LIFE Coturnice Sicilia – Status e conservazione

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LIFE Coturnice Sicilia – Status e conservazione
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STATUS E CONSERVAZIONE DELLA COTURNICE
(Alectoris graeca Meisner, 1804)
Atti del Workshop
Palermo, 15 Novembre 2013
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia
a cura di
Mario Lo Valvo, Guido R. Loria e Pietro Miosi
LIFE09 NAT/IT/000099 - SICALECONS
“Azioni urgenti per la conservazione della Coturnice di Sicilia
Alectoris graeca whitakeri Schiebel, 1934”
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Assessorato Regionale dell’Agricoltura
dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea
Dipartimento dell’Agricoltura
Servizio 7° - U.O. 46 Tutela e Valorizzazione del Patrimonio Faunistico
Università degli Studi di Palermo
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche,
Chimiche e Farmacologiche
Istituto Zooprofilattico Sperimentale
della Sicilia
Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale
e della Pesca Mediterranea
Dipartimento dello sviluppo rurale e territoriale
Con la collaborazione:
Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale
Istituto Sperimentale
Zootecnico della Sicilia
Assessorato Regionale dell’Agricoltura
dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea
Servizio 7° Tutela e Valorizzazione del Patrimonio Faunistico.
U.O. n. 56 - Ripartizione Faunistico Venatoria - Trapani
Per la citazione di questo volume si raccomanda:
Lo Valvo M., Loria G.R., Miosi P., 2014. Status e conservazione della Coturnice (Alectoris graeca) Meisner,
1804. 15 Novembre 2013, Palermo. Assessorato Regionale dell’Agricoltura dello Sviluppo Rurale e della
Pesca Mediterranea. Pp. 104
Per la citazione di un articolo del volume:
Riga F., Trocchi V., Sorace S., 2014. Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca. Pp. 9-19.
In: Lo Valvo M., Loria G.R., Miosi P. (eds.),. Status e conservazione della Coturnice (Alectoris graeca) Meisner,
1804. 15 novembre 2013, Palermo. Assessorato Regionale dell’Agricoltura dello Sviluppo Rurale e della
Pesca Mediterranea.
Foto di copertina di Mario Lo Valvo
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INDICE
Presentazione pag. 5
Premessa pag. 7
Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca
Francesco RIGA, Valter TROCCHI, Alberto SORACE pag. 9
Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris
Filippo BARBANERA pag. 21
Collezioni museali e genetica molecolare: due casi studio nei fasianidi
Giovanni FORCINA pag. 33
Censimento di Coturnice in aree dell’Appennino Lucano
due casi studio nei fasianidi
Egidio MALLIA pag. 43
Piano d’azione per la Coturnice nel Lazio e avvio del monitoraggio
ai sensi della Dir. 92/43/CEE
Marco SCALISI pag. 49
Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice
(Alectoris graeca saxatilis) in ambiente alpino: necessità
di uniformare le modalità di censimento
Luca
ROTELLI pag. 57
Competenze dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale
della Sicilia nell’ambito del progetto:
“Urgent actions for the conservation of Alectoris graeca whitakeri”
Guido R. LORIA, Giusi MACALUSO, Claudia MANNO, Andrea VALENZA pag. 79
Stato del progetto LIFEplus - SICALECONS
“Azioni urgenti per la conservazione di Alectoris graeca whitakeri”
Mario
LO VALVO, Pietro MIOSI pag. 91
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PRESENTAZIONE
L’intero territorio regionale siciliano, isole minori incluse, rappresenta un centro di origine di
biodiversità di elevato pregio, tra i più interessanti d’Italia e dell’intera regione mediterranea
per la notevole varietà degli ecosistemi, delle specie e delle popolazioni presenti, arricchito anche dalla notevole presenza di aree protette e di ambienti ad elevato valore naturalistico. L’isolamento geografico e la posizione geografica al centro dell’area mediterranea, al
confine tra l’Europa ed il continente africano, hanno influito non poco sugli attuali aspetti
naturalistici siciliani, con la comparsa di numerosi endemismi, tra cui la Coturnice di Sicilia.
Purtroppo bisogna riconoscere che, negli ultimi due secoli, il territorio della regione ha
subito una incisiva trasformazione che ha generato un progressivo degrado degli habitat, da attribuire ad un complesso di fattori, tra i quali l’abbandono delle aree agricole
più svantaggiate a causa della loro scarsa convenienza economica. La conseguenza è
stata la scomparsa definitiva di diverse specie animali, e non solo, o la forte rarefazione
di alcune delle loro popolazioni, con conseguenze negative sulla biodiversità siciliana.
La consapevolezza di possedere un peculiare patrimonio naturalistico presente sul
territorio ha spinto la Regione Siciliana, negli ultimi decenni, a dedicare grande attenzione al tema della conservazione della biodiversità, in linea con le politiche comunitarie e nazionali, anche nella considerazione che i legami tra agricoltura, ambiente e
biodiversità interessano tanto le componenti floristiche quanto le specie faunistiche.
L’esigenza di rallentare ed arrestare la perdita di biodiversità è oggi un obiettivo trasversale,
normativo oltre che morale, che caratterizza gli interventi programmatici dalla Regione, in
particolare del Dipartimento per l’Agricoltura, a cui compete la gestione e la conservazione della Fauna, patrimonio indisponibile dello Stato, nell’interesse della comunità internazionale.
Dunque, per tutelare in modo mirato la biodiversità, è necessario fare propri gli indirizzi dettati dal Parlamento Europeo per la promozione di una politica di sostegno e sviluppo, offrendo anche nuove opportunità socio-economiche, che favoriscono la conservazione efficace
delle risorse naturali e quindi di tutta la diversità biologica che caratterizza la nostra regione.
Il progetto LIFEplus Sicalecons “Urgent actions for the conservation of the Alectoris graeca whitakeri” dedicato alla conservazione della Coturnice di Sicilia, con le sue
molteplici azioni, perfettamente si inserisce nelle politiche di tutela della fauna, ma
anche nella salvaguardia del territorio e delle comunità locali e, più in generale, della biodiversità siciliana e questo importante evento dedicato alla conservazione della Coturnice non solo della popolazione siciliana, ma anche delle popolazioni presenti
nel resto dell’Italia, insieme ai risultati fino ad oggi conseguiti, sintetizza l’impegno di
questa amministrazione nel perseguire con determinazione questi obiettivi di tutela.
Rosaria Barresi
Dirigente Generale
Dipartimento dell’Agricoltura
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PREMESSA
A nome dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, abbiamo il piacere di
darvi il benvenuto e di ospitare questo momento di sintesi relativo allo sviluppo del progetto LIFE SICALECONS e dei risultati ad oggi raggiunti. Merita sicuramente un plauso
l’intensa e fattiva cooperazione tra tutti partners coinvolti, ed il fatto che, questo sforzo
collettivo ha permesso di implementare per la prima volta nella Sicilia occidentale un così
complesso programma di conservazione per una specie come la Coturnice di Sicilia minacciata di estinzione.
Questo encomio viene inoltre sottolineato non soltanto dai risultati raggiunti e che
oggi ascolteremo, ma per tutti gli aspetti socioculturali che tale azione ha dovuto contrastare, educando il territorio ad un nuovo approccio e ad una rinnovata sensibilità per le
nostre risorse naturali.
Oggi è presente un pubblico molto diversificato, con rappresentanti del mondo ambientalista e venatorio, studenti, tecnici e appassionati, che sottolinea, una volta di più,
l’impatto che tali tematiche rivestono nella nostra regione.
Una parola ancora in particolare per i cacciatori che ci hanno seguito con interesse, a
volte partecipando attivamente ai seminari del progetto e alle attività di campo con il loro
contributo di conoscenza dei territori e della specie.
Nonostante poi tutte le difficoltà registrate dalle amministrazioni degli enti nel supportare finanziariamente le attività, possiamo oggi affermare che il LIFE - SICALECONS
può rappresentare un modello virtuoso di collaborazione e formazione nell’ambito dei
progetti europei, che molto spesso cozzano con logiche amministrative interne che ne
limitano efficacia e tempi di risposta.
Si auspica al più presto un “Piano regionale di monitoraggio e controllo sanitario della
fauna selvatica”, come al punto 2 dell’art. 4 della Legge Regionale 33/97, che non sia un
intervento occasionale, ma che diventi organico e funzionale a quelli che sono gli obiettivi
della sorveglianza e prevenzione in Sanità Pubblica Veterinaria.
Un Piano che dia maggiore consapevolezza di quanto possano essere rilevanti le implicazioni, sanitarie, ecologiche ed economiche, che eventuali patologie della fauna selvatica possono causare. Di fatto le problematiche sanitarie della fauna selvatica hanno un
rilevante peso non solo nella gestione e conservazione delle specie selvatiche, ma anche
in termini di Sanità Animale e Salute Pubblica. Per questi motivi, l’Istituto è impegnato insieme agli altri attori istituzionali, ad avviare a livello regionale un’attività di monitoraggio
sanitario della fauna selvatica che sia programmata, coordinata e svolta costantemente e
con procedure uniformi.
Considerando che le finalità primarie della gestione faunistico-venatoria sono quelle
di mantenere le popolazioni di animali selvatici in un corretto equilibrio con l’ambiente
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e con le altre specie animali e garantire la presenza di popolazioni in buone condizioni
sanitarie con una densità agro-forestale ottimale per il prelievo venatorio, allora il Piano di
monitoraggio sanitario della fauna selvatica rappresenterebbe un ottimo strumento per
raggiungere questi obiettivi. Il Piano richiede una fattiva collaborazione di tutti gli Enti
coinvolti a livello locale, sanitari e non (REGIONE, AASSPP e IZS SICILIA) e nel contempo riconosce al cacciatore il ruolo di “sentinella ambientale”, garantendo nel breve periodo una
adeguata formazione sulle problematiche sanitarie della fauna selvatica. Il cacciatore è
visto come elemento chiave, in particolare nell’individuare eventuali fenomeni di mortalità sul territorio. Il Piano di monitoraggio sanitario è sicuramente un’opportunità che viene
data per dimostrare la reale fattiva collaborazione dei cacciatori per la Sanità Pubblica e
Veterinaria.
Sintesi del contributo del
Dr. Antonino Salina, Direttore Generale
Dr. Rossella Colomba Lelli, Direttore Sanitario
Dr. Anselmo Intrivici, Presidente Consiglio di Amministrazione
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Status e conservazione della Coturnice: 10-20, 2014
Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca
Francesco RIGA, Valter TROCCHI, Alberto SORACE
Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
Via Cà Fornacetta, 40064 Ozzano Emilia (BO) - [email protected]
Il quadro normativo italiano, infatti,
non prevede che questo strumento tecnico abbia valenza legislativa. Tuttavia, con
l’entrata in vigore della Direttiva 21/42/CE
(VAS) i piani e programmi con possibili effetti sull’ambiente, compresi i piani faunistico venatori e i piani faunistici delle aree
protette, debbono essere sottoposti a
Valutazione Ambientale Strategica (D.Lgs.
152/2006 e s.m.i.).
Cos’è un Piano d’azione
Il Piano d’Azione è un documento tecnico specie-specifico finalizzato alla conservazione delle specie maggiormente
minacciate e a rendere ecologicamente
sostenibili gli interventi dell’uomo sulle
specie di maggior interesse gestionale. Si
basa sulle informazioni disponibili relative
a biologia, distribuzione ed abbondanza
della specie oggetto di conservazione.
La realizzazione dei piani d’azione ed
il successivo monitoraggio della loro attuazione viene effettuata da un gruppo di
lavoro che comprende esperti di diversa
formazione e rappresentanti di tutte le
realtà interessate alla conservazione della
specie (Ministeri, Enti Parco, associazioni
non profit, ecc.).
Status della Coturnice
La sottospecie siciliana di Coturnice Alectoris graeca whitakeri era inclusa nell’allegato I della Direttiva Uccelli
79/409/CEE, mentre la specie nel suo
complesso era inserita nell’allegato II/1
della stessa direttiva fino al suo passaggio all’allegato I per effetto della Direttiva
2006/105/CE del Consiglio, che adeguava le direttive 73/239/CEE, 74/557/CEE e
2002/83/CE in materia di ambiente, a motivo dell’adesione della Bulgaria e della
Romania. Attualmente la Coturnice è inclusa come entità specifica (comprensiva
di tutte le sottospecie) in Allegato I della
nuova Direttiva 2009/147/CE “Uccelli”. E’
inserita, inoltre, nell’Allegato III della Convenzione di Berna. La Coturnice ha uno
stato di conservazione sfavorevole (SPEC
Il piano identifica in primo luogo le
minacce per la sopravvivenza della specie, ma la parte centrale è costituita dalla
definizione degli obiettivi volti ad assicurare la conservazione nel lungo periodo e
delle azioni necessarie per realizzarli. Per
ottenere questi obiettivi è necessaria la
pianificazione sul breve, medio e lungo
periodo e prevedere periodiche verifiche
dell’adeguatezza delle azioni in rapporto
al raggiungimento degli obiettivi.
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Riga F., Trocchi V., Sorace A.
2) in tutta l’Europa, in quanto attraversa
un moderato ma continuo stato di declino
(BirdLife International, 2004). Nella Lista
Rossa dei Vertebrati Italiani (Rondinini et
al., 2013) è considerata specie vulnerabile; inoltre, è una specie cacciabile ai sensi
della Legge n. 157/1992, art. 18.
Dal punto di vista sistematico è una
specie politipica a distribuzione europea
(Cramp e Simmons, 1980; Boano et al.,
1989, 1990; Madge e McGowan, 2002),
suddivisa in 3 sottospecie:
• Alectoris graeca saxatilis, diffusa sulle
Alpi dalla Francia all’Austria e nella ex Yugoslavia occidentale;
• Alectoris graeca graeca, propria dei Balcani (ex Yugoslavia sud-orientale, Grecia
e Bulgaria);
• Alectoris graeca whitakeri, endemica
della Sicilia.
Alcuni autori attribuiscono le popolazioni appenniniche alla sottospecie
A.g.saxatilis, mentre Priolo (1984) aveva
distinto la popolazione appenninica in
una quarta sottospecie Alectoris graeca
orlandoi sulla base di caratteristiche morfologiche.
Tuttavia, recenti indagini genetiche
basate sull’analisi del DNA mitocondriale
e microsatellitare indicano che la popolazione dell’Appennino è affine a quella
della sottospecie dei Balcani A.g.graeca
(come proposto in passato), piuttosto
che agli individui della sottospecie alpina
e non supportano quindi l’ipotesi di una
sottospecie differenziata in Appennino.
Durante l’ultima glaciazione (Pleistocene) la presenza di un ponte di terraferma nell’alto Adriatico avrebbe, infatti,
consentito un flusso genico tra la Penisola
italica e quella balcanica.
Sebbene non sia avvalorato il rango
sottospecifico delle popolazioni appenniniche, queste sono attualmente isolate
e demograficamente indipendenti dalle
altre popolazioni della specie. Pertanto,
secondo Randi et al. (2003) costituirebbero un’unità evoluzionistica di interesse
conservazionistico (ESU). Ciò evidenzia
l’importanza di preservare l’integrità genetica della popolazione appenninica della specie e di assicurarne la conservazione
ed integrità genetica.
L’areale della specie si estende dai Balcani sino all’Italia peninsulare e alla Sicilia,
interessando i principali massicci montuosi di queste aree. La popolazione europea è stimata in 41.000-54.000 coppie in
gran parte concentrate in Italia e Croazia;
in particolare, l’Italia è la nazione con la
popolazione più cospicua (Fig. 1), stimata
da alcuni autori (Tucker e Heath, 1994; Hagemeijer e Blair, 1997) in 14.000 coppie e
da altri (Meschini e Frugis, 1993; BirdLife
International, 2004) in 10.000-20.000 coppie.
Nel territorio nazionale la specie risulta sedentaria e nidificante sulle Alpi,
sull’Appennino centro-meridionale ed
in Sicilia (Priolo e Bocca, 1992). In tutti questi settori (Fig. 2) la specie ha subito un grave declino (Priolo e Sarà,
1985; Spanò et al., 1985; Bocca, 1990;
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Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca
Bernard-Laurent e De Franceschi, 1994;
Boano et al., 1995; Artuso, 1997; Renzini e Magrini, 1997; Meriggi et al., 1998;
Giacchini et al., 1999; Gramignani, 2001;
Palumbo e Lo Valvo, 2002; Cattadori et
al., 2003; Rippa et al., 2003; Rotelli, 2006).
Le densità pre-riproduttive riscontrate in diverse aree del Paese sono riportate in Tabella 1 e rientrano nell’intervallo di valori riportati per le Alpi francesi
(Bernard-Laurent e De Franceschi, 1994;
Bernard-Laurent e Leonard, 2000). Si deve
notare come la densità della specie (coppie) nelle aree del Lazio ove si esercitata
l’attività venatoria risulti significativamente minore rispetto alle aree dove tale
attività è preclusa (Sorace et al., 2011).
Fig. 1. Distribuzione recente della Coturnice in Italia.
Principali fattori limitanti
Modificazioni ambientali
Uno dei principali fattori limitanti delle
popolazioni di Coturnice è rappresentato
dalle modificazioni ambientali. Infatti, a
partire dagli anni 50-60 del secolo scorso, si è assistito, nelle aree rurali montane
alpine e appenniniche, in particolare in
quelle raggiungibili con maggiori difficoltà, ad un progressivo abbandono delle tradizionali attività agro-pastorali, con
conseguente ricrescita della vegetazione
arbustiva ed arborea.
In particolare, le modificazioni che
deteriorano o provocano la perdita delle
aree con esposizione favorevole (Sud) per
i periodi invernali, sono particolarmente
Fig. 2. Distribuzione storica della Coturnice in Italia (da Priolo e Bocca, 1992; Bernard- Laurent e De
Franceschi, 1994) e aree di scomparsa/declino della
specie.
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Riga F., Trocchi V., Sorace A.
rischiose per la sopravvivenza delle popolazioni di Coturnice (Bernard-Laurent e De
Franceschi, 1994).
Predazione
La predazione può avere sicuramente un impatto importante sulla dinamica
delle popolazioni di Coturnice. La predazione da Aquila reale (Aquila chrysaetos)
risulta la principale causa di mortalità in
una popolazione di Coturnice delle Alpi
meridionali (Bernard-Laurent,
1989).
Anche nell’Appennino, questo rapace potrebbe essere il predatore più efficace della Coturnice (Priolo e Bocca, 1992). Anche
la Cornacchia (Corvus corone) può predare
nidi di uccelli incluse specie di interesse
venatorio. La diffusione del Cinghiale (Sus
scrofa) può essere potenzialmente una
fonte di maggior rischio per la perdita
delle nidiate e delle uova di molte specie
di Uccelli che nidificano a terra e quindi,
può esercitare un importante impatto
Tabella 1 – Densità pre-riproduttive della Coturnice in diverse aree del Paese. Nel confronto tra aree occorre
tener presente che alcuni studi presentano solo i risultati di transetti positivi (vedi i valori riportati in Tabella per
alcune aree)
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Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca
negativo sulla Coturnice (specialmente in
Sicilia e in Appennino). Infine, dati raccolti su individui di questo Fasianide muniti
di radiocollare confermano che la Volpe
(Vulpes vulpes) è in grado di predare la Coturnice.
Frammentazione dell’areale, isolamento
delle popolazioni e basse densità
I dati sulla distribuzione delle popolazioni di Coturnice nel Lazio, confermano
che si è in presenza di popolazioni isolate
tra loro, con scarso o assente scambio di
individui. Tale situazione è causata dalla
discontinuità dell’ambiente idoneo alla
specie (che crea barriere ecologiche alla
dispersione degli individui), dalla distanza tra i diversi nuclei e dalla scarsa vagilità della specie. L’interruzione del flusso
genico tra popolazioni è potenzialmente pericolosa per la conservazione delle
popolazioni, in quanto induce fenomeni
di erosione della variabilità genetica, un
potenziale incremento del tasso di inbreeding e una conseguente riduzione della
fitness. A tale condizione si associa, inoltre,
la limitata consistenza delle popolazioni.
Il principale rischio, è dato dall’instaurarsi di un cosiddetto “vortice di estinzione”,
innescato dal basso numero di individui
che effettivamente si riproducono ad
ogni generazione. In tali condizioni, infatti, è particolarmente elevata la probabilità
di perdita di alleli per deriva genetica, dal
momento che i processi naturali di recupero della variabilità genetica (mutazione
e migrazione di individui recanti varianti
alleliche diverse) non sono più operanti o
lo sono in misura trascurabile.
Ibridazione
Le popolazioni di Coturnice sono
ovunque fortemente soggette a rischi di
tipo genetico, conseguenti ad attività di
ripopolamento a fini venatori, spesso effettuate illegittimamente e con esemplari
di origine incontrollata, a volte addirittura
appartenenti alla specie orientale Alectoris chukar o loro ibridi (Randi et al., 1998).
Il rischio di inquinamento genetico delle
popolazioni di Coturnice riguarda anche
l’introduzione della Pernice rossa, spesso
a sua volta interessata da introgressione genica da parte di Alectoris chukar, a
ridosso o nell’areale della prima specie
(Randi e Bernard-Laurent, 1999). Si tratta
di una minaccia particolarmente insidiosa
e realistica, considerato che attualmente
in Italia sono rarissimi gli allevamenti che
producono la Coturnice e la Pernice rossa
in purezza e comunque geneticamente
controllate.
La stessa esistenza di tre popolazioni
distinte di Coturnice complica ulteriormente il quadro ai fini della conservazione e soprattutto delle eventuali attività
di reintroduzione. La minaccia è reale
soprattutto nel caso delle immissioni con
esemplari allevati, anche per un possibile inquinamento genetico intraspecifico,
con conseguenze potenzialmente deleterie che occorre prevenire.
Attività venatoria
Pur variando di intensità tra le differenti parti dell’areale della Coturnice, una
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Riga F., Trocchi V., Sorace A.
delle cause che ha contribuito maggiormente al decremento di questo Fasianide
è l’impatto dell’attività venatoria. A partire
dal 1992, l’accorciamento della stagione
venatoria, a seguito dell’entrata in vigore
della Legge n. 157/’92, ha avuto un effetto
benefico per la specie proibendo la caccia
nella tarda estate quando sono ancora
presenti giovani non completamente sviluppati e in inverno che, in accordo a vari
Autori (Bernard-Laurent, 1987; Gramignani, 2001; Cattadori et al., 2003), rappresenta una fase particolarmente critica per la
specie. Ciò nonostante, l’attività venatoria
permane una minaccia per la Coturnice,
soprattutto laddove non ci sono adeguate forme di gestione per regolare la quota
di abbattimenti stagionali consentiti. Attualmente in gran parte dei Comprensori
Alpini, la caccia alla specie è regolata da
piani di prelievo, auspicabilmente basati
su censimenti primaverili e monitoraggi
di fine estate, oltre che da restrizioni sulla
lunghezza della stagione di caccia consentita.
In Appennino, solo in Abruzzo la specie è oggi potenzialmente cacciabile a
condizione che siano realizzati monitoraggi annuali e piani di prelievo. Tuttavia,
i rischi derivanti dall’attività venatoria
sono ancora pesanti per le popolazioni
appenniniche della Coturnice a causa del
prelievo illegittimo durante la caccia ad
altre specie e al bracconaggio vero e proprio, favorito anche dalla grave mancanza
di adeguati controlli. Anche in Sicilia da
alcuni anni la specie, pur essendo potenzialmente cacciabile sotto il profilo giu-
ridico (a condizione che siano effettuati
censimenti e piani di prelievo), non viene
più inserita nel Calendario venatorio in ragione dello stato di conservazione e della
difficoltà di organizzazione dei monitoraggi annuali.
Pesticidi ed inquinamento da piombo
L’impiego generalizzato di prodotti
chimici in natura, il cui uso ha subito un
forte incremento nel corso degli ultimi
decenni, può risultare nocivo per la fauna
selvatica in generale ed in particolare per
gli uccelli che nidificano a terra. In commercio esistono diversi tipi di pesticidi che
agiscono sulla vegetazione infestante (erbicidi), sui funghi (fungicidi) o sugli insetti
parassiti delle piante coltivate (insetticidi),
queste sostanze possono indurre effetti
negativi sulle popolazioni di Galliformi
agendo in molti modi diversi.
Sempre per quanto riguarda i contaminanti ambientali di origine antropica,
si osserva che numerose indagini scientifiche hanno recentemente dimostrato casi
di saturnismo in molte specie di Uccelli
dovuti all’ingestione di pallini di piombo.
Sebbene il fenomeno sia particolarmente
frequente in necrofagi, esso è stato dimostrato anche per alcune specie di Galliformi.
Patologie
La presenza di malattie parassitarie
può costituire una minaccia molto importante per la sopravvivenza delle popolazioni, soprattutto in presenza di condizioni
ambientali in grado di favorire la diffusio-
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Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca
ne delle infestazioni, ad esempio negli
habitat più secchi dove probabilmente le
popolazioni sono più soggette all’infezione da Ascaridia compar, un parassita che
può provocare la riduzione nella fecondità dell’ospite.
Disturbo antropico e randagismo
La continua realizzazione di strade
carrozzabili e di sentieri di montagna ha
reso accessibili a un grande massa di turisti molte aree importanti per il regolare svolgimento del ciclo biologico della
specie. In particolare la frequentazione
degli ambienti montani appenninici in
tutto l’arco dell’anno, con mezzi a motore (fuoristrada, moto da cross, ecc.) o con
cani non tenuti al guinzaglio può provocare un forte disturbo alla Coturnice. In
inverno, la presenza di escursionisti nelle
aree di svernamento può causare la fuga
degli individui, con conseguente aumento della probabilità di predazione e un
dispendio di energia difficilmente recuperabile in caso di condizioni climatiche
critiche. In estate, il disturbo delle nidiate
può causare l’abbandono dei siti di rifugio
ed aumentare il rischio di predazione dei
giovani da parte di predatori quali rapaci,
volpi e cornacchie.
L’effetto sulla fauna selvatica dei cani
vaganti, randagi e rinselvatichiti può essere distinto in un impatto diretto che
consiste nella predazione di specie ed in
un impatto indiretto attraverso un’azione
di disturbo soprattutto nei confronti della
fauna stanziale.
Azioni prioritarie per la conservazione
Salvaguardia dell’habitat
Considerando le modifiche dell’habitat e la conseguente diminuzione dell’offerta trofica per le coturnici, è necessario
agire affinché gli ambienti aperti montani,
luoghi di alimentazione per questo Fasianide, siano mantenuti. Nondimeno, la loro
salvaguardia richiede una successione articolata di azioni in relazione ai differenti
contesti in cui tali ambienti sono ubicati.
Tra gli obiettivi specifici da perseguire, ricordiamo.
• Incentivazione attività agro pastorali
in quota
• Razionalizzazione del pascolo
• Prevenzione del rimboschimento di
radure e di ambienti aperti
• Incentivazioni pratiche agricole
estensive
Miglioramento ambientale
Gli ambienti aperti frequentati dalla Coturnice hanno subito una drastica
riduzione della loro estensione e sono
andati incontro a una serie di processi
di degrado. Oltre a una gestione oculata
del territorio per salvaguardare le porzioni dell’habitat della specie da ulteriore contrazione e alterazione, è possibile
effettuare delle azioni di miglioramento
ambientale nei pascoli e praterie di montagna a favore della Coturnice. Inoltre,
potrebbe essere appropriato sostenere la
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Riga F., Trocchi V., Sorace A.
specie con risorse alimentari supplementari, anche attraverso la realizzazione di
punti di abbeveraggio.
• Controllo delle attività cinotecniche
Tra gli obiettivi specifici da perseguire, ricordiamo.
• Prevenzione inquinamento genetico
• Decespugliamento radure e pascoli
Monitoraggio e ricerca
Le attività di ricerca e di monitoraggio
dovranno proseguire per mantenere e aggiornare continuamente le informazioni
ottenute e permettere nel lungo termine
una efficace pianificazione delle azioni di
conservazione e gestione della specie.
• Miglioramento dei pascoli
• Risorse agricole supplementari
Controllo dei fattori limitanti
Accanto alla contrazione e al deterioramento dell’habitat della Coturnice, una
serie di altri fattori limitanti concorrono
ad ostacolare la ripresa demografica della specie. Se da una parte il ruolo decisivo svolto in passato da una gestione non
sostenibile della caccia sul decremento
di questo Fasianide è un evento riconosciuto ormai anche all’interno del mondo
venatorio, dall’altra l’importanza di fattori
limitanti, come l’impatto di predatori opportunisti, è ancora argomento di discussione e sono necessari studi approfonditi
per accertarne il ruolo nelle diverse aree
regionali. In attesa di acquisire maggiori
elementi a riguardo, è necessario prevedere comunque un insieme di azioni per
contrastare l’effetto di questi fattori, benché in genere non sia possibile conoscerne il reale livello di priorità.
Tra gli obiettivi specifici da perseguire,
ricordiamo.
• Pianificazione delle reti ecologiche per
la specie
• Prevenzione abbattimenti illegali
• Controllo randagismo e potenziali
predatori
In particolare, gli studi dovrebbero essere finalizzati a:
• Monitoraggio e censimento delle
popolazioni
• Indagini genetiche
• Monitoraggio sanitario
• Indagini su dieta e movimenti della
specie
Divulgazione
Un aspetto fondamentale di ogni efficace e moderno approccio alla conservazione è quello relativo alla comunicazione
ed alla divulgazione nei confronti dell’opinione pubblica, in particolare di tutte le
categorie interessate. Considerando che
la realizzazione delle azioni previste dal
Piano d’azione richiede l’intervento coordinato di diversi soggetti pubblici e privati, non vanno mai sottovalutate iniziative
quali: divulgare le finalità delle operazioni
intraprese, ottenere adesioni e contributi, raccogliere il consenso ed il supporto
degli Enti e delle Organizzazioni locali,
- 16 -
Il piano d’azione nazionale per la Coturnice Alectoris graeca
concordare strategie d’intervento e modalità di attuazione delle azioni previste
nel piano. Contestualmente, è opportuno
avviare programmi di informazione rivolti
ad un pubblico più ampio, con lo scopo
di diffondere lo status della Coturnice e le
necessità di protezione degli habitat interessati dalla specie.
Tra gli obiettivi specifici da perseguire,
ricordiamo.
vatici. Commissione Europea 2004).
Un modello di gestione sostenibile,
deve quindi prevedere una serie di attività
coordinate ed irrinunciabili:
• realizzazione di giornate di aggiornamento per i volontari coinvolti nelle
operazione di censimento;
• identificazione dei distretti di gestione
della Coturnice;
• censimenti primaverili nei distretti di
gestione con il metodo del playback;
• Formazione del personale di vigilanza
• Formazione e specializzazione del
cacciatore
• censimenti estivi nei distretti di gestione con l’ausilio dei cani;
• Divulgazione delle attività di
conservazione
È possibile il prelievo venatorio della
Coturnice?
Pur essendo, in generale, preferibile
non autorizzare la caccia di specie con lo
stato di conservazione insoddisfacente, si
evidenzia che il fatto di autorizzare il prelievo venatorio di una determinata specie,
può influire sui fattori che incidono sulla
diminuzione della popolazione, contribuendo il tal modo all’obiettivo di ripristino di uno stato di conservazione soddisfacente (cfr. Guida alla disciplina della
caccia nell’ambito della direttiva 79/409/
CEE sulla conservazione degli uccelli sel-
• formulazione dei piani di prelievo solo
per i distretti di gestioni nei quali i dati
di censimento hanno evidenziato popolazioni in grado di sostenere il prelievo;
• limitazione delle altre forme di caccia
nei distretti di gestione della Coturnice;
• caccia alla specie permessa soltanto ai
cacciatori abilitati;
• indicazioni specifiche sulle modalità di
realizzazione del prelievo;
• messa a punto di modalità per la comunicazione immediata dell’avvenuto
abbattimento della specie, in modo tale
da evitare lo sforamento del piano di
prelievo.
Letteratura citata
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Status e conservazione della Coturnice: 22-33, 2014
Metodi molecolari al servizio della conservazione
nel genere Alectoris
Filippo BARBANERA
Dipartimento di Biologia - Unità di Zoologia e Antropologia
Via A. Volta, 4 - 56126 Pisa - [email protected]
Dal 2001 il laboratorio di Genetica
della Conservazione ed Evoluzione Molecolare dei Vertebrati del Dipartimento
di Biologia dell’Università di Pisa svolge
ricerche di genetica di popolazione sulle
pernici del genere Alectoris (Phasianidae).
In particolare, tre specie sono oggetto di
studio. La pernice rossa (A. rufa: Fig. 1),
distribuita in Europa sud-occidentale, la
coturnice orientale (A. chukar), presente
dalla Penisola Balcanica attraverso tutto il
Paleartico orientale fino alla Manciuria, e
la pernice berbera (A. barbara), detta anche “pernice sarda” in quanto in Europa si
trova (quasi) esclusivamente in Sardegna
(Fig. 2). Queste tre specie sono classificate
come Least Concern (IUCN, 2013). Tuttavia, BirdLife International (2004) include
questi stessi taxa tra quelli d’interesse
europeo per la conservazione (Species of
European Conservation Concern) con valutazione “vulnerabile” (A. rufa e A. chukar) o
“minacciato” (A. barbara). La trasformazione e la perdita dell’habitat, la meccanizzazione e l’uso dei pesticidi in agricoltura
unitamente alla forte pressione venatoria
costituiscono fattori di minaccia rilevanti
per le tre specie oggetto di questo contributo.
Fig. 1. Pernice rossa fotografata sull’isola di Pianosa
(foto F. Barbanera)
Il genere Alectoris si è evoluto recentemente. Si tratta di un gruppo di specie
non più antico di sei milioni di anni. La
pernice berbera è verosimilmente uno dei
taxa alla base della radiazione adattativa
- 21 -
Barbanera F.
Fig. 2. Areale delle sette specie di pernici del genere Alectoris
dell’intero genere, mentre la pernice rossa
e la coturnice orientale sono tra le specie evolutivamente più giovani (Watson,
1962; Randi et al., 1998). Non sorprende,
pertanto, che in natura buona parte delle
pernici Alectoris sia in grado di incrociarsi
con successo in condizioni di parapatria,
come accade, ad esempio, tra A. rufa ed
A. graeca sulle Alpi Marittime (BernardLaurent, 1984) oppure tra A. chukar e la
coturnice di Przewalski (A. magna) in Cina
centrale (Liu et al., 2006). L’ibridizzazione in natura sorprende ancor meno se si
considera come negli uccelli un gran numero di specie sia in grado di incrociarsi
e produrre prole fertile (McCarthy, 2006),
in modo particolare tra i galliformi (21%
delle specie: Grant e Grant, 1992). Nel
caso del genere Alectoris l’ibridizzazione
avviene in natura ed in cattività per opera dell’uomo. E’ così possibile affermare
che tali pernici si comportano come popolazioni morfologicamente e geneticamente molto ben differenziate piuttosto
che come “vere” specie, essendo capaci
di superare facilmente barriere riproduttive prevalentemente di tipo ecologico.
Per quanto concerne l’ibridizzazione
in cattività, l’incrocio tra pernice rossa e
coturnice orientale è senza dubbio il caso
più rilevante da un punto di vista conservazionistico. La pernice rossa è incrociata
dall’uomo con la coturnice orientale per
abbattere i costi di allevamento attraverso
la produzione di animali più rustici e capaci di deporre un numero significativamente più elevato di uova rispetto a soggetti
A. rufa geneticamente “puri”. Poiché gli
individui ibridi di prima generazione (F1)
A. rufa x A. chukar sarebbero facilmente
riconoscibili da un punto di vista morfologico anche in assenza di controlli di tipo
genetico (pattern del collare: cf., Goodwin,
1986; barratura alare: cf., Wilkinson, 1991),
gli allevatori re-incrociano (backcross) gli
ibridi F1 con pernici rosse per una o più
generazioni, fin tanto che i reincroci (ibri-
- 22 -
Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris
di di seconda o terza generazione o ancor
più) ed i soggetti “puri” risultano fenotipicamente non più distinguibili. A seguito
di massicce operazioni di ripopolamento
per fini squisitamente di tipo venatorio
(“put and take” o il così detto “lancio pronta caccia”: Byers e Burger, 1979) piuttosto
che di gestione mirata della specie, il rilascio (illegale) degli ibridi ha prodotto un
profondo inquinamento genetico nella
specie A. rufa, con virtuale scomparsa di
popolazioni geneticamente integre almeno per quanto attiene la porzione più
occidentale dell’areale (Barbanera et al.,
2005, 2010, 2011a; ma vedi anche il contributo di Negri et al., 2013). In un recente
lavoro prodotto da ricercatori spagnoli in
cui al monitoraggio della riproduzione sul
campo era associata una robusta indagine genetico-molecolare, è stato dimostrato che, sebbene gli ibridi A. rufa x A. chukar
rilasciati in natura siano predati con frequenza doppia rispetto a quella delle pernici rosse geneticamente “pure”, tale minor
sopravvivenza è ben compensata dal più
elevato numero di uova deposte per covata e dalla più alta frequenza di seconde covate a cura dei maschi (Casas et al., 2012).
Malauguratamente, altri fattori minacciano la sopravvivenza delle specie
Alectoris. Tra questi, l’origine geografica
sconosciuta dei soggetti selezionati per le
operazioni di ripopolamento costituisce
motivo di perdita di struttura genetica e
potenzialità adattative delle popolazioni.
Ancora una volta la situazione della pernice rossa è assai esemplificativa. Infatti,
è consuetudine impiegare in operazioni
di ripopolamento pernici rosse di origine
non locale, bensì provenienti da porzioni
dell’areale distribuzione della specie assai
lontane. Pertanto, si tratta di animali che
possiedono adattamenti di tipo comportamentale e fisiologico che possono essere assai diversi da quelli delle popolazioni
al rinforzo delle quali sono destinati. Per
fare solo un esempio, in Italia le pernici
rosse sono importate dalla Francia oppure dalla Spagna. Si tratta di operazioni
commerciali che non tengono in considerazione l’identità tassonomica dei soggetti coinvolti (Fig. 3). Ad esempio, il più
importante allevamento di pernice rossa
dell’Italia centrale rilascia in natura pernici
prodotte dall’incrocio tra fondatori originari della Vandea (A. r. rufa, Francia), peraltro non scevri da inquinamento con geni
A. chukar, ed animali provenienti dall’Andalusia (A. r. intercedens, Spagna) (Barbanera et al., 2010).
Tutto ciò fa parte di un fenomeno di
carattere ben più generale noto col nome
di “omogeneizzazione biotica”, ovvero la
graduale sostituzione di biota nativi da
parte di altri non nativi, un processo che
aumenta la similarità genetica, tassonomica o funzionale tra due o più regioni
nel tempo (Olden et al., 2004). L’effetto sinergico dell’inquinamento genetico e del
rimescolamento biotico produce la così
detta “omogeneizzazione genetica”, un
vero e proprio caos causato dal mancato
rispetto dell’identità genetica e dell’origine geografica nella gestione delle risorse
naturali. In questo senso, la pernice rossa
è certamente una specie paradigmatica.
- 23 -
Barbanera F.
Fig. 3. Distribuzione approssimativa delle tre sottospecie di pernice rossa: 1. Alectoris rufa rufa (inclusa
la popolazione introdotta in Inghilterra),
2. A. r. intercedens, 3. A. r. hispanica.
Che cosa si può fare per contrastare le
suddette minacce? Alcuni interventi gestionali recentemente messi in pratica per
la conservazione della pernice rossa sono
apparsi quantomeno discutibili. In Toscana, ad esempio, si è assistito al tentativo
di reintroduzione della specie in un’area
protetta (Parco Regionale delle Alpi Apuane) utilizzando animali dell’allevamento
sopra menzionato, con lo scopo di creare
un serbatoio riproduttivo naturale anche
per territori limitrofi a forte vocazione venatoria. In generale, sempre più frequenti sono le operazioni in cui è evidente lo
spreco di risorse che potrebbero essere
più proficuamente impiegate a beneficio
di specie simili alla pernice rossa ma in
condizioni più favorevoli per la loro ripresa (ad esempio, in Italia, la coturnice). Non
a caso, a fronte della penuria di fondi re-
peribili, sempre più spesso si sente parlare
di triage nel mondo della conservazione
(cf., Wiens et al., 2012). Tuttavia, volendo in
ogni modo perseguire una politica di tutela attiva, per quanto concerne l’ibridizzazione di origine antropica la sola attività di
contrasto è rappresentata dall’individuazione ed eradicazione dei soggetti ibridi
(praticabile in allevamento, assai meno in
natura). Per quanto attiene invece il tema
dell’omogeneizzazione, l’impiego esclusivo di animali di origine geografica nota e
il più possibile di tipo locale nel rispetto
della struttura filogeografica della specie
rappresenta l’unica iniziativa auspicabile
(Fraser e Bernatchez, 2001). In ogni caso,
le analisi genetiche sono fondamentali
per l’identificazione dei soggetti ibridi e
per la determinazione dell’origine geografica dei soggetti impiegati nelle operazioni di gestione delle specie Alectoris sul
territorio ed in cattività.
Il campionamento biologico è alla base
di qualsiasi analisi genetica. Tra i campioni
ottenibili in modo del tutto non invasivo
le feci e le penne rintracciabili a terra costituiscono fonti preziose per l’estrazione
del DNA. Anche resti del pasto (o le borre
di rapaci) consumato da predatori della
specie di interesse possono rappresentare ottime sorgenti di DNA (il Falco sacro,
ad esempio, per A. chukar in Asia). Qualora
reperibili (ad esempio, in cattività), si possono usare penne in crescita il cui calamo
è ancora in condizioni trofiche, e, pertanto, molto vantaggiose per l’estrazione
del DNA. Nel caso di soggetti di cattura il
prelievo di sangue è una scelta praticabi-
- 24 -
Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris
le senza particolari difficoltà nelle pernici
Alectoris, considerata anche la taglia e la
robustezza degli animali in questione.
Giacché A. rufa, A. chukar ed A. barbara
sono tre specie legalmente cacciabili in
larga parte del loro areale, nel corso della
stagione venatoria è sempre possibile ottenere campioni dai cacciatori (tessuti da
organi interni), avendo cura di richiedere
un solo campione per battuta di caccia
onde evitare il campionamento di soggetti appartenenti alla medesima brigata.
Tutti i campioni (e le aliquote molecolari
che ne deriveranno nel corso delle analisi
genetiche) devono essere obbligatoriamente preservati a bassa temperatura.
L’estrazione del DNA rappresenta il naturale passo successivo al campionamento. In alternativa ai classici protocolli di
biologia molecolare (fenolo:cloroformio,
etc.) un’ampia gamma di prodotti commerciali è oggi disponibile per estrarre il
DNA da qualsiasi tipo di campione biologico. Ad esempio, nel caso delle feci, esistono prodotti specifici per recuperare il
DNA che, tuttavia, è generalmente scarso
e degradato e si presta all’investigazione
solo tramite alcuni marcatori molecolari.
Tra questi, il sequenziamento dei geni del
DNA mitocondriale è ancora molto in uso
in genetica di popolazione animale (non
umana). I geni del DNA mitocondriale mostrano un elevato grado di polimorfismo,
sono solitamente ereditati per via materna e non sono soggetti a ricombinazione.
Sono dotati di un’elevata velocità di mutazione: fino a circa venti volte quella dei
geni del DNA nucleare. Il sequenziamento
dei geni del DNA mitocondriale permette
di ottenere molte informazioni soprattutto a livello intra-specifico in termini di ricostruzioni di parentele genetiche, analisi
demografiche e filogeografiche. Poiché si
tratta di un genoma aploide, il DNA mitocondriale mal si presta allo studio del
flusso genico e a stime della variabilità
genetica di una data popolazione. Peraltro, il sequenziamento di più geni per un
singolo individuo non sempre assicura
un’informazione qualitativamente più rilevante rispetto a quella reperibile da un
singolo gene. Infatti, tutti i geni mitocondriali sono ospitati sullo stesso cromosoma. In molti casi, pertanto, può essere più
vantaggioso impiegare marcatori di tipo
complementare. Ad esempio, nel caso di
un soggetto con fenotipo “pernice rossa”
ma con linea materna corrispondente alla
specie A. chukar, il DNA mitocondriale
suggerisce che un siffatto individuo potrebbe aver avuto un antenato appartenente ad una specie diversa da quella indicata dal fenotipo attuale. Per dimostrare
che si tratta di un soggetto ibrido occorrono marcatori nucleari (Rhymer e Simberloff, 1996), cioè marcatori che monitorando la linea paterna e materna (marcatori
biparentali) possono inferire il contributo
delle specie parentali nel genoma dell’individuo in questione.
Marcatori del DNA nucleare di tipo
codominante quali i loci del DNA microsatellitare ben si prestano all’individuazione
di soggetti ibridi. I polimorfismi del DNA
microsatellitare sono variazioni di lun-
- 25 -
Barbanera F.
ghezza del DNA molto frequenti a livello
individuale. La procedura sperimentale
per l’impiego dei microsatelliti è in parte
simile a quella per il sequenziamento dei
geni del DNA mitocondriale, fatto salvo
che la genotipizzazione dell’individuo avviene tramite il sizing degli alleli amplificati in PCR senza necessità del loro sequenziamento (previa verifica del motivo di
ripetizione atteso in un congruo numero
di individui per popolazione e dell’uso di
un controllo sequenziato e di lunghezza
nota nelle procedure di sizing). Le tabelle genotipiche prodotte per ogni popolazione oggetto di studio permettono di
ottenere informazioni importanti ai fini
gestionali quali, ad esempio, la misurazione del flusso genico, della variabilità genetica, etc. Grazie alla presenza di regioni
conservate fiancheggianti le porzioni geniche ipervariabili, i loci microsatellitari
isolati dal genoma di specie modello (ad
esempio, il gallo domestico) possono essere genotipizzati (cross-amplifications) in
specie assai meno ben caratterizzate (tra
i gallifromi, il Fagiano, il Francolino nero,
la Starna, la Pernice rossa, etc.). L’impiego
di marcatori del DNA mitocondriale ben
si sposa con l’uso di loci del DNA microsatellitare in ambito conservazionistico.
Essi sono alla base della definizione di
Unità Evolutivamente Significative (Evolutionarily Significant Units: Ryder 1986), di
cui, ad esempio, la Coturnice della Sicilia
(A. graeca whitakeri) è un chiaro esempio
come dimostrato da Randi et al. (2003). La
popolazione di coturnice siciliana mostra
chiara monofilia del DNA mitocondriale rispetto alle linee filetiche delle altre sottospecie di coturnice (a loro volta un gruppo
monofiletico), e significativa divergenza
del pool genico nucleare come evidenziato dalle distanze tra gli individui in base ai
genotipi multilocus.
Fig. 4. Schermata video tratta dal programma Structure impiegato per l’analisi Bayesiana dei genotipi del DNA
microsatellitare
- 26 -
Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris
I microsatelliti sono peraltro molto utili anche per individuare organismi ibridi
impiegando software specifici per l’elaborazione dei dati genotipici quali, ad
esempio, Structure (Pritchard et al., 2000).
Questo programma determina la struttura genetica secondo il metodo Bayesiano
(stima probabilità a posteriori sulla base
delle frequenze alleliche) e assegna gli
individui alle popolazioni investigate con
l’uso di dati multilocus, realizzando una
serie di simulazioni e ripartendo gli individui in un numero K di gruppi (clusters) indipendentemente dall’appartenenza alle
popolazioni originarie e/o alla loro origine geografica. E’ così possibile determinare con che probabilità un certo individuo
può essere assegnato in base al suo genotipo ad un gruppo genetico o ad un altro.
Nel caso di un soggetto ibrido il genotipo frammisto sarà visualizzato come una
barra di almeno due colori, il primo facente riferimento alla probabilità di appartenenza alla specie parentale “1”, e il secondo a quella di appartenenza alla specie
parentale “2” (Fig. 4). Ovviamente non tutti i marcatori del DNA nucleare funzionano come i microsatelliti. I Polimorfismi del
DNA Amplificato a Caso (Random Amplified Polymorphic DNA, RAPD) producono
un’impronta genetica multilocus per ogni
individuo in una singola reazione di amplificazione tramite PCR. I marcatori RAPD,
sviluppati all’inizio degli anni ’90, sono stati criticati circa (i) la riproducibilità dell’amplificazione di loci le cui bande appaiono
deboli in elettroforesi su gel di agarosio,
(ii) la corrispondenza locus: banda su gel, e
Fig. 5. Gel elettroforesi (in alto) e sua relativa interpretazione schematica (in basso) esemplificativi di
un profilo RAPD per due specie parentali (1, in rosso,
sinistra; 2, in verde, destra) e tre individui ibridi (1 x
2) tra i quattro disposti al centro. Sono visibili quattro
marcatori di peso molecolare.
(iii) l’eredità mendeliana di tipo dominante (Perez et al., 1998). è certamente sconsigliabile l’impiego dei marcatori RAPD
facendo uso dell’intero profilo genotipico
di ogni individuo in studi di variabilità genetica (scarsa riproducibilità del grado di
polimorfismo, non distinzione tra genotipo omozigote ed eterozigote). Al contrario, i marcatori RAPD possono essere
proficuamente impiegati per individuare
soggetti ibridi limitandosi allo screening
- 27 -
Barbanera F.
di singole bande specie-specifiche preventivamente selezionate tra gruppi di
controllo delle specie parentali coinvolte.
Una volta ottenuti i profili di amplificazione di numerosi individui campionati in
tutto l’areale di distribuzione delle specie
da paragonare, si tratta di selezionare primers RAPD che abbiano generato almeno una banda sempre presente in tutti
gli individui saggiati di una specie (ed in
tutte le repliche degli stessi) e mai in quelli
dell’altra, e viceversa. E’ un’indagine tanto
più lunga e faticosa quanto più le specie
analizzate sono evolutivamente affini. Ad
esempio, il confronto tra pernice rossa e
coturnice orientale ha condotto alla selezione di soli quattro marcatori RAPD a
fronte di oltre 120 primers saggiati (Fig. 5).
è molto importante, infine, stimare la
dimensione delle bande usando software
di analisi dell’immagine dei profili elettroforetici, evitando perciò di procedere con
grossolane stime “ad occhio”. Terminata
la selezione dei marcatori, il saggio di un
individuo sospetto è rapido e molto economico. Nel complesso, i marcatori RAPD
non lavorano in modo probabilistico come
i microsatelliti, bensì in modo categorico
(0/1): un individuo che mostra le bande
specie-specifiche di due specie è ibrido.
Tuttavia, qualora presenti una sola banda
specie-specifica per un certo numero di
primers selezionati, non è detto che si tratti di un soggetto geneticamente “puro”.
La probabilità che si tratti di un soggetto
ibrido e, pertanto, di un falso negativo, è
tanto maggiore quanto più scarso è il numero di primers per il quale è stato saggia-
to e tanto più alta la categoria di reincrocio cui il soggetto stesso eventualmente
appartiene (Boecklen e Howard, 1997).
In conclusione, prendiamo in esame
alcune popolazioni di pernici Alectoris
del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano oggetto di studio in questi anni a
Pisa. Tra queste, la popolazione di pernice rossa dell’isola di Pianosa (Barbanera
et al., 2005). Colonia penale fin dal 1856,
Pianosa sin da allora ha ospitato la specie
A. rufa. Ritenuta estinta intorno al 1850,
la specie era in realtà presente all’inizio
del 1900. Le analisi genetiche, condotte
al fine di caratterizzare la struttura della
popolazione e renderne eventualmente possibile l’uso come ceppo sorgente
pre-adattato per future operazioni di ripopolamento, hanno dimostrato che si
tratta in verità di una risorsa inquinata da
geni A. chukar. Metà degli animali saggiati
mostrava linea mitocondriale A. rufa, cioè
quella corrispondente al fenotipo degli
animali, metà linea mitocondriale A. chukar. La genotipizzazione RAPD ha rivelato
che più del 90% degli animali testati era
ibrido A. rufa x A. chukar. Tale inquinamento è stato molto verosimilmente causato
da un ripopolamento condotto alla fine
degli anni ’80 impiegando pernici rosse di
allevamento in assenza di analisi genetiche in grado di attestare la loro reale condizione di soggetti ibridi.
Una storia per certi versi simile è quella della popolazione di Coturnice orientale dell’isola di Montecristo. Riserva di caccia sin dai tempi dei Savoia, a Montecristo
- 28 -
Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris
l’attività venatoria si è protratta per decenni. Negli anni ’50, non ultima tra le specie
introdotte, anche la Coturnice orientale fu
rilasciata sull’isola. Di origine sconosciuta,
la popolazione di A. chukar si riprodusse
con successo fino a raggiungere una dimensione molto consistente anche grazie
alla costante fornitura di cibo da parte del
personale della società privata che aveva
in gestione l’isola per l’attività venatoria. Quando la medesima società fallì e
Montecristo divenne finalmente Riserva
Naturale nel 1971, la popolazione di Coturnice orientale subì una forte riduzione.
La Coturnice orientale, non più foraggiata
dall’uomo, non trovò sufficiente sostentamento nell’ambiente microinsulare. Le
analisi genetiche condotte tramite il sequenziamento di geni del DNA mitocondriale e l’uso di marcatori RAPD hanno dimostrato che la popolazione di Coturnice
orientale di Montecristo è ibrida A. chukar
x A. rufa. Mentre un solo animale tra tutti
quelli saggiati mostrava linea mitocondriale A. rufa (tutti i rimanenti, A. chukar),
l’80% del totale mostrava un profilo RAPD
ibrido tra le due specie. La ragione di tale
ibridizzazione è da ricercarsi esclusivamente in una gestione dissennata delle risorse dell’isola. Verso il 1960 fu introdotta
a Montecristo anche la Pernice rossa, nel
tentativo di immettere una risorsa “autoctona” (l’isola si trova al limite del range di
distribuzione della specie A. rufa). Fino al
1968 le due specie erano avvistabili insieme in molti punti dell’isola. Alla chiusura
della riserva di caccia, la forte crisi demografica e la competizione con la Coturni-
ce orientale, certamente più a suo agio
nell’ambiente di roccia granitica dell’isola,
fecero si che la Pernice rossa scomparisse
non prima, verosimilmente, di essersi incrociata con la Coturnice orientale stessa.
Mentre a livello del DNA mitocondriale la
traccia di una siffatta introgressione può
sparire in una generazione tramite l’incrocio con un soggetto femminile con linea
materna A. chukar, nel DNA nucleare la
suddetta commistione genetica è ancora
ben visibile. L’ipotesi alternativa, cioè che
le Coturnici orientali introdotte su Montecristo fossero ibride è assai poco verosimile, in quanto l’incrocio con la Pernice rossa
in cattività non porta vantaggi significativi all’allevamento della specie A. chukar.
Pertanto, oggi a Montecristo è presente
una risorsa ibrida oltre che alloctona (Barbanera et al., 2007).
Fino all’inizio degli anni 2000 si riteneva che l’isola d’Elba ospitasse una popolazione autoctona di Pernice rossa. A causa
dell’estrema esiguità della popolazione,
lo studio genetico condotto si è basato
sulla raccolta di feci sia nella regione occidentale del Monte Capanne sia nell’area
mineraria orientale. Il DNA mitocondriale
ha mostrato una larga prevalenza (65%) di
individui con linea mitocondriale A. chukar, e l’abbondante presenza di soggetti
ibridi è stata acclarata dall’uso di marcatori microsatellitari. A dispetto del fatto che
dagli inizi degli anni ‘90 non fossero state
più condotte operazioni di ripopolamento sull’isola, è verosimile che interventi
antecedenti abbiano inquinato la popolazione di Pernice rossa elbana generando
- 29 -
Barbanera F.
una situazione simile a quella di Pianosa
(Barbanera et al., 2009a; Guerrini e Barbanera, 2009).
Nel corso degli anni gli studi genetici condotti a Pisa sulle specie del genere
Alectoris si sono estesi all’Asia orientale.
Dapprima, sono state investigate le popolazioni di Coturnice orientale del Mar
Egeo e del Mediterraneo orientale (Cipro).
In breve, sono state suggerite Unità di Gestione (Management Units) distinte all’interno di singole isole (Cipro) così come tra
isole diverse quali la stessa Cipro e Limnos
(Mar Egeo settentrionale). Ad esempio, è
stata dimostrata la presenza di individui
A. chukar di origine asiatica sia in natura
sia in cattività nella popolazione di Creta.
Si tratta di conspecifici non appartenenti
alle sottospecie del Mediterraneo giunti dall’Estremo Oriente (Cina) come stock
commerciale per allevamento. Purtroppo la presenza di A. chukar dell’Estremo
Oriente nel Mediterraneo non è insolita.
Le analisi filogenetiche di tipo Bayesiano
condotte a Pisa tramite l’uso di marcatori
del DNA mitocondriale (Regione di Controllo, Citocromo-b) impiegando circa 200
campioni raccolti nell’areale nativo della
specie A. chukar, hanno permesso di dimostrare come le linee mitocondriali A. chukar riscontrate (i) nelle Pernici rosse ibride
A. rufa x A. chukar di Portogallo, Spagna,
Francia (Corsica inclusa), Italia e Inghilterra,
di coturnici (ii) ibride A. graeca x A. chukar
dell’Appennino italiano, (iii) di Coturnici orientali di Creta, e (iv) della coturnice
orientale di Montecristo sono tutte originarie della Cina (Barbanera et al. 2009 a,b).
Presso l’Allevamento Faunistico Sperimentale del Corpo Forestale dello Stato di
Bieri (Lucca), tra il 2002 e il 2008 sono stati
condotti incroci tra la Pernice sarda e la
Pernice rossa. Le generazioni di ibridi sperimentali (F1, F2 e F3 e reincroci di prima e
seconda generazione su entrambe le specie parentali: Barbanera et al., 2011b) sono
state impiegate quale modello per selezionare primers RAPD specie-specifici per
il riconoscimento degli ibridi A. barbara x
A. rufa potenzialmente riscontrabili in natura. Il rischio di perdere il genoma nativo
della pernice sarda non è così remoto. Pernici rosse sono state osservate in diverse
zone della Sardegna (cf., Grussu, 2008), e
in un recente lavoro (Scandura et al., 2010)
è stato segnalato un primo soggetto ibrido A. barbara x A. rufa. Le bande di riferimento per entrambe le specie relative ai
primers RAPD A. barbara vs. A. rufa selezionati sono state sequenziate in soggetti di
diverse generazioni. è stata così dimostrata la perfetta corrispondenza tra locus e
banda su gel in individui diversi e l’ereditarietà di tali frammenti genici attraverso
diverse generazioni di ibridi sperimentali.
In conclusione, laddove possibile, l’impiego di marcatori diversi per natura (DNA
mitocondriale/DNA nucleare) e tipo di inferenza (probabilistica/categorica) è non
solo auspicabile ma strettamente necessario per una corretta gestione genetica
delle risorse Alectoris sul territorio ed in
cattività.
- 30 -
Metodi molecolari al servizio della conservazione nel genere Alectoris
Ringraziamenti
Desidero ringraziare Monica Guerrini (Dipartimento di Biologia, Università di Zoologia e Antropologia, Università Pisa) con cui mi pregio di lavorare insieme da anni e senza la quale le analisi genetiche
non sarebbero mai state possibili.
Letteratura citata
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- 32 -
Status e conservazione della Coturnice: 34-42, 2014
Collezioni museali e genetica molecolare:
due casi studio nei fasianidi
Giovanni FORCINA
Dipartimento di Biologia - Unità di Zoologia e Antropologia
Via A. Volta, 4 - 56126 Pisa - [email protected]
A seguito dei notevoli progressi compiuti nel corso degli ultimi decenni nel
campo delle tecniche di indagine bio-molecolare ed in particolare in quello delle
analisi genetiche, le collezioni biologiche
museali rappresentano oggi una risorsa di
incomparabile valore per la ricerca scientifica. Nate in Italia nel XVI secolo come
raccolte private di articoli rari o inusuali
allestite da personaggi colti e benestanti
per proprio diletto (Fig. 1), tali collezioni
inizialmente non includevano solo curiosità naturalistiche (naturalia), ma anche
oggetti stravaganti (curiosa) e reperti archeologici, nonché manufatti esotici o
di epoche passate (artificialia) allestiti in
Raritatkammern e Wunderkammern (dal
tedesco: rispettivamente “Camere delle
Rarità” e “Camere delle Meraviglie”).
Nei secoli successivi tali raccolte si
trasformarono progressivamente in vere
e proprie esposizioni sistematiche di reperti prettamente biologici la cui utilità,
tuttavia, rimase limitata perlopiù a studi
faunistici e di tassonomia classica fino
al termine del XX secolo. Dalla fine degli
anni ’80 studi molecolari di tipo evoluzionistico e conservazionistico hanno iniziato ad avvalersi dell’enorme archivio
genetico rappresentato dalle suddette
collezioni (cf., Randi, 2007). Sulla scorta
dell’entusiasmo di questo periodo, il Natural History Museum di Londra nel 1988 allestì al suo interno un laboratorio di analisi
genetico-molecolari. Il suo virtuoso esempio fu presto seguito da altri blasonati
musei quali lo Smitshonian Insitution di
Washington e l’American Museum of Natural History di New York. Al giorno d’oggi
le collezioni biologiche museali rappresentano uno strumento di fondamentale
importanza nel campo della filogenesi,
della genetica di popolazione, della genetica della conservazione e perfino della
paleogenomica. Il primo studio molecolare su un campione biologico museale
Fig 1. Collezione privata del farmacista e naturalista
Ferrante Imperato a Napoli nel XVII secolo (fonte:
en.wikipedia.org/wiki/Ferrante_Imperato, accesso
10.01.2014).
- 33 -
Forcina G.
risale al 1984 quando fu isolato e sequenziato del DNA di un esemplare di Quagga
(Equus quagga; Higuchi et al., 1984) esposto al Naturkundemuseum di Berlino.
Negli anni a seguire si sono succeduti numerosi altri lavori il cui obiettivo era
quello di chiarire la posizione filogenetica
di alcune celebri specie estinte, tra cui si
annoverano il Tilacino (Thylacinus cynocephalus; Thomas et al., 1989), il Dodo
(Raphus cucullatus; Shapiro et al., 2002),
la Colomba migratrice (Ectopistes migratorius; Johnson et al., 2010), insieme ad altre
meno note quali il Parrocchetto della Carolina (Conuropsis carolinensis; Kirchman
et al., 2012) ed il Picchio imperiale (Campephilus imperialis; Fleischer et al., 2006). Tuttavia, la maggior parte degli studi che si
avvalgono dei campioni museali riguarda
specie attuali; in questo caso il noleggio di
tali reperti consente, ad esempio, di ottenere dati da individui provenienti da zone
in cui le popolazioni moderne sono difficilmente campionabili per motivi logistici
di varia natura. Un’altra applicazione ricorrente consiste nel confrontare popolazioni storiche e moderne di una determinata
area geografica per comprendere come
la variabilità genetica sia stata plasmata
nel corso del tempo in virtù di processi di
microevoluzione. A questo proposito, degni di menzione sono gli studi condotti su
due roditori nordamericani, nella fattispecie il Ratto canguro (Dipodomys sp.; Thomas et al., 1990) ed il Peromisco dai piedi
bianchi (Peromyscus leucopus; Pergams e
Lacy, 2008). Si noti che ricerche di questo
tipo hanno importanti risvolti pratici an-
che per fini gestionali, come evidenziato
nel lavoro effettuato sul Wallaby delle rocce dalla coda a spazzola (Petrogale penicillata; Paplinska et al., 2011), marsupiale
australiano la cui popolazione ha sofferto
un forte decremento numerico a partire
dall’arrivo degli europei in Australia. In
questo studio la caratterizzazione dei reperti museali era finalizzata ad analizzare
l’affinità genetica di alcune popolazioni
estinte e, conseguentemente, ad individuare tra le popolazioni moderne quelle
più prossime ad esse per la reintroduzione della specie.
Due sono gli studi recentemente
condotti presso il laboratorio di Genetica
della conServazione ed evoluzione Molecolare dei vertebrati del dipartiMento di bioloGia
dell’Università di Pisa nei quali sono stati
adoperati dei campioni museali. Il primo
riguarda la Pernice rossa (Alectoris rufa), il
cui areale nativo in Europa sud-occidentale include tre sottospecie morfologiche
che dalla Penisola Iberica (A. r. hispanica
e A. r. intercedens) giungono con la sottospecie nominale (A. r. rufa) attraverso la
Francia centro-meridionale fino all’Italia
nord-occidentale. Preda assai ambita dai
cacciatori, la Pernice rossa è a buon diritto
invocata quale specie di maggiore rilevanza socio-economica in Europa occidentale, perlomeno per quanto attiene alla selvaggina di piccola taglia. Come noto, tra
le problematiche che affliggono la specie
figurano l’ibridizzazione mediata dall’uomo e la conseguente introgressione con
la Coturnice orientale (Alectoris chukar),
fenomeno che, esacerbato dal sostenuto
- 34 -
Collezioni museali e genetica molecolare: due casi studio nei fasianidi
processo di omogeneizzazione biotica, è
responsabile del conclamato caos genetico che affigge questo taxon. Un apposito
studio (Barbanera et al., 2010) è stato condotto al fine di monitorare la diversità genetica della specie nel tempo e nello spazio, potendo così valutare l’impatto del
cosiddetto restocking, ovvero delle immissioni a scopo venatorio volte a rinforzare
le popolazioni selvatiche depauperate da
precedenti prelievi. In particolare, sono
stati raccolti circa 200 campioni moderni di Pernice rossa in tutto l’areale nativo
della specie, a cui si è aggiunta l’analisi
di 47 tessuti (rappresentati da toe pads,
ovvero i cuscinetti carnosi ubicati nella
parte inferiore delle zampe) prelevati da
campioni museali risalenti alla seconda
metà del XIX secolo - prima metà del XX
secolo e, pertanto, antecedenti all’epoca
dei ripopolamenti a fini faunistico venatori. La genotipizzazione di un frammento di
229 paia basi del gene mitocondriale del
Citocromo-b è stata quindi effettuata su
tutti i campioni raccolti. I risultati emersi
dall’analisi spaziale hanno messo in luce
una conclamata introgressione di linee
mitocondriali A. chukar in tutto l’areale
della specie ad eccezione della Corsica,
la cui popolazione tuttavia non è risultata
affatto scevra da inquinamento genetico
con geni della specie affine allorquando
sono presi in esame i dati del DNA nucleare. L’introgressione latente che spesso si
evidenzia solo dall’analisi di quest’ultimo
invita a considerare, in virtù del suo maggiore effective size, che la compromissione
dell’integrità dei pool genici nativi di A.
rufa sia ragionevolmente meno recente di
quanto si possa ipotizzare sulla base dello
screening del solo DNA mitocondriale, che
in tal caso, per l’appunto, non ha identificato alcuna linea mitocondriale A. chukar
nei campioni storici. L’analisi temporale
ha inoltre messo in luce un incremento
del numero di aplotipi A. rufa nel corso del
tempo in ciascuno dei distretti geografici
investigati (Fig. 2).
Come conseguenza, in tutto l’areale nativo della specie si assiste ad un
incremento della diversità genetica
inter-individuale a livello locale, ovvero
all’interno delle singole aree geografiche,
unitamente ad una globale diminuzione
della disparità genetica tra di esse. Tutto ciò rappresenta proprio il trend tipico
della omogenizzazione biotica. Recentemente le indagini genetiche sono state
estese anche all’Inghilterra, dove risiede
la popolazione naturalizzata di Pernice
rossa (A. r. rufa) più importante d’Europa.
Sebbene proprio nel Regno Unito sia stato osservato il primo ibrido in natura tra
Pernice rossa (introdotta dallla Francia nel
XVII secolo) e Coturnice orientale (la cui
introduzione nel Paese risale al secondo
dopoguerra), si ritiene che l’Inghilterra
ospiti alcune popolazioni di A. r. rufa interessate solo marginalmente da successive
immissioni a scopo venatorio. Tra queste,
quella che risiede nel Norfolk (Inghilterra
sud-orientale), afferente ad alcune riserve
di caccia reali e oggetto di uno studio in
fieri, potrebbe rappresentare una preziosa risorsa genetica nel contesto della tanto compromessa sottospecie nominale.
- 35 -
Forcina G.
All’analisi di 58 campioni moderni è stata
affiancata, anche in questo caso, quella
di 13 campioni museali provenienti da
varie aree dell’Inghilterra sud-orientale
che ha sostanzialmente messo in evidenza gli stessi risultati emersi nel contesto
dell’areale nativo delle specie, ovvero assenza di introgressione di geni A. chukar
tra i campioni storici e aumento della diversità genetica a livello locale nel corso
nel tempo a cui corrisponde una dimi-
nuzione della disparità genetica a livello
globale. In conclusione, il presente studio
ha evidenziato (i) la comparsa nel tempo
dell’inquinamento genetico ad opera della coturnice orientale in tutte le aree geografiche prese in esame, (ii) un gradiente decrescente dello stesso da est verso
ovest (con l’eccezione della Corsica dove,
in virtù forse anche del loro isolamento,
sembrano albergare ancora delle popolazioni relativamente poco inquinate nel
Fig. 2. Istogramma delle frequenze degli aplotipi A. rufa nel corso del tempo presso diversi distretti dell’areale
nativo della specie (estratto da Barbanera et al., 2010).
- 36 -
Collezioni museali e genetica molecolare: due casi studio nei fasianidi
Fig. 3. Esemplare maschio di Francolino nero (Francolinus francolinus).
contesto generale per quanto tutt’altro
che geneticamente “pure”), ed (iii) un incalzante processo di omogeneizzazione
biotica a livello intra-specifico.
Il secondo caso studio riguarda invece
il Francolino nero (Francolinus francolinus;
Fig. 3), fasianide che, pur avendo suscitato un vivido fascino nell’immaginario
collettivo fin dall’età classica, è ancora
poco studiato. Classificato come Least
Concern (IUCN, 2013) ed incluso da Birdlife
International (2004) tra i taxa di interesse
europeo per la conservazione (Species of
European Conservation Concern) con valutazione “minacciato”, il Francolino nero ha
tra i suoi principali fattori di minaccia la
pressione venatoria e la frammentazione
e perdita dell’ habitat.
L’areale della specie occupa una notevole porzione del Paleartico orientale,
estendendosi da Cipro attraverso il Medio
Oriente e l’Asia Centrale fino al Bangladesh e annoverando sei sottospecie morfologiche (Fig. 4).
La vastità dell’areale, che peraltro include Paesi remoti e socio-politicamente
instabili, spiega, almeno in parte, l’estrema carenza di dati demografici e molecolari su questo taxon. Degno di nota è
il fatto che la specie fosse storicamente
diffusa anche nel Mediterraneo occidentale, nella fattispecie in Spagna orientale
- 37 -
Forcina G.
Fig. 4. Areale del Francolino nero con distribuzione approssimativa delle sei sottospecie morfologiche
(estratto da Forcina et al., 2014).
(Baleari incluse) ed in Italia (Toscana, Calabria e Sicilia), con delle popolazioni la
cui origine è stata a lungo dibattuta. La ricerca tuttora in corso presso il sopracitato
laboratorio mira a realizzare il primo studio sull’evoluzione molecolare del Francolino nero, esaminando aspetti quali la
radiazione adattativa, la biogeografia e la
struttura genetica di alcune popolazioni
di interesse gestionale. Tra queste ultime
figura la popolazione che risiede nella Repubblica di Cipro -unica in Europa- dove
il prelievo venatorio è peraltro possibile
e tuttora sostenibile (Forcina et al., 2014).
A tal fine sono stati raccolti da tutto
l’areale della specie oltre 200 campioni
moderni di cui è stata sequenziato l’intero gene mitocondriale della Regione di
Controllo (circa 1170 caratteri). Le ricostruzioni filogenetico-molecolari hanno
evidenziato come le prime sottospecie a
differenziarsi siano state quelle del subcontinente indiano (F. f. melanonotus e F.
f. asiae), quindi quelle dell’ Asia centrale
(F. f. henrici e F. f. bogdanovi) e per ultime
quelle del Medio e Vicino Oriente (F. f.
- 38 -
arabistanicus e F. f. francolinus), lasciando
ragionevolmente ipotizzare una radazione adattativa da oriente verso occidente
(Forcina et al., 2012). L’impiego di un pannello di nove loci microsatellitari adoperati tramite delle cross-amplifications ha
consentito di integrare l’analisi della variabilità genetica a livello intra-specifico,
evidenziando nel complesso una marcata
distinzione tra le popolazioni orientali e
quelle occidentali. Al fine di incrementare il campionamento, consentendo da
una lato di perseguire una maggiore copertura dell’areale e dall’altro di far luce
sull’affinità genetica di alcune popolazioni estinte, sono stati ottenuti 75 tessuti
da campioni museali di Francolino nero
provenienti da aree di interesse selezionate ad hoc e custoditi presso collezioni
ornitologiche statunitensi ed europee.
Tra le popolazioni estinte prese in esame figura anche quella siciliana, i cui 11
rappresentanti sono stati gentilmente
messi a disposizione dai curatori di varie
collezioni ornitologiche italiane (Museo
di Zoologia Pietro Doderlein di Palermo,
Collezioni museali e genetica molecolare: due casi studio nei fasianidi
Museo Civico di Terrasini, Museo Civico
di Scienze Naturali di Randazzo, Museo
Civico di Zoologia di Roma, Museo di Storia Naturale La Specola di Firenze) e di altri Paesi europei (Senckenbergmuseum di
Francoforte e Muséum des Sciences Naturelles di Bruxelles). Gli oltre 270 campioni
così raccolti sono stati oggetto della genotipizzazione di un frammento (185 paia
basi) altamente informativo del gene mitocondriale della Regione di Controllo. La
Network Analysis ha identificato 73 aplotipi assemblati in tre aplogruppi ben distinti, ciascuno dei quali corrisponde ad una
delle suddette coppie di sottospecie. Una
considerazione degna di nota riguarda i
campioni italiani, che risultano in parte afferire all’aplogruppo delle sottospecie più
occidentali ed in parte a quelli delle sottospecie di Asia centrale e sub-continente
indiano. Dal momento che le prime testimonianze certe riguardanti la presenza
del Francolino nero in Italia risalgono alla
Sicilia normanna (seconda metà del XIII
secolo; Masseti, 2002), si è a lungo ritenuto
che la presenza della specie sull’isola fosse
stata il frutto di un’introduzione avvenuta
da Cipro e dalla Palestina al tempo delle
Crociate (Orlando, 1958; Baldacci, 1964).
Questa ipotesi, forse la più caldeggiata
tra altre che invocavano immissioni perfino antecedenti ad opera di Arabi (Amari,
1937) e Saraceni (Johnsgard, 1988), trova
tuttavia solo parziale riscontro con quanto emerso dalle nostre analisi, che hanno
evidenziato aplotipi riconducibili ad altri,
ben più distanti, distretti geografici. Una
plausibile interpretazione di questo risultato viene suggerita dal fatto che durante
il Medioevo ed il Rinascimento la carne
di Francolino nero era estremamente ricercata presso le corti italiane e di altre
Paesi europei, non solo in virtù della sua
rinomata raffinatezza, ma anche di una
serie di supposte proprietà curative e addirittura afrodisiache (cf. Cosman, 1983).
Pertanto, vi sono concreti motivi per ritenere che esemplari di origine orientale di
questa specie siano pervenuti in Europa
attraverso le vie commerciali (tra cui la
celebre Via della Seta) che collegavano
l’Oriente al Mediterraneo, anche se non si
può escludere che contingenti indiani siano giunti in occidente tramite i viaggi dei
Portoghesi. Nel contesto dell’areale pregresso della specie si ritiene che la Sicilia
abbia giocato il ruolo di tappa intermedia
per successive introduzioni nel Mediterraneo occidentale avvenute primariamente
ad opera degli Spagnoli nell’ambito di
quelli che erano i territori facenti capo
alla Confederazione Catalano-Aragonese
(Maluquer e Travé, 1961). In conclusione,
il presente studio ha evidenziato (i) una
forte struttura genetica intraspecifica in
sostanziale accordo con la tassonomia
tradizionale, (ii) la conferma della introduzione della specie da Cipro alla Sicilia e (iii)
l’origine mista della popolazione di Francolino nero un tempo presente nell’isola.
Letteratura citata
Amari G., 1937. Avifauna siciliana scomparsa. Il Francolino. Diana, 24: 1082-1084.
Baldacci U., 1964. Il Francolino, sua reintroduzione in Europa. Nistri-Lischi Editori, Pisa, Italia.
- 39 -
Forcina G.
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Collezioni museali e genetica molecolare: due casi studio nei fasianidi
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- 41 -
- 42 -
Status e conservazione della Coturnice: 44-49, 2014
Censimento di Coturnice in aree dell’Appennino Lucano
due casi studio nei fasianidi
Egidio MALLIA
Parco Regionale Gallipoli - Cognato, BASILICATA - [email protected]
Il Parco Regionale Gallipoli Cognato
Piccole Dolomiti Lucane, nell’ambito di un
programma di lavoro che coinvolge i parchi
Lucani, ha aderito ad un Progetto di studio
e monitoraggio della Coturnice in regione.
La Regione Basilicata, ha avviato con
l’Osservatorio Regionale degli Habitat Naturali delle Popolazioni Faunistiche, nella
primavera 2013, un primo lavoro di censimento sulla specie nell’area dell’Appennino Lucano, nell’ottica di acquisire informazioni aggiornate sulla Coturnice.
Nell’ottica di acquisire quindi quante
più indicazioni sulla presenza della specie
ed ottimizzare gli sforzi necessari per effettuare il lavoro di censimento, sono state
analizzate in primis tutte le informazioni
disponibili in bibliografia, analizzando
a tal fine, i contributi scientifici esistenti
sull’avifauna in Basilicata, utilizzando anche documenti “datati”, risalenti agli anni
’80, fino ai più recenti del 2011, in cui si riportano informazioni sulla presenza della
Coturnice nell’area appenninica.
Il progetto coinvolge gli enti implicati
nella gestione del patrimonio faunistico
ed in particolare la Provincia di Potenza, il
Parco Regionale Gallipoli Cognato Piccole
Dolomiti Lucane ed i due parchi nazionali
presenti in regione (Parco Nazionale del
Pollino e Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese).
Sono state altresì validamente utilizzate le informazioni riferite ad avvistamenti della specie ritenuti attendibili,
effettuati dal personale di vigilanza ambientale, ornitologi o escursionisti, che
hanno rappresentato i punti di partenza
da cui iniziare a svolgere le attività di censimento.
Pare indispensabile premettere un
aspetto, già messo in risalto da chi mi ha
preceduto e cioè che, come in altre aree
italiane, anche in Basilicata, il quadro
delle conoscenze circa la presenza, la distribuzione e la consistenza numerica della
Coturnice, sono purtroppo assai carenti e
le stesse, sono ulteriormente complicate
anche dalle immissioni effettuate negli
ultimi decenni a scopo venatorio.
In sintesi, gli obiettivi del progetto, sono
stati quelli di:
• verificare la presenza/assenza della Sp.
nelle aree di distribuzione potenziale;
• elaborare le mappe distribuzione reale
e potenziale;
• valutare l’idoneità ambientale nelle aree
di distribuzione effettiva;
• Individuare le aree prioritarie per lo sver-
- 43 -
Mallia E.
namento e la riproduzione;
• stimare la consistenza numerica e il successo riproduttivo delle popolazioni;
• valutare l’efficacia del sistema delle Aree
Protette regionali e delle attuali misure
di gestione degli habitat adottati dagli
enti per la conservazione della Specie;
• individuare e proporre delle misure di
conservazione per la specie a livello Regionale;
• individuare ed intervenire sulle minacce
per la conservazione della specie;
• promuovere ulteriori progetti di ricerca;
• informare e sensibilizzare le popolazioni
locali e le categorie interessate.
Con l’avvio dell’analisi dell’inquadramento generale dell’area di studio, è
emerso come il territorio della Basilicata
presenta caratteristiche molto interessanti per la Coturnice, la regione infatti
si colloca geograficamente nel “sistema
appenninico Meridionale” ed il territorio
rientra in gran parte, con circa il 47%, in
zone altimetriche di montagna, mentre il
45% del territorio è compreso nella fascia
altitudinale di collina e solo l’8%, sito nella
porzione Est del breve tratto di costa che
affaccia al mar Ionio, compreso in Provincia di Matera, rappresenta la zona pianeggiante più ampia della regione.
La catena appenninica Lucana, inizia a sud dell’area vulcanica del Vulture
e comprende alcuni dei massicci più elevati di tutto l’Appennino meridionale,
in cui i principali sono il Vulture-melfese,
l’Altopiano dei monti Li Foj, il Comprensorio della Sellata-Volturino-Viggiano e
Monti della Maddalena; i monti del Lagonegrese e massiccio del Sirino – monti
Alpi ed il Massiccio del Pollino.
Nell’ambito del presente studio, a partire dalla primavera 2013, è stata avviata
un’analisi preliminare, volta alla verifica
della presenza/assenza della specie, analizzando come predetto, le aree regionali
in cui vi erano informazioni su presenze
storiche della specie, segnalazioni attendibili in aree considerate ancora potenzialmente idonee.
Le prime attività del progetto, data la
carenza di dati, sono state volte in primis a
definire le unità di gestione e verificare la
presenza-assenza della specie, in cui pianificare le attività di ricerca future di campo e realizzare il censimento pre e postriproduttivo, in cui individuare le Aree
Campione con “celle” da un chilometro di
lato (100 ha), che farà parte dell’obiettivo
finale del progetto di censimento vero e
proprio della primavera prossima.
Nello specifico, per la scelta delle aree
in cui avviare le indagini preliminari per la
verifica della presenza/assenza della specie sono stati utilizzati i parametri ambientali che come noto possono influenzare
positivamente la presenza della Coturnice, quali:
• l’altitudine: escludendo le aree ad altimetria inferiore agli 800 m s.l.m.;
• la pendenza: selezionando solo aree
con elevata acclività;
- 44 -
Censimento di Coturnice in aree dell’Appennino Lucano. Due casi studio nei fasianidi
• esposizione: favorendo le aree esposte
ai quadranti meridionali e più temperati
• vegetazione: selezionando aree con
vegetazione bassa con abbondanza di
rocce affioranti;
post – riproduttivo.
Pre-riproduttivo:
Attraverso il censimento al playback,
utilizzando i seguenti schemi:
• Periodo: 15 febbraio – 30 maggio (quando in questa area appenninica, si ritiene
massima la frequenza delle risposte al
canto);
• fattori antropici di disturbo: escludendo aree in cui vi è pressione venatoria,
bracconaggio ed aree urbanizzate;
• aree protette: in questa fase sono state
prese in considerazione solo i territori
ricadenti in aree protette;
• Orario: 5:00-7:00;
• impatto antropico: sono state favorite
le aree in cui vi è ancora presenza di
pascolo ed in cui resistono pratiche agricole tradizionali.
Sulla base di tali criteri, sono risultate
potenzialmente idonee tre macroaree
dell’Appennino Lucano, in cui ricadono
le quote più alte dell’Appennino meridionale, tutte comprese all’interno di Parchi
Nazionali e Regionali, quali:
• Monte Raparo – Monete Alpi ed il
Complesso Lagonegro-Sirino nel Parco
Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri
Lagonengrese;
• Madonna di Pollino-Serra del Prete, Piani di Mauro, compresi ne Massiccio del
Parco Nazionale del Pollino;
• Dolomiti Lucane, nel Parco Regionale
Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane.
• Metodo: percorsi campione standardizzati, distanti tra loro non meno di m 300,
con emissione del canto da punti fissi
distanti tra loro circa m 300 (massimo m
500, secondo l’orografia dei versanti) da
posizioni sopraelevate;
• Dato raccolto: stima del n° dei maschi in
canto e/o delle coppie presenti prima
della riproduzione.
Post-riproduttivo:
Per il periodo post-riproduttivo si è fatto
ricorso al censimento attraverso il censimento con cani da ferma definibili “corretti” ed espressamente addestrati, nelle
stesse aree di censimento al playback;
• Periodo: post-riproduttivo, settembreottobre, nel momento di massima densità di popolazione per la presenza dei
nuovi nati;
• Orario: 7-12;
Per la raccolta dei dati, si è fatto ricorso a due metodi distinti ampiamente
utilizzati per lo studio della specie, uno
per il periodo pre - riproduttivo ed uno
• Metodo: percorsi campione con l’ausilio
di cani da ferma certificati ENCI;
• Dato raccolto: posizione delle brigate
avvistate, stima della dimensione media
delle brigate.
- 45 -
Mallia E.
Quadro sinottico dei risultati
Il metodo mirava quindi ad individuare
i numero dei maschi cantori nel periodo
primaverile, da poter considerare come
una potenziale coppia e valutare, nelle
stesse aree, nel periodo post riproduttivo, il successo riproduttivo, la posizione
delle eventuali brigate avvistate grazie
all’utilizzo dei cani da ferma, consentendo
così di valutare il rapporto dei giovani
adulti e la dimensione di nidiata.
I risultati raccolti (sopra riassunti) con
l’avvio del progetto, seppur preliminari
possono far trarre già le prime deduzioni:
• la Coturnice è ancora presente nel territorio della Regione Basilicata;
• la presenza è stata rilevata in 4 delle 7
- 46 -
Censimento di Coturnice in aree dell’Appennino Lucano. Due casi studio nei fasianidi
aree indagate;
• La specie pare “resistere” in oltre il 50%
delle località indagate ma con una scarsa presenza numerica;
• Rispetto alla stima indicata da Sorace et
al. (2011) di 50-60 coppie, l’attuale abbondanza, stimabile in prima approssimazione, appare molto più bassa;
• I nuclei delle aree n. 5 e 6 (P. Mauro, S.
del Prete) data la breve distanza geografica, possono essere considerate
come un’unica popolazione;
• Gli altri due nuclei contattati, quello in
località M. Raparello e M. Alpi, sono localizzati in aree molto distanti, separati
da barriere ecologiche ritenute insormontabili per la specie (decine di km
di bosco alto fusto, aree di fondovalle
fortemente antropizzate) e per tanto
appaiono isolati tra loro;
• Le presenze dei nuclei relitti, sono state
rilevate all’interno dei due Parchi Nazionali;
• All’interno dell’area delle Dolomiti Lucane, la specie risulta estinta.
Alla luce dei primi dati disponibili e
delle testimonianze storiche raccolte sulla
specie nella regione, si evince che la specie in passato era certamente presente su
tutti gli altopiani più elevati e con buone
densità.
L’analisi dei primi dati, seppur insufficienti per inquadrare in modo esaustivo lo status, mostrano tuttavia una
distribuzione ed una densità presunta,
tale da far ritiene che, alcuni fattori limi-
- 47 -
tanti e di minaccia come l’isolamento, la
bassa densità, l’alterazione dei siti trofici
e di riproduzione, la predazione da parte
di specie come il cinghiale (i cui segni indiretti di presenza ed di scavo erano assai diffusi in tutte le aree indagate), così
come l’abbandono delle pratiche agricole
tradizionali, il degrado dell’habitat con
avanzamento del bosco e del grado di
copertura vegetazionale e degli incolti, se
non contrastati, possano determinare la
definitiva scomparsa dei già esigui nuclei
di Coturnice presenti in Basilicata.
Con l’avvio del primo monitoraggio ed
in considerazione che il territorio della
Basilicata è caratterizzato da vaste aree
montuose, potenzialmente ad alta vocazione della specie, si auspica che in futuro
vengano avviate ed attuate specifiche
misure a favore della conservazione della
Coturnice, finalizzate nello specifico a:
• colmare le lacune attualmente presenti
sul quadro delle conoscenze;
• individuare possibili interventi a favore
della specie da inserire in un contesto di
strategie unitarie di gestione delle aree
protette della Basilicata;
• regolarizzare le attività di monitoraggio,
promuovere e pianificare ulteriori attività di studio finalizzate ad individuare le
principali minacce e fattori limitanti;
• individuare misure specifiche in grado
di migliorare le strategie di conservazione locali e nazionali;
• adottare, come si sta facendo in Sicilia
nell’ambito del LIFE, una serie di mis-
Mallia E.
ure URGENTI ed improrogabili in Basilicata per la salvaguardia della specie,
atte a scongiurare il possibile rischio di
definitiva estinzione, prevedendo misure miglioramenti degli habitat, valutare le possibili misure utili a ridurre
l’isolamento dei nuclei, ridurre fattori
di minaccia, ecc., azioni queste tecnica-
mente più facili da realizzare tenendo
conto che la specie resiste praticamente
solo all’interno dei parchi nazionali;
• redigere un Piano d’azione regionale
per la conservazione delle residue popolazioni di Coturnice.
Letteratura citata
Sorace A., Properzi S., Guglielmi S., Riga F., Trocchi V., Scalisi M., 2011. La Coturnice nel Lazio: Status
e Piano d’Azione. Edizioni Agenzia Regionale Parchi, Roma, 89 pp.
- 48 -
Status e conservazione della Coturnice: 50-57, 2014
Piano d’azione per la Coturnice nel Lazio e avvio del monitoraggio
ai sensi della Dir. 92/43/CEE
Marco SCALISI
Regione Lazio - Agenzia Regionale per i Parchi - [email protected]
Il Lazio presenta una variegata presenza di ambienti che vanno dal mare fino al
piano altomontano. Proprio gli ambienti
delle catene appenninica e subappenninica offrono alla Coturnice i territori idonei alla sua presenza e l’esistenza di numerose aree di protezione, ai sensi della
L. 394/91 e della L. 157/92, contribuiscono
in maniera significativa alla conservazione
della specie nella regione.
I preoccupanti dati di declino delle
popolazioni, percepiti e rilevabili dalla
bibliografia, e la mancanza di un piano
d’azione nazionale per la specie hanno
spinto l’Agenzia Regionale per i Parchi della Regione Lazio (ARP), a partire dal 2006,
ad investigare in maniera più approfondita la presenza della specie nella regione in
collaborazione con l’ISPRA.
Uno specifico progetto1, finanziato
con fondi regionali, si è posto, come primo obiettivo, di fissare il “punto 0” della
distribuzione e della consistenza delle
popolazioni presenti sul territorio, con
metodi espliciti e ripetibili. Questo passo
è stato necessario per porre le basi per il
1
Progetto sullo “Stato di conservazione e distribuzione della
Coturnice (Alectoris graeca) nel Lazio. Intervento 13/a del IV
Accordo Integrativo dell’Accordo di Programma Quadro 7
Aree sensibili: parchi e riserve.
monitoraggio ed i dati raccolti, tra il 2007
e il 2009, hanno permesso di elaborare il
modello di distribuzione potenziale della
specie. Ulteriore obiettivo del progetto è
stato la redazione del piano d’azione regionale e solo successivamente, nel 2012,
è stata istituita la Rete regionale di monitoraggio della Coturnice, la cui attività
procederà d’ufficio all’interno delle strutture regionali e delle aree naturali protette coinvolte.
La Regione Lazio è estesa circa 17.200
2
km e più di un quarto della regione ha
territori montuosi potenzialmente idonei
alla presenza delle coturnici: per l’esplorazione, quanto più completa possibile,
sono state campionate tutte le aree vocate, definite tali sulla base di specifici
strati informativi territoriali con l’opinione
dell’esperto o in base alle conoscenze pregresse di presenza della specie. Per campionare queste aree sono stati utilizzati
due metodi; il primo metodo è quello del
censimento delle brigate durante il periodo estivo e autunnale mentre il secondo
metodo, successivamente utilizzato anche per il monitoraggio, è stato quello del
censimento primaverile al canto indotto,
finalizzato alla stima delle coppie presenti. I campionamenti sono stati condotti
- 49 -
Scalisi M.
sia sull’Appennino e sul Subappennino
laziale sia sull’Antiappennino dove sino a
tempi relativamente recenti era stata segnalata la presenza della specie (Figura 1)
Il campionamento estivo-autunnale è
stato condotto su territori di 250-750 ettari e in cui le singole unità campionarie
erano mediamente di 50 ettari: tali superfici non sono definibili a priori poiché
variano fortemente con l’orografia e l’accessibilità dei territori. Con questo tipo di
campionamento è possibile verificare anche il successo riproduttivo, se eseguito
precocemente quando è ancora possibile
distinguere gli adulti dai giovani.
Le singole unità campionarie sono state esplorate seguendo le isoplete a “gradini” di 50 metri di altitudine (Figura 2), con
l’utilizzo di cani da ferma certificati per
questo tipo di impiego: ciò non è affatto
semplice se si pensa che nel Lazio la Coturnice non è più cacciabile da molti anni
e che pertanto non dovrebbero esserci
cani allenati per questa attività. L’impiego
di cani è in ogni caso una fonte importante di errori sia per la diversa efficienza di
ogni cane, nella capacità di esplorare il
territorio e nella capacità di “fiutare” le coturnici e di “fiutarle” senza disperdersi su
altre tracce, sia per la diversa modalità di
lavoro; una ulteriore valutazione sui cani
dovrebbe essere fatta per la capacità di
preservare o meno le eventuali “prede”.
Questo tipo di campionamento presenta anche altre criticità: la difficoltà autorizzativa per l’accesso dei cani nelle aree
naturali protette e l’elevato grado di difficoltà organizzativa, dovendo prevedere
il perfetto coordinamento di ricercatori,
volontari (i conduttori dei cani), guardiaparco ed eventuali altri soggetti.
Il campionamento primaverile, eseguito tramite stimolazione sonora (playback)
è finalizzato alla raccolta di dati sulle coppie presenti nel territorio prima dell’avvio della riproduzione. Il censimento è
stato effettuato entro le prime quattro
ore dall’alba, laddove possibile, poiché
è stato osservato da diversi autori2,3 una
Fig. 1. Porzione orientale del Lazio interessata da catene montuose (Appennino centrale, Subappennino
laziale e Antiappennino). Sono raffigurati i punti di
ricerca della specie.
2 Bernard-Laurent A., Laurent J.L. 1984. Méthode de recensement des perdrix bartavelles
(Alectoris graeca saxatilis Bechstein 1805) au printemps; applications dans les Alpes Maritimes. Gibier Faune Sauvage 4: 69-85.
3 Bocca M. 1990. La Coturnice Alectoris graeca e la Pernice bianca Lagopus mutus in Valle
d’Aosta. Regione Autonoma Valle d’Aosta. Comitato Regionale Caccia della Valle d’Aosta.
- 50 -
Piano d’azione per la Coturnice nel Lazio e avvio del monitoraggio ...
Fig. 2. Modalità di esplorazione delle singole unità campionarie nel campionamento estivo-autunnale.
Vengono esplorate aree di 50 ettari lungo le isoplete con “gradini” altitudinali di 50 metri.
riduzione dell’attività canora dopo tale
periodo. Questa modalità di operare,
comporta uno sforzo non indifferente, da
parte dei ricercatori, poiché recarsi nelle
aree riproduttive richiede talvolta molto
tempo e risulta complicato per la difficile
accessibilità dei luoghi. Le attività di campo sono state condotte lungo transetti
nelle zone ritenute idonee: per ogni punto sono state effettuate emissioni sonore
nelle quattro direzioni cardinali, ognuna
della durata di venti secondi e intervallate
da venti secondi di ascolto. Ogni stazione
era distanziata dall’altra almeno 300 metri; questa distanza è stata fissata a seguito di prove sperimentali in campo, in cui
sono state verificate la distanza di ascolto
delle emissioni sonore e delle eventuali
risposte di maschi di Coturnice.
I dati così raccolti (Figura 3), hanno
permesso l’elaborazione di un indice chilometrico di abbondanza di maschi in
canto e successivamente inferito il numero di coppie per km2. Per tale inferenza è
stato usato un fattore di 0,4, pari ad una
presunta portata di 200 metri per ogni
lato del transetto, dell’emissione sonora e
- 51 -
di ascolto dell’eventuale risposta. I risultati
ottenuti sono stati elaborati in due diversi
modi ovvero sono stati effettuati i calcoli
sia per i soli transetti positivi, cioè transetti in cui era effettivamente presente la
Coturnice, sia per la totalità dei transetti
visitati (Tabella 1). Non sempre, in bibliografia, è chiaramente espresso il calcolo
effettuato; per questo motivo è molto
spesso difficile paragonare i risultati ottenuti con quelli bibliografici.
Alcuni dati sono particolarmente rilevanti: le densità maggiori di Coturnice registrate nel Lazio, sono state di 2,02 e 1,90
cp/km2 rispettivamente nelle Montagne
della Duchessa (riserva naturale regionale) e nei Monti Reatini (gruppo del Monte
Terminillo, oasi faunistica), mentre in zone
molto vocate ma con differente tutela del
territorio, come i Monti Ernici, si registrano valori di 0,41 cp/ km2 pur essendo in
continuità con il Parco Regionale dei Monti Simbruini (0,84 cp/km2). Nonostante i
censimenti effettuati (per il progetto di
cui alla nota 1), non sono state più trovate
coturnici in alcune aree del Subappennino laziale, in particolare a Monte Cairo,
Scalisi M.
Tabella 1. Dati quantitativi delle abbondanze relative di Coturnice nei vari territori del Lazio investigati: i calcoli
sono stati effettuati sia per i soli transetti in cui è stata rilevata la specie sia per la totalità dei transetti effettuati
(da Sorace et al., 2013 mod.)
sui Monti Lucretili e sui Monti Navegna
e Cervia e in tutto l’Antiappennino. Per
queste aree erano presenti alcune segnalazioni nel penultimo (Boano et al., 1995)
e nell’ultimo (Brunelli et al., 2011) atlante degli uccelli nidificanti del Lazio. I dati
bibliografici sono concordi nel registrare una contrazione dell’area di presenza
della Coturnice all’interno della Regione
Lazio. Sono da registrare, ad ulteriore detrimento della specie, la presenza di specie alloctone particolarmente “pericolose”
per la Coturnice come la Chukar, almeno
nell’Antiappennino. Durante il progetto
sono state anche tentate le cattura finalizzate alle indagini genetiche sulla specie:
tali tentativi non hanno permesso la cattura di alcun individuo.
I dati di densità estrapolati dalla bibliografia (Tabella 2) sono molto eterogenei e difficilmente paragonabili, sia per
la varietà di ambienti che per la varietà
di metodi utilizzati (in campo e di calcolo). Per quanto riguarda il Lazio bisogna
evidenziare le densità in aree sottoposte
a tutela, in cui non è consentita l’attività
- 52 -
Piano d’azione per la Coturnice nel Lazio e avvio del monitoraggio ...
venatoria ai sensi della L. 394/91 e della
L. 157/92, e in aree in cui è consentita la
caccia. Per aree in cui è vietata la caccia si
intendono sia le aree naturali protette ai
sensi della L. 394/91 sia le aree in cui non
è possibile il prelievo venatorio ai sensi
della L. 157/92 e della relativa normativa
regionale, ad esempio le oasi faunistiche.
Il Monte Terminillo è risultata l’area più
importante per la Coturnice del Lazio, e
non è un’area naturale protetta stricto
sensu ma è un’oasi faunistica. è evidente
una discrepanza notevole tra le aree ad
elevata vocazionalità in cui non è consentita la caccia (1,26 cp/km2) ed in aree in cui
è consentita (0,31 cp/km2) per un totale di
171-342 coppie stimate per il Lazio.
Grazie ai dati di presenza raccolti in
campo, è stato elaborato un modello di
idoneità ambientale, su base induttiva,
utilizzando la metodica dell’ENFA, (Ecological Niche Factor Analysis) tramite il
software Biomapper 4.0, che permette di
esprimere l’ecologia della specie in base a
due parametri: la marginalità e la specializzazione.
La mappa di idoneità ambientale
proposta è riportata in Figura 5. Le variabili ecogeografiche che maggiormente
influenzano la distribuzione potenziale
della Coturnice sono l’altitudine, la pendenza, l’esposizione a sud e la presenza
di aree a vegetazione rada. I dati raccolti e le analisi effettuate sulla presenza
della Coturnice nel Lazio sono trattati in
Sorace et al. (2011). Questo volume (Figura 4) è liberamente scaricabile dal sito
Fig. 3. Risposte di Coturnice allo stimolo sonoro durante i rilievi primaverili.
istituzionale dell’ARP http://www.arplazio.it
e il piano d’azione è stato approvato con
determinazione del Direttore del Dipartimento Istituzionale e Territorio A12409
del 30/11/2012: questo atto pone un obbligo a tutte le strutture regionali di tenere in considerazione il piano, nelle valutazioni ambientali e in tutti quei piani che
possono avere relazioni con la Coturnice,
ad esempio i piani faunistico-venatori.
L’attività di raccordo tra le azioni previste dal piano e la loro efficacia è quella
della sorveglianza dello stato di conservazione. Il progetto di cui alla precedente
nota1 era anche rivolto alla definizione di
un punto zero per l’attività di sorveglianza
dello stato di conservazione ai sensi della
- 53 -
Scalisi M.
Tabella 2. Confronto delle densità di Coturnice in vari studi condotti in Italia; la
bibliografia completa è riportata in Sorace et al., 2011
direttiva 92/43/CEE, come definito all’articolo 11, e per la successiva rendicontazione di cui all’articolo 17, il cosiddetto
reporting. Questa attività di sorveglianza
è stata recepita dallo Stato italiano con il
DPR 357/97, che all’articolo 7 impone il
- 54 -
monitoraggio delle specie (e degli habitat) e demanda alle Regioni queste attività. Il monitoraggio è l’attività che permette di verificare la bontà delle scelte fatte
per la conservazione di specie e habitat e
che conseguentemente consente di adat-
Piano d’azione per la Coturnice nel Lazio e avvio del monitoraggio ...
Fig. 4. Volume pubblicato dall’ARP sulla Coturnice
Fig. 5. Mappa di idoneità ambientale per la Coturnice prodotta con l’uso del software Biomapper 4.0.
Sono riportate anche le aree naturali protette e le
Zone di Protezione Speciale (ZPS).
tare le strategie di gestione che si stanno
attuando. La Regione Lazio si è dotata
di una specifica norma, la deliberazione
della Giunta regionale 497/2007, che istituisce la rete regionale di monitoraggio
e di cui l’Agenzia è il Focal Point, quindi
il cuore centrale che raccoglie tutti i dati
e li inserisce in specifiche banche dati.
Nella rete ci sono due grossi raggruppamenti: i rilevatori che raccolgono i dati
in campo e che solitamente afferiscono al
personale in servizio presso le aree protette, e i referenti che hanno funzione di
coordinamento sia per le conoscenze specialistiche sia per l’organizzazione territoriale i quali sono coordinati dal Focal Point.
Fig. 6. Dati raccolti durante la campagna di monitoraggio 2013. I dati raccolti (rombi verdi) sono rappresentati insieme a quelli raccolti in precedenza
(triangoli rossi).
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Scalisi M.
Nell’ambito della Rete regionale di monitoraggio, nel 2013 è stata avviata la rete
di monitoraggio specifica per la Coturnice; per questa attività saranno utilizzate le
metodiche messe a punto con il progetto
iniziale1 ed in particolare tramite il metodo più facile e più ripetibile ovvero quello del censimento al canto in primavera.
I dati raccolti sono riportati in Figura 6 e
denunciano lo strano andamento climati-
co dell’anno in cui la stagione fredda si è
protratta a lungo: alla fine di giugno era
ancora presente la neve in alcuni quartieri
riproduttivi della Coturnice (dove è stato
eseguito il monitoraggio).
Non è stato possibile verificare se la
stagione riproduttiva era solamente in ritardo o se è stata persa per le avverse condizioni meteorologiche.
Letteratura citata
Boano A., Brunelli M., Bulgarini F., Montemaggiori A., Sarrocco S., Visentin M. (a cura di), 1995. Atlante
degli Uccelli nidificanti nel Lazio. Alula II (1-2): 42-43.
Brunelli M., Sarrocco S., Corbi F., Sorace A., Boano A., De Felici S., Guerrieri G., Meschini A., Roma S. (a
cura di Sorace A., Properzi S., Guglielmi S., Riga F., Trocchi V., Scalisi M., 2011. La Coturnice nel Lazio:
status e piano d’azione. Edizioni ARP, Roma; 80 pp.), 2011. Nuovo atlante degli uccelli nidificanti nel
Lazio. Edizioni ARP, Roma: 80-81
Sorace A.,Guglielmi S., Properzi S., Riga F., Trocchi V., Scalisi M., 2013. Rock Partridge Alectoris graeca
in Lazio region (Central Itay): Status and Action Plan. Avocetta, 37: 141-144
- 56 -
Status e conservazione della Coturnice: 58-79, 2014
Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice
(Alectoris graeca saxatilis) in ambiente alpino: necessità
di uniformare le modalità di censimento
Luca ROTELLI
Via Valverde, 98 - 21100 Varese - [email protected]
Introduzione
Le risorse economiche ed umane disponibili per la gestione dei galliformi alpini sono, per varie ragioni, assai inferiori
rispetto a quelle destinate ad altri gruppi
di animali, quali ad esempio gli ungulati
ed i grandi carnivori. I primi sono, ormai
da alcuni decenni, al centro della gestione
venatoria, in quanto le loro popolazioni
sono diventate talmente numerose da
rendere necessaria la loro regolazione; i
secondi invece ricevono attenzioni sempre maggiori a causa dell’impatto emotivo che hanno sulla società e di quello che
la loro presenza può avere su alcune attività umane, come per esempio la zootecnia. I galliformi alpini, invece, nonostante
venga loro ormai unanimemente riconosciuto l’importante ruolo di indicatori biologici e di “specie ombrello” dell’ambiente alpino, sono conosciuti ed apprezzati
quasi esclusivamente dagli addetti ai lavori, venendo di fatto relegati a specie di
scarso interesse gestionale e conservazionistico dalla maggior parte degli enti che
operano sul territorio. Il loro “torto” è quello di essere specie di piccole dimensioni,
di essere difficilmente osservabili dalla
maggior parte delle persone, quindi poco
attraenti dal punto di vista dell’immagi-
ne e di non avere alcun impatto sull’ambiente. Nel frattempo anche per il mondo
venatorio queste specie hanno perso importanza nel corso degli ultimi decenni, a
causa del declino delle loro popolazioni,
dopo essere state per un lungo periodo di
tempo i trofei più ambiti del cacciatore di
montagna. In realtà gli unici sforzi condotti oggigiorno per conoscere il trend delle
popolazioni di galliformi alpini sono quelli sostenuti da alcune amministrazioni, in
collaborazione con i cacciatori per giustificare l’attività venatoria. è comunque sintomatico il fatto che se una specie non rientra più tra quelle cacciabili, perde molto
velocemente importanza e di essa non ci
si interessa più. è successo in passato per il
Gallo cedrone (Tetrao urogallus) ed il Francolino di monte (Tetrastes bonasia), sta capitando attualmente per la Pernice bianca
(Lagopus muta) e sempre più spesso anche per la Coturnice (Alectoris graeca).
Tale situazione, unita alle notevoli difficoltà che pone il censimento di questi
uccelli in ambiente alpino, rende quanto
mai urgente una migliore pianificazione
dei programmi di monitoraggio ed un
coordinamento fra i vari organismi pubblici e privati interessati alla conservazione della fauna: servizi faunistici, aree
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Rotelli L.
protette, associazioni venatorie e cinofile,
associazioni ambientaliste, agricoltori e
pastori, società che gestiscono attività turistiche in montagna.
vaste aree e suggerisce per questo l’applicazione delle scelte metodologiche che
verranno illustrate più avanti (Rotelli e
Bocca, 2004).
Le operazioni di conteggio e le stime
di densità della Coturnice, come del resto
anche quelle dei tetraonidi, sono generalmente poco agevoli e presuppongono
sforzi organizzativi notevoli. Ai problemi
legati all’etologia delle specie in questione e all’asprezza dell’ambiente in cui vivono, si somma la difficoltà di reperire in
buon numero personale sufficientemente preparato e motivato. Ciò determina
l’impossibilità di effettuare censimenti su
La situazione della Coturnice sulle Alpi
Nel corso degli ultimi cinquant’anni le
popolazioni di Coturnice (Alectoris graeca
saxatilis) sulle Alpi sono andate incontro
ad una evidente riduzione numerica (Fig.
1) e ad una altrettanto marcata contrazione dell’areale di distribuzione. Questo
fenomeno ha avuto una differente importanza nelle diverse aree geografiche
dell’arco alpino, manifestandosi in modo
alquanto accentuato soprattutto nell’area
Fig. 1. Andamento dei prelievi di Coturnice in Provincia Autonoma di Trento nel periodo 1968-2012. Sebbene i
prelievi dipendano anche dalle diverse modalità con cui l’attività venatoria viene svolta, per cui la pressione di
caccia di periodi molto diversi non è totalmente confrontabile, il trend negativo è talmente evidente da rispecchiare in modo sufficientemente preciso quello delle popolazioni. Dopo il 2000, in diversi anni, l’attività venatoria è stata sospesa in via precauzionale (fonte: Servizio Foreste e Fauna, Ufficio Faunistico, Provincia Autonoma
di Trento).
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Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ...
Fig. 2. Zone di riproduzione della Coturnice sulle Alpi occidentali. Le praterie d’altitudine
si estendono tra il limite superiore del bosco di Abete rosso, posto intorno ai 1.700-1.800
metri e le creste sommitali che si snodano tra i 2.300 ed i 2.600 metri di quota (foto Luca
Rotelli).
Fig. 3. Area di presenza della Coturnice, posta ben al di sopra del limite superiore del bosco,
sulle Alpi centrali. Si tratta di un ambiente frequentato dalla specie esclusivamente durante
il periodo riproduttivo, in primavera-estate e fino alle prime abbondanti nevicate in autunno (foto Luca Rotelli).
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Rotelli L.
Fig. 4. Zona prealpina frequentata dalla Coturnice durante tutto il corso dell’anno. Il limite
del bosco di Faggio si colloca intorno ai 1.400-1.500 metri, mentre le creste si trovano intorno ai 2.100-2.200 metri (foto Luca Rotelli).
Fig. 5. Un vecchio alpeggio ormai abbandonato e parzialmente invaso dalla rinnovazione
di Acero di monte, Frassino e Nocciolo. Si tratta di un’area posta a circa 1.300 metri di quota,
ancora visitata regolarmente dalla Coturnice in inverno, quando è costretta ad abbandonare per l’eccesivo innevamento le zone cacuminali che si vedono sullo sfondo e che si trovano a circa 2.300 metri di altitudine. Quando la rinnovazione forestale avrà definitivamente
preso il sopravvento, le coturnici dovranno andare alla ricerca di altre zone aperte, sempre
che siano disponibili (foto Luca Rotelli).
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Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ...
prealpina, dove ormai il loro numero è
talmente esiguo da mettere in discussione la vitalità stessa delle popolazioni.
Nelle aree tipicamente alpine invece, la
specie è ancora distribuita in modo relativamente uniforme, anche se con densità molto diverse, con popolazioni più
abbondanti sulle Alpi centro-occidentali.
Fanno eccezione le vallate più interne
delle Alpi, dove, a causa dell’altitudine
elevata del fondovalle, la mancanza di
aree di svernamento, si ripercuote negativamente sulla presenza della specie.
La Coturnice, sulle Alpi, predilige versanti ben strutturati esposti ai quadranti
meridionali, caratterizzati dalla presenza
di affioramenti rocciosi e da formazioni a
vegetazione erbacea bassa, con pendenze
da medie a forti. Durante il periodo riproduttivo la si trova soprattutto nella zona
del piano subalpino, da cui può scendere
fino a quello montano nel caso in cui non
sia eccessivamente boscato. Preferisce le
praterie d’altitudine inframmezzate da
arbusti nani e interrotte da barre rocciose
e da pietraie, frequentando anche boschi
molto radi di Larice ed Abete rosso (Figg.
2, 3 e 4).
Fig. 6. Riduzione delle superfici prative e pascolive,
all’interno dei poligoni gialli, nel Trentino orientale,
tra il 1954 (in alto) ed il 1999 (in basso). La foto di
mezzo indica la situazione nel 1984. In pratica circa il 90% delle aree aperte è scomparso nel giro di
appena cinquant’anni (Archivio Ente Parco Naturale
Paneveggio – Pale di San Martino).
Soprattutto durante l’inverno ricerca in particolar modo i versanti acclivi
esposti a mezzogiorno su cui la neve si
scioglie rapidamente. Non essendo così
ben adattata ai rigori invernali come i
tetraonidi, durante inverni molto nevosi
è costretta ad abbandonare le quote più
alte cercando riparo ad altitudini inferiori,
dove l’innevamento è meno abbondante
- 61 -
Rotelli L.
e durevole (Fig. 5). In passato queste migrazioni verticali erano possibili grazie al
fitto mosaico di aree aperte presente con
continuità lungo il gradiente altitudinale,
che l’uomo con le sue attività aveva prodotto, togliendo al bosco vaste superfici
per creare pascoli, prati da sfalcio e terreni dove coltivare specie cerealicole come
l’orzo, l’avena e la segale. Tra le cause principali di regressione delle sue popolazioni, la frammentazione, la degradazione e
la perdita dell’habitat rappresentano sicuramente il fattore maggiormente rilevante. Per molti secoli l’uomo con le attività
agro-silvo-pastorali ha modificato il paesaggio alpino a tutto favore della Coturnice e di alcune specie di tetraonidi, ampliando in modo sostanziale il sistema di
aree aperte presente originariamente. In
Trentino, nel corso di appena cento anni,
tra la fine del XIX e l’inizio del XXI secolo la
superficie delle aree prative e pascolive si
è dimezzata a vantaggio del bosco (Fig. 6)
(Rotelli, 2014 in stampa).
Il fenomeno dello spopolamento della
montagna ha avuto un picco tra la prima
e la seconda guerra mondiale, proseguendo poi con diversa intensità fino agli anni
Settanta. Nel giro di pochi decenni, in generale, il paesaggio si è quindi modificato
da un fine mosaico, con un alto grado di
compenetrazione di habitat diversi (alto
effetto margine), ad un mosaico più grossolano, costituito da vasti appezzamenti
di habitat uniformi (Rotelli, 2006), dove le
aree aperte sono diminuite drasticamente
a favore del ritorno del bosco (Fig. 7).
Tra i fattori limitanti di origine naturale
si possono poi citare la predazione, il cui
impatto rispetto al passato è sicuramente
aumentato per l’incremento delle popolazioni dei vari predatori e le condizioni
meteorologiche avverse, soprattutto nel
periodo dell’allevamento delle nidiate e
durante l’inverno (Fig. 8). Tra quelli antropici vanno invece ricordati il pascolamento intensivo, a causa dell’utilizzo di greggi
di pecore sempre più numerose, situazione questa spesso aggravata dalla loro
conduzione in montagna in largo anticipo
rispetto al periodo di nidificazione della
Coturnice, lo sviluppo delle infrastrutture
per la pratica degli sport invernali e l’aumentata frequentazione turistica ad esse
associate.
Pure influente l’attività venatoria che,
soprattutto in passato è stata condotta
con modalità poco rispettose della con-
Fig. 7. In passato l’ambiente montano è stato modellato fortemente da parte dell’uomo con attività
come l’agricoltura e la zootecnia di montagna. Per
molti secoli l’uomo ha creato prati, pascoli e terreni
destinati all’impianto delle colture cerealicole, come
orzo, avena e segale. Di questa situazione le popolazioni di Coturnice hanno tratto grande vantaggio,
raggiungendo elevate densità e occupando ambienti originariamente non vocati alla sua presenza (Archivio Luca Rotelli).
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Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ...
servazione delle sue popolazioni e l’introduzione di altre specie consimili (Pernice
rossa e chukar) per fini venatori, con la
possibilità che si incrocino con la Coturnice dando vita ad ibridi fecondi. La produzione di questi ibridi, che sono meno
adattati alle condizioni delle zone di montagna, rappresenta così una minaccia per
la conservazione della variabilità genetica
delle popolazioni autoctone di Coturnice
(Fig. 9). Un altro problema non trascurabile rispetto all’immissione di altre specie
sistematicamente affini riprodotte in cattività è la trasmissione di parassitosi, come
l’istomoniasi e la capillariosi e patologie parassitarie di origine virale e batterica, molto
frequenti in esemplari d’allevamento.
Sulle Alpi la Coturnice condivide molti dei problemi di conservazione sopra
accennati con altre specie di galliformi
appartenenti alla famiglia dei tetraonidi. Vive infatti in simpatria con la Pernice
bianca verso il limite altitudinale superiore del suo areale di distribuzione e con il
Fagiano di monte verso quello inferiore. In
tabella 1 sono riportate per ciascuna specie di galliformi alpini le criticità ritenute
maggiormente responsabili nell’aver determinato in questi decenni la regressione
delle loro popolazioni.
Attualmente la Coturnice è inclusa
come entità specifica (comprensiva di
tutte le sottospecie) nell’Allegato I della nuova Direttiva 2009/147/CE “Uccelli”.
E’ inserita, inoltre, nell’Allegato III della
Convenzione di Berna. La Coturnice ha
uno stato di conservazione sfavorevole
Fig. 8. Nidiata di coturnici trovate morte dopo una
violenta grandinata durante il mese di giugno. Sulle
Alpi eventi meteorologici violenti sono sempre più
numerosi rispetto al passato, potendo influenzare
notevolmente le popolazioni di Coturnice, soprattutto quando si verificano in momenti molto delicati
per questo fasianide, come il periodo riproduttivo e
la stagione invernale (foto Giovanni Pelucchi).
(SPEC 2) in tutta Europa, in quanto le sue
popolazioni sono caratterizzate da un
continuo stato di declino (BirdLife International, 2004). Nella Lista Rossa nazionale è considerata specie vulnerabile (LIPU
e WWF, 1999), tuttavia è specie cacciabile
ai sensi della Legge n. 157/1992, art. 18.
Principi e finalità del monitoraggio delle popolazioni di Coturnice
Il monitoraggio delle popolazioni di
Coturnice è molto importante, non solo in
relazione alla gestione dell’attività venatoria, ma più in generale alle modificazioni ambientali e climatiche e alla presenza
sempre più massiccia dell’uomo negli ambienti frequentati da queste specie, al fine
di comprendere meglio i fattori responsabili delle sue fluttuazioni nel corso del
tempo e per sviluppare strategie di conservazione sempre più incisive.
- 63 -
Rotelli L.
popolazioni di Coturnice passa attraverso
due fasi conoscitive:
• la determinazione del numero dei maschi riproduttori in primavera;
• il calcolo del successo riproduttivo delle
femmine in estate.
Fig. 9. A sinistra maschio di Pernice rossa, a destra
femmina di Coturnice. La foto è stata scattata durante il periodo riproduttivo sulle prealpi biellesi, in
Piemonte. La presenza della Pernice rossa in questa
area delle Alpi è da attribuire con certezza all’immissione illegale per fini venatori (foto Alessandro Castello).
Perché l’attività di monitoraggio delle
popolazioni di Coturnice possa rispondere a questi requisiti è necessario che venga organizzata e svolta in modo tale che
i dati raccolti ci consentano innanzitutto
di ottenere informazioni utili a quantificare i diversi parametri (densità dei maschi
in primavera, successo riproduttivo in
estate, ecc.) importanti per caratterizzare
le sue popolazioni. Tali dati dovrebbero
essere quindi raccolti con metodologie
standardizzate in grado di quantificare
con il maggior grado di dettaglio possibile le variazioni numeriche delle popolazioni ed i vari parametri riproduttivi, e
dovrebbero possibilmente ispirarsi a tecniche già consolidate e utilizzate anche in
altri settori dell’arco alpino, in modo che i
dati raccolti siano confrontabili con quelli
di altre popolazioni che vivono sulle Alpi
(Rotelli, 2011).
La valutazione della consistenza delle
L’organizzazione delle attività di monitoraggio della Coturnice è influenzata da
diversi fattori: alcuni legati alla sua etologia, altri determinati dalla topografia
del territorio (morfologia e accessibilità
dell’area di studio) ed altri ancora di tipo
organizzativo (disponibilità di personale).
Organizzazione delle operazioni di censimento
è auspicabile che la pianificazione delle attività censuali veda il coinvolgimento
di tutti gli enti interessati (servizi faunistici, aree protette, associazioni venatorie)
e che avvenga con metodologia standardizzata e sotto il coordinamento di
un’unica regia, su tutta l’area geografica
ricadente all’interno dell’unità di gestione. Una organizzazione delle operazioni a
livello locale rischia infatti di disperdere le
scarse risorse disponibili (fondi e personale), diminuendo nel contempo il livello di
uniformazione dei rilievi. Un accordo preliminare tra tutti gli enti coinvolti è quindi
di fondamentale importanza per ottenere
una rete di monitoraggio realmente efficace. Dal punto di vista metodologico va
sottolineata l’importanza dei seguenti
punti:
- selezione delle aree campione per mezzo di criteri chiari ed oggettivi, al fine di
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Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ...
garantire una maggiore uniformazione
delle operazioni;
- utilizzo delle stesse aree e metodologie
per un lungo periodo, al fine di ottenere
serie storiche confrontabili;
- partecipazione congiunta di personale di diversa estrazione (guardiaparco,
guardiacaccia, guardie forestali, cacciatori e naturalisti).
Censimenti primaverili: scelta e dimensionamento delle aree campioni e definizione del periodo di esecuzione
Se ben pianificati, consentono di evidenziare correttamente la dinamica di
popolazione a livello locale e di ottenere
stime attendibili di densità dei maschi
territoriali. A tal fine occorre selezionare
una serie di aree campione con una superficie ottimale di alcune centinaia di ettari, omogeneamente distribuite sul terri-
Tab.1 Cause principali ritenute responsabili del declino delle popolazioni dei galliformi alpini, con indicazione dell’effetto sull’ambiente utilizzato e delle conseguenze che ciò ha avuto per ciascuna specie. Per
tutte e cinque le specie l’aumento delle popolazioni di predatori, sia di mammiferi che di uccelli, viene
considerato un altro elemento estremamente importante per spiegare la loro regressione.
- 65 -
Rotelli L.
torio considerato, rappresentative di tutte
le tipologie ambientali utilizzate dalla Coturnice in una determinata zona geografica, sia in aree prive di forti interferenze
di origine antropica (prelievo venatorio,
infrastrutture per la pratica degli sport invernali, disturbo turistico, ecc.) sia in aree
dove invece queste attività sono svolte. I
dati così ottenuti, pur non potendo offrire stime di densità estrapolabili su ampi
comprensori, possono essere un utile ausilio nell’evidenziare il trend delle popolazioni a livello locale (Rotelli e Bocca, 2004).
Un elemento di particolare importanza nella pianificazione di un programma
di monitoraggio riguarda la dimensione
delle aree campione. Esse devono avere
una superficie tale da poter ospitare una
parte rappresentativa della popolazione
che si intende censire. Questa esigenza
introduce il concetto di unità minima di
campionamento, con il quale si intende
un’area stabilmente frequentata da una
parte di una popolazione più grande, in
cui gli spostamenti dei singoli individui,
durante il periodo riproduttivo, possono
essere considerati, se non del tutto assenti, almeno in gran parte limitati, in modo
che la grandezza dell’unità di popolazione
censita non sia influenzata in questo periodo da fenomeni rilevanti di emigrazione ed immigrazione. In generale un’area
campione dovrebbe avere una dimensione minima intorno ai 500 ha, mentre
non esistono limiti dimensionali superiori.
Nel caso della Coturnice la superficie
utilizzata per il calcolo della densità dei
maschi (maschi/100 ha) viene determi-
nata in base all’area che include l’habitat
della specie durante l’intero periodo riproduttivo (1 maggio-31 agosto). Un’area
di censimento primaverile dovrebbe avere un’ampiezza tale da poter permettere
di conteggiare circa 10 maschi. Questa dimensione del campione può infatti essere
considerata sufficiente per evidenziare il
trend delle popolazioni investigate.
Il periodo migliore per l’esecuzione dei
censimenti primaverili va dall’ultima settimana di aprile alla fine di maggio (25 aprile – 31 maggio), a seconda dell’ubicazione
dell’area. Nelle zone prealpine, l’attività riproduttiva può già essere elevata durante
la fine di aprile, mentre in zone più interne, con caratteristiche più alpine, di solito
il periodo migliore è maggio.
Considerando che gli ambienti frequentati da questo fasianide si trovano
per lo più su versanti esposti a sud, in
molti anni le sue aree riproduttive, anche
in zone tipicamente alpine, possono comunque essere raggiunte senza particolari problemi già all’inizio di maggio.
Il censimento di ciascuna area campione deve essere ripetuto almeno due volte,
o ancor meglio tre, con condizioni meteo ottimali, evitando giornate ventose o
successive a forti perturbazioni, nel corso
della stessa stagione, con lo scopo di individuare la giornata di miglior attività.
Censimenti estivi: scelta delle aree, grandezza del campione numerico e definizione del periodo
- 66 -
Sono finalizzati alla definizione del
Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ...
successo riproduttivo annuale. Devono
essere condotti nelle stesse aree dove
sono già stati effettuati i censimenti primaverili. Tuttavia poiché il loro obiettivo
è unicamente quello di determinare il
successo riproduttivo e non quello di calcolare la densità, il campione raccolto in
queste aree può essere integrato con osservazioni fatte in zone limitrofe, qualora
non dovesse essere numericamente sufficiente. è fondamentale che la scelta dei
settori da percorrere con cani da ferma
sia quanto mai oculata, al fine di evitare
una sovrastima della produzione di giovani. Il calcolo del successo riproduttivo,
espresso nella Coturnice come rapporto
tra il numero totale di giovani e quello
degli adulti, e la raccolta dei parametri
necessari per comprendere l’andamento
della stagione riproduttiva (% dei giovani nella popolazione estiva e dimensione
media delle nidiate) vanno effettuati su
un numero di almeno 30 individui adulti
per singolo settore geografico. E’ quindi
preferibile accorpare i dati di aree relativamente grandi e il più possibile omogenee
dal punto di vista ambientale e climatico,
piuttosto che distribuire l’analisi sulle diverse entità amministrative col rischio di
lavorare su campioni di pochi individui.
Ciò evidenzia una volta di più la necessità
del coordinamento su ampia scala proposto in precedenza.
Il periodo utile per i conteggi estivi è
assai breve. Da un lato occorre infatti evitare disturbi a nidiate con giovani poco
sviluppati e dall’altro che i censimenti
vengano effettuati prima del periodo del-
la dispersione tardo estiva delle nidiate.
Inoltre poiché lo sviluppo ponderale dei
giovani è molto veloce, è importante scegliere il momento in cui la distinzione tra
adulti e giovani è ancora possibile. Fatte
queste considerazioni, il periodo più adatto per l’esecuzione dei censimenti estivi
di Coturnice sulle Alpi si colloca tra il 5
agosto ed il 20 agosto, in anni con un andamento climatico normale. In anni con
un ritardo nell’inizio della nidificazione a
causa di inverni prolungati, il loro avvio
Fig. 10. L’uso corretto ed efficace del magnetofono
presuppone una esperienza e competenza notevole. Soltanto un utilizzo ben dosato può avere l’effetto
di stimolare il canto dei maschi di Coturnice. Molto
spesso questo aspetto viene sottovalutato ed il censimento viene effettuato da personale senza alcuna
conoscenza né teorica né tantomeno pratica dell’attività che deve svolgere. In questo caso non è lecito
attendersi grandi risultati, con l’esito di sottostimare
di gran lunga la reale consistenza della popolazione
censita (foto Luca Rotelli).
- 67 -
Rotelli L.
dovrebbe essere posticipato di circa una
settimana, in questo caso è possibile continuare con le attività di censimento anche dopo il 20 agosto. Per nessun motivo i
censimenti estivi di Coturnice dovrebbero
essere eseguiti prima del 5 agosto.
Effettuazione dei censimenti invernali della coturnice con l’ausilio di cani da ferma
Possono fornire utili indicazioni sull’effettiva utilizzazione di alcuni ambienti
di origine antropica da parte della specie, abitualmente frequentati durante
la stagione invernale, evidenziandone
eventuali modificazioni sfavorevoli (coltivi terrazzati, pascoli, incolti di recente
abbandono). è importante che siano
condotti con situazioni di gelo ed innevamento simili da un anno all’altro, preferibilmente fra fine novembre e gennaio. Essi potranno permettere di trovare
eventuali correlazioni tra parametri quali
la dimensione media dei gruppi avvistati
e i valori dell’indice riproduttivo registrati
nell’estate precedente e quelli di densità
ottenuti nella primavera successiva nello
stesso settore geografico (Bocca, 1990).
Esecuzione pratica del monitoraggio primaverile dei maschi di Coturnice ed esposizione dei risultati
Nel caso della Coturnice, la localizzazione dei maschi si svolge lungo itinerari
mantenuti identici negli anni, utilizzando
l’uso del canto preregistrato. Il metodo di
conteggio primaverile dei maschi si basa
su quanto suggerito da Bernard-Laurent
(1984;1994a) per le Alpi francesi e da Boc-
ca (1990) per la Valle d’Aosta.
La ricerca dei riproduttori di Coturnice
viene effettuata lungo itinerari prestabiliti,
con l’aiuto del canto preregistrato emesso
da un magnetofono (play-back) (Fig. 10).
L’utilizzo di questo strumento è necessario dal momento che le emissioni
vocali spontanee risultano essere poco
affidabili, essendo prodotte con frequenza alquanto variabile anche nel periodo
centrale degli accoppiamenti (Fig. 11). I
conteggi sono condotti dalle prime luci
dell’alba (ore 4.30-5.00) fino in tarda mattinata, percorrendo i settori in cui l’area
campione è stata divisa con tragitti di andata e ritorno lungo differenti isoipse, partendo sempre dal basso, per evitare doppi
conteggi, data la traiettoria discendenti
degli involi. Lungo l’itinerario prestabilito,
l’osservatore si ferma di tanto in tanto per
lanciare il canto preregistrato.
Questi punti devono essere luoghi dominanti, che permettano il più possibile
la diffusione del canto preregistrato, da
un lato, e il facile ascolto delle emissioni
vocali di risposta dei maschi, dall’altro. Tali
luoghi dovrebbero essere spaziati tra di
loro di 200-300 metri, a seconda dell’orografia del terreno. Ogni area campione è
divisa in settori di superficie variabile tra i
50 e 80 ha, in modo tale che essi possano
essere perlustrati nel corso di una mattinata da parte di un osservatore. Il canto
preregistrato deve essere lanciato almeno
quattro volte da ciascun punto prescelto,
in direzione dei quattro punti cardinali, ed
avere una durata di circa 15 secondi per
- 68 -
Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ...
ciascuna emissione, con intervalli di ascolto di uguale durata.
I maschi contattati dovranno essere
divisi in: maschi solo uditi, maschi visti celibi, maschi visti accoppiati ed individui indeterminati (Tab. 2). Tutti gli individui visti
soli che non abbiano emesso alcuna manifestazione vocale verranno considerati di
sesso indeterminato (e divisi per due per
il calcolo della densità, considerando un
rapporto sessi di 1:1), mentre due individui visti insieme, anche se non hanno cantato, verranno sempre considerati come
una coppia. Poiché anche la femmina
può emettere delle emissioni vocali (che
si differenziano da quelle del maschio per
il fatto che la femmina non lancia l’ultima
parte della strofa, tipica solo del maschio),
nel caso di due individui visti insieme, entrambi cantori, verranno considerati come
una coppia. Tutti i contatti uditivi e visivi,
insieme con i punti da cui si è proceduto
all’emissione del canto, verranno segnati
su di una carta in scala 1:10.000 o 1:25.000
con una numerazione progressiva, mentre le caratteristiche di ciascuna osservazione verranno annotate sull’apposita
scheda (vedi allegato 1). I dati dovranno
essere registrati a seconda che i maschi
abbiano cantato spontaneamente o in risposta allo stimolo del canto preregistrato
(Bernard-Laurent, 1994a).
Il numero totale di maschi sarà pertanto uguale al numero di maschi visti in
canto + il numero di maschi solo sentiti +
il numero di maschi visti accoppiati + la
metà degli individui indeterminati.
I contatti al canto sono rappresentati
dai canti spontanei e dalle risposte al richiamo. Condizione necessaria per validare i risultati di un censimento di Coturnice è che almeno l’80% dei contatti siano
ottenuti al canto, quindi gli individui osservati senza che abbiano emesso alcuna
vocalizzazione non deve mai superare il
20%. Al di sotto della soglia dell’80% c’è il
rischio che in quella determinata giornata
una gran parte dei maschi non sia stata
individuata a causa della scarsa attività
canora. Anche la velocità delle risposte al
richiamo è un indicatore della qualità del
conteggio. Il numero dei maschi censiti è
di solito un valore minimo (in condizioni
favorevoli la sottostima è inferiore al 10
%). Per calcolare la densità e consentire
il confronto tra aree, il numero dei maschi osservati non è riferito alla superficie
dell’area effettivamente censita, perchè
questa varia da un anno all’altro a seconda dell’innevamento del giorno del censimento. La densità viene invece calcolata
sulla superficie della fascia di quota che
circoscrive l’intero habitat della specie
durante il periodo della riproduzione
(1 maggio - 31 agosto) (Bernard-Laurent,
1994a).
Al termine dell’attività di conteggio
il coordinatore delle operazioni di censimento ha cura di raccogliere le schede e
le cartine di tutti gli osservatori, facendo
un confronto tra i dati raccolti in settori
contigui, al fine di evitare doppi conteggi
e di preparare una scheda riassuntiva che
riporta il numero totale di maschi ossercensimento ha anche il compito di redige-
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Rotelli L.
Fig. 11. Maschio di Coturnice incuriosito dall’emissione del canto preregistrato mediante il magnetofono. Poiché il canto spontaneo dei maschi di Coturnice è generalmente alquanto irregolare, la sua
stimolazione è necessaria, perché i maschi possano
essere localizzati (foto Giovanni Pelucchi).
re una breve relazione in cui sono sintetizzate informazioni volte ad inquadrare le
operazioni censuali, come ad esempio le
condizioni atmosferiche, il grado di innevamento e la fenologia della vegetazione.
ha in primavera all’interno di ciascuna
area di gestione. I dati qui di seguito esposti si riferiscono solo alle tre aree censite
per l’intero periodo. La grandezza media
delle aree censite è stata di 420 ha nel C.A.
VCO 1 (area prealpina), di 466 ha nel C.A.
VCO 2 e di 463 ha nel C.A. VCO 3 (queste
ultime 2 entrambe in ambiente alpino). In
questo periodo e su queste aree il numero
dei maschi contattati è variato da un minimo di 6 ad un massimo di 15 nel C.A. VCO
1, da un minimo di 5 ad un massimo di
18 nel C.A. VCO 2 e da un minimo di 4 ad
un massimo di 18 nel C.A. VCO 3. La densità dei maschi è variata da un minimo di
1,11 nel 2009 ad un massimo di 3,33 maschi/100 ha nel 2000 e nel 2004 nel C.A.
VCO 1, da un minimo di 0,96 nel 2010 ad
un massimo di 3,4 maschi/100 ha nel 1999
Risultati dei censimenti primaverili
Utilizzando il metodo appena esposto,
nel periodo 1999-2010 nei 3 Comprensori
Alpini della Provincia del Verbano-CusioOssola sulle Alpi piemontesi, sono state
censite tre aree, una per ciascun Comprensorio con lo scopo di quantificare la
consistenza delle popolazioni per la pianificazione dell’attività venatoria. A partire
dal 2008 sono state inoltre aggiunte altre
tre aree, per soddisfare i criteri dimensionali imposti dalle “Linee guida per il monitoraggio e la ricognizione faunistica della
Tipica Fauna Alpina in Regione Piemonte”,
che imponevano di censire almeno 1000
Fig. 13. Setter in ferma su coturnici. Per poter svolgere efficacemente questa attività è necessario avere a
disposizione cani ben addestrati e cacciatori motivati ed appassionati: un connubio non facile da trovare
oggigiorno. Una componente venatoria collaborativa la si ottiene soltanto se, chi organizza queste
attività dimostra competenza e partecipa in prima
persona al lavoro sul campo, facendo poi tornare al
mondo venatorio un feedback di informazioni e conoscenze necessarie per interessarlo e coinvolgerlo
sempre più (foto Giacomo Giorgi).
- 70 -
Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ...
nel C.A. VCO 2 e da un minimo di 0,77 nel
2010 ad un massimo di 3,4 maschi/100 ha
nel 2007 nel C.A. VCO 3 (Fig. 12). In tutte le
aree la densità è diminuita drasticamente
a partire dal 2009, dopo l’inverno molto
nevoso del 2008-2009, che ha provocato il
dimezzamento delle popolazioni in tutte
e tre le aree censite.
Dati analoghi sono stati raccolti sulle
Alpi francesi, dove Bernard-Laurent (1984;
1987) ha trovato densità comprese tra 0,5
e 3,7 maschi/100 ha. Bocca (1990) in Valle
d’Aosta ha invece trovato densità oscillanti tra 1 e 8,5 maschi/100 ha, dove però le
densità più elevate sono state riscontrate
in aree di superficie inferiore ai 100 ha e
poi estrapolate.
Esecuzione pratica del censimento estivo
con l’ausilio di cani da ferma ed esposizione dei risultati
Il metodo normalmente utilizzato per
la raccolta di dati sul successo riproduttivo
della Coturnice prevede l’utilizzo di cani
da ferma ben dressati (Fig. 13) durante il
mese di agosto nel periodo compreso tra
il 5 ed il 20, periodo in cui la maggior parte
delle nidiate è già atta al volo, la mortalità
dei giovani si è già in gran parte verificata
e i giovani sono ancora facilmente distinguibili dagli adulti. Il metodo è stato ampiamente descritto da diversi autori: Léonard (1992) per le Alpi francesi, Zbinden
(1987) per le Alpi svizzere e Bocca (1987 e
1990) per quelle italiane.
Individuate le aree da censire, queste
vengono suddivise in settori e affidate
ad una squadra composta da due cacciatori, ciascuno accompagnato da un cane
(considerata l’importanza di un continuo
collegamento fra conduttore e ausiliare) e
da una guardia, il cui compito deve essere quello di compilare la scheda di campo
(vedi allegato 2) e di coordinare l’azione
dei due conduttori con i loro cani durante
l’ispezione del proprio settore, garantendo così una perlustrazione metodica ed
esaustiva. Il settore deve essere sempre
coperto con tragitti di andata e ritorno
lungo le linee di livello dal basso verso
l’alto a causa della traiettoria discendente degli involi. La dimensione dei singoli
settori può variare da un minimo di 20-30
ettari ad un massimo di 50-60 ettari, a seconda della topografia e del tipo di vegetazione presente.
Per una buona riuscita del censimento
è necessario poter stabilire l’appartenenza a classi di sesso ed età degli uccelli alzati: per questo motivo è necessario potersi
avvalere di cani da ferma ben dressati,
prudenti, con solida ferma, condizione
indispensabile per permettere ai loro conduttori di potersi avvicinare convenientemente e quindi di far involare i selvatici a
breve distanza, consentendo l’opportuno
riconoscimento.
Per quanto riguarda l’orario, i censimenti estivi ai galliformi alpini dovrebbero cominciare non prima delle 8-8.30, per
dar modo agli uccelli di ultimare la prima
fase dell’attività alimentare, permettendo
loro di lasciare segnali olfattivi su una superficie più estesa rispetto a quella dove
- 71 -
Rotelli L.
hanno trascorso la notte. In pratica però
occorre mediare fra l’efficienza dei cani
(minima nelle ore centrali del giorno in
presenza di temperature medio-alte) e
il comportamento degli uccelli: nel caso
della Coturnice, che frequenta anche
d’estate versanti molto soleggiati, appare
opportuno anticipare l’inizio del censimento tra le 6.00 e le 7.00 del mattino per
dar modo ai cani di lavorare nelle ore più
fresche.
I principali parametri riproduttivi ricavabili dai censimenti estivi nel caso della
Coturnice sono i seguenti:
- numero totale di femmine con nidiata;
- numero medio di pulli per nidiata;
- numero totale di adulti senza nidiata;
- indice riproduttivo (rapporto totale
giovani/totale adulti);
- % di giovani nella popolazione estiva;
- sviluppo dei giovani, sulla base classi di
dimensione precisate sulle schede di
campo.
Per la Coturnice va chiarito l’uso dei
termini “volo”/”brigata” (gruppo di individui adulti) e “nidiata” (giovani, solitamente
accompagnati da un adulto): la presenza
di gruppi di soli adulti in estate (femmine
senza giovani oppure di maschi) è spesso
sottovalutata o ignorata in ambito venatorio e l’errata interpretazione di alcuni
avvistamenti porta ad un calcolo falsato
del successo riproduttivo. E’ opportuno a
questo proposito sottolineare la difficoltà
di attribuzione di singoli individui a categorie di età nel caso di nidiate con giova-
ni già ben sviluppati (oltre i 2/3 delle dimensioni degli adulti) (Bocca, com. pers.).
Questo giustifica la scelta di non protrarre
i censimenti estivi oltre il termine del 20
agosto, salvo eccezioni dovute all’andamento meteorologico stagionale.
Risultati dei censimenti estivi
Utilizzando i criteri appena espressi, nel periodo 1998-2010 nel C.A. VCO 1
sono state trovate 151 nidiate di Coturnice, in media 12 all’anno. Il numero medio
di pulli per nidiata è variato da un minimo
di 3 nel 1998 ad un massimo di 5,38 nel
2003, mentre nei 13 anni di indagine è
stato in media di 4,46. L’indice riproduttivo è invece oscillato da un minimo di 0,93
nel 1998 ad un massimo di 3,31 nel 2003,
in media 1,68 per l’intero periodo. La percentuale di giovani nella popolazione ha
invece registrato valori compresi tra un
minimo del 48,08 nel 1998 ed un massimo
del 76,79 nel 2003, con un valore medio
del 62,72%.
Nel C.A. VCO 2, sempre nello stesso
periodo, sono state trovate 150 nidiate di
Coturnice, in media 12 all’anno. Il numero medio di pulli per nidiata è variato da
un minimo di 3 nel 2002 e nel 2003 ad un
massimo di 5 nel 2009, mentre nei 13 anni
di indagine è stato in media di 4,53. L’indice riproduttivo è invece oscillato da un
minimo di 0,32 nel 2002 ad un massimo
di 2,76 nel 2004, in media 1,53 per l’intero
periodo. La percentuale di giovani nella
popolazione ha invece registrato valori
compresi tra un minimo del 24 nel 2002
- 72 -
Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ...
Tab.2 Tipologia d’osservazione durante i censimenti primaverili di Coturnice
Fig. 12. Densità primaverile della Coturnice, espressa come numero di maschi/100
ha, nei 3 Comprensori Alpini della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola nel periodo
1999-2010
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Rotelli L.
Fig. 14. Grandezza delle nidiate di Coturnice (N = 460) osservate nei 3 Comprensori Alpini
della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola nel periodo 1998-2010, durante l’esecuzione dei
censimenti estivi con cani da ferma in agosto.
Fig. 15. Successo riproduttivo della Coturnice, espresso come numero totale di giovani/numero totale di adulti, nei 3 Comprensori Alpini della Provincia del VerbanoCusio-Ossola nel periodo 1998-2010, durante l’esecuzione dei censimenti estivi con
cani da ferma in agosto.
- 74 -
Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ...
ed un massimo del 73,44 nel 2004, con un
valore medio del 60,44%.
Nel C.A. VCO 3, sempre nello stesso
periodo, sono state trovate 159 nidiate di
Coturnice, in media 12 all’anno. Il numero
medio di pulli per nidiata è variato da un
minimo di 3 nel 2005 ad un massimo di 5
nel 2000 e nel 2004, mentre nei 13 anni
di indagine è stato in media di 4,52. L’indice riproduttivo è invece oscillato da un
minimo di 0,87 nel 2002 ad un massimo
di 4,2 nel 1998, in media 2,64 per l’intero
periodo. La percentuale di giovani nella
popolazione ha invece registrato valori compresi tra un minimo del 46,43 nel
2002 ed un massimo dell’80,77 nel 1998,
con un valore medio del 72,55%.
Sono state trovate complessivamente
460 nidiate (Fig. 14), in media 35 all’anno,
per un totale di 2072 piccoli. La grandezza media delle nidiate, a livello dell’intera
Provincia del Verbano-Cusio-Ossola, è stata di 4,5 piccoli, mentre l’indice riproduttivo ha avuto un valore medio di 1,85, con
oscillazioni tra un minimo di 1,15 nel 2002
ad un massimo di 2,9 nel 2003 (Fig. 15).
Proposte di tutela e di gestione
Pianificazione dei programmi di monitoraggio
Appare importante creare una rete di
organizzazioni che si occupi della pianificazione del monitoraggio della Coturnice e dei tetraonidi a livello di arco alpino
italiano, sotto la conduzione di una regia
condivisa, con l’obiettivo di creare una
banca dati in cui convergano tutte le informazioni relative alle attività censuali.
Si tratta di un’esperienza già condotta
con successo da anni in Francia, dove è in
funzione l’Observatoire des Galliformes
de Montagne (OGM) che coordina l’attività di ben 25 partner diversi (21 membri
effettivi e 4 invitati permanenti), tra cui
l’Office National de la Chasse et de la Faune Sauvage, l’Office National des Forêt, 4
Parchi Nazionali, 6 Parchi Naturali Regionali, 2 Riserve Naturali, 14 Federazioni Dipartimentali di Cacciatori, ed altri ancora.
Questo gruppo di enti si occupa non solo
di pianificare, coordinare ed eseguire le
attività censuali, ma coordina anche la
raccolta di informazioni sull’impatto della
mortalità dei cavi aerei, l’organizzazione
dell’attività dei miglioramenti ambientali
e dell’attività venatoria.
Gestione dell’ambiente
Il mantenimento delle attività agropastorali è il mezzo migliore per garantire
ambienti vocati alla presenza della Coturnice. La riduzione ed il peggioramento
qualitativo degli habitat di svernamento
posti a bassa e media quota rappresentano attualmente il fattore limitante più
importante per la Coturnice sulle Alpi.
La tutela di quelli rimasti e il ripristino di
quelli che ormai hanno perso la loro vocazionalità originale costituiscono pertanto
gli obiettivi primari da perseguire nell’ottica della conservazione a lungo termine di
questo fasianide. Tra le misure più importanti da adottare per raggiungere questo
- 75 -
Rotelli L.
scopo, si ricorda il ripristino del pascolo,
in particolar modo quello caprino, di aree
ormai abbandonate o sottoutilizzate. Secondo Bocca (1990) è consigliabile evitare
il più possibile di caricare eccessivamente
tali aree, in quanto è sufficiente un’azione
di brucatura atta a favorire il ricaccio delle
piante erbacee e a contenere lo sviluppo
della vegetazione arbustiva, inoltre il pascolo ovino dovrebbe essere limitato ai
mesi tardo-estivi ed autunnali. Nel caso
in cui lo sfalcio dell’erba o la pressione
del pascolo siano ormai insufficienti a
controllare l’invasione degli arbusti è possibile ricorrere ad un decespugliamento
manuale o meccanico o alla pratica del
debbio, molto utilizzato sulle Alpi francesi (Bernard-Laurent, 1994b). Un ulteriore
aiuto può venire dall’impianto di colture
cerealicole a perdere in quanto in grado di
apportare un importante supplemento di
nutrimento. Tale attività sarebbe comunque da intraprendere inizialmente a titolo
sperimentale, allestendo alcuni seminativi su terreni incolti, ubicati in località ritenute ancora idonee per lo svernamento
della Coturnice, con l’obiettivo di valutarne la reale efficacia.
montuoso) e la determinazione dell’indice di riproduzione calcolato in estate
con l’aiuto di cani da ferma attraverso
il conteggio delle nidiate e degli adulti
senza giovani. L’attività venatoria dovrebbe essere possibile solo nel caso in cui le
densità primaverili siano superiori a 1 maschio/100 ha ed il successo riproduttivo
in estate superiore ad 1. Tuttavia perché
questi dati possano essere di effettivo
aiuto nella pianificazione è necessario che
la loro raccolta sia il più possibile standardizzata ed eseguita da personale con una
adeguata qualifica e preparazione. Oltre
alle informazioni relative alla dinamica di
popolazione, vi sono poi alcuni provvedimenti relativi all’esercizio dell’attività
venatoria, la cui adozione può avere un
effetto positivo nel ridurre la pressione di
caccia e che possono essere così riassunti:
Gestione dell’attività venatoria
- creazione di un sistema di aree chiuse
all’esercizio venatorio, distribuite sul
territorio in corrispondenza delle zone
caratterizzate ancora da un elevato livello di vocazionalità per la specie (in
particolar modo se facilmente accessibili), in quanto in grado di garantire
ancora un alto tasso riproduttivo delle
popolazioni presenti, rispetto a quanto
accade in aree meno vocate;
Nella pianificazione dell’attività venatoria, il calcolo del prelievo deve essere
fatto a partire dalla conoscenza della densità della popolazione maschile ottenuta
attraverso il conteggio dei maschi al canto in primavera su di una unità territoriale
di riferimento (una vallata, un massiccio
- limitazione del periodo di caccia al solo
mese di ottobre. Questo provvedimento è di particolare importanza per la
Coturnice, che in seguito alle prime nevicate del mese di novembre tende ad
abbandonare le zone di riproduzione
per abbassarsi in quelle di svernamen-
- 76 -
Il monitoraggio primaverile ed estivo della Coturnice ...
to, rendendola più vulnerabile all’attività venatoria;
- limitazione dell’uso di veicoli a motore
per il raggiungimento delle aree di caccia;
- specializzazione del cacciatore, al quale
dovrebbe essere permesso l’esercizio di
una sola forma di caccia;
- possibilità di abbattere due capi di tipica fauna alpina al giorno, ma appartenenti a specie diverse;
- posticipazione dell’apertura alla stanziale e alla migratoria, prevista per la terza
domenica di settembre, all’inizio di ottobre, in concomitanza con l’apertura ai
galliformi alpini e alla lepre bianca;
- divieto dell’uso del beeper per la ricerca
del cane, sia per la caccia ai galliformi alpini che alla beccaccia.
Tutela dell’integrità genetica e sanitaria
delle popolazioni
è estremamente importante mantenere intatto il patrimonio genetico delle
popolazioni autoctone di Coturnice evitando qualsiasi lancio di Pernice rossa e di
chukar, per due motivi fondamentali. Da
un lato per evitare i rischi di incrocio con
la Coturnice, dall’altro per scongiurare la
trasmissione di diverse patologie parassitarie potenzialmente molto dannose per
le sue popolazioni.
Letteratura citata
Bernard-Laurent A., 1987. Démographie comparée d’une population de Perdrix bartavelle (Alectoris
graeca saxatilis) ed d’une population d’hybrides (A.g. saxatilis x A. rufa rufa) dans les Alpes-Maritimes.
Re. Ecol. (Terre Vie), suppl. 4.
Bernard-Laurent A., 1994a. Méthode de dénombrement des perdrix bartavelles mâles au chant et
presentation des resultats. Supplément Bulletin Mensuel n° 193, Fiche n° 79, 6 p.
Bernard-Laurent A., 1994b. Plan de restauration pour la perdrix bartavelle (Alectoris graeca saxatilis)
en France – Mesures de protection et de gestion. Gibier Faune Sauvage Game and Wildlife, Vol. 11
(H.S. Tome 1): 309-320.
Bernard-Laurent A., Laurent J.L., 1984. Méthode de recensement des perdrix bartavelles (Alectoris
graeca saxatilis Bechstein 1805) au printemps; applications dans les Alpes-Maritimes. Gibier Faune
Sauvage, Game Wildl., 4: 69-85.
Bocca M., 1990. La Coturnice Alectoris graeca e la Pernice Bianca Lagopus mutus in Valle d’Aosta.
Distribuzione, ecologia, dati riproduttivi e gestione. Assessorato regionale all’agricoltura, foreste e
ambiente naturale. Regione Autonoma Valle d’Aosta. Comitato regionale caccia della Valle d’Aosta:
76 p.
Léonard P., 1992. Méthode de dénombrement des galliformes de montagne en été avec chiens d’arrêt et présentation des resultats. Supplément Bulletin Mensuel n° 172, Fiche n° 76, 11 p.
Rotelli L. 2006. Fattori limitanti e cause di declino dei galliformi alpini in Italia: implicazioni gestionali
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Rotelli L.
e di conservazione. 108-129. In: AAVV., 2006 – Atti del Convegno “I galliformi alpini. Esperienze europee di conservazione e gestione”, Torino, 28 novembre 2006. 194 pp. Regione Piemonte, Assessorato
Agricoltura, Tutela della Fauna e della Flora.
Rotelli L., 2011. Il monitoraggio primaverile ed estivo dei galliformi alpini, Fagiano di monte, Pernice
bianca e Coturnice: metodologie di censimento ed esposizione dei risultati. Provincia Autonoma di
Trento, Servizio Foreste e Fauna.
Rotelli L., 2014. I miglioramenti ambientali degli habitat riproduttivi del Fagiano di monte (Tetrao tetrix) sulle Alpi. Provincia Autonoma di Trento, Dipartimento Territorio Foreste e Ambiente. In stampa.
Rotelli L., Bocca M., 2004. Proposte per la gestione dei galliformi sulle Alpi occidentali italiane. In
Brugnoli A. e Zamboni U.: - Atti del Seminario Esperienze di Gestione dei Galliformi di montagna con
particolare riferimento alla programmazione venatoria -, Trento, 10 luglio 2003: 61 p. Associazione
Cacciatori della Provincia di Trento.
Zbinden N., 1987. Zum Aufzuchterfolg des Birkhuhns Tetrao tetrix im Tessin. Ornithol. Beob., 84: 4961.
Allegato 1
Allegato 2
- 78 -
Status e conservazione della Coturnice: 80-91, 2014
Competenze dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia
nell’ambito del progetto:
“Urgent actions for the conservation of Alectoris graeca whitakeri”
Guido R. LORIA, Giusi MACALUSO, Claudia MANNO, Andrea VALENZA
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia - 90129 Palermo, Via G. Marinuzzi, 3
[email protected]
L’attività dell’Istituto Zooprofilattico
Sperimentale della Sicilia, nell’ambito delle azioni previste dal progetto, si è sviluppata in due diverse azioni: la prima, volta
a conoscere il profilo genetico della sottospecie siciliana che ancora nidifica nel
comprensorio della ZPS ITA010029 in cui
ricadono Capo San Vito, Monte Sparacio e
Monte Cofano, la seconda, utile a controllare e mantenere lo stato di salute di un
gruppo selezionato di soggetti di Alectoris
graeca whitakeri da avviare alla riproduzione in cattività.
Gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali
sono oggi gli enti istituzionalmente preposti alla sorveglianza e al controllo dello
stato di salute delle specie selvatiche che,
nel moderno concetto di “Global Health”,
interagiscono a livello ambientale con le
specie domestiche e con l’uomo, entrando di diritto nel più ampio campo della
Sanità Pubblica.
Esempi dei rischi legati a questa interazione, sono rappresentati dalle recenti
epidemie di influenza aviare che hanno
raggiunto le coste del Catanese, dai paesi asiatici e dalla Russia, con le stagionali
migrazioni di cigni reali. Ancora abbiamo
assistito al comparire di malattie sino ad
oggi esotiche, come la West Nile Disease,
identificata in inspiegabili casi di mortalità di equini della provincia di Trapani. Anche questa malattia è legata all’ecologia
di specie selvatiche serbatoio, quali gli uccelli acquatici che, tramite vettori ematofagi, trasmettono il virus ai cavalli e anche
all’uomo.
Uno dei compiti dell’IZS della Sicilia,
nell’ambito progetto LIFE+ “SICALECONS”,
finanziato per la conservazione della coturnice di Sicilia, è stato quindi verificare
“l’integrità genetica” del taxon (azione
A5), investigando sul maggior numero
possibile di esemplari e/o campioni. In
passato è documentata l’introduzione arbitraria, da parte di privati e/o associazioni venatorie, di altre specie e sottospecie
a rischio ibridizzazione con Alectoris graeca withakeri, la cui riconosciuta maggiore
prolificità ed adattamento agli ambienti
mediterranei, può aver inquinato il genotipo endemico e tra queste, ad esempio,
Alectoris chukar (Randi et al., 2003; Barbanera et al., 2007, 2009)
- 79 -
Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ...
Le attività hanno previsto una indagine genetica su campioni biologici raccolti
nell’area protetta, riferibili dal punto di vista morfologico al genere Alectoris.
gne oggetto dell’azione di conservazione
che, periodicamente, presso i 2 centri di
allevamento ubicati a Monte Inici: Fossa
del Bue e Case Alliata (Foto: 1, 2, 3, 4).
Dall’inizio del progetto fino al Settembre 2011, sono stati organizzati dei sopralluoghi “preliminari” utili a reperire materiale di riferimento (campioni di penne e
feci di soggetti confermati come Alectoris
graeca witakeri all’esame fenotipico).
Dal 12 settembre 2011 al 11 maggio
2012 l’attività di campo è stata finalizzata
alla realizzazione della mappa genetica di
Alectoris graeca whitakeri.
L’azione A5, completata nel mese di
Maggio, ha previsto oltre 30 sopralluoghi
nell’area del progetto, con l’obiettivo di
raccogliere materiale sufficiente alle valutazioni di laboratorio sia nelle tre monta-
Alcuni esemplari presenti all’interno
della ZPS, sono stati catturati per poter
dare avvio al futuro programma di allevamento in cattività o, viste le procedure
adottate, in semilibertà (azioni A6 ed A7)
con soggetti sicuramente “identificati”
come biotipo endemico.
Foto 1, 2, 3, 4: campionamenti effettuati nella ZPS (Monte Inici, Monte Cofano)
- 80 -
Loria G.R., Macaluso G., Manno C., Valenza A.
I campionamenti sui soggetti catturati
vivi venivano effettuati direttamente nelle
gabbie, prevedendo protocolli rigorosi, limitandosi sia nei tempi che nelle manualità, garantendo sempre un elevato grado
di welfare, tale da evitare stress e maltrattamenti a soggetti dal così alto valore conservazionistico e di così limitato numero.
Da ogni esemplare venivano pertanto
campionate piume e feci utili all’estrazione di cellule integre, come residui di
eritrociti presenti nel calamo di piume e
penne ed epiteli intestinali eliminati con
le feci, da cui poter estrarre il DNA.
Tali azioni sono state sviluppate sino
ad oggi grazie all’assistenza tecnica degli
operatori dell’Azienda Foreste Demaniali,
sia degli esperti acquisiti con i fondi del
progetto: un naturalista ed un biologo
molecolare, che hanno prelevato campioni compatibili con quelli di Alectoris graeca whitakeri dalle aree identificate, sviluppato i metodi di analisi e messo a punto
Fig. 5. Regione di controllo del DNA mitocondriale (D-loop) presa in esame per le indagini genetiche
un efficace protocollo di PCR gene specifica e di sequenziamento genico opportunamente validato. Tutto ciò è stato reso
possibile anche grazie alla collaborazione
dell’Università di Palermo (Prof. Mario Lo
Valvo) e dell’Università di Pisa (Prof. Filippo Barbanera).
Il metodo per l’identificazione del tipo
endemico ha presentato particolari criticità, sia per la scarsa maneggevolezza
dei campioni da analizzare, per la rapida
degradazione/contaminazione alla quale
i campioni di feci vanno facilmente incontro, sia per l’esiguità del materiale genetico (DNA) in essi contenuto.
L’approccio biomolecolare per lo studio dell’analisi genetica ha preso in considerazione, per la caratterizzazione del
DNA della sottospecie siciliana, l’identificazione di un marcatore molecolare
idoneo a fornire le informazioni richieste:
il DNA mitocondriale. La scelta della sequenza del DNA mitocondriale è giustificata dalla sua variabilità ed assenza di
ricombinazione. Le regioni del genoma
mitocondriale considerate per lo screening sono state il D-loop (mitochondrial
control-region, mtDNA CR) ed il gene mitocondriale della Citocromo c ossidasi I
(COI)
Il D-loop in Alectoris graeca consta di
circa 1155 bp, (Fig.1) ed è la porzione maggiormente variabile del DNA mitocondriale (mtDNA), sia in termini di sostituzioni
nucleiche, brevi inserzioni/delezioni, sia
riguardo al numero variabile di tandem
repeats (VNTRs). Il gene della Citocromo c
- 81 -
Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ...
Tab. 1. Risultati delle PCR D-loop eseguite
Fig. 6. Dendrogramma generato a partire dalle sequenze della regione controllo D-loop
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Loria G.R., Macaluso G., Manno C., Valenza A.
ossidasi I è utile per la determinazione del
DNA-barcoding per l’identificazione di
particolari specie animali, e in particolare
per la discriminazione delle specie di uccelli. (Randi et al., 1996, 1998)
Le due regioni del genoma considerate, nonostante siano altamente conservate per struttura, dimensioni ed organizzazione, mostrano una notevole variabilità a
livello di determinate sequenze nucleotidiche, che le rendono regioni altamente
polimorfiche e, di conseguenza, ottimi
marcatori molecolari. L’analisi di queste
molecole avviene per sequenziamento
parziale o totale e analisi SNP (Single Nucleotide Polymorphisms, cioè variazioni
del materiale genico a carico di un unico
nucleotide) di mutazioni informative.
Nella mattinata si è discusso grazie al
contributo dei colleghi dell’Università di
Pisa, dei marcatori molecolari per lo studio della variabilità genetica, e si è potuto
constatare che tra i marcatori molecolari,
il DNA mitocondriale rappresenta quello
elettivo. Il DNA mitocondriale è altamente
polimorfico ed è conservato dal punto di
vista evolutivo, non soggetto a selezione
e per tale motivo è stato quello prescelto
anche dalle nostre indagini.
Una volta estratto il DNA, si è eseguita
una semi nested PCR (snPCR) del gene DLoop (Guerrini e Barbanera, 2009).
I prodotti di amplificazione risultati positivi sono stati sottoposti a reazione di
sequenza, mediante sequenziatore ABI
PRISM 3130 Genetic Analyzer (Applied
- 83 -
Biosystems®), e le sequenze ottenute sono
state analizzate mediante l’impiego del
programma BioEdit Sequence Alignment
Editor e caricate sul portale BLAST (http://
blast.ncbi.nlm.nih.gov/Blast.cgi) per l’interrogazione del database.
Il metodo utilizzato per l’amplificazione del DNA era quello già disponibile in
letteratura (Randi e Lucchini, 1998; Randi
et al., 2003; Guerrini e Barbanera, 2009)
modificato in alcuni passaggi; per l’estrazione, invece, sono stati utilizzati kit commerciali già suggeriti dai protocolli di riferimento.
La tabella 1 riportata di seguito mostra
il totale dei campioni analizzati: è possibile osservare che su 252 campioni di feci,
un’alta percentuale ha dato esito positivo,
così come su 44 campioni di piume 30
hanno reagito positivamente alla PCR DLoop. Le sequenze dei campioni che sono
risultati positivi alla PCR, ricadono nei comuni aplotipi di Alectoris graeca whitakeri
registrati nei SPI e presenti in bibliografia,
senza l’evidenza di eventuali differenze significative nei livelli di variabilità genetica
nei vari campionamenti, alle analisi di sequenza effettuate
Si riporta il primo albero filogenetico
della specie, realizzato grazie al progetto,
in cui si osserva che le sequenze dei campioni analizzate cadono all’interno dei cluster Alectoris graeca (Fig.2).
L’altro compito dell’IZS nel progetto è
stata la valutazione del benessere dei soggetti catturati e la certificazione del loro
Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ...
stato di salute, prevedendo attività sia
in campo che in laboratorio (Azione E4).
L’azione ha previsto visite cliniche, prelievo di campioni biologici dalle coturnici
e test di laboratorio utili alla diagnosi di
eventuali patogeni. Tale azione ha seguito
e seguirà tutto il percorso del progetto, da
quando gli animali sono stati introdotti in
allevamento sino ad oggi.
relative chiavi di lettura. L’ IZS ha fornito
inoltre i test microbiologici, di Biologia
Molecolare e ulteriori altri metodi (Istopatologia, Immunofluorescenza, Microscopia elettronica) utili ad identificare tutte le
noxae sospettate durante le visite cliniche
o autopsie. I metodi di laboratorio hanno sempre seguito gli standards dell’ OIE
(Manuale OIE 2012).
Animali destinati alla cattività o “semilibertà” sono potenzialmente piu’ esposti
al rischio di contrarre patologie rispetto
ai selvatici, vista la stretta convivenza di
numerosi soggetti in poche decine di metri quadrati, dove un’alta concentrazione
nelle lettiere o nell’ambiente di patogeni
“generalmente opportunisti”, potrebbe facilitare il rischio di una trasmissione orizzontale di malattie, al punto da portare a
morte i soggetti stabulati.
Le visite cliniche sono state condotte
su un totale di 13 soggetti, catturati nel
corso dell’anno 2011-2013 e inseriti presso i due centri di allevamento di Monte
Inici (Voliera 1 e 2 Località Fontanelle-Case Alliata; Voliere 3-10 Località “Fossa del
Bue”) :
I test di laboratorio sono stati quindi
indirizzati al controllo delle malattie infettive e parassitarie, che potrebbero rappresentare un ostacolo per futuri programmi
di conservazione per l’allevamento di
specie selvatiche.
Le malattie monitorate hanno incluso:
malattie parassitarie da Artropodi, Protozoi, Nematodi, Cestodi, malattie infettive,
nonché patogeni emergenti come Cryptosporidium meleagridis (Pagès-Mantè et al.,
2007). I campioni fecali sono stati processati per flottazione e relativa conta totale,
a questo seguiva lo studio morfologico
di tutte le uova, larve o adulti presenti
nei campioni e classificazione in base alle
- 84 -
Tutti gli individui esaminati, ad eccezione di un soggetto che presentava la
frattura dell’ala dx, si presentavano sani
dopo la cattura, con piumaggio integro
e con la caratteristica livrea da adulti, non
presentavano segni di patologie in atto né
imbrattamento fecale pericloacale, gli arti
ed il becco erano ben pigmentati.
Dopo circa un mese dall’introduzione,
venivano a morte n° 2 soggetti appartenenti rispettivamente alle voliere 1 e 5.
Veniva pertanto effettuato un esame necroscopico (Taccini et al., 2006) in cui si
riscontrava un avanzato stato di dimagramento nei soggetti posti in esame, anemia e ad un attento esame della cute si
evidenziava una massiva infestazione da
ectoparassiti, identificati come Goniodes
colchici (Sèguy, 1944). Un terzo soggetto
veniva rinvenuto morto ad oltre 3 mesi
dall’introduzione in cattività.
Loria G.R., Macaluso G., Manno C., Valenza A.
Le cause di morte di questi esemplari
sono state indagate nei laboratori dell’IZS
della Sicilia: un esemplare maschio è deceduto per aggressività da parte del compagno di voliera. Un secondo esemplare è
deceduto in seguito ad una forma cronica
di colibacillosi, probabilmente acquisita
durante la vita selvatica. Un terzo soggetto ha evidenziato una severa polmonite
micotica (aspergillosi). Ulteriori esami di
laboratorio (Istologia, Biologia Molecolare) sono tutt’ora in corso.
Esami parassitologici:
Tutti i soggetti venivano esaminati per
l’eventuale presenza di parassiti intestinali tramite flottazione del materiale fecale
per la ricerca di uova e oocisti, sia tramite
osservazione dei parassiti adulti nel contenuto intestinale.
Sul totale dei 10 soggetti inseriti
nell’allevamento, tutti i campioni risultavano positivi per coccidiosi, con infestazioni di vario grado e, in 2 gabbie (1 e 2),
si registrava la presenza di uova e larve di
Nematodi. I Nematodi sono stati identificati e classificati come appartenenti alla
specie Ascaridia compar (Neveu-Le Marie,1936), per la prima volta evidenziato
nella coturnice di Sicilia (Foto 5 e 6). A.
compar è un parassita ampiamente diffuso nelle specie aviarie selvatiche, ma di cui
poco si conosce in merito al suo impatto
sui tassi vitali della specie (Rizzoli et al.,
1997). In tre soggetti deceduti durante
l’inserimento in cattività è stata inoltre
evidenziata una massiva infestazione da
cestodi, classificati come tenie appartenenti alla specie Raillietina tetragona (Khalil et al., 1994) (Foto 7, 8, 9, 10).
Su campioni raccolti all’interno della
gabbie non è però stato possibile risalire
all’individuo di provenienza.
La presenza di parassiti all’interno delle gabbie rappresenta sempre un rischio
diretto per le coturnici, nonché una continua fonte di infestioni, che necessita di
trattamenti estesi a tutti i soggetti presenti al loro interno.
Foto 5 e 6: intestino di coturnice infestato da forme adulte di Ascaridia compar. Caratteristiche morfologiche
dell’apparato buccale del parassita.
- 85 -
Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ...
Foto 7, 8, 9, 10: aspetto cachettico della carcassa associato a massiva infestazione intestinale da Railletina tetragona. Caratteristiche morfologiche del parassita.
Esami batteriologici
I test di laboratorio per la ricerca di batteri patogeni sono stati volti ad accertare
la eventuale presenza di patogeni sia sul
pool di feci prelevate da ogni gabbia (Salmonella gallinarum pullorum, Salmonella
typhimurium, Yersinia pseudotuberculosis,
Pasteurella multocida), sia tramite colture
microbiologiche da tessuti ed organi con
lesioni sospette, a seguito delle autopsie
dei soggetti deceduti. I test seguivano
sempre i protocolli standard in uso presso
l’IZS della Sicilia per l’isolamento batterico
a mezzo di brodi ed agar selettivi.
Un caso di mortalità (Voliera 5) relativo ad un soggetto che si presentava in
pessimo stato di nutrizione, evidenziava
all’apertura della cavità celomatica la presenza di numerosi noduli biancastri, di
varie dimensioni (da pochi mm ad circa
2 cm), sulla superficie del fegato (Foto 11
e 12), riferibile ad una colibacillosi (DíazSánchez et al., 2013). L’esame microbiologico da tamponi effettuati in corso di
necroscopia ha confermato la presenza
di Escherichia coli patogeno, mostrando
inoltre una concomitante massiva infestazione da tenie. Non sono stati identificati
- 86 -
Loria G.R., Macaluso G., Manno C., Valenza A.
altri patogeni batterici di rilievo, oltre questo caso.
Esami per miceti patogeni
In uno dei tre casi di decesso spontaneo, avvenuto poche settimane dopo
l’introduzione in cattività, in corso di
necroscopia si riscontrava la presenza, in
entrambi i polmoni, di lesioni a placca, di
colore grigiastro, infiltranti e rilevate dal
parenchima circostante. All’esame istologico la patologia è stata classificata come
polmonite micotica, evidenziando all’esame istochimico, una massiva presenza di
conidi ed ife fungine nel parenchima polmonare, la cui morfologia era riferibile ad
Aspergillus fumigatus (Cacciuttolo et al.,
2009).
Esami virologici
Tutti gli esami sin’ora condotti sui campioni provenienti dalle 3 carcasse, relativi
a polmone, milza e cervello, hanno dato
esito negativo per isolamento virale e alla
RT-PCR per influenza aviare e Malattia di
NewCastle.
Trattamenti dei soggetti in cattività
Il riscontro di patologie a carattere
infestivo e diffusivo nelle coturnici stabulate, ci ha immediatamente indotto ad
effettuare trattamenti specifici, sia diretti
sull’animale che tramite cibo o acqua di
bevanda. Per gli ectoparassiti (mallofagi),
identificati in tre soggetti stabulati, tra cui
un caso con massiva infestazione, tutti gli
uccelli sono stati trattati con alcune gocce
(50 µl) di Ivomec (Avermectine) poste sul
capo (“pour on”). Per gli endoparassiti in-
Foto 11, 12: Apertura della cavità celomatica: lesioni
granulomatose sulla superficie del fegato; colonie di
E.coli su terreno selettivo (BGA).
vece, dal mese di gennaio 2012, i soggetti
sono stati trattati con Tetramisole 10%®
buste ed Aviochina® soluzione. Il Tetramisole, alla posologia di 3gr/litro di acqua,
è indicato nel trattamento delle infezioni
da nematodi, l’Aviochina, somministrata
per 5 gg nell’acqua di bevanda, alla con-
- 87 -
Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ...
Foto 13, 14, 15, 16: polmone di coturnice con lesioni nodulari da Aspergillus fumigatus; la stessa lesione all’esame
istologico (Ematossilina Eosina 200 e 400X) ed immunoistochimico (colorazione Grocott).
centrazione di 5g/4litri, invece è indicata
per il controllo delle coccidiosi nei volatili. Il trattamento con Aviochina veniva
effettuato quando, agli esami parassitologici, si osservava un numero di oocisti
superiore a 3-4 unità per campo. Entrambi
questi farmaci posseggono una rapida
azione, trovando anche largo impiego
come trattamento antistress nei broilers.
Come prima esposto, uno dei soggetti introdotti nell’allevamento, all’esame
clinico evidenziava, appena catturato,
una frattura esposta al terzo distale del
radio-ulna con coinvolgimento dell’articolazione del carpo. Il soggetto, portato
in una clinica veterinaria, è stato sottoposto, dopo le indagini radiografiche
ed adeguata anestesia, ad intervento
chirurgico per ridurre la frattura. Successivamente è stato rilasciato nella gabbia
n. 2, mostrando, 4 settimane dopo l’intervento, la totale guarigione dal trauma.
- 88 -
Loria G.R., Macaluso G., Manno C., Valenza A.
Foto 17 e 18: trattamento con anticoccidico diluito nell’acqua da bere e trattamento con avermectine “pour on”
contro gli ectoparassiti.
Altre indagini
In collaborazione con gli esperti faunistici (Prof. Mario Lo Valvo) si stanno valutando altre carcasse (n° 12) in collezione
presso i congelatori dell’Università di Palermo, provenienti da aree protette siciliane e rinvenute morte occasionalmente
nell’anno 2011. Nei primi 3 casi esaminati,
rispetto a quanto osservato nei soggetti
catturati nella ZPS di Castellammare, le
cause di mortalità sono attribuibili maggiormente alle difficoltà ambientali ed al
denutrimento. In questi casi la morte non
è stata quindi causata da malattie parassitarie o infettive, ma è legata all’impossibilità da parte di questi soggetti di avere
accesso al cibo (probabilmente per il sempre piu’ frequente disturbo antropico).
Le azioni sono ancora in corso per poter fornire ulteriori dati, fondamentali per
le future attività di conservazione della
specie in Sicilia, rappresentando a ragione un modello da seguire per altre specie
dall’alto valore conservazionistico a rischio nella Regione Sicilia.
Ringraziamenti
Si ringraziano tutti i colleghi che hanno contribuito alla realizzazione del progetto ed in particolare:
il Dr. Santo Caracappa capodipartimento Aree Territoriali Sicilia Occidentale, il Dr. Fabrizio Vitale ed
il Dr. Stefano Reale dirigenti dell’Area di Biologia Molecolare, la Dr. Annalisa Guercio responsabile
dell’Area di Diagnostica Virologica e per l’Amministrazione, il Dr. Maurilio Mazzarisi, oltre a tutto il
personale tecnico che ci ha sempre fattivamente collaborato per le competenze amministrative.
Letteratura citata
Barbanera F., Guerrini M., Khan A.A., Panayides P., Hadjigerou P., Sokos C., Gombobaatar S., Samadi S., Khan
B.Y., Tofanelli S., Paoli G., Dini F., 2009. Human-mediated introgression of exotic chukar (Alectoris chukar,
galliformes) genes from East Asia into native Mediterranean partridges. Biol Invasions, 11: 333-348
- 89 -
Competenze dell’Istituto Zooprolattico Sperimentale della Sicilia nell’ambito ...
Barbanera F., Guerrini M., Hadjigerou P., Panayides P., Sokos P., Wilkinson P., Khan A.A., Khan B.Y., Cappelli
F., Dini F., 2007. Genetic insight into Mediterranean chukar (Alectoris chukar, Galliformes) populations
inferred from mitochondrial DNA and RAPD markers. Genetica. 131: 287-298
Cacciuttolo E., Rossi G., Nardoni S., Legrottaglie R., Mani P., 2009. Anatomopathological aspects of avian
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- 90 -
Status e conservazione della Coturnice: 92-100, 2014
Stato del progetto LIFEplus - SICALECONS
“Azioni urgenti per la conservazione di Alectoris graeca whitakeri”
Mario LO VALVO1 e Pietro MIOSI2
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche
Via Archirafi 18, 90123 Palermo - [email protected]
2Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea,
Dipartimento dell’Agricoltura - Viale Regione Siciliana 2771, 20145 Palermo
[email protected]
1
Agli inizi del XX secolo Guido Schiebel, ornitologo di origine austriaca, ebbe
modo di studiare alcuni individui di Coturnice (Alectoris graeca) che vivevano
sull’isola. Egli si accorse che la colorazione ed i disegni del piumaggio dei soggetti siciliani differivano visibilmente da
quelli delle popolazioni continentali e
ritenne che queste caratteristiche fossero sufficienti per descrivere una nuova
sottospecie di coturnice alla quale diede
il nome scientifico Alectoris graeca whitakeri, esclusiva della Sicilia (Schiebel, 1837).
Schiebel dedicò questa sua nuova scoperta a Joseph Whitaker, imprenditore di
origine anglosassone, ma siciliano d’adozione ed appassionato di ornitologia oltre
che di archeologia.
Successivamente, Carlo Orlando
(1956) e più recentemente l’ingegnere
Angelo Priolo (1984), entrambi appassionati di scienze ornitologiche, ne descrissero con maggior accuratezza i caratteri
morfologici.
Più recentemente, gli studi genetici
condotti sulla specie (Lucchini e Randi,
1998; Randi et al., 2003, Randi, 2006) han-
no mostrato una divergenza genetica tra
la popolazione siciliana e le popolazioni
peninsulari pari a 3,5%, dovuta ad un periodo di isolamento di almeno 200.000
anni, sufficienti per considerare la Coturnice di Sicilia una Evolutionary Significant
Unit (ESU)(Moritz, 1995).
In passato la Coturnice di Sicilia doveva essere abbastanza diffusa. Nel trattato
di Ornitologia di Sicilia, scritto dall’ornitologo messinese Luigi Benoit e pubblicato
nel 1840, si legge “Questa specie è comune
a tutta la Sicilia; sui monti, tra le alpestri rocce, e nelle pianure trovasi la Pernice (nome
dialettale della Coturnice); in alcuni punti
dell’isola è talmente ovvia, che si vende ne’
mercati a prezzo bassissimo, Benchè una
gran quantità se ne distrugga in tutt’i tempi col fucile, e con le reti, particolarmente
all’epoca dell’incubazione, e le leggi sulla
caccia in Sicilia non abbiano quel rigore che
converrebbe, pure sembra che non mai volesse venir meno la specie”.
Pochi anni più tardi, la sua presenza e la sua diffusione sull’isola vengono
confermate da Francesco Minà Palumbo
(1857), medico e naturalista delle Ma-
- 91 -
Stato del progetto LIFEplus - SICALECONS “Azioni urgenti per ..."
Fig. 1. Distribuzione geografica, aggiornata al 2009, della Coturnice di Sicilia su cartografia UTM con maglia di
10 km.
donie, e da Pietro Doderlein (1869-74),
professore di zoologia
e anatomia
comparata dell’Università di Palermo.
La rarefazione e la contrazione dell’areale geografico della Coturnice di Sicilia
sembra avvenire nella metà del secolo
scorso. Dal confronto tra la distribuzione geografica riportata in Lo Valvo et al.
(1993) e quella ricostruita con una successiva verifica nel 2009 (Fig. 1) risulterebbe
una contrazione dell’areale di circa l’11%.
decenni della popolazione siciliana di coturnice e che ne minacciano ancora oggi
la sua sopravvivenza (Palumbo e Lo Valvo,
2002). I principali fattori sono sicuramente
l’eccessiva urbanizzazione, i cambiamenti
in agricoltura, come la meccanizzazione
agricola e l’uso indiscriminato di biocidi,
e gli incendi. Anche l’eccessiva presenza
di cinghiali, recentemente reintrodotti
sull’isola, può rappresentare una minaccia per uova e nidiacei della Coturnice di
Sicilia.
Molteplici sono i fattori di disturbo
che hanno causato il declino negli ultimi
A tutto ciò va aggiunto anche il fenomeno del bracconaggio, ancora oggi
- 92 -
Lo Valvo M., Miosi P.
abbastanza diffuso su tutto il territorio
siciliano, e la tradizionale cattura, anche
se in forma limitata e solamente in alcune località dell’isola, di coturnici a scopo
amatoriale e, solo occasionalmente, per
scopi alimentari.
Un altro fattore di rischio, da non
sottovalutare, è l’immissione illegale, in
quanto taxa alloctoni, cioè estranei alla
fauna siciliana, di soggetti di Coturnice
orientale (Alectoris chukar) o di soggetti
appartenenti ad altre sottospecie di coturnice, che oltre a generare possibili problemi di competizione e ad essere potenziali vettori di patologie aviarie, possono,
per ibridazione con la Coturnice di Sicilia,
inquinarne il patrimonio genetico (Priolo,
1970).
Per questo suo precario stato di conservazione, la Coturnice di Sicilia è stata
inserita nell’allegato I della Direttiva “Uccelli”, cioè nell’elenco delle specie da tutelare in maniera rigorosa.
Per poter intervenire, con un programma a medio termine, nella tutela e conservazione di questa specie, è stato redatto e
presentato alla Commissione Europea un
progetto per il recupero della popolazione ancora presente all’interno della Zona
di Protezione Speciale (ZPS) denominata ITA010029 MONTE COFANO, CAPO SAN
VITO E MONTE SPARAGIO , situata nella costa nord occidentale della Sicilia. Si tratta
di uno dei più importanti e dei più vasti
siti Natura 2000, con una superficie di circa 165 kmq, che include anche la riserva
naturale “Zingaro” ed il demanio forestale
di Monte Inici.
Il progetto, dal titolo “SICALECONS
Azioni urgenti per la conservazione di
Alectoris graeca whitakeri” e della durata
ipotizzata di tre anni e che prevede la realizzazione di interventi concreti di conservazione in favore della Coturnice di Sicilia,
è stato accolto favorevolmente dalla Commissione europea ed è pertanto rientrato
tra quelli cofinanziati nell’ambito del programma LIFEplus 2009.
Il progetto, che ha coinvolto anche
esperti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), è
stato strutturato in una serie di interventi suddivisi in Azioni preparatorie, Azioni
concrete ed Azioni di monitoraggio.
Le prime azioni sono state il censimento della popolazione di Coturnice di Sicilia
presente all’interno delle aree di progetto,
il censimento della popolazione di Cinghiale, al fine di programmare gli interventi di controllo numerico della popolazione di questo suide, la caratterizzazione
botanica del sito e la realizzazione di una
mappa degli habitat, dell’uso del suolo
e dell’idrografia delle aree di progetto.
Queste azioni sono state considerate propedeutiche alla programmazione degli
interventi di miglioramento ambientale.
La cartografia dell’uso del suolo,
dell’habitat e del reticolo idrografico è
stata prodotta in scala 1:2.000, rispettivamente dal dott. Daniele Scarselli, dal dott.
Salvatore Pasta e dall’ing. Danilo Colomela.
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Stato del progetto LIFEplus - SICALECONS “Azioni urgenti per ..."
Fig. 2. Chiusino presso la Località Pianello nella R.N.O “Zingaro” (foto G. Vecchio)
Fig. 3. Prima cattura di Cinghiali in località Borgo Cusenza presso la R.N.O. “Zingaro” (foto G. Giacalone)
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Lo Valvo M., Miosi P.
Il censimento della coturnice, realizzato
nella primavera del 2011 dal dott. Gabriele Giacalone e dal dott. Alberto Sorace all’interno della ZPS con la tecnica del
playback, ha messo in evidenza una densità della specie piuttosto bassa rispetto al
passato e ai valori ottenuti in altre regioni
italiane per la stessa specie, con un numero di coppie stimato per l’intera area pari a
66 (Lo Valvo et al., 2013).
Il censimento della popolazione di
cinghiale, realizzato sempre nella primavera del 2011, con l’ausilio di una termocamera, dal dott. Francesco Adragna e
dal dott. Paolo Montanaro, collaboratore
dell’ISPRA, ha consentito di stimare circa
700 esemplari per la maggior parte presenti all’interno della Riserva “Zingaro” (Lo
Valvo et al., 2011)
Considerata anche la numerosità dei
Cinghiali e nell’impossibilità di ottenere
l’eradicazione completa del suide dalla
ZPS, è stata avviata un’azione di contenimento numerico della popolazione al fine
di poter, quantomeno, mantenere un valore di densità piuttosto basso. E’ stato quindi redatto il piano di controllo, approvato
dall’ISPRA, di questo suide dal dott. Giuseppe Vecchio, il quale ha anche coordinato l’applicazione del piano di cattura attraverso la gestione di tre chiusini (Fig. 2),
realizzati in altrettanti punti della riserva
“Zingaro” e monitorati costantemente con
l’uso di foto trappole. A partire da dicembre 2013 i chiusini sono stati attivati e sono
state realizzate le prime catture (Fig. 3).
Un’altra azione propedeutica è stata il
controllo dell’integrità genetica della Coturnice di Sicilia presente nella ZPS, per
poter intervenire con la rimozione dei
soggetti che dovessero eventualmente risultare con introgressione genica dovuta
ad ibridazione con altri taxa.
L’azione di miglioramento ambientale individuata, coordinata dal dott. Sebastiano Zappulla, ha previsto la realizzazione, in diversi punti del sito Natura
2000, di superfici destinate alla semina
di essenze vegetali gradite alla Coturnice
di Sicilia (Fig. 4) e la realizzazione di punti di abbeverata artificiali (Fig. 5), utili
soprattutto durante la stagione calda.
Tra le azioni concrete, oltre alla riqualificazione e tutela degli habitat vocati ed alla
gestione ambientale, azione quest’ultima
che prevede anche la gestione del pascolo
di ungulati domestici, vi è anche l’immis-
Fig. 4. Superficie destinata alla semina di essenze vegetali gradite alla Coturnice di Sicilia
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Stato del progetto LIFEplus - SICALECONS “Azioni urgenti per ..."
Fig. 5. Punto di abbeveratura per la coturnice di sicilia (foto S. Zappulla)
sione in natura di soggetti allevati in condizione semi-naturale all’interno di strutture appositamente realizzate. L’obiettivo
di questa azione è quello di accelerare sia
il processo di ricolonizzazione di ricolonizzazione e diffusione della Coturnice di
Sicilia all’interno dell’area interessata dal
progetto, sia quello di costituire un nucleo
di riproduttori da poter utilizzare in futuro per ripopolare altre aree della Sicilia.
Sono state realizzate diverse tipologie di voliere (Fig. 6), in alcune delle quali
sono state trasferite alcune coppie catturate in altre province della Sicilia.
Purtroppo, nonostante circa due anni
di semicattività, nessuna delle coppie di
coturnice ha prodotto uova. Ci si è avvalsi
così della collaborazione dell’Istituto Zoo-
tecnico per la Sicilia, che, essendo a noma
di legge regionale anche centro pubblico
per la produzione di selvaggina con particolare riguardo di Coturnice di Sicilia,
ha avviato un progetto di riproduzione
di questo galliforme in stretta cattività.
L’istituto fornirà alcuni soggetti per le
operazioni di ripopolamento previste per
il 2014.
Parallelamente alle azioni intraprese, è
stata avviata la fase di sensibilizzazione e
di comunicazione con l’organizzazione di
eventi, mostre, convegni e seminari informativi e formativi, soprattutto per il mondo venatorio, e la produzione di materiale
divulgativo.
Il termine dell’intero progetto è previsto alla fine del 2014. La gran parte delle
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Lo Valvo M., Miosi P.
Fig. 6. Voliere per l’ambientamento ed allevamento della Coturnice in condizione di semi-naturalità (foto M. Lo
Valvo)
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Stato del progetto LIFEplus - SICALECONS “Azioni urgenti per ..."
Fig. 7. Paesaggio dello Zingaro dopo l’incendio dell’estate del 2012 (foto G. R. Loria)
azioni sono state realizzate e in questo ultimo anno che rimane, oltre a continuare
le azioni già intraprese, si provvederà con
la liberazione (restocking) dei soggetti allevati presso l’Istituto Zootecnico e acclimatati nelle voliere realizzate all’interno
della ZPS. I soggetti da rilasciare saranno
forniti di piccoli radiotrasmettitori che
consentiranno, con la tecnica del radiotracking, di monitorare le singole coturnici
liberate e di verificare il buon esito dell’intervento.
Minacce ancora possibili sono rimasti
soltanto gli incendi (fig. 7) e il prelievo venatorio illegale.
Su questi due aspetti si può interve-
nire soltanto continuando con l’azione di
sensibilizzazione, creando, nelle popolazioni umane locali, la consapevolezza di
possedere nel loro territorio un importante patrimonio di biodiversità ed incentivando nei luoghi più vulnerabili la sorveglianza, attualmente piuttosto carente.
Alla conclusione del progetto è prevista la redazione del Piano d’azione regionale per la conservazione della Coturnice
di Sicilia, che conterrà l’esperienza e i risultati ottenuti e potrà essere un utile riferimento e strumento per tutti coloro che
volessero attivare localmente nuovi progetti per la gestione e la tutela di questo
peculiare endemismo siciliano.
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Lo Valvo M., Miosi P.
Letteratura citata
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Lo Valvo M., Adragna F., Montanaro P., 2011.
Lo Valvo M., Massa B., Sarà M., 1993. Uccelli e paesaggio in Sicilia alle soglie del terzo millennio. Naturalista sicil., 17 (suppl.): 1-376
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INDICE per Autore
BARBANERA Filippo
pag.
21
FORCINA Giovanni
pag.
33
LO VALVO Mario
pag.
91
LORIA Guido R.
pag.
79
MALLIA Egidio
pag.
43
MANNO Claudia
pag.
79
MIOSI Pietro
pag.
91
RIGA Francesco
pag.
9
ROTELLI Luca
pag.
57
SCALISI Marco
pag.
49
SORACE Alberto
pag.
9
TROCCHI Valter
pag.
9
VALENZA Andrea
pag.
79
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Finito di stampare nel mese di Novembre 2014
dalla Tipografia Grillo - Trapani
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