La Rassegna d`Ischia ANNOXIV n. 2 Marzo 1993 Lire 1500

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La Rassegna d`Ischia ANNOXIV n. 2 Marzo 1993 Lire 1500
Pithecusa
fuori dall'oblio
Il Miseo Archeologico
di Villa Arbusto in LaccoAmeno deve
essere finalmente aperto al publico
per valorizzare
il ricco patrimonio culturale
La conservazione ha per definizione carattere
statico. Essa non dovrebbe essere fine a se stessa, ma essere cconsiderata come il punto di partenza di una azione di valorizzazione nel senso
più pregnante del termine. Alla conservazione
devono più particolarmente aggiungersi misure
destinate a far lrgamente conoscere il patrimonio culturale (Amadou-Mahtar M' Bow).
Questa pagina sarà pubblicata in tutti i numeri de La Rassegna d'Ischia, fino a quando non sarà avviato effettivamente il Museo Archeologico
2 La Rassegna d'Ischia 2/1993
La Rassegna
d'Ischia
ANNO XIV
n. 2
Marzo 1993
Lire 1500
Spedizione in abb. postale gr. III/70%
Sommario
Motivi
p. 5, 6
Casaamcciola Terme
L'osservatorio geofisico
p. 7, 13
La IV edizione della Mostra Mercato del Libro
Galassia Gutenberg 1993
p. 8, 9, 10
Leggere per guadaagnare tempo
p- 8, 9
Il Catechismo della Chiesa Cattolica
p. 11, 12
Il mio Yemen (1955 - 1968)
VII parte
p. 15/30
La lettera
p. 31
L'evoluzione delle lingue
p. 32, 33, 34
Indice degli articoli 1992
per autori e materie
p. 35/42
Rassegna Libri Mostre Premi
p. 4
La Rassegna d'Ischia 2/1993
3
La Rassegna d'Ischia 2/1993
4
Motivi
Non tirano, di certo, venti propizi in vista della nuova stagione turistica. Le Amministrazioni comunali, in crisi politica o
meno, sono bloccate sul piano
operativo da deficitarie situazioni economiche. L'Azienda
di cura, soggiorno e turismo è
parimenti frenata dalla sua incerta situazione istituzionale,
retta com'è da un commissario
da tempo immemorabile, mente non ben definite sono le competenze precise che ne possano
provocare e qualificare l'attività
in un settore molto complicato
e difficile. Una più adeguata e
significativa presenza sul territorio non mostrano altri, quali
la Regione e la Provincia.
Questo stato di cose ha evidenti riflessi negativi in tutti i servizi pubblici (strade, fognature,
raccolta dei rifiuti, salvaguardia
del mare e delle spiagge,....), per
i quali nulla o poco si è fatto per
intervenire in quei problemi,
presenti da anni, la cui soluzione potrebbe concorrere ad assicurare un andamento migliore
al fenomeno turistico.
Al di là degli aspetti finanziari,
che travagliano gli enti locali,
sussiste un altro determinante
atteggiamento che desta preoccupazioni per il futuro, e cioè
il fatto che la classe politica e
dirigente appare troppo impegnata in una conflittualità che
fa passare in secondo piano i
problemi della comunità. Non
solo vengono a mancare qualsiasi collaborazione e intesa tra le
forze diverse che sono presenti
nei civici consessi o che operano nell'ambito isolano, ma non
sono garanti su certe prospettive
di lavoro e di intervento neppure
i gruppi e i partiti nella loro più
specifica espressione. Ci si trova
ormai di fronte a situazioni politiche e a convergenze che variano con facilità e senza un minimo
di coerenza, quasi che in gioco
non siano affatto l'interesse della collettività e la gestione della
cosa pubblica.
Amministrare oggi richiede un
impegno e una partecipazione
che dovrebbe spesso portare a
superare contrasti e dissapori,
per ritrovarsi insieme a guardare ai problemi reali del paese
e logicamente a rintracciare e
concretizzare le migliori e più
adeguate soluzioni. Viceversa l'obiettivo principale diventa spesso distruggere piuttosto che costruire.
***
Il cittadino ha bisogno di fatti
concreti, di certezze e di garanzie
da parte dell'ente pubblico. Non
è possibile parlare continuamente in senso negativo, ma occorre
anche porgere eventi positivi. E'
opportuno lottare l'abusivismo
edilizio, evitare che l'isola si degradi ancora di più nella sua immagine paesaggistica, ma questo
non basta, perché la vita va vissuta da parte di tutti. Apprezziamo ed esaltiamo pure la legge
che sancisce il divieto assoluto di
nuove costruzioni sul territorio
isolano: se però non si va oltre
Raffaele Castagna
e si resta ancorati a questa iniziativa, chi ha la competenza in
materia ha compiuto soltanto la
metà del suo dovere, in quanto favorisce lo speculatore del
passato, ma non dà sicurezza a
coloro che vogliono restare nella legalità per migliorare le proprie condizioni di vita. D'altra
parte nella fattispecie il problema della casa si presenta in maniera più penalizzante, in quanto neppure il settore pubblico è
capace di operare a vantaggio di
una parte della cittadinanza.
L'edilizia popolare non può restare bloccata in senso assoluto
o addirittura essere sacrificata
alle esigenze, non sempre impellenti, delle strutture alberghiere portate ad incrementare
la loro capacità ricettiva.
***
Nel comune di Forio la vita
politico-amministrativa vive un
altro mutamento ai suoi vertici.
Cambia la maggioranza. Torna
al potere la Democrazia Cristiana. Ma soprattutto occupa nuovamente la poltrona di sindaco
Gaetano Colella.
Come già a Casamicciola in
tempi passati, anche qui le nuove frontiere non sono riuscite a
mantenere la DC in minoranza
ed all'opposizione. Le alleanze
che sembravano aver concretizzato un tale obiettivo si sono
dissolte facilmente. Nell'occasione ci si trova di fronte ad un
fatto che desta maggiore stupore, in quanto è facile ricordare
La Rassegna d'Ischia 2/1993
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periodi burrascosi tra Colella e
gli altri democristiani. In molti
(compresi gli stessi protagonisti) c'era, espressa o meno, la
convinzione che un tale incontro non avrebbe mai più potuto verificarsi. Ma in politica
tutto è possibile e quindi non
vale meravigliarsi di quanto
succede. D'altra parte la stessa
unione Colella-Iacono appariva fuori posto per le medesime
ragioni di una precedente ed
aspra contrapposizione. Non si
possono infatti dimenticare gli
avvenimenti del 1986, quando
tutte le forze politiche chiesero
la revoca del sindaco Colella,
ritenuto "il massimo responsabile" dell'immagine negativa che andava caratterizzando
Forio: "La popolazione vive in
uno stato di tensione e preoccupazione, determinato da una
concezione proprietaria della
cosa pubblica, in una logica di
esercizio del potere sugli altri
e non per gli altri; un sistema
che è stato, anche se in dimensioni più ampie, denunciato
dalla recente presa di posizione
della Curia Vescovile". "Ebbene, dopo il 23 maggio, passata
la sfiducia, visto che da questo
orecchio non ci sentiva, passammo alla revoca. La rervoca
è un atto delicatissimo, un atto
che ha pochi precedenti nelle
istituzioni. Ricordo - diceva
Franco Regine - ancora come
il prefetto stigmatizzava questo
aspetto di questa operazione, il
fatto eclatante che in 40 anni di
prefettura Agatino Neri non si
era mai trovato di fronte ad una
revoca ad un sindaco".
6 La Rassegna d'Ischia 2/1993
***
Tralasciando i risvolti riferiti sopra, possiamo dire che gli ultimi
avvenimenti hanno rappresentato una duplice rivincita di Gaetano Colella, cui hanno dovuto
fare ricorso a turno coloro che
si erano retti a suoi giudici e ne
avevano sancito il crollo politico.
Ai socialisti aveva fatto comodo
il suo appoggio perché Franco
Iacono potesse dare vita ad una
amministrazione nuova, senza la
democrazia cristiana; oggi svanito questo accordo, i democristiani gli offrono ancora una volta la
carica di sindaco, per riprendere
la guida del paese, pur in un momento molto difficile e grave per
chiunque debba reggere le sorti
di un comune.
"Io ho l'impressione che a Forio abbiano paura. Ma di chi?
di Gaetano Colella... Dobbiamo
camminare a testa alta, perché
questa epoca è finita. Abbiamo
una legge che ci tutela, abbiamo
delle istituzioni al nostro fianco"
(intervento di Salvatore Mattera nella seduta consiliare del
27.6.86).
Peraltro Colella, passato nelle file del PSDI, aveva ottenuto i
consensi necessari per essere rieletto consigliere provinciale.
***
All'interrogativo che da tempo
riproponiamo su queste pagine
circa l'apertura del Museo di Villa Arbusto e la valorizzazione dei
reperti archeologici, ivi custoditi, vogliamo accoppiare quello sul riordino dell'Osservatorio
geofisico di Casamicciola Terme.
Una convenzione firmata tra la
Provincia di Napoli, il Comune
di Casamicciola Terme e l'Osservatorio Vesuvian, come si
può leggere in altra parte del
giornale, dovrebbe garantire a
breve termine la riapertura della struttura. Ma è forse il caso
di non farsi troppe illusioni,
anche in questa occasione, perché è facile far balenare tante
promesse, ma difficile passare
ai fatti concreti. E in tal senso
lo stesso Osservatorio di Casamicciola ha vissuto spesso sulle
prospettive di pronta valorizzazione, ma poi tutto è svanito
nell'oblìo totale.
***
La stagione turistica si appresta a ripartire per l'avventura
1993, ma come al solito tutto
è lasciato al caso. Manca una
qualsiasi programmazione delle manifestazioni che potranno caratterizzare i suoi giorni.
Non ci sono interventi pubblici,
sono assenti le iniziative private.
Sono, questi, discorsi che
si ripetono di anno in anno
e che trovano spazio ovviamente su tutti i giornali, ma
indubbiamente vanno fatti e
citati,perché rappresentano la
vita locale e da essa non si può
fare astrazione, quando se ne
deve riferire. Siamo ripetitivi tutti noi. Sono insensibili a
questi problemi i politici e i dirigenti locali. E ciò va detto.
Raffaele Castagna
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notevole intensità sconvolse la cittadina di Casamicciola.
Esaattamente all'indomani di tale
evento lo Stato provvide ad istituire
con proprio decreto un Osservatorio geofisico (originariamente detto
geodinamico), disponendo anche
per la costruzione di una adeguata
sede di proprietà demaaniale, ubicata sull'amena collina della Sentinella (1885).
Poiché la costruzione si protraeva a
lungo, si decise di in stallare l'osservatorio a Porto d'Ischia in un angolo
dell'antica Reggia (1888).
Direttore fu nominato il signor
Giulio Grablovitz, triestino, che diede sviluppo all'Osservatorio isolano.
Nel 1898 lo Stato dispose il ritorno
a Casamicciola; tuttavia alcuni strumenti furono lasciati in funzione
anche a Porto d'Ischia, ove si ebbe
un successivo trasferimento delle
funzioni di istituto nel 1903.
Per oltre due decenni (1902 - 1923)
furono compiuti rilievi sismici ed
osservazioni meteorologiche mai
utilizzate in quel tempo ai fini di ricerche climatologiche. Non si provvide inoltre a rinnovare secondo
le esigenze e i progressi tecnici le
attrezzature relative. Il 1923 il governo nazionale ne decise la soppressione per ragioni economiche.
Il mareografo passò alle dipendenze
di altri organi tecnici della Città di
Napoli, che ben presto se ne disinteressarono.
Si ricominciò a parlare dell'Osservatorio isolano dopo il 1940. Ne
propugnarono il ripristino e il potenziamento il prof. Placido Ruggiero, ingegnere capo del servizio
idrografico del Genio Civile per la
Campania, e il prof. Cristofaro Mennella, che prese ad elaborare i dati
raccolti dal Grablovitz e rimasti per
lungo tempo semplicemente come
materiale di archivio, traendone
preziose conoscenze sulle caratteristiche climatiche dell'isola. Vennero
riattivati i locali demaniali di Casamicciola e ripristinati alcuni strumenti.
I due studiosi promossero anche
la creazione di un Comitato, formato da eminenti rappresentanti
del mondo scientifico, per portare
avanti l'iniziativa di rilancio.
Si tenta un nuovo impulso
La prima riunione del Comitato si
tenne il 15 febbario 1943 a Napoli, e
in una relazione approvata all'unanimità si legge:
L'istituzione di un osservatorio
geofisico in un territorio che, come
quello dell'isola d'Ischia, presenta
tanto alto interesse scientifico ed
economico per le sue particolari
caratteristiche geo-morfo-idrologiche è consigliabile, anzi si impone
da più punti di vista.
Come ha prospettato a varie riprese in pubblicazioni sull'argomento il dott. Cristofaro Mennella,
un tale osservatorio dovrebbe divenire il centro promotore, suscitatore, coordinatore di studi locali atti
a porre nella giusta evidenza tanti
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fattori naturali, di cui alcuni passati inosservati e che invece possono
validamente concorrere alla più
vasta valorizzazione dell'isola.
L'osservatorio di cui si patrocina
l'istituzione deve rappresentare un
centro di studi veramente attivo e
non un platonico catalogatore di
dati magari già definiti, di osservazioni che lasciano il tempo che
trovano.
È l'inizio di una battaglia che ancora
oggi continua per lo studio delle cospicue risorse naturali dell'isola nei
settori del termalismo e del climatismo; studio da basare sull'ammodernamento delle antiche strutture
ed avvalendosi peraltro di tecniche
ed apparecchi più moderni.
Questo interessamento si esplica con continue richieste e con interventi che non trovano la dovuta
considerazione nelle sedi opportune
e competenti, rimanendo ancorate più ad ostacoli e difficoltà che a
chiare prospettive di soluzione.
Il 15 marzo 1945 il Centro Studi,
prendendo atto del programma del
citato Comitato e dei risultati concreti già conseguiti con le riparazioni urgenti effettuate nei locali della
Sentinella, con la reintegrazione
della sezione sismica, con il ripristino della sezione meteorologica, auspicava che, nel riordino del servizio
meteorologico nazionale, l'osservatorio isolano entrasse a far parte del
novero degli istituti similari, intenti a svolgere studi e ricerche in un
campo così strettamente connesso
con l'economia del paese.
Nel 1951 l'Ufficio Centrale di Meteorologia affidò al prof. Cristofaro
Mennella la direzione dell'osservatorio geofisico; e il bisogno di un potenziamento delle relative strutture
veniva propugnato ancora nel 1954,
quando lo stesso Mennella si faceva
promotore di un Centro Sperimentale di idroclimatologia per avviare ricerche sistematiche del clima
dell'isola d'Ischia.
Ma anche la realizzazione del
Centro resta nelle intenzioni degli studiosi. Essa - scrive il prof.
Mennella - pur essendo stata deliberata dal Consiglio di Amministrazione dell'EVI sin dal 1956,
dopo un buon quindicennio è ancora di là da venire, nonostante
la fondamentale importanza
dell'argomento in oggetto e che
altre stazioni termali del meridione, nel frattempo, siano state
dotate di istituzioni del genere.
Altre iniziative ed ulteriori appelli sono stati proposti dall'Amministrazione comunale di Casamicciola, ma egualmente con
scarsi risultati concreti.
DAL 17 AL 21 FEBBRAIO 1993, NEI LOCALI DELLA MOSTRA D'OLTREMARE, SI E' SVOLTA LA
QUARTA EDIZIONE DELLA MOSTRA MERCATO DEL LIBRO
GALASSIA GUTENBERG 1993
di Carmine Negro
Cinquantacinquemila visitatori, trecento editori, cinquecento tra autori e
relatori intervenuti, settemila studenti
provenienti da cento scuole : questa in
cifre Galassia Gutenberg 1993.
Promossa dall'associazione Galassia
Gutenberg e dall'Ente Autonomo Mostra d'Oltremare in collaborazione con
l'Unione Industriale di Napoli la manifestazione di quest'anno si è articolata
su due momenti principali.
Il primo ha fissato l'attenzione sui
problemi della diffusione e promozione
della lettura mentre il secondo attraverso una serie di seminari e dibattiti
ha affrontato le complesse dinamiche
del rapporto tra Nord e Sud del nostro
paese.
L'associazione Galassia Gutenberg in
collaborazione con l' ALICONFCOMMERCIO e con il quotidiano "Il Mattino" ha promosso un'indagine sulla
lettura nel Mezzogiorno collocata nella
sezione "I diritti del lettore"; questo per
poter disporre di dati piu' aggiornati e
di indicazioni di carattere qualitativo
sullo stato della lettura al Sud partendo
da quei luoghi di maggiore frequentazione del lettore, come ad esempio le librerie che nel Mezzogiorno e in Campania sono meno numerose e sviluppate
che nel resto del paese. L'obiettivo era
quello di raccogliere una serie di informazioni sulla diffusione e sul consumo
di libri in un'area del paese tradizionalmente considerata debole nel panorama del mercato editoriale nazionale.
Attraverso la identificazione delle
abitudini di acquisto dei libri e delle
modalità di lettura l'indagine ha inteso pervenire ad un identikit del lettore campano. La ricerca si è basata su
interviste telefoniche condotte su un
campione rappresentativo della popolazione dell'Italia Meridionale e sulla
compilazione di un questionario rivolto
ai lettori/acquirenti di alcune significative librerie campione e ai lettore de "Il
Mattino".
I risultati dell'indagine, condotta dal
Dipartimento di Sociologia dell'Università degli studi di Napoli e dalla Socie-
LEGGERE
PER GUADAGNARE TEMPO
George A. Theodorson e Achilles G.
Thedorson (1) definiscono il termine
"crisi" come una "grave interruzione del normale modo di vita di un
individuo o di un gruppo, dovuta al
verificarsi di una situazione inattesa
di fronte alla quale l'individuo o il
gruppo (o il sistema) sono impreparati e che solleva problemi cui le
risposte consuete risultano inadeguate". " La crisi - aggiungono - può
essere
c u m u l a t i v a quando
si sviluppa lentamente attraverso
una lunga serie di eventi e alla fine
raggiunge uno stadio in cui è così
dirompente per la normale vita
dell'individuo o del gruppo che non
può essere ignorata più a lungo ; i n a
s p e t t a t a quando si verifica senza
preavviso ed è il risultato di fattori
che sono al di fuori del controllo
dell'individuo o del gruppo ( o del
sistema) interessati".
La crisi che attraversiamo coinvolge
non solo la pratica del governare
1) G.A. Theodorson - A. G. Theodorson:
Dizionaro di sociologia, A. Marotta editore, Napoli 1971 p. 133.
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ma le stesse norme morali e politiche
su cui si regge lo Stato: é politica e
istituzionale ed é una crisi cumulativa
e inaspettata. Cumulativa perché frutto
di una crescente incapacità progettuale
e di una crescente difficoltà a riconoscersi in alcuni valori da tutti accettati
che ha consentito l'occupazione dei
vari gangli dello Stato da parte di piccoli faccendieri, spesso privi di competenza, impegnati a trarre profitto per sé
e/o per il proprio gruppo nella strenua
riproposizione di un sistema di potere
da perpetrare ai danni della collettività.
Inaspettata per la vastità del fenomeno
e le conseguenze dell'azione giudiziaria
chiamata a svolgere una vera e propria
supplenza del potere politico quando si assume per intero il compito di
moralizzare la vita pubblica italiana.
In questa crisi generale si inserisce
la situazione politico-amministrativa,
giudiziaria e sociale (disoccupazione,
delinquenza organizzata, ecc.) dell'Italia Meridionale che ha radici antiche
ma non per questo meno nefaste.
Il New York Times riferendosi al "caso
Italia" a cui ultimamente ha dedicato
un editoriale ed un ampio servizio in
prima pagina, scrive: "Il sistema del
dopoguerra sembra diretto verso il
crepuscolo politico; ma gli americani possono sperare che un'alba più
democratica sia vicina."
Come superare questo crepuscolo e
soprattutto come sostanziare questa
alba é un problema che interessa ciascuno di noi se si vuole evitare quello
che il giudice Caponnetto chiama " i
possibili sbocchi autoritari". Nuove
regole di moralizzazione e nuovi progetti politici cominciano ad emergere
nei vari partiti e nelle organizzazioni
sociali; occorre svilupparli con il
contributo di tutti e comunicarli per
consentire nuove aggregazioni che
sappiano rispondere ai nuovi bisogni
comuni per non lasciarsi sopraffare dallo sconforto e dagli interessi
corporativi.
I problemi enormi che abbiamo di
fronte non possono essere certo
superati da una mostra del libro, tuttavia Galassia Gutenberg, una delle
poche manifestazioni di massa di
questo tipo che si svolgono al Sud per
tà DEAM, indicano, tra l'altro, che in
Campania si vende poco più del 4% del
prodotto nazionale mentre nel Mezzogiorno non si supera il 16%, in Italia,
poi, 23 famiglie su 100 non ha nessun
libro. Mentre i dati rivelano che il consumo di libri è basso il mercato editoriale riversa sugli scaffali delle librerie
ogni anno 35000 novità disorientando
il lettore. "Lo smarrimento di fronte
alle novità librarie può trasformarsi in
estraneità nel caso di una platea di lettori deboli, disabituati a considerare il
libro come qualcosa di utile e di piacevole." Per questo è stata promossa l'iniziativa I diritti del lettore ; sono stati
raccolti in un opuscolo, pubblicato dalla
casa editrice Liguori con il titolo Manifesto dei diritti del lettore, gli interventi
di critici, sociologi, responsabili di pagi-
ne culturali. In esso si definisce la strategia per la diffusione del libro, definito
merce, protesi, specchio, sogno, metafora, puttana, diritto, progetto; per fare
affari bisogna fare cultura, per vendere
libri bisogna occuparsi del lettore, assumere informazioni su di lui, blandirlo,
irretirlo; mettere al centro del discorso
culturale e commerciale colui che legge
, soprattutto al Sud dove sono rare le
persone che mostrano sensibilità per
questa attitudine .
L' invito alla lettura di Galassia Gutenberg 1993 non voleva solo rispondere all'esigenza di ampliare un mercato
da tutti giudicato ristretto e potenzialmente molto dilatabile ma altresi' socializzare il piu' ampio numero possibile di persone al libro e a tutto cio' che
intorno al libro ruota e si costruisce: la
formazione scolastica e professionale,
la coscienza sociale e civile, la formazione delle idee e di progetti, l'organizzazione del tempo libero, l'informazione,
la curiosità per quella crescita sociale
e civile di tutta la società meridionale.
E a quest'ultimo punto è stato dedicato
il secondo momento di questa manifestazione: "Laboratorio Sud". I grossi temi della mafia, delle tangenti, del
leghismo, hanno inondato il mondo
dell'informazione e dell'editoria sottolineando in negativo il processo di meridionalizzazione che avrebbe colpito la
società italiana.
Galassia Gutenberg ha voluto analizzare, da piu' punti di vista, i recenti
drammatici episodi mafiosi, la corruzione istituzionale e politica e piu' in generale il fenomeno secessionista, vista
la ricchezza di incontri e di interventi
può dare un contributo non indifferente al dibattito.
Non si tratta di difendere la manifestazione della Mostra d'Oltremare
come fa Jean Noel Schifano direttore
dell'Istituto Francese "Grenoble" in
risposta al rettore dell'Istituto Suor
Orsola Benincasa Antonio Villani che
l'ha tacciata di provincialismo e di
occasione perduta per Napoli e per il
Sud. Siamo tutti grati agli organizzatori per questo gravoso impegno, specie se si considera che il tutto avviene
a Napoli capitale dei disservizi; si
tratta di focalizzare l'attenzione su
quelli che possono essere i contributi
che si possono fornire per una maggiore fruibilità della mostra stessa.
Leggere oggi e cioé veicolare attraverso testi idee ed emozioni, non é
solo una esigenza, seppure legittima,
degli editori in ispecie quelli meridionali, ma una necessità per prepararsi
allo sviluppo di quel nuovo di cui ha
bisogno il paese.
Secondo Antoine Gallimard, editore francese con un fatturato di 300
milardi l'anno e mille dipendenti,
una delle poche voci straniere presenti a questa edizione di Galassia
Gutenberg, l'editoria napoletana é
tagliata fuori ed ha serie difficoltà ad
imporsi perché si trova ai margini
dei grandi circuiti. Gallimard era
già stato a Napoli quattro anni fa ed
anche allora si parlava di un recupero
della memoria storica e culturale del
carattere europeo di Napoli, un recupero importante oggi più che mai e non
solo per la città e il Sud, ma per l'intero
paese.
Una novità positiva comunque Galassia
é riuscita a conseguirla e si chiama Associazione Piccoli Editori Meridionali:
con la sigla APEM si riuniranno dodici
piccoli editori per affrontare i problemi
legati alla produzione e distribuzione
dei libri sul territorio nazionale.
L'indagine conoscitiva su "Il lettore
al Sud" promossa dall'associazione
Galassia Gutenberg in collaborazione con l'ALICONFCOMMERCIO e il
quotidiano "Il Mattino" rivela che nel
Meridione il 37% del campione considerato legge almeno un libro all'anno e
in Campania solo il 23,60%.
Scrivemmo in occasione della seconda
edizione (L'unica é leggere, Rassegna d'Ischia Anno XII n.1 Febbraio
1991) che le biblioteche territoriali e
le scuole sono il supporto indispensabile per una reale crescita ed una
affezione a quell'oggetto magico che é
il libro. In assenza di un interlocutore
e soprattutto di una politica culturale
del settore é bene che l'associazione
Galassia Gutenberg, in una sorta di
supplenza, elabori progetti da sottoporre da subito al dibattito e prepararsi
così anzitempo alla quinta edizione
della manifestazione. In particolare si
dovrebbe agire sulle biblioteche scolastiche, punto di incontro tra il flusso di
informazione che viene dall'esterno e
la domanda e l'elaborazione sul territorio che viene dall'interno. L'assenza
di una figura come il bibliotecario, di
certo una grave mancanza nella legislazione scolastica, potrebbe essere
sostituita, in un periodo di surplus
di docenti con personale specializzato particolarmente sensibile ai
problemi didattico-educativi. Questo
tipo di biblioteca aperta oltre l'orario
scolastico dovrebbe fornire il supporto ai docenti ma anche agli alunni
per le attività di ricerca e culturali e
saldarsi alla biblioteca territoriale sul
modello delle Library statunitensi.
Solo così la scuola può diventare centro vivo di comunicazione del sapere
tra le giovani generazioni da collegare
a questo tipo di biblioteca-library
polo di arricchimento culturale sul
territorio.
L'idea si concretizza nel momento in
cui si comunica; i tempi nuovi necessitano di uno sviluppo delle idee e di
uno sviluppo della comunicazione e
quella scritta
Per Gallimard é necessario leggere
per trasmettere la memoria e affrontare il presente, un programma non
piccolo in questo periodo di trasformazione ma a noi serve, come afferma saggiamente D.Pennac, "Leggere
per guadagnare tempo".
10 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Carmine Negro
l'importanza che riveste nell'attuale panorama culturale ed editoriale italiano,
con l'intento di ritagliare uno spazio che
consenta di promuovere e rilanciare l'
immagine di un mezzogiorno operoso,
creativo e propositivo.
Primo significativo appuntamento è
stato l'incontro tra il giudice Antonino
Caponnetto, Saverio Lodato e Mons.
Antonio Riboldi e gli studenti sul tema
"Lotta alla mafia: quale futuro?" Antonio Caponnetto che ha scritto la prefazione del libro, di prossima uscita, di
don Antonio Riboldi ha citato alcuni
episodi che lo hanno particolarmente
colpito cosigliando la lettura di quello
che ha definito un "insegnamento di
vita veramente prezioso". Riferendosi
a quanto scriveva Giovanni Falcone:
"Le nostre idee seguiteranno a camminare sulle gambe degli altri" si è rammaricato per quella frase pronunciata
all'indomani della morte di Paolo Borsellino: "tutto è finito". "E' stato come
ammazzare per la seconda volta i miei
due amici. Ora sto portando, dove posso la loro testimonianza" ha aggiunto il
giudice-simbolo della lotta alla mafia in
una sala gremita che lo applaude piena di curiosità ma anche bisognosa di
speranza. Gli studenti si affollano con
le loro domande al microfono e lui risponde che "non si può pensare di sconfiggere la mafia senza cambiare questo
sistema politico, che le mummie e i sarcofaghi devono tirarsi in disparte, con
le buone o con le cattive, ... che il cambiamento deve avvenire nel rispetto
delle regole democratiche evitando con
ogni forza i possibili sbocchi autoritari,
...che l'arresto di Riina non è il risultato
dell'abbandono da parte della mafia".
Dopo aver parlato degli appalti definiti vero cemento tra politica e mafia a
proposito del terremoto dice: "Potrebbe
essere tardi per indagare, in tutti questi
anni c'è stata la possibilità di far sparire
molte carte. Ma io ho fiducia nell'iniziativa del presidente Scalfaro, che porterà
senz'altro a dei risultati positivi".
Don Riboldi, dopo aver ricordato un
episodio del suo libro in cui un camorrista gli chiedeva il perchè invece di occuparsi della Madonna, si soffermava
tanto su loro "vermi schifosi" si scaglia
contro le grandi aziende che dismettendo al Sud per assumere lavoratori al
Nord favoriscono la camorra "..così ci
danno veramente l'inferno"
11 La Rassegna d'Ischia 2/1993
La "questione settentrionale" è stata
affrontata in un provocatorio seminario con successivo dibattito promosso
dall'Imes e dalla rivista Meridiana dal
titolo "Quale nord quale Italia? L'Italia
settentrionale tra crisi di egemonia e ricerca d'identità". Per Silvio Larnaro la "questione settentrionale" che affligge la vita pubblica
italiana, non si identifica con i "torti" e
con l'egoismo del Nord capitalisticoindustriale nei confronti delle regioni
meno floride del paese. "Poichè il termine <questione>, nel lessico politico degli ultimi cento anni si riferisce sempre
a un qualche gruppo di arretratezza (la
<questione sociale>), il ritardo specifico accumulato da Piemonte, Lombardia, Veneto e via seguitando consiste
invece in una visione esasperatamente
municipalistica della politica, in un disinteresse sostanziale per le istituzioni
del Regno prima e della Repubblica
poi." Il fenomeno è di antica data, e
risale ai modelli culturali cui si ispira
una classe dirigente (Melchiorre Gioia,
Giovan Domenico Romagnosi e in buona parte anche Carlo Cattaneo) che si
preoccupa soprattutto di bonifiche, di
strade ferrate, di tecniche agricole, di
scavi minerari, di mercato dei capitali,
di attivazione di nuove industrie. Siano liberisti o protezionisti, per la loro
"filosofia civile" il potere politico deve
assolvere con discrezione un compito
tutorio, assecondando l'iniziativa privata senza frenare l'intraprendenza con
eccessi legislativi, intralci burocratici o
supplenze non richieste. Le élites meridionali, invece, sono immerse da anni
in una cultura <di stato>, che implica
un concetto della politica come principio ordinatore dei comportamenti
collettivi e come strumento di codificazione delle relazioni private. La conseguenza è un paradosso : è il ceto politico meridionale quello che appare più
impegnato a disegnare uno sviluppo
complessivo del paese, e che predispone tutta la gamma di sussidi necessari
all'industrializzazione, se non altro perchè la borghesia settentrionale si ritrae
con aperto fastidio dall'esercizio delle pubbliche magistrature. La grande
colpa della borghesia del nord risiede
nella vocazione centripeta, nello scarso spirito unitario, nel rifiuto delle responsabilità insite in un'egemonia per
tanti versi obbligata. Alla luce di queste
considerazioni, per l'autore, il leghismo
non si presenta come un'escrescenza
temporanea, in balia della congiuntura e votata a un inevitabile declino ma
come il tentativo di spendere giudiziosamente un gruzzolo di supremazia
troppo a lungo risparmiato. Il <buon
senso lombardo> di cui Cesare Correnti auspicava la sopravvivenza già nel
1860 ora rivendica il diritto a godersi i
frutti del proprio lavoro ora ambisce a
impugnare le redini di un paese di cui
non gli è mai importato molto ma che
in una situazione di dissesto promette
alla fin fine di far combinare qualche
buon affare. Con questo la Lega si esime dal fare i conti con la crescita lenta
e costante di un nuovo Mezzogiorno,
che malgrado mafie, camorre, sprechi e
clientele non è affatto l'inferno ma un'area geoeconomica e geopolitica che con
tutte le sue contraddizioni possiede risorse tali da impedire neocolonialismi e
tribalizzazioni che renderebbero l'Italia
l'immondezzaio d'Europa.
Per Pietro Bevilacqua, direttore di
Meridiana, " Guardare all'Italia nel suo
complesso, dopo l'Unità, dal punto di
osservazione del Sud, ha consentito di
vedere gli squilibri, le profonde diversità. Il carattere privilegiato dell'osservazione dal Sud si è appiattito su uno
stereotipo sul quale è stato schiacciato
l'intero paese. Tutti i segni positivi sono
stati caricati sul Nord e questo ha impedito di guardare alla storia nazionale
dal punto di vista più alto dello sviluppo. Nel momento in cui tutto viene rimesso in discussione c'è bisogno di una
ricentratura del punto di osservazione"
La manifestazione della Mostra d'Oltremare ha presentato, comunque, molti altri momenti di incontro, di dibattito, di presentazione di nuovi volumi.
Per Gerardo Marotta, direttore dell'Istituto per gli Studi Filosofici, "Galassia Gutenberg ha un pregio rispetto le
fiere di Torino e Francoforte; là si offre
merce qui si fa cultura. Questa mostra
diventerà sempre più un fenomeno culturale, un momento di scambio, uno
specchio della cultura del Sud. L 'anno
venturo faremo venire anche i giovani,
ospiteremo fogli, giornali e giornaletti,
tutto quello che si muove nel Meridione."
Carmine Negro
Pietro Monti
Il catechismo
della Chiesa Cattolica
Il 7 dicembre 1992, Giovanni Paolo
II, alla presenza di rappresentanti dell'episcopato di ogni parte del
mondo, ha consegnto nella persona di cinque vescovi, una coppia di
sposi, due giovani e due bambini, il
Catechismo della Chiesa Cattolica
(CCC). Esso apporterà un contributo molto importante all'opera di
rinnovamento dell'intera vita ecclesiale e costituisce un servizio che il
Successore di Pietro vuole rendere
alla santa Chiesa Cattolica, di sostenere e confermare la fede di tutti i
credenti in Cristo e di rafforzare i
legami dell'unità nella fede apostolica.
La promulgazione del CCC costituisce un evento importante della
Chiesa in questo ultimo decennio
del secolo XX (1).
Il Catechismo ha dietro di sé una
storia assai lunga. La parola catechismo fu usata per la prima volta
dall'arcivescovo di York, Tkoreby,
che pubblicò The Lay Folks Catechism, le verità essenziali della fede e
della morale cristiana da insegnare
al popolo. Il primo a scrivere nel
1529 un Piccolo Catechismo dei rudimentali fondamenti della fede e
poi un Grande Catechismo, è Lutero
per dare aiuto ai predicatori incaricati di insegnare la fede cristiana al
popolo. Anche in campo cattolico
nascono catechismi: i più noti sono
quelli redatti tra il 1555 e il 1560 da
S. Pietro Canisio, dapprima in latino
e poi in tedesco. Ne derivarono tre
catechismi: il Catechismus maior,
destinato agli universitari, nei colle1) Leggendo e annotando da "La Civiltà Cattolica" n. 3421, gennaio 1993.
12 La Rassegna d'Ischia 2/1993
gi, che si contrapponeva al Grande
Catechismo di Lutero; il Catechismus minimus, destinato ai bambini; e il Catechismus parvus catholicorum per gli studenti delle classi
inferiori. Tanto quelli di Lutero che
quelli di Canisio incontrarono una
notevole accoglienza. Il secondo
ebbe circa 500 edizioni e fu tradotto
in circa 25 lingue.
Ma il catechismo che più stretto
rapporto con quello di Giovanni Paolo II è quello del Concilio di Trento
(1545-1563). davanti alla vasta ignoranza della fede nelle file del popolo
fu imposto ai parroci che "almeno
nelle domeniche e nelle feste" dovevano insegnare ai fanciulli gli elementi essenziali della fede.
Esso non doveva prendere il posto
della Bibbia e della Tradizione; doveva trattare i capitoli tradizionali:
Credo, sacramenti, Comandamenti
e Padre Nostro, senza polemizzare.
In realtà il Concilio di Trento (16
aprile 1546) prescrisse che si compilasse un catechismo contenente
soltanto i punti fondamenatli della
fede e che fosse opera del Concilio
stesso; solo più tardi fu nominata
una Commissione per redigerlo.
Ma non fu fatto, in quanto si aveva
fretta di chiudere il Concilio, che affidò il compito di redigerlo al papa
Pio IV . A tal fine fu costituita una
Commissione di teologi sotto la direzione di S. Carlo Borromeo. I lavori durarono fino al 1566, quando Pio
V ordinò la stampa del Catechismus
ad Parochos, detto poi Catechismus
Romanus.
Ci sono molte somiglianze tra il Catechismus Romanus e il CCC. Tutti
e due vengono dopo un concilio
ecumenico; pur non essendo opera
delle rispettive assemblee, ne riflettono la dottrina. Entrambi hanno
la stessa struttura quadripartita
(quattro parti): Credo, Sacramenti, Comandamenti, Padre Nostro.
Evidentemente la trattazione delle
singole parti è molto diversa, poiché il CCC usufruisce dell'immenso
apporto teologico di oltre quattro
secoli di vita della Chiesa e soprattutto del lavoro di aggiornamento e
di approfondimento e correzione di
alcune tendenze compiuto dal Vaticano II. L'identità dello schema generale mostra che la Chiesa innova
sempre nella fedeltà alla tradizione,
anzitutto alla Tradizione Apostolica.
E' chiaro che il CCC non si rifà solo
al catechismus ad Parochos e alla
tradizione catechetica fiorita in tutte
le nazioni europee in cui compaiono nomi di illustri catecheti; ricordiamo il Catechismo Cattolico delle
diocesi della Germania (1953) e il
Catechismo Cattolico degli adulti
(1985). In Francia comparvero i Catechismi di J. B. Bossuet, C. Fleury,
J. Olier, e altri tra le due guerre. Per
l'Italia vanno menzionati i nomi di
San Roberto Bellarmino, di S. Alfonso M. dei Liguori, di S. Giovanni
Bosco e soprattutto il Catechismo
di Pio X (1912). Solo dopo il 1970 si
ebbero catechismi destinati alle diverse fasce di età: dei bambini, dei
fanciulli, dei ragazzi, dei giovani,
degli adulti.
Il CCC non ha inteso abolirli né dichiararli sorpassati, ma, conservandone la loro validità, ha integrato le
carenze di precisione circa la dottrina della Chiesa e completato i punti
essenziali riguardanti la fede. In realtà il CCC non si rivolge al passato,
ma al futuro e vuole costituire un
freno alla creatività catechistica.
Papa Giovanni Paolo II, facendo sua la richiesta del catechismo
unico nella Relazione finale (II, B,
4) del Sinodo dei Vescovi dell'otto-
bre 1985, il 10 luglio 1986 decise di
costituire una Commissione di cardinali e di vescovi con l'incarico di
preparare un progetto di catechismo
universale. I lavori sono durati fino
al 30 aprile 1992, quando si è giunti
alla definizione del CCC. I progetti
sono stati corretti e ricorretti, consultati da tutto l'episcopato, dalle
Università cattoliche, dalle facoltà
teologiche e da numerose persone
competenti nelle varie discipline
teologiche. Si può affermare che il
CCC è un'opera collegiale. Giustamente ha affermato Giovanni Paolo
II nella costituzione Depositum fidei: "Si ha ragione di affermare che
questo catechismo è il frutto di una
collaborazione di tutto l'episcopato
della Chiesa Cattolica".
Come si è accennato, il Catechismo
ha una struttura quadripartita; rifacendosi al catechismus ad Parochos,
il CCC si articola in quattro parti
che, secondo l'antichissima tradizione della Chiesa, corrispondono al
Credo, ai Sacramenti, al Decalogo e
al Padre Nostro. Il cristiano, infatti,
crede in Dio-Trinità rivelatosi e comunicatosi agli uomini nella persona di Gesù Cristo e nella sua opera
che è la Chiesa; celebra il mistero di
Dio nella Liturgia e ne riceve la grazia nei sacramenti; vive da figlio di
Dio in Cristo e nello Spirito osservando i dieci Comandamenti; prega
13 La Rassegna d'Ischia 2/1993
il Padre che è nei cieli, chiedendo
che "venga il Suo Regno" e vivendo
nell'attesa della vita eterna.
La persona di Gesù Cristo è il filo
che lega le quattro parti dando al
CCC un carattere fortemente cristocentrico: Cristo è al centro della
fede, in quanto ci rivela il Padre, comunica lo Spirito Santo e, con la sua
incarnazione, morte e resurrezione,
porta la salvezza agli uomini raccolti nella Chiesa, essendone Capo
e Signore; Cristo è presente come
mediatore nella celebrazione eucaristica e agisce nei sacramenti; Cristo vive nel cristiano ed è modello e
maestro dei figli di Dio; cristo infine
prega nel cristiano e col cristiano e
lo santifica.
Professando la fede in Gesù di
Nazaret, Figlio eterno di Dio fatto
uomo, il CCC ci conduce alla fede in
Lui (n. 425): perciò "al centro della
catechesi noi troviamo essenzialmente una persona: quella di Gesù
di Nazaret (n. 426).
Dopo aver esposto la fede della
Chiesa nello Spirito santo, il CCC
osserva che "l'articolo di fede sulla
Chiesa dipende interamente dagli
articoli riguardanti Gesù Cristo",
poiché "la Chgiesa non ha altra luce
che quella di Cristo", così come "dipende anche interamente da quello
sullo Spirito Santo", poiché "la Chiesa è il luogo dove fiorisce lo Spirito"
(n. 748).
La pubblicazione del CCC è stato
un evento straordinario e illuminante in questo nostro tempo di declino dei valori morali ed essenziali
all'avventura dell'uomo sulla terra
che cerca di aggrapparsi alle uniche cose che sembrano consistenti:
la ricchezza, il piacere, il successo:
felicità che passano e su cui grava
continuamente la minaccia della
sofferenza e della morte. Papa Giovanni Paolo II, con la pubblicazione
del CCC, ha voluto offrire all'umanità di oggi, perché vinca l'incertezza e
lo scetticismo, valori e certezze che
danno senso alla vita; valori e certezze assolutamente validi e consistenti, perché non fondati su filosofie
umane, fragili e mutevoli, ma fermi
su Dio onnipotente, che è la Roccia
che non muta, e su Gesù Cristo, nel
quale Dio ha parlato agli uomini ed
è venuto personalmente incontro ad
essi per renderli partecipi del Suo
Regno e della felicità infinita.
Pertanto accogliamo, studiamo il
CCC; eso è luce destinata ad illuminare il cammino aspro e oscuro della nostra vita, a dirci non solo quello
che dobbiamo credere e come dobbiamo amare, ma anche quello che
possiamo sperare, al di là delle futili
e stupide cose che sperimentiamo
nella vita di ogni giorno.
Sac. Pietro Monti
Prosegue
la pubblicazione
dell'opera
autobiografica
del prof. Massimo
Mancioli sulla sua
esperienza
in Yemen, quale
medico personale
dell'Imam Ahmed
e primario medico
del Royal Hospital
di Taiz
Il mio
Yemen
(1955 - 1968)
14 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Il mio Yemen (1955 - 1968)
Parte IV
Rientro in Yemen (1961 - 68)
10. Vento d’America
Rientrato a Taiz, mi fu assegnato un nuovo villino.
Il nostro affezionato Dahan e sua moglie furono subito con noi. Feci venire in
prova un boy che aveva lavorato con gli Americani. Bisognava ripulire il bagno,
ancora sporco di intonaco. Il nuovo boy si mise al lavoro, ma dopo pochi minuti venne da me a lamentarsi: “Kàraba, kàraba! Waggià!”. Ora waggià vuol dire
dolore e sta bene; per kàraba i miei malati intendevano criestesie, parestesie,
nevralgie, tutte le manifestazioni dolorose con intenso formicolio che compaiono, spesso, nelle forme reumatoidi. Gli diedi un antireumatico con vitamina B1.
Dopo un po’ altri lamenti. Altro antireumatico. Per la terza volta, stessa scena.
Un altro antireumatico sarebbe stato troppo. Credevo di aver capito la solfa.
“Non ha nessuna voglia di lavorare - pensai - questo è stato viziato dagli Americani e vuol fare solo il boy cameriere. A noi, invece, serve un boy tuttofare”. Gli
pagai tre giornate e lo liquidai. Mi misi io stesso a ripulire le piastrelle del bagno con spugna e sapone. Ad un certo punto mi tolsi un sandalo di gomma e mi
presi una scossa elettrica coi fiocchi. Accidenti! Il mistero era chiarito. La kàraba
che diceva il boy era proprio la kàraba, cioè la corrente elettrica, la scossa vera.
Mandai a cercare l’innocente, ma era sparito (c’era grande richiesta di boy a Taiz
e, quindi, non ebbi rimorsi di coscienza). Dahan fece intendere che gradiva molto
restare con noi, come unico boy, con l’appoggio esterno di sua moglie.
Durante la nostra assenza diverse cose erano cambiate a Taiz. Gli Americani,
stimolati dalla concorrrenza russa e cinese, avevano incrementato il loro piano
di aiuti con il “Kennedy Wather Project” per fornire la città di un sicuro acquedotto, con acqua veramente potabile e con la costruzione della strada Moka-TaizSanaà.
Grazie alla cortesia degli Americani, anche noi potevamo ora far venire da Asmara, sul loro aereo, cose introvabili a Taiz: prosciutto, salumi, formaggi, caviale,
etc.
Qualche scenetta gustosa ce la creava, ogni tanto, il dottor Rossi, quando si trattava di dividere fra di noi la roba arrivata da Asmara. Lui, personalmente, non
ordinava niente, ma, guarda caso, capitava sempre al momento giusto nella casa
ove avveniva la spartizione. Qui si aggirava annusando, estasiato, fra tutte quelle
leccornie, spizzicando qua e là: una fettina di prosciutto di san Daniele, un’oliva
dolce, un bocconcino di ricotta... Le signore presenti lo rimproveravano aspramente:
15 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Massimo Mancioli
“Ma dottor Rossi! Non vede che stiamo dividendo la roba? Come facciamo ad
essere precise con tutt,i se lei toglie via qualcosa?”
Rossi ridacchiava, divertito, e rispondeva: “Ma via, per un pezzettino ino-ino di
prosciutto, fate tutte queste storie? E se fossi stato vostro ospite, questa sera, non
me lo avreste offerto?”.
Mia figlia fu ammessa alla School U.S.A., fatta per gli Americani con programmi
americani. In principio si ridacchiava un po’ su certi pallini della pedagogia statunitense, ma presto dovemmo riconoscere che erano loro ad avere ragione e noi
torto. Ad esempio, invece delle interrogazioni orali, fonti di tante preoccupazioni
nei bambini e anche di qualche ingiusta valutazione per la cattiva sorte di ricevere domande più difficili che non quelle capitate agli altri, nella American School
si procedeva col sistema dei quiz quindicinali, uguali per tutti. Questi quiz erano
preparati così bene che chi realmente studiava poteva rispondere anche essendo,
come mia figlia, una beguinner, cioè una principiante nella lingua inglese. La gioia di mia figlia di poter battere nei quiz i padroni di casa sul loro terreno di gioco
era grande: andava a scuola anche con la febbre, per quanto le piaceva. Ebbene,
nella School si dava molto peso alla calligrafia e alla buona educazione, in quanto
“bagaglio indispensabile nella vita a tutti i livelli sociali”. Ecco, quindi, spiegato
quanto avevamo avuto modo di osservare al Campo americano: calligrafia dei
biglietti d’invito, modo di fare nel giocare a bridge, nel mangiare, nel portamento mondano, ecc. a buon livello in tutti, dall’ingegnere capo del Piano Kennedy
all’ultimo operaio, addetto alla pala meccanica.
Una sera, durante un bridge all’Ambasciata, Benardelli mi vide un po’ giù di
corda e mi chiese a bruciapelo: “Ma lei vorrebbe entrare a far parte del Piano di
Assistenza Tecnica Italiana in Yemen che stiamo creando?”
Certo che lo desideravo.
Come sempre, Benardelli fu di parola.
In questa nuova veste mi occupai anche con Pino Gasparini (che era specialista
in materia e in contatto con l’Ordine di Malta) della creazione di colonie agricole
gestite dai lebbrosi in cura. Per mio conto, da anni, mi servivo da un contadino
lebbroso che mi portava in studio uova e polli, mentre era in cura.
Nello Yemen ritrovato c’era un’altra grossa novità: Russi, Cinesi, Americani,
ciascuno per conto proprio, stavano ultimando la prima rete stradale del Paese.
Era un grande triangolo da Taiz a Sanaà, attraverso il terribile passo di Sumara
(sui 3000 msm); da Sanaà ad Hodeidah, fra le impervie catene montagnose che
poi degradavano al bassopiano desertico ed al mare; da Hodeidah a Taiz, strada
ancora agli inizi. Questo triangolo veniva ad abbracciare le città più importanti e alcune fra le regioni più interessanti del Paese. Visto il nuovo stato di cose,
pensammo di acquistare una Renault 4, che gli amici francesi ci fecero miracolosamente recapitare da Gibuti col piccolo aereo della Djbouti Air Line, pilotato dal
comandante Astraud. Unico inconveniente della macchina:lungo lle forti salite,
16 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Il mio Yemen (1955 - 1968)
con strada dissestata, i sobbalzi arrestavano il flusso regolare della benzina al
carburatore. Facevo, allora, contenti un paio di ragazzini fra i molti che stavano
a guardare, e li sistemavo sul cofano. Bastava quel leggero carico in più a prora
perché i sobbalzi anteriori si riducessero e il fenomeno fosse evitato. La cosa più
bella della mia macchina era la targa: Italian Technical Assistence in Yemen, n. 1.
Più fastosa di così non poteva essere! Da soli o con gli amici, anche loro divenuti
automobilisti, si facevano interessanti week-end, qualche volta sino al passo di
Sumara o alle cittadine di Hibb e Gibla, ove c’era un simpatico pastore protestante, medico, con la sua famiglia, che, oltre ad un efficiente ospedaletto, aveva costruito un bel campo da tennis. Il più delle volte si andava a Moka sul Mar Rosso.
Da Taiz erano circa 120 chilometri. Si scendeva dal nostro medio piano (sui
1220 msm) e si attraversava in diagonale, verso Ovest-Nord-Ovest, il Theama, la
desolata fascia desertica costiera. Capitava, alle volte,di vedere a portata di mano
le casette e le moschee di Moka, a 40/50 chilometri di distanza. Era l’effetto del
famoso miraggio, tante volte letto nei romanzi di avventure.
C’era da risolvere il problema della patente di guida. Già, perché, grazie ad una
delle più cervellotiche disposizioni vigenti in Italia, il cittadino italiano che si trasferisce regolarmente all’estero non può rinnovare annualmente la sua patente
italiana in quanto non risiede in Italia!
“E’ veramente un’idiozia! Ma non si può prendere una residenza legale presso
l’Automobil Club d’Italia?”
No, non era possibile. Così la mia patente era diventata da anni non valida. A
Taiz, però, avevano organizzato un Ufficio Motorizzazione Civile che rilasciava
patenti yemenite. Penso che il mio esame di guida sia stato se non proprio il primo, uno fra i primi di quelli svoltisi a Taiz. Il mio interprete, Alì Giaesh, organizzò tutto lui. Andammo insieme a prendere il Mudhir del recentissimo servizio, il
capo della Polizia, un altro capoccione che non ricordo, e tutti e cinque, strettini
nella mia Renault 4, prendemmo il via per l’esame. Il neo Mudhir voleva, evidentemente, dimostrare ai suoi amici e a me che sapeva fare l’esaminatore e che
era severo con gli esaminandi. Infatti, non solo mi fece girare tre volte attorno al
marciapiede rotondo che, davanti a Bab el Musa era sull’incrocio più importante
di Taiz (altre macchine, pochissime, ma in compenso frotte di ragazzini, asini,
muli, cammelli, carrettini), mi fece anche ripetere la manovra a marcia indietro.
Era poi evidente il desiderio dei miei ospiti di farsi una bella “scarrozzata”. Così li
portai fino all’aeroporto, ci facemmo un paio di giri di pista e infine rientrammo
felici e contenti a Taiz.
Andando verso Moka, nella stagione dei monsoni, il vento era così forte da dover
stare molto attenti nella guida e, nel fermarsi, reggere con entrambe le mani gli
sportelli che, altrimenti, venivano sbatacchiati o addirittura scardinati. Il vento
scavava buche profonde nella sabbia. Ci capitò una volta di vedere affiorare, nel
fondo di una di queste buche, la canna di bronzo di un bel cannone antico. Probabilmente era un cannone turco del XVI secolo, periodo in cui l’Impero Ottomano aveva occupato lo Yemen e lo aveva attrezzato alla difesa costiera contro le
scorrerie dei vascelli portoghesi che navigavano alla volta dell’India. Pensammo
subito di conquistare il cannone turco e portarcelo a Ischia come trofeo. L’Imam
17 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Massimo Mancioli
mi autorizzò a prenderlo e a farlo trasportare in sambuco a Massaua. Di lì sarebbe
stato facile farlo imbarcare su un cargo diretto in Italia. Eravamo, però, agli sgoccioli
dell’era imamiale. Col trambusto che seguì non pensammo più al cannone turco. Riuscii, però, a portare in Italia cinque palle di ferro del suo corredo da guerra.
Mka, con Hodeidah, era stato nel passato un porto importante nell’economia dello
Yemen, soprattutto come punto d’imbarco dei famosi caffè Moka e Hodeidah. In realtà, come detto, tutto il caffè yemenita nasce in montagna. Mai una piantina di caffè è
nata o potrà nascere fra le sabbie dei due porti.
Moka e Hodeidah sono qualità eccezionali: in Eurpa venivano abbondantemente
miscelate con qualità brasiliane molto meno saporite e aromatiche. Berle pure è come
per un bevitore di vino bere a tavola un vermouth di straordinaria potenza.
In quel tempo Moka era ridotto ad un pittoresco, ma misero villaggio di pescatori. La
rada su cui si apriva l’abitato, protetta alla sua punta Sud-Ovest da un piccolo molo,
dava asilo ad una numerosa flottiglia di sambuchi, le caratteristiche barche da pesca
arabe, lunghe, slanciate, con una sola vela, sorretta da un albero inclinato verso prora.
Andavamo, in genere, con i Bucci, che avevano una 850. Fermavamo le due macchine
parallele l’una all’altra, fissando tra loro un telone, in modo da creare un vasto spazio
ombroso, riparato dalla sabbia che il monsone sollevava. Poco dopo, gli Americani
crearono, proprio all’inizio del molo, un comodo ostello: camere da letto confortevoli,
un grandissimo salone in cui erano installate molte cucine a P.B.gas; numerosi boy
accudi- vano ai servizi e cucinavano.
L’acqua del Mar Rosso era un vero “brodo”. D’estate mangiavamo addirittura in acqua, seduti a mollo vicino alla riva. Malgrado che la rada fosse considerata dai pescatori sicura, stavamo sempre molto attenti a non allontanarci troppo, nuotando: più
che pescecani, avevamo paura dei barracuda, che, essendo di piccolo formato, possono arrivare anche in fondali bassissimi. Mi ricordavo che ad Aden, al mio arrivo da
Roma, un inglese un po’ “bevutello” era caduto in acqua con la sua jeep. Era proprio
sugli scogli della riva, ma bastò che mettesse in acqua una gamba che una torma di
barracuda gliela sbranò. Quando i sambuchi rientravano in porto, gli si andava incontro a nuoto, nella rada, per poter acquistare i pesci direttamente a bordo, dai pecatori.
Dato il caldo infernale, andando al mercato, come sarebbe stato d’obbligo, in assenza
del più elementare mezzo di refrige- razione (neppure un pezzetto di ghiaccio!), si
rischiava di trovare il pesce già andato a male. Così, nuotando, ci portavamo appresso
delle belle borse-frigo americane, piene di ghiaccio secco. I pescatori pulivano rapidamente il pesce scelto e lo gettavano direttamen- te nei nostri contenitori. Si potevano
prendere molte e squisite qualità di pesce, comprese le sogliole (che, senza questo
sistema, non avrebbero retto al clima di Moka). Gli Arabi, infatti, le chiamavano “pesci per i cani” e non le portavano nemmeno al mercato, ma le lasciavano veramente ai
cani, sulla spiaggia, perché si alteravano subito. C’erano, poi, cernie rosse splendide,
mai viste nei nostri mari, triglioni giganteschi, dentici, orate... Una volta avevo parlato, ad Aden, con un tecnico della nostra Genepesca che era venuto nel Mar Rosso per
vedere di organizzare periodiche campagne di pesca:
“Chissà che meraviglia!” diss’io.
“Ma che meraviglia” - rispose lui - “è un disastro!”
E vedendo la mia aria sbalordita e incredula, mi spiegò che c’erano troppe qualità di
18 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Il mio Yemen (1955 - 1968)
pesci. La pesca industriale è conveniente e possibile quando s’incontrano branchi
dello stesso tipo di pesce. Ma come si fa a dividere, pulire, conservare, utilizzare pesci l’uno diverso dall’altro? Non è possibile o almeno industrialmente non
conveniente”.
Mi ricordai del problema analogo (per eccesso di qualità) del legname nelle foreste congolesi: “Troppa grazia, Sant’Antonio!”
Comunque per i poveri ragazzini di Moka andava più che bene. Si sedevano sul
bordo del molo e con uno spillo curvato a mo’ di amo, un filo qualsiasi e un’esca
altrettanto qualsiasi, riuscivano a prendere dei bei pesci con irrisoria facilità.
Tornai una volta a Moka nei primi tempi della Repubblica. Gli Americani erano
stati espulsi dallo Yemen. Nel loro ostello c’erano soldati. Tirava dappertutto aria
di guerriglia.
Mi chiamava il Comandante militare della Piazza per farmi visitare una bambina
che era stata violentata.
Ero con mia moglie, mia figlia e il mio interprete e amico, Alì Giaesh. Furono tutti molto gentili. Ci invitarono a pranzo nella sede del Comando, l’ex Palazzo del
Naib, e ci fecero riposare in uno stranissimo Mafrég con soffitto altissimo: sulle
pareti, in alto, correvano tutto intorno arcate e finestroni a vario livello da cui
entrava una piacevole brezza marina. Dopo il riposo ci invitarono ad andare sulla
spiaggia per fare un bagno. Accettammo con piacere. Vollero portarci loro stessi
con una grossa autoblinda egiziana che si fermò sulla sabbia in un posto riparato
della rada e ci servì da cabina.
Il periodo americano ci aveva portato una cosa veramente straordinaria: il Taiz
Golf and Country Club, dotato di piscina, tennis, campo di golf, piccola biblioteca, bar e ristorante in veranda.
Naturalmente, la sera, il bridge imperversava al Club. Tornei di tutti i tipi. Niente
soldi, solo una piccola tassa (1 dollaro) per permettere al Club di offrire qualche
piccolo dono ai primi e agli ultimi (premi di consolazione).
Ma, oltre a questi bridges serali, gli Americani organizzarono dei Ladies Bridges
Party che, a turno, si svolgevano la mattina a casa di varie signore, fra cui mia
moglie, ottima giocatrice. Arrivavo a casa dall’Ospedale, quando la nostra casa
era di turno, e vedevo tre o quattro tavoli di bridge ancora in azione. “Hallo,
girls!” salutavo, malgrado l’età non certo troppo giovanile delle giocatrici e mi
mettevo a mangiucchiare quanto era rimasto del buffet, seguendo le “smazzate”
più interessanti.
Venne, ad un certo punto, in mente agli Americani di organizzare nel Club degli “International Dinner” con piatti tipici di tutte le nazionalità presenti a Taiz.
Naturalmente erano gli stessi soci a dover cucinare, anzi i soci mariti o scapoli,
in modo da non caricare di lavoro le signore. L’onore di iniziare questi cenoni
(non meno di 120 persone) toccò a noi italiani. C’erano in quel momento a Taiz
ben sei romani ed altre persone esperti in cucina romana. Preparammo, quindi,
con molto zelo, un “Roman Dinner”. Io incominciai a pensare all’addobbo. Mi
feci dare dagli Americani 40 metri di robusta carta da pacco. Ne feci due strisce
19 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Massimo Mancioli
sovrapposte, ben incollate fra di loro, in modo da tappezzare tutto il fondo e parte di un angolo della veranda. Con colori e tempera USA dipinsi (srotolando pian
piano la carta da pacco sul pavimento della mia veranda) una veduta di Roma al
tramonto, tutta accesamente giallo-rossa, in contrasto col verde-blu del Pincio e il
bianco-travertino di qualche monumento. Lo spazio da riempire era tanto e l’attesa degli Americani enorme. Così feci tre San Pietro, tre Colosseo, un paio di Altari
della Patria, ecc. Il Tevere era biondo sul serio e scorreva maestoso. Ne venne fuori
qualcosa di molto simpatico, tanto che l’Ambasciatore USA, finito il Dinner, mi
chiese il dipinto e se lo portò in America, accuratamente arrotolato. C’erano, poi,
molti fiaschi di vino appesi in giro o trasformati in candelieri, su ogni tavolo, allegri
festoni multicolori, ecc. Insomma una certa atmosfera nostrana non mancava. Con
l’aereo americano avevamo fatto venire da Asmara un bel porcello (nascondendo
agli yemeniti il fatto che si trattava proprio dell’immondo, scono- sciuto e ultraproibito maiale). De Maria, Pavoni ed altri tecnici allestirono all’aeroporto un fuoco
all’aperto con girarrosto, dove fu preparata una porchetta alla romana. Un radiotecnico romano,che era stato pasticciere in Galleria Colonna, Savelli, preparò frappé,
castagnole e una montagna di Saint-Honoré. Parrinello e Horn, entrambi abili
cuochi, si lanciarono in code alla vaccinara, abbacchio al forno e altri piatti che non
ricordo, ispirati alle ricette della sorella di Fabrizio. C’erano poi fettuccine fatte in
casa, ravioli, spaghetti alla carbonara, penne all’arrabbiata, bucatini all’amatriciana.
Un ben di dio pantagruelico. La cena romana fu un vero trionfo. I boy che passavano e ripassavano con i vassoi dalla cucina del Club alla veranda erano letteralmente
assaliti dai 120 commensali prima ancora di arrivare ai tavoli. Fu assalito anche un
boy che portava via, per darlo ai cani randagi, un vassoio di ricotta che si era alterata nel viaggio. “Roman Cheese!” si udì esclamare da più parti e non ci fu verso di
spiegare che non era più ricotta mangiabile. Se la divorarono.
Nessuno immaginò quella sera che quello era il canto del cigno del Club: tempi cupi
stavano per abbattersi su tutti noi.
Le nostre feste di Capodanno erano altrettanto notevoli, se non altro per l’impegno
goliardico che ci mettevamo per uscire dalla banalità. Il Dottor Golovine, oculista,
figlio di un celebre medico della Corte imperiale zarista, aveva conservato alcuni atteggiamenti da “gospodine” (signore), fra cui quello di presentarsi alle feste a cavallo, con il suo palafraniere, frustino in mano, in smoking ancien régime (con tanto di
jabot e scarpette di coppale guarnite da un nastrino di raso), cilindro e largo mantello nero foderato di seta rossa. Faceva lo stesso anche quando andava alle feste
organizzate dall’Ambasciata russa.
Certo, la cosa più sorprendente era l’assoluta indifferenza degli yemeniti di fronte ai
nostri travestimenti in occasione del ballo mascherato di Capodanno. Ricordo che
una volta mi avviavo a cavallo verso il nostro veglione, travestito da antico romano
con elmo in testa (le pentole yemenite erano senza manici e quindi si prestavano
bene allo scopo). Incontrai per strada un cliente che andava cercandomi, in compagnia di alcuni amici: non avevano ben capito se i cucchiai di sciroppo per la tosse
dei loro bambini andavano presi prima o dopo i pasti. Si fermarono a parlarmi, ma
non fecero il minimo cenno di sorpresa o di imbarazzo. Capii che la loro filosofia nei
nostri riguardi era quella di considerarci brava gente, un po’ stramba. Più o meno
quello che pensavamo noi nei primi contatti con gli Americani alla fine della guerra.
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Il mio Yemen (1955 - 1968)
O quello che veniva di pensare negli anni ruggenti di Capri e di Ischia, di fronte al
marchese o al play boy che girava col pappagallo sulla spalla.
La parte musicale delle nostre feste di Capodanno era accuratamente preparata.
Non potevamo contare sull’apporto delle musichette trasmesse dalle radio ad onde
corte europee. Preparavamo, così, dei lunghi nastri registrati che duravano cinque
o sei ore, avendo cura di variare continuamente il genere di musica (dagli swing
allo slow, qualche tango, qualche walzer) e i cantanti (Paul Anka, Mina,Fred Buscaglione, i Plattner), lasciando pause di silenzio, inserendo piccoli sketch dialettali
e nelle varie lingue per fare gli auguri e prendere bonariamente in giro un po’ tutti.
Anche i bambini avevano la loro fetta di festa, dedicata proprio a loro, e ne erano
contenti.
Nei nostri pezzi registrati non mancava una grande quadriglia, comandata in francese (con spiegazione in napoletano). Il trenino-serpente, che si snodava in tutte
le stanze, la Grande Scène finale (che si riusciva sempre a far quadrare) erano i
pezzi forti della serata assieme alle Square dances scozzesi, apprese con non poche
difficoltà da Mr Oldefield, segretario della Legazione Britannica. Il nastro era calcolato in modo da essere perfetta- mente in orario con lo scoccare della mezzanotte.
Cinque minuti prima, infatti, incomincia- va a preparare l’atmosfera adatta, con
musiche di sottofondo, fino all’esplosione festosa dell’anno nuovo salutata dalle
note del Ponte di Waterloo a volume gradualmente accentuato. Le bottiglie di Moet
Chandon e della benemerita Veuve Ciquot, comperate generosamente ad Aden,
facevano il loro dovere: brindisi, auguri e allegria.
Con l’arrivo degli Americani (e dei Russi e dei Cinesi) i non fedeli erano diventati
moltissimi e gli USA organizzarono al meglio per noi occidentali le feste natalizie.
In questo nuovo clima ci fu una volta un Capodanno passato negli uffici del Piano
Kennedy.
Le sale erano affollatissime e si ballava piuttosto stretti in gaia confusione. Senza
nessuna premeditazione, a un certo punto della serata, mi trovai fra le braccia di K.
Suo marito era parecchio su di giri a furia di wiskhy e se ne stava intanato in una
sala secondaria a discutere animatamente con altri ospiti piuttosto allegrotti. Io
e K. quanto a carica alcolica non eravamo da meno, ma era proprio la caduta dei
freni inibitori che ci spingeva verso la follia. Ballavamo ceek-to-ceek, come diceva
la famosa canzone di Berlin, quella sera ripetuta più volte.
K. si stringeva a me sempre di più, con un languore che toglieva il fiato. Era davvero molto carina. Non c’era spazio per le parole in quel tumultuoso accavallarsi
di sensazioni. Avevo sempre pensato, vedendo le scene d’amore dei films americani, che doveva essere piuttosto buffo stringersi e baciarsi dandosi, per esigenze
linguistiche, del voi. Ma, in realtà, non era affatto così. Anzi, se mai, ciò dava a
quegli istanti una patina emotiva più profonda, piacevolmente solenne, sbarrando
il campo in partenza a qualsiasi venatura di volgarità. Avevano infilato un lungo
nastro tutto Gershwin. Erano le più belle melodie che avessi mai ascoltato. Riaffioravano dolcissimi istanti di tanti, tanti anni prima. Un ballo con Aurelia - il mio
mai dimenticato primo amore, finito tragicamente con una polmonite - in casa di
amici, a Piazza di Spagna nella Roma del 1936. Passato e presente irreale. A un
certo punto K. mi prese per mano. Sgattaiolando dai saloni della festa, mi condusse
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Massimo Mancioli
per un meandro di corridoi su cui davano le porte degli uffici, ad una grande porta
a vetri smerigliata. Il suo respiro tradiva l’emozione. Oltrepassammo la porta e la
rinchiudemmo. Eravamo in un grande studio in penombra. Lungo la parte, sotto
un grande ritratto di Kennedy, più che vedere, sentii con la gamba un lungo soffice
divano in pelle....
11. Un consulto che fece storia: Yaltano, Yalta sì
Nella primavera del 1959 il continuo doppio lavoro (diurno in Ospedale, notturno
a Palazzo Reale) mi aveva messo fuori combattimento. Una notte che Salah Sheba,
l’infermiere dell’Imam, mi era venuto a prendere, come al solito, con la sua jeep e
due ascari di scorta, gli dissi in maniera molto decisa che, se si trattava di visitare
S. M., tutto andava benissimo, ma se bisognava andare a perdere tempo per qualche capriccio di una donna reale, ero troppo stanco per darle retta. Ne seguì una
discussione, io tenni fermo. Per punirmi di quel gesto di rifiuto - impensabile nel
clima della Corte imamiale - fui ignorato per una quindicina di giorni.
Una notte (erano circa le ore 2), con lo stesso cerimoniale, ma molto più affannoso, fui prelevato e portato alla Reggia. Entrando nel Mafreg, trovai una situazione
quanto mai fuori dell’ordinario: una larga selezione di medici (francesi, italiani,
cecoslovacchi, russi) era sparpagliata per tutto il salone. L’Imam, nel suo solito
camicione bianco con un gilet di broccato d’oro, era semisdraiato sul suo permaflex ricoperto di tappeti, farfugliando, agitato, parole che a me sembravano prive di
senso, attorniato dal figlio, il Principe ereditario el Bader, dai suoi segretari, i suoi
infermieri e qualche notabile di alto livello che cercavano di calmarlo.
Il buon Alì Humed mi corse incontro privo della sua abituale impassibilità. Mi
sospinse in un angolo appartato del salone e mi fece subito leggere, porgendomelo
con mano leggermente tremante, un foglio che aveva finito di tradurre in italiano
proprio in quel momento. Lessi quel foglio e allibii: era, nientepopodimeno, che
un Comunicato ufficiale in cui si diceva che S. M. era intossicato da sostanze stupefacenti ed aveva quindi bisogno di essere ricoverato in un Centro specializzato in
questo settore della medicina, a Yalta (URSS). Il mio sconcerto era assoluto! “Ma
questa è la più assurda follia!” dissi ad Alì. “Come è possibile redigere un comunicato ufficiale propalando a mezzo mondo che S. M. è un drogato? Innanzi tutto è
una “fesseria” perché l’Imam non è un drogato, tossico- dipendente, ma solo uno
che, non sopportando i suoi fastidiosi dolori artrosici, intollerante come è, ogni
tanto “scantona” e prende cose che non dovrebbe prendere. Ma, appunto, ogni tanto! Poi, spontaneamente, ha lunghi periodi in cui non ci pensa neppure. E’, come
ho detto, la sua totale intolleranza contro quello che gli arreca fastidio a fargli fare
sciocchezze. La sera vuole dormire? subito un sonnifero. La mattina dopo è ancora
insonnolito e stanco? subito un energetico... E così via: crea lui stesso situazioni
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Il mio Yemen (1955 - 1968)
patologiche a furia di voler avere subito un risultato; comanda a tutti? vuole comandare pure alla natura e alla fisiologia! Questa è la verità sul piano medico.
Ma veniamo al resto: come diavolo si fa a infrangere la norma più elementare
del codice morale dei medici, che è quella del segreto professionale? Un certo
Ippocrate, padre della medicina, ha scritto quel codice circa 2500 anni fa. E quel
codice, almeno ufficialmente,
è stato sempre rispettato da tutti, in tutti i luoghi della terra. Lo volete infrangere
voi, ora, in forma così smaccata? Farete la figura dei selvaggi! Io, comunque e
sia subito ben chiaro, mi dissocio totalmente da quel comunicato: non lo firmo e
farò una dichiarazione scritta alla nostra Ambasciata su questo incredibile episodio di follia collettiva.
Non sono e non voglio essere un politico, ma pure un bambino capirebbe che
portare l’Imam proprio a Yalta, in URSS, sarebbe una imbecillità senza fine.
Caro Alì, lei conosce abbastanza la storia italiana... Questa è una stupida copia
del Gran Consiglio del 25 luglio! Il Regime imamiale si vuole, improvvisamente,
autodistruggere? Ma non vi sfiora neppure per l’anticamera del cervello il sospettocche, se l’Imam va a Yalta con quella etichetta infamante sulle spalle, qui nel
giro di una settimana scoppia il finimondo?
Era un ragionamento così elementare che addirittura mi sembrava assurdo andarlo a fare a persone capaci di intendere e di volere.
Ripresi la calma e aggiunsi.
"Andiamo immediatamente dal Principe el Bader, spieghiamogli bene la situazione e prepariamo subito un altro comunicato, di tutt’altro tono. Diciamo, in
sostanza, che, poiché S. M. ha bisogno di cure mediche specializzate che non
sono eseguibili in Yemen, si reca per breve tempo in Svizzera, a Ginevra, dove
hanno una perfetta attrezzatura medica per eseguire le cure necessarie. Si potrà
aggiungere, se il Principe vorrà, una frase di richiamo alla neutralità assoluta
della Repubblica Elvetica".
Alì si convinse immediatamente e andò a prelevare el Bader, che parlava fittamente, sottovoce, con un gruppo di alti dignitari in un angolo del Mafreg. Le luci
del salone erano tenute basse e la scena, nell’insieme - non so perché - mi richiamava alla memoria quel melodrammatico ultra accademico quadro di Hayez su
“La cacciata del Duca d’Atene”.
Alì agganciò subito il Principe e incominciò a parlargli fitto fitto, dopo aver allontanato gli altri. Mi fecero un cenno con la testa e li raggiunsi. Il Principe voleva
sentire direttamente da me.. Ci riuscii nel mio arabo rudimentale, con qualche
parola di inglese e l’aiuto di Alì. Sottolineai i pericoli e soprattutto il disonore che
potevano derivare da quello sprovveduto comunicato ufficiale. Disonore per tutto
lo Yemen...
Si convinse subito, senza obiezioni.
Andai subito da un medico russo, mio amico, e gli chiesi se per caso avesse avuto
con i suoi colleghi pressioni o ordini di scuderia; “se è una questione politica, è
certo che voi non potete farci niente” lo rassicurai. Ma lui disse che non avevano
avuto direttive di nessun genere.
Il Principe intanto si era avvicinato al divano ove giaceva suo padre, fece allonta23 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Massimo Mancioli
nare tutti quelli che gli erano intorno e mi chiamò. Tenendolo affettuosamente per
le spalle, gli parlò in tono sommesso, dicendo che il Barafassùr pensava che, per il
suo bene, sarebbe stato quanto mai opportuno andarsi a curare per breve tempo
all’estero, per esempio a Ginevra, ove erano molto bravi e molto ben organizzati, ove i giornalisti non gli avrebbero dato fastidio, ove c’era un’atmosfera quieta
e serena. La Svizzera, paese neutrale per eccellenza, era il posto ideale per il suo
soggiorno curativo e avrebbe messo, in partenza, fuori causa ogni malevola interpretazione politica sul suo viaggio.
L’Imam si risvegliò di colpo dal suo stato semi-confusionale. “Per la cura all’estero, la bass, la bass (va bene, va bene), ma - e qui cominciò a roteare gli occhi e ad
alzare il tono di voce - “anà isti Ruma” (io voglio Roma!).
Ripeté queste parole più volte, quasi urlando. Silenzio assoluto nel Mafrég.
Dunque da Yalta a Roma.
Albeggiava, quando con Cadi Al Amri, il Ministro degli Esteri, andammo a svegliare l’Ambasciatore Benardelli per dargli la notizia.
Mi rendevo conto che per il Governo Italiano quella era sì una soddisfazione di
prestigio, ma poteva anche essere fonte di fastidi diplomatici. Raccontai a Benardelli quello strano consulto e sottolineai che io non avevo proposto Roma, bensì
Ginevra.
“E aveva fatto benissimo, caro professore!”, mi rispose calmo calmo con un sorriso di comprensione. “Tuttavia, il suo consulto fa storia. Senza di lei sarebbe stato
proprio un 25 luglio! Complimenti!”
L’Ambasciatore si mise subito in moto per avvisare la Farnesina. Assieme al Cadi
Al Amri, un vero signore nel tratto, molto efficiente nel suo lavoro, organizzammo
subito il programma di viaggio. Io sarei partito subito con lui per arrivare a Roma
con un certo anticipo sull’aereo che avrebbe trasportato l’Imam, tre medici e il seguito: era un apparecchio messo a disposizione dal Negus, che avrebbe fatto scalo
ad Asmara, dove l’Imam sarebbe stato ospitato nel Palazzo Reale di quella città e
avrebbe ripreso il volo il giorno dopo. Con quella funzione di staffetta avrei avuto
modo di collaborare con i funzionari del Ministero Esteri per una ottima sistemazione dell’Imam.
Mi precipitai all’Ospedale, ove, senza fiatare con nessuno, sistemai le cose in vista
della mia lunga assenza. Non fu, certo, molto facile.
Corsi, infine, a casa, avvisai mia moglie di tenersi pronta per una venuta sua e
della bambina prevedibile dopo una settimana. La mia licenza annuale era vicina
e pensavo che, date le circostanze speciali, si potesse saldare al periodo romano
dell’Imam (come poi, in effetti, avvenne).
Ero stato in giro dalle ore 2 del mattino, in un carosello di eventi piuttosto stressanti. Mi buttai sul letto e dormii come un sasso.
Partii da Taiz con il Ministro degli Esteri yemenita, alcuni funzionari e segretari. Giunti al Cairo, dove dovevamo prendere l’aereo di linea egiziano (Misrair da
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Il mio Yemen (1955 - 1968)
Misr, in arabo Egitto) per Roma. L’aereo era pieno. Il caso mi diede un posto accanto ad una gran bella donna, molto stilé. Al momento del decollo si accorsero
che qualcosa non andava nei motori. Tutti a terra, quindi e lunga attesa di circa
tre ore. All’aeroporto trovammo diversi yemeniti, funzionari dell’Ambasciata in
Egitto. In breve la straordinaria notizia che l’Imam sarebbe di lì a poco transitato
nel suo volo per Roma si diffuse nell’ambiente yemenita. Arrivarono commercianti, dignitari, politici, per sapere qualcosa di più da Cadi al Amri e, magari,
cercare di far parte del codazzo di persone influenti che avrebbero seguito Sua
Maestà nell’Urbe. A me chiesero notizie mediche ma, ovviamente, risposi a tutti
con un deciso “no comment” aggiungendo frasi rassicuranti sull'ottima salute
dell’Imam.
Giunse finalmente il momento di riprendere l’aereo. Questa volta era praticamente vuoto perché tutti i passeggeri si erano arrangiati con aerei di altre linee
per evitare la lunga attesa. Unica eccezione, oltre a me, il Cadi al Amri e i suoi
quattro accompagnatori, era la bella signora notata al primo tentativo di volo. Ci
guardammo con reciproca curiosità e ci venne spontaneo sorridere assieme. Era
proprio bella: un lungo viso ovale, occhi neri splendidi, modellati all’orientale,
naso sottile e labbra carnose. Il trucco era all’altezza della situazione. Idem per
il vestito - molto sexy nella sua linea di ottimo gusto - e il profumo. Era egiziana.
Parlava un ottimo francese: sua nonna, mi disse, era francese. Stava andando a
Parigi (la tappa dopo Roma di quel volo) per fare acquisti per la sua boutique del
Cairo, che mi disse era la migliore della città. L’aereo questa volta non fece brutti
scherzi e decollò regolarmente. Parlammo, stringendoci l’uno all’altra, sfiorandoci la mano..... Eravamo praticamente soli: gli yemeniti occupavano la prima
fila di poltroncine, noi l’ultima. La hostess si era eclissata dopo aver servito per
due volte lo champagne. Ci stringemmo. I suoi piccoli seni occhieggiavano dalla
sottile camicetta di seta, ormai slacciata.
Giselle aveva perso del tutto i freni inibitori e io pure... Si muoveva con una sensualità dolce e provocante. Era quello il fascino di Clepatra? Ma, qui, in più, c’era
lo charme francese.
Erano le ore 3 quando avvisarono che stavamo scendendo su Roma.
“Perché non continuiamo? Scendi con me a Roma. Ripartirai per Parigi dopo!”
“Ne avrei tanta voglia, chèri, ma - credi - non è proprio possibile. Mi aspettano a
Orly”. Ci lasciammo con un lungo bacio, senza preoccuparci di farci vedere.
A Roma c’era mia madre, ma presentarsi da lei del tutto inaspettatamente alle 4
e mezzo della mattina non era proprio il caso. Me ne andai, quindi, malinconicamente, in un albergo di via Bertoloni, ai Parioli, vicino a casa mia. La mattina
dopo piombai a casa. “Povero figlio mio!” disse mia madre, vedendomi. Felice e
commossa, mi considerava come un crociato reduce dalla Terra Santa.
“Laggiù, in mezzo a quei miscredenti, chissà che porcherie sei costretto a mangiare! Guarda come ti sei ridotto: sembri proprio un ràgano! Adesso Adele ti farà
un bel piatto di fettuccine come piacciono a te, un abbacchio arrosto e tante patatine al forno!”
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Massimo Mancioli
Insisteva sul fatto che ero diventato “verde e magro come un ràgano”. Le madri
hanno un occhio formidabile. Ma, per la miseria, davvero Giselle mi aveva conciato a quel modo in quattro ore di volo? I miscredenti, comunque, poveracci, erano
fuori causa. Era stata una inattesa, splendida oasi in un momento molto tirato!.
L’incarico di prendere in cura l’Imam era stato affidato al Direttore della Clinica
Neuropsichiatrica dell’Università, Prof. Gozzano, ed al suo Aiuto Prof. Reda. Un
grande consulto di clinici avrebbe avviato il meccanismo. Senza difficoltà suggerii
subito di inserire fra questi il mio Maestro, Prof. Mariano Messini, a cui ero legato, oltre che da lealtà di discepolo, da sincera stima e affetto. Il Prof. Gozzano era
nipote del famoso poeta, Guido, quello di Nonna Speranza. Torinese come lui, era
una persona molto sensibile, dal tratto signorile, di grande “scienza e coscienza”.
Purtroppo, nella gran fretta dell’organizzazione, non fummo in grado di indirizzare la sistemazione romana dell’Imam in rapporto alle esigenze cliniche del momento: si era già provveduto, badando soprattutto al lusso dell’ospitalità. Inoltre
non si era tenuto conto del seguito reale; non solo imprevedibilmente numeroso
per le molte consuetudini in circo- stanze del genere. Nel settore femminile poi le
particolarissime esigenze di costume imamiale andavano rispettate. Ci trovammo, quindi ad affrontare la situazione disponendo solo di una lussuosissima villa,
nei Castelli Romani, Villa Florio a Grottaferrata. Ma era una villa, non una casa di
cura!
Nel frattempo, secondo programma, l’Imam era giunto ad Asmara accompagnato
da tre medici: Pino Gasparini, Primaldo Manco e Vassili Andrey. Fu ospitato nel
Palazzo Reale e trattato con tutti gli onori del caso.
Il giorno dopo, l’aereo della Ethiopian Airline messo a disposizione dal Negus,
decollò verso Roma con un volo senza scalo che lo portò a Ciampino nel tardo
pomeriggio. Io ero da tempo ai bordi della pista, piuttosto imbarazzato dalla presenza del Sottosegretario agli Esteri, On. Folchi, e da alti funzionari della Farnesina. Si rendevano veramente conto che stava arrivando un malato? Mi aspettavo,
pertanto, difficoltà di vario genere, ma mai avrei potuto supporre quanto, poi,
avvenne.
L’aereo dell’Imam atterrò regolarmente. Un plotone dell’Aeronautica militare si
dispose vicino alla scaletta di sbarco per rendere gli onori. Ebbi, improvvisamente, un felice intuito: dissi all’On. Folchi che era opportuno che io salissi a bordo
per primo, per controllare rapidamente le condizioni di salute dell’Imam. Salii
rapidamente la scaletta scambiando un cenno di intesa con Amedeo Guillet che,
come ex-ambasciatore d’Italia in Yemen e amico personale dell’Imam, era stato
invitato ad assistere all’arrivo.
A bordo trovai una situazione disastrosa: completamente isolato nella prima
classe con le sue donne, l’Imam si rifiutava di vedere i suoi medici, dava in escandescenze, addirittura, si era messo a urlare:
“Ma chi mi ha portato a Roma? Non voglio! Torniamo subito indietro!”
Ci consultammo rapidamente e si decise che i tre colleghi avrebbero fatto l’impossibile per sedare l’Imam restando a bordo, mentre io avrei cercato di arrangiare
la cosa con il Sottosegretario che stava aspettando a terra. Spiegai subito all’On.
Folchi, ma in termini vaghi, che l’Imam non stava affatto bene e che era prevedi26 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Il mio Yemen (1955 - 1968)
bile un certo lasso di tempo perché le cure dei tre colleghi rimasti al suo fianco
facessero quel tanto di effetto da consentirgli di scendere con le sue gambe dalla
passerella di sbarco.
Tutte la Autorità si ritirarono allora in attesa nella saletta riservata dell’aeroporto.
Io facevo la spoletta per vedere cosa stava succedendo. I tre poveri medici, a bordo, sudavano le proverbiali sette camicie per avvicinare l’Imam e rimetterlo in
sesto. Dopo due ore circa il miracolo avvenne. Diedi l’annuncio.
Il picchetto d’onore tornò a schierarsi. Grossi riflettori illuminavano la scena (si
era fatta notte, ormai).
Si aprì lo sportello e comparve l’Imam.
Il turbante bianco con la lunga frangia d’oro faceva un effettone nella notte romana. Altrettanto l’ampio paludamento bianco, bordato d’oro, stretto alla vita da
una magnifica cintura ricamata in oro e argento in cui era infilata la sua splendida Jambìa. L’atteggiamen- to eretto era quanto di più fiero e regale si potesse
desiderare nella circostanza. Unico neo: non erano riusciti a fargli infilare il
camicione bianco che avrebbe dovuto nascondere i suoi mutandoni.
Per fortuna erano mutandoni che potevano sembrare calzoni di tipo indiano e
nessuno se ne accorse.
Arrivato senza incidenti a metà passerella, l’Imam, improvvisamente e inaspettatamente, si fermò e incominciò a parlare. Era un evento del tutto non previsto
dal protocollo. “Il mio amico Mussolini, il mio grande amico Mussolini, la Spada
dell’Islam Mussolini.....” . Nel suo cervello evidentemente venti anni di storia non
erano trascorsi. Nessuno sapeva bene l’arabo, a parte Guillet, ma quel ripetuto
Mussolini, anche se pronunciato Musslìn, incominciava a suonare storto. Grande
suspence...
Amedeo Guillet, allora, fu pari alla sua fama di coraggioso uomo d’azione: non
tenne alcun conto del copione del protocollo, ormai alterato, e recitò a braccio,
improvvisando. Salì agilmente verso l’Imam, si profuse in abbracci e baci che
tolsero al Re la parola e poi, con atteggiamento fiero e deferente da portavoce di
S. M., spiegò che l’Imam era felice di essere giunto a Roma, perché tutti i Mussulmani erano amici sinceri del nostro Paese. “I Mussulmani ci vogliono bene.
I Mussulmani hanno stima di noi. I Mussulmani .....” Ripetendo una infinità di
volte la parola “Mussulmani” veniva automaticamente a cadere il sospetto che
l’Imam avesse detto “Mussolini”, tanto più che, come accennato, nella pronuncia
araba i due termini, come suono fonetico, quasi si equivalgono. La prontezza di
Guillet fu grande: nessuno si accorse o minimamente dubitò di qualcosa.
Risolto un problema, se ne presentò un altro, altrettanto imprevedibile.
Dopo il saluto ufficiale del Sottosegretario Folchi, si accostò alla passerella di
sbarco il corteo di auto messe a disposizione dell’Imam e del seguito, preceduto e
seguito da uomini della Polizia Stradale in alta uniofrme. L’Imam aveva in testa
il suo turbante, che all’interno era rigido. Come fare a entrare nella macchina
ministeriale che era chiusa, senza chinare la testa - gesto considerato non degno
di un Re - e senza togliere il turbante - altro atto impensabile in un Sovrano?
I vani tentativi dell’Imam, sostenuto per le braccia dai suoi medici in modo che
entrasse di traverso dentro la macchina non approdavano a nulla. Meno male
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Massimo Mancioli
che c’era lì pure l’amico Felsani - il medico che era stato ad Hodeida - che era
molto robusto. Felsani entrò in macchina dall’altro lato e, dall’interno della vettura, aiutato da me, trainò letteralmente l’Imam, di sbieco, sul sedile posteriore,
ove S. M. rimase semisdraiato mentre noi lo tenevamo fermo.
“Via! Via!” - Il segnale fu immediatamente tradotto dalla Stradale e dall’autista
della nostra vettura con una partenza a razzo, a sirene spiegate. Le altre macchine si affrettarono a incolonnarsi, seguite, in chiusura, da altri uomini della Stradale. Da Ciampino a Grottaferrata sono pochi chilometri, che percorremmo sui
130 km/h. I nostri fari illuminavano potente- mente la salita delle Frattocchie.
Qualche macchina di passaggio si scansava e si fermava prudentemente sul ciglio
della strada per far passare quel ciclone di motori e di sirene. Oltrepassammo
l’Abazia di S. Nilo, fondata prima dell’anno 1000, di rito greco-ortodosso. Tenendo stretto l’Imam, che avrebbe voluto tirarsi su, sul sedile, ma che ritenemmo
molto più sicuro mantenere nella sua posizione sdraiata, pensavo alla stranezza
della vita.
Quel ritorno imprevisto a Grottaferrata, a sirene spiegate!
Mia madre era nata proprio lì, sia pure per circostanze particolari. Una sua bisnonna, Orsola Ceselli, si era ritirata nella foresteria dell’Abazia dopo aver ceduto il suo magnifico negozio di argenteria a San Marcello, al Corso. Un suo figlio,
Mariano, si era improvvisa- mente fatto frate e lei aveva voluto seguirlo a Grottaferrata. Era stata sepolta nella seconda tomba della navata centrale, a destra
dell’altar maggiore, nel 1857.
Mia madre mi portava spesso a vedere l’Abazia di S. Nilo e mi parlava di quella
sua nonna che aveva abbandonato le “frivolezze e gli agi di una gran vita mondana” per ritirarsi lassù nella quiete fisica e spirituale, che, diceva mia madre, “fa
sempre bene all’anima e al corpo”. Un altro figlio, Marco, era rimasto, invece, a
Roma, battagliero politico e uomo di mondo. Andava avanti e indietro a Parigi!
Era diventato, poi, tra la fine del secolo e i primi anni del ‘900 consigliere comunale di Roma con il famoso e benemerito sindaco Nathan. Era Giudìo, ma un
gran signore e brav’uomo, meglio di cento cristiani.
Mia madre era nata a Grottaferrata perché suo padre, Giulio Del Frate, medico
del Grand Hotel e dell’Hotel Excelsior (allora sorti), era un mazziniano ravennate senza troppi “peli sulla lingua”. Il suo motto preferito era: “I preti? Uno per
lampione!”. Lo strano era che era cugino del famoso generale Baldissera, “quello
che non si fidò di quella faccia nera” e salvò l’esercito dopo Adua. Un suo pappagallo, lasciatogli da un amico che aveva dovuto fuggire in Sud America, faceva
i pernacchi e fischiettava l’inno di Garibaldi ogni volta che per il Corso si affacciava “la reale”, cioè la passeggiata in carrozza che faceva la Regina Margherita.
Abitava a Palazzo Doria, perché aveva sposato “Il diavolo e l’acqua santa”, Silvia
Tacchi Venturi, figlia del notaio, amministratore dei Principi Doria Pamphili.
Con il nome e la posizione ufficiale del suocero, riusciva a cavarsela da grossi
guai per gli insulti di stile mazziniano del suo pappagallo.
Il fratello di nonna Silvia, Pietro Tacchi Venturi, era allora all’inizio della sua
carriera con la Compagnia di Gesù, di cui sarebbe divenuto storico ufficiale, e già
aveva incominciato a raccogliere il materiale per la sua fondamentale (e monu28 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Il mio Yemen (1955 - 1968)
mentale) Storia delle Religioni. Molto più tardi fu lui che ebbe dal Papa l’incarico
di avviare, in gran segreto, le prime trattative per il Concordato. Le portò avanti con tanto successo che subì un grave attentato, nel suo studio alla Chiesa del
Gesù, da parte di un anarchico che evidentemente non ammetteva un accordo del
genere fra Stato e Chiesa.
“Confessore di Mussolini, io?! Ma come si può pensare una bestialità simile! Quello è un ateo convinto! Ogni tanto fa la scena per ragioni che sa lui”, mi disse una
volta, in pieno fascismo.
Il nonno mazziniano era anche un gran bell’uomo.
Tra politica e gelosia si formò in qualche anno una miscela esplosiva che consigliò
nonno Giulio a ritirarsi in esilio, per qualche tempo a Grottaferrata, ove divenne
medico condotto. Fu così che mia madre era nata lì, nel 1881.
Nonno Giulio non si occupò più di politica. Si limitava ad andare qualche volta a
giocare a tressette (di cui come tutti i rmagnoli era un forte giocatore) con i briganti che ancora infestavano i boschi circostanti. Era un “brigantaggio politico”,
diceva il nonno, e come mazziniano radicale ci si trovava bene: li catechizzava a
non far del male ai poveretti, a distribuire il loro bottino ai più bisognosi, etc.,
secondo lo spirito del “Passator cortese”. Per non avere guai con i questurini si
faceva bendare, quando andavano a prenderlo per il tressette, come se fosse stato
prelevato di forza.
In un lampo questi ricordi di Grottaferrata mi passarono per la mente, mentre il
corteo imamiale correva all’impazzata, a sirene spiegate, verso Villa Florio.
La Villa, completamente requisita per la circostanza, era di gran lusso, con parco
privato, piscina, restaurant e bar. Il piano terra era tutto una serie di sale molto
ben arredate, con pianoforte a coda, piccola pista da ballo, etc. Al primo piano
erano le camere da letto: anche queste arredate lussuosamente, ognuna con un
lussuoso bagno. Ma l’insieme era ssolutamente insufficiente ad ospitare quella
settantina e più di persone che formavano il seguito imamiale.
Finì che noi medici e le tre graziose infermiere reclutate per la circostanza, ci
sistemammo nelle poltrone e nei divani. Il bar era a nostra completa disposizione.
La compagnia era piacevole. Dormicchammo in attesa di chiamate imamiali che
non vennero.
La mattina seguente, ovviamente, sollevammo la questione con i rappresentanti
della Farnesina addetti a quel servizio. Dopo tre giorni, infine, ci fu dapprima il
programmato consulto a largo raggio e poi la sistemazione di S. M. nella Clinica
Margherita, a via di Villa Massimo, vicino a Piazza Bologna, di cui fu requisito un
intero piano. La proprietaria di Villa Florio, proprietaria anche dell’Hotel Hassler,
a Trinità dei Monti - l’albergo più raffinato di Roma - era venuta a trovarci, la prima sera, fortemente shockata.
“Stanno infilando nei muri dei grossi chiodi da muratori! Ma perché? Sono pazzi?
Mi massacrano l’intonaco!”
“No, signora, lo fanno per poterci appendere sopra, a modo loro, i loro turbanti.
Ma stia tranquilla che ogni buco sul muro è un danno che le sarà profumatamente
rimborsato dai signori el Jabali e el Wagi”.
E così fu, infatti.
29 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Il mio Yemen (1955 - 1968) Massimo Mancioli
In una Clinica eravamo riusciti a portarlo, ma come controllare l’Imam in modo
che non ricevesse, dalle sue donne, qualche fialetta di nascosto? E d’altra parte,
come program- mare una disintossicazione efficace senza sapere la verità su quello
che il malato faceva? A un certo punto ci venne l’idea di approfittare di una piccola
punta d’ernia dell’Imam, operarlo e con questo trasferirlo in una saletta di rianimazione che fosse preclusa alle sue donne. Niente da fare! Alla Farnesina dissero
che era pazzesco pensare di agire in modo da togliere al Re la sua volontà, anche se
ciò veniva fatto solo ed esclusivamente per il suo bene.
E allora?
Con Gozzano e Reda le studiavamo tutte, nei minimi particolari, per impedire i
rifornimenti clandestini, ma questi, sia pure molto ridotti - visti i risultati ottenuti
- non potevano certo dirsi del tutto cessati.
La vita a Villa Margherita trascorreva abbastanza tranquilla e ordinata. Molte
donne erano state smistate in altre Cliniche romane per curare piccoli disturbi e
in un albergo requisito a Fregene. Mia moglie e mia figlia erano arrivate a Roma
ed erano con mia madre nella casa che avevo a via Tacchini oppure a Lacco Ameno, nell’isola d’Ischia, da mia suocera. Anche Yvette venne a Roma e con Andrey
passammo alcune ore piacevoli assieme. Una sera andammo a cenare all’Hostaria
dell’Orso, allora il top dei locali romani. El Jabali mi aveva dato una 1100 con cui
potevo girare nelle varie cliniche per seguire le donne reali smistate colà: nelle ore
libere la macchina era solo per me.
Un pomeriggio in cui ero di servizio (ci eravamo divisi il lavoro in modo da assicurare all’Imam un’assistenza continua 24 ore su 24), S. M. mi fece chiamare. Era
semisdraiato a terra su un grande permaflex ricperto di plaids (aveva fatto eliminare il letto regolare). “Caro Barafassur, telefoni al Papa. Io ho pregato e prego per
Lui, per la sua salute.
Desidererei che pure Lui pregasse per me. Sono a Roma, questo è il Suo Alto Regno”. Più che dire Tamàam, tamàam (Bene, bene!) non potevo.
“Ma come caspita si farà a telefonare al Papa?” mi chiedevo sconcertato per quella
inattesa richiesta.
Andai da una suora della Clinica per avere lumi in proposito: ne sapeva quanto me.
Mi accompagnò dalla Madre Superiora: anche lei era spiazzata.
“Bè - dissi - proviamo a vedere l’elenco del telefono”. Cercai e trovai: Città del Vaticano, centralino.
Telefonai spiegando chi ero, quale era la mia funzione, da dove telefonavo. Aggiunsi anche che non ero un pazzo e non facevo scherzi. Mi fu risposto con tutta calma
che sarei stato richiamato entro mezz’ora.
Puntualmente dopo trenta minuti fui chiamato al telefono.
“Parla la Città del Vaticano. Il suo messaggio è stato portato a conoscenza del S.
Padre che ha molto gradito quanto S. M. l’Imam Ahmed ha voluto trasmettergli. Il
S. Padre assicura S. M. che ha pregato e pregherà per lui e gli augura un pronto ristabilimento”. Rimasi sbalordito dall’efficienza e dalla organizazione del Vaticano.
Andai subito a riferire all’Imam, felice e contento di aver portato a termine così
rapidamente una missione che sembrava in partenza quasi disperata.
30 La Rassegna d'Ischia 2/1993
31 La Rassegna d'Ischia 2/1993
È davvero l'esperanto la lingua del 2000?
Mario Testa
L'evoluzione
delle lingue
Chi avrebbe mai preveduto, nell'età
repubblicana e imperiale di Roma,
la rapida decadenza della "comune
patria", luce di tutte le genti? L'Urbs,
infatti, con le guerre sannitiche prima e poi con le guerre puniche e
macedoniche, era pervenuta a mirabili traguardi. Contribuivano alla
fede nell'eternità dell'Impero le leggi, gli eserciti, i monumenti e la lingua; ma Roma fu dilaniata, già nel
secolo V, da profondi rivolgimenti.
La crisi politica, militare, economica, morale e demografica aveva ormai logorato l'intero Occidente: con
i facili successi del rozzo Odoacre,
capo degli Eruli, e con la deposizione di Romolo Augustolo, figlio del
goto Oreste, avvenne il maggiore dei
crolli ricordati nella storia.
Si corruppe e si frantumò anche la
prodigiosa lingua latina: e proprio
dei molteplici fenomeni linguistici,
dalle origini ad oggi, le nostre brevi note si propongono di esplicare
la lenta trasformazione e i procesi
evolutivi.
Ai complessi quesiti sulle fasi progressive dell'umano linguaggio,
nato da asociazioni fra il gesto e
la voce, e sui primi elementi della
lingua originaria non possiamo rispondere, perché tutte le soluzioni proposte per le origini della vita
e dell'uomo sono frutto di ipotesi.
Sull'unità preistorica e sulla serie di
schemi e di sviluppi dell'indoeuropeo comune, dal quale derivarono
quindici gruppi di lingue, differiscono le teorie: dell'antichissima lingua
madre, il cui centro di propulsione
fu quasi certamente l'Eurasia settentrionale, mancano i documenti, e
32 La Rassegna d'Ischia 2/1993
di nion pochi gruppi derivati (come
l'ittito, la cui letteratura risale a due
millenni prima di Cristo, e il celtico,
privo sempre di letteratura) il grado
di conoscenza non è sufficiente (1). I
numerosi problemi che si pongono
sui rapporti fra lingua e genti sono
connessi, inoltre, alle dispute sulle
razze e sulle loro migrazioni: con
quale gruppo preistorico s'identifica il protopopolo e da quale sede
si mosse per disporsi nelle zone
fra l'India e l'Europa? Rimangono
discordi le risposte degli studiosi.
Esiste, in ogni modo, un tipo linguistico indogermanico o indoeuropeo
(sono i termini ricorrenti nella letteratura scientifica; oggi i linguisti
preferiscono l'aggettivo arioeuropeo), ma certo non esiste una stirpe
o una razza indoeuropea.
I popoli di origine aria stanziatisi
in Italia nell'età preistorica e noti
perciò con il nome di Italici penetrarono nel nostro paese in tempi
diversi: intorno al 2500 a. C. i Protolatini o Latino-Siculi, detti inumatori per i tipici riti funebri, e verso
il 1000 circa gli Umbro-Sabelli od
Osco-Umbri, detti incineratori pe
rla loro consuetudine di bruciare i
corpi dei morti e di conservarne le
ceneri. Delle numerose tribù di Protolatini furono più notevoli i Latini,
fermatisi nelle zone collinari vicine
al basso Tevere e molto compatti, e
i Siculo-Sicani, stabilitisi in Sicilia. I
gruppi degli Umbro-Sabelli, a nord
dei Protolatini nell'età del ferro, occuparono poi le regioni dell'Italia
centrale e meridionale (nella Campania, nell'Apulia e nella Lucanica
si stanziarono gli Osci o Sabelli); e
senza l'opposizione del popolo etrusco, più forte e civile - sembra che
non fosse di origine aria - avrebbero
soprafatto le tribù dei primi Italici.
Altre popolazioni si fermarono in
Italia tra il X e VI sec. a. C.: nell isole
maggiori gl'intraprendenti Fenici,
sulle coste tirreniche e ioniche i coloni della Grecia, nella fertile pianura padana i temibili Celti.
Polimorfo, dunque, appare il quadro linguistico della nostra penisola in epoca storica. Ma rispetto alle
varietà dialettali, a noi poco note,
dell'osco-umbro (testimoniate solo
da documenti epigrafici e dalle famose Tabulae Iguvinae, scoperte
nel 1444 a Gubbio), maggiore fu l'unità dei dialetti latini, i quali, dopo
lunghe e incerte fasi di mistilinguismo, prevalsero e confluirono nella lingua di Roma. Feconda via di
scambio fu nella Campania la colonia greca di Cuma: e le recenti ricerche sul patrimonio arcaico lessicale
confermano la vitalità di non pochi
vocaboli assunti in vario modo dalla
tradizione latina. Uno dei caratteri
della lingua romana rimase, tuttavia, il rispetto costante delle forme
originarie indoeuropee (2).
Alla fase latina dei secoli prima di
Cristo, quando venne a costituirsi la
ricca ed omogenea lingua ufficiale,
seguì la romana (I-V sec. d. C.9, che
fu contraddistinta dalla vasta diffusione, in ogni provincia, del "sermo
vulgaris", ovviamente diverso dalla
lingua cristallina codificata nei classici. Una serie complessa di innovazioni - caduta di sillabe e livellamento di casi, esiti diversi di vocali
lunghe e brevi, forme sintattiche e
verbali meno rigide - si sovrappose
alle norme letterarie e grammaticali: e quando nei secoli delle invasioni
barbariche e dell'anarchia feudale la
tradizione unitaria imperiale favorì
l'universalitàdella Chiesa cattolica,
l'intima forza della lingua latina si
espresse nello sviluppo delle parla-
te romanze. Si può bene affermare,
insomma, che in ogni segno o parola rivive l'intera storia degli uomini
e delle cose: la magia della scrittura
annulla il tempo (l'audace Cadmo,
fondatore di Tebe, che introdusse
nella Grecia l'alfabeto fenicio, fu
perciò divinizzato) e la mobilità della voce consente mutamenti ed innovazioni.
Profonde le differenze - dovute
all'azione dei particolari "sostrati",
cioè delle condizioni prelatine di
lingua - nell'autonoma reealtà degli
idiomi romanzi, ma identici i processi di lenta gestazioner e i legami
lessicali. Anmche se tradussero la
coscienza e le forme delle nuove società nazionali in Europa, le lingue
romanze sorsero sui valori del mondo latino e ne difesero il patrimonio.
Accanto all'italiano la parlata neolatina più fedele alla tradizione, e
quindi meno corrosa dai sostrati, fu
lo spagnuolo. Emerse nella lingua
della penisola iberica uno schietto
carattere aristocratico e conservatore (da fabulare: fablar - hablar; da
cogitare: cuidar; da petere: pedir;
da percontari: preguntar; da formosus: hermoso; da metus: miedo;
da numquam: nunca): e le tendenze caratteristiche - come la caduta
della f iniziale, le vocali dittongate
e la costante lenizione della t e della c in posizione intervocalica - non
sono che deboli tracce dei sostrati.
Un'impronta singolare, evidente
nella tendenza ai suoni palatali (da
gamba: jambe; da camera: chambre;
da cantare: chanter), fu invece data
al francese - i cui primi documenti,
i Serments di Strasburgo, risalgono
all'anno 842 - dal cosiddetto "sostrato celtico", peraltro comune alla
lingua spagnuola (da multum: mucho; da octo: ocho).
Il proceso di trasformazione della
lingua latina non fu diverso in Italia: e infine determinò la caduta di
sillabe e di vocali atone intermedie
(da facere: fare; da domina: donna;
da nitidus: netto), la geminazione e
l'assimilazione delle consonanti (da
33 La Rassegna d'Ischia 2/1993
brutus: brutto; da delictum: delitto;
da septem: sette), la perdita della
quantità (luna - luna) e perciò delle desinenze, l'eliminazione del genere neutro e dei verbi deponenti,
la formazione del condizionale (da
amarem, imperfetto congiuntivo:
amerei) e la piena prevalenza del
participio passato, che poté costituire con l'aiuto degli ausiliari, la flessione dei tempi composti (laudatum
habeo: ho lodato) e l'intera coniugazione della forma pasiva (laudatus
sum: sono lodato; laudatus fui: fui
lodato).
Le prime espressioni letterarie romanze furono gli undici componimenti, in lingua provenzale, del nobile trovatore Guglielmo di Poitiers
(1071-1127), la Chanson de Roland
(sec. XI), in 4002 decasillabi riuniti in "laisses", e il Poema de mio
Cid (sec. XII), in 3735 versi divisi in
tre "cantares". L'uso letterario del
volgare italiano, i cui mezzi espressivi differivano molto da regione a
regione, appare documentato nel
secolo XIII: e non occorre elencare - sono ben conosciute - le complesse vicende politiche e sociali
del niostro paese, giunto in ritardo
all'unità nazionale, e le fasi delle dispute sulla lingua de "sì" (la prima
grammatica sistematica fu quella di
Pietro Bembo nel 1525; e nelle sue
quattro edizioni, dal 1612 al 1738, il
"Vocabolario degli Accademici della
Crusca" codificò le tesi arcaizzanti
bembesche) fino alle soluzioni proposte dal manzoni e al "Novo Vocabolario della lingua italiana secondo
l'uso di Firenze" (1897) compilato
dal ministro della pubblica istruzione Emilio Broglio.
E' opportuno, invece, rilevare che,
a distanza di un secolo dall'unità politica, non risulta compoiuta l'unificazione linguistica del Nord e del
Sud, né superata l'antica divergenza
tra lingua e dialetti. Certo, il dilemma "fiorentino di Crusca o italiano
comune?" ha perduto valore e non
esiste in pratica una questione della
lingua; ma della nostra grammatica
non poche sono le regole oscillanti
o controverse, se ne cambiano, purtroppo, le condizioni di apprendimento nelle diverse regioni.
Sono male applicate - anzi molti
le ignorano - le norme dell'apocope
(il cui segno è l'apostrofo: va', imperativo, da vai; mo' da modo - po'
da poco) e dei dittonghi mobili ieuo (dièci - decina; suòno - sonare);
non sono ben definite le norme per
il plurale dei nomi maschili che terminano in a (il poema . i poemi; il
vaglia - i vaglia), degli aggettivi e
dei nomi in co e go (quali i plurali
di antropofago, di chirurgo, di stomaco?), dei nomi in cia e gia (la
provincia - le province; la ciliegia
- le ciliegie;) e dei nomi composti.
L'uso degli articoli il - lo davanti ai
nomi comincianti per gruppi consonantici (il psicologo - lo psicologo)
e della particella pronominale gli
(adoperata senza alcuna distinzione
tra maschile-femminile e singolareplurale: io gli dissi non è più l'equivalente esclusivo di dissi a lui) tende
a differire dalle regole codificate;
e ancora si discute sulle norme di
concordanza del participio passato
(con i verbi riflessivi apparenti, per
esempio, si deve preferire l'accordo del participio con il soggetto - Il
giovane si è raso la barba - o con il
complemento oggetto - Il giovane si
è rasa la barba - ?).
Per i non Toscani è difficile distinguere il suono chiuso e aperto delle
vocali e-o (pésca - pèsca: ma ballétto
o ballètto? - tórta o tòrta? - giórno
o giòrno?) e il suono sordo e sonoro delle consonanti s - z (asino: a/
sino; isola: i.sola; zappa: tzappa;
zero:dzero): e l'esatta pronunzia richiede la soluzione per l'esatta scrittura. Nella nostra liungua, infatti,
manca un sistema unico di accenti
grafici. La vocale tonica, di regola,
non si indica e, se occorre l'accento,
si usa con arbitrio l'acuto o il grave.
Goisuè Carducci propose di usare
- ma non ebbe vasti consensi - l'accento acuto per le vocali i, u, che
sono sempre chiuse, l'accento grave
per la vocale a, che è sempre aperta, e l'acuto o il grave, secondo necessità, per le vocali e,o. Si adopera
oggi un sistema più facile: l'accento
acuto per le vocali chiuse e, o e sempre l'accento grave negli altri casi,
vale a dire per a, i, u e per le vocali
aperte e, o (ma l'obbligo dell'accento
è limitato alle ossitone e i dubbi di
pronunzia per le parole sdrucciole
oppure piane non si risolvono).
In Italia, inoltre, irrompono da
tempo le parole straniere; negli altri
Stati diminuisce, invece, la diffusione dell'italiano. Intanto si rileva, con
insistenza maggiore, la necessità
per l'Europa di una lingua comune.
Oggi le lingue parlate sulla terra
dai vari popoli sono circa tremila: e
proprio l'Europa attesta un ampio
mosaico di dialetti e di idiomi, profondamente diversi per le origini e
per la storia. Il settore occidentale è
tutto dominato dalle lingue romanze (però nella regione pirenaica restano isolati i parlari indigeni baschi
e nei Cantoni svizzeri coesistono
differenti forme espressive; un'insolita forza di penetrazione ha rivelato
l'inglese, presto divenuto strumento di colonizzazione, diversamente
dall'irlandese, poco duttile e circoscritto); in una vasta zona del settore settentrionale prevale il gruppo
di lingue scandinave e nell'Europa
orientale il gruppo di lingue slave
(ma alcune regrediscono ed altre,
come il russo, hanno forza espansiva); e non è compito facile seguire i
processi della "mistione linguistica"
nella penisola dei balcani (dove una
lingua molto giovane è l'albanese).
In tanta varietà di tradizioni lessicali è possibile prevedere mutamenti e rapporti? o forse prevarranno
le lingue artificiali - sono già più di
cento - ideate dai singolo o dalle comunità?
Solo una lingua neutra internazionale ed esatta, presto assimilabile
e senza difficoltà di lettura e di accenti, con un lessico di base ricavato
da radici di origine slava, neolatina,
e germanica, è in grado di eliminare l'incomprensione e le guerre tra
i popoli: sosteneva nel 1887 il medico polacco Ludovico Lazzaro Zamenhof, inventore dell'esperanto.
Underwood - Olivetti
Registratori di cassa
Elaboratori - Macchine per ufficio
Assistenza tecnica
Di questa lingua della speranza il
primo Congresso annuale fu indetto
presso Parigi, a Boulogne-sur-Mer,
nel 1905; e i molti cultori, associati
in ogni Paese, curano già da tempo
l'edizione di periodici e di testi letterari.
L'alfabeto dell'esperanto comprende ventotto lettere, i cui suoni non
differiscono dai segni relativi. Radici essenziali formano le parole,
l'uso razionale di prefissi e suffissi
ne consente l'espansione e le diverse funzioni; l'accento cade sempre
sulla penultima sillaba e sono fisse
le desinenze. L'apparato grammaticale, costituito da sedici norme
generali, non ammette eccezioni e
verbi irregolari; bastano alle coniugazioni i tre temopi del presente, del
passato e del futuro. Trenta lezioni
di un'ora sono più che sufficienti per
lo studio globale.
E' davvero l'esperanto la lingua del
duemila, come affermano in ogni
parte del mondo gli entusiasti seguaci di L. L. Zamenhof?
Mario Testa
Lacco Ufficio 2000
Pozzuoli via Reginella 6 - Tel. 854.10.78
34 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Lacco Ameno - Via IV novembre- Tel. 99.41.87
La Rassegna d'Ischia
Indice degli articoli 1992
per autori e per materie
Autori
Adamczyk Aiello, Alina Adamczyk Aiello, Alina Vincenzo Funiciello Aceto, arcobaleno // di Erri De Luca Arte n. 3/1992 p. 21
Libri n. 8 /1992 p. 47
Alessio, F. Augusto Perez Il cavaliere del deserto Scultura n. 3/1992 p. 30
Alparone, Giuseppe La II Repubblica spagnola / Il biennio rosso Storia n. 2/1992 p. 21
Alparone, Giuseppe Dipinti dal XVI a XVIII s. nelle chiese di Ischia di Elena Persico Rolando
Libri n. 2/1992 p. 39
Alparone, Giuseppe La scomparsa del dott. Pierluigi Mazzella Persone n. 4/1992 p. 4
Alparone, Giuseppe La II Rep. spagnola / L'ottobre rosso Storia n. 4/1992 p. 48
Alparone, Giuseppe La II Rep. spagnola / Lo scoppio della guerra civile Storia n. 4/1992 p. 50
Alparone, Giuseppe La II Rep. spagnola / Il Frente Populàr Storia n. 4/1992 p. 4
Alparone, Giuseppe La II Rep. spagnola / Le forze in campo nella guerra Storia n. 7/1992 p. 31
Alparone, Giuseppe La II Rep. spagnola / 4 destini tragici Storia n. 8/1992 p. 37
Amalfitano, Giuseppe Amalfitano, Giuseppe Amalfitano, Giuseppe Amalfitano, Giuseppe Amalfitano, Giuseppe Amalfitano, Giuseppe Obiettivo sport Squadra per squadra tutta la C1 /gir. B L'Ischia è fuori dalla Coppa Italia schia, futuro a rischio Squadra per squadra tutta la C1 girone B E' iniziata per l'Ischia un'altra avventura in C1 Sport n. 1/1992 p. 2
Sport 1/1992 p. 17
Sport 3/1992 p. 8
Sport n. 5/1992 p. 13
Sport n. 5/1992 p. 14
Sport n. 7/1992 p. 42
Amodio, Amedeo Casamicciola: verso la rinascita dello sport Sport n. /1992 p. 10
Arcamone, A. Roberto Azzarita, Antonella Bonacchi, Isa La ginnastica medica Sport n. 3/1992 p. 9
V. Funiciello / Addobbava chiese, dipinge con le stoffe (da Nazione Sera del 13/9/61) R. Stampa n. 3/1992 p. 22
Acqua azzurra, acqua calda (da DOVE n. 1 /93) R. Stampa n. 9/1992 p. 7
Calamai, Alessandro Il senso dei giorni di M. Testa nell'analisi critica di Arturo Esposito
Libri n. 4/1992 p. 19
Castagna, Giovanni L'istruzione pubblica nel comune di Casamicciola dal 1806 al 1877
Dossier n. 9/1992 p. 8
Castagna, Raffaele Calcio - Il passato: 1959/60 - 1960/61 Sport n. 1/1992 p. 14
Castagna, Raffaele Motivi
Editoriale n. 3/1992 p. 5
Castagna, Raffaele Lacco A. / Verso lo scioglimento del Consiglio comunale Politica n. 3/1992 p. 6
Castagna, Raffaele La Repubblica partenopea di Vincenzo Cuomo Libri n. 3/1992 p. 46
Castagna, Raffaele Motivi Editoriale n. 4/1992 p. 5
Castagna, Raffaele Oltre... Thermalia Termalismo n. 5/1992 p. 6
Castagna, Raffaele Motivi Editoriale n. 5/1992 p. 49
Castagna, Raffaele Motivi Editoriale n. 6/1992 p. 5
Castagna, Raffaele
Le tavolette votive alle Ninfe Nitrodi Motivi Un andamento positivo per l'Ischia Dossier n. 6/1992 p. 18
35 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Castagna, Raffaele Motivi Editoriale n. 9/1992 p. 3
Ciomar Un andamento positivo per l’Ischia Sport n. 1/1992 p. 3
Conti, Mario Isole II di A. Deanna Meucci Libri n. 7/1992 p. 35
Coppola, Cecilia Florenzia Favole n. 2/1992 p. 19
Coppola, Cecilia Gianni Visentin e la Riconciliazione Scultura n. 3/1992 p. 37
Coppola, Cecilia Padre Fiorenzo Mastroianni Persone n. 3/1992 p. 43
Coppola, Cecilia A M. Iaccarino il premio Foyer des Artistes Premi n. 3/1992 p. 49
Coppola, Cecilia Astarita Angelina: una poetessa, un'anima Poesia n. 3/1992 p. 49
Coppola, Cecilia Il messaggio musicale di Paolo Scibilia Musica n. 4/1992 p. 53
Coppola, Cecilia La "Compagnia" di Ciro Ferrigno Teatro n. 7/1992 p. 36
Coppola, Cecilia Lidia Cottone // tempo spazio e pensiero Scultura n. 8/1992 p. 41
Coppola, Cecilia La ceramica di Titti Andalò Iaccarino Ceramica n. 8/1992 p. 50
Cuomo, Antonino Il mare / di Cecilia Coppola e Giuseppe Coppola Libri n. 2/1992 p. 41
Cuomo, Vincenzo La riforma cluniacense arriva a San Pietro
Storia n. 2/1992 p. 33
Cuomo, Vincenzo I Normanni e le prime affermazioni in Occidente
Storia n. 3/1992 p. 39
Cuomo, Vincenzo Il mondo feudale
Storia n. 5/1992 p. 38
Cuomo, Vincenzo Viaggio intorno al mondo di P. De Orsi di Debora Naimo Libri n. 5/1992 p. 48
Cuomo, Vincenzo Cluny: centro di rinascita della spiritualità cristiana Storia n. 6/1992 p. 14
Cuomo, Vincenzo In difesa del Medioevo
Storia n. 8/1992 p. 39
Cuomo Vincenzo Ciò Ciò la busta di plastica / di Cecilia Coppola
Favole n. 8/1992 p. 45
Cuomo, Vincenzo Pubblicati i lavori giovanili di P. De Orsi Libri n. 8/1992 p. 48
D'Altavilla, Cesare Messaggio annuale per il capodanno 1993 Messaggio n. 9/1992 p. 37
D'Amico Tilena, Lucia I pescatori Folklore n. 7/1992 p. 9
De Caro, Stefano Per l'archeologia di Pitecusa Archeologia n. 7/1992 p. 3
De Palma Garise, Antonina G. de Ribera // Un grande afflato religioso Arten. 4/1992 p. 42
De Rossi, Mario Bridge: Il II Festival Internazionale d'Ischia
(da"Bridge d'Italia" n. 10/92)
R. Stampa n. 8/1992 p. 46
De Siano, Francesco
L'iscrizione greca (perduta) di Lacco A.
Testimonianze 3/1992 p. 25
De Vico, Alberto La Repubblica partenopea / di Vincenzo Cuomo
Libri n. 5/1992 p. 46
Di Castro, Tullia Il termalismo
Termalismo n. 2/1992 p. 7
Di Lustro, Agostino Il parroco Giuseppe Morgera
Persone n. 3/1992 p. 11
Di Lustro, Agostino Giuseppe Morgera e Nicola Contieri arcivescovo di Gaeta Persone n. 8/1992 p. 10
Di Majo, Pierluigi Le radici di Napoli Storia n. 2/1992 p. 13
Di Majo. Pierluigi Immagini di Bernard Lesaing Mostre n. 4/1992 p. 12
Esposito, Arturo Sulla poesia di Ninnj Di Stefano Busa Poesia n. 9/1992 p. 37
Ferrucci, Ferruccio La "antologica" di Antonio Canova Mostre n. 7/1992 p. 34
Ferrucci, Ferruccio Le grandi mostre di Ferrara Mostre n. 9/1992 p. 6
Fiorilli, Carlo
Ischia nel mito, nelle leggende, nella storia Testimonianze /1992 p. 22
Fonseca, Ferdinando Geologia dell'isola d'Ischia
Testimonianze 9/1992 p. 38
Iacovazzi, Carla Il Lacco Ameno in I cat. dilettanti
Sport n. 1/1992 p. 21
Lodi, Mario Il mondo creato dai bambini // di M. Rita Parsi
Libri n. 8/1992 p. 52
Longobardo, Michele M. Mazzella / Affinità e dissonanze
Mostre n. 2/1992 p. 47
Mancioli, Massimo Il mio Yemen (1955 - 1968) - I Dossier n. 4/1992 p. 21
Mancioli, Massimo Il patrimonio idrotermale dell'isola d'Ischia Termalismo n. 5/1992 p. 7
Mancioli, Massimo Il mio Yemen (1955-1968) - II parte Dossier n. 5/1992 p. 19
Mancioli, Massimo Il mio Yemen (1955-1968) - III parte Dossier n. 7/1992 p. 15
Mancioli, Massimo
Il mio Yemen (1955-1968) - IV parte Dossier n. 8/1992 p. 21
Mancioli, Massimo Il mio Yemen (1955-1968) - V parte Dossier n. 9/1992 p. 21
Manta, Gianni Interviste Sport n. 1/1992 p. 5
Manta, Gianni I giocatori // uno per uno Sport n. l/1992p. 11
Martini Conti, Eugenia Storta di tre rondinini Favole n. 4/1992 p. 45
Martino, Nazario Storia di una visita al Parlamento Europeo Notiziario n. 6/1992 p. 41
Mastrogiacomo, Ettore Le poesie di Maria Teresa Epifani Poesia n. 5/1992 p. 47
Mastrogiacomo, Ettore Il mestiere di vivere / Poesie di A. Santillo Libri n. 7/1992 p. 36
36 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Mazzoleni, Danilo Lucerne, murature, anfore emergono dai "secoli bui"
(da "L'Osservatore Romano" 1.3.92)
Rass stampa n. 3/1992 p. 29
Mennella, Vincenzo Don Pietro Monti: l'archeologo e lo storico Persone n. 6/1992 p. 6
Mirenghi, Mario Sapore di Napoli Folklore n. 2/1992 p. 20
Mirenghi, Mario Posillipo. l'ultima dimora di G. Leopardi Cultura n. 7/1992 p. 38
Monti, Pietro Ricordo di Suor Gigliola Persone n. 2/1992 p. 9
Monti, Pietro Il V centenario della scoperta dell'America Argomenti n. 5/1992 p. 35
Monti, Pietro Gli Scavi di S. Restituta di Lacco Ameno Archeologia n. 8/1992 p. 6
Mori, Monica Antonio Macrì Mostre n. 6/1992 p. 10
Mori, Monica Giovanni Maranghi Mostre n. 7/1992 p. 40
Mori, Monica Anna Antonietta Monti Mostre n. 8/1992 p. 51
Mottola, Anna Toga sommersa di Domenico Marafioti Libri n. 2/1992 p. 45
Mottola, Anna Napoli di Giuliana Gargiulo - Libri n. 4/1992 p. 18
Mottola, Anna Il muro del pianto di Giovanna Scarsi Mostre n. 2/1992 p. 28
Negro, Carmine L'esercizio del disegno / I Vanvitelli
Negro, Carmine Otto domande a G. M. Jacobitti, soprintendente BB. AA. SS. di Caserta e Benevento
Archeologia n. 2/1992 p. 31
Negro, Carmine Vivara centro commerciale mediterraneo dell'età del bronzo Ambiente n. 3/1992 p. 15
Negro, Carmine Vivara, le pietre raccontano...
Ambiente n. 3/1992 p. 16
Negro, Carmine L'Avventura dell'unità di Franca Zambonini
Libri n. 3/1992 p. 47
Negro, Carmine Jusepe dei Ribera
Mostre n. 4/1992 p. 40
Negro, Carmine Da Ienco Elpidio e Elpidio Jenco
Poesia n. 6/1992 p. 11
Negro, Carmine Tombe Sannite tra le fondamenta del Palazzo Reale di Caserta Archeologia n. 8/1992 p. 14
Negro, Carmine I Sanniti
Storia n. 8/1992 p. 17
Penza, Aniello Forio/ Il Cierco ieri e oggi I racconti di Carla Pesciatini Storia n. 2/1992 p. 11
Pesciatini, Carla I racconti di Carla PesciatiniNarrativa n. 6/1992 p. 31
Petrìoli Giorgi, Emiliana Cenni sulle prime manifestazioni del sentimento religioso Religione n. 9/1992 p. 17
Pujade, Robert B. Lesaing / Connaissance d'Ischia
Librin. 4/1992 p. 14
Rossi, Antonietta Da Ienco Elpidio a Elpidio Jenco
Poesia n. 6/1992 p. 11
Rossi, Antonietta Tombe Sannite tra le fondamenta del Palazzo Reale di Caserta Archeologia n. 8/1992 p. 14
Scandiuzzi, Elina Un canto alla solitudine
Poesie n. 2/1992 p. 43
Sica Di Leo, Lilli Dipinti per le Storie di Amore e Psiche di Fedele Fischietti Arten. 4/1992 p. 37
Sica Di Leo, Lilli Marano di Napoli nelle antiche immagini al tempo dei Borboni Ceramica n. 8/1992 p. 42
Spano, Ferdinando Il pathos nell'arte di Gabriella Pucciarelli Scultura n. 2/1992 p. 43
Spano, Ferdinando Mariano Izzo / l'arte di rinnovarsi per stupire
Arte n. 2/1992 p. 44
Spano, Ferdinando L'armonia del contrasti nel mondo pittorico di Gaetano Di Riso Arte n. 3/1992 p. 37
Spano, Ferdinando M. Guida, magico flore di Vico Equense Sport n. 5/1992 p. 17
Testa, Mario Il mito di Don Giovanni Riso Cultura n. 7/1992 p. 11
Torre, Federico Il Premio Luigi Prete 1992 Notiziario n. 5/1992 p. 47
Vidiri Varano, Carla Intervista a Dario Bellezza Poesia n. 2/1992 p. 16
Vidiri Varano, Carla Toga sommersa di Domenico Marafioti Libri n. 3/1992 p. 48
Vidiri Varano, Carla l muro di pianto / di Giovanna Scarsi Libri n. 5/1992 p. 45
Vidiri Varano, Carla Il premio di poesia "Eugenio Montale" Premi n. 7/1992 p. 37
Zivelli, Pietro Paolo Un borgo per Aniellantonio Mascolo Mostre n. 4/1992 p. 8
Documenti e scritti bon firmati
Tagliatela nell'under 21 di B Forio / Barano / Fiaiano / V. Panza Giochi della Gioventù Pithecusa fuori dall'oblìo Tre domande al dott. S. De Caro Lacco Ameno: XXV ed. del Carnevale 37 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Sport n. 1/1992 p. 13
Sport n. 1/1992 p. 22
Sport n. 1/1992 p. 24
Archeologia n. 2/1992 p. 4
Archeologia n. 2/1992 p. 5
Notiziario n. 2/1992 p. 6
Concorso ASPERA di poesia Vivara / Gli scavi dal 1976 al 1982 Palazzo Grassi / Leonrado & Venezia Rinnovate le cariche sociali al C: C. Sadoul "La Se. M. St. "*P. Colosimo"" di Napoli" A. T. Prete ispettore onorario per i BB. CC. Mons. V. Scoti: 25 anni di attività pastorale Romanticismo europeo e traduzione Esposizione del manifesto turistico dei paesi euro-afro-asiatici L'Associazione Cypraea e il sogno Ad Enrico Monti il Premio Cultura 1991 per Aria di paese Premio naz. di poesia Ciro Coppola Padre Pio... sotto il peso della croce di Enrico Malatesta Premio Letterario "M. F. Iacono" XXXIII Concorso Verso il Duemila Concorso "Noi e gli altri" Sandra Bronz von Rohr a Verona Incontro sull'aria che respiriamo Comunicato CAFI (controllo qualità delle acque) Comunicato CAFI (miglioramento sistema fognario) Leonardo & Venezia Libri e Stampe antichi Commemorazione di Tommaso Cigliano Seminario naz. "La fruizione educativa delle piccole aree protette Premio lett. per ragazzi "Cassa di Risparmio di Cento" Il turismo italiano in Catalogna Vignale Danza 1992 Thermalia 1992 Il Premio Cypraea / La cultura del mare Convegno internaz. "Tommaso Cigliano" Le manifestazioni dell'Ass. Cypraea Omaggio a Gennaro Tescione A S. Campailla il premio N. Martoglio Una chiesa un quartiere // di Pierluigi Di Majo Don Chisciotte della Mancia /7 Autori vari Premio Ischia di giornalismo La nuova G. M. di Lacco Ameno / Documento programmatico di Il servo di Dio, Don Giuseppe Morgera // di Camillo D'Ambra Botteghe di pittura al tempo di Lorenzo il Magnifico 1993 Anno Europeo degli Anziani Premio Lettrario "M. F. Iacono" Premio di Poesia "Ciro Coppola" Tanta di luce meraviglia arcana //di Giovanni Fiorentino XXXIII Concorso Verso il Duemila Antologia bilingue (italiano-tedesco) XXX Concorso Aspera La crisi dello Stato liberale da Giolitti a Mussolini // di Palo Alatri L'ultima Napoli //di Ermanno Corsi Lacco Ameno / Appaltati i lavori per il Centro Culturale e il Museo Casamicciola / Approvato il progetto esecutivo del porto Premio Letterario "M. F. Iacono” Rassegna Terra Mare 38 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Concorsi n. 2/1992 p. 45
Libri n. 2/1992 p. 46
Mostre n. 2/1992 p. 46
Notiziario n. 3/1992 p. 4
Notiziario n. 3/1992 p. 4
Notiziario n. 3/1992 p. 4
Notiziario n. 3/1992 p. 4
Convegni n. 3/1992 p. 7
Notiziario n. 3/1992 p.
Notiziario n. 3/1992 p. 38
Premi n. 3/1992 p. 44
Concorsi n. 3/1992 p. 45
Librin. 3/1992 p. 48
Concorsi n. 3/1992 p. 50
Concorsi n. 3/1992 p. 50
Concorsi n. 3/1992 p. 50
Mostre n. 3/1992 p. 50
Notiziario n. 4/1992 p. 4
Notiziario n. 4/1992 p. 4
Notiziario n. 4/1992 p. 4
Mostre n. 4/1992 p. 17
Mostre n. 4/1992 p. 18
Convegni n. 4/1992 p. 53
Notiziario n. 4/1992 p. 54
Notiziario n. 4/1992 p. 54
Notiziario n. 4/1992 p. 54
Notiziario n. 4/1992 p. 54
Termalismo n. 5/1992 p. 4
Concorsi n. 5/1992 p. 42
Convegni n. 6/1992 p. 9
Notiziario n. 6/1992 p. 42
Notiziario n. 7/1992 p. 35
Premi n. 7/1992 p. 37
Libri n. 7/1992 p. 39
Mostre n. 7/1992 p. 41
Premi n. 7/1992 p. 41
Politica n. 8/1992 p. 4
Libri n. 8/1992 p. 13
Mostre n. 8/1992 p. 44
Notiziario n. 8/1992 p. 44
Premi n. 8/1992 p. 48
Premi n. 8/1992 p. 49
Libri n. 8/1992 p. 49
Premi n. 8/1992 p. 51
Notiziario n. 8/1992 p. 53
Premi n. 8/1992 p. 54
Libri n. 8/1992 p. 54
Libri n. 8/1992 p. 54
Notiziario n. 9/1992 p. 4
Notiziario n. 9/1992 p. 5
Premi n. 9/1992 p. 7
Notiziario ti. 9/1992 p. 54
Ambiente
Negro Carmine Vivara centro commerciale mediterraneo dell'età del bronzo
n. 3/1992 p. 15
Negro Carmine Vivara, le pietre raccontano... n. 3/1992 p. 16
Antiche Testimonianze De Siano Francesco L'iscrizione greca (perduta) di Lacco Ameno n. 3/1992 p. 25
Fiorilli Carlo Ischia nel mito, nelle leggende, nella storia
n. 2/1992 p. 22
Archeologia
De Caro StefanoPer l'archeologia di Pitecusa
n. 7/1992 p. 3
Mazzoleni Danilo Lucerne, murature, anfore emergono dai secoli bui
n. 3/1992 p. 29
Monti Pietro Gli Scavi di S. Restituta di Lacco Ameno n. 8/1992 p. 6
Negro Carmine / Antonietta Rossi Tombe Sannite tra le fondamenta del Palazzo Reale di Caserta n. 8/1992 p. 14
Pithecusa fuori dall'oblìo
n. 2/1992 p. 4
Tre domande al dott. S. De Caro
n. 2/1992 p. 5
Argomenti
Monti Pietro Il V centenario della scoperta dell'America
n. 5/1992 p. 35
Arte
Adamczyk Aiello Alina - Vincenzo Funiciello n. 3/1992 p. 21
Azzarita Antonella V. Funiciello / Addobbava chiese, dipinge con le stoffe n. 3/1992 p. 22
De Palma Garise Antonina - G. de Ribera // Un grande afflato religioso n. 4/1992 p. 42
Sica Di Leo LilliDipinti per le Storie di Amore e Psiche di Fedele Fischetti
n. 4/1992 p. 37
Spano Ferdinando
Mariano Izzo / l'arte di rinnovarsi per stupire
n. 2/1992 p. 44
Spano Ferdinando
G. Di Riso / L'armonia del contrasti nel mondo pittorico n. 3/1992 p. 37
Bridge
De Rossi Mario Il II Festival Internaz. d'Ischia n. 8/1992 p. 46
Ceramica
Coppola Cecilia La ceramica di Titti Andalò Iaccarino
n. 8/1992 p. 50
Sica Di Leo LilliMarano nelle antiche immagini al tempo dei Borboni n. 8/1992 p. 42
Comunicati Comunicato CAFI (miglioramento sistema fognario)
n. 4/1992 p. 4
Comunicato CAFI (controllo qualità delle acque) n. 4/1992 p. 4
Concors Concorso ASPERA di poesia
n. 2/1992 p. 45
Premio naz. di poesia Ciro Coppola
n. 3/1992 p. 45
Premio Letterario "M. F. Iacono"
n. 3/1992 p. 50
XXXIII Concorso Verso il Duemila
n. 3/1992 p. 50
Concorso "Noi e gli altri"
n. 3/1992 p. 50
Premio Cypraea / La cultura del mare n. 5/1992 p. 42
Convegni
Romanticismo europeo e traduzione
n. 3/1992 p. 7
Commemorazione di Tommaso Cigliano n. 4/1992 p. 53
Convegno internaz. "Tommaso Cigliano" n. 6/1992 p. 9
Cultura
Mirenghi MarioPosillipo. l'ultima dimora di G. Leopardi n. 7/1992 p. 38
Testa Mario
Il mito di Don Giovanni n. 7/1992 p. 11
Dossier
Castagna Raffaele
Le tavolette votive alle Ninfe Nitrodi
n. 6/1992 p. 18
astagna Giovanni
L'istruzione pubblica nel comune di Casamicciola dal 1806 al 1877 . 9/1992 p. 8
Mancioli Massimo
Il mio Yemen (1955 - 1968) - I parte
n. 4/1992 p. 21
Mancioli Massimo
Il mio Yemen (1955-1968) - II parte
n. 5/1992 p. 19
Mancioli Massimo
Il mio Yemen (1955-1968) - III parte
n. 7/1992 p. 15
Mancioli Massimo
Il mio Yemen (1955-1968) - IV parte
n. 8/1992 p. 21
Mancioli Massimo
Il mio Yemen (1955-1968) - V parte
n. 9/1992 p. 21
Editoriale
Castagna Raffaele
Motivi n. 3/1992 p. 5
Castagna Raffaele
Motivi n. 4/1992 p. 5
Castagna Raffaele
Motivi n. 5/1992 p. 49
Castagna Raffaele
Motivi n. 6/1992 p. 5
astagna Raffaele
Motivi n. 9/1992 p. 3
Favole
Coppola Cecilia Florenzia
n. 2/1992 p. 19
Cuomo Vincenzo
Ciò Ciò la busta di plastica / di Cecilia Coppola n. 8/1992 p. 45
39 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Martini Conti Eugenia - Storia di tre rondinini n. 4/1992 p. 45
Folklore
Mirenghi MarioSapore di Napoli
n. 2/1992 p. 20
Interviste
Negro Carmine Otto domande a G. M. Jacobitti,
soprintendente BB. AA. SS. di Caserta e Benevento
n. 2/1992 p. 31
Libri
Alparone Giuseppe
Dipinti dal XVI al XVIII s. nelle chiese di Ischia
di Elena Persico Rolando
n. 2/1992 p. 39
Adamczyk Aiello Alina - Aceto, arcobaleno // di Erri De luca
n. 8/1992 p. 47
Calamai Alessandro
Il senso dei giorni di M. Testa nell'analisi di A. Esposito n. 4/1992 p. 19
Castagna Raffaele
La Repubblica partenopea di Vincenzo Cuomo n. 3/1992 p. 46
Conti Mario
Isole // di A. Deanna Meucci
n. 7/1992 p. 35
Cuomo Antonino
Il mare / di Cecilia Coppola e Giuseppe Coppola n. 2/1992 p. 41 C
uomo Vincenzo Viaggio intorno al mondo di De Orsi / di Debora Naimo n. 5/1992 p. 48
Cuomo Vincenzo
Pubblicati i lavori giovanili di P. De Orsi n. 8/1992 p. 48
De Vico AlbertoLa Repubblica partenopea / di Vincenzo Cuomo n. 5/1992 p. 46
Lodi Mario
Il mondo creato dai bambini // di M. Rita Parsi
n. 8/1992 p. 52
Mastrogiacomo Ettore - Il mestiere di vivere // Poesie di A. Santillo
n. 7/1992 p. 36
Mottola Anna Toga sommersa di Domenico Marafioti n. 2/1992 p. 45
Mottola Anna Napoli / di Giuliana Gargiulo
***
Il muro del pianto / di Giovanna Scarsi n. 4/1992 p. 18
Negro Carmine L'Avventura dell'unità di Franca Zambonini
n. 3/1992 p. 47
Pujade Robert B. Lesaing / Connaissance d'Ischia
n. 4/1992 p. 14
Vidiri Varano Carla
Toga sommersa di Domenico Marafioti n. 3/1992 p. 48
Vidiri Varano Carla
Il muro di pianto / di Giovanna Scarsi n. 5/1992 p. 45
***
Vivara / Gli scavi dal 1976 al 1982
2/1992 p. 46
***
Padre Pio... sotto il peso della croce di Enrico Malatwesta n. 3/1992 p. 48
***
Una chiesa un quartiere // di Pierluigi Di Majo
n. 7/1992 p. 39
***
Il servo di Dio, Don G. Morgera // di Camillo D'Ambra n. 8/1992 p. 13
***
Tanta di luce meraviglia arcana // di Giovanni Fiorentino
n. 8/1992 p. 49
***
La crisi dello Stato liberale da Giolitti a Mussolini
di Palo Alatri n. 8/1992 p. 54
***
L'ultima Napoli // di Ermanno Corsi
n. 8/1992 p. 54
Messaggio
D'Altavilla Cesare
Messaggio annuale per il capodanno 1993
n. 9/1992 p. 37
Mostre
Di Majo Pierluigi
Immagini di Bernard Lesaing n. 4/1992 p. 12
Ferrucci Ferruccio
La "antologica" di Antonio Canova
n. 7/1992 p. 34
Mori Monica Antonio Macrì n. 6/1992 p. 10
Mori Monica Giovanni Maranghi
n. 7/1992 p. 40
Mori Monica Anna Antonietta Monti
n. 8/1992 p. 51
Negro Carmine L'esercizio del disegno / I Vanvitelli
n. 2/1992 p. 28
Negro Carmine Jusepe dei Ribera
n. 4/1992 p. 40
Zivelli Pietro Paolo
Un borgo per Aniellantonio Mascolo
n. 4/1992 p. 8
Palazzo Grassi / Leonrado & Venezia
n. 2/1992 p. 46
Sandra Bronz von Rohr a Verona
n. 3/1992 p. 50
Leonardo & Venezia
n. 4/1992 p. 17
Libri e Stampe antichi
n. 4/1992 p. 18
Don Chisciotte della Mancia /7 Autori vari
n. 7/1992 p. 41
Musica
Coppola Cecilia Il messaggio musicale di Paolo Scibilia n. 4/1992 p. 53
Narrativa
Pesciatini CarlaI racconti di Carla Pesciatini
n. 6/1992 p. 31
Notiziario
Martino Nazario
Storia di una visita al Parlamento Europeo
n. 6/1992 p. 41
Lacco Ameno: XXV ed. del Carnevale
n. 2/1992 p. 6
Rinnovate le cariche sociali al C: C. Sadoul
n. 3/1992 p. 4
A. T. Prete ispettore onorario per i BB. CC.
n. 3/1992 p. 4
40 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Mons. V. Scoti: 25 anni di attività pastorale
n. 3/1992 p. 4
Esposizione del manifesto turistico dei paesi euro-afro-asiatici
n. 3/1992 p. 7
L'Associazione Cypraea e il sogno
n. 3/1992 p. 38
Incontro sull'aria che respiriamo
n. 4/1992 p. 4
Sem. naz. "La fruizione educativa delle piccole aree protette"
n. 4/1992 p. 54
Premio lett. per ragazzi "Cassa di Risparmio di Cento" n. 4/1992 p. 54
Il turismo italiano in Catalogna n. 4/1992 p. 54
Vignale Danza 1992
n. 4/1992 p. 54
Le manifestazioni dell'Ass. Cypraea
n. 6/1992 p. 42
Omaggio a Gennaro Tescione n. 7/1992 p. 35
1993 Anno Europeo degli Anziani
n. 8/1992 p. 44
Antologia bilingue (italiano-tedesco)
n. 8/1992 p. 53
Lacco A. / Appaltati i lavori per il Centro Cult. e il Museo n. 9/1992 p. 4
Casamicciola / Approvato il progetto esecutivo del porto n. 9/1992 p. 5
Rassegna Terra Mare n. 9/1992 p. 54
Persone
Alparone Giuseppe
La scomparsa del dott. Pierluigi Mazzella
n. 4/1992 p. 4
Coppola Cecilia Padre Fiorenzo Mastroianni
n. 3/1992 p. 43
Di Lustro Agostino
Il parroco Giuseppe Morgera
n. 3/1992 p. 11
Di Lustro Agostino
Giuseppe Morgera e Nicola Contieri arcivescovo di Gaeta n. 3/1992 p. 11
Mennella Vincenzo
Don Pietro Monti: l'archeologo e lo storico
n. 6/1992 p. 6
Monti Pietro Ricordo di Suor Gigliola n. 2/1992 p. 9
Poesia
Coppola Cecilia Astarita Angelina una poetessa, un'anima
n. 3/1992 p. 49
sposito Arturo Sulla poesia di Ninnj Di Stefano Busà
n. 9/1992 p. 37
Mastrogiacomo Ettore - Le poesie di Maria Teresa Epifani
n. 5/1992 p. 47
Negro Carmine / Rossi Antonietta - Da Ienco Elpidio e Elpidio Jenco
n. 6/1992 p. 11
Vidiri Varano Carla
Intervista a Dario Bellezza
n. 2/1992 p. 16
Scandiuzzi Elina
Un canto alla solitudine n. 2/1992 p. 43
Politica
Castagna Raffaele
Lacco Ameno / Verso lo scioglimento del Cons. comunale
n. 3/1992 p. 6
La nuova G. M. di Lacco Ameno / Documento programmatico n. 8/1992 p. 4
Premi
Coppola Cecilia A M. Iaccarino il premio Foyer des Artistes
n. 3/1992 p. 49
Torre Federico Il Premio Luigi Prete 1992
n. 5/1992 p. 47
Vidiri Varano Carla
Il premio di poesia "Eugenio Montale" n. 7/1992 p. 37
Ad Enrico Monti il Premio Cultura 1991 per Aria di paese
n. 3/1992 p. 44
Premio Ischia di giornalismo
n. 7/1992 p. 41
Concorso Verso il Duemila
n. 8/1992 p. 51
XXIII Premio "Formica Nera" n. 8/1992 p. 53
XXX Concorso Aspera n. 8/1992 p. 54
Premio Letterario "M. F. Iacono"
n. 9/1992 p. 7
Rass. Stampa
Bonacchi Isa Acqua azzurra, acqua calda (da DOVE n. 1/93) n. 9/1992 p. 7
Religione
Petrioli Giorgi Emiliana - Cenni sulle prime manifestazioni del sentimento religioso
n. 9/1992 p. 17
Ricordi
D'Amico Tilena Lucia - I pescatori
n. 7/1992 p. 9
Riviste Nuove lettere
n. 1/1991 p. 49
Scultura
Alessio Francesco
Augusto Perez il cavaliere del deserto
n. 3/1992 p. 30
Coppola Cecilia Gianni Visentin e la Riconciliazione
n. 3/1992 p. 37
Coppola Cecilia Lidia Cottone // tempo spazio e pensiero
n. 8/1992 p. 41
Spano Ferdinando
Il pathos nell'arte di Gabriella Pucciarelli
n. 2/1992 p. 43
Sport
Amalfitano Giuseppe - Obiettivo sport
n. 1/1992 p. 2
Amalfitano Giuseppe - Squadra per squadra tutta la C1/gir. B
n. 1/1992 p. 17
Amalfitano Giuseppe - L'Ischia è fuori dalla Coppa Italia n. 3/1992 p. 8
Amalfitano Giuseppe - Ischia, futuro a rischio
n. 5/1992 p. 13 A
41 La Rassegna d'Ischia 2/1993
Amalfitano Giuseppe - Squadra per squadra tutta la C1, girone B
n. 5/1992 p. 14
Amalfitano Giuseppe - E' iniziata per l'Ischia un'altra avventura in C1
n. 7/1992 p. 42
Amodio Amedeo
Casamicciola verso la rinascita dello sport
n. 3/1992 p. 10
Arcamone A. Roberto - La ginnastica medica
n. 3/1992 p. 9
Castagna Raffaele
Il passato // 1959/60 - 1960/61 n. 1/1992 p. 14
CiomarUn andamento positivo per l'Ischia
n. 1/1992 p. 3
Iacovazzi Carla Il Lacco Ameno in I cat. dilettanti
n. 1/1992 p. 21
Manta Gianni Interviste
n. 1/1992 p. 5
Manta Gianni I giocatori // uno per uno
n. 1/1992p. 11
Spano Ferdinando
M. Guida, magico fiore di Vico Equense n. 5/1992 p. 17
Taglialatela nell'under 21 di B n. 1/1992 p. 13
Forio / Barano / Fiaiano / V. Panza
n. 1/1992 p. 22
Giochi della Gioventù n. 1/1992 p. 24
Storia
Alparone Giuseppe
La II rep. spagnola / Il biennio rosso
n. 2/1992 p. 21
Alparone Giuseppe
La II rep. spagnola / L'ottobre rosso
n. 4/1992 p. 48
Alparone Giuseppe
La II Rep. spagnola / Il Frente Populàr n. 4/1992 p. 50
Alparone Giuseppe
La II Rep. spagnola // Le forze in campo nella guerra civile
n. 7/1992 p. 31
Alparone Giuseppe
La II Rep. spagnola // 4 destini tragici n. 8/1992 p. 37
Cuomo Vincenzo
La riforma cluniacense arriva a San Pietro
n. 2/1992 p. 33
Cuomo Vincenzo
I Normanni e le prime affermazioni in Occidente
n. 3/1992 p. 39
Cuomo Vincenzo
Il mondo feudale
n. 5/1992 p. 38
Cuomo Vincenzo
Cluny: centro di rinascita della spiritualità cristiana
n. 6/1992 p. 14
Cuomo Vincenzo
In difesa del Medioevo n. 8/1992 p. 39
Di Majo Pierluigi
Le radici di Napoli
n. 2/1992 p. 13
Negro Carmine I Sanniti
n. 8/1992 p. 17 P
Penza Aniello Forio/ Il Cierco ieri e oggi
n. 2/1992 p. 11
Alparone Giuseppe
La II Rep. spagnola // Lo scoppio della guerra civile
n. 6/1992 p. 28
Teatro
Coppola Cecilia La "Compagnia" di Ciro Ferrigno
n. 7/1992 p. 3
Termalismo
Castagna Raffaele
Oltre... Thermalia
n. 5/1992 p. 6
Di Castro TulliaIl termalismo n. 2/1992 p. 7
Mancioli Massimo
Il patrimonio idrotermale dell'isola d'Ischia
n. 5/1992 p. 7
Thermalia 1992 n. 5/1992 p. 4
Testi antichi
Fonseca Ferdinando - Geologia dell'isola d'Ischia
n. 9/1992 p. 38
42 La Rassegna d'Ischia 2/1993