Diciamo grazie al panettone di Stato
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Diciamo grazie al panettone di Stato
Tutto è cominciato un secolo fa a Nogara con Ruggero Bauli. Ma il salto di qualità è stato fatto negli anni Settanta, anche grazie alla crisi di Motta e Alemagna, poi passate all’Iri. Alberto Bauli, figlio del fondato- Diciamo grazie al panettone di Stato AZIENDE DI FAMIGLIA a cura di Antonio Naspri re, racconta in questa intervista esclusiva come sia possibile raggiungere l’eccellenza anche in un settore considerato ormai maturo come quello dei dolci he il pandoro – “ pan de oro” – sia nato nella Repubblica Veneta nel ‘500, servito sulle ricche tavole dei nobili veneziani nella sua tipica forma conica e ricoperto da foglie d’oro o derivi più semplicemente da un antico e semplice dolce a forma di stella – “il nadalin” – che i veronesi consumavano a Natale fin dall’’800, quello che è certo è che il suo nome, assieme al panettone, è ormai da anni sinonimo di Bauli. Alberto Bauli, presidente e amministratore delegato della società, che dal 1972 ha portato i suoi stabilimenti a Castel D’Azzano, un paesino a dieci chilometri da Verona, al limite tra l’alta e la bassa pianura veronese a pochi minuti di auto dall’aeroporto Valerio Catullo, mostra con soddisfazione la foto alle spalle della sua scrivania che ritrae rigorosamente in bianco e nero il piccolo forno a conduzione familiare che, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, fu aperto da suo padre e fondatore dell’azienda, Ruggero Bauli a Nogara, un paesino che sta a pochi chilometri da Castel D’Azzano. Un ‘azienda che oggi, con 300 milioni di fatturato e 750 dipendenti fissi, a cui se ne aggiungono nei periodi di punta 1.300 sta- C 182 gionali, è leader in Italia nel settore dei dolci da ricorrenza e tra i leader domestici nella croissanterie con una quota di mercato che supera il 20 percento. “Vede quella fotografia? È mio padre Ruggero davanti al suo panificio a Nogara, poi anche lui è emigrato assieme ad altre migliaia di veneti in Sud America, a Buenos Aires, a fare fortuna. Mandato da mio nonno a fare il piccolo di pasticceria a Rovigo, dopo aver “imparato il mestiere” è tornato a Verona e ha aperto una piccola pasticceria in Via Scala, nel centro storico a pochi passi dall’Arena. Solo nel 1953 il laboratorio di pasticceria è diventato più grande e ha trovato posto in uno dei primi capannoni nati nella Zai, la zona industriale storica della città. Di lì poi è partito tutto…” Quando lei è entrato in azienda, nel 1960, aveva solo 20 anni.. Sì, mio padre allora ne aveva già 65, io avevo appena preso il diploma di ragioneria ed ero il primo dei fratelli maschi. Dopo solo due anni, quando mio padre si è ammalato, ho dovuto prendere in mano le redini dell’azienda e non sapevo davvero da che parte cominciare. Leonardo Pellegatta E poi? E poi, mentre lavoravo ho cominciato anche a studiare, nel 1971 mi sono laureato in Economia e Commercio, e ho dovuto affidare la gestione della parte commerciale a una società esterna (una società che faceva capo a Michele Sindona, pensi…!) fino a che, nel ’68, sono stato capace di mettere in piedi in modo autonomo una vera e propria rete commerciale. E poi il colpo di fortuna. Un colpo di fortuna? Sì, nel ’72 ci fu il crollo contemporaneo di due marchi storici come Motta e Alemagna, i nostri concorrenti più temibili, che furono acquisiti dall’Iri, dando luogo al famoso “panettone di Stato”, con una serie di problemi e disgrazie a non finire. E questo ci ha aiutato enormemente, perché nel frattempo il pandoro di Verona, grazie a Dio, era diventato il dolce nazionale, e le due cose assieme, disgrazie altrui e capacità nostre, ci consentirono di decollare e diventare un’azienda capace di dare subito un immagine nazionale al marchio Bauli. E l’altro colpo di fortuna si chiamava Carosello se non sbaglio.. No, non sbaglia. Ma lo sa che durante il Natale del ’68, il lunedì avevamo 24 milioni di persone incollate davanti al televisore 183 DICIAMO GRAZIE AL PANETTONE DI STATO a vedere i nostri spot? In breve tempo riuscimmo ad avere un’immagine molto elevata del prodotto. Ci conoscevano praticamente tutte le famiglie italiane, da Bolzano a Enna. E lei scelse subito una conduzione manageriale dell’azienda.. Se ho avuto un pregio, è stato quello di copiare sempre i più bravi, e chiamare accanto a me i tecnici migliori del settore alimentare che dovevano possedere due requisiti essenziali: provenire da aziende più grandi e rigorosamente da fuori Verona, ottenendo due risultati, sprovincializzare l’azienda e darle un metodo di lavoro ambizioso. E rigoroso. Dai primissimi anni ’80 siamo stati tra i primi a informatizzare tutto il sistema, lo consideravamo ieri e lo consideriamo oggi un asset prioritario, e questo ci ha consentito di avere un modello gestionale più efficiente di altri. Perché riuscivamo a ottenere consegne e servizi alla clientela molto più rapidi della possiamo essere considerati anche qui leaconcorrenza. der di mercato. Intanto è cambiato anche il modello distri- Nel 2004 abbiamo acquisito Fbf, Fette butivo.. Biscottate Francesi, tre fabbriche di croisE questo ci ha favorito. Il cambio della sant che ci permettono adesso di essere al struttura distributiva, da piccoli negozi a primo posto in Italia con il marchio Bauli supermercati, ha avvantaggiato chi, come con il 20% del mercato che, con la grande noi, era più preparato. In poco tempo distribuzione, raggiunge complessivamente abbiamo conquistato la leadership del mer- una quota attorno al 43 percento. cato che oggi tocca una quota, per quel che L’anno scorso l’ultimo colpo, con l’acquiriguarda i prodotti da ricorrenza, di quasi il sizione della biscotteria Doria. La famiglia 28 percento. E poi avete pensato alla diversificazione dei prodotti, non più solo quelli da ricorrenza, ma anche croissanterie e biscotti. La strategia della diversificazione è stata messa a punto solo dopo i forti investimenti che abbiamo realizzato nell’automazione dell’azienda. Alla fine degli anni ’90 abbiamo messo in piedi una linea di produzione che, per il solo pandoro, ci è costata una trentina di miliardi di lire di allora e oggi ci consente di avere una costante qualitativa inarrivabile per la concorrenza. La depauperazione del valore del prodotto da ricorrenza ci ha spinto a cercare diversificazioni naturalmente. La prima è legata alle uova di Pasqua dove siamo in poco tempo riusciti ad avere una quota di mercato attorno al 12%, se escludiamo la Ferrero 184 Zanin nel momento in cui vi ha ceduto l’azienda ha usato questa battuta: “Cercavamo un Gruppo affidabile a cui lasciare e l’abbiamo per fortuna trovato”. Gentili no? Con Doria abbiamo avuto un lungo feeling durato due anni, e al momento della firma dai signori Zanin abbiamo ricevuto i complimenti per una visione del mercato che evidentemente condividevano. La loro preoccupazione era di lasciare l’azienda in mano a gente affidabile, il resto è venuto da sé. Con il suo fatturato di 40 milioni non solo siamo arrivati ai 300 milioni complessivi di quest’anno, cosa che ci da maggiori dimensioni, ma ci ha permesso anche un miglior bilanciamento dei conti con un 55% realizzato dai prodotti da ricorrenza e l’altro 45 AZIENDE DI FAMIGLIA _Il marchio Bauli è cresciuto con acquisizioni importanti nel corso degli anni: prima La Fette Biscottate Francesi nel 2004, l’anno scorso l’acquisizione della notissima biscotteria Doria Fino ad arrivare in Bauli a un sorpasso dei prodotti non di ricorrenza su quelli tradizionali? Il problema non è questo. Il problema di fondo è che noi abbiamo un modello aziendale che costa molto perché è di qualità. con prodotti fuori da questo segmento. Questo costo dobbiamo diluirlo sul fatturaQuindi oggi siamo in una condizione molto to globale, e se ci riusciamo abbiamo i mardiversa da quella in cui si trovano gli altri gini per fare più pubblicità e più ricerca. nostri concorrenti. Restiamo comunque E andare incontro ai nuovi gusti di una una media azienda che però, nel settore popolazione che in Italia è sempre più dolciario, può essere considerata grande. multietnica. Lavorare nel campo alimentare vuol dire Il nostro Paese ha dei giacimenti cultuoperare con un numero di consumatori rali gastronomici giganteschi e una qualità enorme, pensi solo che i prodotti Doria vengono acquistati da più di quattro milio- del cibo considerata di gran lunga la ni di famiglie. Questo è uno dei più grandi migliore del mondo, perché unisce semplipatrimoni che Bauli ha, assieme alla tecno- cità e raffinatezza. Allora i casi sono due: o logia di processo e al modello organizzati- noi ci adeguiamo agli stili di chi è venuto in Italia o noi cerchiamo di insegnare loro vo. ad apprezzare quello che facciamo. Come E avere un grande marchio vuol dire la hanno fatto, se non sbaglio, gli americani possibilità di crescere ancora... con la Coca Cola. Io confido molto sulla Sì, e aumentando le dimensioni non si seconda ipotesi. ottengono solo economie di scala ma anche Quanto contano per voi i mercati esteri? l’opportunità di poter investire nella ricerOvviamente non molto. Vendiamo proca. Cosa che, al nostro livello, si fa appena. dotti della tradizione italiana in tantissimi Senza contare che gli stili di vita stanno cambiando, così come i consumatori, abbia- Paesi del mondo, più di settanta, ma le mo il dovere di pensare a nuove nicchie di quantità sono molto modeste, e sono rivolte ai gourmet curiosi di assaggiare i nostri mercato. 185 DICIAMO GRAZIE AL PANETTONE DI STATO prodotti o agli italiani che vivono all’estero. Certo la possibilità di vendere cibo con un logo italiano ha di per sé una grande attrattiva e destinando alla ricerca una parte degli utili potremo sviluppare prodotti che abbiano anche una buona capacità di essere esportati. Come sono in questo momento gli assetti in Bauli? Della Bauli sono proprietarie tre famiglie, la mia e quelle degli altri due fratelli, Carlo e Adriano. Dei nostri figli, solo uno lavora in azienda, mio nipote Michele. Quanto ai miei tre figli: uno fa l’avvocato, un altro si è appena laureato in Bio-tecnologie, l’ultima frequenta la facoltà di Filosofia… E nessuno lavorerà in azienda? No, l’azienda non è mai stata, ne sarà una scelta obbligata. Anzi, io ho sempre suggerito ai miei figli di vedere l’azienda come un bene esterno a loro. Penso che un’azienda abbia soprattutto bisogno di essere gestita managerialmente. Dunque non le dispiace di non poter passare il testimone? Assolutamente no. C’è più libertà per loro di scegliere quello che vogliono essere e fare nella vita. Vede, la proprietà di un’azienda ha il dovere di definire le strategie ma se, per esempio, ci sono da modificare gli aspetti legati ad un prodotto ci sarà qualcuno della divisione ricerca & sviluppo che dirà come farlo. Noi siamo un’azienda di proprietà familiare, ma abbiamo sempre ben tenuta distinta l’azienda dalle famiglie e abbiamo sempre lavorato, io e i miei fratelli, perché l’azienda potesse crescere. C’è insomma, alla base, una strategia che non può consentire all’azienda di fermarsi. L’azienda, al limite, andrà avanti anche senza di noi. E a Piazza Affari avete mai fatto un pensierino? Nelle aziende famigliari la quotazione di Borsa può avere due funzioni: una è quella di consentire a chi non vuole partecipare all’azienda di uscire dal capitale, l’altra è quella di poter essere utilizzata per immissioni di capitali che la famiglia non ha. Noi, fino ad ora siamo sempre cresciuti 186 utilizzando solo il cash flow e le normali leve finanziarie. Abbiamo colto un buon momento di costo del denaro per indebitarci .. siamo un’azienda che ha un patrimonio di 45 milioni di euro e un indebitamento pari al patrimonio, quindi uno a uno. Nel conto economico il costo del denaro a prestito pesa per poco più dell’1 per cento. E uno dei vantaggi delle aziende alimentari, un settore non ad alto reddito, anzi, è che il fatturato difficilmente può avere crolli. Dunque no, alla Borsa non ci pensiamo. Parliamo di Alberto Bauli banchiere. Dopo la fusione tra Bpvn e Bpi lei è stato nominato presidente di una delle banche della holding, Bpvn e Banco San Prospero… La meraviglia che abbia accettato? Ho ritenuto mio dovere non rifiutare un incarico che non sarà né facile né poco oneroso, ma a cui non potevo sottrarmi per il legame che ho storicamente avuto prima con Bpv e poi con il Gruppo che si è via via ingrandito fino a diventare la terza banca italiana. Venticinque anni fa quando fui cooptato nel Cda della Popolare di Verona da Giorgio Zanotto la banca aveva 100 sportelli e 800 dipendenti, adesso è la più grande dopo UniCredit-Capitalia e IntesaSan Paolo. Penso che la mia esperienza di imprenditore possa tornare utile al nuovo modello di banca-impresa, restituire in qualche modo alla banca quello che essa mi dato in tutti questi anni. LA BAULI ■ Fatturato 300 milioni ■ Dipendenti stabili circa 750, stagionali circa 1.300 ■ Struttura distributiva 60 agenzie, 66 concessionari 43 agenti ■ Ricavo netto civilistico 236 milioni di euro