Sbiancamento dentale laser-assistito

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Sbiancamento dentale laser-assistito
speciality_conservativa
Sbiancamento dentale
laser-assistito
Autori_M. Campailla, M. Ferretti, G. Olivi, R. Botti, R. Repetti
_Introduzione
Il sorriso è di particolare interesse per un gran
numero di persone che richiedono cure odontoiatriche, e il colore dei denti riveste una notevole
importanza cosmetica.
Recentemente è aumentato l’interesse nei
confronti di trattamenti cosmetici sbiancanti,
come dimostrato dal gran numero di prodotti specifici apparsi sul mercato; alcuni di questi vengono
venduti come prodotti da banco senza coinvolgimento professionale nel loro utilizzo(1).
Prima di parlare di sbiancamento professionale è necessario definire e classificare le discromie
dentali: le discromie vengono classificate in base
alla loro localizzazione rispetto ai tessuti del dente
in intrinseche, estrinseche e internalizzate.
- Le discromie intrinseche sono manifestazione di un cambiamento a livello della composizione
strutturale o dello spessore dei tessuti duri dentali,
causato da malattie metaboliche o da fattori sistemici che possono influenzare lo sviluppo della
dentizione.
- Le discromie estrinseche sono causate dalla deposizione di composti cromogeni all’interno
della pellicola acquisita. Tali composti producono
un pigmento primario oppure interagiscono chimicamente con la superficie del dente.
- Le discromie internalizzate sono macchie
estrinseche che vengono incorporate all’interno
della sostanza del dente attraverso difetti di sviluppo o acquisiti (carie, usura, materiali da restauro)(1,2).
Il trattamento delle discromie estrinseche si
effettua con specifico polishing selettivo o con
getto di bicarbonato micronizzato, effettuato dal
dentista o dall’igienista dentale.
Le discromie internalizzate e quelle intrinseche possono essere migliorate dallo sbiancamento
professionale o domiciliare.
Lo sbiancamento dentale deve la sua efficacia
a una reazione chimica di ossidoriduzione in cui,
partendo da perossidi generalmente di idrogeno o
di carbammide, vengono liberate molecole di os-
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sigeno nascente in grado di diffondere all’interno
dei tessuti duri del dente ed eliminare i pigmenti
responsabili delle discromie. Le sostanze cromogene si riscontrano nella componente organica dei
tessuti del dente, quindi nello smalto interprismatico e nella componente organica della dentina.
Sono complessi organici contenenti doppi legami
coniugati, sistemi chinonici e aromatici. Gli agenti
ossidanti, come i perossidi, rompono i doppi legami e scompongono le molecole di pigmento in
molecole più corte, semplici e con un minore peso
molecolare. I composti che si formano, spesso acidi carbossilici, sono incolori, molto solubili in acqua, e possono facilmente diffondere all’esterno
del dente, anche grazie alla caratteristica effervescenza dell’ossigeno(3-9).
La dissociazione del perossido di idrogeno viene favorita da un aumento della temperatura secondo l’equazione H2O2+211kJ/mol→2HO● (termocatalisi). Da ciò si ricava un incremento nella
velocità di decomposizione di un fattore di 2.2 per
ogni aumento di 10 oC della temperatura. Tuttavia,
la possibilità di incremento di temperatura è limitata a causa di eventuali danni termici alla polpa
dentale. Comunque, l’agente sbiancante applicato
si comporta come un isolante riducendo l’aumento di temperatura intrapulpare rispetto alla sola
irradiazione di luce(3).
L’agente sbiancante scaldato, inoltre, penetra
più in profondità e più rapidamente nei tessuti
dentali(10,11). Ciò può spiegare l’effetto sbiancante dei trattamenti attivati tramite calore, anche
quando applicati per brevi periodi di tempo.
L’attivazione può essere eseguita con lampade
alogene, al plasma, a infrarosso e, più recentemente, dall’emissione di luce laser. La fondamentale differenza tra queste fonti di luce è che i laser
emettono una luce monocromatica ben definita
con una singola lunghezza d’onda(3).
L’utilizzo della luce laser è un presidio relativamente nuovo per lo sbiancamento dentale e
presenta alcuni vantaggi rispetto a molti prodotti
sbiancanti professionali, domiciliari o da banco. Il
trattamento può essere completato in un’unica
seduta e permette di trattare anche un singolo elemento o una sua determinata parte (es. pigmen-
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tazioni da tetraciclina localizzate). La scelta della
lunghezza d’onda dipende dall’interazione lucetessuto bersaglio. Il gel sbiancante, da una parte,
deve assorbire la luce e il dente, dall’altra parte,
dovrebbe esserne colpito il meno possibile(12). Perciò, nei gel vengono incorporati foto-iniziatori o
pigmenti in grado di assorbire la luce emessa da
una data lunghezza d’onda(13). Questo effetto fototermico è utilizzato dai laser a diodi (810 o 980
nm) e Nd:YAG (1064 nm). La luce emessa dal laser
CO2 (10.600 nm) è facilmente assorbita in circa 0,1
mm di una soluzione acquosa indipendentemente dal colore. Questo rapido assorbimento scalda
l’agente sbiancante più velocemente di una convenzionale fonte di calore, facendo in modo che la
polpa non venga colpita(14).
La luce verde dei laser possiede inoltre un effetto fotochimico che fa affidamento su un assorbimento specifico di un ristretto spettro di luce
verde (510-540 nm) da parte di composti formati
da apatite, porfirina e tetracicline(15). Il laser ad argon (514,5 nm) e il KTP (532 nm) possono essere
usati per lo sbiancamento fotochimica, in quanto
la loro lunghezza d’onda si avvicina al massimo
assorbimento di tali composti (525-530 nm)(16).
Questi laser a luce verde possono avere buoni risultati in casi che non rispondono al tradizionale
sbiancamento fototermico(17).
Gli sbiancamenti laser-attivati, inoltre, offrono
un miglioramento in termini di efficienza e protezione dello smalto dentale(12).
Scopo del presente lavoro è proporre una metodica semplice e ripetibile per lo sbiancamento
con laser a diodi di denti vitali.
_Materiali e metodi
Procedure preliminari
Il protocollo clinico da noi utilizzato prevede,
prima di eseguire la seduta di sbiancamento, una
serie di procedure preliminari.
-Anamnesi generale e odontoiatrica: serve a
identificare eventuali abitudini alimentari o
di vita scorrette (fumo, alimenti cromogeni,
assunzione di caffè), oltre che a verificare la
compliance del paziente.
-Esame dei tessuti molli: trattandosi di procedura cosmetica, se sono presenti lesioni parodontali (tasche, recessioni ecc.) è necessario
procedere alla specifica terapia professionale
prima di iniziare lo sbiancamento.
-Esame dei tessuti duri: eventuali restauri diretti o indiretti non subiranno modificazioni
con il trattamento sbiancante. La presenza di
lesioni cariose, abrasioni, erosioni cervicali dovrà essere affrontata e risolta prima del trattamento sbiancante.
- Esame radiografico: può evidenziare la presenza di denti devitalizzati, di problemi endodontici, conservativi o parodontali.
- Preparazione iniziale: nella nostra pratica
quotidiana non si esegue lo sbiancamento dentale
se il paziente non è in condizioni parodontali buone, con un ottimo controllo di placca e un’adeguata motivazione al mantenimento domiciliare.
- Esame fotografico e rilevazione del colore:
trattandosi di trattamento cosmetico è necessario documentare fotograficamente lo “status quo
ante” al fine di migliorare la comunicazione con il
paziente e prevenire il contenzioso medico-legale
(Fig. 1).
- Consenso informato: sempre obbligatorio
per qualunque prestazione medica ma, a maggior
ragione, per una prestazione estetica.
Fig. 1_colore iniziale.
Sequenza operativa
Per prima cosa, si applica vaselina in crema per
evitare che la cute perilabiale si disidrati durante la
seduta. Si inserisce un apribocca, meglio con stop
linguale, per evitare che la stessa venga a contatto con i prodotti sbiancanti. Vengono deterse le
superfici dei denti da sbiancare con pomice micronizzata e perossido di idrogeno al 3% attraverso
l’utilizzo di una coppetta o spazzolino montati su
_gli autori
KIT BASE SBIANCAMENTO
Vaselina in crema
Apribocca
Diga fotopolimerizzabile
Lampada fotopolimerizzante
Perossido di idrogeno 3%
Pomice micronizzata
Perossido di idrogeno 35%
Spatola di Heidemann
Laser a diodi con lunghezza d’onda 980 nm
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Fig. 2
Fig. 3
Fig. 2_detersione delle superfici
da sbiancare con pomice e acqua
ossigenata.
Fig. 3_ posizionamento della diga
liquida fotopolomerizzabile
a protezione dei tessuti molli.
Fig. 4_il gel sbiancante posizionato
sugli elementi dentari.
Fig. 5_ irraggiamento del gel
sbiancante con luce laser
a diodi 980 nm.
Si asciugano denti e mucose con getto d’aria
e si applica la diga liquida fotopolimerizzabile
sul margine gengivale dei denti da sbiancare, per
un’altezza di 2-3 mm, facendo particolarmente attenzione all’area delle papille interdentali (Fig. 3).
A questo punto si applica, mediante una spatola di Heidemann, il gel sbiancante a base di
perossido di idrogeno al 35% sulle superfici dentali interessate (di solito da secondo premolare a
secondo premolare) per uno spessore di 2-3 mm
(Fig. 4).
Molte ditte forniscono il gel sbiancante in
una pratica siringa pronta all’uso; altre prevedono
la miscelazione di due liquidi o di una polvere e
un liquido. Si può procedere con tecnica “double
arch”, agendo sulle due arcate in contemporanea
o, preferibilmente, sbiancando un’arcata per volta. La nostra scuola consiglia di eseguire il solo
sbiancamento dell’arcata superiore e, a distanza di
una settimana, eseguire il trattamento dell’arcata
inferiore, in modo da rendere il paziente maggiormente consapevole del risultato conseguito. Il gel
viene successivamente attivato con luce laser (la-
Fig. 5
Fig. 4
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micromotore (Fig. 2).
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ser a diodi 980 nm, Smart 980-Deka-Italia) con
parametri 1 watt in modalità continua (cw) per
30 sec. a elemento, irradiando a denti alterni in
modo che lo stesso elemento non subisca una sovraesposizione di luce durante l’irraggiamento del
dente contiguo (Fig. 5).
Si utilizza un manipolo defocalizzato no-contact, mantenuto in movimento a una distanza di
circa 1 cm.
Una novità proposta dalla nostra scuola consiste nell’interporre tra il gel e l’ambiente una
barriera rappresentata da un foglio di pellicola
trasparente adagiato da un lato alla diga fotopolimerizzata, e dall’altro al versante linguale/palatale
dei denti (Fig. 6). La barriera consente di indirizzare
la totalità di ossigeno verso la superficie del dente.
Dopo 15-18 min. di azione da parte del gel
sbiancante, la pellicola viene rimossa, così come il
gel e la diga liquida (Fig. 7).
Si controlla il risultato ottenuto e si documenta fotograficamente. Nel caso si presentasse una
lesione dei tessuti molli, si può procedere irrigando il tessuto con getto d’acqua e applicando un
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Fig. 6
gel a base di vitamina E.
Allo scopo di uniformare il risultato ottenuto, il paziente prosegue il trattamento sbiancante domiciliarmente, utilizzando mascherine preformate a base di perossido di idrogeno al 10%
(Opalescence Treswhite Supreme, Ultradent) per
una settimana, al termine del quale si rivalutano
fotograficamente i risultati (Fig. 8).
_Discussione
La crescente richiesta da parte dei pazienti di
trattamenti sbiancanti ha portato negli ultimi anni
a un costante sviluppo di materiali e tecniche per
ottenere risultati predicibili con metodiche sicure,
semplici e ripetibili. Tra queste tecniche, l’utilizzo
della luce laser a 980 nanometri (laser a diodi) trova una sua collocazione ideale in quanto:
1. permette di ridurre i tempi operatori e quindi
il rischio di overbleaching e sensibilità postoperatoria;
2. permette all’ossigeno nascente di penetrare in
profondità nello smalto e nella dentina esplicando un’azione efficace anche su discromie
da tetraciclina(18);
3. determina un minimo incremento di temperatura intrapulpare, quindi viene scongiurato il
rischio di danni per la polpa.
L’azione della luce laser per attivare il gel
sbiancante posizionato sui denti è quella di scaldare il gel stesso catalizzando la reazione di ossidoriduzione che porta alla formazione dei radicali
di ossigeno nascente(3,12). L’ossigeno che si forma
agisce chimicamente sugli agenti pigmentanti
eliminando le catene carbonio-carbonio dai quali sono formati. In questo modo si ottengono risultati soddisfacenti con un’unica applicazione di
15-20 minuti nella maggioranza dei casi. I tempi
di applicazione ridotti scongiurano l’insorgenza
di eventuali fenomeni di overbleaching quali iper-
Fig. 7
sensibilità pulpo-dentinale e demineralizazioni
dello smalto. Seguendo il principio fondamentale
in Medicina “primum non nocere”, lo sbiancamento dentale deve migliorare l’estetica dentale senza però compromettere in alcun modo l’integrità
strutturale dello smalto. Tempi di applicazione
troppo lunghi o prodotti molto aggressivi possono
portare a danni irreversibili dello smalto(12).
A differenza di altre sorgenti luminose ad alta
potenza (lampade al plasma o a incandescenza), il
laser emette una luce monocromatica ben definita, utile all’attivazione del gel sbiancante, e non
un’ampia gamma di lunghezze d’onda che possono causare accumulo termico sul tessuto pulpare.
L’incremento di temperatura nella camera pulpare
utilizzando laser a diodi con potenze di 1-2 W per
tempi non superiori al minuto è al di sotto dei 5,5
oC, che è oggigiorno considerata la temperatura
limite per prevenire danni termici irreversibili alla
Fig. 6_pellicola trasparente che
impedisce all’ossigeno di liberarsi
verso l’ambiente esterno
Fig. 7_ colore al termine della seduta
di sbiancamento professionale
Fig. 8_ colore finale dopo una
settimana di trattamento domiciliare
con mascherine preformate
Fig. 8
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polpa(19).
L’interposizione della pellicola trasparente
consente di dirigere la totalità dell’ossigeno nascente verso la superficie dello smalto e non verso
l’esterno. In questo modo si ottiene un’azione più
efficace in un tempo minore, riducendo il rischio
di overbleaching.
_gli autori
_Conclusione
Il trattamento sbiancante realizzato con attivazione del gel tramite luce laser diodica a 980
nanometri consente di ottenere risultati efficaci,
rapidi e sicuri, se utilizzato correttamente secondo
i protocolli indicati.
cosmetic
dent istry
M. Campailla, M. Ferretti, G. Olivi, R. Repetti
Università degli studi di Genova-DISTBIMO-Centro Dipartimentale di laser
terapia e laser chirurgia (Direttore: prof. A. Benedicenti).
R. Botti
Università degli Studi “La Sapienza” di Roma.
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