Caratterizzazione Meccanica di Tessuti Tecnici per Serigrafia: Prove

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Caratterizzazione Meccanica di Tessuti Tecnici per Serigrafia: Prove
Dottorato di Ricerca in Ingegneria dei Materiali
Ph.D. Degree in Materials Engineering
Carola Corazza
Caratterizzazione Meccanica
di Tessuti Tecnici per Serigrafia:
Prove Sperimentali e
Analisi Numeriche
Caratterizzazione Meccanica
di Tessuti Tecnici per Serigrafia:
Prove Sperimentali e Analisi Numeriche
Tesi presentata per il
conseguimento del titolo di Dottore di Ricerca
POLITECNICO DI MILANO
Dottorato in Ingegneria dei Materiali – XVIII ciclo
di
Carola Corazza
Aprile, 2006
Dottorato in Ingegneria dei Materiali – XVIII ciclo
Politecnico di Milano
Coordinatore: Prof. Giuseppe Zerbi
Caratterizzazione Meccanica di Tessuti Tecnici per Serigrafia:
Prove Sperimentali e Analisi Numeriche
Tesi di Dottorato dell’Ing. Carola Corazza
Relatore: Prof. Carlo Poggi
Correlatore: Prof. Valter Carvelli
Prof. Virginio Quaglini
Aprile, 2006
La presente Tesi è stata svolta nell’ambito del dottorato di Ingegneria dei
Materiali presso il Politecnico di Milano negli anni 2003-2006 grazie al
contributo della ditta Saatiprint Spa che ha finanziato la borsa di dottorato.
Ringraziamenti
Questo lavoro è stato possibile grazie agli sforzi del Prof. Carlo Poggi e dell’Ing. Paolo
Fracas per organizzare la collaborazione tra il Politecnico di Milano e la Saatiprint Spa.
In primis desidero ringraziare la Saatiprint, ed in particolare Paolo Fracas, Marco
Mietta e Raffaele Corvaglia, per l’interessamento ed il supporto fornitomi durante la
tesi di dottorato.
Un sentito ringraziamento va al Prof. Carlo Poggi che oltre ad aver reso possibile
questa esperienza mi ha sempre spronata a migliorare e a vedere al di là
dell’immediato.
Uno speciale grazie va a Valter Carvelli e Virginio Quaglini che con la loro pazienza e
indubbia capacità, nonostante la mia testardaggine, mi hanno sempre aiutata e
incoraggiata.
Non posso poi tralasciare di ricordare tutte quelle persone che hanno reso questa
esperienza molto piacevole e, sebbene non posso elencarle tutte, devo almeno citare
Tiziana, Gigi, Paolo, Michela, Carla, Charlotte (anche se per un breve periodo), e per
ultima ma prima per importanza Elisabetta.
Un grosso pensiero va ai miei genitori, a mio fratello, alle mie nonne, a mia zia Silvana
e mio cugino Pietro per la loro fiducia ed il loro amore che so non verrà mai meno.
Infine come dimenticarmi della persona che negli ultimi tre anni ha rapito il mio cuore
con la sua dolcezza sopportando le mie stranezze e i miei sfoghi (sarà forse per questo
che a volte ti senti un vecchietto?) ... grazie per tutto!
Carola
Milano, Aprile 2006
Facciamo attenzione che la nostra mente non diventi il nostro oggetto di culto;
ha certamente un muscolo poderoso, ma non personalità.
Albert Einstein
Intelligenza non è non commettere errori, ma scoprire subito il modo di trarne
profitto.
Bertolt Brecht
Una macchina può fare il lavoro di cinquanta uomini comuni. Nessuna
macchina può fare il lavoro di un uomo eccezionale.
Elbert Green Hubbard
INDICE
Indice ...........................................................................................................
i
Sommario ...................................................................................................
v
Summary ..................................................................................................... vii
1 Introduzione ..............................................................................................
1
2 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte ..........................
5
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2.1 Tessuti tecnici ........................................................................................
2.1.1 La natura dei tessuti tecnici e le loro applicazioni......................
2.1.2 Tipi di tessuti tecnici ..................................................................
2.2 La serigrafica .........................................................................................
2.2.1 Requisiti essenziali di un tessuto per serigrafia ..........................
2.2.2 Tensionamento di un tessuto ......................................................
2.2.3 Realizzazione della matrice ........................................................
2.3 Approccio sperimentale .........................................................................
2.4 Approccio teorico ..................................................................................
2.4.1 Criteri di resistenza della macro-meccanica ...............................
2.4.1.1 Criteri con meccanismi di collasso indipendenti ..........
2.4.1.2 Criteri con interazione dei meccanismi di collasso ......
2.5 Approccio numerico ..............................................................................
2.5.1 Descrizione geometrica dei tessuti .............................................
2.5.2 Modelli numerici per i tessuti.....................................................
2.5.3 Metodo di omogeneizzazione.....................................................
i
3 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale .............................. 35
3.1 Introduzione ..........................................................................................
3.2 Specifiche di progetto ............................................................................
3.3 Descrizione dell’apparecchiatura di prova biassiale ..............................
3.3.1 Telaio e Sistema di trasmissione ................................................
3.3.2 Trasduttori di carico e morsetti...................................................
3.3.2.1 Celle di carico...............................................................
3.3.2.2 Morsetti .......................................................................
3.3.3 Sistema di misura delle deformazioni.........................................
3.3.4 Azionamenti elettrici ..................................................................
3.3.5 Sistema di condizionamento dei trasduttori................................
3.4 Calibrazione della macchina di prova....................................................
3.4.1 Calibrazione delle celle di carico................................................
3.4.2 Verifica della calibrazione del video-estensometro....................
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4 Misure sperimentali e calcolo di sforzi e deformazioni .................. 63
4.1 Definizione delle grandezze cinematiche e statiche...............................
4.2 Valutazione delle componenti di deformazione.....................................
4.2.1 Deformazioni medie e globali ....................................................
4.2.2 Campo di deformazione locale ...................................................
4.3 Valutazione delle componenti di sforzo.................................................
4.4 Discussione ............................................................................................
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73
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5 Esempi di caratterizzazione sperimentali di tessuti tecnici............ 75
5.1
5.2
5.3
5.4
5.5
Introduzione...........................................................................................
Parametri geometrici .............................................................................
Coefficiente di attrito dinamico .............................................................
Prove di trazione sul filo........................................................................
Prove di trazione sul tessuto ..................................................................
5.5.1 Metodo di prova .........................................................................
5.5.1.1 Preparazione dei provini...............................................
5.5.1.2 Procedura di prova........................................................
5.5.2 Risultati ......................................................................................
5.5.2.1 Valutazione degli scorrimenti angolari.........................
5.5.2.2 Analisi del campo di deformazione locale....................
5.5.2.3 Prove uniassiali.............................................................
ii
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99
Indice
5.5.2.4 Prove biassiali .............................................................. 110
5.5.2.5 Dominio di resistenza ................................................... 115
5.6 Discussione ............................................................................................ 117
6 Simulazione numerica delle prove sperimentali ............................. 119
6.1
6.2
6.3
6.4
6.5
6.6
Introduzione...........................................................................................
Modello geometrico...............................................................................
Modello ad elementi finiti (FEM)..........................................................
Identificazione del legame costitutivo del materiale..............................
Risultati delle analisi numeriche e validazione del modello ..................
Discussione ............................................................................................
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7 Conclusioni ......................................................................................... 139
7.1 Risultati.................................................................................................. 140
7.2 Questioni aperte ..................................................................................... 141
7.3 Sviluppi futuri........................................................................................ 142
Appendice A ....................................................................................... 143
Appendice B ....................................................................................... 149
Appendice C ....................................................................................... 155
Bibliografia .............................................................................................. 161
Pubblicazioni inerenti al lavoro di tesi.................................................. 169
iii
SOMMARIO
Per tessuti tecnici si intendono quei tessuti dove il valore estetico risulta trascurabile
rispetto a quello del comportamento strutturale, ed in questa categoria rientrano
molteplici tipi di tessuti, che si differenziano sia per la struttura morfologica (plain
weave, twill weave, satin weave, knit, braid) che per la natura chimica delle fibre
(nylon, poliestere, carbonio). Le loro applicazioni sono molteplici e vanno dall’utilizzo
come materiali per la realizzazione di filtri bomedicali e geotessili, all’impiego come
rinforzi strutturali per calcestruzzo, materie plastiche e leghe leggere utilizzati nel
campo delle costruzioni e dei trasporti, fino all’utilizzo nella stampa serigrafica.
La presente tesi è focalizzata sullo studio della meccanica dei tessuti tecnici, sia dal
punto di vista sperimentale che modellistico. I principali risultati conseguiti sono stati:
(a) la progettazione di alcuni componenti di un dispositivo di prova biassiale, per la
sperimentazione di tali tessuti;
(b) la caratterizzazione sperimentale, mediante il dispositivo biassiale messo a punto,
del comportamento meccanico dei tessuti, consistente nella misura dei parametri
della matrice di rigidezza elastica e nella determinazione del dominio di resistenza;
(c) la realizzazione di un modello numerico ad elementi finiti tridimensionale in grado
di simulare il comportamento meccanico del tessuto e, la sua validazione con le
corrispondenti curve sforzo-deformazione sperimentali.
Nel Capitolo 1 sono definiti l’obiettivo generale della tesi, le sue motivazioni e la
modalità con cui questo obiettivo è stato perseguito.
Il Capitolo 2 contiene una breve panoramica delle caratteristiche e possibili
applicazioni dei tessuti tecnici ed in particolare di quelli a maglia semplice (plain
weave). In seguito è descritta la tecnica serigrafica, focalizzando l’attenzione sulla
realizzazione dei quadri serigrafici ed evidenziando le specifiche richieste ai tessuti.
Infine è fornita un’analisi della letteratura tecnica relativa ai diversi metodi di analisi,
che mostra l’esigenza di una interazione tra prove sperimentali e analisi numeriche.
Il Capitolo 3 è dedicato alla descrizione del sistema di prova biassiale messo a punto
nella presente tesi per la caratterizzazione di tessuti tessili. Dopo aver definito le
specifiche di progetto, sono descritti i singoli componenti del sistema, le soluzioni
progettuali adottate, e la loro funzione rispetto al soddisfacimento delle specifiche. Un
maggior dettaglio è riservato alla descrizione dei trasduttori di carico, degli afferraggi e
del trasduttore di deformazione (videoestensometro) che sono stati realizzati “su
misura” per soddisfare specifiche richieste.
v
Il Capitolo 4 è dedicato alla descrizione dei metodi teorici utilizzati per
l’interpretazione delle misure ottenute nelle prove uniassiali e biassiali. Inizialmente
viene presentato l’approccio Lagrangiano utilizzato per l’analisi delle prove su provini
planari. Successivamente si passa ad illustrare come le definizioni di sforzo e
deformazione vengano utilizzate per calcolare le grandezze cinematiche e statiche a
partire dai dati sperimentali; in particolare si mostra come è possibile ricavare dalle
registrazioni del videoestensometro l’intero campo delle deformazione di GreenLagrange e dalle misure delle forze registrate dalle celle di carico le componenti di
sforzo di Piola-Kirchoff.
Il Capitolo 5 è focalizzato sugli esperimenti effettuati sui due campioni di tessuto
tecnico monofilamento a maglia semplice con fili in poliestere utilizzati per serigrafia.
Da prima si sono investigate le proprietà geometriche e meccaniche dei fili costituenti i
tessuti, e successivamente si è definita una procedura sperimentale, comprendente
prove di trazione uniassiali e biassiali sotto un’ampia combinazione di sforzi e/o
deformazioni per misurare le proprietà elastiche e a rottura dei tessuti. I risultati degli
esperimenti sono presentati e discussi.
Nel Capitolo 6 è sviluppato un modello numerico ad elementi finiti tridimensionale
atto a predire il comportamento meccanico di tessuti a maglia semplice. L'assunzione di
una regolare distribuzione dei fili ha permesso di sfruttare la teoria
dell'omogeneizzazione per mezzi periodici e di eseguire le analisi numeriche su un
volume rappresentativo. Il modello è stato quindi applicato alla descrizione del
comportamento sforzo-deformazione dei tessuti per serigrafia investigati nel Capitolo
5. Come dati d'ingresso si sono utilizzati i dati relativi alla geometria della maglia e al
comportamento meccanico uniassiale dei fili. Dopo aver convalidato il modello
numerico tramite il confronto delle curve sforzo-deformazione ottenute dalle
simulazioni con le corrispondenti curve sperimentali, questo modello è stato applicato
allo studio del comportamento di due tessuti tecnici utilizzati per serigrafia.
Il Capitolo 7 riassume i risultati e le innovazioni essenziali del presente lavoro. In
aggiunta discute i punti di forza e le limitazioni del modello numerico. Infine sono
identificate le aree di ricerca futura.
vi
SUMMARY
“Technical textiles” is the expression used to describe those textiles where the aesthetic
value turn out negligible compared to that of the structural behaviour, and in this
category are included several types of tissues, which differ for both morphologic
structure (plain weave, twill weave, satin weave, knit, braid) and fiber chemical
composition (nylon, polyester, carbon). Their applications are multiple and go from the
use as materials for the realization of biomedical and geotextile filters, to the
employment as structural reinforcements for concrete, plastics and light alloys used in
the constructions and transports fields, up to the use in screen printing.
In this work the analysis of the mechanical properties of technical textiles has been
carried out by means of two different methodologies: experimental and numerical. The
most important results achieved are:
(a) the design of some components of a biaxial testing machine for the experimental
investigation of such textiles;
(b) the experimental characterization, by means of the biaxial device developed, of the
mechanical behavior of the textiles, focused on the measure of the parameters of
the elastic stiffness matrix and on the determination of the failure envelope;
(c) the realization of a three-dimensional numerical model to simulate the mechanical
behavior of the textile and its validation by means of the corresponding stressstrain experimental curves.
In Chapter 1 the general scope of the thesis, its motivations and the description of the
work program are presented.
Chapter 2 presents a brief overview of the characteristics and possible applications of
technical textiles and in particular of plain weave ones. Following, the screen printing
technique is described, focusing the attention on the preparation of the frames and
enlightening the requirements for the textiles. Finally, a review of the technical
literature concerning the different methods of analysis is supplied and discussed, which
highlights the need for a strict interaction between experimental tests and numerical
analyses.
Chapter 3 is focused on the description of the biaxial testing device developed in this
thesis for the characterization of technical textiles. After the drawing of specifications,
the individual components of the device, the adopted design solutions, and their
functions with respect to the fulfillment of the specifications are described. Particular
attention is paid to the description of the load cells, the fixtures and the strain
transducer (video-extensometer) which have been designed on a customized basis for
this specific application.
vii
Chapter 4 is dedicated to the description of the theoretical methods used for the
interpretation of the measures obtained with the uniaxial and biaxial tests. The
Lagrangean framework used for the analysis of test data for planar membranes is
presented first. Then it is illustrated how the stress and strain definitions are used to
calculate the cinematic and static quantities from the experimental data; in particular it
is shown how it is possible to obtain the full Green-Lagrange strain field from the
video-extensometer recordings and the components of Piola-Kirchoff stresses from the
forces measured by the load cells.
Chapter 5 is focused onto experiments carried out on two monofilament plain weave
textiles made of polyester fibers for screen-printing applications. Firstly the geometric
and mechanical properties of the fibers constituent the textiles are investigated., and
afterwards an experimental procedure, consisting of uniaxial and biaxial tensile tests
under a wide combination of stresses and/or strains to measure the elastic propriety and
failure of textiles, has been defined. The experimental results are then introduced and
discussed.
In Chapter 6 a three-dimensional finite element numerical model is developed to
predict the mechanical behaviour of plain weave. The assumption of a regular
distribution of the fibers allowed to exploit the theoretical concepts of the
homogenization theory for periodic media and to execute the numerical analyses on a
representative volume. Therefore the model has been applied to the stress-strain
behaviour description of the textiles for screen-printing investigated in Chapter 5. As
input parameters, the data relevant to mesh geometry and fibers uniaxial mechanical
behaviour are used. After having validated the numerical model comparing the stressstrain curves obtained by simulations with the experimental observations, this model
has been applied to the study of the behaviour of two technical textiles used for screenprinting.
In Chapter 7 the results and the essential innovations of the present work are
summarized. Additionally the goals and the limitations of the numerical model are
discussed. Finally, areas of future research are identified.
viii
CAPITOLO 1
INTRODUZIONE
L’impiego delle fibre di poliestere, vetro e carbonio sta aumentando in modo
esponenziale nelle applicazioni tessili, civili, militari, automobilistiche e aeronautiche,
grazie alla loro capacità di coniugare elevata resistenza e rigidezza con limitato peso.
Queste fibre vengono utilizzate generalmente sotto forma di tessuti tecnici, tessuti dove
il valore estetico risulta trascurabile rispetto a quello del comportamento strutturale. I
tessuti tecnici si suddividono in tessuti ad elevata rigidezza (quali pannelli in fibra di
carbonio impiegati come rinforzi in strutture portanti), e tessuti a bassa rigidezza, (quali
quelli in fibre di poliestere utilizzati in serigrafia, dove l’inchiostro viene fatto passare
attraverso le maglie del tessuto); questi ultimi saranno l’oggetto dello studio di questa
tesi.
La meccanica dei tessuti a fibra può essere affrontata secondo tre diverse scale di
dettaglio geometrico. Alla scala macroscopica, per effetto della distribuzione regolare
dei fili, il tessuto può essere studiato come un mezzo continuo; le analisi ad elementi
finiti e in particolare le simulazioni dei processi di forma, sono fatte a questa scala. Ad
una scala intermedia (mesoscopica), sono studiate le iterazioni tra i diversi fili. Infine
ad una scala microscopica è studiato dal punto di vista morfologico e meccanico il
singolo filo.
La determinazione del comportamento meccanico dei tessuti tramite simulazioni
numeriche risulta fondamentale per le diverse applicazioni, poiché queste permettono
sia di evitare la realizzazione di prototipi, riducendo quindi costi e tempi, che di stimare
la variazione della geometria del modello numerico ai diversi livelli di deformazione
e/o carico.
L’oggetto della presente tesi consiste nello sviluppo di strumenti e metodi per la
caratterizzazione di tessuti tecnici ad alta deformabilità sia dal punto di vista
sperimentale che numerico.
Il primo obiettivo consiste nello sviluppo di strumenti che permettano la
caratterizzazione meccanica del comportamento elastico e del dominio di resistenza
biassiale dei tessuti planari.
1
Capitolo 1
Il secondo obiettivo consiste nella caratterizzazione meccanica di tessuti a maglia
semplice; in particolare si vogliono determinare i parametri della matrice di rigidezza
elastica ed il dominio di resistenza attraverso prove eseguite su un dispositivo biassiale
secondo un protocollo sperimentale che consenta di misurare le proprietà di un
materiale ortotropo sotto un ampio intervallo di sforzi e/o deformazioni.
Il terzo obiettivo è la realizzazione e validazione di un modello numerico
tridimensionale per predire il comportamento elastico dei tessuti a maglia semplice, e
la sua applicazione pratica al caso dei tessuti per serigrafia per la determinazione
della deformazione della cella elementare, quando questo è tensionato sul quadro
serigrafico.
La prima parte della tesi è dedicata ad una panoramica della letteratura scientifica e
tecnica relativa ai tessuti tecnici. Dopo aver definito tali tessuti, viene presentata
un’analisi critica dello stato dell’arte relativa sia alla sperimentazione che allo studio
con modelli numerici della loro meccanica. È anche presentata una breve descrizione
della tecnica serigrafica, basata sull’impiego di tessuti tecnici a bassa rigidezza.
La seconda parte della tesi è dedicata alla progettazione e realizzazione di alcuni
componenti di un dispositivo di prova biassiale per la caratterizzazione meccanica di
tessuti tecnici a bassa rigidezza e resistenza. Nello specifico sono stati disegnati e
realizzati gli afferraggi e il trasduttore di forza, ed è stato messo a punto un metodo di
misura delle deformazioni con riprese video.
La messa a punto della procedura sperimentale si è focalizzata su diversi aspetti,
riguardanti sia l’ottimizzazione del provino che del protocollo di prova.
I risultati delle prove sperimentali, uniassiali e biassiali, vengono analizzati sia
mediante un approccio “globale”, basato sulle misure di spostamento di alcuni markers,
che un approccio “locale”, in cui si esegue, mediante funzioni di interpolazione, una
ricostruzione dell’intero campo di spostamento nella regione centrale del provino;
questo ultimo approccio consente di evidenziare non-uniformità nella distribuzione o
presenza di scorrimenti angolari ed è quindi di notevole interesse per la
caratterizzazione di materiali eterogenei a fibre.
I due approcci, “globale” e “locale”, per l’analisi dei risultati sono messi a punto in
modo da calcolare le grandezze statiche e cinematiche nel provino tenendo presente le
elevate deformazioni subite dal tessuto. Sono così definiti algoritmi per calcolare le
componenti del tensore di deformazione di Green-Lagrange e quelle del tensore di
sforzo di Piola-Kirchoff a partire dai dati acquisiti, la posizione dei markers nel tempo
e la forza applicata.
Nella terza parte vengono presentati due esempi di caratterizzazione meccanica relativi
a due tessuti a maglia semplice a fibre di poliestere, impiegati in campo serigrafico. Da
prima si sono misurati i parametri geometrici dei tessuti e delle fibre costituenti.
Successivamente, dopo aver verificato l’uniformità del campo di spostamento nella
zona di misura, sono state eseguite prove di trazione uniassiali e biassiali e i dati
ricavati dalle prove sono utilizzati per determinare i parametri della matrice di rigidezza
elastica e il dominio di resistenza mediante il criterio di Massimo Sforzo e il criterio di
Tsai-Hill.
2
Introduzione
La quarta parte del lavoro ha riguardato l’implementazione, su un software
commerciale, di un modello numerico a livello di mesoscala, per predire il
comportamento elastico dei tessuti. Il modello comprende una cella elementare del
tessuto (volume rappresentativo) costruita utilizzando come dati di ingresso la
geometria della maglia e le proprietà meccaniche delle fibre costituenti valutati in
precedenza. Il modello è stato valicato utilizzando i risultati delle prove eseguite sui
tessuti.
Viene quindi mostrata una possibile applicazione tecnica del modello relativa al campo
serigrafico, attraverso la determinazione della variazione di geometria della cella
elementare ai diversi livelli di deformazione o carico, quando il tessuto viene
tensionato sul quadro serigrafico.
In ultimo sono tratte le conclusioni finali del lavoro e sono fornite indicazioni per le
indagini future.
Questo lavoro è stato intrapreso presso il Dipartimento di Ingegneria Strutturale
(DIS) del Politecnico di Milano, nel quadro di un Progetto di Ricerca intitolato “il
comportamento meccanico di tessuti tecnici per applicazioni serigrafiche”, tra il
Dipartimento di Ingegneria Strutturale e la Saatiprint Spa (Appiano Gentile, Italia).
Un certo numero di articoli scientifici sono stati prodotti nell’ambito del lavoro
condotto in questo progetto.
3
CAPITOLO 2
CARATTERIZZAZIONE DI TESSUTI
TECNICI: STATO DELL’ARTE
In questo capitolo, la letteratura pertinente ai tessuti tecnici, ed in particolare modo la
previsione delle loro proprietà meccaniche, è presa in esame per identificare i punti
deboli dei correnti metodi ed esplorare i potenziali itinerari che permettano di superare
alcune delle limitazioni individuate. Poiché il lavoro di questa tesi è focalizzato sui
tessuti tecnici piani (plain weave) utilizzati in campo serigrafico, sono qui discussi in
particolare:
• le caratteristiche e le applicazioni dei tessuti tecnici;
• la tecnica serigrafica e le specifiche richieste ai tessuti;
• lo stato degli esperimenti uniassiali e biassiali sui tessuti tecnici;
• i criteri di resistenza per i tessuti sottoposti ad uno stato di sforzo piano;
• i metodi correnti per la predizione delle proprietà elastiche e dello sforzo a rottura
dei tessuti.
5
Capitolo 2
2.1. Tessuti Tecnici
2.1.1. La natura dei tessuti tecnici e le loro applicazioni
I tessuti tecnici sono utilizzati in applicazioni dove il valore estetico-stilistico è
trascurabile rispetto a quello del comportamento strutturale, ovvero alla rispondenza a
precisi valori di alcuni parametri meccanici; si tratta quindi di prodotti dove il quadro
tecnico tecnologico (prove, standard, certificazione, ecc.) è più importante rispetto a
quello estetico-visivo.
Si possono rappresentare i tessuti tecnici come un sistema fortemente condizionato da:
• le materie prime,
• i processi utilizzati per realizzare i prodotti,
• le applicazioni dei prodotti stessi.
Spesso per la loro classificazione viene fatto riferimento soprattutto alle fibre tessili
impiegate (naturali, sintetiche, artificiali, inorganiche, metalliche, ecc.).
Le fibre tradizionali, e quelle naturali in particolare, hanno degli impieghi, anche se
tecnici, meno innovativi e più consolidati. Nei tessili tecnici le fibre naturali hanno un
impiego più contenuto se non addirittura marginale e non se ne prevede un incremento.
Le fibre fatte dall'uomo hanno invece un potenziale di crescita maggiore, perché è
possibile conferire a queste caratteristiche sempre più adeguate alle esigenze delle
specifiche applicazioni.
Le fibre tecniche sono progettate e realizzate per fornire prestazioni che le fibre tessili
tradizionali non sono in grado di dare. Si caratterizzano principalmente per i loro
elevati livelli di resistenza alle sollecitazioni meccaniche, alla fiamma e agli agenti
chimici. In termini generali si possono distinguere due gruppi di fibre tecniche:
1. il primo comprende le fibre ottenute da quelle standard attraverso modificazioni del
processo produttivo o della composizione polimerica, che comunque non pongono
la fibra ottenuta in una classe diversa da quella della fibra di partenza (ad esempio il
poliestere comprende sia la versione standard che le versioni "tecniche" ad alta
tenacità).
2. il secondo accoglie fibre specificamente studiate e realizzate per fornire prestazioni
di alto o altissimo livello, di interesse per impieghi industriali. La tipologia di fibre
tecniche di questo gruppo è piuttosto ampia e in notevole evoluzione.
Si può confermare che il principale punto di forza delle fibre chimiche e in particolare
delle sintetiche, è quello di poterne (con opportuna progettazione) variare le
caratteristiche entro campi molto vasti.
Le fibre più utilizzate nella produzione dei tessili tecnici sono le sintetiche (poliestere,
poliammidiche, poliolefiniche…) che sono in tutto analoghe a quelle impiegate nel
tessile per abbigliamento, magari nelle versioni ad alta resistenza e ad alto modulo.
Le fibre ad altissime prestazioni o con prestazioni eccezionali, hanno un ruolo ancora
marginale, in termini quantitativi, ma caratterizzano proprio le applicazioni di punta e
le più innovative. In particolare si tratta delle fibre inorganiche (carbonio, vetro,
ceramica) delle aramidiche e delle metalliche.
6
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
A causa della loro alta rigidezza e resistenza specifica, i tessuti tecnici trovano
molteplici applicazioni in campo industriale, geotessile (impermeabilizzazioni e
protezioni contro l'erosione da vento, da sabbia), medico (filtri per dialisi, membrana
per ossigenatori), e serigrafico. Altre applicazioni notevoli di ingegneria includono
quelle militari (elmetti, giubbotti mimetici) e dei trasporti (vele, involucri protettivi per
veicoli aerei, marittimi e terrestri).
2.1.2. Tipi di tessuti tecnici
L'obiettivo del presente lavoro è focalizzato sui rinforzi tessili che sono in grado di
adattarsi facilmente alla forma dello stampo e di offrire proprietà meccaniche eccellenti
quando le fibre sono disposte parallelemente alla direzione di carico. I costituenti dei
tessuti possono essere prodotti usando differenti processi di produzione. Questa sezione
fornisce una descrizione delle differenti architetture dei tessuti d'uso comune per
fornire una premessa agli approcci richiesti per caratterizzare il comportamento
meccanico di ciascuna forma.
I tessuti a maglia (woven textile) sono prodotti con varie forme di intreccio, ed alcuni
esempi sono mostrati in Figura 2.1. Le fibre esibiscono curvature, cioè seguono un
percorso onduleggiante; è accettato generalmente che la presenza della piegatura riduce
le prestazioni meccaniche. Le differenti forme di intreccio dei tessuti esibiscono
caratteristiche differenti; per esempio, i tessuti semplici (plain weave) sono i più facili
da maneggiare anche se esibiscono un elevata ondulazione e sono meno conformabili.
In opposizione, un tessuto raso (satin weave) richiede un maneggiamento più attento
dovuto ad un livello più basso di intreccio, anche se consente un'elevata deformazione
durante la produzione ed esibisce una bassa ondulazione.
a) tessitura plain
b) tessitura twill
c) tessitura satin
Figura 2.1 – Differenti tipi di intrecci dei tessuti a maglia.
I tessuti weft-knitted consistono in fasci che sono collegati insieme come illustrato in
Figura 2.2. Questi tessuti presentano i vantaggi di poter essere usati per realizzare
semilavorati prossimi ad una forma a rete e di migliorare significativamente la
resistenza all'urto e la tolleranza al danneggiamento dei componenti, ma le proprietà
meccaniche non risultano elevare a causa delle concentrazioni di sforzo dovute alla
7
Capitolo 2
geometria. [Rudd et al., 1990] hanno concluso che le proprietà meccaniche, ed in
particolare la resistenza, ottenute usando i tessuti weft-knitted sono più basse di quelle
ottenute usando come rinforzo un filamento continuo disposto casualmente con la
stessa frazione del volume della fibra.
Figura 2.2 – Illustrazione schematica di un tessuto lavorato in direzione trama
(weft-knitted fabric).
I tessuti non-tessuti (NCF) sono prodotti disponendo i fasci agli orientamenti richiesti
in strati discreti e cucendo questi insieme usando un filo di poliestere leggero.
Un'illustrazione schematica di un NCF è indicata in Figura 2.3, dove il termine warpknitted si riferisce al metodo di cucitura. Questi rinforzi generalmente offrono proprietà
meccaniche superiori a quelle dei tessuti intessuti vista la mancanza di intrecci [Piggott,
1995], poiché l'ondulazione della fibra è collegata con una riduzione sia della rigidezza
che della resistenza nel piano [Piggott, 1995], [Fisher et al., 2003].
Figura 2.3 – Illustrazione schematica di un tessuto non-tessuto lavorato in direzione ordito
(warp-knitted).
Esistono infine altri, più particolari, tessuti rinforzati, comprendenti maglie 3D e
strutture 3D intrecciate (Figura 2.4), il cui processo di intrecciatura 3D può essere usato
per produrre semilavorati a forma di rete per strutture composite spesse [Wang e Wang,
1995]. Questi rinforzi però si trovano oltre la portata del lavoro attuale, che è
indirizzato verso tessuti 2D tradizionali.
8
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
Figura 2.4 – Illustrazione schematica (a) di un tessuto a maglia 3D e (b) di un
processo di intreccio.
9
Capitolo 2
2.2. La serigrafia
Diversamente da altri processi nei quali l'inchiostro è trasferibile dall'originale
direttamente sul supporto, la serigrafia consiste nel far passare un inchiostro, avente
specifiche caratteristiche, attraverso una matrice. Il quadro è composto da una struttura
esterna rigida, la cornice, sulla quale è ben teso il tessuto serigrafico che porta il
disegno, creato per mezzo di speciali film fotografici o foto emulsioni (Figura 2.5).
Figura 2.5 – Stampa serigrafica piana; cornice o telaio (a), matrice (b), racla (c),
inchiostro (d), fuori contatto (e), materiale da stampare (f).
La tecnica serigrafica è perciò utilizzata ogni qualvolta si voglia avere una stampa di
buona qualità; gli oggetti sui quali è possibile impiegare questa tecnica di stampa
variano molto sia per quanto concerne le dimensioni (da qualche millimetro a qualche
metro) che il materiale (plastica, carta, acciaio) (Figura 2.6).
Figura 2.6 – Stampa serigrafica piana: (a) cartelloni pubblicitari, (b) calendari, (c) CD.
10
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
2.2.1. Requisiti essenziali di un tessuto per serigrafia
La stampa serigrafica è subordinata ad una serie di componenti dei quali il tessuto,
intimamente collegato agli altri elementi, costituisce il fattore di maggiore influenza
sulla qualità di stampa.
La maggior parte dei tessuti usati in serigrafia sono tessuti sintetici realizzati in filo di
poliestere o di nylon. Questi inoltre si differenziano sia per le diverse strutture
morfologiche (per esempio twill e plain, vedi Figura 2.7) sia per l’intreccio che può
avvenire con singolo filo o più fili (Figura 2.8).
Figura 2.7 – Struttura del tessuto a twill (a) e plain (b).
Figura 2.8 – Tessuto monofilo (a) e multifilo (b).
Le caratteristiche generali che un tessuto di elevata qualità deve possedere sono:
9 tessitura uniforme;
9 alta resistenza all'abrasione che permette di sopportare le sollecitazioni meccaniche
e chimiche presenti durante la fase di stampa;
9 elevata resistenza alla trazione per sostenere, soprattutto, le sollecitazioni collegate
alla preparazione del quadro di stampa;
9 resistenza ai prodotti chimici che compongono gli inchiostri, i solventi e gli agenti
chimici;
9 buona adesione ai sistemi di emulsione fotosensibili;
9 tessitura, numero dei fili, apertura della maglia e spessore del tessuto, funzionali al
tipo e alla qualità del tessuto da stampare.
11
Capitolo 2
Un tessuto è caratterizzato da:
i.
natura del filo;
ii. numero di fili per centimetro;
iii. diametro dei fili;
iv. struttura della tessitura.
A causa della forte influenza del tessuto sulla stampa è fondamentale avere una
conoscenza approfondita delle caratteristiche del tessuto.
Il numero di fili per centimetro e il diametro dei fili sono mutuamente correlati; difatti
normalmente aumentando il numero di fili diminuisce il loro diametro.
L'apertura della maglia solitamente è espressa o come spazio tra due fili paralleli e
adiacenti tra loro, o come percentuale di superficie libera (rapporto tra la superficie
occupata dai fili e l'area aperta) (Figura 2.9); la percentuale di superficie libera e la
misura lineare dell'apertura della maglia sono quindi direttamente influenzate dal
numero e dal diametro dei fili.
120.34
120.34
120.40
120.40
(a)
(b)
Figura 2.9 – Misura lineare dell'apertura (a) e percentuale di superficie libera (b) di due
tessuti monofilo con 120 fili per centimetro e diametro del filo di 34 e 40 μm.
Il deposito e il consumo d'inchiostro aumentano accrescendo la superficie libera della
maglia, mentre la definizione di stampa diminuisce: si rende quindi necessario ricorrere
ad un compromesso tra questi.
Un altro parametro essenziale nella valutazione di un tessuto è la sua sezione specifica,
ottenibile moltiplicando la sezione del filo per il numero di fili al centimetro. Il grafico
di Figura 2.10 mostra un insieme di valori della sezione specifica per diversi tessuti a
maglia semplice; come si può osservare, generalmente, aumentando il diametro
aumenta la sezione specifica e questo ovviamente permette, a parità di materiale,
l’applicazione di carichi maggiori.
Infine nella scelta del tessuto occorre infine tener ben presente anche il fattore
economico; per esempio, un tessuto con un alto numero di fili per centimetro ha un
costo maggiore di un tessuto con un basso numero di fili.
12
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
2
mm /cm
SEZIONE SPECIFICA
Tessuto monofilo in poliestere
0.30
0.25
0.20
0.15
0.10
0.05
0.00
180.27 140.31 120.34 150.34
90.48
62.64
49.80
Figura 2.10 – Valori della sezione specifica per diversi tessuti a maglia semplice.
Ogni tessuto è individuato da due numeri: il primo numero indica i fili
per centimetro, il secondo il diametro del filo in μm.
2.2.2. Tensionamento di un tessuto
Una volta realizzato, il tessuto, preteso mediante l’uso di pinze pneumatiche o
meccaniche, viene posizionato ed incollato su una cornice di metallo (Figura 2.11).
Poiché la tensione di un tessuto influenza il passaggio dell’inchiostro, il suo consumo,
la velocità di stampa e la forza necessaria per far passare l’inchiostro, è indispensabile
imporre una corretta tensione.
Figura 2.11 –Realizzazione di un quadro serigrafico.
13
Capitolo 2
I requisiti essenziali a cui si deve soddisfare un quadro sono:
9 tensione uniforme del tessuto su tutta l’area del quadro;
9 mantenimento del parallelismo tra i fili con il mantenimento di un angolo di 90°
nei punti di intersezione (Figura 2.12);
9 tensione sufficientemente alta per permettere di mantenere un opportuno distacco
dal supporto stampato dopo il passaggio della racla.
ordito
warp
weft
trama
Figura 2.12 –Geometria ideale del tessuto.
2.2.3. Realizzazione della matrice
Trasferire su un supporto un’immagine che sia la perfetta riproduzione del suo
originale, è la sfida di sempre di ogni stampatore, qualunque sia la tecnica di stampa.
La stampa serigrafica, a differenza di altri processi di stampa, si sviluppa su due piani:
verticale e orizzontale. L’inchiostro è prima di tutto premuto attraverso il tessuto, e
questa è la dimensione verticale, e poi diffuso lateralmente fino al bordo della matrice,
e questa è la dimensione orizzontale (Figura 2.13).
14
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
INCHIOSTRO
A = TESSUTO
B = MATRICE
Figura 2.13 – Passaggio dell’inchiostro tra le maglie del tessuto.
Gli obiettivi più importanti da raggiungere per ottenere una stampa di alta qualità sono:
I. la parte inferiore della matrice deve formare un contatto perfetto con il supporto
da stampare, e viceversa;
II. il profilo del bordo della matrice deve essere nitido, preciso e sporgere
leggermente dalla superficie del tessuto.
Se queste due condizioni sono presenti, si può ottenere una buona qualità di stampa. Da
prima viene applicata in modo uniforme sul tessuto, mediante l’uso di macchine
automatizzate e programmabili, un’emulsione (organica o inorganica) miscelata con
sali sensibilizzanti (Figura 2.14a); il successivo indurimento dell’emulsione
(insolubilità all’acqua) avviene mediante un sistema fotosensibile, costituito da un
processo fotomeccanico per mezzo del quale la reazione fotochimica di sostanze
sensibili alla luce ultravioletta (con una specifica lunghezza d’onda) forma la matrice
(Figura 2.14b).
(a)
(b)
Figura 2.14 –Fasi della realizzazione della matrice: applicazione dell’emulsione (a) e
indurimento mediante esposizione alla luce ultravioletta (b).
15
Capitolo 2
2.3. Approccio Sperimentale
I problemi comunemente incontrati nella sperimentazione di tessuti tecnici includono la
struttura e composizione eterogenea e la difficoltà nell’applicazione di forze costanti
lungo i bordi del provino.
In aggiunta risultano essere rilevanti i problemi relativi all’omogeneità della
deformazione nel provino e alla sua misura sperimentale, legati alla elevata
deformabilità del tessuto che non permette l’utilizzo di strain-gauges o estensometri;
per evitare disturbi meccanici sono comunemente usati metodi ottici senza contatto,
che includono analizzatori video dimensionali (VDA) e videocamere CCD utilizzate
per seguire particelle posizionate nella regione centrale del provino, [Yin et al., 1972] e
[Sacks e Choung, 1998].
L'indagine sperimentale sui tessuti a fibra è stata realizzata principalmente usando
provini caricati uniassialmente.
L’impossibilità, data la presenza di fibre, di realizzare provini a “osso di cane” ha
portato ad analizzare diverse modalità di connessione tra tessuto e afferraggi per evitare
una rottura al di fuori del tratto utile; in particolare in [D’Amato, 2002] per connettere
il provino agli afferraggi sono stati interposti più tabs variando così gradualmente lo
spessore del provino e quindi evitando concentrazioni di sforzo (Figura 2.15).
Figura 2.15 – Geometria di un provino con più tabs incollati alle estremità.
Tuttavia, nelle applicazioni reali, i tessuti sono caricati spesso in più direzioni (vedi per
esempio la realizzazione di quadri serigrafici). Di conseguenza, l'indagine sperimentale
su questi materiali dovrebbe prendere in considerazione anche delle prove biassiali.
L’apparecchiatura per le prove biassiali planari è più complessa rispetto a quella per le
prove uniassiali, a causa della necessità di controllare due condizioni al contorno; in
particolare i lati del provino devono poter essere liberi di espandersi e contrarsi nella
direzione trasversale, e nella regione centrale di misura gli stati di sforzo e di
deformazione devono essere uniformi così che l’analisi dei dati possa essere
sufficientemente semplificata. La regione di misura deve essere piccola e localizzata
lontana dai bordi del provino per evitare gli effetti generati dagli afferraggi.
Negli ultimi anni alcuni ricercatori,[Liu, 2004], [Peng et al., 2004], [Green et al., 2004],
[Wu et al., 2005] e [Lomov et al., 2005] hanno sviluppato macchine di prova biassiale
16
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
planare per tessuti. Green ha realizzato un dispositivo biassiale (Figura 2.16a) costituito
da un telaio a croce disposto su un piano orizzontale con quattro martinetti idraulici e
due azionamenti, uno per ogni asse di carico (per mantenere il provino al centro del
dispositivo), controllati indipendentemente da un sistema di controllo a circuito chiuso
elettro-idraulico (consente di eseguire prove sia in controllo di forza che di
spostamento). Un dispositivo simile è quello realizzato da Lomov (Figura 2.16b) che
però presenta un sistema di afferraggio costituito da quattro pinze su ogni traversa al
fine di consentire le libere rotazioni.
Il dispositivo realizzato da Wu si differenza dagli altri poiché costituito da tre assi
(Figura 2.16c), con uno spostamento sincrono delle traverse sullo stesso asse e con un
sistema digitale di controllo PID.
(a)
(b)
(c)
Figura 2.16 – Dispositivi di prova biassiale realizzati da (a) Green, (b) Lomov e (c) Wu.
Molteplici sono gli studi condotti per ottenere provini con una geometria ottimale
cruciforme (Figura 2.17), tali da evitare una rottura prematura nei bracci e da avere una
regione centrale biassialmente caricata con sforzo e deformazione uniforme.
17
Capitolo 2
Figura 2.17 – Provino con geometria cruciforme.
[Welsh e Adams, 2002] hanno analizzato differenti configurazioni geometriche
ottenute variando sia il raggio di raccordo tra i bracci e la zona centrale che la forma
(quadrata e circolare) della zona centrale (Figura 2.18), arrivando a concludere che è
desiderabile realizzare provini cruciformi con forma centrale quadrata e un ampio
raggio di raccordo.
Figura 2.18 – Particolare della zona centrale del provino cruciforme:
forma (a) rotonda e (b) quadrata.
[Smits et al., 2004] e [Geiger et al., 2005] hanno eseguito simulazioni agli elementi
finiti congiuntamente ad esperimenti su provini cruciformi con geometrie differenti
(Figura 2.19), stabilendo che la geometria ideale è quella avente uno spessore ridotto
nella regione centrale congiuntamente ad un raggio d'arrotondamento tra i bracci.
Geiger ha inoltre affermato che un ulteriore miglioramento della distribuzione dello
sforzo nella regione centrale può essere ottenuta realizzando in essa dei piccoli fori
(Figura 2.19d).
18
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
Figura 2.19 – Distribuzione degli sforzi calcolata per differenti geometrie dei provini.
Altri studi biassiali, tra i quali quelli di [Li uet al., 2004] e [Lomov, 2005], sono stati
condotti per ottenere i dati di sforzo e deformazione sotto stati di carico multipli
definendo protocolli di prova appositi. I protocolli prevedono di mantenere rapporti
costanti di sforzo e deformazione durante ogni prova, con un numero sufficiente di
prove e scelte di rapporti tali da coprire completamente il piano E11- E22 o S11- S22.
Questi studi hanno messo in evidenza che il comportamento del tessuto lungo ciascuno
dei due assi di simmetria dipende dalla sollecitazione o dalla deformazione applicata
nella direzione trasversale: questo fenomeno è detto accoppiamento assiale (axial
coupling).
Un discorso a parte va infine fatto per la misura delle proprietà a taglio dei tessuti a
fibre. Un'alternativa alla prova di Iosipescu, non effettuabile sui tessuti secchi (privi di
matrice), è la prova di trazione off-axis a 10°, proposta da [Chamis e da Sinclair, 1977],
in cui un campione composito unidirezionale è preparato con le fibre ad un angolo di
10° rispetto all'asse di carico. Uno dei problemi più frequentemente segnalati con la
prova di fuori-asse 10° è che, a causa della natura non simmetrica del campione,
l’applicazione di un carico di trazione introduce una deformazione di flessione nel
piano del campione (Figura 2.20). Per superare questo problema, alcuni ricercatori
hanno suggerito l'uso di afferraggi che sono liberi di ruotare [Chang et al., 1984] e
[Pondera e Herakovich, 1986], mentre altri hanno suggerito l'uso di provini con
linguette (tabs) specificatamente progettate per permettere una deformazione omogenea
lungo tutta la lunghezza del provino [Sun e Berrete, 1988 ], [Sun e Chung, 1993],
[Pierron e Vautrin, 1996] e [Pierron et al., 1998].
19
Capitolo 2
Figura 2.20 - Influenza delle contrazioni alle estremità del provino in una prova
di trazione off-axis.
Sun e Chung hanno suggerito che l'uso di tabs rigidi incollati all'estremità, tagliati in
modo che il bordo dei tabs sia ad angolo φ rispetto alla direzione di carico,
rimuoverebbe il momento flettente imposto dagli afferraggi normali. Per verificare
questo, gli autori hanno realizzato sia l'analisi ad elementi finiti che la verifica
sperimentale con un certo numero di estensimetri, indicanti che il campo di sforzo è
molto vicino ad essere uniforme quando sono usati i tabs obliqui, contrariamente al
campo non omogeneo di sforzo osservato con tabs rettangolari.
Risultati analoghi sono stati trovati da [Kawai, 1997] e [Morozov e Vasiliev, 2003] per
quanto concerne la determinazione del modulo a taglio effettuando prove di trazione
off-axis a 45°.
Se numerose sono le pubblicazioni relative allo studio delle proprietà a taglio ottenute
tramite prove uniassiali, scarse sono quelle ottenute da prove biassiali. Questo è dovuto
all’incapacità di molte macchine biassiali di indurre uno stato di taglio nel piano a
causa dei costi e della complessità aggiuntivi.
Nella tipica prova meccanica biassiale planare, i provini sono montati con gli assi di
simmetria, se presenti, allineati agli assi della macchina e soggetti a ampi stati di sforzo
e deformazione uniformi in ciascuna direzione. Per indurre deformazioni di taglio negli
esperimenti biassiali, il sistema di prova deve essere invece capace di applicare un
sistema di spostamenti non uniforme lungo ciascun lato del provino ed in particolare
deve consentire libere rotazioni di tali lati.
[Peng et al, 2004] e [Liu et al., 2005] hanno preso in considerazione due diversi set-up
per le prove biassiali a taglio (Figura 2.21): il set-up I con provino avente forma
quadrata (Figura 2.21a) ed il set-up II con provino cruciforme (Figura 2.21b). Dalle
prove effettuate col dispositivo di Figura 2.22a, essi hanno concluso che benché
20
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
l'effetto dei bracci sul carico totale complica la descrizione meccanica dei tessuti, la
forma cruciforme è necessaria per permettere la rotazione delle cerniere ed impedire la
deformazione fuori dal piano del tessuto. Un compromesso tra le due esigenze può
essere ottenuto realizzando dei provini cruciformi con bracci piccoli (Figura 2.21c).
Queste prove forniscono la correlazione tra la forza di taglio per unità di larghezza del
provino T e lo scorrimento angolare γ (Figura 2.22b):
T =
P
2 L cos θ
;
γ =
π
2
− 2θ
(2.1)
dove P è la forza applicata dal dispositivo di prova (“telaio”), L la larghezza del lato del
provino afferrato e 2θ l’angolo del “telaio”.
(a)
(c)
(b)
Figura 2.21 – Set-up di prova (a) I (b) II e (c) un compromesso tra i primi due.
(a)
(b)
Figura 2.22 – (a) Set-up e (b) geometria del dispositivo per prove biassiali a taglio.
21
Capitolo 2
[Lomov et al., 2005] hanno eseguito prove sperimentali biassiali a taglio, utilizzando
un apparato sperimentale analogo a quello di Peng e Liu, calcolando il campo di
deformazione con misure ottiche (Figura 2.23) per diverse direzioni di carico. Grazie
alla possibilità di determinare lo scorrimento angolare mediato nella regione centrale
del tessuto, Lomov ha potuto ottenere una più esatta descrizione del comportamento a
taglio del tessuto.
Figura 2.23 – Prova biassiale di taglio con sovrapposizione di un’immagine della
distribuzione dell’angolo di taglio.
I dispositivi di prova utilizzati da Lomov, Peng e Liu (Figura 2.22 e 2.23), permettono
unicamente l’esecuzione di questa tipologia di prove e non consentono prove di
trazione.
22
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
2.4. Approccio Teorico
I tessuti tecnici, come i materiali compositi, possono essere osservati e analizzati a
differenti livelli e scale, in funzione delle particolari caratteristiche e comportamenti
presi in considerazione. Uno schematico diagramma dei vari livelli di osservazione e i
corrispondenti tipi di analisi è mostrato in Figura 2.24.
A livello dei componenti la scala di osservazione è sull’ordine del diametro della fibra.
La micromeccanica è lo studio delle iterazioni dei componenti a livello microscopico,
come lo studio dello stato di sforzo e deformazione nei componenti e il fallimento
locale. A livello del tessuto risulta solitamente più rapido e semplice considerare il
materiale omogeneo, anche se anisotropo, e usare nell’analisi le proprietà medie.
Questo tipo di analisi è detta macromeccanica e considera il tessuto un materiale
omogeneo anisotropo con le proprie proprietà di rigidezza e resistenza medie.
Matrice
Lamina
Laminato
Fibra
Micro-meccanica
Fibra
Macro-meccanica
Cella elementare
Micro-meccanica
(a)
Tessuto
Macro-meccanica
(b)
Figura 2.24 – Livelli di osservazione di un composito (a) e di un tessuto (b).
In Appendice A è riportata una breve descrizione del legame costitutivo elastico-lineare
per i tessuti tecnici, materiali ortotropi sottoposti ad uno stato di sforzo piano.
2.4.1. Criteri di resistenza della macro-meccanica
In letteratura non esistono criteri di resistenza “ad hoc” per i tessuti piani, mentre
numerosi sono gli studi relativi al comportamento a rottura dei materiali compositi
unidirezionali sottoposti ad uno stato di sforzo biassiale [Daniel e Ishai, 1994], [Josiah,
2004], [Soden et al., 2004], [Kaddour, 2004].
In questo paragrafo sono presentate i criteri di resistenza:
•
macroscopici, espressi in termini di sforzi medi senza riferimento a particolari
meccanismi di rottura locale;
•
focalizzati sulla previsione del cedimento iniziale del materiale;
•
per materiali sottoposti ad uno stato di sforzo piano (σ3=0).
23
Capitolo 2
Ci sono due principali classificazioni dei criteri di resistenza: quelli che adottano un
criterio per ogni meccanismo di collasso identificato, che sovrapposti permettono di
determinare la curva di resistenza biassiale (criteri con meccanismo di collasso
indipendenti), e quelli che adottano un singolo criterio che identifica le varie interazioni
tra i meccanismi di collasso (criteri con interazione dei meccanismi di collasso).
2.4.2.1. Criteri con meccanismi di collasso indipendenti
Criterio di Massimo Sforzo
Il criterio di Massimo Sforzo per i compositi è stato sviluppato da Jenkins [Jenkins,
1920] dal criterio di sforzo normale massimo di Galileo-Rankine usato per i metalli.
Data la natura ortotropa dei compositi sono incorporati anche gli sforzi di taglio;
matematicamente essa è espressa, nel caso di stato di sforzo piano, dalle equazioni:
S11 =
σ1ut
− σ1uc
( S11 < 0)
S 22 =
σ 2ut
− σ 2uc
( S 22 < 0)
( S11 > 0)
( S 22 > 0)
(2.2)
S12 = τ12u
dove i pedici t e c indicano trazione e compressione, rispettivamente, e u indica che si
sta considerando la resistenza ultima.
Per uno stato di sforzo bidimensionale con S12 = 0, il dominio di resistenza assume la
forma di un rettangolo (Figura 2.25).
Il criterio di Massimo Sforzo è quello più applicato nel caso di cedimento fragile del
materiale. Diversi autori, tra i quali [Zinoviev et al., 1998], adottano il criterio di
Massimo Sforzo per la predizione del collasso iniziale includendo anche delle non
linearità geometriche dovute a una ri-orientazione delle fibre sotto carico “off-axis”.
Criterio di Massima Deformazione
[Pettit e Waddoups, 1969] hanno proposto il criterio di Massima Deformazione. Questo
criterio, riadattamento del criterio di deformazione normale di Grashov-De Saint
Venant, è analogo al criterio di Massimo Sforzo, ma formulato in termini di
deformazione.
Questo criterio tiene conto di alcune interazioni tra le componenti di sforzo dovute
all’effetto di Poisson. Esso è espresso dalle equazioni:
E11 =
ε1ut
− ε1uc
E22 =
ε 2ut
− ε 2uc
( E11 > 0)
( E11 < 0)
( E22 > 0)
( E22 < 0)
E12 = ε12u
24
(2.3a)
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
da cui, per mezzo delle relazioni sforzo – deformazione, si ottiene:
S11 −ν 12 S 22 =
σ 1ut
− σ 1uc
S 22 −ν 21S11 =
σ 2ut
− σ 2uc
( E11 > 0)
( E11 < 0)
( E22 > 0)
( E 22 < 0)
(2.3b)
S12 = τ 12u
Per uno stato di sforzo bidimensionale con S12 = 0, il dominio di resistenza assume la
forma di un parallelogramma (Figura 2.25).
2.4.2.2. Criteri con interazione dei meccanismi di collasso
Criterio della Energia Deviatorica di Deformazione (Tsai-Hill)
Il criterio di resistenza basato sull’energia distorsionale, o deviatorica, è stato proposto
in varie forme da diversi ricercatori (per esempio Von mises, Henckhy, Naday,
Novozhilov) per i metalli duttili isotropi. Tsai [Tsai, 1965] applica il criterio sviluppato
per i materiali plastici ortotropi da Hill [Hill, 1948] al cedimento dei polimeri
compositi. Il criterio di Tsai-Hill risultante valuta il collasso in accordo con
l’equazione:
2
2
2
AS11
+ BS 22
+ CS11S22 + DS12
=1
(2.4)
dove A, B, C, D sono i parametri caratteristici del materiale e possono essere
determinati sperimentalmente tramite prove sperimentali elementari.
In particolare il parametro:
•
A può essere determinato da una prova di trazione uniassiale in direzione 1:
A=
•
1
σ 22u
(2.5b)
D può essere determinato da una prova di taglio nel piano 1-2:
D=
•
(2.5a)
B può essere determinato da una prova di trazione uniassiale in direzione 2:
B=
•
1
σ12u
1
2
τ12
u
(2.5c)
C da una prova di trazione biassiale; nel caso in cui il valore di resistenza ultimo
in una delle due direzioni principali, per esempio la 1, è molto maggiore della
resistenza ultima nell’altra direzione, si può assumere che:
C =−
1
σ12u
Sostituendo i valori dei parametri nell’equazione 2.4 si ottiene:
25
(2.5d)
Capitolo 2
2
S11
σ12u
+
2
S 22
−
σ 22u
S11S22
σ12u
+
2
S12
2
τ12
u
=1
(2.6)
Per uno stato di sforzo bidimensionale con S12 = 0, il dominio di resistenza assume la
forma di un’elissi.
Il criterio di Tsai-Hill permette, al contrario dei criteri presentati in precedenza, le
interazioni tra le diverse componenti di sforzo S11, S22 e S12, ma ha lo svantaggio di non
fare differenze tra resistenza a trazione e a compressione.
Criterio del Tensore Polinomiale (Tsai-Wu)
Gold’demblat e Koponov [Gold’demblat e Koponov, 1966] hanno proposto un criterio
basato sul concetto di tensore di resistenza che permette trasformazioni da un sistema
di riferimento all’altro; esso ha la forma di un invariante e, più importante, tiene in
considerazione differenze di resistenza a trazione e compressione.
Questo criterio è stata riadattato per uno stato di sforzo piano da Tsai e Wu [Tsai e Wu,
1971]; essi hanno sviluppato un criterio di collasso in forma quadratica, definito
dall’equazione:
2
2
2
AS11 + BS22 + CS11
+ DS 22
+ ES11S22 + FS12
=1
(2.7)
dove
A=
1
σ1ut
D=−
+
1
σ1uc
1
σ 2utσ 2uc
B=
E≈
1
σ 2ut
+
1
σ 2uc
C⋅D
1
2
C=−
1
σ1utσ1uc
F=
1
(2.8)
2
τ12
u
Il parametro E può essere determinato da una prova biassiale o può essere espresso
mediante la relazione empirica suggerita da Tsai e Hahn [Tsai e Hahn, 1980] riportata
sopra.
Come per il criterio di Tsai-Hill, anche in questo caso, per uno stato di sforzo
bidimensionale con S12 = 0, il dominio di resistenza assume la forma di un’elisse ma
con diversi valori delle intercette a trazione e compressione (Figura 2.25).
S2
Massima Deformazione
σ2t
σ1c
σ1t
S1
σ2c
Massimo Sforzo
Tsai-Wu
Teoria
Iterativa
Figura 2.25 – Domini di resistenza per uno stato di sforzo piano.
26
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
2.5. Approccio Numerico
Una predizione realistica delle proprietà dei tessuti è di primaria importanza per il
successo del loro utilizzo. La complessità della loro struttura e la presenza di una
gerarchia della struttura e di una scala di livelli (10-5 m per le fibre, 10-3 m per i fasci di
fibre, 10-1 m per i tessuti) [Hearle et al., 1972] porta ad un’elevata complessità dei
modelli predittivi, ad un elevato livello di approssimazione in questi, e ad una notevole
incertezza della predizione quando si sommano errori passando da un livello gerarchico
al successivo.
Lo scopo dei modelli numerici è dunque quella di predire le proprietà meccaniche del
tessuto e la variazione della disposizione spaziale dei fili prodotta da forze o
spostamenti applicati. Per rendere le valutazioni a priori possibili, un modello della
geometria del tessuto dovrebbe avere come input i dati meccanici e geometrici dei fili e
una descrizione della topologia della struttura del tessuto (tessitura).
Di seguito verranno da prima presentati i modelli utilizzati per la descrizione
geometrica delle fibre e dei tessuti, poi i modelli numerici per la predizione del
comportamento meccanico dei tessuti ed infine sarà presentata la procedura di
omogeneizzazione.
2.5.1. Descrizione geometrica dei tessuti
La realizzazione di un modello definente l’architettura del tessuto implica la
risoluzione di alcuni problemi, quali:
1) identificare un insieme di parametri geometrici e meccanici dei fili necessari e
sufficienti per modellare la struttura tessuta;
2) sviluppare una descrizione analitica della geometria del filo tenendo in
considerazione le condizione al contorno nell'interazione ordito/trama in un tessuto.
La formalizzazione più semplice dell’architettura dei tessuti è stata presentata da
[Pierce,1937], che presuppone che le fibre e i fasci di fibre abbiano una sezione
trasversale circolare. Le descrizioni geometriche più appropriate per i tessuti tecnici a
maglia sono state sviluppate da [Mc Bride e Chen, 1997], [Robitaille et al., 1999],
[Lomov et al., 2000 e 2001], [Hofstee e Van Keulen, 2001] e [Robitaille et al., 2003].
Questi modelli differiscono da molti altri trovati in letteratura per la loro capacità di
modellare i tessuti che hanno subito deformazioni a taglio durante la loro realizzazione.
La maggior parte delle tecniche di modellazione presentano inoltre una descrizione
geometrica della struttura del tessuto, variabile da molto semplice (modello CAD 2D
[Rudd et al., 1999]) a molto complessa (sezione trasversale ellittica del filo con linea
media baricentrica rappresentata dalla curva di Biezer ottenuta interpolando un numero
discreto di punti [Glaessgen et al, 1996]). Un altro approccio interessante è quello di
[Searles et al., 2001] che ha fittato le funzioni polinomiali delle sezioni trasversali e dei
percorsi ondulatori dei fili osservati nelle microscopie dei tessuti. Benché una buona
rappresentazione dell'architettura di un tessuto può essere fornita, questo metodo
presenta lo svantaggio di non consentire l'analisi di materiali per i quali non sono
disponibili le microscopie delle sezioni trasversali.
27
Capitolo 2
2.5.2. Modelli numerici per i tessuti
La disposizione, le proprietà e la struttura delle fibre all'interno del fascio di fibre e del
fascio all'interno del tessuto, generano un meccanismo complesso di deformazione. La
modellazione delle strutture di tessuti con il metodo degli elementi finiti è un metodo
basato sulla combinazione dei modelli geometrici e meccanici. Il metodo degli
elementi finiti consente una costruzione e una rappresentazione dei tessuti prendendo in
considerazione l'ondulazione del filato, il tipo di tessitura e il tipo di contatto fra il filo
di ordito ed di trama. Questi differenti parametri permettono di ottenere una mesh del
tessuto aderente alla realtà.
Una spiegazione della formulazione degli elementi finiti è oltre la portata di questa tesi,
ma è documentata bene altrove, per esempio in [Zienkiewicz, 1977] e [Cesari, 1981].
Molti autori hanno usato il metodo agli elementi finiti per determinare il
comportamento meccanico ipotizzando una distribuzione regolare dei fili. Questo ha
permesso di effettuare le analisi su un volume rappresentativo (cella unitaria),
rappresentato in Figura 2.26, che ripetuto periodicamente riproduce esattamente il
tessuto. Quindi note le caratteristiche geometriche e meccaniche dei fili è possibile
generare una mesh del tessuto e determinare il comportamento della cella elementare.
Figura 2.26 – Immagine 3D di una cella elementare di tessuto a maglia semplice.
Alcuni degli esempi più semplici dell'applicazione del metodo agli elementi finiti per la
valutazione meccanica del comportamento dei tessuti sono stati condotti da Woo e
Whitcomb, inizialmente in due dimensioni [Woo e Whitcomb, 1994], e
successivamente estesi a tre dimensioni [Woo e Whitcomb, 1996]. Essi hanno usato dei
macroelementi (Figura 2.27a), che sono stati suddivisi in domini più piccoli per
calcolare la matrice di rigidezza; una mesh di molti macroelementi è stata usata per
rappresentare la struttura intera e gli spostamenti nodali sono stati calcolati. Gli
spostamenti nodali sono stati successivamente usati come condizioni al contorno per un
raffinato sottomodello della cella elementare costruita dagli elementi finiti
convenzionali (Figura 2.27b), usati per determinare il comportamento locale dello stato
di sforzo/deformazione.
28
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
Anche se il risparmio del tempo di calcolo è significativo, si sono osservate delle
discrepanze ai contorni del dominio globale/locale, che richiedono dunque un'ulteriore
ricerca.
Figura 2.27 – Una tipica sotto-mesh per (a) un macro-elemento, mostrante i gradi di libertà
interni e globali, e (b) una cella elementare per un’analisi agli elementi finiti.
Un altro modello semplificativo è quello introdotto da [Kawabata et al., 1973] per
tessuti piani bilanciati dove i fili sono rappresentati utilizzando la loro linea media, non
è impedita la penetrazione e la forza applicata risulta nulla finché non si ha la completa
estensione dei fili. Modelli più realistici (Figura 2.28) sono quelli introdotti da [Gasser
et al., 2000], [Boisse et al., 2001], [Lomov et al., 2001] e [Sagar et al., 2003], che
prendono in considerazione tutti i meccanismi possibili di deformazione compreso
l'allungamento, la flessione e la compressione.
Figura 2.28 – Modello analitico definente la geometria del filo.
29
Capitolo 2
Negli ultimi anni alcuni ricercatori, [Yu et al., 2002], [Page e Wang, 2002] [Xue et al.,
2003], [Crookston, 2004], [Peng e Cao, 2004] e [Liu et al., 2005] hanno iniziato ad
affrontare anche lo studio per predire il comportamento a taglio dei tessuti a maglia e
per rappresentare l’effetto dell’orientamento della fibra sulla rigidezza e resistenza del
tessuto (Figura 2.29). In particolare [Peng e Cao, 2004] hanno evidenziato l’importanza
della stima del comportamento a taglio del tessuto per ottenere una buona correlazione
tra i risultati sperimentali e quelli numerici.
Figura 2.29 – Deformata del tessuto ottenuta da simulazioni numeriche di prove di taglio
condotte utilizzando 2 set-up diversi.
Usando gli elementi finiti convenzionali ed ammettendo un percorso sinusoidale delle
fibre, [Chapman e Whitcomb, 1995] e [Tarfaoui, 2001] hanno studiato come varia la
distribuzione dello sforzo all'interno delle celle elementari per vari tipi di tessuti planari
al variare dell’elitticità della sezione trasversale delle fibre (e quindi della superficie di
contatto) e della distanza delle fibre in direzione ordito e trama.
Il problema della generazione di maglie complesse è stato aggirato con il metodo
proposto da [Cox et al, 1994] e [Xu et al., 1995]. Questo metodo, conosciuto come
modello binario, ha usato elementi lineari 1D per rappresentare la rigidezza assiale
delle fibre, fissata all'interno degli elementi 3D usando vincoli multipunto. Gli elementi
3D hanno rappresentato quello che gli autori hanno chiamato “il mezzo efficace”,
fornendo le proprietà meccaniche della matrice-dominate (rigidezza trasversale,
rapporto di Poisson, ecc.). Gli elementi 1D sono stati usati per formare
un'approssimazione a tratti lineare dei percorsi curvilinei delle fibre. Anche se questo
metodo potrebbe fornire i risultati del comportamento elastico con relativamente poco
sforzo di calcolo, la previsione del comportamento di danneggiamento rimane
indimostrata. Tuttavia, più recentemente [Yang e Cox, 2003] hanno presentato una
tecnica basata sulla deformazione media da usare con il modello binario, che è
sembrata offrire un accordo ragionevole con le misure delle deformazioni a campointero fatte su un tessuto composito di C/SiC 3D sottoposto a trazione in direzione
trama. Hanno suggerito che questo metodo fornirebbe una strada per la previsione della
30
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
resistenza, anche se le previsioni di resistenza non sono state fatte. Una mesh tipica
usata per questa tecnica è indicata nella Figura 2.30.
Figura 2.30 – Mesh di un tessuti composito ottenuta usando un modello binario.
2.5.3. Metodo di omogeneizzazione
La meccanica del continuo tratta materiali idealizzati. Si assume, in particolare, che la
distribuzione del materiale, gli sforzi e le deformazioni all’interno di un elemento
infinitesimo di materiale nell’intorno di un punto possono essere considerati come
uniformi. A livello della microscala, tuttavia, il materiale non è uniforme ed è costituito
da vari elementi con diverse proprietà e forme; di conseguenza, anche i campi di sforzo
e deformazione all’interno dell’elemento materiale non sono uniformi.
Uno degli obiettivi della micromeccanica è esprimere in maniera sintetica e rigorosa le
quantità del continuo associate all’elemento infinitesimo in termini di parametri che
caratterizzano la microstruttura e le proprietà dei microcostituenti.
Pertanto, nello studio delle proprietà globali dei mezzi eterogenei sono coinvolte due
differenti scale (Figura 2.31): la scala macroscopica (chiamata x) nella quale la
dimensione delle eterogeneità è infinitesima, e la scala microscopica (chiamata y) che è
la scala delle eterogeneità. Per ricavare una legge macroscopica (o omogeneizzata) per
un materiale eterogeneo si deve supporre in primo luogo che possa essere definito un
“elemento statisticamente omogeneo” o “elemento di volume rappresentativo” [Hill,
1963], [Hashin, 1964, 1983], [Nemat-Nasser, 1981] e [Suquet, 1985]. La scelta del tipo
di volume rappresentativo (VR) determina una prima fondamentale differenza tra le
varie teorie di omogeneizzazione. Nella teoria di omogeneizzazione per mezzi periodici
il VR è rappresentato da una cella unitaria che genera, per la ripetizione periodica,
l’intera struttura del tessuto.
Al punto macroscopico x si devono considerare due differenti famiglie di variabili: da
una parte le variabili macroscopiche che definiscono le proprietà del materiale
omogeneo equivalente meccanicamente al materiale reale che si sta studiando, e
dall’altra parte le variabili microscopiche che sono quantità puntuali nel VR ed hanno
lo stesso significato delle corrispondenti quantità macroscopiche (Figura 2.31).
31
Capitolo 2
x
mezzo eterogeneo
RV
mezzo omogeneo
y
x macroscopico
y microscopico
Figura 2.31 – Omogeneizzazione di un mezzo eterogeneo.
Per esempio si distinguono:
Σ
e
σ (y)
Ε
tensore di sforzo e deformazione macroscopico
ε (y)
tensore di sforzo e deformazione microscopico
dove le quantità macroscopiche sono definite come medie volumetriche delle
corrispondenti quantità microscopiche:
1
⎧
σ ij dy
⎪Σij = σ ij = V
⎪
V
⎨
⎪Ε = ε (u ) = 1
ε ij dy
ij
⎪⎩ ij
V V
∫
(2.9)
∫
in cui < > rappresenta l’operatore di media.
La procedura che determina le quantità macroscopiche Σ e Ε (e le loro derivate rispetto
al tempo o a altri parametri) a partire dalle quantità microscopiche σ (y) e ε (y) è
chiamata omogeneizzazione. La procedura inversa, chiamata localizzazione, consiste
nel determinare le quantità microscopiche σ (y) e ε (y) dalle quantità macroscopiche Σ
e Ε.
Affinché sussista tale relazione tra le variabili macroscopiche e microscopiche è
necessario che siano soddisfatte le condizioni al contorno che devono riprodurre, il più
fedelmente possibile, lo stato del VR all’interno del materiale. Pertanto queste
dipendono strettamente dalla scelta del VR stesso, e specialmente dalla sua dimensione.
In particolare si possono prendere in considerazione due differenti tipi di condizioni al
contorno:
sforzi uniformi su ∂V [Hill, 1963 1967]:
σ ⋅n = Σ⋅n
(2.10a)
spostamenti uniformi su ∂V [Hashin, 1983]:
u = Ε⋅ y
(2.10b)
o
32
Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte
È immediato osservare che un campo di spostamento che soddisfa l’equazione (2.10b)
e un campo di sforzo che soddisfa l’equazione (2.10a), soddisfa anche le equazioni:
σ =Σ
,
ε (u ) = Ε
(2.11)
Per giustificare le equazioni (2.10) (che non sono equazioni al contorno equivalenti) il
VR deve avere una maggiore ampiezza rispetto alle eterogeneità, così che i vettori di
sforzo o di spostamento su ∂V oscillano intorno ad un valore medio con una lunghezza
d’onda piccola rispetto alle dimensioni del VR.
Se si considera un materiale eterogeneo con struttura periodica, per una cella unitaria
situata ad una distanza sufficientemente grande dal contorno (bordo) del corpo
eterogeneo, i campi di sforzo e di deformazione sono conformi a livello macroscopico
alla periodicità della geometria: σ e ε sono dettin “campi periodici”. In ogni modo è
chiaro che i campi σ e ε, che dipendono dalle due variabili x (macro) e y (micro), non
sono esattamente periodici nel materiale eterogeneo e possono variare da una posizione
all’altra in modo analogo alle loro medie Σ (x) e Ε(x).
Tuttavia la loro variazione locale, dovuta alla loro dipendenza da y, è supposta essere
periodica. Il preciso significato di queste condizioni di periodicità è il seguente:
σ ⋅n
()
antiperiodico su ∂V
( )
ε u = Ε + ε u*
⇒
u = Ε ⋅ y + u*
(2.12a)
u* periodico su ∂V
(2.12b)
Le equazioni (2.10) e (2.12) definiscono un set di condizioni al contorno su ∂V per
(σ, ε): l’equazione (2.10a) impone dei requisiti stringenti su σ e non su u, l’equazione
(2.10b) impone dei requisiti stringenti su u e non su σ, mentre l’equazione (2.12)
impone requisiti su entrambi i campi. Per uno specifico set di condizioni al contorno,
un campo di spostamento u soddisfacente la condizione al contorno (2.12b) può essere
detto “campo di spostamento ammissibile”, mentre un campo di sforzo σ soddisfacente
la condizione al contorno (2.12a) può essere detto “campo di sforzo ammissibile”.
Siano σ e u dei campi di sforzo e spostamento ammissibili. Allora la media del
()
lavoro microscopico compiuto dallo sforzo σ per la deformazione ε u è uguale al
lavoro macroscopico compiuto dallo sforzo Σ per la deformazione Ε :
()
σ :ε u = Σ :Ε
(2.13)
L’equazione (2.13), che definisce l’uguaglianza del lavoro virtuale fra la scala
microscopica e macroscopica, gioca quindi un ruolo fondamentale nella teoria
dell’omogeneizzazione.
33
CAPITOLO 3
REALIZZAZIONE DEL DISPOSITIVO
DI PROVA BIASSIALE
Per l’esecuzione delle prove meccaniche sui tessuti tecnici, presso il Laboratorio Prove
Materiali del Politecnico di Milano è stato allestito un dispositivo di prova biassiale, il
cui progetto e sviluppo costituisce una parte importante del presente lavoro di tesi. La
descrizione di tale sistema di prova è oggetto del presente capitolo.
Inizialmente vengono stabilite le specifiche di progetto per il dispositivo di prova
biassiale e poi descritti i singoli componenti del sistema e la loro funzione rispetto al
soddisfacimento delle specifiche.
Successivamente sono descritte le fasi di calibrazione e verifica del sistema di prova
biassiale; tali operazioni comprendono:
• la calibrazione delle otto celle di carico;
• la verifica della calibrazione del videoestensometro.
Vengono infine descritte le prove eseguite per verificare l’attendibilità delle misure
fornite dai singoli componenti assemblati nel dispositivo di prova e viene presentata
una stima dell’errore di misura complessivo.
35
Capitolo 3
3.1. Introduzione
L’obiettivo della seguente tesi è lo studio del comportamento meccanico di tessuti
tecnici usati in ambito serigrafico. Questi tessuti, assumibili come planari (lo spessore è
trascurabile rispetto alla altre dimensioni), sono soggetti a carichi nel piano imposti
durante il pretensionamento dal quadro, come descritto nel Capitolo2.
Fondamentale dunque risulta essere lo studio delle loro proprietà meccaniche sotto un
ampio intervallo di sforzi e deformazioni al fine di predire il loro comportamento per
molteplici condizioni di carico.
L’apparecchiatura per le prove biassiali planari è più complessa rispetto a quella per le
prove uniassiali, a causa della necessità di controllare due condizioni al contorno; in
particolare i lati del provino devono poter essere liberi di espandersi e contrarsi nella
direzione laterale, e nella regione centrale di misura gli stati di sforzo e deformazione
devono essere uniformi così che l’analisi dei dati può essere sufficientemente
semplificata. La regione di misura deve essere piccola e localizzata lontana dai bordi
del provino per evitare gli effetti generati dagli afferraggi.
36
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
3.2. Specifiche di progetto
Il dispositivo di prova biassiale è concepito per l’esecuzione di prove di
caratterizzazione meccanica in regime di sforzo piano su campioni di tessuto tecnico.
Le specifiche di progetto sono le seguenti:
a. campioni di prova: dimensioni e afferraggi
a.1 configurazione geometrica a croce (Figura 3.1) con zona centrale quadrata
(rif. paragrafo 2.3)
I limiti dimensionali sono scelti tenendo conto dell’esigenza di avere una
zona centrale esente da effetti di bordo, che comporta la necessità di avere
provini di grande dimensione, e dal carico massimo trasmissibile ai carrelli
presenti sul telaio (1.5 kN per ciascun carrello), che limita invece le
dimensioni dei provini
a.1.1 dimensioni minime: w = 40 mm
a.1.2 dimensioni massime: w = 100 mm
a.2 afferraggi atraumatici
Gli afferraggi non devono danneggiare il provino
60
50w
w
50
60
Figura 3.1 – Geometria del provino a croce; w rappresenta la larghezza di ciascun braccio.
b. sistema di attuazione meccanica
b.1 il sistema di prova deve produrre un sistema di forze biassiale nel piano
b.2 il valore del carico lungo ciascuna direzione del piano deve potere essere
regolato indipendentemente dall’altro, per poter coprire l’intero intervallo di
stati di sforzo planari
b.3 forza massima (per direzione di attuazione): 5 kN
Tale valore è stimato considerando un valore di resistenza massima di 500
N/cm per i tessuti tecnici
b.4 velocità di applicazione del carico variabile
37
Capitolo 3
c.
telaio
c.1 il telaio deve consentire spostamenti lungo due direzioni ortogonali
c.2 il provino deve rimanere centrato rispetto al telaio quando sottoposto alle
sollecitazioni biassiali in modo che i carichi siano sempre allineati agli assi
del provino stesso
c.3 il telaio deve essere dimensionato per forza massima
La rigidezza deve essere sufficiente per considerare trascurabili le
deformazioni quando è applicata una Fmax = 5 kN
d. trasduttori
d.1 trasduttori di forza
fondo scala: 5 kN (dimensionati per la forza massima, vedi b.3)
sensibilità: 1 N (forza minima misurabile)
d.2 trasduttore di deformazione
d.2.1 misura di grandi deformazioni su tessuti con rigidezza molto bassa
d.2.2 fondo scala (deformazione massima misurabile): 0.8 mm/mm
d.2.3 accuratezza sulla deformazione massima: 0.08% (= 1/1000 del fondo
scala)
Definite le specifiche di progetto, è possibile ora passare alla descrizione del
dispositivo di prova biassiale sottolineando la funzione svolta da ogni singolo elemento
in relazione a tali specifiche.
38
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
3.3. Descrizione dell’apparecchiatura di prova biassiale
Lo sviluppo del progetto del dispositivo di prova biassiale è stato condotto con il
metodo dell’analisi strutturale multilivello [Duan e Chung, 2002]. Questo approccio è
basato sulla descrizione di un sistema attraverso diversi livelli di dettaglio: il livello del
sistema complessivo è il SISTEMA 1, al di sotto di cui c’è il livello dei SISTEMI 2,
che corrispondono ciascuno a una funzione complessiva necessaria alla finalità del
SISTEMA 1. Alla funzione di ciascun SISTEMA 2 concorrono più funzioni semplici,
svolte ciascuna da una macchina o SOTTOSISTEMA: ogni sottosistema è costituito
fisicamente da uno o più COMPONENTI 1, che sono elementi tecnologicamente finiti;
ogni COMPONENTE 1 può essere costituito da più parti semplici, i COMPONENTI 2,
e via di seguito fino ad arrivare al livello dei materiali. L’elemento che si trova ad un
dato livello è così costituito da più elementi che si trovano al livello inferiore, mentre
con altri elementi del proprio livello va a costituirne uno del livello superiore.
L’analisi strutturale multilivello, studiando un sistema complesso secondo diversi
livelli di dettaglio, è utile in fase di progetto, perché consente una facile identificazione
di tutti i componenti su base funzionale, e delle relazioni che intercorrono tra essi;
inoltre se si rende necessaria la modifica di un particolare, è possibile eseguirla solo sul
componente interessato, senza coinvolgere formalmente tutti gli altri.
La tabella successiva descrive la struttura del dispositivo di prova biassiale secondo lo
schema della progettazione funzionale multilivello.
A tale descrizione si fa riferimento nell’illustrare, nelle pagine successive, le soluzioni
progettuali adottate in modo da soddisfare le specifiche di progetto.
39
Capitolo 3
SISTEMA 1
SISTEMA 2
COMPONENTI 1
COMPONENTI 2
1 Telaio
2 Sistema di trasmissione 2.1 Traverse mobili
2.2 Guide
2.3 Cuscinetti delle
traverse
2.4 Viti di guida
2.5 Carrelli
3 Trasduttore di carico
3.1 Celle di carico
3.1.1 Lamine
3.2 Morsetto
3.2.1 Morsetto superiore
3.1.2 Estensimetri
3.2.2 Morsetto inferiore
4 Sistema di misura
4.1 Videoestensometro
di deformazione
4.1.1 Telecamera
analogica
4.1.2 Ottica
Dispositivo di prova
biassiale
4.1.3 Scheda PCI di
acquisizione
4.2 Supporto per
Videoestensometro
4.3 Lampada
4.4 Scheda acquisizione
immagini
5 Motori elettrici
5.1 Servo-motore AC
5.2 Riduttore (70:1)
5.3 Servo-azionamento
(controllo motori)
5.4 Programma software
6 Sistema di
condizionamento dei
trasduttori
6.1 Blocco per moduli di
condizionamento per
SG
6.2 Scheda DAQ
40
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
3.3.1. Telaio e Sistema di trasmissione
La struttura del dispositivo di prova, comprendente il telaio propriamente detto e le
traverse mobili, cioè il sistema di trasmissione (Figure 3.2 e 3.3), è stata progettata
presso il Dipartimento di Ingegneria Strutturale (DIS) per imporre, in due direzioni
ortogonali, degli spostamenti fra loro indipendenti.
Le caratteristiche del telaio e del sistema d trasmissione sono le seguenti:
• due assi di carico disposti a croce; ogni asse comprende una trasmissione con vite
e una coppia di traverse mobili con filettature una destra l’altra sinistra per ottenere
il movimento sincronizzato (specifica c.1);
• sistema di due viti montati su madreviti in bronzo e cuscinetti reggispinta con
guide su colonne temprate e rettificate con cuscinetti autoallineanti;
• testate portacarrelli con cave per lo scorrimento trasversale dei carrelli;
• n. 20 carrelli scorrevoli su tre cuscinetti, con un sistema di bloccaggio per il
campione;
• campo di sviluppo del campione in prova, da 80 a 1000 mm circa per ogni lato
(specifica a.1);
• carico massimo applicabile al telaio 10 kN, con deformazione trascurabile a 5 kN
(specifica c.3);
• trattamenti di protezione con zincatura e brunitura.
Il provino è collegato, tramite i morsetti che verranno descritti in 3.3.2.2, a due coppie
di traverse che si muovono su due assi ortogonali. Il movimento delle traverse è
comandato da una vite per asse. Le due traverse sul medesimo asse possiedono l’una
filettatura sinistra e l’altra filettatura destra in modo che la vite produca un movimento
sincrono e uguale per le due traverse, mantenendo così il provino centrato rispetto agli
assi di carico del telaio (specifica c.2).
Per evitare interferenza il movimento delle coppie di traverse ortogonali avviene su
piani paralleli distanziati di 20 mm (Figura 3.4). Dato che le sollecitazioni devono
risultare fra loro complanari, è stato necessario realizzare dei carrelli di diversa altezza
nelle due direzioni.
In particolare, ogni carrello è collegato alla rispettiva traversa attraverso un sistema di
tre cuscinetti cilindrici in quanto è stato concepito per trasmettere unicamente carichi
ortogonali alla traversa stessa (Figura 3.5). Ogni carrello è stato progettato per
trasmettere dei carichi di 1.5 kN ed è realizzato in alluminio (specifica c.3).
Complessivamente ogni traversa è progettata per trasmettere tramite i cinque carrelli
dei carichi massimi di 7.5 kN al campione in prova. Le traverse sono realizzate in
acciaio Fe 510.
Le traverse sono mosse da due viti con passo 5 mm. Per movimentare le traverse sono
utilizzati dei motori sincroni a corrente alternata (componente 5).
Al fine di evitare rotazioni delle traverse attorno al proprio asse, per effetto della non
planarità fra i carichi trasmessi dai carrelli e le corrispondenti reazioni sull’albero
filettato, è stato previsto un sistema rigido che si muove su due coppie di guide
(componente 2.2). Questo movimento è facilitato da cuscinetti speciali (componente
2.3) che assicurano, per i carichi massimi applicabili, un movimento traslatorio del
sistema rigido e, in definitiva delle traverse.
41
Capitolo 3
60
50w
w
50
60
Figura 3.2 – Disegno complessivo del telaio e del sistema di trasmissione.
Figura 3.3 – Particolare e sezione del telaio e del sistema di trasmissione.
42
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
Figura 3.4 – Particolare dei carrelli e relativi cuscinetti.
Figura 3.5 – Immagine di un carrello e relativi cuscinetti.
43
Capitolo 3
3.3.2. Trasduttori di carico e morsetti
Per misurare le forze applicate al provino nelle due direzioni del piano si utilizzano otto
celle di carico (quattro per ciascun asse della macchina di prova, Figura 3.6).
I trasduttori di carico sono stati studiati in modo da svolgere due funzioni principali:
1. misurare la forza applicata al campione;
2. consentire un’adeguata connessione tra campione e macchina.
Essi risultano quindi un insieme di due elementi in serie: la cella di carico in grado di
soddisfare la prima funzione e il morsetto in grado di soddisfare la seconda.
Figura 3.6 – Posizione delle 8 celle di carico sul dispositivo di prova.
3.3.2.1. Celle di carico
Le specifiche a cui deve soddisfare ciascuna cella di carico sono (specifica d.1):
(1) resistenza meccanica
La cella deve essere dimensionata, in relazione al tipo di materiale scelto, in modo
da resistere ai carichi imposti dalla macchina di prova; per i tessuti tecnici, in
particolare, si trovano in letteratura valori tipici di carico a rottura per cm che
rapportati alle dimensioni massime previste per i campioni di prova danno carichi
massimi di 5 kN.
44
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
(2) sensibilità
Il tessuto tecnico presenta elevate deformazioni anche a carichi bassi; di
conseguenza, per poter determinare le curve sforzo - deformazione del tessuto a
partire dalla configurazione iniziale è richiesta una sensibilità di 1 N.
(3) rigidezza flessionale (deve essere sufficientemente elevata da fornire insensibilità
ad azioni meccaniche diverse da quella assiale trasmessa dal campione di prova).
Le celle di carico devono avere elevata rigidezza nei confronti di carichi non
assiali, quali quelli laterali e flessionali, in modo che la misura fornita dipenda
solo dal carico di trazione imposto dalla macchina al campione di prova.
Il principio seguito nella costruzione delle celle di carico è quello di convertire la
misura di deformazione di un elemento sensibile della cella nella misura della forza che
ha prodotto tale deformazione; questa misura viene effettuata mediante quattro
estensimetri a variazione di resistenza elettrici (strain gauges) applicati su una lamina
metallica (elemento sensibile) e collegati in un circuito a ponte di Wheatstone.
Nella realizzazione di queste celle, di particolare rilevanza sono state la scelta della
posizione, della geometria, della dimensione e del materiale della lamina;
l’orientamento della lamina è correlata alla rigidità flessionale della cella, mentre la
geometria, la dimensione e il materiale di queste sono correlate congiuntamente alla
resistenza meccanica ed alla sensibilità.
La soluzione scelta relativamente all’orientamento della lamina è stata quella di
montarla orizzontalmente; questo permette di aumentare la rigidezza flessionale
quando la lamina viene caricata orizzontalmente da una forza H (Figura 3.7).
6.5 mm
1 mm
H
Figura 3.7 – Orientamento della lamina.
Per quanto concerne la scelta della geometria si è pensato ad una forma a “osso di
cane“ per poter sia avere una zona sufficientemente larga da consentire il
collegamento ad una sua estremità al carrello e dall’altra al morsetto, sia una zona (la
zona sensibile ove sono applicati gli strain gauges) di minor larghezza per aumentare
la sensibilità della lamina.
Infine nella scelta delle dimensioni e del materiale della zona sensibile (Figura 3.8) si è
cercato di soddisfare contemporaneamente l’esigenza di avere buona resistenza
meccanica e buona sensibilità.
Il materiale scelto è l’acciaio AISI 316 (σsn = 400 MPa). Le dimensioni della parte
sensibile della lamina sono rispettivamente 15×6.5×1 mm; fondamentale è risultata la
scelta della larghezza, pari a 6.5 mm, e dello spessore, pari a 1 mm, perché queste
dimensioni determinano la sezione resistente.
45
Capitolo 3
Con questa geometria quando all’afferraggio di Figura 3.6 viene applicato un carico
assiale di 1250 N (25 % del carico massimo applicabile a ciascun asse, essendo 4 le
celle di carico in parallelo su ogni asse, Figura 3.6), questo produce uno sforzo pari a
192 MPa, ben inferiore a quello di snervamento σsn = 400 MPa per questo tipo di
acciaio; inoltre sempre per tale carico di 1250 N la deformazione corrispondente εΝ,
risulta circa pari a 9.8 10-4 mm/mm.
15
6.5
1
Figura 3.8 – Dimensioni (in mm) della zona sensibile della lamina.
I risultati ottenuti soddisfano in buona misura alle specifiche, anche se la sensibilità
non è ottimale; questa può essere migliorata ulteriormente solo mediante
amplificazione del segnale degli estensimetri. Difatti una riduzione ulteriore dello
spessore diminuirebbe notevolmente la rigidità flessionale, mentre un’ulteriore
diminuzione della larghezza impedirebbe l’applicazione degli estensimetri.
Gli estensimetri usati sono del tipo HBM 1.5/120XY31 (Hottinger Baldwin
Messtechnick, Damstadt, Germany); ogni cella è stata realizzata utilizzando quattro
estensimetri, disposti come in Figura 3.9, che sono stati collegati a formare un ponte
completo di Wheatstone in modo da ottenere una sensibilità pari a:
ΔV
V
=
K
K
K
⋅ [ε A − ε B + ε C − ε D ] =
⋅ 2(1 + υ ) ⋅ ε N =
⋅ 2.6 ⋅ ε N
4
4
4
(3.1)
dove V è la tensione di alimentazione del ponte, ΔV la tensione misurata in uscita del
ponte, K il fattore di sensibilità dell’estensimetro (gage factor), ν il coefficiente di
Poisson della lamina (assunto pari a 0.3), ε A-D le deformazioni misurate dai 4
estensimetri applicati sulla lamina e ε N la deformazione misurata lungo l’asse di
simmetria della lamina (ε A = ε C = ε N e ε B = ε D = 0.3 ε N , vedi Figura 3.9).
46
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
A
A
D
B
V
C
B
C
D
ΔV
Figura 3.9 – Disposizione e collegamenti fra i 4 estensimetri.
Con questa configurazione del ponte di Wheatstone si sono ottenuti tre effetti:
• l’amplificazione della misura delle deformazioni di un fattore pari a 2.6;
• l’eliminazione degli effetti sulla misura prodotti da un momento flettente attorno
ad un asse orizzontale;
• la compensazione degli effetti della temperatura.
3.3.2.2. Morsetti
Le specifiche a cui devono soddisfare i morsetti sono:
(4) serraggio non traumatico dei campioni all’afferraggio (specifica a.2)
Il tessuto tecnico è costituito da fibre. Il bloccaggio del provino deve essere tale
da non lacerare tali fibre prima dell’esecuzione della prova.
(5) allineamento dei campioni agli assi del dispositivo di prova
Volendo eseguire prove di trazione biassiale, è necessario garantire l’assenza di
altre sollecitazioni non controllabili rispetto al carico assiale, quali la flessione, la
torsione o il taglio; affinché ciò accada è necessario che gli assi del provino siano
allineati con gli assi di carico del dispositivo di prova.
(6) collegamento al telaio del sistema di prova
L’afferraggio deve disporre di un’adeguata interfaccia che ne consenta il
collegamento alla macchina di prova.
(7) resistenza meccanica adeguata (specifica c.3)
Essendo l’afferraggio un dispositivo in serie alla cella di carico, come questo deve
essere dimensionato, in relazione al tipo di materiale scelto, in modo da resistere
ai carichi imposti dal sistema di prova.
I disegni costruttivi (Appendice B) e l’immagine di Figura 3.10 mostrano come è stato
realizzato il sistema complessivo del trasduttore di carico ed afferraggio in modo da
rispondere alle precedenti specifiche.
47
Capitolo 3
MORSETTO
SUPERIORE
CELLA DI CARICO
MORSETTO
INFERIORE
PARA
Figura 3.10 – Morsetti montati sui carrelli del sistema di prova.
I componenti, costituenti ciascuno afferraggio, sono rispettivamente:
• la lamina (elemento sensibile):
realizzata in acciaio AISI 316, è un componente oltre che degli afferraggi, anche
delle celle di carico, di cui rappresenta l’elemento sensibile per misurare la forza
imposta al provino; essa è rigidamente connessa da una parte agli afferraggi e
dall’altra al morsetto della macchina di prova (specifica 6).
• i morsetti inferiore e superiore:
i morsetti, in acciaio C40, sono realizzati per soddisfare alla specifica 5. Inoltre per
permettere le contrazioni trasversali in prossimità dell’afferraggio, evitando così il
nascere di sforzi di taglio all’interno del provino, è stato necessario posizionare
almeno due afferraggi in parallelo.
Per ottenere una trasmissione della sollecitazione uniforme dagli afferraggi alla
regione centrale si è pensato di utilizzare dei provini a forma di croce con parte
centrale quadrata di dimensione massima 100 × 100 mm da cui partono 4 bracci,
lungo ciascuno da 200 a 300 mm e larghezza come la regione centrale, per la
connessione ai morsetti (Figura 3.10).
Naturalmente tutti i componenti sono stati dimensionati, in relazione al materiale
scelto, in modo da soddisfare le verifiche di resistenza per il carico massimo di 5000 N
per ogni asse (specifica 6).
48
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
3.3.3. Sistema di misura delle deformazioni
I tessuti tecnici sono caratterizzati da grandi deformazioni e bassissima rigidità; questo
rende impossibile per la misura della loro deformazione durante prove di laboratorio
l’impiego di tecniche standard di contatto, quali estensimetri (strain gauges) o
estensometri.
Per questo motivo le deformazioni di tessuti tecnici vengono misurate principalmente
con estensimetri ottici (specifica d.2.1). Per il sistema di prova biassiale sviluppato
nella presente tesi si è fatto ricorso all’estensometro ottico VE5000 (Trio Sistemi e
Misura s.r.l.) raffigurato in Figura 3.11 che costituisce uno strumento molto pratico per
l’esecuzione di misure dimensionali e di spostamento eseguite contemporaneamente
lungo la direzione assiale e trasversale; questo strumento permette quindi misure
planari di spostamento, mentre non riesce a cogliere spostamenti al di fuori del piano
perpendicolare alla direzione focale della videocamera.
I componenti del sistema VE5000 sono:
1. personal computer;
2. telecamera monocromatica JAI M50, standard video CCIR, sensore da ½’’;
3. ottica professionale Zoom NIKKOR 28-105 mm 1:3,5-4,5 D;
4. scheda acquisizione immagini NI 1407 (National Instruments);
5. sistema di illuminazione ad alta frequenza;
6. tripodi per il sistema di illuminazione;
7. programma di controllo VE5000 versione 3.2.
Figura 3.11 – Estensometro ottico VE5000.
49
Capitolo 3
Inizialmente è necessario predisporre, oppure individuare se già presenti nel campo
inquadrato, dei bersagli di riferimento (“markers”) all’interno dell’immagine del
campione utilizzata per la misura. Il colore (livello di grigio) di questi bersagli deve
essere tale da avere un elevato contrasto con il colore del campione (sfondo); nel caso
della misura “Markers X-Y” si devono identificare o disegnare al più venti punti in
corrispondenza della zona da misurare (Figura 3.12), dove la dimensione dei singoli
bersagli deve essere superiore ad 1/100 del campo di misura complessivo.
Il funzionamento del sistema VE5000 si basa sulla tecnica di misura ottica di
deformazioni attraverso l’analisi di immagini che riportano la posizione dei markers
applicati al campione, registrate da una telecamera a controllo digitale e
successivamente analizzate ed elaborate con l’ausilio di algoritmi di calcolo.
Figura 3.12 – Contrasto chiaro/scuro tra provino e markers.
50
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
Il programma di controllo del sistema VE5000 permette di determinare ed impostare i
parametri ottimali, di effettuare delle misure e di registrare i risultati.
La procedura di prova risulta così articolata:
1. Definizione dei parametri di prova
In questa prima fase vengono impostati i parametri di prova ed in particolare si
definisce:
9 la frequenza di acquisizione;
9 il numero di canali analogici in ingresso che vengono registrati in sincronia con
le posizioni dei markers (quali ad esempio il segnale delle celle di carico) e le
relative costanti di conversione.
2. Configurazione
In questa seconda fase si effettua:
9 l’allineamento della videocamera al dispositivo di prova;
Per una corretta valutazione degli spostamenti del campione di prova è
necessario che gli assi ottici della videocamera (assi x, y) siano allineati agli assi
di carico della macchina e del provino (assi X, Y). L’allineamento viene eseguito
posizionando un filo guida parallelamente ad uno degli assi della macchina (e.g.
l’asse Y); un apposito algoritmo fornisce l’angolo relativo tra questo filo e l’asse
y della videocamera. La videocamera viene così ruotata finché l’angolo diviene
prossimo a 0°.
9 l’identificazione dei markers (Figura 3.13a).
L’identificazione dei markers è basata sulla loro dimensione e sulla loro
intensità.
Si definisce un livello di intensità luminosa (contrasto chiaro/scuro) tale da
discriminare tra segnali identificabili come markers e il rumore di fondo.
Poiché possono essere presenti macchie sulla superficie del provino che
superano comunque il valore di soglia luminosa, un ulteriore discrimine viene
eseguito sulla dimensioni. Si identifica un marker e se ne misura l’area; questo
valore, a meno di una tolleranza che può essere specificata di volta in volta,
viene assunto come dimensione di riferimento per identificare i segnali di
intensità luminosa “sopra soglia” come markers.
3. Registrazione e acquisizione dei dati (Figura 3.13b)
51
Capitolo 3
(a)
(b)
Figura 3.13 – Funzioni usate nella procedura di prova: (a) ottimizzazione del contrasto tra
luminosità dei markers e rumore di fondo e (b) visualizzazione dei markers
durante la registrazione.
Le prestazioni ottenute tramite questo sistema posizionato ad una distanza focale di 105
mm dal campione, con modalità di misura Markers X-Y, sono:
• campo di misura: 75×60 mm2
• risoluzione: 6 μm
• incertezza: 12 μm
• frequenza massima di acquisizione: 10 Hz
Le prestazioni che tale sistema consente di ottenere quando accoppiato al sistema di
prova biassiale sono quindi:
• una deformazione massima misurabile del 400% quando i markers sono posti a
distanza di 10 mm (specifica d.2.2);
• una accuratezza di 0.03 % sulla deformazione massima (pari a uno spostamento di
12×10-3 mm su una lunghezza di base di 40 mm) (specifica d.2.3).
52
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
3.3.4. Azionamenti elettrici
Per la movimentazione delle traverse sono stati impiegati due motori, come illustrato in
Figura 3.14.
Ciascuno di questi motori controlla la velocità di spostamento delle due traverse poste
sul medesimo asse del dispositivo di prova in modo da poter applicare storie di carico e
deformazione indipendenti lungo i due assi di carico e consentire così una
caratterizzazione biassiale completa.
Figura 3.14 – Motori elettrici.
Ogni motore (sistema di azionamento) è costituito da:
• servo-motore brushless (Lenze, mod. MDSKS 036-23)
Si tratta di un servomotore sincrono a magneti permanenti e commutazione
elettronica con una velocità massima di 4000 giri/min ed una coppia nominale di
1.3 Nm. Il motore brushless, rispetto al motore in corrente continua, presenta
diversi vantaggi, quali:
- l’elevata precisione grazie al suo funzionamento a velocità costante;
- la bassa inerzia grazie all’uso di una massa rotante molto piccola e leggera;
- l’elevate velocità.
Ogni motore brushless è connesso ad un apposito trasduttore rotante di tipo
“revolver” che misura la velocità angolare. Dal segnale del resolver si ricava la
posizione dell’albero del motore.
•
motoriduttore epicicloidale (Lenze, mod. MPV 02-M2-70)
Tale componente caratterizzato da un rapporto di riduzione di 70:1, posto in serie
al motore, riduce la velocità di rotazione del motore a 59 giri/min ed aumenta la
coppia nominale trasmessa a 91 Nm.
53
Capitolo 3
•
servo-inverter (Lenze, mod. EVS9300-EP) + software di controllo (Lenze)
Il servo-inverter, attraverso una semplice parametrizzazione e in funzione delle
necessità dinamiche, consente di definire la motorizzazione ottimale in
combinazione con il servomotore brushless equipaggiato con revolver (Figura
3.15).
Per la programmazione del servo-inverter è utilizzato il software di controllo
Global Drive Control; questo programma dispone di pratici menù per la
configurazione dei servo-inverter e alcune possibili applicazioni sono:
– controllo di velocità
– controllo di coppia
– posizionamento assoluto o relativo
– posizionamento punto-punto
– profilo d’avanzamento con rampa lineare o a “S”
– taratura on-line dei parametri di posizionamento
Figura 3.15 – Schema di funzionamento del sistema di azionamento.
54
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
3.3.5. Sistema di condizionamento dei trasduttori
Il sistema di condizionamento dei trasduttori è realizzato assemblando componenti
National Instruments; esso comprende:
• blocco di connessione SC-2043-SG
Consiste in un contenitore schermato contenente 8 circuiti per il condizionamento
di segnali analogici in ingresso e 2 circuiti di uscita analogica. Per ogni canale di
ingresso analogico, costituito da un ponte completo estensimetrico, il circuito di
condizionamento presenta 2 uscite di eccitazione (poli +/-) e 2 ingressi di lettura;
inoltre ogni circuito include un amplificatore (x10), un filtro passa-basso a 1.6
KHz e un potenziometro per l’azzeramento dell’offset del ponte. La tensione in
uscita per l’alimentazione dei ponti di estensimetri è di 2.5 V ed è in corrente
continua.
Il blocco di connessione è poi connesso direttamente al dispositivo DAQ PCI6036E tramite un cavo schermato.
• scheda DAQ PCI-6036E
È una scheda di acquisizione avente 8 ingressi analogici differenziali (oppure 16
ingressi a singolo canale) con convertitore analogico/digitale con risoluzione di 16
bit, una velocità di campionamento di 200 KS/s e un range di ingresso tra ±0.05 V
e ±10 V, 2 uscite analogiche con una risoluzione a 16 bit, una velocità a 200 kS/s
e un range di uscita di ±10 V, 8 ingressi/uscite digitali e 2 contatori/timer a 24 bit.
È installato su un personal computer ed è regolato tramite software DAQ National
Instruments.
Note le caratteristiche del sistema di condizionamento è possibile definire la sensibilità
delle celle di carico. In particolare, riprendendo l’equazione (3.1) si ha:
⎧
⎛ 1.7
⎞
⋅ 2.6 ⋅ ε N ⎟
⎪ΔV = Vin × G × ⎜
4
⎝
⎠
⎪
⎪
⎨ΔV = 10 V = 215 livelli
⎪
⎪Vin = 2.5 V
⎪⎩G = 100 × 10
⇒
ΔV = 2725 mV = 8934 livelli
(3.2)
dove il guadagno complessivo G del sistema di condizionamento del segnale è ottenuto
componendo un guadagno G1 = 10 fornito dall’amplificazione (fissa) nel blocco di
connessione e un guadagno G2 = 100 del secondo amplificatore (selezionabile
dall’operatore) nella scheda elettronica PCI.
Ciascuna cella di carico collegata al sistema di condizionamento presenta quindi una
risoluzione teorica S:
1250 N
livelli
S = 8934
= 0.15
N
livello
(3.3)
Nel caso in cui si utilizzino 4 celle di carico in parallelo la risoluzione teorica totale
sarà pari a 0.6 N.
55
Capitolo 3
3.4. Calibrazione della macchina di prova
3.4.1. Calibrazione delle celle di carico
Le otto celle di carico ed il relativo sistema di condizionamento ed amplificazione (SC2043-SG, DAQ PCI-6036E) sono state sottoposte a calibrazione conformemente alla
norma UNI EN 10002 – 1991, la cui parte 2ª stabilisce la metodica da seguire per la
verifica delle celle di carico utilizzate per prove di trazione statiche uniassiali.
L’operazione di calibrazione è stata effettuata dal centro di taratura del Politecnico che
ha rilasciato un certificato di taratura per ogni cella di carico.
Come strumento campione per la misurazione del carico si sono utilizzati 2
dinamometri HBM con fondo scala rispettivamente di 1kN e 5 kN.
La cella di carico da calibrare è stata collegata agli afferraggi superiore ed inferiore di
una macchina di prova uniassiale MTS; il dinamometro HBM è stato posizionato in
serie all’afferraggio inferiore. Per assicurare l’allineamento dell’asse della cella di
carico da calibrare con il dinamometro HBM sono stati utilizzati 2 snodi sferici (Figura
3.16).
CELLA
Figura 3.16 – Set-up utilizzato per la calibrazione delle celle di carico.
56
SNODI
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
La lettura della cella di carico è stata azzerata, prima delle successive fasi, in modo da
eliminare l’effetto del peso.
Per avere una buona accuratezza delle misure fornite dallo strumento campione in tutto
il range di carico considerato, la calibrazione è stata eseguita utilizzando 2
dinamometri, ed in particolare:
¾ tra 0 ÷ 500 N si è utilizzato il dinamometro con fondo scala di 1 kN (G 05106,
HBM);
¾ tra 500 ÷ 1250 N si è utilizzato il dinamometro con fondo scala di 5 kN (G 19081,
HBM).
Ciascuna calibrazione comprende tre serie di letture dell’uscita della cella campione
(dinamometro), ad un fissato valore in mV della cella da calibrare; ogni serie è
costituita dalle letture su dieci livelli di carico.
I risultati della fase di calibrazione sono riportati in Figura 3.16 e in Appendice C. Le
curve di calibrazione delle celle (Figura 3.17a, Figura 3.17b) mostrano un andamento
lineare fino al fondo scala (1250 N); in queste figure si sono identificate con A 1÷4 le
celle che verranno disposte su un asse del dispositivo di prova biassiale e con B 1÷4
quelle che verranno disposte sull’asse ortogonale.
Sulla base dei dati raccolti in questa fase, si sono determinate le costanti di calibrazione
utilizzate per ottenere le letture delle celle di carico in valori di forza. Dato l’andamento
lineare delle curve di calibrazione, queste sono state descritte mediante funzioni lineari.
Tutte le verifiche sono state effettuate a temperatura ambiente di 23°C e quindi
perfettamente rientrante nel range 10°C÷35°C richiesto dalla norma UNI EN 10002 1991.
57
Capitolo 3
1500
cella A1
cella A2
cella A3
cella A4
Letture [N]
1250
1000
750
500
250
0
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
2.5
3.0
Valori indicati [mV/V]
1500
cella B1
cella B2
cella B3
cella B4
1250
Letture [N]
(a)
1000
750
500
250
0
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
2.5
3.0
Valori indicati [mV/V]
Figura 3.17 – Andamento delle curve di calibrazione delle 8 celle di carico.
58
(b)
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
3.4.2. Verifica della calibrazione del video-estensometro
Per verificare la corretta calibrazione del video-estensometro si sono effettuate delle
misure di posizione dei markers tracciati su un provino soggetto a trazione in controllo
di spostamento della traversa; da queste è stato possibile ricavare una stima
dell’incertezza sulle misure delle deformazioni.
Come provino si è utilizzata una striscia di gomma (lunghezza × larghezza = 200 × 50
mm) su cui sono stati realizzati con inchiostro nero, nella zona centrale, quattro
circonferenze a distanza l’uno dall’altro di 10 mm aventi ciascuno diametro di circa 2
mm.
La striscia è stata allineata all’asse X del sistema di prova biassiale ed un LVDT è
allineato a tale asse in modo da registrare lo spostamento della traversa.
Dopo aver verificato l’allineamento dell’asse x della videocamera con l’asse del
provino, si è eseguita una prova di trazione uniassiale in controllo di spostamento della
traversa composta da tre cicli di carico/scarico tra 0 e 10 mm aspettando qualche
secondo tra un ciclo e il successivo.
Durante i 3 cicli si sono acquisiti contemporaneamente, con frequenza di 5 Hz, lo
spostamento della traversa e le coordinate (x , y) dei 4 markers.
Si è quindi ruotata la videocamera di 90° in modo da allineare ora la sua direzione y
con la direzione di carico, e quindi si è proceduto all’esecuzione di una seconda prova
di trazione in controllo di spostamento anch’essa costituita da tre cicli di carico/scarico
tra 0 e 10 mm.
In Figura 3.18a-b sono presentate le curve deformazione del provino – spostamento
della traversa; data la perfetta sovrapposizione dei cicli di carico e scarico, è stato
possibile dedurre una perfetta ripetibilità del sistema di misura delle deformazioni.
59
Capitolo 3
0,18
ε X [mm/mm]
0,15
0,12
0,09
0,06
0,03
0
0
3
6
9
12
ΔL traversa [mm]
Figura 3.18a – Prova di trazione uniassiale ciclica: deformazione del campione misurata dal
video- estensometro con l’asse x della videocamera allineato alla direzione di
carico; spostamento della traversa registrato dal trasduttore LVDT.
0,18
ε Y [mm/mm]
0,15
0,12
0,09
0,06
0,03
0
0
3
6
9
12
ΔL traversa [mm]
Figura 3.18b – Prova di trazione uniassiale ciclica: deformazione del campione misurata dal
video- estensometro con l’asse y della videocamera allineato alla direzione di
carico; spostamento della traversa registrato dal trasduttore LVDT.
60
Realizzazione del dispositivo di prova biassiale
I dati registrati sono stati utilizzati per determinare l’incertezza sulla misura delle
coordinate dei markers, che vengono poi utilizzate per calcolare le deformazioni del
provino.
Da prima si sono acquisite 50-60 letture delle posizioni in pixel dei 4 markers, in
corrispondenza della configurazione di riferimento del provino (distanza dei markers
pari a 10 mm); si è poi determinata la misura della distanza, parallelamente alle due
direzione principali della videocamera, tra le due coppie di markers. Infine si sono
calcolati il valore medio x e la deviazione standard σx delle letture.
I risultati delle misure fatte sia lungo l’asse x che lungo l’asse y della videocamera sono
riportati nella seguente tabella:
distanza fra i markers
(pixel)
media x dev.std. σx
Incertezza sulla
misura (μm)
ex
direzione della
videocamera
distanza fra i
markers (mm)
l0,mm
direzione x
10
348.29
0.34
9.8
direzione y
10
346.46
1.21
34.9
dove l’incertezza sulla misura è calcolata secondo la formula:
ex =
σx
x
⋅ l0, mm
(3.4)
Si osserva che la costante di calibrazione (rapporto pixel/mm) è pressoché uguale lungo
i due assi della videocamera e l’incertezza (entità del disturbo) è molto piccola
(dell’ordine della decina di μm) sebbene diversa per le 2 direzioni. Di conseguenza per
piccole deformazioni (inferiori al 0.1%) si avrà una maggiore accuratezza nelle misure
effettuate in direzione x, mentre per deformazioni superiori questa differenza risulterà
trascurabile.
61
CAPITOLO 4
MISURE SPERIMENTALI E CALCOLO
DI SFORZI E DEFORMAZIONI
In questo capitolo vengono inizialmente presentate le misure di sforzo e deformazione
utilizzate per descrivere i risultati delle prove biassiali su provini planari che subiscono
grandi deformazioni. Sono poi presentati due differenti approcci per calcolare le
componenti di sforzo e deformazione nell’analisi dei dati sperimentali: un approccio
“globale”, basato sulla valutazione dei valori medi di queste quantità, ed un approccio
“locale” che consente di valutarne la distribuzione locale nel campione di prova.
63
Capitolo 4
4.1. Definizione delle grandezze cinematiche e statiche
Nell’analisi in grandi deformazioni gli sforzi e le deformazioni possono essere misurati
sia rispetto alla configurazione iniziale (descrizione Lagrangiana o materiale) che
rispetto alla configurazione deformata (descrizione Euleriana o spaziale); nella presente
trattazione per descrivere il moto del corpo e per formulare le equazioni di equilibrio
viene utilizzata la configurazione Lagrangiana.
Una descrizione matematica rigorosa del comportamento deformativo di un continuo
nel campo delle grandi deformazioni esula dall’ambito della presente tesi e può essere
trovata in [Malvern, 1969]; in questo paragrafo verranno solo brevemente definite le
convenzioni adottate e le grandezze che verranno utilizzate nella analisi dei risultati
sperimentali.
Si consideri un sistema di coordinate cartesiane con origine O e vettori base ei. Ciascun
movimento sarà un movimento rispetto a questo sistema di riferimento fisso e tutte le
componenti vettoriali e tensoriali saranno definite rispetto al sistema di coordinate con
vettori base ei.
In Figura 4.1 sono definite le convenzioni adottate nella presente trattazione.
Per il nostro scopo si può ipotizzare che la configurazione di riferimento sia la
configurazione occupata al tempo t = 0; si definirà dunque Xj la coordinata j-esima
della posizione di un punto materiale nella configurazione iniziale e xi è la coordinata iesima della posizione del medesimo punto nella configurazione corrente.
Figura 4.1 – Convenzioni adottate per definire la cinematica del processo deformativo.
Le misure di deformazione di Green-Lagrange sono definite come segue:
Eij =
1
2
⎛ ∂x
⎞
∂x j
⋅⎜ i ⋅
− δ ij ⎟
⎜ ∂X j ∂X i
⎟
⎝
⎠
64
(4.1)
Rielaborazione dei dati sperimentali
dove δij è l’indice di Kronecker (δij = 1 se i = j, δij = 0 se i ≠ j).
La componente ad indici uguali Eii dipende dalla elongazione subita da una fibra
originariamente diretta secondo la direzione ei, mentre la componente ad indici misti Eij
dipende oltre che dalla elongazione subita, anche dal cambiamento di angolo tra due
fibre; l’angolo formato dopo la deformazione da due fibre originariamente ortogonali
nel piano definito da ei ed ej è dato da:
cos ϑij =
2 Eij
(4.2)
1 + 2 Eii ⋅ 1 + 2 E jj
La corrispondente misura di sforzo in deformazioni finite correlata con le deformazioni
di Green-Lagrange tramite il principio delle potenze virtuali è rappresentata dalle
componenti del secondo tensore di Piola-Kirchoff:
⎡ ∂x
S ij = ⎢ i
⎢⎣ ∂X j
⎤
⎥
⎥⎦
−1
Fi
Aj
(4.3)
dove Fi rappresentano le trazioni superficiali e Aj l’area della sezione nella
configurazione di riferimento su cui esse agiscono.
Limitando la trattazione al caso piano (a cui si può assimilare quello di un tessuto
tecnico), le componenti significative del tensore di Green-Lagrange, diventano:
E11 =
(
)
1 2
λ1 − 1
2
E 22 =
(
)
χ ij =
∂xi
∂X j
1 2
λ2 − 1
2
E12 = E21 =
1
(χ12 ⋅ χ 21 )
2
(4.4)
dove
λi =
∂xi
∂X i
i = 1, 2
(4.5a-b)
rappresentano rispettivamente l’allungamento relativo subito da una fibra
originariamente diretta secondo la direzione ei e la rotazione subita da una fibra nel
passare da una configurazione iniziale, dove è diretta secondo ei, a quella corrente,
dove è ora diretta secondo ej (Figura 4.1).
Le corrispondenti componenti del secondo tensore di sforzo di Piola-Kirchoff sono:
S11 =
1
F1
λ1 A01
S 22 =
1
F2
S12 = S21 =
λ 2 A02
1
F2
χ12 A01
=
1
F1
χ 21 A02
(4.6)
Dopo aver delineato l’ambito generale (deformazioni finite e approccio lagrangiano)
prescelto, occorre illustrare gli algoritmi utilizzati per calcolare le grandezze
cinematiche e statiche a partire dai dati sperimentali. Questo verrà fatto nei due
paragrafi successivi: nel paragrafo 4.2 si mostrerà come è possibile ricavare dalle
registrazioni delle coordinate dei markers applicati sulla superficie del provino le
componenti di deformazione di Green-Lagrange; nel paragrafo 4.3 si definiscono le
componenti di sforzo di Piola-Kirchoff.
65
Capitolo 4
4.2. Valutazione delle componenti di deformazione
Durante la prova vengono acquisiti in tempo reale, tramite il video-estensometro
VE5000 (Cap. 3.2.3), le posizioni di 8 markers applicati nella zona centrale del provino
(Figura 4.2).
Tali posizioni sono determinate in termini di coordinate rispetto al sistema di
riferimento assoluto x - y, allineato con gli assi della video-camera (a loro volta
allineati con gli assi della macchina di prova).
x
1
10
y
2
5
11
9
8
12
13
4
6
7
3
Figura 4.2 - Posizione e identificazione dei 8 markers applicati sulla
superficie del provino nel sistema di riferimento assoluto
della macchina di prova di coordinate (x, y).
Per passare da questi dati a una misura delle deformazioni subite dal materiale
costituente il provino si possono seguire due approcci:
• un approccio “globale”, che consiste nel calcolare direttamente le deformazioni
medie nella regione di misura a partire dalle coordinate iniziali e finali dei
markers;
• un approccio “locale”, che consente di valutare l’intero campo di deformazione
nella regione di misura, passando attraverso l’introduzione di opportune funzioni
di interpolazione.
66
Rielaborazione dei dati sperimentali
4.2.1. Deformazioni medie globali
A partire dall’acquisizione in tempo reale della posizione degli 8 markers applicati
nella zona centrale del provino (markers in Figura 4.3) si può avere una stima delle
deformazioni subite dal provino adottando l’approccio basato sulle misure medie, così
definite:
E x1 =
Ex 2
1
2
1
=
2
E x3 =
1
2
⎡⎛ x − x
2
⎢⎜ 1
⎢⎜⎝ X 1 − X 2
⎣
2
⎤
⎞
⎟ − 1⎥
⎟
⎥
⎠
⎦
E y1 =
1
2
⎡⎛ y − y
4
⎢⎜ 1
⎢⎜⎝ Y1 − Y4
⎣
2
⎡⎛
⎤
⎞
⎢⎜ x6 − x8 ⎟ − 1⎥
⎢⎜⎝ X 6 − X 8 ⎟⎠
⎥
⎣
⎦
E y2 =
1
2
⎡⎛ y − y ⎞ 2
⎤
7 ⎟
⎢⎜ 5
⎥
1
−
⎢⎜⎝ Y5 − Y7 ⎟⎠
⎥
⎣
⎦
(4.7b)
2
⎡⎛
⎤
⎞
⎢⎜ y3 − y2 ⎟ − 1⎥
⎢⎜⎝ Y3 − Y2 ⎟⎠
⎥
⎣
⎦
(4.7c)
⎡⎛ x − x
3
⎢⎜ 4
⎢⎜⎝ X 4 − X 3
⎣
2
⎤
⎞
⎟ − 1⎥
⎟
⎥
⎠
⎦
E y1 =
1
2
2
⎤
⎞
⎟ − 1⎥
⎟
⎥
⎠
⎦
(4.7a)
da cui:
Ex =
1
(E x1 + E x 2 + E x3 )
3
Ey =
(
1
E y1 + E y 2 + E y 3
3
)
(4.8)
dove Xi , Yi rappresentano le coordinate del generico marker nella configurazione
iniziale, di riferimento, e xi , yi le coordinate del medesimo marker nella configurazione
deformata.
1
5
8
4
7
2 Ε x1
1
6 Ε x2
8
3 Ε x3
4
7
3
Ε y1
Ε y2
Ε y3
5
2
6
Figura 4.3 - Posizione dei markers utilizzati per il calcolo delle deformazioni medie.
67
Capitolo 4
Tale approccio non può descrivere distribuzioni di deformazione non uniformi.
Una valutazione quantitativa dello scorrimento angolare globale è possibile
determinando la variazione dell’angolo formato per esempio dalle congiungenti i
markers 1-4 e i markers 4-3 (Figura 4.4)
Δθ = θ − θ 0 = α + β
(4.9)
e invertendo l’equazione (4.2) per calcolare la Exy.
β
θ
θ0
α
Figura 4.4 - Variazione dell’angolo formato da due fibre.
68
Rielaborazione dei dati sperimentali
4.2.2. Campo di deformazione locale
Introducendo opportune funzioni di interpolazione [Robinson, 1973], [Cesari, 1981],
[Humphrey et al., 1987], [Lee e Bathe, 1993], [Russell, 1995], [Sacks e Chuong, 1998],
[Billiar e Sacks, 2000], [Li et al., 2004] è invece possibile rappresentare il campo intero
di spostamento all’interno della regione centrale del provino a partire dallo
spostamento di n punti (gli n markers) nel piano fisico (x, y). Si consideri come regione
di misura quella zona il cui contorno è delineato dalle congiungenti gli 8 markers di
Figura 4.2.
Poiché la geometria reale della regione di misura risulta distorta (i markers delineano
un contorno concavo), l’espressione analitica delle funzioni di interpolazione che
correlano lo spostamento di ciascun punto interno agli spostamenti dei markers non è
ricavabile.
È quindi comodo ricondurre la geometria distorta della regione di misura nel piano
fisico ad una geometria regolare e convessa in un piano virtuale (r, s) in cui è semplice
scrivere le funzioni di interpolazione. Si introducono pertanto delle funzioni di
mappatura che stabiliscono una correlazione biunivoca tra i punti della regione di
misura e i punti della regione virtuale.
Nel caso di un quadrilatero, nel sistema di riferimento (r, s) con origine nel baricentro
dell’elemento, questa regione virtuale assume la forma di un quadrato di lato 2 × 2
(Figura 4.5).
Gli spostamenti u, v ad ogni posizione all’interno della regione virtuale sono
determinati usando:
n
u (r , s ) =
∑
n
fi (r , s ) ⋅ ui
v(r , s ) =
i =1
∑ f (r , s) ⋅ v
i
(4.10a,b)
i
i =1
dove fi è la funzione di interpolazione del marker i, ui, vi gli spostamenti dei markers in
direzione x ed y ed r, s le coordinate isoparametriche:
n
x( r , s ) =
∑
n
fi (r , s ) ⋅ xi
y (r , s ) =
i =1
∑ f (r , s ) ⋅ y
i
i
(4.11a,b)
i =1
Il sistema di coordinate (r, s) è un sistema di coordinate isoparametrico, poiché le
stesse funzioni fi vengono utilizzati sia per esprimere la corrispondenza tra i punti del
piano fisico e quelli nel piano virtuale, sia per interpolare gli spostamenti del punto
generico in funzione degli spostamenti nodali.
69
Capitolo 4
x
(x 1 , y 1 )
1
(-1, -1)
(x 5 , y 5 )
(x 2 , y 2 )
5
2
1
(-1, 0)
(x 8 , y 8 ) 8
(1, -1)
2
5
6 (1, 0)
8
r
6 (x 6 , y 6 )
4
4
3
7
(x 4 , y 4 ) (x , y ) (x 3 , y 3 )
7
7
y
(0, -1)
(0, 1) (1, 1)
s
a)
3
7
(-1, 1)
b)
Figura 4.5 - Posizione dei nodi delle funzioni di interpolazione nel sistema
(a) di coordinate globali x – y e (b) di coordinate virtuali r – s.
Nel presente studio, per l’analisi del campo deformativo di tessuti tecnici si sono
utilizzate funzioni di interpolazione del secondo ordine per calcolare il vettore campo
di spostamento.
Nella scelta dell’ordine del polinomio che rappresenta la funzione di forma più
opportuna, occorre accertarsi che il risultato sia indipendente dall’orientamento del
sistema di coordinate locali. Questa proprietà delle funzioni di interpolazione è
conosciuta come isotropia geometrica [Sorenson, 1980], [Soh et al., 2000].
Un metodo per soddisfare la condizione di isotropia è quella di considerare il triangolo
di Pascal che in 2 dimensioni è rappresentato in Figura 4.6.
Figura 4.6 - Triangolo di Pascal in 2 dimensioni.
Per soddisfare la condizione di isotropia non si deve considerare nessun termine da una
parte dell’asse di simmetria del triangolo senza considerare il simmetrico. Ad esempio
se si desidera costruire una funzione di interpolazione cubica con otto termini, vi sono
70
Rielaborazione dei dati sperimentali
due possibilità: la prima è di considerare il termine costante, i due termini lineari, i tre
termini quadratici e i termini cubici x3 e y3, la seconda possibilità è simile alla prima,
scegliendo al posto degli ultimi due termini cubici i termini x2y e xy2.
Nel caso di elementi quadratici a 8 nodi le funzioni di interpolazione sono polinomi
biquadratici; l'interpolazione è qui ottenuta usando come riferimento i nodi degli 8
markers posizionati sui lati del quadrilatero (etichettati come 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 in
Figura 4.2) e usando le seguenti funzioni di interpolazioni biquadratiche a 8 nodi
(Figura 4.5):
1
⋅ (1 + r ⋅ ri ) ⋅ (1 + s ⋅ si ) ⋅ (r ⋅ ri + s ⋅ si − 1)
4
1
fi (r , s ) = ⋅ 1 − r 2 ⋅ (1 + s ⋅ si )
2
1
fi (r , s ) = ⋅ (1 + r ⋅ ri ) ⋅ 1 − s 2
2
fi (r , s ) =
(
)
(
)
i = 1, 2, 3, 4
i = 5, 7
(4.12)
i = 6, 8
Si osservi che la funzione di interpolazione fi relativa al generico nodo i si calcola
imponendo che si annulli in tutti i nodi fuorché nel nodo considerato dove deve
assumere valore unitario.
I polinomi interpolanti gli elementi quadrati a 8 nodi soddisfano la condizione di
isotropia ( Figura 4.7).
Figura 4.7 - Termini contenuti nelle funzioni di forma per elementi quadratici a 8 nodi.
Nel caso in esame, lo studio di un tessuto sollecitato nel proprio piano ed assimilabile
all’elongazione di una membrana piana sottile, le uniche componenti non nulle di
deformazione di Green-Lagrange sono Exx, Eyy, Exy e Ezz (la componente Ezz non viene
però valutata). Le tre componenti planari possono essere calcolate in ciascun punto
all’interno della regione di misura in termini di gradiente di spostamento dalla storia
dei markers interpolati in accordo con le seguenti formule:
71
Capitolo 4
[
]
[( ) ( ) ]
1
(u, x )2 + (v, x )2
2
1
E yy = v, y +
u , y 2 + v, y 2
2
1
E xy =
u , y + v, x + u , x ⋅u , y + v, x ⋅v, y
2
E xx = u , x +
[
(4.13a-c)
]
dove le virgole indicano le derivate parziali rispetto alle coordinate x, y.
Le derivate spaziali u e v rispetto alle coordinate globali x, y sono determinate
utilizzando l'equazione (4.10):
⎧ ∂u ⎫ ⎡⎢ ∂x
⎪⎪ ∂x ⎪⎪ ⎢ ∂s
⎨ ∂u ⎬ = ⎢
⎪ ⎪ ⎢ ∂x
⎪⎩ ∂y ⎪⎭ ⎢ ∂r
⎣
∂y ⎤
⎥
∂s ⎥
⎥
∂y ⎥
∂r ⎥⎦
−1
⎡
⎧ ∂v ⎫ ⎢ ∂x
⎪⎪ ∂x ⎪⎪ ⎢ ∂s
⎨ ∂v ⎬ = ⎢
⎪ ⎪ ⎢ ∂x
⎪⎩ ∂y ⎪⎭ ⎢ ∂r
⎣
⎧ ∂u ⎫
⎪⎪ ∂s ⎪⎪
⋅⎨ ⎬
⎪ ∂u ⎪
⎪⎩ ∂r ⎪⎭
∂y ⎤
⎥
∂s ⎥
⎥
∂y ⎥
∂r ⎥⎦
−1
⎧ ∂v ⎫
⎪⎪ ∂s ⎪⎪
⋅⎨ ⎬
⎪ ∂v ⎪
⎪⎩ ∂r ⎪⎭
(4.14)
In deformazioni finite le deformazioni di taglio non hanno più il significato di essere la
metà dello scorrimento angolare come nella teoria lineare. Per questa ragione l’angolo
di taglio θ, definito come variazione dell’angolo fra due linee originariamente
ortogonali nel piano (x, y) nella configurazione indeformata, vale invece dopo il
processo deformativo:
θ = ar cos
2 Exy
1 + 2 E xx 1 + 2 E yy
72
(4.15)
Rielaborazione dei dati sperimentali
4.3. Valutazione delle componenti di sforzo
A partire dalle dimensioni iniziali del provino e dalle forze Fx, Fy applicate ad esso
lungo i due assi di carico della macchina è possibile calcolare le componenti planari di
sforzo del secondo tensore di Piola-Kirchoff Sij. In particolare, nel caso dell’approccio
“globale” definito nel paragrafo 4.2.1 queste componenti valgono:
S xx =
1 Fx
S yy =
λx A0 x
1
Fy
S xy = S yx = 0
λ y A0 y
(4.16)
dove l’area A0i (i = x, y) è l’area effettiva della sezione trasversale del provino rispetto
alla direzione di carico nella configurazione indeformata (Figura 4.8).
Nel calcolo di questa si considerano difatti solo le fibre disposte lungo la direzione di
carico:
A0i = n ⋅ wi ⋅ π r 2
i = x, y
(4.17)
dove n è il numero di fili per centimetro, wi la larghezza del provino nella direzione
trasversale a quella di carico e r il raggio nominale del filo.
Figura 4.8 – Immagine della sezione trasversale di un tessuto in cui
è evidenziata l’area effettiva.
Nel caso invece si segua l’approccio “locale” del paragrafo 4.2.2, a partire dalla
definizione dello sforzo di Piola-Kirchoff fornita dall’equazione (4.3) e calcolando le
componenti del tensore gradiente di deformazione in ogni punto tramite le funzioni di
forma e le funzioni di interpolazione prima introdotte, si ricavano le seguenti
espressioni locali per le componenti dello sforzo (in presenza di scorrimenti angolari
significativi):
S xx =
1
λx
Fx
A0 x
S yy =
1
Fy
λ y A0 y
S xy = S yx =
1
χ yx
Fx
1 Fy
=
A0 y
χ xy A0 x
dove λx , λy , χxye χyx sono calcolati in ogni punto del materiale.
73
(4.18)
Capitolo 4
4.5. Discussione
In questo capitolo sono state introdotte le misure di sforzo e di deformazione che
varranno utilizzate nell’analisi delle prove biassiali su strutture planari presentate nei
capitoli successivi.
Dopo avere definito l’ambito generale prescelto (deformazioni finite e approccio
lagrangiano) si sono presentati gli algoritmi utilizzati per calcolare le componenti di
deformazione e sforzo a partire dai dati sperimentali (coordinate di posizione degli 8
markers , forze applicate lungo i due assi del provino e sue dimensioni).
L’approccio “globale” basato sul calcolo diretto dei valori medi di deformazione nella
regione di misura definita dai markers è stato affiancato da un approccio “locale”, che
mediante l’introduzione di funzioni di interpolazione biquadratiche consente di
rappresentare l’intero campo di deformazione nella regione centrale del provino a
partire dagli spostamenti di 8 punti. Questo ultimo approccio, benché più oneroso dal
punto di vista del calcolo, consente di valutare la presenza di scorrimenti angolari e di
distribuzioni non-uniformi di deformazione, e quindi è di notevole interesse nella
caratterizzazione di materiali eterogenei.
Per misurare lo stato di sollecitazione si è introdotta una definizione di sforzo che tiene
conto del processo deformativo subito dalla sezione ed anche per la sua valutazione si
sono seguiti i due approcci, “globale” e “locale”, coerentemente con quelli prescelti per
le deformazioni.
74
CAPITOLO 5
ESEMPI DI CARATTERIZZAZIONE
SPERIMENTALE DI TESSUTI TECNICI
In questo capitolo sono indagate le proprietà meccaniche di due tessuti tecnici
monofilamento a maglia semplice con fili in poliestere.
Gli obiettivi di questo capitolo sono
I. la determinazione dei parametri geometrici e meccanici dei fili formanti i tessuti,
che costituiscono i parametri di ingresso per l’implementazione del modello
numerico (vedi paragrafo 2.5.1);
II. la caratterizzazione del comportamento meccanico dei tessuti, consistente nella
stima dei parametri della matrice di rigidezza elastica;
III. la determinazione del dominio di resistenza biassiale.
In particolare il primo obiettivo viene raggiunto grazie a osservazioni al microscopio
sui tessuti e sulle loro unità costituenti, i fili, e a prove di trazione uniassiali sui fili; il
secondo e il terzo obiettivo sono invece raggiunti grazie all’esecuzione di prove
uniassiali e biassiali.
75
Capitolo 5
5.1. Introduzione
I tessuti tecnici considerati nel presente capitolo sono tessuti monofilamento in
poliestere ad alta rigidezza con armatura a tela semplice (Plain Weave) dove i fili,
singoli, continui e di dimensioni dell’ordine di qualche decina di μm, sono disposti
lungo due direzioni perpendicolari, denominate trama e ordito.
La Figura 5.1 illustra la struttura dei due tessuti monofilamento presi in esame; le
caratteristiche geometriche nominali, che identificano i due tessuti, sono riassunte in
Tabella 5.1.
tessuto
ID
150.34
A
62.64
direzione
fili / cm
diametro nominale
del filo (μm)
ordito
150
34
trama
150
34
ordito
62
64
trama
62
64
B
Tabella 5.1 – Identificazione dei tessuti.
200 μm
200 μm
(a)
(b)
Figura 5.1 – Immagini al microscopio ottico (OM) della geometria dei tessuti (a) A e (b) B.
76
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
5.2. Parametri geometrici
Un’analisi preliminare sui due tessuti ha riguardato lo studio delle loro proprietà
geometriche; in particolare sono stati considerati i seguenti parametri:
¾ l’ondulazione dei fili (k e p, in Figura 5.2, definiscono rispettivamente la distanza
tra le linee baricentriche di 2 fili in direzione perpendicolare e parallela).
Questi parametri sono stati misurati con uno stereomicroscopio ottico (BX 60,
Olympus) (Figure 5.2 e 5.3 e Tabella 5.2) presso il Laboratorio di Ingegneria dei
Polimeri del Politecnico di Milano. Il tessuto è stato impregnato con resina
epossidica e poi sezionato con un microtomo in modo da ricavare delle sezioni
trasversali nelle due direzioni principali, trama e ordito.
k
p
(a)
(b)
Figura 5.2 – Sezione trasversale del tessuto A (150.34) in direzione (a) ordito e (b) trama.
(a)
(b)
Figura 5.3 – Sezione trasversale del tessuto B (62.64) in direzione (a) ordito e (b) trama.
Tessuto
Direzione
k [μm]
p [μm]
ordito
24.3
67
trama
28.5
67
ordito
47.8
161
trama
53.9
161
A
B
Tabella 5.2 - Determinazione dei parametri geometrici: distanza tra le linee baricentriche
di 2 fili nella stessa direzione (p) e in direzione perpendicolare (k).
77
Capitolo 5
¾
l’ellitticità della sezione trasversale dei fili
Per misurare il rapporto tra il diametro massimo (Dmax) e minimo (Dmin), e quindi
l’ellitticità, della sezione trasversale dei fili, è stato usato un microscopio a
scansione elettronica (SEM) (Figure 5.4, 5.5 e Tabella 5.3) presso il “Laboratorio
Centro Tessile”, Busto Arsizio, Italia; le misure sono state eseguite su fili estratti
dal tessuto nelle direzioni trama e ordito.
30 μm
20 μm
(a)
20 μm
(b)
(c)
Figura 5.4 - Tessuto A. (a) Vista d’insieme del tessuto; sezione trasversale dei fili in
direzione (b) ordito e (c) trama.
30 μm
30 μm
100 μm
(a)
(b)
(c)
Figura 5.5 - Tessuto B. (a) Vista d’insieme del tessuto; sezione trasversale dei fili in
direzione (b) ordito e (c) trama.
Tessuto
Direzione
Dnom [μm]
Dmax [μm]
Dmin [μm]
Dmax / Dmin
ordito
34
44.92
34.01
1.32
trama
34
42.67
37.97
1.12
ordito
64
73.22
55.81
1.31
trama
64
77.83
65.04
1.20
A
B
Tabella 5.3 - Determinazione dell’ellitticità della sezione dei fili (Dnom, Dmax e Dmin sono
il diametro nominale, minimo e massimo, rispettivamente).
78
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
5.3. Coefficiente di attrito dinamico
L’attrito filo-filo svolge un ruolo importante nei processi di tessitura e nelle prestazioni
in uso finale dei tessuti. Le proprietà di trazione, flessione, taglio e torsione di un
tessuto dipendono anche dall’attrito tra le fibre. Di conseguenza importante risulta la
stima dei coefficienti di attrito statico e dinamico filo-filo.
Il coefficiente di attrito dinamico è stato misurato in accordo alla norma ASTM D341201 (“Standard Test Method for Coefficient of Friction, Yarn to Yarn”) usando
l’apparato sperimentale del “Centro Servizi Calza”, Castel Goffredo, Italia.
La procedura adottata è basata sul “Twisted Strand Method” (Fig. 5.6); si è adottato un
angolo di avvolgimento del filo di 900° (5π) e si è imposta una velocità di scorrimento
del filo pari a 20 mm/min.
Il coefficiente di attrito dinamico è stato così valutato:
⎛T ⎞
μ d = ln⎜⎜ 2 ⎟⎟ ⋅ θ − 1
⎝ T1 ⎠
(5.1)
dove T1 è la tensione media in ingresso, T2 la tensione media in uscita e θ l’angolo di
avvolgimento.
I risultati, ottenuti da 5 prove, sono presentati in Tabella 5.4.
T1 [N]
T2 [N]
μd
Provino 1
0.046
0.262
0.111
Provino 2
0.045
0.261
0.112
Provino 3
0.045
0.261
0.112
Provino 4
0.046
0.268
0.111
Provino 5
0.047
0.287
0.115
Media
0.046
0.268
0.112
Dev. St.
0.001
0.001
0.001
Tabella 5.4 – Risultati delle prove di attrito dinamico filo-filo.
79
Capitolo 5
(a)
Celle di carico
guida
avvolgimento
del filo
matassa
di filo
Tensione di
ingresso regolabile
Tenditore
guida
(b)
Figura 5.6 – (a) Apparato sperimentale per la misura dell’attrito dinamico filo-filo e
(b) schematizzazione.
Il coefficiente di attrito statico, utilizzato nel modello numerico per la
simulazione del contatto filo-filo (paragrafo 6.3), è stato ricavato a partire dal
coefficiente di attrito dinamico utilizzando la correlazione ottenuta
sperimentalmente da [Qui et al., 2000]. In questo lavoro Qui presenta una
correlazione tra i dati sperimentali ottenuti dalle prove statiche e dinamiche
eseguite su 2 differenti tipi di fili, cotone e poliestere; in particolare per i fili in
poliestere ottiene un rapporto tra coefficiente di attrito statico e dinamico pari a
5 (μ s/μ d = 5). Per tale motivo nel modello numerico sarà utilizzato un valore di
attrito statico pari a 0.5.
80
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
5.4. Prove di trazione sul filo
Le prove di trazione eseguite sui fili estratti dai tessuti forniscono i parametri costitutivi
del materiale usati nelle analisi.
La preparazione dei provini e le prove di trazione uniassiale sono effettuate in accordo
con la norma ASTM D 3822–96 (“Standard Test Method for Tensile Properties of
Single Textile Fibres”).
Le prove di trazione monoassiale sul singolo filo sono state condotte presso il
Laboratorio Prove Materiali del Politecnico di Milano su una macchina MTS Sinergie
200H, sulla quale è stata installata una cella di carico MTS con fondoscala di 100 N
(Figura 5.7). Gli afferraggi sono stati internamente rivestiti con gomma al fine di
evitare il danneggiamento del filo; la pressione degli afferraggi è stata regolata a 8 bar.
Le prove di trazione sono state condotte in un ambiente a temperatura di 23 ± 3 °C.
(b)
(a)
Figura 5.7 – (a) Macchina di prova uniassiale MTS Sinergie, (b) provino nella
macchina di prova.
La caratterizzazione meccanica di ciascun filo ha riguardato l’esecuzione di prove sia
sul filo vergine che sul filo estratto da tessuto in direzione ordito e in direzione trama;
per ciascun tipo di filo sono stati utilizzati almeno 5 provini (fili) con le seguenti
caratteristiche consigliate dalla norma:
− lunghezza del tratto utile (distanza fra gli afferraggi) [l0] : 200 mm;
− velocità di prova (spostamento dell’afferraggio superiore) [v] : 150 mm/min.
81
Capitolo 5
I dati ottenuti dalla macchina di prova (frequenza di acquisizione di 1 Hz) sono:
• forza applicata sul provino [F];
• allungamento del provino (coincidente con lo spostamento dell’afferraggio
superiore) [Δl].
Lo sforzo e la deformazione longitudinale sono così valutati:
σ =
F
ε =
A0
Δl
l0
(5.2)
dove A0 rappresenta la sezione iniziale del filo, calcolata utilizzando il diametro
nominale.
Le curve sforzo – deformazione ottenute dalla rielaborazione dei dati sono riportate in
Figure 5.8 e 5.9.
Dai grafici è evidente che:
¾ i fili mostrano una risposta sforzo – deformazione non lineare;
¾ i fili “vergini” aventi diametro 34 μm risultano più resistenti di quelli con
diametro 64 μm;
¾ i fili “vergini” mostrano una risposta meccanica notevolmente differente rispetto
ai fili estratti dal tessuto sia in termini quantitativi (la deformazione a rottura è
minore e la rigidezza è nettamente maggiore) che qualitativi (il filo vergine
presenta una fase iniziale lineare ed una seconda fase, in seguito allo
“snervamento”, in cui la rigidezza decresce; il filo estratto invece presenta una
non-linearità fin dalla fase iniziale); questa differente risposta è imputabile ai
trattamenti termo-meccanici subiti dal filo durante il processo di tessitura;
¾ i fili estratti dal tessuto in direzione trama presentano sistematicamente una
maggior rigidezza e una minore deformabilità a rottura rispetto a quelli estratti in
direzione ordito; questo è un effetto dei trattamenti meccanici durante il processo
di tessitura.
82
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
800
diametro = 34 μm
σ [MPa]
600
400
trama
ordito
vergine
200
0
0
10
20
30
40
ε [%]
Figura 5.8 – Prove sperimentali di trazione su fili vergini ed estratti dal tessuto A.
Curve sforzo – deformazione dei fili con diametro 34 μm.
800
diametro = 64 μm
σ [MPa]
600
400
trama
ordito
vergine
200
0
0
10
20
30
ε [%]
Figura 5.9 – Prove sperimentali di trazione su fili vergini ed estratti dal tessuto B.
Curve sforzo – deformazione dei fili con diametro 64 μm.
83
40
Capitolo 5
5.5. Prove di trazione sul tessuto
I tessuti utilizzati nelle prove e descritti nel paragrafo 5.1 presentano una maglia
regolare, con i fili orientati lungo le direzioni ortogonali (trama e ordito); si può
ipotizzare che in virtù di questa architettura tali tessuti presentino un comportamento
meccanico ortotropo con le due direzioni di simmetria coincidenti appunto con queste
direzioni principali della maglia. Per la loro caratterizzazione meccanica si è scelto di
eseguire prove di trazione lungo quattro direzioni (trama, ordito, 45° e 20° rispetto a
queste).
I protocolli di prova utilizzati nella sperimentazione sono:
9 prove di trazione uniassiali in direzione trama, ordito, e a [45°] e [20°] rispetto
alla direzione ordito;
9 prove di trazione biassiale in direzione trama-ordito.
Durante l’esecuzione delle prove si è notato che:
• il tessuto A (150.34) anche quando sollecitato in direzioni diverse da quelle
principali, dove a causa del riallineamento dei fili le deformazioni prodotte sono
elevate (fino al 70% nel caso della direzione a 45° rispetto a quelle principali),
subisce solo spostamenti nel piano del tessuto stesso (Figura 5.10);
• il tessuto B (62.64) quando è sollecitato in direzioni diverse da quelle principali
subisce spostamenti anche al di fuori del suo piano con la nascita di ondulazioni e
corrugamenti; tali spostamenti non sono misurabili dal video-estensometro,
producendo artefatti nella misura delle deformazioni (vedi paragrafo 3.3.3); questi
spostamenti al di fuori del piano che si riscontrano già a basse deformazioni sono
imputabili sia alla struttura del tessuto (nel tessuto B i fili hanno diametro
maggiore e sono maggiormente distanziati rispetto al tessuto A) che al contatto tra
gli afferraggi (Figura 5.11) causato dalle elevate contrazioni trasversali che si
producono durante le prove.
Per tale motivo le prove a 45° eseguite sul tessuto B sono state considerate non
attendibili ai fini della determinazione del modulo elastico di taglio G.
Figura 5.10 –Spostamento degli afferraggi durante una prova uniassiale a 45° sul tessuto A.
Provino (a) scarico e (b) in trazione.
Figura 5.11 – Spostamenti al di fuori dal piano durante una prova uniassiale a 45° sul tessuto B.
84
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
5.5.1. Metodo di prova
5.5.1.1. Preparazione dei provini
145
La preparazione dei provini è stata eseguita in accordo con la norma ASTM D 5035-95,
“Standard Test Method for Breaking Force and Elongation of Textile Fabrics, Strip
Method”.
I provini sono stati ritagliati dal tessuto tramite l’ausilio di una dima appositamente
realizzata. Sono stati realizzati due diversi tipi di provini, con geometria:
• rettangolare, di dimensioni 50 mm × 200 mm (larghezza × lunghezza), nel caso di
prove uniassiali;
• cruciforme, con zona centrale quadrata di dimensioni 60 mm × 60 mm e quattro
“braccia” rettangolari ciascuna di dimensioni 60 mm × 145 mm, nel caso di prove
biassiali (Figura 5.12). Tale geometria permette la distribuzione uniforme del
carico nella zona centrale e localizza la rottura lontano dagli afferraggi
(generalmente in prossimità del raccordo tra la zona centrale e i bracci, Figura
5.13) [Wellsh et al., 2002] e [Smits et al., 2004].
r =20
25
15
145
60
15
markers
145
zone di afferraggio
60
145
Figura 5.12 – Geometria del provino per prove biassiale (dimensioni in mm).
85
Capitolo 5
Figura 5.13 – Tipica zona di rottura di un provino cruciforme durante una prova biassiale.
I provini uniassiali sono stati ritagliati lungo 4 differenti direzioni (Figura 5.14):
• parallelamente alle due direzioni principali, trama e ordito;
• a 45° e 20° rispetto alla direzione ordito.
I provini biassiali sono stati ritagliati soltanto parallelamente alle direzioni principali,
trama-ordito.
ordito
trama
Figura 5.14 – Orientamento dei provini rispetto alle direzioni principali del tessuto tecnico.
Per allineare il provino agli assi delle celle di carico e quindi del dispositivo di prova,
evitando così di applicare un carico eccentrico, è stata realizzata un’apposita maschera
(Figura 5.15).
86
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
Figura 5.15 – Disegno CAD della maschera per l’allineamento del provino
cruciforme agli assi delle celle di carico.
Infine per la misura della deformazioni si utilizzano 8 markers, realizzati con inchiostro
nero (0.5 mm di diametro), disegnati nella zona centrale del provino ai nodi di un
quadrato di lato 30 mm (particolare in Figura 5.12). Le dimensioni del quadrato sono
approssimativamente uguali al 50% della dimensione minore dell’area del provino e
l’area coperta dalla video-camera è circa 50 × 40 mm.
87
Capitolo 5
5.5.1.2. Procedura di prova
Le prove di trazione sui campioni di tessuti tecnici sono state condotte presso il
Laboratorio Prove Materiali del Politecnico di Milano utilizzando la macchina di prova
biassiale descritta nel Capitolo 3.
Le prove meccaniche sono state condotte in un ambiente a temperatura di 23 ± 3 °C.
Al fine di ottenere una completa caratterizzazione del tessuto sono stati utilizzati
diversi protocolli di prova in controllo di spostamento, tali da coprire un ampio
intervallo di sforzi e deformazioni, riportati in Tabella 5.5.
Prova
Direzione di carico
Velocità di spostamento traversa
[mm/min]
uniassiale
Trama (T)
Ordito (O)
45°
20° rispetto alla direzione O
15
Ordito – Trama
45 O – 15 T (3–1)
30 O – 15 T (2-1)
15 O – 15 T (1-1)
15 O – 30 T (1-2)
biassiale
Tabella 5.5 – Elenco delle prove sperimentali effettuate sui tessuti.
I dati ricavati da ciascuna prova sono:
• le coordinate (x, y) degli 8 markers nel tempo (frequenza di acquisizione pari a 5
Hz);
• le forze registrate dalle celle di carico;
• lo spostamento delle traverse.
All’inizio di ciascuna prova è stato imposto un precarico che permette di definire la
configurazione di riferimento, assunto in modo arbitrario pari a 2 N.
Per semplicità i provini sono individuati con una lettera maiuscola (A o B) indicante il
tipo di tessuto seguita da un pedice con un numero (da 1 a 4) indicante il numero del
provino e, nel caso di provini uniassiali da una lettera indicante la direzione lungo cui
sono stati ritagliati (T, O, [45°]e [20°] per provini ritagliati rispettivamente nella
direzione trama, ordito, a [45°] e [20°] rispetto alla direzione ordito), mentre nel caso di
provini cruciformi per prove biassiali dal rapporto tra le velocità di spostamento delle
traverse in direzione ordito e trama (3-1, 2-1, 1-1, 1-2).
Per esempio il provino B3_T è il terzo provino uniassiale in direzione trama ricavato dal
tessuto B (62.64), mentre A1(3-1) è il primo provino cruciforme ricavato dal tessuto A
dove la velocità della traversa in direzione ordito è 3 volte quella in direzione trama.
88
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
5.5.2. Risultati
5.5.2.1. Valutazione degli scorrimenti angolari
Una prima analisi che è stata eseguita sui tessuti tessili è volta a verificare la corretta
applicazione del carico, utilizzando come riferimento gli spostamenti degli 8 markers
applicati sulla superficie del provino (Figura 5.16). Questi markers individuano un
quadrilatero.
1
5
2
6
8
4
7
3
Figura 5.16 –Quadrilatero individuato dagli 8 markers.
I tessuti tecnici presentano una struttura ortotropa con direzioni di simmetria note a
priori; quindi se il provino è caricato correttamente e se lo sforzo è distribuito
uniformemente deve risultare che:
(a) quando la sollecitazione è applicata lungo le due direzioni preferenziali, trama e
ordito, il quadrilatero definito dagli 8 markers applicati sul provino per la misura
delle deformazioni si deforma ma non presenta scorrimenti angolari;
(b) quando invece la sollecitazione è diretta lungo una direzione diversa da quelle
principali, il quadrilatero presenta anche scorrimenti angolari.
Poiché l'andamento qualitativo dei grafici, per prove eseguite con uno stesso protocollo
è analogo, si è deciso di riportare in questa sede solo i quadrilateri ottenuti nelle
seguenti prove:
1. prove biassiali sul tessuto A1(1-1) (Figura 5.17)
2. prove uniassiali in direzione “on axis”, trama e ordito, sui tessuti A1_T e A1_O
(Figura 5.18)
3. prove uniassiali in direzione “off axis”, a 45° e 20°, sui tessuti A1_45° e A1_20°
(Figura 5.19)
I quadrilateri sono raffigurati nella configurazione indeformata (ε = 0%) e nella
configurazione deformata a diversi livelli di deformazione.
89
Capitolo 5
Direzione Trama [pixels]
150
100
50
0%
5%
10 %
0
-50
-100
-150
-150
-100
-50
0
50
100
150
Direzione Ordito [pixels]
Figura 5.17 – Posizioni degli 8 markers in un esperimento biassiale del provino A1(1-1)
(posizioni a 0%, 5% e 10% di deformazione).
200
150
Direzione Ordito [pixels]
Direzione Trama [pixels]
200
100
50
0%
10 %
20 %
0
-50
-100
-150
-200
-200 -150 -100 -50
0
50
100
0%
10 %
25 %
0
-100
-200
100 150 200
-200
Direzione Ordito [pixels]
-100
0
100
Direzione Trama [pixels]
(a)
(b)
Figura 5.18 – Posizioni degli 8 markers in un esperimento uniassiale.
Provini in direzioni “on axis”: (a) A1_T e (b) A1_O.
90
200
150
150
100
100
Direzione +20° [pixels]
Direzione +45° [pixels]
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
50
0%
10 %
20 %
0
-50
-100
50
0%
10 %
27 %
0
-50
-100
-150
-150
-150
-100
-50
0
50
100
-150
150
-100
-50
0
50
100
150
Direzione -70° [pixels]
Direzione -45° [pixels]
(a)
(b)
Figura 5.19 – Posizioni degli 8 markers in un esperimento uniassiale.
Provini in direzione “off axis”: (a) A1_45° e (b) A1_20.
Come si può vedere dalle Figure 5.17÷5.19, quando il tessuto è sollecitato lungo le sue
due direzioni principali e a 45° rispetto a queste esso effettivamente subisce solo delle
deformazioni normali, elongazioni e contrazioni, (Figure 5.17 , 5.18a-b e 5.19a) mentre
quando è sollecitato a 20° rispetto alla direzione ordito compaiono anche degli
scorrimenti angolari (Figura 5.19b). Il fatto che anche a 45° non compaiono scorrimenti
angolari è dovuto alla simmetria della geometria e a proprietà meccaniche poco
differenti nelle due direzioni principali.
Questa evidenza porta a concludere che il materiale presenta una risposta analoga a
quella attesa in base a considerazioni sulla sua struttura e quindi ad affermare che il
provino nella zona centrale delimitata dai markers (che rappresenta la regione di misura
delle deformazioni) è soggetto ad uno stato di sforzo/deformazione qualitativamente
corretto.
Si deve precisare che non è stato possibile eseguire questa analisi sul tessuto B nelle
direzioni “off-axis” a causa della presenza di ondulazioni quando il tessuto non è
caricato nelle direzioni di simmetria.
91
Capitolo 5
5.5.2.2. Analisi del campo di deformazione locale
In aggiunta all’analisi qualitativa del paragrafo precedente si può compiere un’analisi
quantitativa, basata sulla valutazione della distribuzione locale delle deformazioni
(Paragrafo 4.2.2) e del relativo confronto con l’architettura della maglia, per valutare:
a. l’uniformità del campo di deformazione e l’assenza di effetti di bordo nella regione
di misura (zona dei markers)
b. la presenza di scorrimenti angolari e la loro entità quando il tessuto è sollecitato in
direzioni diverse da quelle principali.
I dati su cui è stata effettuata questa analisi sono ricavati dalle medesime prove
utilizzate per le valutazioni qualitative riportate nel paragrafo precedente.
I passi seguiti nell’analisi sono stati:
1)
la scelta delle due configurazioni di riferimento (configurazione iniziale e
configurazione finale) tra cui calcolare le deformazioni (Tabella 5.6);
2)
il calcolo mediante funzioni di forma isoparametriche, equazione (4.10), e
funzioni di interpolazione biquadratiche, equazioni (4.12), dei valori locali di
deformazioni entro la regione di misura delimitata dagli 8 markers esterni
(Figura 5.20);
A1(1-1)
Fx-iniziale
2N
Fy-iniziale
2.5 N
Fx-finale
220 N
Fy-finale
300 N
A1_T
A1_O
A1_45°
A1_20°
2N
4N
2N
1N
330 N
310 N
121 N
170 N
Tabella 5.6 – Definizione delle configurazioni iniziale e finale per ciascuna prova
utilizzate per il calcolo delle deformazioni (Y definisce nel caso di prove
uniassiali la direzione di carico).
92
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
(-1, -1)
(0, -1)
1
(-1, 0)
5
(1, -1)
2
6 (1, 0)
8
4
7
(-1, 1)
r
3
(0, 1) (1, 1)
s
Fig. 5.20 – Rappresentazione in coordinate r, s dell’elemento isoparametrico a 8 nodi, in cui
è mappato il quadrilatero definito dai markers.
Le Figure 5.21, 5.22, 5.23, 5.24 e 5.25 riportano la distribuzione delle componenti di
deformazioni nel piano del tessuto e l’angolo θ tra 2 linee inizialmente ortogonali
valutate per i medesimi provini del paragrafo precedente 5.5.2.1 utilizzando le
equazioni 4.13 e 4.15.
Per tutti i provini, “on-axis” e “off-axis”, il campo di deformazione è omogeneo
all’interno della regione delimitata dai markers. L’omogeneità del campo di
deformazione macroscopica è necessaria per poter ottenere una stima realistica dei
parametri costitutivi macroscopici del tessuto, in quanto consente di escludere la
presenza di effetti di bordo (concentrazione di carico generata agli afferraggi) che
possono propagarsi all’interno della zona di misura impedendo così una stima
affidabile degli sforzi. Coerentemente con l’ipotesi fatta di identificare gli assi
principali di ortotropia del tessuto con le direzioni trama e ordito, i provini “on-axis” e i
provini “off-axis” a 45° non esibiscono significativi scorrimenti angolari nel caso di
trazione uniassiali (EXY inferiore al 10-15 % delle deformazione longitudinale EYY). Al
contrario, quando il tessuto è sottoposto a trazione in direzione “off-axis” a 20°, lo
scorrimento angolare EXY risulta il 50 % della deformazione longitudinale nella
direzione di trazione.
93
Capitolo 5
E YY [%]
E XX [%]
15
10
11
5
10
0
9
-5
8
-10
-15
-15 -10
-5
0
5
10
direzione trama
direzione trama
15
10
10
5
9
0
8
-5
7
-10
-15
-15 -10
15
direzione ordito
-5
5
10
15
direzione ordito
a)
b)
θ
E XY [%]
15
[gradi]
15
10
5
5
4
0
2
-5
1
-10
0
-15
-15 -10
-5
0
5
10
direzione trama
direzione trama
0
10
90
5
89
0
87
-5
86
-10
85
-15
-15 -10
15
direzione ordito
-5
0
5
10
15
direzione ordito
d)
c)
Figura 5.21 - Prova biassiale sul provino “on-axis” A1(1-1).
Distribuzione della a) deformazione longitudinale in direzione trama EYY, b)
deformazione longitudinale in direzione ordito EXX, c) scorrimento angolare
EXY e d) angolo finale θ tra due linee inizialmente ortogonali.
94
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
E YY [%]
E XX [%]
15
15
23
5
22
0
-5
21
-10
-15
-15 -10
-5
0
5
10
-7.0
10
direzione trama
direzione trama
10
-7.2
5
-7.4
0
-7.6
-5
-7.8
-10
-8.0
-15
-15 -10
15
direzione ordito
-5
5
10
15
direzione ordito
a)
b)
θ
E XY [%]
15
[gradi]
15
3
10
90
10
5
2
0
-5
1
-10
-15
-15 -10
-5
0
5
10
direzione trama
direzione trama
0
89
5
88
0
87
-5
86
-10
85
-15
-15 -10
15
direzione ordito
-5
0
5
10
15
direzione ordito
d)
c)
Figura 5.22 – Prova uniassiale sul provino “on-axis” lungo la direzione trama A1-T.
Distribuzione della a) deformazione longitudinale EYY, b) deformazione
trasversale EXX, c) deformazione di taglio EXY e d) angolo finale θ tra due
linee inizialmente ortogonali.
95
Capitolo 5
E XX [%]
E YY [%]
15
10
26
5
25
0
24
-5
23
-10
-15
-15 -10
-5
0
5
10
-7.0
10
direzione ordito
direzione ordito
15
-7.2
5
-7.4
0
-7.6
-5
-7.8
-10
-8.0
-15
-15 -10
15
-5
0
10
15
direzione trama
direzione trama
a)
b)
θ
E XY [%]
15
[gradi]
15
10
5.0
5
4.7
0
4.5
-5
4.2
-10
4.0
-15
-15 -10
-5
0
5
10
86.0
10
direzione ordito
direzione ordito
5
5
85.5
0
-5
85.0
-10
-15
-15 -10
15
-5
0
5
10
15
direzione trama
d)
direzione trama
c)
Figura 5.23 - Prova uniassiale sul provino “on-axis” lungo la direzione ordito A1-O.
Distribuzione della a) deformazione longitudinale EYY, b) deformazione
trasversale EXX, c) deformazione di taglio EXY e d) angolo finale θ tra due
linee inizialmente ortogonali.
96
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
E YY [%]
E XX [%]
15
10
21
5
20
0
19
-5
18
-10
-15
-15 -10
-5
0
5
10
-18
0
-21
-10
-23
-5
0
5
10
15
direzione -45°
b)
a)
θ
E XY [%]
[gradi]
15
15
10
2.0
5
1.5
0
1.0
-5
0.5
-10
0.0
-5
0
5
10
90
10
direzione +45°
direzione +45°
-19
-5
-15
-15 -10
15
-16
5
direzione -45°
-15
-15 -10
-14
10
direzione +45°
direzione +45°
15
5
-5
88
-10
-15
-15 -10
15
89
0
-5
0
5
10
15
direzione -45°
d)
direzione -45°
c)
Figura 5.24 - Prova uniassiale sul provino “off-axis” a 45° rispetto alla direzione ordito A1-45°.
Distribuzione della a) deformazione longitudinale EYY, b) deformazione
trasversale EXX, c) deformazione di taglio EXY e d) angolo finale θ tra due linee
inizialmente ortogonali.
97
Capitolo 5
E YY [%]
E XX [%]
15
10
29
5
28
0
27
-5
26
-10
-15
-15 -10
-5
0
5
10
-19
-20
-21
-22
-23
-24
-25
10
direzione +20°
direzione +20°
15
5
0
-5
-10
-15
-15 -10
15
direzione -70°
-5
10
15
b)
θ
E XY [%]
15
[gradi]
15
10
14.0
5
13.5
0
13.0
-5
12.5
-10
12.0
-5
0
5
10
76
10
direzione +20°
direzione +20°
5
direzione -70°
a)
-15
-15 -10
0
74
0
73
-5
72
-10
71
-15
-15 -10
15
direzione -70°
75
5
-5
0
5
10
15
direzione -70°
d)
c)
Figura 5.25 – Prova uniassiale sul provino “off-axis” a 20° rispetto alla direzione ordito A1-20°.
Distribuzione della a) deformazione longitudinale EYY, b) deformazione
trasversale EXX, c) deformazione di taglio EXY e d) angolo finale θ tra due
linee inizialmente ortogonali.
98
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
5.5.2.3. Prove uniassiali
In questo paragrafo sono riportati i risultati ottenuti dall’esecuzione delle prove
uniassiali. Tali prove sono state condotte:
• in direzione “on axis” (trama/ordito) sia per il tessuto A (Figura 5.26 e 5.27) che
per il tessuto B (Figura 5.29 e 5.30);
• in direzione “off axis” (+45°/+20° rispetto alla direzione ordito) solo per il tessuto
A (Figura 5.28).
Per ciascun protocollo si sono eseguite 4 prove su altrettanti provini.
Tutte le prove sono state condotte a velocità costante pari a 15 mm/min.
Per ogni provino le misure di sforzo e deformazione sono riferite alla direzioni
principali del tessuto (trama e ordito) in accordo con le equazioni presentate nel
capitolo 4. Poiché nel paragrafo precedente l’omogeneità della distribuzione di
deformazione è stata verificata, la risposta verrà valutata considerando il materiale
microscopicamente omogeneo utilizzando i valori medi delle componenti di
deformazioni valutate agli 8 markers (paragrafo 4.2.1).
600
Tessuto A
ST [MPa]
450
300
150
Prove uniassiali
in direzione trama
0
-10
0
10
20
30
E T [%]
E O [%]
Figura 5.26 – Tessuto A: prove uniassiali in direzione trama su quattro provini.
ST: sforzo longitudinale in direzione trama; ΕΤ: deformazione
longitudinale in direzione trama; ΕΟ: deformazione trasversale in
direzione ordito.
99
Capitolo 5
600
Tessuto A
SO [MPa]
450
300
150
Prove uniassiali
in direzione ordito
0
-20
-10
0
10
20
30
40
E O [%]
E T [%]
Figura 5.27 - Tessuto A: prove uniassiali in direzione ordito su quattro provini.
SO: sforzo longitudinale in direzione ordito; ΕΟ: deformazione
longitudinale in direzione ordito; ΕΤ: deformazione trasversale in
direzione trama.
250
Tessuto A
SOT [MPa]
200
150
100
50
Prove uniassiali
a 45°
0
0
20
40
60
E OT [%]
Figura 5.28 - Tessuto A: prove uniassiali in direzione 45° su quattro provini.
SOT: sforzo di taglio; ΕΟΤ: deformazione di taglio.
100
80
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
600
Tessuto B
500
SO [MPa]
400
300
200
100
Prove uniassiali
in direzione trama
0
-10
0
10
E T [%]
20
30
E O [%]
Figura 5.29 - Tessuto B: prove uniassiali in direzione trama su quattro provini.
ST: sforzo longitudinale in direzione trama; ΕΤ: deformazione
longitudinale in direzione trama; ΕΟ: deformazione trasversale in
direzione ordito.
600
Tessuto B
500
SO [MPa]
400
300
200
100
Prove uniassiali
in direzione ordito
0
-20
-10
0
10
20
30
40
E O [%]
E T [%]
Figura 5.30 - Tessuto B: prove uniassiali in direzione ordito su quattro provini.
SO: sforzo longitudinale in direzione ordito; ΕΟ: deformazione
longitudinale in direzione ordito; ΕΤ: deformazione trasversale in
direzione trama.
101
Capitolo 5
L’identificazione dei parametri elastici del modello ortotropo è stata eseguita
interpolando le curve sforzo – deformazione per i provini “on-axis” e a 45°
nell’intervallo di deformazione compreso tra 1% e 5%.
Il limite inferiore dell’intervallo di deformazione, pari al 1%, è scelto tenendo conto
dell’esigenza di trascurare gli artefatti sperimentali iniziali dovuti ad un riallineamento
dei provini agli assi del sistema di prova; il limite superiore, pari al 5%, corrisponde
all'estremo dell'intervallo in cui il comportamento dei tessuti risulta elastico lineare.
Inoltre i due tessuti utilizzati negli esperimenti sono impiegati principalmente in ambito
serigrafico e per essi una deformazione del 5%, prodotta dal prepensionamento durante
il fissaggio sul quadro e dal successivo passaggio della racla, corrisponde al limite di
esercizio.
Solamente per il tessuto A (150.34) sono stati identificati tutti i parametri che
compaiono nella matrice di rigidezza elastica, mentre per il tessuto B (62.64) sono stati
identificati solo i parametri ottenuti dalle prove “on axis” (i moduli elastici KO e KT ed i
coefficienti di Poisson νOT e νTO).
I parametri così determinati per tutti i provini sono riportati in Tabella 5.7 per il tessuto
A e in Tabella 5.8 per il tessuto B.
102
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
direzione ordito
provino
direzione trama
direzione a 45°
KO [MPa]
νOT
KT [MPa]
νTO
G [MPa]
#1
2458
0.23
2986
0.36
110
#2
2570
0.22
3032
0.34
103
#3
2344
0.24
3044
0.35
141
#4
2581
0.23
3058
0.36
97
Media
2488
0.23
3030
0.35
113
Dev. St.
111
0.01
31
0.01
20
Tabella 5.7 - Identificazione dei parametri elastici del tessuto A.
provino
direzione ordito
direzione trama
KO [MPa]
νOT
KT [MPa]
νTO
#1
2081
0.20
2829
0.32
#2
2114
0.20
2810
0.31
#3
2069
0.19
2795
0.34
#4
2054
0.23
2972
0.34
Media
2080
0.21
2852
0.33
Dev. St.
26
0.02
82
0.01
Tabella 5.8 - Identificazione dei parametri elastici del tessuto B.
103
Capitolo 5
Dai valori riportati nelle Tabelle 5.7 e 5.8 si osserva che:
¾ per entrambi i tessuti la rigidezza risulta differente fra le due direzioni principali,
mostrando un valore maggiore in direzione trama del 22% per il tessuto A e del
31% per il tessuto B;
¾ la condizione di simmetria (νOT/KO = νTO/KT) risulta verificata con una buona
approssimazione (νOT/KO = 0.000092 e νTO/KT = 0.000115 per il tessuto A;
νOT/KO = 0.000101 e νTO/KT = 0.000157 per il tessuto B);
¾ la dispersione dei risultati, ottenuta come rapporto tra la deviazione standard e la
media, risulta bassa (inferiore a 0.1) per quanto concerne la stima dei moduli di
elasticità longitudinale e dei coefficienti di contrazione trasversale, mentre di
entità superiore (pari a 0.177) risulta la dispersione dei risultati relativi al modulo
di elasticità tangenziale G per il tessuto A. La maggior dispersione dei risultati
relativi al modulo G è dovuta alla notevole differenza tra il valore ottenuto per il
provino numero 3 rispetto a quello ottenuto per gli altri provini imputabile o ad un
errato allineamento del provino agli assi della macchina di prova o al fatto che il
provino non è stato ritagliato esattamente a 45° rispetto alla direzione ordito.
Per quanto concerne il tessuto A è stato possibile anche valutare l’affidabilità del
modello ortotropo e la correttezza dei parametri elastici stimati, confrontando le curve
sforzo-deformazione sperimentali ottenute nelle prove “off axis” a 20° con quelle
calcolate utilizzando l’equazione B.11a. Come illustrato in Figura 5.31, è stato trovato
un buon accordo tra il modello e le misure, con uno scarto quadratico medio tra gli
sforzi ottenuti sperimentalmente e quelli teorici di 6.1 (a), 2.7 (b), 6.0 (c) e 3.9 (d).
104
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
80
Tessuto A
S +20° [MPa]
60
modello
40
sperimentale
20
Prova uniassiale a 20°
0
-15
-10
-5
0
5
10
E +20° [%]
E -70° [%]
(a)
80
60
modello
S +20° [MPa]
Tessuto A
40
sperimentale
20
Prova uniassiale a 20°
0
-15
-10
-5
0
5
10
E +20° [%]
E -70° [%]
(b)
105
Capitolo 5
80
Tessuto A
S +20° [MPa]
60
modello
40
sperimentale
20
Prova uniassiale a 20°
-15
-10
0
-5
0
5
10
E +20° [%]
E -70° [%]
(c)
200
Tessuto A
S +20° [MPa]
150
modello
100
sperimentale
50
Prova uniassiale a 20°
0
-30
-20
-10
0
10
20
30
E +20° [%]
E -70° [%]
(d)
Figura 5.31 – Validazione del modello ortotropo e della stima dei parametri. Confronto tra
dati sperimentali e modello costitutivo per prove uniassiali di trazione su
provini del tessuto A a 20° rispetto alla direzione ordito: (a) provino A1-20°,
(b) provino A2-20° (c) provino A3-20 e (d) provino A4-20°.
106
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
Un’ulteriore analisi si è infine effettuata a partire dai dati sperimentali ottenuti dalle
prove uniassiali sul tessuto A.
In particolare si è studiata la risposta meccanica del tessuto in un ampio intervallo di
deformazione (1% ÷ 20%) al fine di prevederne il comportamento fino a rottura, e
quindi anche la resistenza meccanica.
I parametri sono stati identificati suddividendo l’intero intervallo di deformazione
preso in esame in intervalli ristretti, in cui la risposta meccanica può essere ritenuta
lineare (identificazione a tratti).
I valori medi dei parametri così determinati sono riportati in Tabella 5.9 .
L’affidabilità del modello ortotropo e la correttezza dei parametri elastici è stata
valutata simulando le prove di trazione sui provini “off axis” a 20° (anche in questo
caso per il calcolo dello sforzo teorico atteso si è utilizzata l’equazione B.11a) e
confrontando i risultati con le corrispondenti curve sforzo-deformazione determinate
sperimentalmente. Come illustrato in Figura 5.32, è stato trovato un buon accordo tra il
modello e le misure, con uno scarto quadratico medio di 11.2 (a), 10.4 (b), 8.5 (c) e 7.7
(d).
direzione ordito
intervallo di
deformazione K [MPa]
νOT
O
direzione trama
direzione a 45°
KT [MPa]
νTO
G [MPa]
1%÷5%
2488
0.23
3030
0.35
113
5%÷10%
1758
0.33
2404
0.46
138
10%÷15%
1631
0.32
2401
0.43
174
15%÷20%
1758
0.28
2013
0.31
219
Tabella 5.9 - Identificazione dei parametri elastici del tessuto A.
107
Capitolo 5
200
Tessuto A
modello
S +20° [MPa]
150
100
sperimentale
50
Prova uniassiale a 20°
0
-30
-20
-10
0
10
20
30
E +20° [%]
E -70° [%]
(a)
200
Tessuto A
S +20° [MPa]
150
modello
100
sperimentale
50
Prova uniassiale a 20°
0
-30
-20
-10
0
10
20
30
E +20° [%]
E -70° [%]
(b)
108
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
200
Tessuto A
S +20° [MPa]
150
modello
100
sperimentale
50
Prova uniassiale a 20°
0
-30
-20
-10
0
10
20
30
E +20° [%]
E -70° [%]
(c)
200
Tessuto A
S +20° [MPa]
150
modello
100
sperimentale
50
Prova uniassiale a 20°
0
-30
-20
-10
0
10
20
30
E +20° [%]
E -70° [%]
(d)
Figura 5.32 – Validazione del modello ortotropo e della stima dei parametri. Confronto tra
dati sperimentali e modello costitutivo per prove uniassiali di trazione su
provini a 20° rispetto alla direzione ordito del tessuto A: (a) provino A1-20°,
(b) provino A2-20° (c) provino A3-20e (d) provino A4-20°.
109
Capitolo 5
5.5.2.4. Prove biassiali
Le prove biassiali sono state condotte su provini cruciformi, ritagliati lungo le direzioni
principali trama e ordito.
Si sono effettuate differenti prove imponendo ogni volta un diverso rapporto delle
velocità delle traverse nelle due direzioni di carico, ed in particolare:
•
(1-1): uguale velocità di spostamento (15 mm/min) nelle due direzioni;
•
(3-1): velocità di spostamento in direzione ordito (45 mm/min) tripla rispetto a
quella in direzione trama (15 mm/min);
•
(2-1): velocità di spostamento in direzione ordito (30 mm/min) doppia rispetto a
quella in direzione trama (15 mm/min);
•
(1-2): velocità di spostamento in direzione ordito (15 mm/min) pari alla metà
rispetto a quella in direzione trama (30 mm/min);
Come per le prove uniassiali, anche nella rielaborazione dei dati ottenuti dalle prove
biassiali, poiché l’omogeneità della distribuzione di deformazione è stata verificata,
sono stati usati i valori medi delle componenti di deformazioni valutate agli 8 markers
posizionati sui lati esterni del quadrato (paragrafo 4.2.1).
Le prove con uguale velocità nelle direzioni trama e ordito sono state ripetute su 4
provini sia per il tessuto A (150.34) che per il tessuto B (62.64).
I risultati di tali prove sono riportati nelle curve sperimentali sforzo-deformazione di
Figura 5.33 e 5.34.
Dai grafici si può osservare:
¾ una bassa dispersione dei dati (scostamento massimo tra le curve sforzodeformazione del 10% per il tessuto A e del 6% per il tessuto B);
¾ le curve sforzo-deformazione anche in regime biassiale sono tipicamente non
lineari con una maggiore rigidezza in direzione trama rispetto alla direzione
ordito;
¾ le deformazioni a rottura sono nettamente inferiori rispetto a quelle riscontrate
nelle prove uniassiali (la rottura avviene a deformazioni del 9% per il tessuto A e
del 15% per il tessuto B contro valori del 30% in direzione ordito e 22% in
direzione trama per entrambi i tessuti nelle prove uniassiali).
Le prove con differente velocità di spostamento delle traverse nelle due direzioni, sono
state compiute su un solo provino.
In Figura 5.35 e 5.36 sono riportate le curve sforzo–deformazione ottenute dalle prove
biassiali in direzione ordito (a) e trama (b) per i tessuti A e B, rispettivamente.
Dai grafici risulta evidente che la rigidezza in direzione ordito aumenta riducendo il
rapporto tra la velocità di spostamento in direzione ordito e trama (vO/vT), poiché
aumenta la forza opposta dal tessuto in direzione trama all’allungamento in direzione
ordito. Analogamente la rigidezza in direzione trama aumenta aumentando il rapporto
tra la velocità di spostamento in direzione ordito e trama.
110
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
400
Tessuto A
ST [MPa]
300
200
100
Prove biassiali
Sforzo in direzione trama
0
10
8
6
4
2
0
2
E O [%]
4
6
8
10
E T [%]
(a)
SO [MPa]
300
Tessuto A
200
100
Prove biassiali
Sforzo in direzione ordito
0
10
8
6
4
2
0
E T [%]
2
4
6
8
10
E O [%]
(b)
Figura 5.33 – Tessuto A: prove di trazione biassiale con rapporto vtrama: vordito = 1:1.
Sforzo in direzione (a) trama e (b) ordito.
111
Capitolo 5
400
Tessuto B
ST [MPa]
300
200
100
Prove biassiali
Sforzo in direzione trama
0
16
12
8
4
0
E O [%]
4
8
12
16
E T [%]
(a)
300
Tessuto B
SO [MPa]
200
100
Prove biassiali
Sforzo in direzione ordito
0
16
12
8
4
0
E T [%]
4
8
12
16
E O [%]
(b)
Figura 5.34 – Tessuto B: prove di trazione biassiale con rapporto vtrama: vordito = 1:1.
Sforzo in direzione (a) trama e (b) ordito.
112
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
400
Tessuto A
ST [MPa]
300
200
bia (3-1)
bia (2-1)
bia (1-1)
bia (1-2)
100
Prove biassiali
Sforzo in direzione trama
16
12
8
4
0
0
4
8
12
16
E T [%]
E O [%]
(a)
400
Tessuto A
SO [MPa]
300
200
bia (3-1)
bia (2-1)
bia (1-1)
bia (1-2)
100
Prove biassiali
Sforzo in direzione ordito
16
12
8
4
0
0
4
8
12
16
E O [%]
E T [%]
(b)
Figura 535 – Prove di trazione biassiale sul tessuto A per differenti valori del rapporto delle
velocità di spostamento nelle due direzioni (vtrama: vordito).
Sforzo in direzione (a) trama e (b) ordito.
113
Capitolo 5
ST [MPa]
Tessuto B
bia (3-1)
bia (2-1)
bia (1-1)
bia (1-2)
Prove biassiali
Sforzo in direzione trama
E O [%]
E T [%]
(a)
400
Tessuto B
SO [MPa]
300
200
bia (3-1)
bia (2-1)
bia (1-1)
bia (1-2)
100
Prove biassiali
Sforzo in direzione ordito
25
20
15
10
0
5
0
E T [%]
5
10
15
20
25
E O [%]
(b)
Figura 5.36 – Prove di trazione biassiale sul tessuto B per differenti valori del rapporto delle
velocità di spostamento nelle due direzioni (vtrama: vordito).
Sforzo in direzione (a) trama e (b) ordito.
114
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
5.5.2.5. Dominio di Resistenza
I dati ottenuti dalle prove uniassiali e biassiali sono stati utilizzati per ricavare il
dominio di resistenza sperimentale dei tessuti. Tali domini sono stati inoltre
approssimati utilizzando il criterio di resistenza di Tsai-Hill e di Massimo Sforzo
(paragrafo 2.4.1).
Per uno stato di sforzo bi-dimensionale riferito agli assi principali, il criterio di
Massimo Sforzo ha la forma:
S T ≤ σ Tu
(5.3)
S O ≤ σ Ou
mentre il criterio di Tsai-Hill ha la forma:
S T2
2
σ Tu
+
S O2
2
σ Ou
+
ST S O
C
≤1
(5.4a)
dove
⎛⎛
σ2
σ2
C = ⎜⎜ ⎜1 − OTu − TOu
2
2
⎜⎜
σ Ou
σ Tu
⎝⎝
⎞
⎞
⎟ S S ⎟
⎟ T O ⎟⎟
⎠
⎠
(5.4b)
dove σ Ou e σ Tu rappresentano gli sforzi a rottura ottenuti dalle prove di trazione
2
2
uniassiali in direzione ordito e trama, mentre σ OTu
e σ TOu
rappresentano gli sforzi a
rottura in direzione ordito e trama, rispettivamente, ottenuti dalla prova biassiale con
uguale spostamento nelle due direzioni. I valori dei parametri caratteristici ottenuti per i
2 tessuti sono riportati in Tabella 5.10.
Tessuto A
Tessuto B
σ Tu [MPa]
σ Ou [MPa]
σ TOu [MPa]
σ OTu [MPa]
C [MPa-2]
528
488
338
242
473
441
340
250
4.22E-06
1.92 E-06
Tabella 5.10 – Parametri caratteristici del materiale per l’equazione di Tsai-Hill.
I valori ultimi di resistenza ottenuti dalle prove uniassiali e biassiali (queste ultime per i
diversi rapporti di velocità di spostamento delle due traverse) e le curve descriventi i
domini di resistenza ottenute sostituendo i valori dei parametri nelle equazioni 5.3 e
5.4, sono presentati per entrambi i tessuti nelle Figure 5.37a-b.
Dai grafici si può osservare che, per entrambi i tessuti,:
•
il criterio di Massimo Sforzo risulta più cautelativo rispetto a quello di Tsai-Hill;
•
i dati sperimentali sono contenuti tra le due curve, quella descrivente il dominio di
Tsai-Hill e di Massimo Sforzo;
115
Capitolo 5
•
lo scostamento dei dati sperimentali dalla curva descrivente il dominio di TsaiHill è piccolo (lo scarto quadratico è di 30 MPa per il tessuto A e di 46 MPa per il
tessuto B), mentre maggiore risulta lo scostamento dalla curva di Massimo Sforzo
(lo scarto quadratico è di 37 MPa per il tessuto A e di 77 MPa per il tessuto B)
Si può concludere che il criterio di Tsai-Hill prevede con una buona accuratezza il
domino di resistenza dei tessuti analizzati e oltretutto è sempre cautelativo (i limiti
trovati sperimentalmente sono sempre situati all’interno della regione accettabile di
Tsai-Hill).
600
Massimo Sforzo
Tsai-Hill
Dati sperimentali
uni (0-1)
S T [MPa]
450
bia (1-2)
bia (1-1)
300
bia (2-1)
bia (3-1)
150
uni (1-0)
Tessuto A
0
0
150
300
450
600
S O [MPa]
600
Massimo Sforzo
Tsai-Hill
Dati Sperimentali
uni (0-1)
450
S T [MPa]
(a)
bia (1-2)
bia (1-1)
300
bia (2-1)
bia (3-1)
150
Tessuto B
uni (1-0)
0
0
150
300
450
S O [MPa]
600
(b)
Figura 5.37 – Dominio di resistenza del tessuto (a) A e (b) B.
116
Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici
5.6. Discussione
In questo capitolo sono presentati i risultati delle prove sperimentali eseguite su due
tessuti tecnici e sulle loro unità fondamentali, i fili.
Questi esperimenti sono stati concepiti con l’intento di stimare i parametri geometrici e
meccanici (quali il modulo di rigidezza dei fili e il coefficiente di attrito) da utilizzare
in un modello numerico del tessuto per determinare in maniera dettagliata il complesso
comportamento della struttura a fibre, nonché di avere a disposizione dati sperimentali
per la convalida del modello numerico presentato nel capitolo successivo.
La stima delle proprietà meccaniche dei tessuti, ottenuti dalle prove meccaniche, è stata
preceduta dall’analisi del campo di deformazione nella zona di misura; questa analisi
ha evidenziato l’omogeneità del campo di deformazione (associata all’assenza di
artefatti sperimentali, quali effetti di bordo) per tutte le prove eseguite sul tessuto A
(150.34), mentre solo nelle prove di trazione lungo le direzioni principali nel caso del
tessuto B (62.64); per questo secondo tessuto l’applicazione di carico in direzioni
diverse da quelle di trama e ordito produce ondulazioni fuori dal piano, e deformazioni
non compatibili con il sistema di misura utilizzato.
Per il tessuto A è stato possibile effettuare un’indagine sperimentale completa,
giungendo a stimare i 4 parametri elastici della matrice di rigidezza (KO, KT, νTO e G)
grazie a 3 sole prove uniassiali lungo le due direzioni principali e a 45° rispetto a
queste. Il confronto tra i risultati delle prove sperimentali eseguite su provini a 20°
rispetto alla direzione ordito con quelli calcolati inserendo nel modello costitutivo
ortotropo i parametri elastici stimati ha consentito di convalidare l’ipotesi sul
comportamento meccanico fatta inizialmente.
Inoltre grazie ai risultati ottenuti dalle prove biassiali eseguite variando il rapporto tra
le velocità delle traverse nelle due direzioni di carico, coincidenti con le direzioni trama
e ordito, è stato possibile determinare con una buona approssimazione il dominio di
resistenza a trazione utilizzando sia il criterio di Massimo Sforzo che il criterio di TsaiHill (questo ultimo si è visto essere sempre cautelativo).
I risultati delle prove uniassiali e biassiali effettuate lungo le direzioni principali
verranno utilizzate per validare il modello numerico.
Nel caso del tessuto B, è stato possibile eseguire solamente prove uniassiali e biassiali
lungo le direzioni principali; pertanto questi risultati sono stati utilizzati per validare il
modello numerico e determinare il dominio di resistenza ma non è stato possibile
effettuare una caratterizzazione completa del tessuto.
117
CAPITOLO 6
SIMULAZIONE NUMERICA
DELLE PROVE SPERIMENTALI
In questo capitolo è presentato un modello numerico per valutare il comportamento
meccanico di tessuti tecnici monofilamento soggetti a differenti condizioni di carico. Il
comportamento macroscopico dei tessuti è predetto da un modello ad elementi finiti tridimensionale includente un’accurata descrizione geometrica dei fili e del loro
comportamento meccanico. Un comportamento costitutivo analitico non-lineare è
assunto per interpolare i dati sperimentali dei fili.
L’indagine è eseguita nell’ambito della teoria dell’omogeneizzazione per mezzi
periodici ed il comportamento macroscopico dei tessuti è ottenuto per mezzo di analisi
numeriche su un volume rappresentativo (VR). Infine per valutare l’affidabilità del
modello numerico è riportato un confronto fra la risposta meccanica predetta dal
modello e i risultati ottenuti delle prove uniassiali e biassiali sui tessuti A e B presentati
nel Capitolo 5.
119
Capitolo 6
6.1. Introduzione
Come descritto nel Capitolo 2, i tessuti tecnici studiati sono ampiamente usati in campo
industriale per applicazioni quali la serigrafia. Per ottenere una buona risoluzione di
stampa è di primaria importanza che le proprietà meccaniche del tessuto siano tali da
garantire una perfetta regolarità delle aperture della maglia.
E’ fondamentale quindi determinare il comportamento meccanico del tessuto, sia per
quanto riguarda la deformabilità che la resistenza, in quanto la qualità della stampa
dipende da entrambe.
Il modello numerico implementato in questa tesi è basato sull’assunzione di una
distribuzione regolare dei fili, che generano un intreccio che si ripete periodicamente
nel piano (Figura 6.1).
VR
RV
VER
Figura 6.1 - Volume rappresentativo (VR) del tessuto monofilo.
Questo ci permette di sfruttare i concetti teorici della teoria dell’omogeneizzazione per
mezzi periodici [Suquet, 1985] e quindi di ottenere il completo comportamento
meccanico dei tessuti mediante analisi numeriche su un volume rappresentativo (VR),
seguendo l’approccio implementato e descritto in [Carvelli e Poggi, 2001] per materiali
compositi. Lo sviluppo del modello periodico tri-dimensionale (3D) è definito tenendo
in considerazione alcune condizioni al contorno cinematiche particolari [Carvelli e
Poggi, 2001].
Il modello numerico descritto in seguito richiede come dati di ingresso sia un’accurata
geometria dei fili e dei tessuti, ottenuta da osservazioni microscopiche, sia il
comportamento meccanico dei fili, determinato sperimentalmente (Capitolo 5).
La risposta meccanica predetta dal modello numerico è poi confrontata con i risultati
sperimentali dei tessuti A e B ottenuti dalle prove uniassiali e biassiali.
120
Simulazione numerica delle prove sperimentali
6.2. Modello Geometrico
Un modello numerico 3-D è stato implementato per predire il comportamento
meccanico di tessuti tecnici monofilamento; questo modello permette di determinare o
capire meglio alcuni fenomeni locali (per esempio la distribuzione dello sforzo e della
deformazione durante la storia di carico) e l’influenza di alcuni parametri geometrici e
meccanici sul comportamento meccanico complessivo del tessuto.
Le analisi numeriche dei tessuti sono state eseguite sul volume rappresentativo (VR),
rispettando alcune particolari condizioni cinematiche al contorno sul VR, per simulare
la periodicità; ed in particolare si è fatta l’ipotesi di una distribuzione regolare, ripetuta
periodicamente, dei fili nel tessuto [Carvelli e Poggi, 2001].
La legge costitutiva macroscopica descrive la risposta globale di un mezzo infinito
ideale soggetto a condizioni al contorno uniformi, in termini di sforzo o deformazione.
La legge costitutiva globale descrive la relazione fra le componenti di sforzo e
deformazione macroscopiche ( Σ , Ε ) definite come medie volumetriche delle
corrispondenti variabili microscopiche ( σ (x) , ε (x) ) che sono funzioni del vettore
posizione x nel VR, con componenti xi (i = 1, 2, 3), relative ad un sistema di
riferimento cartesiano ortogonale. In generale questa legge deve essere espressa in
forma incrementale. I campi di sforzo σ (x) e deformazione ε (x) locali (microscopici)
devono soddisfare la periodicità del materiale eterogeneo. Per soddisfare tale proprietà
il campo di spostamento è collegato con il campo di deformazione dall’espressione:
u ( x) = u 0 + Ω ⋅ x + Ε ⋅ x + u ( x)
(6.1)
dove u 0 rappresenta lo spostamento rigido del VR e Ω il tensore anti-simmetrico
relazionato alle piccole rotazioni rigide del VR. Gli ultimi due termini corrispondono ai
modi di deformazione pura del VR e consistono in un termine costante (la
deformazione macroscopica E ) e in un termine V-periodico, con valore medio nullo,
associato con la parte u V-periodica del campo di spostamento microscopico (essendo
V il volume del VR).
Il problema incrementale che permette di definire la legge costitutiva macroscopica,
può essere espresso come segue:
dato Σ& , trovo u& ( ⇒ Ε& ) così che
div σ& = 0 in V
(6.2a)
t& = σ& ⋅ n
(6.2b)
Σ& =
1
V
∫
V
anti − periodico su ∂V
σ& dV
121
(6.2c)
Capitolo 6
u& = u& − Ε& ⋅ x&
1
Ε& =
V
V − periodico
∫ ε& dV = 2V ∫ (u& ⊗ n + n ⊗ u&) dS
1
∂V
V
σ& = F (ε&(u& ))
in V
(6.2d)
(6.2e)
(6.2f)
dove V indica il volume del VR, ∂V la superficie regolare contenente V, e n il versore
uscente da ∂V . Nell’equazione (6.2e) la velocità di deformazione macroscopica è stata
espressa attraverso un integrale valutato su ∂V ; questa espressione è valida anche per
un campo di spostamenti discontinuo. L’equazione (6.2f) rappresenta la legge
costitutiva incrementale microscopica.
La soluzione del problema incrementale (6.2) è ottenuta per mezzo di un modello
basato sulla formulazione agli spostamenti del metodo agli elementi finiti. Un singolo
VR dal tessuto (Figura 6.2) è usato per descrivere i passi principali della procedura. La
discretizzazione del VR è presentata in Figura 6.3.
Figura 6.2 – Estrazione di un VR dal tessuto piano considerato.
Il punto chiave per l’implementazione del problema (6.2) è l’assegnazione delle
condizioni al contorno che assicurano al campo di spostamenti la forma dell’equazione
(6.1). Tali condizioni possono essere scritte come:
u ( x1 = 0) − u ( x1 = l1 ) = u A − u B
u ( x2 = 0) − u ( x2 = l 2 ) = u C − u D
(6.3 a-b)
dove A e B sono 2 punti dei fili in direzione trama sulla sezione trasversale x1 = 0 e x1 =
l1 corrispondente nella periodicità; dove C e D sono 2 punti dei fili in direzione ordito
sulla sezione trasversale a x2 = 0 e x2 = l2 corrispondente nella periodicità.
122
Simulazione numerica delle prove sperimentali
A
trama
C
ordito
ordito
trama
trama
D min
D ordito
min
D
B
D ordito
max
trama
D max
Figura 6.3 – Alcuni parametri geometrici del VR. l1 e l2: dimensioni caratteristiche della
cella elementare; Dmax e Dmin: diametro massimo e minimo della sezione
trasversale della fibra in direzione trama e ordito.
Il gradiente di spostamento macroscopico è collegato ad alcune componenti di
spostamento su ∂V assumendo le condizioni di periodicità (6.3) e considerando la
generale espressione del campo di spostamento (6.2), cioè:
⎡u A − uB
1
⎢ 1
⎢ l1
E+Ω =⎢
⎢ u A − u 2B
⎢ 2
⎣⎢ l1
uC − u D
1
1
l2
uC
2
− u 2D
l2
⎤
⎥
⎥
⎥
⎥
⎥
⎦⎥
(6.4)
Le traslazioni rigide del modello sono annullate dall’imposizione u 0 = 0 . Le rotazioni
rigide possono essere evitate imponendo l’annullamento del tensore simmetrico Ω ,
ponendo:
l 1 C l1 D
u1 −
u1 + u2B − u 2A = 0
l2
l2
(6.5)
Le tre componenti del tensore simmetrico Ε possono essere esplicitamente scritte
così:
E11 =
u1A − u1B
l1
E22 =
u2C − u2D
l2
123
E12 =
u2A − u2B
l1
(6.6a,b,c)
Capitolo 6
Le relazioni (6.6) forniscono le condizioni cinematiche al contorno che permettono la
simulazione di ogni deformazione macroscopica imposta a partire da solo alcuni
spostamenti nodali liberi ( u1A , u1B , u2A , u2B , u2C , u2D ).
Nelle simulazioni numeriche una componente macroscopica di deformazione è imposta
e le rimanenti sono valutate dalle media volumetriche (6.2c,e) dell’omologa
componente microscopica nei punti di Gauss.
I parametri richiesti per creare un'accurata geometria del VR sono stati ottenuti dalle
osservazioni microscopiche (Tabella 5.2 e 5.3). Dai dati misurati si desume che la
sezione trasversale dei fili è da considerarsi ellittica, con diverso rapporto di ellitticità
nelle direzioni trama e ordito (1.1 in direzione trama e 1.3 in direzione ordito per i fili
estratti dal tessuto A, 1.2 in direzione trama e 1.3 in direzione ordito per i fili estratti
dal tessuto B).
Per quanto riguarda la curvatura dei fili in trama ed in ordito, essa è stata descritta
mediante una funzione sinusoidale f così definita:
u ( x1 = 0) − u ( x1 = l1 ) = u A − u B
u ( x2 = 0) − u ( x2 = l 2 ) = u C − u D
(6.7)
dove k e p rappresentano rispettivamente la distanza tra le linee baricentriche di 2 fili
perpendicolari e paralleli.
La linea media descritta dalla funzione f è rappresentata in Figura 6.4.
x3
direzione locale 1
p
filo trasversale
k
filo trasversale
linea media filo
lunghezza d'onda, l
Figura 6.4 – Sezione ortogonale al piano del tessuto.
124
x1
Simulazione numerica delle prove sperimentali
6.3. Modello ad Elementi Finiti (FEM)
Una volta definita la geometria del VR, per le analisi numeriche è stato usato un codice
commerciale ad elementi finiti [ABAQUS, 2003].
La particolare geometria dei fili ha suggerito di utilizzare elementi continui (C)
tridimensionali (3D) a forma di tetraedro a quattro nodi (4), classificati come C3D4 in
[ABAQUS, 2003] (Figura 6.5).
Questi elementi possiedono soltanto i nodi ai vertici dell’elemento e pertanto, per
risalire dagli spostamenti nodali (u1, u2, u3, u4) agli spostamenti (u) in qualsiasi altro
punto dell’elemento, usano un’interpolazione lineare (di primo ordine) la cui equazione
risulta:
u = (1 − g − h − r ) u1 + g u2 + h u3 + r u4
con
g+h+r ≤1
e
(6.8)
g, h, r = [0 ÷ 1]
Questi elementi del primo ordine, adattandosi perfettamente alla superficie curvilinea
dei fili, permettono di approssimare la geometria in modo ottimale evitando distorsioni.
r
4
h
3
1
2
g
Figura 6.5 – Elemento finito tetraedrico a quattro nodi: C3D4.
In Tabella 6.1 sono riportate le caratteristiche della mesh utilizzata per i tessuti in
analisi e in Figura 6.6 è rappresenta la mesh del volume rappresentativo (VR) del
tessuto A.
n° nodi
n° elementi
Tessuto A
6380
25920
Tessuto B
6612
26880
Tabella 6.1 - Caratteristiche della mesh del VR dei tessuti di tipo A e B.
125
Capitolo 6
3
2
(b)
1
(a)
(a)
Figura 6.6 – (a) Mesh del VR di tessuto A; (b) ellitticità del filo in ordito.
Sono state definite sul VR le condizioni cinematiche riferite all'interazione tra le fibre,
le condizioni al contorno (vincoli) e gli spostamenti imposti.
Affinché le superfici delle fibre non si compenetrino, sono stati definiti i termini di
contatto fra i due corpi usando la procedura “master-slave” presente nell’opzione
“contact pair”.
In questa procedura ogni condizione potenziale di contatto è definita in termini di nodi
“slave” e superficie “master”, dove i nodi “slave” sono forzati a non penetrare nella
superficie “master”, mentre i nodi della superficie “master” possono, in linea di
principio, penetrare nella superficie “slave” (si veda Figura 6.7).
i nodi "slave" non possono
penetrare nei segmenti "master"
penetrazione
superficie "master"
(segmenti)
superficie "slave"
(nodi)
vuoto
i nodi "master" possono
penetrare nei segmenti "slave"
Figura 6.7 – Penetrazione dei nodi della superficie “master” nella superficie “slave”.
126
Simulazione numerica delle prove sperimentali
Se durante un’interazione dell’analisi, un nodo “slave” è trovato penetrare la superficie
“master” oltre una distanza specifica, nota come hcrit, ABAQUS abbandona
l'incremento e prova ancora con un più piccolo passo di incremento.
Dato che, nel caso in esame, entrambe le superfici di contatto sono superfici
deformabili, si è scelto di utilizzare la procedura “master-slave simmetrica”, dove si
definiscono due accoppiamenti del contatto usando le stesse due superfici ma
commutando i ruoli della superficie “master” e “slave”. Questo metodo comporta una
spesa di calcolo supplementare, poiché le ricerche del contatto devono essere condotte
due volte per lo stesso accoppiamento del contatto ma, minimizzando la penetrazione
dei nodi, permette di aumentare la precisione dell’analisi.
Inoltre è stata definita una relazione “pressione-compenetrazione” di tipo esponenziale;
in questa relazione le superfici cominciano a trasmettere la pressione di contatto una
volta che lo spazio (libero) fra loro, misurato nella direzione normale del contatto, si
riduce a c0 (posto pari a ¼ del diametro nominale delle fibre). La pressione di contatto
trasmessa fra le superfici allora aumenta esponenzialmente (p0 è posto pari a 1 MPa),
mentre la distanza continua a diminuire (Figura 6.8).
pressione
di contatto, p
p0
spazio libero, c
c0
compenetrazione, h
Figura 6.8 – Relazione pressione-compenetrazione di tipo esponenziale.
Per quanto concerne la simulazione dei movimenti tangenziali relativi delle superfici di
contatto, è stato definito mediante il comando “friction” il modello di attrito di
Coulomb isotropo. Il modello di Coulomb (Figura 6.9) definisce la sollecitazione
tangenziale critica oltre cui comincia lo scorrimento relativo tra le superfici, come una
frazione della pressione di contatto fra le superfici; questa frazione, nota come
coefficiente di attrito statico μ, posta pari a 0.5, è stata ottenuta moltiplicando il
coefficiente di attrito dinamico calcolato sperimentalmente (Tabella 5.4, Paragrafo 5.3)
per un fattore 5 (questo fattore è stato trovato sperimentalmente comparando i risultati
di prove statiche e dinamiche [Qui, 2000]).
127
Capitolo 6
regione di adesione
μ (coefficiente di attrito costante)
Figura 6.9 – Modello di attrito di Coulomb isotropo: regione di adesione.
Infine sono state applicate le condizioni al contorno per definire sia i vincoli che gli
spostamenti imposti durante l’analisi.
In particolare si è deciso di porre particolari combinazioni di vincoli (vedi equazione
6.5) tali da annullare le rotazioni rigide del VR nei piani 1-3 e 2-3 (Figura 6.6). Invece
per quanto concerne le condizioni imposte durante l’analisi si è applicato su tutte le
superfici delle sezioni esterne dei fili sottoposti a trazione uno spostamento calcolato a
partire dalla deformazione a rottura dei fili.
128
Simulazione numerica delle prove sperimentali
6.4. Identificazione del legame costitutivo del materiale
Come si può notare dalle curve ottenute da prove sperimentali sui fili estratti dai due
tessuti in analisi (Figura 5.8 e 5.9), il comportamento del materiale risulta non lineare.
Si è cercato di cogliere tale comportamento nelle analisi numeriche utilizzando un
legame costitutivo non lineare disponibile nel programma di calcolo adoperato
[ABAQUS, 2003] e descritto brevemente in seguito.
Questo legame costitutivo isotropo e omogeneo è basato sul modello di RambergOsgood ed è caratterizzato dalla seguente legge nel caso monodimensionale:
n −1 ⎞
⎛
⎛ σ ⎞
⎜
⎟
⎜
⎟
Kε = σ ⎜1 + α
⎟
⎜
⎟
σ
⎜
⎟
⎝ o ⎠
⎝
⎠
(6.9)
dove i parametri che compaiono rappresentano:
• K: modulo di Young (definito come rigidezza iniziale della curva sforzodeformazione);
• α : coefficiente di variazione della rigidezza iniziale (“yield offset”);
• σ0: sforzo di snervamento;
• n (>1): esponente di non linearità.
I parametri K, α, σ0 e n sono stati calibrati interpolando le curve sperimentali ottenute
dalle prove di trazione su fili estratti da tessuto (Figure 5.8 e 5.9); i loro valori sono
riportati in Tabella 6.2.
Il confronto tra i risultati sperimentali e le interpolazioni analitiche sono mostrate nelle
Figure 6.10 e 6.11.
Assegnando questo legame costitutivo ai fili, sono state condotte le simulazioni delle
prove di trazione.
K [MPa]
α
n
σ0 [MPa]
Fili estratti dal tessuto A
Fili estratti dal tessuto B
Trama
4600
0.544
3.254
697
Trama
2900
0.185
5.770
565
Ordito
3000
0.132
5.404
681
Ordito
1850
0.008
19.228
523
Tabella 6.2 - Parametri di Ramberg-Osgood per il comportamento costitutivo dei fili usati
nelle simulazioni numeriche.
129
Capitolo 6
800
Diametro = 34 μm
σ [MPa]
600
400
trama sperimentale
ordito sperimentale
trama analitico
ordito analitico
200
0
0
10
20
30
ε [%]
Figura 6.10 - Filo estratto da tessuto A. Confronto fra le curve sperimentali e le interpolazioni
analitiche.
σ [MPa]
600
Diametro = 64 μm
400
200
trama sperimentale
ordito sperimentale
trama analitico
ordito analitico
0
0
10
ε [%]
20
30
Figura 6.11 - Filo estratto da tessuto B. Confronto fra le curve sperimentali e le interpolazioni
analitiche.
130
Simulazione numerica delle prove sperimentali
6.5. Risultati delle Analisi Numeriche e
Validazione del Modello
La procedura numerica è stata applicata per predire il comportamento meccanico (fino
a rottura) dei 2 tessuti. Le simulazioni numeriche sono state compiute considerando la
pura elongazione lungo le direzioni trama e ordito.
Le caratteristiche meccaniche dei materiali sono quelle ottenute dall’interpolazione
analitica delle curve sperimentali sul singolo filo estratto dal tessuto sia in direzione
trama che in direzione ordito, come esposto nel Paragrafo 6.4.
Le prove di trazione sono state simulate in modo da far interrompere l’analisi in
corrispondenza della deformazione massima che il filo riesce a raggiungere; è stato
quindi applicato uno spostamento imposto
ΔL = ε R ⋅ L
(6.10)
dove ε R è la deformazione ultima del filo misurata sperimentalmente e L rappresenta la
lunghezza iniziale dei fili costituenti il volume rappresentativo.
Futuri sviluppi potrebbero tenere conto di un criterio di rottura basato sulle interazioni
fra le componenti di deformazione o sforzo.
Le prove di trazione simulate sono:
9 prove uniassiali in direzione ordito;
9 prove uniassiali in direzione trama;
9 prove biassiali con uguale spostamento imposto nelle due direzioni, trama e
ordito.
La validazione dell’approccio agli elementi finiti proposto è stato condotto comparando
i risultati numerici con le osservazioni sperimentali. Le Figure 6.12, 6.13, 6.14 e 6.15
riportano il confronto per prove di trazione uniassiali e biassiali per entrambi i tipi di
tessuto, dove ST e SO definiscono gli sforzi longitudinali in direzione trama e ordito, ed
ΕT e ΕO definiscono le deformazioni longitudinali in direzione trama e ordito.
Le simulazioni numeriche presentano un buon accordo con i dati sperimentali.
La maggior discrepanza tra le osservazioni sperimentali e i risultati numerici ottenuta
dalle prove uniassiali è dovuta principalmente al fatto che, sperimentalmente, la zona di
misura delle deformazioni risente, anche se in piccola parte, delle condizioni al
contorno (effetti di bordo); nelle prove biassiali gli effetti di bordo sono più smorzati
nella zona di misura e le deformazioni risultano maggiormente omogenee.
131
Capitolo 6
600
Tessuto A
numerica
ST [MPa]
400
sperimentale
200
Provasperimentale
uniassiale
in direzione
trama
numerico
0
-10
0
10
20
600
(a)
Tessuto A
numerica
400
SO [MPa]
30
E T [%]
E O [%]
sperimentale
200
Provasperimentale
uniassiale
in direzione
ordito
numerico
0
-10
0
10
20
E O [%]
E T [%]
30
(b)
Figura 6.12 – Confronto tra le simulazioni numeriche e i risultati sperimentali delle prove
di trazione uniassiali in direzione (a) trama e (b) ordito del tessuto A.
132
Simulazione numerica delle prove sperimentali
500
Tessuto B
ST [MPa]
400
sperimentale
numerica
300
200
100
Provasperimentale
uniassiale
in direzione
trama
numerico
0
-10
0
10
20
30
E T [%]
E O [%]
500
(a)
Tessuto B
SO [MPa]
400
300
numerica
sperimentale
200
100
Provasperimentale
uniassiale
in direzione
ordito
numerico
0
-10
0
10
20
E O [%]
E T [%]
30
(b)
Figura 6.13 – Confronto tra le simulazioni numeriche e i risultati sperimentali delle prove
di trazione uniassiali in direzione (a) trama e (b) ordito del tessuto B.
133
Capitolo 6
400
Tessuto A
ST [MPa]
300
sperimentale
numerica
200
100
Prova biassiale
sperimentale
Sforzo in direzione
trama
numerico
0
10
8
6
4
2
0
2
4
E O [%]
6
8
10
E T [%]
SO [MPa]
300
(a)
Tessuto A
sperimentale
200
numerica
100
Prova biassiale
sperimentale
Sforzo in direzione
ordito
numerico
0
10
8
6
4
2
0
E T [%]
2
4
6
E O [%]
8
10
(b)
Figura 6.14 – Confronto tra le simulazioni numeriche e i risultati sperimentali delle prove
di trazione biassiali in direzione (a) trama e (b) ordito del tessuto A.
134
Simulazione numerica delle prove sperimentali
400
Tessuto B
numerica
ST [MPa]
300
200
sperimentale
100
Prova biassiale
sperimentale
Sforzo in direzione
trama
numerico
0
16
12
8
4
0
4
E O [%]
8
12
16
E T [%]
300
(a)
Tessuto B
SO [MPa]
200
sperimentale
numerica
100
Prova biassiale
sperimentale
Sforzo in direzione
ordito
numerico
0
16
12
8
4
0
E T [%]
4
8
E O [%]
12
16
(b)
Figura 6.15 –Confronto tra le simulazioni numeriche e i risultati sperimentali delle prove
di trazione biassiali in direzione (a) trama e (b) ordito del tessuto B.
135
Capitolo 6
Il modello è stato quindi utilizzato per studiare la variazione della geometria della cella
unitaria a differenti livelli di deformazione o carico (Figura 6.16 e 6.17). In particolare,
in Figura 6.18 e 6.19 è riportata la variazione dell’area libera del VR a diversi valori di
deformazioni per entrambi i tessuti in esame.
Questo tipo di osservazioni sono di grande aiuto alle industrie operanti nel campo
serigrafico dove una modifica dell’area libera comporta una variazione del volume di
inchiostro depositato sul materiale da stampare e quindi una differente qualità di
stampa (Capitolo 2).
(a)
(b)
Figura 6.16 – Geometria indeformata (blu) e deformata amplificata (grigio) del tessuto A
al livello di deformazione del 9.5% per una prova trazione (a) uniassiale e
(b) biassiale.
23.8
26.1
43.1
44.2
(a)
(b)
Figura 6.17 – Variazione della sezione trasversale del tessuto A in una prova di trazione
biassiale. Geometria (a) indeformata e (b) deformata al livello di
deformazione del 9.5%.
136
Simulazione numerica delle prove sperimentali
25%
Variazione area libera
Variazione area libera
50%
40%
30%
20%
10%
0%
2.0%
5.0%
20%
15%
10%
5%
0%
9.5%
2.0%
Deformazione
5.0%
9.5%
Deformazione
(a)
(b)
Figura 6.18 – Variazione percentuale dell’area libera del VR in una prova di trazione
biassiale per 3 diversi valori di deformazione in direzione ordito.
Tessuto (a) A e (b) B.
area iniziale
2
800
1000
variazione
Area libera [μm ]
2
Area libera [μm ]
1000
600
400
200
0
800
variazione
area iniziale
600
400
200
0
2.0%
5.0%
9.5%
2.0%
Deformazione
5.0%
9.5%
Deformazione
Figura 6.19 – Area libera del VR in una prova di trazione biassiale per 3 diversi valori di
deformazione in direzione ordito.
Tessuto (a) A e (b) B.
137
Capitolo 6
6.7. Discussione
In questo capitolo è presentata una procedura numerica basata su un modello 3D a
elementi finiti per valutare il comportamento meccanico di tessuti tecnici
monofilamento soggetti a differenti condizioni di carico.
Da prima si è descritto il modello geometrico, basato sulla teoria
dell’omogeneizzazione per mezzi periodici, costituito da un volume rappresentativo
(VR).
Successivamente è stato descritto il comportamento meccanico dei fili estratti dai 2
tessuti in esame (A e B) utilizzando un legame costitutivo non lineare, basato sul
modello di Ramberg-Osgood, e facendo l’ipotesi che il materiale sia isotropo e
omogeneo.
Una volta definito il modello geometrico e le proprietà meccaniche dei fili costituenti il
volume rappresentativo sono stati presentati i risultati delle analisi numeriche, che
confrontate con i dati sperimentali, presentati nel Capitolo 5, hanno permesso di
validare il modello numerico.
Infine è mostrata una possibile applicazione tecnica del modello relativa al campo
serigrafico (tensionamento del tessuto sul quadro serigrafico), attraverso la
determinazione della variazione di geometria della cella elementare ai diversi livelli di
deformazione.
È da sottolineare che la procedura numerica è stata implementata usando un codice
commerciale ad elementi finiti. Pertanto un progettista industriale potrebbe facilmente
adottare procedure simili per studiare e ottimizzare i tessuti tecnici variando le
proprietà geometriche e meccaniche, essendo l’onere computazionale trascurabile
considerando le potenzialità dei moderni hardware.
138
CAPITOLO 7
CONCLUSIONI
In seguito si discutono i risultati del lavoro presentato in questa tesi per evidenziare le
conclusioni significative, le limitazioni delle tecniche utilizzate e gli sviluppi futuri.
139
Capitolo 7
7.1. Risultati
L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di sviluppare strumenti, procedure
sperimentali e metodi numerici per la caratterizzazione meccanica di tessuti tecnici a
bassa rigidezza e a maglia semplice.
Di seguito vengono riportate le fasi che hanno permesso di raggiungere tale obiettivo e
le innovazioni principali:
(i) lo sviluppo e la messa a punto di un dispositivo di prova biassiale in grado di
produrre stati piani di sforzo; un contributo originale in questa fase è rappresentato
dalla progettazione e realizzazione di alcuni componenti “ad hoc”, quali gli
afferraggi e le celle di carico: tali componenti sono stati concepiti appositamente
in modo da risolvere specifiche problematiche che si incontrano nella
caratterizzazione meccanica dei tessuti planari ad alta deformabilità, quali
l’allineamento del provino agli assi del dispositivo di prova e la presenza di
vincoli alla libera contrazione laterale del provino soggetto a trazione. Le
deformazioni del provino di tessuto vengono misurate mediante un estensometro
ottico per eliminare effetti di rinforzo sul tessuto stesso dovuti all’applicazione di
estensimetri.
(ii) la messa a punto di una procedura di analisi dei dati sperimentali basata sulla
valutazione delle componenti del tensore di deformazione di Green-Lagrange e del
tensore di sforzo di Piola-Kirchoff. Sono stati sviluppati due diversi approcci per
l’interpretazione dei dati misurati durante le prove: un approccio “globale”, basato
sul calcolo di componenti medie di deformazione e di sforzo (e quindi legato
all’identificazione di proprietà “medie” del tessuto), e un approccio invece
“locale”, che mediante l’introduzione di funzioni di interpolazione, consente di
rappresentare l’intero campo di deformazione e di sollecitazione nella regione
centrale del provino. Quest’ultimo approccio consente di evidenziare la presenza
di scorrimenti angolari e di distribuzioni non uniformi di deformazione, e quindi è
di notevole interesse nella caratterizzazione di materiali eterogenei a fibre.
(iii) la caratterizzazione sperimentale di due tessuti tecnici a maglia semplice in
poliestere. Questi tessuti sono stati sottoposti a prove secondo una procedura di
caratterizzazione uniassiale e biassiale sotto un’ampia combinazione di sforzi e/o
deformazioni allo scopo di dimostrare come le misure così ottenute siano
sufficienti a identificare i parametri costitutivi e ad approssimare il dominio di
resistenza utilizzando sia il criterio di Massimo Sforzo che di Tsai-Hill.
(iv) lo sviluppo di un modello numerico ad elementi finiti tridimensionale in grado di
predire il comportamento meccanico del tessuto a partire da una descrizione
geometrica e meccanica del filo. Assunta regolare la distribuzione dei fili è stato
possibile compiere le analisi su un volume rappresentativo (VR), coincidente con
la cella unitaria. Sono state eseguite simulazioni delle prove uniassiali e biassiali e
i risultati di queste analisi sono stati confrontati con i dati sperimentali
permettendo la validazione del modello. Il modello è stato quindi utilizzato per
studiare la variazione della geometria della cella unitaria a differenti livelli di
deformazione o carico, essendo questo dato fondamentale in campo serigrafico
dove una modifica dell’area libera comporta una variazione del volume di
inchiostro depositato sul materiale da stampare e quindi una differente qualità di
stampa.
140
Conclusioni
7.2. Questioni aperte
In questa tesi sono stati affrontati e risolti, in alcuni casi con soluzioni originali, alcune
delle problematiche legate alla caratterizzazione biassiale di tessuti tecnici. Tuttavia
permangono ancora delle questioni aperte relative sia al dispositivo che alla procedura
di prova. Queste limitazioni sono:
1. l’impossibilità di effettuare prove biassiali in controllo di carico, variando così il
rapporto degli sforzi nelle due direzioni di carico.
In futuro tale limite potrà essere superato realizzando un programma di controllo
retroazionato in cui il segnale di feedback sono gli sforzi medi calcolati dalle forze
registrate dalle celle di carico.
2. l’incapacità del sistema di vincolo del dispositivo biassiale di permettere ampie
rotazioni ai bordi del provino e quindi di consentire elevati scorrimenti angolari
che nascono in presenza di sollecitazioni tangenziali. Di conseguenza in caso di
elevate rotazioni, come quelle presenti nel tessuto B (62.64) in direzione 45°, la
caratterizzazione meccanica è limitata solo alle proprietà lungo le direzioni
principali del tessuto.
Questo problema è stato affrontato già da altri ricercatori che hanno sviluppato un
set-up sperimentale originale per la caratterizzazione a taglio del tessuto ([Peng et
al.,2004], [Liu et al., 2005] e [Lomov et al., 2005]).
3. l’ipotesi che il materiale non abbia un comportamento viscoelastico: la procedura
di prova è limitata solo alla caratterizzazione del comportamento indipendente dal
tempo, mentre vengono ignorate le proprietà viscose del materiale. Per i tessuti in
materiale polimerico (nylon, poliestere, ecc.) questa ipotesi è grossolana,
soprattutto data la bassa velocità a cui vengono effettuate le prove. Tuttavia spesso
un approccio elastico è adeguato per caratterizzare il comportamento in esercizio
della maggior parte dei tessuti tecnici.
Si segnala che attualmente in letteratura la viscoelasticità dei tessuti tecnici viene
trascurata.
4. la limitazione dello studio a due tessuti con uguale tessitura e materiale, ossia
tessuti a maglia semplice in poliestere.
Dopo aver messo a punto il sistema di prova ed aver eseguito la sperimentazione
sui tessuti in poliestere, presentati nel Capitolo 5, si sono effettuate prove su tessuti
compositi in fibre di carbonio e vetro impregnati in resina epossidica, per
determinarne il comportamento elastico; tali studi sono attualmente in corso e non
sono stati riportati nella tesi.
5. la mancanza della valutazione dell’influenza dell’umidità sulle caratteristiche del
filo.
Il contatto dei tessuti con sostanze (quali l’inchiostro) contenenti acqua, può
modificare sia il valore dei coefficienti di attrito statico e dinamico, che le
proprietà geometriche del filo a causa del rigonfiamento; sebbene questo problema
sia in parte superato dalla natura del materiale (il poliestere risente meno
dell’umidità rispetto a molti altri polimeri, quali il nylon) e dai trattamenti chimici
atti a impermeabilizzare il materiale, studi futuri saranno necessari per investigare
questi aspetti, in particolare quelli relativi all’attrito.
141
Capitolo 7
6.
7.
8.
le approssimazioni geometriche introdotte nel modello numerico. All’interno del
modello geometrico del RV del tessuto, l’elitticità della sezione del filo lungo il
suo asse longitudinale è mantenuta costante, mentre le osservazioni microscopiche
rilevano una variazione di sezione.
Questa approssimazione può essere rimossa mediante la scrittura di una funzione
analitica, subordinata a dettagliate osservazioni microscopiche, in grado di variare
l’elitticità della sezione trasversale lungo l’asse longitudinale del filo rispettando i
vincoli cinematici, quali l’assenza di compenetrazione tra i fili.
In questa tesi è stata presentata un’applicazione del modello numerico focalizzata
sullo studio delle proprietà geometriche e meccaniche del tessuto durante la fase di
tensionamento su un quadro serigrafico, in condizioni di trazione biassiale. In
futuro il modello verrà perfezionato introducendo anche l’effetto di un carico
normale al piano del tessuto e simulante il passaggio della racla.
la mancanza all’interno del modello numerico di un criterio di resistenza.
Uno sviluppo del modello prevedrà l’introduzione di un criterio di resistenza per i
fili, atto a descrivere il cedimento del tessuto in condizioni sia uniassiali che
biassiali.
142
APPENDICE A
LEGAME COSTITUTIVO
ELASTICO-LINEARE PER I TESSUTI
Una descrizione matematica delle relazioni esistenti tra le componenti dello stato di
sforzo e di deformazione dei materiali compositi può essere trovata in [Daniel e Ishai,
1994].
I tessuti, come la maggior parte dei laminati sottili, possono considerarsi essere
sottoposti a uno stato di sforzo piano, con tutte le componenti al di fuori del piano
(direzione 3) nulle:
⎧S33 = 0
⎪
⎨S 23 = 0
⎪S = 0
⎩ 13
(A.1)
Le relazioni sforzo – deformazione nel caso di materiale ortotropo sottile (spessore
trascurabile rispetto alle altre dimensioni) sono così definite:
0
⎧S11 ⎫ ⎡ A1111 A1122
⎪ ⎪ ⎢
⎨S22 ⎬ = ⎢ A1122 A 2222 0
⎪S ⎪ ⎢ 0
0
A1212
⎩ 12 ⎭ ⎣
⎤
⎥
⎥
⎥⎦
⎧ E11 ⎫
⎪
⎪
⋅ ⎨ E22 ⎬
⎪E ⎪
⎩ 12 ⎭
(A.2a)
dove [A] rappresenta la matrice di rigidezza (matrice ridotta rispetto a quella definita
dalla lagge di Hooke generalizzata).
Invertendo le relazioni si ottiene la matrice [B], detta matrice di cedevolezza:
⎧ E11 ⎫ ⎡B1111 B1122
⎪ ⎢
⎪
⎨ E22 ⎬ = ⎢B1122 B2222
⎪E ⎪ ⎢ 0
0
⎩ 12 ⎭ ⎣
0
0
B1212
⎤
⎥
⎥
⎥⎦
⎧S11 ⎫
⎪ ⎪
⋅ ⎨S22 ⎬
⎪S ⎪
⎩ 12 ⎭
(A.2b)
Le relazioni sforzo – deformazione acquisiscono maggior significato fisico se espresse
in termini di costanti ingegneristiche (per esempio il modulo elastico o il coefficiente di
143
Appendice A
Poisson). Le relazioni fra costanti matematiche Aijhk e Bijhk e costanti ingegneristiche
sono ottenute conducendo esperimenti elementari (vedi Figura A.1).
In particolare sono sufficienti 3 esperimenti:
I)
Prova di trazione uniassiale in direzione 1
⎧ E11 = 1 S11
K1
⎪
⎧B1111 = 1
K1
⎪⎪
⎪
ν
12
S ⇒⎨
⎨ E22 = −
K1 11
ν
⎪
⎪B1122 = − 12
K1
⎩
⎪ E12 = 0
⎪⎩
(A.3)
dove E11 è la rigidezza normale in direzione 1 (modulo di Young) e ν12 il
coefficiente di contrazione trasversale (modulo di Poisson).
II) Prova di trazione uniassiale in direzione 2
⎧ E = − ν 21
S
⎪ 11
K 2 22
⎪⎪
⎨ E22 = 1 K S 22
2
⎪
⎪ E12 = 0
⎪⎩
ν 21
⎧Β
⎪ 1122 = −
K2
⇒⎨
⎪B2222 = 1
K2
⎩
(A.4)
dove E22 è la rigidezza normale in direzione 2 e ν21 il coefficiente di contrazione
trasversale.
Per simmetria della matrice di rigidezza si ha:
−
ν 12
K1
= −
ν 21
(A.5)
K2
III) Prova di trazione uniassiale in direzione 45° rispetto alle direzioni principali (prova
alternativa ad una prova di puro taglio nel piano 1-2, difficilmente realizzabile in
laboratorio)
⎧S = S xx + S
xy
⎪ 11
2
E xx + E yy
⎧
Kx
⎪⎪
⎪ E11 = E22 =
S xx
⇒ B1212 = G12 =
− S xy , ⎨
2
⎨S22 =
2
2 1 + ν xy
⎪ E12 = E xx − E yy
⎪
⎩
⎪S12 = S xx
2
⎪⎩
(
)
(
dove G12 è la rigidezza di taglio.
144
)
(A.6)
Legame costitutivo elastico-lineare per i tessuti
S xx
S 11
X
-45°
S 22 S 12 S 11
S 22
S 22
1
Y
(a)
S 11
(b)
(c)
S xx
Figura A.1 – Esperimenti elementari in direzione (a) 1, (b) 2 e (c) a -45° rispetto alla direzione 1.
Quindi la matrice di cedevolezza risulta:
⎡ 1
⎢
⎢ K1
⎢
[A] = ⎢− ν12
⎢ K1
⎢
⎢ 0
⎣⎢
⎤
⎥
⎥
⎥
0 ⎥
⎥
1 ⎥
⎥
G12 ⎦⎥
ν 21
K2
0
1
K2
0
(A.7)
e la matrice di rigidezza risulta:
K1
⎡
⎢1 − ν ν
12 21
⎢
⎢ ν 21K1
[B] = ⎢
⎢1 − ν12 ν 21
⎢
0
⎢
⎣
ν12K 2
1 − ν12 ν12
K2
1 − ν12 ν12
0
⎤
0 ⎥
⎥
⎥
0 ⎥
⎥
G12 ⎥
⎥
⎦
(A.8)
Normalmente le direzioni degli assi principali (1, 2) non coincidono con gli assi di
carico (x, y) (Figura A.2). Allora le componenti di sforzo e deformazione riferite agli
assi principali (1, 2) possono essere espresse in funzione di quelle riferite agli assi di
carico (x, y) per mezzo delle seguenti relazioni:
145
Appendice A
⎧S ⎫
⎧S11 ⎫
⎪⎪ xx ⎪⎪
⎪
−1 ⎪
⎨S yy ⎬ = [T] ⎨S 22 ⎬
⎪
⎪S ⎪
⎪
⎩ 12 ⎭
⎪⎩S xy ⎪⎭
⎧E ⎫
⎧ E11 ⎫
⎪⎪ xx ⎪⎪
⎪
−1 ⎪
⎨ E yy ⎬ = [T] ⎨ E 22 ⎬
⎪
⎪E ⎪
⎪
⎩ 12 ⎭
⎪⎩ E xy ⎪⎭
(A.9)
dove la matrice di trasformazione [T], ricavata dalle equazioni di equilibrio, è così
definita:
−1
[T]
⎡m 2
− 2mn ⎤
n2
⎢ 2
⎥
2
= [T(− θ )] = ⎢ n
m
2mn ⎥
⎢mn − mn m 2 − n 2 ⎥
⎢⎣
⎦⎥
(A.10)
con m = cosθ e n = sinθ .
3≡z
y
θ
2
1
θ
x
Figura A.2 – Rotazione di un angolo θ degli assi principali (1, 2) rispetto agli
assi di carico (x, y).
Quindi
{S }x, y = [T]−1{S }1,2 = [T]−1[A] 1,2 {E} 1,2 = [T]−1[A] 1,2 [T]{E}x, y = [A ] x, y {E}x, y (A.11a)
e analogamente
{E}x, y = [T ]−1{E}1,2 = [T ]−1[B] 1,2 {S } 1,2 = [T ]−1[Β] 1,2 [T ]{S }x, y = [B] x, y {S }x, y
(A.11b)
Fondamentale è osservare che le leggi di sforzo e deformazione sono indipendenti dalle
proprietà del materiale, per esempio sono le stesse sia per materiali isotropi che
ortotropi.
146
Legame costitutivo elastico-lineare per i tessuti
Anche in questo caso è possibile determinare una correlazione tra le costanti
matematiche della matrice simmetrica [B] x,y e le costanti ingegneristiche:
⎡ B xxxx
⎢
⎢ B yyxx
⎢B
⎣ xyxx
B xxyy
B yyyy
B xyyy
⎡ 1
⎢
⎢ Kx
B xxxy ⎤ ⎢
ν xy
⎥
B yyxy ⎥ = ⎢−
Kx
⎢
B xyxy ⎥⎦ ⎢
⎢ η xs
⎢ Kx
⎣
−
ν yx
Ky
1
Ky
η ys
Ky
⎤
⎥
⎥
⎥
⎥
G xy ⎥
⎥
1 ⎥
G xy ⎥⎦
η sx
G xy
η sy
(A.12)
dove ηxs definisce il coefficiente di correlazione di taglio tra lo sforzo normale in
direzione x e la deformazione di taglio nel piano xy (= s).
147
APPENDICE B
PARTICOLARI COSTRUTTIVI DEGLI
AFFERRAGGI (MACCHINA BIASSIALE)
Nelle pagine a seguire sono riportati:
• disegno complessivo
• disegni costruttivi
che sono stati forniti all’officina “OMEM di Sergio Mazzoni” di Milano per la
realizzazione dei 16 afferraggi del sistema di prova biassiale.
149
Appendice B
Complessivo Afferraggio
(1)
(2)
(3)
(1)
(2)
(3)
Lamina Sensibile
Morsetto Superiore
Morsetto Inferiore
150
Particolari costruttivi degli afferraggi (macchina biassiale)
Lamina Sensibile
A
A
Sez. A-A
n° pezzi
materiale
16
AISI 316
151
Appendice B
Morsetto Superiore
B
B
Sez. B-B
zigrinare a 45°
n° pezzi
materiale
16
C40
152
Particolari costruttivi degli afferraggi (macchina biassiale)
Morsetto Inferiore
A
A
Sez. A-A
zigrinare a 45°
n° pezzi
materiale
16
C40
153
APPENDICE C
CALIBRAZIONE DEI TRASDUTTORI
DI FORZA
C.1. Calibrazione delle celle di carico
Data misure calibrazione: 08-04-2003
Campione
dinamometro HBM da 1 kN rif. G 05106
dinamometro HBM da 5 kN rif. G 19081
Tensione di alimentazione: 2.5 V
Amplificatore: SC-2043-SG
Convertitore A/D: NI 6036E
155
Appendice C
Lettura
Letture (strumenti campioni)
(cella) Dinamometro
[N]
[mV/V]
ciclo 1
ciclo 2
ciclo 3
0.00
0.0
0.0
0.0
0.60
G 05106
250.3
253.8
251.4
0.90
G 19081
380.8
379.8
377.8
1.20
G 19081
510.3
508.2
512.5
1.50
G 19081
648.3
643.7
647.2
1.80
G 19081
772.6
778.6
777.4
2.10
G 19081
909.3
904.7
905.1
2.40
G 19081
1038.9
1033.3
1035.7
2.70
G 19081
1166.9
1167.4
1160.8
2.90
G 19081
1233.8
1230.4
1227.0
Media
[N]
Errore relativo
di Ripetibilità
[%]
0.0
251.8
379.5
510.3
646.4
776.2
906.4
1035.9
1165.0
1230.4
0.00
1.40
0.78
0.84
0.71
0.77
0.50
0.54
0.57
0.55
Tabella C.1a – Calibrazione della cella A1 tra 0 e 1250 N.
Equazione di Calibrazione
F =a⋅x+b
F = N
x = mV
⇒
a = 433.70
b = -5.9045
Lettura
Letture (strumenti campioni)
(cella) Dinamometro
[N]
[mV/V]
ciclo 1
ciclo 2
ciclo 3
0.00
0.0
0.0
0.0
0.60
G 05106
245.2
247.7
245.2
0.90
G 19081
362.0
363.0
364.8
1.20
G 19081
471.1
473.6
475.6
1.50
G 19081
585.8
586.8
586.3
1.80
G 19081
707.2
707.5
712.6
2.10
G 19081
820.7
824.3
827.3
2.40
G 19081
940.1
932.3
934.7
2.70
G 19081
1049.4
1051.2
1055.3
2.90
G 19081
1167.5
1162.7
1162.6
Media
[N]
Errore relativo
di Ripetibilità
[%]
0.0
246.0
363.3
473.4
586.3
709.1
824.1
935.7
1052.0
1164.3
0.00
1.01
0.76
0.95
0.18
0.76
0.79
0.84
0.56
0.42
Tabella C.1b – Calibrazione della cella A2 tra 0 e 1250 N.
Equazione di Calibrazione
F =a⋅x+b
F = N
x = mV
⇒
a = 463.80
156
b = 9.2781
Calibrazione dei trasduttori di forza
Lettura
Letture (strumenti campioni)
(cella) Dinamometro
[N]
[mV/V]
ciclo 1
ciclo 2
ciclo 3
0.00
0.0
0.0
0.0
0.60
G 05106
243.1
244.2
246.7
0.90
G 19081
376.9
378.0
376.2
1.20
G 19081
506.3
509.3
506.6
1.50
G 19081
641.6
644.0
645.2
1.80
G 19081
757.9
763.8
762.3
2.10
G 19081
895.8
899.9
892.4
2.40
G 19081
1024.9
1027.2
1019.6
2.70
G 19081
1146.8
1151.5
1143.9
2.90
G 19081
1227.6
1235.5
1233.2
Media
[N]
Errore relativo
di Ripetibilità
[%]
0.0
244.7
377.0
507.4
643.6
761.3
896.0
1023.9
1147.4
1232.1
0.00
1.47
0.47
0.59
0.57
0.77
0.83
0.74
0.66
0.64
Tabella C.1c – Calirazione della cella A3 tra 0 e 1250 N.
Equazione di Calibrazione
F =a⋅x+b
⇒
F = N
x = mV
a = 430.17
b = -12.534
Lettura
Letture (strumenti campioni)
(cella) Dinamometro
[N]
[mV/V]
ciclo 1
ciclo 2
ciclo 3
0.00
0.0
0.0
0.0
0.60
G 05106
246.8
243.1
243.4
0.90
G 19081
376.2
372.6
374.3
1.20
G 19081
498.9
495.4
495.8
1.50
G 19081
629.0
623.0
625.9
1.80
G 19081
749.8
749.9
751.7
2.10
G 19081
883.9
881.5
875.1
2.40
G 19081
1012.6
1006.5
1005.5
2.70
G 19081
1130.2
1128.8
1129.1
2.90
G 19081
1223.9
1220.6
1219.4
Media
[N]
Errore relativo
di Ripetibilità
[%]
0.0
244.4
374.3
496.7
626.0
750.5
880.2
1008.2
1129.3
1221.3
0.0
1.5
1.0
0.7
1.0
0.3
1.0
0.7
0.1
0.4
Tabella C.1d – Calirazione della cella A4 tra 0 e 1250 N.
Equazione di Calirazione
F =a⋅x+b
F = N
x = mV
⇒
a = 421.37
b = -5.3275
157
Appendice C
Lettura
Letture (strumenti campioni)
(cella) Dinamometro
[N]
[mV/V]
ciclo 1
ciclo 2
ciclo 3
0.00
0.0
0.0
0.0
0.60
G 05106
250.7
249.7
252.5
0.90
G 19081
373.5
377.0
375.2
1.20
G 19081
506.5
508.3
506.6
1.50
G 19081
632.0
637.6
634.9
1.80
G 19081
756.5
758.9
758.0
2.10
G 19081
886.1
891.7
888.8
2.40
G 19081
1012.1
1015.3
1018.7
2.70
G 19081
1137.2
1137.6
1136.8
2.90
G 19081
1223.3
1226.1
1223.4
Media
[N]
Errore relativo
di Ripetibilità
[%]
0.0
251.0
375.2
507.1
634.8
757.8
888.9
1015.4
1137.2
1224.3
0.0
1.1
0.9
0.4
0.9
0.3
0.6
0.6
0.1
0.2
Tabella C.1e – Calirazione della cella B1 tra 0 e 1250 N.
Equazione di Calirazione
F =a⋅x+b
F = N
x = mV
⇒
a = 422.77
b = -1.5036
Lettura
Letture (strumenti campioni)
(cella) Dinamometro
[N]
[mV/V]
ciclo 1
ciclo 2
ciclo 3
0.00
0.0
0.0
0.0
0.60
G 05106
255.5
256.4
256.8
0.90
G 19081
375.3
376.525.
375.9
1.20
G 19081
510.4
507.6
510.0
1.50
G 19081
642.3
639.7
643.2
1.80
G 19081
768.3
765.7
767.1
2.10
G 19081
899.0
895.7
898.0
2.40
G 19081
1030.1
1024.9
1024.2
2.70
G 19081
1148.7
1142.3
1150.3
2.90
G 19081
1250.8
1242.8
1250.8
Media
[N]
Errore relativo
di Ripetibilità
[%]
0.0
256.2
375.9
509.3
641.7
767.0
897.5
1026.4
1147.1
1248.1
0.0
0.5
0.3
0.5
0.6
0.3
0.4
0.6
0.7
0.6
Tabella C.1f – Calirazione della cella B2 tra 0 e 1250 N.
Equazione di Calirazione
F =a⋅x+b
F = N
x = mV
⇒
a = 427.49
158
b = -2.1528
Calibrazione dei trasduttori di forza
Lettura
Letture (strumenti campioni)
(cella) Dinamometro
[N]
[mV/V]
ciclo 1
ciclo 2
ciclo 3
0.00
0.0
0.0
0.0
0.60
G 05106
251.6
251.7
251.3
0.90
G 19081
376.0
378.0
374.4
1.20
G 19081
498.6
502.7
504.1
1.50
G 19081
642.2
632.9
638.6
1.80
G 19081
764.2
762.0
758.5
2.10
G 19081
890.5
896.7
887.8
2.40
G 19081
1015.3
1013.7
1014.1
2.70
G 19081
1135.7
1137.4
1140.6
2.90
G 19081
1228.5
1228.5
1226.7
Media
[N]
Errore relativo
di Ripetibilità
[%]
0.0
251.5
376.1
501.8
637.9
761.6
891.6
1014.4
1137.9
1227.9
0.0
0.2
1.0
1.1
1.5
0.7
1.0
0.2
0.4
0.2
Tabella C.1g – Calirazione della cella B3 tra 0 e 1250 N.
Equazione di Calirazione
F =a⋅x+b
F = N
x = mV
⇒
a = 423.68
b = -2.0718
Lettura
Letture (strumenti campioni)
(cella) Dinamometro
[N]
[mV/V]
ciclo 1
ciclo 2
ciclo 3
0.00
0.0
0.0
0.0
0.60
G 05106
256.4
253.0
253.9
0.90
G 19081
386.4
385.4
387.0
1.20
G 19081
514.3
509.4
509.4
1.50
G 19081
643.6
639.2
639.0
1.80
G 19081
780.7
779.1
778.8
2.10
G 19081
909.5
902.9
905.4
2.40
G 19081
1043.4
1039.0
1034.1
2.70
G 19081
1176.3
1170.5
1167.3
2.90
G 19081
1224.8
1224.6
1224.9
Media
[N]
Errore relativo
di Ripetibilità
[%]
0.0
254.4
386.3
511.0
640.6
779.5
905.9
1038.8
1171.4
1224.7
0.0
1.3
0.4
1.0
0.7
0.2
0.7
0.9
0.8
0.0
Tabella C.1h – Calirazione della cella B4 tra 0 e 1250 N.
Equazione di Calirazione
F =a⋅x+b
F = N
x = mV
⇒
a = 522.23
159
b = -5.9080
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PUBBLICAZIONI INERENTI AL LAVORO DI TESI
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analytical approach for high deformable textiles and tissues. AIMETA 2003, XVI
Congresso dell’Associazione Italiana di Meccanica Teorica e Applicata, 138 (CDROM: memoria 290, pp.1-10).
2.
Quaglini V., Corazza C., and Poggi C., (2004) An integrated optical – analytical
approach for strain measurement on highly deformable textiles. Pappalettere C.
(Ed.) Advances in Experimental Mechanics, McGraw-Hill, Milano (I), 514-515,
(CD-ROM: paper no.242, pp. 1-8).
3.
Corazza C., Quaglini V., and Poggi C., (2005) An optical-analytical approach for
experimental characterization of highly deformable technical textiles. Proceedings
of XXI Conference on Fibrous Materials, 139-141 (CD-ROM: pp. 1-9).
4.
Carvelli V., Corazza C., Poggi C., (2005) Numerical and experimental
investigation of the mechanical behaviour of monofilament technical textiles.
Proceedings of XXI Conference on Fibrous Materials, 136-138 (CD-ROM: pp. 17).
5.
Carvelli V., Corazza C., Poggi C., (2006) Mechanical behaviour of textile
structures: two-scales approach. Proceedings of the 3rd European Conference on
Computational Mechanics (in progress).
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