Il factoring non rallenta la corsa e così cura l`anemia della
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Il factoring non rallenta la corsa e così cura l`anemia della
18 gennaio 2016 Il factoring non rallenta la corsa e così cura l’anemia della crescita Milano - L’ evoluzione che ha caratterizzato il factoring negli ultimi anni è emblematica di una capacità di adattamento alle necessità congiunturali che ha pochi pari nel resto dell’economia italiana. Una flessibilità che fa ben sperare nel proseguimento della crescita anche ora che la recessione sembra ormai alle spalle, sostituita da una crescita anemica, contraddistinta da problemi di liquidità per le aziende di ridotte dimensioni. Prima di analizzare i numeri può essere utile una breve descrizione del factoring, che in sostanza è un contratto attraverso il quale l’azienda cliente cede a una società specializzata (il factor) i propri crediti esistenti o futuri (relativi per esempio a contratti ancora da stipulare). La cessione può avvenire in due forme: pro soluto, con il rischio di insolvenza del debitore che viene trasferito alla società di factoring, o pro solvendo (cioè salvo buon fine), quando il soggetto che cede il credito rimane coinvolto in caso di mancato incasso da parte del factor. Il pagamento del servizio di factoring è basato su una commissione e, se è previsto un anticipo dei crediti, su interessi calcolati in base alle condizioni di mercato. Caratteristiche che consentono una forma di autofinanziamento del circolante, con vantaggi evidenti soprattutto in questa fase di diffuso credit crunch. Infatti, nonostante l’enorme massa di liquidità garantita dalla Bce, solo una quota contenuta arriva all’economia reale vale a dire famiglie e imprese, per la paura degli istituti di credito di veder crescere ulteriormente le sofferenze, già arrivate a un soffio da quota 200 miliardi di euro. L’ultima rilevazione di Assifact segnala che i primi nove mesi del 2015 si sono chiusi con un volume d’affari cumulativo (turnover) superiore del 5,45% allo stesso periodo dell’anno precedente, un trend che dovrebbe essere sostanzialmente confermato quando saranno disponibili le statistiche complete relativamente all’anno da poco conclusi. Stando alle interviste agli operatori condotte dall’associazione di settore, l’esercizio dovrebbe essere concluso con un turnover in progresso del 4,56% e un outstanding, cioè il volume di crediti in essere, in crescita del 3,64%. Anche per l’anno prossimo le prospettive appaiono particolarmente favorevoli: il sondaggio di Assifact stima un’ulteriore crescita del 4,42% per il turnover e del 2,45% per l’outstanding. «La crescita è destinata a proseguire, anche perché questo strumento consente di rispondere a questioni specifiche, come il ritardo nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione» spiega Renato Martini, amministratore delegato di UniCredit Factoring. L’Italia è uno dei mercati più importanti al mondo nel comparto del factoring, che vale l’11% della ricchezza prodotta ogni anno nella Penisola. Per capire il perché basta dare uno sguardo all’ultimo rapporto “Doing business”, redatto dalla Banca mondiale e relativo al contesto in cui operano le imprese. Bene, l’Italia figura al 56esimo posto, tra Turchia e Bielorussia, ben lontana dal settimo posto degli Stati Uniti, dall’ottavo della Gran Bretagna e dal 14esimo della Germania. Se poi si restringe l’analisi all’indicatore relativo all’accesso al credito, scendiamo addirittura all’89esimo posto. Il factoring risponde proprio a questa necessità, anche attraverso soluzioni innovative. Come il reverse factoring, «in virtù del quale un’azienda sottoscrive un accordo con una società di factoring, con quest’ultima che attiva contratti con i fornitori del cliente per acquisire le loro fatture (emesse verso il cliente) a fronte di un anticipo» spiega Martini. Il costo del servizio è solitamente più basso. Un fornitore che paga il 4-5%, con il reverse può pagare 18 gennaio 2016 il 2-2.5%, a seconda della modalità prescelta (anche in questo caso c’è l’opzione pro-soluto e quella pro-solvendo) e al rating del cliente. «In questo modo i grandi gruppi possono supportare la propria filiera di fornitori, riducendo i tempi di incasso o fornendo condizioni competitive di accesso al credito. Per altro l’azienda che sigla il contratto può usufruire dell’efficientamento del processo di pagamento, riducendo così i costi a suo carico, e aumentare la fidelizzazione dei componenti della filiera». Il manager di Unicredit segnala la recente firma di un accordo di questo tipo nel campo della moda. «In Italia ci sono molti artigiani bravissimi nel loro settore, ma che difficilmente accedono al canale bancario per mancanza di patrimonio netto o margini ridotti. Con questo strumento, che si focalizza sulla solidità del capofila, l’attenzione torna sulla qualità del business, anche a prescindere dalle dimensioni aziendali» conclude Renato Martini. Le piccole aziende italiane continuano ad avere problemi di liquidità. Per loro il factoring diventa un’ancora di salvezza consentendo di incassare subito la cessione dei crediti Renato Martini, amm.delegato di UniCredit factoring, analizza il settore.