Elena Gurrieri Elena Gurrieri Saba poeta della biologia Saba poeta

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Elena Gurrieri Elena Gurrieri Saba poeta della biologia Saba poeta
«Bollettino '900», 2007, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2007-i/>
Elena Gurrieri
Saba poeta della biologia
Nell'ultima stagione dell'esistenza e della lunga attività poetica che quella
vita ha saputo trasformare in tempo fecondo, costellato da un otium
felicemente prolifico che ha lasciato dopo di sé ben duratura traccia,
Umberto Saba ha saputo sigillare in una poesia dal titolo emblematico,
L'uomo e gli animali,1 il senso del primato che egli attribuisce al piano della
biologia, nella scala dei valori offerti dalla vita e dal suo universo. Tale
poesia recita infatti: «Uomo, la tua sventura è senza fondo. / Sei troppo e
troppo poco. Con invidia / (tu pensi invece con disprezzo) guardi / gli
animali, che immuni di riguardi / e di pudori, dicono la vita / e le sue leggi.
(Ne dicono il fondo)».
Si tratta di un paradigma che dice molto: gli animali - quindi il piano
biologico della nostra esistenza - possono, assai meglio degli esseri
umani, esprimere «la vita e le sue leggi» cioè tutto quanto davvero conta.
Gli animali insomma sanno porsi sul piano della giusta o possiamo dire
aurea misura, a differenza degli uomini che spesso travalicano il limite
dell'equilibrio, in eccesso o per difetto.
Tentiamo di fare adesso un passo indietro per vedere, procedendo per
così dire a ritroso, e in ogni caso attraverso un sondaggio mirato, come
Saba rappresenti nel corso del Canzoniere, di volta in volta, la figura
animale.
Già nella seconda delle Poesie dell'adolescenza e giovanili (1900-1907),
La casa della mia nutrice, «[...] posa / tacita in faccia alla Cappella antica, /
e par pensosa, / da una collina alle caprette amica».
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In un'altra poesia di grande significatività per l'intero universo sabiano
come A mia moglie, inserita nella raccolta Casa e campagna (1909-1910),
la donna amata viene apprezzata e riconosciuta in base alla sua affinità
pienamente identificante ora con l'uno, ora con l'altro animale: «Tu sei
come una giovane, / una bianca pollastra. / Le si arruffano al vento / le
piume, il collo china / per bere, e in terra raspa; / ma, nell'andare, ha il
lento / tuo passo di regina, ed incede sull'erba / pettoruta e superba. / È
migliore del maschio. / È come sono tutte / le femmine di tutti / i sereni
animali / che avvicinano a Dio. [...] Tu sei come una gravida giovenca [...].
Tu sei come una lunga / cagna, che sempre tanta / dolcezza ha negli
occhi e ferocia nel cuore. / [...] Tu sei come la pavida / coniglia. [...] Tu sei
come la rondine / che torna in primavera [...]. Tu sei come la provvida /
formica. [...] E così nella pecchia / ti ritrovo, ed in tutte le femmine di tutti / i
sereni animali / che avvicinano a Dio; / e in nessun'altra donna».
Commentare Saba non serve, suonerebbe come inutile orpello ad un
ascolto che risulta essere necessario quanto facile e proficuo da praticare
in proprio, nell'intimo ciascun di sé: occorre porsi semplicemente in ascolto
delle parole che narrano amabilmente l'esperienza vissuta dal poeta nel
tepore del suo proprio milieu familiare, da sentire, percepire e da cui, se
possibile, farsi proprio cullare.
La quarta poesia in sequenza progressiva, ancora in Casa e campagna, è
addirittura un tòpos: La capra. Saba vi elabora l'immagine simbolica per
eccellenza scelta come chiave del dolore umano, ed è, insieme, la sintesi
o la chiave per comprendere il profilo di "ogni altra vita" segnata, ci
sentiamo di affermare, dalla differenza.
Passiamo ora a vedere gli esiti compresi nella raccolta di Trieste e una
donna (1910-1912), dove troviamo La gatta: «Ai miei occhi è perfetta /
come te questa tua selvaggia gatta, / ma come te ragazza / e innamorata,
che sempre cercavi, / che senza pace qua e là t'aggiravi, che tutti
dicevano: "È pazza". / È come te ragazza». L'affinità passa qui per la
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modalità della simbiosi: la donna assume ora le virtù, ora le debolezze
dell'animale, mentre la capacità di amare propria dell'essere umano si
traduce nelle forme tipiche che gli stessi animali hanno di percepire ed
esprimere l'amore. D'altronde la stessa sfera sessuale si configura sul
piano espressivo proprio attraverso il linguaggio animale, che appartiene
in una forma più simbolica e allusiva all'intera opera sabiana in versi, ossia
al Canzoniere, mentre occupa maggiore spazio ed è connotato da una più
diretta evidenza nell'esercizio narrativo di un romanzo breve sintomatico
come Ernesto (1953), edito postumo dalla figlia Linuccia nel 1975.
Com'è noto, in Saba si può incontrare il massimo di consistenza di quella
che oggi si dice essere una materia di squisita pertinenza psicoanalitica: in
prospettiva, magari aggiornando il repertorio all'attuale cinquantenario
della morte del poeta triestino (1957-2007), pare qui appropriato segnalare
la presenza di un preciso anello di congiunzione, nonché il carattere di
perfetta naturalezza esistente nel rapporto tra la biologia, ovvero la
presenza di figure animali nell'opera di Saba, la sfera della sessualità e
l'universo della psicoanalisi come ingrediente naturaliter sabiano. Se come
ricorda Mario Lavagetto,2 il miglior esegeta e attentissimo critico di tutto
Saba dopo Giacomo Debenedetti e Gianfranco Contini, «il "destino" si è
compiuto quando "psicoanalitico dopo la psicoanalisi",3 Saba si è servito di
Freud per leggere la sua opera e costruirne l'architettura segreta e
decisiva», l' accostamento che abbiamo appena tentato non sembrerà
peregrino o immotivato, dal momento che se ne trova ricorrente
l'attestazione nelle diverse figure animali durante tutto il percorso del
Canzoniere, dalle raccolte giovanili a quelle della maturità, fino alla
stagione senile: la terzultima raccolta del 1948 ha ancora per titolo,
appunto, Uccelli.
È proprio questo nodo tematico, l'intreccio significativo di biografia, storia
delle emozioni di una vita e di tante altre vite connesse con quella stessa
del poeta triestino, e del resto le diverse e ricche implicazioni
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psicoanalitiche che certo arricchiscono il testo lirico o narrativo di Saba, a
richiamare a mio parere con forza, ma anche nel contempo senza alcuno
sforzo, la nostra attenzione di lettori contemporanei per dirci che la novità
e la freschezza della poesia e della narrativa sabiane, non solo non si
sono mai appannate, spente o esaurite, ma anzi sanno suscitare sempre
nuovo l'interesse per una materia che non conosce declino. Resta sempre
attuale l'interesse a capire e ad abitare una dimensione centrale per
l'essere umano come quella che Saba, massimo tra i classici del
Novecento letterario italiano, ha cantato come la «calda vita».
Note:
1
È la prima delle Sei poesie della vecchiaia (1953-1954) nel Canzoniere, in Umberto
Saba, Tutte le poesie, a cura di Arrigo Stara, introduzione di Mario Lavagetto, Milano,
Mondadori ("I Meridiani"), 1988.
2
Mario Lavagetto, Introduzione a Umberto Saba, Tutte le poesie, cit., p. LXIX. M.
Lavagetto è l'autore della fondamentale monografia sabiana La gallina di Saba, Torino,
Einaudi, 1974; la gallina risponde all'animale totem che è sinonimo per eccellenza della
figura materna nell'universo simbolico sabiano.
3
Gianfranco Contini «circa trent'anni prima di Ernesto [...] aveva definito, con una
formula limpida e divenuta famosa, Saba "psicoanalitico prima della psicoanalisi"», in M.
Lavagetto, Introduzione, Ibidem.
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Giugno-dicembre 2007, n. 1-2
Questo articolo può essere citato così:
E. Gurrieri, Saba poeta della biologia, in «Bollettino '900», 2007, n. 1-2,
<http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2007-i/Gurrieri2.html>.