Giudizio dell`Agenzia Francese per l`alimentazione, l

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Giudizio dell`Agenzia Francese per l`alimentazione, l
Bologna, 27 Febbraio 2015
Giudizio dell’Agenzia Francese per l’alimentazione, l’Ambiente,
la Salute e la Sicurezza
sulla valutazione dei benefici e dei rischi nutrizionali correlati ai dolcificanti sintetici.
Del 19 Novembre 2014, tradotta il 27 Febbraio 2015.
L’ANSES prende in considerazione competenze scientifiche indipendenti e pluraliste.
L’ANSES, in primo luogo, assicura la sicurezza ambientale, occupazionale e alimentare, nonché si occupa di valutare i
potenziali rischi sulla salute che questi possono comportare.
L’ANSES inoltre contribuisce alla protezione della salute e al benessere animale, alla protezione della salute delle piante
e alla valutazione delle caratteristiche nutritive degli alimenti.
Fornisce alle autorità competenti tutte le informazioni necessarie riguardanti questi rischi così come i requisiti di
competenza e il supporto scientifico e tecnico per la redazione di disposizioni normative e l'attuazione
strategie di gestione del rischio (Articolo L.1313-1 del Codice di Sanità Pubblica Francese).
Le sue opinioni sono rese pubbliche.
Questo articolo è stato tradotto dalla versione originale Francese. Nel caso di qualsiasi ambiguità o disaccordo, si dovrà
preferire il testo in lingua Francese, del 19 Novembre 2014.
Il 30 giugno 2011, l’ANSES ha lanciato un sondaggio interno, per la valutazione dei rischi e dei
benefici relativi ai sostituti dello zucchero.
1. CONTESTO E FINALITÁ
1.1 Background scientifico e normativo.
Nel 2011, l’ANSES ha pubblicato un proprio giudizio, a recensione di due nuovi studi, riguardanti i
potenziali effetti sulla salute di due edulcoloranti, l’ Aspartame e l’Acesulfame potassico (K).
A seguito di questo giudizio, l’ANSES ha ritenuto necessario proseguire con ulteriori valutazioni,
intraprendendo due strade differenti. In primo luogo ha chiesto all’EFSA di anticipare la
rivalutazione della Dose Giornaliera di Riferimento (GDA) di Aspartame, inizialmente pianificata
per il 2020 dal Reg. UE n°257/2010. Il risultato di tale rivalutazione, pubblicato dall’EFSA a
dicembre 2013, non ha reso necessario revisionare le GDA precedentemente stabilite.
Allo stesso tempo, oltre al tema tossicologico, rimanevano da chiarire ulteriori dubbi riguardanti
rischi e benefici nutrizionali derivanti dall’assunzione dei sostituti dello zucchero. L’ANSES ha
pertanto predisposto un gruppo di lavoro (WG) per approfondire la questione.
La prima valutazione sui dolcificanti artificiali, nell’ambito del reg. UE n° 257/2010 dall’EFSA, ha
riguardato solo i rischi tossicologici, non prendendo in considerazione potenziali benefici
nutrizionali.
Il termine “Dolcificanti Intensi” (DI) si riferisce a varie sostanze di origine vegetale (es. Stevia) o di
sintesi chimica, usate dall’industria alimentare per il loro potere dolcificante, fino a migliaia di volte
superiore a quello del saccarosio.
I DI sono additivi alimentari la cui vendita e utilizzo sono regolamentati a livello europeo.
1.2 Il Consumo di dolcificanti artificiali in Francia.
Sulla base di diversi sondaggi, l’ANSES ha stimato l’assunzione alimentare dei DI (acesulfame K,
aspartame, ciclammato, saccarina, sucralosio, sali di aspartame- acesulfame K), in Francia per la
popolazione generale (adulti e bambini sopra i 3 anni), per le gestanti e per le persone diabetiche
in età giovanile.
La metodologia e i risultati completi di questo lavoro, appaiono nella relazione della perizia
effettuata dal WG.
Questa ha mostrato, in tutta la popolazione analizzata, indipendentemente dal DI preso in
considerazione, che le assunzioni medie e il 95° percentile sono inferiori alle GDA.
Per ogni fascia di popolazione, i risultati della media (e del 95° percentile) valutati, in relazione alla
GDA, per i DI più assunti, sono:

Nei maschi adulti l’assunzione media rispetto alla GDA è del 4% (95°percentile = 16%)
per l’acesulfame K.

Nelle donne adulte l’assunzione media rispetto alla GDA è del 2.6% (95°percentile =
13%) per il ciclammato.

Nei bambini di età compresa fra 11 e 17 anni, l’assunzione media rispetto alla GDA è del
1.4% (95°percentile = 8%) per il ciclammato.

Nei giovani diabetici, l’assunzione media rispetto alla GDA è dell’11.5% (95°percentile =
39%) per il ciclammato.

Nelle donne in gravidanza, l’assunzione media rispetto alla GDA è del 6.3%
(95°percentile = 24%) per il ciclammato.
1.2 Scopo della perizia.
Le sostanze esaminate in questa valutazione rappresentano i DI attualmente autorizzati in Europa
dall’EFSA: neotame (2007), rebaudioside A (2010), aspartame (2013); e dal comitato scientifico
per l’alimentazione umana (SFC): neosperidina diidrocalcone (NHDC) e taumatina (1988),
acesulfame potassico K , acido ciclamico e suoi sali, sale di aspartame-acesulfame (2000).
Il parere scientifico, rilasciato nel contesto dell’applicazione dell’ autorizzazione alla
commercializzazione, considera queste sostanze di sicuro utilizzo.
I potenziali benefici sono stati esaminati dall’EFSA in una valutazione delle indicazioni sulla salute.
Ad oggi, sono state autorizzate dalla Commissione Europea, le diciture:
“il consumo di cibi/bevande contenenti DI invece che zucchero, contribuisce al mantenimento della
mineralizzazione dentaria” e “ il consumo di cibi/bevande contenenti DI invece che zucchero
induce un minor picco glicemico a seguito della loro assunzione, rispetto all’assunzione di
alimenti/bevande conteneti zucchero” (EFSA, 2011b, EFSA, 2011a).
Mentre le diciture “Il controllo/mantenimento del peso è aiutato usando alimenti e bevande
dolcificati con aspartame al posto di alimenti e bevande dolcificati con saccarosio”, “i dolcificanti
Intensi aiutano a mantenere un peso corporeo salutare”, “ i dolcificanti intenso aiutano a controllare
l’assunzione calorica giornaliera”, “gli edulcoloranti da tavola aiutano a dimagrire, nel contesto di
una dieta controllata” e “i dolcificanti intensi non hanno effetti sul metabolismo dei carboidrati, sulla
regolazione di glucosio a lungo e breve termine o sulla secrezione di insulina” non hanno ricevuto
un parere favorevole dall’EFSA (EFSA, 2011b, EFSA, 2011a) e non hanno ricevuto
l’autorizzazione da parte della Commissione Europea.
Questa valutazione si occupa degli specifici effetti dei DI e dei loro effetti come sostituti dello
zucchero. Storicamente, i DI sono stati sviluppati per soddisfare il desiderio di dolce, apportando
poche o addirittura nessuna caloria. Venivano impiegati per la riduzione del consumo di zucchero
e dell’ingestione calorica nelle diete dimagranti e per aiutare il mantenimento della stabilità dei
livelli di glucosio nel sangue, oltre che per aumentare l’appetibilità di diete a basso contenuto
zuccherino di pazienti diabetici.
Associazioni di pazienti diabetici sottolineano i benefici del consumo di DI nel contesto sociale, ma
questo parametro non viene preso in considerazione nella presente valutazione.
Fra i principali effetti benefici attesi dagli utilizzatori, appaiono il mantenimento del peso e
un’azione sul metabolismo.
Tale studio affronta principalmente gli effetti del consumo di DI su:
 I comportamenti alimentari (la compensazione energetica) e i gusti alimentari (sviluppo del
gusto per i dolci e assuefazione alla dolcezza.).
 Il peso: metabolismo dei carboidrati.
La valutazione non considera gli studi sugli animali, eseguiti per permettere la
commercializzazione dei DI, Tuttavia, vengono menzionati nel report del WG, alcuni potenziali
effetti dei DI emersi da questi lavori.
In primo luogo, i benefici e i rischi nutrizionali relativi ai DI sono stati analizzati in modo specifica
nelle donne in gravidanza, a seguito della pubblicazione di uno studio che evidenziava il
collegamento fra il consumo di bevande contenenti DI e la frequenza di parti prematuri
(Halldorsson et al., 2010).
Questo studio ha dato luogo alla relazione dell’ ANSES (ANSES, 2012).
L’analisi, una volta acquisiti i dati, è stata quindi estesa a tutta la popolazione, dagli adulti in salute,
ad alcune categorie specifiche (bambini, persone diabetiche o a rischio, persone sovrappeso e
obesi)
2. ORGANIZZAZIONE DELLA PERIZIA TECNICA SPECIFICA.
Questa valutazione è stata elaborata in accordo con lo standard Francese NF X 50-110 “Qualità
nelle perizie specifiche – Requisiti Generali di Competenza per Perizie Tecniche Specifiche
(Maggio 2003)”.
L’argomento cade nella sfera di competenza del Comitato di Esperti di Nutrizione Umana (CES).
L’ANSES ha affidato la perizia al WG sui Dolcificanti Intensi, costituito sulla base di un bando
pubblico.
Esiste una vasta letteratura sugli effetti del consumo di DI, la cui esposizione, da parte della
popolazione Francese, è stata stimata dalla Divisione sulla Valutazione dei Rischi Alimentari
dell’ANSES. Il metodo di stima e tutti i risultati sono allegati alla relazione della perizia.
Molti stakeholders sono stati intervistati contestualmente a questa analisi (dati disponibili sul sito
ANSES) e molti sono stati anche gli scienziati consultati. Gli aspetti metodologici e scientifici di
questo WG sono stati regolarmente sottoposti al Comitato di Esperti. Il report prodotto dal WG
tiene conto delle osservazioni e delle informazioni addizionali fornite dai membri del Comitato.
L’ANSES vuole prevenire il rischio di conflitto di interesse, relativo ai punti affrontati nella perizia.
Le dichiarazioni degli esperti sono state rese pubbliche sul sito dell’ANSES (http://www.anses.fr).
3 ANALISI E CONCLUSIONE DEL CES E DEL WG
Le conclusioni presentate di seguito sono riassuntive della perizia eseguita dagli esperti del WG e
dal Comitato di Esperti in Nutrizione Umana (CES) sui DI.
I dati presentati rispondono ai temi principali identificati dal WG (comportamento alimentare e
preferenze alimentari, peso, metabolismo dello zucchero ematico).
Altri argomenti di studio emersi dalla letteratura, e trattati dal WG, includono un coinvolgimento dei
DI nei processi di cancerogenesi, nelle patologie cardio-vascolari e nei disturbi nei processi
cognitivi. Tutti i potenziali effetti sono stati analizzati e presentati nel report della perizia del WG.
3.1. Effetti sulle abitudini alimentarti e sulle preferenze alimentari.
I DI sono spesso utilizzati come sostituti dello zucchero, in particolare nelle bevande, per
rispondere al desiderio per il dolce, evitando l’apporto calorico derivante dal consumo di zucchero.
La perizia degli esperti ha valutato se vi fossero conseguenze a livello metabolico, nel discernere
dolcezza e apporto calorico, in particolare in termini di:
 Capacità dell’organismo di associare un gusto ad un determinato apporto energetico e
quindi regolare il proprio bilancio energetico;
 Conseguenze del consumo di DI sull’appetito e sul consumo di prodotti dolci.
3.1.1. Dati negli Adulti
Sono stati esaminati studi di meta-analisi condotti prima del 2006, insieme ad una decina di lavori
sperimentali randomizzati che hanno affrontato questo tema.
La meta-analisi di 15 studi sperimentali (De la Hunty et al., 2006), ha portato ad analizzare gli
effetti del consumo di aspartame, singolarmente o in associazione ad altri DI (non specificati) e gli
introiti energetici nel corso della giornata di un individuo adulto.
Queste misurazioni hanno preso in esame un numero limitato di soggetti (meno di 30) in lassi di
tempo molto vari, compresi fra i pochi giorni, e le 16 settimane.
Il principale criterio di inclusione degli studi in questa meta-analisi è stata la misurazione
dell’assunzione di cibo per almeno 24 h, per valutare l’entità di qualsiasi effetto compensatorio di
vari alimenti consumati durante la giornata.
Gli autori hanno concluso che il consumo di aspartame come sostituto dello zucchero, risulta in
una riduzione dell’apporto calorico giornaliero pari, in media, a 220Kcal.
Inoltre, gli autori evidenziato come questa riduzione possa risultare più evidente trattando le
bevande, rispetto ai cibi solidi, poiché le calorie fornite dai liquidi apportano meno sazietà delle
calorie fornite dai cibi solidi e la tendenza risulta essere, quindi, quella di consumarne quantità
maggiori. Infatti, il tasso di compensazione stimato è minore per gli zuccheri assunti in forma
liquida, rispetto a quelli assunti in forma solida (Almiron-Roig et al., 2013).
In accordo con gli autori, la riduzione dell’apporto energetico, dovuto al rimpiazzo dello zucchero
con dolcificanti, è maggiore per quanto riguarda il consumo di bevande zuccherate artificialmente
rispetto a quello dovuto al consumo di cibi solidi dolcificati artificialmente.
Le conclusioni di queste meta-analisi devono però essere trattate con cautela, per via di diverse
limitazioni metodologiche, in particolare dovute alla mancanza di informazioni riguardanti i criteri di
scelta degli sudi analizzati, la valutazione della loro qualità e veridicità, e i metodi statistici applicati
per valutare l’eterogeneità dei dati considerati.
Altri studi sperimentali (che non sono stati inclusi nella meta-analisi perché coprivano periodi
inferiori alle 24h) hanno analizzato gli effetti dei DI sull’appetito e sull’ingestione di cibo. Questi
studi hanno utilizzato DI somministrati circa 1h prima del pasto, principalmente in forma liquida
(raramente solida), a cui sono seguite misurazioni dell’ingestione di cibo e dell’assorbimento
calorico durante il pasto successivo. Tutti questi studi hanno dimostrato che indipendentemente
dalla natura del DI considerato, una loro assunzione riduceva il senso di fame e il desiderio di cibo,
con un effetto massimo raggiunto immediatamente dopo la loro assunzione. Questo effetto
tendeva tuttavia a sparire prima dell’inizio del pasto, spiegando perché da molti studi non emerga
una riduzione dell’ingestione di cibo durante il pasto successivo alla somministrazione di DI.
Riguardo alle preferenze alimentari, diversi studi hanno esaminato gli effetti dei DI sulla percezione
della dolcezza (stimolo gustativo) e/o sulle preferenze di gusto nei cibi. Molti lavori hanno mostrato
che la preferenza per il cibo dolce è indipendente da eventuali agenti dolcificanti (es. non ci sono
differenze fra DI e saccarosio), ma i loro risultati differivano nelle ripercussioni che queste
preferenze avevano, sul consumo di questo cibo. Tuttavia questi studi presentavano protocolli e
obiettivi estremamente variabili, cosicché risulta difficile una comparazione dei loro risultati e il
delineamento di conclusioni comuni circa gli effetti dei DI sulle preferenze alimentari.
In generale, sulla base degli studi che hanno analizzato un’esposizione occasionale ai DI
prima di un pasto, non è possibile determinare gli effetti di un consumo abituale di DI
sull’assuefazione al dolce o all’aumento del desiderio verso i prodotti dolci. Molti studi
sperimentali mostrano che un consumo occasionale di DI, prima o durante un pasto, non ha
effetti sulla quantità di cibo o sulle calorie ingerite al pasto successivo. Un consumo
occasionale di Di prima di un pasto, riduce la sensazione di fame e il desiderio sia di cibo,
che di dolcificanti calorici, ma questo effetto risulta essere temporaneo e sparisce prima
dell’inizio del pasto. In molti casi, l’uso di DI come sostituti dello zucchero, ha come
conseguenza una diminuzione dell’apporto energetico a breve termine, in accordo con il
loro scarso contenuto calorico e con la mancanza di compensazione. Tuttavia, i dati
disponibili coprono un delta temporale insufficiente a garantire il mantenimento di questi
effetti nel medio e lungo termine.
3.1.2. Dati nei bambini
La predilezione per gli alimenti dolci è innata. E’ forte alla nascita e tende a diminuire nel tempo.
Tuttavia, sembra venire mantenuta con il consumo abituale di cibi o bevande dolci durante
l’infanzia (Liem and Mennella, 2002).
Uno studio (Wilson, 1994) ha dimostrato che l’aggiunta di aspartame o saccarosio al latte, ne
favorisce il consumo. Inoltre, il lavoro di Birch et al.,ha rivelato che i bambini preferiscono i sapori
associati ad un apporto calorico, suggerendo che la dolcezza non è di per sé sufficiente a
generare predilezioni alimentari, e che la densità calorica, così come (o in misura maggiore) la
dolcezza può determinare le preferenze gustative (Johnson et al., 1991, Birch and Fisher, 1998).
Tuttavia, non esistono dati attestanti il fatto che i DI abbiano effetti specifici, rispetto ai dolcificanti
calorici, nello sviluppo del senso del gusto e nelle preferenze alimentari.
Uno studio ha paragonato gli effetti del consumo di 250ml/giorno di bevande dolcificate
artificialmente, con bevande dolcificate con zucchero, per valutare la sensazione di sazietà e il
desiderio di mangiare, nei bambini dai 7 agli 11 anni, per 18 mesi (de Ruyter et al., 2013). Il livello
di sazietà era risultato lo stesso, indipendentemente dalla bevanda consumata.
Sulla base degli studi disponibili, non è possibile determinare se il consumo di DI durante i
primi anni dell’ infanzia abbia effetti specifici sullo sviluppo dei gusto e delle preferenze
alimentari o sulla regolazione dell’assunzione di cibo a corto e medio termine.
3.2. Effetti sul peso e sulla composizione corporea.
I DI sono comunemente utilizzati come sostituti dello zucchero, durante diete per la perdita di peso
o per il controllo dell’energia introdotta, al fine di evitare un aumento ponderale.
3.2.1. Dati negli adulti.
Dati sperimentali. Una meta-analisi (De la Hunty et al., 2006), una review sistematica (Wiebe et al.,
2011) e diversi articoli, hanno esaminato la relazione fra il consumo di DI e il cambiamento della
composizione corporea.
Negli studi di meta-analisi di De la Hunty (2006), sono stati analizzati 8 studi su fasce eterogee di
popolazione (persone con diete restrittive e non, persone normopeso e obese, in condizioni di vita
normali o in camere metaboliche). Secondo gli autori, gli effetti dei DI sulla perdita di peso
sarebbero significativi. Questi hanno considerato la riduzione teorica media di 220kcal/giorno
dovuta alla sostituzione del saccarosio con aspartame, e, ipotizzando di mantenere questa
situazione nel lungo termine, il risultato si rifletterebbe in una perdita ponderale pari a
0.2kg/settimana.
Il WG ha ancora una volta sottolineato le debolezze metodologiche di questa meta-analisi e in
particolare la mancanza di informazioni essenziali relativi al processo di selezione e alle statistiche
applicate per valutare l’eterogeneità.
La review di Wiebe et al. (2011) cita due studi comparativi fra gli effetti dei drink dolcificati
artificialmente e quelli dolcificati normalmente sul BMI (indice di massa corporea) (Raben et al.,
2002, Reid et al., 2007). Questi studi, riguardanti diverse fasce di popolazione (donne normopeso il
primo studio e donne sovrappeso il secondo), ha dato risultati diversi (nessun effetto nelle donne
normopeso, mentre nelle donne sovrappeso si è vista una riduzione del peso corporeo).
Altri 5 studi randomizzati (Maersk et al., 2012, Raben A, 2011, Reid et al., 2010, Sorensen et al.,
2005, Tate et al., 2012) hanno valutato un numero limitato (fra le 20 e le 50 persone) di soggetti
sovrappeso. In 2 di questi si è dimostrata una modesta perdita di peso, in media di 1.2-1.5 kg, ma
gli altri 3, incluso quello col più alto numero di persone considerate (n=318), non hanno
evidenziato nessun effetto, relativamente al consumo di bevande dolcificate artificialmente,
piuttosto che di bevande dolcificate con zucchero o al consumo di acqua.
Dati osservazionali. Esistono 7 studi prospettici osservazionali epidemiologici con una vasta
eterogeneità nei risultati ottenuti.
Il primo studio non ha mostrato nessuna associazione fra il consumo di DI e i cambiamenti nella
composizione corporea (Parker et al., 1997); 4 studi hanno riportato una proporzionalità diretta,
con un peso corporeo significativamente maggiore o un girovita più abbondante nei consumatori di
DI (Colditz et al., 1990, Duffey et al., 2012, Fowler et al., 2008, Stellman and Garfinkel, 1988); e 2
studi hanno sottolineato, al contrario, una proporzionalità inversa (Mozaffarian et al., 2011, Schulze
et al., 2004).
Studi osservazionali e operativi riportano legami contradditori tra il consumo DI e la
perdita di peso. Non può quindi essere formulata alcuna conclusione riguardo gli effetti a
lungo termine del rimpiazzo di dolcificanti calorici con DI, sul peso di consumatori abituali
di prodotti dolci, esaminati in età adulta,.
Una meta-analisi (Miller and Perez, 2014), pubblicata dopo la ricerca compiuta dal WG sulla
letteratura già esistente, ha preso in considerazione studi osservazionali (di 9 articoli) e prove di
controllo randomizzate (RCT di 15 articoli) riguardanti adulti e bambini. La sezione sugli studi
osservazionali non ha mostrato alcuna relazione fra il consumo di DI e i cambiamenti di peso
corporeo o di massa grassa, ma ha mostrato un lieve aumento di BMI (+0.03 kg/ m² come media).
La sezione sui RCT ha mostrato che la sostituzione del saccarosio con i DI nei prodotti dolciari, ha
come risultato una modesta perdita ponderale (con un effetto medio stimato di 0.8 kg) e una
diminuzione di BMI (-0.24 kg/m² di media) per un periodo stimato, compreso fra 3 settimane e 18
mesi.
Tale meta-analisi, di buona qualità metodologica, sottolinea l’estrema variabilità dei risultati fra gli
studi simili (se RCT o osservazionali) e le differenze nei risultati comparando studi RCT e
osservazionali.
Questi risultati, supportano l’idea che, mentre le prove di controllo randomizzate rimangono gli
studi più esaustivi a livello metodologico, i disegni sperimentali usati in queste, non riflettono le
modalità attuali di consumo dei DI, come invece fanno gli studi di osservazione.
3.2.2. Dati nei bambini.
Dati sperimentali. 4 studi si sono focalizzati sulla relazione esistente fra il consumo di DI e la
composizione corporea. In 3 di questi, non si sono osservate differenze di peso e di BMI fra
consumatori e non consumatori di DI (Ebbeling et al., 2006, Knopp RH, 1976, Williams et al.,
2007). Questi studi hanno preso in considerazione bambini sovrappeso o obesi ma hanno
mostrato limitazioni metodologiche. Il quarto studio, di buona qualità metodologica, ha esaminato
gli effetti su 641 bambini normopeso di età compresa fra i 4 e i 12 anni, del consumo di 250
ml/giorno di una bevanda dolcificata artificialmente, rispetto alla bevanda zuccherata che erano
soliti consumare. L’analisi è durata 18 mesi (de Ruyter JC, 2012) e ha fatto emergere una
significativa riduzione del BMI z-score (criterio più significativo per calcolare variazioni corporee nei
bambini in fase di crescita) all’interno del gruppo che ha consumato le bevande zuccherate
artificialmente, rispetto al gruppo di controllo.
La variazione ponderale fra i due gruppi è stata in media di 1 kg.
Dati epidemiologici. Dei 7 studi prospettici di epidemiologia infantile analizzati, 5 (Brown et al.,
2010, Vanselow et al., 2009) hanno visto una proporzionalità diretta, nel tempo, fra consumo di DI
(principalmente sotto forma di bevande) e peso corporeo, mentre 2 fra questi studi Brown et al.,
2010) non hanno riscontrato nessun legame. Per spiegare i risultati, gli autori di questi studi hanno
considerato che i soggetti “a rischio di aumento ponderale” o con abitudini alimentari poco sane,
fossero quelli che consumavano le maggiori quantità di DI, nell’intento di ridurre l’apporto
energetico.
La maggior parte degli studi osservazionali prospettici che hanno preso in considerazione i
bambini, mostrano che l’uso di DI è associato paradossalmente ad un aumento ponderale,
anche se la causa di questa relazione rimane ancora da chiarirsi. I quattro studi controllati
disponibili, mostrano differenti risultati, ma in nessuno di essi si evidenzia un aumento di
peso. Da questi studi non possono essere tratte conclusioni significative dell’uso di DI per
il mantenimento del peso in bambini e adolescenti.
3.3. Effetti sul glucosio ematico e sul diabete di tipo 2.
Questa sezione presenta i risultati ottenuti analizzando gli effetti del consumo di Di sull’omeostasi
glucidica e il rischio di sviluppare diabete, in soggetti sani, in pazienti diabetici tipo 1 (T1D) e tipo 2
(T2D). 31 studi clinici controllati e 2 pubblicazioni, hanno esaminato gli effetti a breve termine
(meno di 1 settimana) dell’effetto dei DI sull’omeostasi glucidica. Ad oggi, i dati dei rischi a lungo
termine sullo sviluppo di diabete, sono ancora limitati e riguardano 7 studi osservazionali
epidemiologici.
3.3.1. Effetti sull’omeostasi glucidica.
Effetti acuti (meno di 24h). Gli studi disponibili non hanno evidenziato alcun effetto relativo al
consumo a stomaco vuoto di aspartame (Burns et al., 1991, Horwitz et al., 1988, Moller, 1991,
Rodin, 1990, Smeets et al., 2005, Stegink et al., 1990), di saccarina (Goldfine ID, 1969) o
sucralosio (Ma et al., 2009, Ma et al., 2010) sui livelli glicemici e sul rilascio insulinico.
Altri studi hanno preso in esame i parametri glicemici post-prandiali dopo un pasto controllato
(Abdallah et al., 1997, Anton et al., 2010, Brown et al., 2009, Ford et al., 2011, Gregersen et al.,
2004), mostrando che il consumo di DI prima del pasto non modifica la curva glicemica e la
risposta insulinica rispetto al placebo, mentre le stesse risposte risultano attenuate rispetto a quelle
ottenute a seguito del consumo di zucchero. Questi effetti sono stati evidenziati,
indipendentemente dal DI testato (aspartame, estratto di stevia, sucralosio, bevande contenenti
acesulfame K e sucralosio). È stato inoltre notato che i parametri di questi studi risultavano molto
variabili a seconda della composizione del pasto somministrato, del tempo trascorso fra il consumo
di DI e il pasto, dei gruppi di studio analizzati (età, sesso, persone normopeso, sovrappeso, obese)
e della forma, solida o liquida, in cui era somministrato il DI. Diversi studi hanno inoltre mostrato
che il consumo di DI prima di un pasto ha come conseguenza un aumento della secrezione di
GLP1 (Glucagon-like peptide 1), un ormone gastrointestinale, i cui livelli solitamente aumentano la
secrezione di insulina, rallentano lo svuotamento gastrico e diminuiscono la secrezione di
glucagone (Brown et al., 2012). L’aumento di GLP1 riscontrato, potrebbe essere indotto dai
recettori per il dolce attivati dai DI, come suggerito dai dati sui ratti (Berthoud et al., 1981).
Effetti a breve e medio termine . Diversi studi hanno valutato gli effetti di un consumo regolare di DI
(da 1 a 3 volte al giorno, conducendo lo studio per pochi giorni o per diverse settimane) sottoforma
di capsule o bevande, nel mantenimento dei livelli di zucchero nel sangue (la glicemia e i livelli di
insulina sono stati misurati attraverso la valutazione di emoglobina glicata HbA1c, dopo il digiuno
notturno). Per i diabetici di tipo 2 (non insulino dipendenti), il consumo di sucralosio (Grotz et al.,
2003) o aspartame (Colagiuri et al., 1989, Nehrling et al., 1985, Stern et al., 1976) per periodi fino
a 18 settimane non ha effetti sulla patologia (non modifica i livelli di glucosio a digiuno), rispetto al
saccarosio o al placebo. Inoltre, l’omeostasi glucidica non è stata modificata in soggetti obesi nondiabetici che hanno consumato una bevanda dolcificata con aspartame per 6 mesi, rispetto al
gruppo che ha consumato una bevanda zuccherata, acqua o latte (Maersk et al., 2012). Altri studi,
che hanno considerato DI non specificati, in comparazione al saccarosio, in soggetti sovrappeso o
obesi (Njike et al., 2011, Raben A, 2011) hanno confermato i risultati precedenti.
Per quanto concerne l’estratto di stevia, i dati o non evidenziano effetti sui livelli del glucosio in
persone sane (Barriocanal et al., 2008, Geuns et al., 2007) o diabetiche (Barriocanal et al., 2008,
Maki et al., 2008), oppure mostrano un lieve calo dei livelli glucidici nel sangue, nelle persone sane
(Curi et al., 1986) o ipertese (Ferri et al., 2006).
In generale, la maggior parte degli studi non mostra alcun effetto acuto derivante
dall’ingestione di DI sui livelli di glucosio nel sangue o sui livelli di insulina, misurati a
stomaco vuoto o dopo un pasto controllato, in soggetti sani o diabetici. Alcuni studi hanno
sottolineato un lieve cambiamento nella secrezione di GLP-1, ma senza ripercussioni sulla
glicemia o sul rilascio insulinico. Il consumo di DI non mostra effetti a breve e mediotermine nei parametri glicemici di soggetti sani o con diabete.
3.3.2. Effetti sul rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 (T2D).
I 7 studi osservazionali che hanno studiato i rapporti fra il consumo di DI e l’incidenza di T2D
mostrano risultati divergenti. 4 studi di coorte (3 dei quali analizzanti la popolazione Nord
Americana e 1 la popolazione Europea), in un periodo compreso fra i 9 e i 24 anni, non hanno
evidenziato alcuna correlazione fra il consumo di bevande edulcolorate artificialmente e il rischio di
sviluppare T2D a parità di BMI e apporto calorico giornaliero (Bhupathiraju et al., 2013, de Koning
et al., 2011, Schulze et al., 2004). Altri 3 studi di coorte hanno suggerito una correlazione positiva
fra il consumo di bevande edulcolorate artificialmente e l’incidenza di T2D (Fagherazzi G, 2012,
Nettleton JA, 2009, Sakurai et al., 2014). Nello studio condotto in Francia (Fagherazzi G, 2012),
l’incidenza di T2D registrata è stata significativamente più elevata nel gruppo di donne che
consumavano grandi quantità di bevande dolcificate artificialmente (oltre 600 ml a settimana), che
sono state monitorate per 14 anni, e gli autori hanno specificato che la correlazione era lineare e
dose-dipendente. Il secondo studio, che ha considerato la popolazione Statunitense per 7 anni, ha
sottolineato un aumento dell’incidenza di T2D nei soggetti che consumavano più di una bevanda
zuccherata artificialmente al giorno, secondo un modello che ha previsto l’aggiustamento dei
principali fattori di confusione. Il terzo studio, che ha mostrato un aumento dell’incidenza di T2D nei
soggetti che consumavano più di una bevanda artificiale a settimana, si è focalizzato su un numero
limitato di persone della popolazione Giapponese, non rappresentativa della popolazione generale,
monitorata per 7 anni. È importante sottolineare l’eterogeneità di questi dati, in particolare in
termini di caratteristiche della popolazione presa in esame e del periodo di monitoraggio (da 7 a 24
anni). Inoltre, in questi studi, il consumo di bevande dolcificate artificialmente è stato registrato al
momento dell’inclusione dei soggetti nei gruppi di studio, spesso attraverso questionari di
frequenza autogestiti, senza l'aggiornamento, nel corso del tempo, dei dati sull’alimentazione.
Gli studi epidemiologici a lungo termine sui rischi di sviluppo di T2D mostrano risultati
eterogenei, ma gli studi più attendibili non rilevano particolari effetti.
3.4. Altri effetti
3.4.1. Effetti sui parametric lipidici.
Dei 20 studi sperimentali analizzati, la maggior parte ha preso in considerazione l’aspartame o
l’estratto di stevia. Rispetto al placebo, il consumo di aspartame non ha effetti sui livelli di trigliceridi
o colesterolo (totale, HDL, LDL o VLDL) in varie fasce di popolazione (persone sane, con T2D e
persone sovrappeso) per periodi considerati che variano fra le 13 e le 28 settimane. Rispetto ai
dolcificanti calorici (saccarosio, glucosio o fruttosio), dei 5 studi identificati, 2 mostrano un lieve
miglioramento del profilo nel gruppo che ha consumato aspartame, in maniera uguale a quello che
ha consumato il placebo, rispetto a quello dei dolcificanti calorici. I 3 studi che hanno preso in
considerazione gli effetti della stevia sui parametri lipidici, non hanno dimostrato anch’essi
differenze rispetto al placebo. Gli studi che hanno utilizzato altri tipi di DI (ciclammato, sucralosio,
mix di DI o DI non specificati) hanno confermato i risultati degli studi precedenti. Solo uno studio ha
riportato una possibile connessione fra il consumo di queste bevande dolcificate artificialmente e
l’aumento dei livelli di trigliceridi, associati ad una diminuzione dei livelli di HDL (Dhingra et al.,
2007).
La maggior parte degli studi osservazionali non hanno mostrato effetti sul profilo lipidico in
relazione al consumo di DI. Due studi hanno evidenziato come la sostituzione dello
zucchero con aspartame riduca la concentrazione plasmatica di trigliceridi, ma i dati sono
troppo limitati per concludere che i DI influiscano positivamente sul profilo lipidico.
3.4.2. Effetti sui parti pre-termine.
Sull’argomento sono disponibili 2 studi epidemiologici. Nel primo (Halldorsson et al., 2010) è stata
osservata una relazione dose-effetto, significante che il rischio di parto prematuro aumenta nelle
donne in gravidanza che consumano elevate dosi di bevande dolcificate artificialmente. In aggiunta
a questo studio danese descritto nella relazione dell’ANSES (ANSES, 2012), un altro studio,
metodologicamente simile, che ha preso in esame 60.000 gestanti, ha suggerito che il consumo di
bevande dolcificate artificialmente e bevande zuccherate fosse associato ad un aumento del
rischio di parto prematuro, spontaneo o indotto. Inoltre, anche se l’associazione risultava più forte
per le bevande zuccherate, gli autori hanno concluso che non erano in grado di determinare se
questi rischi fossero causati dagli effetti di queste bevande o da altri fattori alimentari o socioeconomici (Englund-Ögge L, 2012).
I dati pubblicati a partire dal 2012 non apportano cambiamenti alle conclusioni inserite
all’interno del report dell’ANSES. Sulla base dei dati disponibili, non è possibile attribuire
alcun beneficio o trarre alcuna conclusione in merito al rischio correlato al consumo di DI
durante la gravidanza, in termini di salute della gestante, dei parametri ostetrici o della
salute del neonato.
Una meta-analisi di 2 studi, pubblicata dopo la ricerca del WG in letteratura (La Vecchia, 2013),
non mostra alcun effetto provocato dalle bevande edulcolorate artificialmente, sui parti pre-termine.
Il WG fa notare che questa non è una vera meta-analisi, dal momento che non è stata fatta alcuna
revisione sistematica e che sono stati combinati solo i risultati dei 2 studi, usando un semplice
metodo analitico. La scelta dei 2 studi considerati, Halldorsson et al., 2010 and Englund-Ögge,
2012, che sono stati analizzati dal WG, non è stata giustificata.
3.4.3. Effetti sulla cancerogenesi.
La relazione fra DI e cancro è stata analizzata in 55 studi scientifici. 39 di questi studi hanno
riguardato il tratto urinario e 32 si sono focalizzati esclusivamente sul cancro alla vescica. Gli altri
studi hanno esaminato la relazione fra consumo di DI e rischio di cancro cerebrale (4 studi), cancro
all’apparato digerente (6 studi) o altri tipi di cancro (5 studi). Ad eccezione degli studi focalizzatisi
sul cancro vescicale, i DI in questione non sono stati specificati dagli autori. La relazione fra
saccarina e cancro alla vescica è stata quella più studiata, vista la disponibilità di dati sui roditori
(Arnold et al., 1977).I risultati negli umani però sono contrastanti. Basandosi sull’analisi dei dati
sugli umani, non è possibile stabilire l’esistenza di una relazione (sia per la saccarina che per gli
altri DI esaminati), dato che gli studi non sono stati regolati in base ai principali fattori influenti, fra
cui l’esposizione a inquinanti chimici. Relativamente a reni, cervello, sistema digestivo e cancro al
seno, i dati sono molto limitati e non mostrano alcuna correlazione col consumo di DI. Un recente
studio di coorte ha esaminato i rischi di sviluppare linfomi o leucemie e ha evidenziato un aumento
del rischio di linfoma non-Hodgkin e mielomi multipli nei maschi che consumavano più di una
porzione (355 ml) al giorno di bevande dolcificate artificialmente e nei gran consumatori di
aspartame (come dolcificante da tavolo e nelle bevande), rispetto ai non consumatori
(Schernhammer ES, 2012). Non è stata registrata alcuna associazione significativa nelle donne.
Gli autori hanno specificato che a causa delle differenze dei risultati nei due sessi, i risultati devono
essere interpretati con cautela.
Inoltre, questo studio non prende in considerazione l’esposizione a inquinanti chimici, quali fattori
influenti (e di confusione). Tuttavia, vale la pena notare come questo studio abbia tentato di
considerare , nelle sue analisi statistiche, le variazioni individuali nelle abitudini di consumo di
dolcificanti artificiali nel tempo, anche se sono disponibili poche informazioni riguardo alla
metodologia di analisi.
Gli studi epidemiologici, in generale, non mostrano alcun effetto nel consumo di DI sul
rischio di sviluppare il cancro. Solo un recente studio suggerisce una relazione fra il
consumo di bevande contenenti DI e la frequenza di linfomi non-Hodgkin e mielomi, ma
sono necessari ulteriori approfondimenti a riguardo.
3.4.4. Effetti neurologici.
Solo l’aspartame è stato studiato in relazione a potenziali effetti neurologici.
Sono presenti, in letteratura, 2 studi su adulti in salute (Lapierre et al., 1990, Spiers et al., 1998)
che non hanno osservato effetti dell’aspartame sui principali parametri misurati (tempi di reazione,
mal di testa, appetito, sedazione, parametri elettroencefalografici). Lo studio condotto su soggetti
epilettici (Rowan et al., 1995) non ha riportato differenze statisticamente significative nell’incidenza
delle crisi epilettiche fra il gruppo a cui era stato somministrato aspartame e quello a cui era stato
somministrato placebo.
I 4 studi disponibili su persone soggette a emicrania (Koehler and Glaros, 1988, Lipton et al., 1989,
Schiffman et al., 1987, Van den Eeden et al., 1994) hanno mostrato risultati diversi. Non possono
quindi essere tratte delle conclusioni certe a causa della scarsa qualità metodologica degli studi
(non sono stati fatti aggiustamenti riguardo i fattori che possono influire sui risultati) e sulla
soggettività degli effetti misurati (usando auto-questionari non validati).
Riguardo ai bambini, sono presenti 2 studi, uno eseguito sui bambini affetti da epilessia (Shaywitz
et al., 1994a), l’altro su bambini iperattivi (Shaywitz et al., 1994b), che non hanno evidenziato alcun
effetto significativo causato dall’aspartame.
Alcuni studi, che presentano forti limitazioni metodologiche, suggeriscono che l’uso di
aspartame possa essere coinvolto nello scatenare attacchi epilettici e di emicrania, ma non
possono essere tratte conclusioni definitive per quanto riguarda la frequenza in cui tale
rischio si presenta, dai dati a disposizione.
3.5. Conclusioni e raccomandazioni del WG e del CES.
Dopo aver analizzato tutta la letteratura scientifica a disposizione, emerge che, nonostante un gran
numero di studi a riguardo, i dati disponibili siano insufficienti per determinare qualsiasi effetto
benefico a lungo-termine in relazione al consumo di prodotti contenenti DI quali sostituti dello
zucchero.
 In molti casi, l’uso di DI come sostituti dello zucchero ha come effetto una diminuzione
dell’apporto energetico a breve termine, per via del loro basso apporto calorico, in assenza
di compensazione. Tuttavia, i dati disponibili coprono un lasso di tempo troppo limitato per
garantire il mantenimento di questo effetto nel lungo-periodo.

Non possono essere tratte conclusioni sul mantenimento del peso, quale beneficio ottenuto
dall’utilizzo di DI in bambini, adolescenti o adulti.
 Nelle persone diabetiche, non sono stati dimostrati particolari benefici sul controllo della
glicemia a seguito dell’utilizzo di DI quali sostitutivi dello zucchero.
 Non sono stati dimostrati benefici nella prevenzione dell’insorgenza di T2D.
 Anche se 2 studi sostengono che la sostituzione dello zucchero con l’aspartame riduca la
concentrazione plasmatica di trigliceridi, i dati a disposizione sono troppo limitati per
concludere che i DI abbiano effetti positivi sul profilo lipidico.
I dati disponibili non mostrano alcun rischio legato al consumo di DI. Tuttavia, a causa del limitato
numero di studi presenti a riguardo, non è possibile escludere potenziali rischi a lungo termine in
relazione al consumo di DI in specifiche fasce di popolazione e in particolar modo nei bambini e
nei consumatori abituali, anche adulti.
 Per quanto concerne l’assuefazione al gusto dolce, il consumo di DI non ha mostrato alcun
effetto negli adulti. Invece nei bambini non ci sono dati che dimostrino se i DI influiscano
nello sviluppo del senso del gusto, delle preferenze alimentari e dell’ingestione di cibo.
 Studi osservazionali e studi sul campo, riguardanti il controllo del peso, hanno mostrato
risultati contrastanti. Alcuni studi osservazionali prospettici hanno mostrato come il
consumo di Di sia paradossalmente associato ad un aumento ponderale, anche se la
causalità di questa relazione non è ancora stata chiarita.
 Per quanto concerne il controllo glicemico, il consumo di DI non evidenzia, a breve e medio
termine, un aumento post-prandiale della glicemia e dei livelli di insulina nei soggetti in
salute o diabetici.
 I lavori epidemiologici più consistenti sul T2D, non hanno mostrato un’incidenza maggiore o
minore di sviluppare la patologia, nei consumatori abituali di DI.
 Gli studi epidemiologici sul cancro, non hanno mostrato alcuna evidenza scientifica
riguardo ad una correlazione possibile con il consumo di DI.
Tuttavia, un recente studio ha suggerito una relazione fra il consumo di bevande contenenti DI e
l’incidenza si linfomi. Tuttavia sono necessari ulteriori studi a riguardo.
In conclusione, non sono stati visti particolari effetti benefici che motivino la raccomandazione di un
regolare consumo di DI per adulti e bambini. Inoltre, i dati disponibili, non mostrano particolari
rischi per i consumatori abituali. Tuttavia, in base ai dati epidemiologici attualmente disponibili, non
è possibile escludere completamente alcuni rischi, nel caso di un consumo abituale e prolungato.
Inoltre, per la popolazione in generale, la valutazione complessiva dei rischi e benefici non
giustifica un uso a lungo termine dei DI come sostituti dello zucchero, in particolar modo nelle
bevande, che sono il principale vettore di DI.
Quindi, l’uso di bevande zuccherate artificialmente o zuccherate normalmente, non deve sostituire
il consumo di acqua.
3.6. Raccomandazioni. La revisione della letteratura scientifica ha rivelato alcune lacune che
dovranno essere colmate e aree di ricerca che dovranno essere esplorate in future.
 Ci sono state differenze fra i risultati degli studi controllati randomizzati (RCT) e quelli degli
studi osservazionali. Inoltre, gli studi che hanno valutato gli effetti sulle abitudini alimentari o
l’apporto energetico, della sostituzione dello zucchero con i DI, sono stati condotti nello
studio degli effetti a breve termine e dovranno essere accompagnati da approfondimenti
per quanto concerne il lungo termine. Due tipi di studi aggiuntivi, sembrano essere
necessari per capire queste differenze. Da una parte, studi sul campo comparativi (in
maniera inconsapevole) di gruppi testati con gruppi di controllo faranno chiarezza, nel
lungo temine (almeno un anno di studio) sugli effetti dei DI a livello metabolico e fisiologico.






Dall’altra parte, studi sul campo in cui DI saranno consumati consciamente, aiuteranno
nella comprensione di potenziali variazioni sui comportamenti alimentari relativi alla
sostituzione dello zucchero con edulcoloranti artificiali, in condizioni di vita normale.
Ci sono inoltre a disposizioni, davvero pochi dati riguardanti l’impatto a lungo termine dei DI
sulle preferenze alimentari. Quindi risulta necessario uno studio degli effetti del consumo di
DI sulle scelte alimentari.
Nella maggior parte degli studi di coorte, il livello di consumo di bevande dolcificate
artificialmente è stato registrato al momento dell’inclusione dei soggetti nei gruppi di studio
e non è stato preso in considerazione il successivo consumo. Questi studi hanno valutato
solo il consumo di bevande dolcificate artificialmente, e non il consumo totale di dolcificanti
artificiali. È inoltre difficoltoso distinguere fra gli effetti dei vari DI consumati singolarmente e
i loro effetti in combinazione con altri DI. Futuri studi di coorte dovranno tenere in
considerazione i cambiamenti qualitativi e quantitativi nel consumo dei prodotti dolcificati
artificialmente e adattare i questionari riguardanti l’alimentazione, per valutare
accuratamente e specificatamente il consumo di DI.
Specifiche fasce di popolazione, come donne incinta, bambini, soggetti diabetici e
consumatori regolari di DI non sono state adeguatamente studiate. Risulta quindi
indispensabile approfondire quali siano gli effetti dei DI in questi gruppi. Allo stesso modo,
risulta necessario determinare quali siano le ripercussioni del consumo di DI durante la
fase perinatale.
Molti degli studi di coorte sono stati eseguiti negli Stati Uniti, dove le caratteristiche del
consumo dei DI sono differenti rispetto a quelle osservate in Francia. Appare quindi
necessario un aumento delle informazioni risultato di studi a livello nazionale.
Alcuni dati suggeriscono che gli effetti potenziali dei DI sui cambiamenti di peso o
sull’incidenza di sviluppare diabete, possono variare, in relazione alla corporatura di
partenza. A causa di un aumento del tasso di obesità nella popolazione, sarebbe quindi
utile studiare le potenziali interazioni fra la corporatura e il consumo di DI in termini di
rischio di aumento di peso o di sviluppare il diabete.
La letteratura riguardante i glicosidi steviolici è ancora scarsa e necessita di essere
arricchita, soprattutto per via di un loro crescente utilizzo in bevande e alimenti.
4. CONCLUSIONE DELL’AGENZIA NAZIONALE FRANCESE PER L’ALIMENTAZIONE,
L’AMBIENTE, LA SALUTE E LA SICUREZZA.
ANSES accetta le conclusioni elaborate dal WG e dal CES. I DI al momento autorizzati in Europa
comprendono 10 componenti chimici di varia natura. Questi sono utilizzati per la produzione di cibi
e bevande, principalmente per il loro potere dolcificante, ma anche per le loro proprietà
tecnologiche (stabilizzanti, testurizzanti). Il loro potere dolcificante è maggiore di centinaia di volte
(acesulfame K, aspartame), fino ad arrivare a migliaia di volte (neotame), rispetto a quello del
saccarosio. In Francia, i DI più comunemente utilizzati dall’industria alimentare sono l’ aspartame,
l’ acesulfame K e il sucralosio, oltre all’estratto di stevia che è entrato nell’industria alimentare solo
negli ultimi anni.
Il loro uso, negli ultimi 20¹ anni, è notevolmente aumentato.
Queste sostanze sono principalmente utilizzate per formulare prodotti a ridotto contenuto calorico,
mantenendone l’appetibilità. Il loro basso apporto calorico è il principale argomento su cui si fa
perno per commercializzare questi prodotti, suggerendo al consumatore un collegamento diretto
per il con il controllo del peso. Tuttavia, non sono stati autorizzate affermazioni richiamanti gli
effetti dei DI sul controllo del peso. L’ANSES ha stimato l’esposizione ai DI nella popolazione
Francese². Questi dati mostrano che, anche nel peggiore dei casi possibili, l’assunzione dei grandi
consumatori (95°percentile) sia al di sotto dei GDA stabiliti dall’UE per qualsiasi dei DI considerati³.
L’ANSES ha inoltre voluto intraprendere un’analisi approfondita della letteratura disponibile, al fine
di rivedere i dati attualmente disponibili sui potenziali benefici nutrizionali e sui rischi correlati al
consumo di prodotti contenenti DI, tanto più, visto che i benefici nutrizionali non sono stati
esaminati nel contesto della prima autorizzazione rilasciata ai sensi del regolamento(EU) No
257/2010. Dovrebbe essere notato, oltretutto, che mentre una valutazione globale dei vantaggi dei
dolcificanti artificiali può essere effettuata indipendentemente dalla loro natura, considerando il loro
scopo comune, ovvero quello di dare la percezione di dolcezza, valutare l’associazione dei rischi
può richiedere una distinzione in termini di variazioni tossicologiche, riguardo a ciascuna sostanza.
Questa valutazione è stata rivista per l’autorizzazione di ciascun dolcificante artificiale.
Oltre a questo lavoro, l’ANSES considera che:

Riguardo ai benefici nutrizionali, gli studi disponibili, sebbene numerosi, non forniscano
prove sul fatto che il consumo di dolcificanti artificiali come sostituti dello zucchero sia
benefico in termini di mantenimento ponderale, regolazione dei livelli di glucosio nel
sangue nei soggetti diabetici o riguardo all’incidenza di sviluppare T2D;

Riguardo ai rischi nutrizionali (l’incidenza del T2D, l’assuefazione ai dolci negli adulti, la
cancerogenesi…), non è possibile basarsi sui dati attualmente disponibili per stabilire una
connessione fra l’incidenza di questi rischi e il consumo di DI. Tuttavia, alcuni lavori,
sottolineano la necessità di aumentare le conoscenze riguardanti i legami fra il consumo di
DI e alcuni rischi. L’ANSES in particolare, sottolinea la mancanza di studi rilevanti e
conclusivi sui supposti benefici dei DI, nel contesto del loro ampio utilizzo in nutrizione.
Inoltre, considerando le molte questioni sollevate da questa valutazione, L’ANSES
sottolinea la necessità di intraprendere nuove ricerche riguardanti i benefici nutrizionali e i
rischi correlati al consumo di DI, in particolare:
- sui bambini, operando ricerche sullo sviluppo del gusto e di preferenze alimentari e sul controllo
dell’assunzione di cibo ;
- sulla popolazione generale, conducendo ricerche riguardanti il mantenimento del peso.
L’ANSES continua il suo monitoraggio scientifico sui benefici nutrizionali e sui rischi relativi ai DI.
Nell’ambito di questo continuo monitoraggio, emerge la necessità di lavorare su temi nuovi, come
gli effetti dei DI sul microbiota umano (Suez et al., 2014).In futuro, l’Agenzia potrà probabilmente
aggiornare queste valutazioni, alla luce di nuovi dati. In un contesto orientato ad una rieducazione
alimentare, in cui uno degli obiettivi primari è ridurre l’assunzione di zucchero nella popolazione,
l’ANSES considera come al moneto non ci siano informazioni convincenti da un punto di vista
scientifico, che incoraggino ad attuare una campagna di promozione della sostituzione dello
zucchero con alimenti dolcificati artificialmente, fin dalla più tenera età. Inoltre, riguardo alle
bevande zuccherate, queste non devono assolutamente essere consumate in sostituzione
all’acqua.
¹ La quota di mercato dei prodotti zuccherati artificialmente varia considerevolmente a seconda del settore merceologico;
il 95% è rappresentato dalle gomme da masticare, il 20% dai soft dinks (contro il 7% del 1994) e il 15% dai dolcificanti da
tavola. Dato il consumo di questi prodotti sotto diverse forme, si è visto che il vettore principale è rappresentato dalle
bevande, dai prodotti “light” e da composte, dolciumi e dolcificanti da tavola.
A livello internazionale, il totale delle vendite dei prodotti zuccherati artificialmente è stato stimato nel 2011 pari a 41
miliardi di dollari per le bevande e a 21 miliardi di dollari per il cibo (fonte:Euromonitor).
In termini di dolcezza equivalente, (es. il contributo relativo di ogni prodotto al raggiungimento del gusto dolce), i Di
contribuiscono approssimativamente al 10% della dolcezza in tutto il mondo(fonte: LMC International).
² Sulla base dei dati di consumo dello studio INCA 2, con riferimenti incrociati ai dati relativi alla composizione di Di
presentati dai produttori.
³ Aspartame, acesulfame K, ciclammato, saccarina, sucralosio e sali di aspartame-acesulfame K.
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