composizione e struttura di rete tra le societa` quotate in italia.

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composizione e struttura di rete tra le societa` quotate in italia.
COMPOSIZIONE E STRUTTURA DI RETE TRA
LE SOCIETA’ QUOTATE IN ITALIA.
ALESSANDRO GAMBINI
Università Politecnica delle Marche
EMMA SARNO
Università di Napoli “L’Orientale”
ALBERTO ZAZZARO
Università Politecnica delle Marche
MoFiR working paper n° 63
March 2012
COMPOSIZIONE E STRUTTURA DI RETE
TRA LE SOCIETÀ QUOTATE IN ITALIA*
ALESSANDRO GAMBINI
UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE
EMMA SARNO
UNIVERSITÀ DI NAPOLI “L’ORIENTALE”
ALBERTO ZAZZARO
UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE
*
Il presente saggio è pubblicato in Reti d’imprese e territorio. Tra vincoli e opportunità dopo la crisi, a cura di
Alberto Zazzaro, 2010, Bologna: il Mulino
-1-
1. Introduzione
Due dei tratti più caratteristici e dibattuti del capitalismo italiano sono senza dubbio la diffusione
di complessi gruppi piramidali – grazie ai quali un ristretto nucleo di famiglie imprenditoriali, con
un limitato impegno patrimoniale, ha controllato e controlla stabilmente una parte considerevole
della nostra industria [Barca 1997; Bianchi et al. 2005; Bianchi e Bianco 2006; Corrado e Zollo
2006] – e la presenza di un fitto intreccio di partecipazioni azionarie reciproche e di accordi di
voto che lega tra loro banche, imprese e assicurazioni in quel «salotto buono» che ancora domina
l’economia italiana [Messori 2007]1. Sia pure con sfumature diverse, questo modello di governo
delle nostre imprese, fondato su complesse forme di sovrapposizione nel controllo societario, è da
molti osservatori considerato tra le cause principali della gran parte dei fattori di debolezza che
sono alla radice del forte rallentamento (declino?) dell’economia italiana: la scarsa dinamica delle
strutture di comando, proprietarie e manageriali, la loro inefficiente allocazione, la cronica
sottocapitalizzazione delle imprese, il mancato sviluppo di una finanza non bancaria, la scarsa
concorrenza sui mercati dei prodotti [Nardozzi 2004; Costi e Messori 2005; Barucci 2006; Bianchi
e Bianco 2006].
Ma oltre che da legami di natura proprietaria, le imprese sono spesso fra loro collegate
attraverso la condivisione dei membri dei consigli di amministrazione o di altri importanti organi
di governo (interlocking directorates).
Le ragioni che spiegano il cumulo di cariche in diversi consigli di amministrazioni in capo a
uno stesso individuo sono diverse, andando da quelle organizzative, legate alla gestione delle
imprese interessate dai legami, a quelle personali, legate al prestigio e al potere degli
amministratori stessi [Mizruchi 1996]. Diverse, e possibilmente di segno opposto, sono anche le
1
“The power of Italy’s salotto buono — meaning the “fine drawing room” of top industrialists and bankers which
controlled business for decades through a complex system of cross-shareholdings — may have declined, but it still
wields influence” [Economist, March 18th, 2010].
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implicazioni degli interlocking directorates sulla performance delle imprese, consentendo, da un
lato, un uso più intenso di capacità manageriali scarse e uno scambio di informazioni rilevanti, ma
allo stesso tempo rafforzando gli intrecci proprietari ai danni degli azionisti di minoranza e della
concorrenza sui mercati e rendendo meno efficiente il lavoro di amministratori divisi tra troppo
impegni.
In Italia, come in molti altri paesi, i legami creati dagli interlocking directorates sono un
fenomeno ben noto e diffuso, che sta suscitando un crescente interesse nella letteratura
accademica. In questo capitolo, intendiamo fornire una fotografia degli attuali legami tra gli organi
societari delle imprese quotate così come emergono dalle comunicazioni fornite dalle imprese alla
Consob. Utilizzando le tecniche della social network analysis, daremo una rappresentazione della
rete di imprese che si forma attraverso la condivisione degli amministratori, dell’intensità di questi
legami e, in particolare, cercheremo di individuare quali sono le imprese al centro della rete e quali
sono i suoi nuclei stabili.
2. Interlocking directorates: una breve rassegna della letteratura
La condivisione tra due imprese di uno o più amministratori è un fenomeno comune in molti paesi
con strutture industriali e finanziarie anche molto diverse2. Essa riguarda sia gli amministratori
esterni, sia gli amministratori interni con incarichi operativi in almeno una della imprese
coinvolte3. Come scrive Mizruchi [1996, 272] nella sua influente rassegna sulla natura e gli effetti
degli interlocking directorates, “although they are not the answer to all questions about
interorganizational relations, interlocks remain a powerful indicator of network ties between firms
2
Per un’analisi comparata del fenomeno degli interlocking directorates in Europa e negli Stati Uniti, cfr. Stokman e
Wasseur [1985], Stokman et al. [1985], Mac Canna et al. [1999], Santella et al. [2008].
3
Quando l’amministratore che siede nelle due imprese è un amministratore esterno il legame viene detto di tipo out-
out; quando l’amministratore è interno il legame è interno a una o a entrambe le imprese il legame viene detto,
rispettivamente, di tipo in-out oppure in-in [Bianco e Pagnoni 1997]. Quando le imprese solo legate da due
amministratori interni uno alla prima l’altro alla seconda impresa, allora il legame viene detto reciproco [Fich e White
2003].
-3-
[and] they continue to yield significant insights into the behaviour of firms”. In questo paragrafo
presenteremo dapprima una breve rassegna delle teorie e delle evidenze sulle funzioni e gli effetti
degli interlocks e, successivamente, restringeremo l’attenzione sui contributi che hanno analizzato
la diffusione degli interlocking directorates nella realtà delle imprese italiane.
2.1. Perché le imprese condividono gli amministratori?
L’ampia letteratura, prevalentemente giuridica, sociologica e manageriale, che ha affrontato il
tema dei legami tra imprese attraverso gli amministratori ha avanzato diverse possibili teorie del
perché questi si formano. La principale e più antica riguarda la volontà delle imprese coinvolte di
colludere per influire sul funzionamento del mercato e sulla formazione dei prezzi. I rischi di
collusione sono la ragione che ha portato il Congresso americano già nel 1914 con il Clayton Act a
considerare illegale la condivisione degli amministratori per le imprese appartenenti alla stessa
industria – che si immagina dovrebbero farsi competizione sugli stessi mercati – e che
successivamente, con l’Interlocking Directorates Act del 1990, lo ha spinto a rivedere il divieto in
senso ancor più restrittivo. L’idea della teoria collusiva è che attraverso la condivisione degli
amministratori le imprese potrebbero più facilmente comunicare tra loro aumentando così le
possibilità di trovare un accordo collusivo che limiti la concorrenza sui mercati, di controllarne
l’applicazione ed eventualmente di sanzionarne il mancato rispetto. Sebbene vi sia evidenza del
fatto che la concentrazione del mercato di riferimento sia un elemento almeno in parte favorevole
all’instaurarsi di interlocking directorates [Pennings 1980; Burt 1983], le informazioni statistiche
su cui questi studi si basano rendono estremamente difficile stabilire la direzione del nesso causale
tra interlocks e concentrazione del mercato e, principalmente, non consentono di stabilire qual è
l’effetto degli interlocks sui concreti atteggiamenti collusivi.
Sempre collegate alla maggiore disponibilità di informazioni reciproche e alla riduzione delle
asimmetrie informative, vi sono le teorie della dipendenza e dell’infiltrazione [Mizruchi e Stearns
1988] che considerano gli interlocks come una modalità per un’impresa di aumentare il controllo
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sulle risorse di un’altra impresa considerata centrale per la propria attività. Queste teorie sono state
utilizzate per spiegare in particolare gli interlocks tra banca e impresa4. In questo caso, le imprese,
specie se in fase di rapida crescita o se molto indebitate, potrebbero essere interessate a inserire un
proprio rappresentante nelle banche per garantirsi un flusso costante di risorse finanziarie a costi
più contenuti. Allo stesso tempo, le banche potrebbero trovare utile partecipare ai consigli di
amministrazione dei propri creditori, specialmente durante le fasi in cui la loro solvibilità si
deteriora, per poter svolgere una più efficace azioni di selezione e controllo. In questi casi, molto
spesso gli amministratori coinvolti sono amministratori interni alla banca o all’impresa.
L’evidenza empirica in favore di queste teorie è mista. I primi lavori per gli Stati Uniti di Dooley
[1969], Pfeffer [1972] e Mizruchi e Stearns [1988] indicavano che le imprese meno solide e più
indebitate erano quelle con una maggiore probabilità di avere un interlock con una istituzione
finanziaria. Questi lavori, però, non erano in grado di stabilire se l’interlock interveniva o meno
con la principale banca debitrice [Mizruchi 1972]. La ricerca successiva, si è quindi concentrata
sul rapporto tra banca e impresa invece che sui dati aggregati relativi al grado di indebitamento
dell’impresa giungendo, però, a indicazioni opposte. Ad esempio, Krozner e Strahan [2001]
trovano che le banche americane tendono a non avere propri rappresentanti nelle imprese con cui
sono maggiormente esposte, mentre Kracaw e Zenner [1998] trovano che i titoli delle banche sui
mercati finanziari reagiscono negativamente all’annuncio di un nuovo interlock con un’impresa
con essa indebitata.
Infine, seguendo l’intuizione di Fama e Jensen [1983], molti autori hanno suggerito che il
cumulo di cariche in più consigli di amministrazione in capo ad un soggetto potrebbe riflettere la
qualità delle sue capacità manageriali, segnalata dai successi delle imprese in cui ha servito come
amministratore [Gilson 1990; Kaplan e Reishus 1990; Ferris et al. 2003]. Tuttavia, Fich e
Shivdasani [2006] trovano che le imprese con amministratori che hanno più di tre cariche tendono
4
Una discussione più generale sulla funzione della condivisione degli amministratori come strumento per stringere
rapporti commerciali e ridurre l’incertezza economica è in Allen [1974] e Schhorman et al. [1981].
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a ottenere risultati aziendali mediamente inferiori a riprova del fatto che il cumulo delle cariche
tende a peggiorare la qualità del loro impegno nell’azienda.
Oltre a motivazioni di tipo aziendale, gli interlocking directorates rispondono a motivazioni
sociali e personali riguardanti gli amministratori coinvolti. Ad esempio, diversi autori hanno
sottolineato che gli interlocks rappresentano un fenomeno di classe, essendo uno strumento per
rafforzare la coesione di un gruppo sociale – sia esso «la classe capitalista» o «il salotto buono» –
che intende imporsi come perno della vita economica, sociale e politica del paese [Zeitlein 1974].
A dimostrazione della loro tesi questi autori portano l’evidenza che spesso quando un
amministratore cessa di servire in una delle due società spezzando il legame tra le due, entrambe le
società tendono a costituire nuovi interlocks ma in genere con imprese diverse, operanti anche in
altri settori, con il solo obiettivo quindi di mantenere i legami con il «salotto buono» dell’industria
nazionale [Koenig et al. 1979].
Altri suggeriscono che gli incarichi multipli in più consigli sono ricercati dagli amministratori
stessi per acquisire contatti e aumentare le loro possibilità di carriera al di fuori dell’azienda
originaria, oltre che per aumentare i loro guadagni immediati. In linea con questa spiegazione, Fich
e White [2003] trovano che negli Stati Uniti la probabilità che tra due imprese si instauri un
legame reciproco attraverso i propri Chief Executive Officers si riduce al crescere della frazione di
remunerazione legata al possesso di stock option della società e all’aumentare del numero di
incontri che i consigli delle due società effettuano in media in un anno, ossia quando l’interesse o
l’impegno nella società è molto elevato. In questa stessa ottica Booth e Deli [1996] trovano poi che
i CEOs che cumulano il numero maggiore di cariche esterne sono quelli che hanno già trasferito
potere decisionale all’interno dell’impresa.
2.2. Gli studi sull’Italia
La scarsa contendibilità del governo delle imprese italiane, tra loro collegate in poche e dense reti
di interessi comuni, ciascuna centrata su un nucleo ridotto di imprese e di banche, è uno dei tratti
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più antichi e persistenti del nostro capitalismo, da tempo riconosciuti e studiati. Non meraviglia,
quindi, che già nel corso degli anni Venti studiosi come Zorzini [1925] e Luzzatto Fegiz [1928]
puntavano l’attenzione sui legami tra imprese creati attraverso i propri organi societari che univano
«le industrie del paese in una fitta e complicata rete di interessi»5 volta, secondo il loro giudizio, a
contenere la forza della concorrenza sui mercati finali.
Oltre che negli studi dell’epoca, l’importanza storica del fenomeno degli interlocking
directorates ha trovato una recente conferma nella dettagliata ricostruzione fatta Rinaldi e Vasta
[2005, 2008, 2009] dei legami intercorrenti tra i consigli di amministrazione di un campione molto
ampio di imprese quotate e non quotate nel periodo compreso tra gli anni ‘50 e gli anni ’80. Ciò
che da questi lavori emerge è che gli interlocks hanno giocato un ruolo fondamentale nel definire
gli assetti di governo delle imprese italiane nel secondo dopoguerra, creando un blocco di potere
che, almeno fino all’inizio degli anni ’80, ha visto coinvolte sia società pubbliche, sia imprese
private. La quota di consiglieri di amministrazioni con più cariche si è mantenuta abbastanza
costante nel tempo con valori compresi il 23% e il 26%, anche se a partire dagli anni ’70 la densità
della rete (ossia il rapporto tra il numero dei legami esistenti tra le imprese considerate e il numero
dei legami possibili6) ha subito una drastica riduzione. Il settore finanziario è sempre risultato tra
quelli maggiormente interconnessi al proprio interno, con una quota di banche e assicurazioni che
si trovano a condividere tra loro alcuni consiglieri che in taluni anni ha superato anche il 95%.
Tuttavia, i legami tra le banche e gli altri settori produttivi si sono fatti nel tempo via via più rari,
passando dal 20,1% e 18,9% delle imprese impegnate nel settore manifatturiero e nelle costruzioni
nel 1952 ai ben più modesti valori dell’8,6% e 7% registrati nel 1983.
Un quadro simile emerge dallo studio di Ferri e Trento [1997] su un campione limitato di
grandi banche e grandi imprese per il periodo 1940-1995. Come mostrano gli autori, per tutto il
5
Luzzatto Fegiz [1928, p. 226].
6
Per una definizione più precisa della densità di una rete e di altre misure di coesione e di centralità si rimanda
all’appendice.
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periodo la quota delle cariche interconnesse non scende mai al di sotto del 20%, con le imprese
pubbliche e le banche al centro della rete di legami7.
Bianco e Pagnoni [1997] si sono concentrate sui legami intervenuti attraverso gli
amministratori e i sindaci delle società quotate alla borsa di Milano tra il 1985 e il 1995. Anche in
questo periodo, la quota di amministratori con più cariche si è mantenuta in media intorno al 20%,
di cui oltre il 10% arrivando a cumulare cinque o più cariche. Se però si considerano le sole
banche, Bianco e Pagnoni mostrano che tale quota scende ben al di sotto dell’8% e che il numero
di cariche cumulate raramente supera la soglia di tre. Infine, circa il 10% dei legami tra banche e
imprese posso essere considerati «legami stretti» vedendo coinvolti amministratori che hanno
cariche esecutive all’interno delle banche (a cui nel 3% dei casi si aggiungono cariche esecutive
anche nelle imprese), mentre nel restante 90% dei casi gli amministratori non hanno cariche
esecutive nelle banche.
La minore diffusione di amministratori interlocked tra le banche è confermata da Barucci
[2006] che mostra anche come gli interlocking siano un fenomeno maggiormente diffuso tra le
imprese grandi, con un turnover dell’attivo (fatturato/assets) piuttosto basso e con una struttura di
controllo di tipo piramidale. Ciò lo porta a sostenere in maniera perentoria che “un amministratore
di una società siede nel consiglio di amministrazione di un’altra società per motivi che non sono
legati al raggiungimento dello shareholder value” [Barucci 1996, p. 133].
Gli interlocking tra banche e società non bancarie sono anche analizzati in due recenti
contributi di Di Donato e Tiscini (2009) e Farina (2009). I primi trovano che un’impresa che ha nel
proprio consiglio di amministrazione un consigliere di una banca che in più possiede almeno il 2%
dell’impresa stessa tende a indebitarsi a tassi di interesse maggiori e ad avere un più basso grado di
leverage. Di Donato e Tiscini interpretano questo risultato come una conferma della teoria secondo
la quale la presenza delle banche nelle imprese dà alle prime un potere di monopolio sulle seconde
7
In particolare, Ferri e Trento [1997] trovano che, nel periodo e nel campione analizzato, sia il numero di legami tra
società pubbliche e società private sia quello tra banche e società non bancarie ha invariabilmente rappresentato tra il
40 e il 50% dei legami osservati.
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che si trovano bloccate nella relazione. Purtroppo, però, gli autori hanno informazioni solo
sull’indebitamento medio delle imprese e sul costo medio del debito e non sono in grado di sapere
se i più alti tassi di interesse pagati dall’impresa fanno riferimento esattamente al debito contratto
con la banca presente nel proprio consiglio di amministrazione. Farina (2009), invece, analizza gli
interlocking directorates tra le banche e le imprese quotate in borsa nel 2006 e trova che le banche
che sono in una posizione maggiormente centrale all’interno della rete dei rapporti tra consigli di
amministrazione tendono ad avere una profittabilità in media leggermente più elevata8.
Nell’ultimo decennio un numero crescente di lavori ha affrontato il tema dei legami tra gli
organi di governo delle società utilizzando gli strumenti della social network analysis. Barbi
[2000] analizza le società non bancarie quotate in borsa tra il 1983 e il 1998 e trova che mentre la
densità dei legami tende a ridursi nel tempo, la loro concentrazione in un numero ridotto di
imprese tende ad aumentare. Santella et al. [2007] estendono l’analisi al periodo 1998-2006,
mentre Santella et al. [2008] effettuano un’analisi comparata tra le reti di legami societari esistenti
tra le blue chips nel mercato italiano, francese e inglese. Dal primo lavoro emerge che la
percentuale di imprese legate tra loro via amministratori è molto elevata e, soprattutto, che questi
legami fanno capo a un nucleo relativamente piccolo e stabile di amministratori che cumulano un
numero notevole di cariche in molte imprese formando quell’esclusivo «salotto buono»
dell’economia italiana da loro efficacemente ribattezzato come Chamber of Lords. Nel secondo
studio, Santella et al. mettono in evidenza che il modello di rete che tende a formarsi in Italia e in
Francia, con una unica grande componente che raccoglie quasi tutte le blue chips del paese,
sembra rispecchiare la volontà delle imprese di costituire legami socio-economici con altre
imprese oltre che di assicurarsi informazioni reciproche e accesso privilegiato ai servizi offerti. Al
contrario, in Gran Bretagna il grado di centralizzazione della rete è decisamente inferiore
suggerendo, secondo gli autori, che i legami tendono a instaurarsi laddove c’è un reale vantaggio
reciproco per le aziende coinvolte.
8
La misura utilizzata dagli autori è l’indice di betweenness (vedi l’appendice)
-9-
Carbonai e Di Bartolomei (2006) si concentrano sull’industria assicurativa analizzando la rete
di legami tra le imprese incluse nell’albo dell’ANIA nel luglio del 2004. A livello descrittivo, gli
autori trovano che il numero delle componenti (ossia di gruppi di imprese tra loro legate da uno o
più amministratori) è pari a 51; la componente più numerosa include 109 compagnie assicurative e
l’indice di frammentazione medio (il rapporto tra componenti e compagnie considerate) pari a
0.27. Successivamente, gli autori trovano una conferma dell’effetto anticompetitivo degli
interlocking directorates evidenziando come la quota di mercato delle assicurazioni sia
positivamente e significativamente correlata con un indice di capacità collusiva, ottenuto
attraverso un’analisi delle componenti principali su una serie di misure centralità della compagnia
assicurativa all’interno della rete.
3. Gli interlocking directorates tra le imprese quotate in Italia
In questo paragrafo prendiamo in esame i legami tra tutte le società italiane quotate sul mercato
MTA di Borsa Italiana al 16 novembre 2009 che si formano attraverso la condivisione dei membri
degli organi sociali di rappresentanza (amministratori, sindaci e direttori generali). Le informazioni
derivano da dati e comunicazioni ricevuti dalla Consob ai sensi dell’art. 100 del regolamento n.
11971/99 relativamente agli organi sociali.
Il numero delle società considerate è pari a 281 (tabella 1). Di queste società, 50 sono operanti
nel settore finanziario (25 banche, 8 società assicurative, 17 società fornitrici di altri servizi
finanziari) e 231 nell’industria in senso stretto. Infine, delle 281 imprese considerate 70
appartengono al segmento Blue Chip del mercato MTA di Borsa Italiana che include tutte le
società caratterizzate da una capitalizzazione superiore a 1 miliardo di euro e da una struttura
economico-finanziaria particolarmente solida9.
[Inserire Tabella 1]
9
Al 16 novembre 2009, le società quotate sul segmento Blue Chip erano in realtà 73, includendo anche tre società
straniere Banco Santander, Stmicroelectronics e Tenaris che sono escluse dalla nostra analisi.
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In media in ogni società i soggetti che assumono cariche amministrative sono all’incirca 15, di
cui 5 impegnati in funzioni di controllo e 2 che svolgono la funzione di amministratore delegato.
Distinguendo tra i settori di appartenenza, nelle società assicurative gli organi sociali assumono in
media la dimensione maggiore (18 amministratori in senso stretto e 4 amministratori delegati),
seguite dalle banche e dalle altre società finanziarie.
3.1. Uno sguardo d’assieme
Il numero totale delle cariche sociali nelle società quotate è pari a 4.328, di cui 2.926 di carattere
amministrativo-gestionale e 1.402 di controllo. Tali cariche sono ricoperte da 3.532 persone fisiche
con un cumulo medio pari a 1,23 (Tabella 2). Questa quota è inferiore a quella riportata da Bianco
e Pagnoni [1997] per il periodo 1985-95, confermando la tendenza a una minore incidenza del
fenomeno del cumulo delle cariche già riscontrata dagli autori. Questo fenomeno appare
massimamente diffuso nel settore finanziario e tra le imprese grandi (le Blue Chips) dove le
cariche sociali attive sono almeno il 50% più numerose degli amministratori che sono chiamati a
ricoprirle.
[Inserisci Tabella 2]
Se si guarda poi al numero di amministratori che cumulano due o più cariche, il fenomeno
risulta leggermente più concentrato che nel decennio precedente. Il numero di amministratori con
più cariche è pari a 531 corrispondente al 15% del totale degli amministratori, mentre nel 1995 la
quota era del 20% [Bianco e Pagnoni 1997]. Tuttavia, il numero massimo di cariche cumulate si è
ridotto. La grande maggioranza di questi è presente in due società, mentre appena il 3% degli
amministratori ha 5 o 6 incarichi, e nessuno supera tale soglia (Tabella 3). Infine, è interessante
notare che gli interlocks interessano principalmente società attive in settori differenti: la quota di
amministratori impegnati nel settore finanziario che detengono più cariche all’interno dello stesso
settore è pari al 7,7% (nelle banche il cumulo di cariche intra-settoriale è il 4%), mentre
nell’industria tale quota è il 12,6%.
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[Inserisci Tabella 3]
La figura 1 offre una rappresentazione grafica dei legami tra le società quotate che avvengono
tramite la condivisione degli amministratori, mentre nelle tabelle 4, 5 e 6 riportiamo alcune misure
statistiche relative alla struttura della rete e alla sua coesione e centralità (per una loro precisa
definizione si rimanda all’appendice).
[Inserisci Figura 1]
Delle 281 società quotate (i nodi della rete), 241 formano un’unica grande componente dove
ciascuna società è direttamente o indirettamente collegata alle altre attraverso 836 legami. Le
società isolate, con organi sociali totalmente scollegati da quelli delle altre imprese quotate, sono
pari a 38, un numero inferiore a quello di 47 riportato da Santella et al. [2007] per il 2006. La
struttura della rete appare molto intrecciata, ma con una densità abbastanza contenuta e in leggero
calo rispetto al passato [Santella et al. 2007], in cui legami esistenti sono pari al 2,13% di quelli
possibili. Ogni impresa ha in media 6 legami, che diventano 7 se si escludono le società isolate,
mentre l’impresa con il grado maggiore (la Pirelli & C.) evidenzia ben 37 legami diretti.
All’interno della componente principale 22 società rappresentano dei punti di separazione in grado
con la loro eventuale fuoriuscita di spezzare la rete in più componenti. In nessun caso, però, la
nuova componente che verrebbe a formarsi conterrebbe più di tre nodi.
Un nucleo consistente di società fa parte di gruppi molto compatti (clique, nella terminologia
della teoria delle reti) in cui ciascuna società è legata a tutte le altre. Più precisamente, tra le
società quotate vi sono 247 cliques di dimensione non inferiore a 3, di cui 22 sono composte da 5
società, 9 da 6 società e 1 include 7 società.
[Inserisci Tabelle 4 e 5]
Passando a esaminare i legami indiretti, in media la distanza geodetica (per una sua
definizione si rimanda all’appendice) tra i nodi è pari a 3,35 un valore molto simile a quello
prevalente nel 2006 e che conferma la stabilità della struttura della rete nel tempo. Come ricordano
Santella et al. [2007], la distanza geodetica può essere interpretata come un indicatore della
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difficoltà che una società ha di entrare in contatto tramite i propri amministratori con gli
amministratori di un’altra società. In questa prospettiva, i valori riportati in tabella indicano che in
media un amministratore dovrà entrare in contatto con altri due amministratori (con l’amico
dell’amico, potremmo dire) per mettere in rapporto la propria società con un’altra, e che le società
che assumono una posizione più periferica nella rete dovranno contattarne al massimo sette
(corrispondente al diametro della componente maggiore).
Per quanto riguarda la posizione dei singoli nodi all’interno della rete, nella figura 2 sono
riportati i box plot relativi alle distribuzioni delle misure di centralità (grado e interposizione) per
tutte le società quotate, le Blue Chips e le sole banche quotate10. Ciò che colpisce è il fatto che la
condivisione di membri di organi societari è un fenomeno che non si distribuisce in maniera
uniforme tra tutte le società, bensì riguarda in misura abnorme alcune importanti società e solo in
misura ridotta le molte altre che entrano a far parte della rete come satelliti delle prime. Questo
fatto trova conferma sia negli indici di concentrazione calcolati sulle misure di centralità che
assumono valori molto elevati (tabella 4), sia dal fatto che il grado e l’indice di interposizione delle
società appartenenti alle clique più grandi assumono valori anomali dal punto di vista statistico. In
sintesi, ciò che emerge dalla nostra analisi è che all’interno della rete vi è un nucleo di ‘vecchie’
aziende - Pirelli, Mediobanca, RCS Mediagroup, Assicurazioni Generali e Telecom – che
mantengono una grande centralità sia in termini di legami diretti (grado) sia di legami indiretti
(vicinanza e interposizione) con le altre imprese. A queste si aggiungono il gruppo Luxottica e il
gruppo Autostrade (oggi Atlantia) che sembrano ormai entrate a far parte stabilmente del «salotto
buono» della nostra industria.
[Inserisci Figura 2]
10
La linea centrale all’interno della scatola indica la mediana; i lati della scatola indicano il primo e il terzo quartile; le
linee estreme (i baffi) indicano il minimo e il massimo della distribuzione se non si è in presenza di valori anomali
oppure i valori sogliaQ0* = Q1 - 1,5*(Q3 – Q1) e Q4* = Q3 + 1,5*(Q3 – Q1) al di là dei quali compaiono gli outliers
(indicati con i pallini).
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3.2. Le Blue chips
Tutte le caratteristiche di struttura, coesione e centralità della rete appena descritte indicano
chiaramente che tra le Blue Chips i legami che uniscono i consigli di amministrazione e gli altri
organi di amministrazione e controllo sono più aggrovigliati. Come mostra la figura 3, ben 67 delle
70 società incluse nel gruppo delle Blue Chips sono tra di loro direttamente o indirettamente
collegate. Tra le società isolate spicca la posizione della Tiscali i cui amministratori e sindaci sono
esclusivamente impegnati nell’attività dell’azienda, senza alcun altro incarico in imprese quotate.
La densità della rete è tra le Blue chips molto maggiore (più del triplo) di quella dell’insieme
delle imprese quotate, e al suo centro spiccano le figure della Pirelli e di Mediobanca (22 legami
ciascuna). In particolare, tra le Blue Chips sone presenti ben 6 cliques composte da 6 imprese
ciascuna, e in ognuna di queste compaiono sia la Pirelli sia Mediobanca. E’ interessante però
notare che nella classifica delle società per indice di interposizione e vicinanza (ossia di centralità
indiretta) predominano Luxottica e Atlantia e figurano società diverse da quelle viste in
precedenza come Unicredit, Eni, Fiat e Autogrill che evidentemente tendono a mantenere legami
strategici con il cuore dell’industria italiana piuttosto che con piccole imprese satellite.
[Figura 3]
La maggiore coesione del gruppo delle Blue Chips trova conferma nella distanza media tra i
nodi che scende a 2,48 con un diametro (il numero massimo di passi per contattare un’altra
società) pari a 5. Nel complesso, per queste società il numero di legami diretti (grado) risulta
distribuito in maniera più omogenea rispetto a quello delle altre, come si evince dal più basso
coefficiente di variazione calcolato sul grado (pari a 0,8 per le Blue Chips e 0,98 per tutte le 281
società, con una riduzione del 18%) e dall’indice di concentrazione calcolato sul grado anch’esso
più contenuto (tabella 4). Trova invece conferma l’eccezionalità di alcune società per quanto
riguarda la loro capacità di rappresentare il tramite decisivo per allacciare contatti con altre società
(figura 2).
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3.3. La rete tra banche e i con le imprese industriali
Concentriamo ora l’attenzione sul gruppo di 25 banche quotate in borsa. Il cumulo di cariche
sociali all’interno di questo gruppo da parte degli amministratori in carica è piuttosto contenuto
(528 amministratori ricoprono 551 cariche con un cumulo medio pari a 1,04; vedi tabella 2) e la
percentuale di amministratori bancari con cariche in più banche è del 4%, valori entrambi inferiore
sia a quelli delle società assicurative che a quelli delle società industriali.
Anche per le banche si conferma la struttura a blocco unitario, con una componente di cui
fanno parte 15 Istituti di credito che mantengono tra loro legami diretti e indiretti, mentre gli altri
Istituti non presentano alcuna forma di interlock (figura 4 e tabella 4). Ciò che emerge è una realtà
molto polarizzata, in cui si partecipa alla rete, in misura più o meno simile, oppure si è totalmente
esterni alla rete11. All’interno dell’unica componente plurima, ciascuna banca mantiene in media
due legami diretti con altre banche (Mediobanca, Intesa-SanPaolo e Italease ne hanno 4) coprendo
poco più del 15% dei legami possibili. In questo modo dove si formano due clique, ciascuna
composta da tre sole banche, tra le quali è interessante notare non compaiono i due più grandi
Istituti bancari italiani (Unicredit e Intesa-SanPaolo, vedi tabella 5).
[Figura 4]
La relativa maggiore indipendenza reciproca dei consigli di amministrazione delle banche
trova poi conferma anche nei legami indiretti, con un valore dell’indice di distanza che in media è
per queste società pari a 3,54 (tabella 4). Infine, che la rete tra gli organi di governo delle banche
sia meno aggrovigliata e formi un percorso più definito è confermato dal valore più alto che
assume l’indice di interposizione della rete, che indica che vi è una banca (nello specifico, IntesaSanPaolo) che agisce da collegamento tra vari Istituti consentendo la formazione di molti legami
indiretti. Se si guarda alla posizione delle singole banche nella rete, colpisce la posizione defilata
11
Ciò trova conferma nel fatto che l’indice di concentrazione calcolato sul grado è molto alto se calcolato su tutte le
banche ma si riduce drasticamente se calcolato sui 15 (tabella 4).
- 15 -
che assume Unicredit che non compare mai tra le prime cinque banche nelle classifiche di
centralità.
Più forti e soprattutto di intensità crescente sono i legami tra gli organi sociali delle banche e
quelli dell’industria. . Ad esempio la Banca Popolare di Milano, che è isolata se si guarda ai soli
istituti di credito, assume un ruolo eccezionalmente forte nella mediazione all’interno delle Blue
Chips.
Quindi, seguendo Bianco e Pagnoni [1997], distinguiamo i possibili interlocking directorates
tra banca e industria in quattro tipologie che ne evidenziano il grado di intensità: i legami IN-IN e
IN-OUT, nei quali un amministratore con una carica esecutiva all’interno di una banca si trova,
rispettivamente, ad assumere e a non assumere una carica esecutiva all’interno di una società
industriale; i legami OUT-IN e OUT-OUT, nei quali un amministratore che non ha cariche
esecutive all’interno di una banca si trova, rispettivamente, ad assumere e a non assumere una
carica esecutiva all’interno di una società industriale.
[Inserisci Tabella 7]
Nel 1993, ossia fintantoché si era in presenza di una legislazione che impediva di fatto alle
banche di partecipare al capitale azionario delle imprese non-finanziarie, gli organi sociali di
banche e società industriali rimanevano fra loro abbastanza indipendenti. Più precisamente, dai
dati riportati da Bianco e Pagnoni [1997] risultava che tra banche e imprese industriali quotate non
vi era alcun legame IN-IN, mentre i legami IN-OUT e OUT-IN erano, rispettivamente, appena 4 e
15. Oggi la situazione è molto cambiata. Nel complesso gli interlocking directorates tra banca e
industria sono 145 (vedi tabella 7). Di questi, 12 sono legami IN-IN, con uno stesso
amministratore che ricopre posizioni esecutive sia in una banca sia in una società industriale.
Particolarmente rilevante è il caso di Mediobanca, dove ben 4 amministratori con ruolo esecutivo
hanno un ruolo esecutivo anche in Pirelli, Pirelli Real Estate, RCS-Mediagroup e Telecom12. I
12
Oltre a questi, 2 amministratori esecutivi del Monte dei Paschi hanno incarichi esecutivi in imprese del gruppo
Caltagirone, 2 amministratori della Popolare di Milano hanno incarichi esecutivi in A2A e Impregilo, 2 amministratori
- 16 -
legami IN-OUT sono 31 e vedono coinvolte 15 banche, con Mediobanca e il gruppo Banco
Popolare particolarmente attive con 6 legami ciascuna. Anche i legami OUT-IN non sono rari,
arrivando ad essere nel complesso 20. Purtroppo, chiarire se tali intrecci favoriscano un maggiore
e più affidabile flusso informativo tra banca e impresa capace di migliorare l’allocazione delle
risorse finanziarie o se invece mirino a legare a sé una delle due parti per acquisire posizioni di
rendita resta una questione aperta di fondamentale importanza, ma a cui la nostra analisi non
consente di dare risposta13.
4. Conclusioni
La condivisione degli amministratori continua a rappresentare uno dei più importanti canali di
collegamento tra le imprese in Italia. Il numero di legami tra gli organi di governo delle società
italiane quotate in borsa rispetto al numero di società stesse è molto elevato, così come accade
anche in altri paesi. In modo particolare, le Blue Chips costituiscono una rete più omogenea e
connessa, mentre quella formata dalle sole banche presenta una struttura quasi lineare. Le
connessioni non riguardano tutte le società in modo uniforme, bensì esiste un notevole grado di
concentrazione all’interno di gruppi di società che condividono parte dei loro amministratori. Il
ruolo di queste società è da ritenersi certamente anomalo nell’ambito di un’analisi puramente
statistica come quella che abbiamo condotto in questo capitolo; tuttavia, le implicazione di analisi
e politica economica di tale eccezionalità non sono né univoche né immediatamente valutabili e
quindi rappresentano un importante campo di indagine e approfondimento per future ricerche.
Appendice. La social network analysis: un’introduzione
La Social network analysis (SNA), utilizzando informazioni su relazioni (legami) tra entità sociali
(attori), analizza le caratteristiche individuali dei soggetti coinvolti sulla base della struttura delle
del Credito Valtellinese ricoprono incarichi esecutivi nelle società Sol SPA e Edison la Popolare e un amministratore
esecutivo di Unicredit e di Intesa-SanPaolo è con incarichi esecutivi in, rispettivamente, Enel e RCS-Mediagroup.
13
Su questo cfr. Barucci [2006].
- 17 -
relazioni che si configurano piuttosto che, come accade solitamente in altri ambiti dell’analisi
statistica, sugli attributi che li contraddistinguono.
I dati relazionali fanno riferimento a contatti, vincoli, collegamenti o appartenenze a gruppi
che collegano un attore con l’altro: essi connettono coppie di individui in più ampi sistemi di
relazioni. Tali informazioni vengono espresse e visualizzate mediante grafi oppure incorporate in
matrici di adiacenza, talvolta dette sociomatrici (Wasserman e Faust, 1994).
In questa appendice richiamiamo in breve le definizioni delle principali strutture matematiche e
degli indici statistici adoperati in questo lavoro per la valutazione delle caratteristiche delle reti.
Supponiamo di avere un insieme
di
attori o nodi. Tra ciascuna delle
possibili coppie di attori, se esiste un legame, sarà presente una linea che congiunge tali nodi,
altrimenti i nodi si presenteranno disgiunti. Il legame può essere direzionale, nell’ipotesi di
relazioni asimmetriche o non reciproche, e in tal caso le linee assumeranno la forma di archi, con
frecce indicanti la direzione del legame. Allora, detto
esistenti tra i nodi, un grafo
Sia
nodi e
la dimensione di
l’insieme dei legami
sarà matematicamente descritto dagli insiemi
.
ossia il numero di legami presenti nel grafo, allora un grafo con
è detto vuoto, un grafo con
nodi e
è detto completo. I sottoinsiemi
di nodi tra loro connessi sono detti componenti, insiemi o sottoinsiemi completi di nodi sono detti
clique, nodi non collegati ad altri sono detti isolati. Punti di separazione (o cut-points) sono invece
quei nodi la cui rimozione genera un aumento del numero di componenti di un grafo.
La matrice di adiacenza
può essere definita come la matrice di dimensione
, in cui le
righe e le colonne identificano gli attori della rete posti nel medesimo ordine e i cui elementi sono i
valori:
⎧⎪1
x ij = ⎨
⎪⎩0
se c' è un legame tra n i e n j e quindi i due nodi sono adiacenti
se non c' è un legame tra n i e n j e quindi i due nodi non sono adiacenti
.
- 18 -
In particolare, nel caso di grafi non orientati la sociomatrice è simmetrica poiché la relazione tra il
nodo
ed il nodo
è identica a quella tra il nodo
grafi pesati in cui gli elementi di
ed il nodo
. Talora è possibile definire
assumono valori proporzionali all’intensità del legame tra nodi
e dunque valori non più necessariamente binari.
Lo studio delle reti si basa essenzialmente su due possibili strategie di analisi: (a) il
posizionamento degli attori all’interno della rete; (b) l’individuazione del grado di coesione della
rete nel suo complesso o con riferimento a sottoinsiemi di attori della rete. Comunemente, per
entrambe le analisi si utilizzano alcune fondamentali misure che si valutano sui nodi e sulle linee.
La più intuitiva e diffusa è il grado del nodo (degree) che indica il numero di linee incidenti su
,
ossia:
Per i grafi orientati è possibile calcolare sia il grado in entrata (in-degree) sia il grado in uscita
(out-degree). Il grado di un nodo varia da un minimo pari a
(nodo isolato) ad un massimo pari a
(quando un nodo è adiacente a tutti gli altri nodi presenti nel grafo). Singolarmente, è
interpretabile come misura di “attività” di ciascun attore, mentre la media (average degree = AvD)
e la deviazione standard dei gradi nella rete rappresentano rispettivamente un indice sintetico di
posizione e uno di variabilità riferito all’attività di tutti gli attori nel loro complesso.
Una seconda importante misura è la densità di un grafo, definita come il rapporto tra il numero
di linee L di un grafo rispetto al numero massimo di possibile di linee, ossia:
dove D varia tra 0, quando non ci sono linee tra i nodi
, e 1, quando il grafo è completo. Si
tratta di una misura molto importante poiché fornisce informazione su quanto un gruppo (o
sottogruppo, quando è calcolata su sottoinsiemi di attori) sia coeso. Quanto più alto è il suo valore,
tanto più fitte sono le relazioni esistenti tra partecipanti. Naturalmente, esiste una relazione
- 19 -
matematica tra average degree e densità di un grafo:
ovvero
e
pertanto la densità può essere interpretata come un average degree normalizzato (rispetto al
massimo valore che essa può assumere).
Oltre che da un legame diretto, due nodi possono essere collegati anche indirettamente da una
sequenza di linee definita sentiero. In particolare, un sentiero in cui ogni nodo e ogni linea sono
diversi è detto percorso. La lunghezza di un percorso è data dal numero di linee che lo
costituiscono ossia dal numero di passi necessari per andare da
(geodesic distance) fra due nodi
a
. La distanza geodetica
è la lunghezza del percorso più breve che li collega. Il
diametro di un grafo è dato dalla massima distanza esistente nel grafo. Se il grafo non è connesso il
diametro è infinito.
La coesione di un grafo può essere valutata attraverso diverse misure che tengono conto della
distanza tra nodi, come il diametro, la media delle distanze geodetiche, che risulta inversamente
proporzionale alla densità, l’indice di compattezza che, prendendo in considerazione il numero di
percorsi alternativi che collegano due nodi, assume valori compresi nell’intervallo
crescenti
in funzione della coesione, ed infine, l’indice di frammentazione, che al contrario tiene conto delle
coppie di nodi non raggiungibili e quindi vale se si tratta di un grafo completo e se vuoto.
Altre misure importanti sono quelle di centralità con cui si può determinare sia il
posizionamento di un singolo attore, che una sintesi complessiva di tali posizioni in funzione:
1) del grado, precedentemente introdotto, ossia:
2) dell’interposizione (betweenness), misurata dalla frequenza relativa con cui ogni attore si trova
sul percorso minimo esistente fra altri attori:
- 20 -
in cui
indica il numero di geodetiche che collegano i nodi
geodetiche che collegano i nodi
e
passando per
e
e
il numero di
; naturalmente, valori di interposizione alti
stanno ad indicare un ruolo preminente nella “mediazione” tra le parti;
3) vicinanza o prossimità (closeness) a qualsiasi altro nodo nel grafo, espressa dal reciproco della
somma delle distanze geodetiche di ogni attore da tutti gli altri:
La vicinanza può essere calcolata solo su grafi connessi, altrimenti occorre rimuovere i nodi isolati
prima di calcolarla.
Allo scopo di misurare la centralità di una rete sulla base delle quantità sopra descritte, si può
valutare quanto un grafo sia dotato di una struttura centralizzata misurando le differenze osservate
fra le centralità del nodo più centrale
da quelle di tutti gli altri, rispetto alle analoghe differenze
teoriche massime calcolate in corrispondenza di grafi a stella con pari numero di nodi g (Freeman,
1979). La centralità della rete (network centrality) viene così calcolata tramite la formula:
Utilizzando le misure di centralità (1)-(3) appena definite è possibile costruire i seguenti indicatori
sintetici:
(i) indice di centralità della rete basato sul grado:
(ii) indice di centralità della rete basato sull’interposizione:
(iii) indice di centralità della rete basato sulla vicinanza:
- 21 -
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- 25 -
Figura 1: La rete tra le 281 società quotate in Borsa.
- 26 -
Quotate
Blue Chips
Blue Chips
Panel (a): Grado
Banche
Quotate
Blue Chips
Banche
Panel (b): Interposizione
Figura 2: Grado e interposizione normalizzati delle società quotate in Borsa
Note. Valori anomali ≥ Q4* = Q3 + 1,5*(Q3 – Q1) dove con Q3 e Q1 si indicano rispettivamente il terzo e il primo
quartile della distribuzione di riferimento.
Per quanto riguarda il grado (panel (a)), vi sono valori anomali tra le società quotate dove per le quali Q3* =17. In
particolare, che evidenziano 17 o più legami diretti sono: Pirelli & C. (37), Mediobanca (30), Rcs Mediagroup e
Assicurazioni Generali (27), Telecom e Luxottica (25), Atlantia (24), Italcementi (23), Fondiaria-Sai e Cir (20),
Intesa-SanPaolo e Eni (18), Piaggio, Autogrill e Italmobiliare (17).
Per quanto riguarda l’interposizione (panel (b)), tra le società quotate i valori anomali (maggiori o uguali a 765) sono:
Pirelli & C. (3329), Mediobanca (1905), Assicurazioni Generali (1718), Telecom (1690), Luxottica (1614), Atlantia
(1537), Banca Popolare dell’Emilia Romagna (1313), Piaggio & C. (1246), Rcs Mediagroup (1189), Tod's (1113),
Telecom Italia Media (1094), Banca Italease e Cape listed investment vehicle in equity (1006), Unione di banche
italiane (987), Cam Finanziaria (974), Italcementi (970), Fondiaria-SAI (960), Autostrada Torino-Milano (948),
Milano Assicurazioni (891), Banca popolare di Miliano (873), A. Mondadori Editore (855), Intesa-SanPaolo (851),
Enia (802), Cir (780); tra le Blue Chips i valori anomali (maggiori o uguali a 154) sono: Luxottica (282), Pirelli & C.
(276), Atlantia (196), Mediobanca (193), Unicredit (179), Rcs Mediagroup (176), Assicurazioni Generali (155); tra le
banche i valori anomali (maggiori o uguali a 32,5) sono: Intesa-SanPaolo (60); Unione di banche italiane (48), IW
Bank (45), Mediobanca e Banca Italease (44).
- 27 -
Figura 3: La rete tra le Blue Chips
- 28 -
Figura 4: La rete tra le 25 banche quotate in Borsa.
- 29 -
Tabella 1. Società quotate in borsa e amministratori per settore di attività
Altri
Assicurazioni Banche
servizi
Finanza Industria
finanziari
Blue
Chip
Totale
8
25
17
50
231
70
281
23,5
22,04
14,76
19,8
14,41
20,17
15,40
18,13
16,96
10
14,78
9,46
14,75
10,41
Numero medio di
amministratori
delegatic
4,13
3,64
1,35
2,94
1,69
3,07
1,91
Numero medio
sindaci
5,38
5,73
5,06
5,43
5,10
5,56
5,15
Numero di società
Numero medio di
amministratoria
Numero medio di
amministratori in
senso strettob
Fonte: elaborazioni su dati Consob.
a
Amministratori sono i soggetti che assumono nella società una delle seguenti cariche: amministratore, amministratore
delegato, presidente, vicepresidente, consigliere di gestione, consigliere di sorveglianza, direttore generale, sindaco
effettivo, sindaco supplente.
b
Gli amministratori in senso stretto comprendono le seguenti figure: amministratore, amministratore delegato,
presidente e vicepresidente di amministrazione, consigliere di gestione (dualistico), consigliere di sorveglianza,
direttore generale.
c
Oltre agli delegati, i membri dei comitati esecutivi, consiglieri di gestione e di sorveglianza delegati.
d
I sindaci/controllori comprendono le seguenti figure: sindaco effettivo, sindaco supplente (sistema tradizionale),
componente del comitato per il controllo sulla gestione (sistema monistico).
- 30 -
Tabella 2. Cumulo delle cariche nelle società quotate in borsa
Altri
Blue
Assicurazioni Banche servizi Finanza Industria
Totale
Chip
finanziari
Numero di
amministratoria
Numero di cariche
[di cui nello stesso
settore]
Cumulo cariche
(media)
Amministratori con
più cariche (%)
173
528
245
910
2.838
1.162
3.532
290
759
387
1.327
3.587
1.708
[188]
[551]
[251]
[990]
[3.338]
[1.412]
1,68
1,44
1,58
1,45
1,26
1,47
1,23
38,72
25,19
37,14
28,02
17,30
29,95
15,03
6,36
3,98
2,45
7,69
12,64
15,83
6
6
6
6
6
6
[3]
[3]
[2]
[4]
[5]
[5]
4328
Amministratori con
più cariche nello
stesso settore (%)
Numero massimo di
cariche
[di cui nello stesso
settore]
Fonte: elaborazioni su dati Consob.
a
Numero di persone fisiche impegnate come amministratori nel settore. I valori aggregati (Finanza e Totale) sono
calcolati al netto delle persone impegnate in più settori.
- 31 -
Tabella 3. Distribuzione delle cariche (valori percentuali)
Numero
Altri servizi
Assicurazioni Banche
Finanza Industria Blue Chip Totale
di cariche
Finanziari
2
50,74
56,39
61,54
59,22
64,15
60,92
65,53
3
29,85
21,05
24,18
23,53
22,61
24,71
22,22
4
14,93
15,79
12,08
12,55
10,18
11,21
9,42
5
2,99
6,02
1,10
3,92
2,65
2,87
2,45
6
1,49
0,75
1,10
0,78
0,41
0,29
0,38
Fonte: elaborazioni su dati Consob.
- 32 -
Nodi
Legami
Quotate
281
837
Componente più
grande
241
836
Blue Chips
70
239
Componente più
grande
67
239
Banche
25
16
Componente più
grande
15
16
Isolati
38
3
10
Comp.
40
4
11
Densità
AvD
SD
Max
0,02
5,96
5,83
37
0,03
6,94
5,74
37
0,10
6,83
5,48
22
0,11
7,13
5,40
22
0,05
1,28
1,34
4
0,15
2,13
1,06
4
Tabella 4. Struttura, coesione e centralità delle reti
Fonte: elaborazioni su dati Consob
Distanza
media
Grado
3,35
2,48
3,54
Diametro
Indici di Freeman
Indici di concentrazione
Grado
Interpos.
Vicinanza
Grado
Interpos.
Vicinanza
-
0,11
0,04
-
0,50
0,68
-
8
0,13
0,05
0,13
0,41
0,63
0,09
-
0,37
0.05
-
0,43
0,65
-
5
0,38
0,06
0,16
0,40
0,63
0,09
-
0,19
0,09
-
0,55
0,78
-
8
0,23
0,25
0,12
0,24
0,64
0,11
Tabella 5. Dimensione e frequenza delle cliques
Numero di imprese
incluse nella clique
3
4
5
6
7
Quotate
134 81 22
9
1a
Blue Chips
44
29 10 6b
0
Banche
2c
0
0
0
0
Fonte: elaborazioni su dati Consob.
a
La clique è formata da: Fondiaria, SAI, Italmobiliare, Mediobanca ,Milano
Assicurazioni, Pirelli & C., Premafin Finanziaria, RCS Mediagroup
b
La 6 cliques sono formate da: (i) Fondiaria, SAI, Italmobiliare, Mediobanca
,Milano Assicurazioni, Pirelli & C., RCS Mediagroup; (ii) Fondiaria, SAI,
Italmobiliare, Mediobanca , Pirelli & C., RCS Mediagroup, Telecom Italia; (iii)
Italcementi, Italmobiliare, Mediobanca, Pirelli & C., RCS Mediagroup, Unicredit;
(iv) Assicurazioni Generali, Italmobiliare, Mediobanca, Pirelli & C., RCS
Mediagroup, Telecom Italia; (v) Assicurazioni Generali, Intesa SanPaolo,
Mediobanca, Pirelli & C., RCS Mediagroup, Telecom Italia; (vi) Assicurazioni
Generali, Autogrill, Mediobanca, Pirelli & C., RCS Mediagroup
c
La 2 cliques sono formate da: Banca Italease, Banco Popolare, Società
Cooperativa Credito Bergamasco; (ii) Piccolo Credito Valtellinese, Credito
Artigiano, Mediobanca
Tabella 6. Tipologia di interlocking directorates fra banche e industria
Legami
Numero Percentuale
Banca–Industria
IN-IN
12
8,28
IN-OUT
31
21,38
OUT-IN
20
13,79
OUT-OUT
82
56,55
Totale
145
100
Fonte: elaborazioni su dati Consob.
I legami IN-IN vedono coinvolti amministratori con cariche
esecutive nella banca e nell’industria. I legami IN-OUT vedono
coinvolti amministratori con cariche esecutive nella banca ma non
nell’industria. I legami OUT-IN vedono coinvolti amministratori
senza cariche esecutive nella banca ma con cariche esecutive
nell’industria. I legami OUT-IN vedono coinvolti amministratori
senza cariche esecutive nella banca e nell’industria.