LIFE Coturnice Sicilia – Status e conservazione
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LIFE Coturnice Sicilia – Status e conservazione
STATUS E CONSERVAZIONE DELLA COTURNICE (Alectoris graeca Meisner, 1804) Atti del Workshop Palermo, 15 Novembre 2013 Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia a cura di Mario Lo Valvo, Guido R. Loria e Pietro Miosi LIFE09 NAT/IT/000099 - SICALECONS “Azioni urgenti per la conservazione della Coturnice di Sicilia Alectoris graeca whitakeri Schiebel, 1934” -1- Assessorato Regionale dell’Agricoltura dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea Dipartimento dell’Agricoltura Servizio 7° - U.O. 46 Tutela e Valorizzazione del Patrimonio Faunistico Università degli Studi di Palermo Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmacologiche Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea Dipartimento dello sviluppo rurale e territoriale Con la collaborazione: Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale Istituto Sperimentale Zootecnico della Sicilia Assessorato Regionale dell’Agricoltura dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea Servizio 7° Tutela e Valorizzazione del Patrimonio Faunistico. U.O. n. 56 - Ripartizione Faunistico Venatoria - Trapani Per la citazione di questo volume si raccomanda: Lo Valvo M., Loria G.R., Miosi P., 2014. Status e conservazione della Coturnice (Alectoris graeca) Meisner, 1804. 15 Novembre 2013, Palermo. Assessorato Regionale dell’Agricoltura dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea. Pp. 104 Per la citazione di un articolo del volume: Riga F., Trocchi V., Sorace S., 2014. Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca. Pp. 9-19. In: Lo Valvo M., Loria G.R., Miosi P. (eds.),. Status e conservazione della Coturnice (Alectoris graeca) Meisner, 1804. 15 novembre 2013, Palermo. Assessorato Regionale dell’Agricoltura dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea. Foto di copertina di Mario Lo Valvo -2- INDICE Presentazione pag. 5 Premessa pag. 7 Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca Francesco RIGA, Valter TROCCHI, Alberto SORACE pag. 9 Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris Filippo BARBANERA pag. 21 Collezioni museali e genetica molecolare: due casi studio nei fasianidi Giovanni FORCINA pag. 33 Censimento di Coturnice in aree dell’Appennino Lucano due casi studio nei fasianidi Egidio MALLIA pag. 43 Piano d’azione per la Coturnice nel Lazio e avvio del monitoraggio ai sensi della Dir. 92/43/CEE Marco SCALISI pag. 49 Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice (Alectoris graeca saxatilis) in ambiente alpino: necessità di uniformare le modalità di censimento Luca ROTELLI pag. 57 Competenze dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito del progetto: “Urgent actions for the conservation of Alectoris graeca whitakeri” Guido R. LORIA, Giusi MACALUSO, Claudia MANNO, Andrea VALENZA pag. 79 Stato del progetto LIFEplus - SICALECONS “Azioni urgenti per la conservazione di Alectoris graeca whitakeri” Mario LO VALVO, Pietro MIOSI pag. 91 -3- -4- PRESENTAZIONE L’intero territorio regionale siciliano, isole minori incluse, rappresenta un centro di origine di biodiversità di elevato pregio, tra i più interessanti d’Italia e dell’intera regione mediterranea per la notevole varietà degli ecosistemi, delle specie e delle popolazioni presenti, arricchito anche dalla notevole presenza di aree protette e di ambienti ad elevato valore naturalistico. L’isolamento geografico e la posizione geografica al centro dell’area mediterranea, al confine tra l’Europa ed il continente africano, hanno influito non poco sugli attuali aspetti naturalistici siciliani, con la comparsa di numerosi endemismi, tra cui la Coturnice di Sicilia. Purtroppo bisogna riconoscere che, negli ultimi due secoli, il territorio della regione ha subito una incisiva trasformazione che ha generato un progressivo degrado degli habitat, da attribuire ad un complesso di fattori, tra i quali l’abbandono delle aree agricole più svantaggiate a causa della loro scarsa convenienza economica. La conseguenza è stata la scomparsa definitiva di diverse specie animali, e non solo, o la forte rarefazione di alcune delle loro popolazioni, con conseguenze negative sulla biodiversità siciliana. La consapevolezza di possedere un peculiare patrimonio naturalistico presente sul territorio ha spinto la Regione Siciliana, negli ultimi decenni, a dedicare grande attenzione al tema della conservazione della biodiversità, in linea con le politiche comunitarie e nazionali, anche nella considerazione che i legami tra agricoltura, ambiente e biodiversità interessano tanto le componenti floristiche quanto le specie faunistiche. L’esigenza di rallentare ed arrestare la perdita di biodiversità è oggi un obiettivo trasversale, normativo oltre che morale, che caratterizza gli interventi programmatici dalla Regione, in particolare del Dipartimento per l’Agricoltura, a cui compete la gestione e la conservazione della Fauna, patrimonio indisponibile dello Stato, nell’interesse della comunità internazionale. Dunque, per tutelare in modo mirato la biodiversità, è necessario fare propri gli indirizzi dettati dal Parlamento Europeo per la promozione di una politica di sostegno e sviluppo, offrendo anche nuove opportunità socio-economiche, che favoriscono la conservazione efficace delle risorse naturali e quindi di tutta la diversità biologica che caratterizza la nostra regione. Il progetto LIFEplus Sicalecons “Urgent actions for the conservation of the Alectoris graeca whitakeri” dedicato alla conservazione della Coturnice di Sicilia, con le sue molteplici azioni, perfettamente si inserisce nelle politiche di tutela della fauna, ma anche nella salvaguardia del territorio e delle comunità locali e, più in generale, della biodiversità siciliana e questo importante evento dedicato alla conservazione della Coturnice non solo della popolazione siciliana, ma anche delle popolazioni presenti nel resto dell’Italia, insieme ai risultati fino ad oggi conseguiti, sintetizza l’impegno di questa amministrazione nel perseguire con determinazione questi obiettivi di tutela. Rosaria Barresi Dirigente Generale Dipartimento dell’Agricoltura -5- -6- PREMESSA A nome dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, abbiamo il piacere di darvi il benvenuto e di ospitare questo momento di sintesi relativo allo sviluppo del progetto LIFE SICALECONS e dei risultati ad oggi raggiunti. Merita sicuramente un plauso l’intensa e fattiva cooperazione tra tutti partners coinvolti, ed il fatto che, questo sforzo collettivo ha permesso di implementare per la prima volta nella Sicilia occidentale un così complesso programma di conservazione per una specie come la Coturnice di Sicilia minacciata di estinzione. Questo encomio viene inoltre sottolineato non soltanto dai risultati raggiunti e che oggi ascolteremo, ma per tutti gli aspetti socioculturali che tale azione ha dovuto contrastare, educando il territorio ad un nuovo approccio e ad una rinnovata sensibilità per le nostre risorse naturali. Oggi è presente un pubblico molto diversificato, con rappresentanti del mondo ambientalista e venatorio, studenti, tecnici e appassionati, che sottolinea, una volta di più, l’impatto che tali tematiche rivestono nella nostra regione. Una parola ancora in particolare per i cacciatori che ci hanno seguito con interesse, a volte partecipando attivamente ai seminari del progetto e alle attività di campo con il loro contributo di conoscenza dei territori e della specie. Nonostante poi tutte le difficoltà registrate dalle amministrazioni degli enti nel supportare finanziariamente le attività, possiamo oggi affermare che il LIFE - SICALECONS può rappresentare un modello virtuoso di collaborazione e formazione nell’ambito dei progetti europei, che molto spesso cozzano con logiche amministrative interne che ne limitano efficacia e tempi di risposta. Si auspica al più presto un “Piano regionale di monitoraggio e controllo sanitario della fauna selvatica”, come al punto 2 dell’art. 4 della Legge Regionale 33/97, che non sia un intervento occasionale, ma che diventi organico e funzionale a quelli che sono gli obiettivi della sorveglianza e prevenzione in Sanità Pubblica Veterinaria. Un Piano che dia maggiore consapevolezza di quanto possano essere rilevanti le implicazioni, sanitarie, ecologiche ed economiche, che eventuali patologie della fauna selvatica possono causare. Di fatto le problematiche sanitarie della fauna selvatica hanno un rilevante peso non solo nella gestione e conservazione delle specie selvatiche, ma anche in termini di Sanità Animale e Salute Pubblica. Per questi motivi, l’Istituto è impegnato insieme agli altri attori istituzionali, ad avviare a livello regionale un’attività di monitoraggio sanitario della fauna selvatica che sia programmata, coordinata e svolta costantemente e con procedure uniformi. Considerando che le finalità primarie della gestione faunistico-venatoria sono quelle di mantenere le popolazioni di animali selvatici in un corretto equilibrio con l’ambiente -7- e con le altre specie animali e garantire la presenza di popolazioni in buone condizioni sanitarie con una densità agro-forestale ottimale per il prelievo venatorio, allora il Piano di monitoraggio sanitario della fauna selvatica rappresenterebbe un ottimo strumento per raggiungere questi obiettivi. Il Piano richiede una fattiva collaborazione di tutti gli Enti coinvolti a livello locale, sanitari e non (REGIONE, AASSPP e IZS SICILIA) e nel contempo riconosce al cacciatore il ruolo di “sentinella ambientale”, garantendo nel breve periodo una adeguata formazione sulle problematiche sanitarie della fauna selvatica. Il cacciatore è visto come elemento chiave, in particolare nell’individuare eventuali fenomeni di mortalità sul territorio. Il Piano di monitoraggio sanitario è sicuramente un’opportunità che viene data per dimostrare la reale fattiva collaborazione dei cacciatori per la Sanità Pubblica e Veterinaria. Sintesi del contributo del Dr. Antonino Salina, Direttore Generale Dr. Rossella Colomba Lelli, Direttore Sanitario Dr. Anselmo Intrivici, Presidente Consiglio di Amministrazione -8- Status e conservazione della Coturnice: 10-20, 2014 Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca Francesco RIGA, Valter TROCCHI, Alberto SORACE Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale Via Cà Fornacetta, 40064 Ozzano Emilia (BO) - [email protected] Il quadro normativo italiano, infatti, non prevede che questo strumento tecnico abbia valenza legislativa. Tuttavia, con l’entrata in vigore della Direttiva 21/42/CE (VAS) i piani e programmi con possibili effetti sull’ambiente, compresi i piani faunistico venatori e i piani faunistici delle aree protette, debbono essere sottoposti a Valutazione Ambientale Strategica (D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.). Cos’è un Piano d’azione Il Piano d’Azione è un documento tecnico specie-specifico finalizzato alla conservazione delle specie maggiormente minacciate e a rendere ecologicamente sostenibili gli interventi dell’uomo sulle specie di maggior interesse gestionale. Si basa sulle informazioni disponibili relative a biologia, distribuzione ed abbondanza della specie oggetto di conservazione. La realizzazione dei piani d’azione ed il successivo monitoraggio della loro attuazione viene effettuata da un gruppo di lavoro che comprende esperti di diversa formazione e rappresentanti di tutte le realtà interessate alla conservazione della specie (Ministeri, Enti Parco, associazioni non profit, ecc.). Status della Coturnice La sottospecie siciliana di Coturnice Alectoris graeca whitakeri era inclusa nell’allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE, mentre la specie nel suo complesso era inserita nell’allegato II/1 della stessa direttiva fino al suo passaggio all’allegato I per effetto della Direttiva 2006/105/CE del Consiglio, che adeguava le direttive 73/239/CEE, 74/557/CEE e 2002/83/CE in materia di ambiente, a motivo dell’adesione della Bulgaria e della Romania. Attualmente la Coturnice è inclusa come entità specifica (comprensiva di tutte le sottospecie) in Allegato I della nuova Direttiva 2009/147/CE “Uccelli”. E’ inserita, inoltre, nell’Allegato III della Convenzione di Berna. La Coturnice ha uno stato di conservazione sfavorevole (SPEC Il piano identifica in primo luogo le minacce per la sopravvivenza della specie, ma la parte centrale è costituita dalla definizione degli obiettivi volti ad assicurare la conservazione nel lungo periodo e delle azioni necessarie per realizzarli. Per ottenere questi obiettivi è necessaria la pianificazione sul breve, medio e lungo periodo e prevedere periodiche verifiche dell’adeguatezza delle azioni in rapporto al raggiungimento degli obiettivi. -9- Riga F., Trocchi V., Sorace A. 2) in tutta l’Europa, in quanto attraversa un moderato ma continuo stato di declino (BirdLife International, 2004). Nella Lista Rossa dei Vertebrati Italiani (Rondinini et al., 2013) è considerata specie vulnerabile; inoltre, è una specie cacciabile ai sensi della Legge n. 157/1992, art. 18. Dal punto di vista sistematico è una specie politipica a distribuzione europea (Cramp e Simmons, 1980; Boano et al., 1989, 1990; Madge e McGowan, 2002), suddivisa in 3 sottospecie: • Alectoris graeca saxatilis, diffusa sulle Alpi dalla Francia all’Austria e nella ex Yugoslavia occidentale; • Alectoris graeca graeca, propria dei Balcani (ex Yugoslavia sud-orientale, Grecia e Bulgaria); • Alectoris graeca whitakeri, endemica della Sicilia. Alcuni autori attribuiscono le popolazioni appenniniche alla sottospecie A.g.saxatilis, mentre Priolo (1984) aveva distinto la popolazione appenninica in una quarta sottospecie Alectoris graeca orlandoi sulla base di caratteristiche morfologiche. Tuttavia, recenti indagini genetiche basate sull’analisi del DNA mitocondriale e microsatellitare indicano che la popolazione dell’Appennino è affine a quella della sottospecie dei Balcani A.g.graeca (come proposto in passato), piuttosto che agli individui della sottospecie alpina e non supportano quindi l’ipotesi di una sottospecie differenziata in Appennino. Durante l’ultima glaciazione (Pleistocene) la presenza di un ponte di terraferma nell’alto Adriatico avrebbe, infatti, consentito un flusso genico tra la Penisola italica e quella balcanica. Sebbene non sia avvalorato il rango sottospecifico delle popolazioni appenniniche, queste sono attualmente isolate e demograficamente indipendenti dalle altre popolazioni della specie. Pertanto, secondo Randi et al. (2003) costituirebbero un’unità evoluzionistica di interesse conservazionistico (ESU). Ciò evidenzia l’importanza di preservare l’integrità genetica della popolazione appenninica della specie e di assicurarne la conservazione ed integrità genetica. L’areale della specie si estende dai Balcani sino all’Italia peninsulare e alla Sicilia, interessando i principali massicci montuosi di queste aree. La popolazione europea è stimata in 41.000-54.000 coppie in gran parte concentrate in Italia e Croazia; in particolare, l’Italia è la nazione con la popolazione più cospicua (Fig. 1), stimata da alcuni autori (Tucker e Heath, 1994; Hagemeijer e Blair, 1997) in 14.000 coppie e da altri (Meschini e Frugis, 1993; BirdLife International, 2004) in 10.000-20.000 coppie. Nel territorio nazionale la specie risulta sedentaria e nidificante sulle Alpi, sull’Appennino centro-meridionale ed in Sicilia (Priolo e Bocca, 1992). In tutti questi settori (Fig. 2) la specie ha subito un grave declino (Priolo e Sarà, 1985; Spanò et al., 1985; Bocca, 1990; - 10 - Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca Bernard-Laurent e De Franceschi, 1994; Boano et al., 1995; Artuso, 1997; Renzini e Magrini, 1997; Meriggi et al., 1998; Giacchini et al., 1999; Gramignani, 2001; Palumbo e Lo Valvo, 2002; Cattadori et al., 2003; Rippa et al., 2003; Rotelli, 2006). Le densità pre-riproduttive riscontrate in diverse aree del Paese sono riportate in Tabella 1 e rientrano nell’intervallo di valori riportati per le Alpi francesi (Bernard-Laurent e De Franceschi, 1994; Bernard-Laurent e Leonard, 2000). Si deve notare come la densità della specie (coppie) nelle aree del Lazio ove si esercitata l’attività venatoria risulti significativamente minore rispetto alle aree dove tale attività è preclusa (Sorace et al., 2011). Fig. 1. Distribuzione recente della Coturnice in Italia. Principali fattori limitanti Modificazioni ambientali Uno dei principali fattori limitanti delle popolazioni di Coturnice è rappresentato dalle modificazioni ambientali. Infatti, a partire dagli anni 50-60 del secolo scorso, si è assistito, nelle aree rurali montane alpine e appenniniche, in particolare in quelle raggiungibili con maggiori difficoltà, ad un progressivo abbandono delle tradizionali attività agro-pastorali, con conseguente ricrescita della vegetazione arbustiva ed arborea. In particolare, le modificazioni che deteriorano o provocano la perdita delle aree con esposizione favorevole (Sud) per i periodi invernali, sono particolarmente Fig. 2. Distribuzione storica della Coturnice in Italia (da Priolo e Bocca, 1992; Bernard- Laurent e De Franceschi, 1994) e aree di scomparsa/declino della specie. - 11 - Riga F., Trocchi V., Sorace A. rischiose per la sopravvivenza delle popolazioni di Coturnice (Bernard-Laurent e De Franceschi, 1994). Predazione La predazione può avere sicuramente un impatto importante sulla dinamica delle popolazioni di Coturnice. La predazione da Aquila reale (Aquila chrysaetos) risulta la principale causa di mortalità in una popolazione di Coturnice delle Alpi meridionali (Bernard-Laurent, 1989). Anche nell’Appennino, questo rapace potrebbe essere il predatore più efficace della Coturnice (Priolo e Bocca, 1992). Anche la Cornacchia (Corvus corone) può predare nidi di uccelli incluse specie di interesse venatorio. La diffusione del Cinghiale (Sus scrofa) può essere potenzialmente una fonte di maggior rischio per la perdita delle nidiate e delle uova di molte specie di Uccelli che nidificano a terra e quindi, può esercitare un importante impatto Tabella 1 – Densità pre-riproduttive della Coturnice in diverse aree del Paese. Nel confronto tra aree occorre tener presente che alcuni studi presentano solo i risultati di transetti positivi (vedi i valori riportati in Tabella per alcune aree) - 12 - Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca negativo sulla Coturnice (specialmente in Sicilia e in Appennino). Infine, dati raccolti su individui di questo Fasianide muniti di radiocollare confermano che la Volpe (Vulpes vulpes) è in grado di predare la Coturnice. Frammentazione dell’areale, isolamento delle popolazioni e basse densità I dati sulla distribuzione delle popolazioni di Coturnice nel Lazio, confermano che si è in presenza di popolazioni isolate tra loro, con scarso o assente scambio di individui. Tale situazione è causata dalla discontinuità dell’ambiente idoneo alla specie (che crea barriere ecologiche alla dispersione degli individui), dalla distanza tra i diversi nuclei e dalla scarsa vagilità della specie. L’interruzione del flusso genico tra popolazioni è potenzialmente pericolosa per la conservazione delle popolazioni, in quanto induce fenomeni di erosione della variabilità genetica, un potenziale incremento del tasso di inbreeding e una conseguente riduzione della fitness. A tale condizione si associa, inoltre, la limitata consistenza delle popolazioni. Il principale rischio, è dato dall’instaurarsi di un cosiddetto “vortice di estinzione”, innescato dal basso numero di individui che effettivamente si riproducono ad ogni generazione. In tali condizioni, infatti, è particolarmente elevata la probabilità di perdita di alleli per deriva genetica, dal momento che i processi naturali di recupero della variabilità genetica (mutazione e migrazione di individui recanti varianti alleliche diverse) non sono più operanti o lo sono in misura trascurabile. Ibridazione Le popolazioni di Coturnice sono ovunque fortemente soggette a rischi di tipo genetico, conseguenti ad attività di ripopolamento a fini venatori, spesso effettuate illegittimamente e con esemplari di origine incontrollata, a volte addirittura appartenenti alla specie orientale Alectoris chukar o loro ibridi (Randi et al., 1998). Il rischio di inquinamento genetico delle popolazioni di Coturnice riguarda anche l’introduzione della Pernice rossa, spesso a sua volta interessata da introgressione genica da parte di Alectoris chukar, a ridosso o nell’areale della prima specie (Randi e Bernard-Laurent, 1999). Si tratta di una minaccia particolarmente insidiosa e realistica, considerato che attualmente in Italia sono rarissimi gli allevamenti che producono la Coturnice e la Pernice rossa in purezza e comunque geneticamente controllate. La stessa esistenza di tre popolazioni distinte di Coturnice complica ulteriormente il quadro ai fini della conservazione e soprattutto delle eventuali attività di reintroduzione. La minaccia è reale soprattutto nel caso delle immissioni con esemplari allevati, anche per un possibile inquinamento genetico intraspecifico, con conseguenze potenzialmente deleterie che occorre prevenire. Attività venatoria Pur variando di intensità tra le differenti parti dell’areale della Coturnice, una - 13 - Riga F., Trocchi V., Sorace A. delle cause che ha contribuito maggiormente al decremento di questo Fasianide è l’impatto dell’attività venatoria. A partire dal 1992, l’accorciamento della stagione venatoria, a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 157/’92, ha avuto un effetto benefico per la specie proibendo la caccia nella tarda estate quando sono ancora presenti giovani non completamente sviluppati e in inverno che, in accordo a vari Autori (Bernard-Laurent, 1987; Gramignani, 2001; Cattadori et al., 2003), rappresenta una fase particolarmente critica per la specie. Ciò nonostante, l’attività venatoria permane una minaccia per la Coturnice, soprattutto laddove non ci sono adeguate forme di gestione per regolare la quota di abbattimenti stagionali consentiti. Attualmente in gran parte dei Comprensori Alpini, la caccia alla specie è regolata da piani di prelievo, auspicabilmente basati su censimenti primaverili e monitoraggi di fine estate, oltre che da restrizioni sulla lunghezza della stagione di caccia consentita. In Appennino, solo in Abruzzo la specie è oggi potenzialmente cacciabile a condizione che siano realizzati monitoraggi annuali e piani di prelievo. Tuttavia, i rischi derivanti dall’attività venatoria sono ancora pesanti per le popolazioni appenniniche della Coturnice a causa del prelievo illegittimo durante la caccia ad altre specie e al bracconaggio vero e proprio, favorito anche dalla grave mancanza di adeguati controlli. Anche in Sicilia da alcuni anni la specie, pur essendo potenzialmente cacciabile sotto il profilo giu- ridico (a condizione che siano effettuati censimenti e piani di prelievo), non viene più inserita nel Calendario venatorio in ragione dello stato di conservazione e della difficoltà di organizzazione dei monitoraggi annuali. Pesticidi ed inquinamento da piombo L’impiego generalizzato di prodotti chimici in natura, il cui uso ha subito un forte incremento nel corso degli ultimi decenni, può risultare nocivo per la fauna selvatica in generale ed in particolare per gli uccelli che nidificano a terra. In commercio esistono diversi tipi di pesticidi che agiscono sulla vegetazione infestante (erbicidi), sui funghi (fungicidi) o sugli insetti parassiti delle piante coltivate (insetticidi), queste sostanze possono indurre effetti negativi sulle popolazioni di Galliformi agendo in molti modi diversi. Sempre per quanto riguarda i contaminanti ambientali di origine antropica, si osserva che numerose indagini scientifiche hanno recentemente dimostrato casi di saturnismo in molte specie di Uccelli dovuti all’ingestione di pallini di piombo. Sebbene il fenomeno sia particolarmente frequente in necrofagi, esso è stato dimostrato anche per alcune specie di Galliformi. Patologie La presenza di malattie parassitarie può costituire una minaccia molto importante per la sopravvivenza delle popolazioni, soprattutto in presenza di condizioni ambientali in grado di favorire la diffusio- - 14 - Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca ne delle infestazioni, ad esempio negli habitat più secchi dove probabilmente le popolazioni sono più soggette all’infezione da Ascaridia compar, un parassita che può provocare la riduzione nella fecondità dell’ospite. Disturbo antropico e randagismo La continua realizzazione di strade carrozzabili e di sentieri di montagna ha reso accessibili a un grande massa di turisti molte aree importanti per il regolare svolgimento del ciclo biologico della specie. In particolare la frequentazione degli ambienti montani appenninici in tutto l’arco dell’anno, con mezzi a motore (fuoristrada, moto da cross, ecc.) o con cani non tenuti al guinzaglio può provocare un forte disturbo alla Coturnice. In inverno, la presenza di escursionisti nelle aree di svernamento può causare la fuga degli individui, con conseguente aumento della probabilità di predazione e un dispendio di energia difficilmente recuperabile in caso di condizioni climatiche critiche. In estate, il disturbo delle nidiate può causare l’abbandono dei siti di rifugio ed aumentare il rischio di predazione dei giovani da parte di predatori quali rapaci, volpi e cornacchie. L’effetto sulla fauna selvatica dei cani vaganti, randagi e rinselvatichiti può essere distinto in un impatto diretto che consiste nella predazione di specie ed in un impatto indiretto attraverso un’azione di disturbo soprattutto nei confronti della fauna stanziale. Azioni prioritarie per la conservazione Salvaguardia dell’habitat Considerando le modifiche dell’habitat e la conseguente diminuzione dell’offerta trofica per le coturnici, è necessario agire affinché gli ambienti aperti montani, luoghi di alimentazione per questo Fasianide, siano mantenuti. Nondimeno, la loro salvaguardia richiede una successione articolata di azioni in relazione ai differenti contesti in cui tali ambienti sono ubicati. Tra gli obiettivi specifici da perseguire, ricordiamo. • Incentivazione attività agro pastorali in quota • Razionalizzazione del pascolo • Prevenzione del rimboschimento di radure e di ambienti aperti • Incentivazioni pratiche agricole estensive Miglioramento ambientale Gli ambienti aperti frequentati dalla Coturnice hanno subito una drastica riduzione della loro estensione e sono andati incontro a una serie di processi di degrado. Oltre a una gestione oculata del territorio per salvaguardare le porzioni dell’habitat della specie da ulteriore contrazione e alterazione, è possibile effettuare delle azioni di miglioramento ambientale nei pascoli e praterie di montagna a favore della Coturnice. Inoltre, potrebbe essere appropriato sostenere la - 15 - Riga F., Trocchi V., Sorace A. specie con risorse alimentari supplementari, anche attraverso la realizzazione di punti di abbeveraggio. • Controllo delle attività cinotecniche Tra gli obiettivi specifici da perseguire, ricordiamo. • Prevenzione inquinamento genetico • Decespugliamento radure e pascoli Monitoraggio e ricerca Le attività di ricerca e di monitoraggio dovranno proseguire per mantenere e aggiornare continuamente le informazioni ottenute e permettere nel lungo termine una efficace pianificazione delle azioni di conservazione e gestione della specie. • Miglioramento dei pascoli • Risorse agricole supplementari Controllo dei fattori limitanti Accanto alla contrazione e al deterioramento dell’habitat della Coturnice, una serie di altri fattori limitanti concorrono ad ostacolare la ripresa demografica della specie. Se da una parte il ruolo decisivo svolto in passato da una gestione non sostenibile della caccia sul decremento di questo Fasianide è un evento riconosciuto ormai anche all’interno del mondo venatorio, dall’altra l’importanza di fattori limitanti, come l’impatto di predatori opportunisti, è ancora argomento di discussione e sono necessari studi approfonditi per accertarne il ruolo nelle diverse aree regionali. In attesa di acquisire maggiori elementi a riguardo, è necessario prevedere comunque un insieme di azioni per contrastare l’effetto di questi fattori, benché in genere non sia possibile conoscerne il reale livello di priorità. Tra gli obiettivi specifici da perseguire, ricordiamo. • Pianificazione delle reti ecologiche per la specie • Prevenzione abbattimenti illegali • Controllo randagismo e potenziali predatori In particolare, gli studi dovrebbero essere finalizzati a: • Monitoraggio e censimento delle popolazioni • Indagini genetiche • Monitoraggio sanitario • Indagini su dieta e movimenti della specie Divulgazione Un aspetto fondamentale di ogni efficace e moderno approccio alla conservazione è quello relativo alla comunicazione ed alla divulgazione nei confronti dell’opinione pubblica, in particolare di tutte le categorie interessate. Considerando che la realizzazione delle azioni previste dal Piano d’azione richiede l’intervento coordinato di diversi soggetti pubblici e privati, non vanno mai sottovalutate iniziative quali: divulgare le finalità delle operazioni intraprese, ottenere adesioni e contributi, raccogliere il consenso ed il supporto degli Enti e delle Organizzazioni locali, - 16 - Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca concordare strategie d’intervento e modalità di attuazione delle azioni previste nel piano. Contestualmente, è opportuno avviare programmi di informazione rivolti ad un pubblico più ampio, con lo scopo di diffondere lo status della Coturnice e le necessità di protezione degli habitat interessati dalla specie. Tra gli obiettivi specifici da perseguire, ricordiamo. vatici. Commissione Europea 2004). Un modello di gestione sostenibile, deve quindi prevedere una serie di attività coordinate ed irrinunciabili: • realizzazione di giornate di aggiornamento per i volontari coinvolti nelle operazione di censimento; • identificazione dei distretti di gestione della Coturnice; • censimenti primaverili nei distretti di gestione con il metodo del playback; • Formazione del personale di vigilanza • Formazione e specializzazione del cacciatore • censimenti estivi nei distretti di gestione con l’ausilio dei cani; • Divulgazione delle attività di conservazione È possibile il prelievo venatorio della Coturnice? Pur essendo, in generale, preferibile non autorizzare la caccia di specie con lo stato di conservazione insoddisfacente, si evidenzia che il fatto di autorizzare il prelievo venatorio di una determinata specie, può influire sui fattori che incidono sulla diminuzione della popolazione, contribuendo il tal modo all’obiettivo di ripristino di uno stato di conservazione soddisfacente (cfr. Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/ CEE sulla conservazione degli uccelli sel- • formulazione dei piani di prelievo solo per i distretti di gestioni nei quali i dati di censimento hanno evidenziato popolazioni in grado di sostenere il prelievo; • limitazione delle altre forme di caccia nei distretti di gestione della Coturnice; • caccia alla specie permessa soltanto ai cacciatori abilitati; • indicazioni specifiche sulle modalità di realizzazione del prelievo; • messa a punto di modalità per la comunicazione immediata dell’avvenuto abbattimento della specie, in modo tale da evitare lo sforamento del piano di prelievo. Letteratura citata Artese C., Bernoni M., 2008. Monitoraggio della Coturnice (Alectoris graeca orlandoi) nel Parco naturale regionale Sirente-Velino. Stazione Ornitologica Abruzzese, relazione tecnica non pubblicata. Artuso I., 1997. 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La pernice rossa (A. rufa: Fig. 1), distribuita in Europa sud-occidentale, la coturnice orientale (A. chukar), presente dalla Penisola Balcanica attraverso tutto il Paleartico orientale fino alla Manciuria, e la pernice berbera (A. barbara), detta anche “pernice sarda” in quanto in Europa si trova (quasi) esclusivamente in Sardegna (Fig. 2). Queste tre specie sono classificate come Least Concern (IUCN, 2013). Tuttavia, BirdLife International (2004) include questi stessi taxa tra quelli d’interesse europeo per la conservazione (Species of European Conservation Concern) con valutazione “vulnerabile” (A. rufa e A. chukar) o “minacciato” (A. barbara). La trasformazione e la perdita dell’habitat, la meccanizzazione e l’uso dei pesticidi in agricoltura unitamente alla forte pressione venatoria costituiscono fattori di minaccia rilevanti per le tre specie oggetto di questo contributo. Fig. 1. Pernice rossa fotografata sull’isola di Pianosa (foto F. Barbanera) Il genere Alectoris si è evoluto recentemente. Si tratta di un gruppo di specie non più antico di sei milioni di anni. La pernice berbera è verosimilmente uno dei taxa alla base della radiazione adattativa - 21 - Barbanera F. Fig. 2. Areale delle sette specie di pernici del genere Alectoris dell’intero genere, mentre la pernice rossa e la coturnice orientale sono tra le specie evolutivamente più giovani (Watson, 1962; Randi et al., 1998). Non sorprende, pertanto, che in natura buona parte delle pernici Alectoris sia in grado di incrociarsi con successo in condizioni di parapatria, come accade, ad esempio, tra A. rufa ed A. graeca sulle Alpi Marittime (BernardLaurent, 1984) oppure tra A. chukar e la coturnice di Przewalski (A. magna) in Cina centrale (Liu et al., 2006). L’ibridizzazione in natura sorprende ancor meno se si considera come negli uccelli un gran numero di specie sia in grado di incrociarsi e produrre prole fertile (McCarthy, 2006), in modo particolare tra i galliformi (21% delle specie: Grant e Grant, 1992). Nel caso del genere Alectoris l’ibridizzazione avviene in natura ed in cattività per opera dell’uomo. E’ così possibile affermare che tali pernici si comportano come popolazioni morfologicamente e geneticamente molto ben differenziate piuttosto che come “vere” specie, essendo capaci di superare facilmente barriere riproduttive prevalentemente di tipo ecologico. Per quanto concerne l’ibridizzazione in cattività, l’incrocio tra pernice rossa e coturnice orientale è senza dubbio il caso più rilevante da un punto di vista conservazionistico. La pernice rossa è incrociata dall’uomo con la coturnice orientale per abbattere i costi di allevamento attraverso la produzione di animali più rustici e capaci di deporre un numero significativamente più elevato di uova rispetto a soggetti A. rufa geneticamente “puri”. Poiché gli individui ibridi di prima generazione (F1) A. rufa x A. chukar sarebbero facilmente riconoscibili da un punto di vista morfologico anche in assenza di controlli di tipo genetico (pattern del collare: cf., Goodwin, 1986; barratura alare: cf., Wilkinson, 1991), gli allevatori re-incrociano (backcross) gli ibridi F1 con pernici rosse per una o più generazioni, fin tanto che i reincroci (ibri- - 22 - Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris di di seconda o terza generazione o ancor più) ed i soggetti “puri” risultano fenotipicamente non più distinguibili. A seguito di massicce operazioni di ripopolamento per fini squisitamente di tipo venatorio (“put and take” o il così detto “lancio pronta caccia”: Byers e Burger, 1979) piuttosto che di gestione mirata della specie, il rilascio (illegale) degli ibridi ha prodotto un profondo inquinamento genetico nella specie A. rufa, con virtuale scomparsa di popolazioni geneticamente integre almeno per quanto attiene la porzione più occidentale dell’areale (Barbanera et al., 2005, 2010, 2011a; ma vedi anche il contributo di Negri et al., 2013). In un recente lavoro prodotto da ricercatori spagnoli in cui al monitoraggio della riproduzione sul campo era associata una robusta indagine genetico-molecolare, è stato dimostrato che, sebbene gli ibridi A. rufa x A. chukar rilasciati in natura siano predati con frequenza doppia rispetto a quella delle pernici rosse geneticamente “pure”, tale minor sopravvivenza è ben compensata dal più elevato numero di uova deposte per covata e dalla più alta frequenza di seconde covate a cura dei maschi (Casas et al., 2012). Malauguratamente, altri fattori minacciano la sopravvivenza delle specie Alectoris. Tra questi, l’origine geografica sconosciuta dei soggetti selezionati per le operazioni di ripopolamento costituisce motivo di perdita di struttura genetica e potenzialità adattative delle popolazioni. Ancora una volta la situazione della pernice rossa è assai esemplificativa. Infatti, è consuetudine impiegare in operazioni di ripopolamento pernici rosse di origine non locale, bensì provenienti da porzioni dell’areale distribuzione della specie assai lontane. Pertanto, si tratta di animali che possiedono adattamenti di tipo comportamentale e fisiologico che possono essere assai diversi da quelli delle popolazioni al rinforzo delle quali sono destinati. Per fare solo un esempio, in Italia le pernici rosse sono importate dalla Francia oppure dalla Spagna. Si tratta di operazioni commerciali che non tengono in considerazione l’identità tassonomica dei soggetti coinvolti (Fig. 3). Ad esempio, il più importante allevamento di pernice rossa dell’Italia centrale rilascia in natura pernici prodotte dall’incrocio tra fondatori originari della Vandea (A. r. rufa, Francia), peraltro non scevri da inquinamento con geni A. chukar, ed animali provenienti dall’Andalusia (A. r. intercedens, Spagna) (Barbanera et al., 2010). Tutto ciò fa parte di un fenomeno di carattere ben più generale noto col nome di “omogeneizzazione biotica”, ovvero la graduale sostituzione di biota nativi da parte di altri non nativi, un processo che aumenta la similarità genetica, tassonomica o funzionale tra due o più regioni nel tempo (Olden et al., 2004). L’effetto sinergico dell’inquinamento genetico e del rimescolamento biotico produce la così detta “omogeneizzazione genetica”, un vero e proprio caos causato dal mancato rispetto dell’identità genetica e dell’origine geografica nella gestione delle risorse naturali. In questo senso, la pernice rossa è certamente una specie paradigmatica. - 23 - Barbanera F. Fig. 3. Distribuzione approssimativa delle tre sottospecie di pernice rossa: 1. Alectoris rufa rufa (inclusa la popolazione introdotta in Inghilterra), 2. A. r. intercedens, 3. A. r. hispanica. Che cosa si può fare per contrastare le suddette minacce? Alcuni interventi gestionali recentemente messi in pratica per la conservazione della pernice rossa sono apparsi quantomeno discutibili. In Toscana, ad esempio, si è assistito al tentativo di reintroduzione della specie in un’area protetta (Parco Regionale delle Alpi Apuane) utilizzando animali dell’allevamento sopra menzionato, con lo scopo di creare un serbatoio riproduttivo naturale anche per territori limitrofi a forte vocazione venatoria. In generale, sempre più frequenti sono le operazioni in cui è evidente lo spreco di risorse che potrebbero essere più proficuamente impiegate a beneficio di specie simili alla pernice rossa ma in condizioni più favorevoli per la loro ripresa (ad esempio, in Italia, la coturnice). Non a caso, a fronte della penuria di fondi re- peribili, sempre più spesso si sente parlare di triage nel mondo della conservazione (cf., Wiens et al., 2012). Tuttavia, volendo in ogni modo perseguire una politica di tutela attiva, per quanto concerne l’ibridizzazione di origine antropica la sola attività di contrasto è rappresentata dall’individuazione ed eradicazione dei soggetti ibridi (praticabile in allevamento, assai meno in natura). Per quanto attiene invece il tema dell’omogeneizzazione, l’impiego esclusivo di animali di origine geografica nota e il più possibile di tipo locale nel rispetto della struttura filogeografica della specie rappresenta l’unica iniziativa auspicabile (Fraser e Bernatchez, 2001). In ogni caso, le analisi genetiche sono fondamentali per l’identificazione dei soggetti ibridi e per la determinazione dell’origine geografica dei soggetti impiegati nelle operazioni di gestione delle specie Alectoris sul territorio ed in cattività. Il campionamento biologico è alla base di qualsiasi analisi genetica. Tra i campioni ottenibili in modo del tutto non invasivo le feci e le penne rintracciabili a terra costituiscono fonti preziose per l’estrazione del DNA. Anche resti del pasto (o le borre di rapaci) consumato da predatori della specie di interesse possono rappresentare ottime sorgenti di DNA (il Falco sacro, ad esempio, per A. chukar in Asia). Qualora reperibili (ad esempio, in cattività), si possono usare penne in crescita il cui calamo è ancora in condizioni trofiche, e, pertanto, molto vantaggiose per l’estrazione del DNA. Nel caso di soggetti di cattura il prelievo di sangue è una scelta praticabi- - 24 - Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris le senza particolari difficoltà nelle pernici Alectoris, considerata anche la taglia e la robustezza degli animali in questione. Giacché A. rufa, A. chukar ed A. barbara sono tre specie legalmente cacciabili in larga parte del loro areale, nel corso della stagione venatoria è sempre possibile ottenere campioni dai cacciatori (tessuti da organi interni), avendo cura di richiedere un solo campione per battuta di caccia onde evitare il campionamento di soggetti appartenenti alla medesima brigata. Tutti i campioni (e le aliquote molecolari che ne deriveranno nel corso delle analisi genetiche) devono essere obbligatoriamente preservati a bassa temperatura. L’estrazione del DNA rappresenta il naturale passo successivo al campionamento. In alternativa ai classici protocolli di biologia molecolare (fenolo:cloroformio, etc.) un’ampia gamma di prodotti commerciali è oggi disponibile per estrarre il DNA da qualsiasi tipo di campione biologico. Ad esempio, nel caso delle feci, esistono prodotti specifici per recuperare il DNA che, tuttavia, è generalmente scarso e degradato e si presta all’investigazione solo tramite alcuni marcatori molecolari. Tra questi, il sequenziamento dei geni del DNA mitocondriale è ancora molto in uso in genetica di popolazione animale (non umana). I geni del DNA mitocondriale mostrano un elevato grado di polimorfismo, sono solitamente ereditati per via materna e non sono soggetti a ricombinazione. Sono dotati di un’elevata velocità di mutazione: fino a circa venti volte quella dei geni del DNA nucleare. Il sequenziamento dei geni del DNA mitocondriale permette di ottenere molte informazioni soprattutto a livello intra-specifico in termini di ricostruzioni di parentele genetiche, analisi demografiche e filogeografiche. Poiché si tratta di un genoma aploide, il DNA mitocondriale mal si presta allo studio del flusso genico e a stime della variabilità genetica di una data popolazione. Peraltro, il sequenziamento di più geni per un singolo individuo non sempre assicura un’informazione qualitativamente più rilevante rispetto a quella reperibile da un singolo gene. Infatti, tutti i geni mitocondriali sono ospitati sullo stesso cromosoma. In molti casi, pertanto, può essere più vantaggioso impiegare marcatori di tipo complementare. Ad esempio, nel caso di un soggetto con fenotipo “pernice rossa” ma con linea materna corrispondente alla specie A. chukar, il DNA mitocondriale suggerisce che un siffatto individuo potrebbe aver avuto un antenato appartenente ad una specie diversa da quella indicata dal fenotipo attuale. Per dimostrare che si tratta di un soggetto ibrido occorrono marcatori nucleari (Rhymer e Simberloff, 1996), cioè marcatori che monitorando la linea paterna e materna (marcatori biparentali) possono inferire il contributo delle specie parentali nel genoma dell’individuo in questione. Marcatori del DNA nucleare di tipo codominante quali i loci del DNA microsatellitare ben si prestano all’individuazione di soggetti ibridi. I polimorfismi del DNA microsatellitare sono variazioni di lun- - 25 - Barbanera F. ghezza del DNA molto frequenti a livello individuale. La procedura sperimentale per l’impiego dei microsatelliti è in parte simile a quella per il sequenziamento dei geni del DNA mitocondriale, fatto salvo che la genotipizzazione dell’individuo avviene tramite il sizing degli alleli amplificati in PCR senza necessità del loro sequenziamento (previa verifica del motivo di ripetizione atteso in un congruo numero di individui per popolazione e dell’uso di un controllo sequenziato e di lunghezza nota nelle procedure di sizing). Le tabelle genotipiche prodotte per ogni popolazione oggetto di studio permettono di ottenere informazioni importanti ai fini gestionali quali, ad esempio, la misurazione del flusso genico, della variabilità genetica, etc. Grazie alla presenza di regioni conservate fiancheggianti le porzioni geniche ipervariabili, i loci microsatellitari isolati dal genoma di specie modello (ad esempio, il gallo domestico) possono essere genotipizzati (cross-amplifications) in specie assai meno ben caratterizzate (tra i gallifromi, il Fagiano, il Francolino nero, la Starna, la Pernice rossa, etc.). L’impiego di marcatori del DNA mitocondriale ben si sposa con l’uso di loci del DNA microsatellitare in ambito conservazionistico. Essi sono alla base della definizione di Unità Evolutivamente Significative (Evolutionarily Significant Units: Ryder 1986), di cui, ad esempio, la Coturnice della Sicilia (A. graeca whitakeri) è un chiaro esempio come dimostrato da Randi et al. (2003). La popolazione di coturnice siciliana mostra chiara monofilia del DNA mitocondriale rispetto alle linee filetiche delle altre sottospecie di coturnice (a loro volta un gruppo monofiletico), e significativa divergenza del pool genico nucleare come evidenziato dalle distanze tra gli individui in base ai genotipi multilocus. Fig. 4. Schermata video tratta dal programma Structure impiegato per l’analisi Bayesiana dei genotipi del DNA microsatellitare - 26 - Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris I microsatelliti sono peraltro molto utili anche per individuare organismi ibridi impiegando software specifici per l’elaborazione dei dati genotipici quali, ad esempio, Structure (Pritchard et al., 2000). Questo programma determina la struttura genetica secondo il metodo Bayesiano (stima probabilità a posteriori sulla base delle frequenze alleliche) e assegna gli individui alle popolazioni investigate con l’uso di dati multilocus, realizzando una serie di simulazioni e ripartendo gli individui in un numero K di gruppi (clusters) indipendentemente dall’appartenenza alle popolazioni originarie e/o alla loro origine geografica. E’ così possibile determinare con che probabilità un certo individuo può essere assegnato in base al suo genotipo ad un gruppo genetico o ad un altro. Nel caso di un soggetto ibrido il genotipo frammisto sarà visualizzato come una barra di almeno due colori, il primo facente riferimento alla probabilità di appartenenza alla specie parentale “1”, e il secondo a quella di appartenenza alla specie parentale “2” (Fig. 4). Ovviamente non tutti i marcatori del DNA nucleare funzionano come i microsatelliti. I Polimorfismi del DNA Amplificato a Caso (Random Amplified Polymorphic DNA, RAPD) producono un’impronta genetica multilocus per ogni individuo in una singola reazione di amplificazione tramite PCR. I marcatori RAPD, sviluppati all’inizio degli anni ’90, sono stati criticati circa (i) la riproducibilità dell’amplificazione di loci le cui bande appaiono deboli in elettroforesi su gel di agarosio, (ii) la corrispondenza locus: banda su gel, e Fig. 5. Gel elettroforesi (in alto) e sua relativa interpretazione schematica (in basso) esemplificativi di un profilo RAPD per due specie parentali (1, in rosso, sinistra; 2, in verde, destra) e tre individui ibridi (1 x 2) tra i quattro disposti al centro. Sono visibili quattro marcatori di peso molecolare. (iii) l’eredità mendeliana di tipo dominante (Perez et al., 1998). è certamente sconsigliabile l’impiego dei marcatori RAPD facendo uso dell’intero profilo genotipico di ogni individuo in studi di variabilità genetica (scarsa riproducibilità del grado di polimorfismo, non distinzione tra genotipo omozigote ed eterozigote). Al contrario, i marcatori RAPD possono essere proficuamente impiegati per individuare soggetti ibridi limitandosi allo screening - 27 - Barbanera F. di singole bande specie-specifiche preventivamente selezionate tra gruppi di controllo delle specie parentali coinvolte. Una volta ottenuti i profili di amplificazione di numerosi individui campionati in tutto l’areale di distribuzione delle specie da paragonare, si tratta di selezionare primers RAPD che abbiano generato almeno una banda sempre presente in tutti gli individui saggiati di una specie (ed in tutte le repliche degli stessi) e mai in quelli dell’altra, e viceversa. E’ un’indagine tanto più lunga e faticosa quanto più le specie analizzate sono evolutivamente affini. Ad esempio, il confronto tra pernice rossa e coturnice orientale ha condotto alla selezione di soli quattro marcatori RAPD a fronte di oltre 120 primers saggiati (Fig. 5). è molto importante, infine, stimare la dimensione delle bande usando software di analisi dell’immagine dei profili elettroforetici, evitando perciò di procedere con grossolane stime “ad occhio”. Terminata la selezione dei marcatori, il saggio di un individuo sospetto è rapido e molto economico. Nel complesso, i marcatori RAPD non lavorano in modo probabilistico come i microsatelliti, bensì in modo categorico (0/1): un individuo che mostra le bande specie-specifiche di due specie è ibrido. Tuttavia, qualora presenti una sola banda specie-specifica per un certo numero di primers selezionati, non è detto che si tratti di un soggetto geneticamente “puro”. La probabilità che si tratti di un soggetto ibrido e, pertanto, di un falso negativo, è tanto maggiore quanto più scarso è il numero di primers per il quale è stato saggia- to e tanto più alta la categoria di reincrocio cui il soggetto stesso eventualmente appartiene (Boecklen e Howard, 1997). In conclusione, prendiamo in esame alcune popolazioni di pernici Alectoris del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano oggetto di studio in questi anni a Pisa. Tra queste, la popolazione di pernice rossa dell’isola di Pianosa (Barbanera et al., 2005). Colonia penale fin dal 1856, Pianosa sin da allora ha ospitato la specie A. rufa. Ritenuta estinta intorno al 1850, la specie era in realtà presente all’inizio del 1900. Le analisi genetiche, condotte al fine di caratterizzare la struttura della popolazione e renderne eventualmente possibile l’uso come ceppo sorgente pre-adattato per future operazioni di ripopolamento, hanno dimostrato che si tratta in verità di una risorsa inquinata da geni A. chukar. Metà degli animali saggiati mostrava linea mitocondriale A. rufa, cioè quella corrispondente al fenotipo degli animali, metà linea mitocondriale A. chukar. La genotipizzazione RAPD ha rivelato che più del 90% degli animali testati era ibrido A. rufa x A. chukar. Tale inquinamento è stato molto verosimilmente causato da un ripopolamento condotto alla fine degli anni ’80 impiegando pernici rosse di allevamento in assenza di analisi genetiche in grado di attestare la loro reale condizione di soggetti ibridi. Una storia per certi versi simile è quella della popolazione di Coturnice orientale dell’isola di Montecristo. Riserva di caccia sin dai tempi dei Savoia, a Montecristo - 28 - Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris l’attività venatoria si è protratta per decenni. Negli anni ’50, non ultima tra le specie introdotte, anche la Coturnice orientale fu rilasciata sull’isola. Di origine sconosciuta, la popolazione di A. chukar si riprodusse con successo fino a raggiungere una dimensione molto consistente anche grazie alla costante fornitura di cibo da parte del personale della società privata che aveva in gestione l’isola per l’attività venatoria. Quando la medesima società fallì e Montecristo divenne finalmente Riserva Naturale nel 1971, la popolazione di Coturnice orientale subì una forte riduzione. La Coturnice orientale, non più foraggiata dall’uomo, non trovò sufficiente sostentamento nell’ambiente microinsulare. Le analisi genetiche condotte tramite il sequenziamento di geni del DNA mitocondriale e l’uso di marcatori RAPD hanno dimostrato che la popolazione di Coturnice orientale di Montecristo è ibrida A. chukar x A. rufa. Mentre un solo animale tra tutti quelli saggiati mostrava linea mitocondriale A. rufa (tutti i rimanenti, A. chukar), l’80% del totale mostrava un profilo RAPD ibrido tra le due specie. La ragione di tale ibridizzazione è da ricercarsi esclusivamente in una gestione dissennata delle risorse dell’isola. Verso il 1960 fu introdotta a Montecristo anche la Pernice rossa, nel tentativo di immettere una risorsa “autoctona” (l’isola si trova al limite del range di distribuzione della specie A. rufa). Fino al 1968 le due specie erano avvistabili insieme in molti punti dell’isola. Alla chiusura della riserva di caccia, la forte crisi demografica e la competizione con la Coturni- ce orientale, certamente più a suo agio nell’ambiente di roccia granitica dell’isola, fecero si che la Pernice rossa scomparisse non prima, verosimilmente, di essersi incrociata con la Coturnice orientale stessa. Mentre a livello del DNA mitocondriale la traccia di una siffatta introgressione può sparire in una generazione tramite l’incrocio con un soggetto femminile con linea materna A. chukar, nel DNA nucleare la suddetta commistione genetica è ancora ben visibile. L’ipotesi alternativa, cioè che le Coturnici orientali introdotte su Montecristo fossero ibride è assai poco verosimile, in quanto l’incrocio con la Pernice rossa in cattività non porta vantaggi significativi all’allevamento della specie A. chukar. Pertanto, oggi a Montecristo è presente una risorsa ibrida oltre che alloctona (Barbanera et al., 2007). Fino all’inizio degli anni 2000 si riteneva che l’isola d’Elba ospitasse una popolazione autoctona di Pernice rossa. A causa dell’estrema esiguità della popolazione, lo studio genetico condotto si è basato sulla raccolta di feci sia nella regione occidentale del Monte Capanne sia nell’area mineraria orientale. Il DNA mitocondriale ha mostrato una larga prevalenza (65%) di individui con linea mitocondriale A. chukar, e l’abbondante presenza di soggetti ibridi è stata acclarata dall’uso di marcatori microsatellitari. A dispetto del fatto che dagli inizi degli anni ‘90 non fossero state più condotte operazioni di ripopolamento sull’isola, è verosimile che interventi antecedenti abbiano inquinato la popolazione di Pernice rossa elbana generando - 29 - Barbanera F. una situazione simile a quella di Pianosa (Barbanera et al., 2009a; Guerrini e Barbanera, 2009). Nel corso degli anni gli studi genetici condotti a Pisa sulle specie del genere Alectoris si sono estesi all’Asia orientale. Dapprima, sono state investigate le popolazioni di Coturnice orientale del Mar Egeo e del Mediterraneo orientale (Cipro). In breve, sono state suggerite Unità di Gestione (Management Units) distinte all’interno di singole isole (Cipro) così come tra isole diverse quali la stessa Cipro e Limnos (Mar Egeo settentrionale). Ad esempio, è stata dimostrata la presenza di individui A. chukar di origine asiatica sia in natura sia in cattività nella popolazione di Creta. Si tratta di conspecifici non appartenenti alle sottospecie del Mediterraneo giunti dall’Estremo Oriente (Cina) come stock commerciale per allevamento. Purtroppo la presenza di A. chukar dell’Estremo Oriente nel Mediterraneo non è insolita. Le analisi filogenetiche di tipo Bayesiano condotte a Pisa tramite l’uso di marcatori del DNA mitocondriale (Regione di Controllo, Citocromo-b) impiegando circa 200 campioni raccolti nell’areale nativo della specie A. chukar, hanno permesso di dimostrare come le linee mitocondriali A. chukar riscontrate (i) nelle Pernici rosse ibride A. rufa x A. chukar di Portogallo, Spagna, Francia (Corsica inclusa), Italia e Inghilterra, di coturnici (ii) ibride A. graeca x A. chukar dell’Appennino italiano, (iii) di Coturnici orientali di Creta, e (iv) della coturnice orientale di Montecristo sono tutte originarie della Cina (Barbanera et al. 2009 a,b). Presso l’Allevamento Faunistico Sperimentale del Corpo Forestale dello Stato di Bieri (Lucca), tra il 2002 e il 2008 sono stati condotti incroci tra la Pernice sarda e la Pernice rossa. Le generazioni di ibridi sperimentali (F1, F2 e F3 e reincroci di prima e seconda generazione su entrambe le specie parentali: Barbanera et al., 2011b) sono state impiegate quale modello per selezionare primers RAPD specie-specifici per il riconoscimento degli ibridi A. barbara x A. rufa potenzialmente riscontrabili in natura. Il rischio di perdere il genoma nativo della pernice sarda non è così remoto. Pernici rosse sono state osservate in diverse zone della Sardegna (cf., Grussu, 2008), e in un recente lavoro (Scandura et al., 2010) è stato segnalato un primo soggetto ibrido A. barbara x A. rufa. Le bande di riferimento per entrambe le specie relative ai primers RAPD A. barbara vs. A. rufa selezionati sono state sequenziate in soggetti di diverse generazioni. è stata così dimostrata la perfetta corrispondenza tra locus e banda su gel in individui diversi e l’ereditarietà di tali frammenti genici attraverso diverse generazioni di ibridi sperimentali. In conclusione, laddove possibile, l’impiego di marcatori diversi per natura (DNA mitocondriale/DNA nucleare) e tipo di inferenza (probabilistica/categorica) è non solo auspicabile ma strettamente necessario per una corretta gestione genetica delle risorse Alectoris sul territorio ed in cattività. - 30 - Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris Ringraziamenti Desidero ringraziare Monica Guerrini (Dipartimento di Biologia, Università di Zoologia e Antropologia, Università Pisa) con cui mi pregio di lavorare insieme da anni e senza la quale le analisi genetiche non sarebbero mai state possibili. Letteratura citata Barbanera F., Forcina G., Guerrini M., Dini F., 2011a. Molecular phylogeny and diversity of the Corsican red-legged partridge: Hybridization and management issues. Journal of Zoology, 285: 56-65. Barbanera F., Guerrini M., Bertoncini F., Cappelli F., Muzzeddu M., Dini F., 2011b. Sequenced RAPD markers to detect hybridization in the barbary partridge (Alectoris barbara, Phasianidae). Molecular Ecology Resources, 11: 180-184. Barbanera F., Guerrini M., Hadjigerou P., Panayides P., Sokos P., Wilkinson P., Khan A.A., Khan B.Y., Cappelli F., Dini F., 2007. Genetic insight into Mediterranean chukar (Alectoris chukar, Galliformes) populations inferred from mitochondrial DNA and RAPD markers. Genetica, 131: 287-298. Barbanera F., Guerrini M., Khan A.A., Panayides P., Hadjigerou P., Sokos C., Gombobaatar S., Samadi S., Khan B.Y., Tofanelli S., Paoli G., Dini F., 2009a. Human-mediated introgression of exotic chukar (Alectoris chukar, Galliformes) genes from East Asia into native Mediterranean partridges. Biological Invasions, 11: 333-348. Barbanera F., Marchi C., Guerrini M., Panayides P., Sokos C., Hadjigerou P., 2009b. Genetic structure of Mediterranean chukar (Alectoris chukar, Galliformes) populations: conservation and management implications. 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Volta, 4 - 56126 Pisa - [email protected] A seguito dei notevoli progressi compiuti nel corso degli ultimi decenni nel campo delle tecniche di indagine bio-molecolare ed in particolare in quello delle analisi genetiche, le collezioni biologiche museali rappresentano oggi una risorsa di incomparabile valore per la ricerca scientifica. Nate in Italia nel XVI secolo come raccolte private di articoli rari o inusuali allestite da personaggi colti e benestanti per proprio diletto (Fig. 1), tali collezioni inizialmente non includevano solo curiosità naturalistiche (naturalia), ma anche oggetti stravaganti (curiosa) e reperti archeologici, nonché manufatti esotici o di epoche passate (artificialia) allestiti in Raritatkammern e Wunderkammern (dal tedesco: rispettivamente “Camere delle Rarità” e “Camere delle Meraviglie”). Nei secoli successivi tali raccolte si trasformarono progressivamente in vere e proprie esposizioni sistematiche di reperti prettamente biologici la cui utilità, tuttavia, rimase limitata perlopiù a studi faunistici e di tassonomia classica fino al termine del XX secolo. Dalla fine degli anni ’80 studi molecolari di tipo evoluzionistico e conservazionistico hanno iniziato ad avvalersi dell’enorme archivio genetico rappresentato dalle suddette collezioni (cf., Randi, 2007). Sulla scorta dell’entusiasmo di questo periodo, il Natural History Museum di Londra nel 1988 allestì al suo interno un laboratorio di analisi genetico-molecolari. Il suo virtuoso esempio fu presto seguito da altri blasonati musei quali lo Smitshonian Insitution di Washington e l’American Museum of Natural History di New York. Al giorno d’oggi le collezioni biologiche museali rappresentano uno strumento di fondamentale importanza nel campo della filogenesi, della genetica di popolazione, della genetica della conservazione e perfino della paleogenomica. Il primo studio molecolare su un campione biologico museale Fig 1. Collezione privata del farmacista e naturalista Ferrante Imperato a Napoli nel XVII secolo (fonte: en.wikipedia.org/wiki/Ferrante_Imperato, accesso 10.01.2014). - 33 - Forcina G. risale al 1984 quando fu isolato e sequenziato del DNA di un esemplare di Quagga (Equus quagga; Higuchi et al., 1984) esposto al Naturkundemuseum di Berlino. Negli anni a seguire si sono succeduti numerosi altri lavori il cui obiettivo era quello di chiarire la posizione filogenetica di alcune celebri specie estinte, tra cui si annoverano il Tilacino (Thylacinus cynocephalus; Thomas et al., 1989), il Dodo (Raphus cucullatus; Shapiro et al., 2002), la Colomba migratrice (Ectopistes migratorius; Johnson et al., 2010), insieme ad altre meno note quali il Parrocchetto della Carolina (Conuropsis carolinensis; Kirchman et al., 2012) ed il Picchio imperiale (Campephilus imperialis; Fleischer et al., 2006). Tuttavia, la maggior parte degli studi che si avvalgono dei campioni museali riguarda specie attuali; in questo caso il noleggio di tali reperti consente, ad esempio, di ottenere dati da individui provenienti da zone in cui le popolazioni moderne sono difficilmente campionabili per motivi logistici di varia natura. Un’altra applicazione ricorrente consiste nel confrontare popolazioni storiche e moderne di una determinata area geografica per comprendere come la variabilità genetica sia stata plasmata nel corso del tempo in virtù di processi di microevoluzione. A questo proposito, degni di menzione sono gli studi condotti su due roditori nordamericani, nella fattispecie il Ratto canguro (Dipodomys sp.; Thomas et al., 1990) ed il Peromisco dai piedi bianchi (Peromyscus leucopus; Pergams e Lacy, 2008). Si noti che ricerche di questo tipo hanno importanti risvolti pratici an- che per fini gestionali, come evidenziato nel lavoro effettuato sul Wallaby delle rocce dalla coda a spazzola (Petrogale penicillata; Paplinska et al., 2011), marsupiale australiano la cui popolazione ha sofferto un forte decremento numerico a partire dall’arrivo degli europei in Australia. In questo studio la caratterizzazione dei reperti museali era finalizzata ad analizzare l’affinità genetica di alcune popolazioni estinte e, conseguentemente, ad individuare tra le popolazioni moderne quelle più prossime ad esse per la reintroduzione della specie. Due sono gli studi recentemente condotti presso il laboratorio di Genetica della conServazione ed evoluzione Molecolare dei vertebrati del dipartiMento di bioloGia dell’Università di Pisa nei quali sono stati adoperati dei campioni museali. Il primo riguarda la Pernice rossa (Alectoris rufa), il cui areale nativo in Europa sud-occidentale include tre sottospecie morfologiche che dalla Penisola Iberica (A. r. hispanica e A. r. intercedens) giungono con la sottospecie nominale (A. r. rufa) attraverso la Francia centro-meridionale fino all’Italia nord-occidentale. Preda assai ambita dai cacciatori, la Pernice rossa è a buon diritto invocata quale specie di maggiore rilevanza socio-economica in Europa occidentale, perlomeno per quanto attiene alla selvaggina di piccola taglia. Come noto, tra le problematiche che affliggono la specie figurano l’ibridizzazione mediata dall’uomo e la conseguente introgressione con la Coturnice orientale (Alectoris chukar), fenomeno che, esacerbato dal sostenuto - 34 - Collezioni museali e genetica molecolare: due casi studio nei fasianidi processo di omogeneizzazione biotica, è responsabile del conclamato caos genetico che affigge questo taxon. Un apposito studio (Barbanera et al., 2010) è stato condotto al fine di monitorare la diversità genetica della specie nel tempo e nello spazio, potendo così valutare l’impatto del cosiddetto restocking, ovvero delle immissioni a scopo venatorio volte a rinforzare le popolazioni selvatiche depauperate da precedenti prelievi. In particolare, sono stati raccolti circa 200 campioni moderni di Pernice rossa in tutto l’areale nativo della specie, a cui si è aggiunta l’analisi di 47 tessuti (rappresentati da toe pads, ovvero i cuscinetti carnosi ubicati nella parte inferiore delle zampe) prelevati da campioni museali risalenti alla seconda metà del XIX secolo - prima metà del XX secolo e, pertanto, antecedenti all’epoca dei ripopolamenti a fini faunistico venatori. La genotipizzazione di un frammento di 229 paia basi del gene mitocondriale del Citocromo-b è stata quindi effettuata su tutti i campioni raccolti. I risultati emersi dall’analisi spaziale hanno messo in luce una conclamata introgressione di linee mitocondriali A. chukar in tutto l’areale della specie ad eccezione della Corsica, la cui popolazione tuttavia non è risultata affatto scevra da inquinamento genetico con geni della specie affine allorquando sono presi in esame i dati del DNA nucleare. L’introgressione latente che spesso si evidenzia solo dall’analisi di quest’ultimo invita a considerare, in virtù del suo maggiore effective size, che la compromissione dell’integrità dei pool genici nativi di A. rufa sia ragionevolmente meno recente di quanto si possa ipotizzare sulla base dello screening del solo DNA mitocondriale, che in tal caso, per l’appunto, non ha identificato alcuna linea mitocondriale A. chukar nei campioni storici. L’analisi temporale ha inoltre messo in luce un incremento del numero di aplotipi A. rufa nel corso del tempo in ciascuno dei distretti geografici investigati (Fig. 2). Come conseguenza, in tutto l’areale nativo della specie si assiste ad un incremento della diversità genetica inter-individuale a livello locale, ovvero all’interno delle singole aree geografiche, unitamente ad una globale diminuzione della disparità genetica tra di esse. Tutto ciò rappresenta proprio il trend tipico della omogenizzazione biotica. Recentemente le indagini genetiche sono state estese anche all’Inghilterra, dove risiede la popolazione naturalizzata di Pernice rossa (A. r. rufa) più importante d’Europa. Sebbene proprio nel Regno Unito sia stato osservato il primo ibrido in natura tra Pernice rossa (introdotta dallla Francia nel XVII secolo) e Coturnice orientale (la cui introduzione nel Paese risale al secondo dopoguerra), si ritiene che l’Inghilterra ospiti alcune popolazioni di A. r. rufa interessate solo marginalmente da successive immissioni a scopo venatorio. Tra queste, quella che risiede nel Norfolk (Inghilterra sud-orientale), afferente ad alcune riserve di caccia reali e oggetto di uno studio in fieri, potrebbe rappresentare una preziosa risorsa genetica nel contesto della tanto compromessa sottospecie nominale. - 35 - Forcina G. All’analisi di 58 campioni moderni è stata affiancata, anche in questo caso, quella di 13 campioni museali provenienti da varie aree dell’Inghilterra sud-orientale che ha sostanzialmente messo in evidenza gli stessi risultati emersi nel contesto dell’areale nativo delle specie, ovvero assenza di introgressione di geni A. chukar tra i campioni storici e aumento della diversità genetica a livello locale nel corso nel tempo a cui corrisponde una dimi- nuzione della disparità genetica a livello globale. In conclusione, il presente studio ha evidenziato (i) la comparsa nel tempo dell’inquinamento genetico ad opera della coturnice orientale in tutte le aree geografiche prese in esame, (ii) un gradiente decrescente dello stesso da est verso ovest (con l’eccezione della Corsica dove, in virtù forse anche del loro isolamento, sembrano albergare ancora delle popolazioni relativamente poco inquinate nel Fig. 2. Istogramma delle frequenze degli aplotipi A. rufa nel corso del tempo presso diversi distretti dell’areale nativo della specie (estratto da Barbanera et al., 2010). - 36 - Collezioni museali e genetica molecolare: due casi studio nei fasianidi Fig. 3. Esemplare maschio di Francolino nero (Francolinus francolinus). contesto generale per quanto tutt’altro che geneticamente “pure”), ed (iii) un incalzante processo di omogeneizzazione biotica a livello intra-specifico. Il secondo caso studio riguarda invece il Francolino nero (Francolinus francolinus; Fig. 3), fasianide che, pur avendo suscitato un vivido fascino nell’immaginario collettivo fin dall’età classica, è ancora poco studiato. Classificato come Least Concern (IUCN, 2013) ed incluso da Birdlife International (2004) tra i taxa di interesse europeo per la conservazione (Species of European Conservation Concern) con valutazione “minacciato”, il Francolino nero ha tra i suoi principali fattori di minaccia la pressione venatoria e la frammentazione e perdita dell’ habitat. L’areale della specie occupa una notevole porzione del Paleartico orientale, estendendosi da Cipro attraverso il Medio Oriente e l’Asia Centrale fino al Bangladesh e annoverando sei sottospecie morfologiche (Fig. 4). La vastità dell’areale, che peraltro include Paesi remoti e socio-politicamente instabili, spiega, almeno in parte, l’estrema carenza di dati demografici e molecolari su questo taxon. Degno di nota è il fatto che la specie fosse storicamente diffusa anche nel Mediterraneo occidentale, nella fattispecie in Spagna orientale - 37 - Forcina G. Fig. 4. Areale del Francolino nero con distribuzione approssimativa delle sei sottospecie morfologiche (estratto da Forcina et al., 2014). (Baleari incluse) ed in Italia (Toscana, Calabria e Sicilia), con delle popolazioni la cui origine è stata a lungo dibattuta. La ricerca tuttora in corso presso il sopracitato laboratorio mira a realizzare il primo studio sull’evoluzione molecolare del Francolino nero, esaminando aspetti quali la radiazione adattativa, la biogeografia e la struttura genetica di alcune popolazioni di interesse gestionale. Tra queste ultime figura la popolazione che risiede nella Repubblica di Cipro -unica in Europa- dove il prelievo venatorio è peraltro possibile e tuttora sostenibile (Forcina et al., 2014). A tal fine sono stati raccolti da tutto l’areale della specie oltre 200 campioni moderni di cui è stata sequenziato l’intero gene mitocondriale della Regione di Controllo (circa 1170 caratteri). Le ricostruzioni filogenetico-molecolari hanno evidenziato come le prime sottospecie a differenziarsi siano state quelle del subcontinente indiano (F. f. melanonotus e F. f. asiae), quindi quelle dell’ Asia centrale (F. f. henrici e F. f. bogdanovi) e per ultime quelle del Medio e Vicino Oriente (F. f. - 38 - arabistanicus e F. f. francolinus), lasciando ragionevolmente ipotizzare una radazione adattativa da oriente verso occidente (Forcina et al., 2012). L’impiego di un pannello di nove loci microsatellitari adoperati tramite delle cross-amplifications ha consentito di integrare l’analisi della variabilità genetica a livello intra-specifico, evidenziando nel complesso una marcata distinzione tra le popolazioni orientali e quelle occidentali. Al fine di incrementare il campionamento, consentendo da una lato di perseguire una maggiore copertura dell’areale e dall’altro di far luce sull’affinità genetica di alcune popolazioni estinte, sono stati ottenuti 75 tessuti da campioni museali di Francolino nero provenienti da aree di interesse selezionate ad hoc e custoditi presso collezioni ornitologiche statunitensi ed europee. Tra le popolazioni estinte prese in esame figura anche quella siciliana, i cui 11 rappresentanti sono stati gentilmente messi a disposizione dai curatori di varie collezioni ornitologiche italiane (Museo di Zoologia Pietro Doderlein di Palermo, Collezioni museali e genetica molecolare: due casi studio nei fasianidi Museo Civico di Terrasini, Museo Civico di Scienze Naturali di Randazzo, Museo Civico di Zoologia di Roma, Museo di Storia Naturale La Specola di Firenze) e di altri Paesi europei (Senckenbergmuseum di Francoforte e Muséum des Sciences Naturelles di Bruxelles). Gli oltre 270 campioni così raccolti sono stati oggetto della genotipizzazione di un frammento (185 paia basi) altamente informativo del gene mitocondriale della Regione di Controllo. La Network Analysis ha identificato 73 aplotipi assemblati in tre aplogruppi ben distinti, ciascuno dei quali corrisponde ad una delle suddette coppie di sottospecie. Una considerazione degna di nota riguarda i campioni italiani, che risultano in parte afferire all’aplogruppo delle sottospecie più occidentali ed in parte a quelli delle sottospecie di Asia centrale e sub-continente indiano. Dal momento che le prime testimonianze certe riguardanti la presenza del Francolino nero in Italia risalgono alla Sicilia normanna (seconda metà del XIII secolo; Masseti, 2002), si è a lungo ritenuto che la presenza della specie sull’isola fosse stata il frutto di un’introduzione avvenuta da Cipro e dalla Palestina al tempo delle Crociate (Orlando, 1958; Baldacci, 1964). Questa ipotesi, forse la più caldeggiata tra altre che invocavano immissioni perfino antecedenti ad opera di Arabi (Amari, 1937) e Saraceni (Johnsgard, 1988), trova tuttavia solo parziale riscontro con quanto emerso dalle nostre analisi, che hanno evidenziato aplotipi riconducibili ad altri, ben più distanti, distretti geografici. Una plausibile interpretazione di questo risultato viene suggerita dal fatto che durante il Medioevo ed il Rinascimento la carne di Francolino nero era estremamente ricercata presso le corti italiane e di altre Paesi europei, non solo in virtù della sua rinomata raffinatezza, ma anche di una serie di supposte proprietà curative e addirittura afrodisiache (cf. Cosman, 1983). Pertanto, vi sono concreti motivi per ritenere che esemplari di origine orientale di questa specie siano pervenuti in Europa attraverso le vie commerciali (tra cui la celebre Via della Seta) che collegavano l’Oriente al Mediterraneo, anche se non si può escludere che contingenti indiani siano giunti in occidente tramite i viaggi dei Portoghesi. Nel contesto dell’areale pregresso della specie si ritiene che la Sicilia abbia giocato il ruolo di tappa intermedia per successive introduzioni nel Mediterraneo occidentale avvenute primariamente ad opera degli Spagnoli nell’ambito di quelli che erano i territori facenti capo alla Confederazione Catalano-Aragonese (Maluquer e Travé, 1961). In conclusione, il presente studio ha evidenziato (i) una forte struttura genetica intraspecifica in sostanziale accordo con la tassonomia tradizionale, (ii) la conferma della introduzione della specie da Cipro alla Sicilia e (iii) l’origine mista della popolazione di Francolino nero un tempo presente nell’isola. Letteratura citata Amari G., 1937. Avifauna siciliana scomparsa. Il Francolino. Diana, 24: 1082-1084. Baldacci U., 1964. Il Francolino, sua reintroduzione in Europa. Nistri-Lischi Editori, Pisa, Italia. - 39 - Forcina G. Barbanera F., Pergams O., Guerrini M., Forcina G., Panayides P., Dini F., 2010. Genetic consequences of intensive management in game birds. Biological Conservation, 143: 1259-1268. BirdLife International, 2004. Birds in Europe: population estimates, trends and conservation status. Cambridge, UK. Cosman M.P., 1983. A feast for Esculapius. Annual Review of Nutrition, 3: 1-33. 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Nature, 340: 465-467. Thomas W.K., Pääbo S., Villablanca F.X., Wilson A.C., 1990. Spatial and temporal continuity of kangaroo rat populations shown by sequencing mitochondrial DNA from museum specimens. Journal of Molecular Evolution, 31: 101-112. - 41 - - 42 - Status e conservazione della Coturnice: 44-49, 2014 Censimento di Coturnice in aree dell’Appennino Lucano due casi studio nei fasianidi Egidio MALLIA Parco Regionale Gallipoli - Cognato, BASILICATA - [email protected] Il Parco Regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane, nell’ambito di un programma di lavoro che coinvolge i parchi Lucani, ha aderito ad un Progetto di studio e monitoraggio della Coturnice in regione. La Regione Basilicata, ha avviato con l’Osservatorio Regionale degli Habitat Naturali delle Popolazioni Faunistiche, nella primavera 2013, un primo lavoro di censimento sulla specie nell’area dell’Appennino Lucano, nell’ottica di acquisire informazioni aggiornate sulla Coturnice. Nell’ottica di acquisire quindi quante più indicazioni sulla presenza della specie ed ottimizzare gli sforzi necessari per effettuare il lavoro di censimento, sono state analizzate in primis tutte le informazioni disponibili in bibliografia, analizzando a tal fine, i contributi scientifici esistenti sull’avifauna in Basilicata, utilizzando anche documenti “datati”, risalenti agli anni ’80, fino ai più recenti del 2011, in cui si riportano informazioni sulla presenza della Coturnice nell’area appenninica. Il progetto coinvolge gli enti implicati nella gestione del patrimonio faunistico ed in particolare la Provincia di Potenza, il Parco Regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane ed i due parchi nazionali presenti in regione (Parco Nazionale del Pollino e Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese). Sono state altresì validamente utilizzate le informazioni riferite ad avvistamenti della specie ritenuti attendibili, effettuati dal personale di vigilanza ambientale, ornitologi o escursionisti, che hanno rappresentato i punti di partenza da cui iniziare a svolgere le attività di censimento. Pare indispensabile premettere un aspetto, già messo in risalto da chi mi ha preceduto e cioè che, come in altre aree italiane, anche in Basilicata, il quadro delle conoscenze circa la presenza, la distribuzione e la consistenza numerica della Coturnice, sono purtroppo assai carenti e le stesse, sono ulteriormente complicate anche dalle immissioni effettuate negli ultimi decenni a scopo venatorio. In sintesi, gli obiettivi del progetto, sono stati quelli di: • verificare la presenza/assenza della Sp. nelle aree di distribuzione potenziale; • elaborare le mappe distribuzione reale e potenziale; • valutare l’idoneità ambientale nelle aree di distribuzione effettiva; • Individuare le aree prioritarie per lo sver- - 43 - Mallia E. namento e la riproduzione; • stimare la consistenza numerica e il successo riproduttivo delle popolazioni; • valutare l’efficacia del sistema delle Aree Protette regionali e delle attuali misure di gestione degli habitat adottati dagli enti per la conservazione della Specie; • individuare e proporre delle misure di conservazione per la specie a livello Regionale; • individuare ed intervenire sulle minacce per la conservazione della specie; • promuovere ulteriori progetti di ricerca; • informare e sensibilizzare le popolazioni locali e le categorie interessate. Con l’avvio dell’analisi dell’inquadramento generale dell’area di studio, è emerso come il territorio della Basilicata presenta caratteristiche molto interessanti per la Coturnice, la regione infatti si colloca geograficamente nel “sistema appenninico Meridionale” ed il territorio rientra in gran parte, con circa il 47%, in zone altimetriche di montagna, mentre il 45% del territorio è compreso nella fascia altitudinale di collina e solo l’8%, sito nella porzione Est del breve tratto di costa che affaccia al mar Ionio, compreso in Provincia di Matera, rappresenta la zona pianeggiante più ampia della regione. La catena appenninica Lucana, inizia a sud dell’area vulcanica del Vulture e comprende alcuni dei massicci più elevati di tutto l’Appennino meridionale, in cui i principali sono il Vulture-melfese, l’Altopiano dei monti Li Foj, il Comprensorio della Sellata-Volturino-Viggiano e Monti della Maddalena; i monti del Lagonegrese e massiccio del Sirino – monti Alpi ed il Massiccio del Pollino. Nell’ambito del presente studio, a partire dalla primavera 2013, è stata avviata un’analisi preliminare, volta alla verifica della presenza/assenza della specie, analizzando come predetto, le aree regionali in cui vi erano informazioni su presenze storiche della specie, segnalazioni attendibili in aree considerate ancora potenzialmente idonee. Le prime attività del progetto, data la carenza di dati, sono state volte in primis a definire le unità di gestione e verificare la presenza-assenza della specie, in cui pianificare le attività di ricerca future di campo e realizzare il censimento pre e postriproduttivo, in cui individuare le Aree Campione con “celle” da un chilometro di lato (100 ha), che farà parte dell’obiettivo finale del progetto di censimento vero e proprio della primavera prossima. Nello specifico, per la scelta delle aree in cui avviare le indagini preliminari per la verifica della presenza/assenza della specie sono stati utilizzati i parametri ambientali che come noto possono influenzare positivamente la presenza della Coturnice, quali: • l’altitudine: escludendo le aree ad altimetria inferiore agli 800 m s.l.m.; • la pendenza: selezionando solo aree con elevata acclività; - 44 - Censimento di Coturnice in aree dell’Appennino Lucano. Due casi studio nei fasianidi • esposizione: favorendo le aree esposte ai quadranti meridionali e più temperati • vegetazione: selezionando aree con vegetazione bassa con abbondanza di rocce affioranti; post – riproduttivo. Pre-riproduttivo: Attraverso il censimento al playback, utilizzando i seguenti schemi: • Periodo: 15 febbraio – 30 maggio (quando in questa area appenninica, si ritiene massima la frequenza delle risposte al canto); • fattori antropici di disturbo: escludendo aree in cui vi è pressione venatoria, bracconaggio ed aree urbanizzate; • aree protette: in questa fase sono state prese in considerazione solo i territori ricadenti in aree protette; • Orario: 5:00-7:00; • impatto antropico: sono state favorite le aree in cui vi è ancora presenza di pascolo ed in cui resistono pratiche agricole tradizionali. Sulla base di tali criteri, sono risultate potenzialmente idonee tre macroaree dell’Appennino Lucano, in cui ricadono le quote più alte dell’Appennino meridionale, tutte comprese all’interno di Parchi Nazionali e Regionali, quali: • Monte Raparo – Monete Alpi ed il Complesso Lagonegro-Sirino nel Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonengrese; • Madonna di Pollino-Serra del Prete, Piani di Mauro, compresi ne Massiccio del Parco Nazionale del Pollino; • Dolomiti Lucane, nel Parco Regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane. • Metodo: percorsi campione standardizzati, distanti tra loro non meno di m 300, con emissione del canto da punti fissi distanti tra loro circa m 300 (massimo m 500, secondo l’orografia dei versanti) da posizioni sopraelevate; • Dato raccolto: stima del n° dei maschi in canto e/o delle coppie presenti prima della riproduzione. Post-riproduttivo: Per il periodo post-riproduttivo si è fatto ricorso al censimento attraverso il censimento con cani da ferma definibili “corretti” ed espressamente addestrati, nelle stesse aree di censimento al playback; • Periodo: post-riproduttivo, settembreottobre, nel momento di massima densità di popolazione per la presenza dei nuovi nati; • Orario: 7-12; Per la raccolta dei dati, si è fatto ricorso a due metodi distinti ampiamente utilizzati per lo studio della specie, uno per il periodo pre - riproduttivo ed uno • Metodo: percorsi campione con l’ausilio di cani da ferma certificati ENCI; • Dato raccolto: posizione delle brigate avvistate, stima della dimensione media delle brigate. - 45 - Mallia E. Quadro sinottico dei risultati Il metodo mirava quindi ad individuare i numero dei maschi cantori nel periodo primaverile, da poter considerare come una potenziale coppia e valutare, nelle stesse aree, nel periodo post riproduttivo, il successo riproduttivo, la posizione delle eventuali brigate avvistate grazie all’utilizzo dei cani da ferma, consentendo così di valutare il rapporto dei giovani adulti e la dimensione di nidiata. I risultati raccolti (sopra riassunti) con l’avvio del progetto, seppur preliminari possono far trarre già le prime deduzioni: • la Coturnice è ancora presente nel territorio della Regione Basilicata; • la presenza è stata rilevata in 4 delle 7 - 46 - Censimento di Coturnice in aree dell’Appennino Lucano. Due casi studio nei fasianidi aree indagate; • La specie pare “resistere” in oltre il 50% delle località indagate ma con una scarsa presenza numerica; • Rispetto alla stima indicata da Sorace et al. (2011) di 50-60 coppie, l’attuale abbondanza, stimabile in prima approssimazione, appare molto più bassa; • I nuclei delle aree n. 5 e 6 (P. Mauro, S. del Prete) data la breve distanza geografica, possono essere considerate come un’unica popolazione; • Gli altri due nuclei contattati, quello in località M. Raparello e M. Alpi, sono localizzati in aree molto distanti, separati da barriere ecologiche ritenute insormontabili per la specie (decine di km di bosco alto fusto, aree di fondovalle fortemente antropizzate) e per tanto appaiono isolati tra loro; • Le presenze dei nuclei relitti, sono state rilevate all’interno dei due Parchi Nazionali; • All’interno dell’area delle Dolomiti Lucane, la specie risulta estinta. Alla luce dei primi dati disponibili e delle testimonianze storiche raccolte sulla specie nella regione, si evince che la specie in passato era certamente presente su tutti gli altopiani più elevati e con buone densità. L’analisi dei primi dati, seppur insufficienti per inquadrare in modo esaustivo lo status, mostrano tuttavia una distribuzione ed una densità presunta, tale da far ritiene che, alcuni fattori limi- - 47 - tanti e di minaccia come l’isolamento, la bassa densità, l’alterazione dei siti trofici e di riproduzione, la predazione da parte di specie come il cinghiale (i cui segni indiretti di presenza ed di scavo erano assai diffusi in tutte le aree indagate), così come l’abbandono delle pratiche agricole tradizionali, il degrado dell’habitat con avanzamento del bosco e del grado di copertura vegetazionale e degli incolti, se non contrastati, possano determinare la definitiva scomparsa dei già esigui nuclei di Coturnice presenti in Basilicata. Con l’avvio del primo monitoraggio ed in considerazione che il territorio della Basilicata è caratterizzato da vaste aree montuose, potenzialmente ad alta vocazione della specie, si auspica che in futuro vengano avviate ed attuate specifiche misure a favore della conservazione della Coturnice, finalizzate nello specifico a: • colmare le lacune attualmente presenti sul quadro delle conoscenze; • individuare possibili interventi a favore della specie da inserire in un contesto di strategie unitarie di gestione delle aree protette della Basilicata; • regolarizzare le attività di monitoraggio, promuovere e pianificare ulteriori attività di studio finalizzate ad individuare le principali minacce e fattori limitanti; • individuare misure specifiche in grado di migliorare le strategie di conservazione locali e nazionali; • adottare, come si sta facendo in Sicilia nell’ambito del LIFE, una serie di mis- Mallia E. ure URGENTI ed improrogabili in Basilicata per la salvaguardia della specie, atte a scongiurare il possibile rischio di definitiva estinzione, prevedendo misure miglioramenti degli habitat, valutare le possibili misure utili a ridurre l’isolamento dei nuclei, ridurre fattori di minaccia, ecc., azioni queste tecnica- mente più facili da realizzare tenendo conto che la specie resiste praticamente solo all’interno dei parchi nazionali; • redigere un Piano d’azione regionale per la conservazione delle residue popolazioni di Coturnice. Letteratura citata Sorace A., Properzi S., Guglielmi S., Riga F., Trocchi V., Scalisi M., 2011. La Coturnice nel Lazio: Status e Piano d’Azione. Edizioni Agenzia Regionale Parchi, Roma, 89 pp. - 48 - Status e conservazione della Coturnice: 50-57, 2014 Piano d’azione per la Coturnice nel Lazio e avvio del monitoraggio ai sensi della Dir. 92/43/CEE Marco SCALISI Regione Lazio - Agenzia Regionale per i Parchi - [email protected] Il Lazio presenta una variegata presenza di ambienti che vanno dal mare fino al piano altomontano. Proprio gli ambienti delle catene appenninica e subappenninica offrono alla Coturnice i territori idonei alla sua presenza e l’esistenza di numerose aree di protezione, ai sensi della L. 394/91 e della L. 157/92, contribuiscono in maniera significativa alla conservazione della specie nella regione. I preoccupanti dati di declino delle popolazioni, percepiti e rilevabili dalla bibliografia, e la mancanza di un piano d’azione nazionale per la specie hanno spinto l’Agenzia Regionale per i Parchi della Regione Lazio (ARP), a partire dal 2006, ad investigare in maniera più approfondita la presenza della specie nella regione in collaborazione con l’ISPRA. Uno specifico progetto1, finanziato con fondi regionali, si è posto, come primo obiettivo, di fissare il “punto 0” della distribuzione e della consistenza delle popolazioni presenti sul territorio, con metodi espliciti e ripetibili. Questo passo è stato necessario per porre le basi per il 1 Progetto sullo “Stato di conservazione e distribuzione della Coturnice (Alectoris graeca) nel Lazio. Intervento 13/a del IV Accordo Integrativo dell’Accordo di Programma Quadro 7 Aree sensibili: parchi e riserve. monitoraggio ed i dati raccolti, tra il 2007 e il 2009, hanno permesso di elaborare il modello di distribuzione potenziale della specie. Ulteriore obiettivo del progetto è stato la redazione del piano d’azione regionale e solo successivamente, nel 2012, è stata istituita la Rete regionale di monitoraggio della Coturnice, la cui attività procederà d’ufficio all’interno delle strutture regionali e delle aree naturali protette coinvolte. La Regione Lazio è estesa circa 17.200 2 km e più di un quarto della regione ha territori montuosi potenzialmente idonei alla presenza delle coturnici: per l’esplorazione, quanto più completa possibile, sono state campionate tutte le aree vocate, definite tali sulla base di specifici strati informativi territoriali con l’opinione dell’esperto o in base alle conoscenze pregresse di presenza della specie. Per campionare queste aree sono stati utilizzati due metodi; il primo metodo è quello del censimento delle brigate durante il periodo estivo e autunnale mentre il secondo metodo, successivamente utilizzato anche per il monitoraggio, è stato quello del censimento primaverile al canto indotto, finalizzato alla stima delle coppie presenti. I campionamenti sono stati condotti - 49 - Scalisi M. sia sull’Appennino e sul Subappennino laziale sia sull’Antiappennino dove sino a tempi relativamente recenti era stata segnalata la presenza della specie (Figura 1) Il campionamento estivo-autunnale è stato condotto su territori di 250-750 ettari e in cui le singole unità campionarie erano mediamente di 50 ettari: tali superfici non sono definibili a priori poiché variano fortemente con l’orografia e l’accessibilità dei territori. Con questo tipo di campionamento è possibile verificare anche il successo riproduttivo, se eseguito precocemente quando è ancora possibile distinguere gli adulti dai giovani. Le singole unità campionarie sono state esplorate seguendo le isoplete a “gradini” di 50 metri di altitudine (Figura 2), con l’utilizzo di cani da ferma certificati per questo tipo di impiego: ciò non è affatto semplice se si pensa che nel Lazio la Coturnice non è più cacciabile da molti anni e che pertanto non dovrebbero esserci cani allenati per questa attività. L’impiego di cani è in ogni caso una fonte importante di errori sia per la diversa efficienza di ogni cane, nella capacità di esplorare il territorio e nella capacità di “fiutare” le coturnici e di “fiutarle” senza disperdersi su altre tracce, sia per la diversa modalità di lavoro; una ulteriore valutazione sui cani dovrebbe essere fatta per la capacità di preservare o meno le eventuali “prede”. Questo tipo di campionamento presenta anche altre criticità: la difficoltà autorizzativa per l’accesso dei cani nelle aree naturali protette e l’elevato grado di difficoltà organizzativa, dovendo prevedere il perfetto coordinamento di ricercatori, volontari (i conduttori dei cani), guardiaparco ed eventuali altri soggetti. Il campionamento primaverile, eseguito tramite stimolazione sonora (playback) è finalizzato alla raccolta di dati sulle coppie presenti nel territorio prima dell’avvio della riproduzione. Il censimento è stato effettuato entro le prime quattro ore dall’alba, laddove possibile, poiché è stato osservato da diversi autori2,3 una Fig. 1. Porzione orientale del Lazio interessata da catene montuose (Appennino centrale, Subappennino laziale e Antiappennino). Sono raffigurati i punti di ricerca della specie. 2 Bernard-Laurent A., Laurent J.L. 1984. Méthode de recensement des perdrix bartavelles (Alectoris graeca saxatilis Bechstein 1805) au printemps; applications dans les Alpes Maritimes. Gibier Faune Sauvage 4: 69-85. 3 Bocca M. 1990. La Coturnice Alectoris graeca e la Pernice bianca Lagopus mutus in Valle d’Aosta. Regione Autonoma Valle d’Aosta. Comitato Regionale Caccia della Valle d’Aosta. - 50 - Piano d’azione per la Coturnice nel Lazio e avvio del monitoraggio ... Fig. 2. Modalità di esplorazione delle singole unità campionarie nel campionamento estivo-autunnale. Vengono esplorate aree di 50 ettari lungo le isoplete con “gradini” altitudinali di 50 metri. riduzione dell’attività canora dopo tale periodo. Questa modalità di operare, comporta uno sforzo non indifferente, da parte dei ricercatori, poiché recarsi nelle aree riproduttive richiede talvolta molto tempo e risulta complicato per la difficile accessibilità dei luoghi. Le attività di campo sono state condotte lungo transetti nelle zone ritenute idonee: per ogni punto sono state effettuate emissioni sonore nelle quattro direzioni cardinali, ognuna della durata di venti secondi e intervallate da venti secondi di ascolto. Ogni stazione era distanziata dall’altra almeno 300 metri; questa distanza è stata fissata a seguito di prove sperimentali in campo, in cui sono state verificate la distanza di ascolto delle emissioni sonore e delle eventuali risposte di maschi di Coturnice. I dati così raccolti (Figura 3), hanno permesso l’elaborazione di un indice chilometrico di abbondanza di maschi in canto e successivamente inferito il numero di coppie per km2. Per tale inferenza è stato usato un fattore di 0,4, pari ad una presunta portata di 200 metri per ogni lato del transetto, dell’emissione sonora e - 51 - di ascolto dell’eventuale risposta. I risultati ottenuti sono stati elaborati in due diversi modi ovvero sono stati effettuati i calcoli sia per i soli transetti positivi, cioè transetti in cui era effettivamente presente la Coturnice, sia per la totalità dei transetti visitati (Tabella 1). Non sempre, in bibliografia, è chiaramente espresso il calcolo effettuato; per questo motivo è molto spesso difficile paragonare i risultati ottenuti con quelli bibliografici. Alcuni dati sono particolarmente rilevanti: le densità maggiori di Coturnice registrate nel Lazio, sono state di 2,02 e 1,90 cp/km2 rispettivamente nelle Montagne della Duchessa (riserva naturale regionale) e nei Monti Reatini (gruppo del Monte Terminillo, oasi faunistica), mentre in zone molto vocate ma con differente tutela del territorio, come i Monti Ernici, si registrano valori di 0,41 cp/ km2 pur essendo in continuità con il Parco Regionale dei Monti Simbruini (0,84 cp/km2). Nonostante i censimenti effettuati (per il progetto di cui alla nota 1), non sono state più trovate coturnici in alcune aree del Subappennino laziale, in particolare a Monte Cairo, Scalisi M. Tabella 1. Dati quantitativi delle abbondanze relative di Coturnice nei vari territori del Lazio investigati: i calcoli sono stati effettuati sia per i soli transetti in cui è stata rilevata la specie sia per la totalità dei transetti effettuati (da Sorace et al., 2013 mod.) sui Monti Lucretili e sui Monti Navegna e Cervia e in tutto l’Antiappennino. Per queste aree erano presenti alcune segnalazioni nel penultimo (Boano et al., 1995) e nell’ultimo (Brunelli et al., 2011) atlante degli uccelli nidificanti del Lazio. I dati bibliografici sono concordi nel registrare una contrazione dell’area di presenza della Coturnice all’interno della Regione Lazio. Sono da registrare, ad ulteriore detrimento della specie, la presenza di specie alloctone particolarmente “pericolose” per la Coturnice come la Chukar, almeno nell’Antiappennino. Durante il progetto sono state anche tentate le cattura finalizzate alle indagini genetiche sulla specie: tali tentativi non hanno permesso la cattura di alcun individuo. I dati di densità estrapolati dalla bibliografia (Tabella 2) sono molto eterogenei e difficilmente paragonabili, sia per la varietà di ambienti che per la varietà di metodi utilizzati (in campo e di calcolo). Per quanto riguarda il Lazio bisogna evidenziare le densità in aree sottoposte a tutela, in cui non è consentita l’attività - 52 - Piano d’azione per la Coturnice nel Lazio e avvio del monitoraggio ... venatoria ai sensi della L. 394/91 e della L. 157/92, e in aree in cui è consentita la caccia. Per aree in cui è vietata la caccia si intendono sia le aree naturali protette ai sensi della L. 394/91 sia le aree in cui non è possibile il prelievo venatorio ai sensi della L. 157/92 e della relativa normativa regionale, ad esempio le oasi faunistiche. Il Monte Terminillo è risultata l’area più importante per la Coturnice del Lazio, e non è un’area naturale protetta stricto sensu ma è un’oasi faunistica. è evidente una discrepanza notevole tra le aree ad elevata vocazionalità in cui non è consentita la caccia (1,26 cp/km2) ed in aree in cui è consentita (0,31 cp/km2) per un totale di 171-342 coppie stimate per il Lazio. Grazie ai dati di presenza raccolti in campo, è stato elaborato un modello di idoneità ambientale, su base induttiva, utilizzando la metodica dell’ENFA, (Ecological Niche Factor Analysis) tramite il software Biomapper 4.0, che permette di esprimere l’ecologia della specie in base a due parametri: la marginalità e la specializzazione. La mappa di idoneità ambientale proposta è riportata in Figura 5. Le variabili ecogeografiche che maggiormente influenzano la distribuzione potenziale della Coturnice sono l’altitudine, la pendenza, l’esposizione a sud e la presenza di aree a vegetazione rada. I dati raccolti e le analisi effettuate sulla presenza della Coturnice nel Lazio sono trattati in Sorace et al. (2011). Questo volume (Figura 4) è liberamente scaricabile dal sito Fig. 3. Risposte di Coturnice allo stimolo sonoro durante i rilievi primaverili. istituzionale dell’ARP http://www.arplazio.it e il piano d’azione è stato approvato con determinazione del Direttore del Dipartimento Istituzionale e Territorio A12409 del 30/11/2012: questo atto pone un obbligo a tutte le strutture regionali di tenere in considerazione il piano, nelle valutazioni ambientali e in tutti quei piani che possono avere relazioni con la Coturnice, ad esempio i piani faunistico-venatori. L’attività di raccordo tra le azioni previste dal piano e la loro efficacia è quella della sorveglianza dello stato di conservazione. Il progetto di cui alla precedente nota1 era anche rivolto alla definizione di un punto zero per l’attività di sorveglianza dello stato di conservazione ai sensi della - 53 - Scalisi M. Tabella 2. Confronto delle densità di Coturnice in vari studi condotti in Italia; la bibliografia completa è riportata in Sorace et al., 2011 direttiva 92/43/CEE, come definito all’articolo 11, e per la successiva rendicontazione di cui all’articolo 17, il cosiddetto reporting. Questa attività di sorveglianza è stata recepita dallo Stato italiano con il DPR 357/97, che all’articolo 7 impone il - 54 - monitoraggio delle specie (e degli habitat) e demanda alle Regioni queste attività. Il monitoraggio è l’attività che permette di verificare la bontà delle scelte fatte per la conservazione di specie e habitat e che conseguentemente consente di adat- Piano d’azione per la Coturnice nel Lazio e avvio del monitoraggio ... Fig. 4. Volume pubblicato dall’ARP sulla Coturnice Fig. 5. Mappa di idoneità ambientale per la Coturnice prodotta con l’uso del software Biomapper 4.0. Sono riportate anche le aree naturali protette e le Zone di Protezione Speciale (ZPS). tare le strategie di gestione che si stanno attuando. La Regione Lazio si è dotata di una specifica norma, la deliberazione della Giunta regionale 497/2007, che istituisce la rete regionale di monitoraggio e di cui l’Agenzia è il Focal Point, quindi il cuore centrale che raccoglie tutti i dati e li inserisce in specifiche banche dati. Nella rete ci sono due grossi raggruppamenti: i rilevatori che raccolgono i dati in campo e che solitamente afferiscono al personale in servizio presso le aree protette, e i referenti che hanno funzione di coordinamento sia per le conoscenze specialistiche sia per l’organizzazione territoriale i quali sono coordinati dal Focal Point. Fig. 6. Dati raccolti durante la campagna di monitoraggio 2013. I dati raccolti (rombi verdi) sono rappresentati insieme a quelli raccolti in precedenza (triangoli rossi). - 55 - Scalisi M. Nell’ambito della Rete regionale di monitoraggio, nel 2013 è stata avviata la rete di monitoraggio specifica per la Coturnice; per questa attività saranno utilizzate le metodiche messe a punto con il progetto iniziale1 ed in particolare tramite il metodo più facile e più ripetibile ovvero quello del censimento al canto in primavera. I dati raccolti sono riportati in Figura 6 e denunciano lo strano andamento climati- co dell’anno in cui la stagione fredda si è protratta a lungo: alla fine di giugno era ancora presente la neve in alcuni quartieri riproduttivi della Coturnice (dove è stato eseguito il monitoraggio). Non è stato possibile verificare se la stagione riproduttiva era solamente in ritardo o se è stata persa per le avverse condizioni meteorologiche. Letteratura citata Boano A., Brunelli M., Bulgarini F., Montemaggiori A., Sarrocco S., Visentin M. (a cura di), 1995. Atlante degli Uccelli nidificanti nel Lazio. Alula II (1-2): 42-43. Brunelli M., Sarrocco S., Corbi F., Sorace A., Boano A., De Felici S., Guerrieri G., Meschini A., Roma S. (a cura di Sorace A., Properzi S., Guglielmi S., Riga F., Trocchi V., Scalisi M., 2011. La Coturnice nel Lazio: status e piano d’azione. Edizioni ARP, Roma; 80 pp.), 2011. Nuovo atlante degli uccelli nidificanti nel Lazio. Edizioni ARP, Roma: 80-81 Sorace A.,Guglielmi S., Properzi S., Riga F., Trocchi V., Scalisi M., 2013. Rock Partridge Alectoris graeca in Lazio region (Central Itay): Status and Action Plan. Avocetta, 37: 141-144 - 56 - Status e conservazione della Coturnice: 58-79, 2014 Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice (Alectoris graeca saxatilis) in ambiente alpino: necessità di uniformare le modalità di censimento Luca ROTELLI Via Valverde, 98 - 21100 Varese - [email protected] Introduzione Le risorse economiche ed umane disponibili per la gestione dei galliformi alpini sono, per varie ragioni, assai inferiori rispetto a quelle destinate ad altri gruppi di animali, quali ad esempio gli ungulati ed i grandi carnivori. I primi sono, ormai da alcuni decenni, al centro della gestione venatoria, in quanto le loro popolazioni sono diventate talmente numerose da rendere necessaria la loro regolazione; i secondi invece ricevono attenzioni sempre maggiori a causa dell’impatto emotivo che hanno sulla società e di quello che la loro presenza può avere su alcune attività umane, come per esempio la zootecnia. I galliformi alpini, invece, nonostante venga loro ormai unanimemente riconosciuto l’importante ruolo di indicatori biologici e di “specie ombrello” dell’ambiente alpino, sono conosciuti ed apprezzati quasi esclusivamente dagli addetti ai lavori, venendo di fatto relegati a specie di scarso interesse gestionale e conservazionistico dalla maggior parte degli enti che operano sul territorio. Il loro “torto” è quello di essere specie di piccole dimensioni, di essere difficilmente osservabili dalla maggior parte delle persone, quindi poco attraenti dal punto di vista dell’immagi- ne e di non avere alcun impatto sull’ambiente. Nel frattempo anche per il mondo venatorio queste specie hanno perso importanza nel corso degli ultimi decenni, a causa del declino delle loro popolazioni, dopo essere state per un lungo periodo di tempo i trofei più ambiti del cacciatore di montagna. In realtà gli unici sforzi condotti oggigiorno per conoscere il trend delle popolazioni di galliformi alpini sono quelli sostenuti da alcune amministrazioni, in collaborazione con i cacciatori per giustificare l’attività venatoria. è comunque sintomatico il fatto che se una specie non rientra più tra quelle cacciabili, perde molto velocemente importanza e di essa non ci si interessa più. è successo in passato per il Gallo cedrone (Tetrao urogallus) ed il Francolino di monte (Tetrastes bonasia), sta capitando attualmente per la Pernice bianca (Lagopus muta) e sempre più spesso anche per la Coturnice (Alectoris graeca). Tale situazione, unita alle notevoli difficoltà che pone il censimento di questi uccelli in ambiente alpino, rende quanto mai urgente una migliore pianificazione dei programmi di monitoraggio ed un coordinamento fra i vari organismi pubblici e privati interessati alla conservazione della fauna: servizi faunistici, aree - 57 - Rotelli L. protette, associazioni venatorie e cinofile, associazioni ambientaliste, agricoltori e pastori, società che gestiscono attività turistiche in montagna. vaste aree e suggerisce per questo l’applicazione delle scelte metodologiche che verranno illustrate più avanti (Rotelli e Bocca, 2004). Le operazioni di conteggio e le stime di densità della Coturnice, come del resto anche quelle dei tetraonidi, sono generalmente poco agevoli e presuppongono sforzi organizzativi notevoli. Ai problemi legati all’etologia delle specie in questione e all’asprezza dell’ambiente in cui vivono, si somma la difficoltà di reperire in buon numero personale sufficientemente preparato e motivato. Ciò determina l’impossibilità di effettuare censimenti su La situazione della Coturnice sulle Alpi Nel corso degli ultimi cinquant’anni le popolazioni di Coturnice (Alectoris graeca saxatilis) sulle Alpi sono andate incontro ad una evidente riduzione numerica (Fig. 1) e ad una altrettanto marcata contrazione dell’areale di distribuzione. Questo fenomeno ha avuto una differente importanza nelle diverse aree geografiche dell’arco alpino, manifestandosi in modo alquanto accentuato soprattutto nell’area Fig. 1. Andamento dei prelievi di Coturnice in Provincia Autonoma di Trento nel periodo 1968-2012. Sebbene i prelievi dipendano anche dalle diverse modalità con cui l’attività venatoria viene svolta, per cui la pressione di caccia di periodi molto diversi non è totalmente confrontabile, il trend negativo è talmente evidente da rispecchiare in modo sufficientemente preciso quello delle popolazioni. Dopo il 2000, in diversi anni, l’attività venatoria è stata sospesa in via precauzionale (fonte: Servizio Foreste e Fauna, Ufficio Faunistico, Provincia Autonoma di Trento). - 58 - Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ... Fig. 2. Zone di riproduzione della Coturnice sulle Alpi occidentali. Le praterie d’altitudine si estendono tra il limite superiore del bosco di Abete rosso, posto intorno ai 1.700-1.800 metri e le creste sommitali che si snodano tra i 2.300 ed i 2.600 metri di quota (foto Luca Rotelli). Fig. 3. Area di presenza della Coturnice, posta ben al di sopra del limite superiore del bosco, sulle Alpi centrali. Si tratta di un ambiente frequentato dalla specie esclusivamente durante il periodo riproduttivo, in primavera-estate e fino alle prime abbondanti nevicate in autunno (foto Luca Rotelli). - 59 - Rotelli L. Fig. 4. Zona prealpina frequentata dalla Coturnice durante tutto il corso dell’anno. Il limite del bosco di Faggio si colloca intorno ai 1.400-1.500 metri, mentre le creste si trovano intorno ai 2.100-2.200 metri (foto Luca Rotelli). Fig. 5. Un vecchio alpeggio ormai abbandonato e parzialmente invaso dalla rinnovazione di Acero di monte, Frassino e Nocciolo. Si tratta di un’area posta a circa 1.300 metri di quota, ancora visitata regolarmente dalla Coturnice in inverno, quando è costretta ad abbandonare per l’eccesivo innevamento le zone cacuminali che si vedono sullo sfondo e che si trovano a circa 2.300 metri di altitudine. Quando la rinnovazione forestale avrà definitivamente preso il sopravvento, le coturnici dovranno andare alla ricerca di altre zone aperte, sempre che siano disponibili (foto Luca Rotelli). - 60 - Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ... prealpina, dove ormai il loro numero è talmente esiguo da mettere in discussione la vitalità stessa delle popolazioni. Nelle aree tipicamente alpine invece, la specie è ancora distribuita in modo relativamente uniforme, anche se con densità molto diverse, con popolazioni più abbondanti sulle Alpi centro-occidentali. Fanno eccezione le vallate più interne delle Alpi, dove, a causa dell’altitudine elevata del fondovalle, la mancanza di aree di svernamento, si ripercuote negativamente sulla presenza della specie. La Coturnice, sulle Alpi, predilige versanti ben strutturati esposti ai quadranti meridionali, caratterizzati dalla presenza di affioramenti rocciosi e da formazioni a vegetazione erbacea bassa, con pendenze da medie a forti. Durante il periodo riproduttivo la si trova soprattutto nella zona del piano subalpino, da cui può scendere fino a quello montano nel caso in cui non sia eccessivamente boscato. Preferisce le praterie d’altitudine inframmezzate da arbusti nani e interrotte da barre rocciose e da pietraie, frequentando anche boschi molto radi di Larice ed Abete rosso (Figg. 2, 3 e 4). Fig. 6. Riduzione delle superfici prative e pascolive, all’interno dei poligoni gialli, nel Trentino orientale, tra il 1954 (in alto) ed il 1999 (in basso). La foto di mezzo indica la situazione nel 1984. In pratica circa il 90% delle aree aperte è scomparso nel giro di appena cinquant’anni (Archivio Ente Parco Naturale Paneveggio – Pale di San Martino). Soprattutto durante l’inverno ricerca in particolar modo i versanti acclivi esposti a mezzogiorno su cui la neve si scioglie rapidamente. Non essendo così ben adattata ai rigori invernali come i tetraonidi, durante inverni molto nevosi è costretta ad abbandonare le quote più alte cercando riparo ad altitudini inferiori, dove l’innevamento è meno abbondante - 61 - Rotelli L. e durevole (Fig. 5). In passato queste migrazioni verticali erano possibili grazie al fitto mosaico di aree aperte presente con continuità lungo il gradiente altitudinale, che l’uomo con le sue attività aveva prodotto, togliendo al bosco vaste superfici per creare pascoli, prati da sfalcio e terreni dove coltivare specie cerealicole come l’orzo, l’avena e la segale. Tra le cause principali di regressione delle sue popolazioni, la frammentazione, la degradazione e la perdita dell’habitat rappresentano sicuramente il fattore maggiormente rilevante. Per molti secoli l’uomo con le attività agro-silvo-pastorali ha modificato il paesaggio alpino a tutto favore della Coturnice e di alcune specie di tetraonidi, ampliando in modo sostanziale il sistema di aree aperte presente originariamente. In Trentino, nel corso di appena cento anni, tra la fine del XIX e l’inizio del XXI secolo la superficie delle aree prative e pascolive si è dimezzata a vantaggio del bosco (Fig. 6) (Rotelli, 2014 in stampa). Il fenomeno dello spopolamento della montagna ha avuto un picco tra la prima e la seconda guerra mondiale, proseguendo poi con diversa intensità fino agli anni Settanta. Nel giro di pochi decenni, in generale, il paesaggio si è quindi modificato da un fine mosaico, con un alto grado di compenetrazione di habitat diversi (alto effetto margine), ad un mosaico più grossolano, costituito da vasti appezzamenti di habitat uniformi (Rotelli, 2006), dove le aree aperte sono diminuite drasticamente a favore del ritorno del bosco (Fig. 7). Tra i fattori limitanti di origine naturale si possono poi citare la predazione, il cui impatto rispetto al passato è sicuramente aumentato per l’incremento delle popolazioni dei vari predatori e le condizioni meteorologiche avverse, soprattutto nel periodo dell’allevamento delle nidiate e durante l’inverno (Fig. 8). Tra quelli antropici vanno invece ricordati il pascolamento intensivo, a causa dell’utilizzo di greggi di pecore sempre più numerose, situazione questa spesso aggravata dalla loro conduzione in montagna in largo anticipo rispetto al periodo di nidificazione della Coturnice, lo sviluppo delle infrastrutture per la pratica degli sport invernali e l’aumentata frequentazione turistica ad esse associate. Pure influente l’attività venatoria che, soprattutto in passato è stata condotta con modalità poco rispettose della con- Fig. 7. In passato l’ambiente montano è stato modellato fortemente da parte dell’uomo con attività come l’agricoltura e la zootecnia di montagna. Per molti secoli l’uomo ha creato prati, pascoli e terreni destinati all’impianto delle colture cerealicole, come orzo, avena e segale. Di questa situazione le popolazioni di Coturnice hanno tratto grande vantaggio, raggiungendo elevate densità e occupando ambienti originariamente non vocati alla sua presenza (Archivio Luca Rotelli). - 62 - Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ... servazione delle sue popolazioni e l’introduzione di altre specie consimili (Pernice rossa e chukar) per fini venatori, con la possibilità che si incrocino con la Coturnice dando vita ad ibridi fecondi. La produzione di questi ibridi, che sono meno adattati alle condizioni delle zone di montagna, rappresenta così una minaccia per la conservazione della variabilità genetica delle popolazioni autoctone di Coturnice (Fig. 9). Un altro problema non trascurabile rispetto all’immissione di altre specie sistematicamente affini riprodotte in cattività è la trasmissione di parassitosi, come l’istomoniasi e la capillariosi e patologie parassitarie di origine virale e batterica, molto frequenti in esemplari d’allevamento. Sulle Alpi la Coturnice condivide molti dei problemi di conservazione sopra accennati con altre specie di galliformi appartenenti alla famiglia dei tetraonidi. Vive infatti in simpatria con la Pernice bianca verso il limite altitudinale superiore del suo areale di distribuzione e con il Fagiano di monte verso quello inferiore. In tabella 1 sono riportate per ciascuna specie di galliformi alpini le criticità ritenute maggiormente responsabili nell’aver determinato in questi decenni la regressione delle loro popolazioni. Attualmente la Coturnice è inclusa come entità specifica (comprensiva di tutte le sottospecie) nell’Allegato I della nuova Direttiva 2009/147/CE “Uccelli”. E’ inserita, inoltre, nell’Allegato III della Convenzione di Berna. La Coturnice ha uno stato di conservazione sfavorevole Fig. 8. Nidiata di coturnici trovate morte dopo una violenta grandinata durante il mese di giugno. Sulle Alpi eventi meteorologici violenti sono sempre più numerosi rispetto al passato, potendo influenzare notevolmente le popolazioni di Coturnice, soprattutto quando si verificano in momenti molto delicati per questo fasianide, come il periodo riproduttivo e la stagione invernale (foto Giovanni Pelucchi). (SPEC 2) in tutta Europa, in quanto le sue popolazioni sono caratterizzate da un continuo stato di declino (BirdLife International, 2004). Nella Lista Rossa nazionale è considerata specie vulnerabile (LIPU e WWF, 1999), tuttavia è specie cacciabile ai sensi della Legge n. 157/1992, art. 18. Principi e finalità del monitoraggio delle popolazioni di Coturnice Il monitoraggio delle popolazioni di Coturnice è molto importante, non solo in relazione alla gestione dell’attività venatoria, ma più in generale alle modificazioni ambientali e climatiche e alla presenza sempre più massiccia dell’uomo negli ambienti frequentati da queste specie, al fine di comprendere meglio i fattori responsabili delle sue fluttuazioni nel corso del tempo e per sviluppare strategie di conservazione sempre più incisive. - 63 - Rotelli L. popolazioni di Coturnice passa attraverso due fasi conoscitive: • la determinazione del numero dei maschi riproduttori in primavera; • il calcolo del successo riproduttivo delle femmine in estate. Fig. 9. A sinistra maschio di Pernice rossa, a destra femmina di Coturnice. La foto è stata scattata durante il periodo riproduttivo sulle prealpi biellesi, in Piemonte. La presenza della Pernice rossa in questa area delle Alpi è da attribuire con certezza all’immissione illegale per fini venatori (foto Alessandro Castello). Perché l’attività di monitoraggio delle popolazioni di Coturnice possa rispondere a questi requisiti è necessario che venga organizzata e svolta in modo tale che i dati raccolti ci consentano innanzitutto di ottenere informazioni utili a quantificare i diversi parametri (densità dei maschi in primavera, successo riproduttivo in estate, ecc.) importanti per caratterizzare le sue popolazioni. Tali dati dovrebbero essere quindi raccolti con metodologie standardizzate in grado di quantificare con il maggior grado di dettaglio possibile le variazioni numeriche delle popolazioni ed i vari parametri riproduttivi, e dovrebbero possibilmente ispirarsi a tecniche già consolidate e utilizzate anche in altri settori dell’arco alpino, in modo che i dati raccolti siano confrontabili con quelli di altre popolazioni che vivono sulle Alpi (Rotelli, 2011). La valutazione della consistenza delle L’organizzazione delle attività di monitoraggio della Coturnice è influenzata da diversi fattori: alcuni legati alla sua etologia, altri determinati dalla topografia del territorio (morfologia e accessibilità dell’area di studio) ed altri ancora di tipo organizzativo (disponibilità di personale). Organizzazione delle operazioni di censimento è auspicabile che la pianificazione delle attività censuali veda il coinvolgimento di tutti gli enti interessati (servizi faunistici, aree protette, associazioni venatorie) e che avvenga con metodologia standardizzata e sotto il coordinamento di un’unica regia, su tutta l’area geografica ricadente all’interno dell’unità di gestione. Una organizzazione delle operazioni a livello locale rischia infatti di disperdere le scarse risorse disponibili (fondi e personale), diminuendo nel contempo il livello di uniformazione dei rilievi. Un accordo preliminare tra tutti gli enti coinvolti è quindi di fondamentale importanza per ottenere una rete di monitoraggio realmente efficace. Dal punto di vista metodologico va sottolineata l’importanza dei seguenti punti: - selezione delle aree campione per mezzo di criteri chiari ed oggettivi, al fine di - 64 - Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ... garantire una maggiore uniformazione delle operazioni; - utilizzo delle stesse aree e metodologie per un lungo periodo, al fine di ottenere serie storiche confrontabili; - partecipazione congiunta di personale di diversa estrazione (guardiaparco, guardiacaccia, guardie forestali, cacciatori e naturalisti). Censimenti primaverili: scelta e dimensionamento delle aree campioni e definizione del periodo di esecuzione Se ben pianificati, consentono di evidenziare correttamente la dinamica di popolazione a livello locale e di ottenere stime attendibili di densità dei maschi territoriali. A tal fine occorre selezionare una serie di aree campione con una superficie ottimale di alcune centinaia di ettari, omogeneamente distribuite sul terri- Tab.1 Cause principali ritenute responsabili del declino delle popolazioni dei galliformi alpini, con indicazione dell’effetto sull’ambiente utilizzato e delle conseguenze che ciò ha avuto per ciascuna specie. Per tutte e cinque le specie l’aumento delle popolazioni di predatori, sia di mammiferi che di uccelli, viene considerato un altro elemento estremamente importante per spiegare la loro regressione. - 65 - Rotelli L. torio considerato, rappresentative di tutte le tipologie ambientali utilizzate dalla Coturnice in una determinata zona geografica, sia in aree prive di forti interferenze di origine antropica (prelievo venatorio, infrastrutture per la pratica degli sport invernali, disturbo turistico, ecc.) sia in aree dove invece queste attività sono svolte. I dati così ottenuti, pur non potendo offrire stime di densità estrapolabili su ampi comprensori, possono essere un utile ausilio nell’evidenziare il trend delle popolazioni a livello locale (Rotelli e Bocca, 2004). Un elemento di particolare importanza nella pianificazione di un programma di monitoraggio riguarda la dimensione delle aree campione. Esse devono avere una superficie tale da poter ospitare una parte rappresentativa della popolazione che si intende censire. Questa esigenza introduce il concetto di unità minima di campionamento, con il quale si intende un’area stabilmente frequentata da una parte di una popolazione più grande, in cui gli spostamenti dei singoli individui, durante il periodo riproduttivo, possono essere considerati, se non del tutto assenti, almeno in gran parte limitati, in modo che la grandezza dell’unità di popolazione censita non sia influenzata in questo periodo da fenomeni rilevanti di emigrazione ed immigrazione. In generale un’area campione dovrebbe avere una dimensione minima intorno ai 500 ha, mentre non esistono limiti dimensionali superiori. Nel caso della Coturnice la superficie utilizzata per il calcolo della densità dei maschi (maschi/100 ha) viene determi- nata in base all’area che include l’habitat della specie durante l’intero periodo riproduttivo (1 maggio-31 agosto). Un’area di censimento primaverile dovrebbe avere un’ampiezza tale da poter permettere di conteggiare circa 10 maschi. Questa dimensione del campione può infatti essere considerata sufficiente per evidenziare il trend delle popolazioni investigate. Il periodo migliore per l’esecuzione dei censimenti primaverili va dall’ultima settimana di aprile alla fine di maggio (25 aprile – 31 maggio), a seconda dell’ubicazione dell’area. Nelle zone prealpine, l’attività riproduttiva può già essere elevata durante la fine di aprile, mentre in zone più interne, con caratteristiche più alpine, di solito il periodo migliore è maggio. Considerando che gli ambienti frequentati da questo fasianide si trovano per lo più su versanti esposti a sud, in molti anni le sue aree riproduttive, anche in zone tipicamente alpine, possono comunque essere raggiunte senza particolari problemi già all’inizio di maggio. Il censimento di ciascuna area campione deve essere ripetuto almeno due volte, o ancor meglio tre, con condizioni meteo ottimali, evitando giornate ventose o successive a forti perturbazioni, nel corso della stessa stagione, con lo scopo di individuare la giornata di miglior attività. Censimenti estivi: scelta delle aree, grandezza del campione numerico e definizione del periodo - 66 - Sono finalizzati alla definizione del Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ... successo riproduttivo annuale. Devono essere condotti nelle stesse aree dove sono già stati effettuati i censimenti primaverili. Tuttavia poiché il loro obiettivo è unicamente quello di determinare il successo riproduttivo e non quello di calcolare la densità, il campione raccolto in queste aree può essere integrato con osservazioni fatte in zone limitrofe, qualora non dovesse essere numericamente sufficiente. è fondamentale che la scelta dei settori da percorrere con cani da ferma sia quanto mai oculata, al fine di evitare una sovrastima della produzione di giovani. Il calcolo del successo riproduttivo, espresso nella Coturnice come rapporto tra il numero totale di giovani e quello degli adulti, e la raccolta dei parametri necessari per comprendere l’andamento della stagione riproduttiva (% dei giovani nella popolazione estiva e dimensione media delle nidiate) vanno effettuati su un numero di almeno 30 individui adulti per singolo settore geografico. E’ quindi preferibile accorpare i dati di aree relativamente grandi e il più possibile omogenee dal punto di vista ambientale e climatico, piuttosto che distribuire l’analisi sulle diverse entità amministrative col rischio di lavorare su campioni di pochi individui. Ciò evidenzia una volta di più la necessità del coordinamento su ampia scala proposto in precedenza. Il periodo utile per i conteggi estivi è assai breve. Da un lato occorre infatti evitare disturbi a nidiate con giovani poco sviluppati e dall’altro che i censimenti vengano effettuati prima del periodo del- la dispersione tardo estiva delle nidiate. Inoltre poiché lo sviluppo ponderale dei giovani è molto veloce, è importante scegliere il momento in cui la distinzione tra adulti e giovani è ancora possibile. Fatte queste considerazioni, il periodo più adatto per l’esecuzione dei censimenti estivi di Coturnice sulle Alpi si colloca tra il 5 agosto ed il 20 agosto, in anni con un andamento climatico normale. In anni con un ritardo nell’inizio della nidificazione a causa di inverni prolungati, il loro avvio Fig. 10. L’uso corretto ed efficace del magnetofono presuppone una esperienza e competenza notevole. Soltanto un utilizzo ben dosato può avere l’effetto di stimolare il canto dei maschi di Coturnice. Molto spesso questo aspetto viene sottovalutato ed il censimento viene effettuato da personale senza alcuna conoscenza né teorica né tantomeno pratica dell’attività che deve svolgere. In questo caso non è lecito attendersi grandi risultati, con l’esito di sottostimare di gran lunga la reale consistenza della popolazione censita (foto Luca Rotelli). - 67 - Rotelli L. dovrebbe essere posticipato di circa una settimana, in questo caso è possibile continuare con le attività di censimento anche dopo il 20 agosto. Per nessun motivo i censimenti estivi di Coturnice dovrebbero essere eseguiti prima del 5 agosto. Effettuazione dei censimenti invernali della coturnice con l’ausilio di cani da ferma Possono fornire utili indicazioni sull’effettiva utilizzazione di alcuni ambienti di origine antropica da parte della specie, abitualmente frequentati durante la stagione invernale, evidenziandone eventuali modificazioni sfavorevoli (coltivi terrazzati, pascoli, incolti di recente abbandono). è importante che siano condotti con situazioni di gelo ed innevamento simili da un anno all’altro, preferibilmente fra fine novembre e gennaio. Essi potranno permettere di trovare eventuali correlazioni tra parametri quali la dimensione media dei gruppi avvistati e i valori dell’indice riproduttivo registrati nell’estate precedente e quelli di densità ottenuti nella primavera successiva nello stesso settore geografico (Bocca, 1990). Esecuzione pratica del monitoraggio primaverile dei maschi di Coturnice ed esposizione dei risultati Nel caso della Coturnice, la localizzazione dei maschi si svolge lungo itinerari mantenuti identici negli anni, utilizzando l’uso del canto preregistrato. Il metodo di conteggio primaverile dei maschi si basa su quanto suggerito da Bernard-Laurent (1984;1994a) per le Alpi francesi e da Boc- ca (1990) per la Valle d’Aosta. La ricerca dei riproduttori di Coturnice viene effettuata lungo itinerari prestabiliti, con l’aiuto del canto preregistrato emesso da un magnetofono (play-back) (Fig. 10). L’utilizzo di questo strumento è necessario dal momento che le emissioni vocali spontanee risultano essere poco affidabili, essendo prodotte con frequenza alquanto variabile anche nel periodo centrale degli accoppiamenti (Fig. 11). I conteggi sono condotti dalle prime luci dell’alba (ore 4.30-5.00) fino in tarda mattinata, percorrendo i settori in cui l’area campione è stata divisa con tragitti di andata e ritorno lungo differenti isoipse, partendo sempre dal basso, per evitare doppi conteggi, data la traiettoria discendenti degli involi. Lungo l’itinerario prestabilito, l’osservatore si ferma di tanto in tanto per lanciare il canto preregistrato. Questi punti devono essere luoghi dominanti, che permettano il più possibile la diffusione del canto preregistrato, da un lato, e il facile ascolto delle emissioni vocali di risposta dei maschi, dall’altro. Tali luoghi dovrebbero essere spaziati tra di loro di 200-300 metri, a seconda dell’orografia del terreno. Ogni area campione è divisa in settori di superficie variabile tra i 50 e 80 ha, in modo tale che essi possano essere perlustrati nel corso di una mattinata da parte di un osservatore. Il canto preregistrato deve essere lanciato almeno quattro volte da ciascun punto prescelto, in direzione dei quattro punti cardinali, ed avere una durata di circa 15 secondi per - 68 - Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ... ciascuna emissione, con intervalli di ascolto di uguale durata. I maschi contattati dovranno essere divisi in: maschi solo uditi, maschi visti celibi, maschi visti accoppiati ed individui indeterminati (Tab. 2). Tutti gli individui visti soli che non abbiano emesso alcuna manifestazione vocale verranno considerati di sesso indeterminato (e divisi per due per il calcolo della densità, considerando un rapporto sessi di 1:1), mentre due individui visti insieme, anche se non hanno cantato, verranno sempre considerati come una coppia. Poiché anche la femmina può emettere delle emissioni vocali (che si differenziano da quelle del maschio per il fatto che la femmina non lancia l’ultima parte della strofa, tipica solo del maschio), nel caso di due individui visti insieme, entrambi cantori, verranno considerati come una coppia. Tutti i contatti uditivi e visivi, insieme con i punti da cui si è proceduto all’emissione del canto, verranno segnati su di una carta in scala 1:10.000 o 1:25.000 con una numerazione progressiva, mentre le caratteristiche di ciascuna osservazione verranno annotate sull’apposita scheda (vedi allegato 1). I dati dovranno essere registrati a seconda che i maschi abbiano cantato spontaneamente o in risposta allo stimolo del canto preregistrato (Bernard-Laurent, 1994a). Il numero totale di maschi sarà pertanto uguale al numero di maschi visti in canto + il numero di maschi solo sentiti + il numero di maschi visti accoppiati + la metà degli individui indeterminati. I contatti al canto sono rappresentati dai canti spontanei e dalle risposte al richiamo. Condizione necessaria per validare i risultati di un censimento di Coturnice è che almeno l’80% dei contatti siano ottenuti al canto, quindi gli individui osservati senza che abbiano emesso alcuna vocalizzazione non deve mai superare il 20%. Al di sotto della soglia dell’80% c’è il rischio che in quella determinata giornata una gran parte dei maschi non sia stata individuata a causa della scarsa attività canora. Anche la velocità delle risposte al richiamo è un indicatore della qualità del conteggio. Il numero dei maschi censiti è di solito un valore minimo (in condizioni favorevoli la sottostima è inferiore al 10 %). Per calcolare la densità e consentire il confronto tra aree, il numero dei maschi osservati non è riferito alla superficie dell’area effettivamente censita, perchè questa varia da un anno all’altro a seconda dell’innevamento del giorno del censimento. La densità viene invece calcolata sulla superficie della fascia di quota che circoscrive l’intero habitat della specie durante il periodo della riproduzione (1 maggio - 31 agosto) (Bernard-Laurent, 1994a). Al termine dell’attività di conteggio il coordinatore delle operazioni di censimento ha cura di raccogliere le schede e le cartine di tutti gli osservatori, facendo un confronto tra i dati raccolti in settori contigui, al fine di evitare doppi conteggi e di preparare una scheda riassuntiva che riporta il numero totale di maschi ossercensimento ha anche il compito di redige- - 69 - Rotelli L. Fig. 11. Maschio di Coturnice incuriosito dall’emissione del canto preregistrato mediante il magnetofono. Poiché il canto spontaneo dei maschi di Coturnice è generalmente alquanto irregolare, la sua stimolazione è necessaria, perché i maschi possano essere localizzati (foto Giovanni Pelucchi). re una breve relazione in cui sono sintetizzate informazioni volte ad inquadrare le operazioni censuali, come ad esempio le condizioni atmosferiche, il grado di innevamento e la fenologia della vegetazione. ha in primavera all’interno di ciascuna area di gestione. I dati qui di seguito esposti si riferiscono solo alle tre aree censite per l’intero periodo. La grandezza media delle aree censite è stata di 420 ha nel C.A. VCO 1 (area prealpina), di 466 ha nel C.A. VCO 2 e di 463 ha nel C.A. VCO 3 (queste ultime 2 entrambe in ambiente alpino). In questo periodo e su queste aree il numero dei maschi contattati è variato da un minimo di 6 ad un massimo di 15 nel C.A. VCO 1, da un minimo di 5 ad un massimo di 18 nel C.A. VCO 2 e da un minimo di 4 ad un massimo di 18 nel C.A. VCO 3. La densità dei maschi è variata da un minimo di 1,11 nel 2009 ad un massimo di 3,33 maschi/100 ha nel 2000 e nel 2004 nel C.A. VCO 1, da un minimo di 0,96 nel 2010 ad un massimo di 3,4 maschi/100 ha nel 1999 Risultati dei censimenti primaverili Utilizzando il metodo appena esposto, nel periodo 1999-2010 nei 3 Comprensori Alpini della Provincia del Verbano-CusioOssola sulle Alpi piemontesi, sono state censite tre aree, una per ciascun Comprensorio con lo scopo di quantificare la consistenza delle popolazioni per la pianificazione dell’attività venatoria. A partire dal 2008 sono state inoltre aggiunte altre tre aree, per soddisfare i criteri dimensionali imposti dalle “Linee guida per il monitoraggio e la ricognizione faunistica della Tipica Fauna Alpina in Regione Piemonte”, che imponevano di censire almeno 1000 Fig. 13. Setter in ferma su coturnici. Per poter svolgere efficacemente questa attività è necessario avere a disposizione cani ben addestrati e cacciatori motivati ed appassionati: un connubio non facile da trovare oggigiorno. Una componente venatoria collaborativa la si ottiene soltanto se, chi organizza queste attività dimostra competenza e partecipa in prima persona al lavoro sul campo, facendo poi tornare al mondo venatorio un feedback di informazioni e conoscenze necessarie per interessarlo e coinvolgerlo sempre più (foto Giacomo Giorgi). - 70 - Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ... nel C.A. VCO 2 e da un minimo di 0,77 nel 2010 ad un massimo di 3,4 maschi/100 ha nel 2007 nel C.A. VCO 3 (Fig. 12). In tutte le aree la densità è diminuita drasticamente a partire dal 2009, dopo l’inverno molto nevoso del 2008-2009, che ha provocato il dimezzamento delle popolazioni in tutte e tre le aree censite. Dati analoghi sono stati raccolti sulle Alpi francesi, dove Bernard-Laurent (1984; 1987) ha trovato densità comprese tra 0,5 e 3,7 maschi/100 ha. Bocca (1990) in Valle d’Aosta ha invece trovato densità oscillanti tra 1 e 8,5 maschi/100 ha, dove però le densità più elevate sono state riscontrate in aree di superficie inferiore ai 100 ha e poi estrapolate. Esecuzione pratica del censimento estivo con l’ausilio di cani da ferma ed esposizione dei risultati Il metodo normalmente utilizzato per la raccolta di dati sul successo riproduttivo della Coturnice prevede l’utilizzo di cani da ferma ben dressati (Fig. 13) durante il mese di agosto nel periodo compreso tra il 5 ed il 20, periodo in cui la maggior parte delle nidiate è già atta al volo, la mortalità dei giovani si è già in gran parte verificata e i giovani sono ancora facilmente distinguibili dagli adulti. Il metodo è stato ampiamente descritto da diversi autori: Léonard (1992) per le Alpi francesi, Zbinden (1987) per le Alpi svizzere e Bocca (1987 e 1990) per quelle italiane. Individuate le aree da censire, queste vengono suddivise in settori e affidate ad una squadra composta da due cacciatori, ciascuno accompagnato da un cane (considerata l’importanza di un continuo collegamento fra conduttore e ausiliare) e da una guardia, il cui compito deve essere quello di compilare la scheda di campo (vedi allegato 2) e di coordinare l’azione dei due conduttori con i loro cani durante l’ispezione del proprio settore, garantendo così una perlustrazione metodica ed esaustiva. Il settore deve essere sempre coperto con tragitti di andata e ritorno lungo le linee di livello dal basso verso l’alto a causa della traiettoria discendente degli involi. La dimensione dei singoli settori può variare da un minimo di 20-30 ettari ad un massimo di 50-60 ettari, a seconda della topografia e del tipo di vegetazione presente. Per una buona riuscita del censimento è necessario poter stabilire l’appartenenza a classi di sesso ed età degli uccelli alzati: per questo motivo è necessario potersi avvalere di cani da ferma ben dressati, prudenti, con solida ferma, condizione indispensabile per permettere ai loro conduttori di potersi avvicinare convenientemente e quindi di far involare i selvatici a breve distanza, consentendo l’opportuno riconoscimento. Per quanto riguarda l’orario, i censimenti estivi ai galliformi alpini dovrebbero cominciare non prima delle 8-8.30, per dar modo agli uccelli di ultimare la prima fase dell’attività alimentare, permettendo loro di lasciare segnali olfattivi su una superficie più estesa rispetto a quella dove - 71 - Rotelli L. hanno trascorso la notte. In pratica però occorre mediare fra l’efficienza dei cani (minima nelle ore centrali del giorno in presenza di temperature medio-alte) e il comportamento degli uccelli: nel caso della Coturnice, che frequenta anche d’estate versanti molto soleggiati, appare opportuno anticipare l’inizio del censimento tra le 6.00 e le 7.00 del mattino per dar modo ai cani di lavorare nelle ore più fresche. I principali parametri riproduttivi ricavabili dai censimenti estivi nel caso della Coturnice sono i seguenti: - numero totale di femmine con nidiata; - numero medio di pulli per nidiata; - numero totale di adulti senza nidiata; - indice riproduttivo (rapporto totale giovani/totale adulti); - % di giovani nella popolazione estiva; - sviluppo dei giovani, sulla base classi di dimensione precisate sulle schede di campo. Per la Coturnice va chiarito l’uso dei termini “volo”/”brigata” (gruppo di individui adulti) e “nidiata” (giovani, solitamente accompagnati da un adulto): la presenza di gruppi di soli adulti in estate (femmine senza giovani oppure di maschi) è spesso sottovalutata o ignorata in ambito venatorio e l’errata interpretazione di alcuni avvistamenti porta ad un calcolo falsato del successo riproduttivo. E’ opportuno a questo proposito sottolineare la difficoltà di attribuzione di singoli individui a categorie di età nel caso di nidiate con giova- ni già ben sviluppati (oltre i 2/3 delle dimensioni degli adulti) (Bocca, com. pers.). Questo giustifica la scelta di non protrarre i censimenti estivi oltre il termine del 20 agosto, salvo eccezioni dovute all’andamento meteorologico stagionale. Risultati dei censimenti estivi Utilizzando i criteri appena espressi, nel periodo 1998-2010 nel C.A. VCO 1 sono state trovate 151 nidiate di Coturnice, in media 12 all’anno. Il numero medio di pulli per nidiata è variato da un minimo di 3 nel 1998 ad un massimo di 5,38 nel 2003, mentre nei 13 anni di indagine è stato in media di 4,46. L’indice riproduttivo è invece oscillato da un minimo di 0,93 nel 1998 ad un massimo di 3,31 nel 2003, in media 1,68 per l’intero periodo. La percentuale di giovani nella popolazione ha invece registrato valori compresi tra un minimo del 48,08 nel 1998 ed un massimo del 76,79 nel 2003, con un valore medio del 62,72%. Nel C.A. VCO 2, sempre nello stesso periodo, sono state trovate 150 nidiate di Coturnice, in media 12 all’anno. Il numero medio di pulli per nidiata è variato da un minimo di 3 nel 2002 e nel 2003 ad un massimo di 5 nel 2009, mentre nei 13 anni di indagine è stato in media di 4,53. L’indice riproduttivo è invece oscillato da un minimo di 0,32 nel 2002 ad un massimo di 2,76 nel 2004, in media 1,53 per l’intero periodo. La percentuale di giovani nella popolazione ha invece registrato valori compresi tra un minimo del 24 nel 2002 - 72 - Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ... Tab.2 Tipologia d’osservazione durante i censimenti primaverili di Coturnice Fig. 12. Densità primaverile della Coturnice, espressa come numero di maschi/100 ha, nei 3 Comprensori Alpini della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola nel periodo 1999-2010 - 73 - Rotelli L. Fig. 14. Grandezza delle nidiate di Coturnice (N = 460) osservate nei 3 Comprensori Alpini della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola nel periodo 1998-2010, durante l’esecuzione dei censimenti estivi con cani da ferma in agosto. Fig. 15. Successo riproduttivo della Coturnice, espresso come numero totale di giovani/numero totale di adulti, nei 3 Comprensori Alpini della Provincia del VerbanoCusio-Ossola nel periodo 1998-2010, durante l’esecuzione dei censimenti estivi con cani da ferma in agosto. - 74 - Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ... ed un massimo del 73,44 nel 2004, con un valore medio del 60,44%. Nel C.A. VCO 3, sempre nello stesso periodo, sono state trovate 159 nidiate di Coturnice, in media 12 all’anno. Il numero medio di pulli per nidiata è variato da un minimo di 3 nel 2005 ad un massimo di 5 nel 2000 e nel 2004, mentre nei 13 anni di indagine è stato in media di 4,52. L’indice riproduttivo è invece oscillato da un minimo di 0,87 nel 2002 ad un massimo di 4,2 nel 1998, in media 2,64 per l’intero periodo. La percentuale di giovani nella popolazione ha invece registrato valori compresi tra un minimo del 46,43 nel 2002 ed un massimo dell’80,77 nel 1998, con un valore medio del 72,55%. Sono state trovate complessivamente 460 nidiate (Fig. 14), in media 35 all’anno, per un totale di 2072 piccoli. La grandezza media delle nidiate, a livello dell’intera Provincia del Verbano-Cusio-Ossola, è stata di 4,5 piccoli, mentre l’indice riproduttivo ha avuto un valore medio di 1,85, con oscillazioni tra un minimo di 1,15 nel 2002 ad un massimo di 2,9 nel 2003 (Fig. 15). Proposte di tutela e di gestione Pianificazione dei programmi di monitoraggio Appare importante creare una rete di organizzazioni che si occupi della pianificazione del monitoraggio della Coturnice e dei tetraonidi a livello di arco alpino italiano, sotto la conduzione di una regia condivisa, con l’obiettivo di creare una banca dati in cui convergano tutte le informazioni relative alle attività censuali. Si tratta di un’esperienza già condotta con successo da anni in Francia, dove è in funzione l’Observatoire des Galliformes de Montagne (OGM) che coordina l’attività di ben 25 partner diversi (21 membri effettivi e 4 invitati permanenti), tra cui l’Office National de la Chasse et de la Faune Sauvage, l’Office National des Forêt, 4 Parchi Nazionali, 6 Parchi Naturali Regionali, 2 Riserve Naturali, 14 Federazioni Dipartimentali di Cacciatori, ed altri ancora. Questo gruppo di enti si occupa non solo di pianificare, coordinare ed eseguire le attività censuali, ma coordina anche la raccolta di informazioni sull’impatto della mortalità dei cavi aerei, l’organizzazione dell’attività dei miglioramenti ambientali e dell’attività venatoria. Gestione dell’ambiente Il mantenimento delle attività agropastorali è il mezzo migliore per garantire ambienti vocati alla presenza della Coturnice. La riduzione ed il peggioramento qualitativo degli habitat di svernamento posti a bassa e media quota rappresentano attualmente il fattore limitante più importante per la Coturnice sulle Alpi. La tutela di quelli rimasti e il ripristino di quelli che ormai hanno perso la loro vocazionalità originale costituiscono pertanto gli obiettivi primari da perseguire nell’ottica della conservazione a lungo termine di questo fasianide. Tra le misure più importanti da adottare per raggiungere questo - 75 - Rotelli L. scopo, si ricorda il ripristino del pascolo, in particolar modo quello caprino, di aree ormai abbandonate o sottoutilizzate. Secondo Bocca (1990) è consigliabile evitare il più possibile di caricare eccessivamente tali aree, in quanto è sufficiente un’azione di brucatura atta a favorire il ricaccio delle piante erbacee e a contenere lo sviluppo della vegetazione arbustiva, inoltre il pascolo ovino dovrebbe essere limitato ai mesi tardo-estivi ed autunnali. Nel caso in cui lo sfalcio dell’erba o la pressione del pascolo siano ormai insufficienti a controllare l’invasione degli arbusti è possibile ricorrere ad un decespugliamento manuale o meccanico o alla pratica del debbio, molto utilizzato sulle Alpi francesi (Bernard-Laurent, 1994b). Un ulteriore aiuto può venire dall’impianto di colture cerealicole a perdere in quanto in grado di apportare un importante supplemento di nutrimento. Tale attività sarebbe comunque da intraprendere inizialmente a titolo sperimentale, allestendo alcuni seminativi su terreni incolti, ubicati in località ritenute ancora idonee per lo svernamento della Coturnice, con l’obiettivo di valutarne la reale efficacia. montuoso) e la determinazione dell’indice di riproduzione calcolato in estate con l’aiuto di cani da ferma attraverso il conteggio delle nidiate e degli adulti senza giovani. L’attività venatoria dovrebbe essere possibile solo nel caso in cui le densità primaverili siano superiori a 1 maschio/100 ha ed il successo riproduttivo in estate superiore ad 1. Tuttavia perché questi dati possano essere di effettivo aiuto nella pianificazione è necessario che la loro raccolta sia il più possibile standardizzata ed eseguita da personale con una adeguata qualifica e preparazione. Oltre alle informazioni relative alla dinamica di popolazione, vi sono poi alcuni provvedimenti relativi all’esercizio dell’attività venatoria, la cui adozione può avere un effetto positivo nel ridurre la pressione di caccia e che possono essere così riassunti: Gestione dell’attività venatoria - creazione di un sistema di aree chiuse all’esercizio venatorio, distribuite sul territorio in corrispondenza delle zone caratterizzate ancora da un elevato livello di vocazionalità per la specie (in particolar modo se facilmente accessibili), in quanto in grado di garantire ancora un alto tasso riproduttivo delle popolazioni presenti, rispetto a quanto accade in aree meno vocate; Nella pianificazione dell’attività venatoria, il calcolo del prelievo deve essere fatto a partire dalla conoscenza della densità della popolazione maschile ottenuta attraverso il conteggio dei maschi al canto in primavera su di una unità territoriale di riferimento (una vallata, un massiccio - limitazione del periodo di caccia al solo mese di ottobre. Questo provvedimento è di particolare importanza per la Coturnice, che in seguito alle prime nevicate del mese di novembre tende ad abbandonare le zone di riproduzione per abbassarsi in quelle di svernamen- - 76 - Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ... to, rendendola più vulnerabile all’attività venatoria; - limitazione dell’uso di veicoli a motore per il raggiungimento delle aree di caccia; - specializzazione del cacciatore, al quale dovrebbe essere permesso l’esercizio di una sola forma di caccia; - possibilità di abbattere due capi di tipica fauna alpina al giorno, ma appartenenti a specie diverse; - posticipazione dell’apertura alla stanziale e alla migratoria, prevista per la terza domenica di settembre, all’inizio di ottobre, in concomitanza con l’apertura ai galliformi alpini e alla lepre bianca; - divieto dell’uso del beeper per la ricerca del cane, sia per la caccia ai galliformi alpini che alla beccaccia. Tutela dell’integrità genetica e sanitaria delle popolazioni è estremamente importante mantenere intatto il patrimonio genetico delle popolazioni autoctone di Coturnice evitando qualsiasi lancio di Pernice rossa e di chukar, per due motivi fondamentali. Da un lato per evitare i rischi di incrocio con la Coturnice, dall’altro per scongiurare la trasmissione di diverse patologie parassitarie potenzialmente molto dannose per le sue popolazioni. Letteratura citata Bernard-Laurent A., 1987. Démographie comparée d’une population de Perdrix bartavelle (Alectoris graeca saxatilis) ed d’une population d’hybrides (A.g. saxatilis x A. rufa rufa) dans les Alpes-Maritimes. Re. Ecol. (Terre Vie), suppl. 4. Bernard-Laurent A., 1994a. Méthode de dénombrement des perdrix bartavelles mâles au chant et presentation des resultats. Supplément Bulletin Mensuel n° 193, Fiche n° 79, 6 p. Bernard-Laurent A., 1994b. Plan de restauration pour la perdrix bartavelle (Alectoris graeca saxatilis) en France – Mesures de protection et de gestion. Gibier Faune Sauvage Game and Wildlife, Vol. 11 (H.S. Tome 1): 309-320. Bernard-Laurent A., Laurent J.L., 1984. Méthode de recensement des perdrix bartavelles (Alectoris graeca saxatilis Bechstein 1805) au printemps; applications dans les Alpes-Maritimes. Gibier Faune Sauvage, Game Wildl., 4: 69-85. Bocca M., 1990. La Coturnice Alectoris graeca e la Pernice Bianca Lagopus mutus in Valle d’Aosta. Distribuzione, ecologia, dati riproduttivi e gestione. Assessorato regionale all’agricoltura, foreste e ambiente naturale. Regione Autonoma Valle d’Aosta. Comitato regionale caccia della Valle d’Aosta: 76 p. Léonard P., 1992. Méthode de dénombrement des galliformes de montagne en été avec chiens d’arrêt et présentation des resultats. Supplément Bulletin Mensuel n° 172, Fiche n° 76, 11 p. Rotelli L. 2006. Fattori limitanti e cause di declino dei galliformi alpini in Italia: implicazioni gestionali - 77 - Rotelli L. e di conservazione. 108-129. In: AAVV., 2006 – Atti del Convegno “I galliformi alpini. Esperienze europee di conservazione e gestione”, Torino, 28 novembre 2006. 194 pp. Regione Piemonte, Assessorato Agricoltura, Tutela della Fauna e della Flora. Rotelli L., 2011. Il monitoraggio primaverile ed estivo dei galliformi alpini, Fagiano di monte, Pernice bianca e Coturnice: metodologie di censimento ed esposizione dei risultati. Provincia Autonoma di Trento, Servizio Foreste e Fauna. Rotelli L., 2014. I miglioramenti ambientali degli habitat riproduttivi del Fagiano di monte (Tetrao tetrix) sulle Alpi. Provincia Autonoma di Trento, Dipartimento Territorio Foreste e Ambiente. In stampa. Rotelli L., Bocca M., 2004. Proposte per la gestione dei galliformi sulle Alpi occidentali italiane. In Brugnoli A. e Zamboni U.: - Atti del Seminario Esperienze di Gestione dei Galliformi di montagna con particolare riferimento alla programmazione venatoria -, Trento, 10 luglio 2003: 61 p. Associazione Cacciatori della Provincia di Trento. Zbinden N., 1987. Zum Aufzuchterfolg des Birkhuhns Tetrao tetrix im Tessin. Ornithol. Beob., 84: 4961. Allegato 1 Allegato 2 - 78 - Status e conservazione della Coturnice: 80-91, 2014 Competenze dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito del progetto: “Urgent actions for the conservation of Alectoris graeca whitakeri” Guido R. LORIA, Giusi MACALUSO, Claudia MANNO, Andrea VALENZA Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia - 90129 Palermo, Via G. Marinuzzi, 3 [email protected] L’attività dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, nell’ambito delle azioni previste dal progetto, si è sviluppata in due diverse azioni: la prima, volta a conoscere il profilo genetico della sottospecie siciliana che ancora nidifica nel comprensorio della ZPS ITA010029 in cui ricadono Capo San Vito, Monte Sparacio e Monte Cofano, la seconda, utile a controllare e mantenere lo stato di salute di un gruppo selezionato di soggetti di Alectoris graeca whitakeri da avviare alla riproduzione in cattività. Gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali sono oggi gli enti istituzionalmente preposti alla sorveglianza e al controllo dello stato di salute delle specie selvatiche che, nel moderno concetto di “Global Health”, interagiscono a livello ambientale con le specie domestiche e con l’uomo, entrando di diritto nel più ampio campo della Sanità Pubblica. Esempi dei rischi legati a questa interazione, sono rappresentati dalle recenti epidemie di influenza aviare che hanno raggiunto le coste del Catanese, dai paesi asiatici e dalla Russia, con le stagionali migrazioni di cigni reali. Ancora abbiamo assistito al comparire di malattie sino ad oggi esotiche, come la West Nile Disease, identificata in inspiegabili casi di mortalità di equini della provincia di Trapani. Anche questa malattia è legata all’ecologia di specie selvatiche serbatoio, quali gli uccelli acquatici che, tramite vettori ematofagi, trasmettono il virus ai cavalli e anche all’uomo. Uno dei compiti dell’IZS della Sicilia, nell’ambito progetto LIFE+ “SICALECONS”, finanziato per la conservazione della coturnice di Sicilia, è stato quindi verificare “l’integrità genetica” del taxon (azione A5), investigando sul maggior numero possibile di esemplari e/o campioni. In passato è documentata l’introduzione arbitraria, da parte di privati e/o associazioni venatorie, di altre specie e sottospecie a rischio ibridizzazione con Alectoris graeca withakeri, la cui riconosciuta maggiore prolificità ed adattamento agli ambienti mediterranei, può aver inquinato il genotipo endemico e tra queste, ad esempio, Alectoris chukar (Randi et al., 2003; Barbanera et al., 2007, 2009) - 79 - Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ... Le attività hanno previsto una indagine genetica su campioni biologici raccolti nell’area protetta, riferibili dal punto di vista morfologico al genere Alectoris. gne oggetto dell’azione di conservazione che, periodicamente, presso i 2 centri di allevamento ubicati a Monte Inici: Fossa del Bue e Case Alliata (Foto: 1, 2, 3, 4). Dall’inizio del progetto fino al Settembre 2011, sono stati organizzati dei sopralluoghi “preliminari” utili a reperire materiale di riferimento (campioni di penne e feci di soggetti confermati come Alectoris graeca witakeri all’esame fenotipico). Dal 12 settembre 2011 al 11 maggio 2012 l’attività di campo è stata finalizzata alla realizzazione della mappa genetica di Alectoris graeca whitakeri. L’azione A5, completata nel mese di Maggio, ha previsto oltre 30 sopralluoghi nell’area del progetto, con l’obiettivo di raccogliere materiale sufficiente alle valutazioni di laboratorio sia nelle tre monta- Alcuni esemplari presenti all’interno della ZPS, sono stati catturati per poter dare avvio al futuro programma di allevamento in cattività o, viste le procedure adottate, in semilibertà (azioni A6 ed A7) con soggetti sicuramente “identificati” come biotipo endemico. Foto 1, 2, 3, 4: campionamenti effettuati nella ZPS (Monte Inici, Monte Cofano) - 80 - Loria G.R., Macaluso G., Manno C., Valenza A. I campionamenti sui soggetti catturati vivi venivano effettuati direttamente nelle gabbie, prevedendo protocolli rigorosi, limitandosi sia nei tempi che nelle manualità, garantendo sempre un elevato grado di welfare, tale da evitare stress e maltrattamenti a soggetti dal così alto valore conservazionistico e di così limitato numero. Da ogni esemplare venivano pertanto campionate piume e feci utili all’estrazione di cellule integre, come residui di eritrociti presenti nel calamo di piume e penne ed epiteli intestinali eliminati con le feci, da cui poter estrarre il DNA. Tali azioni sono state sviluppate sino ad oggi grazie all’assistenza tecnica degli operatori dell’Azienda Foreste Demaniali, sia degli esperti acquisiti con i fondi del progetto: un naturalista ed un biologo molecolare, che hanno prelevato campioni compatibili con quelli di Alectoris graeca whitakeri dalle aree identificate, sviluppato i metodi di analisi e messo a punto Fig. 5. Regione di controllo del DNA mitocondriale (D-loop) presa in esame per le indagini genetiche un efficace protocollo di PCR gene specifica e di sequenziamento genico opportunamente validato. Tutto ciò è stato reso possibile anche grazie alla collaborazione dell’Università di Palermo (Prof. Mario Lo Valvo) e dell’Università di Pisa (Prof. Filippo Barbanera). Il metodo per l’identificazione del tipo endemico ha presentato particolari criticità, sia per la scarsa maneggevolezza dei campioni da analizzare, per la rapida degradazione/contaminazione alla quale i campioni di feci vanno facilmente incontro, sia per l’esiguità del materiale genetico (DNA) in essi contenuto. L’approccio biomolecolare per lo studio dell’analisi genetica ha preso in considerazione, per la caratterizzazione del DNA della sottospecie siciliana, l’identificazione di un marcatore molecolare idoneo a fornire le informazioni richieste: il DNA mitocondriale. La scelta della sequenza del DNA mitocondriale è giustificata dalla sua variabilità ed assenza di ricombinazione. Le regioni del genoma mitocondriale considerate per lo screening sono state il D-loop (mitochondrial control-region, mtDNA CR) ed il gene mitocondriale della Citocromo c ossidasi I (COI) Il D-loop in Alectoris graeca consta di circa 1155 bp, (Fig.1) ed è la porzione maggiormente variabile del DNA mitocondriale (mtDNA), sia in termini di sostituzioni nucleiche, brevi inserzioni/delezioni, sia riguardo al numero variabile di tandem repeats (VNTRs). Il gene della Citocromo c - 81 - Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ... Tab. 1. Risultati delle PCR D-loop eseguite Fig. 6. Dendrogramma generato a partire dalle sequenze della regione controllo D-loop - 82 - Loria G.R., Macaluso G., Manno C., Valenza A. ossidasi I è utile per la determinazione del DNA-barcoding per l’identificazione di particolari specie animali, e in particolare per la discriminazione delle specie di uccelli. (Randi et al., 1996, 1998) Le due regioni del genoma considerate, nonostante siano altamente conservate per struttura, dimensioni ed organizzazione, mostrano una notevole variabilità a livello di determinate sequenze nucleotidiche, che le rendono regioni altamente polimorfiche e, di conseguenza, ottimi marcatori molecolari. L’analisi di queste molecole avviene per sequenziamento parziale o totale e analisi SNP (Single Nucleotide Polymorphisms, cioè variazioni del materiale genico a carico di un unico nucleotide) di mutazioni informative. Nella mattinata si è discusso grazie al contributo dei colleghi dell’Università di Pisa, dei marcatori molecolari per lo studio della variabilità genetica, e si è potuto constatare che tra i marcatori molecolari, il DNA mitocondriale rappresenta quello elettivo. Il DNA mitocondriale è altamente polimorfico ed è conservato dal punto di vista evolutivo, non soggetto a selezione e per tale motivo è stato quello prescelto anche dalle nostre indagini. Una volta estratto il DNA, si è eseguita una semi nested PCR (snPCR) del gene DLoop (Guerrini e Barbanera, 2009). I prodotti di amplificazione risultati positivi sono stati sottoposti a reazione di sequenza, mediante sequenziatore ABI PRISM 3130 Genetic Analyzer (Applied - 83 - Biosystems®), e le sequenze ottenute sono state analizzate mediante l’impiego del programma BioEdit Sequence Alignment Editor e caricate sul portale BLAST (http:// blast.ncbi.nlm.nih.gov/Blast.cgi) per l’interrogazione del database. Il metodo utilizzato per l’amplificazione del DNA era quello già disponibile in letteratura (Randi e Lucchini, 1998; Randi et al., 2003; Guerrini e Barbanera, 2009) modificato in alcuni passaggi; per l’estrazione, invece, sono stati utilizzati kit commerciali già suggeriti dai protocolli di riferimento. La tabella 1 riportata di seguito mostra il totale dei campioni analizzati: è possibile osservare che su 252 campioni di feci, un’alta percentuale ha dato esito positivo, così come su 44 campioni di piume 30 hanno reagito positivamente alla PCR DLoop. Le sequenze dei campioni che sono risultati positivi alla PCR, ricadono nei comuni aplotipi di Alectoris graeca whitakeri registrati nei SPI e presenti in bibliografia, senza l’evidenza di eventuali differenze significative nei livelli di variabilità genetica nei vari campionamenti, alle analisi di sequenza effettuate Si riporta il primo albero filogenetico della specie, realizzato grazie al progetto, in cui si osserva che le sequenze dei campioni analizzate cadono all’interno dei cluster Alectoris graeca (Fig.2). L’altro compito dell’IZS nel progetto è stata la valutazione del benessere dei soggetti catturati e la certificazione del loro Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ... stato di salute, prevedendo attività sia in campo che in laboratorio (Azione E4). L’azione ha previsto visite cliniche, prelievo di campioni biologici dalle coturnici e test di laboratorio utili alla diagnosi di eventuali patogeni. Tale azione ha seguito e seguirà tutto il percorso del progetto, da quando gli animali sono stati introdotti in allevamento sino ad oggi. relative chiavi di lettura. L’ IZS ha fornito inoltre i test microbiologici, di Biologia Molecolare e ulteriori altri metodi (Istopatologia, Immunofluorescenza, Microscopia elettronica) utili ad identificare tutte le noxae sospettate durante le visite cliniche o autopsie. I metodi di laboratorio hanno sempre seguito gli standards dell’ OIE (Manuale OIE 2012). Animali destinati alla cattività o “semilibertà” sono potenzialmente piu’ esposti al rischio di contrarre patologie rispetto ai selvatici, vista la stretta convivenza di numerosi soggetti in poche decine di metri quadrati, dove un’alta concentrazione nelle lettiere o nell’ambiente di patogeni “generalmente opportunisti”, potrebbe facilitare il rischio di una trasmissione orizzontale di malattie, al punto da portare a morte i soggetti stabulati. Le visite cliniche sono state condotte su un totale di 13 soggetti, catturati nel corso dell’anno 2011-2013 e inseriti presso i due centri di allevamento di Monte Inici (Voliera 1 e 2 Località Fontanelle-Case Alliata; Voliere 3-10 Località “Fossa del Bue”) : I test di laboratorio sono stati quindi indirizzati al controllo delle malattie infettive e parassitarie, che potrebbero rappresentare un ostacolo per futuri programmi di conservazione per l’allevamento di specie selvatiche. Le malattie monitorate hanno incluso: malattie parassitarie da Artropodi, Protozoi, Nematodi, Cestodi, malattie infettive, nonché patogeni emergenti come Cryptosporidium meleagridis (Pagès-Mantè et al., 2007). I campioni fecali sono stati processati per flottazione e relativa conta totale, a questo seguiva lo studio morfologico di tutte le uova, larve o adulti presenti nei campioni e classificazione in base alle - 84 - Tutti gli individui esaminati, ad eccezione di un soggetto che presentava la frattura dell’ala dx, si presentavano sani dopo la cattura, con piumaggio integro e con la caratteristica livrea da adulti, non presentavano segni di patologie in atto né imbrattamento fecale pericloacale, gli arti ed il becco erano ben pigmentati. Dopo circa un mese dall’introduzione, venivano a morte n° 2 soggetti appartenenti rispettivamente alle voliere 1 e 5. Veniva pertanto effettuato un esame necroscopico (Taccini et al., 2006) in cui si riscontrava un avanzato stato di dimagramento nei soggetti posti in esame, anemia e ad un attento esame della cute si evidenziava una massiva infestazione da ectoparassiti, identificati come Goniodes colchici (Sèguy, 1944). Un terzo soggetto veniva rinvenuto morto ad oltre 3 mesi dall’introduzione in cattività. Loria G.R., Macaluso G., Manno C., Valenza A. Le cause di morte di questi esemplari sono state indagate nei laboratori dell’IZS della Sicilia: un esemplare maschio è deceduto per aggressività da parte del compagno di voliera. Un secondo esemplare è deceduto in seguito ad una forma cronica di colibacillosi, probabilmente acquisita durante la vita selvatica. Un terzo soggetto ha evidenziato una severa polmonite micotica (aspergillosi). Ulteriori esami di laboratorio (Istologia, Biologia Molecolare) sono tutt’ora in corso. Esami parassitologici: Tutti i soggetti venivano esaminati per l’eventuale presenza di parassiti intestinali tramite flottazione del materiale fecale per la ricerca di uova e oocisti, sia tramite osservazione dei parassiti adulti nel contenuto intestinale. Sul totale dei 10 soggetti inseriti nell’allevamento, tutti i campioni risultavano positivi per coccidiosi, con infestazioni di vario grado e, in 2 gabbie (1 e 2), si registrava la presenza di uova e larve di Nematodi. I Nematodi sono stati identificati e classificati come appartenenti alla specie Ascaridia compar (Neveu-Le Marie,1936), per la prima volta evidenziato nella coturnice di Sicilia (Foto 5 e 6). A. compar è un parassita ampiamente diffuso nelle specie aviarie selvatiche, ma di cui poco si conosce in merito al suo impatto sui tassi vitali della specie (Rizzoli et al., 1997). In tre soggetti deceduti durante l’inserimento in cattività è stata inoltre evidenziata una massiva infestazione da cestodi, classificati come tenie appartenenti alla specie Raillietina tetragona (Khalil et al., 1994) (Foto 7, 8, 9, 10). Su campioni raccolti all’interno della gabbie non è però stato possibile risalire all’individuo di provenienza. La presenza di parassiti all’interno delle gabbie rappresenta sempre un rischio diretto per le coturnici, nonché una continua fonte di infestioni, che necessita di trattamenti estesi a tutti i soggetti presenti al loro interno. Foto 5 e 6: intestino di coturnice infestato da forme adulte di Ascaridia compar. Caratteristiche morfologiche dell’apparato buccale del parassita. - 85 - Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ... Foto 7, 8, 9, 10: aspetto cachettico della carcassa associato a massiva infestazione intestinale da Railletina tetragona. Caratteristiche morfologiche del parassita. Esami batteriologici I test di laboratorio per la ricerca di batteri patogeni sono stati volti ad accertare la eventuale presenza di patogeni sia sul pool di feci prelevate da ogni gabbia (Salmonella gallinarum pullorum, Salmonella typhimurium, Yersinia pseudotuberculosis, Pasteurella multocida), sia tramite colture microbiologiche da tessuti ed organi con lesioni sospette, a seguito delle autopsie dei soggetti deceduti. I test seguivano sempre i protocolli standard in uso presso l’IZS della Sicilia per l’isolamento batterico a mezzo di brodi ed agar selettivi. Un caso di mortalità (Voliera 5) relativo ad un soggetto che si presentava in pessimo stato di nutrizione, evidenziava all’apertura della cavità celomatica la presenza di numerosi noduli biancastri, di varie dimensioni (da pochi mm ad circa 2 cm), sulla superficie del fegato (Foto 11 e 12), riferibile ad una colibacillosi (DíazSánchez et al., 2013). L’esame microbiologico da tamponi effettuati in corso di necroscopia ha confermato la presenza di Escherichia coli patogeno, mostrando inoltre una concomitante massiva infestazione da tenie. Non sono stati identificati - 86 - Loria G.R., Macaluso G., Manno C., Valenza A. altri patogeni batterici di rilievo, oltre questo caso. Esami per miceti patogeni In uno dei tre casi di decesso spontaneo, avvenuto poche settimane dopo l’introduzione in cattività, in corso di necroscopia si riscontrava la presenza, in entrambi i polmoni, di lesioni a placca, di colore grigiastro, infiltranti e rilevate dal parenchima circostante. All’esame istologico la patologia è stata classificata come polmonite micotica, evidenziando all’esame istochimico, una massiva presenza di conidi ed ife fungine nel parenchima polmonare, la cui morfologia era riferibile ad Aspergillus fumigatus (Cacciuttolo et al., 2009). Esami virologici Tutti gli esami sin’ora condotti sui campioni provenienti dalle 3 carcasse, relativi a polmone, milza e cervello, hanno dato esito negativo per isolamento virale e alla RT-PCR per influenza aviare e Malattia di NewCastle. Trattamenti dei soggetti in cattività Il riscontro di patologie a carattere infestivo e diffusivo nelle coturnici stabulate, ci ha immediatamente indotto ad effettuare trattamenti specifici, sia diretti sull’animale che tramite cibo o acqua di bevanda. Per gli ectoparassiti (mallofagi), identificati in tre soggetti stabulati, tra cui un caso con massiva infestazione, tutti gli uccelli sono stati trattati con alcune gocce (50 µl) di Ivomec (Avermectine) poste sul capo (“pour on”). Per gli endoparassiti in- Foto 11, 12: Apertura della cavità celomatica: lesioni granulomatose sulla superficie del fegato; colonie di E.coli su terreno selettivo (BGA). vece, dal mese di gennaio 2012, i soggetti sono stati trattati con Tetramisole 10%® buste ed Aviochina® soluzione. Il Tetramisole, alla posologia di 3gr/litro di acqua, è indicato nel trattamento delle infezioni da nematodi, l’Aviochina, somministrata per 5 gg nell’acqua di bevanda, alla con- - 87 - Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ... Foto 13, 14, 15, 16: polmone di coturnice con lesioni nodulari da Aspergillus fumigatus; la stessa lesione all’esame istologico (Ematossilina Eosina 200 e 400X) ed immunoistochimico (colorazione Grocott). centrazione di 5g/4litri, invece è indicata per il controllo delle coccidiosi nei volatili. Il trattamento con Aviochina veniva effettuato quando, agli esami parassitologici, si osservava un numero di oocisti superiore a 3-4 unità per campo. Entrambi questi farmaci posseggono una rapida azione, trovando anche largo impiego come trattamento antistress nei broilers. Come prima esposto, uno dei soggetti introdotti nell’allevamento, all’esame clinico evidenziava, appena catturato, una frattura esposta al terzo distale del radio-ulna con coinvolgimento dell’articolazione del carpo. Il soggetto, portato in una clinica veterinaria, è stato sottoposto, dopo le indagini radiografiche ed adeguata anestesia, ad intervento chirurgico per ridurre la frattura. Successivamente è stato rilasciato nella gabbia n. 2, mostrando, 4 settimane dopo l’intervento, la totale guarigione dal trauma. - 88 - Loria G.R., Macaluso G., Manno C., Valenza A. Foto 17 e 18: trattamento con anticoccidico diluito nell’acqua da bere e trattamento con avermectine “pour on” contro gli ectoparassiti. Altre indagini In collaborazione con gli esperti faunistici (Prof. Mario Lo Valvo) si stanno valutando altre carcasse (n° 12) in collezione presso i congelatori dell’Università di Palermo, provenienti da aree protette siciliane e rinvenute morte occasionalmente nell’anno 2011. Nei primi 3 casi esaminati, rispetto a quanto osservato nei soggetti catturati nella ZPS di Castellammare, le cause di mortalità sono attribuibili maggiormente alle difficoltà ambientali ed al denutrimento. In questi casi la morte non è stata quindi causata da malattie parassitarie o infettive, ma è legata all’impossibilità da parte di questi soggetti di avere accesso al cibo (probabilmente per il sempre piu’ frequente disturbo antropico). Le azioni sono ancora in corso per poter fornire ulteriori dati, fondamentali per le future attività di conservazione della specie in Sicilia, rappresentando a ragione un modello da seguire per altre specie dall’alto valore conservazionistico a rischio nella Regione Sicilia. Ringraziamenti Si ringraziano tutti i colleghi che hanno contribuito alla realizzazione del progetto ed in particolare: il Dr. Santo Caracappa capodipartimento Aree Territoriali Sicilia Occidentale, il Dr. Fabrizio Vitale ed il Dr. Stefano Reale dirigenti dell’Area di Biologia Molecolare, la Dr. Annalisa Guercio responsabile dell’Area di Diagnostica Virologica e per l’Amministrazione, il Dr. Maurilio Mazzarisi, oltre a tutto il personale tecnico che ci ha sempre fattivamente collaborato per le competenze amministrative. Letteratura citata Barbanera F., Guerrini M., Khan A.A., Panayides P., Hadjigerou P., Sokos C., Gombobaatar S., Samadi S., Khan B.Y., Tofanelli S., Paoli G., Dini F., 2009. Human-mediated introgression of exotic chukar (Alectoris chukar, galliformes) genes from East Asia into native Mediterranean partridges. Biol Invasions, 11: 333-348 - 89 - Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ... Barbanera F., Guerrini M., Hadjigerou P., Panayides P., Sokos P., Wilkinson P., Khan A.A., Khan B.Y., Cappelli F., Dini F., 2007. Genetic insight into Mediterranean chukar (Alectoris chukar, Galliformes) populations inferred from mitochondrial DNA and RAPD markers. Genetica. 131: 287-298 Cacciuttolo E., Rossi G., Nardoni S., Legrottaglie R., Mani P., 2009. Anatomopathological aspects of avian aspergillosis. Vet Res Commun., 33: 521-527. Díaz-Sánchez S., López A., Gamino V., Sánchez S., Ewers C., Höfle U., 2013. A colibacillosis outbreak in farmed red-legged partridges (Alectoris rufa). Avian Disease, 57: 143-146. Guerrini M., Barbanera F., 2009. Noninvasive Genotyping of the Red-Legged Partridge (Alectoris rufa, Phasianidae): Semi-Nested PCR of Mitochondrial DNA from Feces. Biochemical Genetics, 47: 873-883. Khalil L.F., Jones A., Bray R.A., 1994. Keys to the Cestode Parasites of Vertebrates. CAB International editor. UK Neveu-Lemarie M., 1936. Traitè d’helminthologie Mèdicale et vétérinarie. Vigot Frères Editeurs, Paris, 694699. Pagès-Manté A., Pagès-Bosch M., Majó-Masferrer N., Gómez-Couso H., Ares-Mazás E., 2007. An outbreak of disease associated with cryptosporidia on a red-legged partridge (Alectoris rufa) game farm. Avian Pathol., 36: 275-278. Randi E., 1996. A mitochondrial cytochrome b phylogeny of the Alectoris partridges. Mol Phylogen Evol,, 6: 214-227. Randi E. , Tabarroni C., Rimondi S., Lucchini V., Sfougaris A., 2003. Phylogeography of the rock partridge (Alectoris graeca). Mol Ecol., 12: 2201-2214. Randi E., Lucchini V., 1998. Organization and Evolution of the Mitochondrial DNA Control Region in the Avian Genus Alectoris. Journal of Molecular Evolution, 47: 449-462. Rizzoli A., Manfredi M.T., Rosso F., Rosà R., Cattadori I., Hudson P., 1997. A survey to identify the important macroparasites of rock partridge (Alectoris graeca saxatilis) in Trentino, Italy. Parassitologia, 39: 331-334. Sèguy E., 1944. 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Egli si accorse che la colorazione ed i disegni del piumaggio dei soggetti siciliani differivano visibilmente da quelli delle popolazioni continentali e ritenne che queste caratteristiche fossero sufficienti per descrivere una nuova sottospecie di coturnice alla quale diede il nome scientifico Alectoris graeca whitakeri, esclusiva della Sicilia (Schiebel, 1837). Schiebel dedicò questa sua nuova scoperta a Joseph Whitaker, imprenditore di origine anglosassone, ma siciliano d’adozione ed appassionato di ornitologia oltre che di archeologia. Successivamente, Carlo Orlando (1956) e più recentemente l’ingegnere Angelo Priolo (1984), entrambi appassionati di scienze ornitologiche, ne descrissero con maggior accuratezza i caratteri morfologici. Più recentemente, gli studi genetici condotti sulla specie (Lucchini e Randi, 1998; Randi et al., 2003, Randi, 2006) han- no mostrato una divergenza genetica tra la popolazione siciliana e le popolazioni peninsulari pari a 3,5%, dovuta ad un periodo di isolamento di almeno 200.000 anni, sufficienti per considerare la Coturnice di Sicilia una Evolutionary Significant Unit (ESU)(Moritz, 1995). In passato la Coturnice di Sicilia doveva essere abbastanza diffusa. Nel trattato di Ornitologia di Sicilia, scritto dall’ornitologo messinese Luigi Benoit e pubblicato nel 1840, si legge “Questa specie è comune a tutta la Sicilia; sui monti, tra le alpestri rocce, e nelle pianure trovasi la Pernice (nome dialettale della Coturnice); in alcuni punti dell’isola è talmente ovvia, che si vende ne’ mercati a prezzo bassissimo, Benchè una gran quantità se ne distrugga in tutt’i tempi col fucile, e con le reti, particolarmente all’epoca dell’incubazione, e le leggi sulla caccia in Sicilia non abbiano quel rigore che converrebbe, pure sembra che non mai volesse venir meno la specie”. Pochi anni più tardi, la sua presenza e la sua diffusione sull’isola vengono confermate da Francesco Minà Palumbo (1857), medico e naturalista delle Ma- - 91 - Stato del progetto LIFEplus - SICALECONS “Azioni urgenti per ..." Fig. 1. Distribuzione geografica, aggiornata al 2009, della Coturnice di Sicilia su cartografia UTM con maglia di 10 km. donie, e da Pietro Doderlein (1869-74), professore di zoologia e anatomia comparata dell’Università di Palermo. La rarefazione e la contrazione dell’areale geografico della Coturnice di Sicilia sembra avvenire nella metà del secolo scorso. Dal confronto tra la distribuzione geografica riportata in Lo Valvo et al. (1993) e quella ricostruita con una successiva verifica nel 2009 (Fig. 1) risulterebbe una contrazione dell’areale di circa l’11%. decenni della popolazione siciliana di coturnice e che ne minacciano ancora oggi la sua sopravvivenza (Palumbo e Lo Valvo, 2002). I principali fattori sono sicuramente l’eccessiva urbanizzazione, i cambiamenti in agricoltura, come la meccanizzazione agricola e l’uso indiscriminato di biocidi, e gli incendi. Anche l’eccessiva presenza di cinghiali, recentemente reintrodotti sull’isola, può rappresentare una minaccia per uova e nidiacei della Coturnice di Sicilia. Molteplici sono i fattori di disturbo che hanno causato il declino negli ultimi A tutto ciò va aggiunto anche il fenomeno del bracconaggio, ancora oggi - 92 - Lo Valvo M., Miosi P. abbastanza diffuso su tutto il territorio siciliano, e la tradizionale cattura, anche se in forma limitata e solamente in alcune località dell’isola, di coturnici a scopo amatoriale e, solo occasionalmente, per scopi alimentari. Un altro fattore di rischio, da non sottovalutare, è l’immissione illegale, in quanto taxa alloctoni, cioè estranei alla fauna siciliana, di soggetti di Coturnice orientale (Alectoris chukar) o di soggetti appartenenti ad altre sottospecie di coturnice, che oltre a generare possibili problemi di competizione e ad essere potenziali vettori di patologie aviarie, possono, per ibridazione con la Coturnice di Sicilia, inquinarne il patrimonio genetico (Priolo, 1970). Per questo suo precario stato di conservazione, la Coturnice di Sicilia è stata inserita nell’allegato I della Direttiva “Uccelli”, cioè nell’elenco delle specie da tutelare in maniera rigorosa. Per poter intervenire, con un programma a medio termine, nella tutela e conservazione di questa specie, è stato redatto e presentato alla Commissione Europea un progetto per il recupero della popolazione ancora presente all’interno della Zona di Protezione Speciale (ZPS) denominata ITA010029 MONTE COFANO, CAPO SAN VITO E MONTE SPARAGIO , situata nella costa nord occidentale della Sicilia. Si tratta di uno dei più importanti e dei più vasti siti Natura 2000, con una superficie di circa 165 kmq, che include anche la riserva naturale “Zingaro” ed il demanio forestale di Monte Inici. Il progetto, dal titolo “SICALECONS Azioni urgenti per la conservazione di Alectoris graeca whitakeri” e della durata ipotizzata di tre anni e che prevede la realizzazione di interventi concreti di conservazione in favore della Coturnice di Sicilia, è stato accolto favorevolmente dalla Commissione europea ed è pertanto rientrato tra quelli cofinanziati nell’ambito del programma LIFEplus 2009. Il progetto, che ha coinvolto anche esperti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), è stato strutturato in una serie di interventi suddivisi in Azioni preparatorie, Azioni concrete ed Azioni di monitoraggio. Le prime azioni sono state il censimento della popolazione di Coturnice di Sicilia presente all’interno delle aree di progetto, il censimento della popolazione di Cinghiale, al fine di programmare gli interventi di controllo numerico della popolazione di questo suide, la caratterizzazione botanica del sito e la realizzazione di una mappa degli habitat, dell’uso del suolo e dell’idrografia delle aree di progetto. Queste azioni sono state considerate propedeutiche alla programmazione degli interventi di miglioramento ambientale. La cartografia dell’uso del suolo, dell’habitat e del reticolo idrografico è stata prodotta in scala 1:2.000, rispettivamente dal dott. Daniele Scarselli, dal dott. Salvatore Pasta e dall’ing. Danilo Colomela. - 93 - Stato del progetto LIFEplus - SICALECONS “Azioni urgenti per ..." Fig. 2. Chiusino presso la Località Pianello nella R.N.O “Zingaro” (foto G. Vecchio) Fig. 3. Prima cattura di Cinghiali in località Borgo Cusenza presso la R.N.O. “Zingaro” (foto G. Giacalone) - 94 - Lo Valvo M., Miosi P. Il censimento della coturnice, realizzato nella primavera del 2011 dal dott. Gabriele Giacalone e dal dott. Alberto Sorace all’interno della ZPS con la tecnica del playback, ha messo in evidenza una densità della specie piuttosto bassa rispetto al passato e ai valori ottenuti in altre regioni italiane per la stessa specie, con un numero di coppie stimato per l’intera area pari a 66 (Lo Valvo et al., 2013). Il censimento della popolazione di cinghiale, realizzato sempre nella primavera del 2011, con l’ausilio di una termocamera, dal dott. Francesco Adragna e dal dott. Paolo Montanaro, collaboratore dell’ISPRA, ha consentito di stimare circa 700 esemplari per la maggior parte presenti all’interno della Riserva “Zingaro” (Lo Valvo et al., 2011) Considerata anche la numerosità dei Cinghiali e nell’impossibilità di ottenere l’eradicazione completa del suide dalla ZPS, è stata avviata un’azione di contenimento numerico della popolazione al fine di poter, quantomeno, mantenere un valore di densità piuttosto basso. E’ stato quindi redatto il piano di controllo, approvato dall’ISPRA, di questo suide dal dott. Giuseppe Vecchio, il quale ha anche coordinato l’applicazione del piano di cattura attraverso la gestione di tre chiusini (Fig. 2), realizzati in altrettanti punti della riserva “Zingaro” e monitorati costantemente con l’uso di foto trappole. A partire da dicembre 2013 i chiusini sono stati attivati e sono state realizzate le prime catture (Fig. 3). Un’altra azione propedeutica è stata il controllo dell’integrità genetica della Coturnice di Sicilia presente nella ZPS, per poter intervenire con la rimozione dei soggetti che dovessero eventualmente risultare con introgressione genica dovuta ad ibridazione con altri taxa. L’azione di miglioramento ambientale individuata, coordinata dal dott. Sebastiano Zappulla, ha previsto la realizzazione, in diversi punti del sito Natura 2000, di superfici destinate alla semina di essenze vegetali gradite alla Coturnice di Sicilia (Fig. 4) e la realizzazione di punti di abbeverata artificiali (Fig. 5), utili soprattutto durante la stagione calda. Tra le azioni concrete, oltre alla riqualificazione e tutela degli habitat vocati ed alla gestione ambientale, azione quest’ultima che prevede anche la gestione del pascolo di ungulati domestici, vi è anche l’immis- Fig. 4. Superficie destinata alla semina di essenze vegetali gradite alla Coturnice di Sicilia - 95 - Stato del progetto LIFEplus - SICALECONS “Azioni urgenti per ..." Fig. 5. Punto di abbeveratura per la coturnice di sicilia (foto S. Zappulla) sione in natura di soggetti allevati in condizione semi-naturale all’interno di strutture appositamente realizzate. L’obiettivo di questa azione è quello di accelerare sia il processo di ricolonizzazione di ricolonizzazione e diffusione della Coturnice di Sicilia all’interno dell’area interessata dal progetto, sia quello di costituire un nucleo di riproduttori da poter utilizzare in futuro per ripopolare altre aree della Sicilia. Sono state realizzate diverse tipologie di voliere (Fig. 6), in alcune delle quali sono state trasferite alcune coppie catturate in altre province della Sicilia. Purtroppo, nonostante circa due anni di semicattività, nessuna delle coppie di coturnice ha prodotto uova. Ci si è avvalsi così della collaborazione dell’Istituto Zoo- tecnico per la Sicilia, che, essendo a noma di legge regionale anche centro pubblico per la produzione di selvaggina con particolare riguardo di Coturnice di Sicilia, ha avviato un progetto di riproduzione di questo galliforme in stretta cattività. L’istituto fornirà alcuni soggetti per le operazioni di ripopolamento previste per il 2014. Parallelamente alle azioni intraprese, è stata avviata la fase di sensibilizzazione e di comunicazione con l’organizzazione di eventi, mostre, convegni e seminari informativi e formativi, soprattutto per il mondo venatorio, e la produzione di materiale divulgativo. Il termine dell’intero progetto è previsto alla fine del 2014. La gran parte delle - 96 - Lo Valvo M., Miosi P. Fig. 6. Voliere per l’ambientamento ed allevamento della Coturnice in condizione di semi-naturalità (foto M. Lo Valvo) - 97 - Stato del progetto LIFEplus - SICALECONS “Azioni urgenti per ..." Fig. 7. Paesaggio dello Zingaro dopo l’incendio dell’estate del 2012 (foto G. R. Loria) azioni sono state realizzate e in questo ultimo anno che rimane, oltre a continuare le azioni già intraprese, si provvederà con la liberazione (restocking) dei soggetti allevati presso l’Istituto Zootecnico e acclimatati nelle voliere realizzate all’interno della ZPS. I soggetti da rilasciare saranno forniti di piccoli radiotrasmettitori che consentiranno, con la tecnica del radiotracking, di monitorare le singole coturnici liberate e di verificare il buon esito dell’intervento. Minacce ancora possibili sono rimasti soltanto gli incendi (fig. 7) e il prelievo venatorio illegale. Su questi due aspetti si può interve- nire soltanto continuando con l’azione di sensibilizzazione, creando, nelle popolazioni umane locali, la consapevolezza di possedere nel loro territorio un importante patrimonio di biodiversità ed incentivando nei luoghi più vulnerabili la sorveglianza, attualmente piuttosto carente. Alla conclusione del progetto è prevista la redazione del Piano d’azione regionale per la conservazione della Coturnice di Sicilia, che conterrà l’esperienza e i risultati ottenuti e potrà essere un utile riferimento e strumento per tutti coloro che volessero attivare localmente nuovi progetti per la gestione e la tutela di questo peculiare endemismo siciliano. - 98 - Lo Valvo M., Miosi P. Letteratura citata Benoit L., 1840. Ornitologia Siciliana. Stamperia G.Fiumara, Messina. Doderlein P., 1869-74. Avifauna del Modenese e della Sicilia. Giorn. Sci.nat.econom., 5:137-195; 6:187236; 7:9-72; 8:40-124; 9:28-93; 10:35-71 e 133-148. Lo Valvo M., Adragna F., Montanaro P., 2011. Lo Valvo M., Massa B., Sarà M., 1993. Uccelli e paesaggio in Sicilia alle soglie del terzo millennio. Naturalista sicil., 17 (suppl.): 1-376 Lo Valvo M., Sorace A., Giacalone G., 2013. Census of Alectoris graeca whitakeri in the ZPS ITA010029 Monte Cofano, Capo San Vito e Monte Sparagio. Avocetta, 37:137-139. 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Variabilità in Alectoris graeca e descrizione di Alectoris graeca orlandoi subsp.nova degli Appennini. Riv.ital.Orn., 54:45-76. Randi E., 2006. Evolutionary and conservation genetics of the rock partridge, Alectoris graeca. Acta Zoologica Sinica, 52 (Supplemento): 370–374. Randi E., Tabarroni C., Rimondi S., Lucchini V., Sfougaris A., 2003. Phylogeography of the Rock Partridge (Alectoris rufa). Molecular Ecology, 12: 2201-2214. - 99 - - 100 - INDICE per Autore BARBANERA Filippo pag. 21 FORCINA Giovanni pag. 33 LO VALVO Mario pag. 91 LORIA Guido R. pag. 79 MALLIA Egidio pag. 43 MANNO Claudia pag. 79 MIOSI Pietro pag. 91 RIGA Francesco pag. 9 ROTELLI Luca pag. 57 SCALISI Marco pag. 49 SORACE Alberto pag. 9 TROCCHI Valter pag. 9 VALENZA Andrea pag. 79 - 101 - Finito di stampare nel mese di Novembre 2014 dalla Tipografia Grillo - Trapani - 102 -