23 Maggio 2010 - La Chiesa e l`Adolescente

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23 Maggio 2010 - La Chiesa e l`Adolescente
La Chiesa e l’adolescente
di Don Salvatore Rinaldi
articolo pubblicato su “Primo Piano” di Domenica 23 Maggio 2010
All’educazione, infatti, è necessario individuare soprattutto quel «cinque per cento di buono»
(Baden-Powell) su cui fondare il proprio agire. Laddove non si individui alcun elemento favorevole, non può
quindi darsi educazione. L’adolescenza è un passaggio più marcato di altri al punto da costituire un salto,
questo può apparire più o meno spericolato, più o meno alla nostra portata secondo come sia percepito il
terreno, non tanto di partenza quanto quello di arrivo. Molte difficoltà dell’adolescenza hanno una
spiegazione lineare, derivano spesso dall’infanzia. Ma a motivo della responsabilità educativa,
dell’accoglienza nei confronti dei giovani, la spiegazione e la causa si trovano anche nell’influsso esercitato
dai contesti sociali. In questi ultimi, per altro, non agisce una particolare perversione, ma il venir meno delle
condizioni irrinunciabili dell’educazione. Ci si riferisce a principi chiave, come autorità, valore, memoria,
tradizione, identità e moralità. Non si vorrebbe alleggerire il ruolo che il giovane deve giocare per
conquistarsi quello spicchio di fortuna che sfugge al destino, ma non si può, non di meno, dimenticare
quanto le generazioni adulte potevano fare di più e meglio.
Insomma gli adolescenti, sono lo specchio dei nostri errori, la loro fragilità riproduce la nostra
fragilità, le loro insicurezze le nostre insicurezze, le loro paure le nostre paure. Per dirla con un saggio come
Mounier, l’educazione dell’adolescente inizia dalla rieducazione, prima di tutto, di noi stessi. È la riscoperta
e messa in pratica di due valori fondamentali, la decisione e l’impegno. In essi l’adolescente può o potrebbe
trovare una se non la risposta di senso che va, magari inconsciamente, cercando.
L’adolescenza è l’età in cui la vita si mette a cantare, esplodendo tumultuosa, prepotente, allegra.
L’adolescenza è un panorama variegato e mutevole, con i profumi della primavera, i colori dell’autunno, le
esplosioni di sole dell’estate. Ma con anche le avvisaglie di tempesta (cioè di scelte sbagliate che possono
condizionare il futuro). Il tutto dentro una grande voglia di essere “se stessi”, di essere “con gli altri”, di
essere “qualcuno”. E senza un preciso progetto di vita.
Ogni tentativo di proporre la fede agli adolescenti, “fatta la cresima”, cioè adempiuti gli obblighi
della tradizione, approda a poco, per non dire a niente, se non c’è davanti ai loro occhi una Chiesa che sappia
incuriosirli , farsi ammirare, attrarre. Cioè una Chiesa dal volto giovane, materna, ricca di doni, modella e
testimone, missionaria, capace di parlare la loro lingua. Non una Chiesa che impone, chiede, recrimina, ma
una Chiesa che propone e offre “cibo buono”. È necessaria una Chiesa che, non nei documenti e nelle
prediche, ma nella realtà concreta delle parrocchie, testimonia in modo visibile che la fede in Cristo è “ok per
la vita”.
I ciechi non hanno migliorato la loro condizione da quando sono stati chiamati “non vedenti”. E le
barriere architettoniche non vengono superate battezzando con il nome di “disabili” o “diversamente abili”
gli handicappati. Il primo annuncio è un modo diverso di comunicare il Vangelo. La Chiesa di cui hanno
bisogno gli adolescenti oggi, non va inventata, ma rinnovata alle sue sorgenti e riportata sulle strade del
Maestro. Una Chiesa che non impone ma propone, non esige ma offre, non trattiene ma lascia andar via. Che
sappia accettare un Cristianesimo “imperfetto”, sospinto cioè pazientemente verso la pienezza. Gesù invita il
giovane ricco a seguirlo, senza forzare la sua risposta positiva. Lo lascia andare via. E il giovane se ne va via
“triste”, cioè convinto di avere perso qualcosa, non di aver trovato finalmente la “libertà”.
Una Chiesa che vede e non passa oltre, ma ha compassione, si fa vicino, fascia le ferite, porta alla
locanda, estrae due denari…Guarda l’adolescenza con simpatia, anche quando può essere irritante. Ha
compassione e si fa vicino: comprende il suo linguaggio, le sue provocazioni, le sue richieste e il suo modo
di chiedere, le sue lune, i suoi entusiasmi e le sue crisi. Accetta che questo non sia il tempo della raccolta, ma
del lavoro paziente e dai risultati incerti, cura le sue ferite del lavoro paziente e dai risultati incerti. Cura le
sue ferite (le “sue”, dell’adolescenza!), in modo particolare quelle religiose: la fede in Gesù ritenuta per
bambini piccoli, una imposizione non richiesta, contraria alla voglia di vivere. Una Chiesa che si accosta e
cammina “con” l’adolescenza. Non fa prediche, ma chiede: “Perché?”. E risponde facendo ardere il cuore,
non con frasi fatte e retoriche, alla sua sessualità, senza testa, alle sue suggestioni nei confronti dei “corvi”
(la droga, la violenza, una sessualità “cosificata”, la tiranna del gruppo…
Non dimentichiamo che le scelte di vita positive o negative mettono radici nell’adolescenza!), e al
suo desiderio e bisogno di “essere qualcuno”. Proponendo non i “no”, ma i “si” della proposta cristiana, che
Paolo sintetizza così: «Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e
merita lode…Tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri».
Don Salvatore Rinaldi