Accoglimento totale del 28/01/2014 RG n. 84458/2013

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Accoglimento totale del 28/01/2014 RG n. 84458/2013
Accoglimento totale del 28/01/2014
RG n. 84458/2013
N. R.G. 2013/84458
TRIBUNALE di MILANO
SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA “A” CIVILE
Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 84458/2013 promosso da:
CRIMARI SNC (C.F. 04220740262)
Il Giudice dott. Silvia Giani,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
1. Con ricorso depositato il 5 dicembre 2013, la società Crimari s.n.c. esponeva che:
- la ricorrente aveva stipulato il contratto di franchising in data 28 marzo 2008 con la società
Milano Wedding, licenziataria del marchio Conti;
-il contratto aveva per oggetto i prodotti (confezioni porta confetti, accessori e confetti) con il
marchio “Conti Confetteria”;;
- il contratto prevedeva l’obbligo dell’affiliato di vendere i prodotti a un prezzo imposto,
senza facoltà in capo all’affiliato di effettuare alcuna vendita promozionale o campagna di vendita a prezzi ridotti;
-i “Prodotti” oggetto del contratto di franchising – con riguardo sia ai confetti che alle
confezioni – erano venduti presso la catena di supermercati Esselunga s.p.a. nonché EAT’S Verona Spa, in Veneto, a prezzi notevolmente più bassi e addirittura inferiori a quelli pagati
dagli affiliati;
- l’affiliante aveva creato canali di vendita concorrenziali contro i quali gli affiliati non
potevano competere, in violazione della clausola di esclusiva contrattuale, che prevedeva
l’obbligo in capo all’affiliante di non aprire propri negozi e di non stipulare altri contratti di franchising, aventi per oggetto l’apertura di negozi nel territorio della Regione per la durata
del contratto.
Ciò premesso in fatto, la ricorrente dedotto l’inadempimento contrattuale, chiedeva fosse inibito ai resistenti l’utilizzo diretto, o attraverso altri canali di vendita, dei prodotti a marchio
Conti Confetterie, oggetto del contratto di franchising, nella regione Veneto.
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a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 21 gennaio 2014,
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1.2. Si costituiva la resistente Milano Wedding s.r.l., chiedendo il rigetto della domanda.
Deduceva la mancata violazione della clausola di esclusiva territoriale di cui al contratto di
franchising in quanto, a suo dire, il divieto pattuito non aveva per oggetto la vendita dei
prodotti all’ingrosso, ma solo l’apertura di nuovi negozi o la stipula di altri contratti di franchising nella zona di esclusiva.
1.3. Si costituiva altresì la resistente GCF SPA, chiedendo il rigetto della domanda e
deducendo che: non aveva preso parte all’accordo contrattuale di cui non era a conoscenza;; non aveva commesso alcun atto di concorrenza sleale.
2. Il ricorso è fondato e va accolto nei confronti della società Milano Wedding.
2.1. La società ricorrente e la Milano Wedding s.r.l. -titolare dei diritti di sfruttamento
commerciale del marchio Conti Confetteria- hanno stipulato un contratto di franchising, che
“Conti Confetteria”.
Il contratto prevedeva gravosi obblighi a carico dell’affiliato, per la protezione dell’immagine della Milano Wedding”, “per l’esercizio di un’attività commerciale altamente efficiente e
selezionata” e per la vendita “unicamente” di Prodotti “ in un ambiente esclusivo e di gusto nel rispetto dei criteri di condotta commerciali uniformi e qualitativamente elevati dettati dalla
Milano Wedding” (cfr Premessa contratto).
In particolare, e per quanto rileva, prevedeva a carico dell’affiliato, oltre al divieto di concorrenza per la durata del contratto, anche:
- limitazioni alla concorrenza relative all’oggetto e ai canali di vendita: l’affiliato aveva l’obbligo di rivendere “al dettaglio nel negozio esclusivamente i prodotti” e non poteva venderli all’ingrosso (cfr. clausole 1.1.1 e 1.1.2.);;
-limitazioni alla concorrenza con riguardo all’approvigionamento dei prodotti: l’affiliato aveva l’obbligo di acquistare i Prodotti (confetti e confezioni) esclusivamente dalla Milano
Wedding (clausola 3.3. che riporta: “l’affiliato venderà nel negozio unicamente i Prodotti i quali dovranno…essere acquistati dalla Milano Wedding”);;
-limitazioni alla concorrenza con riguardo ai prezzi di vendita: l’affiliato aveva l’obbligo di vendere i prodotti al prezzo “prestabilito senza praticare sconto”, “anche al fine di assicurare gli alti standards qualitativi e di stile propri della Milano Wedding” ( art. 3.5).
2.2. Ciò visto con riguardo agli incisivi obblighi a carico dell’affiliato, e venendo alla condotta tenuta dalla Milano Wedding, il giudizio cautelare ha fatto accertare, pur nei limiti
della cognizione sommaria che lo contraddistingue, che l’affiliante Milano Wedding ha messo in commercio i
medesimi prodotti – confetti e confezionamenti- presso la grande
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aveva per oggetto i Prodotti ( confetti e confezioni porta confetti) contraddistinti dal marchio
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distribuzione, che li rivendeva a prezzi notevolmente più bassi e, a quanto sembra, financo
inferiori a quelli di acquisto degli affiliati.
I prezzi praticati dalla grande distribuzione – si ribadisce, di gran lunga inferiori rispetto a
quelli imposti agli affiliati e da loro applicati-, risultano documentalmente dagli scontrini di
acquisto, dai cataloghi esselunga e dalle riproduzioni fotografiche.
I prodotti sono stati anche oggetto di campagne promozionali presso la grande distribuzione,
con vendite a prezzi scontati e notevolmente più bassi rispetto a quelli praticati dagli affiliati
sulla base di listini loro imposti, non solo contrattualmente, ma anche di fatto. Le dette
circostanze, che erano state ammesse implicitamente nella comparsa, ove la società affiliante
si era limitata a contestare l’illiceità della condotta, sono state accertate documentalmente. L’identità dei prodotti venduti risulta evidente dal raffronto fotografico e dall’esame dei
(che variano solo per dimensioni, con la precisazione che quella venduta presso la grande
distribuzione, pur essendo di dimensione maggiore, ha un prezzo notevolmente inferiore,
nonostante l’identità del prodotto e del confezionamento: cubo acetato esselunga euro 5,48 per gr 250 a fronte di quella venduta dall’affiliato al prezzo imposto di euro 12 per gr 120 ).
La società Milano Wedding ha contestato che la vendita dei medesimi prodotti alla grande
distribuzione costituisca condotta sleale in violazione dell’esclusiva territoriale perché, a sua detta, relativa a un canale di vendita non rientrante nella esclusiva territoriale contrattualmente
stipulata, che era limitata, secondo l’interpretazione della resistente, alla sola apertura di negozi e stipula di contratti di franchising.
Ritiene il giudicante che la lettura restrittiva propugnata dai convenuti sia contraria a buona
fede,
non sia conforme al senso complessivo delle clausole e aumenti lo
squilibrio
contrattuale che emerge dalla valutazione comparativa dei contrapposti obblighi che derivano
alle parti.
La clausola invocata non fa alcun riferimento al canale di vendita all’ingrosso che sarebbe stato gestito in esclusiva dall’affiliante;; tale esplicitazione non solo è normativamente prevista (L. n. 129/2004, art. 3 co 4 lett c), ma sarebbe stata resa necessaria dai doveri d’informativa cui è tenuto l’affiliante (art. 6 L cit) e che sono estrinsecazione dell’obbligo di agire secondo buona fede. (artt. 1337, 1375, 1366 c.c.).
La condotta di concorrenza sleale tenuta dall’affiliante –per avere commercializzato i beni in
canali ove venivano venduti a prezzi notevolmente inferiori a quelli da essa imposti
all’affiliato, togliendo ogni competitività e distruggendo l’immagine di esclusività che avrebbe dovuto essere assicurata per la salvaguardia, non solo dell’interesse della controparte, Pagina 3
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campioni. Basti menzionare, a titolo esemplificativo, le identiche confezioni dei “cubi acetati” Accoglimento totale del 28/01/2014
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ma dell’immagine stessa del prodotto- ha fatto venire meno la collaborazione nell’interesse reciproco dei contraenti, che costituisce caratteristica essenziale del contratto; è altresì idonea
ad eliminare dal mercato gli affiliati, gravati da obbligazioni e divieti, alcuni dei quali, tra
l’altro, non ritenuti leciti dalla normativa e giurisprudenza comunitaria (sentenza CE del
28/1/1986 nella causa 161/84 che aveva per oggetto l’interpretazione dell’art. 85 trattato CEE con riguardo ad alcune categorie di accordi di distribuzione esclusiva; Regolamento CEE n
2790/99).
La clausola invocata dai resistenti non può essere interpretata in modo da
ricomprendere
condotte di concorrenza sleale, tali da impedire agli affiliati di continuare ad operare sul
mercato.
Il contratto di franchising in esame, si è visto, prevede in capo all’affiliato le gravose approvvigionamento dei prodotti dall’affiliante, della vendita dei prodotti esclusivamente in negozio e al dettaglio, del mantenimento di elevati standard di qualità e di esclusività per la
salvaguardia dell’immagine del prodotto.
La vendita del medesimo prodotto, oggetto del contratto di franchising, presso la grande
catena di distribuzione confligge con il connotato di esclusività che deve essere assicurata da
entrambi i contraenti, per salvaguardare l’immagine del prodotto, pena l’eliminazione dal mercato degli affiliati, obbligati a vendere i medesimi beni senza praticare sconti e
mantenendo un elevato ed esclusivo standard qualitativo.
La clausola di esclusività deve essere interpretata secondo buona fede e unitamente alle altre
clausole.
Una lettura quale quella propugnata dalla difesa delle resistenti, che rendesse lecita la vendita
alla grande distribuzione dei prodotti “Confetteria Conti” e determinasse un’esclusiva dell’affiliante con riguardo a tale canale di vendita, aggraverebbe lo squilibrio contrattuale già presente, per effetto della presenza di incisive
clausole limitative della concorrenza
dell’affiliato.
Come la Suprema Corte ha ripetutamente ribadito, “l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di
solidarietà sociale che, nell’ambito contrattuale, implica un obbligo di reciproca lealtà di condotta che deve presiedere sia all’esecuzione del contratto che alla sua formazione ed interpretazione”, accompagnandolo in ogni sua fase ( Cfr Cass n 5348/2009). In tale contesto, la buona fede, costituisce un obbligo di solidarietà, che impone a ciascuna parte di
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limitazioni del prezzo imposto, senza che possa essere praticato alcuno sconto, dell’esclusivo Accoglimento totale del 28/01/2014
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tenere quei comportamenti che siano idonei a preservare gli interessi dell'altra parte (cfr
Cass. 264/2006; Cass. n. 13345/2006).
In applicazione di tale principio, che costituisce strumento giudiziale di controllo del contratto
in funzione di garanzia del giusto equilibrio degli opposti interessi, anche in senso
modificativo o integrativo, (v. Cass 5348/2009; n. 23726/2007), non può ritenersi che la
clausola contrattuale invocata dalla resistente Milano Wedding sia idonea a consentire
all’affiliante di eliminare dal mercato l’affiliato, escludere la collaborazione che è tratto caratterizzante del contratto e pregiudicare l’interesse, non solo della controparte, ma comune alle parti, dell’immagine del prodotto.
L’interpretazione propugnata dalla resistente inoltre favorirebbe l’abuso di posizione dominante da parte dell’affiliante (arg ex 9 L 192/1998), atteso che, a fronte della previsione
e dell’obbligo di rivenderli esclusivamente in negozio al dettaglio, senza praticare sconti, garantendo un’immagine di esclusività del prodotto, l’affiliante, stando a tale interpretazione, avrebbe la facoltà di venderli, senza limitazioni di prezzi, a canali della grande distribuzione
che praticano prezzi incompatibili con l’immagine di esclusività del prodotto, togliendo dal mercato i contraenti il cui interesse dovrebbe essere invece salvaguardato, per i noti doveri di
solidarietà.
3. Tenuto conto delle sopra svolte considerazioni con riguardo all’idoneità della condotta ad eliminare dal mercato gli affiliati, alla commercializzazione in atto dei “prodotti” presso la grande catena di distribuzione, alla difficile quantificazione del
pregiudizio di natura
economica e d’immagine, sussiste il periculum in mora.
4. In accoglimento della domanda della ricorrente, la resistente Milano Wedding è inibita
dalla commercializzazione presso la grande distribuzione dei “prodotti” a marchio “Conti
Confetteria”, oggetto del contratto di franchising e per la durata del medesimo, nel territorio della regione Veneto.
5. La domanda cautelare non può essere accolta nei confronti delle altre resistenti che non
hanno sottoscritto il contratto; quanto a Esselunga e
GCF, non è emerso che, con la
commercializzazione dei prodotti, abbiano posto in essere atti oggettivamente di concorrenza
sleale, non risultando che fossero a conoscenza, alla data di proposizione della domanda,
delle condizioni contrattuali applicate agli affiliati.
6. Considerata la natura anticipatoria del provvedimento e quindi la facoltatività
dell’instaurazione della causa di merito, devono essere liquidate in favore della ricorrente le Pagina 5
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contrattuale dell’obbligo dell’affiliato di acquistare i prodotti dall’affiliante, a prezzi imposti,
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spese giudiziali del presente procedimento cautelare ante causam, da porre a carico della
soccombente resistente Milano Wedding s.r.l.
Vengono invece compensate tra le parti le spese sostenute dalla resistente GCF SPA in
considerazione dell’oggettivo pregiudizio subito dalla ricorrente.
Tenuto conto della proposizione da parte della medesima difesa, nell’interesse di altri affiliati, di procedimenti cautelari caratterizzati da comuni problematiche e quindi della
rilevante attività di studio comune, le spese del presente procedimento, vengono liquidate in
euro 2500,00 per compensi ed euro 600,00 per spese, oltre iva e cpa come per legge.
PQM
Il giudice designato, dott Silvia Giani, provvedendo in via cautelare e d’urgenza, ogni altra istanza ed eccezione disattesa:
Inibisce alla resistente Milano Wedding s.r.l. la commercializzazione presso la grande
distribuzione dei “prodotti” a marchio “Conti Confetteria”, oggetto del contratto di franchising 28 marzo 2008, per il periodo di vigenza del contratto medesimo, nel
territorio della regione Veneto.
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Condanna la resistente Milano Wedding s.r.l. al pagamento delle spese di lite, liquidate
in euro 2.500,00 per compensi ed euro 600,00 per spese, oltre iva e cpa come per legge.
-
Compensa le spese processuali tra la ricorrente e GCF SPA
Milano, 24 gennaio 2014
Il giudice
dott. Silvia Giani
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