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La ricezione di un bandito: dal Macheath di Gay al Mackie Messer di Brecht Maria Elisa Montironi Ufficialmente fuorilegge e malavitosi, ma al contempo protagonisti di azioni coraggiose, i banditi sono figure intriganti. Mutuando la descrizione fornita da Hobsbawm nel suo influente studio sul tema, si può affermare che essi siano “outlaws whom the lord and the state regard as criminals, but who […] are considered by their people as heroes, as champions, avengers, fighters for justice, perhaps even leaders of liberation […]” (Hobsbawm 1985: 13)1. Non sorprende, allora, che l’ondata di delinquenza degli anni Venti del Settecento, a Londra, abbia reso celebre il genere delle biografie criminali. Esse venivano vendute con successo a Tyburn, il luogo delle esecuzioni pubbliche e, nonostante fossero state pensate per edificare moralmente il popolo e aumentare il valore esemplare della punizione, in realtà venivano lette come avvincenti resoconti delle grandi imprese dei banditi, che in più casi ispirarono artisti e scrittori (Guerinot e Jilg 1976: 5). Il ladro Jack Sheppard, ad esempio, che scappò dalla prigione di Newgate ben quattro volte, per essere infine giustiziato nel 1724, fu modello per il personaggio di Macheath, l’eroe de The Beggar’s Opera (1728) di John Gay, con arrangiamento musicale di Cristoph Pepusch2. Esattamente due secoli più tardi, Bertolt Brecht scrisse un suo adattamento del dramma, dal titolo Die Dreigroschenoper (1928), con musiche di Kurt Weill, mantenendo pressoché immutata la trama, ma ridefinendo sostanzialmente i tratti del protagonista, per mostrare un gangster non eroico, che agisce in una realtà in cui criminali e tutori della legge collaborano. Pur portando il nome di opere, questi testi vogliono essere delle antiopere, configurandosi come commedie in cui il dialogo parlato ha frequenti escursioni nel canto. Nel segno di una concezione democratica e non elitaria dell’arte, le melodie e i versi sono lontani dall’aulico e solenne mondo della lirica e vicini, invece, al pragmatismo e alla spontaneità della cultura popolare (cfr. Schumacher 1955: 315; Civra 1995: 227-237). Accomunate dallo spirito critico contro le ingiustizie sociali e dal proporre un teatro che è strumento euristico e di emancipazione, soprattutto attraverso le canzoni, le due opere nascono nello spirito del banditismo, tanto formalmente quanto nei temi. 100 Maria Elisa Montironi 1 The Beggar’s Opera: un’anti-opera The Beggar’s Opera è nota a tutti per essere il primo e più famoso esempio di uno spettacolo musicale tipicamente inglese chiamato ballad opera (cfr. Mullini e Zacchi 1992: 208; Civra 1995: 227). Il genere, che si estinse nel breve tempo di venti anni, consiste in una commedia di argomento satirico inframmezzata da interventi musicali, basati su canzoni in voga soprattutto a livello suburbano, dove a musiche originali si adattano nuovi testi. La ballad opera nasce come parodia della musica dell’Accademia Reale e dell’opera italiana sullo stile di Händel, che nel Settecento inglese era l’intrattenimento più apprezzato dall’élite del Paese, ma disprezzato dalla maggioranza degli amanti del teatro per più di una ragione (cfr. Ralph 1728). Nella Beggar’s Opera, Gay introduce l’innovazione nel confine di alcune convenzioni (cfr. Noble 1975). Strutturalmente l’opera consta di un’introduzione e dei canonici tre atti, e presenta sei personaggi principali, rispettando in tutto ciò la norma. Dal punto di vista contenutistico, tuttavia, la tradizione viene stravolta completamente: se i temi delle opere italiane derivavano solitamente dalla mitologia classica, dalla storia antica e medievale, e dalla letteratura fantastica, Gay racconta di malavitosi che non appartengono al mondo dell’opera e simbolicamente lo minano. Si pensi all’emblematica battuta di Filch, uno dei ladruncoli di Peachum: I ply’d at the Opera, Madam; and considering ’twas neither dark nor rainy, so that there was no great Hurry in getting Chairs and Coaches, made a tolerable hand on’t. These seven Handkerchiefs, Madam. (The Beggar’s Opera I, VI, p. 57) Inoltre, contro la moda dei castrati, tanto amati dal pubblico, spesso impersonanti ruoli centrali nelle opere, il drammaturgo porta in scena un protagonista la cui virilità è indubbia. Macheath ama il gentil sesso, frequenta le prostitute e ingravida le donne che vengono condannate, così da aiutarle ad essere graziate; un compito faticoso, come dimostra Filch, che lo deve sostituire mentre è in prigione. Dopo aver fatto per un po’ questo lavoro, il ragazzo è così stanco che sembra “a shotten Herring” (The Beggar’s Opera III, III, p. 95) e dichiara: “[I]f a Man cannot get an honest Livelyhood any easier way, I am sure, ’tis what I can’t undertake for another Session” (The Beggar’s Opera III, III, p. 95). Oltre a ciò, nella Beggar’s Opera, le dramatis personae sono riportate nell’elenco suddivise in “men” e “women”, e non secondo le forme della voce, come vorrebbe la convenzione della lirica italiana. Infatti, un’altra grande differenza rispetto all’opera classica si riscontra negli interpreti. I ruoli non sono pensati per cantanti lirici, ma per attori o cantori inglesi, AnnalSS 8, 2012 La ricezione di un bandito: dal Macheath di Gay a… Brecht 101 scelti per la qualità dell’interpretazione teatrale più che per le loro capacità vocali3. Come si è detto, originali rispetto alla convenzione della lirica ne The Beggar’s Opera sono anche le arie che accompagnano il testo. Nonostante siano definite “airs”, termine che designa l’asse portante dell’opera italiana (Surian 1999), esse sono in realtà canzoni con versi adattati ad arie e ballate, mutuate da quelle più famose e apprezzate dal pubblico inglese: arie di autori noti, come Purcell e Händel, e ballate del repertorio folcloristico cittadino, tratte per la maggior parte dalle raccolte di D’Ufrey, non solo britanniche (ventitré in tutto), ma anche irlandesi, scozzesi, francesi e italiane (cfr. Flood 1922). I versi di queste ballads sono stati parodiati o, raramente, lasciati invariati da Gay. La parodia coincide con il senso etimologico del termine, in quanto il drammaturgo unisce due segni opposti: versi lirici cantati su note da osteria o al contrario pensieri triviali su dolci melodie. 2 Il bandito Maceath e la società della Beggar’s Opera I personaggi dell’opera di Gay sono ladri, banditi e prostitute di una Londra coeva all’autore, dove domina la dottrina del self interest, tanto nei soggetti dei sobborghi urbani, quanto nei frequentatori dei ricchi palazzi della politica, degli affari e della giustizia, che pur non comparendo materialmente nell’opera, fanno avvertire fortemente la loro esistenza e il loro potere. The Beggar’s Opera, infatti, non è soltanto una divertente storia di malavitosi, scritta da un mendicante4 e ispirata alla povertà, ma anche una pungente satira della Londra settecentesca dei whig, interpreti dei principi della glorious revolution, sostenitori di una monarchia costituzionale governata dal parlamento, quindi in teoria più rappresentativa, dove però non vengono realmente tutelati gli interessi del popolo, perché a farla da padroni sono clientele e vincoli di parentela. Gay tratteggia una società regolata dalle leggi del mercato, senza eccezioni neanche per le questioni d’amore o di giustizia, dove il confine tra legalità e illegalità è labile, e in cui la condotta etica di politici, aristocratici e professionisti non si discosta da quella dei protagonisti dei bassifondi di Londra. La trama è infatti basata sui meccanismi di una morale distorta. Inoltre, le relazioni umane sono descritte come pervertite dallo spirito del commercio. Lo studioso Nokes fornisce un’analisi molto interessante in questo senso, mettendo in luce, con precisione e minuzia, la frequenza con cui vengono utilizzate parole del gergo economico, riferite soprattutto ai rapporti tra persone. Essa è così AnnalSS 8, 2012 102 Maria Elisa Montironi alta, da indurre Nokes a rinominare l’opera “The Business Man’s Opera” (Nokes 1995: 437). Con la Beggar’s Opera, dunque, John Gay compone un testo interamente animato dal mondo criminale e, al contempo, totalmente investito del ruolo di satira sociale. Per l’epoca della scrittura si può parlare di un’operazione temeraria, in quanto ci sono dei personaggi, o meglio atti, a chiave, cioè modellati su quelli compiuti da persone storiche, dai banditi fino ai politici, facilmente identificabili per i contemporanei, come testimoniano la stampa e la letteratura epistolare dell’epoca (cfr. Guerinot e Jilg 1976: 69). Il personaggio dall’eloquente nome di Peachum, ad esempio, aveva il suo prototipo nel ricettatore Jonathan Wild, da poco giustiziato per aver approfittato del sistema legale corrotto che dava ricompense ai grandi organizzatori della delinquenza, al fine di ottenere informazioni sui criminali meno pericolosi5. Particolarmente riconoscibile, inoltre, era la denuncia degli affari illeciti del primo ministro Sir Robert Walpole nel personaggio del malavitoso condannato a morte che Mrs Peachum cerca di proteggere, detto “Robin of Bagshot, alias Gorgon, alias Bluff Bob, alias Carbuncle, alias Bob Booty” (The Beggar’s Opera I, III: 53). I suoi molteplici nomi svelano il carattere truffaldino di chi li porta6. Walpole ascese alla carica, che poi mantenne per ben ventidue anni, salvando il governo e la corte dal grave scandalo del South Sea Bubble: il fallimento, di cui anche Gay fu vittima, della Compagnia dei Mari del Sud, che aveva ottenuto la conversione di parte del debito pubblico in azioni della compagnia, trasformando quindi i creditori dello Stato in azionisti. Tuttavia, il politico fu accusato dai contemporanei di utilizzare i soldi pubblici per interessi personali e di gestire il governo grazie al patronage, esercitando cioè protezione e facoltà di nomina alle cariche militari e civili, in un intreccio di interessi e favoritismi che restarono spesso non puniti. I parenti del ministro occupavano uffici statali a tutti i livelli, tanto che il periodo del suo mandato è criticamente chiamato da alcuni “Robinocracy” (Dawson 1998: 1255). In seguito all’Opera di Gay, gli oppositori del ministro iniziarono a chiamarlo “Bluff Bob” (Lewis 1973: 123), un appellativo congeniale all’uomo, non solo perché ricorda il ladro del play, ma anche perché Robin, di cui Bob è il diminutivo, è il nome di battesimo del ministro ed è allo stesso tempo un epiteto, in quanto evoca il verbo inglese “to rob”, vale a dire rubare. Il pubblico contemporaneo era abituato a questo gioco di parole legato al nome Robin dall’uso satirico che ne faceva la stampa antigovernativa. Il termine “Bluff”, al posto degli insultanti “Gorgon” e “Carbuncle”, stava a ricordare la scarsa eleganza dei comportamenti e degli atteggiamenti del ministro, ma anche il modo atipico con il quale si guadagnò la carica7. AnnalSS 8, 2012 La ricezione di un bandito: dal Macheath di Gay a… Brecht 103 Macheath, si è detto, era dipinto come il bandito di strada Jack Sheppard, criminale che aveva riempito le cronache dei giornali ed era divenuto leggendario per il suo modo di ingannare le autorità, tanto che il giorno della sua esecuzione a Tyburn, egli venne festeggiato dal popolo come un eroe popolare, e il suo tragitto verso il patibolo fu trionfale (Lewis 1973: 13). Gay lo descrive in maniera accattivante, come il galante capitano di una banda, avvezzo al gioco e ai più prosaici piaceri della vita, brigante coraggioso che tenta la fuga dal carcere e con intrepido coraggio affronta il patibolo. Per il principio di giustizia poetica, si dice, Macheath sarà infatti impiccato. Eroicamente, egli approfitta della sua sfilata da condannato verso la morte e denuncia l’iniquità della giustizia, che non punisce i ricchi che delinquono allo stesso modo dei poveri, cantando un’aria dai versi pungenti8, sulla melodia della celebre “Green Sleevs”: Since Laws were made for ev’ry Degree, To curb Vice in others, as well as me, I wonder we han’t better Company, Upon Tyburn Tree! But Gold from Law can take out the Sting; And if rich Men like us were to swing, ’Twou’d thin the Land, such Numbers to string Upon Tyburn Tree! (The Beggar’s Opera III, XIII, p. 109) Poco dopo, il personaggio metadrammatico del mendicante decide che, per assecondare il gusto del pubblico, Macheath sarà salvato, ma prima di lasciare che venga rappresentato tale finale positivo, egli afferma che nell’opera è possibile riscontrare: […S]uch a similitude of Manners in high and low Life, that is difficult to determine whether (in the fashionable Vices) the fine Gentlemen imitate the Gentlemen of the Road, or the Gentlemen of the Road the fine Gentlemen. (The Beggar’s Opera III, XVI, p. 112) Queste parole corroborano l’accusa al sistema legale formulata da Macheath. Se l’opera inglese mostra un mondo dominato dall’individualismo hobbesiano, in cui la condotta di uomini di corte e professionisti non si discosta affatto da quella di banditi e malavitosi, la versione tedesca novecentesca presenta una realtà ancora più preoccupante, dove esiste addirittura uno stretto legame tra tutori della legge e mondo criminale. Alla fine dell’opera di Brecht, il capo della polizia, amico di Mac e suo ex compagno di guerra, in maniera alquanto arbitraria, annuncia la grazia della regina per il condannato, assumendo il ruolo del salvatore. Non per una AnnalSS 8, 2012 104 Maria Elisa Montironi ragione di gusto estetico del pubblico, come in Gay, ma per un intreccio di interessi tra legalità e illegalità, il bandito non soltanto verrà salvato, ma anche omaggiato di doni, che ricalcano quelli delle fiabe, ovvero titolo nobiliare, un castello e una rendita fino alla fine dei suoi giorni. 3 Die Dreigroschenoper: un’anti-opera Tra il 1920 e il 1922, a Londra, si assiste ad un revival di enorme successo de The Beggar’s Opera, grazie alla messa in scena di Sir Nigel Playfair e Frederic Austin. La collaboratrice di Brecht, Elizabeth Hauptmann, scrive articoli sull’evento e parla con il suo gruppo di lavoro dell’opera inglese, che apprezza enormemente, portandola, così, all’attenzione del drammaturgo tedesco. Nel 1928, dunque, in occasione dell’apertura del Theater am Schiffbauerdamm di Berlino, città che era allora il centro culturale del Paese, Brecht mette in scena la sua rielaborazione del testo di Gay, con le musiche di Kurt Weill: Die Dreigroschenoper. Lo Stück mit Musik di Brecht segna un confine importante nella sua produzione artistica, collocandosi alla fine della giovanile “bohème letteraria” (Chiarini 1967: 110) e all’inizio della ricerca di una teoria antiaristotelica ed epica del teatro. L’opera, “piena di giovanili trovate e audaci innovazioni stilistiche” (Dallapiazza e Santi 2001: 99), regala al drammaturgo fama internazionale ed è, ancora oggi, la sua “opera più famosa e rappresentata” (ibid.). Molti studiosi evidenziano nel testo i risultati della riflessione del giovane Brecht sul pensiero di Karl Marx, mediata dalla speculazione filosofica marxista di Karl Korsch (1886-1961)9. Difatti, da “neofita” marxista e cosciente del potere euristico del teatro, Brecht mostra la società capitalistica con sguardo spietato, in una perfetta sintesi di impegno e divertimento (Mittner 1971: 1368), delineandola tristemente come una realtà in cui il valore della giustizia non trova posto e il diritto alla felicità, in teoria naturale e inalienabile, è ai fatti utopico e irrealizzabile. Una realtà, dunque, che va necessariamente cambiata. Anche dal punto di vista formale, Brecht aiuta il fruitore a mantenere un atteggiamento di distacco critico e di demistificazione, per essere in grado di individuare i problemi e trovare soluzioni. Il ruolo dello spettatore diviene, così, attivo, in contrapposizione a ciò che avviene nel teatro tradizionale. Questo punto è essenziale per Brecht, in quanto, a suo parere, il meccanismo del teatro catartico, che artificialmente crea e soddisfa tensioni nello spettatore, è deleterio perché assopisce l’esigenza di agire nella realtà, proprio come il capitalismo, che allo stesso modo genera e appaga bisogni. AnnalSS 8, 2012 La ricezione di un bandito: dal Macheath di Gay a… Brecht 105 Dal punto di vista formale, gli studiosi leggono Die Dreigroschenoper come “un caso particolare dell’operetta berlinese” (Manciotti 1995: 458), genere fondato sullo stile della canzone da cabaret. Brecht e Weill utilizzano l’operetta solamente come forma convenzionale del teatro leggero per farne una parodia. Secondo la tradizione, infatti, la trama, in tre atti, è presentata per episodi: un prologo e nove scene. Ci sono però anche elementi provocatori. In primo luogo i testi cantati, versi originali o ripresi dai grandi nomi della letteratura, da eseguire in maniera naturale, senza voce impostata, considerati autonomi rispetto al resto; in secondo luogo l’ambientazione nella Londra suburbana, al posto della trattazione dei soggetti dell’operetta berlinese, fantastici, realistico-borghesi o idillici. Kurt Weill sostiene che lo Stück rappresenti una nuova forma di teatro d’opera, la cui necessità è fondamentale per la società a sé coeva. Idea corroborata anche dalla voce autorevole di Adorno che, dopo aver assistito alla rappresentazione della Dreigroschenoper a Francoforte nel 1928, scrive un articolo al riguardo e lo conclude definendo l’opera “das wichtigste Ereignis des musikalischen Theaters: tatsächlich beginnt so vielleicht die Restitution der Oper durch Wahrheit” (Weill 1928: 271). I cambiamenti prendono le mosse dall’esigenza di avere un’arte con scopi di segno opposto a quelli dell’opera in voga: non evasione e consenso, ma “invasione” e dissenso. Pertanto la musica, nell’opera di Brecht, si contrappone alle idee di magia e incanto spesso associate ad essa. Il drammaturgo desidera modificare la funzione della musica e la realtà cristallizzata dell’opera, cambiandone innanzitutto l’atteggiamento dei creatori, scrive il suo collaboratore Weill: Wichtiger für uns ist die Tatsache, daß hier zum erstenmal der Einbruch in eine Verbrauchsindustrie gelungen ist, die bisher einer völlig anderen Art von Musikern, von Schriftstellern reserviert war. (Weill 1929: 325) Occorre, quindi, pensare ad un nuovo pubblico, argomenta Brecht: “Da die Oper ihrem Publikum gerade durch ihre Rückständigkeit teuer ist, müsste man auf den Zustrom neuer Schichten mit neuen Appetiten bedacht sein” (Brecht 1957: 13). I nuovi destinatari sono persone non abituate a frequentare l’opera, ma che avendo maturato una nuova coscienza della realtà, grazie agli importanti eventi storici vissuti, cercano nel teatro la possibilità di riflettere su questioni di impellente attualità, come quelle della Zeitoper. Brecht e con lui altri, in particolare Piscator e Feuchtwagner (cfr. Castri 1973; Chiarini 1980), sono per un “teatro politico”, nel senso più ampio ed etimologico del termine, di contatto con la realtà e di utilità per il suo miglioramento. AnnalSS 8, 2012 106 Maria Elisa Montironi Il ritratto impietoso della contemporaneità richiede, innanzitutto, un linguaggio diverso da quello aulico dei personaggi dell’opera romantica e wagneriana. Nota Lotte Lenya: Brechts Sprache schrie nach einer Neuvertonung, nach einer Musik, die ihrem Tempo, ihrer Durchschlagskraft, ihrer Modernität, ihrem Reichtum an Unter- und Obertönen das Wasser reichen konnte. (Lenya 1955: 328) Proprio perché vuole essere accessibile a tutti e non deputato al mero godimento, questo tipo di linguaggio musicale deve essere alla portata di attori e non di cantanti10, non importa se stonati, nelle parole di Weill “musikalischen Laien” (Weill 1929: 327), e deve essere realistico, un aggettivo su cui il compositore ritorna più volte. Nelle note al testo, Brecht indica che l’attore deve compiere un “Funktionswechsel” e ancora che egli deve “nicht nur singen, sondern auch einen Singenden zeigen” (Brecht 1955a: 98). Il drammaturgo passa, successivamente, ad un implicito riferimento all’elemento parodico nel senso etimologico del termine, scrive infatti che l’attore deve cantare secondo il metodo del “Gegen-die-Musiksprechen” (Brecht 1955a: 98), non può seguire la melodia e, qualora ciò avvenga, deve mostrare particolarmente il godimento che ne deriva. Questo perché la musica deve portare al V-Effekt, un senso di distacco contrario all’identificazione e all’empatia, che il drammaturgo richiede tanto al cantante, quanto al ricevente. Antitesi dell’espressione individuale e del soggettivismo esasperato della lirica, la canzone in Brecht diventa gestuale, cioè permette al personaggio di mostrare il suo atteggiamento sociale, i suoi Grundgesten, che rendono possibile l’analisi del reale e una presa di posizione da parte degli spettatori su ciò che viene loro mostrato. La musica vuole essere, nelle parole di Brecht: “Schmutzaufwirblerin, Provokatorin und Denunziantin” (Brecht 1955b: 178). Centrale per ottenere questi effetti, e con essi il ribaltamento della funzione del teatro da aristotelico ad epico, è la presenza delle parti cantate come realtà singolari, staccate dal resto, utilizzando diversi espedienti. Per prima cosa, il musicista crea un collage volutamente eterogeneo di forme della musica da ballo a lui coeva e di altri stili musicali, mai perfettamente corrispondenti alle regole classiche (Hinton 2005: V), ottenendo una separazione di elementi contraria all’idea di Gesamtkunstwerk wagneriana. Si ascoltano musiche e testi che hanno assimilato il cabaret tedesco, le ballate di Wedekind, il music-hall inglese, la canzone commerciale e il jazz. Per un pubblico nuovo e non necessariamente abituato all’opera vengono utilizzate le varie voci della Gebrauchsmusik11, di segno anti-romantico, che costituiscono la realtà musicale di consumo al di fuori dei teatri d’opera. AnnalSS 8, 2012 La ricezione di un bandito: dal Macheath di Gay a… Brecht 107 Con lo stesso intento di rinnovamento, le melodie sono scritte per un insieme strumentale da jazz-band, di soli sette elementi per la prima dell’opera, contrariamente alla grande orchestra “chiusa nel golfo mistico di derivazione tardoromantica” (Fumagalli 1980: 171). Vengono banditi gli archi acuti, al contrario hanno voce preponderante i fiati: flauti, clarinetti, sassofoni, trombe e un fagotto. Nell’orchestra sono anche annoverati strumenti inediti per un gruppo cameristico, come la batteria, l’argentino bandoneon, il banjo, la chitarra hawaiana, la celesta e a volte il mandolino. Si tratta di un magistrale lavoro di composizione che unisce molteplici elementi sonori, che spaziano da Mozart all’espressionismo viennese, mai utilizzati in maniera canonica. Nota Pestalozza: […N]on soltanto Weill affianca a forme colte (come l’ouverture di carattere serioso austerizzata da un fugato centrale, o il Corale luterano vera e propria ‘musica di chiesa’ che chiude la ‘piece’, o i frequenti concertati di schietto impianto operistico), forme decisamente popolaresche (Tango, Fox, Shimmy e così via); ma all’interno di esse, compie un continuo scambio di valori stilistici [...]. (Pestalozza 1961: 152) Hannah Arendt, in un suo saggio su Brecht, scrive una spiegazione illuminante sulle ragioni che inducono l’autore a scegliere la forma della ballata nella sua produzione poetica: La tradizione popolare si è scelta da sé la ballata per assicurarsi attraverso di essa una propria tradizione non scritta, che accanto e indipendentemente dalla grande tradizione artistica ha testimoniato di una storia dimenticata e trascurata, — una forma in cui il popolo tra Moritat, Dienstbotengesänge, canti popolari e chanson ha tentato di procurarsi una propria immortalità poetica. Non allorché cominciò a occuparsi di marxismo, ma quando iniziò a portare in onore la forma ballatesca — Brecht si è schierato dalla parte degli oppressi. (Arendt 1968: 589) Come la forma della ballata, anche quella del jazz ha rilevanza semantica. Parafrasando le affermazioni di Hannah Arendt appena citate per commentare l’operazione poetica di Brecht, si può affermare che Weill si appropria della matrice popolare del jazz per schierarsi dalla parte degli oppressi. Arrivato dall’America in Germania nel 1924, il jazz è il simbolo del benessere americano, mito del “nuovo ceto medio delle grandi città” (Dallapiazza e Santi 2001: 53), ma anche della musica moderna che si ispira alla macchina e ai ritmi ripetitivi e regolari della produzione e della metropoli. Al contempo, questo genere musicale è popolare a livello internazionale, quindi può configurarsi come il punto di incontro tra avanguardia e massa. Non si deve dimenticare, inoltre, che le leggendarie AnnalSS 8, 2012 108 Maria Elisa Montironi origini del jazz vanno rintracciate negli spiritual e nel blues degli schiavi africani, comprati e venduti sulla Congo Square di New Orleans. I temi ricorrenti di questi canti, spesso marce funebri, sono dolenti come le note delle loro melodie. Si parla, ad esempio, del sacrificio di Cristo, dell’amara speranza di una libertà ultraterrena, della condizione dolorosa di chi è stato sradicato dalla propria terra e dei problemi derivanti dal conflitto di razza (Carles et al. 2000). Per di più, il jazz è veramente congeniale alla concezione brechtiana di teatro, perché si configura come il linguaggio sonoro per eccellenza della rottura con il passato e impone all’ascoltatore un atteggiamento attivo, in quanto per apprezzare l’esecuzione occorre seguire il modo in cui ogni musicista lavora sul tema come un artigiano. Al contrario, il valzer assurge a segno della rassicurante tradizione, tanto delle regole musicali, quanto del passato imperiale. È in questa giustapposizione di elementi che risiede la forza aggressiva e polemica della musica di Weill che, contro l’opera tradizionale, non mira all’irrazionalismo romantico, ma al razionalismo illuminista. Così, la realtà viene mostrata come modificabile anche attraverso la musica. 4. La società oggetto di satira nella Dreigroschenoper La satira sociale dell’opera di Brecht è analoga a quella della fonte, anche se il valore della critica non è legato a un luogo e a un tempo precisi. Le coordinate temporali e topiche sono volutamente riconoscibili ma vaghe. La vicenda infatti si svolge in una “Schein-London” (Lucchesi 2001: 209) fatta dei suoi elementi più turistici e noti. Non ci sono indicazioni temporali precise, ma si parla sia di un re che di una regina al trono, vengono ricordate come esperienze del passato prossimo le avventure dell’esercito britannico in India e le musiche sono coeve all’opera. Leggendo però le parole dello stesso Brecht nella conversazione con il regista Strehler, si evince che l’ambientazione è più tarda di un secolo rispetto alla Beggar’s Opera e ritrae l’Inghilterra vittoriana, scelta perché lontana abbastanza per essere osservata criticamente e allo stesso modo conosciuta a sufficienza per far funzionare il meccanismo satirico (Bunge 1955: 189). Il testo del drammaturgo di Augusta prende le mosse dall’equazione tra malavitosi e dirigenti della fonte, però aggravata dal fatto che i due mondi sono legati da rapporti di collaborazione. Nella sua satira sociale, Brecht non fa uso di personaggi a chiave come Gay, ma intende rappresentare tipi umani. Si tratta di un’operazione critica, non tanto verso precisi personaggi storicamente esistiti, ma in maniera più ampia contro la Weltanschauung del AnnalSS 8, 2012 La ricezione di un bandito: dal Macheath di Gay a… Brecht 109 capitalismo e dell’ipocrisia sociale che investe tutta la realtà. Jonathan Jeremiah Peachum, ad esempio, è un “Geschäftsmann” (Die Dreigroscenoper, p. 9), descritto nell’elenco dei personaggi come “Besitzer der Firma ‘Bettlers Freund’” (Die Dreigroscenoper, p. 6). Dietro i rassicuranti nomi biblici c’è un uomo che utilizza la Bibbia come testo da citare per indurre le persone alla carità, e trarne profitto. Allo stesso modo, sotto la caritatevole insegna del negozio si nasconde, in realtà, un’organizzazione di sfruttamento basata sul sistema capitalistico, e che fa leva sul comportamento morale dettato dalla religione. Macheath, a sua volta, si dice appartenente ai “kleinen bürgerlichen Handwerker” (Die Dreigroscenoper III, IX, p. 94), seppur noto criminale con l’abitudine ossessiva per la frequentazione dei bordelli, che egli definisce una delle sue “Gewohnheiten” (Die Dreigroscenoper II, V, p. 53), e chiama l’appuntamento settimanale in quei luoghi “mein Donnerstag” (Die Dreigroscenoper II, V, p. 53). Questo elemento è funzionale alla caratterizzazione, in quanto suona come la parodia del linguaggio della classe borghese per definire l’incontro settimanale con i compagni di un club. Molto importanti per la realizzazione di questo processo ricettivo sono le figure create ex-novo, in particolare quella di Brown, il capo della polizia di Londra, padre di Lucy e, come si è detto, vecchio compagno di guerra di Mac. Questa figura è fondamentale per mostrare che gli appartenenti ai mondi ufficialmente contrapposti della legalità e dell’illegalità, in realtà, si accordano e comandano l’esercizio della giustizia. Emblematica, a questo proposito, è anche la presenza del capo della polizia e del pastore protestante, altro personaggio aggiunto da Brecht, al matrimonio di Macheath. Le due figure nuove evidenziano la corruzione della legge, sia nella realtà terrena che in quella spirituale. Mittner nota, inoltre, la sottolineatura brechtiana della stretta relazione tra colonialismo e capitalismo. Il noto germanista evince tale connessione dal fatto che la conoscenza e la complicità tra Brown e Macheath, che egli definisce una “trovata divertente e straniante, anzi agghiacciante” (Mittner 1971: 1369), è avvenuta durante le guerre coloniali. Questo punto risponde alla lettura dell’imperialismo fatta dagli studiosi e dai politici marxisti, che hanno analizzato le cause economiche di questo fenomeno e le conseguenti trasformazioni del sistema capitalistico. Lenin, ad esempio, definisce l’imperialismo come “lo stadio monopolistico del capitalismo” (Lenin 1965: 637). AnnalSS 8, 2012 110 Maria Elisa Montironi 5. Mackie Messer Nel nuovo contesto storico appena descritto, il bandito non ha il fascino del giustiziere e non è caratterizzato dai tratti eroici del Macheath di Gay. È vero che, nell’estrema libertà che precede la morte, il criminale pronuncia critiche durissime contro la società ufficiale, attualizzando l’attacco al sistema della giustizia dell’opera inglese e giungendo a conclusioni che sono ancora oggi estremamente rilevanti e che conferiscono al bandito un’aurea romantica: Wir kleinen bürgerlichen Handwerker, die wir mit dem biederen Brecheisen an den Nickelkassen der kleinen Ladenbesitzer arbeiten, werden von den Groβunternehmern verschlungen, hinter denen die Banken stehen. Was ist ein Dietrich gegen eine Aktie? Was ist ein Einbruch in eine Bank gegen die Gründung einer Bank? (Die Dreigroscenoper, III, IX, p. 94, corsivo mio). Tuttavia, poco dopo, l’amico e capo della polizia Brown, nei panni di un messo reale a cavallo, annuncia a Mackie Masser la grazia e la concessione di un titolo nobiliare. Un esito che denuncia una realtà corrotta forse ancora più significativa in relazione al presente e che spoglia il bandito di ogni virtù eroica12. Brecht introduce il protagonista dell’opera all’inizio della stessa, mediante un canto dal titolo “Die Moritat von Mackie Messer”, che segue l’ouverture musicale. La canzone viene eseguita da un cantastorie come prologo del testo, ma la sua funzione è quella di presentare il personaggio principale. La Moritat è un genere congeniale alla scena e al personaggio di Mac. Esso indica infatti un canto solitamente eseguito all’aperto, sulle piazze e nei mercati, come nel caso dell’opera di Brecht, in quanto il contesto è la fiera annuale di Soho. Inoltre, come suggerisce il termine originale Mordtat13, che significa fatto di sangue, esso tratta temi di cronaca nera, descrivendo episodi cruenti e brutali. Nel canto dell’opera sono elencati, appunto, i misfatti della vita del giovane protagonista. La Moritat di Brecht presenta nove quartine in cui si alternano versi di otto e sette sillabe, ottenendo un ritmo piacevole, sottolineato dalla rima del secondo e quarto verso di ogni strofe, ad eccezione della quarta dove c’è solo assonanza. È possibile rintracciare nel canto due parti distinte. Nelle prime strofe, infatti, Mac è dipinto come fine criminale e bandito romantico, tratteggiato nel quadro di una natura serena, utilizzando parallelismi divertenti, quasi fanciulleschi, accompagnati da una dolce melodia di tonalità alta eseguita con l’harmonium; nelle strofe successive, invece, Mac viene descritto come un malavitoso abominevole e ipocrita, che compie azioni senza scrupoli, comunicate in maniera diretta e cruda, senza AnnalSS 8, 2012 La ricezione di un bandito: dal Macheath di Gay a… Brecht 111 le ambientazioni edulcorate e gli attenuanti filtri di artifici retorici, anche se la musica, che ha lo stile nostalgico e spontaneo del blues, si fa più attraente. Alle semplici note dell’harmonium si aggiungono, in un elegante concerto di suoni, scandito dai piatti, il piano, le percussioni, i fiati e il banjo. La strofe di cesura è la quinta: i suoi versi presentano un diverso stile del racconto, contemporaneamente cambia l’arrangiamento musicale e, sulla scena, appaiono Peachum con moglie e figlia. Le prime due strofe sottolineano la caratteristica di Macheath che più sta a cuore a Brecht quando afferma che egli è una “bürgerliche Erscheinung” (Brecht 1955a: 93): un bandito “borghese” che calcola con estrema precisione i suoi atteggiamenti, per costruire un’immagine di sé simile a quella romanzata, che tanto affascina le persone, inducendole a dimenticare la negatività e l’opportunismo delle sue azioni. Osserva Brecht: Die Einschränkung des Blutvergießens auf ein Minimum, seine Rationalisierung ist Geschäftsprinzip: im Notfall legt Herr Macheath Beweise außerordentlicher Fechtkunst ab. Er weiß, was er seinem Rufe schuldig ist: eine gewisse Romantik dient, wenn gesorgt wird, daß sie sich herumspricht, dieser oben erwähnten Rationalisierung. Er sieht streng darauf, daß sämtliche kühnen oder zumindest Schrecken einflößenden Taten seiner Untergebenen ihm selber zugeschrieben werden […]. (Brecht 1955a: 93) Ciò che viene descritto nelle prime strofe è proprio questa costruzione puramente estetica e legata all’apparenza del personaggio di Mac. Egli è assimilato ad un pescecane, ma, da animale razionale, è superiore, in quanto riesce a celare il coltello che usa per uccidere, mentre il pesce non può nascondere i suoi denti. Questa similitudine animalesca è tutta brechtiana, non è annoverata tra le tante usate da Gay, ma si ritrova invece nella precedente produzione poetica dello scrittore tedesco, precisamente nella poesia “Das Schiff”, una delle Hauspostille, come pesce pericoloso per i denti appuntiti. Nella Dreigroschenoper il significato è più profondo: il pescecane, come il capitalista, si ciba esclusivamente dei pesci più grandi, che hanno mangiato i più piccoli (cfr. Mittner 1971: 1361), d’altronde l’animale designa in senso figurato l’approfittatore in situazioni di guerra o dopoguerra. Il parallelismo continua nella strofe successiva che dà inizio ai riferimenti alla natura con parole che sono vere e proprie macchie di colore, in questo caso il rosso del sangue che tinge le acque del Tamigi, quando il pescecane miete vittime, contrapposto alla tecnica perfetta di Mac che riesce a nascondere le prove grazie ad un guanto. Questo accessorio ritorna nel testo come elemento caratterizzante del vestiario dell’uomo, diventando emblema della sua ipocrisia14. AnnalSS 8, 2012 112 Maria Elisa Montironi L’inconsapevole Frau Peachum, che non sa chi sia veramente Mac, lo trova elegante, dice infatti: “Der Herr hat meine Tochter und mich immer nur mit Glacéhandschuhen angefaßt” (Die Dreigroscenoper I, I, p. 15). Il marito, che invece conosce bene il giovane uomo, completa: “So, weiße Handschuhe und einen Stock mit einem Elfenbeingriff und Gamaschen an den Schuhen und Lackschuhe und ein bezwingendes Wesen und eine Narbe” (Die Dreigroscenoper I, I, p. 15). Macheath studia ogni particolare: il suo aspetto esteriore è da gentiluomo, impeccabile, il suo essere bandito risulta solo dal tocco romantico dato da una cicatrice sul collo. Nella quarta e quinta strofe, come nella tradizione lirica del romanticismo, c’è un riferimento alla natura che fa da sfondo all’azione, icasticamente data attraverso note cromatiche. L’acqua verde del fiume vede cadere morti come se ci fossero epidemie di peste o colera, invece la causa è Mac, e una domenica in cui il cielo è terso, si racconta, un uomo giace morto sulla riva del fiume. La tecnica narrativa è simile a quella utilizzata nelle fiabe, in questi versi si ritrovano la visibilità e la rapidità (cfr. Calvino 1988) tipiche dei racconti popolari. Le immagini ben chiare e semplici richiamano anche i disegni della Moritat. La dimensione iconica delle parole non può che portare l’ascoltatore a dipingere mentalmente la scena in maniera fumettistica. Sembrano versi, come osserva Slupinski, scritti con il fine di soddisfare “das Bedürfnis des bürgerlichen Zuschauers an Kitsch und Räuberromantik” (Slupinski 1972: 35). Lo studioso sostiene che questo tipo di rappresentazione, unito alla mancanza della formulazione di una morale, porti a non prendere sul serio la criminalità di Mac. Le strofe successive, però, smentiscono questa osservazione. Dalla quinta, in cui si racconta che “Schmul Meier” (Die Dreigroscenoper, p. 7) è scomparso e, insieme a lui, altri uomini ricchi, si ha un punto di svolta verso una rappresentazione più spietata e malvagia di Mac. La musica, come si è detto, diventa paradossalmente più gradevole e trascinante, perché la melodia, prima semplice, viene arrangiata con il risultato di un ritmo coinvolgente. Le quattro strofe che seguono continuano nel segno di una narrazione più realistica e cruda, in cui si danno nome e cognome dei morti, vittime di omicidi atroci. L’immagine del criminale Mac non lascia più spazio a visioni romantiche. Le azioni elencate sono aberranti e prive di motivazioni scaturite dalla ricerca di giustizia sociale: una donna, identificata con nome e cognome, è stramazzata a terra con una coltellata al seno; un semplice vetturale, di cui pure si dice il nome, è scomparso. Nella ottava strofe si enuncia il delitto più atroce: “Und das große Feuer in Soho / Sieben Kinder und ein Greis” (Die Dreigroscenoper, p. 8). Come un titolo di giornale che vuole essere d’impatto e quindi utilizza una sintassi marcata, così questi AnnalSS 8, 2012 La ricezione di un bandito: dal Macheath di Gay a… Brecht 113 versi sono sintagmi nominali senza verbo, la morte è sottintesa perché più importante per la notizia è il particolare orrendo dell’infanticidio. La reazione di Mac e della gente è sempre indifferenza e omertà, come si evince dal verbo “wissen” ripetuto nella forma negativa per tre volte. L’ultima strofe è provocatoria. Essa è centrale per il significato del testo. Come si diceva prima, a differenza della Moritat classica non viene dato un commento morale ai fatti narrati, però la domanda “Mackie, welches war dein Preis?” (Die Dreigroscenoper, p. 8), con cui termina questa canzone introduttiva, induce a pensare alle conseguenze di quanto raccontato, soprattutto perché viene ripetuta dal cantastorie anche con il solo accompagnamento dell’harmonium, senza altre sonorità che distraggono, sottolineandone l’importanza. Ogni richiesta di giustizia o di moralità che scaturisce da questo prologo viene rifiutata. Il finale, come si è detto, non rivela una punizione esemplare per Mac o una riflessione etica, non riserva prezzi da pagare al bandito, ma solo onori e doni da ricevere, grazie all’aiuto di un’autorità istituzionale. 6. Brecht il bandito Bertolt Brecht viene definito, a ragione, come “the most notorious appropriator of other men’s art in the twentieth century” (Michael 1987: 144). Egli è conosciuto per i suoi debiti letterari, per le sue riscritture e per i suoi prestiti, denunciati o meno. La stessa Die Dreigroschenoper, che gli fa guadagnare fama internazionale, gli costa una famosa denuncia per plagio (cfr. Brecht 1960). Nel corso della sua carriera, Brecht mutua opere dai talenti più grandi della letteratura, come, ad esempio, Shakespeare, Rimbaud, Verlaine, Schiller, Shaw e Marlowe. Ma il furto brechtiano non vuole essere una contraffazione, un’estorsione fine a se stessa; al contrario, esso è simile al furto di un bandito. Brecht agisce come una sorta di Robin Hood culturale: ruba il testo dal canone letterario per reinterpretarlo e riscriverlo a suo modo, al fine di promuovere la voce degli umili, che spesso non è ascoltata, agendo, dunque, per il trionfo della giustizia sociale. Ne è la dimostrazione ciò che è stato scritto in un’edizione italiana dell’opera di Gay del 1943, curata da Vinicio Marinucci che, dopo aver lamentato il fatto che l’opera di Gay era stata messa in scena in Italia soltanto in versioni influenzate dalla riscrittura brechtiana e mai nella sua forma originale, afferma che una duplice motivazione lo spinse a tale pubblicazione: il valore artistico del testo e la necessità “di togliere al lavoro la vernice propagandistica applicatavi dal rifacimento di Brecht” (Marinucci 1942: 27). AnnalSS 8, 2012 114 Maria Elisa Montironi Ciò prova che la rilettura del drammaturgo tedesco — nelle sue numerosissime operazioni di riscrittura sempre libero, eroico e assetato di giustizia come un bandito (cfr. Hobsbawm 1985: 113) — ha realmente rinvigorito l’opera settecentesca, rendendola di nuovo scomoda e tagliente, dunque, funzionale e significativa. AnnalSS 8, 2012 La ricezione di un bandito: dal Macheath di Gay a… Brecht 115 Note 1 È importante ricordare che il testo citato, come è noto, tratta il tema del banditismo sociale, solitamente rurale più che urbano. 2 Gay mutuò temi e contenuti dalla contemporanea narrativa criminale, che aveva come protagonisti i personaggi della malavita londinese e che era molto popolare all’epoca in particolare nella forma delle biografie criminali (cfr. Gladfelder 2001), come ad esempio Memoirs of the Life and Times of the Famous Jonathan Wild (1726) di Alexander Smith. Tuttavia, la sua narrazione è estremamente originale. Come spiega Lewis: “[H]is comic and ironic handling of the subject-matter is totally different from the usual mixture of lurid sensationalism and moral platitudes” (Lewis 1973: 14). 3 Si riportano di seguito i nomi degli interpreti protagonisti della prima rappresentazione: Hall (Lockit); Mrs Egleton (Lucy); Walker (Macheath); Hippisley (Peachum); Mrs Martin (Mrs Peachum); Miss Fenton (Polly), “born and bread in the Mint” (Macklin citato in Nokes 1995: 419), allora uno dei quartieri più malfamati di Londra. 4 Il personaggio metadrammatico del mendicante si dichiara autore dell’opera nell’introduzione della stessa (cfr. “Introduction”: 50). 5 Le vicende di questo personaggio vennero ricostruite rigorosamente e narrate da Daniel Defoe in True and Genuine Account of the Life and Actions of the Late Jonathan Wild (1725) e vennero descritte nella forma del romanzo da Henry Fielding in The History of the Life of the Late Mr Jonathan Wild the Great (1743). 6 Altri critici rintracciano delle allusioni a Walpole anche in Lockit e Peachum, infatti Gay evita volutamente associazioni fisse in questo senso (cfr. Lewis 1973; Nokes 1995). Molti sono, comunque, i tratti in comune con Macheath. Come il capitano è capo di un gruppo di criminali che estorce soldi, così il ministro è a capo del governo che si macchia della stessa colpa e inoltre Walpole, come Macheath, ha una nota relazione extra-coniugale (cfr. Lewis 1973; Guerinot e Jilg 1976). 7 La satira politica e sociale di Gay riprende molti paragoni, tecniche e termini familiari alla scrittura dell’opposizione, come quella de The Craftsman o del Mist’s Weekly Journal, in cui, nel giugno del 1725, furono pubblicati due articoli formalmente riguardanti il bandito Wild, ma in realtà riferiti a Walpole (cfr. Guerinot e Jilg 1976). 8 Ciò ha un corrispondente nella realtà inglese del Settecento. I condannati venivano portati in carro per le strade di Londra, da Newgate a Tyburn, con una sosta alla parrocchia di St Giles-in-the-Fields per l’ultimo bicchiere concesso. La prassi del last journey era stata ideata per permettere che l’esecuzione pubblica portasse i condannati alla vergogna e che avesse, per gli spettatori, valore deterrente. Essa in realtà, spiega Lewis, “provided a kind of entertainment, often taking on an almost carnival spirit with the criminals playing the parts of heroes” (Lewis 1973: 128). 9 Sull’argomento si vedano, tra gli altri, Rash 1963 e Kellner 20102 [1980]. 10 Per la prima dell’opera, il regista Engel si avvalse di attori di diversa provenienza artistica: dal teatro di prosa Lotte Lenya (Jenny) ed Erich Ponto (Peachum); dal cabaret Rosa Valetti (Mrs Peachum), Roma Bahn (Polly) e Kurt Gerron (Tiger Brown); dall’operetta Harald Paulsen (Macheath). 11 Questa espressione è mutuata dal francese musique d’emblement, legata ad un commento di Matisse sulla musica di Satie, giudicata piacevole sottofondo in contrapposizione al sentimento individuale esasperato dalla musica romantica. L’utilizzo che ne fa Brecht è però diverso in quanto vuole essere musica che induce alla riflessione e che mina l’opera culinaria (cfr. Fumagalli 1980). AnnalSS 8, 2012 116 12 Maria Elisa Montironi La figura di Mac delineata da Brecht è tristemente attuale e ricorda molto il “Sistema” descritto da Saviano in Gomorra, che, come si legge nella presentazione del libro in copertina, si configura come una “organizzazione affaristica con […] una zona grigia sempre più estesa in cui diviene arduo distinguere quanta ricchezza è prodotta direttamente dal sangue e quanta da semplici operazioni finanziarie. […U]n fenomeno criminale profondamente influenzato dalla spettacolarizzazione mediatica, per cui i boss si ispirano negli abiti e nelle movenze a divi del cinema, e a creature dell’immaginario, dai gangster di Tarantino alle sinistre apparizioni de Il corvo con Brandon Lee” (Saviano 2007). 13 Si pensa sia possibile leggere nell’etimologia anche la parola moralità. 14 Emblematico è anche il nome della cantina dove Mac è solito dare appuntamento a Polly e alla madre, cioè “Tintenfisch” (I, I, p. 15), l’animale che si difende offuscando la realtà. AnnalSS 8, 2012 La ricezione di un bandito: dal Macheath di Gay a… Brecht 117 Bibliografia Arendt, H., 1968 “Il poeta Bertolt Brecht”, in Santoli, V. (ed.), I grandi scrittori della critica tedesca, Bompiani, Milano: 573-589; Bunge, H. J., 1955 “Gespräch zwischen Brecht und Giorgio Strehler über die bevorstehende Mailänder Inszenierung der Dreigroschenoper am 25. 10. 1955”, in Unseld, S. (1960 ed.), Bertolt Brechts Dreigroschenbuch. 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