Caratterizzazione Meccanica di Tessuti Tecnici per Serigrafia: Prove
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Caratterizzazione Meccanica di Tessuti Tecnici per Serigrafia: Prove
Dottorato di Ricerca in Ingegneria dei Materiali Ph.D. Degree in Materials Engineering Carola Corazza Caratterizzazione Meccanica di Tessuti Tecnici per Serigrafia: Prove Sperimentali e Analisi Numeriche Caratterizzazione Meccanica di Tessuti Tecnici per Serigrafia: Prove Sperimentali e Analisi Numeriche Tesi presentata per il conseguimento del titolo di Dottore di Ricerca POLITECNICO DI MILANO Dottorato in Ingegneria dei Materiali – XVIII ciclo di Carola Corazza Aprile, 2006 Dottorato in Ingegneria dei Materiali – XVIII ciclo Politecnico di Milano Coordinatore: Prof. Giuseppe Zerbi Caratterizzazione Meccanica di Tessuti Tecnici per Serigrafia: Prove Sperimentali e Analisi Numeriche Tesi di Dottorato dell’Ing. Carola Corazza Relatore: Prof. Carlo Poggi Correlatore: Prof. Valter Carvelli Prof. Virginio Quaglini Aprile, 2006 La presente Tesi è stata svolta nell’ambito del dottorato di Ingegneria dei Materiali presso il Politecnico di Milano negli anni 2003-2006 grazie al contributo della ditta Saatiprint Spa che ha finanziato la borsa di dottorato. Ringraziamenti Questo lavoro è stato possibile grazie agli sforzi del Prof. Carlo Poggi e dell’Ing. Paolo Fracas per organizzare la collaborazione tra il Politecnico di Milano e la Saatiprint Spa. In primis desidero ringraziare la Saatiprint, ed in particolare Paolo Fracas, Marco Mietta e Raffaele Corvaglia, per l’interessamento ed il supporto fornitomi durante la tesi di dottorato. Un sentito ringraziamento va al Prof. Carlo Poggi che oltre ad aver reso possibile questa esperienza mi ha sempre spronata a migliorare e a vedere al di là dell’immediato. Uno speciale grazie va a Valter Carvelli e Virginio Quaglini che con la loro pazienza e indubbia capacità, nonostante la mia testardaggine, mi hanno sempre aiutata e incoraggiata. Non posso poi tralasciare di ricordare tutte quelle persone che hanno reso questa esperienza molto piacevole e, sebbene non posso elencarle tutte, devo almeno citare Tiziana, Gigi, Paolo, Michela, Carla, Charlotte (anche se per un breve periodo), e per ultima ma prima per importanza Elisabetta. Un grosso pensiero va ai miei genitori, a mio fratello, alle mie nonne, a mia zia Silvana e mio cugino Pietro per la loro fiducia ed il loro amore che so non verrà mai meno. Infine come dimenticarmi della persona che negli ultimi tre anni ha rapito il mio cuore con la sua dolcezza sopportando le mie stranezze e i miei sfoghi (sarà forse per questo che a volte ti senti un vecchietto?) ... grazie per tutto! Carola Milano, Aprile 2006 Facciamo attenzione che la nostra mente non diventi il nostro oggetto di culto; ha certamente un muscolo poderoso, ma non personalità. Albert Einstein Intelligenza non è non commettere errori, ma scoprire subito il modo di trarne profitto. Bertolt Brecht Una macchina può fare il lavoro di cinquanta uomini comuni. Nessuna macchina può fare il lavoro di un uomo eccezionale. Elbert Green Hubbard INDICE Indice ........................................................................................................... i Sommario ................................................................................................... v Summary ..................................................................................................... vii 1 Introduzione .............................................................................................. 1 2 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte .......................... 5 6 6 7 10 11 13 14 16 23 23 24 25 27 27 28 31 2.1 Tessuti tecnici ........................................................................................ 2.1.1 La natura dei tessuti tecnici e le loro applicazioni...................... 2.1.2 Tipi di tessuti tecnici .................................................................. 2.2 La serigrafica ......................................................................................... 2.2.1 Requisiti essenziali di un tessuto per serigrafia .......................... 2.2.2 Tensionamento di un tessuto ...................................................... 2.2.3 Realizzazione della matrice ........................................................ 2.3 Approccio sperimentale ......................................................................... 2.4 Approccio teorico .................................................................................. 2.4.1 Criteri di resistenza della macro-meccanica ............................... 2.4.1.1 Criteri con meccanismi di collasso indipendenti .......... 2.4.1.2 Criteri con interazione dei meccanismi di collasso ...... 2.5 Approccio numerico .............................................................................. 2.5.1 Descrizione geometrica dei tessuti ............................................. 2.5.2 Modelli numerici per i tessuti..................................................... 2.5.3 Metodo di omogeneizzazione..................................................... i 3 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale .............................. 35 3.1 Introduzione .......................................................................................... 3.2 Specifiche di progetto ............................................................................ 3.3 Descrizione dell’apparecchiatura di prova biassiale .............................. 3.3.1 Telaio e Sistema di trasmissione ................................................ 3.3.2 Trasduttori di carico e morsetti................................................... 3.3.2.1 Celle di carico............................................................... 3.3.2.2 Morsetti ....................................................................... 3.3.3 Sistema di misura delle deformazioni......................................... 3.3.4 Azionamenti elettrici .................................................................. 3.3.5 Sistema di condizionamento dei trasduttori................................ 3.4 Calibrazione della macchina di prova.................................................... 3.4.1 Calibrazione delle celle di carico................................................ 3.4.2 Verifica della calibrazione del video-estensometro.................... 36 37 39 41 44 44 47 49 53 55 56 56 59 4 Misure sperimentali e calcolo di sforzi e deformazioni .................. 63 4.1 Definizione delle grandezze cinematiche e statiche............................... 4.2 Valutazione delle componenti di deformazione..................................... 4.2.1 Deformazioni medie e globali .................................................... 4.2.2 Campo di deformazione locale ................................................... 4.3 Valutazione delle componenti di sforzo................................................. 4.4 Discussione ............................................................................................ 64 66 67 69 73 74 5 Esempi di caratterizzazione sperimentali di tessuti tecnici............ 75 5.1 5.2 5.3 5.4 5.5 Introduzione........................................................................................... Parametri geometrici ............................................................................. Coefficiente di attrito dinamico ............................................................. Prove di trazione sul filo........................................................................ Prove di trazione sul tessuto .................................................................. 5.5.1 Metodo di prova ......................................................................... 5.5.1.1 Preparazione dei provini............................................... 5.5.1.2 Procedura di prova........................................................ 5.5.2 Risultati ...................................................................................... 5.5.2.1 Valutazione degli scorrimenti angolari......................... 5.5.2.2 Analisi del campo di deformazione locale.................... 5.5.2.3 Prove uniassiali............................................................. ii 76 77 79 81 84 85 85 88 89 89 92 99 Indice 5.5.2.4 Prove biassiali .............................................................. 110 5.5.2.5 Dominio di resistenza ................................................... 115 5.6 Discussione ............................................................................................ 117 6 Simulazione numerica delle prove sperimentali ............................. 119 6.1 6.2 6.3 6.4 6.5 6.6 Introduzione........................................................................................... Modello geometrico............................................................................... Modello ad elementi finiti (FEM).......................................................... Identificazione del legame costitutivo del materiale.............................. Risultati delle analisi numeriche e validazione del modello .................. Discussione ............................................................................................ 120 121 125 129 131 138 7 Conclusioni ......................................................................................... 139 7.1 Risultati.................................................................................................. 140 7.2 Questioni aperte ..................................................................................... 141 7.3 Sviluppi futuri........................................................................................ 142 Appendice A ....................................................................................... 143 Appendice B ....................................................................................... 149 Appendice C ....................................................................................... 155 Bibliografia .............................................................................................. 161 Pubblicazioni inerenti al lavoro di tesi.................................................. 169 iii SOMMARIO Per tessuti tecnici si intendono quei tessuti dove il valore estetico risulta trascurabile rispetto a quello del comportamento strutturale, ed in questa categoria rientrano molteplici tipi di tessuti, che si differenziano sia per la struttura morfologica (plain weave, twill weave, satin weave, knit, braid) che per la natura chimica delle fibre (nylon, poliestere, carbonio). Le loro applicazioni sono molteplici e vanno dall’utilizzo come materiali per la realizzazione di filtri bomedicali e geotessili, all’impiego come rinforzi strutturali per calcestruzzo, materie plastiche e leghe leggere utilizzati nel campo delle costruzioni e dei trasporti, fino all’utilizzo nella stampa serigrafica. La presente tesi è focalizzata sullo studio della meccanica dei tessuti tecnici, sia dal punto di vista sperimentale che modellistico. I principali risultati conseguiti sono stati: (a) la progettazione di alcuni componenti di un dispositivo di prova biassiale, per la sperimentazione di tali tessuti; (b) la caratterizzazione sperimentale, mediante il dispositivo biassiale messo a punto, del comportamento meccanico dei tessuti, consistente nella misura dei parametri della matrice di rigidezza elastica e nella determinazione del dominio di resistenza; (c) la realizzazione di un modello numerico ad elementi finiti tridimensionale in grado di simulare il comportamento meccanico del tessuto e, la sua validazione con le corrispondenti curve sforzo-deformazione sperimentali. Nel Capitolo 1 sono definiti l’obiettivo generale della tesi, le sue motivazioni e la modalità con cui questo obiettivo è stato perseguito. Il Capitolo 2 contiene una breve panoramica delle caratteristiche e possibili applicazioni dei tessuti tecnici ed in particolare di quelli a maglia semplice (plain weave). In seguito è descritta la tecnica serigrafica, focalizzando l’attenzione sulla realizzazione dei quadri serigrafici ed evidenziando le specifiche richieste ai tessuti. Infine è fornita un’analisi della letteratura tecnica relativa ai diversi metodi di analisi, che mostra l’esigenza di una interazione tra prove sperimentali e analisi numeriche. Il Capitolo 3 è dedicato alla descrizione del sistema di prova biassiale messo a punto nella presente tesi per la caratterizzazione di tessuti tessili. Dopo aver definito le specifiche di progetto, sono descritti i singoli componenti del sistema, le soluzioni progettuali adottate, e la loro funzione rispetto al soddisfacimento delle specifiche. Un maggior dettaglio è riservato alla descrizione dei trasduttori di carico, degli afferraggi e del trasduttore di deformazione (videoestensometro) che sono stati realizzati “su misura” per soddisfare specifiche richieste. v Il Capitolo 4 è dedicato alla descrizione dei metodi teorici utilizzati per l’interpretazione delle misure ottenute nelle prove uniassiali e biassiali. Inizialmente viene presentato l’approccio Lagrangiano utilizzato per l’analisi delle prove su provini planari. Successivamente si passa ad illustrare come le definizioni di sforzo e deformazione vengano utilizzate per calcolare le grandezze cinematiche e statiche a partire dai dati sperimentali; in particolare si mostra come è possibile ricavare dalle registrazioni del videoestensometro l’intero campo delle deformazione di GreenLagrange e dalle misure delle forze registrate dalle celle di carico le componenti di sforzo di Piola-Kirchoff. Il Capitolo 5 è focalizzato sugli esperimenti effettuati sui due campioni di tessuto tecnico monofilamento a maglia semplice con fili in poliestere utilizzati per serigrafia. Da prima si sono investigate le proprietà geometriche e meccaniche dei fili costituenti i tessuti, e successivamente si è definita una procedura sperimentale, comprendente prove di trazione uniassiali e biassiali sotto un’ampia combinazione di sforzi e/o deformazioni per misurare le proprietà elastiche e a rottura dei tessuti. I risultati degli esperimenti sono presentati e discussi. Nel Capitolo 6 è sviluppato un modello numerico ad elementi finiti tridimensionale atto a predire il comportamento meccanico di tessuti a maglia semplice. L'assunzione di una regolare distribuzione dei fili ha permesso di sfruttare la teoria dell'omogeneizzazione per mezzi periodici e di eseguire le analisi numeriche su un volume rappresentativo. Il modello è stato quindi applicato alla descrizione del comportamento sforzo-deformazione dei tessuti per serigrafia investigati nel Capitolo 5. Come dati d'ingresso si sono utilizzati i dati relativi alla geometria della maglia e al comportamento meccanico uniassiale dei fili. Dopo aver convalidato il modello numerico tramite il confronto delle curve sforzo-deformazione ottenute dalle simulazioni con le corrispondenti curve sperimentali, questo modello è stato applicato allo studio del comportamento di due tessuti tecnici utilizzati per serigrafia. Il Capitolo 7 riassume i risultati e le innovazioni essenziali del presente lavoro. In aggiunta discute i punti di forza e le limitazioni del modello numerico. Infine sono identificate le aree di ricerca futura. vi SUMMARY “Technical textiles” is the expression used to describe those textiles where the aesthetic value turn out negligible compared to that of the structural behaviour, and in this category are included several types of tissues, which differ for both morphologic structure (plain weave, twill weave, satin weave, knit, braid) and fiber chemical composition (nylon, polyester, carbon). Their applications are multiple and go from the use as materials for the realization of biomedical and geotextile filters, to the employment as structural reinforcements for concrete, plastics and light alloys used in the constructions and transports fields, up to the use in screen printing. In this work the analysis of the mechanical properties of technical textiles has been carried out by means of two different methodologies: experimental and numerical. The most important results achieved are: (a) the design of some components of a biaxial testing machine for the experimental investigation of such textiles; (b) the experimental characterization, by means of the biaxial device developed, of the mechanical behavior of the textiles, focused on the measure of the parameters of the elastic stiffness matrix and on the determination of the failure envelope; (c) the realization of a three-dimensional numerical model to simulate the mechanical behavior of the textile and its validation by means of the corresponding stressstrain experimental curves. In Chapter 1 the general scope of the thesis, its motivations and the description of the work program are presented. Chapter 2 presents a brief overview of the characteristics and possible applications of technical textiles and in particular of plain weave ones. Following, the screen printing technique is described, focusing the attention on the preparation of the frames and enlightening the requirements for the textiles. Finally, a review of the technical literature concerning the different methods of analysis is supplied and discussed, which highlights the need for a strict interaction between experimental tests and numerical analyses. Chapter 3 is focused on the description of the biaxial testing device developed in this thesis for the characterization of technical textiles. After the drawing of specifications, the individual components of the device, the adopted design solutions, and their functions with respect to the fulfillment of the specifications are described. Particular attention is paid to the description of the load cells, the fixtures and the strain transducer (video-extensometer) which have been designed on a customized basis for this specific application. vii Chapter 4 is dedicated to the description of the theoretical methods used for the interpretation of the measures obtained with the uniaxial and biaxial tests. The Lagrangean framework used for the analysis of test data for planar membranes is presented first. Then it is illustrated how the stress and strain definitions are used to calculate the cinematic and static quantities from the experimental data; in particular it is shown how it is possible to obtain the full Green-Lagrange strain field from the video-extensometer recordings and the components of Piola-Kirchoff stresses from the forces measured by the load cells. Chapter 5 is focused onto experiments carried out on two monofilament plain weave textiles made of polyester fibers for screen-printing applications. Firstly the geometric and mechanical properties of the fibers constituent the textiles are investigated., and afterwards an experimental procedure, consisting of uniaxial and biaxial tensile tests under a wide combination of stresses and/or strains to measure the elastic propriety and failure of textiles, has been defined. The experimental results are then introduced and discussed. In Chapter 6 a three-dimensional finite element numerical model is developed to predict the mechanical behaviour of plain weave. The assumption of a regular distribution of the fibers allowed to exploit the theoretical concepts of the homogenization theory for periodic media and to execute the numerical analyses on a representative volume. Therefore the model has been applied to the stress-strain behaviour description of the textiles for screen-printing investigated in Chapter 5. As input parameters, the data relevant to mesh geometry and fibers uniaxial mechanical behaviour are used. After having validated the numerical model comparing the stressstrain curves obtained by simulations with the experimental observations, this model has been applied to the study of the behaviour of two technical textiles used for screenprinting. In Chapter 7 the results and the essential innovations of the present work are summarized. Additionally the goals and the limitations of the numerical model are discussed. Finally, areas of future research are identified. viii CAPITOLO 1 INTRODUZIONE L’impiego delle fibre di poliestere, vetro e carbonio sta aumentando in modo esponenziale nelle applicazioni tessili, civili, militari, automobilistiche e aeronautiche, grazie alla loro capacità di coniugare elevata resistenza e rigidezza con limitato peso. Queste fibre vengono utilizzate generalmente sotto forma di tessuti tecnici, tessuti dove il valore estetico risulta trascurabile rispetto a quello del comportamento strutturale. I tessuti tecnici si suddividono in tessuti ad elevata rigidezza (quali pannelli in fibra di carbonio impiegati come rinforzi in strutture portanti), e tessuti a bassa rigidezza, (quali quelli in fibre di poliestere utilizzati in serigrafia, dove l’inchiostro viene fatto passare attraverso le maglie del tessuto); questi ultimi saranno l’oggetto dello studio di questa tesi. La meccanica dei tessuti a fibra può essere affrontata secondo tre diverse scale di dettaglio geometrico. Alla scala macroscopica, per effetto della distribuzione regolare dei fili, il tessuto può essere studiato come un mezzo continuo; le analisi ad elementi finiti e in particolare le simulazioni dei processi di forma, sono fatte a questa scala. Ad una scala intermedia (mesoscopica), sono studiate le iterazioni tra i diversi fili. Infine ad una scala microscopica è studiato dal punto di vista morfologico e meccanico il singolo filo. La determinazione del comportamento meccanico dei tessuti tramite simulazioni numeriche risulta fondamentale per le diverse applicazioni, poiché queste permettono sia di evitare la realizzazione di prototipi, riducendo quindi costi e tempi, che di stimare la variazione della geometria del modello numerico ai diversi livelli di deformazione e/o carico. L’oggetto della presente tesi consiste nello sviluppo di strumenti e metodi per la caratterizzazione di tessuti tecnici ad alta deformabilità sia dal punto di vista sperimentale che numerico. Il primo obiettivo consiste nello sviluppo di strumenti che permettano la caratterizzazione meccanica del comportamento elastico e del dominio di resistenza biassiale dei tessuti planari. 1 Capitolo 1 Il secondo obiettivo consiste nella caratterizzazione meccanica di tessuti a maglia semplice; in particolare si vogliono determinare i parametri della matrice di rigidezza elastica ed il dominio di resistenza attraverso prove eseguite su un dispositivo biassiale secondo un protocollo sperimentale che consenta di misurare le proprietà di un materiale ortotropo sotto un ampio intervallo di sforzi e/o deformazioni. Il terzo obiettivo è la realizzazione e validazione di un modello numerico tridimensionale per predire il comportamento elastico dei tessuti a maglia semplice, e la sua applicazione pratica al caso dei tessuti per serigrafia per la determinazione della deformazione della cella elementare, quando questo è tensionato sul quadro serigrafico. La prima parte della tesi è dedicata ad una panoramica della letteratura scientifica e tecnica relativa ai tessuti tecnici. Dopo aver definito tali tessuti, viene presentata un’analisi critica dello stato dell’arte relativa sia alla sperimentazione che allo studio con modelli numerici della loro meccanica. È anche presentata una breve descrizione della tecnica serigrafica, basata sull’impiego di tessuti tecnici a bassa rigidezza. La seconda parte della tesi è dedicata alla progettazione e realizzazione di alcuni componenti di un dispositivo di prova biassiale per la caratterizzazione meccanica di tessuti tecnici a bassa rigidezza e resistenza. Nello specifico sono stati disegnati e realizzati gli afferraggi e il trasduttore di forza, ed è stato messo a punto un metodo di misura delle deformazioni con riprese video. La messa a punto della procedura sperimentale si è focalizzata su diversi aspetti, riguardanti sia l’ottimizzazione del provino che del protocollo di prova. I risultati delle prove sperimentali, uniassiali e biassiali, vengono analizzati sia mediante un approccio “globale”, basato sulle misure di spostamento di alcuni markers, che un approccio “locale”, in cui si esegue, mediante funzioni di interpolazione, una ricostruzione dell’intero campo di spostamento nella regione centrale del provino; questo ultimo approccio consente di evidenziare non-uniformità nella distribuzione o presenza di scorrimenti angolari ed è quindi di notevole interesse per la caratterizzazione di materiali eterogenei a fibre. I due approcci, “globale” e “locale”, per l’analisi dei risultati sono messi a punto in modo da calcolare le grandezze statiche e cinematiche nel provino tenendo presente le elevate deformazioni subite dal tessuto. Sono così definiti algoritmi per calcolare le componenti del tensore di deformazione di Green-Lagrange e quelle del tensore di sforzo di Piola-Kirchoff a partire dai dati acquisiti, la posizione dei markers nel tempo e la forza applicata. Nella terza parte vengono presentati due esempi di caratterizzazione meccanica relativi a due tessuti a maglia semplice a fibre di poliestere, impiegati in campo serigrafico. Da prima si sono misurati i parametri geometrici dei tessuti e delle fibre costituenti. Successivamente, dopo aver verificato l’uniformità del campo di spostamento nella zona di misura, sono state eseguite prove di trazione uniassiali e biassiali e i dati ricavati dalle prove sono utilizzati per determinare i parametri della matrice di rigidezza elastica e il dominio di resistenza mediante il criterio di Massimo Sforzo e il criterio di Tsai-Hill. 2 Introduzione La quarta parte del lavoro ha riguardato l’implementazione, su un software commerciale, di un modello numerico a livello di mesoscala, per predire il comportamento elastico dei tessuti. Il modello comprende una cella elementare del tessuto (volume rappresentativo) costruita utilizzando come dati di ingresso la geometria della maglia e le proprietà meccaniche delle fibre costituenti valutati in precedenza. Il modello è stato valicato utilizzando i risultati delle prove eseguite sui tessuti. Viene quindi mostrata una possibile applicazione tecnica del modello relativa al campo serigrafico, attraverso la determinazione della variazione di geometria della cella elementare ai diversi livelli di deformazione o carico, quando il tessuto viene tensionato sul quadro serigrafico. In ultimo sono tratte le conclusioni finali del lavoro e sono fornite indicazioni per le indagini future. Questo lavoro è stato intrapreso presso il Dipartimento di Ingegneria Strutturale (DIS) del Politecnico di Milano, nel quadro di un Progetto di Ricerca intitolato “il comportamento meccanico di tessuti tecnici per applicazioni serigrafiche”, tra il Dipartimento di Ingegneria Strutturale e la Saatiprint Spa (Appiano Gentile, Italia). Un certo numero di articoli scientifici sono stati prodotti nell’ambito del lavoro condotto in questo progetto. 3 CAPITOLO 2 CARATTERIZZAZIONE DI TESSUTI TECNICI: STATO DELL’ARTE In questo capitolo, la letteratura pertinente ai tessuti tecnici, ed in particolare modo la previsione delle loro proprietà meccaniche, è presa in esame per identificare i punti deboli dei correnti metodi ed esplorare i potenziali itinerari che permettano di superare alcune delle limitazioni individuate. Poiché il lavoro di questa tesi è focalizzato sui tessuti tecnici piani (plain weave) utilizzati in campo serigrafico, sono qui discussi in particolare: • le caratteristiche e le applicazioni dei tessuti tecnici; • la tecnica serigrafica e le specifiche richieste ai tessuti; • lo stato degli esperimenti uniassiali e biassiali sui tessuti tecnici; • i criteri di resistenza per i tessuti sottoposti ad uno stato di sforzo piano; • i metodi correnti per la predizione delle proprietà elastiche e dello sforzo a rottura dei tessuti. 5 Capitolo 2 2.1. Tessuti Tecnici 2.1.1. La natura dei tessuti tecnici e le loro applicazioni I tessuti tecnici sono utilizzati in applicazioni dove il valore estetico-stilistico è trascurabile rispetto a quello del comportamento strutturale, ovvero alla rispondenza a precisi valori di alcuni parametri meccanici; si tratta quindi di prodotti dove il quadro tecnico tecnologico (prove, standard, certificazione, ecc.) è più importante rispetto a quello estetico-visivo. Si possono rappresentare i tessuti tecnici come un sistema fortemente condizionato da: • le materie prime, • i processi utilizzati per realizzare i prodotti, • le applicazioni dei prodotti stessi. Spesso per la loro classificazione viene fatto riferimento soprattutto alle fibre tessili impiegate (naturali, sintetiche, artificiali, inorganiche, metalliche, ecc.). Le fibre tradizionali, e quelle naturali in particolare, hanno degli impieghi, anche se tecnici, meno innovativi e più consolidati. Nei tessili tecnici le fibre naturali hanno un impiego più contenuto se non addirittura marginale e non se ne prevede un incremento. Le fibre fatte dall'uomo hanno invece un potenziale di crescita maggiore, perché è possibile conferire a queste caratteristiche sempre più adeguate alle esigenze delle specifiche applicazioni. Le fibre tecniche sono progettate e realizzate per fornire prestazioni che le fibre tessili tradizionali non sono in grado di dare. Si caratterizzano principalmente per i loro elevati livelli di resistenza alle sollecitazioni meccaniche, alla fiamma e agli agenti chimici. In termini generali si possono distinguere due gruppi di fibre tecniche: 1. il primo comprende le fibre ottenute da quelle standard attraverso modificazioni del processo produttivo o della composizione polimerica, che comunque non pongono la fibra ottenuta in una classe diversa da quella della fibra di partenza (ad esempio il poliestere comprende sia la versione standard che le versioni "tecniche" ad alta tenacità). 2. il secondo accoglie fibre specificamente studiate e realizzate per fornire prestazioni di alto o altissimo livello, di interesse per impieghi industriali. La tipologia di fibre tecniche di questo gruppo è piuttosto ampia e in notevole evoluzione. Si può confermare che il principale punto di forza delle fibre chimiche e in particolare delle sintetiche, è quello di poterne (con opportuna progettazione) variare le caratteristiche entro campi molto vasti. Le fibre più utilizzate nella produzione dei tessili tecnici sono le sintetiche (poliestere, poliammidiche, poliolefiniche…) che sono in tutto analoghe a quelle impiegate nel tessile per abbigliamento, magari nelle versioni ad alta resistenza e ad alto modulo. Le fibre ad altissime prestazioni o con prestazioni eccezionali, hanno un ruolo ancora marginale, in termini quantitativi, ma caratterizzano proprio le applicazioni di punta e le più innovative. In particolare si tratta delle fibre inorganiche (carbonio, vetro, ceramica) delle aramidiche e delle metalliche. 6 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte A causa della loro alta rigidezza e resistenza specifica, i tessuti tecnici trovano molteplici applicazioni in campo industriale, geotessile (impermeabilizzazioni e protezioni contro l'erosione da vento, da sabbia), medico (filtri per dialisi, membrana per ossigenatori), e serigrafico. Altre applicazioni notevoli di ingegneria includono quelle militari (elmetti, giubbotti mimetici) e dei trasporti (vele, involucri protettivi per veicoli aerei, marittimi e terrestri). 2.1.2. Tipi di tessuti tecnici L'obiettivo del presente lavoro è focalizzato sui rinforzi tessili che sono in grado di adattarsi facilmente alla forma dello stampo e di offrire proprietà meccaniche eccellenti quando le fibre sono disposte parallelemente alla direzione di carico. I costituenti dei tessuti possono essere prodotti usando differenti processi di produzione. Questa sezione fornisce una descrizione delle differenti architetture dei tessuti d'uso comune per fornire una premessa agli approcci richiesti per caratterizzare il comportamento meccanico di ciascuna forma. I tessuti a maglia (woven textile) sono prodotti con varie forme di intreccio, ed alcuni esempi sono mostrati in Figura 2.1. Le fibre esibiscono curvature, cioè seguono un percorso onduleggiante; è accettato generalmente che la presenza della piegatura riduce le prestazioni meccaniche. Le differenti forme di intreccio dei tessuti esibiscono caratteristiche differenti; per esempio, i tessuti semplici (plain weave) sono i più facili da maneggiare anche se esibiscono un elevata ondulazione e sono meno conformabili. In opposizione, un tessuto raso (satin weave) richiede un maneggiamento più attento dovuto ad un livello più basso di intreccio, anche se consente un'elevata deformazione durante la produzione ed esibisce una bassa ondulazione. a) tessitura plain b) tessitura twill c) tessitura satin Figura 2.1 – Differenti tipi di intrecci dei tessuti a maglia. I tessuti weft-knitted consistono in fasci che sono collegati insieme come illustrato in Figura 2.2. Questi tessuti presentano i vantaggi di poter essere usati per realizzare semilavorati prossimi ad una forma a rete e di migliorare significativamente la resistenza all'urto e la tolleranza al danneggiamento dei componenti, ma le proprietà meccaniche non risultano elevare a causa delle concentrazioni di sforzo dovute alla 7 Capitolo 2 geometria. [Rudd et al., 1990] hanno concluso che le proprietà meccaniche, ed in particolare la resistenza, ottenute usando i tessuti weft-knitted sono più basse di quelle ottenute usando come rinforzo un filamento continuo disposto casualmente con la stessa frazione del volume della fibra. Figura 2.2 – Illustrazione schematica di un tessuto lavorato in direzione trama (weft-knitted fabric). I tessuti non-tessuti (NCF) sono prodotti disponendo i fasci agli orientamenti richiesti in strati discreti e cucendo questi insieme usando un filo di poliestere leggero. Un'illustrazione schematica di un NCF è indicata in Figura 2.3, dove il termine warpknitted si riferisce al metodo di cucitura. Questi rinforzi generalmente offrono proprietà meccaniche superiori a quelle dei tessuti intessuti vista la mancanza di intrecci [Piggott, 1995], poiché l'ondulazione della fibra è collegata con una riduzione sia della rigidezza che della resistenza nel piano [Piggott, 1995], [Fisher et al., 2003]. Figura 2.3 – Illustrazione schematica di un tessuto non-tessuto lavorato in direzione ordito (warp-knitted). Esistono infine altri, più particolari, tessuti rinforzati, comprendenti maglie 3D e strutture 3D intrecciate (Figura 2.4), il cui processo di intrecciatura 3D può essere usato per produrre semilavorati a forma di rete per strutture composite spesse [Wang e Wang, 1995]. Questi rinforzi però si trovano oltre la portata del lavoro attuale, che è indirizzato verso tessuti 2D tradizionali. 8 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte Figura 2.4 – Illustrazione schematica (a) di un tessuto a maglia 3D e (b) di un processo di intreccio. 9 Capitolo 2 2.2. La serigrafia Diversamente da altri processi nei quali l'inchiostro è trasferibile dall'originale direttamente sul supporto, la serigrafia consiste nel far passare un inchiostro, avente specifiche caratteristiche, attraverso una matrice. Il quadro è composto da una struttura esterna rigida, la cornice, sulla quale è ben teso il tessuto serigrafico che porta il disegno, creato per mezzo di speciali film fotografici o foto emulsioni (Figura 2.5). Figura 2.5 – Stampa serigrafica piana; cornice o telaio (a), matrice (b), racla (c), inchiostro (d), fuori contatto (e), materiale da stampare (f). La tecnica serigrafica è perciò utilizzata ogni qualvolta si voglia avere una stampa di buona qualità; gli oggetti sui quali è possibile impiegare questa tecnica di stampa variano molto sia per quanto concerne le dimensioni (da qualche millimetro a qualche metro) che il materiale (plastica, carta, acciaio) (Figura 2.6). Figura 2.6 – Stampa serigrafica piana: (a) cartelloni pubblicitari, (b) calendari, (c) CD. 10 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte 2.2.1. Requisiti essenziali di un tessuto per serigrafia La stampa serigrafica è subordinata ad una serie di componenti dei quali il tessuto, intimamente collegato agli altri elementi, costituisce il fattore di maggiore influenza sulla qualità di stampa. La maggior parte dei tessuti usati in serigrafia sono tessuti sintetici realizzati in filo di poliestere o di nylon. Questi inoltre si differenziano sia per le diverse strutture morfologiche (per esempio twill e plain, vedi Figura 2.7) sia per l’intreccio che può avvenire con singolo filo o più fili (Figura 2.8). Figura 2.7 – Struttura del tessuto a twill (a) e plain (b). Figura 2.8 – Tessuto monofilo (a) e multifilo (b). Le caratteristiche generali che un tessuto di elevata qualità deve possedere sono: 9 tessitura uniforme; 9 alta resistenza all'abrasione che permette di sopportare le sollecitazioni meccaniche e chimiche presenti durante la fase di stampa; 9 elevata resistenza alla trazione per sostenere, soprattutto, le sollecitazioni collegate alla preparazione del quadro di stampa; 9 resistenza ai prodotti chimici che compongono gli inchiostri, i solventi e gli agenti chimici; 9 buona adesione ai sistemi di emulsione fotosensibili; 9 tessitura, numero dei fili, apertura della maglia e spessore del tessuto, funzionali al tipo e alla qualità del tessuto da stampare. 11 Capitolo 2 Un tessuto è caratterizzato da: i. natura del filo; ii. numero di fili per centimetro; iii. diametro dei fili; iv. struttura della tessitura. A causa della forte influenza del tessuto sulla stampa è fondamentale avere una conoscenza approfondita delle caratteristiche del tessuto. Il numero di fili per centimetro e il diametro dei fili sono mutuamente correlati; difatti normalmente aumentando il numero di fili diminuisce il loro diametro. L'apertura della maglia solitamente è espressa o come spazio tra due fili paralleli e adiacenti tra loro, o come percentuale di superficie libera (rapporto tra la superficie occupata dai fili e l'area aperta) (Figura 2.9); la percentuale di superficie libera e la misura lineare dell'apertura della maglia sono quindi direttamente influenzate dal numero e dal diametro dei fili. 120.34 120.34 120.40 120.40 (a) (b) Figura 2.9 – Misura lineare dell'apertura (a) e percentuale di superficie libera (b) di due tessuti monofilo con 120 fili per centimetro e diametro del filo di 34 e 40 μm. Il deposito e il consumo d'inchiostro aumentano accrescendo la superficie libera della maglia, mentre la definizione di stampa diminuisce: si rende quindi necessario ricorrere ad un compromesso tra questi. Un altro parametro essenziale nella valutazione di un tessuto è la sua sezione specifica, ottenibile moltiplicando la sezione del filo per il numero di fili al centimetro. Il grafico di Figura 2.10 mostra un insieme di valori della sezione specifica per diversi tessuti a maglia semplice; come si può osservare, generalmente, aumentando il diametro aumenta la sezione specifica e questo ovviamente permette, a parità di materiale, l’applicazione di carichi maggiori. Infine nella scelta del tessuto occorre infine tener ben presente anche il fattore economico; per esempio, un tessuto con un alto numero di fili per centimetro ha un costo maggiore di un tessuto con un basso numero di fili. 12 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte 2 mm /cm SEZIONE SPECIFICA Tessuto monofilo in poliestere 0.30 0.25 0.20 0.15 0.10 0.05 0.00 180.27 140.31 120.34 150.34 90.48 62.64 49.80 Figura 2.10 – Valori della sezione specifica per diversi tessuti a maglia semplice. Ogni tessuto è individuato da due numeri: il primo numero indica i fili per centimetro, il secondo il diametro del filo in μm. 2.2.2. Tensionamento di un tessuto Una volta realizzato, il tessuto, preteso mediante l’uso di pinze pneumatiche o meccaniche, viene posizionato ed incollato su una cornice di metallo (Figura 2.11). Poiché la tensione di un tessuto influenza il passaggio dell’inchiostro, il suo consumo, la velocità di stampa e la forza necessaria per far passare l’inchiostro, è indispensabile imporre una corretta tensione. Figura 2.11 –Realizzazione di un quadro serigrafico. 13 Capitolo 2 I requisiti essenziali a cui si deve soddisfare un quadro sono: 9 tensione uniforme del tessuto su tutta l’area del quadro; 9 mantenimento del parallelismo tra i fili con il mantenimento di un angolo di 90° nei punti di intersezione (Figura 2.12); 9 tensione sufficientemente alta per permettere di mantenere un opportuno distacco dal supporto stampato dopo il passaggio della racla. ordito warp weft trama Figura 2.12 –Geometria ideale del tessuto. 2.2.3. Realizzazione della matrice Trasferire su un supporto un’immagine che sia la perfetta riproduzione del suo originale, è la sfida di sempre di ogni stampatore, qualunque sia la tecnica di stampa. La stampa serigrafica, a differenza di altri processi di stampa, si sviluppa su due piani: verticale e orizzontale. L’inchiostro è prima di tutto premuto attraverso il tessuto, e questa è la dimensione verticale, e poi diffuso lateralmente fino al bordo della matrice, e questa è la dimensione orizzontale (Figura 2.13). 14 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte INCHIOSTRO A = TESSUTO B = MATRICE Figura 2.13 – Passaggio dell’inchiostro tra le maglie del tessuto. Gli obiettivi più importanti da raggiungere per ottenere una stampa di alta qualità sono: I. la parte inferiore della matrice deve formare un contatto perfetto con il supporto da stampare, e viceversa; II. il profilo del bordo della matrice deve essere nitido, preciso e sporgere leggermente dalla superficie del tessuto. Se queste due condizioni sono presenti, si può ottenere una buona qualità di stampa. Da prima viene applicata in modo uniforme sul tessuto, mediante l’uso di macchine automatizzate e programmabili, un’emulsione (organica o inorganica) miscelata con sali sensibilizzanti (Figura 2.14a); il successivo indurimento dell’emulsione (insolubilità all’acqua) avviene mediante un sistema fotosensibile, costituito da un processo fotomeccanico per mezzo del quale la reazione fotochimica di sostanze sensibili alla luce ultravioletta (con una specifica lunghezza d’onda) forma la matrice (Figura 2.14b). (a) (b) Figura 2.14 –Fasi della realizzazione della matrice: applicazione dell’emulsione (a) e indurimento mediante esposizione alla luce ultravioletta (b). 15 Capitolo 2 2.3. Approccio Sperimentale I problemi comunemente incontrati nella sperimentazione di tessuti tecnici includono la struttura e composizione eterogenea e la difficoltà nell’applicazione di forze costanti lungo i bordi del provino. In aggiunta risultano essere rilevanti i problemi relativi all’omogeneità della deformazione nel provino e alla sua misura sperimentale, legati alla elevata deformabilità del tessuto che non permette l’utilizzo di strain-gauges o estensometri; per evitare disturbi meccanici sono comunemente usati metodi ottici senza contatto, che includono analizzatori video dimensionali (VDA) e videocamere CCD utilizzate per seguire particelle posizionate nella regione centrale del provino, [Yin et al., 1972] e [Sacks e Choung, 1998]. L'indagine sperimentale sui tessuti a fibra è stata realizzata principalmente usando provini caricati uniassialmente. L’impossibilità, data la presenza di fibre, di realizzare provini a “osso di cane” ha portato ad analizzare diverse modalità di connessione tra tessuto e afferraggi per evitare una rottura al di fuori del tratto utile; in particolare in [D’Amato, 2002] per connettere il provino agli afferraggi sono stati interposti più tabs variando così gradualmente lo spessore del provino e quindi evitando concentrazioni di sforzo (Figura 2.15). Figura 2.15 – Geometria di un provino con più tabs incollati alle estremità. Tuttavia, nelle applicazioni reali, i tessuti sono caricati spesso in più direzioni (vedi per esempio la realizzazione di quadri serigrafici). Di conseguenza, l'indagine sperimentale su questi materiali dovrebbe prendere in considerazione anche delle prove biassiali. L’apparecchiatura per le prove biassiali planari è più complessa rispetto a quella per le prove uniassiali, a causa della necessità di controllare due condizioni al contorno; in particolare i lati del provino devono poter essere liberi di espandersi e contrarsi nella direzione trasversale, e nella regione centrale di misura gli stati di sforzo e di deformazione devono essere uniformi così che l’analisi dei dati possa essere sufficientemente semplificata. La regione di misura deve essere piccola e localizzata lontana dai bordi del provino per evitare gli effetti generati dagli afferraggi. Negli ultimi anni alcuni ricercatori,[Liu, 2004], [Peng et al., 2004], [Green et al., 2004], [Wu et al., 2005] e [Lomov et al., 2005] hanno sviluppato macchine di prova biassiale 16 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte planare per tessuti. Green ha realizzato un dispositivo biassiale (Figura 2.16a) costituito da un telaio a croce disposto su un piano orizzontale con quattro martinetti idraulici e due azionamenti, uno per ogni asse di carico (per mantenere il provino al centro del dispositivo), controllati indipendentemente da un sistema di controllo a circuito chiuso elettro-idraulico (consente di eseguire prove sia in controllo di forza che di spostamento). Un dispositivo simile è quello realizzato da Lomov (Figura 2.16b) che però presenta un sistema di afferraggio costituito da quattro pinze su ogni traversa al fine di consentire le libere rotazioni. Il dispositivo realizzato da Wu si differenza dagli altri poiché costituito da tre assi (Figura 2.16c), con uno spostamento sincrono delle traverse sullo stesso asse e con un sistema digitale di controllo PID. (a) (b) (c) Figura 2.16 – Dispositivi di prova biassiale realizzati da (a) Green, (b) Lomov e (c) Wu. Molteplici sono gli studi condotti per ottenere provini con una geometria ottimale cruciforme (Figura 2.17), tali da evitare una rottura prematura nei bracci e da avere una regione centrale biassialmente caricata con sforzo e deformazione uniforme. 17 Capitolo 2 Figura 2.17 – Provino con geometria cruciforme. [Welsh e Adams, 2002] hanno analizzato differenti configurazioni geometriche ottenute variando sia il raggio di raccordo tra i bracci e la zona centrale che la forma (quadrata e circolare) della zona centrale (Figura 2.18), arrivando a concludere che è desiderabile realizzare provini cruciformi con forma centrale quadrata e un ampio raggio di raccordo. Figura 2.18 – Particolare della zona centrale del provino cruciforme: forma (a) rotonda e (b) quadrata. [Smits et al., 2004] e [Geiger et al., 2005] hanno eseguito simulazioni agli elementi finiti congiuntamente ad esperimenti su provini cruciformi con geometrie differenti (Figura 2.19), stabilendo che la geometria ideale è quella avente uno spessore ridotto nella regione centrale congiuntamente ad un raggio d'arrotondamento tra i bracci. Geiger ha inoltre affermato che un ulteriore miglioramento della distribuzione dello sforzo nella regione centrale può essere ottenuta realizzando in essa dei piccoli fori (Figura 2.19d). 18 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte Figura 2.19 – Distribuzione degli sforzi calcolata per differenti geometrie dei provini. Altri studi biassiali, tra i quali quelli di [Li uet al., 2004] e [Lomov, 2005], sono stati condotti per ottenere i dati di sforzo e deformazione sotto stati di carico multipli definendo protocolli di prova appositi. I protocolli prevedono di mantenere rapporti costanti di sforzo e deformazione durante ogni prova, con un numero sufficiente di prove e scelte di rapporti tali da coprire completamente il piano E11- E22 o S11- S22. Questi studi hanno messo in evidenza che il comportamento del tessuto lungo ciascuno dei due assi di simmetria dipende dalla sollecitazione o dalla deformazione applicata nella direzione trasversale: questo fenomeno è detto accoppiamento assiale (axial coupling). Un discorso a parte va infine fatto per la misura delle proprietà a taglio dei tessuti a fibre. Un'alternativa alla prova di Iosipescu, non effettuabile sui tessuti secchi (privi di matrice), è la prova di trazione off-axis a 10°, proposta da [Chamis e da Sinclair, 1977], in cui un campione composito unidirezionale è preparato con le fibre ad un angolo di 10° rispetto all'asse di carico. Uno dei problemi più frequentemente segnalati con la prova di fuori-asse 10° è che, a causa della natura non simmetrica del campione, l’applicazione di un carico di trazione introduce una deformazione di flessione nel piano del campione (Figura 2.20). Per superare questo problema, alcuni ricercatori hanno suggerito l'uso di afferraggi che sono liberi di ruotare [Chang et al., 1984] e [Pondera e Herakovich, 1986], mentre altri hanno suggerito l'uso di provini con linguette (tabs) specificatamente progettate per permettere una deformazione omogenea lungo tutta la lunghezza del provino [Sun e Berrete, 1988 ], [Sun e Chung, 1993], [Pierron e Vautrin, 1996] e [Pierron et al., 1998]. 19 Capitolo 2 Figura 2.20 - Influenza delle contrazioni alle estremità del provino in una prova di trazione off-axis. Sun e Chung hanno suggerito che l'uso di tabs rigidi incollati all'estremità, tagliati in modo che il bordo dei tabs sia ad angolo φ rispetto alla direzione di carico, rimuoverebbe il momento flettente imposto dagli afferraggi normali. Per verificare questo, gli autori hanno realizzato sia l'analisi ad elementi finiti che la verifica sperimentale con un certo numero di estensimetri, indicanti che il campo di sforzo è molto vicino ad essere uniforme quando sono usati i tabs obliqui, contrariamente al campo non omogeneo di sforzo osservato con tabs rettangolari. Risultati analoghi sono stati trovati da [Kawai, 1997] e [Morozov e Vasiliev, 2003] per quanto concerne la determinazione del modulo a taglio effettuando prove di trazione off-axis a 45°. Se numerose sono le pubblicazioni relative allo studio delle proprietà a taglio ottenute tramite prove uniassiali, scarse sono quelle ottenute da prove biassiali. Questo è dovuto all’incapacità di molte macchine biassiali di indurre uno stato di taglio nel piano a causa dei costi e della complessità aggiuntivi. Nella tipica prova meccanica biassiale planare, i provini sono montati con gli assi di simmetria, se presenti, allineati agli assi della macchina e soggetti a ampi stati di sforzo e deformazione uniformi in ciascuna direzione. Per indurre deformazioni di taglio negli esperimenti biassiali, il sistema di prova deve essere invece capace di applicare un sistema di spostamenti non uniforme lungo ciascun lato del provino ed in particolare deve consentire libere rotazioni di tali lati. [Peng et al, 2004] e [Liu et al., 2005] hanno preso in considerazione due diversi set-up per le prove biassiali a taglio (Figura 2.21): il set-up I con provino avente forma quadrata (Figura 2.21a) ed il set-up II con provino cruciforme (Figura 2.21b). Dalle prove effettuate col dispositivo di Figura 2.22a, essi hanno concluso che benché 20 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte l'effetto dei bracci sul carico totale complica la descrizione meccanica dei tessuti, la forma cruciforme è necessaria per permettere la rotazione delle cerniere ed impedire la deformazione fuori dal piano del tessuto. Un compromesso tra le due esigenze può essere ottenuto realizzando dei provini cruciformi con bracci piccoli (Figura 2.21c). Queste prove forniscono la correlazione tra la forza di taglio per unità di larghezza del provino T e lo scorrimento angolare γ (Figura 2.22b): T = P 2 L cos θ ; γ = π 2 − 2θ (2.1) dove P è la forza applicata dal dispositivo di prova (“telaio”), L la larghezza del lato del provino afferrato e 2θ l’angolo del “telaio”. (a) (c) (b) Figura 2.21 – Set-up di prova (a) I (b) II e (c) un compromesso tra i primi due. (a) (b) Figura 2.22 – (a) Set-up e (b) geometria del dispositivo per prove biassiali a taglio. 21 Capitolo 2 [Lomov et al., 2005] hanno eseguito prove sperimentali biassiali a taglio, utilizzando un apparato sperimentale analogo a quello di Peng e Liu, calcolando il campo di deformazione con misure ottiche (Figura 2.23) per diverse direzioni di carico. Grazie alla possibilità di determinare lo scorrimento angolare mediato nella regione centrale del tessuto, Lomov ha potuto ottenere una più esatta descrizione del comportamento a taglio del tessuto. Figura 2.23 – Prova biassiale di taglio con sovrapposizione di un’immagine della distribuzione dell’angolo di taglio. I dispositivi di prova utilizzati da Lomov, Peng e Liu (Figura 2.22 e 2.23), permettono unicamente l’esecuzione di questa tipologia di prove e non consentono prove di trazione. 22 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte 2.4. Approccio Teorico I tessuti tecnici, come i materiali compositi, possono essere osservati e analizzati a differenti livelli e scale, in funzione delle particolari caratteristiche e comportamenti presi in considerazione. Uno schematico diagramma dei vari livelli di osservazione e i corrispondenti tipi di analisi è mostrato in Figura 2.24. A livello dei componenti la scala di osservazione è sull’ordine del diametro della fibra. La micromeccanica è lo studio delle iterazioni dei componenti a livello microscopico, come lo studio dello stato di sforzo e deformazione nei componenti e il fallimento locale. A livello del tessuto risulta solitamente più rapido e semplice considerare il materiale omogeneo, anche se anisotropo, e usare nell’analisi le proprietà medie. Questo tipo di analisi è detta macromeccanica e considera il tessuto un materiale omogeneo anisotropo con le proprie proprietà di rigidezza e resistenza medie. Matrice Lamina Laminato Fibra Micro-meccanica Fibra Macro-meccanica Cella elementare Micro-meccanica (a) Tessuto Macro-meccanica (b) Figura 2.24 – Livelli di osservazione di un composito (a) e di un tessuto (b). In Appendice A è riportata una breve descrizione del legame costitutivo elastico-lineare per i tessuti tecnici, materiali ortotropi sottoposti ad uno stato di sforzo piano. 2.4.1. Criteri di resistenza della macro-meccanica In letteratura non esistono criteri di resistenza “ad hoc” per i tessuti piani, mentre numerosi sono gli studi relativi al comportamento a rottura dei materiali compositi unidirezionali sottoposti ad uno stato di sforzo biassiale [Daniel e Ishai, 1994], [Josiah, 2004], [Soden et al., 2004], [Kaddour, 2004]. In questo paragrafo sono presentate i criteri di resistenza: • macroscopici, espressi in termini di sforzi medi senza riferimento a particolari meccanismi di rottura locale; • focalizzati sulla previsione del cedimento iniziale del materiale; • per materiali sottoposti ad uno stato di sforzo piano (σ3=0). 23 Capitolo 2 Ci sono due principali classificazioni dei criteri di resistenza: quelli che adottano un criterio per ogni meccanismo di collasso identificato, che sovrapposti permettono di determinare la curva di resistenza biassiale (criteri con meccanismo di collasso indipendenti), e quelli che adottano un singolo criterio che identifica le varie interazioni tra i meccanismi di collasso (criteri con interazione dei meccanismi di collasso). 2.4.2.1. Criteri con meccanismi di collasso indipendenti Criterio di Massimo Sforzo Il criterio di Massimo Sforzo per i compositi è stato sviluppato da Jenkins [Jenkins, 1920] dal criterio di sforzo normale massimo di Galileo-Rankine usato per i metalli. Data la natura ortotropa dei compositi sono incorporati anche gli sforzi di taglio; matematicamente essa è espressa, nel caso di stato di sforzo piano, dalle equazioni: S11 = σ1ut − σ1uc ( S11 < 0) S 22 = σ 2ut − σ 2uc ( S 22 < 0) ( S11 > 0) ( S 22 > 0) (2.2) S12 = τ12u dove i pedici t e c indicano trazione e compressione, rispettivamente, e u indica che si sta considerando la resistenza ultima. Per uno stato di sforzo bidimensionale con S12 = 0, il dominio di resistenza assume la forma di un rettangolo (Figura 2.25). Il criterio di Massimo Sforzo è quello più applicato nel caso di cedimento fragile del materiale. Diversi autori, tra i quali [Zinoviev et al., 1998], adottano il criterio di Massimo Sforzo per la predizione del collasso iniziale includendo anche delle non linearità geometriche dovute a una ri-orientazione delle fibre sotto carico “off-axis”. Criterio di Massima Deformazione [Pettit e Waddoups, 1969] hanno proposto il criterio di Massima Deformazione. Questo criterio, riadattamento del criterio di deformazione normale di Grashov-De Saint Venant, è analogo al criterio di Massimo Sforzo, ma formulato in termini di deformazione. Questo criterio tiene conto di alcune interazioni tra le componenti di sforzo dovute all’effetto di Poisson. Esso è espresso dalle equazioni: E11 = ε1ut − ε1uc E22 = ε 2ut − ε 2uc ( E11 > 0) ( E11 < 0) ( E22 > 0) ( E22 < 0) E12 = ε12u 24 (2.3a) Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte da cui, per mezzo delle relazioni sforzo – deformazione, si ottiene: S11 −ν 12 S 22 = σ 1ut − σ 1uc S 22 −ν 21S11 = σ 2ut − σ 2uc ( E11 > 0) ( E11 < 0) ( E22 > 0) ( E 22 < 0) (2.3b) S12 = τ 12u Per uno stato di sforzo bidimensionale con S12 = 0, il dominio di resistenza assume la forma di un parallelogramma (Figura 2.25). 2.4.2.2. Criteri con interazione dei meccanismi di collasso Criterio della Energia Deviatorica di Deformazione (Tsai-Hill) Il criterio di resistenza basato sull’energia distorsionale, o deviatorica, è stato proposto in varie forme da diversi ricercatori (per esempio Von mises, Henckhy, Naday, Novozhilov) per i metalli duttili isotropi. Tsai [Tsai, 1965] applica il criterio sviluppato per i materiali plastici ortotropi da Hill [Hill, 1948] al cedimento dei polimeri compositi. Il criterio di Tsai-Hill risultante valuta il collasso in accordo con l’equazione: 2 2 2 AS11 + BS 22 + CS11S22 + DS12 =1 (2.4) dove A, B, C, D sono i parametri caratteristici del materiale e possono essere determinati sperimentalmente tramite prove sperimentali elementari. In particolare il parametro: • A può essere determinato da una prova di trazione uniassiale in direzione 1: A= • 1 σ 22u (2.5b) D può essere determinato da una prova di taglio nel piano 1-2: D= • (2.5a) B può essere determinato da una prova di trazione uniassiale in direzione 2: B= • 1 σ12u 1 2 τ12 u (2.5c) C da una prova di trazione biassiale; nel caso in cui il valore di resistenza ultimo in una delle due direzioni principali, per esempio la 1, è molto maggiore della resistenza ultima nell’altra direzione, si può assumere che: C =− 1 σ12u Sostituendo i valori dei parametri nell’equazione 2.4 si ottiene: 25 (2.5d) Capitolo 2 2 S11 σ12u + 2 S 22 − σ 22u S11S22 σ12u + 2 S12 2 τ12 u =1 (2.6) Per uno stato di sforzo bidimensionale con S12 = 0, il dominio di resistenza assume la forma di un’elissi. Il criterio di Tsai-Hill permette, al contrario dei criteri presentati in precedenza, le interazioni tra le diverse componenti di sforzo S11, S22 e S12, ma ha lo svantaggio di non fare differenze tra resistenza a trazione e a compressione. Criterio del Tensore Polinomiale (Tsai-Wu) Gold’demblat e Koponov [Gold’demblat e Koponov, 1966] hanno proposto un criterio basato sul concetto di tensore di resistenza che permette trasformazioni da un sistema di riferimento all’altro; esso ha la forma di un invariante e, più importante, tiene in considerazione differenze di resistenza a trazione e compressione. Questo criterio è stata riadattato per uno stato di sforzo piano da Tsai e Wu [Tsai e Wu, 1971]; essi hanno sviluppato un criterio di collasso in forma quadratica, definito dall’equazione: 2 2 2 AS11 + BS22 + CS11 + DS 22 + ES11S22 + FS12 =1 (2.7) dove A= 1 σ1ut D=− + 1 σ1uc 1 σ 2utσ 2uc B= E≈ 1 σ 2ut + 1 σ 2uc C⋅D 1 2 C=− 1 σ1utσ1uc F= 1 (2.8) 2 τ12 u Il parametro E può essere determinato da una prova biassiale o può essere espresso mediante la relazione empirica suggerita da Tsai e Hahn [Tsai e Hahn, 1980] riportata sopra. Come per il criterio di Tsai-Hill, anche in questo caso, per uno stato di sforzo bidimensionale con S12 = 0, il dominio di resistenza assume la forma di un’elisse ma con diversi valori delle intercette a trazione e compressione (Figura 2.25). S2 Massima Deformazione σ2t σ1c σ1t S1 σ2c Massimo Sforzo Tsai-Wu Teoria Iterativa Figura 2.25 – Domini di resistenza per uno stato di sforzo piano. 26 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte 2.5. Approccio Numerico Una predizione realistica delle proprietà dei tessuti è di primaria importanza per il successo del loro utilizzo. La complessità della loro struttura e la presenza di una gerarchia della struttura e di una scala di livelli (10-5 m per le fibre, 10-3 m per i fasci di fibre, 10-1 m per i tessuti) [Hearle et al., 1972] porta ad un’elevata complessità dei modelli predittivi, ad un elevato livello di approssimazione in questi, e ad una notevole incertezza della predizione quando si sommano errori passando da un livello gerarchico al successivo. Lo scopo dei modelli numerici è dunque quella di predire le proprietà meccaniche del tessuto e la variazione della disposizione spaziale dei fili prodotta da forze o spostamenti applicati. Per rendere le valutazioni a priori possibili, un modello della geometria del tessuto dovrebbe avere come input i dati meccanici e geometrici dei fili e una descrizione della topologia della struttura del tessuto (tessitura). Di seguito verranno da prima presentati i modelli utilizzati per la descrizione geometrica delle fibre e dei tessuti, poi i modelli numerici per la predizione del comportamento meccanico dei tessuti ed infine sarà presentata la procedura di omogeneizzazione. 2.5.1. Descrizione geometrica dei tessuti La realizzazione di un modello definente l’architettura del tessuto implica la risoluzione di alcuni problemi, quali: 1) identificare un insieme di parametri geometrici e meccanici dei fili necessari e sufficienti per modellare la struttura tessuta; 2) sviluppare una descrizione analitica della geometria del filo tenendo in considerazione le condizione al contorno nell'interazione ordito/trama in un tessuto. La formalizzazione più semplice dell’architettura dei tessuti è stata presentata da [Pierce,1937], che presuppone che le fibre e i fasci di fibre abbiano una sezione trasversale circolare. Le descrizioni geometriche più appropriate per i tessuti tecnici a maglia sono state sviluppate da [Mc Bride e Chen, 1997], [Robitaille et al., 1999], [Lomov et al., 2000 e 2001], [Hofstee e Van Keulen, 2001] e [Robitaille et al., 2003]. Questi modelli differiscono da molti altri trovati in letteratura per la loro capacità di modellare i tessuti che hanno subito deformazioni a taglio durante la loro realizzazione. La maggior parte delle tecniche di modellazione presentano inoltre una descrizione geometrica della struttura del tessuto, variabile da molto semplice (modello CAD 2D [Rudd et al., 1999]) a molto complessa (sezione trasversale ellittica del filo con linea media baricentrica rappresentata dalla curva di Biezer ottenuta interpolando un numero discreto di punti [Glaessgen et al, 1996]). Un altro approccio interessante è quello di [Searles et al., 2001] che ha fittato le funzioni polinomiali delle sezioni trasversali e dei percorsi ondulatori dei fili osservati nelle microscopie dei tessuti. Benché una buona rappresentazione dell'architettura di un tessuto può essere fornita, questo metodo presenta lo svantaggio di non consentire l'analisi di materiali per i quali non sono disponibili le microscopie delle sezioni trasversali. 27 Capitolo 2 2.5.2. Modelli numerici per i tessuti La disposizione, le proprietà e la struttura delle fibre all'interno del fascio di fibre e del fascio all'interno del tessuto, generano un meccanismo complesso di deformazione. La modellazione delle strutture di tessuti con il metodo degli elementi finiti è un metodo basato sulla combinazione dei modelli geometrici e meccanici. Il metodo degli elementi finiti consente una costruzione e una rappresentazione dei tessuti prendendo in considerazione l'ondulazione del filato, il tipo di tessitura e il tipo di contatto fra il filo di ordito ed di trama. Questi differenti parametri permettono di ottenere una mesh del tessuto aderente alla realtà. Una spiegazione della formulazione degli elementi finiti è oltre la portata di questa tesi, ma è documentata bene altrove, per esempio in [Zienkiewicz, 1977] e [Cesari, 1981]. Molti autori hanno usato il metodo agli elementi finiti per determinare il comportamento meccanico ipotizzando una distribuzione regolare dei fili. Questo ha permesso di effettuare le analisi su un volume rappresentativo (cella unitaria), rappresentato in Figura 2.26, che ripetuto periodicamente riproduce esattamente il tessuto. Quindi note le caratteristiche geometriche e meccaniche dei fili è possibile generare una mesh del tessuto e determinare il comportamento della cella elementare. Figura 2.26 – Immagine 3D di una cella elementare di tessuto a maglia semplice. Alcuni degli esempi più semplici dell'applicazione del metodo agli elementi finiti per la valutazione meccanica del comportamento dei tessuti sono stati condotti da Woo e Whitcomb, inizialmente in due dimensioni [Woo e Whitcomb, 1994], e successivamente estesi a tre dimensioni [Woo e Whitcomb, 1996]. Essi hanno usato dei macroelementi (Figura 2.27a), che sono stati suddivisi in domini più piccoli per calcolare la matrice di rigidezza; una mesh di molti macroelementi è stata usata per rappresentare la struttura intera e gli spostamenti nodali sono stati calcolati. Gli spostamenti nodali sono stati successivamente usati come condizioni al contorno per un raffinato sottomodello della cella elementare costruita dagli elementi finiti convenzionali (Figura 2.27b), usati per determinare il comportamento locale dello stato di sforzo/deformazione. 28 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte Anche se il risparmio del tempo di calcolo è significativo, si sono osservate delle discrepanze ai contorni del dominio globale/locale, che richiedono dunque un'ulteriore ricerca. Figura 2.27 – Una tipica sotto-mesh per (a) un macro-elemento, mostrante i gradi di libertà interni e globali, e (b) una cella elementare per un’analisi agli elementi finiti. Un altro modello semplificativo è quello introdotto da [Kawabata et al., 1973] per tessuti piani bilanciati dove i fili sono rappresentati utilizzando la loro linea media, non è impedita la penetrazione e la forza applicata risulta nulla finché non si ha la completa estensione dei fili. Modelli più realistici (Figura 2.28) sono quelli introdotti da [Gasser et al., 2000], [Boisse et al., 2001], [Lomov et al., 2001] e [Sagar et al., 2003], che prendono in considerazione tutti i meccanismi possibili di deformazione compreso l'allungamento, la flessione e la compressione. Figura 2.28 – Modello analitico definente la geometria del filo. 29 Capitolo 2 Negli ultimi anni alcuni ricercatori, [Yu et al., 2002], [Page e Wang, 2002] [Xue et al., 2003], [Crookston, 2004], [Peng e Cao, 2004] e [Liu et al., 2005] hanno iniziato ad affrontare anche lo studio per predire il comportamento a taglio dei tessuti a maglia e per rappresentare l’effetto dell’orientamento della fibra sulla rigidezza e resistenza del tessuto (Figura 2.29). In particolare [Peng e Cao, 2004] hanno evidenziato l’importanza della stima del comportamento a taglio del tessuto per ottenere una buona correlazione tra i risultati sperimentali e quelli numerici. Figura 2.29 – Deformata del tessuto ottenuta da simulazioni numeriche di prove di taglio condotte utilizzando 2 set-up diversi. Usando gli elementi finiti convenzionali ed ammettendo un percorso sinusoidale delle fibre, [Chapman e Whitcomb, 1995] e [Tarfaoui, 2001] hanno studiato come varia la distribuzione dello sforzo all'interno delle celle elementari per vari tipi di tessuti planari al variare dell’elitticità della sezione trasversale delle fibre (e quindi della superficie di contatto) e della distanza delle fibre in direzione ordito e trama. Il problema della generazione di maglie complesse è stato aggirato con il metodo proposto da [Cox et al, 1994] e [Xu et al., 1995]. Questo metodo, conosciuto come modello binario, ha usato elementi lineari 1D per rappresentare la rigidezza assiale delle fibre, fissata all'interno degli elementi 3D usando vincoli multipunto. Gli elementi 3D hanno rappresentato quello che gli autori hanno chiamato “il mezzo efficace”, fornendo le proprietà meccaniche della matrice-dominate (rigidezza trasversale, rapporto di Poisson, ecc.). Gli elementi 1D sono stati usati per formare un'approssimazione a tratti lineare dei percorsi curvilinei delle fibre. Anche se questo metodo potrebbe fornire i risultati del comportamento elastico con relativamente poco sforzo di calcolo, la previsione del comportamento di danneggiamento rimane indimostrata. Tuttavia, più recentemente [Yang e Cox, 2003] hanno presentato una tecnica basata sulla deformazione media da usare con il modello binario, che è sembrata offrire un accordo ragionevole con le misure delle deformazioni a campointero fatte su un tessuto composito di C/SiC 3D sottoposto a trazione in direzione trama. Hanno suggerito che questo metodo fornirebbe una strada per la previsione della 30 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte resistenza, anche se le previsioni di resistenza non sono state fatte. Una mesh tipica usata per questa tecnica è indicata nella Figura 2.30. Figura 2.30 – Mesh di un tessuti composito ottenuta usando un modello binario. 2.5.3. Metodo di omogeneizzazione La meccanica del continuo tratta materiali idealizzati. Si assume, in particolare, che la distribuzione del materiale, gli sforzi e le deformazioni all’interno di un elemento infinitesimo di materiale nell’intorno di un punto possono essere considerati come uniformi. A livello della microscala, tuttavia, il materiale non è uniforme ed è costituito da vari elementi con diverse proprietà e forme; di conseguenza, anche i campi di sforzo e deformazione all’interno dell’elemento materiale non sono uniformi. Uno degli obiettivi della micromeccanica è esprimere in maniera sintetica e rigorosa le quantità del continuo associate all’elemento infinitesimo in termini di parametri che caratterizzano la microstruttura e le proprietà dei microcostituenti. Pertanto, nello studio delle proprietà globali dei mezzi eterogenei sono coinvolte due differenti scale (Figura 2.31): la scala macroscopica (chiamata x) nella quale la dimensione delle eterogeneità è infinitesima, e la scala microscopica (chiamata y) che è la scala delle eterogeneità. Per ricavare una legge macroscopica (o omogeneizzata) per un materiale eterogeneo si deve supporre in primo luogo che possa essere definito un “elemento statisticamente omogeneo” o “elemento di volume rappresentativo” [Hill, 1963], [Hashin, 1964, 1983], [Nemat-Nasser, 1981] e [Suquet, 1985]. La scelta del tipo di volume rappresentativo (VR) determina una prima fondamentale differenza tra le varie teorie di omogeneizzazione. Nella teoria di omogeneizzazione per mezzi periodici il VR è rappresentato da una cella unitaria che genera, per la ripetizione periodica, l’intera struttura del tessuto. Al punto macroscopico x si devono considerare due differenti famiglie di variabili: da una parte le variabili macroscopiche che definiscono le proprietà del materiale omogeneo equivalente meccanicamente al materiale reale che si sta studiando, e dall’altra parte le variabili microscopiche che sono quantità puntuali nel VR ed hanno lo stesso significato delle corrispondenti quantità macroscopiche (Figura 2.31). 31 Capitolo 2 x mezzo eterogeneo RV mezzo omogeneo y x macroscopico y microscopico Figura 2.31 – Omogeneizzazione di un mezzo eterogeneo. Per esempio si distinguono: Σ e σ (y) Ε tensore di sforzo e deformazione macroscopico ε (y) tensore di sforzo e deformazione microscopico dove le quantità macroscopiche sono definite come medie volumetriche delle corrispondenti quantità microscopiche: 1 ⎧ σ ij dy ⎪Σij = σ ij = V ⎪ V ⎨ ⎪Ε = ε (u ) = 1 ε ij dy ij ⎪⎩ ij V V ∫ (2.9) ∫ in cui < > rappresenta l’operatore di media. La procedura che determina le quantità macroscopiche Σ e Ε (e le loro derivate rispetto al tempo o a altri parametri) a partire dalle quantità microscopiche σ (y) e ε (y) è chiamata omogeneizzazione. La procedura inversa, chiamata localizzazione, consiste nel determinare le quantità microscopiche σ (y) e ε (y) dalle quantità macroscopiche Σ e Ε. Affinché sussista tale relazione tra le variabili macroscopiche e microscopiche è necessario che siano soddisfatte le condizioni al contorno che devono riprodurre, il più fedelmente possibile, lo stato del VR all’interno del materiale. Pertanto queste dipendono strettamente dalla scelta del VR stesso, e specialmente dalla sua dimensione. In particolare si possono prendere in considerazione due differenti tipi di condizioni al contorno: sforzi uniformi su ∂V [Hill, 1963 1967]: σ ⋅n = Σ⋅n (2.10a) spostamenti uniformi su ∂V [Hashin, 1983]: u = Ε⋅ y (2.10b) o 32 Caratterizzazione di tessuti tecnici: stato dell’arte È immediato osservare che un campo di spostamento che soddisfa l’equazione (2.10b) e un campo di sforzo che soddisfa l’equazione (2.10a), soddisfa anche le equazioni: σ =Σ , ε (u ) = Ε (2.11) Per giustificare le equazioni (2.10) (che non sono equazioni al contorno equivalenti) il VR deve avere una maggiore ampiezza rispetto alle eterogeneità, così che i vettori di sforzo o di spostamento su ∂V oscillano intorno ad un valore medio con una lunghezza d’onda piccola rispetto alle dimensioni del VR. Se si considera un materiale eterogeneo con struttura periodica, per una cella unitaria situata ad una distanza sufficientemente grande dal contorno (bordo) del corpo eterogeneo, i campi di sforzo e di deformazione sono conformi a livello macroscopico alla periodicità della geometria: σ e ε sono dettin “campi periodici”. In ogni modo è chiaro che i campi σ e ε, che dipendono dalle due variabili x (macro) e y (micro), non sono esattamente periodici nel materiale eterogeneo e possono variare da una posizione all’altra in modo analogo alle loro medie Σ (x) e Ε(x). Tuttavia la loro variazione locale, dovuta alla loro dipendenza da y, è supposta essere periodica. Il preciso significato di queste condizioni di periodicità è il seguente: σ ⋅n () antiperiodico su ∂V ( ) ε u = Ε + ε u* ⇒ u = Ε ⋅ y + u* (2.12a) u* periodico su ∂V (2.12b) Le equazioni (2.10) e (2.12) definiscono un set di condizioni al contorno su ∂V per (σ, ε): l’equazione (2.10a) impone dei requisiti stringenti su σ e non su u, l’equazione (2.10b) impone dei requisiti stringenti su u e non su σ, mentre l’equazione (2.12) impone requisiti su entrambi i campi. Per uno specifico set di condizioni al contorno, un campo di spostamento u soddisfacente la condizione al contorno (2.12b) può essere detto “campo di spostamento ammissibile”, mentre un campo di sforzo σ soddisfacente la condizione al contorno (2.12a) può essere detto “campo di sforzo ammissibile”. Siano σ e u dei campi di sforzo e spostamento ammissibili. Allora la media del () lavoro microscopico compiuto dallo sforzo σ per la deformazione ε u è uguale al lavoro macroscopico compiuto dallo sforzo Σ per la deformazione Ε : () σ :ε u = Σ :Ε (2.13) L’equazione (2.13), che definisce l’uguaglianza del lavoro virtuale fra la scala microscopica e macroscopica, gioca quindi un ruolo fondamentale nella teoria dell’omogeneizzazione. 33 CAPITOLO 3 REALIZZAZIONE DEL DISPOSITIVO DI PROVA BIASSIALE Per l’esecuzione delle prove meccaniche sui tessuti tecnici, presso il Laboratorio Prove Materiali del Politecnico di Milano è stato allestito un dispositivo di prova biassiale, il cui progetto e sviluppo costituisce una parte importante del presente lavoro di tesi. La descrizione di tale sistema di prova è oggetto del presente capitolo. Inizialmente vengono stabilite le specifiche di progetto per il dispositivo di prova biassiale e poi descritti i singoli componenti del sistema e la loro funzione rispetto al soddisfacimento delle specifiche. Successivamente sono descritte le fasi di calibrazione e verifica del sistema di prova biassiale; tali operazioni comprendono: • la calibrazione delle otto celle di carico; • la verifica della calibrazione del videoestensometro. Vengono infine descritte le prove eseguite per verificare l’attendibilità delle misure fornite dai singoli componenti assemblati nel dispositivo di prova e viene presentata una stima dell’errore di misura complessivo. 35 Capitolo 3 3.1. Introduzione L’obiettivo della seguente tesi è lo studio del comportamento meccanico di tessuti tecnici usati in ambito serigrafico. Questi tessuti, assumibili come planari (lo spessore è trascurabile rispetto alla altre dimensioni), sono soggetti a carichi nel piano imposti durante il pretensionamento dal quadro, come descritto nel Capitolo2. Fondamentale dunque risulta essere lo studio delle loro proprietà meccaniche sotto un ampio intervallo di sforzi e deformazioni al fine di predire il loro comportamento per molteplici condizioni di carico. L’apparecchiatura per le prove biassiali planari è più complessa rispetto a quella per le prove uniassiali, a causa della necessità di controllare due condizioni al contorno; in particolare i lati del provino devono poter essere liberi di espandersi e contrarsi nella direzione laterale, e nella regione centrale di misura gli stati di sforzo e deformazione devono essere uniformi così che l’analisi dei dati può essere sufficientemente semplificata. La regione di misura deve essere piccola e localizzata lontana dai bordi del provino per evitare gli effetti generati dagli afferraggi. 36 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale 3.2. Specifiche di progetto Il dispositivo di prova biassiale è concepito per l’esecuzione di prove di caratterizzazione meccanica in regime di sforzo piano su campioni di tessuto tecnico. Le specifiche di progetto sono le seguenti: a. campioni di prova: dimensioni e afferraggi a.1 configurazione geometrica a croce (Figura 3.1) con zona centrale quadrata (rif. paragrafo 2.3) I limiti dimensionali sono scelti tenendo conto dell’esigenza di avere una zona centrale esente da effetti di bordo, che comporta la necessità di avere provini di grande dimensione, e dal carico massimo trasmissibile ai carrelli presenti sul telaio (1.5 kN per ciascun carrello), che limita invece le dimensioni dei provini a.1.1 dimensioni minime: w = 40 mm a.1.2 dimensioni massime: w = 100 mm a.2 afferraggi atraumatici Gli afferraggi non devono danneggiare il provino 60 50w w 50 60 Figura 3.1 – Geometria del provino a croce; w rappresenta la larghezza di ciascun braccio. b. sistema di attuazione meccanica b.1 il sistema di prova deve produrre un sistema di forze biassiale nel piano b.2 il valore del carico lungo ciascuna direzione del piano deve potere essere regolato indipendentemente dall’altro, per poter coprire l’intero intervallo di stati di sforzo planari b.3 forza massima (per direzione di attuazione): 5 kN Tale valore è stimato considerando un valore di resistenza massima di 500 N/cm per i tessuti tecnici b.4 velocità di applicazione del carico variabile 37 Capitolo 3 c. telaio c.1 il telaio deve consentire spostamenti lungo due direzioni ortogonali c.2 il provino deve rimanere centrato rispetto al telaio quando sottoposto alle sollecitazioni biassiali in modo che i carichi siano sempre allineati agli assi del provino stesso c.3 il telaio deve essere dimensionato per forza massima La rigidezza deve essere sufficiente per considerare trascurabili le deformazioni quando è applicata una Fmax = 5 kN d. trasduttori d.1 trasduttori di forza fondo scala: 5 kN (dimensionati per la forza massima, vedi b.3) sensibilità: 1 N (forza minima misurabile) d.2 trasduttore di deformazione d.2.1 misura di grandi deformazioni su tessuti con rigidezza molto bassa d.2.2 fondo scala (deformazione massima misurabile): 0.8 mm/mm d.2.3 accuratezza sulla deformazione massima: 0.08% (= 1/1000 del fondo scala) Definite le specifiche di progetto, è possibile ora passare alla descrizione del dispositivo di prova biassiale sottolineando la funzione svolta da ogni singolo elemento in relazione a tali specifiche. 38 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale 3.3. Descrizione dell’apparecchiatura di prova biassiale Lo sviluppo del progetto del dispositivo di prova biassiale è stato condotto con il metodo dell’analisi strutturale multilivello [Duan e Chung, 2002]. Questo approccio è basato sulla descrizione di un sistema attraverso diversi livelli di dettaglio: il livello del sistema complessivo è il SISTEMA 1, al di sotto di cui c’è il livello dei SISTEMI 2, che corrispondono ciascuno a una funzione complessiva necessaria alla finalità del SISTEMA 1. Alla funzione di ciascun SISTEMA 2 concorrono più funzioni semplici, svolte ciascuna da una macchina o SOTTOSISTEMA: ogni sottosistema è costituito fisicamente da uno o più COMPONENTI 1, che sono elementi tecnologicamente finiti; ogni COMPONENTE 1 può essere costituito da più parti semplici, i COMPONENTI 2, e via di seguito fino ad arrivare al livello dei materiali. L’elemento che si trova ad un dato livello è così costituito da più elementi che si trovano al livello inferiore, mentre con altri elementi del proprio livello va a costituirne uno del livello superiore. L’analisi strutturale multilivello, studiando un sistema complesso secondo diversi livelli di dettaglio, è utile in fase di progetto, perché consente una facile identificazione di tutti i componenti su base funzionale, e delle relazioni che intercorrono tra essi; inoltre se si rende necessaria la modifica di un particolare, è possibile eseguirla solo sul componente interessato, senza coinvolgere formalmente tutti gli altri. La tabella successiva descrive la struttura del dispositivo di prova biassiale secondo lo schema della progettazione funzionale multilivello. A tale descrizione si fa riferimento nell’illustrare, nelle pagine successive, le soluzioni progettuali adottate in modo da soddisfare le specifiche di progetto. 39 Capitolo 3 SISTEMA 1 SISTEMA 2 COMPONENTI 1 COMPONENTI 2 1 Telaio 2 Sistema di trasmissione 2.1 Traverse mobili 2.2 Guide 2.3 Cuscinetti delle traverse 2.4 Viti di guida 2.5 Carrelli 3 Trasduttore di carico 3.1 Celle di carico 3.1.1 Lamine 3.2 Morsetto 3.2.1 Morsetto superiore 3.1.2 Estensimetri 3.2.2 Morsetto inferiore 4 Sistema di misura 4.1 Videoestensometro di deformazione 4.1.1 Telecamera analogica 4.1.2 Ottica Dispositivo di prova biassiale 4.1.3 Scheda PCI di acquisizione 4.2 Supporto per Videoestensometro 4.3 Lampada 4.4 Scheda acquisizione immagini 5 Motori elettrici 5.1 Servo-motore AC 5.2 Riduttore (70:1) 5.3 Servo-azionamento (controllo motori) 5.4 Programma software 6 Sistema di condizionamento dei trasduttori 6.1 Blocco per moduli di condizionamento per SG 6.2 Scheda DAQ 40 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale 3.3.1. Telaio e Sistema di trasmissione La struttura del dispositivo di prova, comprendente il telaio propriamente detto e le traverse mobili, cioè il sistema di trasmissione (Figure 3.2 e 3.3), è stata progettata presso il Dipartimento di Ingegneria Strutturale (DIS) per imporre, in due direzioni ortogonali, degli spostamenti fra loro indipendenti. Le caratteristiche del telaio e del sistema d trasmissione sono le seguenti: • due assi di carico disposti a croce; ogni asse comprende una trasmissione con vite e una coppia di traverse mobili con filettature una destra l’altra sinistra per ottenere il movimento sincronizzato (specifica c.1); • sistema di due viti montati su madreviti in bronzo e cuscinetti reggispinta con guide su colonne temprate e rettificate con cuscinetti autoallineanti; • testate portacarrelli con cave per lo scorrimento trasversale dei carrelli; • n. 20 carrelli scorrevoli su tre cuscinetti, con un sistema di bloccaggio per il campione; • campo di sviluppo del campione in prova, da 80 a 1000 mm circa per ogni lato (specifica a.1); • carico massimo applicabile al telaio 10 kN, con deformazione trascurabile a 5 kN (specifica c.3); • trattamenti di protezione con zincatura e brunitura. Il provino è collegato, tramite i morsetti che verranno descritti in 3.3.2.2, a due coppie di traverse che si muovono su due assi ortogonali. Il movimento delle traverse è comandato da una vite per asse. Le due traverse sul medesimo asse possiedono l’una filettatura sinistra e l’altra filettatura destra in modo che la vite produca un movimento sincrono e uguale per le due traverse, mantenendo così il provino centrato rispetto agli assi di carico del telaio (specifica c.2). Per evitare interferenza il movimento delle coppie di traverse ortogonali avviene su piani paralleli distanziati di 20 mm (Figura 3.4). Dato che le sollecitazioni devono risultare fra loro complanari, è stato necessario realizzare dei carrelli di diversa altezza nelle due direzioni. In particolare, ogni carrello è collegato alla rispettiva traversa attraverso un sistema di tre cuscinetti cilindrici in quanto è stato concepito per trasmettere unicamente carichi ortogonali alla traversa stessa (Figura 3.5). Ogni carrello è stato progettato per trasmettere dei carichi di 1.5 kN ed è realizzato in alluminio (specifica c.3). Complessivamente ogni traversa è progettata per trasmettere tramite i cinque carrelli dei carichi massimi di 7.5 kN al campione in prova. Le traverse sono realizzate in acciaio Fe 510. Le traverse sono mosse da due viti con passo 5 mm. Per movimentare le traverse sono utilizzati dei motori sincroni a corrente alternata (componente 5). Al fine di evitare rotazioni delle traverse attorno al proprio asse, per effetto della non planarità fra i carichi trasmessi dai carrelli e le corrispondenti reazioni sull’albero filettato, è stato previsto un sistema rigido che si muove su due coppie di guide (componente 2.2). Questo movimento è facilitato da cuscinetti speciali (componente 2.3) che assicurano, per i carichi massimi applicabili, un movimento traslatorio del sistema rigido e, in definitiva delle traverse. 41 Capitolo 3 60 50w w 50 60 Figura 3.2 – Disegno complessivo del telaio e del sistema di trasmissione. Figura 3.3 – Particolare e sezione del telaio e del sistema di trasmissione. 42 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale Figura 3.4 – Particolare dei carrelli e relativi cuscinetti. Figura 3.5 – Immagine di un carrello e relativi cuscinetti. 43 Capitolo 3 3.3.2. Trasduttori di carico e morsetti Per misurare le forze applicate al provino nelle due direzioni del piano si utilizzano otto celle di carico (quattro per ciascun asse della macchina di prova, Figura 3.6). I trasduttori di carico sono stati studiati in modo da svolgere due funzioni principali: 1. misurare la forza applicata al campione; 2. consentire un’adeguata connessione tra campione e macchina. Essi risultano quindi un insieme di due elementi in serie: la cella di carico in grado di soddisfare la prima funzione e il morsetto in grado di soddisfare la seconda. Figura 3.6 – Posizione delle 8 celle di carico sul dispositivo di prova. 3.3.2.1. Celle di carico Le specifiche a cui deve soddisfare ciascuna cella di carico sono (specifica d.1): (1) resistenza meccanica La cella deve essere dimensionata, in relazione al tipo di materiale scelto, in modo da resistere ai carichi imposti dalla macchina di prova; per i tessuti tecnici, in particolare, si trovano in letteratura valori tipici di carico a rottura per cm che rapportati alle dimensioni massime previste per i campioni di prova danno carichi massimi di 5 kN. 44 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale (2) sensibilità Il tessuto tecnico presenta elevate deformazioni anche a carichi bassi; di conseguenza, per poter determinare le curve sforzo - deformazione del tessuto a partire dalla configurazione iniziale è richiesta una sensibilità di 1 N. (3) rigidezza flessionale (deve essere sufficientemente elevata da fornire insensibilità ad azioni meccaniche diverse da quella assiale trasmessa dal campione di prova). Le celle di carico devono avere elevata rigidezza nei confronti di carichi non assiali, quali quelli laterali e flessionali, in modo che la misura fornita dipenda solo dal carico di trazione imposto dalla macchina al campione di prova. Il principio seguito nella costruzione delle celle di carico è quello di convertire la misura di deformazione di un elemento sensibile della cella nella misura della forza che ha prodotto tale deformazione; questa misura viene effettuata mediante quattro estensimetri a variazione di resistenza elettrici (strain gauges) applicati su una lamina metallica (elemento sensibile) e collegati in un circuito a ponte di Wheatstone. Nella realizzazione di queste celle, di particolare rilevanza sono state la scelta della posizione, della geometria, della dimensione e del materiale della lamina; l’orientamento della lamina è correlata alla rigidità flessionale della cella, mentre la geometria, la dimensione e il materiale di queste sono correlate congiuntamente alla resistenza meccanica ed alla sensibilità. La soluzione scelta relativamente all’orientamento della lamina è stata quella di montarla orizzontalmente; questo permette di aumentare la rigidezza flessionale quando la lamina viene caricata orizzontalmente da una forza H (Figura 3.7). 6.5 mm 1 mm H Figura 3.7 – Orientamento della lamina. Per quanto concerne la scelta della geometria si è pensato ad una forma a “osso di cane“ per poter sia avere una zona sufficientemente larga da consentire il collegamento ad una sua estremità al carrello e dall’altra al morsetto, sia una zona (la zona sensibile ove sono applicati gli strain gauges) di minor larghezza per aumentare la sensibilità della lamina. Infine nella scelta delle dimensioni e del materiale della zona sensibile (Figura 3.8) si è cercato di soddisfare contemporaneamente l’esigenza di avere buona resistenza meccanica e buona sensibilità. Il materiale scelto è l’acciaio AISI 316 (σsn = 400 MPa). Le dimensioni della parte sensibile della lamina sono rispettivamente 15×6.5×1 mm; fondamentale è risultata la scelta della larghezza, pari a 6.5 mm, e dello spessore, pari a 1 mm, perché queste dimensioni determinano la sezione resistente. 45 Capitolo 3 Con questa geometria quando all’afferraggio di Figura 3.6 viene applicato un carico assiale di 1250 N (25 % del carico massimo applicabile a ciascun asse, essendo 4 le celle di carico in parallelo su ogni asse, Figura 3.6), questo produce uno sforzo pari a 192 MPa, ben inferiore a quello di snervamento σsn = 400 MPa per questo tipo di acciaio; inoltre sempre per tale carico di 1250 N la deformazione corrispondente εΝ, risulta circa pari a 9.8 10-4 mm/mm. 15 6.5 1 Figura 3.8 – Dimensioni (in mm) della zona sensibile della lamina. I risultati ottenuti soddisfano in buona misura alle specifiche, anche se la sensibilità non è ottimale; questa può essere migliorata ulteriormente solo mediante amplificazione del segnale degli estensimetri. Difatti una riduzione ulteriore dello spessore diminuirebbe notevolmente la rigidità flessionale, mentre un’ulteriore diminuzione della larghezza impedirebbe l’applicazione degli estensimetri. Gli estensimetri usati sono del tipo HBM 1.5/120XY31 (Hottinger Baldwin Messtechnick, Damstadt, Germany); ogni cella è stata realizzata utilizzando quattro estensimetri, disposti come in Figura 3.9, che sono stati collegati a formare un ponte completo di Wheatstone in modo da ottenere una sensibilità pari a: ΔV V = K K K ⋅ [ε A − ε B + ε C − ε D ] = ⋅ 2(1 + υ ) ⋅ ε N = ⋅ 2.6 ⋅ ε N 4 4 4 (3.1) dove V è la tensione di alimentazione del ponte, ΔV la tensione misurata in uscita del ponte, K il fattore di sensibilità dell’estensimetro (gage factor), ν il coefficiente di Poisson della lamina (assunto pari a 0.3), ε A-D le deformazioni misurate dai 4 estensimetri applicati sulla lamina e ε N la deformazione misurata lungo l’asse di simmetria della lamina (ε A = ε C = ε N e ε B = ε D = 0.3 ε N , vedi Figura 3.9). 46 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale A A D B V C B C D ΔV Figura 3.9 – Disposizione e collegamenti fra i 4 estensimetri. Con questa configurazione del ponte di Wheatstone si sono ottenuti tre effetti: • l’amplificazione della misura delle deformazioni di un fattore pari a 2.6; • l’eliminazione degli effetti sulla misura prodotti da un momento flettente attorno ad un asse orizzontale; • la compensazione degli effetti della temperatura. 3.3.2.2. Morsetti Le specifiche a cui devono soddisfare i morsetti sono: (4) serraggio non traumatico dei campioni all’afferraggio (specifica a.2) Il tessuto tecnico è costituito da fibre. Il bloccaggio del provino deve essere tale da non lacerare tali fibre prima dell’esecuzione della prova. (5) allineamento dei campioni agli assi del dispositivo di prova Volendo eseguire prove di trazione biassiale, è necessario garantire l’assenza di altre sollecitazioni non controllabili rispetto al carico assiale, quali la flessione, la torsione o il taglio; affinché ciò accada è necessario che gli assi del provino siano allineati con gli assi di carico del dispositivo di prova. (6) collegamento al telaio del sistema di prova L’afferraggio deve disporre di un’adeguata interfaccia che ne consenta il collegamento alla macchina di prova. (7) resistenza meccanica adeguata (specifica c.3) Essendo l’afferraggio un dispositivo in serie alla cella di carico, come questo deve essere dimensionato, in relazione al tipo di materiale scelto, in modo da resistere ai carichi imposti dal sistema di prova. I disegni costruttivi (Appendice B) e l’immagine di Figura 3.10 mostrano come è stato realizzato il sistema complessivo del trasduttore di carico ed afferraggio in modo da rispondere alle precedenti specifiche. 47 Capitolo 3 MORSETTO SUPERIORE CELLA DI CARICO MORSETTO INFERIORE PARA Figura 3.10 – Morsetti montati sui carrelli del sistema di prova. I componenti, costituenti ciascuno afferraggio, sono rispettivamente: • la lamina (elemento sensibile): realizzata in acciaio AISI 316, è un componente oltre che degli afferraggi, anche delle celle di carico, di cui rappresenta l’elemento sensibile per misurare la forza imposta al provino; essa è rigidamente connessa da una parte agli afferraggi e dall’altra al morsetto della macchina di prova (specifica 6). • i morsetti inferiore e superiore: i morsetti, in acciaio C40, sono realizzati per soddisfare alla specifica 5. Inoltre per permettere le contrazioni trasversali in prossimità dell’afferraggio, evitando così il nascere di sforzi di taglio all’interno del provino, è stato necessario posizionare almeno due afferraggi in parallelo. Per ottenere una trasmissione della sollecitazione uniforme dagli afferraggi alla regione centrale si è pensato di utilizzare dei provini a forma di croce con parte centrale quadrata di dimensione massima 100 × 100 mm da cui partono 4 bracci, lungo ciascuno da 200 a 300 mm e larghezza come la regione centrale, per la connessione ai morsetti (Figura 3.10). Naturalmente tutti i componenti sono stati dimensionati, in relazione al materiale scelto, in modo da soddisfare le verifiche di resistenza per il carico massimo di 5000 N per ogni asse (specifica 6). 48 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale 3.3.3. Sistema di misura delle deformazioni I tessuti tecnici sono caratterizzati da grandi deformazioni e bassissima rigidità; questo rende impossibile per la misura della loro deformazione durante prove di laboratorio l’impiego di tecniche standard di contatto, quali estensimetri (strain gauges) o estensometri. Per questo motivo le deformazioni di tessuti tecnici vengono misurate principalmente con estensimetri ottici (specifica d.2.1). Per il sistema di prova biassiale sviluppato nella presente tesi si è fatto ricorso all’estensometro ottico VE5000 (Trio Sistemi e Misura s.r.l.) raffigurato in Figura 3.11 che costituisce uno strumento molto pratico per l’esecuzione di misure dimensionali e di spostamento eseguite contemporaneamente lungo la direzione assiale e trasversale; questo strumento permette quindi misure planari di spostamento, mentre non riesce a cogliere spostamenti al di fuori del piano perpendicolare alla direzione focale della videocamera. I componenti del sistema VE5000 sono: 1. personal computer; 2. telecamera monocromatica JAI M50, standard video CCIR, sensore da ½’’; 3. ottica professionale Zoom NIKKOR 28-105 mm 1:3,5-4,5 D; 4. scheda acquisizione immagini NI 1407 (National Instruments); 5. sistema di illuminazione ad alta frequenza; 6. tripodi per il sistema di illuminazione; 7. programma di controllo VE5000 versione 3.2. Figura 3.11 – Estensometro ottico VE5000. 49 Capitolo 3 Inizialmente è necessario predisporre, oppure individuare se già presenti nel campo inquadrato, dei bersagli di riferimento (“markers”) all’interno dell’immagine del campione utilizzata per la misura. Il colore (livello di grigio) di questi bersagli deve essere tale da avere un elevato contrasto con il colore del campione (sfondo); nel caso della misura “Markers X-Y” si devono identificare o disegnare al più venti punti in corrispondenza della zona da misurare (Figura 3.12), dove la dimensione dei singoli bersagli deve essere superiore ad 1/100 del campo di misura complessivo. Il funzionamento del sistema VE5000 si basa sulla tecnica di misura ottica di deformazioni attraverso l’analisi di immagini che riportano la posizione dei markers applicati al campione, registrate da una telecamera a controllo digitale e successivamente analizzate ed elaborate con l’ausilio di algoritmi di calcolo. Figura 3.12 – Contrasto chiaro/scuro tra provino e markers. 50 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale Il programma di controllo del sistema VE5000 permette di determinare ed impostare i parametri ottimali, di effettuare delle misure e di registrare i risultati. La procedura di prova risulta così articolata: 1. Definizione dei parametri di prova In questa prima fase vengono impostati i parametri di prova ed in particolare si definisce: 9 la frequenza di acquisizione; 9 il numero di canali analogici in ingresso che vengono registrati in sincronia con le posizioni dei markers (quali ad esempio il segnale delle celle di carico) e le relative costanti di conversione. 2. Configurazione In questa seconda fase si effettua: 9 l’allineamento della videocamera al dispositivo di prova; Per una corretta valutazione degli spostamenti del campione di prova è necessario che gli assi ottici della videocamera (assi x, y) siano allineati agli assi di carico della macchina e del provino (assi X, Y). L’allineamento viene eseguito posizionando un filo guida parallelamente ad uno degli assi della macchina (e.g. l’asse Y); un apposito algoritmo fornisce l’angolo relativo tra questo filo e l’asse y della videocamera. La videocamera viene così ruotata finché l’angolo diviene prossimo a 0°. 9 l’identificazione dei markers (Figura 3.13a). L’identificazione dei markers è basata sulla loro dimensione e sulla loro intensità. Si definisce un livello di intensità luminosa (contrasto chiaro/scuro) tale da discriminare tra segnali identificabili come markers e il rumore di fondo. Poiché possono essere presenti macchie sulla superficie del provino che superano comunque il valore di soglia luminosa, un ulteriore discrimine viene eseguito sulla dimensioni. Si identifica un marker e se ne misura l’area; questo valore, a meno di una tolleranza che può essere specificata di volta in volta, viene assunto come dimensione di riferimento per identificare i segnali di intensità luminosa “sopra soglia” come markers. 3. Registrazione e acquisizione dei dati (Figura 3.13b) 51 Capitolo 3 (a) (b) Figura 3.13 – Funzioni usate nella procedura di prova: (a) ottimizzazione del contrasto tra luminosità dei markers e rumore di fondo e (b) visualizzazione dei markers durante la registrazione. Le prestazioni ottenute tramite questo sistema posizionato ad una distanza focale di 105 mm dal campione, con modalità di misura Markers X-Y, sono: • campo di misura: 75×60 mm2 • risoluzione: 6 μm • incertezza: 12 μm • frequenza massima di acquisizione: 10 Hz Le prestazioni che tale sistema consente di ottenere quando accoppiato al sistema di prova biassiale sono quindi: • una deformazione massima misurabile del 400% quando i markers sono posti a distanza di 10 mm (specifica d.2.2); • una accuratezza di 0.03 % sulla deformazione massima (pari a uno spostamento di 12×10-3 mm su una lunghezza di base di 40 mm) (specifica d.2.3). 52 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale 3.3.4. Azionamenti elettrici Per la movimentazione delle traverse sono stati impiegati due motori, come illustrato in Figura 3.14. Ciascuno di questi motori controlla la velocità di spostamento delle due traverse poste sul medesimo asse del dispositivo di prova in modo da poter applicare storie di carico e deformazione indipendenti lungo i due assi di carico e consentire così una caratterizzazione biassiale completa. Figura 3.14 – Motori elettrici. Ogni motore (sistema di azionamento) è costituito da: • servo-motore brushless (Lenze, mod. MDSKS 036-23) Si tratta di un servomotore sincrono a magneti permanenti e commutazione elettronica con una velocità massima di 4000 giri/min ed una coppia nominale di 1.3 Nm. Il motore brushless, rispetto al motore in corrente continua, presenta diversi vantaggi, quali: - l’elevata precisione grazie al suo funzionamento a velocità costante; - la bassa inerzia grazie all’uso di una massa rotante molto piccola e leggera; - l’elevate velocità. Ogni motore brushless è connesso ad un apposito trasduttore rotante di tipo “revolver” che misura la velocità angolare. Dal segnale del resolver si ricava la posizione dell’albero del motore. • motoriduttore epicicloidale (Lenze, mod. MPV 02-M2-70) Tale componente caratterizzato da un rapporto di riduzione di 70:1, posto in serie al motore, riduce la velocità di rotazione del motore a 59 giri/min ed aumenta la coppia nominale trasmessa a 91 Nm. 53 Capitolo 3 • servo-inverter (Lenze, mod. EVS9300-EP) + software di controllo (Lenze) Il servo-inverter, attraverso una semplice parametrizzazione e in funzione delle necessità dinamiche, consente di definire la motorizzazione ottimale in combinazione con il servomotore brushless equipaggiato con revolver (Figura 3.15). Per la programmazione del servo-inverter è utilizzato il software di controllo Global Drive Control; questo programma dispone di pratici menù per la configurazione dei servo-inverter e alcune possibili applicazioni sono: – controllo di velocità – controllo di coppia – posizionamento assoluto o relativo – posizionamento punto-punto – profilo d’avanzamento con rampa lineare o a “S” – taratura on-line dei parametri di posizionamento Figura 3.15 – Schema di funzionamento del sistema di azionamento. 54 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale 3.3.5. Sistema di condizionamento dei trasduttori Il sistema di condizionamento dei trasduttori è realizzato assemblando componenti National Instruments; esso comprende: • blocco di connessione SC-2043-SG Consiste in un contenitore schermato contenente 8 circuiti per il condizionamento di segnali analogici in ingresso e 2 circuiti di uscita analogica. Per ogni canale di ingresso analogico, costituito da un ponte completo estensimetrico, il circuito di condizionamento presenta 2 uscite di eccitazione (poli +/-) e 2 ingressi di lettura; inoltre ogni circuito include un amplificatore (x10), un filtro passa-basso a 1.6 KHz e un potenziometro per l’azzeramento dell’offset del ponte. La tensione in uscita per l’alimentazione dei ponti di estensimetri è di 2.5 V ed è in corrente continua. Il blocco di connessione è poi connesso direttamente al dispositivo DAQ PCI6036E tramite un cavo schermato. • scheda DAQ PCI-6036E È una scheda di acquisizione avente 8 ingressi analogici differenziali (oppure 16 ingressi a singolo canale) con convertitore analogico/digitale con risoluzione di 16 bit, una velocità di campionamento di 200 KS/s e un range di ingresso tra ±0.05 V e ±10 V, 2 uscite analogiche con una risoluzione a 16 bit, una velocità a 200 kS/s e un range di uscita di ±10 V, 8 ingressi/uscite digitali e 2 contatori/timer a 24 bit. È installato su un personal computer ed è regolato tramite software DAQ National Instruments. Note le caratteristiche del sistema di condizionamento è possibile definire la sensibilità delle celle di carico. In particolare, riprendendo l’equazione (3.1) si ha: ⎧ ⎛ 1.7 ⎞ ⋅ 2.6 ⋅ ε N ⎟ ⎪ΔV = Vin × G × ⎜ 4 ⎝ ⎠ ⎪ ⎪ ⎨ΔV = 10 V = 215 livelli ⎪ ⎪Vin = 2.5 V ⎪⎩G = 100 × 10 ⇒ ΔV = 2725 mV = 8934 livelli (3.2) dove il guadagno complessivo G del sistema di condizionamento del segnale è ottenuto componendo un guadagno G1 = 10 fornito dall’amplificazione (fissa) nel blocco di connessione e un guadagno G2 = 100 del secondo amplificatore (selezionabile dall’operatore) nella scheda elettronica PCI. Ciascuna cella di carico collegata al sistema di condizionamento presenta quindi una risoluzione teorica S: 1250 N livelli S = 8934 = 0.15 N livello (3.3) Nel caso in cui si utilizzino 4 celle di carico in parallelo la risoluzione teorica totale sarà pari a 0.6 N. 55 Capitolo 3 3.4. Calibrazione della macchina di prova 3.4.1. Calibrazione delle celle di carico Le otto celle di carico ed il relativo sistema di condizionamento ed amplificazione (SC2043-SG, DAQ PCI-6036E) sono state sottoposte a calibrazione conformemente alla norma UNI EN 10002 – 1991, la cui parte 2ª stabilisce la metodica da seguire per la verifica delle celle di carico utilizzate per prove di trazione statiche uniassiali. L’operazione di calibrazione è stata effettuata dal centro di taratura del Politecnico che ha rilasciato un certificato di taratura per ogni cella di carico. Come strumento campione per la misurazione del carico si sono utilizzati 2 dinamometri HBM con fondo scala rispettivamente di 1kN e 5 kN. La cella di carico da calibrare è stata collegata agli afferraggi superiore ed inferiore di una macchina di prova uniassiale MTS; il dinamometro HBM è stato posizionato in serie all’afferraggio inferiore. Per assicurare l’allineamento dell’asse della cella di carico da calibrare con il dinamometro HBM sono stati utilizzati 2 snodi sferici (Figura 3.16). CELLA Figura 3.16 – Set-up utilizzato per la calibrazione delle celle di carico. 56 SNODI Realizzazione del dispositivo di prova biassiale La lettura della cella di carico è stata azzerata, prima delle successive fasi, in modo da eliminare l’effetto del peso. Per avere una buona accuratezza delle misure fornite dallo strumento campione in tutto il range di carico considerato, la calibrazione è stata eseguita utilizzando 2 dinamometri, ed in particolare: ¾ tra 0 ÷ 500 N si è utilizzato il dinamometro con fondo scala di 1 kN (G 05106, HBM); ¾ tra 500 ÷ 1250 N si è utilizzato il dinamometro con fondo scala di 5 kN (G 19081, HBM). Ciascuna calibrazione comprende tre serie di letture dell’uscita della cella campione (dinamometro), ad un fissato valore in mV della cella da calibrare; ogni serie è costituita dalle letture su dieci livelli di carico. I risultati della fase di calibrazione sono riportati in Figura 3.16 e in Appendice C. Le curve di calibrazione delle celle (Figura 3.17a, Figura 3.17b) mostrano un andamento lineare fino al fondo scala (1250 N); in queste figure si sono identificate con A 1÷4 le celle che verranno disposte su un asse del dispositivo di prova biassiale e con B 1÷4 quelle che verranno disposte sull’asse ortogonale. Sulla base dei dati raccolti in questa fase, si sono determinate le costanti di calibrazione utilizzate per ottenere le letture delle celle di carico in valori di forza. Dato l’andamento lineare delle curve di calibrazione, queste sono state descritte mediante funzioni lineari. Tutte le verifiche sono state effettuate a temperatura ambiente di 23°C e quindi perfettamente rientrante nel range 10°C÷35°C richiesto dalla norma UNI EN 10002 1991. 57 Capitolo 3 1500 cella A1 cella A2 cella A3 cella A4 Letture [N] 1250 1000 750 500 250 0 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 Valori indicati [mV/V] 1500 cella B1 cella B2 cella B3 cella B4 1250 Letture [N] (a) 1000 750 500 250 0 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 Valori indicati [mV/V] Figura 3.17 – Andamento delle curve di calibrazione delle 8 celle di carico. 58 (b) Realizzazione del dispositivo di prova biassiale 3.4.2. Verifica della calibrazione del video-estensometro Per verificare la corretta calibrazione del video-estensometro si sono effettuate delle misure di posizione dei markers tracciati su un provino soggetto a trazione in controllo di spostamento della traversa; da queste è stato possibile ricavare una stima dell’incertezza sulle misure delle deformazioni. Come provino si è utilizzata una striscia di gomma (lunghezza × larghezza = 200 × 50 mm) su cui sono stati realizzati con inchiostro nero, nella zona centrale, quattro circonferenze a distanza l’uno dall’altro di 10 mm aventi ciascuno diametro di circa 2 mm. La striscia è stata allineata all’asse X del sistema di prova biassiale ed un LVDT è allineato a tale asse in modo da registrare lo spostamento della traversa. Dopo aver verificato l’allineamento dell’asse x della videocamera con l’asse del provino, si è eseguita una prova di trazione uniassiale in controllo di spostamento della traversa composta da tre cicli di carico/scarico tra 0 e 10 mm aspettando qualche secondo tra un ciclo e il successivo. Durante i 3 cicli si sono acquisiti contemporaneamente, con frequenza di 5 Hz, lo spostamento della traversa e le coordinate (x , y) dei 4 markers. Si è quindi ruotata la videocamera di 90° in modo da allineare ora la sua direzione y con la direzione di carico, e quindi si è proceduto all’esecuzione di una seconda prova di trazione in controllo di spostamento anch’essa costituita da tre cicli di carico/scarico tra 0 e 10 mm. In Figura 3.18a-b sono presentate le curve deformazione del provino – spostamento della traversa; data la perfetta sovrapposizione dei cicli di carico e scarico, è stato possibile dedurre una perfetta ripetibilità del sistema di misura delle deformazioni. 59 Capitolo 3 0,18 ε X [mm/mm] 0,15 0,12 0,09 0,06 0,03 0 0 3 6 9 12 ΔL traversa [mm] Figura 3.18a – Prova di trazione uniassiale ciclica: deformazione del campione misurata dal video- estensometro con l’asse x della videocamera allineato alla direzione di carico; spostamento della traversa registrato dal trasduttore LVDT. 0,18 ε Y [mm/mm] 0,15 0,12 0,09 0,06 0,03 0 0 3 6 9 12 ΔL traversa [mm] Figura 3.18b – Prova di trazione uniassiale ciclica: deformazione del campione misurata dal video- estensometro con l’asse y della videocamera allineato alla direzione di carico; spostamento della traversa registrato dal trasduttore LVDT. 60 Realizzazione del dispositivo di prova biassiale I dati registrati sono stati utilizzati per determinare l’incertezza sulla misura delle coordinate dei markers, che vengono poi utilizzate per calcolare le deformazioni del provino. Da prima si sono acquisite 50-60 letture delle posizioni in pixel dei 4 markers, in corrispondenza della configurazione di riferimento del provino (distanza dei markers pari a 10 mm); si è poi determinata la misura della distanza, parallelamente alle due direzione principali della videocamera, tra le due coppie di markers. Infine si sono calcolati il valore medio x e la deviazione standard σx delle letture. I risultati delle misure fatte sia lungo l’asse x che lungo l’asse y della videocamera sono riportati nella seguente tabella: distanza fra i markers (pixel) media x dev.std. σx Incertezza sulla misura (μm) ex direzione della videocamera distanza fra i markers (mm) l0,mm direzione x 10 348.29 0.34 9.8 direzione y 10 346.46 1.21 34.9 dove l’incertezza sulla misura è calcolata secondo la formula: ex = σx x ⋅ l0, mm (3.4) Si osserva che la costante di calibrazione (rapporto pixel/mm) è pressoché uguale lungo i due assi della videocamera e l’incertezza (entità del disturbo) è molto piccola (dell’ordine della decina di μm) sebbene diversa per le 2 direzioni. Di conseguenza per piccole deformazioni (inferiori al 0.1%) si avrà una maggiore accuratezza nelle misure effettuate in direzione x, mentre per deformazioni superiori questa differenza risulterà trascurabile. 61 CAPITOLO 4 MISURE SPERIMENTALI E CALCOLO DI SFORZI E DEFORMAZIONI In questo capitolo vengono inizialmente presentate le misure di sforzo e deformazione utilizzate per descrivere i risultati delle prove biassiali su provini planari che subiscono grandi deformazioni. Sono poi presentati due differenti approcci per calcolare le componenti di sforzo e deformazione nell’analisi dei dati sperimentali: un approccio “globale”, basato sulla valutazione dei valori medi di queste quantità, ed un approccio “locale” che consente di valutarne la distribuzione locale nel campione di prova. 63 Capitolo 4 4.1. Definizione delle grandezze cinematiche e statiche Nell’analisi in grandi deformazioni gli sforzi e le deformazioni possono essere misurati sia rispetto alla configurazione iniziale (descrizione Lagrangiana o materiale) che rispetto alla configurazione deformata (descrizione Euleriana o spaziale); nella presente trattazione per descrivere il moto del corpo e per formulare le equazioni di equilibrio viene utilizzata la configurazione Lagrangiana. Una descrizione matematica rigorosa del comportamento deformativo di un continuo nel campo delle grandi deformazioni esula dall’ambito della presente tesi e può essere trovata in [Malvern, 1969]; in questo paragrafo verranno solo brevemente definite le convenzioni adottate e le grandezze che verranno utilizzate nella analisi dei risultati sperimentali. Si consideri un sistema di coordinate cartesiane con origine O e vettori base ei. Ciascun movimento sarà un movimento rispetto a questo sistema di riferimento fisso e tutte le componenti vettoriali e tensoriali saranno definite rispetto al sistema di coordinate con vettori base ei. In Figura 4.1 sono definite le convenzioni adottate nella presente trattazione. Per il nostro scopo si può ipotizzare che la configurazione di riferimento sia la configurazione occupata al tempo t = 0; si definirà dunque Xj la coordinata j-esima della posizione di un punto materiale nella configurazione iniziale e xi è la coordinata iesima della posizione del medesimo punto nella configurazione corrente. Figura 4.1 – Convenzioni adottate per definire la cinematica del processo deformativo. Le misure di deformazione di Green-Lagrange sono definite come segue: Eij = 1 2 ⎛ ∂x ⎞ ∂x j ⋅⎜ i ⋅ − δ ij ⎟ ⎜ ∂X j ∂X i ⎟ ⎝ ⎠ 64 (4.1) Rielaborazione dei dati sperimentali dove δij è l’indice di Kronecker (δij = 1 se i = j, δij = 0 se i ≠ j). La componente ad indici uguali Eii dipende dalla elongazione subita da una fibra originariamente diretta secondo la direzione ei, mentre la componente ad indici misti Eij dipende oltre che dalla elongazione subita, anche dal cambiamento di angolo tra due fibre; l’angolo formato dopo la deformazione da due fibre originariamente ortogonali nel piano definito da ei ed ej è dato da: cos ϑij = 2 Eij (4.2) 1 + 2 Eii ⋅ 1 + 2 E jj La corrispondente misura di sforzo in deformazioni finite correlata con le deformazioni di Green-Lagrange tramite il principio delle potenze virtuali è rappresentata dalle componenti del secondo tensore di Piola-Kirchoff: ⎡ ∂x S ij = ⎢ i ⎢⎣ ∂X j ⎤ ⎥ ⎥⎦ −1 Fi Aj (4.3) dove Fi rappresentano le trazioni superficiali e Aj l’area della sezione nella configurazione di riferimento su cui esse agiscono. Limitando la trattazione al caso piano (a cui si può assimilare quello di un tessuto tecnico), le componenti significative del tensore di Green-Lagrange, diventano: E11 = ( ) 1 2 λ1 − 1 2 E 22 = ( ) χ ij = ∂xi ∂X j 1 2 λ2 − 1 2 E12 = E21 = 1 (χ12 ⋅ χ 21 ) 2 (4.4) dove λi = ∂xi ∂X i i = 1, 2 (4.5a-b) rappresentano rispettivamente l’allungamento relativo subito da una fibra originariamente diretta secondo la direzione ei e la rotazione subita da una fibra nel passare da una configurazione iniziale, dove è diretta secondo ei, a quella corrente, dove è ora diretta secondo ej (Figura 4.1). Le corrispondenti componenti del secondo tensore di sforzo di Piola-Kirchoff sono: S11 = 1 F1 λ1 A01 S 22 = 1 F2 S12 = S21 = λ 2 A02 1 F2 χ12 A01 = 1 F1 χ 21 A02 (4.6) Dopo aver delineato l’ambito generale (deformazioni finite e approccio lagrangiano) prescelto, occorre illustrare gli algoritmi utilizzati per calcolare le grandezze cinematiche e statiche a partire dai dati sperimentali. Questo verrà fatto nei due paragrafi successivi: nel paragrafo 4.2 si mostrerà come è possibile ricavare dalle registrazioni delle coordinate dei markers applicati sulla superficie del provino le componenti di deformazione di Green-Lagrange; nel paragrafo 4.3 si definiscono le componenti di sforzo di Piola-Kirchoff. 65 Capitolo 4 4.2. Valutazione delle componenti di deformazione Durante la prova vengono acquisiti in tempo reale, tramite il video-estensometro VE5000 (Cap. 3.2.3), le posizioni di 8 markers applicati nella zona centrale del provino (Figura 4.2). Tali posizioni sono determinate in termini di coordinate rispetto al sistema di riferimento assoluto x - y, allineato con gli assi della video-camera (a loro volta allineati con gli assi della macchina di prova). x 1 10 y 2 5 11 9 8 12 13 4 6 7 3 Figura 4.2 - Posizione e identificazione dei 8 markers applicati sulla superficie del provino nel sistema di riferimento assoluto della macchina di prova di coordinate (x, y). Per passare da questi dati a una misura delle deformazioni subite dal materiale costituente il provino si possono seguire due approcci: • un approccio “globale”, che consiste nel calcolare direttamente le deformazioni medie nella regione di misura a partire dalle coordinate iniziali e finali dei markers; • un approccio “locale”, che consente di valutare l’intero campo di deformazione nella regione di misura, passando attraverso l’introduzione di opportune funzioni di interpolazione. 66 Rielaborazione dei dati sperimentali 4.2.1. Deformazioni medie globali A partire dall’acquisizione in tempo reale della posizione degli 8 markers applicati nella zona centrale del provino (markers in Figura 4.3) si può avere una stima delle deformazioni subite dal provino adottando l’approccio basato sulle misure medie, così definite: E x1 = Ex 2 1 2 1 = 2 E x3 = 1 2 ⎡⎛ x − x 2 ⎢⎜ 1 ⎢⎜⎝ X 1 − X 2 ⎣ 2 ⎤ ⎞ ⎟ − 1⎥ ⎟ ⎥ ⎠ ⎦ E y1 = 1 2 ⎡⎛ y − y 4 ⎢⎜ 1 ⎢⎜⎝ Y1 − Y4 ⎣ 2 ⎡⎛ ⎤ ⎞ ⎢⎜ x6 − x8 ⎟ − 1⎥ ⎢⎜⎝ X 6 − X 8 ⎟⎠ ⎥ ⎣ ⎦ E y2 = 1 2 ⎡⎛ y − y ⎞ 2 ⎤ 7 ⎟ ⎢⎜ 5 ⎥ 1 − ⎢⎜⎝ Y5 − Y7 ⎟⎠ ⎥ ⎣ ⎦ (4.7b) 2 ⎡⎛ ⎤ ⎞ ⎢⎜ y3 − y2 ⎟ − 1⎥ ⎢⎜⎝ Y3 − Y2 ⎟⎠ ⎥ ⎣ ⎦ (4.7c) ⎡⎛ x − x 3 ⎢⎜ 4 ⎢⎜⎝ X 4 − X 3 ⎣ 2 ⎤ ⎞ ⎟ − 1⎥ ⎟ ⎥ ⎠ ⎦ E y1 = 1 2 2 ⎤ ⎞ ⎟ − 1⎥ ⎟ ⎥ ⎠ ⎦ (4.7a) da cui: Ex = 1 (E x1 + E x 2 + E x3 ) 3 Ey = ( 1 E y1 + E y 2 + E y 3 3 ) (4.8) dove Xi , Yi rappresentano le coordinate del generico marker nella configurazione iniziale, di riferimento, e xi , yi le coordinate del medesimo marker nella configurazione deformata. 1 5 8 4 7 2 Ε x1 1 6 Ε x2 8 3 Ε x3 4 7 3 Ε y1 Ε y2 Ε y3 5 2 6 Figura 4.3 - Posizione dei markers utilizzati per il calcolo delle deformazioni medie. 67 Capitolo 4 Tale approccio non può descrivere distribuzioni di deformazione non uniformi. Una valutazione quantitativa dello scorrimento angolare globale è possibile determinando la variazione dell’angolo formato per esempio dalle congiungenti i markers 1-4 e i markers 4-3 (Figura 4.4) Δθ = θ − θ 0 = α + β (4.9) e invertendo l’equazione (4.2) per calcolare la Exy. β θ θ0 α Figura 4.4 - Variazione dell’angolo formato da due fibre. 68 Rielaborazione dei dati sperimentali 4.2.2. Campo di deformazione locale Introducendo opportune funzioni di interpolazione [Robinson, 1973], [Cesari, 1981], [Humphrey et al., 1987], [Lee e Bathe, 1993], [Russell, 1995], [Sacks e Chuong, 1998], [Billiar e Sacks, 2000], [Li et al., 2004] è invece possibile rappresentare il campo intero di spostamento all’interno della regione centrale del provino a partire dallo spostamento di n punti (gli n markers) nel piano fisico (x, y). Si consideri come regione di misura quella zona il cui contorno è delineato dalle congiungenti gli 8 markers di Figura 4.2. Poiché la geometria reale della regione di misura risulta distorta (i markers delineano un contorno concavo), l’espressione analitica delle funzioni di interpolazione che correlano lo spostamento di ciascun punto interno agli spostamenti dei markers non è ricavabile. È quindi comodo ricondurre la geometria distorta della regione di misura nel piano fisico ad una geometria regolare e convessa in un piano virtuale (r, s) in cui è semplice scrivere le funzioni di interpolazione. Si introducono pertanto delle funzioni di mappatura che stabiliscono una correlazione biunivoca tra i punti della regione di misura e i punti della regione virtuale. Nel caso di un quadrilatero, nel sistema di riferimento (r, s) con origine nel baricentro dell’elemento, questa regione virtuale assume la forma di un quadrato di lato 2 × 2 (Figura 4.5). Gli spostamenti u, v ad ogni posizione all’interno della regione virtuale sono determinati usando: n u (r , s ) = ∑ n fi (r , s ) ⋅ ui v(r , s ) = i =1 ∑ f (r , s) ⋅ v i (4.10a,b) i i =1 dove fi è la funzione di interpolazione del marker i, ui, vi gli spostamenti dei markers in direzione x ed y ed r, s le coordinate isoparametriche: n x( r , s ) = ∑ n fi (r , s ) ⋅ xi y (r , s ) = i =1 ∑ f (r , s ) ⋅ y i i (4.11a,b) i =1 Il sistema di coordinate (r, s) è un sistema di coordinate isoparametrico, poiché le stesse funzioni fi vengono utilizzati sia per esprimere la corrispondenza tra i punti del piano fisico e quelli nel piano virtuale, sia per interpolare gli spostamenti del punto generico in funzione degli spostamenti nodali. 69 Capitolo 4 x (x 1 , y 1 ) 1 (-1, -1) (x 5 , y 5 ) (x 2 , y 2 ) 5 2 1 (-1, 0) (x 8 , y 8 ) 8 (1, -1) 2 5 6 (1, 0) 8 r 6 (x 6 , y 6 ) 4 4 3 7 (x 4 , y 4 ) (x , y ) (x 3 , y 3 ) 7 7 y (0, -1) (0, 1) (1, 1) s a) 3 7 (-1, 1) b) Figura 4.5 - Posizione dei nodi delle funzioni di interpolazione nel sistema (a) di coordinate globali x – y e (b) di coordinate virtuali r – s. Nel presente studio, per l’analisi del campo deformativo di tessuti tecnici si sono utilizzate funzioni di interpolazione del secondo ordine per calcolare il vettore campo di spostamento. Nella scelta dell’ordine del polinomio che rappresenta la funzione di forma più opportuna, occorre accertarsi che il risultato sia indipendente dall’orientamento del sistema di coordinate locali. Questa proprietà delle funzioni di interpolazione è conosciuta come isotropia geometrica [Sorenson, 1980], [Soh et al., 2000]. Un metodo per soddisfare la condizione di isotropia è quella di considerare il triangolo di Pascal che in 2 dimensioni è rappresentato in Figura 4.6. Figura 4.6 - Triangolo di Pascal in 2 dimensioni. Per soddisfare la condizione di isotropia non si deve considerare nessun termine da una parte dell’asse di simmetria del triangolo senza considerare il simmetrico. Ad esempio se si desidera costruire una funzione di interpolazione cubica con otto termini, vi sono 70 Rielaborazione dei dati sperimentali due possibilità: la prima è di considerare il termine costante, i due termini lineari, i tre termini quadratici e i termini cubici x3 e y3, la seconda possibilità è simile alla prima, scegliendo al posto degli ultimi due termini cubici i termini x2y e xy2. Nel caso di elementi quadratici a 8 nodi le funzioni di interpolazione sono polinomi biquadratici; l'interpolazione è qui ottenuta usando come riferimento i nodi degli 8 markers posizionati sui lati del quadrilatero (etichettati come 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 in Figura 4.2) e usando le seguenti funzioni di interpolazioni biquadratiche a 8 nodi (Figura 4.5): 1 ⋅ (1 + r ⋅ ri ) ⋅ (1 + s ⋅ si ) ⋅ (r ⋅ ri + s ⋅ si − 1) 4 1 fi (r , s ) = ⋅ 1 − r 2 ⋅ (1 + s ⋅ si ) 2 1 fi (r , s ) = ⋅ (1 + r ⋅ ri ) ⋅ 1 − s 2 2 fi (r , s ) = ( ) ( ) i = 1, 2, 3, 4 i = 5, 7 (4.12) i = 6, 8 Si osservi che la funzione di interpolazione fi relativa al generico nodo i si calcola imponendo che si annulli in tutti i nodi fuorché nel nodo considerato dove deve assumere valore unitario. I polinomi interpolanti gli elementi quadrati a 8 nodi soddisfano la condizione di isotropia ( Figura 4.7). Figura 4.7 - Termini contenuti nelle funzioni di forma per elementi quadratici a 8 nodi. Nel caso in esame, lo studio di un tessuto sollecitato nel proprio piano ed assimilabile all’elongazione di una membrana piana sottile, le uniche componenti non nulle di deformazione di Green-Lagrange sono Exx, Eyy, Exy e Ezz (la componente Ezz non viene però valutata). Le tre componenti planari possono essere calcolate in ciascun punto all’interno della regione di misura in termini di gradiente di spostamento dalla storia dei markers interpolati in accordo con le seguenti formule: 71 Capitolo 4 [ ] [( ) ( ) ] 1 (u, x )2 + (v, x )2 2 1 E yy = v, y + u , y 2 + v, y 2 2 1 E xy = u , y + v, x + u , x ⋅u , y + v, x ⋅v, y 2 E xx = u , x + [ (4.13a-c) ] dove le virgole indicano le derivate parziali rispetto alle coordinate x, y. Le derivate spaziali u e v rispetto alle coordinate globali x, y sono determinate utilizzando l'equazione (4.10): ⎧ ∂u ⎫ ⎡⎢ ∂x ⎪⎪ ∂x ⎪⎪ ⎢ ∂s ⎨ ∂u ⎬ = ⎢ ⎪ ⎪ ⎢ ∂x ⎪⎩ ∂y ⎪⎭ ⎢ ∂r ⎣ ∂y ⎤ ⎥ ∂s ⎥ ⎥ ∂y ⎥ ∂r ⎥⎦ −1 ⎡ ⎧ ∂v ⎫ ⎢ ∂x ⎪⎪ ∂x ⎪⎪ ⎢ ∂s ⎨ ∂v ⎬ = ⎢ ⎪ ⎪ ⎢ ∂x ⎪⎩ ∂y ⎪⎭ ⎢ ∂r ⎣ ⎧ ∂u ⎫ ⎪⎪ ∂s ⎪⎪ ⋅⎨ ⎬ ⎪ ∂u ⎪ ⎪⎩ ∂r ⎪⎭ ∂y ⎤ ⎥ ∂s ⎥ ⎥ ∂y ⎥ ∂r ⎥⎦ −1 ⎧ ∂v ⎫ ⎪⎪ ∂s ⎪⎪ ⋅⎨ ⎬ ⎪ ∂v ⎪ ⎪⎩ ∂r ⎪⎭ (4.14) In deformazioni finite le deformazioni di taglio non hanno più il significato di essere la metà dello scorrimento angolare come nella teoria lineare. Per questa ragione l’angolo di taglio θ, definito come variazione dell’angolo fra due linee originariamente ortogonali nel piano (x, y) nella configurazione indeformata, vale invece dopo il processo deformativo: θ = ar cos 2 Exy 1 + 2 E xx 1 + 2 E yy 72 (4.15) Rielaborazione dei dati sperimentali 4.3. Valutazione delle componenti di sforzo A partire dalle dimensioni iniziali del provino e dalle forze Fx, Fy applicate ad esso lungo i due assi di carico della macchina è possibile calcolare le componenti planari di sforzo del secondo tensore di Piola-Kirchoff Sij. In particolare, nel caso dell’approccio “globale” definito nel paragrafo 4.2.1 queste componenti valgono: S xx = 1 Fx S yy = λx A0 x 1 Fy S xy = S yx = 0 λ y A0 y (4.16) dove l’area A0i (i = x, y) è l’area effettiva della sezione trasversale del provino rispetto alla direzione di carico nella configurazione indeformata (Figura 4.8). Nel calcolo di questa si considerano difatti solo le fibre disposte lungo la direzione di carico: A0i = n ⋅ wi ⋅ π r 2 i = x, y (4.17) dove n è il numero di fili per centimetro, wi la larghezza del provino nella direzione trasversale a quella di carico e r il raggio nominale del filo. Figura 4.8 – Immagine della sezione trasversale di un tessuto in cui è evidenziata l’area effettiva. Nel caso invece si segua l’approccio “locale” del paragrafo 4.2.2, a partire dalla definizione dello sforzo di Piola-Kirchoff fornita dall’equazione (4.3) e calcolando le componenti del tensore gradiente di deformazione in ogni punto tramite le funzioni di forma e le funzioni di interpolazione prima introdotte, si ricavano le seguenti espressioni locali per le componenti dello sforzo (in presenza di scorrimenti angolari significativi): S xx = 1 λx Fx A0 x S yy = 1 Fy λ y A0 y S xy = S yx = 1 χ yx Fx 1 Fy = A0 y χ xy A0 x dove λx , λy , χxye χyx sono calcolati in ogni punto del materiale. 73 (4.18) Capitolo 4 4.5. Discussione In questo capitolo sono state introdotte le misure di sforzo e di deformazione che varranno utilizzate nell’analisi delle prove biassiali su strutture planari presentate nei capitoli successivi. Dopo avere definito l’ambito generale prescelto (deformazioni finite e approccio lagrangiano) si sono presentati gli algoritmi utilizzati per calcolare le componenti di deformazione e sforzo a partire dai dati sperimentali (coordinate di posizione degli 8 markers , forze applicate lungo i due assi del provino e sue dimensioni). L’approccio “globale” basato sul calcolo diretto dei valori medi di deformazione nella regione di misura definita dai markers è stato affiancato da un approccio “locale”, che mediante l’introduzione di funzioni di interpolazione biquadratiche consente di rappresentare l’intero campo di deformazione nella regione centrale del provino a partire dagli spostamenti di 8 punti. Questo ultimo approccio, benché più oneroso dal punto di vista del calcolo, consente di valutare la presenza di scorrimenti angolari e di distribuzioni non-uniformi di deformazione, e quindi è di notevole interesse nella caratterizzazione di materiali eterogenei. Per misurare lo stato di sollecitazione si è introdotta una definizione di sforzo che tiene conto del processo deformativo subito dalla sezione ed anche per la sua valutazione si sono seguiti i due approcci, “globale” e “locale”, coerentemente con quelli prescelti per le deformazioni. 74 CAPITOLO 5 ESEMPI DI CARATTERIZZAZIONE SPERIMENTALE DI TESSUTI TECNICI In questo capitolo sono indagate le proprietà meccaniche di due tessuti tecnici monofilamento a maglia semplice con fili in poliestere. Gli obiettivi di questo capitolo sono I. la determinazione dei parametri geometrici e meccanici dei fili formanti i tessuti, che costituiscono i parametri di ingresso per l’implementazione del modello numerico (vedi paragrafo 2.5.1); II. la caratterizzazione del comportamento meccanico dei tessuti, consistente nella stima dei parametri della matrice di rigidezza elastica; III. la determinazione del dominio di resistenza biassiale. In particolare il primo obiettivo viene raggiunto grazie a osservazioni al microscopio sui tessuti e sulle loro unità costituenti, i fili, e a prove di trazione uniassiali sui fili; il secondo e il terzo obiettivo sono invece raggiunti grazie all’esecuzione di prove uniassiali e biassiali. 75 Capitolo 5 5.1. Introduzione I tessuti tecnici considerati nel presente capitolo sono tessuti monofilamento in poliestere ad alta rigidezza con armatura a tela semplice (Plain Weave) dove i fili, singoli, continui e di dimensioni dell’ordine di qualche decina di μm, sono disposti lungo due direzioni perpendicolari, denominate trama e ordito. La Figura 5.1 illustra la struttura dei due tessuti monofilamento presi in esame; le caratteristiche geometriche nominali, che identificano i due tessuti, sono riassunte in Tabella 5.1. tessuto ID 150.34 A 62.64 direzione fili / cm diametro nominale del filo (μm) ordito 150 34 trama 150 34 ordito 62 64 trama 62 64 B Tabella 5.1 – Identificazione dei tessuti. 200 μm 200 μm (a) (b) Figura 5.1 – Immagini al microscopio ottico (OM) della geometria dei tessuti (a) A e (b) B. 76 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 5.2. Parametri geometrici Un’analisi preliminare sui due tessuti ha riguardato lo studio delle loro proprietà geometriche; in particolare sono stati considerati i seguenti parametri: ¾ l’ondulazione dei fili (k e p, in Figura 5.2, definiscono rispettivamente la distanza tra le linee baricentriche di 2 fili in direzione perpendicolare e parallela). Questi parametri sono stati misurati con uno stereomicroscopio ottico (BX 60, Olympus) (Figure 5.2 e 5.3 e Tabella 5.2) presso il Laboratorio di Ingegneria dei Polimeri del Politecnico di Milano. Il tessuto è stato impregnato con resina epossidica e poi sezionato con un microtomo in modo da ricavare delle sezioni trasversali nelle due direzioni principali, trama e ordito. k p (a) (b) Figura 5.2 – Sezione trasversale del tessuto A (150.34) in direzione (a) ordito e (b) trama. (a) (b) Figura 5.3 – Sezione trasversale del tessuto B (62.64) in direzione (a) ordito e (b) trama. Tessuto Direzione k [μm] p [μm] ordito 24.3 67 trama 28.5 67 ordito 47.8 161 trama 53.9 161 A B Tabella 5.2 - Determinazione dei parametri geometrici: distanza tra le linee baricentriche di 2 fili nella stessa direzione (p) e in direzione perpendicolare (k). 77 Capitolo 5 ¾ l’ellitticità della sezione trasversale dei fili Per misurare il rapporto tra il diametro massimo (Dmax) e minimo (Dmin), e quindi l’ellitticità, della sezione trasversale dei fili, è stato usato un microscopio a scansione elettronica (SEM) (Figure 5.4, 5.5 e Tabella 5.3) presso il “Laboratorio Centro Tessile”, Busto Arsizio, Italia; le misure sono state eseguite su fili estratti dal tessuto nelle direzioni trama e ordito. 30 μm 20 μm (a) 20 μm (b) (c) Figura 5.4 - Tessuto A. (a) Vista d’insieme del tessuto; sezione trasversale dei fili in direzione (b) ordito e (c) trama. 30 μm 30 μm 100 μm (a) (b) (c) Figura 5.5 - Tessuto B. (a) Vista d’insieme del tessuto; sezione trasversale dei fili in direzione (b) ordito e (c) trama. Tessuto Direzione Dnom [μm] Dmax [μm] Dmin [μm] Dmax / Dmin ordito 34 44.92 34.01 1.32 trama 34 42.67 37.97 1.12 ordito 64 73.22 55.81 1.31 trama 64 77.83 65.04 1.20 A B Tabella 5.3 - Determinazione dell’ellitticità della sezione dei fili (Dnom, Dmax e Dmin sono il diametro nominale, minimo e massimo, rispettivamente). 78 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 5.3. Coefficiente di attrito dinamico L’attrito filo-filo svolge un ruolo importante nei processi di tessitura e nelle prestazioni in uso finale dei tessuti. Le proprietà di trazione, flessione, taglio e torsione di un tessuto dipendono anche dall’attrito tra le fibre. Di conseguenza importante risulta la stima dei coefficienti di attrito statico e dinamico filo-filo. Il coefficiente di attrito dinamico è stato misurato in accordo alla norma ASTM D341201 (“Standard Test Method for Coefficient of Friction, Yarn to Yarn”) usando l’apparato sperimentale del “Centro Servizi Calza”, Castel Goffredo, Italia. La procedura adottata è basata sul “Twisted Strand Method” (Fig. 5.6); si è adottato un angolo di avvolgimento del filo di 900° (5π) e si è imposta una velocità di scorrimento del filo pari a 20 mm/min. Il coefficiente di attrito dinamico è stato così valutato: ⎛T ⎞ μ d = ln⎜⎜ 2 ⎟⎟ ⋅ θ − 1 ⎝ T1 ⎠ (5.1) dove T1 è la tensione media in ingresso, T2 la tensione media in uscita e θ l’angolo di avvolgimento. I risultati, ottenuti da 5 prove, sono presentati in Tabella 5.4. T1 [N] T2 [N] μd Provino 1 0.046 0.262 0.111 Provino 2 0.045 0.261 0.112 Provino 3 0.045 0.261 0.112 Provino 4 0.046 0.268 0.111 Provino 5 0.047 0.287 0.115 Media 0.046 0.268 0.112 Dev. St. 0.001 0.001 0.001 Tabella 5.4 – Risultati delle prove di attrito dinamico filo-filo. 79 Capitolo 5 (a) Celle di carico guida avvolgimento del filo matassa di filo Tensione di ingresso regolabile Tenditore guida (b) Figura 5.6 – (a) Apparato sperimentale per la misura dell’attrito dinamico filo-filo e (b) schematizzazione. Il coefficiente di attrito statico, utilizzato nel modello numerico per la simulazione del contatto filo-filo (paragrafo 6.3), è stato ricavato a partire dal coefficiente di attrito dinamico utilizzando la correlazione ottenuta sperimentalmente da [Qui et al., 2000]. In questo lavoro Qui presenta una correlazione tra i dati sperimentali ottenuti dalle prove statiche e dinamiche eseguite su 2 differenti tipi di fili, cotone e poliestere; in particolare per i fili in poliestere ottiene un rapporto tra coefficiente di attrito statico e dinamico pari a 5 (μ s/μ d = 5). Per tale motivo nel modello numerico sarà utilizzato un valore di attrito statico pari a 0.5. 80 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 5.4. Prove di trazione sul filo Le prove di trazione eseguite sui fili estratti dai tessuti forniscono i parametri costitutivi del materiale usati nelle analisi. La preparazione dei provini e le prove di trazione uniassiale sono effettuate in accordo con la norma ASTM D 3822–96 (“Standard Test Method for Tensile Properties of Single Textile Fibres”). Le prove di trazione monoassiale sul singolo filo sono state condotte presso il Laboratorio Prove Materiali del Politecnico di Milano su una macchina MTS Sinergie 200H, sulla quale è stata installata una cella di carico MTS con fondoscala di 100 N (Figura 5.7). Gli afferraggi sono stati internamente rivestiti con gomma al fine di evitare il danneggiamento del filo; la pressione degli afferraggi è stata regolata a 8 bar. Le prove di trazione sono state condotte in un ambiente a temperatura di 23 ± 3 °C. (b) (a) Figura 5.7 – (a) Macchina di prova uniassiale MTS Sinergie, (b) provino nella macchina di prova. La caratterizzazione meccanica di ciascun filo ha riguardato l’esecuzione di prove sia sul filo vergine che sul filo estratto da tessuto in direzione ordito e in direzione trama; per ciascun tipo di filo sono stati utilizzati almeno 5 provini (fili) con le seguenti caratteristiche consigliate dalla norma: − lunghezza del tratto utile (distanza fra gli afferraggi) [l0] : 200 mm; − velocità di prova (spostamento dell’afferraggio superiore) [v] : 150 mm/min. 81 Capitolo 5 I dati ottenuti dalla macchina di prova (frequenza di acquisizione di 1 Hz) sono: • forza applicata sul provino [F]; • allungamento del provino (coincidente con lo spostamento dell’afferraggio superiore) [Δl]. Lo sforzo e la deformazione longitudinale sono così valutati: σ = F ε = A0 Δl l0 (5.2) dove A0 rappresenta la sezione iniziale del filo, calcolata utilizzando il diametro nominale. Le curve sforzo – deformazione ottenute dalla rielaborazione dei dati sono riportate in Figure 5.8 e 5.9. Dai grafici è evidente che: ¾ i fili mostrano una risposta sforzo – deformazione non lineare; ¾ i fili “vergini” aventi diametro 34 μm risultano più resistenti di quelli con diametro 64 μm; ¾ i fili “vergini” mostrano una risposta meccanica notevolmente differente rispetto ai fili estratti dal tessuto sia in termini quantitativi (la deformazione a rottura è minore e la rigidezza è nettamente maggiore) che qualitativi (il filo vergine presenta una fase iniziale lineare ed una seconda fase, in seguito allo “snervamento”, in cui la rigidezza decresce; il filo estratto invece presenta una non-linearità fin dalla fase iniziale); questa differente risposta è imputabile ai trattamenti termo-meccanici subiti dal filo durante il processo di tessitura; ¾ i fili estratti dal tessuto in direzione trama presentano sistematicamente una maggior rigidezza e una minore deformabilità a rottura rispetto a quelli estratti in direzione ordito; questo è un effetto dei trattamenti meccanici durante il processo di tessitura. 82 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 800 diametro = 34 μm σ [MPa] 600 400 trama ordito vergine 200 0 0 10 20 30 40 ε [%] Figura 5.8 – Prove sperimentali di trazione su fili vergini ed estratti dal tessuto A. Curve sforzo – deformazione dei fili con diametro 34 μm. 800 diametro = 64 μm σ [MPa] 600 400 trama ordito vergine 200 0 0 10 20 30 ε [%] Figura 5.9 – Prove sperimentali di trazione su fili vergini ed estratti dal tessuto B. Curve sforzo – deformazione dei fili con diametro 64 μm. 83 40 Capitolo 5 5.5. Prove di trazione sul tessuto I tessuti utilizzati nelle prove e descritti nel paragrafo 5.1 presentano una maglia regolare, con i fili orientati lungo le direzioni ortogonali (trama e ordito); si può ipotizzare che in virtù di questa architettura tali tessuti presentino un comportamento meccanico ortotropo con le due direzioni di simmetria coincidenti appunto con queste direzioni principali della maglia. Per la loro caratterizzazione meccanica si è scelto di eseguire prove di trazione lungo quattro direzioni (trama, ordito, 45° e 20° rispetto a queste). I protocolli di prova utilizzati nella sperimentazione sono: 9 prove di trazione uniassiali in direzione trama, ordito, e a [45°] e [20°] rispetto alla direzione ordito; 9 prove di trazione biassiale in direzione trama-ordito. Durante l’esecuzione delle prove si è notato che: • il tessuto A (150.34) anche quando sollecitato in direzioni diverse da quelle principali, dove a causa del riallineamento dei fili le deformazioni prodotte sono elevate (fino al 70% nel caso della direzione a 45° rispetto a quelle principali), subisce solo spostamenti nel piano del tessuto stesso (Figura 5.10); • il tessuto B (62.64) quando è sollecitato in direzioni diverse da quelle principali subisce spostamenti anche al di fuori del suo piano con la nascita di ondulazioni e corrugamenti; tali spostamenti non sono misurabili dal video-estensometro, producendo artefatti nella misura delle deformazioni (vedi paragrafo 3.3.3); questi spostamenti al di fuori del piano che si riscontrano già a basse deformazioni sono imputabili sia alla struttura del tessuto (nel tessuto B i fili hanno diametro maggiore e sono maggiormente distanziati rispetto al tessuto A) che al contatto tra gli afferraggi (Figura 5.11) causato dalle elevate contrazioni trasversali che si producono durante le prove. Per tale motivo le prove a 45° eseguite sul tessuto B sono state considerate non attendibili ai fini della determinazione del modulo elastico di taglio G. Figura 5.10 –Spostamento degli afferraggi durante una prova uniassiale a 45° sul tessuto A. Provino (a) scarico e (b) in trazione. Figura 5.11 – Spostamenti al di fuori dal piano durante una prova uniassiale a 45° sul tessuto B. 84 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 5.5.1. Metodo di prova 5.5.1.1. Preparazione dei provini 145 La preparazione dei provini è stata eseguita in accordo con la norma ASTM D 5035-95, “Standard Test Method for Breaking Force and Elongation of Textile Fabrics, Strip Method”. I provini sono stati ritagliati dal tessuto tramite l’ausilio di una dima appositamente realizzata. Sono stati realizzati due diversi tipi di provini, con geometria: • rettangolare, di dimensioni 50 mm × 200 mm (larghezza × lunghezza), nel caso di prove uniassiali; • cruciforme, con zona centrale quadrata di dimensioni 60 mm × 60 mm e quattro “braccia” rettangolari ciascuna di dimensioni 60 mm × 145 mm, nel caso di prove biassiali (Figura 5.12). Tale geometria permette la distribuzione uniforme del carico nella zona centrale e localizza la rottura lontano dagli afferraggi (generalmente in prossimità del raccordo tra la zona centrale e i bracci, Figura 5.13) [Wellsh et al., 2002] e [Smits et al., 2004]. r =20 25 15 145 60 15 markers 145 zone di afferraggio 60 145 Figura 5.12 – Geometria del provino per prove biassiale (dimensioni in mm). 85 Capitolo 5 Figura 5.13 – Tipica zona di rottura di un provino cruciforme durante una prova biassiale. I provini uniassiali sono stati ritagliati lungo 4 differenti direzioni (Figura 5.14): • parallelamente alle due direzioni principali, trama e ordito; • a 45° e 20° rispetto alla direzione ordito. I provini biassiali sono stati ritagliati soltanto parallelamente alle direzioni principali, trama-ordito. ordito trama Figura 5.14 – Orientamento dei provini rispetto alle direzioni principali del tessuto tecnico. Per allineare il provino agli assi delle celle di carico e quindi del dispositivo di prova, evitando così di applicare un carico eccentrico, è stata realizzata un’apposita maschera (Figura 5.15). 86 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici Figura 5.15 – Disegno CAD della maschera per l’allineamento del provino cruciforme agli assi delle celle di carico. Infine per la misura della deformazioni si utilizzano 8 markers, realizzati con inchiostro nero (0.5 mm di diametro), disegnati nella zona centrale del provino ai nodi di un quadrato di lato 30 mm (particolare in Figura 5.12). Le dimensioni del quadrato sono approssimativamente uguali al 50% della dimensione minore dell’area del provino e l’area coperta dalla video-camera è circa 50 × 40 mm. 87 Capitolo 5 5.5.1.2. Procedura di prova Le prove di trazione sui campioni di tessuti tecnici sono state condotte presso il Laboratorio Prove Materiali del Politecnico di Milano utilizzando la macchina di prova biassiale descritta nel Capitolo 3. Le prove meccaniche sono state condotte in un ambiente a temperatura di 23 ± 3 °C. Al fine di ottenere una completa caratterizzazione del tessuto sono stati utilizzati diversi protocolli di prova in controllo di spostamento, tali da coprire un ampio intervallo di sforzi e deformazioni, riportati in Tabella 5.5. Prova Direzione di carico Velocità di spostamento traversa [mm/min] uniassiale Trama (T) Ordito (O) 45° 20° rispetto alla direzione O 15 Ordito – Trama 45 O – 15 T (3–1) 30 O – 15 T (2-1) 15 O – 15 T (1-1) 15 O – 30 T (1-2) biassiale Tabella 5.5 – Elenco delle prove sperimentali effettuate sui tessuti. I dati ricavati da ciascuna prova sono: • le coordinate (x, y) degli 8 markers nel tempo (frequenza di acquisizione pari a 5 Hz); • le forze registrate dalle celle di carico; • lo spostamento delle traverse. All’inizio di ciascuna prova è stato imposto un precarico che permette di definire la configurazione di riferimento, assunto in modo arbitrario pari a 2 N. Per semplicità i provini sono individuati con una lettera maiuscola (A o B) indicante il tipo di tessuto seguita da un pedice con un numero (da 1 a 4) indicante il numero del provino e, nel caso di provini uniassiali da una lettera indicante la direzione lungo cui sono stati ritagliati (T, O, [45°]e [20°] per provini ritagliati rispettivamente nella direzione trama, ordito, a [45°] e [20°] rispetto alla direzione ordito), mentre nel caso di provini cruciformi per prove biassiali dal rapporto tra le velocità di spostamento delle traverse in direzione ordito e trama (3-1, 2-1, 1-1, 1-2). Per esempio il provino B3_T è il terzo provino uniassiale in direzione trama ricavato dal tessuto B (62.64), mentre A1(3-1) è il primo provino cruciforme ricavato dal tessuto A dove la velocità della traversa in direzione ordito è 3 volte quella in direzione trama. 88 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 5.5.2. Risultati 5.5.2.1. Valutazione degli scorrimenti angolari Una prima analisi che è stata eseguita sui tessuti tessili è volta a verificare la corretta applicazione del carico, utilizzando come riferimento gli spostamenti degli 8 markers applicati sulla superficie del provino (Figura 5.16). Questi markers individuano un quadrilatero. 1 5 2 6 8 4 7 3 Figura 5.16 –Quadrilatero individuato dagli 8 markers. I tessuti tecnici presentano una struttura ortotropa con direzioni di simmetria note a priori; quindi se il provino è caricato correttamente e se lo sforzo è distribuito uniformemente deve risultare che: (a) quando la sollecitazione è applicata lungo le due direzioni preferenziali, trama e ordito, il quadrilatero definito dagli 8 markers applicati sul provino per la misura delle deformazioni si deforma ma non presenta scorrimenti angolari; (b) quando invece la sollecitazione è diretta lungo una direzione diversa da quelle principali, il quadrilatero presenta anche scorrimenti angolari. Poiché l'andamento qualitativo dei grafici, per prove eseguite con uno stesso protocollo è analogo, si è deciso di riportare in questa sede solo i quadrilateri ottenuti nelle seguenti prove: 1. prove biassiali sul tessuto A1(1-1) (Figura 5.17) 2. prove uniassiali in direzione “on axis”, trama e ordito, sui tessuti A1_T e A1_O (Figura 5.18) 3. prove uniassiali in direzione “off axis”, a 45° e 20°, sui tessuti A1_45° e A1_20° (Figura 5.19) I quadrilateri sono raffigurati nella configurazione indeformata (ε = 0%) e nella configurazione deformata a diversi livelli di deformazione. 89 Capitolo 5 Direzione Trama [pixels] 150 100 50 0% 5% 10 % 0 -50 -100 -150 -150 -100 -50 0 50 100 150 Direzione Ordito [pixels] Figura 5.17 – Posizioni degli 8 markers in un esperimento biassiale del provino A1(1-1) (posizioni a 0%, 5% e 10% di deformazione). 200 150 Direzione Ordito [pixels] Direzione Trama [pixels] 200 100 50 0% 10 % 20 % 0 -50 -100 -150 -200 -200 -150 -100 -50 0 50 100 0% 10 % 25 % 0 -100 -200 100 150 200 -200 Direzione Ordito [pixels] -100 0 100 Direzione Trama [pixels] (a) (b) Figura 5.18 – Posizioni degli 8 markers in un esperimento uniassiale. Provini in direzioni “on axis”: (a) A1_T e (b) A1_O. 90 200 150 150 100 100 Direzione +20° [pixels] Direzione +45° [pixels] Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 50 0% 10 % 20 % 0 -50 -100 50 0% 10 % 27 % 0 -50 -100 -150 -150 -150 -100 -50 0 50 100 -150 150 -100 -50 0 50 100 150 Direzione -70° [pixels] Direzione -45° [pixels] (a) (b) Figura 5.19 – Posizioni degli 8 markers in un esperimento uniassiale. Provini in direzione “off axis”: (a) A1_45° e (b) A1_20. Come si può vedere dalle Figure 5.17÷5.19, quando il tessuto è sollecitato lungo le sue due direzioni principali e a 45° rispetto a queste esso effettivamente subisce solo delle deformazioni normali, elongazioni e contrazioni, (Figure 5.17 , 5.18a-b e 5.19a) mentre quando è sollecitato a 20° rispetto alla direzione ordito compaiono anche degli scorrimenti angolari (Figura 5.19b). Il fatto che anche a 45° non compaiono scorrimenti angolari è dovuto alla simmetria della geometria e a proprietà meccaniche poco differenti nelle due direzioni principali. Questa evidenza porta a concludere che il materiale presenta una risposta analoga a quella attesa in base a considerazioni sulla sua struttura e quindi ad affermare che il provino nella zona centrale delimitata dai markers (che rappresenta la regione di misura delle deformazioni) è soggetto ad uno stato di sforzo/deformazione qualitativamente corretto. Si deve precisare che non è stato possibile eseguire questa analisi sul tessuto B nelle direzioni “off-axis” a causa della presenza di ondulazioni quando il tessuto non è caricato nelle direzioni di simmetria. 91 Capitolo 5 5.5.2.2. Analisi del campo di deformazione locale In aggiunta all’analisi qualitativa del paragrafo precedente si può compiere un’analisi quantitativa, basata sulla valutazione della distribuzione locale delle deformazioni (Paragrafo 4.2.2) e del relativo confronto con l’architettura della maglia, per valutare: a. l’uniformità del campo di deformazione e l’assenza di effetti di bordo nella regione di misura (zona dei markers) b. la presenza di scorrimenti angolari e la loro entità quando il tessuto è sollecitato in direzioni diverse da quelle principali. I dati su cui è stata effettuata questa analisi sono ricavati dalle medesime prove utilizzate per le valutazioni qualitative riportate nel paragrafo precedente. I passi seguiti nell’analisi sono stati: 1) la scelta delle due configurazioni di riferimento (configurazione iniziale e configurazione finale) tra cui calcolare le deformazioni (Tabella 5.6); 2) il calcolo mediante funzioni di forma isoparametriche, equazione (4.10), e funzioni di interpolazione biquadratiche, equazioni (4.12), dei valori locali di deformazioni entro la regione di misura delimitata dagli 8 markers esterni (Figura 5.20); A1(1-1) Fx-iniziale 2N Fy-iniziale 2.5 N Fx-finale 220 N Fy-finale 300 N A1_T A1_O A1_45° A1_20° 2N 4N 2N 1N 330 N 310 N 121 N 170 N Tabella 5.6 – Definizione delle configurazioni iniziale e finale per ciascuna prova utilizzate per il calcolo delle deformazioni (Y definisce nel caso di prove uniassiali la direzione di carico). 92 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici (-1, -1) (0, -1) 1 (-1, 0) 5 (1, -1) 2 6 (1, 0) 8 4 7 (-1, 1) r 3 (0, 1) (1, 1) s Fig. 5.20 – Rappresentazione in coordinate r, s dell’elemento isoparametrico a 8 nodi, in cui è mappato il quadrilatero definito dai markers. Le Figure 5.21, 5.22, 5.23, 5.24 e 5.25 riportano la distribuzione delle componenti di deformazioni nel piano del tessuto e l’angolo θ tra 2 linee inizialmente ortogonali valutate per i medesimi provini del paragrafo precedente 5.5.2.1 utilizzando le equazioni 4.13 e 4.15. Per tutti i provini, “on-axis” e “off-axis”, il campo di deformazione è omogeneo all’interno della regione delimitata dai markers. L’omogeneità del campo di deformazione macroscopica è necessaria per poter ottenere una stima realistica dei parametri costitutivi macroscopici del tessuto, in quanto consente di escludere la presenza di effetti di bordo (concentrazione di carico generata agli afferraggi) che possono propagarsi all’interno della zona di misura impedendo così una stima affidabile degli sforzi. Coerentemente con l’ipotesi fatta di identificare gli assi principali di ortotropia del tessuto con le direzioni trama e ordito, i provini “on-axis” e i provini “off-axis” a 45° non esibiscono significativi scorrimenti angolari nel caso di trazione uniassiali (EXY inferiore al 10-15 % delle deformazione longitudinale EYY). Al contrario, quando il tessuto è sottoposto a trazione in direzione “off-axis” a 20°, lo scorrimento angolare EXY risulta il 50 % della deformazione longitudinale nella direzione di trazione. 93 Capitolo 5 E YY [%] E XX [%] 15 10 11 5 10 0 9 -5 8 -10 -15 -15 -10 -5 0 5 10 direzione trama direzione trama 15 10 10 5 9 0 8 -5 7 -10 -15 -15 -10 15 direzione ordito -5 5 10 15 direzione ordito a) b) θ E XY [%] 15 [gradi] 15 10 5 5 4 0 2 -5 1 -10 0 -15 -15 -10 -5 0 5 10 direzione trama direzione trama 0 10 90 5 89 0 87 -5 86 -10 85 -15 -15 -10 15 direzione ordito -5 0 5 10 15 direzione ordito d) c) Figura 5.21 - Prova biassiale sul provino “on-axis” A1(1-1). Distribuzione della a) deformazione longitudinale in direzione trama EYY, b) deformazione longitudinale in direzione ordito EXX, c) scorrimento angolare EXY e d) angolo finale θ tra due linee inizialmente ortogonali. 94 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici E YY [%] E XX [%] 15 15 23 5 22 0 -5 21 -10 -15 -15 -10 -5 0 5 10 -7.0 10 direzione trama direzione trama 10 -7.2 5 -7.4 0 -7.6 -5 -7.8 -10 -8.0 -15 -15 -10 15 direzione ordito -5 5 10 15 direzione ordito a) b) θ E XY [%] 15 [gradi] 15 3 10 90 10 5 2 0 -5 1 -10 -15 -15 -10 -5 0 5 10 direzione trama direzione trama 0 89 5 88 0 87 -5 86 -10 85 -15 -15 -10 15 direzione ordito -5 0 5 10 15 direzione ordito d) c) Figura 5.22 – Prova uniassiale sul provino “on-axis” lungo la direzione trama A1-T. Distribuzione della a) deformazione longitudinale EYY, b) deformazione trasversale EXX, c) deformazione di taglio EXY e d) angolo finale θ tra due linee inizialmente ortogonali. 95 Capitolo 5 E XX [%] E YY [%] 15 10 26 5 25 0 24 -5 23 -10 -15 -15 -10 -5 0 5 10 -7.0 10 direzione ordito direzione ordito 15 -7.2 5 -7.4 0 -7.6 -5 -7.8 -10 -8.0 -15 -15 -10 15 -5 0 10 15 direzione trama direzione trama a) b) θ E XY [%] 15 [gradi] 15 10 5.0 5 4.7 0 4.5 -5 4.2 -10 4.0 -15 -15 -10 -5 0 5 10 86.0 10 direzione ordito direzione ordito 5 5 85.5 0 -5 85.0 -10 -15 -15 -10 15 -5 0 5 10 15 direzione trama d) direzione trama c) Figura 5.23 - Prova uniassiale sul provino “on-axis” lungo la direzione ordito A1-O. Distribuzione della a) deformazione longitudinale EYY, b) deformazione trasversale EXX, c) deformazione di taglio EXY e d) angolo finale θ tra due linee inizialmente ortogonali. 96 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici E YY [%] E XX [%] 15 10 21 5 20 0 19 -5 18 -10 -15 -15 -10 -5 0 5 10 -18 0 -21 -10 -23 -5 0 5 10 15 direzione -45° b) a) θ E XY [%] [gradi] 15 15 10 2.0 5 1.5 0 1.0 -5 0.5 -10 0.0 -5 0 5 10 90 10 direzione +45° direzione +45° -19 -5 -15 -15 -10 15 -16 5 direzione -45° -15 -15 -10 -14 10 direzione +45° direzione +45° 15 5 -5 88 -10 -15 -15 -10 15 89 0 -5 0 5 10 15 direzione -45° d) direzione -45° c) Figura 5.24 - Prova uniassiale sul provino “off-axis” a 45° rispetto alla direzione ordito A1-45°. Distribuzione della a) deformazione longitudinale EYY, b) deformazione trasversale EXX, c) deformazione di taglio EXY e d) angolo finale θ tra due linee inizialmente ortogonali. 97 Capitolo 5 E YY [%] E XX [%] 15 10 29 5 28 0 27 -5 26 -10 -15 -15 -10 -5 0 5 10 -19 -20 -21 -22 -23 -24 -25 10 direzione +20° direzione +20° 15 5 0 -5 -10 -15 -15 -10 15 direzione -70° -5 10 15 b) θ E XY [%] 15 [gradi] 15 10 14.0 5 13.5 0 13.0 -5 12.5 -10 12.0 -5 0 5 10 76 10 direzione +20° direzione +20° 5 direzione -70° a) -15 -15 -10 0 74 0 73 -5 72 -10 71 -15 -15 -10 15 direzione -70° 75 5 -5 0 5 10 15 direzione -70° d) c) Figura 5.25 – Prova uniassiale sul provino “off-axis” a 20° rispetto alla direzione ordito A1-20°. Distribuzione della a) deformazione longitudinale EYY, b) deformazione trasversale EXX, c) deformazione di taglio EXY e d) angolo finale θ tra due linee inizialmente ortogonali. 98 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 5.5.2.3. Prove uniassiali In questo paragrafo sono riportati i risultati ottenuti dall’esecuzione delle prove uniassiali. Tali prove sono state condotte: • in direzione “on axis” (trama/ordito) sia per il tessuto A (Figura 5.26 e 5.27) che per il tessuto B (Figura 5.29 e 5.30); • in direzione “off axis” (+45°/+20° rispetto alla direzione ordito) solo per il tessuto A (Figura 5.28). Per ciascun protocollo si sono eseguite 4 prove su altrettanti provini. Tutte le prove sono state condotte a velocità costante pari a 15 mm/min. Per ogni provino le misure di sforzo e deformazione sono riferite alla direzioni principali del tessuto (trama e ordito) in accordo con le equazioni presentate nel capitolo 4. Poiché nel paragrafo precedente l’omogeneità della distribuzione di deformazione è stata verificata, la risposta verrà valutata considerando il materiale microscopicamente omogeneo utilizzando i valori medi delle componenti di deformazioni valutate agli 8 markers (paragrafo 4.2.1). 600 Tessuto A ST [MPa] 450 300 150 Prove uniassiali in direzione trama 0 -10 0 10 20 30 E T [%] E O [%] Figura 5.26 – Tessuto A: prove uniassiali in direzione trama su quattro provini. ST: sforzo longitudinale in direzione trama; ΕΤ: deformazione longitudinale in direzione trama; ΕΟ: deformazione trasversale in direzione ordito. 99 Capitolo 5 600 Tessuto A SO [MPa] 450 300 150 Prove uniassiali in direzione ordito 0 -20 -10 0 10 20 30 40 E O [%] E T [%] Figura 5.27 - Tessuto A: prove uniassiali in direzione ordito su quattro provini. SO: sforzo longitudinale in direzione ordito; ΕΟ: deformazione longitudinale in direzione ordito; ΕΤ: deformazione trasversale in direzione trama. 250 Tessuto A SOT [MPa] 200 150 100 50 Prove uniassiali a 45° 0 0 20 40 60 E OT [%] Figura 5.28 - Tessuto A: prove uniassiali in direzione 45° su quattro provini. SOT: sforzo di taglio; ΕΟΤ: deformazione di taglio. 100 80 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 600 Tessuto B 500 SO [MPa] 400 300 200 100 Prove uniassiali in direzione trama 0 -10 0 10 E T [%] 20 30 E O [%] Figura 5.29 - Tessuto B: prove uniassiali in direzione trama su quattro provini. ST: sforzo longitudinale in direzione trama; ΕΤ: deformazione longitudinale in direzione trama; ΕΟ: deformazione trasversale in direzione ordito. 600 Tessuto B 500 SO [MPa] 400 300 200 100 Prove uniassiali in direzione ordito 0 -20 -10 0 10 20 30 40 E O [%] E T [%] Figura 5.30 - Tessuto B: prove uniassiali in direzione ordito su quattro provini. SO: sforzo longitudinale in direzione ordito; ΕΟ: deformazione longitudinale in direzione ordito; ΕΤ: deformazione trasversale in direzione trama. 101 Capitolo 5 L’identificazione dei parametri elastici del modello ortotropo è stata eseguita interpolando le curve sforzo – deformazione per i provini “on-axis” e a 45° nell’intervallo di deformazione compreso tra 1% e 5%. Il limite inferiore dell’intervallo di deformazione, pari al 1%, è scelto tenendo conto dell’esigenza di trascurare gli artefatti sperimentali iniziali dovuti ad un riallineamento dei provini agli assi del sistema di prova; il limite superiore, pari al 5%, corrisponde all'estremo dell'intervallo in cui il comportamento dei tessuti risulta elastico lineare. Inoltre i due tessuti utilizzati negli esperimenti sono impiegati principalmente in ambito serigrafico e per essi una deformazione del 5%, prodotta dal prepensionamento durante il fissaggio sul quadro e dal successivo passaggio della racla, corrisponde al limite di esercizio. Solamente per il tessuto A (150.34) sono stati identificati tutti i parametri che compaiono nella matrice di rigidezza elastica, mentre per il tessuto B (62.64) sono stati identificati solo i parametri ottenuti dalle prove “on axis” (i moduli elastici KO e KT ed i coefficienti di Poisson νOT e νTO). I parametri così determinati per tutti i provini sono riportati in Tabella 5.7 per il tessuto A e in Tabella 5.8 per il tessuto B. 102 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici direzione ordito provino direzione trama direzione a 45° KO [MPa] νOT KT [MPa] νTO G [MPa] #1 2458 0.23 2986 0.36 110 #2 2570 0.22 3032 0.34 103 #3 2344 0.24 3044 0.35 141 #4 2581 0.23 3058 0.36 97 Media 2488 0.23 3030 0.35 113 Dev. St. 111 0.01 31 0.01 20 Tabella 5.7 - Identificazione dei parametri elastici del tessuto A. provino direzione ordito direzione trama KO [MPa] νOT KT [MPa] νTO #1 2081 0.20 2829 0.32 #2 2114 0.20 2810 0.31 #3 2069 0.19 2795 0.34 #4 2054 0.23 2972 0.34 Media 2080 0.21 2852 0.33 Dev. St. 26 0.02 82 0.01 Tabella 5.8 - Identificazione dei parametri elastici del tessuto B. 103 Capitolo 5 Dai valori riportati nelle Tabelle 5.7 e 5.8 si osserva che: ¾ per entrambi i tessuti la rigidezza risulta differente fra le due direzioni principali, mostrando un valore maggiore in direzione trama del 22% per il tessuto A e del 31% per il tessuto B; ¾ la condizione di simmetria (νOT/KO = νTO/KT) risulta verificata con una buona approssimazione (νOT/KO = 0.000092 e νTO/KT = 0.000115 per il tessuto A; νOT/KO = 0.000101 e νTO/KT = 0.000157 per il tessuto B); ¾ la dispersione dei risultati, ottenuta come rapporto tra la deviazione standard e la media, risulta bassa (inferiore a 0.1) per quanto concerne la stima dei moduli di elasticità longitudinale e dei coefficienti di contrazione trasversale, mentre di entità superiore (pari a 0.177) risulta la dispersione dei risultati relativi al modulo di elasticità tangenziale G per il tessuto A. La maggior dispersione dei risultati relativi al modulo G è dovuta alla notevole differenza tra il valore ottenuto per il provino numero 3 rispetto a quello ottenuto per gli altri provini imputabile o ad un errato allineamento del provino agli assi della macchina di prova o al fatto che il provino non è stato ritagliato esattamente a 45° rispetto alla direzione ordito. Per quanto concerne il tessuto A è stato possibile anche valutare l’affidabilità del modello ortotropo e la correttezza dei parametri elastici stimati, confrontando le curve sforzo-deformazione sperimentali ottenute nelle prove “off axis” a 20° con quelle calcolate utilizzando l’equazione B.11a. Come illustrato in Figura 5.31, è stato trovato un buon accordo tra il modello e le misure, con uno scarto quadratico medio tra gli sforzi ottenuti sperimentalmente e quelli teorici di 6.1 (a), 2.7 (b), 6.0 (c) e 3.9 (d). 104 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 80 Tessuto A S +20° [MPa] 60 modello 40 sperimentale 20 Prova uniassiale a 20° 0 -15 -10 -5 0 5 10 E +20° [%] E -70° [%] (a) 80 60 modello S +20° [MPa] Tessuto A 40 sperimentale 20 Prova uniassiale a 20° 0 -15 -10 -5 0 5 10 E +20° [%] E -70° [%] (b) 105 Capitolo 5 80 Tessuto A S +20° [MPa] 60 modello 40 sperimentale 20 Prova uniassiale a 20° -15 -10 0 -5 0 5 10 E +20° [%] E -70° [%] (c) 200 Tessuto A S +20° [MPa] 150 modello 100 sperimentale 50 Prova uniassiale a 20° 0 -30 -20 -10 0 10 20 30 E +20° [%] E -70° [%] (d) Figura 5.31 – Validazione del modello ortotropo e della stima dei parametri. Confronto tra dati sperimentali e modello costitutivo per prove uniassiali di trazione su provini del tessuto A a 20° rispetto alla direzione ordito: (a) provino A1-20°, (b) provino A2-20° (c) provino A3-20 e (d) provino A4-20°. 106 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici Un’ulteriore analisi si è infine effettuata a partire dai dati sperimentali ottenuti dalle prove uniassiali sul tessuto A. In particolare si è studiata la risposta meccanica del tessuto in un ampio intervallo di deformazione (1% ÷ 20%) al fine di prevederne il comportamento fino a rottura, e quindi anche la resistenza meccanica. I parametri sono stati identificati suddividendo l’intero intervallo di deformazione preso in esame in intervalli ristretti, in cui la risposta meccanica può essere ritenuta lineare (identificazione a tratti). I valori medi dei parametri così determinati sono riportati in Tabella 5.9 . L’affidabilità del modello ortotropo e la correttezza dei parametri elastici è stata valutata simulando le prove di trazione sui provini “off axis” a 20° (anche in questo caso per il calcolo dello sforzo teorico atteso si è utilizzata l’equazione B.11a) e confrontando i risultati con le corrispondenti curve sforzo-deformazione determinate sperimentalmente. Come illustrato in Figura 5.32, è stato trovato un buon accordo tra il modello e le misure, con uno scarto quadratico medio di 11.2 (a), 10.4 (b), 8.5 (c) e 7.7 (d). direzione ordito intervallo di deformazione K [MPa] νOT O direzione trama direzione a 45° KT [MPa] νTO G [MPa] 1%÷5% 2488 0.23 3030 0.35 113 5%÷10% 1758 0.33 2404 0.46 138 10%÷15% 1631 0.32 2401 0.43 174 15%÷20% 1758 0.28 2013 0.31 219 Tabella 5.9 - Identificazione dei parametri elastici del tessuto A. 107 Capitolo 5 200 Tessuto A modello S +20° [MPa] 150 100 sperimentale 50 Prova uniassiale a 20° 0 -30 -20 -10 0 10 20 30 E +20° [%] E -70° [%] (a) 200 Tessuto A S +20° [MPa] 150 modello 100 sperimentale 50 Prova uniassiale a 20° 0 -30 -20 -10 0 10 20 30 E +20° [%] E -70° [%] (b) 108 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 200 Tessuto A S +20° [MPa] 150 modello 100 sperimentale 50 Prova uniassiale a 20° 0 -30 -20 -10 0 10 20 30 E +20° [%] E -70° [%] (c) 200 Tessuto A S +20° [MPa] 150 modello 100 sperimentale 50 Prova uniassiale a 20° 0 -30 -20 -10 0 10 20 30 E +20° [%] E -70° [%] (d) Figura 5.32 – Validazione del modello ortotropo e della stima dei parametri. Confronto tra dati sperimentali e modello costitutivo per prove uniassiali di trazione su provini a 20° rispetto alla direzione ordito del tessuto A: (a) provino A1-20°, (b) provino A2-20° (c) provino A3-20e (d) provino A4-20°. 109 Capitolo 5 5.5.2.4. Prove biassiali Le prove biassiali sono state condotte su provini cruciformi, ritagliati lungo le direzioni principali trama e ordito. Si sono effettuate differenti prove imponendo ogni volta un diverso rapporto delle velocità delle traverse nelle due direzioni di carico, ed in particolare: • (1-1): uguale velocità di spostamento (15 mm/min) nelle due direzioni; • (3-1): velocità di spostamento in direzione ordito (45 mm/min) tripla rispetto a quella in direzione trama (15 mm/min); • (2-1): velocità di spostamento in direzione ordito (30 mm/min) doppia rispetto a quella in direzione trama (15 mm/min); • (1-2): velocità di spostamento in direzione ordito (15 mm/min) pari alla metà rispetto a quella in direzione trama (30 mm/min); Come per le prove uniassiali, anche nella rielaborazione dei dati ottenuti dalle prove biassiali, poiché l’omogeneità della distribuzione di deformazione è stata verificata, sono stati usati i valori medi delle componenti di deformazioni valutate agli 8 markers posizionati sui lati esterni del quadrato (paragrafo 4.2.1). Le prove con uguale velocità nelle direzioni trama e ordito sono state ripetute su 4 provini sia per il tessuto A (150.34) che per il tessuto B (62.64). I risultati di tali prove sono riportati nelle curve sperimentali sforzo-deformazione di Figura 5.33 e 5.34. Dai grafici si può osservare: ¾ una bassa dispersione dei dati (scostamento massimo tra le curve sforzodeformazione del 10% per il tessuto A e del 6% per il tessuto B); ¾ le curve sforzo-deformazione anche in regime biassiale sono tipicamente non lineari con una maggiore rigidezza in direzione trama rispetto alla direzione ordito; ¾ le deformazioni a rottura sono nettamente inferiori rispetto a quelle riscontrate nelle prove uniassiali (la rottura avviene a deformazioni del 9% per il tessuto A e del 15% per il tessuto B contro valori del 30% in direzione ordito e 22% in direzione trama per entrambi i tessuti nelle prove uniassiali). Le prove con differente velocità di spostamento delle traverse nelle due direzioni, sono state compiute su un solo provino. In Figura 5.35 e 5.36 sono riportate le curve sforzo–deformazione ottenute dalle prove biassiali in direzione ordito (a) e trama (b) per i tessuti A e B, rispettivamente. Dai grafici risulta evidente che la rigidezza in direzione ordito aumenta riducendo il rapporto tra la velocità di spostamento in direzione ordito e trama (vO/vT), poiché aumenta la forza opposta dal tessuto in direzione trama all’allungamento in direzione ordito. Analogamente la rigidezza in direzione trama aumenta aumentando il rapporto tra la velocità di spostamento in direzione ordito e trama. 110 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 400 Tessuto A ST [MPa] 300 200 100 Prove biassiali Sforzo in direzione trama 0 10 8 6 4 2 0 2 E O [%] 4 6 8 10 E T [%] (a) SO [MPa] 300 Tessuto A 200 100 Prove biassiali Sforzo in direzione ordito 0 10 8 6 4 2 0 E T [%] 2 4 6 8 10 E O [%] (b) Figura 5.33 – Tessuto A: prove di trazione biassiale con rapporto vtrama: vordito = 1:1. Sforzo in direzione (a) trama e (b) ordito. 111 Capitolo 5 400 Tessuto B ST [MPa] 300 200 100 Prove biassiali Sforzo in direzione trama 0 16 12 8 4 0 E O [%] 4 8 12 16 E T [%] (a) 300 Tessuto B SO [MPa] 200 100 Prove biassiali Sforzo in direzione ordito 0 16 12 8 4 0 E T [%] 4 8 12 16 E O [%] (b) Figura 5.34 – Tessuto B: prove di trazione biassiale con rapporto vtrama: vordito = 1:1. Sforzo in direzione (a) trama e (b) ordito. 112 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 400 Tessuto A ST [MPa] 300 200 bia (3-1) bia (2-1) bia (1-1) bia (1-2) 100 Prove biassiali Sforzo in direzione trama 16 12 8 4 0 0 4 8 12 16 E T [%] E O [%] (a) 400 Tessuto A SO [MPa] 300 200 bia (3-1) bia (2-1) bia (1-1) bia (1-2) 100 Prove biassiali Sforzo in direzione ordito 16 12 8 4 0 0 4 8 12 16 E O [%] E T [%] (b) Figura 535 – Prove di trazione biassiale sul tessuto A per differenti valori del rapporto delle velocità di spostamento nelle due direzioni (vtrama: vordito). Sforzo in direzione (a) trama e (b) ordito. 113 Capitolo 5 ST [MPa] Tessuto B bia (3-1) bia (2-1) bia (1-1) bia (1-2) Prove biassiali Sforzo in direzione trama E O [%] E T [%] (a) 400 Tessuto B SO [MPa] 300 200 bia (3-1) bia (2-1) bia (1-1) bia (1-2) 100 Prove biassiali Sforzo in direzione ordito 25 20 15 10 0 5 0 E T [%] 5 10 15 20 25 E O [%] (b) Figura 5.36 – Prove di trazione biassiale sul tessuto B per differenti valori del rapporto delle velocità di spostamento nelle due direzioni (vtrama: vordito). Sforzo in direzione (a) trama e (b) ordito. 114 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 5.5.2.5. Dominio di Resistenza I dati ottenuti dalle prove uniassiali e biassiali sono stati utilizzati per ricavare il dominio di resistenza sperimentale dei tessuti. Tali domini sono stati inoltre approssimati utilizzando il criterio di resistenza di Tsai-Hill e di Massimo Sforzo (paragrafo 2.4.1). Per uno stato di sforzo bi-dimensionale riferito agli assi principali, il criterio di Massimo Sforzo ha la forma: S T ≤ σ Tu (5.3) S O ≤ σ Ou mentre il criterio di Tsai-Hill ha la forma: S T2 2 σ Tu + S O2 2 σ Ou + ST S O C ≤1 (5.4a) dove ⎛⎛ σ2 σ2 C = ⎜⎜ ⎜1 − OTu − TOu 2 2 ⎜⎜ σ Ou σ Tu ⎝⎝ ⎞ ⎞ ⎟ S S ⎟ ⎟ T O ⎟⎟ ⎠ ⎠ (5.4b) dove σ Ou e σ Tu rappresentano gli sforzi a rottura ottenuti dalle prove di trazione 2 2 uniassiali in direzione ordito e trama, mentre σ OTu e σ TOu rappresentano gli sforzi a rottura in direzione ordito e trama, rispettivamente, ottenuti dalla prova biassiale con uguale spostamento nelle due direzioni. I valori dei parametri caratteristici ottenuti per i 2 tessuti sono riportati in Tabella 5.10. Tessuto A Tessuto B σ Tu [MPa] σ Ou [MPa] σ TOu [MPa] σ OTu [MPa] C [MPa-2] 528 488 338 242 473 441 340 250 4.22E-06 1.92 E-06 Tabella 5.10 – Parametri caratteristici del materiale per l’equazione di Tsai-Hill. I valori ultimi di resistenza ottenuti dalle prove uniassiali e biassiali (queste ultime per i diversi rapporti di velocità di spostamento delle due traverse) e le curve descriventi i domini di resistenza ottenute sostituendo i valori dei parametri nelle equazioni 5.3 e 5.4, sono presentati per entrambi i tessuti nelle Figure 5.37a-b. Dai grafici si può osservare che, per entrambi i tessuti,: • il criterio di Massimo Sforzo risulta più cautelativo rispetto a quello di Tsai-Hill; • i dati sperimentali sono contenuti tra le due curve, quella descrivente il dominio di Tsai-Hill e di Massimo Sforzo; 115 Capitolo 5 • lo scostamento dei dati sperimentali dalla curva descrivente il dominio di TsaiHill è piccolo (lo scarto quadratico è di 30 MPa per il tessuto A e di 46 MPa per il tessuto B), mentre maggiore risulta lo scostamento dalla curva di Massimo Sforzo (lo scarto quadratico è di 37 MPa per il tessuto A e di 77 MPa per il tessuto B) Si può concludere che il criterio di Tsai-Hill prevede con una buona accuratezza il domino di resistenza dei tessuti analizzati e oltretutto è sempre cautelativo (i limiti trovati sperimentalmente sono sempre situati all’interno della regione accettabile di Tsai-Hill). 600 Massimo Sforzo Tsai-Hill Dati sperimentali uni (0-1) S T [MPa] 450 bia (1-2) bia (1-1) 300 bia (2-1) bia (3-1) 150 uni (1-0) Tessuto A 0 0 150 300 450 600 S O [MPa] 600 Massimo Sforzo Tsai-Hill Dati Sperimentali uni (0-1) 450 S T [MPa] (a) bia (1-2) bia (1-1) 300 bia (2-1) bia (3-1) 150 Tessuto B uni (1-0) 0 0 150 300 450 S O [MPa] 600 (b) Figura 5.37 – Dominio di resistenza del tessuto (a) A e (b) B. 116 Esempi di caratterizzazione sperimentale di tessuti tecnici 5.6. Discussione In questo capitolo sono presentati i risultati delle prove sperimentali eseguite su due tessuti tecnici e sulle loro unità fondamentali, i fili. Questi esperimenti sono stati concepiti con l’intento di stimare i parametri geometrici e meccanici (quali il modulo di rigidezza dei fili e il coefficiente di attrito) da utilizzare in un modello numerico del tessuto per determinare in maniera dettagliata il complesso comportamento della struttura a fibre, nonché di avere a disposizione dati sperimentali per la convalida del modello numerico presentato nel capitolo successivo. La stima delle proprietà meccaniche dei tessuti, ottenuti dalle prove meccaniche, è stata preceduta dall’analisi del campo di deformazione nella zona di misura; questa analisi ha evidenziato l’omogeneità del campo di deformazione (associata all’assenza di artefatti sperimentali, quali effetti di bordo) per tutte le prove eseguite sul tessuto A (150.34), mentre solo nelle prove di trazione lungo le direzioni principali nel caso del tessuto B (62.64); per questo secondo tessuto l’applicazione di carico in direzioni diverse da quelle di trama e ordito produce ondulazioni fuori dal piano, e deformazioni non compatibili con il sistema di misura utilizzato. Per il tessuto A è stato possibile effettuare un’indagine sperimentale completa, giungendo a stimare i 4 parametri elastici della matrice di rigidezza (KO, KT, νTO e G) grazie a 3 sole prove uniassiali lungo le due direzioni principali e a 45° rispetto a queste. Il confronto tra i risultati delle prove sperimentali eseguite su provini a 20° rispetto alla direzione ordito con quelli calcolati inserendo nel modello costitutivo ortotropo i parametri elastici stimati ha consentito di convalidare l’ipotesi sul comportamento meccanico fatta inizialmente. Inoltre grazie ai risultati ottenuti dalle prove biassiali eseguite variando il rapporto tra le velocità delle traverse nelle due direzioni di carico, coincidenti con le direzioni trama e ordito, è stato possibile determinare con una buona approssimazione il dominio di resistenza a trazione utilizzando sia il criterio di Massimo Sforzo che il criterio di TsaiHill (questo ultimo si è visto essere sempre cautelativo). I risultati delle prove uniassiali e biassiali effettuate lungo le direzioni principali verranno utilizzate per validare il modello numerico. Nel caso del tessuto B, è stato possibile eseguire solamente prove uniassiali e biassiali lungo le direzioni principali; pertanto questi risultati sono stati utilizzati per validare il modello numerico e determinare il dominio di resistenza ma non è stato possibile effettuare una caratterizzazione completa del tessuto. 117 CAPITOLO 6 SIMULAZIONE NUMERICA DELLE PROVE SPERIMENTALI In questo capitolo è presentato un modello numerico per valutare il comportamento meccanico di tessuti tecnici monofilamento soggetti a differenti condizioni di carico. Il comportamento macroscopico dei tessuti è predetto da un modello ad elementi finiti tridimensionale includente un’accurata descrizione geometrica dei fili e del loro comportamento meccanico. Un comportamento costitutivo analitico non-lineare è assunto per interpolare i dati sperimentali dei fili. L’indagine è eseguita nell’ambito della teoria dell’omogeneizzazione per mezzi periodici ed il comportamento macroscopico dei tessuti è ottenuto per mezzo di analisi numeriche su un volume rappresentativo (VR). Infine per valutare l’affidabilità del modello numerico è riportato un confronto fra la risposta meccanica predetta dal modello e i risultati ottenuti delle prove uniassiali e biassiali sui tessuti A e B presentati nel Capitolo 5. 119 Capitolo 6 6.1. Introduzione Come descritto nel Capitolo 2, i tessuti tecnici studiati sono ampiamente usati in campo industriale per applicazioni quali la serigrafia. Per ottenere una buona risoluzione di stampa è di primaria importanza che le proprietà meccaniche del tessuto siano tali da garantire una perfetta regolarità delle aperture della maglia. E’ fondamentale quindi determinare il comportamento meccanico del tessuto, sia per quanto riguarda la deformabilità che la resistenza, in quanto la qualità della stampa dipende da entrambe. Il modello numerico implementato in questa tesi è basato sull’assunzione di una distribuzione regolare dei fili, che generano un intreccio che si ripete periodicamente nel piano (Figura 6.1). VR RV VER Figura 6.1 - Volume rappresentativo (VR) del tessuto monofilo. Questo ci permette di sfruttare i concetti teorici della teoria dell’omogeneizzazione per mezzi periodici [Suquet, 1985] e quindi di ottenere il completo comportamento meccanico dei tessuti mediante analisi numeriche su un volume rappresentativo (VR), seguendo l’approccio implementato e descritto in [Carvelli e Poggi, 2001] per materiali compositi. Lo sviluppo del modello periodico tri-dimensionale (3D) è definito tenendo in considerazione alcune condizioni al contorno cinematiche particolari [Carvelli e Poggi, 2001]. Il modello numerico descritto in seguito richiede come dati di ingresso sia un’accurata geometria dei fili e dei tessuti, ottenuta da osservazioni microscopiche, sia il comportamento meccanico dei fili, determinato sperimentalmente (Capitolo 5). La risposta meccanica predetta dal modello numerico è poi confrontata con i risultati sperimentali dei tessuti A e B ottenuti dalle prove uniassiali e biassiali. 120 Simulazione numerica delle prove sperimentali 6.2. Modello Geometrico Un modello numerico 3-D è stato implementato per predire il comportamento meccanico di tessuti tecnici monofilamento; questo modello permette di determinare o capire meglio alcuni fenomeni locali (per esempio la distribuzione dello sforzo e della deformazione durante la storia di carico) e l’influenza di alcuni parametri geometrici e meccanici sul comportamento meccanico complessivo del tessuto. Le analisi numeriche dei tessuti sono state eseguite sul volume rappresentativo (VR), rispettando alcune particolari condizioni cinematiche al contorno sul VR, per simulare la periodicità; ed in particolare si è fatta l’ipotesi di una distribuzione regolare, ripetuta periodicamente, dei fili nel tessuto [Carvelli e Poggi, 2001]. La legge costitutiva macroscopica descrive la risposta globale di un mezzo infinito ideale soggetto a condizioni al contorno uniformi, in termini di sforzo o deformazione. La legge costitutiva globale descrive la relazione fra le componenti di sforzo e deformazione macroscopiche ( Σ , Ε ) definite come medie volumetriche delle corrispondenti variabili microscopiche ( σ (x) , ε (x) ) che sono funzioni del vettore posizione x nel VR, con componenti xi (i = 1, 2, 3), relative ad un sistema di riferimento cartesiano ortogonale. In generale questa legge deve essere espressa in forma incrementale. I campi di sforzo σ (x) e deformazione ε (x) locali (microscopici) devono soddisfare la periodicità del materiale eterogeneo. Per soddisfare tale proprietà il campo di spostamento è collegato con il campo di deformazione dall’espressione: u ( x) = u 0 + Ω ⋅ x + Ε ⋅ x + u ( x) (6.1) dove u 0 rappresenta lo spostamento rigido del VR e Ω il tensore anti-simmetrico relazionato alle piccole rotazioni rigide del VR. Gli ultimi due termini corrispondono ai modi di deformazione pura del VR e consistono in un termine costante (la deformazione macroscopica E ) e in un termine V-periodico, con valore medio nullo, associato con la parte u V-periodica del campo di spostamento microscopico (essendo V il volume del VR). Il problema incrementale che permette di definire la legge costitutiva macroscopica, può essere espresso come segue: dato Σ& , trovo u& ( ⇒ Ε& ) così che div σ& = 0 in V (6.2a) t& = σ& ⋅ n (6.2b) Σ& = 1 V ∫ V anti − periodico su ∂V σ& dV 121 (6.2c) Capitolo 6 u& = u& − Ε& ⋅ x& 1 Ε& = V V − periodico ∫ ε& dV = 2V ∫ (u& ⊗ n + n ⊗ u&) dS 1 ∂V V σ& = F (ε&(u& )) in V (6.2d) (6.2e) (6.2f) dove V indica il volume del VR, ∂V la superficie regolare contenente V, e n il versore uscente da ∂V . Nell’equazione (6.2e) la velocità di deformazione macroscopica è stata espressa attraverso un integrale valutato su ∂V ; questa espressione è valida anche per un campo di spostamenti discontinuo. L’equazione (6.2f) rappresenta la legge costitutiva incrementale microscopica. La soluzione del problema incrementale (6.2) è ottenuta per mezzo di un modello basato sulla formulazione agli spostamenti del metodo agli elementi finiti. Un singolo VR dal tessuto (Figura 6.2) è usato per descrivere i passi principali della procedura. La discretizzazione del VR è presentata in Figura 6.3. Figura 6.2 – Estrazione di un VR dal tessuto piano considerato. Il punto chiave per l’implementazione del problema (6.2) è l’assegnazione delle condizioni al contorno che assicurano al campo di spostamenti la forma dell’equazione (6.1). Tali condizioni possono essere scritte come: u ( x1 = 0) − u ( x1 = l1 ) = u A − u B u ( x2 = 0) − u ( x2 = l 2 ) = u C − u D (6.3 a-b) dove A e B sono 2 punti dei fili in direzione trama sulla sezione trasversale x1 = 0 e x1 = l1 corrispondente nella periodicità; dove C e D sono 2 punti dei fili in direzione ordito sulla sezione trasversale a x2 = 0 e x2 = l2 corrispondente nella periodicità. 122 Simulazione numerica delle prove sperimentali A trama C ordito ordito trama trama D min D ordito min D B D ordito max trama D max Figura 6.3 – Alcuni parametri geometrici del VR. l1 e l2: dimensioni caratteristiche della cella elementare; Dmax e Dmin: diametro massimo e minimo della sezione trasversale della fibra in direzione trama e ordito. Il gradiente di spostamento macroscopico è collegato ad alcune componenti di spostamento su ∂V assumendo le condizioni di periodicità (6.3) e considerando la generale espressione del campo di spostamento (6.2), cioè: ⎡u A − uB 1 ⎢ 1 ⎢ l1 E+Ω =⎢ ⎢ u A − u 2B ⎢ 2 ⎣⎢ l1 uC − u D 1 1 l2 uC 2 − u 2D l2 ⎤ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎦⎥ (6.4) Le traslazioni rigide del modello sono annullate dall’imposizione u 0 = 0 . Le rotazioni rigide possono essere evitate imponendo l’annullamento del tensore simmetrico Ω , ponendo: l 1 C l1 D u1 − u1 + u2B − u 2A = 0 l2 l2 (6.5) Le tre componenti del tensore simmetrico Ε possono essere esplicitamente scritte così: E11 = u1A − u1B l1 E22 = u2C − u2D l2 123 E12 = u2A − u2B l1 (6.6a,b,c) Capitolo 6 Le relazioni (6.6) forniscono le condizioni cinematiche al contorno che permettono la simulazione di ogni deformazione macroscopica imposta a partire da solo alcuni spostamenti nodali liberi ( u1A , u1B , u2A , u2B , u2C , u2D ). Nelle simulazioni numeriche una componente macroscopica di deformazione è imposta e le rimanenti sono valutate dalle media volumetriche (6.2c,e) dell’omologa componente microscopica nei punti di Gauss. I parametri richiesti per creare un'accurata geometria del VR sono stati ottenuti dalle osservazioni microscopiche (Tabella 5.2 e 5.3). Dai dati misurati si desume che la sezione trasversale dei fili è da considerarsi ellittica, con diverso rapporto di ellitticità nelle direzioni trama e ordito (1.1 in direzione trama e 1.3 in direzione ordito per i fili estratti dal tessuto A, 1.2 in direzione trama e 1.3 in direzione ordito per i fili estratti dal tessuto B). Per quanto riguarda la curvatura dei fili in trama ed in ordito, essa è stata descritta mediante una funzione sinusoidale f così definita: u ( x1 = 0) − u ( x1 = l1 ) = u A − u B u ( x2 = 0) − u ( x2 = l 2 ) = u C − u D (6.7) dove k e p rappresentano rispettivamente la distanza tra le linee baricentriche di 2 fili perpendicolari e paralleli. La linea media descritta dalla funzione f è rappresentata in Figura 6.4. x3 direzione locale 1 p filo trasversale k filo trasversale linea media filo lunghezza d'onda, l Figura 6.4 – Sezione ortogonale al piano del tessuto. 124 x1 Simulazione numerica delle prove sperimentali 6.3. Modello ad Elementi Finiti (FEM) Una volta definita la geometria del VR, per le analisi numeriche è stato usato un codice commerciale ad elementi finiti [ABAQUS, 2003]. La particolare geometria dei fili ha suggerito di utilizzare elementi continui (C) tridimensionali (3D) a forma di tetraedro a quattro nodi (4), classificati come C3D4 in [ABAQUS, 2003] (Figura 6.5). Questi elementi possiedono soltanto i nodi ai vertici dell’elemento e pertanto, per risalire dagli spostamenti nodali (u1, u2, u3, u4) agli spostamenti (u) in qualsiasi altro punto dell’elemento, usano un’interpolazione lineare (di primo ordine) la cui equazione risulta: u = (1 − g − h − r ) u1 + g u2 + h u3 + r u4 con g+h+r ≤1 e (6.8) g, h, r = [0 ÷ 1] Questi elementi del primo ordine, adattandosi perfettamente alla superficie curvilinea dei fili, permettono di approssimare la geometria in modo ottimale evitando distorsioni. r 4 h 3 1 2 g Figura 6.5 – Elemento finito tetraedrico a quattro nodi: C3D4. In Tabella 6.1 sono riportate le caratteristiche della mesh utilizzata per i tessuti in analisi e in Figura 6.6 è rappresenta la mesh del volume rappresentativo (VR) del tessuto A. n° nodi n° elementi Tessuto A 6380 25920 Tessuto B 6612 26880 Tabella 6.1 - Caratteristiche della mesh del VR dei tessuti di tipo A e B. 125 Capitolo 6 3 2 (b) 1 (a) (a) Figura 6.6 – (a) Mesh del VR di tessuto A; (b) ellitticità del filo in ordito. Sono state definite sul VR le condizioni cinematiche riferite all'interazione tra le fibre, le condizioni al contorno (vincoli) e gli spostamenti imposti. Affinché le superfici delle fibre non si compenetrino, sono stati definiti i termini di contatto fra i due corpi usando la procedura “master-slave” presente nell’opzione “contact pair”. In questa procedura ogni condizione potenziale di contatto è definita in termini di nodi “slave” e superficie “master”, dove i nodi “slave” sono forzati a non penetrare nella superficie “master”, mentre i nodi della superficie “master” possono, in linea di principio, penetrare nella superficie “slave” (si veda Figura 6.7). i nodi "slave" non possono penetrare nei segmenti "master" penetrazione superficie "master" (segmenti) superficie "slave" (nodi) vuoto i nodi "master" possono penetrare nei segmenti "slave" Figura 6.7 – Penetrazione dei nodi della superficie “master” nella superficie “slave”. 126 Simulazione numerica delle prove sperimentali Se durante un’interazione dell’analisi, un nodo “slave” è trovato penetrare la superficie “master” oltre una distanza specifica, nota come hcrit, ABAQUS abbandona l'incremento e prova ancora con un più piccolo passo di incremento. Dato che, nel caso in esame, entrambe le superfici di contatto sono superfici deformabili, si è scelto di utilizzare la procedura “master-slave simmetrica”, dove si definiscono due accoppiamenti del contatto usando le stesse due superfici ma commutando i ruoli della superficie “master” e “slave”. Questo metodo comporta una spesa di calcolo supplementare, poiché le ricerche del contatto devono essere condotte due volte per lo stesso accoppiamento del contatto ma, minimizzando la penetrazione dei nodi, permette di aumentare la precisione dell’analisi. Inoltre è stata definita una relazione “pressione-compenetrazione” di tipo esponenziale; in questa relazione le superfici cominciano a trasmettere la pressione di contatto una volta che lo spazio (libero) fra loro, misurato nella direzione normale del contatto, si riduce a c0 (posto pari a ¼ del diametro nominale delle fibre). La pressione di contatto trasmessa fra le superfici allora aumenta esponenzialmente (p0 è posto pari a 1 MPa), mentre la distanza continua a diminuire (Figura 6.8). pressione di contatto, p p0 spazio libero, c c0 compenetrazione, h Figura 6.8 – Relazione pressione-compenetrazione di tipo esponenziale. Per quanto concerne la simulazione dei movimenti tangenziali relativi delle superfici di contatto, è stato definito mediante il comando “friction” il modello di attrito di Coulomb isotropo. Il modello di Coulomb (Figura 6.9) definisce la sollecitazione tangenziale critica oltre cui comincia lo scorrimento relativo tra le superfici, come una frazione della pressione di contatto fra le superfici; questa frazione, nota come coefficiente di attrito statico μ, posta pari a 0.5, è stata ottenuta moltiplicando il coefficiente di attrito dinamico calcolato sperimentalmente (Tabella 5.4, Paragrafo 5.3) per un fattore 5 (questo fattore è stato trovato sperimentalmente comparando i risultati di prove statiche e dinamiche [Qui, 2000]). 127 Capitolo 6 regione di adesione μ (coefficiente di attrito costante) Figura 6.9 – Modello di attrito di Coulomb isotropo: regione di adesione. Infine sono state applicate le condizioni al contorno per definire sia i vincoli che gli spostamenti imposti durante l’analisi. In particolare si è deciso di porre particolari combinazioni di vincoli (vedi equazione 6.5) tali da annullare le rotazioni rigide del VR nei piani 1-3 e 2-3 (Figura 6.6). Invece per quanto concerne le condizioni imposte durante l’analisi si è applicato su tutte le superfici delle sezioni esterne dei fili sottoposti a trazione uno spostamento calcolato a partire dalla deformazione a rottura dei fili. 128 Simulazione numerica delle prove sperimentali 6.4. Identificazione del legame costitutivo del materiale Come si può notare dalle curve ottenute da prove sperimentali sui fili estratti dai due tessuti in analisi (Figura 5.8 e 5.9), il comportamento del materiale risulta non lineare. Si è cercato di cogliere tale comportamento nelle analisi numeriche utilizzando un legame costitutivo non lineare disponibile nel programma di calcolo adoperato [ABAQUS, 2003] e descritto brevemente in seguito. Questo legame costitutivo isotropo e omogeneo è basato sul modello di RambergOsgood ed è caratterizzato dalla seguente legge nel caso monodimensionale: n −1 ⎞ ⎛ ⎛ σ ⎞ ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ Kε = σ ⎜1 + α ⎟ ⎜ ⎟ σ ⎜ ⎟ ⎝ o ⎠ ⎝ ⎠ (6.9) dove i parametri che compaiono rappresentano: • K: modulo di Young (definito come rigidezza iniziale della curva sforzodeformazione); • α : coefficiente di variazione della rigidezza iniziale (“yield offset”); • σ0: sforzo di snervamento; • n (>1): esponente di non linearità. I parametri K, α, σ0 e n sono stati calibrati interpolando le curve sperimentali ottenute dalle prove di trazione su fili estratti da tessuto (Figure 5.8 e 5.9); i loro valori sono riportati in Tabella 6.2. Il confronto tra i risultati sperimentali e le interpolazioni analitiche sono mostrate nelle Figure 6.10 e 6.11. Assegnando questo legame costitutivo ai fili, sono state condotte le simulazioni delle prove di trazione. K [MPa] α n σ0 [MPa] Fili estratti dal tessuto A Fili estratti dal tessuto B Trama 4600 0.544 3.254 697 Trama 2900 0.185 5.770 565 Ordito 3000 0.132 5.404 681 Ordito 1850 0.008 19.228 523 Tabella 6.2 - Parametri di Ramberg-Osgood per il comportamento costitutivo dei fili usati nelle simulazioni numeriche. 129 Capitolo 6 800 Diametro = 34 μm σ [MPa] 600 400 trama sperimentale ordito sperimentale trama analitico ordito analitico 200 0 0 10 20 30 ε [%] Figura 6.10 - Filo estratto da tessuto A. Confronto fra le curve sperimentali e le interpolazioni analitiche. σ [MPa] 600 Diametro = 64 μm 400 200 trama sperimentale ordito sperimentale trama analitico ordito analitico 0 0 10 ε [%] 20 30 Figura 6.11 - Filo estratto da tessuto B. Confronto fra le curve sperimentali e le interpolazioni analitiche. 130 Simulazione numerica delle prove sperimentali 6.5. Risultati delle Analisi Numeriche e Validazione del Modello La procedura numerica è stata applicata per predire il comportamento meccanico (fino a rottura) dei 2 tessuti. Le simulazioni numeriche sono state compiute considerando la pura elongazione lungo le direzioni trama e ordito. Le caratteristiche meccaniche dei materiali sono quelle ottenute dall’interpolazione analitica delle curve sperimentali sul singolo filo estratto dal tessuto sia in direzione trama che in direzione ordito, come esposto nel Paragrafo 6.4. Le prove di trazione sono state simulate in modo da far interrompere l’analisi in corrispondenza della deformazione massima che il filo riesce a raggiungere; è stato quindi applicato uno spostamento imposto ΔL = ε R ⋅ L (6.10) dove ε R è la deformazione ultima del filo misurata sperimentalmente e L rappresenta la lunghezza iniziale dei fili costituenti il volume rappresentativo. Futuri sviluppi potrebbero tenere conto di un criterio di rottura basato sulle interazioni fra le componenti di deformazione o sforzo. Le prove di trazione simulate sono: 9 prove uniassiali in direzione ordito; 9 prove uniassiali in direzione trama; 9 prove biassiali con uguale spostamento imposto nelle due direzioni, trama e ordito. La validazione dell’approccio agli elementi finiti proposto è stato condotto comparando i risultati numerici con le osservazioni sperimentali. Le Figure 6.12, 6.13, 6.14 e 6.15 riportano il confronto per prove di trazione uniassiali e biassiali per entrambi i tipi di tessuto, dove ST e SO definiscono gli sforzi longitudinali in direzione trama e ordito, ed ΕT e ΕO definiscono le deformazioni longitudinali in direzione trama e ordito. Le simulazioni numeriche presentano un buon accordo con i dati sperimentali. La maggior discrepanza tra le osservazioni sperimentali e i risultati numerici ottenuta dalle prove uniassiali è dovuta principalmente al fatto che, sperimentalmente, la zona di misura delle deformazioni risente, anche se in piccola parte, delle condizioni al contorno (effetti di bordo); nelle prove biassiali gli effetti di bordo sono più smorzati nella zona di misura e le deformazioni risultano maggiormente omogenee. 131 Capitolo 6 600 Tessuto A numerica ST [MPa] 400 sperimentale 200 Provasperimentale uniassiale in direzione trama numerico 0 -10 0 10 20 600 (a) Tessuto A numerica 400 SO [MPa] 30 E T [%] E O [%] sperimentale 200 Provasperimentale uniassiale in direzione ordito numerico 0 -10 0 10 20 E O [%] E T [%] 30 (b) Figura 6.12 – Confronto tra le simulazioni numeriche e i risultati sperimentali delle prove di trazione uniassiali in direzione (a) trama e (b) ordito del tessuto A. 132 Simulazione numerica delle prove sperimentali 500 Tessuto B ST [MPa] 400 sperimentale numerica 300 200 100 Provasperimentale uniassiale in direzione trama numerico 0 -10 0 10 20 30 E T [%] E O [%] 500 (a) Tessuto B SO [MPa] 400 300 numerica sperimentale 200 100 Provasperimentale uniassiale in direzione ordito numerico 0 -10 0 10 20 E O [%] E T [%] 30 (b) Figura 6.13 – Confronto tra le simulazioni numeriche e i risultati sperimentali delle prove di trazione uniassiali in direzione (a) trama e (b) ordito del tessuto B. 133 Capitolo 6 400 Tessuto A ST [MPa] 300 sperimentale numerica 200 100 Prova biassiale sperimentale Sforzo in direzione trama numerico 0 10 8 6 4 2 0 2 4 E O [%] 6 8 10 E T [%] SO [MPa] 300 (a) Tessuto A sperimentale 200 numerica 100 Prova biassiale sperimentale Sforzo in direzione ordito numerico 0 10 8 6 4 2 0 E T [%] 2 4 6 E O [%] 8 10 (b) Figura 6.14 – Confronto tra le simulazioni numeriche e i risultati sperimentali delle prove di trazione biassiali in direzione (a) trama e (b) ordito del tessuto A. 134 Simulazione numerica delle prove sperimentali 400 Tessuto B numerica ST [MPa] 300 200 sperimentale 100 Prova biassiale sperimentale Sforzo in direzione trama numerico 0 16 12 8 4 0 4 E O [%] 8 12 16 E T [%] 300 (a) Tessuto B SO [MPa] 200 sperimentale numerica 100 Prova biassiale sperimentale Sforzo in direzione ordito numerico 0 16 12 8 4 0 E T [%] 4 8 E O [%] 12 16 (b) Figura 6.15 –Confronto tra le simulazioni numeriche e i risultati sperimentali delle prove di trazione biassiali in direzione (a) trama e (b) ordito del tessuto B. 135 Capitolo 6 Il modello è stato quindi utilizzato per studiare la variazione della geometria della cella unitaria a differenti livelli di deformazione o carico (Figura 6.16 e 6.17). In particolare, in Figura 6.18 e 6.19 è riportata la variazione dell’area libera del VR a diversi valori di deformazioni per entrambi i tessuti in esame. Questo tipo di osservazioni sono di grande aiuto alle industrie operanti nel campo serigrafico dove una modifica dell’area libera comporta una variazione del volume di inchiostro depositato sul materiale da stampare e quindi una differente qualità di stampa (Capitolo 2). (a) (b) Figura 6.16 – Geometria indeformata (blu) e deformata amplificata (grigio) del tessuto A al livello di deformazione del 9.5% per una prova trazione (a) uniassiale e (b) biassiale. 23.8 26.1 43.1 44.2 (a) (b) Figura 6.17 – Variazione della sezione trasversale del tessuto A in una prova di trazione biassiale. Geometria (a) indeformata e (b) deformata al livello di deformazione del 9.5%. 136 Simulazione numerica delle prove sperimentali 25% Variazione area libera Variazione area libera 50% 40% 30% 20% 10% 0% 2.0% 5.0% 20% 15% 10% 5% 0% 9.5% 2.0% Deformazione 5.0% 9.5% Deformazione (a) (b) Figura 6.18 – Variazione percentuale dell’area libera del VR in una prova di trazione biassiale per 3 diversi valori di deformazione in direzione ordito. Tessuto (a) A e (b) B. area iniziale 2 800 1000 variazione Area libera [μm ] 2 Area libera [μm ] 1000 600 400 200 0 800 variazione area iniziale 600 400 200 0 2.0% 5.0% 9.5% 2.0% Deformazione 5.0% 9.5% Deformazione Figura 6.19 – Area libera del VR in una prova di trazione biassiale per 3 diversi valori di deformazione in direzione ordito. Tessuto (a) A e (b) B. 137 Capitolo 6 6.7. Discussione In questo capitolo è presentata una procedura numerica basata su un modello 3D a elementi finiti per valutare il comportamento meccanico di tessuti tecnici monofilamento soggetti a differenti condizioni di carico. Da prima si è descritto il modello geometrico, basato sulla teoria dell’omogeneizzazione per mezzi periodici, costituito da un volume rappresentativo (VR). Successivamente è stato descritto il comportamento meccanico dei fili estratti dai 2 tessuti in esame (A e B) utilizzando un legame costitutivo non lineare, basato sul modello di Ramberg-Osgood, e facendo l’ipotesi che il materiale sia isotropo e omogeneo. Una volta definito il modello geometrico e le proprietà meccaniche dei fili costituenti il volume rappresentativo sono stati presentati i risultati delle analisi numeriche, che confrontate con i dati sperimentali, presentati nel Capitolo 5, hanno permesso di validare il modello numerico. Infine è mostrata una possibile applicazione tecnica del modello relativa al campo serigrafico (tensionamento del tessuto sul quadro serigrafico), attraverso la determinazione della variazione di geometria della cella elementare ai diversi livelli di deformazione. È da sottolineare che la procedura numerica è stata implementata usando un codice commerciale ad elementi finiti. Pertanto un progettista industriale potrebbe facilmente adottare procedure simili per studiare e ottimizzare i tessuti tecnici variando le proprietà geometriche e meccaniche, essendo l’onere computazionale trascurabile considerando le potenzialità dei moderni hardware. 138 CAPITOLO 7 CONCLUSIONI In seguito si discutono i risultati del lavoro presentato in questa tesi per evidenziare le conclusioni significative, le limitazioni delle tecniche utilizzate e gli sviluppi futuri. 139 Capitolo 7 7.1. Risultati L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di sviluppare strumenti, procedure sperimentali e metodi numerici per la caratterizzazione meccanica di tessuti tecnici a bassa rigidezza e a maglia semplice. Di seguito vengono riportate le fasi che hanno permesso di raggiungere tale obiettivo e le innovazioni principali: (i) lo sviluppo e la messa a punto di un dispositivo di prova biassiale in grado di produrre stati piani di sforzo; un contributo originale in questa fase è rappresentato dalla progettazione e realizzazione di alcuni componenti “ad hoc”, quali gli afferraggi e le celle di carico: tali componenti sono stati concepiti appositamente in modo da risolvere specifiche problematiche che si incontrano nella caratterizzazione meccanica dei tessuti planari ad alta deformabilità, quali l’allineamento del provino agli assi del dispositivo di prova e la presenza di vincoli alla libera contrazione laterale del provino soggetto a trazione. Le deformazioni del provino di tessuto vengono misurate mediante un estensometro ottico per eliminare effetti di rinforzo sul tessuto stesso dovuti all’applicazione di estensimetri. (ii) la messa a punto di una procedura di analisi dei dati sperimentali basata sulla valutazione delle componenti del tensore di deformazione di Green-Lagrange e del tensore di sforzo di Piola-Kirchoff. Sono stati sviluppati due diversi approcci per l’interpretazione dei dati misurati durante le prove: un approccio “globale”, basato sul calcolo di componenti medie di deformazione e di sforzo (e quindi legato all’identificazione di proprietà “medie” del tessuto), e un approccio invece “locale”, che mediante l’introduzione di funzioni di interpolazione, consente di rappresentare l’intero campo di deformazione e di sollecitazione nella regione centrale del provino. Quest’ultimo approccio consente di evidenziare la presenza di scorrimenti angolari e di distribuzioni non uniformi di deformazione, e quindi è di notevole interesse nella caratterizzazione di materiali eterogenei a fibre. (iii) la caratterizzazione sperimentale di due tessuti tecnici a maglia semplice in poliestere. Questi tessuti sono stati sottoposti a prove secondo una procedura di caratterizzazione uniassiale e biassiale sotto un’ampia combinazione di sforzi e/o deformazioni allo scopo di dimostrare come le misure così ottenute siano sufficienti a identificare i parametri costitutivi e ad approssimare il dominio di resistenza utilizzando sia il criterio di Massimo Sforzo che di Tsai-Hill. (iv) lo sviluppo di un modello numerico ad elementi finiti tridimensionale in grado di predire il comportamento meccanico del tessuto a partire da una descrizione geometrica e meccanica del filo. Assunta regolare la distribuzione dei fili è stato possibile compiere le analisi su un volume rappresentativo (VR), coincidente con la cella unitaria. Sono state eseguite simulazioni delle prove uniassiali e biassiali e i risultati di queste analisi sono stati confrontati con i dati sperimentali permettendo la validazione del modello. Il modello è stato quindi utilizzato per studiare la variazione della geometria della cella unitaria a differenti livelli di deformazione o carico, essendo questo dato fondamentale in campo serigrafico dove una modifica dell’area libera comporta una variazione del volume di inchiostro depositato sul materiale da stampare e quindi una differente qualità di stampa. 140 Conclusioni 7.2. Questioni aperte In questa tesi sono stati affrontati e risolti, in alcuni casi con soluzioni originali, alcune delle problematiche legate alla caratterizzazione biassiale di tessuti tecnici. Tuttavia permangono ancora delle questioni aperte relative sia al dispositivo che alla procedura di prova. Queste limitazioni sono: 1. l’impossibilità di effettuare prove biassiali in controllo di carico, variando così il rapporto degli sforzi nelle due direzioni di carico. In futuro tale limite potrà essere superato realizzando un programma di controllo retroazionato in cui il segnale di feedback sono gli sforzi medi calcolati dalle forze registrate dalle celle di carico. 2. l’incapacità del sistema di vincolo del dispositivo biassiale di permettere ampie rotazioni ai bordi del provino e quindi di consentire elevati scorrimenti angolari che nascono in presenza di sollecitazioni tangenziali. Di conseguenza in caso di elevate rotazioni, come quelle presenti nel tessuto B (62.64) in direzione 45°, la caratterizzazione meccanica è limitata solo alle proprietà lungo le direzioni principali del tessuto. Questo problema è stato affrontato già da altri ricercatori che hanno sviluppato un set-up sperimentale originale per la caratterizzazione a taglio del tessuto ([Peng et al.,2004], [Liu et al., 2005] e [Lomov et al., 2005]). 3. l’ipotesi che il materiale non abbia un comportamento viscoelastico: la procedura di prova è limitata solo alla caratterizzazione del comportamento indipendente dal tempo, mentre vengono ignorate le proprietà viscose del materiale. Per i tessuti in materiale polimerico (nylon, poliestere, ecc.) questa ipotesi è grossolana, soprattutto data la bassa velocità a cui vengono effettuate le prove. Tuttavia spesso un approccio elastico è adeguato per caratterizzare il comportamento in esercizio della maggior parte dei tessuti tecnici. Si segnala che attualmente in letteratura la viscoelasticità dei tessuti tecnici viene trascurata. 4. la limitazione dello studio a due tessuti con uguale tessitura e materiale, ossia tessuti a maglia semplice in poliestere. Dopo aver messo a punto il sistema di prova ed aver eseguito la sperimentazione sui tessuti in poliestere, presentati nel Capitolo 5, si sono effettuate prove su tessuti compositi in fibre di carbonio e vetro impregnati in resina epossidica, per determinarne il comportamento elastico; tali studi sono attualmente in corso e non sono stati riportati nella tesi. 5. la mancanza della valutazione dell’influenza dell’umidità sulle caratteristiche del filo. Il contatto dei tessuti con sostanze (quali l’inchiostro) contenenti acqua, può modificare sia il valore dei coefficienti di attrito statico e dinamico, che le proprietà geometriche del filo a causa del rigonfiamento; sebbene questo problema sia in parte superato dalla natura del materiale (il poliestere risente meno dell’umidità rispetto a molti altri polimeri, quali il nylon) e dai trattamenti chimici atti a impermeabilizzare il materiale, studi futuri saranno necessari per investigare questi aspetti, in particolare quelli relativi all’attrito. 141 Capitolo 7 6. 7. 8. le approssimazioni geometriche introdotte nel modello numerico. All’interno del modello geometrico del RV del tessuto, l’elitticità della sezione del filo lungo il suo asse longitudinale è mantenuta costante, mentre le osservazioni microscopiche rilevano una variazione di sezione. Questa approssimazione può essere rimossa mediante la scrittura di una funzione analitica, subordinata a dettagliate osservazioni microscopiche, in grado di variare l’elitticità della sezione trasversale lungo l’asse longitudinale del filo rispettando i vincoli cinematici, quali l’assenza di compenetrazione tra i fili. In questa tesi è stata presentata un’applicazione del modello numerico focalizzata sullo studio delle proprietà geometriche e meccaniche del tessuto durante la fase di tensionamento su un quadro serigrafico, in condizioni di trazione biassiale. In futuro il modello verrà perfezionato introducendo anche l’effetto di un carico normale al piano del tessuto e simulante il passaggio della racla. la mancanza all’interno del modello numerico di un criterio di resistenza. Uno sviluppo del modello prevedrà l’introduzione di un criterio di resistenza per i fili, atto a descrivere il cedimento del tessuto in condizioni sia uniassiali che biassiali. 142 APPENDICE A LEGAME COSTITUTIVO ELASTICO-LINEARE PER I TESSUTI Una descrizione matematica delle relazioni esistenti tra le componenti dello stato di sforzo e di deformazione dei materiali compositi può essere trovata in [Daniel e Ishai, 1994]. I tessuti, come la maggior parte dei laminati sottili, possono considerarsi essere sottoposti a uno stato di sforzo piano, con tutte le componenti al di fuori del piano (direzione 3) nulle: ⎧S33 = 0 ⎪ ⎨S 23 = 0 ⎪S = 0 ⎩ 13 (A.1) Le relazioni sforzo – deformazione nel caso di materiale ortotropo sottile (spessore trascurabile rispetto alle altre dimensioni) sono così definite: 0 ⎧S11 ⎫ ⎡ A1111 A1122 ⎪ ⎪ ⎢ ⎨S22 ⎬ = ⎢ A1122 A 2222 0 ⎪S ⎪ ⎢ 0 0 A1212 ⎩ 12 ⎭ ⎣ ⎤ ⎥ ⎥ ⎥⎦ ⎧ E11 ⎫ ⎪ ⎪ ⋅ ⎨ E22 ⎬ ⎪E ⎪ ⎩ 12 ⎭ (A.2a) dove [A] rappresenta la matrice di rigidezza (matrice ridotta rispetto a quella definita dalla lagge di Hooke generalizzata). Invertendo le relazioni si ottiene la matrice [B], detta matrice di cedevolezza: ⎧ E11 ⎫ ⎡B1111 B1122 ⎪ ⎢ ⎪ ⎨ E22 ⎬ = ⎢B1122 B2222 ⎪E ⎪ ⎢ 0 0 ⎩ 12 ⎭ ⎣ 0 0 B1212 ⎤ ⎥ ⎥ ⎥⎦ ⎧S11 ⎫ ⎪ ⎪ ⋅ ⎨S22 ⎬ ⎪S ⎪ ⎩ 12 ⎭ (A.2b) Le relazioni sforzo – deformazione acquisiscono maggior significato fisico se espresse in termini di costanti ingegneristiche (per esempio il modulo elastico o il coefficiente di 143 Appendice A Poisson). Le relazioni fra costanti matematiche Aijhk e Bijhk e costanti ingegneristiche sono ottenute conducendo esperimenti elementari (vedi Figura A.1). In particolare sono sufficienti 3 esperimenti: I) Prova di trazione uniassiale in direzione 1 ⎧ E11 = 1 S11 K1 ⎪ ⎧B1111 = 1 K1 ⎪⎪ ⎪ ν 12 S ⇒⎨ ⎨ E22 = − K1 11 ν ⎪ ⎪B1122 = − 12 K1 ⎩ ⎪ E12 = 0 ⎪⎩ (A.3) dove E11 è la rigidezza normale in direzione 1 (modulo di Young) e ν12 il coefficiente di contrazione trasversale (modulo di Poisson). II) Prova di trazione uniassiale in direzione 2 ⎧ E = − ν 21 S ⎪ 11 K 2 22 ⎪⎪ ⎨ E22 = 1 K S 22 2 ⎪ ⎪ E12 = 0 ⎪⎩ ν 21 ⎧Β ⎪ 1122 = − K2 ⇒⎨ ⎪B2222 = 1 K2 ⎩ (A.4) dove E22 è la rigidezza normale in direzione 2 e ν21 il coefficiente di contrazione trasversale. Per simmetria della matrice di rigidezza si ha: − ν 12 K1 = − ν 21 (A.5) K2 III) Prova di trazione uniassiale in direzione 45° rispetto alle direzioni principali (prova alternativa ad una prova di puro taglio nel piano 1-2, difficilmente realizzabile in laboratorio) ⎧S = S xx + S xy ⎪ 11 2 E xx + E yy ⎧ Kx ⎪⎪ ⎪ E11 = E22 = S xx ⇒ B1212 = G12 = − S xy , ⎨ 2 ⎨S22 = 2 2 1 + ν xy ⎪ E12 = E xx − E yy ⎪ ⎩ ⎪S12 = S xx 2 ⎪⎩ ( ) ( dove G12 è la rigidezza di taglio. 144 ) (A.6) Legame costitutivo elastico-lineare per i tessuti S xx S 11 X -45° S 22 S 12 S 11 S 22 S 22 1 Y (a) S 11 (b) (c) S xx Figura A.1 – Esperimenti elementari in direzione (a) 1, (b) 2 e (c) a -45° rispetto alla direzione 1. Quindi la matrice di cedevolezza risulta: ⎡ 1 ⎢ ⎢ K1 ⎢ [A] = ⎢− ν12 ⎢ K1 ⎢ ⎢ 0 ⎣⎢ ⎤ ⎥ ⎥ ⎥ 0 ⎥ ⎥ 1 ⎥ ⎥ G12 ⎦⎥ ν 21 K2 0 1 K2 0 (A.7) e la matrice di rigidezza risulta: K1 ⎡ ⎢1 − ν ν 12 21 ⎢ ⎢ ν 21K1 [B] = ⎢ ⎢1 − ν12 ν 21 ⎢ 0 ⎢ ⎣ ν12K 2 1 − ν12 ν12 K2 1 − ν12 ν12 0 ⎤ 0 ⎥ ⎥ ⎥ 0 ⎥ ⎥ G12 ⎥ ⎥ ⎦ (A.8) Normalmente le direzioni degli assi principali (1, 2) non coincidono con gli assi di carico (x, y) (Figura A.2). Allora le componenti di sforzo e deformazione riferite agli assi principali (1, 2) possono essere espresse in funzione di quelle riferite agli assi di carico (x, y) per mezzo delle seguenti relazioni: 145 Appendice A ⎧S ⎫ ⎧S11 ⎫ ⎪⎪ xx ⎪⎪ ⎪ −1 ⎪ ⎨S yy ⎬ = [T] ⎨S 22 ⎬ ⎪ ⎪S ⎪ ⎪ ⎩ 12 ⎭ ⎪⎩S xy ⎪⎭ ⎧E ⎫ ⎧ E11 ⎫ ⎪⎪ xx ⎪⎪ ⎪ −1 ⎪ ⎨ E yy ⎬ = [T] ⎨ E 22 ⎬ ⎪ ⎪E ⎪ ⎪ ⎩ 12 ⎭ ⎪⎩ E xy ⎪⎭ (A.9) dove la matrice di trasformazione [T], ricavata dalle equazioni di equilibrio, è così definita: −1 [T] ⎡m 2 − 2mn ⎤ n2 ⎢ 2 ⎥ 2 = [T(− θ )] = ⎢ n m 2mn ⎥ ⎢mn − mn m 2 − n 2 ⎥ ⎢⎣ ⎦⎥ (A.10) con m = cosθ e n = sinθ . 3≡z y θ 2 1 θ x Figura A.2 – Rotazione di un angolo θ degli assi principali (1, 2) rispetto agli assi di carico (x, y). Quindi {S }x, y = [T]−1{S }1,2 = [T]−1[A] 1,2 {E} 1,2 = [T]−1[A] 1,2 [T]{E}x, y = [A ] x, y {E}x, y (A.11a) e analogamente {E}x, y = [T ]−1{E}1,2 = [T ]−1[B] 1,2 {S } 1,2 = [T ]−1[Β] 1,2 [T ]{S }x, y = [B] x, y {S }x, y (A.11b) Fondamentale è osservare che le leggi di sforzo e deformazione sono indipendenti dalle proprietà del materiale, per esempio sono le stesse sia per materiali isotropi che ortotropi. 146 Legame costitutivo elastico-lineare per i tessuti Anche in questo caso è possibile determinare una correlazione tra le costanti matematiche della matrice simmetrica [B] x,y e le costanti ingegneristiche: ⎡ B xxxx ⎢ ⎢ B yyxx ⎢B ⎣ xyxx B xxyy B yyyy B xyyy ⎡ 1 ⎢ ⎢ Kx B xxxy ⎤ ⎢ ν xy ⎥ B yyxy ⎥ = ⎢− Kx ⎢ B xyxy ⎥⎦ ⎢ ⎢ η xs ⎢ Kx ⎣ − ν yx Ky 1 Ky η ys Ky ⎤ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ G xy ⎥ ⎥ 1 ⎥ G xy ⎥⎦ η sx G xy η sy (A.12) dove ηxs definisce il coefficiente di correlazione di taglio tra lo sforzo normale in direzione x e la deformazione di taglio nel piano xy (= s). 147 APPENDICE B PARTICOLARI COSTRUTTIVI DEGLI AFFERRAGGI (MACCHINA BIASSIALE) Nelle pagine a seguire sono riportati: • disegno complessivo • disegni costruttivi che sono stati forniti all’officina “OMEM di Sergio Mazzoni” di Milano per la realizzazione dei 16 afferraggi del sistema di prova biassiale. 149 Appendice B Complessivo Afferraggio (1) (2) (3) (1) (2) (3) Lamina Sensibile Morsetto Superiore Morsetto Inferiore 150 Particolari costruttivi degli afferraggi (macchina biassiale) Lamina Sensibile A A Sez. A-A n° pezzi materiale 16 AISI 316 151 Appendice B Morsetto Superiore B B Sez. B-B zigrinare a 45° n° pezzi materiale 16 C40 152 Particolari costruttivi degli afferraggi (macchina biassiale) Morsetto Inferiore A A Sez. A-A zigrinare a 45° n° pezzi materiale 16 C40 153 APPENDICE C CALIBRAZIONE DEI TRASDUTTORI DI FORZA C.1. Calibrazione delle celle di carico Data misure calibrazione: 08-04-2003 Campione dinamometro HBM da 1 kN rif. G 05106 dinamometro HBM da 5 kN rif. G 19081 Tensione di alimentazione: 2.5 V Amplificatore: SC-2043-SG Convertitore A/D: NI 6036E 155 Appendice C Lettura Letture (strumenti campioni) (cella) Dinamometro [N] [mV/V] ciclo 1 ciclo 2 ciclo 3 0.00 0.0 0.0 0.0 0.60 G 05106 250.3 253.8 251.4 0.90 G 19081 380.8 379.8 377.8 1.20 G 19081 510.3 508.2 512.5 1.50 G 19081 648.3 643.7 647.2 1.80 G 19081 772.6 778.6 777.4 2.10 G 19081 909.3 904.7 905.1 2.40 G 19081 1038.9 1033.3 1035.7 2.70 G 19081 1166.9 1167.4 1160.8 2.90 G 19081 1233.8 1230.4 1227.0 Media [N] Errore relativo di Ripetibilità [%] 0.0 251.8 379.5 510.3 646.4 776.2 906.4 1035.9 1165.0 1230.4 0.00 1.40 0.78 0.84 0.71 0.77 0.50 0.54 0.57 0.55 Tabella C.1a – Calibrazione della cella A1 tra 0 e 1250 N. Equazione di Calibrazione F =a⋅x+b F = N x = mV ⇒ a = 433.70 b = -5.9045 Lettura Letture (strumenti campioni) (cella) Dinamometro [N] [mV/V] ciclo 1 ciclo 2 ciclo 3 0.00 0.0 0.0 0.0 0.60 G 05106 245.2 247.7 245.2 0.90 G 19081 362.0 363.0 364.8 1.20 G 19081 471.1 473.6 475.6 1.50 G 19081 585.8 586.8 586.3 1.80 G 19081 707.2 707.5 712.6 2.10 G 19081 820.7 824.3 827.3 2.40 G 19081 940.1 932.3 934.7 2.70 G 19081 1049.4 1051.2 1055.3 2.90 G 19081 1167.5 1162.7 1162.6 Media [N] Errore relativo di Ripetibilità [%] 0.0 246.0 363.3 473.4 586.3 709.1 824.1 935.7 1052.0 1164.3 0.00 1.01 0.76 0.95 0.18 0.76 0.79 0.84 0.56 0.42 Tabella C.1b – Calibrazione della cella A2 tra 0 e 1250 N. Equazione di Calibrazione F =a⋅x+b F = N x = mV ⇒ a = 463.80 156 b = 9.2781 Calibrazione dei trasduttori di forza Lettura Letture (strumenti campioni) (cella) Dinamometro [N] [mV/V] ciclo 1 ciclo 2 ciclo 3 0.00 0.0 0.0 0.0 0.60 G 05106 243.1 244.2 246.7 0.90 G 19081 376.9 378.0 376.2 1.20 G 19081 506.3 509.3 506.6 1.50 G 19081 641.6 644.0 645.2 1.80 G 19081 757.9 763.8 762.3 2.10 G 19081 895.8 899.9 892.4 2.40 G 19081 1024.9 1027.2 1019.6 2.70 G 19081 1146.8 1151.5 1143.9 2.90 G 19081 1227.6 1235.5 1233.2 Media [N] Errore relativo di Ripetibilità [%] 0.0 244.7 377.0 507.4 643.6 761.3 896.0 1023.9 1147.4 1232.1 0.00 1.47 0.47 0.59 0.57 0.77 0.83 0.74 0.66 0.64 Tabella C.1c – Calirazione della cella A3 tra 0 e 1250 N. Equazione di Calibrazione F =a⋅x+b ⇒ F = N x = mV a = 430.17 b = -12.534 Lettura Letture (strumenti campioni) (cella) Dinamometro [N] [mV/V] ciclo 1 ciclo 2 ciclo 3 0.00 0.0 0.0 0.0 0.60 G 05106 246.8 243.1 243.4 0.90 G 19081 376.2 372.6 374.3 1.20 G 19081 498.9 495.4 495.8 1.50 G 19081 629.0 623.0 625.9 1.80 G 19081 749.8 749.9 751.7 2.10 G 19081 883.9 881.5 875.1 2.40 G 19081 1012.6 1006.5 1005.5 2.70 G 19081 1130.2 1128.8 1129.1 2.90 G 19081 1223.9 1220.6 1219.4 Media [N] Errore relativo di Ripetibilità [%] 0.0 244.4 374.3 496.7 626.0 750.5 880.2 1008.2 1129.3 1221.3 0.0 1.5 1.0 0.7 1.0 0.3 1.0 0.7 0.1 0.4 Tabella C.1d – Calirazione della cella A4 tra 0 e 1250 N. Equazione di Calirazione F =a⋅x+b F = N x = mV ⇒ a = 421.37 b = -5.3275 157 Appendice C Lettura Letture (strumenti campioni) (cella) Dinamometro [N] [mV/V] ciclo 1 ciclo 2 ciclo 3 0.00 0.0 0.0 0.0 0.60 G 05106 250.7 249.7 252.5 0.90 G 19081 373.5 377.0 375.2 1.20 G 19081 506.5 508.3 506.6 1.50 G 19081 632.0 637.6 634.9 1.80 G 19081 756.5 758.9 758.0 2.10 G 19081 886.1 891.7 888.8 2.40 G 19081 1012.1 1015.3 1018.7 2.70 G 19081 1137.2 1137.6 1136.8 2.90 G 19081 1223.3 1226.1 1223.4 Media [N] Errore relativo di Ripetibilità [%] 0.0 251.0 375.2 507.1 634.8 757.8 888.9 1015.4 1137.2 1224.3 0.0 1.1 0.9 0.4 0.9 0.3 0.6 0.6 0.1 0.2 Tabella C.1e – Calirazione della cella B1 tra 0 e 1250 N. Equazione di Calirazione F =a⋅x+b F = N x = mV ⇒ a = 422.77 b = -1.5036 Lettura Letture (strumenti campioni) (cella) Dinamometro [N] [mV/V] ciclo 1 ciclo 2 ciclo 3 0.00 0.0 0.0 0.0 0.60 G 05106 255.5 256.4 256.8 0.90 G 19081 375.3 376.525. 375.9 1.20 G 19081 510.4 507.6 510.0 1.50 G 19081 642.3 639.7 643.2 1.80 G 19081 768.3 765.7 767.1 2.10 G 19081 899.0 895.7 898.0 2.40 G 19081 1030.1 1024.9 1024.2 2.70 G 19081 1148.7 1142.3 1150.3 2.90 G 19081 1250.8 1242.8 1250.8 Media [N] Errore relativo di Ripetibilità [%] 0.0 256.2 375.9 509.3 641.7 767.0 897.5 1026.4 1147.1 1248.1 0.0 0.5 0.3 0.5 0.6 0.3 0.4 0.6 0.7 0.6 Tabella C.1f – Calirazione della cella B2 tra 0 e 1250 N. Equazione di Calirazione F =a⋅x+b F = N x = mV ⇒ a = 427.49 158 b = -2.1528 Calibrazione dei trasduttori di forza Lettura Letture (strumenti campioni) (cella) Dinamometro [N] [mV/V] ciclo 1 ciclo 2 ciclo 3 0.00 0.0 0.0 0.0 0.60 G 05106 251.6 251.7 251.3 0.90 G 19081 376.0 378.0 374.4 1.20 G 19081 498.6 502.7 504.1 1.50 G 19081 642.2 632.9 638.6 1.80 G 19081 764.2 762.0 758.5 2.10 G 19081 890.5 896.7 887.8 2.40 G 19081 1015.3 1013.7 1014.1 2.70 G 19081 1135.7 1137.4 1140.6 2.90 G 19081 1228.5 1228.5 1226.7 Media [N] Errore relativo di Ripetibilità [%] 0.0 251.5 376.1 501.8 637.9 761.6 891.6 1014.4 1137.9 1227.9 0.0 0.2 1.0 1.1 1.5 0.7 1.0 0.2 0.4 0.2 Tabella C.1g – Calirazione della cella B3 tra 0 e 1250 N. Equazione di Calirazione F =a⋅x+b F = N x = mV ⇒ a = 423.68 b = -2.0718 Lettura Letture (strumenti campioni) (cella) Dinamometro [N] [mV/V] ciclo 1 ciclo 2 ciclo 3 0.00 0.0 0.0 0.0 0.60 G 05106 256.4 253.0 253.9 0.90 G 19081 386.4 385.4 387.0 1.20 G 19081 514.3 509.4 509.4 1.50 G 19081 643.6 639.2 639.0 1.80 G 19081 780.7 779.1 778.8 2.10 G 19081 909.5 902.9 905.4 2.40 G 19081 1043.4 1039.0 1034.1 2.70 G 19081 1176.3 1170.5 1167.3 2.90 G 19081 1224.8 1224.6 1224.9 Media [N] Errore relativo di Ripetibilità [%] 0.0 254.4 386.3 511.0 640.6 779.5 905.9 1038.8 1171.4 1224.7 0.0 1.3 0.4 1.0 0.7 0.2 0.7 0.9 0.8 0.0 Tabella C.1h – Calirazione della cella B4 tra 0 e 1250 N. Equazione di Calirazione F =a⋅x+b F = N x = mV ⇒ a = 522.23 159 b = -5.9080 BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. ABAQUS Standard User’s Manual, version. 6.4 (2003), Hibbit, Karlsson & Sorensen Inc, USA. 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