SUGGERIMENTI PER LA STRUTTURAZIONE Prefazione pag. 1 1
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SUGGERIMENTI PER LA STRUTTURAZIONE Prefazione pag. 1 1
SUGGERIMENTI PER LA STRUTTURAZIONE Prefazione pag. 1 1. Strutturare gli spazi – risponde alla domanda “DOVE?” pag. 2 2. Strutturare il tempo – risponde alle domande “QUANDO”? e “PER QUANTO TEMPO?” pag. 5 3. Strutturare il lavoro pag. 9 4. Strutturare i contenuti ed il materiale – risponde alla domanda “CHE COSA?” pag. 10 5. Strutturare la comunicazione pag. 13 6. Strutturare l’aiuto – risponde alla domanda “COME?” pag. 15 7. Strutturare il rinforzo – risponde alla domanda “PERCHE’?” pag. 16 8. Strutturare l’imprevisto pag. 17 SUGGERIMENTI PER LA STRUTTURAZIONE Prefazione Il disturbo dello spettro autistico porta i bambini che ne sono affetti ad assumere molti comportamenti bizzarri, che rendono particolarmente difficile l’inserimento scolastico e non facilitano l’insegnamento. Molte di queste bizzarrie derivano anche da un problema di percezione del mondo che ci circonda. Per aiutare gli insegnanti a gestire al meglio questa “speciale normalità” viene proposta la presente scheda, che vuole offrire suggerimenti anche pratici e concreti per consentire di strutturare al meglio lo spazio, il tempo ed i contenuti dell’insegnamento. Questo perché in un mondo caotico che non riesce a decifrare ed a capire, il bambino autistico si sente molto confuso e spaesato, risultando perciò bloccato. Nella pianificazione del processo educativo di questi bambini risulta quindi molto importante ridurre il disordine e trovare il modo opportuno di presentare gli stimoli. Una corretta strutturazione di tempi e spazi, una graduale preparazione del bambino autistico ed una strategia di comunicazione efficacemente strutturata consentiranno infine di educarlo anche alla gestione degli imprevisti. Cosa significa strutturare? Strutturare significa organizzare in modo preciso e dettagliato le attività ed i materiali da proporre, gli spazi di lavoro ed i tempi di esecuzione e riposo. Perché strutturare? Il fine della strutturazione deve essere quello di rendere chiaro, evidente e quindi comprensibile ciò che chiedo al bambino. Il metodo di lavoro basato sulla strutturazione permette di limitare i comportamenti problematici, che spesso derivano dall’ansia di non sapere cosa fare, come e quando farlo. Con la strutturazione si vuole cercare di superare le limitazioni comunicative e sensoriali dei bambini autistici. Che requisiti deve avere la strutturazione? Per impostare al meglio il lavoro educativo con il bambino autistico, la strutturazione deve rispondere a questi requisiti : visibilità, chiarezza, essenzialità, concretezza, comprensibilità, prevedibilità, ma non rigidità. La strutturazione deve essere flessibili, cioè deve essere costruita in funzione dei bisogni e del livello di sviluppo del singolo soggetto, e deve essere idonea ad essere modificata in ogni momento. Inoltre è bene sempre ricordare che la strutturazione NON deve mai essere fine a se stessa, ma deve sempre rappresentare solo un mezzo per aiutare una persona che si trova in difficoltà a causa della propria impossibilità a comunicare. Ricordiamo infatti che alla base del disturbo autistico ci sono un deficit di comunicazione e una cecità sociale, che si traducono in mancanza di intuizione e in una generalizzata difficoltà nell’interazione sociale. Cosa dobbiamo strutturare? 1 1. Strutturare gli spazi – risponde alla domanda “DOVE?” In primo luogo dobbiamo adattare opportunatamente l’ambiente in considerazione delle caratteristiche specifiche del singolo soggetto autistico, per favorire la sua abilità di apprendimento. Entrando a scuola, è opportuno che il bambino venga accolto da un ambiente semplice e prevedibile, fruibile e chiaro, e soprattutto pulito dal punto di vista sensoriale: è fondamentale fare in modo che siano presenti sul tavolo di lavoro solo i materiali necessari allo svolgimento delle attività ed eventuali supporti visivi per la comunicazione: la presenza di ogni altro oggetto non necessario confonde, distrae e riduce l’attenzione del bambino. L’ambiente deve essere inoltre ordinato, silenzioso e privo di ogni inutile fonte di distrazione. È anche doveroso essere puliti nel fornire aiuto gestuale, cioè usare solo gesti molto significativi. La strutturazione dello spazio dell´alunno con autismo ha quindi il fine di: - Fornire al bambino le informazioni essenziali; - Semplificare l´ambiente percettivo; - Evitare le distrazioni; - Aiutare a “contenersi” dando all´alunno limiti chiari. In particolare, sin dal primo giorno di scuola è bene fornirgli queste informazioni: Dove può appoggiare e disporre lo zainetto e le sue cose. A tal fine è bene ricorrere a parole scritte e contrassegni. I segnali devono essere evidenti, stabiliti, appresi e costanti. Dove trova e dove deve riporre il materiale dopo averlo usato. È utile dare indicazioni visive sul contenuto di armadietti e cassettini mettendo l’etichetta con il nome e/o la foto sugli armadietti e i contenitori contenenti i materiali del bambino. Qual è il suo banco e qual è il suo posto di lavoro. Particolare attenzione è bene prestare all’identificazione del banco destinato al bambino autistico. Il suo posto deve rimanere sempre lo stesso e deve essere immediatamente riconoscibile. Sul suo banco è opportuno incollare il nome del bambino accompagnato da una sua foto. 2 Invece, l’angolo di lavoro deve essere organizzato con un banco rivolto verso la parete e deve essere affiancato da due scaffali su cui disporre il materiale da eseguire (a sinistra) ed il materiale completato (a destra). L´organizzazione sinistra/destra è una regola che facilita l´abitudine “inizio a sinistra e termino a destra” agevolando l´apprendimento della scrittura e lettura alfabetica dei paesi occidentali. Al contempo tale organizzazione consente agli adulti di riferimento di predisporre il lavoro sempre allo stesso modo, senza modifiche che potrebbero sconcertare un ragazzo con autismo. Si vuole qui richiamare il fatto fondamentale che le forme di strutturazione devono essere altamente personalizzate quindi scelte e realizzate in modo da attirare l’attenzione dell’alunno e da essere per lui interessanti; per quanto possibile devono rispondere ai suoi interessi o devono contribuire a farne sorgere di nuovi. Si analizzi l´esempio dell´organizzazione “sinistra/destra” qui sotto riportato: Per un ragazzo che ama i mezzi di trasporto, questo è un modo di presentare un esercizio che può risultare molto accattivante: il vassoio su cui è posto il lavoro da seguire viene presentato come un vagoncino di un treno. Sul vagoncino ci sono delle automobiline e dei garage in cui esse devono essere riposte abbinandole per colore. Una volta riposte in garage tutte le auto, il vagoncino scivola sui binari e entra sotto una galleria, che nasconde il contenitore per riporre i vassoi con i lavori finiti. Dove svolgerà le lezioni e le attività che si tengono in altri spazi. Per facilitare l’individuazione di questi luoghi (palestra, aula informatica, aula di lingua straniera, mensa, wc, …) è bene usare parole scritte e immagini. La definizione e la marcatura degli spazi deve necessariamente essere mantenuta costante nel tempo. Dove non può entrare. È necessario evidenziare anche visivamente gli spazi in cui il bambino non può entrare. Ad esempio, è possibile usare il colore rosso: delimitare con uno scotch rosso le aree in cui non può accedere, apporre cartelli di colore rosso sulle porte che non può aprire. 3 Dove poter riposare/rilassarsi L´attività didattica di un soggetto autistico deve essere periodicamente interrotta da un´attività piacevole. Si dovrà quindi predisporre un´area all´interno dell´ambiente scolastico in cui il bambino possa rilassarsi saltando sul trampolino (attività particolarmente gradita a tali soggetti), piuttosto che dondolare su di un´amaca o su di una sedia a dondolo. Può essere anche utile organizzare all´interno dell´aula o in altri ambienti comuni una “zona di decompressione”: una zona all´interno della classe dove l´alunno può concedersi una breve pausa dagli impegni scolastici. Tale zona non deve mai ricordare una punizione né all´alunno né ai suoi compagni, come nell´esempio qui sotto in cui tale area è stata allestita a mezzo di una sedia in cui l´alunno può concedersi una breve “vacanza” dai periodi di attività. Dove attendere Nell’arco della giornata scolastica si presentano momenti in cui occorre “attendere”: attendere in fila per la mensa, attendere il proprio turno, etc. Attendere è una delle situazioni più difficili per i ragazzi autistici e deve essere attentamente insegnata. Una buona strutturazione può essere un prezioso aiuto: è 4 possibile quindi predisporre degli spazi in cui si attende: può trattarsi di una sedia o di un riquadro disegnato per terra, ad esempio. Occorre che la destinazione di quella porzione di spazio sia ben definita e che vi siano indicazioni visive sulle regole per l’attesa; per aumentare la capacità di attesa si può collocare nello spazio qualche attività piacevole che può essere svolta (ad esempio un puzzle, un gioco con il tablet o con il cellulare). E’ bene, almeno all’inizio, far comprendere che occorre un tempo di attesa utilizzando, ad esempio, un semaforo: quando il semaforo è rosso si attende, quando diventa verde si va oltre nell’attività (oppure è il turno giusto, oppure si può entrare, …) Come è emerso lavorando con bambini con disturbo dello spettro autistico, è molto importante usare parole scritte, contrassegni e immagini. È opportuno che tutti gli spazi siano chiari e visivamente delimitati. Ciò permette al bambino di sapere con precisione ciò che ci si aspetta da lui in ogni luogo. È necessario inoltre che ogni spazio sia dedicato esclusivamente ad una singola e specifica attività (dobbiamo creare lo spazio per il lavoro individuale, lo spazio per il lavoro di gruppo, lo spazio per il riposo,…); così il bambino autistico si orienta da solo e raggiunge presto una autonomia di movimento. In tal modo, vengono sfruttati al massimo i punti di forza del soggetto autistico: buone abilità visive e ottima memoria associativa. Ricordiamo sempre la testimonianza di Temple Grandin “Io penso in immagini. Le parole sono come una seconda lingua per me. Io traduco le parole (…) in filmati a colori, completi di suono, che scorrono come una videocassetta nella mia mente.” Anche le regole di condotta possono essere tradotte in rappresentazioni visive. E´ importante che tali regole riguardino tutti (e non soltanto l´allievo con autismo), che siano chiare, poche, alla portata dell´alunno nelle condizioni attuali e rappresentate in modo comprensibile. Ad esempio, al disegno di un’aula con i banchi occupati dagli alunni correliamo la raffigurazione del divieto di entrare (“quando i bambini sono in classe NON entro”) ed al disegno di un’aula vuota colleghiamo la raffigurazione del bambino che entra (“quando i bambini non sono in classe entro”). È opportuno usare sempre disegni molto schematici e chiari, magari usando una croce di colore rosso da porre sopra la raffigurazione dell’azione che si vuole negare o vietare. 2. Strutturare il tempo – risponde alle domande “QUANDO”? e “PER QUANTO TEMPO?” Oltre alla strutturazione dello spazio, i soggetti con autismo traggono vantaggio dalla strutturazione del tempo. Le persone con autismo vivono spesso in una realtà in cui non hanno accesso alle informazioni che permettono di rispondere a semplici domande quali: “che cosa succederà dopo?” “per quanto tempo devo rimanere in questo posto a fare questa attività?” “per quanto tempo dovrò attendere?”. Sono domande che anche noi soggetti normotipici ci poniamo e la nostra tranquillità interiore dipende molto dalla capacità di fornire risposta a queste domande. Non avere accesso a tali informazioni significa sperimentare un modo imprevedibile, che getta il 5 soggetto in uno stato di ansia ed incertezza, in cui un’attesa può essere lunga minuti come giorni ed in cui non si è a conoscenza di quello che sta per succedere. Proprio per contrastare il caos interno e per aiutare il bambino a diventare indipendente è quindi opportuno esplicitare i vari aspetti che il concetto di “tempo” in se racchiude, concetti che i soggetti normotipici appendono in modo inconsapevole ma che devono essere insegnati ad uno ad uno negli alunni con questa disabilità intellettiva. E’ necessario quindi che il concetto ti tempo venga esplicitato nei seguenti aspetti: a. Il tempo come durata: per rendere visibile lo scorrere del tempo è utile ricorrere a timer (purché il ticchettio non dia fastidio ai bambini), clessidre o ad orologi; b. Il tempo come successione PRIMA/DOPO: le sequenze temporali sono difficili da comprendere per gli alunni con problemi intellettivi. Si deve ricorrere quindi a schemi di organizzazione del tempo che rappresentino visivamente cosa accade prima e cosa accade dopo, che scandiscano cosi il corso della giornata in una serie di sequenze chiare e visibili. Tali schemi devono essere altamente individualizzati e prendere in considerazione il livello di sviluppo del bambino: ciò significa ricorrere ad una serie di simboli, disegni o fotografie nel caso in cui il bambino non abbia acquisito la lettoscrittura; ad una serie di parole scritte in caso contrario. Gli schemi di organizzazione del tempo possono essere di due tipi: SCHEMA FISSO 6 Lo schema fisso delinea il susseguirsi delle diverse materie, attività e pause secondo una linea temporale rappresentata da sinistra verso destra oppure dall’alto verso il basso. In alternativa è possibile ricorrere ad una organizzazione non lineare ma circolare dello scorrere delle diverse attività: tale organizzazione, al pari dello schema analogico, aiuta a comprendere la struttura ciclica del tempo. È bene accompagnare la parola scritta sia all’immagine del luogo dove si svolgerà l’attività sia, nel caso del “calendario delle attività scolastiche” alla foto dell’insegnante che spiegherà la lezione. Tale tipo di strutturazione può anche essere utile per rendere prevedibile la durata di un compito particolarmente difficile o poco motivante (ad esempio, quante parole da leggere), ma anche per dare un limite a quelle piacevoli. In altri termini, con questi schemi il bambino impara che ogni attività, più o meno piacevole, è caratterizzata da un momento di inizio e da uno di fine. Lavorando con bambini con scarse competenze, può non essere immediato riuscire a “portare il bambino allo schema”, cioè far capire allo stesso che deve seguire il corso delle indicazioni raffigurate. A tal fine possiamo usare la carta di transizione: un cartellino colorato raffigurante la foto del bambino da apporre direttamente sullo schema. SCHEMA MOBILE Qui a fianco riportiamo un esempio di schema mobile. Nello schema mobile è possibile inserire delle opzioni: ad esempio, sulla linea della ricreazione possiamo collegare all’immagine del sole la foto del giardino ed all’immagine della pioggia un gioco a carte in aula. Il nome di ogni attività dovrà essere affiancato da un quadratino vuoto: sullo stesso il bambino dovrà apporre una croce quando avrà terminato il relativo compito. 7 Progressivamente, con la crescita e lo sviluppo del bambino, sarà possibile aumentare la complessità dello schema: inserire nello stesso un numero sempre maggiore di opzioni e magari anche gli imprevisti. Infine, una volta che il bambino avrà acquisito familiarità con lo schema, si potrà procedere alla programmazione e quindi alla scrittura dello schema insieme al bambino. La rappresentazione in sequenze è utile non solo per scandire lo scorrere del tempo ed individuare nelle diverse fasi della giornata le attività da svolgersi, ma anche per aumentare il livello di autonomia del soggetto suddividendo in diverse attività elementari un´azione complessa quale quella del lavarsi le mani come nell´esempio sotto riportato. Per gli alunni con minori abilità comunicative in genere si utilizzano, anziché rappresentazioni visive, degli oggetti concreti ed una serie non troppo lunga di attività. Ad esempio, si prende uno scaffale suddiviso in scomparti in cui si trovano, nell’ordine, una tazza, uno spazzolino da denti, un puzzle, una palla, un altro puzzle e una sciarpa. Quando l’alunno arriva davanti allo schema, capisce che ci sarà prima la colazione, poi dovrà andare in bagno a lavarsi i denti, dopo dovrà svolgere una attività di lavoro (puzzle), poi andrà a giocare a palla, poi ci sarà un’altra attività di lavoro e, da ultimo, tornerà a casa. Infine, è bene precisare che lo schema (mobile o fisso) deve essere posizionato in un luogo ben visibile per il bambino autistico: sulla parete accanto al suo banco oppure sulla sua stessa posizione di lavoro. Altri strumenti per ottenere una visualizzazione ed una “spazializzazione” del tempo possono essere: l’agenda giornaliera, il calendario ed una comunicazione visualizzata della durata di ogni attività (cioè puntiamo sulla quantità di oggetti, anziché sulla quantità di minuti: ad esempio 8 possiamo dire al bambino “colora tre figure” oppure “scrivi cinque parole” anziché “colora per dieci minuti” oppure “ora scriviamo per un quarto d’ora”). È possibile anche servirsi di una clessidra o di un orologio con le lancette per facilitare la misurazione dello scorrere del tempo. Può anche essere opportuno prevedere uno SCHEMA DELLA SETTIMANA, in cui sia visibile con colori diversi la scansione dei momenti della giornata scolastica, compilato nel dettaglio solo nel giorno corrente. Una buona strutturazione del tempo deve prevedere momenti di lavoro in classe, con la classe e momenti di lavoro individuale. Queste tre tipologie di relazione lavorativa devono essere opportunamente alternate nonché constare di intervalli non troppo lunghi. In tal modo è possibile insegnare al bambino autistico ad assumere un atteggiamento più flessibile. È bene alternare sezioni di lavoro volte a potenziare abilità diverse: passare da lavoro sulle abilità cognitive a lavoro su quelle motorie, a lavoro sulle abilità sociali e di comunicazione a lavoro sulle abilità di comunicazione e linguaggio. Tutte queste attività devono essere scandite in modo prevedibile perché le novità creano disorganizzazione. Devono essere create routine il più possibile regolari sia a dimensione giornaliera che settimanale. Inoltre, è importante rispettare con accuratezza i tempi di inizio e di fine di ogni attività, proprio per costruire un senso di routine regolare e prevedibile. Infine, specialmente se l’alunno dimostra una elevata tendenza a distrarsi, è bene mantenere un ritmo veloce di somministrazione e attività di breve durata, specialmente nelle attività più difficili come la lettura e la scrittura. Con i bambini con il disturbo dello spettro autistico è bene non scordare di programmare anche i momenti di tempo libero. Questo perché le persone autistiche non sono in grado di organizzarsi da sole e sono prive di spirito di iniziativa. Quindi, necessitano di essere assistite da un “maestro” anche nel gioco, per poter così sperimentare ed apprezzare la condivisione con i loro compagni. Il tempo libero deve essere strutturato prevedendo i momenti di gioco, cioè pianificando quanto il bambino farà durante la ricreazione e durante la pausa pranzo. È bene preparare in anticipo tutto il materiale necessario per poter eseguire giochi ad hoc per il bambino autistico. I momenti di tempo libero possono anche essere un’ottima occasione per insegnare al bambino a relazionarsi con i suoi compagni, nonché per insegnare agli altri alunni come devono comportarsi con lui. 3. Strutturare il lavoro La programmazione del lavoro deve consentire al bambino autistico di apprendere le seguenti informazioni: - Che tipo di lavoro farà - Per quanto tempo farà questo lavoro ed a che ora finirà - Cosa farà dopo 9 Per un’ottima strutturazione del lavoro possiamo usare delle schede di messa in evidenza: delle schede che affiancano ad ogni attività che il bambino dovrà svolgere un quadratino che lui dovrà crociare una volta terminato il relativo compito. Queste schede, come lo schema di lavoro, devono essere posizionate presso il tavolo di lavoro del bambino autistico. In alternativa alle schede di messa in evidenza, possiamo usare materiali ad esaurimento, timer e clessidre. In generale, il lavoro da svolgere deve essere presentato in modo chiaro: ogni compito deve essere contenuto in una scatola sullo scaffale di sinistra ed ogni scatola deve essere opportunamente contrassegnata da un simbolo. Poi, una volta che il bambino ha svolto il compito, il materiale deve essere deposto in una corrispondente scatola (ovvero in una scatola che presenti lo stesso contrassegno) posizionata però sullo scaffale di destra. 4. Strutturare i contenuti ed il materiale – risponde alla domanda “CHE COSA?” Lo stile cognitivo del bambino con il disturbo dello spettro autistico necessita che i contenuti scolastici siano opportunamente adattati e particolare attenzione bisogna porre al modo in cui questi contenuti vengono presentati. Ciò richiede di apportare delle modifiche alle schede standard che vengono impiegate. Per comunicare, e quindi insegnare, al bambino autistico è necessario dare delle istruzioni visive, cioè strutturare tutti i materiali in modo tale che questi risultino capaci di “parlare da soli”. In altri termini, dobbiamo usare materiali autoesplicativi, che non abbiano bisogno di spiegazioni. Per evitare distrazioni è fondamentale organizzare ed ordinare lo spazio visivo, nonché puntare sulla chiarezza e semplicità del messaggio visivo. Quest’ultimo deve permettere di cogliere immediatamente il concetto essenziale e deve essere eliminato ogni elemento superfluo. Ad esempio, l’ordine e la chiarezza visiva in una scheda si ottengono ingrossando il contorno di un’immagine che il bambino deve ritagliare e così facendo si pongono in secondo piano le aree interne di diverso colore della figura da ritagliare. Quindi, per rendere chiaro ed evidente ciò che è importante e ridurre al minimo i dettagli irrilevanti, possiamo evidenziare, ingrossare ed ingrandire o sottolineare e incorniciare. Anche l’uso del contrasto e dei colori è una strategia comunicativa vincente nel caso dell’autismo. Ad esempio, nell’insegnare le operazioni possiamo incorniciare ogni singolo addendo ed il risultato e magari scrivere il segno + con il colore rosso. Per rendere il concetto dell’addizione visivamente chiaro ed evidente, possiamo associare all’operazione una rappresentazione con gli insiemi e usare diversi colori. Come nell’esempio sotto. 10 3 + 2 = E ‘possibile inoltre ricorrere all´utilizzo di materiali creati ad hoc per lo studio di una determinata abilità. Nell´esempio qui sotto si è creato con un tubo di carta da cucina e con strisce di carta da pacco un semplicissimo oggetto che può essere utilizzato per l´apprendimento di abilità aritmetiche. Ci sono 5 rane su una foglia: 2 si tuffano. Quante ranocchie restano? Per insegnare a copiare una parola possiamo, in primo luogo, associare alla stessa l’immagine visiva dell’oggetto in questione e poi inserire ogni singola lettera in una griglia e predisporre una griglia corrispondente che il bambino dovrà completare. Come nell’esempio riportato sotto. 11 In generale, ricordiamo sempre che il bambino autistico non è in grado di organizzarsi da solo; quindi, in tutti quei contesti in cui gli altri alunni procedono con una auto-organizzazione è bene che il bambino autistico sia supportato con una etero-organizzazione. Anche nella presentazione del materiale è bene rispettare il principio della pulizia sensoriale: specialmente nella fase iniziale del percorso educativo, è opportuno consegnare al bambino il materiale a uno a uno ed adottare anche una pulizia di stile, cioè utilizzare un linguaggio essenziale sia verbale che non verbale. Inoltre, è bene essere puliti anche nel fornire aiuto gestuale, cioè usare solo gesti molto significativi e privi di significati ambivalenti. Infine, bisogna interrogarsi su come modificare i libri di testo per renderli più fruibili ai soggetti autistici. In primo luogo dobbiamo sempre ricordare che ogni libro, così come ogni scheda, è sempre modificabile e adattabile. Ad esempio, possiamo partire da un libro esistente e renderlo accessibile da un punto di vista fisico, modificando il numero delle pagine, la loro consistenza ed il loro assemblaggio: con mollette, forcine e feltrini possiamo consentire al bambino di girare agevolmente le pagine e bloccare il libro sul banco in modo che non scivoli via a causa di movimenti poco controllabili o bruschi. Possiamo inoltre smontare e rimontare le pagine del libro a seconda della necessità: fotocopiando, scannerizzando e magari plastificare le pagine o incollarle su supporti cartonati per renderle più facili da girare. Così facendo, otteniamo una pulizia sensoriale pure dal punto di vista tattile. Riportiamo di seguito un esempio di adattamento di una scheda: a sinistra è riportata la scheda normalmente utilizzata in classe, a destra è riportata la scheda opportunatamente adattata per l’alunno autistico. 12 cerchiare tutte le lettere F che trovi M N S F F R G G E M A T N F F Y F S F I G O F R G A T E F F Y I O Bisogna sempre ricordare che quello che va bene per un bambino non è detto vada bene per un altro: come un vestito sartoriale cucito su misura, così anche il materiale per lavorare con un bambino autistico deve essere altamente personalizzato, cioè “cucito su misura per lui, senza fare pieghe”. Un esempio pratico, che consideri ogni modalità di somministrazione del materiale, può essere chiarificatore. Se vogliamo far apprendere al bambino autistico le lettere dell’alfabeto nonché potenziarne le capacità grafo-motorie, possiamo costruire una scheda come quella riportata qui sotto. La lettera in grassetto a inizio pagina funge da modello ed è utile per insegnare al bambino a familiarizzare con il tatto prima di iniziare l’attività di scrittura vera e propria: la maestra accompagna il dito indice dell’alunno facendolo scorrere sulla lettera modello proprio come se stesse scrivendo e contemporaneamente pronuncia il nome della lettera. Successivamente il bambino dovrà scrivere la lettera seguendo lo schema tratteggiato e riportato sotto la lettera modello; la prima volta con l’aiuto della maestra, poi da solo. Infine, nell’ultimo riquadro vuoto il bambino dovrà scrivere la lettera senza la traccia sottostante. 5. Strutturare la comunicazione La strutturazione della comunicazione sottintende due aspetti diversi e complementari: uno fa perno su un comportamento attivo dell’insegnante, uno fa perno su un comportamento attivo del 13 bambino, sempre però ricordando che per comunicazione va inteso un processo che coinvolge due persone che devono rispettivamente trasmettere un messaggio e saperlo decifrare, ma prima ancora prestarvi attenzione e quindi ascoltarlo. In altri termini, quando ci prepariamo a strutturare la comunicazione dobbiamo dare una risposta a due diverse domande: a. Come comunico con un bambino autistico? b. Come insegno a un bambino autistico a comunicare le sue scelte? a. Per dare una risposta alla prima domanda, dobbiamo ricordare che per una comunicazione efficace ed efficiente con i bambini con il disturbo dello spettro è necessario servirsi sempre di strumenti e supporti visivi, proprio perché il loro principale punto di forza è la percezione dell’informazione visiva. Immagini, simboli e PCS assumono quindi un’importanza fondamentale. In altri termini, dobbiamo sempre ricordarci che una immagine vale più di mille parole! Un esempio di comunicazione di un messaggio complesso e che implica la presenza di concetti astratti, quali un “prima” e un “dopo”, può essere il seguente: PRIMA AUTOBUS DOPO PARCO Infine, si deve sempre ricordare che continuare a richiamare il bambino autistico, a chiamarlo per nome, a dirgli verbalmente di stare attento non porta altro risultato che rendere più difficile la comunicazione, dando al bambino la sensazione di non essere compreso. Inoltre, ogni comunicazione così come ogni informazione che vogliamo trasmettere al bambino autistico, deve essere chiara, concisa, espressa in modo affermativo, data una sola volta e utilizzando sempre la stessa formula per chiedere la stessa cosa: una variazione nella forma potrebbe infatti essere percepita dal soggetto autistico come una richiesta diversa. In caso di errori compiuti dal soggetto autistico durante l’esecuzione di un compito, questi errori devono essere corretti senza però dare o far trasparire giudizi sulla persona. b. Con l’ausilio di supporti visivi possiamo inoltre aiutare il bambino autistico a comunicare una sua scelta. Le persone autistiche sono in grado di compiere le loro scelte, ma incontrano grandi difficoltà nel comunicare queste scelte ad altri. I supporti visivi e un esercizio giornaliero “guidato” possono insegnare al bambino ad esternare le sue scelte in ogni contesto della vita quotidiana. 14 Un esempio di come usare i supporti visivi in modo semplice e chiaro al fine di insegnare al bambino a esternare la sua scelta consiste nel suddividere una frase semplice nelle sue parti costitutive elementari( soggetto, verbo, complemento oggetto) e per ogni parte costruire un cartoncino con parola ed immagine. Sarà compito del bambino scegliere in primo luogo l’oggetto desiderato e poi ordinare gli elementi della frase che si vuole comunicare agli altri. Ad esempio: IO VOGLIO PALLA Per insegnare all’alunno autistico a comunicare le proprie scelte agli altri, si deve iniziare con una scelta facile e non complessa: cioè circoscritta nel tempo, nel luogo nonché nella quantità di alternative messe a disposizione dell’alunno. (Ricollegandosi all’esempio precedente, possiamo mettere sul banco di lavoro del bambino le tre tessere sopra riportate nonché altre due tessere raffiguranti due giochi alternativi alla palla). È opportuno far diventare l’assunzione di una scelta un momento tipico e routinario di ogni mattinata scolastica prevedendo un vero e proprio “momento della scelta” nella pianificazione del programma giornaliero. Le prime volte sarà necessario aiutare (anche fisicamente, ma mai in modo impositivo e costrittivo) la scelta del bambino e poi, con pazienza e ripetitività dell’azione, giungere gradualmente alla generalizzazione di questa attività che per ogni ragazzo autistico è sempre molto difficile. Dobbiamo infatti ricordare che, per ogni compito e quindi anche per questa attività, il soggetto affetto dallo spettro tende sempre ad associare quanto appreso e messo in pratica a una specifica situazione o a uno specifico ambiente, mentre fatica molto a porre in essere il medesimo comportamento in contesti diversi. Compito dell’educatore sarà quindi, una volta che l’alunno avrà metabolizzato e imparato a gestire serenamente il “momento della scelta” inteso come momento programmato prestabilito nel diario quotidiano, insegnare allo stesso a comunicare le sue scelte anche in ambienti diversi e in situazioni diverse rispetto a quella tipica del “momento della scelta”. Ciò comporta far svolgere l’attività appresa con materiali diversi, con persone diverse e con modalità diverse. 6. Strutturare l’aiuto – risponde alla domanda “COME?” Per prima cosa, con i soggetti affetti dal disturbo dello spettro dobbiamo adottare sempre un atteggiamento facilitante: ciò significa prestare immediatamente tutto l’aiuto necessario 15 soprattutto quando si insegnano attività nuove. Poi l’aiuto verrà gradualmente tolto finché l’attività verrà svolta in modo autonomo. Dato che con il bambino affetto dal disturbo dello spettro autistico le istruzioni verbali non sono efficaci per spiegare un compito, un aiuto fisico o visuale costituirà il modo più semplice per illustrare al bambino come dovrà eseguire il compito. Il grado maggiore di aiuto è costituito dall’aiuto fisico: l’educatore accompagna con la sua la mano del bambino nell’esecuzione del compito. In questo caso è fondamentale riuscire a dosare il gesto in modo tale che il bambino percepisca un incoraggiamento ed anche una istruzione esplicativa; l’aiuto fisico non deve mai essere una costrizione. Molto importante è poi l’aiuto di tipo visuale: ad esempio, possiamo indicare con il dito, oppure possiamo spostare un oggetto dal posto sbagliato al posto giusto, oppure possiamo fornire una dimostrazione di come deve essere eseguito il compito. Naturalmente possiamo usare anche l’aiuto di tipo verbale; in questo caso è bene impiegare parole semplici, chiare, essenziali e sempre uguali per una stessa spiegazione. In altri termini, evitiamo l’uso di sinonimi e di un linguaggio troppo figurato. Infine, l’aiuto da offrire al bambino autistico può consistere nella semplice supervisione. Anche in questo caso la presenza dell’educatore deve essere discreta ed incoraggiante. 7. Strutturare il rinforzo – risponde alla domanda “PERCHE’?” Gli alunni non motivati non imparano: in questo i bambini con autismo non differiscono dai loro coetanei con sviluppo tipico. Il problema è che i bambini affetti da disturbo dello spettro possono non essere sensibili al tipo di rinforzi che di solito motivano gli altri bambini e quindi hanno difficoltà a capire perché o per quale motivo debbano eseguire certi compiti. Mentre gli altri alunni trovano nella approvazione dei genitori o degli insegnanti o nella propria volontà ad essere un “bravo scolaro” la motivazione per apprendere nuove attività, queste motivazioni risultano incomprensibili, troppo astratte per il bambino autistico. Per aumentare la motivazione e la collaborazione del soggetto autistico nello svolgere le attività difficili e che riscuotono meno interesse nel soggetto è quindi opportuno utilizzare rinforzi concreti, quali ad esempio un alimento gradito al ragazzino o un gioco per lui motivante. I rinforzi inizialmente verranno presentati in modo continuo ad ogni progresso del bambino; successivamente verranno dati in modo intermittente (ogni tot successi), mentre torneranno ad essere continui per le attività per lui difficili o nuove. E’ inoltre importante associare ogni volta al premio concreto un elogio verbale (ad esempio: “bravo”, “hai fatto bene!”), in modo che il bambino sviluppi anche la motivazione sociale. L’utilizzo di premi come conseguenza ad un comportamento positivo da parte del soggetto autistico aumenta la probabilità di ricomparsa di quel comportamento ed è particolarmente utile quando non è ancora sviluppata la motivazione sociale. Man mano che la sua collaborazione aumenta, i premi divengono sempre più dilazionati nel tempo e si utilizzano soprattutto rinforzi sociali. Il rinforzo in un primo momento sarà immediato e visibile (ad esempio l’alimento ricompensa sarà posizionato subito dopo il compito da svolgere ed il bambino lo potrà prendere al termine 16 dell’attività). In un secondo tempo sarà immediato ma non visibile (l’alimento non sarà più posto sul tavolo nè in vista) per divenire poi simbolico. In quest’ultimo caso il bambino riceverà una “stellina” per ogni attività svolta o comportamento adeguato e quando avrà totalizzato un certo numero di stelline potrà ricevere il premio. Quando il bambino si rifiuta di svolgere il compito assegnato, gli chiediamo di svolgerlo una volta, poi cerchiamo di aumentare la sua motivazione mostrandogli il premio che otterrà alla fine del compito oppure mostrandogli quando potrà fare un’attività per lui piacevole, dopo di che, se il bambino continua a rifiutarsi di fare il compito, lo aiuteremo fisicamente. È molto importante che il bambino non apprenda che piangendo o “facendo capricci” può ottenere di non fare un compito. Infine, l’insegnante deve adottare sempre un comportamento dolce e cordiale, ma allo stesso tempo fermo e risoluto. 8. Strutturare l’imprevisto Infine, lavorando con i bambini autistici è molto importante educare loro all’imprevisto. Dato che gli imprevisti fanno parte della vita di ognuno di noi, anche i soggetti autistici incontreranno inevitabilmente degli imprevisti che si tradurranno in cambiamenti da apportare alla programmazione, come ad esempio una supplenza in ambito scolastico. Dobbiamo quindi insegnare anche ai bambini autistici, di per sé poco propensi alla flessibilità e molto rigidi, ad accettare e gestire i cambiamenti. È bene iniziare con un cambiamento che sia prevedibile nel tempo e con imprevisti piacevoli per il bambino. Nella pianificazione del programma giornaliero si deve poi introdurre un vero e proprio “momento dell’imprevisto”. Gradualmente questa abilità verrà generalizzata in modo tale che poi il ragazzino saprà affrontare più serenamente gli imprevisti di ogni genere e tipo. L’obiettivo principale è insegnare al bambino che l‘ imprevisto può risolversi o comunque, se non può essere risolto, vi può essere qualcosa di sostitutivo che plachi la frustrazione generata dall’ imprevisto. L’educazione all’imprevisto risulta essere una delle attività più difficili da compiere con il soggetto autistico; a tal fine è necessario procedere gradualmente e secondo un ordine preciso. a. Associare l’imprevisto a un’immagine/simbolo In primo luogo, dobbiamo associare l’imprevisto a una immagine, ad un simbolo che lo identifichi in modo univoco. Ad esempio, è possibile ricorrere al seguente simbolo: 17 Decidiamo quindi una attività alla quale far subentrare il primo imprevisto che vogliamo far conoscere al bambino. Inizialmente dovranno essere attività di scarso interesse per il bambino e di breve durata. Nel momento in cui, al punto di svolgere l’attività programmata, subentra l’imprevisto, mostriamo al bambino il cartellino con il simbolo identificativo dell’imprevisto esplicitandolo anche verbalmente: “Imprevisto!”. (Ad esempio, “Imprevisto! Manca il pennarello rosso. Risolviamo! Ora lo andiamo a prendere.”). È necessario che il problema venga risolto velocemente. Dobbiamo creare molti imprevisti del genere, in modo tale che il soggetto autistico riesca ad abituarcisi. Gradualmente poi l’imprevisto dovrà interessare attività sempre più motivanti, ma sempre risolvibili. b. Diminuire l’ansia allungando i tempi di attesa prima della risoluzione dell’imprevisto Sempre utilizzando il simbolo visivo dell’imprevisto, introduciamo l’imprevisto in una attività che non può essere risolta immediatamente. (Ad esempio, programmiamo di andare sull’altalena ma l’altalena risulta occupata. Quindi esplicitiamo a voce l’imprevisto “Imprevisto! L’altalena è occupata da un altro bambino. Risolviamo! Chiediamo al bambino di non spingersi più e poi di lasciarci il posto. Intanto aspettiamo un paio di minuti.” Nel contempo mostriamo al soggetto autistico il simbolo dell’imprevisto.) Il problema si risolve, ma passa del tempo. (Nell’esempio, dobbiamo aspettare che l’altalena si fermi ed il bambino scenda). Infine, è importante che la soluzione sia molto gratificante per il bambino. (Ad esempio, dare subito una bella spinta all’altalena in modo che il bambino vada velocemente in alto.) c. Spostamento dell’attività in un giorno successivo Pianifichiamo una attività che poi non si potrà fare. (Ad esempio, programmiamo di andare in piscina, ma la piscina risulta inagibile. Utilizziamo sempre il solito simbolo dell’imprevisto, dicendo “Imprevisto! La piscina è chiusa. Allora andiamo a giocare a calcio!) In questo caso dobbiamo proporre al bambino di passare ad un’altra attività altrettanto gratificante per lui. Quindi spostiamo l’attività saltata al giorno successivo. Progressivamente posticipiamo di due e poi di tre giorni il compimento dell’attività che subisce l’imprevisto. È fondamentale però che l’impegno venga poi sempre mantenuto. d. Sostituzione dell’attività – l’imprevisto NON si risolve Pianifichiamo un’attività che non si potrà fare. (Ad esempio, programmiamo di giocare in giardino, ma piove. Utilizziamo sempre il solito simbolo dell’imprevisto, dicendo “Imprevisto! Piove! Non possiamo andare in giardino e non possiamo interrompere la pioggia.”) In questo caso si tratta di un imprevisto che non potrà risolversi nell’immediato, quindi proponiamo al soggetto autistico delle attività sostitutive e per lui gratificanti. Possiamo offrirgli delle alternative e lasciare a lui la scelta. Se il bambino dovesse insistere nel volere l’attività programmata (qui, andare in giardino), diciamo che lo faremo un’altra volta senza però precisare quando. 18