Kit stampa definitivo

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Kit stampa definitivo
KIT STAMPA
LE SEZIONI E I FILM
Definitivo – aggiornato al 24 novembre 2007
PANAFRICANA 2007
Lo stato del cinema africano contemporaneo, attraverso mille sfumature,
formati e punti di vista. La sezione ospita alcuni dei film africani più recenti,
selezionati dai maggiori festival internazionali, di cui due in anteprima
nazionale. Ospite della sezione è la regista e produttrice marocchina Izza
Genini.
Nûba d’or et de lumière di Izza Genini, 2007, 80’ (anteprima nazionale, doc.)
Il film è proiettato alla presenza della regista che presenterà il film e incontrerà il
pubblico dopo la proiezione.
Prima donna marocchina ad aver realizzato un documentario, produttrice e regista, Izza
Genini è nata a Casablanca, vive da anni in Francia e alla riscoperta del suo paese sono
legati tutti i suoi film. Il Festival d’Amiens ha dedicato l’anno scorso una sezione
speciale alla Genini, presentando una selezione dei suoi documentari dedicati alla
musica e alle tradizioni del Marocco. Questa sua ultima prova ci offre un ritratto
personale – didattico e insieme poetico – sulla Nûba, la musica arabo-andalusa classica, e
come questo tipo di composizione si svolge in maniera corale e in forma circolare. Un
viaggio appassionante nell’universo musicale marocchino, firmato dalla produttrice di
Transes, il documusical restaurato di recente dalla World Cinema Foundation di Martin
Scorsese.
The World Unseen di Shamim Sarif, 2007, 112’ (anteprima nazionale)
Un’intensa storia d’amore saffico, ambientata nel Sudafrica degli anni Cinquanta,
all’inizio dell’era dell’apartheid. Amina si ribella contro le tradizioni della sua comunità
e contro il regime razziale, aprendo un caffè con il suo amico e socio nero, Jacob.
Quando incontra Miriam, una passione inaspettata cambierà per sempre le due donne.
Opera prima della scrittrice sudafricana di origine indiana Shamim Sarif, il film è
l’adattamento del suo omonimo romanzo, con il quale ha ricevuto prestigiosi premi in
Sudafrica e in Gran Bretagna. L’attrice Lisa Ray è stata la protagonista di Water, il film
con il quale la regista Deepa Mehta è stata minacciata dagli integralisti indù.
Ezra di Newton Aduaka, 2006, 110’
Il promettente regista nigeriano conferma il suo talento con questa opera seconda, dopo
Rage (2001), in cui affronta in maniera personale, intima e complessa il trauma, spesso
dimenticato, dei bambini soldato in Africa. Dopo l’anteprima internazionale al
Sundance, il film ha vinto il Fespaco 2007 ed ha ricevuto il Premio del Pubblico al
Festival del Cinema Africano, d’Asia e d’America Latina di Milano e al Festival Cines del
Sur di Granada. Il film è stato presentato anche alla Semaine de la Critique del Festival
di Cannes, dove il regista ha tenuto una Master Class.
Juju Factory di Balufu Bakupa Kanyinda, 2006, 95’
Kongo Congo è un intellettuale nero di Bruxelles che vive nel quartiere africano di
Matonge. Quando comincia a scrivere un libro sulla comunità congolese in Belgio - ed in
particolare sull’identità meticcia del quartiere africano di Matonge, rivelando gli incubi
e la storia rimossa che ancora traumatizzano il Belgio e il suo passato coloniale - entra in
conflitto con il suo editore, che vorrebbe impostare il libro come “guida etnicoturistica”. Il regista ha pubblicato testi sul cinema africano e insegna cinema negli Stati
Uniti e in Congo. Dopo diversi cortometraggi, Juju Factory è la sua opera prima.
LEZIONI DI CINEMA: GASTON KABORÉ
La sezione è dedicata quest’anno al regista e storico del Burkina Faso Gaston
Kaboré, uno dei padri fondatori del cinema del paese degli uomini integri
(questo significa Burkina Faso, l’ex Alto Volta, così denominato dal presidente
Thomas Sankara). La sezione prevede la retrospettiva dei suoi film nella sala
Michel Piccoli di Villa Medici, una tavola rotonda a Villa Medici (5 dicembre) e
una Master Class all’Università Roma Tre (7 dicembre). Un’occasione per
incontrare un maestro, (ri)vedere alcuni classici africani e scoprire i progetti e
le attività della Scuola di Cinema Imagine da lui fondata a Ouagadougou.
Wend Kuuni, 1982, 75’
Wênd Kûuni è un orfano abbandonato in gravi condizioni nella boscaglia africana e
trovato da un venditore ambulante. Il trovatello porta in sé un mistero, reso ancora più
fitto dal fatto che il bambino è muto. Accolto da una famiglia in un villaggio e chiamato
appunto Wênd Kûuni (“Dono di Dio”), il bambino fa amicizia con la sorella adottiva,
Pognéré. In seguito ad un tragico avvenimento, il bambino ritroverà la parola… Il film ha
ottenuto il Tanit d’Argento alle Journées Cinématographiques de Carthage, il Premio
Afcae al Festival di Locarno e il César 1985 per il miglior film francofono.
«Una società sottomessa quotidianamente alle immagini imposte da altri finisce per
perdere la propria identità e la capacità di creare da sé il proprio destino. Lo sviluppo
dell’Africa implica, fra le altre cose, anche la produzione delle sue proprie immagini»
(Gaston Kaboré).
Zan boko, 1988, 100’
Il film racconta lo scontro fra due mondi, un contrasto spaziale e culturale tra città e
campagna, che si risolve a detrimento della seconda. La storia della scomparsa di un
piccolo villaggio dell’Africa subsahariana, assorbito da un agglomerato urbano in piena
espansione. Una comunità rurale caratterizzata da un proprio ritmo di vita e da una
specifica visione del mondo che sta per essere brutalmente travolta.
«Presso numerosi popoli africani esiste una pratica che è l’inumazione della placenta
dopo la nascita di un bambino; questa inumazione, che è contornata da un rituale
secolare scrupolosamente rispettato, costituisce il primo contatto del bambino con la
terra-nutrice, territorio degli avi e degli spiriti protettori della comunità. L’inumazione
simbolizza dunque l’integrazione del neonato nella tradizione, nella storia e nella
cultura del gruppo sociale al quale ormai appartiene e crea un patto quasi sacro di
alleanza con la terra» (Gaston Kaboré).
Rabi, 1992, 62’
Nel tentativo di evitare una tartaruga che incrocia la sua strada, un fabbro cade dalla
bicicletta. L'uomo decide di portare a casa la tartaruga, per darla al figlio dodicenne
Rabi. La presenza dell'animale colpisce l'immaginazione di Rabi e di tutti i membri della
famiglia. Un bambino, una tartaruga, una storia, delle immagini e delle emozioni, per
introdurre un tema molto attuale come quello dell'ambiente.
«In questo film ho voluto trattare emozioni e immagini della mia infanzia in modo che
non rimanessero fossilizzate nello sterile magma di ricordi simili a scorie che a poco a
poco la memoria disintegra. Emozioni e immagini che prendono corpo e valore con il
fluire del tempo...» (Gaston Kaboré).
Buud yam, 1997, 97’
Un percorso iniziatico che ripropone il fascino dei racconti tradizionali. Wend Kuuni
parte per un lungo viaggio alla ricerca delle erbe del leone, l'unica medicina che potrà
salvare sua sorella. Adottato da una famiglia del villaggio dodici anni prima, Wend Kuuni
fa del viaggio, pieno di difficoltà e imprevisti, una ricerca della propria identità. Il film
ha ottenuto l’Étalon de Yennenga per il miglior film al Fespaco, storico festival
panafricano di Ouagadougou. Una splendida metafora sull’incontro con l’Altro, la ricerca
dell’identità e la solidarietà.
«Il film ha un sottile substrato politico: io credo sia fondamentale che i registi africani
guardino alla propria cultura, all’arte del racconto orale, al senso del ritmo ed al nostro
specifico punto di vista sul mondo, piuttosto che imitare i film degli altri. Buud Yam in
fondo riguarda ciò che può costruire o al contrario distruggere il mondo e il genere
umano: l’accettazione della differenza, la tolleranza e il dialogo, oppure la paura
dell’altro, l’intolleranza e l’esclusione» (Gaston Kaboré).
Selezione di cortometraggi, 121’
Le Karité – Un arbre béni des Dieux, 1991, 14’
Madame Hado, 1991, 12’
Chronique d’un échec annoncé, 1993, 22’
Roger le fonctionnaire, 1993, 20’
Scène de ménage di Motandi Ouoba, 2001, 53’ (cosceneggiato da Kaboré)
Moolaadé di Sembène Ousmane, 2004, 117’
Carta bianca a Gaston Kaboré / Omaggio a Ousmane Sembene
Per l’omaggio a Sembène Ousmane (il regista senegalese considerato il padre del cinema
africano, scomparso il 9 giugno 2007) – in collaborazione con Lucky Red – abbiamo scelto di
proiettare, alla presenza di Gaston Kaboré, l’ultimo film del maestro senegalese.
In un villaggio africano si affrontano due tradizioni e due “giustizie” come in una
tragedia classica. Una donna ospita quattro ragazzine del suo villaggio che si sono
rifugiate da lei per fuggire alla mutilazione genitale rituale. Lei sola, anni prima, aveva
saputo sfidare gli anziani e impedire la mutilazione della figlia. Il film è un omaggio
all’eroismo quotidiano al femminile ed un forte atto d’accusa contro l’escissione e ogni
forma di mutilazione genitale femminile, ancora presente in una trentina di paesi
africani.
ITALIANI IN AFRICA (1949-1973)
La sezione - grazie alla collaborazione con la Cineteca Nazionale – continua,
nello spazio del Cinema Trevi, il discorso iniziato l’anno scorso con la rassegna
sul cinema coloniale italiano, per indagare la presenza dell’Africa nel nostro
immaginario cinematografico, dal dopoguerra ai primi anni Settanta, nelle
diverse sfumature possibili, come centro della narrazione o come tela di fondo:
dalla parodia dei film esotico-coloniali al peplum, fino al cinema di reportage e
d’impegno civile.
A proposito dell’Angola di Stefano De Stefani, 1973, 90’
Un interessante documento dell’epoca sulla lotta per la liberazione dell’Angola dal
dominio coloniale portoghese. La macchina da presa segue alcune truppe di resistenti e
presenta i vari aspetti della guerriglia e della vita nelle zone liberate. Alcune scene ed
alcuni materiali sonori sono lasciati in portoghese, mentre la voce off italiana ed alcuni
cartelli spiegano i fatti mostrati e le ragioni della lotta contro il colonialismo,
appoggiata anche dagli stessi soldati portoghesi contro il regime di Salazar. Stefano De
Stefani non è accreditato, mentre il cartello iniziale spiega che il film è stato realizzato
da un collettivo di cineasti italiani in collaborazione con i partigiani del Movimento
Popolare di Liberazione dell’Angola.
Cartagine in fiamme di Carmine Gallone, 1959, 117’
Da un romanzo di Emilio Salgari, l’ultima guerra punica raccontata – una volta tanto dalla parte dei Cartaginesi. Hiram, condottiero fenicio in disgrazia, ama la cartaginese
Ophir ed è segretamente amato dalla romana Fulvia, che si sacrifica per lui.
Congo vivo di Giuseppe Bennati, 1961, 98’
Un giornalista italiano (Gabriele Ferzetti) torna in Congo, un anno dopo la guerra civile
successiva all’indipendenza e all’assassinio di Lumumba, e vi ritrova la sua antica
fiamma, una misteriosa signora belga (Jean Seberg) segnata da una violenza, che aveva
conosciuto nell’albergo dei giornalisti stranieri. Si riaccende l'antica fiamma, ma
indietro non si torna. La storia d'amore è il pretesto per raccontarci la situazione
congolese e il coinvolgimento dei media. Gli esterni sono girati in Congo.
I dannati della terra di Valentino Orsini, 1969, 90’
Alla sua morte, il giovane regista africano Abramo Malonga lascia in eredità al suo antico
maestro, il regista cinematografico italiano Fausto Morelli, il suo primo ed ultimo film ancora
incompiuto. Morelli, che aveva conosciuto Abramo al Centro Sperimentale di Cinematografia –
dove era venuto a studiare cinema - visionato il lavoro, si trova di fronte ad un’opera
sconcertante e complessa, una riflessione sui “dannati della terra” e le lotte di liberazione
africane: decide allora di provare a ricostruire e completare il film. Il più celebre film di
Valentino Orsini, il primo da lui realizzato dopo la lunga collaborazione con i fratelli Taviani.
Mal d’Africa di Stanis Nievo, 1967, 106’
Sulla scia dei Mondo Movies più famosi come Mondo cane e Africa addio (di cui utilizza lo
stesso tema musicale di Riz Ortolani), il documentario di Nievo costruisce un’immagine
dell’Africa intrisa di paternalismo, razzismo e una serie di luoghi comuni e stereotipi che
finiscono per manipolare le immagini e la realtà, invece che mostrarle o descriverle. Le
guerriglie e le lotte di liberazione, la distruzione della fauna, i residui di superstizione e
di stregoneria, le potenziali ricchezze, le nuove classi dirigenti e le influenze della
cultura europea: tutto viene mescolato nello stesso calderone scandalistico.
Ondata di calore di Nelo Risi, 1970, 91’
Ritratto claustrofobico di una donna americana in crisi esistenziale e coniugale con il
marito architetto, con finale giallo. Sullo sfondo, la città marocchina di Agadir,
ricostruita dopo il terribile terremoto del 1961. Joyce (Jean Seberg), sola nella sua casa,
oppressa dal caldo afoso portato da una violenta tempesta di sabbia, è ossessionata
dalle improvvise apparizioni di Alì, il giovane amico del marito.
Pastasciutta nel deserto di Carlo Ludovico Bragaglia, 1961, 92’
Proprio quando gli inglesi sfondano la linea nemica, un soldato italiano di stanza in Libia
durante la seconda guerra mondiale cerca di trovare un ufficiale che gli vidimi la licenza
per tornare in patria. Incontra una giovane profuga italiana (Giovanna Ralli) in fuga e in
cerca di riparo con i vecchi genitori. Con alcuni commilitoni supera, a volte cinicamente,
diverse peripezie. Ma alla fine sarà fatto prigioniero. Un dramma tragicomico
sull’eroismo, loro malgrado, degli anonimi italiani che hanno combattuto in Africa.
Girato in Libia, con la collaborazione delle autorità del Regno Unito di Libia, ringraziate
nel cartello iniziale del film.
Totò le Mokò di Carlo Ludovico Bragaglia, 1949, 90’
Il famigerato capobanda Pepè le Mokò, che ha il suo quartier generale nella Kasbah di
Algeri, viene ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia. La successione viene offerta ad
un suo prossimo parente, Totò, suonatore ambulante napoletano che sogna di poter
dirigere una banda musicale. Una delle interpretazioni più memorabili di Totò,
irresistibile nella parodia dei personaggi dei film esotici francesi, di ambientazione
coloniale, come il film del 1937 di Julien Duvivier (Pépé le Moko) con Jean Gabin.
Violenza segreta di Giorgio Moser, 1963, 105’
Somalia, 1958. Enrico (Giorgio Albertazzi), giovane uomo d’affari italiano, è invitato una
sera a casa di Farnenti, proprietario di bananeti, ex gerarca fascista, senza scrupoli
morali. Questi tratta i suoi servi somali, ed in particolare le domestiche, come un buon
allevatore tratta le sue bestie. Fra loro c'è una ragazza, Regina, che gli fa da cameriera
e amante. Enrico, turbato dalla donna, si rivolge all’amico Contardi (Enrico Maria
Salerno), un ex esiliato dal regime fascista che sprofonda in una crisi esistenziale di
fronte alla violenza quotidiana di cui è testimone.
FOCUS FESPACO
In collaborazione con la Cinémathèque Afrique del Ministero degli Affari
Esteri francese, la sezione presenta, in occasione della 20. edizione del
Festival Panafricano di Ouagadougou (Fespaco) e dell’edizione in Francia di
un doppio cofanetto in dvd con tutti i film vincitori, una selezione di alcuni
dei film africani premiati al Fespaco, in una sorta di ideale omaggio alla
storia del cinema africano.
I film della sezione, ospitata al Centre Culturel Saint-Louis de France, sono
presentati in versione originale con sottotitoli francesi.
Muna Moto di Jean-Pierre Dikongué Pipa (Il figlio dell’altro, Camerun, 1975, 100’)
Tragedia poetica sull’amore di due giovani spezzato dagli abusi del potere degli anziani,
dal sistema della dote e dal matrimonio forzato. Ngando e Ndomé si amano. Orfano,
Ngando si rivolge allo zio per poter pagare la dote della fidanzata. Ma lo zio, invece di
aiutarlo, decide di sposare lui la ragazza, per avere il figlio che le sue tre mogli non gli
hanno finora dato. Ndomé decide di avere un figlio da Ngando, per poterlo sposare, ma
lo zio di Ngando la sposa ugualmente e si tiene il bambino. Disperato, Ngando rapisce il
piccolo, viene arrestato e condotto in prigione. Il film, dopo il Fespaco, è stato premiato
anche con il Tanit d’Argento alle Journées Cinématographiques de Carthage di Tunisi.
Baara di Souleymane Cissé (Il lavoro, 1977, 90’)
Un giovane ingegnere cerca di apportare trasformazioni nella fabbrica in cui lavora e
assume, alle sue dipendenze, un suo omonimo che lavora come facchino (“baara”) per le
strade di Bamako. La fabbrica è diretta da un padrone corrotto, che non gradisce i
metodi troppo democratici dell’ingegnere, fino al punto di farlo assassinare. Nel
frattempo si consuma un dramma privato: il padrone uccide anche la moglie Djénéba,
trovata in casa con l’amante.
Tilaï di Idrissa Ouédrago (La legge, Burkina Faso, 1989, 81’)
Saga torna al villaggio dopo due anni e scopre che il padre si è risposato, e proprio con
la sua giovane fidanzata Nogma. I due continuano ad amarsi e si vedono di nascosto.
Scoperta la loro relazione, il giovane viene accusato di incesto, reato che è punito con la
morte. Saga fugge, ma poi torna al capezzale della madre malata. A questo punto è suo
fatello Kougri a dover compiere il « delitto d’onore ». Il film è stato presentato al
Festival di Cannes 1990, dove ha vinto il Gran Premio Speciale della Giuria e il Premio
della Federazione della Critica Internazionale.
Guimba, un tyran, une époque di Cheik Oumar Sissoko (Mali, 1995, 94’)
Guimba è un tiranno che regna e spadroneggia, con suo figlio Janginé, in un villaggio del
Sahel. Kani è una bella ragazza che è stata promessa, fin da piccola, proprio a Janginé,
il quale però si invaghisce anche della madre della sua fidanzata, Meya. Guimba, per
aiutare il figlio ad avere campo libero con madre e figlia, fa esiliare Mambi, padre e
marito delle due donne. Mambi si rifugia in un villaggio vicino e da lì, aiutato dal
cacciatore Siriman Keita, organizza la rivolta contro il tiranno.
Ali Zaoua di Nabil Ayouch (Marocco, 2001, 90’)
Ali, Kwita, Omar e Boubker sono bambini di strada e, soprattutto, sono quattro amici per
la vita. Dopo avere lasciato Dib, il capo della gang di strada di cui facevano parte, hanno
deciso di vivere al porto di Casablanca. Ma Ali Zaoua vuole andarsene lontano, diventare
un marinaio e girare il mondo, per raggiungere una fantomatica “isola dai due soli”.
Sfortunatamente muore per caso durante una rissa tra bande rivali: i suoi tre amici
tenteranno di seppellirlo degnamente e di realizzare il suo sogno. Oltre al Fespaco, il
film ha ricevuto una ventina di premi nei maggiori festival internazionali
Drum di Zola Maseko (Sudafrica, 2004, 94’)
Anni ’50. Henry Nxumalo, uno dei più importanti giornalisti sudafricani, decide di aprire
un'indagine sulla condizione dei lavoratori agricoli nella zona della Transvaal. Per
denunciare sfruttamenti, miseria e ingiustizie sociali, si fa assumere come contadino in
un'azienda dove i lavoratori vengono trattati come schiavi. In seguito si fa arrestare per
provare le condizioni disumane dei carcerati. I suoi réportage appaiono sulla celebre
rivista Drum, un giornale che diventa fonte di imbarazzo per le autorità e che deve
essere ridotto al silenzio...
CANTIERE EUROPA
La sezione vuole gettare uno sguardo diverso sulle nuove geografie – fisiche
ed umane – che si creano nelle nostre società in continuo movimento,
paesaggi urbani e rurali che si confrontano con le differenze - negate o
valorizzate - di chi arriva dall’altra sponda del Mediterraneo. Segnaliamo
che – per quattro lungometraggi su cinque – si tratta di anteprime
nazionali. Ospiti della sezione sono la produttrice Elena Pedrazzoli e
l’attore Abel Jafri (L’Autre moitié), e i registi Kevin Aduaka (Elvis Pelvis) e
Albert ter Heerdt (Shouf shouf habibi!, Kicks).
Un altro mondo di Mohamed Soudani, 2007, 5’
Il regista, di origini algerino-maliane e svizzero di adozione, firma un cortometraggio
socio-musicale dedicato alla libertà. Il clip fa parte della serie svizzera di 6 cortometraggi
“Droits et libertés tous courts”: 6 corti dedicato ognuno ad un articolo della Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo, presentati in anteprima all’ultimo festival di Locarno.
L’iniziativa è nata dalla Ong svizzera Associazione Mondiale per la Scuola Strumento di Pace
ed è dedicata ai giovani.
L’Autre moitié di Rolando Colla, 2007, 89’ (anteprima nazionale)
Il film sarà presentato dalla produttrice Elena Pedrazzoli e dall’attore Abel Jafri, che
incontrerà il pubblico alla fine del film.
Hamid sbarca il lunario facendo da corriere clandestino tra le comunità musulmane di
Ginevra e Bruxelles. Arrestato anni prima in Algeria, perché vicino agli ambienti islamici,
non può più tornare in patria. Pedinato e indagato dalla polizia, viene chiamato dal
fratello Lounès (ora Louis) che non vede dall’infanzia, che gli annuncia la morte della
madre. Inizia così un confronto a due, tra film poliziesco e dramma esistenziale: una
discesa negli inferi della memoria e dell’assenza di una famiglia divisa dalla storia e
dalle migrazioni, metafora di un appuntamento mancato fra Europa e Maghreb. Il film,
presentato appena un mese fa in anteprima internazionale al Festival di Amiens, ha
ricevuto il premio per la migliore interpretazione maschile, attribuito ai due
protagonisti: Abel Jafri e Kader Boukhanef.
Elvis Pelvis di Kevin Aduaka, 2007, 95’
Il film sarà proiettato alla presenza del regista, che incontrerà il pubblico alla fine
del film.
Il film è diviso in due capitoli. Nel primo, “The Suite”, Aduaka si sofferma sull’infanzia di
Derek, un bambino di dieci anni costretto dal padre, Tony, a fare di tutto per assomigliare a
Elvis Presley, il mito del rock’n’roll: un’atmosfera claustrofobica che porta a un tragico
finale. Nel secondo capitolo, “The Messiah”, Derek, ormai adulto, incontra per caso un uomo
anziano nel quale ritrova il padre. Elvis Pelvis è strutturato secondo un dualismo attraverso il
quale il regista riesce ad analizzare la rappresentazione dello sdoppiamento della personalità
al quale il protagonista va incontro (Derek/Elvis o Derek/Jimi), per cercare la sua identità.
Qual è il confine fra arte e vita nell’epoca dei miti di massa?
Pele di Fernando Vendrell, 2005, 102’ (anteprima nazionale)
Lisbona, 1972. Olga ha 23 anni ed è una giovane studentessa abituata ad una vita agiata,
ma ferita da un’identità difficile da ricostruire. La sua pelle non è bianca, ma ignora la
sua condizione di meticcia: non vede suo padre da venti anni e non ha mai conosciuto
sua madre, un’angolana. Quando il padre torna dall’Angola, dove è diventato ricco
durante gli anni coloniali, Olga decide di ribellarsi e di riconquistare, anche attraverso il
teatro, la propria pelle e la propria libertà. Una rilettura in chiave portoghese e postcoloniale di Lo specchio della vita di Douglas Sirk, da parte del produttore di O herói
dell’angolano Zézé Gamboa.
Shouf shouf habibi ! di Albert ter Heerdt, 2004, 89’ (anteprima nazionale)
Il film sarà proiettato alla presenza del regista.
La storia tragicomica di due immigrati marocchini in Olanda: uno cerca di integrarsi,
mentre l’altro fa di tutto per evitarlo. Campione di incassi al box office olandese nel
2004 (più di 2 milioni di euro), il film è stato distribuito in oltre 40 paesi ed ha vinto il
Premio speciale della giuria e il Premio della Critica agli Oscar olandesi. Il film è
diventato un vero e proprio caso, tanto da dare origine anche ad una fortunata serie
televisiva.
Kicks di Albert Ter Heerdt, 2006, 112’ (anteprima nazionale)
Il film sarà proiettato alla presenza del regista, che incontrerà il pubblico alla fine
del film.
Due giovani olandesi di origine marocchina osservano una serie di personaggi, allo stesso
tempo buffi e seri, che rappresentano tutti uno strato della società olandese: una bella
ragazza borghese vuole incontrare un “vero” immigrato; un regista cerca di realizzare un
film sui rifugiati; un sergente di origini marocchine va alla ricerca dell’amore vero; una
giovane assistente sociale cerca la felicità al di fuori della famiglia e del lavoro… Il film
è interpretato da alcuni degli attori protagonisti di Shouf shouf habibi!
PANAFRICANA KIDZ
La sezione è pensata per coinvolgere il pubblico più giovane, ma non solo.
In cartellone infatti proponiamo in particolare due film d’eccezione, tra
fantasia e storia vera: in anteprima nazionale, un lungometraggio
d’animazione ispirato a un romanzo storico sull’antico Egitto, il best-seller
dell’egittologo Christian Jacq, e il film biografico ispirato all’attore francoalgerino Messaoud Hattou, con Gérard Depardieu, Nathalie Baye e Mathieu
Amalric.
La Reine soleil di Philippe Leclerc, 2007, 77’, animazione (anteprima nazionale)
Dall’omonimo romanzo storico di Christian Jacq, un film di animazione che racconta della
giovane principessa egiziana Akhesa che si ribella al potere del faraone Akhenaton, suo padre,
e va alla ricerca della madre Nefertiti, antica divinità e regina ora esiliata in un’isola lontana.
Una metafora sul potere del femminile e sulla forza della conoscenza.
Il film sarà presentato dal distributore italiano del film, Giovanni Auriemma.
La falsa nota di Nyambé, Studenti del Master in Tecniche d’Animazione dell’IED di
Torino, 2007, 4’, animazione
Una fiaba musicale che racconta la creazione degli uomini secondo la mitologia Bantu. Il testo
è tratto dal racconto La sanza africana del grande poeta, musicista e scrittore camerunese
Francis Bebey. La sanza è uno strumento musicale molto diffuso in Africa ed è una sorta di
chitarra a pollice.
Michou d’Auber di Thomas Gilou, 2006, 124’
Ambientato negli anni della guerra d’Algeria, il film narra la storia – solo in parte
romanzata – di Messaoud Hattou, autore della sceneggiatura e attore di origine algerina
interprete di due famosi film di Merzak Allouache, Bab el-Oued City e Chouchou.
Messaoud, ragazzino algerino, viene affidato ad una famiglia francese che, per farlo
passare inosservato, lo chiama Michou.
Il film è stato presentato in anteprima al festival di Berlino e poi a Cannes e a Giffoni.
HOMEVIDEO FREE ZONE
La sezione presenta alcuni film di interesse panafricano in uscita nel
mercato homevideo italiano, in collaborazione con tre case di
distribuzione: Lucky Red, 20th Century Fox Home Entertainment e No
Shame.
Daratt di Mahamat Saleh-Haroun, 2006, 96’
Edizione homevideo del film a cura di Lucky Red. Ciad, all’indomani di un’amnistia
generale. Atim, un ragazzo di quindici anni, parte armato di una pistola alla ricerca
dell'assassino di suo padre, ucciso pochi mesi prima della sua nascita, nel corso della
violenta guerra civile. Atim giunge a Ndjamena e trova l'uomo che stava cercando,
Nassara. Colui che si trova davanti, però, non ha l’aspetto di un assassino…
Vincitore del Premio Speciale della Giuria alla 63. Mostra di Venezia, dove ha ottenuto
anche la Menzione speciale del Premio Signis e il Premio La Navicella Venezia Cinema
dell’Ente dello Spettacolo.
Le nevi del Kilimangiaro di Henry King, 1952, 117’
Edizione homevideo del film a cura di 20th Century Fox. Il romanziere Harry Street,
mentre si trova a caccia alle falde del Kilimangiaro, si ammala gravemente in seguito ad
una infezione originata da una ferita alla gamba. Nel delirio della febbre egli rievoca la
sua vita passata, segnata da un’intensa e tragica storia d’amore. Il racconto The Snows
of Kilimanjaro fu scritto da Hemingway durante il suo safari in Kenya, nel 1933.
Posse - La leggenda di Jessie Lee di Mario Van Peebles, 1993, 111’
Edizione homevideo del film a cura di 20th Century Fox. Un gruppo di soldati neri della
fanteria USA , al ritorno dalla guerra di Cuba (1898-89), disertano e si fanno giustizia da
soli passando di villaggio in villaggio fino ad arrivare in una cittadina amministrata da exschiavi. Il regista è il figlio di Melvin Van Peebles, uno dei pionieri del cinema
indipendente afroamericano.
Freeman, l’agente di Harlem di Ivan Dixon, 1973, 102’
Edizione homevideo del film a cura di No Shame. Tratto dal leggendario romanzo di Sam
Greenlee, The Spook Who Sat By the Door (questo il titolo originale del film) è uno dei
manifesti politici del cinema blaxploitation degli anni Settanta. Un agente nero della
Cia, stanco del razzismo dei bianchi, decide di organizzare la sua gente e di chiedere
agli Stati Uniti d’America, con le armi, quei fondamentali diritti umani negati da sempre
ai cittadini afroamericani. Come il romanzo, anche il film è stato violentemente
osteggiato dalla Cia e dalla censura americana, ma, nonostante numerosi tentativi di
distruggerne i negativi originali, è diventato un film di culto.
SGUARDOITALIANO
La sezione raccoglie una selezione di recenti titoli – documentari e finzione
– realizzati da registi italiani, o di origine africana ma residenti in Italia.
Cortometraggi che offrono uno sguardo dall’interno sul nostro rapporto con
il continente africano e le mille suggestioni che nascono dall’incontro.
Lettere dal Sahara di Vittorio De Seta, 2006, 123’
Proiezione in collaborazione con Istituto Luce.
A seguire, incontro con Gabriele Del Grande, ideatore del blog Fortress Europe e
autore del libro Mamadou va a morire. In collaborazione con Infinito Edizioni.
Lettere dal Sahara segna il necessario ritorno sul grande schermo di un "maestro del
cinema del reale” – come Vittorio De Seta è stato definito dal MoMA di New York in
occasione della recente retrospettiva a lui dedicata. Con la storia del viaggio in Italia di
Assane, un giovane e colto immigrato senegalese clandestino, De Seta tiene fede fino in
fondo al suo cinema didattico e di impegno civile. Se il celebre Diario di un maestro ha
cambiato la televisione e il modo di pensare in Italia, speriamo che anche le parole che
De Seta fa dire a un maestro senegalese alla fine del film possano cambiare il modo di
pensare all’immigrazione e agli immigrati/emigrati in Italia. De Seta mantiene un’umiltà
che dovrebbe esserci di lezione, nell’approccio ma anche nel senso del film, riassunto da
queste parole: «Un giorno o l’altro qualcuno di voi partirà verso il Nord: mantenete
intatte le vostre radici, non diventate come loro, ma non sentitevi nemmeno mai
migliori di loro».
Gabriele Del Grande – Fortress Europe / Mamadou va a morire (Infinito Edizioni)
Fortress Europe (http://fortresseurope.blogspot.com) è una rassegna stampa che dal
1988 ad oggi fa memoria delle vittime della frontiera: 11.243 morti, di cui 3.964
dispersi. Sono soprattutto naufragi, ma anche incidenti stradali di tir carichi di uomini
nascosti insieme alle merci. È il caldo nel Sahara o le nevi dei valichi montuosi, sono le
mine dei campi di Evros, in Grecia, sono gli spari della polizia marocchina, dell'esercito
turco o le torture delle carceri in Libia e Algeria. Per chi viaggia da sud, in un modo o
nell´altro, di frontiera non è difficile morire
Mamadou va a morire è il racconto coraggioso di un giornalista che ha seguito per tre
mesi le rotte dei giovani harragas lungo tutto il Mediterraneo, dalla Turchia al Maghreb e
fino al Senegal, nello sforzo di custodire i nomi e la memoria di una generazione vittima
di una mappa. Il suo è anche un grido d’allarme su una tragedia negata, che chiama in
causa l’Europa, i governi africani e le società civili delle due sponde del Mare di Mezzo.
Un grande reportage racconta le vittime dell’immigrazione clandestina, l’invasione che
non c’è e i nuovi gendarmi di un cimitero chiamato Mediterraneo.
Adil e Yusuf di Claudio Noce, 2007, 30’
Adil e Yusuf sono due fratelli somali che vivono a Roma. I due ragazzi hanno idee molto
diverse riguardo il lavoro. Adil non ha voglia di andare a fare lo schiavo, mentre Yusuf è
convinto che il lavoro, pur duro, sia l’unico modo per integrarsi nella società. Dalle note
di regia: “L’idea del progetto è nata da un incontro con due ragazzi, nati in Somalia e
cresciuti a Roma, con cui ho realizzato un documentario intitolato Aman e gli altri”.
Il deserto e il mare di autori vari, 2007, 45’
Il documentario affronta il tema delle migrazioni dal Corno d’Africa e della vita dei
richiedenti asilo e rifugiati in Italia. Frutto di un laboratorio di autonarrazione curato da
Andrea Segre con richiedenti asilo e rifugiati etiopi, sudanesi ed eritrei, il documentario
è stato realizzato da Dagmawi Yimer, Sintayehu Eshetu Solomon Moges e Menghistu
Andechal Adam Awad. Un documento prezioso nato dall’esperienza: storie video che
raccontano in prima persona la memoria del viaggio, la fatica dell'arrivo, la speranza del
futuro.
Frammenti da Nairobi di Giuseppe Sansonna, 2007, 28’
«Frammenti da Nairobi, ovvero frammenti visivi di una città controversa, metafora
pulsante della deriva del capitalismo mondiale. Imbracciata la telecamera, ho filmato la
sfrenata vitalità dello stadio Katamarani, sede del Social Forum: ho visto le splendide
danzatrici etiopi, i loro abiti sfavillanti, la chiassosa festosità dei cortei per i diritti di
base, la stupefacente bellezza dei guerrieri Masai. Poco distante, mi sono imbattuto
nella terribile povertà di Korogocho, la più disastrata delle baraccopoli di Nairobi. Frotte
di individui non registrati in nessuna anagrafe, ammassati in baracche di lamiera. Senza
acqua, senza luce, senza fogna. A ridosso della discarica, principale risorsa economica
del quartiere, hanno costruito un campo da calcio. E’ polveroso, irto di pietre, ma i
ragazzi del quartiere hanno classe e polmoni da vendere» (Giuseppe Sansonna).
Un giorno particolare di Adil Tanani, 2006, 17’
Moustapha, un immigrato maghrebino sui cinquant’anni, vive con il giovane nipote in una
stanza a Torino. Si guadagna da vivere come venditore ambulante e il nipote lo aiuta,
dopo la scuola. Una giornata qualunque nelle strade di Torino, da mattina a sera, che si
illumina di una speranza inaspettata. Una produzione indipendente di un giovane
marocchino che vive in Italia da diversi anni.
Glamour burkinabè di Angela Rosati e Enrico Pergolini, 2007, 28’
Un reportage sull’edizione 2007 del Fespaco, il festival del cinema panafricano di
Ouagadougou, in Burkina Faso: il fermento della città durante il festival, gli eventi
principali, l’inaugurazione allo stadio (40 mila persone), i trailer dei film in concorso, e
ancora, sfilate di moda, concerti, danze tradizionali, interviste a Gaston Kaboré e ad
altri cineasti. Infine, il racconto della prima proiezione cinematografica in un remoto
villaggio del paese.
Gnum-dem – On marche ensemble di Tiziana Manfredi e Giuditta Nelli, 2007, 15’
Il cortometraggio fa parte del progetto Impossible Sites, che, attraverso i linguaggi
dell’arte contemporanea, osserva situazioni sociali difficili. A Dakar, racconta di luoghi
inaccessibili ai disabili e, tramite interventi diretti in città, indaga il concetto di abilità
diversa e come esso venga vissuto e concepito nelle differenti società e culture. Il
documentario ripercorre, riassunto e schematizzato, il lavoro fatto in quattro momenti
salienti, a partire dalla ricerca e dalla “marchiatura” dei “luoghi impossibili”, attraverso
il logo del progetto, con il coinvolgimento diretto della popolazione del quartiere (Grand
Dakar e Rebeus) e di artisti.
Guinea Pig di Antonello De Leo, 2006, 18’
Per aiutare la figlia malata, una donna di colore accetta di sottoporsi ad un esperimento
scientifico che si rivelerà una vera e propria tortura... Il cortometraggio ha lanciato nel
mondo cinematografico l'atleta Fiona May ed ha ricevuto il patrocinio di Amnesty
International Italia, perché ritenuta opera coraggiosa ed utile alla causa della lotta
contro la tortura perpetrata nel mondo.
Jasmine di Mario Garofalo, 2005, 13’
Jasmine, una ragazza di origine araba, è innamorata di Mauro, il più carino della scuola.
Ad una festa organizzata appositamente, i due si incontrano, ma la perfidia di alcune
ragazze è alla porta...
Mbeubeus di Simona Risi, 2007, 18’
Ogni giorno nella discarica di Mbeubeus arrivano dalla città di Dakar milletrecento
tonnellate di rifiuti di ogni genere: domestico, industriale, sanitario. Più di duemila
persone vivono a Mbeubeus: chi recupera, chi vende, chi compra, chi ripara e ricicla.
Mame Ngor è uno dei trecento ragazzi che lavorano nella discarica come recuperatori. In
media un bambino guadagna 1000 Cfa (1,52 Euro) al giorno e per molte famiglie questa
entrata è fondamentale per garantirsi la sopravvivenza. Mame Ngor racconta le sue
giornate rivelando un mondo che, malgrado i fumi tossici, l’odore persistente e il
paesaggio infernale, stupisce per la sua organizzazione e normalità.
Sahara, andata e ritorno di Andrea Segre, 2006, 15’
Vincitore del Premio Accardi 2006, il video – o meglio degli appunti per un
documentario, come li ha definiti l’autore - racconta attraverso un viaggio nel deserto
del Teneré in Niger le conseguenze della guerra contro l’immigrazione clandestina nelle
coste europee del Mediterraneo: la vana traversata del deserto per raggiungere la Libia,
da altri paesi africani, nella speranza di attraversare il mare. Da questi “appunti”, Segre
ha poi realizzato il documentario A Sud di Lampedusa.
Sentieri africani di Andrea Pizzini, 2007, 34’
Il reportage è stato girato durante il Forum Sociale Mondiale tenutosi a Nairobi nel
gennaio 2007, ma gli autori hanno scelto di allontanarsi dalla città e dai suoi slum per
andare nelle campagne africane, dove hanno cercato di capire gli effetti concreti degli
interventi umanitari realizzati dalle Ong europee. Conseguenze spesso nefaste, perché i
progetti che arrivano dall’estero impediscono la crescita di quelli locali. Il film è stato
distribuito in edicola con Carta lo scorso ottobre.
Zakaria di Gianluca e Massimiliano De Serio, 2005, 15’
Momenti dell’educazione di un ragazzo italo-arabo, che deve riappropriarsi della sua
cultura originaria, quella araba, che lui non ha mai conosciuto. La narrazione avviene
attraverso la presentazione di diverse situazioni: la lezione di arabo, l’igiene personale,
la preghiera. Zakaria, che ascolta in cuffia le sue lezioni, trova un maestro in un
coetaneo e omonimo. Presentato al Torino Film Festival e candidato al David di
Donatello 2006 come miglior cortometraggio.
INVITO AL VIAGGIO
La sezione è il diario di bordo del festival, lo spazio dove abbiamo raccolto
titoli fuori formato che ci conducono, attraverso percorsi familiari e
insieme sconosciuti, verso possibili rotte da percorrere in un’Africa tutta da
(ri)scoprire, tra l’home movie e il reportage.
Le Zombie di Lili Hinstin, 2007, 59’
La giovane film-maker non ha mai conosciuto suo nonno Charles Hinstin, se non come
“Le Zombi”, eroe di un racconto di Joseph Kessel. A quarant’anni dalla sua morte, la
nipote viene a conoscenza del fatto che il nonno è stato cercatore d’oro in Camerun
negli anni Trenta, dove aveva avuto un bambino con una donna camerunese. Lili vola in
Camerun sulle tracce di suo nonno, nella speranza di ritrovare lo zio meticcio mai
conosciuto…
Douz di Ali Chemmem, 2007, 35’
Il documentario ci tuffa nella città di Douz, al sud della Tunisia, alle porte del deserto,
in una posizione geografica strategica fra le piste carovaniere che la collegano a
Algeria, Libia, Niger ed Egitto. Douz custodisce un patrimonio storico, sociale,
ambientale, artistico e spirituale che il documentario cerca di trasmettere: un
patrimonio legato in gran parte alla tradizione delle tribù nomadi dei Mrazig.
Mauritania: città-biblioteche nel deserto di Rossella Piccinno, 2006, 54’
La Mauritania è stata, per molti secoli, un centro d’irradiamento culturale in cui la
propagazione e l’acquisizione del sapere dominavano la vita degli uomini e costituivano
un’attività di fondamentale importanza. Le vestigia storiche di città antiche come
Chinguetti, Ouadane, Tichit e Oualata, classificate dall’Unesco Patrimonio Mondiale
dell’Umanità, sono una delle espressioni visibili di questa enorme ricchezza culturale:
antiche “città-biblioteche” minacciate dalla polvere e dalle termiti.
Talam Marocco di Roberto Minini-Meròt, 2006, 58’
Accompagnati da un ospite d’eccezione - il poeta, romanziere e giornalista Tahar Ben
Jelloun - il documentario ci guida alla scoperta di un paese caratterizzato da una
straordinaria varietà di paesaggi e di culture. Nonostante la sua storia tormentata, il
Marocco è stato capace di trasformare queste vicissitudini e il suo miscuglio di popoli in
una sorgente di ricchezza culturale e artistica che ben si riflette anche nella musica
tradizionale.
OMAGGI
Il 2007 ha purtroppo segnato la scomparsa di alcune personalità di punta del
cinema africano ed inoltre è l’anno in cui ricorrono alcuni importanti
anniversari. Panafricana intende ricordare tutti questi eventi con alcuni
doverosi omaggi, con proiezioni speciali e incontri. Oltre all’omaggio a
Sembène - realizzato in collaborazione con Lucky Red con la proiezione del
film Moolaadé, scelto dallo stesso Kaborè per la sua serata Carta bianca – il
festival prevede altri quattro omaggi.
Ahmed Bahaeddine Attia
Un doveroso omaggio verrà reso al produttore tunisino Ahmed Bahaeddine Attia (morto il
10 agosto 2007), che ha sostenuto con la sua Cinétéléfilms alcune delle voci più
importanti del cinema africano contemporaneo, tra cui Nouri Bouzid, ospite delle
Lezioni di cinema di Panafricana 2006. Lo ricorderemo con la proiezione del film Po di
sangui del regista guineano Flora Gomes.
Po di sangui di Flora Gomes, 1996, 90’
Secondo la tradizione animista, per ogni bambino che nasce viene piantato un albero in
cui resta la sua anima. Così, quando si avvicineranno le motoseghe, il villaggio in cui è
ambientata la storia sceglierà l’esilio. Il messaggio ecologista del film, espresso con un
linguaggio cinematografico estremamente curato e poetico, affonda le proprie radici
nelle tradizioni e nelle culture africane. Po di sangui, come suggerisce il regista, è un
messaggio di speranza e un appello a resistere alle trasformazioni del paesaggio umano e
naturale di molti luoghi, specialmente quando queste trasformazioni, significano una
perdita dolorosa di una parte che ci appartiene molto più visceralmente di quanto
immaginiamo.
Che Guevara
La ricorrenza dei quarant’anni dalla morte di Che Guevara sarà l’occasione per
ricordare i legami profondi tra Africa e Cuba, negli anni delle lotte di liberazione dal
colonialismo, attraverso lo splendido documentario – coprodotto da Arte – Cuba, une
odyssée africaine della regista egiziana di origine libanese Jihan El Tahri.
Cuba, une odyssée africaine di Jihan El Tahri, 2006, 118’
Il documentario ripercorre trent’anni di guerra fredda sotto una nuova angolazione,
l’impegno di 500.000 Internazionalisti Cubani venuti ad aiutare i paesi africani a liberarsi
dal giogo coloniale: dall’arrivo di Che Guevara in Congo, poco dopo l’assassinio di
Lumumba, all’indipendenza dell’Angola del 1975, fino all’intervento di Fidel Castro ed ai
negoziati del Cairo del 1988 tra Angola e Sudafrica, che avrebbero portato alla
liberazione di Nelson Mandela…
Thomas Sankara
Aderendo alle iniziative del Comitato Italiano Sankara XX Anniversario, il festival – in
collaborazione con il Movimento degli Africani - renderà omaggio a Thomas Sankara, il
“presidente ribelle” del Burkina Faso, assassinato venti anni fa con un colpo di stato, il
15 ottobre 1987, dopo quattro anni di una pacifica rivoluzione in cui il giovane leader
(aveva solo 37 anni) aveva portato uno dei paesi più poveri del mondo a «cercare la
felicità» e ad «osare inventare l’avvenire» attraverso grandi riforme in campo politico,
economico e culturale.
Thomas Sankara, l’homme intègre di Robin Shuffield, 2006, 52’
Coprodotto da Arte, il documentario ricostruisce – attraverso immagini d’archivio e
interviste a collaboratori, amici e politici dell’epoca – la figura di Sankara, definito “il
Che africano”: assassinato con un colpo di stato il 15 ottobre 1987, dopo quattro anni di
una pacifica rivoluzione in cui il giovane leader (aveva solo 37 anni) aveva portato uno
dei paesi più poveri del mondo a «cercare la felicità» e ad «osare inventare l’avvenire»
attraverso grandi riforme in campo politico, economico e culturale. Il ritratto di un
uomo integro divenuto a soli 34 anni il presidente del Burkina Faso e che ancora oggi, a
vent’anni dalla sua scomparsa, è vivo nella memoria di tutto il continente africano, e
non solo.
Il film è presentato in collaborazione con il Movimento degli Africani.
Alberto Moravia
Quest’anno ricorre anche il centenario della nascita di Alberto Moravia. Grazie alla
collaborazione con Rai Teche avremo modo di rivedere alcuni dei lavori per il piccolo
schermo che lo scrittore – e infaticabile viaggiatore - ha scritto e realizzato sull’Africa,
in collaborazione con Dacia Maraini, Gianni Barcelloni e Andrea Anderman.
Abramo in Africa di Gianni Barcelloni-Corte, 1973, 81’, docufiction
Africa occidentale, un uomo mentre pesca trova nel fiume una pentola con un bambino.
Portatolo a casa dalla moglie decidono di crescerlo come un loro figlio. Dopo alcuni anni,
un’epidemia colpisce il villaggio e la donna muore. Il marito, persuaso che il bambino
porti sventura, decide di sacrificarlo al suo Dio, ma un intervento inaspettato salverà il
bambino. Una docufiction girata in Niger, Nigeria e Costa d’Avorio.
L’altra faccia del sole: Reportage dall’Etiopia di Alberto Moravia di Gianni
Barcelloni, 1987, 51’, doc.
Un reportage sull’Etiopia: la sua estensione, il clima, le difficili condizioni di vita dei suoi
abitanti, le risorse economiche e l’artigianato, gli interventi umanitari in favore delle
popolazioni etiopiche, l’estrema miseria di molta parte della popolazione, i motivi politici che
impediscono un’azione più incisiva di solidarietà. Moravia incontra alcuni abitanti dell’Etiopia
e assiste ad alcuni momenti della loro giornata.
Africa dove di Andrea Anderman, 1990, 71’, doc.
Andrea Anderman, regista e produttore televisivo, realizza un film di montaggio sulla
base dei numerosi reportage effettuati in Africa da Moravia per la serie televisiva
“Alcune Afriche”, da lui ideata. Il documentario si conclude con un messaggio di
Anderman, rivolto alla mdp, che fa gli auguri a Moravia, perché il film sarebbe stato
trasmesso in occasione del suo compleanno.
SERATA AMREF
La serata di apertura, sabato 1 dicembre a Villa Medici, sarà realizzata in
collaborazione con Amref, in occasione dei 50 anni dell’Ong e della giornata mondiale
dell’Aids. Nel corso della serata presenteremo il documentario di Giovanni Piperno This
Is My Sister e l’installazione “Scatti di strada”, un racconto fotografico dei ragazzi di
strada di Nairobi, a cura di Giuliano Matteucci e realizzata con una trentina di
fotocamere usa e getta utilizzate dai ragazzi degli slum di Kawangware e Withaka, due
tra le più grandi baraccopoli di Nairobi. L’installazione resterà aperta a Villa Medici
durante tutto il festival, ogni giorno dalle 18 alle 21.
This is my sister di Giovanni Piperno, 2006, 62’
Il documentario è prodotto da Amref (African Medical and Research Foundation), Onlus
che da cinquanta anni si batte per sostenere e aiutare il continente africano. Oltre a
progetti per aiuti umanitari, per portare medicinali, per la costruzione di scuole e pozzi,
Amref ha deciso di cominciare ad intervenire anche sul piano culturale per dare
un’immagine diversa dell’Africa, lontana dai cliché che ci vengono quotidianamente
proposti. Anche il regista Giovanni Piperno ha cercato un punto di vista nuovo per
rappresentare il problema dell’Aids. Nella periferia di Nairobi vivono Jane Kinyanjui e
suo figlio Alvin: sono entrambi positivi al virus dell’HIV. Jane per seguire il piccolo Alvin
perde il lavoro, non sa più che fare, non vuole parlare della sua malattia, perché ha
paura di venire isolata e cade in una forte depressione. Parallela alla storia di Jane, c’è
quella di sua sorella Martha, una donna forte e di spirito, che desidera aprire un salone
di bellezza.