composizione e struttura di rete tra le societa` quotate in italia.
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COMPOSIZIONE E STRUTTURA DI RETE TRA LE SOCIETA’ QUOTATE IN ITALIA. ALESSANDRO GAMBINI Università Politecnica delle Marche EMMA SARNO Università di Napoli “L’Orientale” ALBERTO ZAZZARO Università Politecnica delle Marche MoFiR working paper n° 63 March 2012 COMPOSIZIONE E STRUTTURA DI RETE TRA LE SOCIETÀ QUOTATE IN ITALIA* ALESSANDRO GAMBINI UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE EMMA SARNO UNIVERSITÀ DI NAPOLI “L’ORIENTALE” ALBERTO ZAZZARO UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE * Il presente saggio è pubblicato in Reti d’imprese e territorio. Tra vincoli e opportunità dopo la crisi, a cura di Alberto Zazzaro, 2010, Bologna: il Mulino -1- 1. Introduzione Due dei tratti più caratteristici e dibattuti del capitalismo italiano sono senza dubbio la diffusione di complessi gruppi piramidali – grazie ai quali un ristretto nucleo di famiglie imprenditoriali, con un limitato impegno patrimoniale, ha controllato e controlla stabilmente una parte considerevole della nostra industria [Barca 1997; Bianchi et al. 2005; Bianchi e Bianco 2006; Corrado e Zollo 2006] – e la presenza di un fitto intreccio di partecipazioni azionarie reciproche e di accordi di voto che lega tra loro banche, imprese e assicurazioni in quel «salotto buono» che ancora domina l’economia italiana [Messori 2007]1. Sia pure con sfumature diverse, questo modello di governo delle nostre imprese, fondato su complesse forme di sovrapposizione nel controllo societario, è da molti osservatori considerato tra le cause principali della gran parte dei fattori di debolezza che sono alla radice del forte rallentamento (declino?) dell’economia italiana: la scarsa dinamica delle strutture di comando, proprietarie e manageriali, la loro inefficiente allocazione, la cronica sottocapitalizzazione delle imprese, il mancato sviluppo di una finanza non bancaria, la scarsa concorrenza sui mercati dei prodotti [Nardozzi 2004; Costi e Messori 2005; Barucci 2006; Bianchi e Bianco 2006]. Ma oltre che da legami di natura proprietaria, le imprese sono spesso fra loro collegate attraverso la condivisione dei membri dei consigli di amministrazione o di altri importanti organi di governo (interlocking directorates). Le ragioni che spiegano il cumulo di cariche in diversi consigli di amministrazioni in capo a uno stesso individuo sono diverse, andando da quelle organizzative, legate alla gestione delle imprese interessate dai legami, a quelle personali, legate al prestigio e al potere degli amministratori stessi [Mizruchi 1996]. Diverse, e possibilmente di segno opposto, sono anche le 1 “The power of Italy’s salotto buono — meaning the “fine drawing room” of top industrialists and bankers which controlled business for decades through a complex system of cross-shareholdings — may have declined, but it still wields influence” [Economist, March 18th, 2010]. -2- implicazioni degli interlocking directorates sulla performance delle imprese, consentendo, da un lato, un uso più intenso di capacità manageriali scarse e uno scambio di informazioni rilevanti, ma allo stesso tempo rafforzando gli intrecci proprietari ai danni degli azionisti di minoranza e della concorrenza sui mercati e rendendo meno efficiente il lavoro di amministratori divisi tra troppo impegni. In Italia, come in molti altri paesi, i legami creati dagli interlocking directorates sono un fenomeno ben noto e diffuso, che sta suscitando un crescente interesse nella letteratura accademica. In questo capitolo, intendiamo fornire una fotografia degli attuali legami tra gli organi societari delle imprese quotate così come emergono dalle comunicazioni fornite dalle imprese alla Consob. Utilizzando le tecniche della social network analysis, daremo una rappresentazione della rete di imprese che si forma attraverso la condivisione degli amministratori, dell’intensità di questi legami e, in particolare, cercheremo di individuare quali sono le imprese al centro della rete e quali sono i suoi nuclei stabili. 2. Interlocking directorates: una breve rassegna della letteratura La condivisione tra due imprese di uno o più amministratori è un fenomeno comune in molti paesi con strutture industriali e finanziarie anche molto diverse2. Essa riguarda sia gli amministratori esterni, sia gli amministratori interni con incarichi operativi in almeno una della imprese coinvolte3. Come scrive Mizruchi [1996, 272] nella sua influente rassegna sulla natura e gli effetti degli interlocking directorates, “although they are not the answer to all questions about interorganizational relations, interlocks remain a powerful indicator of network ties between firms 2 Per un’analisi comparata del fenomeno degli interlocking directorates in Europa e negli Stati Uniti, cfr. Stokman e Wasseur [1985], Stokman et al. [1985], Mac Canna et al. [1999], Santella et al. [2008]. 3 Quando l’amministratore che siede nelle due imprese è un amministratore esterno il legame viene detto di tipo out- out; quando l’amministratore è interno il legame è interno a una o a entrambe le imprese il legame viene detto, rispettivamente, di tipo in-out oppure in-in [Bianco e Pagnoni 1997]. Quando le imprese solo legate da due amministratori interni uno alla prima l’altro alla seconda impresa, allora il legame viene detto reciproco [Fich e White 2003]. -3- [and] they continue to yield significant insights into the behaviour of firms”. In questo paragrafo presenteremo dapprima una breve rassegna delle teorie e delle evidenze sulle funzioni e gli effetti degli interlocks e, successivamente, restringeremo l’attenzione sui contributi che hanno analizzato la diffusione degli interlocking directorates nella realtà delle imprese italiane. 2.1. Perché le imprese condividono gli amministratori? L’ampia letteratura, prevalentemente giuridica, sociologica e manageriale, che ha affrontato il tema dei legami tra imprese attraverso gli amministratori ha avanzato diverse possibili teorie del perché questi si formano. La principale e più antica riguarda la volontà delle imprese coinvolte di colludere per influire sul funzionamento del mercato e sulla formazione dei prezzi. I rischi di collusione sono la ragione che ha portato il Congresso americano già nel 1914 con il Clayton Act a considerare illegale la condivisione degli amministratori per le imprese appartenenti alla stessa industria – che si immagina dovrebbero farsi competizione sugli stessi mercati – e che successivamente, con l’Interlocking Directorates Act del 1990, lo ha spinto a rivedere il divieto in senso ancor più restrittivo. L’idea della teoria collusiva è che attraverso la condivisione degli amministratori le imprese potrebbero più facilmente comunicare tra loro aumentando così le possibilità di trovare un accordo collusivo che limiti la concorrenza sui mercati, di controllarne l’applicazione ed eventualmente di sanzionarne il mancato rispetto. Sebbene vi sia evidenza del fatto che la concentrazione del mercato di riferimento sia un elemento almeno in parte favorevole all’instaurarsi di interlocking directorates [Pennings 1980; Burt 1983], le informazioni statistiche su cui questi studi si basano rendono estremamente difficile stabilire la direzione del nesso causale tra interlocks e concentrazione del mercato e, principalmente, non consentono di stabilire qual è l’effetto degli interlocks sui concreti atteggiamenti collusivi. Sempre collegate alla maggiore disponibilità di informazioni reciproche e alla riduzione delle asimmetrie informative, vi sono le teorie della dipendenza e dell’infiltrazione [Mizruchi e Stearns 1988] che considerano gli interlocks come una modalità per un’impresa di aumentare il controllo -4- sulle risorse di un’altra impresa considerata centrale per la propria attività. Queste teorie sono state utilizzate per spiegare in particolare gli interlocks tra banca e impresa4. In questo caso, le imprese, specie se in fase di rapida crescita o se molto indebitate, potrebbero essere interessate a inserire un proprio rappresentante nelle banche per garantirsi un flusso costante di risorse finanziarie a costi più contenuti. Allo stesso tempo, le banche potrebbero trovare utile partecipare ai consigli di amministrazione dei propri creditori, specialmente durante le fasi in cui la loro solvibilità si deteriora, per poter svolgere una più efficace azioni di selezione e controllo. In questi casi, molto spesso gli amministratori coinvolti sono amministratori interni alla banca o all’impresa. L’evidenza empirica in favore di queste teorie è mista. I primi lavori per gli Stati Uniti di Dooley [1969], Pfeffer [1972] e Mizruchi e Stearns [1988] indicavano che le imprese meno solide e più indebitate erano quelle con una maggiore probabilità di avere un interlock con una istituzione finanziaria. Questi lavori, però, non erano in grado di stabilire se l’interlock interveniva o meno con la principale banca debitrice [Mizruchi 1972]. La ricerca successiva, si è quindi concentrata sul rapporto tra banca e impresa invece che sui dati aggregati relativi al grado di indebitamento dell’impresa giungendo, però, a indicazioni opposte. Ad esempio, Krozner e Strahan [2001] trovano che le banche americane tendono a non avere propri rappresentanti nelle imprese con cui sono maggiormente esposte, mentre Kracaw e Zenner [1998] trovano che i titoli delle banche sui mercati finanziari reagiscono negativamente all’annuncio di un nuovo interlock con un’impresa con essa indebitata. Infine, seguendo l’intuizione di Fama e Jensen [1983], molti autori hanno suggerito che il cumulo di cariche in più consigli di amministrazione in capo ad un soggetto potrebbe riflettere la qualità delle sue capacità manageriali, segnalata dai successi delle imprese in cui ha servito come amministratore [Gilson 1990; Kaplan e Reishus 1990; Ferris et al. 2003]. Tuttavia, Fich e Shivdasani [2006] trovano che le imprese con amministratori che hanno più di tre cariche tendono 4 Una discussione più generale sulla funzione della condivisione degli amministratori come strumento per stringere rapporti commerciali e ridurre l’incertezza economica è in Allen [1974] e Schhorman et al. [1981]. -5- a ottenere risultati aziendali mediamente inferiori a riprova del fatto che il cumulo delle cariche tende a peggiorare la qualità del loro impegno nell’azienda. Oltre a motivazioni di tipo aziendale, gli interlocking directorates rispondono a motivazioni sociali e personali riguardanti gli amministratori coinvolti. Ad esempio, diversi autori hanno sottolineato che gli interlocks rappresentano un fenomeno di classe, essendo uno strumento per rafforzare la coesione di un gruppo sociale – sia esso «la classe capitalista» o «il salotto buono» – che intende imporsi come perno della vita economica, sociale e politica del paese [Zeitlein 1974]. A dimostrazione della loro tesi questi autori portano l’evidenza che spesso quando un amministratore cessa di servire in una delle due società spezzando il legame tra le due, entrambe le società tendono a costituire nuovi interlocks ma in genere con imprese diverse, operanti anche in altri settori, con il solo obiettivo quindi di mantenere i legami con il «salotto buono» dell’industria nazionale [Koenig et al. 1979]. Altri suggeriscono che gli incarichi multipli in più consigli sono ricercati dagli amministratori stessi per acquisire contatti e aumentare le loro possibilità di carriera al di fuori dell’azienda originaria, oltre che per aumentare i loro guadagni immediati. In linea con questa spiegazione, Fich e White [2003] trovano che negli Stati Uniti la probabilità che tra due imprese si instauri un legame reciproco attraverso i propri Chief Executive Officers si riduce al crescere della frazione di remunerazione legata al possesso di stock option della società e all’aumentare del numero di incontri che i consigli delle due società effettuano in media in un anno, ossia quando l’interesse o l’impegno nella società è molto elevato. In questa stessa ottica Booth e Deli [1996] trovano poi che i CEOs che cumulano il numero maggiore di cariche esterne sono quelli che hanno già trasferito potere decisionale all’interno dell’impresa. 2.2. Gli studi sull’Italia La scarsa contendibilità del governo delle imprese italiane, tra loro collegate in poche e dense reti di interessi comuni, ciascuna centrata su un nucleo ridotto di imprese e di banche, è uno dei tratti -6- più antichi e persistenti del nostro capitalismo, da tempo riconosciuti e studiati. Non meraviglia, quindi, che già nel corso degli anni Venti studiosi come Zorzini [1925] e Luzzatto Fegiz [1928] puntavano l’attenzione sui legami tra imprese creati attraverso i propri organi societari che univano «le industrie del paese in una fitta e complicata rete di interessi»5 volta, secondo il loro giudizio, a contenere la forza della concorrenza sui mercati finali. Oltre che negli studi dell’epoca, l’importanza storica del fenomeno degli interlocking directorates ha trovato una recente conferma nella dettagliata ricostruzione fatta Rinaldi e Vasta [2005, 2008, 2009] dei legami intercorrenti tra i consigli di amministrazione di un campione molto ampio di imprese quotate e non quotate nel periodo compreso tra gli anni ‘50 e gli anni ’80. Ciò che da questi lavori emerge è che gli interlocks hanno giocato un ruolo fondamentale nel definire gli assetti di governo delle imprese italiane nel secondo dopoguerra, creando un blocco di potere che, almeno fino all’inizio degli anni ’80, ha visto coinvolte sia società pubbliche, sia imprese private. La quota di consiglieri di amministrazioni con più cariche si è mantenuta abbastanza costante nel tempo con valori compresi il 23% e il 26%, anche se a partire dagli anni ’70 la densità della rete (ossia il rapporto tra il numero dei legami esistenti tra le imprese considerate e il numero dei legami possibili6) ha subito una drastica riduzione. Il settore finanziario è sempre risultato tra quelli maggiormente interconnessi al proprio interno, con una quota di banche e assicurazioni che si trovano a condividere tra loro alcuni consiglieri che in taluni anni ha superato anche il 95%. Tuttavia, i legami tra le banche e gli altri settori produttivi si sono fatti nel tempo via via più rari, passando dal 20,1% e 18,9% delle imprese impegnate nel settore manifatturiero e nelle costruzioni nel 1952 ai ben più modesti valori dell’8,6% e 7% registrati nel 1983. Un quadro simile emerge dallo studio di Ferri e Trento [1997] su un campione limitato di grandi banche e grandi imprese per il periodo 1940-1995. Come mostrano gli autori, per tutto il 5 Luzzatto Fegiz [1928, p. 226]. 6 Per una definizione più precisa della densità di una rete e di altre misure di coesione e di centralità si rimanda all’appendice. -7- periodo la quota delle cariche interconnesse non scende mai al di sotto del 20%, con le imprese pubbliche e le banche al centro della rete di legami7. Bianco e Pagnoni [1997] si sono concentrate sui legami intervenuti attraverso gli amministratori e i sindaci delle società quotate alla borsa di Milano tra il 1985 e il 1995. Anche in questo periodo, la quota di amministratori con più cariche si è mantenuta in media intorno al 20%, di cui oltre il 10% arrivando a cumulare cinque o più cariche. Se però si considerano le sole banche, Bianco e Pagnoni mostrano che tale quota scende ben al di sotto dell’8% e che il numero di cariche cumulate raramente supera la soglia di tre. Infine, circa il 10% dei legami tra banche e imprese posso essere considerati «legami stretti» vedendo coinvolti amministratori che hanno cariche esecutive all’interno delle banche (a cui nel 3% dei casi si aggiungono cariche esecutive anche nelle imprese), mentre nel restante 90% dei casi gli amministratori non hanno cariche esecutive nelle banche. La minore diffusione di amministratori interlocked tra le banche è confermata da Barucci [2006] che mostra anche come gli interlocking siano un fenomeno maggiormente diffuso tra le imprese grandi, con un turnover dell’attivo (fatturato/assets) piuttosto basso e con una struttura di controllo di tipo piramidale. Ciò lo porta a sostenere in maniera perentoria che “un amministratore di una società siede nel consiglio di amministrazione di un’altra società per motivi che non sono legati al raggiungimento dello shareholder value” [Barucci 1996, p. 133]. Gli interlocking tra banche e società non bancarie sono anche analizzati in due recenti contributi di Di Donato e Tiscini (2009) e Farina (2009). I primi trovano che un’impresa che ha nel proprio consiglio di amministrazione un consigliere di una banca che in più possiede almeno il 2% dell’impresa stessa tende a indebitarsi a tassi di interesse maggiori e ad avere un più basso grado di leverage. Di Donato e Tiscini interpretano questo risultato come una conferma della teoria secondo la quale la presenza delle banche nelle imprese dà alle prime un potere di monopolio sulle seconde 7 In particolare, Ferri e Trento [1997] trovano che, nel periodo e nel campione analizzato, sia il numero di legami tra società pubbliche e società private sia quello tra banche e società non bancarie ha invariabilmente rappresentato tra il 40 e il 50% dei legami osservati. -8- che si trovano bloccate nella relazione. Purtroppo, però, gli autori hanno informazioni solo sull’indebitamento medio delle imprese e sul costo medio del debito e non sono in grado di sapere se i più alti tassi di interesse pagati dall’impresa fanno riferimento esattamente al debito contratto con la banca presente nel proprio consiglio di amministrazione. Farina (2009), invece, analizza gli interlocking directorates tra le banche e le imprese quotate in borsa nel 2006 e trova che le banche che sono in una posizione maggiormente centrale all’interno della rete dei rapporti tra consigli di amministrazione tendono ad avere una profittabilità in media leggermente più elevata8. Nell’ultimo decennio un numero crescente di lavori ha affrontato il tema dei legami tra gli organi di governo delle società utilizzando gli strumenti della social network analysis. Barbi [2000] analizza le società non bancarie quotate in borsa tra il 1983 e il 1998 e trova che mentre la densità dei legami tende a ridursi nel tempo, la loro concentrazione in un numero ridotto di imprese tende ad aumentare. Santella et al. [2007] estendono l’analisi al periodo 1998-2006, mentre Santella et al. [2008] effettuano un’analisi comparata tra le reti di legami societari esistenti tra le blue chips nel mercato italiano, francese e inglese. Dal primo lavoro emerge che la percentuale di imprese legate tra loro via amministratori è molto elevata e, soprattutto, che questi legami fanno capo a un nucleo relativamente piccolo e stabile di amministratori che cumulano un numero notevole di cariche in molte imprese formando quell’esclusivo «salotto buono» dell’economia italiana da loro efficacemente ribattezzato come Chamber of Lords. Nel secondo studio, Santella et al. mettono in evidenza che il modello di rete che tende a formarsi in Italia e in Francia, con una unica grande componente che raccoglie quasi tutte le blue chips del paese, sembra rispecchiare la volontà delle imprese di costituire legami socio-economici con altre imprese oltre che di assicurarsi informazioni reciproche e accesso privilegiato ai servizi offerti. Al contrario, in Gran Bretagna il grado di centralizzazione della rete è decisamente inferiore suggerendo, secondo gli autori, che i legami tendono a instaurarsi laddove c’è un reale vantaggio reciproco per le aziende coinvolte. 8 La misura utilizzata dagli autori è l’indice di betweenness (vedi l’appendice) -9- Carbonai e Di Bartolomei (2006) si concentrano sull’industria assicurativa analizzando la rete di legami tra le imprese incluse nell’albo dell’ANIA nel luglio del 2004. A livello descrittivo, gli autori trovano che il numero delle componenti (ossia di gruppi di imprese tra loro legate da uno o più amministratori) è pari a 51; la componente più numerosa include 109 compagnie assicurative e l’indice di frammentazione medio (il rapporto tra componenti e compagnie considerate) pari a 0.27. Successivamente, gli autori trovano una conferma dell’effetto anticompetitivo degli interlocking directorates evidenziando come la quota di mercato delle assicurazioni sia positivamente e significativamente correlata con un indice di capacità collusiva, ottenuto attraverso un’analisi delle componenti principali su una serie di misure centralità della compagnia assicurativa all’interno della rete. 3. Gli interlocking directorates tra le imprese quotate in Italia In questo paragrafo prendiamo in esame i legami tra tutte le società italiane quotate sul mercato MTA di Borsa Italiana al 16 novembre 2009 che si formano attraverso la condivisione dei membri degli organi sociali di rappresentanza (amministratori, sindaci e direttori generali). Le informazioni derivano da dati e comunicazioni ricevuti dalla Consob ai sensi dell’art. 100 del regolamento n. 11971/99 relativamente agli organi sociali. Il numero delle società considerate è pari a 281 (tabella 1). Di queste società, 50 sono operanti nel settore finanziario (25 banche, 8 società assicurative, 17 società fornitrici di altri servizi finanziari) e 231 nell’industria in senso stretto. Infine, delle 281 imprese considerate 70 appartengono al segmento Blue Chip del mercato MTA di Borsa Italiana che include tutte le società caratterizzate da una capitalizzazione superiore a 1 miliardo di euro e da una struttura economico-finanziaria particolarmente solida9. [Inserire Tabella 1] 9 Al 16 novembre 2009, le società quotate sul segmento Blue Chip erano in realtà 73, includendo anche tre società straniere Banco Santander, Stmicroelectronics e Tenaris che sono escluse dalla nostra analisi. - 10 - In media in ogni società i soggetti che assumono cariche amministrative sono all’incirca 15, di cui 5 impegnati in funzioni di controllo e 2 che svolgono la funzione di amministratore delegato. Distinguendo tra i settori di appartenenza, nelle società assicurative gli organi sociali assumono in media la dimensione maggiore (18 amministratori in senso stretto e 4 amministratori delegati), seguite dalle banche e dalle altre società finanziarie. 3.1. Uno sguardo d’assieme Il numero totale delle cariche sociali nelle società quotate è pari a 4.328, di cui 2.926 di carattere amministrativo-gestionale e 1.402 di controllo. Tali cariche sono ricoperte da 3.532 persone fisiche con un cumulo medio pari a 1,23 (Tabella 2). Questa quota è inferiore a quella riportata da Bianco e Pagnoni [1997] per il periodo 1985-95, confermando la tendenza a una minore incidenza del fenomeno del cumulo delle cariche già riscontrata dagli autori. Questo fenomeno appare massimamente diffuso nel settore finanziario e tra le imprese grandi (le Blue Chips) dove le cariche sociali attive sono almeno il 50% più numerose degli amministratori che sono chiamati a ricoprirle. [Inserisci Tabella 2] Se si guarda poi al numero di amministratori che cumulano due o più cariche, il fenomeno risulta leggermente più concentrato che nel decennio precedente. Il numero di amministratori con più cariche è pari a 531 corrispondente al 15% del totale degli amministratori, mentre nel 1995 la quota era del 20% [Bianco e Pagnoni 1997]. Tuttavia, il numero massimo di cariche cumulate si è ridotto. La grande maggioranza di questi è presente in due società, mentre appena il 3% degli amministratori ha 5 o 6 incarichi, e nessuno supera tale soglia (Tabella 3). Infine, è interessante notare che gli interlocks interessano principalmente società attive in settori differenti: la quota di amministratori impegnati nel settore finanziario che detengono più cariche all’interno dello stesso settore è pari al 7,7% (nelle banche il cumulo di cariche intra-settoriale è il 4%), mentre nell’industria tale quota è il 12,6%. - 11 - [Inserisci Tabella 3] La figura 1 offre una rappresentazione grafica dei legami tra le società quotate che avvengono tramite la condivisione degli amministratori, mentre nelle tabelle 4, 5 e 6 riportiamo alcune misure statistiche relative alla struttura della rete e alla sua coesione e centralità (per una loro precisa definizione si rimanda all’appendice). [Inserisci Figura 1] Delle 281 società quotate (i nodi della rete), 241 formano un’unica grande componente dove ciascuna società è direttamente o indirettamente collegata alle altre attraverso 836 legami. Le società isolate, con organi sociali totalmente scollegati da quelli delle altre imprese quotate, sono pari a 38, un numero inferiore a quello di 47 riportato da Santella et al. [2007] per il 2006. La struttura della rete appare molto intrecciata, ma con una densità abbastanza contenuta e in leggero calo rispetto al passato [Santella et al. 2007], in cui legami esistenti sono pari al 2,13% di quelli possibili. Ogni impresa ha in media 6 legami, che diventano 7 se si escludono le società isolate, mentre l’impresa con il grado maggiore (la Pirelli & C.) evidenzia ben 37 legami diretti. All’interno della componente principale 22 società rappresentano dei punti di separazione in grado con la loro eventuale fuoriuscita di spezzare la rete in più componenti. In nessun caso, però, la nuova componente che verrebbe a formarsi conterrebbe più di tre nodi. Un nucleo consistente di società fa parte di gruppi molto compatti (clique, nella terminologia della teoria delle reti) in cui ciascuna società è legata a tutte le altre. Più precisamente, tra le società quotate vi sono 247 cliques di dimensione non inferiore a 3, di cui 22 sono composte da 5 società, 9 da 6 società e 1 include 7 società. [Inserisci Tabelle 4 e 5] Passando a esaminare i legami indiretti, in media la distanza geodetica (per una sua definizione si rimanda all’appendice) tra i nodi è pari a 3,35 un valore molto simile a quello prevalente nel 2006 e che conferma la stabilità della struttura della rete nel tempo. Come ricordano Santella et al. [2007], la distanza geodetica può essere interpretata come un indicatore della - 12 - difficoltà che una società ha di entrare in contatto tramite i propri amministratori con gli amministratori di un’altra società. In questa prospettiva, i valori riportati in tabella indicano che in media un amministratore dovrà entrare in contatto con altri due amministratori (con l’amico dell’amico, potremmo dire) per mettere in rapporto la propria società con un’altra, e che le società che assumono una posizione più periferica nella rete dovranno contattarne al massimo sette (corrispondente al diametro della componente maggiore). Per quanto riguarda la posizione dei singoli nodi all’interno della rete, nella figura 2 sono riportati i box plot relativi alle distribuzioni delle misure di centralità (grado e interposizione) per tutte le società quotate, le Blue Chips e le sole banche quotate10. Ciò che colpisce è il fatto che la condivisione di membri di organi societari è un fenomeno che non si distribuisce in maniera uniforme tra tutte le società, bensì riguarda in misura abnorme alcune importanti società e solo in misura ridotta le molte altre che entrano a far parte della rete come satelliti delle prime. Questo fatto trova conferma sia negli indici di concentrazione calcolati sulle misure di centralità che assumono valori molto elevati (tabella 4), sia dal fatto che il grado e l’indice di interposizione delle società appartenenti alle clique più grandi assumono valori anomali dal punto di vista statistico. In sintesi, ciò che emerge dalla nostra analisi è che all’interno della rete vi è un nucleo di ‘vecchie’ aziende - Pirelli, Mediobanca, RCS Mediagroup, Assicurazioni Generali e Telecom – che mantengono una grande centralità sia in termini di legami diretti (grado) sia di legami indiretti (vicinanza e interposizione) con le altre imprese. A queste si aggiungono il gruppo Luxottica e il gruppo Autostrade (oggi Atlantia) che sembrano ormai entrate a far parte stabilmente del «salotto buono» della nostra industria. [Inserisci Figura 2] 10 La linea centrale all’interno della scatola indica la mediana; i lati della scatola indicano il primo e il terzo quartile; le linee estreme (i baffi) indicano il minimo e il massimo della distribuzione se non si è in presenza di valori anomali oppure i valori sogliaQ0* = Q1 - 1,5*(Q3 – Q1) e Q4* = Q3 + 1,5*(Q3 – Q1) al di là dei quali compaiono gli outliers (indicati con i pallini). - 13 - 3.2. Le Blue chips Tutte le caratteristiche di struttura, coesione e centralità della rete appena descritte indicano chiaramente che tra le Blue Chips i legami che uniscono i consigli di amministrazione e gli altri organi di amministrazione e controllo sono più aggrovigliati. Come mostra la figura 3, ben 67 delle 70 società incluse nel gruppo delle Blue Chips sono tra di loro direttamente o indirettamente collegate. Tra le società isolate spicca la posizione della Tiscali i cui amministratori e sindaci sono esclusivamente impegnati nell’attività dell’azienda, senza alcun altro incarico in imprese quotate. La densità della rete è tra le Blue chips molto maggiore (più del triplo) di quella dell’insieme delle imprese quotate, e al suo centro spiccano le figure della Pirelli e di Mediobanca (22 legami ciascuna). In particolare, tra le Blue Chips sone presenti ben 6 cliques composte da 6 imprese ciascuna, e in ognuna di queste compaiono sia la Pirelli sia Mediobanca. E’ interessante però notare che nella classifica delle società per indice di interposizione e vicinanza (ossia di centralità indiretta) predominano Luxottica e Atlantia e figurano società diverse da quelle viste in precedenza come Unicredit, Eni, Fiat e Autogrill che evidentemente tendono a mantenere legami strategici con il cuore dell’industria italiana piuttosto che con piccole imprese satellite. [Figura 3] La maggiore coesione del gruppo delle Blue Chips trova conferma nella distanza media tra i nodi che scende a 2,48 con un diametro (il numero massimo di passi per contattare un’altra società) pari a 5. Nel complesso, per queste società il numero di legami diretti (grado) risulta distribuito in maniera più omogenea rispetto a quello delle altre, come si evince dal più basso coefficiente di variazione calcolato sul grado (pari a 0,8 per le Blue Chips e 0,98 per tutte le 281 società, con una riduzione del 18%) e dall’indice di concentrazione calcolato sul grado anch’esso più contenuto (tabella 4). Trova invece conferma l’eccezionalità di alcune società per quanto riguarda la loro capacità di rappresentare il tramite decisivo per allacciare contatti con altre società (figura 2). - 14 - 3.3. La rete tra banche e i con le imprese industriali Concentriamo ora l’attenzione sul gruppo di 25 banche quotate in borsa. Il cumulo di cariche sociali all’interno di questo gruppo da parte degli amministratori in carica è piuttosto contenuto (528 amministratori ricoprono 551 cariche con un cumulo medio pari a 1,04; vedi tabella 2) e la percentuale di amministratori bancari con cariche in più banche è del 4%, valori entrambi inferiore sia a quelli delle società assicurative che a quelli delle società industriali. Anche per le banche si conferma la struttura a blocco unitario, con una componente di cui fanno parte 15 Istituti di credito che mantengono tra loro legami diretti e indiretti, mentre gli altri Istituti non presentano alcuna forma di interlock (figura 4 e tabella 4). Ciò che emerge è una realtà molto polarizzata, in cui si partecipa alla rete, in misura più o meno simile, oppure si è totalmente esterni alla rete11. All’interno dell’unica componente plurima, ciascuna banca mantiene in media due legami diretti con altre banche (Mediobanca, Intesa-SanPaolo e Italease ne hanno 4) coprendo poco più del 15% dei legami possibili. In questo modo dove si formano due clique, ciascuna composta da tre sole banche, tra le quali è interessante notare non compaiono i due più grandi Istituti bancari italiani (Unicredit e Intesa-SanPaolo, vedi tabella 5). [Figura 4] La relativa maggiore indipendenza reciproca dei consigli di amministrazione delle banche trova poi conferma anche nei legami indiretti, con un valore dell’indice di distanza che in media è per queste società pari a 3,54 (tabella 4). Infine, che la rete tra gli organi di governo delle banche sia meno aggrovigliata e formi un percorso più definito è confermato dal valore più alto che assume l’indice di interposizione della rete, che indica che vi è una banca (nello specifico, IntesaSanPaolo) che agisce da collegamento tra vari Istituti consentendo la formazione di molti legami indiretti. Se si guarda alla posizione delle singole banche nella rete, colpisce la posizione defilata 11 Ciò trova conferma nel fatto che l’indice di concentrazione calcolato sul grado è molto alto se calcolato su tutte le banche ma si riduce drasticamente se calcolato sui 15 (tabella 4). - 15 - che assume Unicredit che non compare mai tra le prime cinque banche nelle classifiche di centralità. Più forti e soprattutto di intensità crescente sono i legami tra gli organi sociali delle banche e quelli dell’industria. . Ad esempio la Banca Popolare di Milano, che è isolata se si guarda ai soli istituti di credito, assume un ruolo eccezionalmente forte nella mediazione all’interno delle Blue Chips. Quindi, seguendo Bianco e Pagnoni [1997], distinguiamo i possibili interlocking directorates tra banca e industria in quattro tipologie che ne evidenziano il grado di intensità: i legami IN-IN e IN-OUT, nei quali un amministratore con una carica esecutiva all’interno di una banca si trova, rispettivamente, ad assumere e a non assumere una carica esecutiva all’interno di una società industriale; i legami OUT-IN e OUT-OUT, nei quali un amministratore che non ha cariche esecutive all’interno di una banca si trova, rispettivamente, ad assumere e a non assumere una carica esecutiva all’interno di una società industriale. [Inserisci Tabella 7] Nel 1993, ossia fintantoché si era in presenza di una legislazione che impediva di fatto alle banche di partecipare al capitale azionario delle imprese non-finanziarie, gli organi sociali di banche e società industriali rimanevano fra loro abbastanza indipendenti. Più precisamente, dai dati riportati da Bianco e Pagnoni [1997] risultava che tra banche e imprese industriali quotate non vi era alcun legame IN-IN, mentre i legami IN-OUT e OUT-IN erano, rispettivamente, appena 4 e 15. Oggi la situazione è molto cambiata. Nel complesso gli interlocking directorates tra banca e industria sono 145 (vedi tabella 7). Di questi, 12 sono legami IN-IN, con uno stesso amministratore che ricopre posizioni esecutive sia in una banca sia in una società industriale. Particolarmente rilevante è il caso di Mediobanca, dove ben 4 amministratori con ruolo esecutivo hanno un ruolo esecutivo anche in Pirelli, Pirelli Real Estate, RCS-Mediagroup e Telecom12. I 12 Oltre a questi, 2 amministratori esecutivi del Monte dei Paschi hanno incarichi esecutivi in imprese del gruppo Caltagirone, 2 amministratori della Popolare di Milano hanno incarichi esecutivi in A2A e Impregilo, 2 amministratori - 16 - legami IN-OUT sono 31 e vedono coinvolte 15 banche, con Mediobanca e il gruppo Banco Popolare particolarmente attive con 6 legami ciascuna. Anche i legami OUT-IN non sono rari, arrivando ad essere nel complesso 20. Purtroppo, chiarire se tali intrecci favoriscano un maggiore e più affidabile flusso informativo tra banca e impresa capace di migliorare l’allocazione delle risorse finanziarie o se invece mirino a legare a sé una delle due parti per acquisire posizioni di rendita resta una questione aperta di fondamentale importanza, ma a cui la nostra analisi non consente di dare risposta13. 4. Conclusioni La condivisione degli amministratori continua a rappresentare uno dei più importanti canali di collegamento tra le imprese in Italia. Il numero di legami tra gli organi di governo delle società italiane quotate in borsa rispetto al numero di società stesse è molto elevato, così come accade anche in altri paesi. In modo particolare, le Blue Chips costituiscono una rete più omogenea e connessa, mentre quella formata dalle sole banche presenta una struttura quasi lineare. Le connessioni non riguardano tutte le società in modo uniforme, bensì esiste un notevole grado di concentrazione all’interno di gruppi di società che condividono parte dei loro amministratori. Il ruolo di queste società è da ritenersi certamente anomalo nell’ambito di un’analisi puramente statistica come quella che abbiamo condotto in questo capitolo; tuttavia, le implicazione di analisi e politica economica di tale eccezionalità non sono né univoche né immediatamente valutabili e quindi rappresentano un importante campo di indagine e approfondimento per future ricerche. Appendice. La social network analysis: un’introduzione La Social network analysis (SNA), utilizzando informazioni su relazioni (legami) tra entità sociali (attori), analizza le caratteristiche individuali dei soggetti coinvolti sulla base della struttura delle del Credito Valtellinese ricoprono incarichi esecutivi nelle società Sol SPA e Edison la Popolare e un amministratore esecutivo di Unicredit e di Intesa-SanPaolo è con incarichi esecutivi in, rispettivamente, Enel e RCS-Mediagroup. 13 Su questo cfr. Barucci [2006]. - 17 - relazioni che si configurano piuttosto che, come accade solitamente in altri ambiti dell’analisi statistica, sugli attributi che li contraddistinguono. I dati relazionali fanno riferimento a contatti, vincoli, collegamenti o appartenenze a gruppi che collegano un attore con l’altro: essi connettono coppie di individui in più ampi sistemi di relazioni. Tali informazioni vengono espresse e visualizzate mediante grafi oppure incorporate in matrici di adiacenza, talvolta dette sociomatrici (Wasserman e Faust, 1994). In questa appendice richiamiamo in breve le definizioni delle principali strutture matematiche e degli indici statistici adoperati in questo lavoro per la valutazione delle caratteristiche delle reti. Supponiamo di avere un insieme di attori o nodi. Tra ciascuna delle possibili coppie di attori, se esiste un legame, sarà presente una linea che congiunge tali nodi, altrimenti i nodi si presenteranno disgiunti. Il legame può essere direzionale, nell’ipotesi di relazioni asimmetriche o non reciproche, e in tal caso le linee assumeranno la forma di archi, con frecce indicanti la direzione del legame. Allora, detto esistenti tra i nodi, un grafo Sia nodi e la dimensione di l’insieme dei legami sarà matematicamente descritto dagli insiemi . ossia il numero di legami presenti nel grafo, allora un grafo con è detto vuoto, un grafo con nodi e è detto completo. I sottoinsiemi di nodi tra loro connessi sono detti componenti, insiemi o sottoinsiemi completi di nodi sono detti clique, nodi non collegati ad altri sono detti isolati. Punti di separazione (o cut-points) sono invece quei nodi la cui rimozione genera un aumento del numero di componenti di un grafo. La matrice di adiacenza può essere definita come la matrice di dimensione , in cui le righe e le colonne identificano gli attori della rete posti nel medesimo ordine e i cui elementi sono i valori: ⎧⎪1 x ij = ⎨ ⎪⎩0 se c' è un legame tra n i e n j e quindi i due nodi sono adiacenti se non c' è un legame tra n i e n j e quindi i due nodi non sono adiacenti . - 18 - In particolare, nel caso di grafi non orientati la sociomatrice è simmetrica poiché la relazione tra il nodo ed il nodo è identica a quella tra il nodo grafi pesati in cui gli elementi di ed il nodo . Talora è possibile definire assumono valori proporzionali all’intensità del legame tra nodi e dunque valori non più necessariamente binari. Lo studio delle reti si basa essenzialmente su due possibili strategie di analisi: (a) il posizionamento degli attori all’interno della rete; (b) l’individuazione del grado di coesione della rete nel suo complesso o con riferimento a sottoinsiemi di attori della rete. Comunemente, per entrambe le analisi si utilizzano alcune fondamentali misure che si valutano sui nodi e sulle linee. La più intuitiva e diffusa è il grado del nodo (degree) che indica il numero di linee incidenti su , ossia: Per i grafi orientati è possibile calcolare sia il grado in entrata (in-degree) sia il grado in uscita (out-degree). Il grado di un nodo varia da un minimo pari a (nodo isolato) ad un massimo pari a (quando un nodo è adiacente a tutti gli altri nodi presenti nel grafo). Singolarmente, è interpretabile come misura di “attività” di ciascun attore, mentre la media (average degree = AvD) e la deviazione standard dei gradi nella rete rappresentano rispettivamente un indice sintetico di posizione e uno di variabilità riferito all’attività di tutti gli attori nel loro complesso. Una seconda importante misura è la densità di un grafo, definita come il rapporto tra il numero di linee L di un grafo rispetto al numero massimo di possibile di linee, ossia: dove D varia tra 0, quando non ci sono linee tra i nodi , e 1, quando il grafo è completo. Si tratta di una misura molto importante poiché fornisce informazione su quanto un gruppo (o sottogruppo, quando è calcolata su sottoinsiemi di attori) sia coeso. Quanto più alto è il suo valore, tanto più fitte sono le relazioni esistenti tra partecipanti. Naturalmente, esiste una relazione - 19 - matematica tra average degree e densità di un grafo: ovvero e pertanto la densità può essere interpretata come un average degree normalizzato (rispetto al massimo valore che essa può assumere). Oltre che da un legame diretto, due nodi possono essere collegati anche indirettamente da una sequenza di linee definita sentiero. In particolare, un sentiero in cui ogni nodo e ogni linea sono diversi è detto percorso. La lunghezza di un percorso è data dal numero di linee che lo costituiscono ossia dal numero di passi necessari per andare da (geodesic distance) fra due nodi a . La distanza geodetica è la lunghezza del percorso più breve che li collega. Il diametro di un grafo è dato dalla massima distanza esistente nel grafo. Se il grafo non è connesso il diametro è infinito. La coesione di un grafo può essere valutata attraverso diverse misure che tengono conto della distanza tra nodi, come il diametro, la media delle distanze geodetiche, che risulta inversamente proporzionale alla densità, l’indice di compattezza che, prendendo in considerazione il numero di percorsi alternativi che collegano due nodi, assume valori compresi nell’intervallo crescenti in funzione della coesione, ed infine, l’indice di frammentazione, che al contrario tiene conto delle coppie di nodi non raggiungibili e quindi vale se si tratta di un grafo completo e se vuoto. Altre misure importanti sono quelle di centralità con cui si può determinare sia il posizionamento di un singolo attore, che una sintesi complessiva di tali posizioni in funzione: 1) del grado, precedentemente introdotto, ossia: 2) dell’interposizione (betweenness), misurata dalla frequenza relativa con cui ogni attore si trova sul percorso minimo esistente fra altri attori: - 20 - in cui indica il numero di geodetiche che collegano i nodi geodetiche che collegano i nodi e passando per e e il numero di ; naturalmente, valori di interposizione alti stanno ad indicare un ruolo preminente nella “mediazione” tra le parti; 3) vicinanza o prossimità (closeness) a qualsiasi altro nodo nel grafo, espressa dal reciproco della somma delle distanze geodetiche di ogni attore da tutti gli altri: La vicinanza può essere calcolata solo su grafi connessi, altrimenti occorre rimuovere i nodi isolati prima di calcolarla. Allo scopo di misurare la centralità di una rete sulla base delle quantità sopra descritte, si può valutare quanto un grafo sia dotato di una struttura centralizzata misurando le differenze osservate fra le centralità del nodo più centrale da quelle di tutti gli altri, rispetto alle analoghe differenze teoriche massime calcolate in corrispondenza di grafi a stella con pari numero di nodi g (Freeman, 1979). La centralità della rete (network centrality) viene così calcolata tramite la formula: Utilizzando le misure di centralità (1)-(3) appena definite è possibile costruire i seguenti indicatori sintetici: (i) indice di centralità della rete basato sul grado: (ii) indice di centralità della rete basato sull’interposizione: (iii) indice di centralità della rete basato sulla vicinanza: - 21 - Riferimenti bibliografici Allen, M.P. [1974], The structure of interlocking elite cooptation: interlocking corporate directorates, in «American Sociological Review», vol. 39, pp. 406. Barbi, V. 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(37), Mediobanca (30), Rcs Mediagroup e Assicurazioni Generali (27), Telecom e Luxottica (25), Atlantia (24), Italcementi (23), Fondiaria-Sai e Cir (20), Intesa-SanPaolo e Eni (18), Piaggio, Autogrill e Italmobiliare (17). Per quanto riguarda l’interposizione (panel (b)), tra le società quotate i valori anomali (maggiori o uguali a 765) sono: Pirelli & C. (3329), Mediobanca (1905), Assicurazioni Generali (1718), Telecom (1690), Luxottica (1614), Atlantia (1537), Banca Popolare dell’Emilia Romagna (1313), Piaggio & C. (1246), Rcs Mediagroup (1189), Tod's (1113), Telecom Italia Media (1094), Banca Italease e Cape listed investment vehicle in equity (1006), Unione di banche italiane (987), Cam Finanziaria (974), Italcementi (970), Fondiaria-SAI (960), Autostrada Torino-Milano (948), Milano Assicurazioni (891), Banca popolare di Miliano (873), A. Mondadori Editore (855), Intesa-SanPaolo (851), Enia (802), Cir (780); tra le Blue Chips i valori anomali (maggiori o uguali a 154) sono: Luxottica (282), Pirelli & C. (276), Atlantia (196), Mediobanca (193), Unicredit (179), Rcs Mediagroup (176), Assicurazioni Generali (155); tra le banche i valori anomali (maggiori o uguali a 32,5) sono: Intesa-SanPaolo (60); Unione di banche italiane (48), IW Bank (45), Mediobanca e Banca Italease (44). - 27 - Figura 3: La rete tra le Blue Chips - 28 - Figura 4: La rete tra le 25 banche quotate in Borsa. - 29 - Tabella 1. Società quotate in borsa e amministratori per settore di attività Altri Assicurazioni Banche servizi Finanza Industria finanziari Blue Chip Totale 8 25 17 50 231 70 281 23,5 22,04 14,76 19,8 14,41 20,17 15,40 18,13 16,96 10 14,78 9,46 14,75 10,41 Numero medio di amministratori delegatic 4,13 3,64 1,35 2,94 1,69 3,07 1,91 Numero medio sindaci 5,38 5,73 5,06 5,43 5,10 5,56 5,15 Numero di società Numero medio di amministratoria Numero medio di amministratori in senso strettob Fonte: elaborazioni su dati Consob. a Amministratori sono i soggetti che assumono nella società una delle seguenti cariche: amministratore, amministratore delegato, presidente, vicepresidente, consigliere di gestione, consigliere di sorveglianza, direttore generale, sindaco effettivo, sindaco supplente. b Gli amministratori in senso stretto comprendono le seguenti figure: amministratore, amministratore delegato, presidente e vicepresidente di amministrazione, consigliere di gestione (dualistico), consigliere di sorveglianza, direttore generale. c Oltre agli delegati, i membri dei comitati esecutivi, consiglieri di gestione e di sorveglianza delegati. d I sindaci/controllori comprendono le seguenti figure: sindaco effettivo, sindaco supplente (sistema tradizionale), componente del comitato per il controllo sulla gestione (sistema monistico). - 30 - Tabella 2. Cumulo delle cariche nelle società quotate in borsa Altri Blue Assicurazioni Banche servizi Finanza Industria Totale Chip finanziari Numero di amministratoria Numero di cariche [di cui nello stesso settore] Cumulo cariche (media) Amministratori con più cariche (%) 173 528 245 910 2.838 1.162 3.532 290 759 387 1.327 3.587 1.708 [188] [551] [251] [990] [3.338] [1.412] 1,68 1,44 1,58 1,45 1,26 1,47 1,23 38,72 25,19 37,14 28,02 17,30 29,95 15,03 6,36 3,98 2,45 7,69 12,64 15,83 6 6 6 6 6 6 [3] [3] [2] [4] [5] [5] 4328 Amministratori con più cariche nello stesso settore (%) Numero massimo di cariche [di cui nello stesso settore] Fonte: elaborazioni su dati Consob. a Numero di persone fisiche impegnate come amministratori nel settore. I valori aggregati (Finanza e Totale) sono calcolati al netto delle persone impegnate in più settori. - 31 - Tabella 3. Distribuzione delle cariche (valori percentuali) Numero Altri servizi Assicurazioni Banche Finanza Industria Blue Chip Totale di cariche Finanziari 2 50,74 56,39 61,54 59,22 64,15 60,92 65,53 3 29,85 21,05 24,18 23,53 22,61 24,71 22,22 4 14,93 15,79 12,08 12,55 10,18 11,21 9,42 5 2,99 6,02 1,10 3,92 2,65 2,87 2,45 6 1,49 0,75 1,10 0,78 0,41 0,29 0,38 Fonte: elaborazioni su dati Consob. - 32 - Nodi Legami Quotate 281 837 Componente più grande 241 836 Blue Chips 70 239 Componente più grande 67 239 Banche 25 16 Componente più grande 15 16 Isolati 38 3 10 Comp. 40 4 11 Densità AvD SD Max 0,02 5,96 5,83 37 0,03 6,94 5,74 37 0,10 6,83 5,48 22 0,11 7,13 5,40 22 0,05 1,28 1,34 4 0,15 2,13 1,06 4 Tabella 4. Struttura, coesione e centralità delle reti Fonte: elaborazioni su dati Consob Distanza media Grado 3,35 2,48 3,54 Diametro Indici di Freeman Indici di concentrazione Grado Interpos. Vicinanza Grado Interpos. Vicinanza - 0,11 0,04 - 0,50 0,68 - 8 0,13 0,05 0,13 0,41 0,63 0,09 - 0,37 0.05 - 0,43 0,65 - 5 0,38 0,06 0,16 0,40 0,63 0,09 - 0,19 0,09 - 0,55 0,78 - 8 0,23 0,25 0,12 0,24 0,64 0,11 Tabella 5. Dimensione e frequenza delle cliques Numero di imprese incluse nella clique 3 4 5 6 7 Quotate 134 81 22 9 1a Blue Chips 44 29 10 6b 0 Banche 2c 0 0 0 0 Fonte: elaborazioni su dati Consob. a La clique è formata da: Fondiaria, SAI, Italmobiliare, Mediobanca ,Milano Assicurazioni, Pirelli & C., Premafin Finanziaria, RCS Mediagroup b La 6 cliques sono formate da: (i) Fondiaria, SAI, Italmobiliare, Mediobanca ,Milano Assicurazioni, Pirelli & C., RCS Mediagroup; (ii) Fondiaria, SAI, Italmobiliare, Mediobanca , Pirelli & C., RCS Mediagroup, Telecom Italia; (iii) Italcementi, Italmobiliare, Mediobanca, Pirelli & C., RCS Mediagroup, Unicredit; (iv) Assicurazioni Generali, Italmobiliare, Mediobanca, Pirelli & C., RCS Mediagroup, Telecom Italia; (v) Assicurazioni Generali, Intesa SanPaolo, Mediobanca, Pirelli & C., RCS Mediagroup, Telecom Italia; (vi) Assicurazioni Generali, Autogrill, Mediobanca, Pirelli & C., RCS Mediagroup c La 2 cliques sono formate da: Banca Italease, Banco Popolare, Società Cooperativa Credito Bergamasco; (ii) Piccolo Credito Valtellinese, Credito Artigiano, Mediobanca Tabella 6. Tipologia di interlocking directorates fra banche e industria Legami Numero Percentuale Banca–Industria IN-IN 12 8,28 IN-OUT 31 21,38 OUT-IN 20 13,79 OUT-OUT 82 56,55 Totale 145 100 Fonte: elaborazioni su dati Consob. I legami IN-IN vedono coinvolti amministratori con cariche esecutive nella banca e nell’industria. I legami IN-OUT vedono coinvolti amministratori con cariche esecutive nella banca ma non nell’industria. I legami OUT-IN vedono coinvolti amministratori senza cariche esecutive nella banca ma con cariche esecutive nell’industria. I legami OUT-IN vedono coinvolti amministratori senza cariche esecutive nella banca e nell’industria.