C`era una volta una casa - Istituto Comprensivo "A. Fogazzaro"

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C`era una volta una casa - Istituto Comprensivo "A. Fogazzaro"
ISTITUTO COMPRENSIVO DI SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA DI 1° GRADO “ANTONIO FOGAZZARO” ­ 31051 F O L L I N A (TV) Via Sanavalle, 13 ‐ ‐ tel.n. 0438‐ 970484 – 971079 ‐ fax n. 0438‐ 974455 c.f. 84000900260 ‐ www.scuolafollina.it ‐ e‐mail: [email protected] PEC: [email protected] “C’era una volta una casa” Con una chiave, abbiamo aperto il mondo di “c‛era una volta…”
Classe 2A
Scuola secondaria di 1° grado
1 Introduzione
Ciò che a noi sembra sempre esistito e costante nel tempo, in
realtà, abbiamo scoperto non essere stato proprio così.
Le abitudini di vita delle generazioni che ci hanno preceduto, ci
sono parse molto diverse dalle nostre e difficili da accettare.
Una vita difficile ma, quasi quasi, più semplice...
Struttura dell‛opera
Testimonianze trascritte
In questa prima parte abbiamo mescolato informazioni derivanti
da interviste e documentazioni scritte. Abbiamo cercato di
capire ed evidenziare le caratteristiche di un‛abitazione
semplice, suddividendola in stanze.
Cucina, camera da letto erano le più importanti e, spesso, la
stalla alla sera, nei momenti conviviali, quasi sostituiva il nostro
salotto. E il bagno? Molto spesso non c‛era neppure.
Testimonianze registrate
La seconda parte del lavoro è rappresentata da un CD in cui
abbiamo effettuato delle interviste a persone che hanno vissuto
prima di noi nelle nostre terre e nelle nostre case.
Emerge chiaramente che, il lavoro e la conoscenza dei segreti
domestici, erano soprattutto femminili. Le donne, infatti,
curavano la casa e per questo la conoscevano molto bene.
A voi il piacere di ascoltarle come per noi è stato un piacere
poterle intervistare.
2 Testimonianze
trascritte
3 Abbiamo intervistato delle anziane signore che hanno vissuto
negli anni 1924 – 1940, in Veneto.
Ci hanno spiegato che la cucina, nella loro infanzia, era fatta
soprattutto di legno e il pavimento in granito.
Non esisteva il forno, ma c‛era il camino. All‛ interno di questo si
metteva un treppiedi dove, attaccate a dei ganci, c‛erano le
pentole.
La stufa era costruita soprattutto in pietra ed era senza il
canotto per il fumo, perciò delle volte bisognava aprire la
finestra per farlo uscire.
Per quanto riguarda il cibo, ad esempio la carne, era poca, non si
cucinava molto spesso e per conservarla usavano il “Moscariol”,
oggetto a forma di parallelepipedo strutturato in legno con ai
lati delle retine o stoffe per proteggerla dagli insetti.
Non avevano il frigorifero perché gli alimenti si conservavano
sotto sale, a differenza del burro che si conservava
semplicemente mettendogli sopra una goccia di acqua.
Si cucinava in pentole di rame e terracotta, e, dopo aver finito
di mangiare, le pentole, le stoviglie, che erano di ottone, e i
piatti di ceramica venivano lavati con la sabbia perché non si
ossidino, oppure venivano lavate con acqua nel lavello chiamato
“Secèr”.
In alcuni paesi, dietro la piazza, c‛era il lavatoio, luogo dove le
donne si riunivano e “ciacolavano”, mentre si lavavano i piatti o,
alcune volte, anche i panni.
4 In alcune case il tavolo, fatto di legno, era lungo e stretto e le
sedie erano costruite con paglia intrecciata. Sotto il tavolo
c‛era una cassetto dove solitamente si riponevano le stoviglie.
Quando si pranzava o si cenava si ascoltava la radio, un
apparecchio di legno appoggiato su una mensola.
La cucina era unita al soggiorno ma, con l‛ avanzare degli anni le
due stanze si sono divise, formando quello che oggi è il salotto.
5 Le interviste effettuate ci hanno permesso di avere una
panoramica più ampia riguardante la camera in quanto, abbiamo
potuto mettere a confronto i racconti dei nostri familiari
provenienti da altri paesi.
In Veneto
La tipica camera veneta, che si trovava nelle case coloniche alla
fine dell‛800 non aveva molte cose differenti da adesso; in una
normale camera matrimoniale si trovava un letto, i comodini, il
comò e la cassapanca al posto dell‛armadio.
Il letto era molto grande rispetto a quelli di adesso, ci si
dormiva comodamente in tre. Le reti per i materassi non c‛erano,
al loro posto, appoggiati su dei tasselli di legno all‛interno del
letto, c‛erano i cosiddetti “casson”: erano delle casse con i
contorni di legno. La parte superiore e inferiore di grossissima
tela e, il tutto era ricoperto di stoffa disegnata. Al loro interno
si trovavano delle molle per renderli morbidi.
Sopra questi venivano appoggiati dei materassini di circa 5 cm
pieni di lana e ancora sopra c‛erano i tradizionali materassi di
lana. In tutto l‛altezza del letto con queste cose era di circa 90
cm.
I due comodini erano costituiti dal cassettino e da una porticina
in cui c‛erano dei ripiani con gli effetti personali. Nel ripiano
inferiore veniva riposto il vaso da notte.
Nel comò e nella cassapanca poi, c‛erano la biancheria i vestiti e
le lenzuola.
Nelle pareti era steso intonaco quasi sempre colorato di bianco.
Il pavimento era solitamente di legno visto che la camera era al
6 primo piano e il soffitto era spesso rivestito di legno per non far
vedere le travi.
I mobili erano quasi sempre di legno tranne in qualche eccezione
in cui il letto era di ferro.
Il riscaldamento per il letto era la “bul” cioè la borsa dell‛acqua
calda che era di rame, oppure poteva esserci la “monega” cioè un
recipiente di ferro con dentro delle braci accese e sopra di essa
una specie di “slitta” curva su entrambi i lati che teneva alte le
lenzuola per non far prendere fuoco ad esse. Ovviamente quando
andavano a dormire la toglievano e la appoggiavano per terra.
I cuscini erano di lana ricoperti da delle fodere e ulteriormente
coperti da delle altre fodere che si abbinavano alle lenzuola.
All‛inverno le lenzuola erano fatte di doppio ritorto, una stoffa
grossissima e la coperte erano o trapunte di lana o molte
coperte di lana messe l‛una sopra l‛altra.
D‛estate le lenzuola erano di lino molto fine e sopra c‛era il
copriletto.
C‛erano anche le tende, per i più poveri erano attaccate al vetro
della finestra su dei bastoncini di ferro, per i più ricchi invece
erano grandi e attaccate sui bastoni di legno sul muro sopra le
finestre.
La camera era comprata in vista del matrimonio, dal falegname
più amico di famiglia del paese.
Lo sposo comprava il letto, i comodini e la cassapanca, la sposa
comprava il comò e per le più ricche c‛era anche la toeletta che
serviva per appoggiarvi sopra il catino e la brocca.
Per quelli meno fortunati c‛era un treppiede di ferro su cui ci si
appoggiavano gli utensili già descritti.
I bambini dormivano da piccoli in una culla di legno con dentro un
materassino nella camera dei genitori e da grandi in un loro
lettino in un‛altra camera.
7 il letto matrimoniale
il comò
i comodini
8 la cassapanca per i vestiti
il treppiede con: specchi, catino, porta sapone e
brocca
9 In Bangladesh
La camera del 1933 in Bangladesh era composta da: un letto
matrimoniale, un armadio ,una cassettiera e una sedia a dondolo.
Il muro era di cemento ricoperto di legno, anche il pavimento era
di legno.
La camera era al primo piano, insieme c‛era anche il lettino per i
bambini.
Il materasso era di lana, come i cuscini, le lenzuola erano di lino
e le tende non si usavano.
Le camere si compravano in città, gli altri mobili nel paese dove
si abitava.
Nel 1916 la casa era completamente diversa, i muri erano di
terra e il tetto era di paglia con un telo di plastica sotto il tetto
come isolante.
I mobili erano: il letto, una sedia, una scrivania e un armadio.
Il pavimento era di terra, le finestre erano sbarrate con delle
sbarre di ferro.
La cucina era in uno stabile a parte, come il bagno.
In Kosovo
Nel 1966 nelle camere del Kosovo non erano presenti letti ma
piccoli e fini materassini e, come i cuscini, erano di spugna e a
sua volta ricoperti con lenzuola.
I bambini dormivano in dei cuscini inseriti in una culla dondolante
e di legno.
Gli armadi erano di legno di noce perciò erano molto resistenti.
I muri di sassi ricoperti di terra il pavimento era di terra.
Le camere erano riscaldate da una piccola stufa.
Le camere non erano molto arredate ed era difficile che
superassero i 3m per 3.
10 Le stalle erano fatte di legno con mattoni e rivestite di cemento.
Nella stalla c‛erano mucche, pecore, vitelli e cavalli.
La notte, quelli che non avevano casa andavano a riscaldarsi nelle
stalle, riscaldati dalle mucche e fieno.
Dagli animali si ricava il latte dalle pecore e mucche, lana dalle
pecore, cuoio dalle mucche.
Il pavimento era prima di sassi, in seguito, di cemento con delle
buche per far passare l‛acqua specialmente molto sporco di fieno
e letame. C‛erano delle cunette in cui passavano i liquami da
smaltire.
Le mucche o vitelli, qualche volta, li portavano nei recinti al di
fuori della stalla, nell‛erba fresca.
le finestre erano piccole ed erano ricoperte di tavole di legno
oppure con la plastica e l‛illuminazione era poca. Si usavano le
lanterne o delle candele.
Le recinzioni erano di ferro o di legno e di media altezza perché
altrimenti gli animali potevano scappare ed oltrepassarle. Nelle
stalle, nel pavimento, c‛erano delle cunette in cui passavano i
liquami da smaltire.
In stalla si andava a chiacchierare la sera e arrivavano i
“morosi”.
Nella stalla c'erano almeno due mucche, ma le famiglie più
“siore” (ricche) ne avevano anche di più.
Gli animali erano accuditi dagli uomini. Alla mattina e alla sera
avveniva la pulitura e mungitura.
Al piano terra c‛erano gli animali, sopra c‛era il fieno.
11 Mangiatoia
12 Le informazioni raccolte sono le testimonianze di realtà venete
e friulane raccontateci dai nostri nonni.
Belluno
Si, avevo un giardino che veniva curato da me e da mia moglie.
Nell‛orto erano presenti: uno spazio dove piantavamo vari tipi di
ortaggi e di verdure, un recinto dove tenevo le mie galline e
un'altra recinzione che utilizzavo per tenerci i conigli.
Avevo anche altri due campi dove ci piantavo grano e altri tipi di
cereali.
Follina
No, non avevo un giardino.
Mi ricordo benissimo però quello della mia vicina di casa: aveva
seminato verdure ovunque che venivano curate da suo padre.
Alcune volte le galline scappavano dalle loro gabbiette e, allora,
la famiglia si riuniva per rincorrerla. Altre volte non si
accorgevano dell‛evasione e allora mangiavano cavoli bucati.
Mi piacevano molto i loro conigli: me ne hanno regalato uno
quando una giovane coniglietta ha figliato.
Dietro al giardino c‛era la “cort”, dove gettavano l‛umido.
Mi ricordo le ciliegie del giardino della vicina, in luglio. C‛èrano
infatti molti alberi da frutto tra cui, un magnifico ciliegio:
quando l‛hanno abbattuto, mi è dispiaciuto moltissimo.
Valmareno
Possedevo un giardino nel quale avevo un piccolo orto in cui
piantavo un po‛ di tutto, quest‛ultimo era curato da mia mamma e
mio fratello maggiore. Avevo degli alberi da frutto.
13 Avevo un cane, qualche gallina e qualche coniglio.
Avevo anche altre terre le quali erano utilizzate per piantare
vari tipi di ortaggi.
Polcenigo - Friuli
Sì che avevo un giardino!!
Tutt‛ora ci sono gli alberi che ho piantato nel corso degli anni
trascorsi in questa casa. Nel mio giardino ci sono mandorli,
peschi, un pruno, tre meli, che fioriscono proprio in questa
stagione, così gli alberi sono diventati tre nuvole bianchissime.
Oltre a questi ci sono due fichi: la qualità me l‛aveva regalata mio
padre così quando mangio i suoi fichi penso sempre a lui.
Ho anche diverse piante di sambuco e sui vasi che pendono dalla
terrazza ci sono piante di fragole. Dietro casa ormai da vent‛anni
ci sono diverse piante di lamponi che regalo ai miei nipotini.
Avevo anche un altro campo che chiamiamo “casaril”. Non so
perché ma anche il mio papà lo chiamava così e non gliel‛ho mai
chiesto. Lì ho un grande frutteto: ho dieci ciliegi che fruttano a
luglio. Di fianco a destra si trovano sei meli selvatici: ci sono
sempre stati e quando ero piccola facevano le mele proprio alla
mia altezza. Possiedo diverse piante di more con cui faccio la
marmellata ogni anno.
Ho anche una serra dove pianto un po‛ di tutto: zucche, zucchine,
melanzane, peperoni, fagioli, patate, radicchio, insalata ecc…
Prima di me, curava questo campo mia nonna e, nel 2010, mio
marito ha piantato 35 piante di pomodoro.
Nel mio giardino c‛èra anche una stalla dove tenevo una mucca e
un‛asina. Dalla mucca ricavavo il latte mentre l‛asina l‛abbiamo
sfruttata per i lavori al campo.
14 Le informazioni sul bagno sono arrivate un po‛ da tutti i nostri
intervistati e hanno sempre confermato i nostri sospetti….
Quando si doveva andare in bagno durante il giorno, si andava o
nel bosco o in una baracca apposita: infatti nel terreno era
presente un buco dove si facevano i bisogni.
Il buco era coperto da un pezzo di legno per non far sentire
troppo l‛odore. Con il badile, poi, si toglievano gli escrementi.
Durante la notte invece si doveva utilizzare il vaso da notte che,
una volta usato, veniva messo sotto al comodino; la mattina,
svuotato, veniva riposto dentro.
La pulizia della persona non era praticata con frequenza.
D'estate ci si lavava piedi e faccia nei fossi e poi si indossavano
le zoccole per cercare di rimanere un po' più puliti dopo il
rientro dal lavoro nei campi.
Il bagno si faceva una volta alla settimana nel mastello e l‛acqua
veniva riscaldata con le pentole.
15 Prima del 1950 il riscaldamento nelle abitazioni avveniva grazie
al camino, in dialetto “larin”, che si trovava nella cucina, che era
l‛unico ambiente riscaldato della casa.
La cucina era anche il vero posto di ritrovo.
I piani più alti non erano riscaldati, quindi in inverno le stanze
erano gelide e durante l‛estate calde. Dal soffitto non isolato
dalle finestre con vetri sottili e serramenti poveri passavano
spifferi d‛aria e d'inverno faceva tanto freddo.
I letti si riscaldavano con delle mattonelle avvolte in un panno,
precedentemente riscaldate sulla brace oppure con dei
recipienti in rame contenenti acqua calda.
Si usava anche un attrezzo chiamato” monèga”; un telaio di legno
teneva le coperte sollevate, al centro aveva uno scaldino che
veniva riempito di braci.
monèga
Durante l‛inverno, alla sera, ci si riuniva anche nella stalla
perché era un ambiente caldo, naturalmente riscaldato grazie al
calore emanato dalle mucche.
16 contenitori in rame per l‛acqua calda
ex stalla ora adibita a ripostiglio
legnaia
Non c‛era l‛acqua corrente in casa, si riempivano dei secchi
andando a prendere l'acqua al pozzo, alla fontana o al fiume e si
portavano vicino al lavello della cucina per poi riscaldarla nel
camino.
In cucina, oltre al “larin”, c‛era anche una stufa che si usava per
cucinare e riscaldare, funzionava a legna o a carbone.
17 TESTIMONIANZE
REGISTRATE
18 Sitografia http://www.smppolesine.it/laterracheciappartiene/img/itas/Confronti%20fra%20%20 case%20rurali.pdf http://cronologia.leonardo.it/mondo47.htm http://www.cadnet.marche.it/nostrolibro/3/storia/testistoria/testinonni/vitanonni.htm http://www.cadnet.marche.it/nostrolibro/3/storia/testistoria/testibisnonni/abitazbisnon ni.htm http://circe.iuav.it/Venetotra2guerre/07/didattica.swf http://www.giuseppina.org/nostrolibro/3/storia/testistoria/mutamentiabitaz.htm http://www.giuseppina.org/nostrolibro/3/storia/testistoria/testibisnonni/abitazbisnonni .htm http://progettocentocin.altervista.org/descrizione­di­una­cascina­dell­800.html
19 Autori:
Ali Raihan, Avdullaj Leonardo, Chech Maria, Coly Anna Bassene,
D‛Agostin Sara, Dalla Cia Francesca, De Demo Marco, De Gasperi
Francesco, El Ougdi Abderrahman, Fantin Alessandro, Floriani
Marco, Frozza Gian Mattia, Lubovci Mirjeta, Milovanovic
Katarina, Olivera Sebastian, Posocco Andrea, Possamai Nicola,
Ragazzon Nicola, Sasso Riccardo, Silan Elisa, Trevisol Elisa,
Zulian Sara
Prof.ssa Antonia Comis
20 “C’era una volta una casa” Con una chiave, abbiamo aperto il mondo di “c‛era una volta…” Classe 2° Scuola Secondaria di Primo grado
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