
study the relation between ghrelin and leptin with
BMI in the three groups controlling for age, partial
correlation test was used.
One way ANOVA test was used to compare a
quantitative variable in more than two groups and
Least Statistical Difference was used to compare
couple tests. BMI was studied in the three groups
using ANOVA, considering age as a bias factor. All
statistical analyses were performed by SPSS 15
Software and p value < 0.05 was considered as
significant.
30
Emothal
H. Karamifar, M. Bahmanyar, V. De Sanctis, M. Karimi
Leptin and ghrelin serum concentrations in thalassemia major and intermedia patients and normal subjects
Results
Table 1.
Age, sex, low, and short stature in thalasse mic patients and controls.
The thalassaemia
Age
Male
Female Underweight Short stature
Study Group
major group (Group 1)
Thalassaemia
included a total of 50
Major
14.2 ± 4.2
26%
24%
38%
58%
patients: 24 female and 26
Thalassaemia
14.0 ± 4.8
29%
21%
34%
30%
Intermedia
male with an average age of
15.5
±
2.0
30%
20%
20%
14%
Controls
14.2 ± 4.8 years. There were
50 patients in thalassaemia
intermedia group (Group 2):
Table 2.
21 female and 29 male with
BMI, leptin and ghrelin levels in thalassemic patients and controls
an average age of 14.0 ± 4.8.
The average age of 50 norStudy Group
Age
BMI
Leptin(µg/L)
Ghrelin(pg/mL)
mal controls (Group 3) (20
Thalassaemia
14.2 ± 4.2
17.0 ± 2.7
2.6 ± 1.2
1042.1 ± 275.9
Major
female and 30 male) was
Thalassaemia
15.5 ± 2.0 years (Table 1).
Intermedia
14.0 ± 4.8
17.8 ± 2.6
2.8 ± 2.4
989.3 ± 275.5
There was no statistically
Controls
15.5 ± 2.0
19.2 ± 2.7
9.2 ± 2.9
876.9 ± 384.3
significant difference in
mean age or gender among
the studied groups.
controls (Table 2). A significant correlation was
Of the total of 150 children in this study, 19
found between serum leptin level and BMI conpatients (38%) in the first group, 17 patients
trolled for age in all groups (p < 0.004, p < 0.002,
(34%) in the second group and 10 subjects
p < 0.001 respectively): with decreasing BMI,
(20%) in the control group were underweight
serum leptin level also decreased. No significant
(BMI < 5th percentile) and there was a significant
correlation was found between ghrelin serum
difference in the percentage of underweight
level and BMI using partial correlation tests.
subjects in groups 1 and 2 in comparison with
The relation between leptin serum level and
group 3 (p < 0.05) (Table 1).
short stature was shown to be significant in
Short stature (height for age < 5th percentile) was
Group 1 (TM) using T-test (p < 0.03), indicating
present in 58% of Group 1, 30% in Group 2 and
that among TM patients (Group 1), those with
14% in the control group. The differences were
short stature had a lower leptin level. No correlastatistically significant (p < 0.001) (Table 1).
tion was found between serum leptin level and
Mean leptin serum level was 2.6 ± 1.2 µg/L in
short stature in the other two groups. No signifiGroup 1, 2.8 ± 2.4 µg/L in Group 2 and 9.2 ± 2.9
cant relation was found between ghrelin serum
µg/L in Group 3. As shown by one way variance
level and short stature in any of the three groups.
analysis, leptin levels in groups 1 and 2 were
Mean serum ferritin level was 1955.76 ng/ml in
significantly lower than in Group 3 (p < 0.001)
Group 1, 688.72 ng/ml in Group 2, and 98 ng/ml
(Table 2). Mean ghrelin serum level was 1042 ±
in group 3, that is, significantly higher in TM com275.9 pg/mL in Group 1, which was significantly
pared to TI and the control group (p < 0.001).
higher (p < 0.01) than in the control group
(876.9 ± 384.3 pg/mL). In thalassaemia intermedia (Group 2), mean serum ghrelin level was
989.39 ± 275.5 pg/mL which, according to one Discussion
way variance analysis, was not significantly different from Groups 1 or 3.
As seen in the distribution of short stature among
Covariance analysis was performed for compari- the study groups (Table 1), short stature in thalasson of BMI among the three groups controlling saemic patients is more prevalent than in normal
for age. Mean BMI was 17.0 ± 2.7 in Group 1, subjects. In addition, mean serum leptin level in
17.8 ± 2.6 in Group 2 and 19.2 ± 2.7 in Group 3. thalassaemia major and intermedia patients is
The difference between Groups 1 and 3, and also significantly lower than in healthy children (Table
that between Groups 2 and 3, was statistically 2). Moreover, in major thalassaemia patients with
significant (p < 0.001); therefore, BMI in TM and short stature, mean leptin serum level was signifiTI patients was significantly lower than in healthy cantly lower than in normal controls and a signifi-
31
Emothal
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 8, n. 2, 2010
cant relationship was observed between short stature and leptin serum level.
In a study in 1999 to investigate leptin serum
concentration, 162 thalassaemia major patients
were compared to 138 healthy controls. Mean
leptin serum level in male subjects was 2.69 ±
1.23 in the thalassaemic group and 6.86 ± 2.71
in the control group. In female subjects levels
were 6.37 ± 2.9 in the thalassaemic group and
9.37 ± 5.2 in the control group. In both cases the
difference was found to be statistically significant
(p < 0.0005 and p < 0.05, respectively) (14). In
another study in Athens on 40 major thalassaemia patients (15) it was found that leptin serum
level was lower in these patients.
The results of these previous studies (14-15)
indicate a relationship between leptin serum
levels and BMI and a lower leptin level among
thalassaemic patients in comparison with a normal population. Our study has also confirmed
this fact. It seems that adipose cells of thalassaemia patients are not able to produce adequate
leptin which might be due to deposition of iron
in these cells. Therefore, the defect in adipose tissue function in thalassaemic patients can be considered as an endocrine system dysfunction,
although it seems other factors may interfere in
the decrease of serum leptin level in thalassaemic
patients. As a patient is more underweight with
less fat tissue, the ability to produce leptin production would be lower (14).
According to other researches, there are different
contributing factors to short stature in thalassaemia, including hypothyroidism, hypoparathyroidism (16, 17), adrenal insufficiency (18) and
pancreatic dysfunction (19). In our study there
was direct correlation between short stature and
serum leptin levels in TM patients. We believe
that low leptin may be a factor of short stature in
these patients but further studies are needed to
investigate the possible relationship.
Serum ghrelin levels in the TM group were
higher compared to controls which might be due
to a compensatory response to growth retardation or a partial resistance to ghrelin that leads to
its increased level (20). The results of this study
did not show any relation between ghrelin serum
concentration and short stature, which is consistent with previous studies. In a study, in 2006,
in Turkey by Camurdan MO et al. on 17 children
with constitutional growth retardation, 19 with
familial short stature and 11 normal subjects,
serum concentrations of ghrelin, IGF-1 and
IGFBP-3 were measured. The study showed that
serum ghrelin levels in children with familial
short stature were higher than in controls (20).
But according to a previous research, height and
weight are independent to ghrelin level (20). So
the Authors postulated that the negative relation
found between height and ghrelin level is because of a compensatory increase in ghrelin level in
response to short stature. In China, Zou CC et al.
performed another study on 117 patients with
short stature due to growth hormone deficiency,
81 with idiopathic short stature and 125 normal
children as controls. The aim of the study was to
explore serum ghrelin concentration and polymorphism of the ghrelin/obestatin gene (21).
The results indicated that in patients with growth
hormone deficiency ghrelin serum level was
significantly lower than in the control group,
which suggests a probable important role for
ghrelin in growth hormone secretion and growth
control. In this study, sexual maturation was not
investigated; this factor, as well as others, should
be considered in future researches.
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