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IAB ITALIA
Rassegna Stampa del 30/01/2015
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INDICE
IAB ITALIA
30/01/2015 Expansion
Abril-Martorell releva a Monzón al frente de Indra
11
30/01/2015 Prima Comunicazione
Comunicazione e pubblicità/2
12
30/01/2015 ADV
PROGRAMMATIC: FUTURO DEL REAL TIME ADVERTISING ANCHE IN SUD EUROPA
21
30/01/2015 ADV
Andrea Di Fonzo è il nuovo Managing Director di Mediacom
22
30/01/2015 ADV
LA CARICA DEGLI YOUTUBER
23
29/01/2015 Engage.it
Pubblicità mobile a 302 milioni nel 2014. Il futuro è data-driven
27
ADVERTISING ONLINE
30/01/2015 Il Sole 24 Ore
A System la raccolta dei siti di Fox in Italia
30
30/01/2015 Il Sole 24 Ore
Nel 2014 impennata del mobile advertising
31
30/01/2015 La Repubblica - Nazionale
L'addio del padre di tutti i blogger "Stanco del web torno alla vita reale"
32
30/01/2015 ItaliaOggi
Shopping, il 78% lo fa con lo smartphone
34
30/01/2015 L'Espresso
Così rinasce l'Italia
35
30/01/2015 L'Espresso
Se il terrore corre Sul Web
41
30/01/2015 Brand News Today
Mobile, l'innovazione non è ancora 'disruptive', ma i numeri continuano a crescere
43
30/01/2015 DailyMedia
Radio 24: arriva Enrico Ruggeri; bene gli ascolti, raccolta a +5% nel 2014
45
30/01/2015 DailyMedia
Iniziative Disney Store dà il via al concorso di Carnevale
46
30/01/2015 DailyNet
Polimi: il mobile chiave della multicanalità
47
30/01/2015 DailyNet
Facebook vola con il mobile
49
30/01/2015 DailyNet
I segreti per avere un blog attraente? Zanox svela la ricetta per il successo
50
30/01/2015 DailyNet
euroNetMedia.org: pubblicità online a 2,4 mld nel 2015
51
30/01/2015 DailyNet
Agenda dal 30 gennaio al 5 febbraio
52
30/01/2015 DailyNet
con Amazon, il postino suona sempre almeno due volte
53
30/01/2015 Pubblicita Today
isRaele, al via la caMpaGNa adv 'alMeNo uNa volta Nella vita'
54
30/01/2015 Pubblicita Today
FaCebOOK, Nel q4 Il mObIle peSa Il 69% Delle eNTraTe pubblICITarIe
55
30/01/2015 Pubblicita Today
mObIle aDVerTISINg, Il merCaTO Supera I 300 mIlIONI DI eurO (+48%)
56
30/01/2015 Pubblicita Today
Il Web marKeTINg Nel 2015 CreSCerà Del 18%
57
30/01/2015 Pubblicom Now
Mobile advertising: +48% nel 2014
58
30/01/2015 Pubblicom Now
DGLine riconfermata per il nono anno da Svizzera Turismo
59
30/01/2015 Prima Comunicazione
GOOGLE PIÙ TRASPARENTE CON GLI INSERZIONISTI
60
30/01/2015 Prima Comunicazione
Diario DI 2014
61
30/01/2015 Prima Comunicazione
DIARIO 2014/Internet e tlc
62
30/01/2015 Prima Comunicazione
DIARIO 2014/Comunicazione e pubblicità
63
30/01/2015 Prima Comunicazione
Predizioni per il 2015
64
30/01/2015 Prima Comunicazione
Il 2015 sarà un anno ricco di...
65
30/01/2015 Prima Comunicazione
L'indipendenza paga
67
30/01/2015 Prima Comunicazione
ISABELLE HARVIE-WATT 'ACCENDE' LUXHUB A LIVELLO GLOBALE
72
30/01/2015 Prima Comunicazione
Alla ricerca del lettore perduto
73
30/01/2015 Prima Comunicazione
BOOM DI NUOVI MAGAZINE SU CARTA NEGLI STATI UNITI
77
30/01/2015 Prima Comunicazione
LE AZIENDE SI CONTENDONO GLI 'INFLUENCER' SUI SOCIAL MEDIA
78
29/01/2015 360com
Più capacità cross-device: ecco l'obiettivo primario
79
29/01/2015 360com
Aitti dal solito dilemma: siamo un paese per vecchi?*
80
29/01/2015 360com
Le ricerche online ormai si fanno con lo smartphone
83
29/01/2015 360com
conversion lift measurement: la misurazione dell'advertising nella logica di facebook
84
30/01/2015 ADV
PROGETTARE L'ALTERNANZA TRA IL MASSIMO DI INFORMAZIONE E IL MINIMO DI
CONNESSIONE
86
30/01/2015 ADV
QUANDO IL WEB PARLA ARABO: UNO SGUARDO AL DIGITAL MARKETING NELLA
MENA REGION
87
30/01/2015 ADV
QUANDO IL GIOCO SI FA DURO: GOOGLE NEWS CHIUDE IN SPAGNA
89
30/01/2015 ADV
COME FACEBOOK STA CAMBIANDO IL MONDO DEL SEARCH MARKETING
91
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Il premier: alla fine Silvio non romperà
93
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Alle elementari le scienze in inglese
96
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Quagliariello attacca: Matteo è stato incoerente Il percorso sarà in salita
98
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
La sconfitta carica Fitto «Il partito va azzerato» Verdini sotto accusa
100
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Una Chiesa distante dai giochi sul Colle: per noi meglio così, è finita un'epoca
102
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Export e case, perché l'Italia rivede la ripresa
104
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Orlandi: dico no alle lobby sul modello 730
106
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
L'Italia disponibile a limare l'austerità La questione debito
108
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Weber: «Siamo pronti a discutere ma Atene faccia delle proposte»
109
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Una partita a scacchi per tre E il Califfo forse tenta il bluff
111
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Padiglione Italia, inchiesta sulla ristorazione a Peck
113
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Mps, maxi speculazione In due giorni perde il 12%
114
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Bce: banche più prudenti sulle cedole
116
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Addio a Genova, Costa Crociere porterà la «regia» ad Amburgo
117
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Cucinelli colloca in Borsa il 5,15% di Cucinelli
118
30/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Come cambia la giustizia al tempo di Internet
119
30/01/2015 Il Sole 24 Ore
A gennaio in risalita la fiducia di imprese e consumatori*
120
30/01/2015 Il Sole 24 Ore
Se l'aiuto ad Atene serve a Eurolandia*
122
30/01/2015 Il Sole 24 Ore
La «pazienza» della Fed può durare per tutto il 2015
124
30/01/2015 Il Sole 24 Ore
Grecia, i mercati tirano il fiato
126
30/01/2015 Il Sole 24 Ore
Piano nazionale ricerca: 4,6 miliardi nel 2014-2020
128
30/01/2015 Il Sole 24 Ore
Expo, un patto per calmierare i prezzi
130
30/01/2015 Il Sole 24 Ore
Non c'è Qe senza investimenti
131
30/01/2015 Il Sole 24 Ore
Serra: investiamo sulle Popolari da marzo 2014
133
30/01/2015 La Repubblica - Nazionale
L'ultima telefonata "Avanti senza di voi"
134
30/01/2015 La Repubblica - Nazionale
"E Bersani media "È il mio favorito fin dal 2013 mi fido del premier"
136
30/01/2015 La Repubblica - Nazionale
"Matteo come uno scorpione masochista"
138
30/01/2015 La Repubblica - Nazionale
Da Brescia a Verona la 'ndrangheta puntava agli appalti del Nord
139
30/01/2015 La Repubblica - Nazionale
"Io, nel mirino delle cosche sono rimasta isolata anche nel Pd"
141
30/01/2015 La Repubblica - Nazionale
Shell taglia 15 miliardi di spese per resistere al crollo del petrolio
142
30/01/2015 La Stampa - Nazionale
M5S, così il nome Bersani è servito da anti-Prodi
143
30/01/2015 La Stampa - Nazionale
Il premier visto da Costa-Gavras "Pragmatico, non un sovversivo"
144
30/01/2015 La Stampa - Nazionale
Banche, stretta Bce su bonus e dividendi
145
30/01/2015 Il Messaggero - Nazionale
Alta tensione in FI Silvio: non mi farò tagliare fuori
146
30/01/2015 Il Messaggero - Nazionale
«Silvio ha sbagliato fin dall'inizio trovi un candidato per il quarto voto»
148
30/01/2015 Il Giornale - Nazionale
Renzi straccia il Nazareno e blinda Mattarella sul Colle
149
30/01/2015 Il Giornale - Nazionale
La delusione di Berlusconi: «Basta, ora opposizione dura»
151
30/01/2015 Il Giornale - Nazionale
Il Pd teme i suoi cecchini e parte l'acquisto dei voti
153
30/01/2015 Il Giornale - Nazionale
La delega fiscale è in ritardo E le piccole partite Iva tremano
154
30/01/2015 Il Giornale - Nazionale
Guardia alta con la Merkel, ma anche con i bancarottieri pubblici
156
30/01/2015 Il Giornale - Nazionale
Male che vada assisteremo al canto del cigno
157
30/01/2015 Avvenire - Nazionale
«Obiettivo è quota 600, ci credo Silvio non bloccherà le riforme»
158
30/01/2015 Avvenire - Nazionale
«Un segno di speranza per chi lotta contro la mafia»
160
30/01/2015 Avvenire - Nazionale
Fitto va al contrattacco: Silvio rompi, ora va azzerato tutto nel partito
161
30/01/2015 Avvenire - Nazionale
«Atene guarda a Oriente e punta sull'unità nazionale»
162
30/01/2015 Avvenire - Nazionale
«Hanno promesso troppo Dove troveranno le risorse?»
163
30/01/2015 Libero - Nazionale
«Da Renzi metodi assurdi, ma il governo reggerà»
164
30/01/2015 Il Foglio
PICCOLA POSTA
165
30/01/2015 ItaliaOggi
Grillo l'anti-euro sostiene Prodi padre dell'euro
166
30/01/2015 ItaliaOggi
Rinviati al 2016 i tagli alla spesa dei comuni. Sprecare è meglio
168
30/01/2015 ItaliaOggi
Il mio presidente sarebbe stato Antonio Martino. Ma il paese non è attrezzato per
avere, in quella posizione, un liberale alla Luigi Einaudi
169
30/01/2015 MF - Nazionale
Il modello delle banche popolari è la strada verso un sistema creditizio più
democratico
171
30/01/2015 Financial Times
The stand-off that may sink the euro
172
30/01/2015 International New York Times
Caveat emptor
174
30/01/2015 International New York Times
Who benefits from E.C.B.'s easing?
176
30/01/2015 International New York Times
Italy's chaotic presidential process
178
30/01/2015 Le Figaro
FRANÇOIS FILLON
180
30/01/2015 Le Figaro
La guerre des monnaies s'intensifie et rattrape le yuan
182
30/01/2015 Les Echos
Corrado Passera : « Le risque majeur pour l'Italie reste un dérapage économique et
social »
183
30/01/2015 Les Echos
Attention à ne pas décourager les Allemands
184
30/01/2015 Les Echos
Sergio Mattarella : le « joker » de Renzi au Quirinal
186
30/01/2015 Les Echos
Cessions d'actifs en vue pour Finmeccanica
187
30/01/2015 Les Echos
Quand la justice allemande efface des milliards d'euros de frais bancaires
188
30/01/2015 Wall Street Journal
Who's Driving World Wine Consumption?
189
30/01/2015 Il Venerdi di Repubblica
«Grazie a Dio, sono ateo»: una frase di Buñuel che nessuno dice più
190
30/01/2015 Il Venerdi di Repubblica
L'Italia triste senza più vere passioni
191
30/01/2015 L'Espresso
Quelle dietrologie così peroniste
193
30/01/2015 L'Espresso
NON È UN PAESE PER TSIPRAS
194
30/01/2015 L'Espresso
Ha vinto per disperazione
197
30/01/2015 L'Espresso
Draghi-Merkel cronaca di un divorzio
200
30/01/2015 L'Espresso
Il Jihad lo fanno i media*
202
30/01/2015 The Economist
Moral disorder
204
30/01/2015 The Economist
Mayday in Milan
205
30/01/2015 The Economist
Rules and laws
206
30/01/2015 Time
Down and Out in Davos
208
29/01/2015 Courrier International
Bras de fer gréco-allemand
210
29/01/2015 Courrier International
Un exemple à suivre
211
29/01/2015 Courrier International
La BCE brûle ses dernières cartouches
213
29/01/2015 Courrier International
Un pari trop risqué
215
IAB ITALIA
6 articoli
30/01/2015
Expansion
Pag. 45
Indra dio ayer un giro tras la entrada de Telefónica y se disparó un 19% en Bolsa. La operadora, que invierte
unos 75 millones de euros para tomar el 6% del capital, ha provocado un vuelco en la cúpula de la
multinacional española.Hacienda ha sacado de la lista a 15 territorios. Así lo establece un informe de la
Dirección General de Tributos que aclara una cuestión que genera dudas entre empresas e inversores a la
hora de aplicarse determinadas deducciones fiscales.El nuevo Gobierno griego quiere darse prisa en lanzar
su plan de choque contra la «crisis humanitaria» del país; esto es, en implementar las medidas contrarias a
los recortes y la austeridad que venía aprobando el país.Según la última encuesta de IAB Spain, un 82% de
los internautas de 18 a 55 años utilizan redes sociales en España, lo que representa más de 14 millones de
usuarios en el país. De todas ellas, Facebook se lleva la palma, siendo la red más usada.
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 30/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Abril-Martorell releva a Monzón al frente de Indra
30/01/2015
Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015 - diario 2014
Pag. 228
(diffusione:15000, tiratura:20000)
Comunicazione e pubblicità/2
100 - DIARI modelli di coinvolgimento del pubblico e di format di comunicazione capaci di stabilire un nuovo
rapporto tra web e tivù (9 giugno). Ungheria, tassata la pubblicità - Il Parlamento ungherese, con i voti della
maggioranza governativa e degli estremisti di destra, approva una contestata legge che impone la tassazione
della pubblicità. Secondo gli editori si tratta di uno strumento per rafforzare la capacità di pressione
dell'esecutivo di Viktor Orbán sui media (14 giugno). I Doris banchieri comunicatori - Massimo Doris, dal 2009
amministratore delegato di Banca Mediolanum, ha assunto il nuovo ruolo di testimonial al posto del padre
Ennio, presidente della banca, ribadendo l'efficacia di una linea comunicativa nata nel 2000, quando per la
prima volta un banchiere diventava protagonista di uno spot pub blicitario (15 giugno). Belli entra nel Cda di
Armando Testa - Nicola Belli entra nel consiglio di amministrazione dell'agenzia pubblicitaria Armando Testa
come consigliere con delega all'innovazione e allo sviluppo e responsabile della sede di Milano (15 giugno).
Cannes, Saatchi & Saatchi fa strage di Leoni - Al Festival internazionale della creatività di Cannes, Saatchi &
Saatchi riceve quattro Leoni (due ori e due argenti) per la campagna per CoorDown - Dear Future Mom, che
con oltre 5 milioni di view ha commosso il web nelle settimane a cavallo della Giornata mondiale sulla sin
drome di Down, il 21 marzo (17 giugno). Triboo Media acquisisce Gruppo Html - Triboo Media, specializzata
nella pubblicità on line di ultima generazione, quotata sul mercato Aim Italia, annuncia di aver acquisito il
100% di Gruppo Html, real tà editoriale del web tricolore (25 giugno). Fabrizio Piscopo disruptive - Alla
presentazione dei palinsesti Rai non era mai successo che, davanti agli investitori pubblicitari, il capo della
concessionaria raccontasse fatti interni all'azienda, come la riorganizzazione di quella che un tempo si
chiamava Sipra e che di recente ha preso il nome di Rai Pubblicità. L'ha fatto l'ad, Fabrizio Piscopo, che ha
rovesciato l'azienda come un calzino mettendo contemporaneamente a soqquadro il mercato con una politica
di sconti molto aggressiva, tirandosi addosso gli attacchi furibondi della concorrenza (25 giugno). Il Lotto e
l'Italia - Firenze è la prima tappa del 'Gioco più tuo in tour', l'iniziativa nazionale che il Gioco del Lotto ha
ideato per celebrare il suo pluricentenario rapporto con l'Italia e che coinvolgerà dieci tra le principali città del
Paese (Firenze, Torino, Milano, Roma, Napoli, Venezia, Bari, Genova, Palermo e Cagliari, corrispondenti alle
'ruote' del Gioco del Lotto), con numerosi appuntamenti speciali dall'arte alla musica, all'intrattenimento. Nel
capoluogo toscano arriva 'Firenze più tua' con l'inaugurazione del Museo del Novecento, l'apertura della
mostra di Giuseppe Penone e un weekend di iniziative in piazza (26 giugno). Capè presidente di
Confindustria Assoconsult - Carlo Maria Capè è eletto presidente di Confindustria Assoconsult, l'associazione
confindustriale che raggruppa oltre 400 società italiane di management consulting (27 giugno). Simonetta
Gola comunica trice dell'anno - Il grande lavoro svolto da Simonetta Gola, responsabile della comunicazione
e delle campagne di raccolta fondi nazionali di Emergency, per fare conoscere le attività e i contenuti delle
battaglie della ong ha trovato un riconoscimento nel Premio Ischia Comunicatore dell'anno 2014 (27 giugno).
LUGLIO Gtech sostenibile - Marco Sala, ad di Gtech, presenta il bilancio di sostenibilità del gruppo,
occasione che gli ha dato modo di ribadire quanto il codice di condotta e il pro gramma di conformità
dimostrino l'impegno dell'azienda per raggiungere e mantenere i più alti standard etici e di integrità nel
business (1° luglio). Alatri a Generali - Simone Bemporad, direttore comunicazione e relazioni esterne del
colosso assicurativo finanziario, ha chiamato Roberto Alatri per guidare la nuova organizzazione Media and
web communications, dove sarà affiancato da Giulio Benedetti (media relations) e Marco Molino (web
management), e dove lavorerà in collaborazione con Matthew Newton, responsabile international affairs and
media. Alatri viene da Finmeccanica dove era responsabile delle relazioni esterne (1° luglio). Microsoft,
Lundari a capo della pubblicità - A Christina Lundari la divisione Advertising & online di Microsoft con il
compito di potenziare il posi zionamento della concessionaria nel mercato locale dell'advertising on line e
continuare a valorizzare l'offerta integrata di Microsoft nella comunicazione digitale (1° luglio). Premium
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 30/01/2015
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DIARIO 2014
30/01/2015
Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015 - diario 2014
Pag. 228
(diffusione:15000, tiratura:20000)
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Publisher Network, Giua presidente Nuovo consiglio e nuova presi denza per il Premium Publisher Network
(Ppn), il consorzio che comprende venti tra i maggiori editori italiani, per un totale di 94 testate on line. La
guida passa a Claudio Giua, direttore sviluppo e innovazione del Gruppo L'Espresso, che succede ad Alceo
Rapagna, chief digital officer di Rcs (1° luglio). Fabretti da Fs a Finmeccanica - Federico Fabretti è il nuovo
responsabile delle relazioni esterne, istituzionali e comunicazione di Finmeccanica. Fabretti proviene da Fs,
dove ricopriva l'incarico di direttore centrale comunicazione esterna e media, e succede a Marco Forlani che
ha rassegnato le sue dimissioni nei giorni scorsi (1° luglio). Le case di Sisal - 'Vincere casa è un gioco' è il
payoff della campagna di pubblicità per Il lancio del nuovo gioco VinciCasa della famiglia Win for Life.
Installazioni stradali e concerto nel cuore della nuova city milanese di Porta Nuova hanno salutato il debutto
(2 lu glio). La nuova comunicazione secondo l'Upa - All'assemblea dell'associazione degli utenti pubblicitari il
presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi fa il punto sulla situazione del settore con una performance teatrale
affiancato dai Masbedo. Gli impegni essenziali dell'azione 'politica' dell'associazione in sintesi sono: insistere
con il governo per una parziale defiscalizzazione degli investimenti in comunicazione; spingere per accelerare
la diffusione della banda larga; riforma della Rai, il cui controllo passa dal Parlamento a una fondazione e
riorganizzazione togliendo la pubblicità a una rete. Collabo razione con AssoComunicazione, rinnovo
dell'Auditel e della sua governance per accogliere anche i rappresentanti di Discovery e Sky. In tema centri
media, il presidente ha rimarcato gli effetti positivi della sua lotta ai 'dn' non trasparenti e l'essere contrario al
real time bidding e a tutte quelle modalità che trasformano i consulenti degli utenti in broker (2 luglio). Europ
Assistance racconta - Europ Assistance, con la sua nuova campagna, ideata da Publicis e DigitasLbi,
racconta come è cambiato il modo di viaggiare degli italiani nell'ultimo mezzo secolo (7 luglio). Iammatteo
lascia Enel per Poste Italiane - L'ad di Poste Italiane, Francesco Caio, sceglie Paolo Iammatteo come
assistente esecutivo con la responsabilità di affiancarlo nel percorso di trasformazione della società verso la
quotazione. Iammatteo lascia la responsabilità della Comunicazione e corporate social responsibility di Enel e
il ruolo di consigliere di Enel Cuore (10 luglio). Triboo Media semplifica la struttura - Triboo Media, azienda
specializzata nella pubblicità on line di ultima ge nerazione, da poco entrata sul mercato Aim Italia, comunica
la fusione per incorporazione della controllata Triboo Editoriale Srl in LeonardoAdv srl (11 luglio). Coni, il
presidente Giovanni Malagò annuncia il nuovo sito - On line il nuovo sito del Comitato olimpico nazionale
italiano (15 luglio). Super matrimonio - Gtech spa, numero uno mondiale delle lotterie, comunica di aver
sottoscritto un accordo per la fusione con International Ga me Technology Inc., leader nel settore dei casinò e
del social gaming, con sede a Las Vegas, Nevada. Igt e Gtech confluiranno in una holding di nuova
costituzione secondo il diritto inglese. Il valore complessivo dell'operazione è di 4,7 miliardi di euro in contanti.
Il gruppo che risulterà dalla fusione avrà ricavi per 6 miliardi di dollari (16 luglio). Vw Group Italia riorganizza
la comunicazione - Nuova struttura organizzativa nell'area comunicazione stampa di Volkswagen Group
Italia. Ogni brand del gruppo ha ora un ufficio stampa e pr, i cui responsabili operano all'interno delle
rispettive divisioni con riporto gerarchico diretto al brand manager. Federica Bennato mantiene la direzione
del reparto Group Press & Pr (17 luglio). Gold 5, nuova concessionaria di video display advertising - Gold 5
Srl è stata costituita con quote paritetiche dalle società A. Manzoni & C spa, Banzai Media srl, ItaliaOnline
Spa, Mediamond spa e Rcs MediaGroup spa. Il consiglio di amministrazione di Gold 5 è composto da:
Davide Mondo, presidente, in rappresentanza di Mediamond, Andrea Santa gata, amministratore delegato,
per Banzai, e dagli amministratori Gabriele Comuzzo (Manzoni), Gabriele Mirra (ItaliaOnline) e Roberto
Zanaboni (Rcs). È prevista inoltre la costituzione di un Comitato strategico, di cui faranno parte Paolo Ainio
(ad Banzai), Antonio Converti (ad ItaliaOnline), Massimo Ghedini (ad A. Manzoni & C), Stefano Sala (ad
Publitalia '80), e Raimondo Zanaboni (direttore generale Pubblicità di Rcs MediaGroup) (18 luglio). Cambiano
i parametri della pubblicità femminile? - Candice Huffine, 29 anni, 1 metro e 80 di altezza, è la prima modella
'over size' a posare per 'The Cal', l'esclusivo calendario Pirelli, compendio della fotografia d'autore e bibbia
dell'estetica (23 luglio). Dad diventa Lt Pubblicità - È Lt Pubblicità il nuovo nome scelto dal gruppo televisivo
Lt Multimedia per la propria concessionaria pubblicitaria Dad (24 luglio). Ventimiglia cdo di Wpp Italia -
30/01/2015
Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015 - diario 2014
Pag. 228
(diffusione:15000, tiratura:20000)
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 30/01/2015
14
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Massimiliano Ventimiglia nominato chief digital officer del gruppo. Ceo e founder dell'agenzia di marketing e
comunicazione integrata H-Art, Ventimiglia mantiene le sue cariche e affianca Massimo Costa nello sviluppo
di nuovi modelli di business in ambito digitale e della cultura dell'innovazione all'interno del gruppo (24 luglio).
AGOSTO Coca-Cola per MediaCom - L'agenzia media di GroupM ha conquistato il budget di Coca-Cola
Italia, che dopo 8 anni di fedeltà a Starcom, ha deciso di cambiare consulente per i media (1° agosto). Intesa
per Lucchini - Intesa Sanpaolo istituisce la direzione centrale International and regulatory affairs, operativa
dal 1° settembre sotto la responsabilità di Stefano Lucchini, fino allo scorso maggio direttore relazioni
internazionali e comunicazione di Eni (4 agosto). Coca-Cola nikakoy reklamy - La Coca-Cola ritira le sue
pubblicità da quattro network televisivi russi legati al Cremlino (6 agosto). Twitter, la pubblicità pagata in base
ai risultati - Twitter introduce le cosid dette 'campagne ottimizzate', il cui costo si basa sugli obiettivi raggiunti
(8 agosto). Fs Italiane on air dal Meeting di Rimini - FsNews Radio e LaFreccia, tivù del Gruppo Fs Italiane,
annunciano che seguiranno in diretta i principali appuntamenti del Meeting per l'Amicizia tra i Popoli di Rimini
(22 agosto). Addio a Carlo Bruno - Dopo una lunga malattia se ne va Carlo Bruno, protagonista della
comunicazione italiana dagli anni Settanta in avanti, con esperienze nei più grandi gruppi editoriali nazionali e
internazionali (La Stampa, Riz zoli-Corriere della Sera e l'argentina Abril), nonché direttore comunicazione di
Montedison e, infine, fondatore di Bonaparte 48 e poi di Carlo Bruno & associati (25 agosto). Wpp cresce
l'utile - Wpp archivia il primo semestre 2014 con un incremento dell'utile netto del 30%, ri spetto all'anno
scorso, pari a 364,8 milioni di sterline (458,2 milioni di euro) (26 agosto). ExpoExpress in viaggio con
Mondadori e Gruppo Fs Italiane - È partito dalla stazione Santa Lucia di Vene zia, in occazione della 71esima
Mostra internazionale del cinema, il treno per portare Expo 2015 sul territorio italiano, che farà tappa in altre
undici stazioni fino all'arrivo a Napoli il 12 dicembre. Mondadori organizza incontri ed eventi con le sue testate
settimanali, Donna Moderna , Grazia , Tu Style , e i mensili Starbene e Sale&Pepe (30 agosto). DIARI - 101
102 - DIARI SETTEMBRE Italo una pagina per protestare - Ntv, la società ferroviaria di Italo, acquista una
pagina sui principali quotidiani nazionali per pubblicare una lettera indirizzata a Renzi e ai viaggiatori in cui
esprime la propria protesta contro la concorrenza sleale di Ferrovie dello Stato (3 settembre). Nuovi vertici a
Montblanc Italia - Christian Rauch, bava rese con una consolidata esperienza alla casa madre di Amburgo, è
il nuovo managing director, affiancato da Marco Ravas, nuovo direttore marketing, che ha lasciato Moët
Hennessy Italia (4 settembre). Riders in concessione a Milano Fashion Media - Nuova concessionaria di
pubblicità del mensile Riders . A luglio la rivista dedicata al motociclismo era passata da Hearst Magazines
Italia a Biblioteca della Moda (7 settembre). Di Maio per il marketing di Mattel Italia - All'interno della
riorganizzazione della filiale italiana guidata da Filippo Agnello (che sovraintende anche i mercati di Turchia e
Grecia), Flavio Di Maio, 30 anni, è diventato direttore marketing e risponde direttamente a Giuseppe Papa,
neo marketing director per il Sud-Est Europa (8 settembre). Smartphone, pubblicità a misura - Una nuova
offerta e un network che si allarga sem pre di più. Sono le novità che riguardano 4w MarketPlace, a cui è
stata affidata l'esclusiva dei formati pubblicitari per smartphone su Corriere della Sera , La Repubblica , La
Gazzetta dello Sport , La Stampa , Ansa e le versioni mobile delle testate del consorzio Ppn (fondato da Rcs
MediaGroup e Gruppo Editoriale L'Espresso) (8 settembre). Schiapparelli entra in System - È Nicola
Schiapparelli il nuovo responsabile centri media e agenzie di System 24, la concessionaria di pubblicità del
Gruppo 24 Ore (9 settembre). Ioppolo presidente di Fcp-Assoquotidiani - Per il biennio 2014-2016 è Domeni
co Ioppolo il nuovo presidente di Fcp-Assoquotidiani, che raggruppa le principali aziende operanti nel settore
della vendita di spazi pubblicitari sui quotidiani (10 settembre). Camogli, tre giorni sulla comunicazione - Con
70 incontri e una sessantina di ospiti si apre a Camogli la prima edizione del Festival della comunicazione,
ideato e diretto da Rosangela Bonsignorio e Danco Singer, con una forte sponsorizzazione della Rai (12
settembre). Roberta Lai guida Carlo Bruno&associati - Perso lo storico fondatore, Carlo Bruno, la
responsabilità dell'agenzia passa a Roberta Lai, sua moglie e partner con il ruolo di vice presidente,
affiancata da Giulio Sapelli alla presidenza, e dalla squadra di professionisti Alessandra Campolin, Matteo
Steinbach, Lorenzo Bruno, Lu ca Garrone e Michele Calcaterra (14 settembre). A Triboo Media la
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maggioranza di MediaPrime - L'azienda italiana specializzata nella pubblicità on line di ultima generazione,
quotata sul mercato Aim Italia, acquista il 51% della startup MediaPrime, la media company della community
di Facebook (15 settembre). Costa Crociere, arriva Baroni alle comunicazioni - Gabriele Baroni diventa capo
di corporate communication, ufficio stampa, comunicazione interna e anche del coordinamento della
comunicazione nei mercati internazionali (15 settembre). Luca Di Bonaventura portavoce della Boschi - Ex
giornalista di Radio Montecarlo e dell' Ansa e poi nello staff dell'ufficio stampa di Matteo Renzi, sindaco di
Firenze, è diventato portavoce del ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi. Di Bonaventura su Twitter si
definisce "un progressista che odia il progresso" (15 settembre). Tagliabue e Frè alleati Dopo un difficile
addio a Pms, la società che aveva fondato insieme a Patrizio Maria Surace, Giancarlo Frè ha stretto
un'alleanza con Fiorenzo Tagliabue, presidente del Gruppo Sec. Nasce così a Roma la nuova Sec&Partners,
in cui Frè, socio al 49,5%, ha conferito il ramo d'azienda relativo alla comunicazione finanziaria e d'impresa
rilevato da Pms Group e Tagliabue, 50,5%, le attività romane del suo gruppo (15 settembre). Frosini, la lobby
e la comu nicazione di Gtech Lottomatica - Dopo quattro anni a Terna come responsabile delle Relazioni
istituzionali, Giuliano Frosini è tornato nella squadra di Lorenzo Pellicioli e Marco Sala, presidente e ad di
Gtech Lottomatica, di cui aveva già fatto parte dal 2004 al 2011. Frosini continua a occuparsi dell'importante
e delicatissimo lavoro di lobby, a cui si aggiunge quello di responsabile della comunicazione (16 settembre).
Nicodemo a Palazzo Chigi, Rotta responsabile comunicazione Pd - Trasferitosi Francesco Nicodemo a
occuparsi della comunicazione del governo sulla Rete, Alessia Rotta, giornalista e parlamentare dovrà
occuparsi della comunicazione del Pd (16 settembre). Federici, lo specialista di Unipol - Dopo aver lavorato
per tre anni e otto mesi come responsabile Corporate identi ty di Unipol Gruppo Finanziario, Alberto Federici
assume la direzione comunicazione e relazioni esterne del gruppo di Unipol Sai Assicurazioni, oltre a essere
direttore di Cubo, Centro Unipol Bologna, spazio aggregativo e centro di documentazione (20 settembre).
Comin si mette in proprio - Dopo dodici anni a capo delle relazioni esterne holding di Enel, Gianluca Comin
apre un'agenzia di comunicazione, la Comin & Partners (25 set tembre). Discovery Italia rafforza la
comunicazione - Nuove nomine nel communication team di Discovery Italia. Dopo la nomina di Barbara
Ferrieri a communication director, arrivano Sabrina Signorelli, nominata consumer pr manager, e Adriano
Baioni, che ricoprirà il ruolo di corporate communication manager (25 settembre). Publicis estende la
partnership con Aol - Publicis e Aol rafforzano la loro partnership nel settore dei video mirati (programmatic
adv) e della televisione lineare (29 settembre). Huawei, Enrica Banti a capo delle relazioni esterne Nel gruppo
cinese leader nelle soluzioni di Information e communication technology, Enrica Banti, che ha oltre dieci anni
di esperienza nella comunicazione corporate tradizionale e digitale per aziende del settore Ict, risponde
direttamente al vice president di Huawei Western Europe (30 settembre). OTTOBRE Pubblicità, accordo
Poligrafici-Libero - Prosegue la crescita del perimetro di raccolta pubblicitaria della Spe (Società pubblicità
editoriale spa). Poligrafici Editoriale Spa e la Editoriale Libero Srl annunciano che la raccolta dell'edizione di
Milano-Lombardia del quotidiano Libero è affidata alle reti locali della concessionaria Spe (1° ottobre). Condé
Nast nuovo passo nella pubblicità on line - La casa editrice apre alla commercializzazione della pubblicità on
line attraverso il programmatic buying (la gestione automatizzata dell'acquisto degli spazi) (1° ottobre).
Vodafone Italia, Novellone direttore Brand & Advertising - Dopo che la voce girava da tempo, viene
ufficializzata la nomina di Nicola Novellone come nuovo direttore Brand & Advertising di Vodafone Italia (1°
ottobre) Marita Spera in American Express - Proviene da Huawei, società cinese di telecomuni cazioni, dove
ricopriva la carica di responsabile european pr e communications, Marita Spera nuovo capo public affairs and
external communication per l'Italia di American Express (2 ottobre). Tre giorni per If! Italian Festival - Al
Teatro Parenti di Milano debutta il primo festi val dedicato alla creatività promosso da Adci e AssoCom in
collaborazione con Google (2 ottobre). Ipg Mediabrands, Tagliavia presidente in Spagna - Gian Paolo
Tagliavia, ceo di Ipg Mediabrands in Italia, è stato nominato anche presidente della sede spagnola del gruppo
di comunicazione media (2 ottobre). 50 anni di Autostrada del Sole - Il gruppo Atlantia, che controlla
Autostrade per l'Italia, ha organizzato iniziative per ricordare la straordinaria opera (755 chilometri di strada
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per collegare Milano a Napoli, iniziata nel 1956 e inaugurata il 4 ottobre 1964), tra cui una miniserie, 'La
strada dritta', prodotta da Rai Fiction e Cattleya, andata in onda su Raiuno, e uno speciale allegato a
Quattroruote (4 ottobre). Calzedonia punta su Julia Roberts - La star arruolata per la nuova campagna
pubblicitaria del marchio ammiraglio del gruppo che fa capo a Sandro Veronesi (8 ottobre). Mercatone Uno si
promuove con Violetta - Siglato un accordo di comarketing tra Mercatone Uno e la Walt Disney per il lancio
della speciale promozione dedicata al personaggio di Violetta, la serie tivù targata Disney Channel più
famosa e amata da bambini e ragazzi (8 ottobre). Carabini comunica Fs - Orazio Carabini, ex vice direttore
dell' Espresso e caporedattore ed editorialista del Sole 24 Ore , è il nuovo responsabile della direzione
comunicazione esterna e media del Gruppo Ferrovie dello Stato (9 ottobre). Torna la Faimarathon 'Non
correre e scopri l'Italia intorno a te' è la parola d'ordine lanciata dal Fondo ambiente italiano per le maratone
con percorsi d'arte in diverse città italiane organizzate in collaborazione con il Gioco del Lotto (12 ottobre). A
Publicis il 20% di Matomy Media - Publicis Groupe decide di acquistare una quota del 20% nella società di
tecnologia pubblicitaria digitale israeliana Matomy Media. L'operazione rientra nella strategia di Publicis volta
a espandersi attraverso piccole operazioni di acquisizione, dopo la fallita fusione con la concorrente
statunitense Omnicom (13 ottobre). Cattelan ancora testimonial di Enel - Con la nuova creatività firmata
Saatchi & Saatchi, Enel Energia ripropone il noto presentatore Alessandro Cattelan come il testimonial per il
mercato libero (13 ottobre). Gare per budget media Nestlé apre la gara per assegnare il budget media in
Italia: in corsa per il budget del gruppo di Vevey (una cinquantina di milioni di euro) ci sono l'uscente Maxus,
Mediacom (entrambe società di GroupM, Wpp) e Starcom del gruppo Publicis, che nel frattempo ha ricevuto
la riconferma di Sam sung a livello globale. Nel pitch indetto da InBev, vittoria di Dentsu Aegis, che con il suo
network Carat si aggiudica anche il budget di Triumph. Havas Media si è portata a casa Showroom privée e
D1 (orologi). Ricola per assegnazione diretta ha scelto Mec (15 ottobre). Sky Italia, Maranzana nuovo cco Sky Italia annuncia la nomina di Pietro Maranzana a chief commercial officer con la responsabilità della
struttura Marketing & Sales (15 ottobre). Sisal e 'Wired Italia' per l'innovazione - il Gruppo Si sal è partner
dalla rivista Wired per promuovere idee e progetti innovativi con l'iniziativa 'Hack the Expo' (15 ottobre) Sir
apre alla pubblicità on line - Il Servizio informazione religiosa, l'agenzia di stampa della Cei, ha deciso di
aprire le porte alla pubblicità on line. Per farlo, ha scelto AdEthic, la concessionaria di on line ad vertising
'safe e programmatic', guidata da Andrea Salvati, che già raccoglie pubblicità per oltre 600 siti laici e cattolici
(16 ottobre). Gold 5, Notarangelo responsabile operativo - La concessionaria pubblicitaria di video display
advertising - costituita a luglio 2014 da A. Manzoni & C, Banzai Media, ItaliaOnline, Mediamond e RCS
MediaGroup - sceglie Bernar do Notarangelo come responsabile operativo (20 ottobre). Telefónica-Havas:
accordo milionario - Havas ottiene la gestione della strategia di marketing di Telefónica, compreso il global
media management, dopo la sottoscrizione di una partnership di marketing globale da 600 milioni di euro (22
ottobre). Svidercoschi comunica AlmavivA - Michele Svidercoschi è il nuovo direttore comunicazione e
relazioni istituzionali di AlmavivA. A Svidercoschi fanno capo le attività di comunicazione interna, esterna e di
relazione istituzionale (24 ottobre). O'Keeffe dirige la comunicazione Enel - Ryan O'Keeffe è nominato
direttore della funzione Comunicazione del Gruppo Enel. O'Keeffe, una lunga esperienza internazionale e
finanziaria, ha lasciato il ruolo di partner di Finsbury che ricopriva dal 2006 (29 ottobre). NOVEMBRE Publicis
acquista Sapient Dopo il mancato accordo con Omnicom, la francese Publicis, terzo gruppo di comunicazione
mondiale, compra per 3,7 miliardi di dollari (circa 2,96 miliardi di euro) la statunitense Sapient, specializzata
nella pubblicità digitale (3 novembre) Giovanni Valentini portavoce del Garante Antitrust - Giovanni Valentini,
66 anni, assume l'incarico di portavoce dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (3 novembre).
Bpv e il cinema - Alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è stato presentato in
anteprima a Roma 'Torneranno i prati', il film girato da Ermanno Olmi, su un episodio della Prima guerra
mondiale, di cui si celebra il centenario dell'inizio. L'opera è stata finanziata in tax credit, tra gli altri, dalla
Banca Popolare di Vicenza. L'istituto presieduto da Gianni Zonin mostra un interesse sempre più forte per il
cinema ed è stato tra i produttori della 'Grande bellezza', il film con cui Paolo Sorrentino ha vinto l'Oscar (4
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novembre). A Starcom MediaVest Group arriva Sarasola - Star com MediaVest Group annuncia la nomina di
Javier Sarasola come ceo per l'Italia. Prende il posto di Roberto Calzolari, che ha deciso di lasciare il gruppo
(5 novembre). Intesa Sanpaolo e l'Expo - Il gruppo bancario presenta i contenuti e i progetti della sua
partecipazione come Official Global Partner all'Esposizione Universale di Milano 2015, dove sarà presente
con un proprio spazio espositivo multifunzionale, di quasi 1.000 mq, progettato dall'architetto Michele De
Lucchi. Schierati per raccontare il valore di questa partnership e le molteplici iniziative - artistiche, di relazione
con i clienti, di comunicazione - legate a Expo, Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, Stefano Barrese,
responsabile Area Sales e Marketing della Divisione Banca dei Territori, Vittorio Meloni, direttore Relazioni
esterne e l'architetto Michele De Lucchi (5 novembre). Sky Italia, pubblicità a Turn - Sky, orientata sempre più
verso il programmatic advertising, affida a Turn il 70% delle campagne dell'azienda su base programmatica
attraverso la Data Management Platform (9 novembre). Gaudenzi, Allianz Italia Andrea Gaudenzi, dopo aver
lasciato a settembre la dire zione comunicazione di Unipol Gruppo Finanziario, ha assunto la responsabilità
della comunicazione corporate di Allianz Italia, gruppo assicurativo tedesco che, con base a Monaco di
Baviera, opera in 70 Paesi (11 novembre). Cassa depositi e prestiti fa comunicazione - Da 164 anni milioni di
italiani, oggi all'incir ca 24 milioni, affidano i propri risparmi all'ente presieduto da Franco Bassanini e
controllato all'80,1% dal ministero dell'Economia e delle finanze (1,5% in azioni proprie e il restante 18,4% a
numerose Fondazioni di origine bancaria) che ha deciso di farsi conoscere al grande pubblico con una
campagna che dice 'Cassa depositi e prestiti. L'Italia che investe nell'Italia' (11 novembre). I bambini
raccontano il futuro con Snam - 333 scuole per un totale di oltre mille classi sono state coinvolte dal progetto
educativo 'Storie che raccontano il futuro', messo in piedi dalla squadra di comunicazione di Snam guidata da
Patrizia Rutigliano. Sul proprio sito corporate Snam ha realizzato un'operazione di storytelling multimediale e
multicanale, per permettere al pubblico di seguire tutte le fasi del progetto. Tutti i contenuti pubblicati sono
stati contrassegnati dall'hashtag #SentieriSostenibili, scelto da Snam per identificare progetti e iniziative di
Csr responsabilità sociale (12 novembre). Discovery Media raccoglie per Eurosport - Dall'inizio del 2015
Discovery Media curerà in Italia anche la raccolta pub blicitaria dei due canali tivù in onda su Sky e Mediaset
Premium, il sito web e l'offerta per mobile di Eurosport, recente acquisizione (il 30 maggio) del gruppo
Discovery Communications (15 novembre). BookCity due giorni con l'autore - 'Con il gioco del Lotto la cultura
diventa più tua' è il titolo delle iniziative organizzate da Lottomatica all'interno dell evento milanese per
esplorare il mondo dell'editoria libraria (15 novembre). Lifonti diventa The Story Group - Il gruppo fondato da
Diego Lifonti allarga il suo raggio di azione alla videocomunicazione digitale, con l'acquisizione del 60%
dell'agenzia creativa Social Content Factory. La holding Diego Lifonti Communications viene ribattezzata The
Story Group (15 novembre). Miley Cyrus sexy per Golden Lady - La cantante americana, voce di 'Wrecking
ball', è l'interprete della cam pagna sexy e ironica ('Lady rock your legs') per il lancio del nuovo collant senza
cuciture con cui Golden Lady punta ai mercati internazionali. Creatività di Armando Testa, lo spot girato a Los
Angeles è realizzato da Terry Richardson, noto fotografo di moda (disponibile su primaonline.it ) (17
novembre). Dompé per la comunicazione corporate di Telecom Italia - Risponde al presidente Giuseppe
Recchi, Ivan Dompé, nuovo responsabile press office & opinion maker relations del gruppo di tlc, dove ha
preso il testimone da Carlo De Martino, passato a capo delle relazioni istituzionali e delle relazioni esterne di
Sparkle (19 novembre). Oscar Farinetti, imprenditore dell'anno per Ey - La giuria presieduta da Gianni Mion
(vice presidente di Edizione Holding) del premio Ey-Ernst & Young, dedicato agli imprenditori alla guida di
aziende da almeno tre anni, con fatturato di almeno 25 milioni, è andato a Oscar Farinetti, fondatore di
Eataly, ormai un'icona dell'Italia nel mondo (19 novembre). Intesa Sanpaolo spinge sulla fiducia - "La fiducia è
il tema chiave della ripresa, soprattutto in un momento in cui le persone sono contratte dal pessimismo. E
Intesa Sanpaolo vuole dare un segnale forte e positivo", dice Vittorio Meloni, direttore cen trale delle relazioni
esterne del gruppo bancario amministrato da Carlo Messina, spiegando l'obiettivo della nuova campagna di
comunicazione, caratterizzata dal claim 'Diamo credito all'Italia' (20 novembre). Brugnoli per il marketing di
Uci Italia - Fabio Brugnoli è il nuovo commercial & marketing director di Uci Italia, società a cui fa capo il
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Circuito Uci Cinemas, che conta sul territorio nazionale 45 strutture multiplex, per un totale di 455 schermi (20
novembre). Collaborazione Ntt Data con la Biblioteca Apostolica Vaticana - Il gruppo giappo nese, presente
in Italia con sette sedi dove lavorano 2.500 persone, ha deciso di investire 18 milioni di euro in quattro anni e
di utilizzare le proprie tecnologie ed esperienze per la digitalizzazione dei primi tre mila volumi, circa 41
milioni di pagine, custoditi da centinaia d'anni all'interno delle mura dello Stato pontificio (21 novembre).
Havas Media Group, Spadini ceo - Il gruppo di comunicazione e marketing in Italia sceglie come nuovo ceo
Stefano Spadini (24 novembre). AudiOutdoor vara l'integration data - È il progetto per fornire la visione
integrata dei dati di audience di tutte le forme di pubblicità che il cittadino incontra fuori di casa, promosso da
AudiOutdoor, di cui fanno parte Upa, AssoCom, Aapi, e le concessionarie Igp Decaux, Clear Channel e Ipas
(25 novembre). Iab Forum: in Italia la pubblicità su Internet +12,7% - La pubblicità on line vale il 25% del
mercato e cresce quest'anno del 12,7% rispetto al 2013. Il valore degli investimenti tocca i 2 miliardi di euro e
Internet è il secondo media pubblicitario dopo la televisione. Le stime sono frutto di una rielaborazione Iab su
dati Nielsen e Osservatorio Politecnico di Milano. A trainare la crescita sono principalmente i nuovi mezzi:
video, social e mobile, unitamente alle soluzioni di programmatic advertising. Il segmento Display nel
complesso (che comprende le sotto categorie banner, video e social) registra nel 2014 un andamento
positivo con un incremento anno su anno del 18,95%, con una crescita del Banner Advertising (a una cifra
+8,2%), favorita dal buon andamento di mobile e programmatic advertising, che ne guidano lo sviluppo. Il
segmento video cresce del 25% per un valore degli investimenti pari a 300 milioni di euro, mentre il social
vanta un trend di crescita del 70% che porta il valore degli investimenti a 170 milioni. Relativamente alla
pubblicità sui device mobile (smartphone e tablet) si registra una crescita del +50%, raggiungendo a fine
anno i 290 milioni, pari al 14,5% dell'Internet Advertising. Le nuove tecnologie di programmatic advertising si
affermano anche in Italia con tassi di crescita ormai significativemente innescati: 110 milioni gli investimenti
(con una crescita del 120%) che sono inclusi nel dispaly advertising per una quota pari al 10% dello
stesso.Anche il Search continua nella sua corsa, mantenendo un ruolo di tipologia leader nel mercato con
una crescita del 14% e un valore pari a 665 milioni di euro, mentre l'Email Advertising si assesta sul
medesimo valore del 2013 (25mln di euro) e i Classified evidenziano un andamento negativo (-16,3%) più
legato alle congiunture del sistema economico (25 novembre). Saviano a Iab Forum - Roberto Saviano, a
oggi lo scrittore italiano più seguito sul web, in collegamento dagli Stati Uniti ha affrontato con Paola
Marinone, co-founder & ceo di BuzzMyVideos Network, il tema del video on line come nuovo strumento e
opportunità complementare al tradizionale contesto televisivo (25 novembre). Enel la nuova squadra per
comunicare - Ryan O'Keeffe, arrivato da Londra per assumere il ruolo di direttore Communication Holding del
maggior gruppo dell'energia italiano, ha messo a punto la sua squadra di cui fanno parte: Roberta Vivenzio,
responsabile Global Media; Andrea Falessi, ex responsabile delle Relazioni Esterne di Enel Green Power,
capo Communication Italy; alle Relazioni con i Media, Cecilia Ferranti e infine Massimo Bruno, responsabile
Institutional Affair Italy (30 novembre). I dati Nielsen: 11 mesi di pubblicità - Il mercato degli investimenti
pubblicitari nei primi 11 mesi del 2014 chiude a -2,6% rispetto allo stesso periodo del 2013, pari a cir ca 153
milioni in meno. I primi 10 mesi dell'anno si erano chiusi a -3,4%. Secondo Nielsen, la raccolta pubblicitaria a
novembre prende una boccata d'ossigeno abbastanza inaspettata: la tivù si stabilizza intorno a quota zero,
Internet cresce e gli altri mezzi regi strano performance migliori rispetto all'autunno e a tutto il 2014, in
generale. Il singolo mese si è chiuso a +3,7%, affermandosi tra quelli positivi insieme a giugno che, però, era
condizionato dai Mondiali di calcio. Relativamente ai singoli mezzi, la tivù chiude a -0,1% nel periodo
cumulato gennaio-novembre, seppur con i tipici andamenti differenti al suo interno legati agli eventi sportivi
dell'estate. I quotidiani confermano il calo del -10,1% nei primi 11 mesi, mentre i periodici migliorano
lievemente il trend a -7,3%. La radio beneficia ancora degli andamenti positivi degli ultimi mesi, chiudendo il
periodo cumulato a -2,4%, in leggero miglioramento rispetto al totale mercato. Internet mostra una crescita,
attestandosi a +0,7% negli 11 mesi. Il cinema e il direct mail confermano l'andamento negativo e perdono
rispettivamente il -24,7% e il -5,1%. L'outdoor, insieme al web, è l'unico mezzo in controtendenza, grazie a
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una crescita del +3,1%. In dicembre ci si aspetta un consolidato nuovamente negativo (30 novembre).
DICEMBRE Salini Impregilo, per costruire il futuro - Sono i giovani che già lavorano in Salini Impregilo i volti
della campagna di comunicazione incentrata sullo slogan 'll coraggio del lavoro per costruire il futuro' del
gruppo specializzato in opere civili complesse e di grandi dimensioni. Nato il 1° gennaio 2014, unisce le
esperienze di Salini e Impregilo, è attivo in oltre 50 Paesi con circa 34.400 dipendenti e un fatturato di circa 4
miliardi di euro. Luigi Vianello è responsabile della Identity and Communication (1° dicembre). Bmw Italia
passaggio di testimone alla comunicazione Roberto Olivi assume la carica di direttore relazioni istituzionali e
comunicazione di Bmw Italia al posto di Gianni Oliosi, che lascia dopo 44 anni l'azienda (1° dicembre). Oscar
di Bilancio 50esima edizione - Snam, Fondazione Telethon, Yooks, Zanzar System, Società Reale Mutua di
Assicurazioni, Save the Children, DeA Capital, Banca Fideuram, Anas, sono i vincitori dei nuovi Oscar
assegnati dalla giuria del premio promosso dal Ferpi, presieduta dalla rettore dell'università Bocconi, Andrea
Sironi (1° dicembre). Le migliori sulla Rete - Eni al top di Webranking Italy 2014. La classifica realizzata da
Com prend, in collaborazione con Lundquist, premia le aziende italiane che comunicano più efficacemente on
line. Seguono Snam e Telecom Italia (1° dicembre). A Sportnetwork la pubblicità del 'Tempo' - La
concessionaria del gruppo Amodei si aggiudica la testata romana edita da Domenico Bonifaci (1° dicembre).
Anna Martina: il magistrato chiede l'archiviazione - Nessun abuso d'ufficio, né ipotetica corruzione. La
Procura di Torino ha chiesto l'archiviazione del fascicolo aperDIARI - 105 to a carico di Anna Martina, per gli
affidamenti diretti gestiti dall'ex dirigente del settore Comunicazione del Comune all'azienda del figlio, la
società di registrazione Punto Rec, a partire dal 2006. Erano due le delibere "sospette", nel 2008 e 2009,
inizialmente ritenute non "adeguatamente motivate sotto il profilo della vantaggiosità delle condizioni praticate
da Punto Rec". Per queste, Martina era finita nel registro degli indagati con l'accusa di abuso d'ufficio. Dopo
due anni di indagini, il magistrato ha ritenuto infondato il capo d'imputazione (3 dicembre). Buttarelli alla
Privacy Ue - Il Parlamento europeo e il Consiglio Ue formalizzano la nomina di Giovanni Buttarelli come
Garante europeo della protezione dei dati per i prossimi 5 anni. Wojciech Wiewiórowski è nominato Garante
aggiunto (3 dicembre). Versace, ancora Madonna - Per la quarta volta la maison sceglie la star come
testimonial della propria comunicazione. La nuova campagna pubblici taria è realizzata a New York da Mert
Alas e Marcus Piggott (4 dicembre). Dentsu Aegis Network acquisisce Tempero - Dentsu acquisisce
Tempero, agenzia con gare in Gran Bretagna e composta da 160 esperti di social media strategy (4
dicembre). Coca-Cola si racconta Coca-Cola Italia debutta nel brand publishing lanciando Coca-Cola
Journey. Un sito concepito come un magazine, con tante foto, video, notizie e articoli che spaziano
dall'alimentazione ai temi sociali, dallo sport all'attualità. Con Journey l'azienda, presente nel nostro Paese da
70 anni, vuole raccontarsi, diventare una fonte affidabile e dare voce ai consumatori (4 dicembre). Edison
inaugura la Scala - Per il secondo anno consecutivo il gruppo dell'energia è il partner principale della serata
del 7 dicembre. E racconta con una campagna pubblicitaria come dal 1883, anno della sua nascita,
contribuisce a illuminare la Scala, adesso puntando sulla tutela dell'ambiente e il risparmio energetico (7
dicembre). Telethon torna in tivù - Torna la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi della Fondazione
Telethon, dall'8 al 14 dicembre (8 dicembre). Richard Branson testimonial - Per la prima volta l'imprenditore
presta il proprio volto alla promozione dell'emittente Virgin Radio. Creatività, produzione e planning sono
curate da Gruppo Finelco (9 dicembre). Seat Pg, 'Adv on Facebook' - Seat Pg lancia un'offerta per le piccole
e medie imprese di pianificazione di vere campagne di pubblicità su Facebook (10 dicembre). Spike Lee si
racconta - Il regista afroamericano è il protagonista della serata sotto l'insegna del Gioco Serio dell'Arte,
ideata e condotta da Massimiliano Finazzer Flory in collaborazione con il Gioco del Lotto e con la
Soprintendenza speciale per il patrimonio storico artistico per il Polo museale della Città di Roma (10
dicembre). Luxleaks tira in ballo Telecom Italia, Skype e Walt Disney - Nuove rivelazioni sul caso Luxleaks,
l'inchiesta sugli accordi fiscali vantaggiosi che multinazionali avrebbero raggiunto con il Lussemburgo, tra il
2003 e il 2011, durante il governo di Jean-Claude Juncker. Tra le 35 nuove aziende citate nei documenti
ottenuti dal Consorzio internazionale dei giornalisti di inchiesta figurano anche Skype, Walt Disney, Telecom
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Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015 - diario 2014
Pag. 228
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Italia (10 dicembre). Galleria d'arte all'aperto - A Brescia 24 giovani artisti hanno lavorato per trasformare in
opere d'arte le centraline di Fastweb disseminate in tutta la città (la società ha posato infatti centinaia di
chilometri di fibra ottica). 'En Plein Art' è stata organizzata da Fastweb, in collaborazione con il Comune e la
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici (10 dicembre). Il progetto SpecialMente di Bmw - La
casa automobilistica, che ha fatto della social responsability il segno distintivo della sua comunicazione
istituzionale, allarga il suo impegno a Dynamo Camp (11 dicembre). 150 ritratti per celebrare Italcementi - In
occasione dei suoi 150 anni, Italcementi presenta 'Faces and Places', un volume fotografico con immagini
provenienti dai 22 Paesi in cui il gruppo è presente. Scatti in bianco e nero, realizzati da fotografi locali
amatoriali e professionisti. Protagonisti delle immagini, persone al lavoro nelle cementerie, nei siti estrattivi,
nelle centrali idroelettriche, come negli uffici amministrativi e nei centri di ricerca. Il libro è realizzato dalle
edizioni arcVision, lo strumento editoriale attraverso il quale Italcementi dialoga con il mondo, in particolare
quello dell'architettura (16 dicembre). Mostra-gioco per scoprire l'energia - Inaugurato il percorso per i
bambini studiato dagli ingegneri di Edison in collaborazione con il Museo dei Bambini di Milano (18
dicembre). Malfetti alla Poligrafici Editoriale - Massimo Malfetti, attuale presidente di Fcp-Assoquotidiani,
ritorna in Poligrafici Editoriale e assume l'incarico di sviluppare l'attività commerciale-pubblicitaria del gruppo
(18 dicembre). Pubblicità su Internet, +5,6% - L'Osservatorio Fcp-Assointernet comunica i dati di fatturato per
il periodo gennaio-novembre 2014, raffrontati allo stesso periodo del 2013. Complessivamente il mezzo è
cresciuto del 5,6%, con web a +4,4%, mobile +41,2%, tablets +0,7%, smart tv/console +19,8% (22 dicembre).
Vuitton arruola Connelly per l'adv - Debutto social per la campagna pubblicitaria pri mavera/estate 2015 di
Louis Vuitton, le cui prime immagini sono state pubblicate su Instagram. Accanto alle top model del momento
comparirà l'attrice Jennifer Connelly, già musa di Ghesquière ai tempi di Balenciaga (30 dicembre).
Foto: Marco Sala, ad di Gtech.
Foto: Massimo Doris, ad di Banca Mediolanum.
Foto: Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell'Upa. Simonetta Gola, responsabile comunicazione di
Emergency. Simonetta Consiglio, direttore marketing comunicazione e Csr di Sisal.
Foto: Marco Testa, presidente di AssoCom. Nicola Novellone, direttore brand & advertising di Vodafone.
Foto: 'La strada dritta', la fiction per celebrare i 50 anni dell'Autostrada del Sole. Orazio Carabini, direttore
comunicazione di Fs. Pietro Maranzana, cco di Sky Italia.
Foto: Patrizia Rutigliano, direttore comunicazione di Snam. Vittorio Meloni, direttore Relazioni esterne di
Intesa Sanpaolo.
Foto: Il presidente di Banca Popolare di Vicenza, Gianni Zonin (a sinistra), con l'amministratore delegato del
gruppo, Samuele Sorato. Ryan O'Keeffe, direttore Comunicazione Holding di Enel. Roberto Olivi, direttore
comunicazione di Bmw Italia.
Foto: 'Affari tuoi Speciale Telethon': da sinistra, Luigi Gubitosi, direttore generale Rai, Flavio Insinna, Luca di
Montezemolo, presidente di Telethon, e Fabrizio Rizzi (foto Marco Quadrini). Sergio Crippa, direttore
Comunicazione e Immagine Italcementi. Andrea Prandi, direttore Relazioni Esterne e Comunicazione di
Edison.
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ADV - N.10 - dicembre 2014
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(diffusione:3000)
Quasi 9 professionisti su 10 (86%) che operano nei comparti del marketing, dell'editoria, delle agenzia media
e creative in Spagna, Italia e Portogallo ritengono che il programmane buying sia il futuro dell'advertising
digitale. Questo è quanto emerge dalla ricerca "Come e perché il programmatic buying sta vivendo una
crescita esponenziale nel real-time marketing", nella sua parte fecalizzata sul Sud Europa. La ricerca,
realizzata da HiMedia, network leader europeo nel digitai advertising, e AppNexus, società tecnologica
indipendente del settore, in collaborazione con WARC e IAB Europe, ha analizzato 660 risposte complete da
parte degli interlocutori sopra indicati, per scoprire che cosa pensa veramente il mercato degli aspetti
fondamentali che ruotano intorno al programmatic buying. In Europa nel 2013, infatti, c'è stato un incremento
dell'11% degli investimenti in digitai advertising rispetto al 2012, per un giro d'affari complessivo di 27,3
miliardi di euro, ma esistono ancora molte barriere nell'adozione del programmatic buying nei tre paesi citati,
sia per carenza di comprensione da parte di coloro che operano nella pubblicità, sia per mancanza di budget.
Infatti, solo il 38% delle organizzazioni sud europee utilizza il Programmatic rispetto al 47% nel resto
d'Europa. A questo proposito, secondo la ricerca, il budget non è più considerato dagli operatori sondati un
fattore determinante per il successo delle campagne. Sono piuttosto il targeting e la visibilità a essere
diventati obiettivi primari per le organizzazioni del Sud Europa. L'acquisto programmatico risponde proprio a
queste necessità, grazie a un miglioramento del targeting e a una reattività in tempo reale, percepiti
rispettivamente dal 47 e dal 38% delle organizzazioni come i principali vantaggi del Programmatic. Lo studio
indica però anche gli attuali colli di bottiglia - quali la disponibilità di skill specifici e le "lotte" per l'allocazione
dei budget - che stanno ostacolando la crescita del programmatic nell'Europa meridionale. In particolare
viene evidenziato un deficit, definito "severe", nel planning strategico: solo il 28% delle organizzazioni
(aziende, agenzie ed editori insieme) ha implementato una strategie specifica per la attività di programmatic.
Un numero che appare decisamente modesto se paragonato al 42% della media europea.
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PROGRAMMATIC: FUTURO DEL REAL TIME ADVERTISING ANCHE IN
SUD EUROPA
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ADV - N.10 - dicembre 2014
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Andrea Di Fonzo è il nuovo Managing Director di Mediacom
L'ingresso di Andrea Di Fonzo in Mediacom va a rafforzare il team guidato dal Ceo Zeno Mottura, in un
momento di forte crescita dell'Agenzia che ha conquistato la fiducia di importanti clienti nel corso del 2014.
All'interno del nuovo ruolo Di Fonzo avrà la responsabilità diretta del team dedicato a Nestlè Italia, cliente
acquisito da poco da Mediacom, oltre a potenziare la vision di Mediacom nell'area digitai. La nomina di Di
Fonzo conferma il deciso commitment delle Agenzie di GroupM verso il digitale e l'innovazione, e si inserisce
all'interno del cosidetto "agency empowerment", il "nuovo corso" di GroupM finalizzato a garantire maggiore
vicinanza e forza nei servizi al cliente. Andrea Di Fonzo è entrato in GroupM nel 2007 e dal 2010 ricopre il
ruolo di Chief Digital Officer. Membro del board di GroupM Digital EMEA e di H-ART, è stato in passato
consigliere di IAB e di Audiweb. È Docente di Industry Structure of Digital Communication alla Bologna
Business School. Il passaggio di Di Fonzo in Mediacom si affianca all'ulteriore crescita della prima linea
digitale di GroupM, guidata da Paola Colombo (Managing Director di Xaxis), Giovanna Loi (Head of Digital
Trading e Programmatic), Andrea De Togni (Head of Data & i ech) e Gianpaolo Vincenzi (Managing Director
di Quisma).
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DALLE MEDIA AGENCY
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ADV - N.10 - dicembre 2014
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LA CARICA DEGLI YOUTUBER
FABIO SARPA
Cambiano i tempi, cambiano i miti: protagoniste di oggi sono le Web Star, figure giovani, simpatiche,
divertenti e autoironiche che popolano le più seguite pagine social. Meglio però non sottovalutarle: il
fenomeno è sempre più in ascesa, e quello di "YouTuber" sta diventando un vero e proprio lavoro, capace di
influenzare intere generazioni di utenti. > Non deve essere facile per gli adulti ' capire i giovani d'oggi. Anche
solo rispetto a vent'anni fa è cambiato tutto, dalle tecnologie a disposizione all'interconnessione sociale, dai
media all'intrattenimento. Un modo piuttosto interessante per provare a comprendere quanto i più piccoli
siano diversi da noi sarebbe provare a fare qualche domanda sui propri miti del mondo dello spettacolo.
Provare a chiedere a un qualsiasi quindicenne quanto ne sappia, ad esempio, di Mike Bongiorno
(ottimisticamente parlando, un personaggio che dovrebbero conoscere tutti), un conduttore a cui la
televisione italiana deve molto. Molto probabilmente, non tanto. Provate invece a chiedere a questo
fantomatico quindicenne chi siano, anche se sconosciuti alle vostre orecchie, Favij, o Francesco Sole.
Sicuramente la mole di informazioni che riceverete su questi due personaggi sarà molto diversa. E questo
perché Favij, Francesco Sole, Frank Matano, Cliomakeup (e chi più ne ha più ne metta) non appartengono al
mondo della tv, e, se vi appartengono, vi sono sbarcati dopo aver conquistato fama e gloria sul vero media
dei più giovani, YouTube. Li chiamano YouTuber, sono Web Stars, e, agli occhi dei più giovani, sono i veri
protagonisti del mondo dello spettacolo. Caratteristiche comuni sono la giovane età, l'altrettanta giovinezza
del proprio pubblico, il numero spropositato di iscritti al canale e l'incredibile numero di visualizzazioni dei
propri video. Tanto che, da passatempo, queste attività spesso si trasformano in vere e proprie fonti di
guadagno. E qui gli ingredienti del successo sono piuttosto semplici: una piccola telecamera, un argomento a
scelta, sincerità, ironia, originalità e un linguaggio giovanile. 115 minuti di celebrità sono finalmente alla
portata di tutti. GLI YOUTUBER, QUI E ALTROVE Non è facile diventare YouTuber di successo. L'assioma
che vede nella democrazia il più sacro dei valori del mondo digitale fa sì che tutti possano, in (quasi) eguai
misura, concorrere alla celebrità. Aumentano gli avversarsi con cui sgomitare, e nonostante l'immensità degli
spazi, il margine di manovra sembra ridursi, lì dove tutto sembra già visto, già fatto, già di successo. Quello
che forse caratterizza più di tutto il resto il successo delle Web Star risulta essere la capacità di parlare a
giovani e giovanissimi. Non tutto quello che si vede online è originale (sarebbe quasi impossibile): tuttavia gli
YouTubers attirano pubblico proprio per il fatto che sono linguisticamente comprensibili, sentendoli più vicini a
se stessi (più vicini, magari, di un adulto che parla dell'adolescenza ai tempi dello smartphone). Questo non è
di poco conto: ai tempi della rete, dell'estrema sincerità, della trasparenza e del rapporto diretti con gli utenti,
la vicinanza è tutto. Basti pensare al caso di Jenna Marbles, 28enne newyorkese, trasferitasi in California
dopo essere diventata una delle donne più famose del web. La giovane è diventata nota agli utenti americani
grazie ai suoi video, piuttosto artigianali, dove racconta della sua vita con chiacchiere senza copione e
solamente una telecamera puntata sul suo volto. È stata la spontanea comicità, condita con una buona dose
di autoironia e il look acqua e sapone, a trasformare Jenna Marbles in una celebrità: basti pensare che il suo
canale YouTube conta oltre 14 milioni di iscritti, mentre i suoi video hanno già superato 1,6 miliardi di
visualizzazioni, che le valgono uno stipendio da manager (7Smila dollari al mese, secondo SocialBlade).
Senza contare i fan su Facebook, i follower su Twitter o le amicizie su Instagram. Niente di trascendentale,
quindi, niente grandi produzioni in studio, niente effetti speciali né grandi prestazioni da star di Hollywood.
Non tutti gli YouTubers, però, hanno fatto successo in questo modo: il canale con più iscritti al mondo risulta
infatti essere PewDiePie, alias Felix Kjellberg, che ha conquistato lo scettro degli YouTubers di tutto il globo
grazie alle sue recensioni dei nuovi videogiochi sul mercato. Anche qui, i numeri sono da capogiro: quasi 33
milioni di iscritti al canale (per intenderci, più degli spettatori della finale dei mondiali del 2006), qualcosa
come 6 miliardi e mezzo di visualizzazioni ai video complessive, e 4 milioni di dollari di guadagno ogni anno,
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SOCIAL
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come ha stimato il Wall Street Journal, che ha dedicato numerose pagine al giovane svedese. Qui in patria i
numeri sono, ovviamente, più piccoli. Tuttavia di YouTubers italiani di successo ce ne sono, e stanno
conquistando rapidamente la ribalta delle nostre cronache. Gli iscritti, il numero di visualizzazioni, i fan sui
vari social sembrano, in confronto ai big americani, piuttosto modesti. Basti però pensare che ci troviamo in
Italia, che la lingua in cui si esprimono i giovani talenti del "tubo" la parliamo solo noi, che, tutto sommato, il
web odierno è nato quasi completamente negli States, arrivando qui da noi con qualche anno di ritardo. E
così il quasi 1 milione e 400mila iscritti al canale di Favij non sono affatto pochi, come il quasi milione di Frank
Matano, gli oltre 700mila di Yotobi e i 600mila di Daniele Doesn't Matter. Tutti i numeri a sei cifre, se non
sette, che fanno di questi giovani attori i protagonisti della rete digitale italiana. Tanto che, all'ultimo IAB
Forum, uno dei più autorevoli appuntamenti annuali italiani sulla comunicazione digitale, è intervenuto
nientemento che lo YouTuber più seguito d'Italia (Favij, appunto), a fianco a un nome come quello di Roberto
Saviano. Insomma, non esattamente "uno qualunque", anch'egli, per altro, una web star sebbene più
"matura" per età e per ruolo. Il futuro dello spettacolo e della comunicazione sembra risiedere, quindi, nei
video artigianali pubblicati sul servizio di broadcasting da giovani autori. Per conoscere ancora di più il
fenomeno, però, risulta interessante andare a guardare di cosa si occupano questi giovani YouTubers.
Partiamo ovviamente dal più famoso: al secolo Lorenzo Ostuni, Favij si potrebbe definire prima di tutto
"gamer". Come per PewDiePie, i videogiochi sono il leitmotiv di tutti i video del giovane piemotese, trattati
ovviamente in chiave ironica e divertente; non sembra quindi essere un caso, vista la crescente popolarità di
questo settore, che il più famoso YouTubers a livello mondiale e il più famoso italiano si occupino di questo.
Si slega invece dal settore del gaming Frank Matano, sbarcato sia in televisione sia al cinema, ma partito da
un irriverente canale YouTube di scherzi telefonici. Yotobi si occupa, invece, di cinema: è interessante
pensare come uno dei maggiori influencer italiani in fatto di grande schermo parli solo a un pubblico digitale.
E il suo non è pubblico ristretto, visto il numero degli iscritti al suo canale. Infine, impossibile non citare la
famosissima Clio Zammatteo, alias ClioMakeUp, nota al pubblico digitale italiano grazie ai suoi consigli e i
suoi tutorial dedicati al makeup, e conduttrice di un noto proramma su Sky. IL SUCCESSO, DALLONUNE
ALLOFFLINE "Gli ingredienti principali del successo delle Web Stars? Innanzitutto, il linguaggio", sostiene
Luca Casadei, Fondatore di Web Stars Channel (l'agenzia di talent managing che ha contribuito a lanciare,
tra i tanti, proprio Favij). "Se prendete un ragazzo e lo mettete a guardare un tg in tv, si annoierà, non capirà
nulla. Se le stesse notizie le desse una web star le ascolterebbe, ci s'identificherebbe. Importante, poi, il
sapore/montaggio video home made: le web star si pongono in modo semplice (e vero) davanti ai loro fan e li
mettono in condizione, se lo vorranno un domani, di potersi mettere in gioco anche loro diventando content
creator (creatori di contenuti), con pochissimi mezzi finanziari (una webcam da 10 euro, un pc e una
connessione). Su YouTube basta aver voglia e s'impara tutto. Se qualcuno incontra un famoso personaggio
della tv per strada, avrà soggezione ad avvicinarlo perché si sente distante da lui, mentre se un fan incontra
una web star, lo abbraccia come se fossero amici da una vita, perché si sentono vicini a lui". Ottavio Nana,
Managing Director di We Are Social, coglie invece un'altro aspetto nella crescita di popolarità delle Web
Stars: "Non credo molto nella distinzione del mondo online e offline: internet è un elemento fondamentale
della società in cui viviamo. Quindi le web star hanno così tanto successo perché semplicemente sono
persone che sanno sfruttare al meglio le opportunità che internet offre loro e evidentemente capiscono il
modo, le persone e ciò che interessa loro più di altri. Quello che è cambiato in modo sostanziale è il controllo:
nel passato le celebrity erano decise quasi sempre a tavolino da agenti ed editori, oggi molte di loro hanno la
possibilità di affermarsi da sole, i media spesso arrivano solo dopo, valorizzandone la presenza anche su
canali più tradizionali". Come accennato in precedenza, spesso i fenomeni del web non rimangono tali a
lungo. Se, da un lato, Frank Matano è sbarcato sul grande schermo, Clio Zammatteo conduce con successo
un programma tutto suo sul network di Sky (sempre, ovviamente, dedicato al makeup), mentre Francesco
Sole è diventato protagonista sia con alcuni spot, sia con un libro. Come inquadrare, quindi, questo
fenomeno? Quali sono le ripercussioni sui media tradizionali? Sono i canali tradizionali che si appropriano di
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un contesto digitale, o è il web che sta cambiando tutti gli altri media? "Direi entrambe le cose", afferma
Gabriele Cucinella, Managing Director, insieme a Ottavio Nana, di We Are Social. "I canali tradizionali devono
continuamente offrire ai propri spettatori i contenuti più interessanti, se questi provengono dal web è naturale
che la ricerca parta da lì, poi certo il personaggio deve funzionare, essere una personalità online è parecchio
diverso da esserlo su uno schermo Tv, non tutti hanno le caratteristiche giuste. Il web dal canto suo sta
cambiando i media, le persone abituate ormai a partecipare attivamente non si accontentano più di fruire un
contenuto passivamente e così la Tv si deve adeguare; la stessa cosa vale per i personaggi, se online posso
interagire ogni giorno con loro e sentirmi parte di una community perché dovrei accontentarmi di guardarli
solo attraverso uno schermo?". È di avviso diverso invece il fondatore di Web Stars Channel. "La tv è carente
di contenuti, perde audience mentre il web aumenta, la gente che vuole vivere la vita vera va su YouTube e
su Facebook. La tv un tempo comprava o creava nuovi format, adesso pensano di risolvere il problema
prendendo web stars. Quello che non hanno ancora capito è che il web ha un ritmo, una grammatica e un
packaging diversi, quindi non bisogna pensare di mettere un fiocchetto televisivo a una web star per fare
share. I comuni mortali (la fanbase) che guardano i loro ragazzi della porta accanto (le web star), se vedono
un contenuto troppo televisivo non riconosco il loro beniamino e se viene fatto troppo web, rimangono a
vederlo su internet. La tv cambierà quando saprà matchare i due valori". UN BUSINESS ASCENDENTE La
nascita del fenomeno delle Web Star non può essere collocata in una data storica precisa. Questi personaggi
delle rete sono esistiti fin dagli albori di YouTube, nato nel 2005. Qualcuno ha sicuramente fatto e postato
video artigianali fin da subito. Tuttavia potremmo dire che la carriera di YouTuber nasce nel maggio del 2007,
grazie all'introduzione del programma di partnership: dopo avere accolto le pubblicità nei video professionali,
la piattaforma allarga la possibilità ai creatori indipendenti più seguiti, aprendo l'era delle star di internet. In fin
dei conti, l'idea alla base dell'accordo stipulato tra YouTube e gli utenti è piuttosto semplice: chi carica video
originali può stipulare un contratto per consentire di inserire spot pubblicitari e iniziare a guadagnare; dei
ricavi, Google ne trattiene il 45%, mentre il resto va all'autore del video. Rimane comunque difficile stabilire
con precisione l'entità dei guadagni, che dipendono dal tipo di pubblicità (banner o video) e di posizione della
stessa sulla pagina, dal paese di appartenenza, dal prezzo di vendita della campagna stessa. Tuttavia, come
specificato per i più famosi YouTuber americani, e visti i ricavi stessi di quelli nostrani, i guadagni sono, in
caso di successo e di un buon seguito, importanti. Questo però è un business anche per le aziende, un
nuovo modo di fare pubblicità, più virale, più tecnologico, che sta acquisendo un'enorme importanza, e che
sta concorrendo addirittura con il monolitico spot televisivo. Una risorsa importante, questa, per le aziende, in
un'ottica puramente commerciale ma anche un'arma a doppio taglio: l'inserimento brutale di prodotti in alcune
clip potrebbe rivelarsi a volte controproducente (si sa, la rete non perdona il minimo passo falso). Come
possono quindi i brand sfruttare al meglio tutto questo? È veramente possibile farlo? "Le web star hanno un
rapporto molto trasparente con il loro pubblico, la loro più grande ricchezza è la reputazione (la credibilità)",
precisa Luca Casadei. "Se non li prendi in giro, non si ribellano. Se un'azienda vuoi fare un'attività di
placement, lo può fare, e ottenere redemption significative. Molte aziende ci contattano quotidianamente e
creiamo a quattro mani dei progetti interessanti. Abbiamo sempre superato i KPI". "In questi ultimi anni, ci
sono stati diversi esperimenti più o meno interessanti di partnership tra brand e celebrity online", sostiene
invece Stefano Maggi, il terzo Managing Director di We Are Social. "Il product placement è la soluzione più
scontata ma appunto la più rischiosa. Solo se c'è grandissima affinità tra brand, prodotto, celebrity in
questione e community di riferimento può funzionare, altrimenti il rischio "marchetta" è altissimo e viene
percepito anche peggio della pubblicità tradizionale. C'è poi anche il rischio che la celebrity cannibalizzi la
notorietà della marca o addirittura possa influenzarne negativamente la percezione in alcuni casi. Il ruolo
dell'agenzia che conosce molto bene il brand e il business del cliente è fondamentale, nella scelta e
misurazione (anche quantitativa) del potenziale di un testimonial ma soprattutto nella strategia e
nell'ideazione creativa del contenuto, in modo da renderlo rilevante per la community di riferimento ed
efficace per la marca. La formula migliore è quindi una vera e propria collaborazione tra brand, agenzie e
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celebrity".
Foto: Gabriele Cucinella, Ottavio Nava e Stefano Maggi Managing Director We Are Social
Foto: Luca Casadei Fondatore Web Stars Channel
Foto: Daniele Doesn't Matters Frank Matano
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Engage.it
Sito Web
Pubblicità mobile a 302 milioni nel 2014. Il futuro è data-driven
Secondo l'Osservatorio Mobile Marketing & Service del Politecnico di Milano, lo scorso anno il mobile adv è
cresciuto del 48%. L'ulteriore salto di qualità passa da una maggiore presenza delle campagne di brand e da
un uso più efficace dei dati in termini di targeting e modelli di attribuzione
Un settore ancora immaturo ma in forte crescita, della quale al momento beneficiano soprattutto Google e
Facebook, e in cui la strada per il salto di qualità passa inevitabilmente da un maggior sviluppo delle
campagne di brand (specialmente video) e da un uso più efficace dei dati.E' questo, in estrema sintesi, il
quadro del mercato della pubblicità mobile tracciato stamattina da Marta Valsecchi, Responsabile della
Ricerca dell'Osservatorio Mobile Marketing & Service della School of Management del Politecnico di Milano,
giunto all'ottava edizione e caratterizzato dal titolo "la partita si fa seria", alludendo alla consapevolezza che le
aziende italiane sembrano aver maturato per la portata della rivoluzione in atto sulla spinta dei nuovi
device.La curva di crescita del mercato del mobile advertising nel 2014 conferma questa crescente
convinzione: lo scorso anno, secondo gli ultimi calcoli dell'Osservatorio, gli investimenti in comunicazione su
smartphone e tablet hanno superato i 300 milioni di euro, registrando un incremento del 48%. La spesa adv
su mobile nel 2014 ha così raggiunto il 15% dell'internet advertising (solo due anni fa era il 5%) e il 4,5% del
totale mezzi (nel 2012 valeva l'1%). Cifre finalmente significative, e tuttavia ancora lontane da quelle
registrate in mercati più maturi come quello americano (dove la spesa pubblicitaria per utente è otto volte più
alta), britannico (6 volte più alto) o giapponese (2,5 volte maggiore).Tra le tipologie pubblicitarie, l'sms è una
componente ormai marginale, totalizzando il 3% degli investimenti; la search (o keyword advertising, per
usare la definizione usata in presentazione) vale il 40% del totale ed è la componente che cresce di più.
Nell'ambito del display, che catalizza il restante 57% degli investimenti, si identificano in particolare due driver
di crescita: in primis il ricorso sempre più massiccio al rich media e in particolare al video, che consente agli
investitori televisivi di ottenere una reach incrementale sui "light viewers" per i propri spot, senza eccessivi
sforzi creativi. In secondo luogo la crescita degli investimenti sui social, raddoppiati nel corso del 2014. «Tra i
nuovi fronti di sviluppo, oltre al Native, possiamo mettere anche audio adv, voice adv e la pubblicità su nuovi
spazi, come il lock screen», ha aggiunto Marta Vasecchi.Il mercato italiano, come ha spiegato Marta
Valsecchi, al momento appare fortemente concentrato, a livello sia di offerta sia di domanda. "Lato offerta", il
75% degli investimenti è diretto nelle mani di Google e Facebook, che complessivamente crescono di quasi il
60% (e quindi più della media) nell'ultimo anno; "lato domanda", oltre il 60% degli investimenti riguarda le
aziende che fanno vendita diretta tramite il canale Mobile, per esempio quelle che commercializzano app o
contenuti dedicati al mezzo. Ma qualcosa sta cambiando.«La maggioranza degli investimenti su mobile», ha
affermato Marta Valsecchi, «rimane legata a obiettivi di performance, ovvero lead generation, download di
app, iscrizione a newsletter, vendita. Nel 2014 sono però cresciute in maniera significativa anche le
campagne con obiettivi di branding». Una tendenza che connota questa crescita è un cambiamento nel
merito di questi investimenti. Mentre fino a poco tempo fa la spesa in mobile da parte delle aziende era
sostanzialmente ricavata da budget residuali destinati in modo dedicato al mezzo, oggi questo beneficia della
logica sempre più integrata delle pianificazioni digitali, abilitata in particolare da quei player che, come Google
e Fabebook, offrono prodotti pubblicitari cross-channel.Un altro trend emergente su cui si è soffermata la
ricercatrice è lo sviluppo del programmatic advertising anche su mobile, non solo in termini di investimenti ad
hoc, ma soprattutto in una logica di pianificazione multicanale. Marta Valsecchi ha, in proposito, anticipato
l'intenzione di avviare una quantificazione della componente mobile del Programmatic nella prossima release
delle stime del mercato, la cui prima edizione, realizzata in collaborazione con IAB Italia, è stata presentata
allo scorso IAB Forum.Ma l'ambito di innovazione più rilevante che guiderà la crescita del mercato nei
prossimi anni riguarda sostanzialmente l'ambito dei dati essendo, secondo Marta Valsecchi, «la possibilità di
sfruttare le enormi potenzialità di profilazione del mobile non disponibili su altri canali, ad esempio il geoIAB ITALIA - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Mobile
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Engage.it
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behavioral targeting», insieme con «lo sviluppo di sistemi di tracciamento e di modelli di attribuzione diversi
da quelli attualmente utilizzati, in grado di definire il ruolo che ogni media gioca nel determinare l'acquisto
finale, on e offline».In generale, sul ruolo giocato dal mobile nel processo d'acquisto non ci sono più dubbi.
Come emerso sempre nell'ambito dell'Osservatorio, lo smartphone è il miglior amico dello shopping: 3
navigatori via Smartphone su 4 lo utilizzano all'interno del processo d'acquisto, per informarsi dentro e fuori i
punti vendita. Tra le attività più frequenti via mobile prima dell'acquisto ci sono la raccolta di informazioni
(66%), confronto prezzi (66%), confronto tra alternative di prodotto (63%), ricerca delle promozioni (56%).Le
aziende, dal canto loro, sono sempre più consapevoli che il Mobile sia un touchpoint necessario nelle
strategie di relazione e fidelizzazione dei consumatori. Crescono quindi gli investimenti e l'attenzione anche
dei vertici aziendali. «L'anno di svolta è stato il 2014», ha spiegato Andrea Boaretto, responsabile della
Ricerca. «Ora le aziende stanno maturando la piena consapevolezza della necessitò di avere un approccio
strategico al mobile, nell'ottica si un approccio strategico alla multicanalità. Alcuni settori in particolare hanno
già maturato una vision e l'hanno resa operativa, come i pure player del mondo ecommerce, nei quali il
mobile guida le scelte di investimento in termini di sviluppo, design, usability».I retailer tradizionali, invece, si
stanno interrogando su quale possa essere la reason why per i propri consumatori nell'uso del mezzo. «In
questo settore, tuttavia, abbiamo rilevato una crescente attenzione verso il potenziamento della shopping
experience dei consumatori, in particolare all'interno del punto vendita», ha detto Boaretto. Due fenomeni
nuovi, ma che riscuotono grande interesse da parte dei consumatori, sono mobile couponing e volantini
digitali.
ADVERTISING ONLINE
40 articoli
30/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 12
(diffusione:334076, tiratura:405061)
A System la raccolta dei siti di Fox in Italia
Fox International Channels Italy ha scelto di affidare, a partire da febbraio, la raccolta pubblicitaria dei siti dei
suoi canali televisivi a WebSystem, divisione digital di System, la concessionaria pubblicitaria del Gruppo 24
Ore. L'offerta Fox propone canali televisivi di intrattenimento e sport presenti nei bouquet di Sky e Mediaset
Premium. Tali canali tv hanno dei corrispettivi siti Internet: foxtv.it, foxlife.it, foxcrime.it, foxcomedy.it,
foxanimation.it e foxsports.it. Il profilo degli utenti del network è composto per il 53% da uomini e per il 47%
da donne in una fascia d'età compresa tra i 18 e i 44 anni, laureati, manager, professionisti, imprenditori e
studenti.
«Inutile dire che nel 2015 avere una declinazione forte sul web, per una media company come Fox, è
d'obbligo. L'assegnazione a WebSystem della raccolta dei nostri siti si inserisce all'interno di un più ampio
progetto di riposizionamento della nostra presenza sul web e della nostra digital strategy», commenta
Alessandro Militi, Vice President Marketing & Ad Sales di Fox International Channels Italy.
«Con l'acquisizione dei siti Fox - commenta Luca Paglicci, direttore WebSystem - il network WebSystem
rafforza ulteriormente la propria presenza sul fronte web dei canali televisivi proponendo un'offerta completa
che spazia a 360 gradi dall'informazione di Sky.it all'intrattenimento intelligente e di successo di Fox fino al
lifestyle di DeAbyDay.tv. Tramite il Network Fox in particolare offriremo la possibilità di associare il proprio
brand ai programmi più amati dal pubblico, garantendo per qualsiasi target una serie di format di grandissimo
successo».
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Gruppo 24 Ore
30/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 12
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Nel 2014 impennata del mobile advertising
A. Bio.
MILANO
Quello della pubblicità su smartphone e tablet è uno di quei casi in cui è lecita la domanda: vale più quel che
si è fatto o quello che si potrebbe fare? Perché in effetti nel 2014 il cosiddetto mobile advertising è salito del
48% rispetto al 2013, a quota 302 milioni di euro, proseguendo a ritmo di cavalcata: nel 2011 la torta era di
57 milioni. E così l'incidenza di questa componente sulla sola pubblicità sul web è balzata al 15% (era il 5%
nel 2012). Nonostante questo, si parla però di una fetta grande il 4,5% della pubblicità totale in Italia: non
tantissimo quindi.
Quelli diffusi ieri dal Politecnico di Milano sul mobile advertising sono comunque numeri che fotografano una
realtà con la quale occorre fare i conti. Del resto, se i dispositivi mobili sono diventati così importanti - la
stessa Audiweb ha stabilito che a novembre giornalmente 17,8 milioni hanno navigato da smartphone e
tablet, a fronte dei 12 milioni collegati da Pc - allora da lì investitori e pianificatori devono passare. Anche
perché la parte in crescita del mobile advertising è legata ai video. E su questo gli spazi di manovra per
investitori, pianificatori ed editori al momento non sembrano pochi. «Gli spazi di crescita ci sono, ma occorre
un salto culturale da parte di tutti, anche degli editori. L'esperienza ci conferma che non si può approcciare il
mobile con formati tradizionali», commentano Marta Valsecchi e Andrea Boaretto, Responsabili della Ricerca
dell'Osservatorio Mobile Marketing & Service. Una postilla, non banale: oltre i tre quarti del mercato della
pubblicità su telefonini e tablet sono nelle mani di Google e Facebook.
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Pubblicità . Polimi
30/01/2015
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
L'addio del padre di tutti i blogger "Stanco del web torno alla vita reale"
FEDERICO RAMPINI
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK SMETTO di scrivere questo blog, sono saturo della vita
digitale. Voglio tornare nel mondo reale. Leggere lentamente, attentamente. Scrivere un libro».
Questo addio alla Rete fa scalpore. A PAGINA 22 CON UN ARTICOLO DI ANDREW SULLIVAN NEW
YORK. «Smetto di scrivere questo blog, sono saturo della vita digitale. Voglio tornare nel mondo reale.
Leggere lentamente, attentamente. Scrivere un libro». Questo addio alla Rete fa scalpore. A dare l'annuncio
è il padre di tuttii blogger, un vero pioniere del giornalismo online. Andrew Sullivan, 51enne inglese, residente
da una vita a Washington, con una lettera aperta ai propri seguaci (almeno un milione al mese) chiude 15
anni di lavoro nella blogosfera. Lo fa con un gesto clamoroso, che sa quasi di abiura. Perlomeno un
ripensamento, una presa di distanza da questa forma di comunicazione ultra-veloce, sintetica, sincopata.
Moderna, certo, non per questo migliore.
«Sono un essere umano - scrive Sullivan- prima di essere un autore. Sono uno scrittore prima di essere un
blogger. Anche se è stato un privilegio aver contribuito da pioniere alla diffusione di questo nuovo modo di
scrivere, sento il bisogno di altre forme, più antiche. Voglio avere un'idea e lasciare che prenda forma
lentamente, invece di metterla subito sul blog. Voglio scrivere lunghi saggi che rispondano in modo più
approfondito e più sottile alle questioni che si sono presentate in questi anni».
L'addio al digitale e alla blogosfera non nasce da delusioni.
Sullivan se ne va quando ancora è all'apice della sua carriera. Il suo Daily Dishè stato davvero un modello
inedito, imitato da tanti. «Piatto quotidiano», è la traduzione letterale della testata, che fin dall'origine ebbe
l'ambizione di offrire un conc e n t r a t o a u t o s u f f i c i e n t e d'informazione e commento (ma anche con
una strizzatina d'occhio alle tecnologie visto che dish può indicare la parabola satellitare). Primo blog politico,
fu creato nel 2000, «in un'epoca in cui dovevo spiegare a chiunque incontrassi il significato della parola
blog», ricorda Sullivan. L'autorevolezza iniziale veniva dalla caratura di Sullivan, già celebre saggistae
commentatore politico per il settimanale The New Republic . Dish ebbe il suo battesimo di fuoco nel
novembre del 2000 con la contestatissima sfida tra George Bush e Al Gore, le irregolarità nello scrutinio in
Florida, la sentenza della Corte suprema che "regalò" la Casa Bianca al repubblicano.
Poi «abbiamo vissuto insieme in presa diretta l'11 settembre», ricorda ancora Sullivan nel suo commiato. Il
suo seguito continuava ad allargarsi, Dish venne ospitato sui siti Internet del magazine Time , poi The Atlantic
, quindi The Daily Beast . Fino a spiccare il volo da solo, quando Sullivan trasformò il suo blog in un media
indipendente.
Due anni fa, l'appello ai lettori per il "crowdfunding" ebbe un risultato trionfale: 30.000 abbonati, un milione di
contatti al mese e un milione di dollari di fatturato all'anno, una crescita annua del 17%. Altri hanno raggiunto
dimensioni superiori, come The Huffington Post , ma allargando i contributi dei blogger a tematiche
generaliste: dal sesso al gossip sulle star. The Dish resta specializzato nell'informazione e analisi politica, ed
è un gioiello del settore: per qualità, autorevolezza. «Non abbiamo mai ceduto alle sirene del clickbait»,
rivendica con orgoglio Sullivan, alludendo a quei metodi per aumentare i "clic" (contatti) e quindi il fatturato
pubblicitario. Vietato anche il cosiddetto "contenuto sponsorizzato", pubblicità nascosta che dilaga in altre
testate. Dunque Sullivan non si pente di nulla, non ha niente di cui vergognarsi: la sua è l'ammissione di un
limite, e la rivalutazione di media più adatti allo spessore, alla profondità.
Quest'ultimo colpo di scena viene ad aggiungersi ad una lunga serie. Nella sua vita personale, Sullivan è
sempre stato controcorrente. Gay dichiarato, ora sposato col suo compagno, cattolico fervente e praticante, è
un raro caso di "teo-liberal". Ha appoggiato Barack Obama e molte battaglie della sinistra più radicale, inclusa
la liberalizzazione della marijuana, pur rimanendo «moralmente conservatore». La sua pratica per la Green
Card (residenza permanente negli Usa) fu ritardata a suo tempo quando ammise di essere Hiv-positivo.
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IL PERSONAGGIO
30/01/2015
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
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LA SCHEDA
GLI ESORDI "Moralmente conservatore" ma impegnato in cause di sinistra, ha lavorato per The New
Republic e New York Times.
Tra i suoi libri, The Conservative soul IN RETE Ha iniziato la sua carriera di blogger nel 2000: prima Time ,
poi Daily Beast . Nel 2012 ha creato The Dish : 30 mila abbonati, fatturato da 1 milione di dollari
PER SAPERNE DI PIÙ http://dish.andrewsullivan.com www.thedailybeast.com
Foto: PIONIERE Andrew Sullivan, 52 anni, giornalista e pioniere del weblogging, ha annunciato con un lungo
post che smetterà di aggiornare il suo blog "The Dish"
30/01/2015
ItaliaOggi
Pag. 2
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Shopping, il 78% lo fa con lo smartphone
Cresce tra gli italiani l'uso dello smartphone per fare shopping. Secondo i dati dell'Osservatorio Mobile
Marketing & Service della School of Management del Politecnico di Milano resi noti ieri, sono in media 15
milioni i cosiddetti mobile surfer giornalieri, ovvero i connazionali connessi a internet ogni giorno dai cellulari
di ultima generazione. Se si considera anche l'utilizzo del tablet, il numero di coloro che accedono alla rete da
dispositivi mobili raggiunge i 16,4 milioni. Gli italiani passano sempre più tempo a navigare su smartphone,
precisamente 90 minuti al giorno a fronte dei 70 spesi davanti al monitor di un pc. La dominanza dello s m a r
t p h o n e sul pc è ancora maggiore se si considerano le fasce d'età più giovani; in particolare i 18-24enni
trascorrono oltre 2 ore al giorno navigando dal telefonino e, soprattutto, il 60% di questi utilizza nel giorno
medio esclusivamente tale device (contro una media complessiva del 38%). L'utilizzo del mobile tra i
consumatori è signifi cativo anche all'interno del processo d'acquisto: il 78% dei mobile surfer, infatti, usa lo
smartphone in almeno una delle fasi (prevendita, vendita, post-vendita). In particolare, il 58% lo usa fuori dal
negozio e il 41% direttamente dentro il punto vendita; le due attività prevalenti sono la ricerca di informazioni
sui prodotti da acquistare e il confronto prezzi. Il 18% impiega il telefonino per attività a seguito dell'acquisto:
tra quelle più frequenti ci sono il monitoraggio della spedizione e la pubblicazione dei commenti sul prodotto.
È il settore dell'elettronica di consumo quello dove si registra la percentuale più alta di utenti che utilizzano lo
smartphone nel processo d'acquisto: il 60% dei mobile surfer contro il 48% del mondo abbigliamento e
accessori e il 29% della gdo grocery. «Gli italiani passano sempre più tempo a navigare in internet da
smartphone, più di quanto ne passino giornalmente davanti a un pc. Le aziende si sono ormai rese
pienamente conto della rivoluzione in atto e del fatto che il mobile possa diventare il grimaldello che apre il
portone della multicanalità», afferma Andrea Rangone, responsabile scientifi co dell'Osservatorio Mobile
Marketing & Service. «E così nel corso del 2014 abbiamo assistito a una forte crescita degli investimenti in
mobile advertising, alla sperimentazione di diverse soluzioni di mobile couponing, al ripensamento di alcuni
processi di business in una logica customer-centric».
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Lo rivelano i dati dell'Osservatorio del Politecnico di Milano
30/01/2015
L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
Pag. 1.96
(diffusione:369755, tiratura:500452)
Così rinasce l'Italia
Da Draghi a Renzi, tutti invocano la crescita. Qualcuno sta provando anche a farla. Creando start-up creative
e tecnologiche dal Veneto alla Calabria. Una sfida per loro, una speranza per il Paese
maurizio maggi, chiara organtini e stefano vergine
Nicolas è un po' come l'Harvey Keitel di "Pulp Fiction". Quello che, nel celebre flm di Quentin Tarantino, si
presentava così: «Sono Mister Wolf, risolvo problemi». Nicolas Gamba, 27 anni, laureato in ingegneria al
Politecnico di Torino, è uno dei circa 400 addetti di Ennova, la start-up italiana nata nel 2010, che si è
specializzata nell'aiutare gli utenti di smartphone, tablet e computer in diffcoltà. Ma, soprattutto, che è in cima
alla classifca più "cool" che ci sia: tra le aziende sorte negli ultimissimi anni (che adesso si chiamano start-up,
appunto), è quella che ha creato più occupazione partendo da zero. La crescita, dei fatturati e dei posti di
lavoro, oggi è un mantra, più che un sostantivo. Non c'è uomo politico, manager o imprenditore che non la
invochi. Per far ripartire l'economia ci sono solo due strade: sviluppare le attività esistenti o crearne di nuove.
La seconda è decisamente la via più sfdante e ha un forte impatto simbolico. Il premier Matteo Renzi lo ha
gridato, al Forum di Davos: «L'Italia sia il Paese dell'innovazione, non un museo». Senza crescita, del resto,
sarà improbo tenere a bada il maxi debito pubblico di oltre duemila miliardi di euro. Sempre a Davos, il
governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha ribadito che bisogna attrarre capitale e creare
posti di lavoro, con «riforme strutturali che promuovano la competitività e smantellino la burocrazia». Sia
Renzi sia Draghi, in sostanza, chiedono che a chi intraprende sia data una mano, perché sarà fondamentale
l'apporto delle nuove imprese per venir fuori dalla stagnazione e da una tendenza che, dal 2001 a oggi, ha
prodotto in Italia la chiusura di 120 mila fabbriche e la perdita, solo nell'industria, di 1,1 milioni di posti di
lavoro. Per le start-up sono previste agevolazioni fscali e normative (come spiega la scheda di pagina 100). E
il 20 gennaio il governo ha messo sul tappeto il cosiddetto "investment compact", il provvedimento che
estende quei vantaggi a tutte le piccole e medie imprese. Intanto, anche tra le aziende sorte da poco, il Jobs
Act comincia a farsi sentire. Lo adotterà l'azienda dei Mister Wolf, l'Ennova, per stabilizzare la posizione di
diversi ragazzi attualmente ingaggiati a tempo determinato. Oltre che a parlare al telefono, gli esperti della
società torinese nell'apparecchio del cliente ci "entrano" direttamente: l'utente dà l'okay e aspetta che
l'esperto risolva i problemi. «Il servizio è offerto dalle aziende di telefonia ed energia che hanno accordi con
noi ma presto proporremo il nostro "prodotto" direttamente al cliente fnale attraverso la grande distribuzione»,
raccontano i fondatori, Fiorenzo Codognotto e Michele Scarici. Intorno a loro smanettano senza posa sui
computer i ragazzi che, nella sede all'interno dell'incubatore I3P, studiano il funzionamento di decine di
apparecchi e mettono a punto il software per consentire agli operatori di "curare" gli apparati con effcacia.
Sono più di trenta, i giovani ingegneri impegnati. E oltre 350 persone sgobbano nei centri assistenza di
Milano, Roma e Cagliari. «L'anno scorso abbiamo fatturato 13 milioni di euro, quest'anno arriveremo a 20»,
raccontano i due fondatori, che puntano a fornire i loro servizi anche all'estero, lavorando però dall'Italia con
personale multilingue. La compagnia di Torino è un po' il simbolo della rinascita possibile, sotto la bandiera
dell'innovazione. «Le start-up innovative possono essere determinanti per la ripresa economica dell'Italia e il
motivo è soprattutto uno: il settore dell'innovazione crea occupazione giovanile, vero tallone d'Achille
dell'Italia di oggi», sottolinea Francesco Sacco, docente di Strategia aziendale in Bocconi. nascita di Un
EcOsistEMa «Un'azienda meccanica classica», spiega Sacco, «va già bene se mantiene i lavoratori attuali.
Sono le imprese innovative che possono dare lavoro ai ragazzi, perché soltanto loro sono adatti a lavorare in
certi ambiti. Negli ultimi tre anni, lo dimostrano i numeri, il fenomeno delle start-up è decollato in Italia, e
questo perché è aumentata la sensibilità dei governi verso il tema. Si sta creando l'ecosistema giusto, ma
siamo ancora indietro rispetto a Paesi all'avanguardia come Israele, Usa o Gran Bretagna. Per permettere
uno sviluppo massiccio ci vorrebbero più incentivi e, soprattutto, meno burocrazia. E bisognerebbe fare tutto
questo al triplo della velocità attuale». Secondo il registro delle imprese delle Camere di commercio, le
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Economia nuove imprese
30/01/2015
L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
Pag. 1.96
(diffusione:369755, tiratura:500452)
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imprese nuove e innovative a oggi sono 3.208. E il loro numero, sostiene la Scuola di management del
Politecnico di Milano, è più che raddoppiato nell'ultimo anno. "L'Espresso" è andato a trovarne alcune, tra
quelle che stanno mostrando di potercela fare. Sono quasi tutte tecnologicamente avanzate ma molte di esse
si occupano di cose, diciamo così, "vecchie": però con un approccio innovativo, quasi sempre reso possibile
dall'impiego spinto delle nuove tecnologie. La milanese Cortilia, per esempio, apparentemente non fa nulla
d'eccezionale: recapita frutta, verdura e altri alimenti a casa, per ora in alcune province (Milano, Varese,
Como, Monza) ma presto - dice - in tante altre. Il suo pezzo forte però è l'informatica applicata alla logistica. È
grazie al software sviluppato dal fondatore Mauro Porcaro, infatti, che possono essere organizzate con
precisione le consegne. I fussi di traffco e gli spostamenti dei furgoncini sono monitorati con attenzione
maniacale, per fare meno chilometri. Partita nel 2012, Cortilia ha 50 mila clienti (molti dei quali reiterano
regolarmente gli acquisti) e nel 2014 ha recapitato migliaia di box alimentari per un controvalore di 2 milioni di
euro complessivi, avvalendosi di quasi 40 produttori di alimenti, dall'ortofrutta alla carne, dalla pasta al vino.
«Molti di loro mi hanno detto che, per star dietro ai nostri ordini, hanno dovuto assumere: a spanne, la
ricaduta del nostro arrivo sull'indotto può aver creato una sessantina di posti di lavoro», racconta Porcaro,
che ha ingaggiato fnora una decina di persone e conta di prenderne tante altre una volta che si
moltiplicheranno i centri di smistamento. All'apparenza ha pochissimo di hi-tech anche l'impianto costruito in
un capannone di Balangero, a pochi chilometri da Torino, dalla Nesocell, altra impresa che si è nutrita
nell'incubatore del Politecnico sabaudo. Qui si produce un isolante termoacustico in cellulosa di legno
brevettato (così come il processo per realizzarlo) dopo una lunga ricerca. Il focco inventato da Nesocell viene
inserito nelle intercapedini dei muri, nei sottotetti, nelle contropareti interne degli edifci già esistenti. «Il costo
dell'intervento si ripaga in 3-4 anni in termini di consumi energetici, perché fa risparmiare il 30 per cento sia
per riscaldare che rinfrescare gli stabili», assicura l'amministratore delegato Francesco Prizzon. Ci lavorano in
otto, alla Nesocell: quattro negli uffici in centro a Torino, quattro a Balangero. I macchinari che trasformano la
cellulosa proveniente da una vicina cartiera sono stati messi a punto ad hoc, con una personalizzazione
tipicamente italiana. Così come sono molto italiane le diffcoltà per ottenere l'allacciamento del gas e aprire un
varco che eviterebbe di trasportare col camion la cellulosa dalla cartiera alla mini-fabbrica. Però l'impresa
cresce: dai 250 mila euro di ricavi del 2011 al milione del 2013. Le start-up italiane non sono tuttavia solo
imprese che hanno svecchiato business tradizionali. L'informatica applicata a Internet, un po' come avviene in
tutto il mondo, è il settore di gran lunga più battuto dai giovani imprenditori. Che da noi stanno trovando
terreno particolarmente fertile in Sardegna. Per capire perché bisogna partire da Cagliari e percorrere una
cinquantina di chilometri verso sud, destinazione Pula. Silicon cagliari Dal fnestrino passano in rassegna
fenicotteri rosa e pescatori solitari, impianti di raffnazione del petrolio e scalcagnati baretti di provincia. Poi si
arriva al Parco tecnologico di Sardegna Ricerche, 160 ettari puntellati da pini marittimi, querce, lecci,
eucalipti. E agli otto edifci di questa società creata dalla Regione negli anni Novanta, che di soldi un po' ne ha
sperperati, ma che ha anche fatto da volano a diverse iniziative di successo. Il primo sito Internet italiano, il
primo giornale online, il primo provider, la Tiscali di Renato Soru. La Sardegna, insomma, ha rappresentato la
culla del Web in Italia, e ancora oggi l'Università di Cagliari sforna ogni anno decine di programmatori. Una
nutrita rappresentanza ha trovato lavoro a Sestu, periferia nord di Cagliari. Sopra un grande negozio di
scarpe, ha sede il cuore produttivo di due brillanti start-up informatiche italiane: Applix e DoveConviene. Per
la prima, fondata da Claudio Somazzi e Marco Cirilli, in Sardegna lavorano una trentina di laureati in
informatica, tutti giovanissimi. Creano le piattaforme utilizzate da buona parte dei gruppi editoriali italiani per
trasferire su smartphone e tablet i propri giornali. «L'isola ci ha offerto parecchi vantaggi, non solo la facilità
nel trovare bravi programmatori», spiega Somazzi, la cui azienda ha beneficiato degli incentivi messi a
disposizione da Sardegna Ricerche. Come in molti altri casi di giovani imprese cresciute in fretta, però, gli
aiuti pubblici non bastano. Il salto di qualità è stato reso possibile dai fondi di venture capital, che con un
investimento di 3 milioni hanno permesso al gruppo, che ha appena cinque anni di vita, di occupare una
sessantina di persone (ci sono anche uffci a Milano), fatturando circa 4 milioni. Storia e numeri simili per
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L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
Pag. 1.96
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DoveConviene, che ha avuto l'intuizione di digitalizzare i volantini e dagli attuali 60 dipendenti conta di
arrivare entro fne anno a quota cento. La guida tecnologica della società, anche in questo caso, è a Sestu, di
fronte agli uffci di Applix, mentre vendite e marketing sono gestiti da Milano e Bologna. Stefano Portu e
Alessandro Palmieri, fondatori e soci di maggioranza, dicono di avere già sei milioni di utenti in Italia e altri tre
milioni sparsi fra Messico, Stati Uniti, Brasile e Spagna. Prossimo obiettivo? Raggiungere i 100 milioni di euro
di fatturato entro il 2018, con 200 dipendenti. Occhio però ai facili entusiasmi. Perché quella delle nuove
imprese è una sfda ad alto rischio. Spiega Andrea Rangone, responsabile degli Osservatori Digital Innovation
del Politecnico di Milano: «La morte della start-up è la cosa più naturale che ci sia. Se ne partono cento, ne
saltano ottanta. Ciò avviene in particolare nei settori ad alta crescita. È anche normale che poche
sopravvivano in buona salute tra quel 20 per cento che non chiude rapidamente i battenti. Eppure, fno a tre
anni fa chi si sognava di parlare di start-up? Si è raccontato per anni che era molto più "cool" fare il
consulente nella McKinsey. Invece oggi ci sono imprese innovative con fatturati interessanti. Nonostante una
certa povertà di fondi, non si può dire manchino soldi disponibili, soprattutto nelle fasi iniziali: ci sono 200
milioni nell'hi-tech subito pronti da investire: possiamo guardare al futuro con ragionevole ottimismo». PROF
e IMPReNDITORe Come fa Emanuele Montomoli, la cui lampadina s'è accesa nel 2009. Docente di Medicina
preventiva all'università di Siena, riceveva parecchie richieste da parte di aziende interessate a testare
l'effcacia di vaccini. «Erano troppe per il nostro gruppo di ricercatori», racconta, «e così dovevamo appaltarle
ad aziende esterne». Insieme alle biologhe Chiara Gentile e Simona Piccirella, il prof toscano decide allora di
crearla lui, una società testa-vaccini, battezzata Vismederi. Grazie agli ordini dall'estero, il mini-laboratorio ha
visto salire il fatturato fno ai quasi 3 milioni del 2013. Diventando una vera impresa, con ben 25 dipendenti. La
sede è sulle colline di Siena, tra pini e cipressi secolari, all'interno di un edifcio a due piani gestito da Toscana
Life Sciences, incubatore di startup, il cui direttore, Andrea Paolini, dice: «La nostra struttura ha permesso la
nascita di 16 aziende, offrendo vantaggi concreti: per i primi cinque anni affttano gli uffci e usano i laboratori a
prezzi inferiori rispetto al mercato». Risparmi determinanti per Vismederi che, avvalendosi della nuova legge
sul lavoro, ultimamente ha fatto qualche nuova assunzione: «Dal primo gennaio», spiega Chiara Gentile,
biologa che ora si cimenta con la contabilità, «abbiamo assunto a tempo indeterminato quatto persone che
prima erano precarie. Svolta possibile grazie al Jobs Act, che per ogni nuovo assunto a tempo pieno ci fa
risparmiare 8 mila euro di contributi Inps all'anno, per tre anni». Due terzi delle start-up innovative italiane
hanno sede al Centro-Nord. Signifca, di contro, che oltre mille sono nate dal Lazio in giù. In meridione ci
sarebbe bisogno come il pane di imprese nuove e adatte alle professionalità degli under 30, visto che la
disoccupazione giovanile è arrivata al 43,4 per cento, contro il 29,5 cento a livello nazionale. E il
sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Del Rio, al "Sole 24 Ore", il 9 gennaio, ha dichiarato:
«Da molte regioni del centronord ci arrivano già segnali importanti che il Pil è ripartito, al Sud invece è ancora
tutto fermo». Eppure interesse per le buone idee, anche nel Meridione, ce n'è parecchio. Antonio Prigiobbo è
un designer di Napoli che ha creato una manifestazione itinerante, chiamata con ironia Nastartup: ogni mese
imprenditori e investitori si ritrovano all'ora dell'aperitivo per ascoltare i creatori di un manipolo di start-up, che
raccontano che cosa vogliono fare e, la volta successiva, spiegano i passi avanti compiuti. Così la diffdenza
viene superata e i quattrini saltano fuori: in meno di un anno i fnanziamenti privati stimolati in questo modo
sono stati più di dieci. Restando al Sud, colpisce la capacità di sviluppare attività innovative in contesti che
non sono propriamente business-friendly. Per scovare un caso emblematico eccoci a Simbarìo, 800 anime
abbarbicate sulle Serre calabresi. Zona di boschi, taglialegna ed emigranti. Tra loro, una cinquantina d'anni
fa, c'era pure Giuseppe Tassone, che prima di tornare in patria ha vissuto in Canada, Stati Uniti e Germania.
CALABRIA DA eXPORT «Quando sono rientrato ho messo su una piccola fabbrica per produrre malte»,
racconta orgoglioso dietro un paio di baffetti bianchi. Voleva esportare il suo materiale nel settentrione, ma i
grandi trasportatori erano organizzati per fare il giro contrario, da nord a sud. Per risolvere il problema è nata
Personal Factory: un'idea dei fgli, Francesco e Luigi, uno laureato in ingegneria e l'altro in economia. Invece
di vendere i sacchi di malta - si sono detti - creiamo una macchina capace di produrla e vendiamola. Il
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L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
Pag. 1.96
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prototipo ha attirato i fondi di venture capital, che hanno investito quasi 3 milioni di euro nella start up
calabrese. «La malta», spiega Francesco, «è composta al 98 per cento da sabbia e cemento, che si trovano
ovunque». Personal Factory vende la sua apparecchiatura e i componenti chimici per fare la malta, che
rappresentano quel 2 per cento mancante. E il cliente fnale si procura sul suo territorio sabbia e cemento.
Una cinquantina di impianti sono stati già piazzati in giro per il mondo, gli ultimi in Congo e Albania. Il fatturato
è salito di anno in anno, arrivando nel 2014 a 1,6 milioni, e pure i dipendenti sono cresciuti: 24 in totale, quasi
tutti ingegneri e tecnici specializzati. «Facendosi la malta in casa, il cliente risparmia la metà. Certo, c'è
l'investimento iniziale, ma la nostra macchina si ripaga nel giro di qualche mese appena», assicura
Francesco. La ditta calabrese vuol rosicchiare quote di mercato a giganti del settore come Mapei, Kerakoll e
Saint Gobain. E intende farlo mantenendo la produzione a Simbarìo perché - sostengono i titolari - lo
svantaggio non è tanto stare in un paesino della Calabria ma in Italia: «Con la 'ndrangheta non abbiamo mai
avuto problemi», dicono, «noi siamo trasparenti e molto visibili, fattori che scoraggiano la criminalità
organizzata. Piuttosto, il problema è la burocrazia. Per trasferire della merce da un capannone all'altro ci è
stata chiesta la certifcazione antimafa. La Prefettura ci ha messo un anno e mezzo a darcela». Il giro d'Italia
in Veneto incontra una start-up che nasce da una che non ce l'aveva fatta. Davide Lolli, un passato da
consulente, ha deciso di diventare imprenditore puntando sui sacchetti di carta compostabili per la raccolta
differenziata dell'organico e della carta stessa. L'azienda è la Sumus e tra gli azionisti, oltre a Lolli, ci sono la
cartiera Galliera (che fornisce la carta riciclata all'ultimo stadio di vita) e la Lineapack della famiglia Chinello
(che produce e gestisce pacchetti e buste di ogni tipo). Campagna padovana, comune di Carmignano di
Brenta. È da qui che Sumus vuole convincere l'Italia a usare il suo sacchetto: «Perché è l'unico in carta
riciclata brevettato e certifcato per la raccolta del materiale organico e della carta, totalmente made in Italy e
assolutamente rispettoso dell'ambiente», s'infervora Lolli che, girando tra i macchinari che sfornano 500
sacchetti al minuto, sottolinea come i suoi si «biodegradano e si compostano molto più rapidamente di quelli
in bioplastica, che hanno quasi il 50 per cento del mercato italiano». Costituita nella primavera 2013 sulle
ceneri della fallimentare start-up iniziale, Sumus ha raddoppiato il fatturato nel primo anno di attività. Nel 2015
mira a triplicarlo, superando i 3 milioni. I dipendenti diretti sono sei, che diventano una ventina calcolando
l'indotto e gli uomini della Lineapack che si dedicano quasi esclusivamente a Sumus. «Incrementeremo
l'organico anche quest'anno e andremo a vendere in Francia, Austria e Svizzera», assicura Lolli.
M'ILLUMINO DI LED Poche decine di chilometri in direzione nord-ovest e compare l'ex Manifattura Tabacchi
di Rovereto, trasformata in incubatore. È qui che ha sede la Muteki dei cugini Bonazza: dopo due anni di
studi hanno lanciato una serie di sistemi d'illuminazione a led per esterni dalle enormi potenzialità. «Non solo
per il design, che abbiamo voluto molto raffnato, ma anche per merito di una lente speciale, di cui si è
brevettata pure la fase produttiva, che regala una grande luminosità e consente ingenti risparmi», dice
Rolando Bonazza. Attualmente la produzione dei sistemi avviene in tre diversi impianti esterni, ma l'idea è
concentrare le lavorazioni a Rovereto, dove al momento operano cinque addetti, che potrebbero raddoppiare
presto. Nel 2014 la Muteki ha fatturato 2 milioni e quest'anno punta a fare il botto: «Se conquistiamo un paio
di appalti per i quali siamo allo sprint fnale, i ricavi potebbero schizzare a 20 milioni», dice Bonazza. L'azienda
trentina ha già installato una quarantina di fonti di illuminazione a Città del Messico, ha conquistato una
commessa per far luce sulle strade di Punta Arenas, in Patagonia, e metterà le sue lampade nelle stazioni di
servizio italiane di Api e Total-Erg. C'è anche chi torna per intraprendere. Tre anni fa Filippo Satolli viveva in
Brasile: faceva consulenza alle imprese italiane che volevano stabilirsi lì. Oggi è felice di essere rientrato e
aver creato Instal, una piattaforma digitale dove s'incontrano editori e società intenzionate a farsi pubblicità,
un mercato virtuale in cui le aziende che hanno una app pensata per far conoscere il proprio marchio
possono trovare i siti-web più adatti alle loro esigenze. Il tutto è gestito da un algoritmo che analizza (e
prevede) il comportamento degli utenti: quante volte l'annuncio è stato visualizzato, cliccato, e quante volte è
stata installata l'applicazione. La Ferrero, le Poste, la birra Ceres e altri hanno sviluppato campagne
pubblicitarie con Instal, dove già oggi sono in venti. «Lavoriamo anche con i grandi produttori di giochi come
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L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
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"Candy Crush", che di app ne sfornano a iosa», spiega Satolli. Che a fne 2013 ha raggiunto il primo milione di
fatturato. TERMINAL DA SBALLO Qurami, fondata da Roberto Macina e Manolo Abrignani, ha messo invece
le proprie radici accanto ai binari della Stazione Termini di Roma, nei millecinquecento metri quadri
dell'acceleratore Luiss Enlabs. È nata da un problema personale: «Perché aspettare 50 minuti in fla per
consegnare la mia tesi di laurea?», si chiedeva Macina nel 2010, quando frequentava la facoltà di Ingegneria.
Poco dopo crea Qurami: un'applicazione per smartphone e tablet tramite cui prenotarsi per l'accettazione
all'anagrafe, all'ospedale e in quegli uffci dove si aspetta a lungo in coda. Il software permette infatti di
conoscere in tempo reale il numero esatto di persone in fla, stima l'attesa e invia una notifca all'avvicinarsi del
turno. L'idea è piaciuta e ha conquistato alla svelta parecchi clienti. Ospedali, Comuni, università, negozi di
telefonia e catene commerciali. E anche società di telecomunicazioni in Costa Rica e Panama, oltre che
Royal Mail, le poste inglesi. Alla Qurami - sei assunti e sei collaboratori - sono convinti di raddoppiare i ricavi,
quest'anno, arrivando a 500 mila euro. Sempre a Roma, in zona Trastevere ma ben nascosto alla movida
capitolina, c'è l'acceleratore di Tim. Si chiama Working Capital ed è qui che ha spiccato il volo Pedius, startup che unisce assistenza sociale e business. Fondata nel 2012, ha creato un servizio di comunicazione che
consente alle persone sorde di fare normali telefonate grazie a tecnologie di riconoscimento e sintesi vocale.
La trovata nel 2013 ha attirato l'attenzione di Tim Working Capital, che oltre a mettere gli uffci a disposizione
dei ragazzi di Pedius - sei assunti e una stagista, per ora - è entrata nella società investendo 410 mila euro.
L'impresa ha convinto alcuni call center in Francia e Spagna ed è pronta a allo sbarco negli Usa. «Avverrà a
giorni», raccontano durante una partita di calcio balilla. È così che alla Pedius si rilassano per trovare
concentrazione. Nella speranza che le mosse del governo aiutino anche altri loro colleghi a fare gol. Foto:
pag 96-97 Christian Mantuano Una giornata nell'incubatore Luiss Enlabs, alla stazione Termini di Roma
Settecento in Lombardia
Numero di società ad alto valore innovativo fondate negli ultimi quattro anni (dati aggiornati al 19/01/2015)
Valle d'Aosta 10 Lombardia 698 Trentino Alto Adige 116 Piemonte 231 Liguria 54 Toscana 211 Lazio 306
Friuli Venezia Giulia 87 Emilia Romagna 361 Veneto 246 Marche 136 Umbria 36 Molise 14 Abruzzo 48
Puglia 134 Campania 184 Sardegna 99 Totale Italia 3.185 Da 0 a 250 da 250 a 500 oltre 500 Basilicata 19
Calabria 76 Sicilia 119 Fonte: Registroimprese.it
Tutti gli aiuti per chi investe
Per rientrare fra le start-up innovative e benifciare così di una serie di agevolazioni, le società devono
soddisfare alcuni requisiti. Devono ad esempio essere nate da meno di quattro anni, investire in ricerca e
sviluppo una quota consistente dei loro ricavi, essere titolari del programma di sviluppo di un brevetto
registrato. MEno Bolli Esonero da diritti camerali e imposte di bollo per qualsiasi adempimento al registro
delle imprese. Si PUò PErDErE Facilitazioni nel ripianamento del rosso di bilancio, come la moratoria di un
anno negli obblighi di ripianamento delle perdite superiori ad un terzo del capitale sociale. laVoro FlESSiBilE
Disciplina del lavoro tagliata su misura: possono assumere personale con contratti a tempo determinato da 6
a 36 mesi. I rinnovi all'interno del periodo sono contestuali e, al termine, è possibile un'ulteriore estensione di
un anno. STiPEnDio VariaBilE Facoltà di remunerazione fessibile: è lasciato alle parti stabilire quale parte di
remunerazione è fssa o variabile. STocK oPTion PEr TUTTi Remunerazione con strumenti di partecipazione
al capitale, dalle stock option per i collaboratori al lavoro in cambio di quote di capitale per i fornitori. Anche gli
incubatori possono utilizzare sistema di remunerazione agevolati. crEDiTo D'iMPoSTa È previsto per
l'assunzione di personale altamente qualifcato: è pari al 35 per cento del costo aziendale totale sostenuto per
le assunzioni a tempo indeterminato, anche con contratto di apprendistato (primo anno del rapporto di
lavoro). FiSco aMico Fino al 2016 sono previsti incentivi fscali per investimenti in start-up: per le persone
fsiche le detrazioni Irpef arrivano al 19 per cento, per quelle giuridiche fno al 20 per cento dell'Ires. Gli
incentivi valgono sia in caso di investimenti diretti in start-up, sia per quelli indiretti tramite scoietà
d'investimento. Il benefcio è maggiore se si investe in start-up a vocazione sociale e in quelle ad alto valore
tecnologico in ambito energetico. croWDFUnDing L'Italia è il primo Paese a regolamentare la raccolta di
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capitali di rischio attraverso portali online autorizzati dalla Consob. FalliSci E riParTi In caso di fallimento, è
prevista la sottrazione alla consueta normativa, con procedure più rapide. ViSTi aD Hoc Dal giugno 2014 è
prevista la concessione di visti d'ingresso a lavoratori e imprenditori innovativi extra Ue. L'idea di business
dell'imprenditore straniero viene valutato da un comitato di esperti non governativi. La risposta deve arrivare
entro 30 giorni. Finora sono stati concessi dieci visti su venti richieste. inVESTMEnT coMPacT Il governo ha
appena varato un decreto che amplia i benefci per l'innovazione previsti per le start-up a tutte le piccole e
medie imprese innovative. Si stabilisce che al crowdfunding possano partecipare anche i fondi d'investimento,
così da permettere maggiore affusso di capitali a imprese già esistenti.
Garantisce il ministero Finanziamenti alle start-up innovative garantiti dallo speciale Fondo di Garanzia del
Ministero dello Sviluppo Economico La Lombardia si aggiudica oltre 46 milioni di euro Importo massimo
garantito (milioni di euro) Numero delle domande Dati al 24 novembre 2014. Da Basilicata e Sardegna non
sono ancora giunte richieste di garanzia
Fonte: Ministero dello Sviluppo economico
Foto: i laboratori visMederi di siena. a destra: una MaCChina della personal FaCtory arriva a dubai
Foto: Nell'ultimo aNNo il Numero delle azieNde iNNovative è raddoppiato. e molte ora staNNo assumeNdo
Foto: Un'ImmAGInE DELLA ConSEGnA DI Un oRDInE DI vERDURE CoRtILIA
Foto: I casI dI successo sono tantI, dalla sarda applIx alla torInese ennova. e la trentIna mutekI arrIva In
patagonIa
Foto: MIchELE ScArIcI è uno DEI fonDAtorI DELLA EnnoVA DI torIno. A SInIStrA: LA PADoVAnA SuMuS E,
Sotto, GIAnPIEro LotIto L'idea dei software qurami è venuta a un aspirante ingegnere. che ora tra i suoi
cLienti ha La royaL maiL
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L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
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Se il terrore corre Sul Web
Carola Frediani
Mentre la Francia si stringeva nella marcia repubblicana in reazione agli attentati di Parigi, una serie di
individui e piccoli gruppi aveva già iniziato a colpire i suoi siti Web. Sotto la bandiera di OpFrance, l'ondata di
attacchi informatici si è protratta per alcuni giorni - con un picco tra il 10 e il 16 gennaio - coinvolgendo mi
gliaia di siti, soprattutto di giornali. Poco dopo, sulla Rete mondiale, hanno fatto seguito altri episodi simili.
Sedicenti affiliati al califfato di Abu Bakr al Baghdadi sono entrati nel proflo Twitter del quotidiano americano
"Albuquerque Journal", postando un messaggio minaccioso: «Siamo già qui, nei vostri Pc e nelle vostre
case». Destino simile per la homepage della Malaysia Airways, su cui è apparsa una scritta quasi ironica:
«Errore 404 - aereo non trovato. Isis vincerà». Ma il raid più grave, almeno simbolicamente, è quello
avvenuto contro gli account Twitter e Facebook del Comando Centrale delle truppe Usa a Tampa. Anche qui
sono comparse frasi come: «Lo Stato Islamico vi insegue» e «guardatevi le spalle». Nel caso francese, ad
agire è stata una rete informale di squadre (crew) e singoli. Tra i venti e i trenta i nomi più rilevanti: come gli
AnonGhost, hacktivisti dalle modalità operative simili alla più nota Anonymous, ma con una propria agenda,
focalizzata sulla Palestina, e frammentati in microsigle quali gli Al Aqsa; il Fallaga Team, sempre antiisraeliano e di area tunisina; gli hacktivisti musulmani flopalestinesi di Izzah Hackers; fno ad arrivare a gruppi
islamisti come il Middle East Cyber Army e la United Islamic Cyber Force. Nomi che pubblicizzano gli attacchi
nei loro account Facebook e Twitter, continuamente sospesi e riaperti, come è accaduto a uno degli hacker
più visibili dell'operazione, Mauritania Attacker. Gli attacchi contro i siti francesi, secondo l'Agenzia nazionale
per la sicurezza dei sistemi informativi, hanno colpito circa 1.300 siti: non pochi, ma meno di quanto si era
temuto in un pri mo tempo. Più preoccupante è la motivazione che sta dietro queste azioni. Oltre a gruppi
dichiaratamente projihad e pro-mujhaeddin, traspare un più ampio malcontento del mondo hacker
musulmano per la reazione occidentale alle stragi in Francia. In taluni casi, emerge anche un sostegno
indiretto all'Isis. «OpFrance nasce per vendetta per come gli infedeli (kuffar) si comportano con i musulmani e
con l'Islam», ha spiegato al "l'Espresso" l'amministrato re dell'account Twitter United Islamic Cyber Force,
aggiungendo di non avere connessioni con l'Isis ma di sostenere il suo operato, arrivando a giustifcare le
uccisioni di chi insulta il Profeta. Secondo gli esperti che seguono questi fenomeni su scala mondiale, non c'è
nessun rapporto tra quanto avvenuto in Rete dopo i fatti di Parigi e l'attacco hacker contro la Sony del
dicembre scorso, che aveva molto allarmato anche la Casa Bianca. E anche nei raid sicuramente di matrice
islamista sembra diffcile vedere un fronte compatto: «Ci avevano chiesto di partecipare alla campagna contro
la Francia, ma abbiamo detto di no. E no, non giustifchiamo le stragi avvenute», ci scrive l'admin del gruppo
Hacker Brigade, aggiungendo però che è forte la rabbia musulmana per la presunta doppia morale
occidentale in tema di violenza e libertà di parola. Anche nel caso del sedicente Cyber Caliphate che ha
inflitrato il proflo Twitter del comando centrale del dipartimento della Difesa Usa, gli esperti parlano di un
target simbolico, ma con pochi danni. «L'episodio non evidenzia tanto le abilità degli attaccanti quanto
l'assenza di capacità negli attaccati», dice a "l'Espresso" James Lewis, esperto di cybersicurezza del Center
for Strategic and International Studies, autorevole think tank con sede a Washington: ed è forse ancora più
preoccupante. Ma cosa sappiamo delle capacità hacker dell'Isis? Finora, come ci dice Lewis, «i gruppi
terroristi sono più interessati agli effetti sociali e politici delle loro azioni on line (propaganda e reclutamento)
che a colpire infrastrutture criti che». È inoltre convinzione diffusa tra gli esperti che il livello di hacking attuale
dell'Isis sia ancora abbastanza basso, ma che potrebbe anche migliorare rapi damente se si presentassero le
condizio ni favorevoli. O se quella rabbia intercettata da OpFrance diventasse un campo per il reclutamento
di competenze. Oltre alla propaganda sui social media, soprattutto su Twitter, l'Isis è impegnato a insegnare
ai propri militanti misure per proteggere la loro identità online, come spiega Bahaa Nasr, manager del
progetto libanese di sicurezza informatica Cyber Arabs. Sulla piattaforma Justpaste.it si trovano manuali del
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Dossier minaccia islamista / il fronte digitale
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Califfato per usare Vpn (come questo: http://justpaste.it/2ip); o raccolte di consigli di sicurezza informatica,
dalla navigazione col browser al cellulare (come questo: http://justpaste.it/ itt3). Il sito Global Islamic Media
invece prende strumenti open source e li "islamizza": fra questi, un programma per scambiare messaggi
criptati, con tutorial in arabo e inglese. Oppure, ultima novità, un software di cifratura per Android e Symbian
che cripta fle, sms ed email. Anche Scot Terban, esperto di cybersicurezza e terrorismo noto on line come
Dr.Krypt3ia e contattato da "l'Espresso", ritiene che, oltre alla propaganda, l'attività informatica principale
dell'Isis sia la personalizzazione di programmi del genere. Anche se i noti cacciatori di malware del Citizen
Lab, labo ratorio dell'Università di Toronto, lo scorso dicembre hanno trovato traccia di un software malevolo,
inviato via mail agli attivisti siriani anti-Isis che stanno dietro al sito "Raqqah is being Slaughtered Silen tly". Il
programma, se scaricato sotto forma di innocuo allegato, riesce a localizzare la vittima. È uno strumento
rudimentale, non sofsticato come quelli usati dagli hacker siriani pro-Assad del Syrian Electronic Army (che
hanno violato il proflo Twitter di "Le Monde" sfruttando la visibilità di OpFrance, ma non rientrano nel la cyber
jihad). L'Isis è dunque l'indiziato numero uno. Sul fronte dei fnanziamenti invece fnora non risulta che gruppi
come Isis o Al Qaeda facciano uso di monete digitali quali bitcoin. «Non c'è prova che lo stiano usando», dice
Nasr, mentre per Lewis questi gruppi non si fderebbero della criptovaluta, contando su maggiori e più
consolidati canali di sostentamento. In quanto a crew di hacker direttamente affliate a organizzazioni come
Isis, Al Qaeda o Aqap (Al Qaeda nella penisola arabica), risulta ben poco, a parte il già citato e sfuggente
Cyber Caliphate. Alcuni, come Flashpoint Partners, società che monitora l'estremismo on line, pensano n che
dietro al gruppo ci sia il ventenne britannico Junaid Hussain, ex leader della crew TeaMp0isoN che aveva
hackerato l'entourage di Tony Blair. Arrestato, al suo rilascio sarebbe poi andato in Siria, per riemergere con il
nome di Abu Hussein Al Britani. Il reclutamento di "foreign fghters" potrebbe dunque far alzare il livello
tecnologico dei gruppi jihadisti, dove l'Isis resta, come sottolineano Terban e Nasr, il più avanzato sul fronte
della propaganda. E quindi della capacità attrattiva. Foto: H. Thompson - Eyevine / Contrasto Foto: Ap /
Lapresse, K. Hamra - Ap / La
Anonymous: "Ci pensiamo noi"
Il giorno stesso della strage a "Charlie Hebdo", una parte di Anonymous, il noto movimento di hacktivisti,
lanciava opCharlieHebdo, una campagna che, in nome della difesa della libertà di espressione, si propone di
contrastare le manifestazioni online dello jihadismo. Da un lato cerca di far chiudere, con segnalazioni in
massa, profli Twitter e Facebook legati all'Isis e ad altri gruppi terroristici; dall'altro cerca di violarne i siti e i
forum, ottenendo informazioni utili. Pochi e sconsigliati invece gli attacchi DDoS che hanno l'effetto di
mandare un sito offine temporaneamente. Partita con centinaia di utenti collegati nelle chat di Anonymous,
l'operazione ha chiuso nei primi giorni centinaia di account sui social media e colpito alcuni siti. Non tutti i
gruppi di anons si sono ritrovati nell'operazione però. Un account di Anonymous Svezia, ad esempio, si è
dissociato, ritenendo la campagna inutile e a rischio di discriminazione verso i musulmani, come affermato in
un documento on line e ribadito a "l'Espresso". Paradossalmente, qualche giorno fa anche il proflo Twitter
della campagna di Anonymous, @opcharliehebdo, è stato sospeso.
Foto: Malika El aroud, chE ha crEato un sito pro osaMa bin ladEn, nElla sua casa di bruxEllEs
Foto: iL sEdiCEntE CALiFFo AL-BAGHdAdi. più A dEstrA: musuLmAni sALAFiti A GAzA. nELL'ALtrA
pAGinA: siti isLAmisti E, in BAsso, j.m. BErGEr. sotto: mAniFEstAzionE di Anonymous
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Brand News Today
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Mobile, l'innovazione non è ancora 'disruptive', ma i numeri continuano a
crescere
L'ecosistema mobile entra nella consapevolezza strategica delle aziende, in una logica multicanale A pag. 4
Per Andrea Boaretto, Responsabile della Ricerca dell'Osservatorio Mobile Marketing & Service, "la partita si
fa seria, alcuni settori hanno già maturato una visione strategica e l'hanno resa operativa", sia in termini di
brand experience, che di nuovi processi e soprattutto di centralità del consumatore con l'offerta di contenuti
rilevanti in grado di soddisfare esigenze reali. Nel 2014, le aziende hanno cominciato a operare scelte
strategiche consapevoli, uscendo dal tunnel del fare tutto tanto per provare, decidendo invece quali siano i
formati più congeniali per ciascuno. Ora diventa quanto mai cruciale la capacità di "misurare in modo oculato
senza cadere nel trappolone dell'ultimo miglio, a cominciare dal click through rate", ha sottolineato Boaretto,
per valorizzare anche l'emozione, non solo il CPM. INNOVAzIONE DISRUPTIVE L'innovazione, però, non è
ancora disruptive, ha avvisato Umberto Bertelè, presidente onorario MIP e studioso della disruptive
innovation "che sta rapando a zero alcune industrie". Per Bertelè, infatti, "il mezzo nuovo va interpretato,
immaginando modelli di business differenti, non trasferendo su mezzi nuovi un modo di fare antico. E non è
tanto un problema di soldi, quanto di cervelli" , ha sottolineato, ricordando che tra qualche anno nessun più
distinguerà il mobile marketing dal marketing tout court. CRESCE L'ADVERTISING SU MOBILE Nel 2014 gli
investimenti su mobile advertising hanno superato i 300 milioni (+48%), raggiungendo così quota 15% del
totale internet advertising (nel 2012 era il 5%) e il 4,5% del totale mezzi (l'1% soltanto nel 2012). Ma
rimangono tanti spazi di crescita, se si pensa che in USA e UK l'investimento per internet user è,
rispettivamente, 8 e 6 volte maggiore. È un mercato anche altamente concentrato: oltre tre quarti dell'offerta
sono monopolizzati da Google e Facebook (che crescono del 60%) e sul fronte della domanda, il 60% degli
investimenti è fatto da aziende native digitali. "La maggioranza degli investimenti rimane legata a obiettivi di
performance, ma nel 2014 sono cresciuti in modo significativo gli investimenti con obiettivi di branding con
campagne video e rich media", ha sottolineato Marta Valsecchi, Responsabile della Ricerca dell'Osservatorio
Mobile Marketing & Service. CONTINUA NELLA PAGINA SUCCESSIVA In media il budget investito su
mobile è il 15% del totale: superano questa soglia alcuni settori come l'automotive, stanno sotto media
trasporti, carburanti, GDO e grocery. Tra i formati, cala al 3% la quota degli SMS, le key-word si attestano al
40% e il display rimane stabile al 57%. Valsecchi ha anche sottolineato "la necessità di creatività coinvolgente
e ad hoc per il canale" e l'emergere di alcuni trend "forti": l'affermazione di formati come video, native
advertising e audio e voice advertising; il second screen usato sia in interazione con lo spot TV che in
sincronizzazione con il palinsesto TV fino alla conversione in acquisti; lo sviluppo del programmatic in una
logica data drive che considera non più lo spazio, ma il target; le potenzialità di profilazione esclusive del
mobile, con variabili come il meteo e la geo-localizzazione; il tracciamento cross-device per capire il
comportamento del consumatore. MOBILE PROMOTION E COUPONING L'Osservatorio ha dedicato un
focus anche a mobile promotion e mobile couponing oltre a tutte le attività legate al mobile commerce. Se 12
milioni di famiglie sfogliano regolarmente i volantini cartacei (20 milioni quelle che li ricevono), i volantini
digitali vengono sfogliati da 5 milioni di persone e il 50% lo fa solo da mobile, il 30% prima di entrare in
negozio e il 17% direttamente sul punto vendita, con un prime time che si colloca tra le 6 e le 8 di sera.
Ancora più interessante la disponibilità a ricevere mobile couponing: dice di sì l'88% (era il 75% nel 2013) per
ragioni pratiche ma soprattutto per ricevere offerte personalizzate e sconti direttamente sul punto vendita. E
infatti circa ¾ dei retailer grocery abbia inserito il volantino nella mobile app. Ora sono iniziate le
sperimentazioni della virtualizzazione delle carte fedeltà e delle tecnologie contactless, frenate però dalla
bassa penetrazione di sistemi di cassa evoluti. Valsecchi ha anche sottolineato come il mobile permetta di
potenziare altri touchpoint, ma solo se si passa a una logica di personalizzazione con un CRM attivo; quanto
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RICERCHE
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Brand News Today
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il mobile permetta di sfruttare il marketing di prossimità per aumentare l'efficacia della vendita conoscendo le
abitudini d'acquisto del consumatore; quanto sia importante creare servizi del tutto nuovi per interagire con l'
Internet of Things e abbattere le barriere tra business unit. FINE PRIMA PARTE - CONTINUA
Foto: La dinamica del mercato mobile adv CLICCA PER INGRANDIRE Rapporto tra mobile adv e altri mezzi
Penetrazione del volantino digitale
30/01/2015
DailyMedia
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Vittorio Parazzoli
Il progetto editoriale dell'emittente si rafforza con "Il falco e il gabbiano" e viene premiato da audience a oltre
2 milioni. A fine febbraio il lancio del nuovo sito 25 dal 2 febbraio, dal lunedì al venerdì dalle 15.30 alle 16.30,
Radio 24 arricchisce l'offerta pomeridiana con "Il falco e il gabbiano", nuovo programma di Enrico Ruggeri.
L'autore musicale narrerà ogni giorno "racconti sconosciuti di vite straordinarie", storie sconosciute di persone
normali che nella loro esistenza hanno saputo dare un colpo d'ala, volare in alto, e fare cose che hanno
lasciato il segno. Sono storie paradigmatiche di chi è riuscito, di chi ci ha tentato, di chi ha fallito e di chi ha
avuto cadute e risalite. Perché ciascuno di noi nella sua vita può rischiare di cadere ma può anche dare il
colpo d'ala che lo porta a volare in alto, come il falco o il gabbiano. "Un debutto radiofonico, quello di Ruggeri
con l'emittente di Gruppo 24 ORE - commenta il direttore Roberto Napoletano - che ci fa particolarmente
piacere perché si inserisce nel percorso di qualità e innovazione iniziato nel luglio 2013, con l'ingresso di
Giovanni Minoli, Pierluigi Pardo e Gegè Telesforo e il nuovo "Il sabato del villaggio" di Marta Cagnola con
Daniele Bellasio, oltre al ritorno di Oscar Giannino, e con cui Radio 24 è riuscita a coniugare l'alta qualità
autorale con un racconto della vita, dei luoghi e delle emozioni di ognuno di noi, secondo lo spirito e il ritmo
del modo di fare informazione del Gruppo 24 ORE". L'esordio di Ruggeri sarà promosso con appositi soggetti
della campagna per l'emittente di McCann. Questa scelta di ampliamento del target, sempre in logica
qualitativa, sta dando soddisfazioni crescenti all'emittente di cui è vice direttore Stefano Barisoni sia sul fronte
degli ascolti che della raccolta. Per quanto riguarda i primi, l'ultimo dato ufficiale è quello di 1.982.000
ascoltatori nel giorno medio nel primo semestre 2014, ma nell'ultimo periodo dovrebbe essere stata superata
la soglia dei 2 milioni. Radio 24 è molto seguita inoltre anche attraverso il sito radio24.it che, sempre nel
primo semestre 2014, ha registrato circa 423.000 utenti unici al mese e 5.210.000 pagine viste (fonte:
Omniture Site Catalyst). Sul fronte app sono circa 280.000 i download effettuati fino a giugno 2014, mentre su
quello dei social media sono 270.000 i fan su Facebook e 270.000 i follower su Twitter. Il sito, tra l'altro, sarà
completamente rinnovato a fine febbraio con più attenzione verticale sui programmi e la confluenza dei
rimandi ai social del brand. Per quello che concerne invece la pubblicità, secondo quanto risulta a
DailyMedia, negli scorsi 12 mesi dovrebbe esserci stata una crescita vicina al 5%, in assoluta controtendenza
rispetto al -1,8% del mezzo, così come è stato riferito proprio ieri da Fcp - Assoradio.
Foto: Roberto Napoletano
Foto: enrico Ruggeri
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Radio 24: arriva Enrico Ruggeri; bene gli ascolti, raccolta a +5% nel 2014
30/01/2015
DailyMedia
Pag. 11
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Per festeggiare il Carnevale 2015, Disney Store lanciano in tutta Europa un nuovo grande concorso e aspetta
in-store tutti i bambini per divertenti attività gratuite. La nuova linea di costumi e accessori 2015 trasformerà
bambini e bambine nei loro personaggi Disney preferiti. Fino al 4 febbraio sarà sufficiente compilare una
semplice cartolina e imbucarla in uno dei Disney Store presenti sul territorio oppure partecipare online, per
avere la possibilità di essere estratti e aggiudicarsi un meraviglioso costume di Carnevale giusto in tempo per
i festeggiamenti. E in più, un super fortunato, avrà l'opportunità di vincere un bellissimo premio finale: un
momento esclusivo in Store per il proprio shopping e per festeggiare il Carnevale con i propri amici. Fino al
17 febbraio, in tutti i Disney Store italiani, inoltre, verranno organizzate diverse attività creative per
intrattenere i piccoli ospiti che potranno decorare la loro maschera delle Principesse, la maschera da super
eroe Marvel o da Storm trooper di Star Wars. Sarà inoltre possibile partecipare al concorso online sul sito
disneystore.it/carnevale sul quale sarà possibile visualizzare lo spot dedicato al Carnevale.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Iniziative Disney Store dà il via al concorso di Carnevale
30/01/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Polimi: il mobile chiave della multicanalità
giacomo broggi
3 l'advertising su tablet e smartphone ha raggiunto nel 2014 302 milioni di euro, pari al 15% del valore della
pubblicità internet. e questi device sono sempre più utilizzati nel processo d'acquisto "gli italiani passano
sempre più tempo a navigare in internet da smartphone, più di quanto ne passino giornalmente davanti a un
pc. le aziende si sono ormai rese pienamente conto della rivoluzione in atto e del fatto che il mobile possa
diventare il grimaldello che apre il portone della multicanalità - ha affermato andrea rangone, responsabile
scientifico dell'osservatorio mobile marketing & service -. e così nel corso del 2014 abbiamo assistito a una
forte crescita degli investimenti in mobile advertising, alla sperimentazione di diverse soluzioni di mobile
couponing, al ripensamento di alcuni processi di business in una logica customer-centric." non si può fare a
meno del mobile, che non è più una "novità" ma una realtà assodata. ormai le persone trascorrono più tempo
navigando da smartphone e tablet che da pc: ogni giorno, infatti, gli italiani che si connettono a internet via
mobile sono 15 milioni, online in media per 90 minuti. chi si collega da pc, 13 milioni di persone, naviga
mediamente 70 minuti. È questo il sunto dell'apertura del convegno dedicato a mobile marketing & service,
andato in scena ieri al politecnico di milano. e la pubblicità su questi device? È in crescita e ha raggiunto
quota 302 milioni di euro nel 2014, in aumento del 48% e pari al 15% del valore del comparto della pubblicità
online e al 4,5% della spesa pubblicitaria complessiva (nel 2012 valeva l'1%). insomma il mobile non è più
una moda e può vantare ampi margini di crescita in virtù di tutto il tempo che passiamo su questi dispositivi.
per chiarire lo stato del settore e le sue prospettive dailynet ha incontrato i responsabili della ricerca
dell'osservatorio mobile marketing & service andrea boaretto e marta valsecchi. ANDreA BOArettO:
«FiNAlMeNte Si PArlA Di StrAtegiA MA NON BANAlizziAMO il MOBile» «il mobile marketing non può essere
considerato come l'ultimo arrivato tra i canali di comunicazione: per esempio, sento spesso parlare di
quest'area come funzionale all'ottimizzazione del costo del grp televisivo. È vero, in questo senso può essere
utile, ma le potenzialità del mobile vanno ben oltre. il dato di fatto è che le persone passano sempre più
tempo su smartphone e tablet. ma devono essere raggiunte con un messaggio giusto, un contenuto di valore
e nel contesto più adatto. per massimizzare le potenzialità del mobile, occorre sviluppare piani integrati e uno
storytelling capace di attirare l'attenzione dell'utente/consumatore. alcune aziende si stanno cominciando a
muovere con progetti innovativi ma non abbiamo ancora una vera e propria consapevolezza strategica del
mezzo. il mobile, poi, può fungere da amplificatore degli altri media e qui torna il tema della convergenza: tutti
i mezzi devono lavorare in ottica integrata. ciò vale anche e soprattutto per il mobile. È necessario dunque un
planning strategico di marca se si vogliono ottimizzare gli investimenti sul mezzo, che per il 75% sono
appannaggio di facebook e google. ed è necessario che il restante 25% si attrezzi dando vita a strategie
imperniate sul consumatore. solo così possiamo rimischiare le carte in tavola». MArtA VAlSecchi: "creScitA è
lA PArOlA chiAVe Del FuturO MOBile" «il mobile ha assunto piena dignità nel media mix. lo confermano i
numeri di cui abbiamo discusso oggi (ieri, ndr), spinti dai forti investimenti multipiattaforma. non abbiamo
ancora in mano dati, ma il lungo tempo trascorso su smartphone e tablet sarà il fattore che porterà a un
ulteriore incremento della spesa sul mezzo anche quest'anno. restano da sciogliere ancora alcuni nodi, come
il perimetro di misurazione del comparto, anche in virtù del fatto che ci sono soggetti che attualmente non si
fanno rilevare. nel dettaglio, il comparto del mobile advertising è guidato dalla vendita diretta e dall'
ecommerce anche se stiamo notando una graduale intensificazione delle campagne branding, a fianco delle
tradizionali campagne a performance. per rendere veramente efficace un investimento in mobile adv è
necessario adottare formati diversi a seconda degli obiettivi, senza dimenticare la centralità del concept
creativo, che in spazi piccoli come quelli mobile, assume grande rilevanza. tra i trend maggiormente in voga
in questo settore, individuiamo l'esplosione del video e il progressivo contagio del programmatic advertising,
con la possibilità di scegliere con precisione il target da colpire prima di erogare la pubblicità. e anche i rich
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Analisi
30/01/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
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media sono sempre più spesso utilizzati dagli advertiser per comunicare su cellulari e tablet. in aumento è
anche l'incidenza del mobile sulla search, un fattore facilmente attribuibile allo spostamento del traffico su
questi device. in futuro prevediamo che l'attenzione degli operatori si catalizzerà sulla ricerca di modelli e
algortimi di tracciamento volti a inquadrare il ruolo del mobile nelle vendite. in questo senso sono già state
sviluppate modalità, come il mobile couponing, che permettono di rilevare il ritorno degli investimenti anche
quando l'acquisto è finalizzato sul punto fisico. un'altra sfida sarà quella di sfruttare appieno le possibilità di
targettizzazione e personalizzazione offerte dal mobile, in grado di aggiungere informazioni alle tradizionali
tipologie di targeting. sto parlando di variabili come meteo e geolocalizzazione, molto utili anche per le pmi.
infine, riguardo al tema della viewability, penso che sia un importante plus, ma le informazioni aggiuntive
vanno pagate di più, come sta già accadendo in usa». MOBile, uN FAttOre iNDiSPeNSABile Nel PrOceSSO
D'AcquiStO l'utilizzo del mobile tra i consumatori è significativo anche all'interno del processo d'acquisto: oltre
tre quarti dei mobile surfer, infatti, usa lo smartphone in almeno una delle fasi (pre-vendita, vendita, postvendita). in particolare, il 58% dei mobile surfer lo usa fuori dal negozio e il 41% direttamente dentro il punto
vendita; le due attività prevalenti sono la ricerca di informazioni sui prodotti da acquistare e il confronto prezzi.
il 18% impiega lo smartphone per attività a seguito dell'acquisto: tra quelle più frequenti ci sono il
monitoraggio della spedizione e la pubblicazione dei commenti sul prodotto. È il settore dell'elettronica di
consumo quello dove si registra la percentuale più alta di utenti che utilizzano lo smartphone nel processo
d'acquisto: il 60% dei mobile surfer contro il 48% del mondo abbigliamento e accessori e il 29% della gdo
grocery. sono molte anche le applicazioni dei brand scaricate dagli utenti. nella top 5 dei settori delle app
brandizzate più scaricate figura al primo posto banche e/o assicurazioni, al secondo trasporti e viaggi e al
terzo telecomunicazioni. seguono, ai piedi del podio negozi del mondo dell'elettronica e abbigliamento. "il
mobile è dunque pienamente entrato nel processo di acquisto - conclude guido argieri, telco&media director
di doxa - e 1 internauta su 3 ci dice che grazie allo smartphone l'esperienza d'acquisto è decisamente
migliorata. se la fase pre acquisto è predominante per tutti e caratterizzata soprattutto dalla ricerca di
informazioni sul prodotto, l'integrazione fisico-digitale nel punto vendita si dimostra centrale per i target di
clientela più evoluti e più ricettivi nei confronti delle iniziative mobile dei brand". <
Foto: presentato ieri a milano l'osservatorio mobile marketing & services
Foto: andrea boaretto andrea rangone
Foto: marta valsecchi
30/01/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Facebook vola con il mobile
25 Facebook vola con il mobile facebook vola sulle ali della pubblicità mobile e chiude il quarto trimestre 2014
con profitti in aumento del 34%. i forti investmenti fatti in questo settore stanno premiando il social e la
raccolta mobile vale oggi il 69% di quella totale, pari a 3,6 miliardi di dollari, rispetto al 66% del terzo trimestre
e al 59% di un anno fa. secondo quanto evidenzia il Wall street Journal, le entrate pubblicitarie per singolo
utente sono pari a 2,81 dollari, in netto aumento rispetto al passato. cresce anche il numero di video visti su
base giornaliera a circa 3 milioni sulla spinta della funzione auto-play. contestualmente la piattaforma di
menlo park, california, ha visto un ulteriore crescita dell'utenza: sono 1,39 miliardi le persone attive su base
mensile. nel terzo trimestre erano 1,35. anche qui gli investimenti di facebook stanno pagando: il progetto
internet. org, che mira a portare la connessione in tutto il pianeta è, infatti, funzionale all'incremento
dell'utenza e quindi anche della raccolta pubblicitaria. come già annunciato nella trimestrale precedente, i
costi di facebook sono in aumento, un fatto che preoccupa gli investitori, e sono oggi a quota 2,72 miliardi, in
crescita dell'87%. un dato dovuto in particolare all'incremento della spesa in ricerca e sviluppo. nel complesso
facebook ha registrato un utile netto nel trimestre di 701 milioni di dollari, contro i 523 milioni di un anno fa,
per un eps in miglioramento da 20 a 25 centesimi di dollaro. i ricavi sono aumentati del 49% a 3,85 miliardi, a
fronte della crescita tra il 40% e il 47% attesa dai vertici aziendali.
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Bilanci
30/01/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
I segreti per avere un blog attraente? Zanox svela la ricetta per il successo
15 I segreti per avere un blog attraente? Zanox svela la ricetta per il successo raccontare le proprie passioni
e condividerle in rete può essere molto divertente ed è un piacevole hobby per molti appassionati ed
entusiasti del mondo online, tuttavia, scrivere un blog per lavoro è un impegno decisamente diverso. come
trasformare un blog in un vero successo? zanox, il network attivo a livello continentale nel performance
advertising, ha racchiuso gli ingredienti vincenti in un breve decalogo di consigli e mosse strategiche per
rendere il proprio blog non solo una passione ma anche una fonte di guadagno. prima regola: conoscere il
proprio pubblico, sapere chi sono i lettori e quali sono i loro interessi. il rapporto con i lettori è molto
importante e va coltivato: bisogna interagire con loro per conoscerli al meglio e per fare conoscere se stessi.
twitter e facebook sono ottime fonti per fidelizzare gli utenti rispondendo alle loro domande e ai commenti,
cosicché a loro volta siano incentivati a consigliare il blog ad amici e conoscenti. occorre, poi, individuare il
canale dal quale provengono i visitatori, gli articoli che leggono di più e l'ora in cui si attivano maggiormente
sui social network, per ottimizzare sempre di più i post futuri. ANche l'OcchiO VuOle lA SuA PArte: eSteticA e
FuNziONAlità il blog deve avere un aspetto accattivante: uno dei compiti fondamentali del blogger è dare al
blog una veste grafica attraente e piacevole, tenendolo sempre ordinato e strutturato così da far sentire a
proprio agio i lettori. uno schema di navigazione ben pensato li faciliterà, infatti, nello sfogliare gli articoli e
delle immagini accattivanti li faranno ritornare. come incrementare il numero degli utenti? Keyword e social
network sono le parole d'ordine. in primo luogo è molto importante usare delle keyword significative sia nel
titolo che nel corpo del post affinché il blog sia incluso dai motori di ricerca tra i termini più popolari nell'ambito
di riferimento. in secondo luogo, i social media giocano un ruolo molto importante per diffondere i contenuti
del blog anche sulle piattaforme social con post dedicati oppure, talvolta, anche solo lasciando dei commenti
su altri blog o post con un link che riporti al proprio per dare maggiori dettagli. da non sottovalutare, infine,
l'opportunità di entrare in contatto non solo con i blogger del proprio ambito, certamente utili per reperire
risorse importanti e argomenti pertinenti, ma anche con persone al di fuori del proprio settore di attività, in
quanto risulta estremamente motivante osservare il modus operandi degli altri colleghi. DAl lettOre Agli
iNSerziONiSti: il BlOg cOMe FONte Di guADAgNO dopo aver ottimizzato tutti i punti precedenti, al fine di
trasformare il proprio blog in una realtà redditizia, l'ultimo step da affrontare è la presentazione agli
inserzionisti, chiave di volta perché il proprio blog possa ospitare in modo strutturato inserzioni pubblicitarie e
progetti speciali che renderanno il blog anche una reale fonte di guadagno. michele marzan, regional director
southern europe di zanox : "al fine di ottenere il massimo dagli inserzionisti zanox offre una vasta gamma di
opportunità in ambito pubblicitario dai deep link di facile utilizzo, ai banner pubblicitari di svariati formati
passando per i data feed di prodotto. zanox mette a disposizione il proprio marketplace per creare un profilo
editoriale attraente che spinga gli inserzionisti a mettersi in contatto con i blogger dando a loro la possibilità di
applicare programmi ad hoc per ottimizzare sempre di più il guadagno. tutto questo e altro ancora è
disponibile sul nostro sito all'indirizzo http:// www.zanox.com/ it/publishers/perc h e - z a n o x / s t r u mentiper-leditore. l'esperienza, infine, del team zanox è un aiuto prezioso per affrontare al meglio il mondo della
digital advertising e del performance marketing". il segreto per conservare la motivazione e l'ispirazione nel
tempo? "scrivere e condividere solo argomenti che realmente interessano e appassionano il blogger in prima
persona. gestire un blog richiede tempo e perseveranza, ma se si continua a lavorare con passione e
costanza, anche i guadagni cresceranno", conclude m i c h e l e m a r zan.
Foto: michele marzan
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Trend
30/01/2015
DailyNet
Pag. 12
(diffusione:15000, tiratura:15000)
euroNetMedia.org: pubblicità online a 2,4 mld nel 2015
Il comparto dell' internet advertising dovrebbe crescere del 18%, acquisendo una quota del 30% sul totale
mercato
il trend di incremento della pubblicità online registrato nel 2014 proseguirà anche nell'anno appena iniziato. lo
sostiene il global network specializzato in campagne di comunicazione e web marketing euronetmedia.org,
secondo cui questo segmento conoscerà un ulteriore incremento del 18% nel 2015, toccando i 2,4 miliardi di
euro, pari a una quota di mercato del 30% sul totale mezzi. la percentuale di crescita nel 2014 è stata di 13
punti percentuali rispetto all'anno precedente. diviene dunque fondamentale per le aziende comprendere le
potenzialità di internet in termini di comunicazione. le aziende stanno già aumentando i budget del marketing
digitale. "sia le grandi e medie imprese che quelle più piccole e perfino i professionisti, perché le soluzioni di
visibilità online sono accessibili con investimenti alla portata di tutti", puntualizzano gli esperti di
euronetmedia. org. la rete diventa così il nuovo terreno di gioco per il marketing: «costa meno ed è più facile
raggiungere target molto precisi» assicurano gli esperti di euronetmedia.org.
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Forecast
30/01/2015
DailyNet
Pag. 18
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Venerdì 30 gennaio rAPPOrtO itAliA 2015 roma alle 10 e 45 eurispes presenta i risultati del rapporto italia
2015. presso biblioteca nazionale centrale di roma, viale castro pretorio 105. per info e accrediti: 0687786189; [email protected]. lunedì 2 febbraio l'AgeNDA DigitAle Del VeNetO padova dalle 9 e 30
alle 17 presso villa ottoboni - via padre ezechiele ramin - si tiene il convegno l'agenda digitale del veneto
come strumento per la crescita. per info e accrediti: [email protected] Martedì 3 febbraio il
giOrNAle Del BellO milano alle 9 e 30 condé nast presenta il nuovo ad "il giornale del bello". presso il
ristorante la brisa, via brisa 15. per info e accrediti: simonetta saracino, 02-85613049;
[email protected]. MAke it WONDerFul milano alle 18 franke group invita all'anteprima di make it
wonderful. presso swiss corner, via palestro 2. per info e accrediti: grazia lotti rp, 02-6575103;
[email protected]. Nick Jr milano alle 11 e 30 vimni invita alla conferenza stampa dedicata al canale nick
Jr. presso la triennale, viale alemagna 6. per info e accrediti: francesca andreoni, 02-29517780. A leziONe Di
exPO milano alle 15 e 30 unicom organizza il seminario "a lezione di expo". presso la sede unicom, via san
calocero 2. per info: [email protected]. Mercoledì 4 febbraio e' OrA Di MODerN MArketiNg!
milano alle 11 e 45 oracle invita all'incontro stampa "e' ora di modern marketing!". presso straf hotel&bar, via
san raffaele 3. per info e accrediti: 02-91 33 98 11. giovedì 5 febbraio DigitAl iNVeStOr DAY milano alle 9 le
società digital a confronto con gli investitori su innovazione e impresa nel settore digitale. l'evento si terrà
presso park hyatt - via tommaso grossi 1. per info e accrediti: 02-45473884
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Agenda dal 30 gennaio al 5 febbraio
30/01/2015
DailyNet
Pag. 24
(diffusione:15000, tiratura:15000)
con Amazon, il postino suona sempre almeno due volte
Il colosso dell' ecommerce sarebbe seriamente intenzionato a puntare su servizi mail: secondo quanto
riferisce il Wsj, pronto il lancio di WorkMail
uno stato euforico piuttosto evidente anima le giornate dalle parti di amazon: il colosso dell'ecommerce e
degli e-book ha recentemente vinto un golden globe, arruolato Woody allen per una serie tv e annunciato che
produrrà 12 film all'anno; un lavoraccio che però pare non pesare sulla quotidianità degli addetti ai lavori.
infatti, amazon starebbe puntando fortemente sulla posta elettronica in ambito business, un settore dominato
da microsoft e, a distanza, da google. stando a quello che riporta il Wsj, la società nel secondo trimestre
lancerà Workmail, un servizio di email e calendario elettronico aziendale. "i clienti non sono felici delle loro
attuali soluzioni di email", ha detto adam selipsky, vicepresidente per il marketing di amazon Web services.
"non sono in pochi a percepire queste soluzioni come costose e complicate". Workmail cdovrebbe costare 4
euro al mese per casella di posta, un prezzo simile a quello di google apps for Work e del servizio microsoft
office 365. a guardarsi intorno, sembrerebbe di trovarsi di fronte a un vero e proprio trend: ibm nell'autunno
scorso ha lanciato un nuovo servizio di email per dipendenti, e anche startup come dropbox offrono servizi di
posta. il settore, infatti, si mostra redditizio e in espansione. nel 2014 i servizi email basati sul cloud hanno
generato ricavi per 6,3 miliardi di dollari a livello globale. la cifra, secondo i ricercatori di radicati group, salirà
a 16,9 miliardi nel 2018. per colin sebastian, analista di baird equity research, i servizi di posta potrebbero
generare 1 miliardo di ricavi annui per amazon, che oggi comunicherà i risultati finanziari del quarto trimestre.
Foto: il ceo Jeff bezos
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Mercato
30/01/2015
Pubblicita Today
Pag. 1
isRaele, al via la caMpaGNa adv 'alMeNo uNa volta Nella vita'
Fiorella Cipolletta
isRaele, al via la caMpaGNa adv 'alMeNo uNa volta Nella vita' pag. 9 lmeno una volta nella vita' è lo slogan
scelto dall' Ucio Israeliano del Turismo per rilanciare l'immagine del Paese. Un primo passo verso il
rinnovamento era stato fatto già nel 2009 con uno slogan innovativo che presentava Israele come una
destinazione per una vacanza 'Anima e Corpo', che punta a far conoscere nel continente europeo, e
soprattutto in Italia, 'il Vero Israele', cioè quelle mete non strettamente legate al turismo religioso. Ora lo
schema è davvero tutto nuovo, nuovo il concept, nuove le immagini. "Si è trattato di una sfida, la mia prima
sfida lavorativa davvero importante - ha dichiarato a Today Pubblicità Italia Avital Kotzer Adari direttrice da
pochissimi mesi dell'Ucio Nazionale Israeliano del Turismo a Milano -. La nuova campagna si focalizza su tre
immagini che sintetizzano a pieno la molteplicità della destinazione. Abbiamo voluto lavorare sul binomio
bellezza ed energia, perché questo è ciò che fa la dierenza". Le creatività rispecchiano l'evoluzione
dell'immagine della destinazione, meta irrinunciabile per tutti coloro che sono desiderosi di vivere la
straordinaria esperienza di un viaggio in una terra tanto splendida quanto emozionante: Gerusalemme 'la
Bella' che emoziona con il calore del tramonto dorato, simbolo di spiritualità irrinunciabile; Mar Morto che
incanta come uno dei luoghi più vivi e vitali del mondo; Tel Aviv che non smette mai di stupire, giovane ed
energica, meta sempre più ricercata da un pubblico giovane e non solo. Gli ampi body copy descrittivi
chiudono con il claim 'Israele, la Terra della Creazione' un invito a camminare nella storia. Israele entra nel
2015 con sostanziali novità: nuova e giovane l'immagine e nuovo il volto di chi guiderà per i prossimi anni
l'Ente a Milano. La nuova comunicazione creativa debutterà sulle riviste trade e di turismo "proprio da quello
che è il nostro specifico settore vogliamo dare il primo kick o - sottolinea Adari -. Per essere 'on air' per la BIT
di febbraio la campagna partirà fra 2 settimane per i primi 3 mesi dell'anno. Dal turismo procederemo poi
verso il mondo dell'online presentando due formati, uno di 30 ed uno di 20 e a queste farà il lancio del nuovo
canale su YouTube in italiano e una campagna Facebook e Google che partirà attraverso un mini sito
dedicato. L'anima di Israele emozionerà anche sul web alternando le immagini più belle al payo 'almeno una
volta nella vita'". La novità più grande infatti è proprio nel pay o. "In una frase siamo riusciti a riassumere tutto
il desiderio del pubblico sempre più curioso che vuole scoprire una terra inaspettata 'almeno una volta nella
vita', ma non certo una sola volta - continua Adari -. Negli ultimi due anni gli italiani hanno cambiato modo di
fare turismo. Fino a 7 anni fa Israele era considerata una meta di pellegrinaggio e attraeva sopratutto gruppi
religiosi. Oggi gli italiani arrivano individualmente in Isralele che scelgono come city break e per i ponti, grazie
ai voli giornalieri da Roma e Milano, ma anche da Venezia (El Al e Alitalia) e da Bergamo, Verona, Catania,
Bari. Gerusalemme, rimane una destinazione multiculturale e aascinante, a sole tre ore e mezza di volo
dall'Italia, la città più importante per le tre religioni monoteiste". Il pay o sarà anche il claim per il lancio del
nuovo canale YouTube in italiano dedicato all'Ente che sarà collegato ai social network e al nuovo mini site.
"Abbiamo voluto mantenere sempre questo chiusura - ha dichiarato Emilio Haimann , presidente di Hi!
Comunicazione , agenzia creativa che ormai da 9 anni lavora a fianco dell'Ente a Milano -, perché scoprire la
Terra della Creazione è la realizzazione di un sogno". La pianificazione sarà realizzata da Havas Media Italia
, centro media dell'Ente, che da ormai sei anni è partner di Israele a Milano.
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all'iNteRNo
30/01/2015
Pubblicita Today
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FaCebOOK, Nel q4 Il mObIle peSa Il 69% Delle eNTraTe pubblICITarIe
Facebook ha registrato nel quarto trimestre un incremento dei profitti del 34% in scia alla persistente crescita
della raccolta pubblicitaria in ambito Mobile. Il social network ha aumentato il proprio impegno per accrescere
la sua esposizione alla telefonia mobile negli ultimi anni e nel trimestre al 31 dicembre ha visto la relativa
raccolta pubblicitaria salire al 69% del totale, rispetto al 66% del terzo trimestre e al 59% di un anno fa. Al
contempo Facebook ha visto un ulteriore incremento degli utenti mensili attivi, saliti a 1,39 miliardi, dagli 1,35
miliardi del terzo trimestre e dagli 1,23 miliardi degli ultimi tre mesi del 2014. Inoltre gli utenti attivi giornalieri
sono saliti a 890 milioni, contro gli 864 milioni del periodo luglio settembre e i 757 milioni di un anno fa. Il
successo nella dimensione mobile è evidente anche in questo ambito: 750 milioni di accessi al giorno
avvengono da smartphone o tablet, con numeri che indicano una progressiva crescita. Ad accedere al
network via mobile è circa l'85% degli utenti, e più di un terzo utilizza la piattaforma esclusivamente con
smartphone e tablet. "Abbiamo fatto tanto nel 2014. La nostra comunità continua a crescere e stiamo facendo
progressi nel connettere il mondo - sottolinea l'ad mark zuckerberg -, che ha rivelato anche che sulla
piattaforma si registrano più di 3 miliardi di visualizzazioni di video ogni giorno: un aumento considerevole
rispetto al miliardo di questa estate. La maggior parte delle views avvengono via mobile". In generale
Facebook sta generando molte più revenue che in passato sul singolo utente. A livello globale, le entrate
pubblicitarie per utilizzatore sono aumentate del 31% nel Q4 2014, arrivando a 2,81 dollari, rispetto ai 2,14
dell'analogo periodo dell'anno scorso. In crescita sono però risultati anche i costi, balzati dell'87% a/a a 2,72
miliardi in scia in particolare al raddoppio delle spese per Ricerca e Sviluppo. Nel complesso Facebook ha
registrato un utile netto nel trimestre di 701 milioni di dollari, contro i 523 milioni di un anno fa, per un Eps in
miglioramento da 20 a 25 centesimi di dollaro. Infine i ricavi sono aumentati del 49% a 3,85 miliardi, a fronte
della crescita tra il 40% e il 47% attesa dai vertici aziendali.
Foto: Mark zuckerberg
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750 MILIoNI DI ACCESSI AL GIoRNo AVVENGoNo DA SMARTPhoNE o TABLET
30/01/2015
Pubblicita Today
Pag. 28
mObIle aDVerTISINg , Il merCaTO Supera I 300 mIlIONI DI eurO (+48%)
"Gli italiani passano sempre più tempo a navigare in Internet da Smartphone, più di quanto ne passino
giornalmente davanti a un Pc. Le aziende si sono ormai rese pienamente conto della rivoluzione in atto e del
fatto che il Mobile possa diventare il grimaldello che apre il portone della multicanalità - sottolinea andrea
rangone , Responsabile Scientifico dell' Osservatorio mobile marketing & Service -. E così nel corso del 2014
abbiamo assistito a una forte crescita degli investimenti in Mobile Advertising, alla sperimentazione di diverse
soluzioni di Mobile Couponing, al ripensamento di alcuni processi di business in una logica customer-centric".
Queste sono alcune delle evidenze emerse dall'Osservatorio Mobile Marketing & Service della School of
Management del Politecnico di Milano che intende mettere in luce come, in un contesto in cui il Mobile strumento per definizione personale e interattivo - diventa un nuovo punto di contatto con il cliente, sia
necessario che le aziende creino un legame affettivo con la marca lungo tutto il processo d'acquisto.
Secondo i dati diffusi ieri, sono in media 15 milioni i cosiddetti Mobile Surfer giornalieri, ovvero gli italiani
connessi a Internet ogni giorno da smartphone. Se si considera anche l'utilizzo del tablet, il numero di coloro
che accedono alla rete da device mobili raggiunge i 16,4 milioni. Gli italiani passano sempre più tempo a
navigare su Smartphone, precisamente 90 minuti al giorno a fronte dei 70 spesi davanti al monitor di un Pc.
La dominanza dello Smartphone sul Pc è ancora maggiore se si considerano le fasce d'età più giovani; in
particolare i 18-24enni trascorrono oltre 2 ore al giorno navigando da Smartphone e, soprattutto, il 60% di
questi utilizza nel giorno medio esclusivamente tale device (contro una media complessiva del 38%).
L'utilizzo del Mobile tra i consumatori è significativo anche all'interno del processo d'acquisto: oltre tre quarti
dei Mobile Surfer, infatti, usa lo Smartphone in almeno una delle fasi (prevendita, vendita, post-vendita). In
particolare, il 58% dei Mobile Surfer lo usa fuori dal negozio e il 41% direttamente dentro il punto vendita; le
due attività prevalenti sono la ricerca di informazioni sui prodotti da acquistare e il confronto prezzi. Il 18%
impiega lo Smartphone per attività a seguito dell'acquisto: tra quelle più frequenti ci sono il monitoraggio della
spedizione e la pubblicazione dei commenti sul prodotto. E' il settore dell'elettronica di consumo quello dove
si registra la percentuale più alta di utenti che utilizzano lo Smartphone nel processo d'acquisto: il 60% dei
Mobile Surfer contro il 48% del mondo Abbigliamento e Accessori e il 29% della GdO Grocery. Per quanto
riguarda il Mobile Advertising, la crescita del mercato conferma questa crescente consapevolezza verso le
opportunità offerte dal canale: nel 2014 supera, infatti, i 300 milioni di euro, registrando un incremento del
48%. Raggiunge così il 15% dell'Internet Advertising (solo due anni fa era il 5%) e il 4,5% del totale mezzi
(nel 2012 valeva l'1%). Il mercato rimane però fortemente concentrato, a livello sia di offerta sia di domanda.
Sul 'lato offerta', tre quarti del mercato sono nelle mani di Google e Facebook, che complessivamente
crescono di quasi il 60%; 'lato domanda', oltre il 60% degli investimenti riguarda le aziende che fanno vendita
diretta tramite il canale Mobile. "La maggioranza degli investimenti su Mobile - spiega marta Valsecchi ,
Responsabile della Ricerca dell'Osservatorio Mobile Marketing & Service - rimane legata a obiettivi di
performance, ovvero lead generation, download di App, iscrizione a newsletter, vendita. Nel 2014 sono però
cresciuti in maniera significativa anche gli investimenti con obiettivi di branding, con campagne realizzate
anche attraverso l'utilizzo del formato Video e Rich Media. Un altro trend emergente è lo sviluppo del
Programmatic Advertising anche su Mobile, non solo in termini di investimenti ad hoc, ma soprattutto in una
logica di pianificazione multicanale. Ma l'ambito di innovazione più rilevante che guiderà la crescita del
mercato nei prossimi anni è, a nostro avviso, la possibilità di sfruttare le enormi potenzialità di profilazione del
Mobile non disponibili su altri canali (ad esempio il geo-behavioral targeting)".
Foto: Marta valsecchi
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 30/01/2015
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I DATI DELL'oSSERVAToRIo MoBILE MARkETING & SERVICE DEL PoLITECNICo DI MILANo
30/01/2015
Pubblicita Today
Pag. 29
Il Web marKeTINg Nel 2015 CreSCerà Del 18%
La pubblicità online che già nel 2014 ha segnato in Italia un incremento del 13% rispetto al 2013, secondo le
analisi di euroNetmedia.org ( www.it.euronetmedia. org ), global network specializzato in campagne di
comunicazione e web marketing, avrà un ulteriore incremento del 18% nel 2015, toccando i 2,4 miliardi di
euro, pari ad una quota di mercato del 30% sulla spesa pubblicitaria complessiva. La comunicazione su
Internet diventa dunque ancora più centrale per le aziende : i dati elaborati da EuroNetMedia.org lo
confermano. Così i budget dedicati a inserzioni sui giornali e spot tv si ridimensionano nel 2015, ma il
marketing online conquista posizioni. Le aziende stanno già aumentando i budget del marketing digitale. "Sia
le grandi e medie imprese che quelle più piccole e perfino i professionisti, perché le soluzioni di visibilità
online sono accessibili con investimenti alla portata di tutti" puntualizzano gli esperti di EuroNetMedia.org . La
rete diventa così il nuovo terreno di gioco per il marketing: "costa meno ed è più facile raggiungere target
molto precisi" assicurano gli esperti di EuroNetMedia.org.
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aNalisi di euRoNetMedia.oRG
30/01/2015
Pubblicom Now
Pag. 1
Mobile advertising : +48% nel 2014
Elena Pescucci
Nel 2014 il mercato del mobile advertising in Italia è cresciuto del 48% e ha superato i 300 milioni di euro, pari
al 15% dell'internet advertising. Sono alcuni dei dati emersi dalla ricerca dell'Osservatorio Mobile Marketing &
Service del Politecnico di Milano. Le aziende sono sempre più consapevoli che il mobile sia un touchpoint
necessario nelle strategie di relazione e fidelizzazione dei consumatori. Crescono gli investimenti e
l'attenzione anche dei vertici aziendali. Nel 2014 il mercato del mobile advertising è cresciuto del 48% e ha
superato i 300 milioni di euro, pari al 15% dell'internet advertising. Sono alcuni dei dati emersi dalla ricerca
dell'Osservatorio Mobile Marketing & Service del Politecnico di Milano. Il lavoro, realizzato da Marta Valsecchi
e Andrea Boaretto, indaga sulle nuove soluzioni di mobile couponing (l'88% dei mobile surfer si dice, infatti,
molto interessato a usarli), e le logiche del costumercentric. Sono in media 15 milioni i cosiddetti mobile surfer
giornalieri, ovvero gli italiani connessi a internet ogni giorno da smartphone. Se si considera anche l'utilizzo
del tablet, il numero di coloro che accedono alla rete da device mobili raggiunge i 16,4 milioni. Gli italiani
passano sempre più tempo a navigare su smartphone, precisamente 90 minuti al giorno a fronte dei 70 spesi
davanti al monitor di un pc. La dominanza dello smartphone sul pc è ancora maggiore se si considerano le
fasce d'età più giovani; in particolare i 1824enni trascorrono oltre 2 ore al giorno navigando da smartphone e,
soprattutto, il 60% di questi utilizza nel giorno medio esclusivamente tale device (contro una media
complessiva del 38%). L'utilizzo del mobile tra i consumatori è signifi cativo anche all'interno del processo
d'acquisto: oltre tre quarti dei mobile surfer, infatti, usa lo smartphone in almeno una delle fasi (prevendita,
vendita, post-vendita). Sono molte anche le applicazioni dei brand scaricate dagli utenti. Nella top 5 dei settori
della app brandizzate più scaricate figura al primo posto banche e/o assicurazioni, al secondo trasporti e
viaggi e al terzo telecomunicazioni. «Alcuni settori hanno già maturato una vision strategica e l'hanno resa
operativa, come i pure player del mon do e-commerce, nei quali il mobile guida le scelte di investimento in
termini di sviluppo, design, usability - ha affermato Andrea Boaretto. - I retailer tradizionali, invece, si stanno
interrogando su quale possa essere la reason why per i propri con sumatori nell'uso dell'app. In questo
settore, tuttavia, abbiamo rilevato una crescente attenzione verso il potenziamento della shopping experience
dei consumatori, in particolare all'interno del punto vendita. Le aziende produttrici del settore largo consumo
utilizzano il mobile per conoscere i propri clienti e iniziare a costruire una relazione costante con loro, mentre
per le imprese di servizi (settore finance/banking, telco e utility) il mobile as sume un duplice ruolo strategico
di acquisizione nuovi clienti e di supporto al customer care. Nel settore automotive, il paradigma dell'internet
of things, delle connected car, rendono lo smartphone uno strumento di interazione col veicolo». «La
maggioranza degli in vestimenti su mobile - ha sottolineato Marta Valsecchi - rimane legata a obiettivi di
performance, ovvero lead generation, download di Aapp, iscrizione a newsletter, vendita. Nel 2014 sono però
cresciuti in maniera significativa anche gli investimenti con obiettivi di branding, con campagne realizzate
anche attraverso l'utilizzo del formato video e rich media. Un altro trend emergente è lo sviluppo del
programmatic advertising anche su mobile, non solo in termini di investimenti ad hoc, ma soprattutto in una
logica di pianificazione multicanale. Ma l'ambito di innovazione più rilevante che guiderà la crescita del
mercato nei prossimi anni è, a nostro avviso, la possibilità di sfruttare le enormi potenzialità di profilazione del
mobile non disponibili su altri canali (es. il geobehavioral targeting)».
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digital
30/01/2015
Pubblicom Now
Pag. 9
DGLine riconfermata per il nono anno da Svizzera Turismo
Svizzera Turismo si è affidata per il nono anno consecutivo alla web agency milanese DGLine per la ge
stione completa delle attività sui social media in Italia. Le due azien de collaborano dal 2007, con l'obiettivo di
incrementare la visibilità del brand e di aumentare il traffico verso il sito corporate attraverso un'attività di
comunicazione mirata. In particolare l'Ente del Turismo Svizzero si è affidato alla web agency per la gestione
completa degli account di Facebook e Twitter, la creazione di concorsi, di progetti speciali e applicazioni e per
la realizzazione di campagne advertising su Google, Bing, Yahoo!, Facebook e Twitter. La sinergia tra
agenzia e cliente ha portato quest'anno a risultati importanti con un aumento della fan base italiana sulla
pagina di Svizzera Turismo del 55% e un record di 4.128 "Mi piace", 273 commenti e 604 condivisioni su un
singolo post.
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social
30/01/2015
Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015
Pag. 100
(diffusione:15000, tiratura:20000)
GOOGLE PIÙ TRASPARENTE CON GLI INSERZIONISTI
a cura di Paola Cavaglià
Google ha annunciato che a breve farà sapere agli inserzionisti che utilizzano la sua piattaforma pubblicitaria
DoubleClick quale percentuale di annunci video di un'azienda o di un editore è stata vista e per quanto
tempo. "Il video è alla base degli sforzi di Google per spostare gli investimenti delle aziende dai media
tradizionali a quelli digitali e il controllo sulla loro visibilità è alla base del successo della pubblicità digitale", ha
spiegato Neal Mohan, vice president & display advertising di Google. Al momento Google fa pagare le
aziende solo per i display banner realmente visti, non si sa ancora se lo stesso trattamento sarà riservato a
quanti scelgono i preroll e midroll sui video. "Più avanti nel 2015 saranno messe a punto nuove soluzioni di
misurazione della visibilità anche per YouTube, con cui l'inserzionista saprà se l'annuncio è stato visto e per
quanto tempo, ascoltato, silenziato o lasciato girare su un'altra scheda in secondo piano", fanno sapere
dall'azienda. In compenso Google ha diffuso alcuni dati interessanti per quanto riguarda Google Partner
Select, il programma lanciato sette mesi fa che automatizza la vendita in tempo reale di pubblicità video on
line attraverso aste private che danno accesso a un catalogo di spazi altrimenti non disponibili, recentemente
implementato con nuovi canali tivù e publisher (tra cui Fox News, Discovery Channel, Animal Planet, Food
Network, Hearst Television, Rolling Stones , Us Weekly e Men's Fitness ). Secondo i dati diffusi da Google, il
pubblico guarderebbe interamente il 74% degli annunci video venduti attraverso il programma.
Foto: Neal Mohan, vice president & display advertising di Google.
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GLOBAL BUSINESS
30/01/2015
Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015 - diario 2104
Pag. 129
(diffusione:15000, tiratura:20000)
Diario DI 2014
CRONACHE DAL MONDO DELL'EDITORIA, DELLA TELEVISIONE, DELLA RADIO, DELLE TLC E
INTERNET E DELLA COMUNICAZIONE. PER NON DIMENTICARE Da dieci anni il numero di gennaio di
Prima Comunicazione contiene un elemento che consideriamo parte integrante del nostro lavoro informativo:
il Diario di Prima . Si tratta di una raccolta minuziosa e ragionata dei principali eventi dell'anno appena
passato e riguarda quattro territori su cui si sviluppa la comunicazione: il mondo editoriale, quello radiotelevisivo, quello internettiano e delle tlc, quello della comunicazione e della pubblicità. È un sistema per
mantenere vivo ed efficace lo strumento della memoria, attività che rischia di fluidificarsi fino all'inconsistenza
in un'epoca dove tutto corre veloce e altrettanto velocemente dimenticato. Un'epoca in cui la Rete macina e
distribuisce una quantità prepotente di notizie e informazioni e dove si fa ardua la ricostruzione di un quadro
d'insieme che permetta di ragionare ed esercitare una selezione significativa. Siamo convinti che una cultura
si costruisca anche attraverso una memoria lucida in grado di agire come perno fondamentale per chi si
occupa di informazione e comunicazione, per chi fa imprenditoria e gestisce la cosa pubblica. Anche
quest'anno ci siamo impegnati a mettere in fila centinaia di storie e di personaggi di realtà in permanente
ebollizione e mutamento. In questa edizione del Diario ci affianca come partner Lottomatica - Gtech, da
tempo impegnata a sostenere attività artistiche, culturali, di utilità sociale e del gioco responsabile (3,7%
dell'utile di gruppo è destinato a questo scopo). Alcune di queste iniziative sono notizie che trovano posto nel
Diario per i loro contenuti di comunicazione-cultura. Speriamo servano da buon esempio per tutti.
Carlo De Benedetti e Monica Mondardini (Gruppo L'Espresso) Laura Donnini (Rcs Libri) Donatella Treu (a
sinistra) e Anna Matteo (Gruppo 24 Ore)
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LE STORIE E I PERSONAGGI DI UN ANNO
30/01/2015
Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015 - diario 2014
Pag. 198
(diffusione:15000, tiratura:20000)
DIARIO 2014/ Internet e tlc
Al centro della scena digitale, in positivo e in negativo, restano sempre i big della Rete. Google per primo, che
si trova a dover fronteggiare l'offensiva degli editori e delle istituzioni. Due in particolare i temi caldi: il diritto
all'oblio e la questione fiscale, con la cosiddetta web tax che torna all'ordine del giorno in vari Paesi. Continua
a crescere intanto il peso dei social network, Facebook soprattutto, e l'uso dei device mobili, gli smartphone in
particolare (con Apple che la fa da padrone, tallonata da Samsung), mentre si affacciano sulla scena i
wearable device. In un anno dominato ancora dagli effetti della recessione, il mondo digitale risente della
congiuntura negativa, con la pubblicità on line che per la prima volta vede un segno meno davanti ai
consuntivi trimestrali, anche se l'anno si chiuderà con una modesta crescita. Non mancano però i segnali
positivi, come il boom della pubblicità video e di quella mobile (+41% in novembre). Tutto ciò in un contesto
che vede l'Italia ancora in ritardo su Internet: un terzo dei nostri connazionali non ha mai utilizzato la Rete. I
big delle tlc, da Telecom Italia a Vodafone, cercano una strada per colmare il gap digitale spingendo sulle
nuove reti a banda ultralarga, mentre il governo Renzi nomina Riccardo Luna digital champion italiano,
confidando nel suo iperattivismo per spingere l'innovazione, e Alessandra Poggiani alla direzione dell'Agid,
l'Agenzia per l'Italia digitale. Tra gli operatori italiani di Internet prosegue la sfida ai vertici dell'audience tra
ItaliaOnline e Banzai. La società guidata da Antonio Converti cerca nuove risorse per crescere in Borsa, ma
rinuncia poi per la negativa situazione del mercato. Un precedente che non scoraggia il gruppo fondato da
Paolo Ainio: in novembre Banzai avvia infatti la procedura per la quotazione nel segmento Star di Borsa
Italiana.
Foto: Antonello Giacomelli (Ministero dello Sviluppo)
Foto: Eric Schmidt (Google)
Foto: Papa Francesco
Foto: Aldo Bisio (Vodafone)
Foto: Alessandra Poggiani (Agenzia per l'Italia digitale)
Foto: Paolo Ainio (Banzai)
Foto: Roberto Napoletano (Sole 24 Ore, a sinistra) con Marco Patuano (Telecom Italia)
Foto: Riccardo Luna
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DIARIO 2014
30/01/2015
Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015 - diario 2014
Pag. 218
(diffusione:15000, tiratura:20000)
DIARIO 2014/Comunicazione e pubblicità
Scorrendo lo sviluppo annuale di due settori così delicati, turbinosi e insieme decisivi per il nostro sistema
sociale, come quello della comunicazione e della pubblicità, due elementi opposti sembrano emergere con
forza: l'immobilismo e la frenesia. L'immobilismo è riferito alla pressoché totale indifferenza da parte di chi
guida questo Paese rispetto a scelte necessarie che il presidente dell'Upa, Lorenzo Sassoli de Bianchi, non
fa che ribadire pubblicamente, auspicando il tax credit sul valore incrementale degli investimenti pubblicitari,
in modo da favorire una leva importante per rilanciare i consumi, richiamando all'urgenza di un intervento a
favore della banda larga e ricordando la ormai impellenza che richiede un riassetto profondo del sistema
radiotelevisivo di Stato, e cioè la Rai. Palazzo Chigi ha fatto 'orecchie da mercante' e tutto è rimasto
sostanzialmente invariato. Il che, con il passare del tempo, non fa che peggiorare la situazione. E la
situazione del mercato pubblicitario continua a dare segni negativi: gli ultimi dati Nielsen a disposizione,
mentre scriviamo, segnalano che il mercato degli investimenti pubblicitari nei primi 11 mesi dell'anno chiude a
-2,6% rispetto allo stesso periodo del 2013, circa 153 milioni in meno. Ma c'è chi prevede, come Norina
Buscone, vice president Research di GroupM, che il 2015 dovrebbe essere l'anno del ritorno alla crescita
della pubblicità. Sicuramente grazie a fattori economici e all'effetto Expo, ma anche grazie alla frenesia che
da tempo contraddistingue il mondo della comunicazione con le novità sul mercato dei media (all'interno del
quale Google e Facebook proseguono la loro marcia trionfale) e con lo svilupparsi anche in Italia delle
tecnologie digitali applicate alla distribuzione pubblicitaria, un nuovissimo settore di business che vede
schierati tutti i grandi centri media (da quelli di Wpp a Omg, Dentsu Aegis, Publicis, Ipd, Zenith Optimedia,
eccetera), e realtà indipendenti come Zodiak Advertising, la nuovissima Turbo, e nuovi protagonisti
tecnologici come Rubicon Project e Turn. A tale frenesia non sembra però corrispondere una altrettanto forte
decisione nel rinnovare il sistema di rilevazione (Auditel, Audiweb, Audipress, eccetera) la cui auspicata - e
ormai ineludibile - riforma resta poco più che una vaga promessa. Cambi importanti sono invece avvenuti ai
vertici delle grandi aziende statali o partecipate che hanno visto, insieme all'avvicendamento dei vari
presidenti e/o amministratori delegati, quello - secondo un insolito spoil system - dei corrispettivi capi della
comunicazione. Aziende come Eni, Enel, Poste, Terna, Finmeccanica e Ferrovie hanno visto uscire di scena
alcuni grandi nomi della comunicazione e cambiar casa altri, da Stefano Lucchini a Gianluca Comin, da
Simona Giorgetti a Giuliano Frosini, da Marco Forlani a Federico Fabretti. Sono, crediamo, movimenti che
possono giovare al sistema complessivo perché rimettono in circolo energie, scuotono rendite di posizione e
obbligano a rivivificare i rapporti tra comunicatori e le agenzie di pubblicità e i centri media, per non parlare di
quelli con i giornalisti.
Foto: Fabio Vaccarono e Carlo Carlo d'Asaro Biondo (Google Emea)
Foto: Giulio Malegori (Dentsu Aegis Italia)
Foto: Norina Buscone (GroupM)
Foto: Marco Ferrari (Turbo)
Foto: Maurizio Costa (Fieg) e Lorenzo Sassoli de Bianchi (Upa)
Foto: Massimo Ghedini (Manzoni) e Raimondo Zanaboni (Rcs Pubblicità)
Foto: Stefano Sala (Publitalia)
Foto: Ryan O'Keeffe (Enel)
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DIARIO 2014
30/01/2015
Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015
Pag. 38
(diffusione:15000, tiratura:20000)
Predizioni per il 2015
VITTORIO VELTRONI
Nei media e nell'e-commerce si afferma l'offerta di prodotti 'verticali', personalizzati; e-mail e social network
erodono risorse alla ricerca e al display; cresce il bisogno di misure certe nella pubblicità Ci sono due
tradizioni anglosassoni che osservo con religiosa regolarità. Mi piacciono perché uniscono ottimismo e
pessimismo, onnipotenza e senso di futilità. Il primo di ogni anno stilo i miei buoni propositi che altro non so
no che un misto di accettazione dei miei limiti e di ottimistica infondata certezza del loro superamento;
contestualmente, titanicamente, mi appunto tre o quattro predizioni per l'anno che arriva. Scommesse e
sensazioni, istinto e ragione, che mi guidano nelle mie attività e nelle mie let ture dell'anno. Sono abbastanza
certo che non volete sapere molto dei miei propositi alimentari, ma credo che i tre trend che ho in dividuato
per il 2015 vi possano interessare; eccoli. 1) Nei media come nell'e-commerce lo sviluppo della tecnologia,
delle forme organizzative e delle fonti di ricavo renderà obsoleto il modello generalista e universale. Infatti,
anche i grandi media e i grandi retailer, come Facebook, il New York Times , Netflix, Amazon o Walmart,
finiranno per usare la tecnologia per prendere le forme di una collezione di prodotti verticali, capaci di
sviluppare una conversazione diretta e continua con audience molto specifiche e molto omoge nee in termini
di interessi e di gusti. Questo sviluppo è inevitabile perché affonda le radici nei desideri delle audience, nei
modelli di sviluppo tecnologico del big data e nei modelli di business. Lettori e consumatori chiedono
informazione e prodotti immediatamente rilevanti, se possibile non banali, all'interno di esperienze
personalizzate di consumo o di acquisto che possano essere contemporaneamente comunicate alle cerchie
sociali e alle comunità di cui facciamo parte. Chi soddi sfa questo paradigma ha in noi non solo lettori e
consumatori; ma avvocati ed evangelisti. Chi ci delude troverà infedeltà e antago nismo. Non ci sono più
spazi per scarsità o liturgia, per logiche al ribasso, siamo ormai consci che la tecnologia e il talento ci sono e
che il nostro tempo e il nostro denaro richiedono rispetto e di sponibilità da parte di chi li vuole. Per ingaggiare
in questo modo il lettore consumatore, le aziende devono necessariamente sdoppiarsi; da una parte
assumere i contorni verticali di chi conosce in estrema profondità un settore, dall'altra parte l'accesso a dati di
consumo e comportamento così generali da saper offrire efficace mente agli individui e alle aziende
inserzioniste esperienze personalizzate all'interno delle diverse comunità. Per fare questo occorrono prodotti
e organizzazioni verticali, capaci di essere ossessivamente esaustive su un prodotto o su un settore, e lo
sviluppo di un'intelligenza orizzontale, che sappia seguire e analizzare i comportamenti di tutti i membri della
comunità per descriverne
Foto: Arthur Sulzberger Jr., editore del New York Times .
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NELLA RETE DI VITTORIO
30/01/2015
Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015
Pag. 40
(diffusione:15000, tiratura:20000)
Il 2015 sarà un anno ricco di...
ALESSANDRO ARAIMO
Come ogni inizio d'anno cominciamo a lavorare ricchi di speranze e buoni propositi, anche se gli ultimi anni,
per chi, come noi, ama il mondo dei media, non hanno dato molte soddisfazioni, soprattutto in Italia. Ma noi
non molliamo e per il 2015 ci auguriamo innanzitutto che finalmente la pubblicità inverta il trend negativo e
ricominci a crescere. La pubblicità rimane la benzina fondamentale del settore e la sua carenza ha generato
situazioni di crisi che hanno obbligato gli editori a importanti azioni di ristrutturazione e limitato le risorse da
investire nel digitale, cioè nel futuro. È solo un sogno? Forse no. La pubblicità ha ricominciato a crescere
nella maggior parte dei mercati occidentali, perfino in Spagna, che nell'ultimo anno ha visto tassi di crescita a
doppia cifra per tivù e Internet. In Italia il 2015 potrebbe essere l'anno dell'inversione di tendenza, anche
grazie all'impatto che l'Expo dovrebbe avere sul Pil. Ma la pubblicità dovrà continuare a reinventarsi per
riprendere a crescere, anche in un contesto economico favorevole. I clienti chiedono soluzioni (non semplici
spazi), multimedialità, coinvolgimento, evidenza del ritorno dei loro investimenti. Gli editori devono quindi
strutturarsi in termini di proposte e competenze commerciali, ma anche di elasticità editoriali, per rispondere a
queste esigenze. Se la pubblicità dovesse effettivamente ricominciare a crescere, come mi piacerebbe che
fossero investite le risorse incrementali generate? Innanzitutto in contenuti di qualità! Evolvono i mezzi,
cambiano i modelli di business ma per fare media con successo il contenuto di qualità rimane centrale:
nessun algoritmo matematico può sostituirlo. Per fare contenuti di qualità bisogna investire, oggi ancora più
che in passato, per distinguersi in un contesto dove l'utente è bombardato in maniera indistinta e senza
soluzione di continuità da contenuti amatoriali, semiprofessionali e professionali. Chi in passato su Internet ha
sottratto l'attenzione dell'audience agli editori tradizionali, grazie ai propri servizi (Google, Facebook, Amazon,
eccetera) o alla capacità di generare traffico su contenuti anche di qualità mediocre ma ottimizzati rispetto ai
principali algoritmi di ricerca sul web (per esempio BuzzFeed, Vice, Vox), oggi sta investendo parte dei suoi
ingenti profitti per produrre contenuti di qualità. Amazon ha appena siglato un contratto con Woody Allen per
produrre una serie web, Netflix ha prodotto alcune delle serie recenti di maggior successo come 'House of
Cards', BuzzFeed, sito di notizie cresciuto a ritmi vertiginosi grazie ad articoli con titoli perlomeno improbabili
(Un esempio: '17 musi di cuccioli che non potrete non baciare') ma capaci di essere condivisi milioni di volte,
sta investendo significativamente nel giornalismo investigativo con inviati in tutto il mondo. Per garantirsi un
futuro gli editori tradizionali ancora forti, non stremati dalla crisi, con competenze creative e brand rinomati,
dovranno fare uno sforzo ulteriore per non mollare. Non dovranno accontentarsi di sopravvivere, magari
bene, in un mercato sempre più digitale, più mobile, più web, ma rilanciare la scommessa per riprendersi quel
ruolo centrale nel mondo dei media che solo una leadership nella creazione di contenuto di qualità può dare.
Se ciò accadesse, cosa potrebbe rendere ancora migliore questo 2015? Penso la difesa, anche sui media
digitali, della proprietà intellettuale. Qualcuno potrà pensare che è impossibile fermare la pirateria, che è
antidemocratico regolare lo sharing, che il copyright è un retaggio del passato, ma fino a quando non sarà
garantita su tutti i mezzi digitali la protezione della proprietà intellettuale, lo sviluppo di modelli di business
realmente 'media' nel mondo web e mobile rimarrà un'ardua impresa. Oltre al recupero della pubblicità cosa
potrebbe dare ulteriore impulso al settore nel 2015? Sicuramente trovare un modo adeguato di monetizzare
lo sfruttamento dei contenuti sulle piattaforme mobile. Nel 2014 c'è stato un grande incremento della fruizione
di contenuti su smartphone e tablet ma i relativi ricavi da pubblicità e pay per content non sono cresciuti
proporzionalmente. Il potenziale è ovviamente enorme e dovrà passare per la crezione di contenuti sempre
più ad hoc correlati a proposizioni commerciali che facciano leva sull'interazione one to one e sull'estrema
targettizzazione della comunicazione. Ripresa del mercato della pubblicità, più contenuti di qualità, rispetto
del copyright, sviluppo del business mobile: è uno scenario ideale che potrebbe consentire finalmente al
settore media, anche in Italia, di tirare un po' il fiato e di guardare con maggiore ottimismo al futuro, dopo anni
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 30/01/2015
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MEDIA INDUSTRY
30/01/2015
Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015
Pag. 40
(diffusione:15000, tiratura:20000)
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 30/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
di pesanti, ma necessarie ristrutturazioni. Oltreoceano c'è qualcuno che, come me, ha una visione ottimistica
sul futuro del settore, se è vero che nel solo terzo trimestre 2014 le industrie media hanno ricevuto 1,8
miliardi di dollari di investimenti di venture capital, una cifra inferiore solo a quella destinata all'industria del
software.
Foto: Woody Allen. Amazon ha appena siglato con l'attore e regista americano un contratto per produrre una
serie web.
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L'indipendenza paga
Edwy Plenel ha vinto la scommessa di un sito d'informazione sostenuto solo dagli abbonamenti e senza
pubblicità : " Mediapart è un giornale radicalmente democratico. Gli unici che possono comprarci sono i nostri
lettori", dice. E spiega come il giornalismo on line può creare valore
Intervista di Luciano Bosio
Edwy Plenel, 62 anni, fondatore e direttore dal 2007 del sito francese d'informazione on line Mediapart .
Mastino del giornalismo investigativo, anima nera di Le Monde , insopportabilmente arrogante, formidabile
direttore che ha portato Le Monde al suo massimo storico di vendite, intransigente e autoritario, strenuo
difensore dell'indipendenza dell'informazione: queste e molte altre definizioni opposte sono state applicate a
Plenel, figura emblematica e di spicco del giornalismo francese degli ultimi trent'anni, uomo capace di
suscitare grandi odi - è stato probabilmente il giornalista più detestato dal presidente François Mitterrand, al
cui sistema di potere ha dedicato il libro di 600 pagine 'La part d'ombre' - e larghi consensi, come dimostra il
record di vendite raggiunto da Le Monde durante la sua direzione e soprattutto la scommessa vinta con
Mediapart , giornale on line finanziato solo dai lettori. Militante in gioventù della Lega comunista
rivoluzionaria, Plenel approda al giornalismo dalla politica scrivendo sul settimanale trotskista Rouge con lo
pseudonimo di Krasny. A Le Monde entra nel 1980 occupandosi di temi legati all'educazione, ma già nel giro
di due anni si fa notare per le sue doti d'inchiestista e comincia una carriera di grande inviato costellata da
numerosi scoop. Con l'arrivo nell'aprile del '94 alla direzione di Le Monde di Jean-Marie Colombani, che
governa il quotidiano assieme al presidente del Consiglio di sorveglianza Alain Minc, finanziere di
orientamento conservatore, Plenel viene nominato caporedattore e nel 1996 direttore della redazione. Sono
anni trionfali per Le Monde che nel 2002 supera le 400mila copie vendute e diventa il primo quotidiano
generalista francese, ma la crisi del giornale è alle porte e deflagra nel 2003 con l'uscita del libro 'La face
cachée du Monde', che mette sotto accusa la gestione autoritaria e di compromesso del quotidiano,
coinvolgendo anche Plenel. Lui ribatte con fermezza alle accuse per la parte che lo riguarda, cerca di
smarcarsi dal triumvirato, ma decide comunque di dimettersi dalla direzione nel novembre 2004 e lascia
definitivamente Le Monde il 31 ottobre del 2005. Nel 2007 annuncia il progetto di un giornale d'informazione
on line a pagamento, realizzato assieme ai giornalisti François Bonnet, Gérard Desportes, Laurent Mauduit.
Mediapart debutta il 16 marzo 2008 e acquista rapidamente notorietà e abbonati grazie a diverse inchieste:
nel mirino finiscono dall'ex ministro Rachida Dati alla miliardaria Liliane Bettencourt, fino al ministro delle
Finanze Jérôme Cahuzac, di cui Plenel rivela il conto in Svizzera. Nell'autunno 2009 Mediapart ha promosso
la nascita del Syndicat de la presse indépendante d'information en ligne, di cui Plenel è segretario generale
(foto Wikimedia/Xavier Malafosse). L'incontro con Edwy Plenel per questa intervista è avvenuto il 16
dicembre 2014. La sera del 7 gennaio 2015 dopo il massacro a Parigi nella redazione di Charlie Hebdo a
opera di due fondamentalisti islamici francesi, i fratelli Chérif e Said Kouachi, Mediapart ha aperto per primo
la redazione ai giornalisti di tutti i media per una serata "in memoria delle vittime e in difesa della libertà e
contro l'odio". C'è in Francia un quotidiano, pubblicato unicamente on line, che resiste con successo alle
prospettive sempre più precarie della stampa d'informazione. Si chiama Mediapart , è stato fondato nel 2007
da un gruppo di quattro giornalisti e dirigenti fuoriusciti da Le Monde e capitanati da Edwy Plenel, che di Le
Monde aveva diretto la redazione dal 1996 al 2004 realizzando un significativo successo di vendite.
Posizionato su una linea editoriale d'inchieste e rivelazioni, il quotidiano del pomeriggio aveva superato le
400mila copie di diffusione (oggi sono 275mila, digitali comprese) e raggiunto, per la prima volta nella sua
storia, l'utile di esercizio per cinque anni consecutivi. Sessantadue anni, un passato di militante trotskista di
cui sono rimasti alcuni segni, come un paio di baffi molto vintage e precisi riferimenti simbolici - "Sono il subcomandante Marcos di Mediapart ", dice di sé il presidente-direttore generale - Plenel vanta dopo 7 anni di
attività un bilancio lusinghiero, di cui va assai fiero. "Non è la prima volta che dimostro di saper creare valore
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
con l'attività editoriale", afferma con linguaggio da analista finanziario. Alla fine del 2014 Mediapart , che è un
sito interamente a pagamento e non accetta pubblicità, ha un portafoglio di 105mila abbonati che pagano
(salvo quelli ancora in fase promozionale) 9 euro al mese. Il fatturato è di 8,9 milioni di euro e l'utile operativo
di 1,4 milioni. L'azienda è totalmente autofinanziata, è in attivo ormai dal 2011, non ha debiti e prevede, a
fronte di ricavi in crescita, di mantenere per i prossimi tre anni un margine del 16%. Fra tre anni, i quattro
fondatori, che detengono il 40% delle quote di Mediapart , contano di passare la mano e la loro intera
partecipazione ai dipendenti. Il 20% delle quote appartiene all''Associazione degli amici' (88 persone fisiche),
il restante 40% a due industriali dell'informatica "affezionati all'indipendenza della stampa". È al fondo lo
schema proprietario che fu di Le Monde e di Libération , ma che in Francia era totalmente scomparso dai
radar. Non bisogna dire a Plenel che Mediapart è un giornale di sinistra, e tantomeno di estrema sinistra.
"Siamo un giornale radicalmente democratico", sostiene. "Non possiamo riconoscerci nella politica della
sinistra, né in quella di governo, né in quella di opposizione". Con ogni evidenza Plenel dirige il partito di
Mediapart : una formazione particolarmente lucida sull'origine dei problemi che tra cambiamenti di proprietà,
chiusure, ristrutturazioni e licenziamenti stanno portando la stampa francese sull'orlo della crisi di nervi. Alla
base di questa crisi, come del resto in tutto il mondo occidentale, c'è la caduta verticale dei ricavi pubblicitari
della carta stampata che in Francia nel secolo scorso erano particolarmente elevati. Ed è su questo tipo di
finanziamento che Plenel propone di mettere una croce. "Noi non siamo ostili alla pubblicità", spiega, "ma ci
opponiamo al modello della totale gratuità dell'informazione finanziata dalla pubblicità, un'illusione che a
cavallo del Duemila si è impadronita dell'insieme degli editori, convinti di poter utilizzare Internet con lo stesso
modello economico della free press. Prima - Un errore evidente. Perché, secondo la sua esperienza? Edwy
Plenel - È un errore totale: innanzitutto perché la rivoluzione digitale distrugge valore prima di crearne di
nuovo, compreso il valore della pubblicità, che sull'on line è di gran lunga inferiore a quello sulla stampa.
Sulla Rete esiste una situazione di privilegio per quanti, come Google, non producono informazione, ma
vanno solo a caccia di ricavi pubblicitari, occultando la vera natura della loro attività. E, d'altra parte, non
credo che la pubblicità dei siti d'informazione, il display advertising, abbia trovato sul web un modello
editoriale convincente. Resta inquinante, disturba il lettore e la lettura, salvo la video pubblicità che ha ripreso
il modello televisivo. In secondo luogo, la scelta di finanziarsi con la pubblicità genera una dipendenza
strutturale dall'audience, e questo non può essere il criterio che misura l'informazione di qualità. Noi non
vogliamo dipendere dai click e dalle grandi masse degli utenti on line: privilegiamo un lettorato fedele, che
accede a Mediapart perché crede nel valore del nostro lavoro d'informazione. Non ci servirebbe granché
aggiungere al nostro fatturato - che proviene esclusivamente dagli abbonamenti sottoscritti dai nostri lettori qualche ricavo pubblicitario. Proprio mentre le barriere che separavano l'informazione dalla pubblicità stanno
cedendo, grazie all'impostura del native advertising - e questo anche in grandi giornali come il New York
Times e Le Monde - mi pare essenziale mantenere la nostra linea e dimostrare che un giornale digitale può
fare degli utili senza un centesimo di ricavi pubblicitari. Prima - Pensa che il vostro modello valga per ogni tipo
di testata, e non solo per un giornale di tipo militante? E. Plenel - Perché parla di un giornale militante? Siamo
un giornale che difende la democrazia, che ha provato che la stampa può emanciparsi dai conflitti d'interesse
che mettono in crisi il rapporto di fiducia con i lettori e attorno al quale cresce una curiosità professionale
ormai a livello internazionale. Con 105mila abbonati realizziamo la metà della diffusione, tra vendite e
abbonamenti, del Figaro e di Le Monde - entrambi appena sopra le 200mila copie medie quotidiane. Siamo i
loro concorrenti: un giornale totalmente digitale e completamente indipendente, il cui successo non è
destinato ad arrestarsi, mentre le performance di tutti i quotidiani e dei newsmagazine, totalmente dipendenti
dalla pubblicità, peggiorano ogni giorno di più. E d'altronde i grandi quotidiani sono stati tutti venduti a
soggetti portatori d'interessi estranei all'industria dell'informazione: il Figaro a Serge Dassault, che opera
nell'industria militare, Le Monde e Libération rispettivamente a Xavier Niel e Patrick Drahi, due dei principali
attori dell'industria delle telecomunicazioni che dipendono dalle concessioni governative. Tutti questi giornali
sono oggi in una situazione di conflitto d'interesse. Prima - Mi pare assai pessimista sull'avvenire di quelli che
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
si definiscono i grandi brand della stampa francese: il Figaro , 150 anni di storia, Le Monde , che festeggia
quest'anno 70 anni... E. Plenel - Io non dico che l'informazione stampata sia destinata a scomparire,
Mediapart ad esempio pubblica ogni anno svariati libri. Ma il modello economico di quelli che furono i grandi
quotidiani o i grandi settimanali come L'Observateur , L'Express e Le Point è seriamente minacciato. La
rivoluzione digitale è un punto di non ritorno. Le spese che generano la carta, la stampa e la distribuzione oltre il 60% dei costi di quelle testate - sono sempre meno sostenibili. Le caratteristiche chiuse e statiche del
prodotto cartaceo sono inadatte al vissuto delle nuove generazioni e alla realtà dell'offerta di informazione
generata oggi dalla radio, dalla tivù e soprattutto da Internet. Il digitale, d'altra parte, rappresenta una
rivoluzione totale nell'offerta di partecipazione ai lettori, nel legame con il pubblico. A Mediapart , e solo a
Mediapart , ogni abbonato può aprire un blog, ogni giorno vengono postati migliaia di commenti in cui ci si
esprime liberamente. Su Le Monde i commenti vengono moderati da una società esterna il cui personale
risiede in Marocco... Noi non abbiamo bisogno di moderare i commenti dei nostri lettori. Non abbiamo padroni
a cui rendere conto, ma soltanto lettori ai quali garantiamo la verità delle informazioni che pubblichiamo.
Come dice il nostro slogan: 'Gli unici che possono comprarci sono i nostri lettori'! E quanto ai ricavi, la quasi
totalità va agli stipendi dei nostri giornalisti, alla creazione di valore. Gli utili, che quest'anno corrispondono al
16% del fatturato, sono totalmente reinvestiti nel prodotto editoriale. Prima - Le grandi testate storiche
d'informazione stanno tentando di reinventarsi sulla Rete. Ed è innegabile che abbiano un buon successo di
audience, anche se i risultati economici non sono brillanti. E. Plenel - Appunto. Hanno milioni di utenti unici
ogni mese, catturati grazie a una politica editoriale basata su un'informazione facile e su titoli acchiappatutto,
ma a cosa gli serve? Il Figaro è strutturalmente deficitario da oltre dieci anni, e Le Monde registrerà
quest'anno un passivo di 10 milioni. Per il momento nessuno è riuscito a rovesciare la situazione derivata
dall'errore strategico fondamentale fatto dagli editori all'inizio degli anni Duemila, quando decisero di
pubblicare a fianco di un'edizione cartacea a pagamento un'edizione digitale gratuita. Si è creata così una
situazione schizofrenica: da una parte si cerca di produrre valore per il pubblico dei lettori, dall'altra si rincorre
l'audience, cioè il traffico sul sito, da vendere agli utenti pubblicitari, copiando il modello della radio e della
televisione commerciale. Questo naturalmente ha una conseguenza sui contenuti, sempre più divergenti,
pubblicati sotto lo stesso marchio e sempre più realizzati, nel quadro dell'egemonia del digital first - adesso
addirittura mobile first - dalla stessa comunità di giornalisti. Prima - Quindi, lei sostiene, in questo modo non si
fa altro che aggravare la crisi della stampa, perché da una lato si crea valore e dall'altro lo si distrugge. E.
Plenel - Siamo stati i primi ad affermarlo nel 2008, alla nascita di Mediapart . Da allora alcune testate, in
primis il New York Times , hanno messo a pagamento alcune aree del sito, scelta di cui è ancora difficile
valutare gli effetti anche se, purtroppo, i licenziamenti di giornalisti continuano. Noi invece assumiamo:
abbiamo cominciato in 27, adesso abbiamo 54 dipendenti fissi, di cui 30 giornalisti professionisti, oltre a 20
collaboratori esterni. Stiamo creando il giornale del XXI secolo in Francia, una testata che rimette al centro
della sua attività il valore dell'indipendenza, garantita dal controllo dei giornalisti sulla proprietà. Era
esattamente questo il Dna di Le Monde , di cui sono stato direttore fin quando è stato possibile difenderne
l'indipendenza. Quando non è stato più possibile ho deciso di ricreare, con altri ex di Le Monde , le condizioni
di quell'indipendenza: lo facciamo su Internet perché il quadro industriale e tecnologico è cambiato, e la carta
non permette più di equilibrare i costi e i ricavi. Ma i valori che difendiamo sono gli stessi. E abbiamo anche
sfatato alcuni miti relativi al digitale: come quelli secondo cui sul web bisogna fare dei pezzi corti - due cartelle
al massimo! - e pubblicare un flusso ininterrotto d'informazioni. Noi di cartelle possiamo scriverne ben più di
due e pubblichiamo tre edizioni al giorno! Prima - È possibile immaginare una testata indipendente anche se
la proprietà non è controllata a maggioranza dai giornalisti? E. Plenel - È difficile, ma non impossibile. Se si è
in presenza di una cultura democratica autenticamente liberale, se le regole di funzionamento dell'impresa
prevedono una barriera insormontabile tra i capitali e la redazione, si può immaginare che il controllo dei
giornalisti non sia indispensabile. Ma nei nostri Paesi non è così. Da noi prevale quella che il fondatore di Le
Monde , Hubert Beuve-Méry, chiamava "la presse d'industrie". Cioè la stampa controllata da industriali che si
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
preoccupano essenzialmente che i giornali non nuociano ai loro interessi. Non pubblichino informazioni che
danno loro fastidio. Possiamo pensare che Dassault si disinteressi delle informazioni che il Figaro pubblica
sul Medio Oriente, che è il principale mercato su cui vende le sue armi? Quanto a Le Monde e Libération ,
erano ammirati perché controllati realmente dalle rispettive redazioni, il che dava loro anche notevoli
opportunità creative. Ora che non è più così, ora che Le Monde non è più diretto da un giornalista ma da un
manager (Louis Dreyfus: ndr), noi pensiamo che Mediapart possa riprendere e rendere attuale, sul digitale,
quel modello. Prima - Lei ama citare George Orwell, per il quale la libertà consiste nell'affermare ciò che gli
altri non vogliono sentire e il giornalismo consiste nel pubblicare le informazioni che danno fastidio al potere.
Potrà succedere che Mediapart appoggi un governo perché ritiene che la sua politica vada nella direzione
giusta? E. Plenel - Assolutamente no. Noi abbiamo auspicato un'alternanza di governo e la fine della brutale
presidenza di Nicolas Sarkozy. Appena Hollande è stato eletto, però, abbiamo pubblicato delle informazioni
che hanno messo al tappeto il governo socialista (lo scoop sul conto svizzero del ministro delle Finanze,
Jérôme Cahuzac: ndr). Un giornale indipendente non deve essere prigioniero delle sue prese di posizione
politiche. Un giornalista può avere delle convinzioni, ma non deve essere condizionato da un orientamento
ideologico. In nessun caso può rifiutarsi di pubblicare un'informazione d'interesse pubblico. Se lo fa, cade in
un giornalismo di governo. Il mandato dei giornalisti consiste nel pubblicare le informazioni che permettono al
pubblico di formarsi autonomamente un giudizio sugli affari pubblici. Il resto non è giornalismo, è
comunicazione. Prima - Tutti i vostri concorrenti digitali hanno aperto all'intrattenimento e al gossip per
accrescere la loro audience e avere più pubblicità. Voi invece avete scelto di finanziarvi con gli abbonamenti
dei lettori, ma che tipo d'informazione bisogna fare per attirare e poi tenersi stretti gli abbonati? E. Plenel - Un
giornale digitale di qualità si basa sulla selezione degli argomenti e la gerarchia delle informazioni. Non
abbiamo alcuna intenzione di lavorare sulla quantità per sedurre nuovi lettori. Quello su cui lavoriamo è
l'esclusività dei nostri pezzi. Su Mediapart si deve sempre trovare, per ogni tema importante, qualcosa che
non si trova su altri giornali, di carta o digitali. Questo è il cuore del nostro posizionamento. Oggi i lettori
possiedono già quasi tutte le informazioni quando arrivano su Mediapart . Queste informazioni noi le
pubblichiamo, insieme alle loro fonti. Ma quello che cercano da noi è un plusvalore, un approccio
indipendente, originale ed esclusivo che non hanno visto, sentito, o letto altrove. Il successo di Mediapart non
deriva certo dagli editoriali o dalle opinioni dei suoi fondatori, ma dalle informazioni esclusive che pubblica.
Perciò nessuna modifica della linea editoriale è in vista. Potremmo invece applicare gli stessi principi a
un'altra testata, in particolare d'informazione economica, visto che in Francia è rimasto un solo quotidiano
economico, Les Echos , che appartiene a uno degli uomini più ricchi d'Europa, Bernard Arnault, patron di
Lvmh, che è anche uno dei primi clienti pubblicitari della stampa nel mondo. Quindi ci si può interrogare
sull'indipendenza delle informazioni che vi vengono pubblicate, e sui possibili effetti della linea editoriale su
un esercizio leale della concorrenza nel mondo economico. Prima - Ma non avete mai pensato a prospettive
a livello europeo? Ad esempio a una forma di network attorno a Mediapart ? E. Plenel - I nostri articoli
vengono già tradotti in spagnolo e in inglese. Abbiamo una collaborazione editoriale e finanziaria con il sito
spagnolo Info Libre , di cui Mediapart è azionista al 10%, e primi contatti in Italia con Il Fatto Quotidiano .
Riceviamo molte visite a Parigi da diversi Paesi del mondo per studiare la ricetta del 'miracolo Mediapart '. E
naturalmente faremo alleanze solo con testate indipendenti. Intervista di Luciano Bosio
Foto: Edwy Plenel con Jean-Marie Colombani (al centro) e Alain Minc in una foto del 2002, quando erano
rispettivamente direttore della redazione di Le Monde , direttore di Le Monde e presidente del Consiglio di
sorveglianza (foto Olycom).
Foto: Ségolène Royal, ministro francese dell'Ecologia, dello Sviluppo sostenibile e dell'Energia dal 2 aprile
2014. Quando nel 2007 Plenel annuncia il progetto di Mediapart, sono molti i politici di diverso orientamento a
manifestare apprezzamento per una nuova e coraggiosa iniziativa nel mondo dell'informazione. Ma il
sostegno che all'epoca fa più rumore, provocando anche un dibattito all'esterno e all'interno della redazione,
è quello della socialista Ségolène Royal (sconfitta alle elezioni presidenziali del 2007) che invita i militanti
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
della sua associazione, 'Désirs d'avenir' ad abbonarsi. Accuse alle quali Plenel risponde rivendicando il valore
di un sostegno da parte di personalità molto diverse e appartenenti a differenti aree politiche (foto Olycom).
Foto: Un'immagine della serata nella redazione di Mediapart la sera del 7 gennaio, e la home page di
Mediapart del 14 gennaio.
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ISABELLE HARVIE-WATT 'ACCENDE' LUXHUB A LIVELLO GLOBALE
EMANUELE BRUNO
Dopo un'attenta gestazione è stata ufficialmente lanciata la versione internazionale di LuxHub. La struttura di
Havas Media Group decollata nel nostro Paese nel 2012 vuole adesso estendere in altri mercati chiave
l'alchemico mix di expertise nel media, la comunicazione e il marketing a disposizione dei marchi della moda
e del lusso. Il network avrà come quartier generale Milano, ma metterà subito in rete le competenze molto
verticali sul tema del gruppo già diffuse a Londra, Parigi, New York e Dubai. Alla guida del progetto c'è
Isabelle Harvie-Watt, che rimane ceo di Havas Media Group nel nostro Paese, e avrà il compito di fare
espandere la sigla negli sbocchi naturali di Shanghai, Francoforte, Hong Kong, Tokyo e Mosca. "Sulla
conoscenza e i servizi per questo ambiente non sono possibili approssimazioni", sottolinea la manager. Nel
background quattordici anni in Giorgio Armani, cinque in Versace e più recentemente, prima di approdare in
Havas, anche una militanza in Tod's Group, Harvie-Watt spiega: "Bisogna innanzitutto disporre di alcune
fondamentali competenze 'tradizionali', avere l'esperienza e le relazioni che consentono di padroneggiare
codici e dinamiche di mercato molto diverse da quelle del mass market, quasi anti intuitive per chi viene da
altri settori, e integrarle con le nuove possibilità aperte dallo sviluppo dei media digitali". Sapere utilizzare i big
data, la forza dei social se è il caso, riuscire a fare engagement, ma senza tradire le attese che il target
mantiene per un tipo di rapporto con la marca e il prodotto che rimangono all'insegna dell'esclusività. "I brand
del lusso", continua Watt, "sanno che hanno bisogno di costruire delle relazioni più forti con i propri
consumatori, che la trasformazione digitale non è più 'una' delle opzioni, ma crescere nella distribuzione on
line e nella costruzione di strategie di contenuto forti è fondamentale". Secondo la manager LuxHub
rappresenta la mediazione corretta, la maniera giusta "per accorciare le distanze tra il linguaggio delle
agenzie e quello delle aziende del lusso". Tra pochi giorni il network divulgherà un primo studio sul lusso,
basato sui dati raccolti su un campione di mille persone che rappresentano il primo 10% delle persone con il
più alto reddito in Cina, Francia, Germania, Italia, Russia, Spagna, Usa, Emirati Arabi Uniti e Regno Unito.
L'idea è quella di monitorare mensilmente i trend nei settori retail, viaggi, arredo per la casa, auto, gioielli e
arte.
Foto: Isabelle Harvie-Watt, ceo di Havas Media Group Italia e responsabile di LuxHub.
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Alla ricerca del lettore perduto
I quotidiani gratis per una settimana, tutti i settimanali e i mensili a 15 euro al mese: parte con questa formula
l'edicola on line degli editori italiani. Gli obiettivi: conquistare nuovi lettori e allargare il mercato finora limitato
dei giornali digitali, facendo concorrenza a Apple e agli altri big del settore. I vantaggi per gli editori:
conoscere gusti e comportamenti dei propri clienti e organizzare operazioni di marketing e iniziative
promozionali in modo semplice e veloce
Claudio Cazzola
Il 15 gennaio è partita, dopo una lunga gestazione, l'Edicola Italiana, chiosco on line per la vendita di
quotidiani e periodici in formato digitale, a cui si può accedere da pc, smartphone e tablet. È la risposta degli
editori italiani di giornali allo strapotere di Apple, con il suo iTunes Store, e degli altri big della Rete che finora
hanno monopolizzato la distribuzione digitale dei giornali, con tutte le limitazioni che questo comporta per il
business degli editori, dalle pesanti commissioni da pagare (circa il 30% sul prezzo di vendita) al fatto che
l'editore ha perso il contatto diretto con i suoi clienti. Sono due i protagonisti di questa nuova iniziativa: il
Consorzio dell'Edicola Italiana, di cui fanno parte sei grandi editori (Rcs MediaGroup, Gruppo L'Espresso,
Gruppo 24 Ore, Mondadori, Caltagirone Editore e l'Italiana Editrice della Stampa e del Secolo XIX ), e
Premium Store, la startup di Digital Magics che ha realizzato la piattaforma e reperito i finanziamenti
necessari per l'avvio del progetto. La funzione del consorzio è quella di aggregare gli editori, di dare le linee
guida, stabilire le policy, organizzare le campagne comuni per lanciare l'iniziativa. Premium Store si occupa
invece della parte tecnologica, dello siluppo e della gestione commerciale dell'Edicola Italiana. "La volontà fin
da subito è stata quella di creare una piattaforma dove mettere insieme l'industria editoriale italiana, in forma
di consorzio aperto a tutto il mercato (la quota di adesione per gli editori è di mille euro)", spiega Alberto
Fioravanti, partner di Digital Magics e amministratore delegato di Premium Store. "È una piattaforma che
consente di fare, misurare, sperimentare, perché il nostro settore ha bisogno di laboratorio, ha bisogno di
provare tutte le strade per raggiungere nuovi lettori. L'Edicola Italiana è l'unico posto dove il pubblico può
cercare e trovare i contenuti di tutta la carta stampata italiana". Il primo obiettivo è stato quello di costruire un
sistema di facile uso, alla portata di tutti, senza inutili complicazioni tecnologiche o burocratiche. "L'utente
vuole un modo semplice di comprare i giornali digitali", afferma Fioravanti. "Questo significa registrare i propri
dati una volta sola e comprare qualsiasi giornale utilizzando una sola password, senza doverla reinserire ogni
volta. Sull'Edicola Italiana, con una sola pass si accede a tutto il sistema editoriale italiano. Inoltre abbiamo
unificato i termini e le condizioni contrattuali, in modo che l'utente sottoscriva il documento una volta sola,
all'atto dell'iscrizione all'Edicola. Lo stesso vale per la carta di credito: anche questa si inserisce una sola
volta, poi si può acquistare qualsiasi giornale. Tutto ciò, come è evidente, ha richiesto del tempo. Ma il
sistema ora offre molti vantaggi, sia agli utenti che agli editori". Prima - Quali sono i vantaggi per gli editori?
Alberto Fioravanti - Uno dei più importanti è la possibilità di utilizzare la piattaforma dell'Edicola per realizzare
velocemente operazioni promozionali su varie testate, anche coinvolgendo più editori, ad esempio creando
pacchetti, bundle. Se Il Messaggero decide di fare una campagna speciale assieme a Quattroruote, la può
mettere on line in due giorni e può vedere immediatamente che risultati dà. Tutto questo grazie al cervello
dell'Edicola Italiana, che sta al centro del sistema e fa parlare tra loro i server degli editori. Un'altra grossa
opportunità è che sull'Edicola Italiana finalmente gli editori possono raccogliere i dati sulle abitudini di
acquisto e sul comportamento dei clienti. Prima - Come funziona il sistema di profilazione dell'Edicola? A.
Fioravanti - Abbiamo copiato il modello di Netflix, che ha introdotto la profilazione all'interno della famiglia per
vedere chi sta guardando la televisione in un determinato momento. Sull'Edicola abbiamo adottato lo stesso
principio: un unico abbonamento, un'unica pass cumulativa per tutta la famiglia, ma con la possibilità di
creare tanti profili diversi per ogni suo membro. In questo modo ognuno si ritrova sulla scrivania del computer
o del tablet le riviste che gli interessano e non quelle scelte dagli altri componenti della famiglia. Anche il
sistema di lettura dei giornali è analogo a quello adottato da Netflix per i film e i programmi tivù: lo streaming.
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Prima - L'utente cioè non scarica sul computer la copia digitale ma la legge sul web? A. Fioravanti - Sì. Il
sistema è pensato per il web, i giornali si leggono in streaming. Abbiamo fatto riemergere un servizio che gli
editori avevano già da tempo ma che era un po' nascosto, non era ben valorizzato: lo sfogliatore web,
realizzato in modo da essere accessibile da qualsiasi device. Se un editore non ce l'ha glielo realizziamo noi.
Pensiamo che sia il modo migliore per raggiungere un pubblico nuovo: non occorre convincere l'utente a
scaricare un'app (le statistiche ci dicono che sono pochissime le applicazioni scaricate e ancora meno quelle
effettivamente usate); è molto più semplice far provare un contenuto via web, attraverso lo streaming. Se
l'utente vuole leggersi il giornale quando non è connesso a Internet, ad esempio mentre è in viaggio, può
comunque installare l'app e fare il download del giornale. Prima - La formula commerciale è diversa per i
quotidiani e per i periodici? A. Fioravanti - I quotidiani offrono una settimana di prova gratuita a ogni nuovo
iscritto all'Edicola; poi applicano le tafiffe di abbonamento settimanale, mensile o annuale decise dall'editore;
è possibile anche acquistare una copia singola. I periodici invece hanno adottato la formula dell'abbonamento
flat. È una strada nuova che oggi si può percorrere grazie alla nostra piattaforma. Le offerte sono due: tutti i
mensili a 9,99 euro al mese oppure mensili e settimanali a 14,99 euro al mese. Con questa cifra i clienti
possono leggere tutte le riviste che vogliono. Ci siamo basati sull'esperienza di NextIssue (www.
nextissue.com), società statunitense, costituita con i capitali degli editori americani, che propone appunto un
accesso unlimited a tariffa flat. È la stessa formula di Netflix e di Spotify applicata al mondo dell'editoria, e
negli Stati Uniti ha avuto un notevole successo. Prima - Ma in questo modo gli editori non rischiano di
svendere le proprie riviste? A. Fioravanti - È una formula promozionale, un modo per far conoscere i prodotti
e allargare il mercato. Quello dei periodici digitali oggi è un mercato piccolissimo, perché il prodotto non è
visibile. Bisogna farlo conoscere, farlo provare agli utenti. Solo così si possono conquistare nuovi lettori. Con
la formula di lettura unlimited, dopo l'abbuffata del primo mese il lettore sceglie il prodotto che fa per lui, i
giornali che preferisce e si concentra su questi. Le esperienze di Spotify, di Netflix e di NextIssue dimostrano
che questa formula consente agli editori di aumentare i ricavi. Prima - Come viene distribuito tra gli editori
l'incasso degli abbonamenti? A. Fioravanti - Sulla base di due parametri: il valore del prodotto (il prezzo di
copertina) e i numeri scaricati nel mese. Se uno legge un settimanale e due mensili, i 15 euro che paga al
mese sono addirittura più del prezzo di copertina. Sperimenteremo la formula unlimited per sei mesi, poi
faremo un bilancio e vedremo come proseguire. Prima - La piattaforma consente altri vantaggi all'editore? A.
Fioravanti - Diversi altri vantaggi. Ad esempio c'è un sistema di misurazione che ci dice chi legge e che cosa
legge. Se vediamo che un utente non è attivo possiamo sollecitarlo, segnalandogli nuove testate o l'uscita di
un nuovo numero, oppure proporgli un'offerta particolare. In altri termini l'Edicola è una piattaforma di dialogo
con il cliente. A proposito di misurazioni, stiamo lavorando assieme al Politecnico di Milano, che è uno dei
finanziatori del progetto (vedi il riquadro nella pagina precedente), a un osservatorio per misurare il fatturato
del mercato dell'editoria digitale, dato che oggi manca. Un altro importante strumento presente sulla
piattaforma è il motore di ricerca interno: il lettore può cercare il contenuto che gli interessa tra tutti i giornali
presenti sull'Edicola Italiana. Siamo gli unici al mondo a offrire un servizio del genere. Prima - Il cliente può
acquistare anche un singolo articolo? A. Fioravanti - Per ora no, ma sarebbe la scelta giusta. Per conquistare
il pubblico che oggi non legge il giornale le barriere all'accesso devono essere bassissime. C'è un articolo che
ti interessa? Te lo faccio trovare e acquistare per pochi centesimi. Questa è la soluzione ideale. L'abbiamo
proposta fin da subito agli editori ma temevano che questa formula rovinasse il mercato degli abbonamenti.
L'esperienza di Blendle (blendle. com) in Olanda dimostra invece che è la scelta giusta. Prima - Cos'è e cosa
ha fatto Blendle? A. Fioravanti - È una startup creata da due ex giornalisti 27enni, Alexander Klöpping e
Marten Blankesteijn, che hanno convinto gli editori ad accettare proprio questa formula: la vendita del singolo
articolo. In due anni ha realizzato il progetto coinvolgendo gli editori di 17 quotidiani e 60 periodici. Sono
partiti sei mesi fa con una campagna molto semplice: ti do 2 euro e mezzo di credito, prova il servizio. Hanno
raccolto 150mila iscritti, il 20% dei quali sono diventati clienti, cioè hanno acquistato degli articoli. Ora Blendle
ha ottenuto 3,8 milioni di dollari di finanziamenti da Axel Springer e dal New York Times per esportare il
30/01/2015
Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015
Pag. 94
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
progetto in Germania e in Francia. Prima - Che giornali sono presenti oggi sull'Edicola? A. Fioravanti - Tutti i
quotidiani e i periodici dei sei editori che fanno parte del Consorzio. Ma abbiamo già diverse richieste di
adesione al servizio, per cui il numero delle testate è destinato ad aumentare presto. Prima - Entreranno
anche le riviste professionali, rivolte al mercato business? A. Fioravanti - Per i periodici b2b abbiamo
importanti progetti. Premium Store indicizzerà anche queste riviste e metterà a disposizione degli editori
specializzati una forza vendita che andremo a costituire. Un altro progetto riguarda le testate diffuse
all'interno di aziende e istituzioni. Oggi molte aziende tendono a ridurre le mazzette di giornali e riviste. Noi
faremo loro questa semplice proposta: invece di tagliare, perché non ottimizzi? Passando alla versione
digitale, sull'Edicola Italiana puoi pagare esclusivamente ciò che serve, ciò che viene effettivamente letto. Ho
parlato con diversi responsabili comunicazione e sono molto interessati. Prima - Tutti progetti interessanti, ma
come pensate di sfondare sul mercato? Che iniziative avete in programma per farvi conoscere? A. Fioravanti
- Il primo passo è una pagina di pubblicità su tutti i quotidiani, il 21 gennaio. Poi pensiamo soprattutto a
operazioni di comarketing in alcuni importanti settori: le banche, il travel, le fidelity card, le società telefoniche,
quelle petrolifere. Cinque o sei campagne di questo genere basterebbero per far conoscere l'Edicola Italiana
al grande pubblico e fare tante prove prodotto delle testate, che è il modo migliore per trovare nuovi lettori e
allargare il mercato.
CENTO BUSINESS ANGEL PER FINANZIARE IL PROGETTO Il Consorzio dell'Edicola Italiana nasce nella
primavera del 2012 per iniziativa di tre grandi editori italiani, Rcs MediaGroup, il Gruppo L'Espresso e il
Gruppo 24 Ore, a cui si aggiungono poi Mondadori, Caltagirone Editore e La Stampa. Il modello è il Premium
Publisher Network, un altro consorzio costi tuito nel 2009 da Rcs e Gruppo L'Espresso allo scopo di
contrastare il predominio di Google nel mercato della pubblicità on line a performance. L'obiettivo dell'Edicola
è simile: cercare di limitare lo strapotere dei grandi player internazionali - in particolare Apple con il suo
iTunes Store - nel campo dei sistemi di distribuzione a pagamento dei giornali sul web e sui device mobili. I
due 'papà' del progetto sono Giorgio Riva di Rcs e Claudio Giua del Gruppo L'Espresso, ma per la nascita del
consorzio si sono spesi molto anche Alvise Za nardi (Caltagirone Editore), Anna Matteo (Sole 24 Ore),
Maurizio Scanavino (La Stampa), Pier Paolo Cervi (Gruppo L'Espresso) e Roberto Sicardi (Mondadori), che
entreranno a far parte del Cda del nuovo organismo, presieduto da Fabrizio Carotti, direttore generale della
Fieg, Federazione italiana editori giornali. L'idea in realtà era nell'aria già da tempo, ma solo nel 2012 i
principali editori italiani si sono trovati d'accordo sulla necessità di far fronte comune nella distribuzione dei
giornali digitali. Per concretizzare il progetto occorreranno però ancora tre anni. Lo scoglio principale è quello
dei finanziamenti. Pur concordi sulla necessità dell'iniziativa, gli editori infatti non hanno risorse da mettere in
campo. La soluzione arriva nel 2013, quando Digital Magics, l'incu batore di startup fondato da Enrico
Gasperini, quotato all'Aim di Borsa Italiana, decide di prendere in mano la situazione facendo questa
proposta agli editori: realizziamo noi, attraverso una nostra startup, la piattaforma distributiva dell'Edi cola e
cerchiamo noi i finanziamenti per avviare il progetto. Il 16 dicembre il Consorzio Edicola Italiana firma un
accordo esclusivo con Premium Store, startup innovativa guidata da Alberto Fioravanti, finanziata e
controllata da Digital Magics, che ha sviluppato una tecnologia multipiattaforma per la distribuzione dei
prodotti editoriali su pc, tablet e smartphone, oltre che un sistema di acquisto on line sicuro e di facile uso.
Dovrà passare però ancora un anno per arrivare al taglio del nastro della nuova Edi cola. Il problema dei
finanziamenti viene risolto nel maggio 2014 con un aumento di capitale da 1 milione di euro in Premium
Store. 200mila euro ce li mette direttamente Digital Magics, che arriva così al 63,5% del capitale della startup.
Il resto arriva da oltre cento operatori industriali, privati e finanziari che fanno parte del Digital Magics Angel
Network. Tra gli investitori ci sono, per fare qualche nome, la DBInformation di Roberto Briglia e Gianni Vallar
di, Johan Bode di Kpmg Advisory, Antonio Pisana di BravoSolution, Andrea Rangone del Politecnico di
Milano, l'Applix di Claudio Somazzi e Marco Cirilli, il network Custodi di Successo di Matteo Paganin e Marco
Pastore e molti altri business angel. Con questi soldi Premium Store può mettere a punto tutti i dettagli del
progetto e completare l'infra struttura dell'Edicola Italiana, che finalmente vede la luce il 15 gennaio 2015 sul
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Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
sito www.edicolaitaliana.it.
Foto: Alberto Fioravanti (a sinistra), partner di Digital Magics e amministratore delegato di Premium Store, la
startup che ha realizzato la piattaforma dell'Edicola Italiana, ed Enrico Gasperini, fondatore, presidente e ceo
di Digital Magics, incubatore di startup quotato dal 2013 all'Aim di Borsa Italiana.
Foto: Alexander Klöpping (in primo piano a sinistra) e Marten Blankesteijn (a destra), i due fondatori di
Blendle, edicola digitale olandese che vende i singoli articoli e che ha ricevuto un finanziamento di 3,8 milioni
di dollari da Axel Springer e dal New York Times .
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Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015
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BOOM DI NUOVI MAGAZINE SU CARTA NEGLI STATI UNITI
Nel 2014 c'è stato un vero e proprio boom di magazine negli Stati Uniti: 234 lanci di nuove testate, il 21% in
più rispetto ai 185 titoli che avevano debuttato nel 2013. Lo rivela Samir Husni, direttore del Magazine
Innovation Center dell'Università del Mississippi, noto anche con il nome di Mr. Magazine per lo scrupoloso
monitoraggio del settore dei periodici che conduce dal 1984. Se si contano anche gli speciali, che sono stati
621, in totale sono state 855 le nuove testate che i lettori americani hanno trovato in edicola lo scorso anno,
un po' meno del record di 1.056 titoli che debuttarono nel 1998. Stando alla ricerca di Husni, il caso più
significativo del 2014 è stato quello di The Good Life , mensile che il popolare Dr. Oz ha lanciato con Hearst
lo scorso febbraio (in Italia il programma tivù su salute e benessere del Dr. Oz è trasmesso su Real Time). Il
mensile ha visto il primo numero tornare in stampa - caso unico, dopo The Oprah Magazine nel 2000 - e per il
2015 ha alzato la diffusione dalle 450mila copie iniziali a 800mila. Un trend interessante che emerge dalla
ricerca è la pubblicazione di prodotti cartacei da parte di società digitali: dopo il debutto nel mondo della carta
stampata da parte di siti come Politico, DuJour e All Recipes nel 2013, lo scorso anno hanno debuttato in
edicola anche Net-a-Porter (moda di lusso) e Airbnb (affitto immobili), rispettivamente con i magazine Porter
e Pineapple. "Viviamo nell'era digitale, ma la stampa è ancora un mezzo potente e prevedo che nei prossimi
due o tre anni qualsiasi società digitale di valore si troverà nella condizione di avere una propria
pubblicazione cartacea, complice anche il fatto che la forte pressione ad abbassare il prezzo della pubblicità
on line ha lasciato abbastanza stabili le tariffe della carta stampata, rendendole più interessanti", ha detto
Husni. Un'altra tendenza notata da Husni è che i grandi editori fanno meno lanci di un tempo: Meredith è
uscita con Eat This, Not That , Hearst con il magazine del Dr. Oz, Bauer con A nimal Tales e Girls World ,
mentre Time Inc e Condé Nast hanno puntato su singoli speciali.
Foto: Samir Husni, direttore del Magazine Innovation Center dell'Università del Mississippi.
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NOTIZIE DAL MONDO SU GIORNALI, TIVÙ E MEDIA DIGITALI GLOBAL BUSINESS
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Prima Comunicazione - N.457 - gennaio 2015
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LE AZIENDE SI CONTENDONO GLI 'INFLUENCER' SUI SOCIAL MEDIA
Per farsi pubblicità le aziende si contendono i 'social media influencer' (letteralmente 'influenzatori sui media
sociali'), vale a dire quei giovani molto popolari sui principali siti di condivisione, dove vantano un pubblico
numeroso di seguaci. La figura degli influenzatori sociali nasce, spiegano gli esperti, dalle 'mom blogger' - le
mamme diventate popolari sul web grazie ai propri blog dedicati ai problemi della maternità e ai bambini - che
alcune multinazionali hanno iniziato già da anni a pagare per promuovere cibi, oggetti per la casa e prodotti
per la prima infanzia. "L'influencer marketing prevede fondamentalmente di estendere il classico passaparola
a una scala più vasta, dal momento che il 92% delle persone - stando ai dati Nielsen - si fidano di questa
forma di comunicazione", ha spiegato Rebecca McCuiston, senior vice president della divisione influencer
marketing dell'a- genzia statunitense 360i. Un esempio di questi nuovi influencer è Brent Rivera, un 'teen
vlogger' 16enne che ha passato le vacanze a postare ogni giorno un video di 6 secondi in cui indossava i
vestiti di sua nonna per convincere i ragazzi a fare più acquisti da BestBuy. Ha totalizzato 5,8 milioni di
visualizzazioni su Vine. E ha avuto successo anche la pubblicità che ha fatto, attraverso video girati in casa,
alla catena di negozi di abbigliamento Hollister. Sono diverse le aziende che si sono affidate a questi
influenzatori sociali, tra cui Bravo, Fidelity, Fox, United Airlines, Universal. I social media influencer riescono a
raggiungere un pubblico più vasto rispetto a tante trasmissioni tivù o magazine di punta, tanto che le agenzie
pubblicitarie e le società di pubbliche relazioni, come Ogilvy e Weber Shandwick, stanno correndo ai ripari,
mettendo in piedi nuove divisioni per la gestione dell'influencer marketing. Ci sono già anche agenzie
totalmente dedicate alle attività di marketing su social media come la statunitense Speakr, che mette in
contatto gruppi come Colgate, Microsoft e T-Mobile con gli influenzatori più adatti a un determinato tipo di
brand o prodotto. "L'importante è che i messaggi degli influenzatori siano genuini e che le aziende li lascino
liberi di creare il proprio contenuto sul prodotto da pubblicizzare, ma al tempo stesso è essenziale che
l'inserzionista abbia qualcuno che lo aiuti a monitorare la comu- nicazione sui social media, dove i tempi sono
rapidissimi e il rischio di perdere il controllo del proprio brand è comunque alto", spiega Marco Hansell, chief
executive di Speakr. Un'altra società di social media marketing, la newyorkese Laundry Service, ha creato di
recente Cycle, una divisione che gestisce più di mille fotografi che lavorano su Instagram e hanno un numero
di follower notevole. Aziende come Michael Kors, Disney e Stella Artois pagano questi fotografi per
condividere i propri scatti con i fan, o per fare foto per il proprio brand da usare nei social network. Oggi Cycle
è responsabile del 15% del totale dei ricavi di Laundry Service. C'è anche chi, come Sam Ciurdar, fotografo
professionista con 35mila follower su Instagram, dove ha postato molte immagini dei suoi viaggi, è stato
scelto come testimonial direttamente dalla catena di caffetterie Tim Horton grazie ad alcuni scatti fatti
all'interno di un loro punto ristoro in Canada. Stando alle previsioni dell'istituto Forrester Research, la spesa in
social media marketing, che nel 2014 ha raggiunto negli Stati Uniti gli 8,2 miliardi di dollari, raggiungerà nel
2019 i 18,7 miliardi con un incremento del 128%.
Foto: Marco Hansell (a sinistra), chief executive officer di Speakr, e il vlogger Brent Rivera.
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GLOBAL BUSINESS
29/01/2015
360com
Pag. 13
Più capacità cross-device: ecco l'obiettivo primario
le tendenze che avranno un impatto significativo sul settore nel corso dell'anno
Criteo, azienda tecnologica specializzata in performance advertising, ha pubblicato il report eCommerce
Industry Outlook 2015, mettendo in evidenzia le tendenze che avranno un impatto significativo sul settore nel
corso dell'anno. Lo studio ore importanti spunti di riessione alle aziende inserzioniste, che possono così
adattare le proprie strategie di marketing e gli investimenti, allineandoli ai mutevoli comportamenti di acquisto
online dei consumatori. I risultati del report si basano sulle analisi realizzate da Criteo esaminando miliardi di
transazioni online. I dati rivelano che il miglioramento delle capacità cross-device sarà un obiettivo primario
dal momento che il 58% dei manager del settore retail e delle agenzie pubblicitarie indica la tecnologia come
il più importante dei loro impegni di marketing mobile del 2015. La rapida crescita del native advertising sarà
guidata dall'acquisto programmatico, mentre i venditori con punti vendita fisici saranno fortemente focalizzati
sulle strategie online in quanto webrooming e showrooming avranno un impatto sempre maggiore sulle
vendite. E poi, i retailer daranno grande importanza al reimpiego delle applicazioni poiché il 42% dei manager
del settore retail e delle agenzie di pubblicità indica il coinvolgimento del consumatore come obiettivo primario
delle strategie di mobile app. «Il 2015 sarà un anno dinamico per il settore eCommerce dal momento che il
comportamento di acquisto online del consumatore continua ad evolvere rapidamente. La crescita del tempo
speso su dispositivi multipli obbliga i responsabili marketing a gestire le complessità legate alla
targettizzazione dei consumatori - aerma Eric Eichmann, Presidente e Coo di Criteo -. Gli inserzionisti che
avranno la lungimiranza di fare investimenti solidi in soluzioni come l'individuazione del target cross-device e
lo sviluppo di siti e applicazioni ottimizzati per il mobile si troveranno nella posizione ideale per soddisfare le
richieste dei clienti e generare vendite». Criteo realizza campagne personalizzate di performance advertising
su scala globale. La società misura il ritorno sulle vendite post-clic, rendendo così il Roi trasparente e
semplice da calcolare. Criteo impiega più di mille dipendenti in ventuno uci in America, Europa e Asia
Orientale e fornisce i suoi servizi a oltre seimila inserzionisti in tutto il mondo collaborando direttamente con
più di ottomila editori. avoro Importante per Il settore i risultati del report si basaNo sulle aNalisi realizzate da
criteo esamiNaNdo miliardi di traNsazioNi oNliNe e iNdicaNo le teNdeNze emergeNti Nel corso del 2015
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pubblicato il report ecommerce industry outlook 2015 di criteo
29/01/2015
360com
Pag. 15
Aitti dal solito dilemma: siamo un paese per vecchi?*
facebook e twitter devono fare i conti in tutto il mondo con il nuovo che avanza. la parola ai giovani che
abbandonano queste forme di aggregazione sociale sul web a vantaggio delle app di instant messaging, per
condividere foto e video in profili sempre più personali ma effimeri, dove le metriche dei click e dei like
dovrebbero essere ripensate
"Non è un paese per vecchi". Parafrasando il titolo di un noto film dei fratelli Cohen del 2007, possiamo
aermare che i social media, in Italia, ma prima ancora negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, sono nati come via
d'accesso alla navigazione su internet per i più giovani. Secondo una serie di ricerche pubblicate negli ultimi
mesi, però, i le piattaforme social più note come Facebook e Twitter pare stiano perdendo audience e reach.
E devono fare i conti con l'inevitabile tempo che passa e con il nuovo che avanza, inesorabile. «Facebook,
per noi ragazzi, è come se fosse morto. E' quel servizio a cui tutti ci siamo iscritti alle scuole medie perché
era "figo", ma ora sembra un'imbarazzante cena in famiglia da cui non te ne puoi andare». Lo aerma Andrew
Watts, studente americano diciannovenne dell'Università del Texas (Austin), che ha raccolto l'opinione, sua e
dei suoi coetanei, sui principali social network in due post pubblicati su Medium, diventati virali nel giro di
pochi giorni. Per il teenager medio, dunque, l'account su Facebook serve per accedere alle funzioni meno
social del servizio, gruppi e messaggi, peraltro, di recente scorporati in singole applicazioni separate dal resto
della piattaforma. «Molti di noi - prosegue l'analisi di Watts - non capiscono la ragion d'essere di Twitter». La
stragrande maggioranza dei teenager sembra ignorare questo social network, soprattutto per la sua natura
monodirezionale nella comunicazione. Mentre a Google+, Watts non concede appello: «Personalmente non
conosco nessuno che lo utilizzi». Il social network di Mountain View, per il teenager medio, è come se non
esistesse. Ma quali sono, allora, i social media che Watts promuove nella sua personalissima, ma non per
questo meno degna d'attenzione, disamina? Instagram e Snapchat, che non a caso sono due applicazioni di
messaggistica istantanea. La famosa app di condivisione fotografica acquisita da Facebook nel 2012, è
quella dove, secondo Watts, i giovani d'oggi hanno più interazioni: «Serve a raccontare la propria vita per
immagini, scelte con cura e attenzione ai particolari». Il valore della chat fotografica instantanea risiede, al
contrario, nel suo essere più emera: qui si possono inviare messaggi e foto che si autodistruggono dopo la
lettura da parte degli amici. Le app di instant messaging Ad avvalorare le tesi del giovane studente
universitario del Texas, arrivano anche i dati di un recente studio condotto da Frank N. Magid Associates per
conto di Kik Interactive, azienda canadese proprietaria dell'app Kik, che ha rivelato come per i giovani
americani le app di messaggistica istantanea sono più coinvolgenti dei social network. I giovani trascorrono
più tempo su Kik, Snapchat, e Facebook Messenger che su Facebook, Instagram e Twitter. La ricerca,
condotta su un campione di 1.000 utenti americani di età compresa tra i 14 e i 25 anni, dimostra che i giovani
frequentano sempre meno social network come Facebook e sono più coinvolti dalle app di instant messaging.
La ricerca rileva che il tempo medio trascorso usando queste applicazioni è di mezz'ora. E proprio Kik risulta
essere la più coinvolgente con 35 minuti medi di utilizzo per sessione; segue Facebook Messenger con 27
minuti e poi Snapchat con 21 minuti. Per quanto riguarda i dati relativi ai social network, Facebook coinvolge
mediamente per 37 minuti, Instagram per 27 minuti e poi Twitter per 25 minuti. La ricerca rileva anche che
Kik risulta essere più coinvolgente nella fascia di età tra i 14 e i 20 anni, mentre Facebook risulta un po' più
"engaging" nella fascia di età tra 21 e 25 anni. La popolarità di Facebook è dunque in calo tra i giovani da 14
a 17 anni. E questi giovani utenti lo hanno usato sempre di meno negli ultimi dodici mesi perché: "è diventato
per me sempre meno importante" (76%); "mi sono stancato di usarlo" (65%); "i miei amici lo usano sempre
meno" (47%). Sempre secondo la ricerca commissionata da Kik Interactive, il 90% degli utenti intervistati ha
dichiarato di aver interagito con un brand sui social media o su un'app di messaggistica; le tre principali
attività tra utenti e brand sono "following/liking un brand" (60%), "guardare un video del brand" (56%),
"leggere un post del brand" (56%); il 19% degli utenti ha chattato direttamente con un brand e da questo
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social media
29/01/2015
360com
Pag. 15
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punto di vista Kik è risultata più coinvolgente (26%) di Snapchat (21%). Infine, gli utenti più ricettivi sono quelli
di età compresa tra i 21 e i 25 anni, ritenendo le app come fonte importante per tenersi aggiornati sui brand
(57%) e anche per poter interagire direttamente col brand piuttosto che limitarsi a un semplice follow o like
(45%). I giovani statunitensi "Social Media Update 2014", la ricerca condotta da Pew Research - Internet
Project negli Stati Uniti nel mese di settembre 2014 sulla base di oltre 2 mila interviste telefoniche, illustra in
dettaglio quali social media sono più frequentati da un'utenza di giovani. Facebook, secondo l'indagine, ha
perso appeal, e per la prima volta il 56% dei suoi utenti ha un'età superiore ai 65 anni. Instagram è invece il
social network più popolare tra i giovani e in un anno è cresciuto del 9%, passando dal 17 al 26%. Circa la
metà degli utenti internet americani, di età compresa tra i 18 e i 29 anni usa Instagram e il 49% di essi, lo
utilizza tutti i giorni. La fascia di età in cui anche Twitter è molto popolare è quella compresa tra i 18 e i 29
anni (37%). Infine, una menzione speciale a Pinterest: in un anno la sua utenza complessiva è cresciuta dal
21 al 28%. Le donne continuano a preferirlo (42% contro il 13% degli uomini). Ma la fascia d'età in cui ha una
maggiore penetrazione è quella dai 18 ai 29 anni (34%). Questi dati trovano conferma in un sondaggio della
banca d'aari statunitense Piper Jaray, che ha esaminato come sono cambiate le preferenze dei giovani
nell'uso dei social negli ultimi sei mesi. Più di nove su dieci adolescenti americani utilizzano i social media e
Instagram è di gran lunga più popolare. Il 76% dei ragazzi dichiara di usarlo abitualmente, con un aumento
del 7% rispetto alla scorsa primavera. Segue Twitter, al secondo posto nelle preferenze dei giovani
americani, con il 59%. Facebook è terzo, ma deve fare i conti con un significativo declino di popolarità. Solo il
45% degli intervistati ha, infatti, dichiarato di utilizzare il più grande social network del mondo: la sua
popolarità, dalla scorsa primavera, è crollata del 27%. Pinterest e Tumblr rivendicano ciascuno poco più del
20% dell'utenza. Un altro 20% dei ragazzi ha dichiarato di utilizzare "altri" social network, non nominati
nell'indagine. I teenager inglesi Una situazione simile viene registrata da eMarketer in Gran Bretagna, dove
Facebook fra i giovani non è più un'abitudine infrangibile. Probabilmente quasi nessun nuovo utente di età
compresa tra i 12 e i 24 anni si iscriverà da qui al 2017 al social network, che continuerà a perdere utenza
nella preziosa fascia d'età dei 18 e i 24enni, ogni anno tra il 2016 e il 2018. In un sondaggio sugli utenti di
social media di età compresa tra i 12 e i 15 anni, Ofcom ha rilevato che l'uso di Instagram è più che
raddoppiato tra il giugno 2013 e il giugno 2014 per il 36% degli intervistati. La percentuale di utilizzo di
WhatsApp e Snapchat è rispettivamente di 20% e 26%. Secondo GlobalWebIndex, nel secondo trimestre del
2014, quasi la metà degli utenti internet mobile inglesi tra i 16 e i 19 anni ha usato Snapchat nel mese
precedente, mentre il 16% di loro ha avuto accesso al social di video sharing Vine. Nell'agosto dello stesso
anno, secondo una ricerca di ComRes per BBC Newsbeat, l'89% di utenti internet tra i 15 e i 18 anni ha
dichiarato di essere iscritto a Facebook da lunga data, ma circa il 60% ha detto di avere un account su Twitter
e Snapchat. Le conclusioni di Nathan Jurgenson E in Italia? WeAreSocial ha appena pubblicato
l'aggiornamento a gennaio 2015 del suo report periodico sullo stato del digitale, dell'utilizzo di internet, dei
social media e del mobile nel mondo. Questi i dati relativi al nostro Paese: 28 milioni gli utenti con almeno un
account social, pari al 46% degli italiani, e di questi 22 milioni accedono da mobile. Facebook rimane il social
network più utilizzato, ma Whatsapp lo ha superato in termini di utenti attivi. Twitter è il secondo social più
utilizzato, seguito a brevissima distanza da Google+. «Facebook è un museo, i social media devono essere
come la vita». Nathan Jurgenson, giovane sociologo e ricercatore a Snapchat, che sta scrivendo un libro
sulla fotografia nei social media (in uscita per Penguin nel 2015), auspica un mondo social che non sia più
scolpito nella pietra, ma uido e dinamico. Il profilo su Facebook, secondo Jurgenson, è «lineare e statico
come un curriculum». Il ricercatore ne comprende le ragioni, a livello commerciale: «E' semplice e utile
incasellare le persone in un database, accumulare dati e preferenze e usarli per obbiettivi di marketing. Ma la
vita umana non può stare compressa dentro i big data. Né valere di più o di meno per il numero dei "like"
ottenuti da un post. Le metriche che ci misurano sono totalmente fuori posto». Oggi Jurgenson rileva una
tendenza a rallentare, a condividere meno cose e di maggiore qualità. «Penso a una piattaforma come is che
permette di segnalare un solo link al giorno. Oppure all'emergere del "long form journalism", come quello che
29/01/2015
360com
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
vediamo su Medium. Ma finché i click e i like saranno l'unica valuta dei social media, un cambiamento
radicale è dicile. Più traco, più pubblicità. Ma nessun contenuto originale, solo un "taglia e cuci" di ciò che si
trova online, impacchettato con titoli sensazionali. Spero che questo modello non durerà a lungo e che i
contenuti di qualità torneranno a essere preminenti. Ormai "virale" non è più un aggettivo, è diventato un
genere, ma ciò che è virale brucia rapidamente. In più, sappiamo tutti, ormai, che followers e like sono dati
facilmente manipolabili e falsificabili. Bisogna cambiare il modo di valutare i contenuti e il peso online. E
bisogna farlo presto», conclude Jurgenson.
il giovane sociologo e ricercatore nathan jurgenson (nella foto), sta scrivendo un libro sulla sua visione dei
social media, proiettata nel futuro, che sarà pubblicato a breve dall'editore penguin
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Le ricerche online ormai si fanno con lo smartphone
l'obiettivo è svelare come e cosa cercano gli italiani online . e come sta cambiando il nostro modo di fare
shopping. l'anno scorso oltre otto utenti su dieci hanno cercato informazioni su google prima di un acquisto
L'82% degli italiani usa i motori di ricerca dal proprio smartphone almeno una volta a settimana, definendo
così nuove abitudini di consumo e nuove sfide per le aziende. È questo il dato al centro della nuova white
paper "Search in Italy 2014 - Gli italiani e i motori di ricerca", realizzata da Marco Loguercio, ceo di Find, in
collaborazione con Duepuntozero Research. Lo studio, arrivato alla sua decima edizione e disponibile
gratuitamente sul sito di Find, monitora l'evoluzione del rapporto che gli italiani hanno con i motori di ricerca,
concentrandosi in particolare su quanto Google&co. incidano sui processi di decisione e di acquisto dei
consumatori online, fornendo spunti e considerazioni utili a quanti utilizzino il web e i search engines con
obiettivi di business. Smartphone pigliatutto Il vero protagonista del panorama search italiano del 2014 è stato
lo smartphone. Secondo la ricerca, infatti, le connessioni quotidiane da device mobili hanno superato quelle
da pc fisso (77% contro 60%, in proporzione alla diusione dei device). Il 46% di chi usa uno smartphone
eettua almeno una ricerca al giorno in una search property, contro il 43% da computer e il 37% da tablet. In
totale, oltre 8 italiani su 10 eettuano una ricerca tramite Google col proprio cellulare almeno una volta a
settimana. Mobile & divano: l'accoppiata che non ti aspetti Search in Italy 2014 sfata anche un luogo comune:
mobile non sempre equivale a mobilità. Il 70% degli utenti usa, infatti, lo smartphone per cercare informazioni
quando è a casa, complici la velocità e la leggerezza del dispositivo (anche se ovviamente restano alte le
percentuali di chi ne fa uso in ogni momento utile, ad esempio per strada o in attesa di un mezzo di
trasporto). Consumatori più attenti Per due italiani su tre (67% del campione) la ricerca di informazioni sui
motori di ricerca è utile all'acquisto di un prodotto. Dallo studio emerge infatti che soprattutto la pubblicità
(77%) o il passaparola (47%) spingono i consumatori ad effettuare una ricerca online, ma sono le
informazioni reperite tramite i motori di ricerca a orientare i consumatori nella scelta all'acquisto, soprattutto
grazie alla maggiore disponibilità di valutazione e confronto oerte. Cosa compriamo online Abbigliamento
(32%), libri (32%), viaggi (31%) e prodotti legati alla telefonia (29%) sono le categorie di prodotto acquistate
più di frequente online dopo aver reperito informazioni sui motori. Per le donne peraltro più risolute degli
uomini nel passaggio dalla ricerca all'acquisto - l'interesse verte soprattutto su abbigliamento, libri e prodotti
per la cura della persona; mentre gli uomini usano i motori per saperne di più prima di comprare prodotti di
elettronica e telefonia, articoli per hobby e fai da te, assicurazioni per auto, casa e salute. Monito per le
aziende investite sul mobile «Oggi per le aziende è di vitale importanza essere presenti in maniera fruibile
sugli smartphone dei consumatori - aerma Marco Loguercio -. Questo non vuol dire solo apparire ai primi
posti fra i risultati di Google, ma farlo soddisfacendo necessità e aspettative di consumatori sempre più attenti
ed esigenti, che passano con disinvoltura dallo smartphone allo showroom, e non necessariamente poi
comprano online». Probabilmente a causa della predilezione per i pagamenti cash, infatti, dalla ricerca
emerge che i consumatori italiani comprano online generalmente se trovano uno sconto almeno pari o
superiore al 20-25% rispetto al prezzo in negozio, altrimenti preferiscono comunque recarsi nel punto vendita.
Qui lo smartphone «continua ad essere un compagno fidato, che fornisce in tempo reale informazioni e
verifiche rispetto a quanto manca o viene parzialmente fornito dal personale nello showroom. Un motivo in
più per le aziende per non trascurare forma e sostanza mobile», conclude Loguercio. Fondata a Milano da
Marco Loguercio, ritenuto dagli addetti ai lavori uno dei più autorevoli esperti italiani in search marketing, Find
è l'agenzia indipendente di search marketing che aiuta le aziende a sfruttare al meglio le opportunità oerte
dalle ricerche degli utenti, per incrementare il business e fare azioni di intelligence sui consumatori e sui
mercati. uno deI massImI espertI ItalIanI dI search marketIng Nelle foto qui sotto marco loguercio, foNdatore
di fiNd e uNo dei massimi esperti italiaNi iN search marketiNg, e l'homepage del sito www.fiNd.it
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
l'esito dell'approfondita indagine "search in italy 2014", curata dal gruppo find
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conversion lift measurement: la misurazione dell' advertising nella logica
di facebook
il social network debutta con un tool per il rilevamento delle inserzioni pubblicitarie, che dovrebbe consentire
ai marketer di monitorare vendite online e offline. ecco come funzionerà
La misurazione delle performance dei contenuti adv è una delle grandi sfide che gli inserzionisti si ritrovano a
dover affrontare ogni giorno. E quando di parla di social network sembra diventare ancora più complicato per
gli advertiser fare un quadro delle performance degli investimenti pubblicitari, con la complicazione di dover
ormai inquadrare l'andamento del business tra vari device, piattaforme e canali. Con la crescente importanza
di valore che Facebook sta assumendo agli occhi dei marketer (all'ultima rilevazione nel quarto trimestre del
2014, il social network è risultato guidare il 25% del traffico web) è diventato essenziale per il mercato poter
avere comprensione del ROI generato dai suoi contenuti pubblicitari, e sembra finalmente arrivato un tool
capace di rispondere a questa essenziale esigenza. Il Conversion Lift Measurement, annunciato lo scorso
martedì, sembra la realizzazione di quella necessità di monitorare le conversioni, e non soltanto i click, di cui
avevano spesso discusso in vari interventi degli ultimi tempi il coo Sheryl Sandberg e altre figure del gruppo
executive di Menlo Park. Come funziona Conversion Lift Measurement consentirà ai marketer di monitorare
le vendite online e, più significativamente, le vendite ofine guidate dall'advertising della piattaforma social. La
nuova funzionalità sarà disponibile a livello globale, ma solo per gli inserzionisti che hanno un rappresentante
delle vendite per Facebook e, al momento la compagnia ha intenzione di limitare il servizio agli account più
grandi. Come riportato nel blog post ufficiale del social network, il nuovo servizio coglie con precisione
l'impatto che i contenuti pubblicitari hanno nel guidare il business per i marketer, attraverso quattro azioni
essenziali. a Quando si crea una campagna su Facebook vengono creati un test group selezionato in
maniera casuale (che visualizza i contenuti adv) e un gruppo di controllo (che non visualizza i contenuti adv).
a L'inserzionista condivide, attraverso un metodo sicuro, i dati di conversione della campagna con Facebook.
In genere, questi dati provengono da fonti come il Facebook Custom Audiences pixel, conversion pixel o i dati
del secure poin-of-sale (POS) per quanto riguarda il tracking online e relativo all'ecommerce; per quanto
riguarda le vendite ofine, gli stessi advertiser dovranno uploadare i dati di vendita. a Facebook determina la
crescita supplementare generata dalla campagna confrontando le conversioni dei gruppi sperimentali e di
controllo I risultati dello studio, determinati dall'analisi delle vendite per entrambi i gruppi e dal rilevamento di
qualsiasi differenziazione nei risultati, sono disponibili in Ads Manager. Perché misurare la conversion lift
Nell'intenzione di Facebook il nuovo tool non vuole essere soltanto un prezioso supporto per gli inserzionisti
che utilizzano la sua piattaforma, ma un nuovo strumento per il marketing digitale in generale. Attraverso
Conversion Lift Measure, la compagnia ha voluto trovare una risposta ad alcune delle problematiche legate
alla misura zione e analisi dell'advertising più attuali. a Eccessivo affidamento sui clic. Mentre la lastclick
attribution ha senso per il search marketing, è meno utile per gli altri ambienti digitali o display. Il conteggio
dei clic non tiene conto del valore creato semplicemente vedendo un annuncio. Consentendo agli inserzionisti
di misurare l'impatto di esposizione ad un annuncio - con coerenza, tra i dispositivi il nuovo tool offre, allora,
una visione più olistica delle performance di un annuncio pubblicitario. a Il rapido passaggio al mobile. La
tecnologia che supporta i sistemi di misurazione attuali (basata su cookie per monitorare l'esposizione e tie
per controllare i comportamenti, e su click come proxy per le vendite), non è sufficiente in un mondo in cui le
persone utilizzano più dispositivi durante il giorno e la maggior parte degli acquisti avviene ancora in negozi
fisici. a Metodi di controllo inefficaci. Ad oggi, non vi è stato uno standard ampiamente adottato per
determinare l'impatto diretto della pubblicità digitale. Il test sulla conversion lift si basa sui principi di
misurazione della portata dell'adv, un approccio scientifico utilizzato in un certo numero di settori - per
esempio nel direct mail marketing - per determinare il nesso di causalità. Un nuovo standard di misurazione?
Il post pubblicato da Facebook riporta anche i primi risultati di realtà che hanno utilizzato studi basati sul
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siamo alla nascita di Un nUovo standard per l'analisi dei contenUti adv ?
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ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 30/01/2015
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conversation lift. Open Colleges, provider australiano di apprendimento online, è stato tra i primi a concludere
un'analisi di questo tipo. I risultati dello studio hanno rivelato un lift positivo del 95% del tasso di conversione
per le richieste sul website e un aumento del 12% delle iscrizioni ofien. Lo studio ha anche mostrato che il
costo per acquisizione è stato inferiore del 23% rispetto a quello dello modello precedentemente utilizzato. Il
Conversion Lift è stato utilizzato anche dal retailer di arredamento per bambini The Land of Nod per capire
meglio il ruolo che Facebook svolge nel guidare l'acquisizione di nuovi clienti. Prendendo in considerazione la
pubblicità durante il periodo dei saldi estivi e il periodo di riapertura delle scuole a settembre, lo studio ha
dimostrato che the Land of Nod aveva realizzato un acquisition lift del 12% attraverso Facebook, dimostrando
l'efficacia delle sue campagne più recenti e avendo la possibilità di stabilire i punti di riferimento per la sua
strategia legata a Facebook del 2015. L'analista di eMarketer Lauren Fisher, ha commentato positivamente il
nuovo tool in una email inviata al Social Times: «Offrendo ai propri inserzionisti un metodo di misurazione di
questo tipo, Facebook si sta proponendo in maniera smart come una piattaforma perfetta per gli inserzionisti
che vogliono capire come investimenti pubblicitari guidano non sono solo i clic, ma le vendite effettive. E'
anche un grande esempio di come Facebook continui a lavorare su nuovi e diversi standard di misura».
Facendo un passo indietro nel tempo, infatti, Facebook e pochi altri (ad esempio, Google con il suo Store
Visits) stanno guidando il mercato verso la fine dei "secoli bui delle misurazioni digitali" con nuove metriche
più concrete che sono più vicine agli obiettivi che i marketer si pongono nel mondo reale/ofine. Mentre clic e
impression non necessariamente scompariranno, certamente perderanno la loro importanza in un futuro
relativamente prossimo. Il target di audience di Facebook e le vendite ofine sono le prime voci prese in
considerazione dai nuovi approcci per l'acquisto e la misurazione dell'efficacia degli annunci digitali. Con
l'annuncio del Conversion Lift Measurement Facebook sta sfidando il resto del settore di adottare questo
metodo come standard di misura. Anche se non tutte le reti pubblicitarie e gli editori sono ugualmente in
grado di applicare questo tipo di studio (e non tutte le campagne di generare vendite immediate), l'approccio
proposto dal social network sembra molto più efficace e su misura per risolvere i problemi di attribuzione e
spostare più investimenti dei brand verso la pubblicità online.
Foto: un nuovo strumento per il marketing digitale nelle intenzioni espresse da facebook il nuovo tool non
vuole essere solo un prezioso supporto per gli inserzionisti che utilizzano la sua piattaforma, ma un nuovo
strumento per il marketing digitale in generale. attraverso conversion lift measure la compagnia ha infatti
voluto trovare una risposta ad alcune delle problematiche legate alla misurazione e all' analisi dell'advertising
più attuali
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ADV - N.10 - dicembre 2014
Pag. 22
(diffusione:3000)
PROGETTARE L'ALTERNANZA TRA IL MASSIMO DI INFORMAZIONE E IL
MINIMO DI CONNESSIONE
Le tecnologie portatili sono lo strumento per eccellenza di accesso alle esperienze connesse e social, e la
gamification è diventata la nuova dinamica di apprendimento per tutte le età.
FRANCESCO MORACE E LUCIA CHROMETZKA www.futureconceptlab.com
. Oggi non basta una connessione per ' riuscire a entrare in relazione con le persone. Gioco e
approfondimento si confermano essere due elementi imprescindibili, sempre meno in contrasto e sempre più
complementari. Sono queste le chiavi per la realizzazione di un'economia dello scambio, che si esprime
anche attraverso la comunicazione, soprattutto grazie a servizi gratuiti che prevedano un trasferimento di
competenze e non soltanto di dati e informazioni. La comunicazione più avanzata è in grado di creare
strategie in cui lo scambio è la dinamica costante, proponendo gratificazioni e ricompense non convenzionali.
In questo contesto, le istanze della privacy trovano una soluzione quando vi sia per gli utenti la possibilità di
regolare l'intensità della comunicazione, sviluppando la capacità di modulare tra il massimo dell'informazione
e il minimo della connessione. In cerca di una nuova strategia per vendere pubblicità nei mercati emergenti,
Facebook ha introdotto un innovativo formato di comunicazione basato sui comportamenti degli utenti indiani
di telefonia mobile: la "missed cali". I costi delle telefonate sono estremamente onerosi per la maggior parte
degli indiani, che utilizzano soprattutto contratti prepagati. Gli "squilli" sono quindi pratica comune, per
comunicare senza spendere. Si tratta di un'abitudine molto diffusa, perché funziona con ogni tipo di telefono,
anche privo di connessione dati, copertura non sempre diffusa nei mercati emergenti. In speciali pubblicità di
Facebook dunque compare il tasto Missed Cali, attraverso il quale l'utente può fare uno "squillo"
all'inserzionista e ricevere in cambio contenuti gratuiti, quali musica, messaggi promozionali, messaggi da
parte di personaggi noti.
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FOCUS
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ADV - N.10 - dicembre 2014
Pag. 40
(diffusione:3000)
QUANDO IL WEB PARLA ARABO: UNO SGUARDO AL DIGITAL
MARKETING NELLA MENA REGION
Tra i nuovi mercati con cui YoungDigitals ha avuto modo di confrontarsi negli ultimi anni, il mondo arabo è
senza dubbio una delle realtà più interessanti.
GUIDO GHEDIN
> La MENA region (Middle East and ' North Africa) è una macro area cross-continentale estesa dalle coste
atlantiche del Marocco ai confini orientali dell'Iran. E la chiave di lettura per avere accesso a questo mercato che oggi comprende hub digitali di primo livello come Beirut, Amman, II Cairo - è la lingua araba. Fatta
esclusione per Turchia, Iran e alcune variazioni dialettali, il Modern Standard Arabie è un idioma condiviso da
oltre 300 milioni di persone in Medio Oriente e Nord Africa, area che conta oggi più di 100 milioni di utenti
internet. Abbiamo toccato con mano questo mondo in occasione di due importanti conferenze alle quali siamo
stati invitati di recente a parlare: l'ArabNet di Beirut, del quale abbiamo parlato in primavera proprio su queste
pagine, e il Global Entrepreneurship Summit, svoltosi in novembre a Marrakech, in Marocco. Mercati
emergenti, nuove generazioni di consumatori e di imprenditori, paesi che vivono un forte cambiamento che
vede proprio internet come epicentro, specialmente dalla Primavera Araba in poi; non è certo un caso che
oggi siano questi gli eventi che attirano l'attenzione internazionale (un esempio su tutti: l'opening speaker di
GES Marrakech 2014 era il Vice Presidente americano Joe Biden). I NUMERI PARLANO CHIARO L'Egitto
conta oggi oltre 18 milioni di utenti Facebook, più di 11 milioni concentrati nell'area metropolitana de II Cairo;
il Marocco è stato per lungo tempo uno dei paesi al mondo con il più alto rapporto tra popolazione e account
social media, in quanto è prassi avere un profilo privato e uno professionale; in paesi come Libano e Kuwait
la penetrazione di internet si avvicina rispettivamente al 70 e ali 80% della popolazione totale, per non parlare
delle grandi metropoli internazionali, come Dubai o Doha. Dal punto di vista demografico ed economico,
parlare arabo nel 2015 è un grande vantaggio. Saper comunicare ai mercati di Nord Africa e Medio Oriente
un'opportunità da non lasciarsi sfuggire. Assieme alla crescita in frequenza e in importanza degli eventi
dedicati al digitai nell'area, abbiamo notato una forte crescita di richieste per consulenze strategiche e
aperture di canali social media in questi paesi. Se guardiamo alle aziende italiane, i passi più significativi li
stanno facendo le aziende che operano nei segmenti high-end: dal fashion all'automotive, passando per la
gioielleria, gli scontrini più alti sono sempre più spesso quelli degli store di Dubai, Riyadh, Kuwait City. Con la
relativa necessità di comunicare nei giusti canali, con il giusto tono e (molto spesso) nella la giusta lingua.
Sebbene l'inglese sia spesso utilizzato dai brand internazionali, l'arabo è essenziale per raggiungere un
target locale più vasto. Se guardiamo ai grandi player internazionali in questi settori, l'apertura di canali digitali
specifici per questi mercati è una prassi. Restando sulPautomotive, aziende come Lexus, Land Rover e BMW
contano oggi milioni di follower nelle pagine dedicate ai paesi della MENA ragion, dove la comunicazione è
quasi sempre in arabo. Dai pirotecnici eventi di Porsche all'attività di Audi Middle East su Instagram, è
evidente quanto quest'angolo di mondo sia strategico per le grandi aziende. Che come sempre più spesso
accade, aprono la strada e tracciano la rotta per i brand dalle spalle meno coperte. LO STANDARD È
INSTAGRAM II canale sul quale ci capita più frequentemente di confrontarci per la creazione e gestione di
progetti di comunicazione è proprio Instagram. Esploso negli anni del mobile web, parte di quella che
potremmo definire la seconda generazione di social media, si è imposto come standard di presenza digitale
di brand nella MENA region, specialmente per quanto riguarda store fisici o aziende che vendono
direttamente online. Un esempio concreto sono alcuni dei brand di moda italiani con cui lavoriamo, che
comunicano puntualmente gli eventi in-store o l'arrivo di nuove collezioni su micro-canali dedicati a KSA,
Bahrein o Qatar. Ma lo sono anche le piccole attività locali, come boutique, ristoranti e gelaterie, fino a una
delle case history più interessanti della zona: un'azienda in Kuwait che vendeva capre e pecore su Instagram.
IL MOMENTO GIUSTO Se parliamo di piattaforme, in questa zona del mondo sono dunque i giganti
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COMMUNICATION
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ADV - N.10 - dicembre 2014
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(diffusione:3000)
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americani a dominare lo scenario digitale (in particolare la galassia Facebook e la galassia Google). A
maggior ragione, è altamente strategico conoscere la lingua e le particolari abitudini di consumo locali spesso legate a temi scottanti come religione e politica - per potersi posizionare nel momento giusto nei
mercati della MENA region. E il momento giusto è senza dubbio oggi.
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ADV - N.10 - dicembre 2014
Pag. 74
(diffusione:3000)
QUANDO IL GIOCO SI FA DURO: GOOGLE NEWS CHIUDE IN SPAGNA
ANTONINO PINTACUDA
Sullo sfondo di un confronto sempre più acceso tra l'Unione Europea e il colosso di Mountain View, che
investe una pluralità di temi, dal modello di tassazione al concetto di "posizione dominante", per la prima volta
nella sua storia Google ha reagito drasticamente all'azione legislativa diretta di un Parlamento sovrano. Dopo
l'approvazione da parte delle Cortes di una norma che impone obbligatoriamente la remunerazione (a favore
degli editori) anche degli "snippets", cioè delle semplici citazioni con link, Google ha deciso di chiudere il suo
aggregatore di news nella penisola iberica. Unilateralmente, senza neanche trattare... . Nelle stesse ore in cui
Obama di' chiarava con viva emozione "todos somos Americanos" aprendo finalmente al dialogo con Cuba,
nel Vecchio Continente la Spagna "chiudeva" invece i cancelli digitali al principale motore di ricerca. Con
l'entrata in vigore della nuova legge sulla proprietà intellettuale, infatti, Google News ha lasciato la Spagna.
Dal 16 dicembre ha chiuso la versione spagnola del servizio, sostituita da un'informativa di Mountain View in
cui il colosso statunitense ribadisce la sua vicinanza al mondo dell'informazione, sottolineando ancora una
volta che dal servizio non ricava utili diretti, essendo sin dalla sua nascita una piattaforma libera da qualsiasi
forma di pubblicità. L'attacco all'aggregatore del colosso di Mountain View arriva dalla terra dei matador
attraverso una nuova legge che è, de facto, una "tassa" sui link, come annotava il giornalista spagnolo
Antonio Delgado definendo la sua patria "Espana desconectada". Un provvedimento senza precedenti in
territorio europeo che dimostra il perdurante peso politico degli editori (nella fattispecie, quelli iberici
rappresentati da AEDE) che cercano inutilmente di svuotare l'Oceano con un secchio e per di più bucato.
Google News - e, aggiungiamo noi, i social network - rappresentano oggi, volenti o nolenti, le porte d'accesso
principali per i contenuti del web e dell'industria editoriale, i cui vari sistemi di micropagamento, di
compartecipazione, di abbonamenti, di sottoscrizioni non si sono ancora rivelati sufficientemente maturi per
rimpinguare le svuotate tasche dei produttori di informazioni. Continuare a mettere alla sbarra la Rete è una
mossa tardiva che non tiene minimamente conto delle mutate abitudini di lettura, composizione, consumo e
condivisione delle notizie stesse. UNA LEGGE MIOPE CHE TAGLIA FUORI I LETTORI: I COMMENTI Come
ha scritto a caldo il Direttore di Wired Italia Massimo Russo: "i primi a essere danneggiati da quanto accaduto
saranno gli utenti. Perché perdono un servizio utile, e perché dovranno subire l'effetto collaterale di una legge
tanto miope: il soffocamento dell'innovazione. Quasi che disconnettere la Spagna dalla contemporaneità
potesse bastare a salvare un modello di business - quello dei giornali e delle televisioni tradizionali comunque in crisi. Non per l'avvento di internet, ma per non aver saputo adattarsi al cambiamento dei tempi.
Google sopravvivrà anche senza il proprio aggregatore in spagnolo. Ma inventare nuovi servizi digitali, in un
paese dove un ordine amministrativo può chiudere un sito solo sulla base di una presunta violazione del
copyright, diventerà sempre più difficile. La stessa autorità per la concorrenza spagnola si era pronunciata
contro la legge, criticando la natura irrinunciabile del compenso. Nulla da fare. Con tanti saluti alla libertà
d'espressione". Sulla stessa scia il commento dell'avvocato Luca Bolognini, Presidente dell'Istituto Italiano
per la Privacy e la Valorizzazione dei Dati: "È stata una scelta giusta e, a mio avviso, condivisibile, seppur
terribile per gli utenti: i rischi legali, per Google, nel continuare a tenere accese le News in Spagna erano
troppo alti, vista la legge che entrerà in vigore da gennaio 2015 che di fatto impedisce il diritto di citazione
delle notizie. In Europa abbiamo legislazioni obsolete, assai analogiche e ben poco digitali, che non tengono
conto del ruolo cruciale svolto da motori di ricerca e aggregatori a favore del pluralismo dell'informazione. Da
anni, come Istituto, ci occupiamo del delicato confine tra privacy, proprietà intellettuale e libertà
d'informazione: e ora, mentre Google chiude un servizio utilissimo perché costretta a farlo da regole d'altri
tempi, tutti gli utenti spagnoli saranno più poveri di idee e di notizie. E speriamo non sia la prima di una serie
di chiusure del servizio in altri Stati UÈ". "La chiusura di Google News in Spagna non è una buona notizia".
Questo il commento pragmatico di Antonio Greco, Presidente di ANES (l'Associazione Nazionale dell'Editoria
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Periodica Specializzata) che, pur premettendo come la tutela della proprietà intellettuale sia un diritto
irrinunciabile che va difeso con forza, sottolinea che "i motori di ricerca e gli aggregatori di contenuti
rappresentano una fonte di traffico e un'occasione di visibilità per i prodotti editoriali a cui non è più così
scontato rinunciare". "Servono invece", conclude Greco, "regole più chiare e condivise per evitare la
riproduzione selvaggia e incontrollata dei contenuti da parte degli aggregatori". Lucida l'analisi di Gian-Paolo
Accardo sulle colonne di Internazionale che si chiede sin dal titolo se "L'Europa vuole fare la pelle a Google"
notando come gli editori che hanno fatto una rapida inversione a U dimostrano ancora una volta "la
schizofrenia degli editori europei in materia di diritto d'autore online. Alcuni di essi, tra cui molti sostenitori
dell'intangibilità del copyright, hanno scritto al commissario europeo per l'economia digitale Giinther Oettinger
per esprimere la loro preoccupazione per la legge spagnola, chiedendo all'Unione europea di "garantire il
libero movimento delle informazioni in Europa e il diritto fondamentale all'informazione". Mentre continua
senza esclusione di colpi, quella che, scrive sempre Accardo, "Le Monde ha definito la fronda europea contro
Google. Per il quotidiano francese i mezzi d'informazione nazionali accusano il motore di ricerca statunitense
di usare i loro contenuti senza pagare. I suoi concorrenti su internet sospettano che approfitti della sua
posizione dominante per promuovere i suoi servizi. Gli Stati rimpiangono le mancate entrate, mentre il gruppo
è un virtuoso dell'ottimizzazione fiscale. E i cittadini si preoccupano per la protezione dei dati personali".
Intanto proprio i numeri sono sotto gli occhi di tutti, già nel giorno stesso della chiusura gli accessi ai siti dei
giornali spagnoli più o meno blasonati sono in caduta libera. Già in Germania, un colosso dell'editoria come
Axel Springer (con una potenza di fuoco come bild.de, welt.de, computerbild. de, sportbild.de e autobild.de)
ha fatto nei mesi scorsi retromarcia proprio per il crollo delle visite ai suoi portali. La partita a scacchi è
appena iniziata. Da una parte Google non può cedere al ricatto per non essere fagocitata da contenziosi che
si concluderebbero con "donazioni" a cascata per tutti gli Stati in cui il servizio e attivo. Ma un motore di
ricerca senza contenuti perde la sua stessa ragione d'essere. Vedremo chi riuscirà a superare lo stallo in cui
a perdere sono solo i lettori.
Foto: INVENTARE NUOVI SERVIZI DIGITALI, IN UN PAESE DOVE UN ORDINE AMMINISTRATIVO PUÒ
CHIUDERE UN SITO SOLO SULLA BASE DI UNA PRESUNTA VIOLAZIONE DEL COPYRIGHT,
DIVENTERÀ SEMPRE PIÙ DIFFICILE
30/01/2015
ADV - N.10 - dicembre 2014
Pag. 92
(diffusione:3000)
COME FACEBOOK STA CAMBIANDO IL MONDO DEL SEARCH
MARKETING
Come da nove anni a questa parte, anche quest'anno il mondo SEO si è scambiato gli auguri di Natale al
Convegno GT, il principale evento dedicato ai motori di ricerca e alle professionalità della SEO che ha visto la
partecipazione anche di un importante relatore americano di Google.
ANDREA BOSCARO www.thevortex.it
i In quest'occasione, proprio in aper' tura e, per certi aspetti, suscitando un certo scalpore vista l'audience che
aveva davanti, Paolo Zanzottera di Shinystat, forte dei dati in suo possesso, ha comunicato che il traffico
verso i siti italiani è nel 2014 aumentato del 148% e negli ultimi due mesi ha superato gli accessi prodotti dai
motori di ricerca. All'interno di questo traffico, Facebook rappresenta la quasi totalità del valore lasciando le
briciole a Twitter e Google+ che pure crescono in modo significativo, ma non intaccano la leadership grazie ai
dati significativi che il social network di Menlo Park ha saputo conquistarsi nel nostro Paese. Questi dati
potrebbero non generare particolare sorpresa, in virtù della sostanziale differenza con la quale i social media
sono utilizzati rispetto ai motori di ricerca: è corretto infatti sottolineare come il traffico proveniente da Google
rappresenti l'ultimo miglio di un percorso informativo e la SEO è certamente una strategia pulì e capace di
produrre accessi di estrema qualità per i siti che se ne avvalgano. Il traffico proveniente dai social media è
senza dubbio più assimilabile a una modalità push e tale da consentire di far scoprire nuovi siti, nuove
aziende e nuove offerte. IL SISTEMA OPERATIVO SOCIALE DIFACEBOOK Questo quadro può però
mutare dal momento che Facebook ha deciso di abbandonare Bing come propria search e di affidarsi
completamente al proprio algoritmo su cui da anni lavora per svilupparne i fattori rilevanti e per accumulare
dati tali da poter restituire informazioni significative. Oggi, diversamente da un tempo, se cerco "ristorante
alessandria" su Facebook, finalmente trovo le pagine dei ristoranti che posseggono una Pagina Fan ordinati
nella misura in cui hanno saputo suscitare like presso i miei amici. Fattori significativi di questo algoritmo
saranno pertanto: S la rilevanza rispetto alla ricerca e la relativa attenzione che, in questo nuovo contesto,
occorrerà dedicare alla scelta della categoria e alla descrizione da inserire nello spazio a ciò dedicato; S la
numerosità dei like ovvero degli utenti che avranno deciso di seguire gli aggiornamenti della Pagina; S i
segnali che la Pagina avrà saputo suscitare e che risultano rilevanti per l'Edgerank, dai riscontri legati
all'affinità (hke, commenti, condivisioni...) agli eventuali elementi quali i commenti negativi ovvero le
manifestazioni di disinteresse che la Pagina avrà potuto ricevere nella scrittura dei propri post (unlike,
nascondi post...); S la vicinanza di tali segnali rispetto ai contatti personali di colui che avrà effettuato la
ricerca secondo il principio che sta dietro all'OpenGraph. Presso gli utenti che hanno impostato Facebook
come propria homepage e, più in generale, in un contesto dove Facebook sta diventando pian piano il
"sistema operativo sociale" di molte persone, la direzione intrapresa dal social network di sviluppare con forza
il proprio ruolo di ricerca non può che avere un impatto sul comportamento degli utenti e sul mercato del
search marketing. È quest'ultimo infatti il movente che ha indotto Facebook a sviluppare la propria search al
fine di offrire: S un ulteriore elemento di valore per la costruzione di Pagine capaci di essere seguite, anche in
virtù di investimenti pubblicitari sulla piattaforma per estendere i propri likers; S un contesto più adeguato a
pubblicare annunci pubblicitari così da offrire agli inserzionisti pagine di ricerca e utenti davvero alla ricerca di
spunti e propensi a valutare le informazioni offerte. La strada da percorrere da parte di Facebook per colmare
il gap pubblicitario con Google è ancora molto lunga, ma di certo questa mossa è una delle direzioni giuste
per intraprenderla.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 30/01/2015
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO
79 articoli
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
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Il premier: alla fine Silvio non romperà
Maria Teresa Meli e Francesco Verderami
Grazie a un ex dc, Renzi fa pace con gli ex pci, blinda la «ditta», si prepara ad accompagnare il suo prescelto
al Colle e si ritrova con tutte le carte del mazzo in mano. Comprese le elezioni anticipate. Non era mai
accaduto che un presidente del Consiglio diventasse il capo di tre diverse maggioranze: quella di governo,
quella del patto del Nazareno e quella del Quirinale. Certo, Mattarella non è stato ancora eletto, ma è
inevitabile che da ieri il leader del Pd debba guardare oltre l'elezione del capo dello Stato.
Il premier d'ora in avanti si troverà a coltivare i nuovi rapporti che ha costruito (con Sel) e a gestire quelli che
si sono logorati con l'alleato di governo (Alfano) e con l'alleato di opposizione (Berlusconi). Il modo in cui ha
cambiato schema di gioco ha spiazzato i suoi interlocutori, e la conversazione con Berlusconi non dev'essere
stata amabile. Tuttavia Renzi ritiene che il rapporto con il leader di Forza Italia non si sia rotto, «mi ha detto
che comunque l'intesa sulle riforme rimane valida. Ora - ha spiegato ai dirigenti del partito - si prenderà
qualche giorno per smaltire la rabbia. Dopo si ripartirà». Una conferma rispetto a quello che aveva
preventivato, e cioè che il Cavaliere non si sarebbe posto sulle barricate per la scelta di Mattarella, che si
sarebbe «limitato a marcare il dissenso con la scheda bianca».
Se per questo, il leader di Forza Italia - che non accetta mai la sconfitta - ieri mattina sembrava tentennare,
come fosse addirittura intenzionato a votare a favore del candidato di Renzi: un moto dell'anima o una
reazione istintiva? Per non sbagliarsi, i dirigenti azzurri hanno fatto pressing su di lui: «Non possiamo
votarlo», gli ha detto più volte Ghedini. Il prezzo politico che Berlusconi sta pagando è molto alto: tra Fitto che
chiede l'azzeramento dei vertici di Forza Italia e la Lega che lo irride e avoca a sé il primato nel centrodestra,
gli è rimasta solo l'intesa con Alfano, che ha tenuto fede al «patto sul Quirinale» stretto tra le forze che si
rifanno al Ppe. È il primo embrione del progetto di ricostruzione dell'area moderata che si rifà all'Ump
francese.
Anche con il ministro dell'Interno Renzi è ai ferri corti. Immaginava che Ncd alla fine avrebbe votato a favore
di Mattarella, «e secondo me Alfano sbaglia se vota scheda bianca. Per certi versi mi dispiace, perché con la
posizione che ha assunto rischia di perdere consensi». Il segretario del Pd, dopo averci provato di persona,
gli ha inviato numerosi ambasciatori che hanno tentato di fargli cambiare idea. E nei loro ragionamenti non è
mai mancato un cenno al «rischio di una crisi di governo»...
Ma il leader del raggruppamento di Area Popolare contesta al premier il cambiamento di schema, e alla
riunione con i grandi elettori ha spiegato il suo «no a logiche ancillari»: «Non siamo cadetti di Berlusconi,
figurarsi se diventiamo cadetti di Renzi». La scheda bianca permette ad Alfano di presidiare un'area che va
ancora ricostruita, e mette nel conto la possibilità che si incrini l'asse con Renzi. Il punto è che la situazione si
fa complicata nell'esecutivo, e come se non bastasse il Cavaliere ieri - per uscire dalle secche - lo ha messo
in difficoltà con le sue dichiarazioni che anticipavano addirittura l'apertura della crisi da parte di Ncd.
«Berlusconi non ha titolo per parlare di questioni di governo», ha detto il responsabile del Viminale per parare
il colpo: «E il patto di governo non è in discussione. Piuttosto toccherà al premier fare il vigile urbano, per
evitare incidenti agli incroci».
Sono gli «incroci» delle tre maggioranze distinte e distanti che il segretario del Pd ha costituito e che oggi lo
rendono il dominus nel Palazzo. «Ma se Renzi pensa di andare avanti con le tre maggioranze va a sbattere»,
dice il bersaniano Gotor. Sarà, intanto il primo obiettivo del leader democrat - quello fondamentale - è di
concludere l'operazione Quirinale portandosi dietro tutto il suo partito. E su questo è ottimista: «Ho
ricompattato il Pd, anche se nessuno lo credeva possibile. Persino Fassina è con noi. Fino ad ora è stato un
capolavoro». Poi, ripetendolo quasi come un mantra, Renzi dice di credere nel «senso di responsabilità di
tutti i parlamentari democratici».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Il retroscena Il Capo del governo e le tre maggioranze
30/01/2015
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Ma ora lo attende la prova del voto a scrutinio segreto, «ora si va alla prova di forza in Aula e dobbiamo stare
attenti, controllare quante saranno le schede bianche e quelle disperse, perché non possiamo permetterci
nessun errore». E infatti, dopo la prima chiama, è stato analizzato il risultato. I voti andati dispersi sono stati
un po' troppi, e bisogna verificare se si tratta di una sorta di «libera uscita» momentanea o se dietro c'è
dell'altro. In fondo, questo rimane pur sempre il «Parlamento dei 101» .
In più, c'è da considerare la possibile reazione di tutti quei quirinabili che speravano di essere «il prescelto» e
che invece vedono sfumare le loro aspettative. La dote di voti di Renzi è elevatissima, ma va capito se tutti i
suoi avversari riuscirebbero a diventare una «massa critica» capace di far saltare l'elezione del capo dello
Stato al quarto scrutinio. Sarebbe un evento tanto clamoroso quanto improbabile. Per cautelarsi dai franchi
tiratori il premier si sta muovendo su due fronti. Il primo è mediatico: quando la Boschi dice che «altri si
preparano a votare Mattarella», si tentano di dissuadere i malintenzionati. Il secondo è politico: al Nazareno
sono convinti che «nel segreto dell'urna qualcuno di Forza Italia voterà con noi. O Berlusconi o Fitto»...
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L'ASSEMBLEA Chi vota per il Quirinale 1.009 TOTALE Pd* 446 Autonomie-Estero-Psi-Pli 32 Scelta civica
32 Area popolare (Ncd+Udc) 75 Per l'Italia-Cd 13 Lega 38 Altri 11 M5S 128 Sel* 34 FdI 10 Forza Italia 142
Gal 15 Ex M5S 33 I CONTI Ecco su carta i voti che potrebbe ottenere la candidatura di Sergio Mattarella dal
quarto scrutinio in base alle intenzioni di voto dichiarate dai partiti 1.009 TOTALE Autonomie-Estero-Psi-Pli
32 Pd* 444 Scelta civica 32 Per l'Italia-Cd 13 Sel** 33 Quorum 505 maggioranza assoluta *Incluso il
presidente del Senato Pietro Grasso, che ha assunto le funzioni di presidente della Repubblica dopo le
dimissioni di Giorgio Napolitano. Per prassi il capo dello Stato supplente non partecipa alla votazione, così
come si astengono i presidenti di Camera e Senato (Laura Boldrini, nel gruppo di Sel, e Valeria Fedeli, Pd,
che sostituisce Grasso) *Sono esclusi il capo dello Stato supplente, Pietro Grasso, e la presidente del
Senato, Valeria Fedeli ** È esclusa la presidente della Camera, Laura Boldrini se convergessero tutti i voti
degli ex 5 Stelle Corriere della Sera 554 TOTALE 587 TOTALE
Mariastella Gelmini (FI) «Manca l'hashtag Berlusconi stai sereno ma il comportamento di Renzi
ci ha lasciato alquanto perplessi.
C'è stata una brusca frenata nel rapporto con Renzi, così viene meno la fiducia. Il patto del Nazareno è
nell'interesse del Paese
ma ora
di sicuro nulla è più scontato» Pippo Civati (Pd)
«Mattarella
è un diversivo, il patto
del Nazareno non credo
sia finito.
Io per ora
voto Prodi. Probabilmente ci sarà qualcun altro che lo fa. Alla quarta vediamo.
Se il Pd vota Mattarella
si vota Mattarella,
ma Prodi
ha una maggioranza più ampia» Umberto Bossi (Lega):
«È andata come era prevedibile. Penso che sia la fine dell'alleanza segnata
dal patto del Nazareno. Ormai sono stati fatti troppi errori. Silvio
si è fidato,
si è presentato disarmato
e l'hanno fucilato.
La Lega? Andiamo avanti per la nostra strada»
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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La vicenda Il 18 gennaio Matteo Renzi, segretario pd, non ancora premier, incontra Silvio Berlusconi, leader
di FI, nella sede pd del Nazareno a Roma: siglano l'intesa su legge elettorale e riforme costituzionali Il patto
del Nazareno regge, nonostante le tensioni: a marzo il primo sì all'Italicum alla Camera; ad agosto via libera
alle riforme in Senato Dopo le modifiche all'Italicum chieste da Renzi ad ottobre, tra gli attacchi e le
rassicurazioni di Berlusconi sulla tenuta del patto, l'intesa resiste ancora. E il 27 gennaio l'Italicum passa al
Senato con i voti decisivi degli azzurri
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
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Alle elementari le scienze in inglese
Il ministro e la riforma della scuola: nei licei arriva l'ora settimanale di economia
Gianna Fregonara
Centoquarantamila assunti il primo settembre «e dovranno restare almeno tre anni nel posto che scelgono».
A fine febbraio arriverà il decreto che cambierà l'istruzione e il ministro Stefania Giannini racconta al Corriere
della Sera «lo sforzo per traghettare la scuola dal Novecento al nuovo secolo». Previsti professori più giovani.
«Si farà economia al liceo e alle elementari scienze in inglese». a pagina 23 Voltattorni e l'analisi di Paolo Di
Stefano
ROMA È conto alla rovescia per il decreto che entro la fine di febbraio dovrà fare la sintesi del progetto
buona scuola.
Ministro Giannini, sono confermati i 140 mila assunti?
«Saranno tutti assunti il primo settembre e dovranno restare almeno tre anni nel posto che scelgono».
Cinquantamila circa copriranno le cattedre disponibili, gli altri novantamila formeranno l'organico funzionale,
in media due insegnanti in più per ogni istituto.
«Copriranno le supplenze, si occuperanno di alcune nuove competenze come la logica, l'educazione alla
salute e all'ambiente e l'insegnamento della lingua inglese, la lingua italiana per stranieri».
È prevista la formazione di questi prof? Con che fondi?
«Non subito, probabilmente durante l'anno. I fondi li troveremo, useremo i risparmi dell'abolizione delle
supplenze. Ieri intanto ho stanziato altri 50 milioni per le spese correnti delle scuole».
Cosa cambia per i ragazzi?
«Il nostro è uno sforzo per traghettare la scuola dal Novecento al nuovo secolo, senza smantellare la base
teorica che poggia sul sistema delle conoscenze. Aggiungeremo alcune competenze nel curriculum, ma
quello che più ci interessa è che ci siano insegnanti preparati, motivati e aggiornati e che i singoli istituti
funzionino. Saranno i bambini che inizieranno l'anno prossimo le elementari quelli che beneficeranno del tutto
delle novità».
Che novità sono previste per le elementari?
«Nelle quarte e quinte oltre alla musica e all'educazione fisica con insegnanti specialisti da settembre ci sarà
la possibilità di avere veri e propri professori di inglese che insegneranno, in compresenza con la maestra,
una materia in inglese, per esempio scienze, il cosiddetto Clil».
C'è un numero sufficiente di insegnanti di lingua inglese? Nelle superiori sono dieci anni che si arranca e
quest'anno il Clil per la maturità che doveva diventare obbligatorio non è partito...
«Abbiamo insegnanti per cominciare, poi si tratterà di orientare i concorsi, a partire dall'anno prossimo. So
che ci vorrà del tempo, noi impostiamo un modello nazionale per la prossima generazione di insegnanti di
inglese».
La materia in lingua inglese si farà anche alle medie?
«Per ora no. Ma i presidi potranno usare l'organico funzionale. Dal prossimo concorso avremo anche docenti
di italiano come seconda lingua per i bambini non madrelingua».
Si è parlato di soglie o di quote riservate agli stranieri?
«No, direi di no. L'integrazione non è questione di quantità ma di qualità».
Scuola del futuro: non si può non parlare del digitale. L'Inghilterra ha introdotto due ore obbligatorie di
programmazione alla settimana. E da noi?
«Ci rendiamo conto che non basta dare iPad, computer o lavagne interattive multimediali, né giocare con gli
strumenti informatici. Ma non ci saranno ore di coding come disciplina, penso invece a lezioni di logica o a
progetti specifici usando il personale a disposizione già alle elementari».
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INTERVISTA
30/01/2015
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E alle superiori cosa cambierà?
«Arte sarà estesa con un'ora aggiuntiva in tutti e cinque gli anni dei licei, si sta studiando come inserirla nei
tecnici e professionali, magari in modo facoltativo. Inseriremo anche un'ora di economia in terza e quarta
superiore».
Gli studenti italiani sono in genere poco brillanti nelle materie Stem, cioè scientifiche, matematica in testa.
«Questo non è un problema di orario, ma di preparazione degli insegnanti e di condizioni
dell'apprendimento».
Il Pd ha votato una risoluzione sul curriculum personalizzato, la riforma lo prevede?
«No, non si potrà personalizzare il curriculum. Ma con l'organico funzionale ogni scuola può ampliare la
propria offerta e proporre progetti e materie in più».
Sugli scatti di merito ai prof avete fatto dietrofront?
«No, la proposta della buona scuola era provocatoria. Circa un quarto dello scatto sarà di anzianità, il resto
sarà calcolato con i crediti guadagnati nel triennio dagli insegnanti. Mi piacerebbe che ci fossero dei criteri
nazionali che se raggiunti daranno il diritto alla parte di scatto di merito».
In Italia non ci sono prof giovani. E i 140 mila precari non abbassano l'età media.
«Vogliamo smaltire le graduatorie e dal prossimo concorso avremo insegnanti più giovani e preparati per le
esigenze della scuola del futuro. Tra dieci anni l'età media sarà scesa di almeno 3-4 anni».
Che cosa farete contro l'abbandono scolastico, vera piaga del sistema italiano?
«Non c'è una misura specifica, ma vorrei ripartire dal lavoro della Moratti sugli istituti professionali,
aumenteremo le ore in azienda, da 70 a 200 nel triennio dei tecnici, al Sud cercheremo di coinvolgere anche
il pubblico. Sarà determinante l'organico funzionale».
Nel decreto non c'è la riforma dei cicli, della scuola media. Perché?
«Se non hai scuole autonome e un organico responsabile, cambiare l'ordinamento non serve a nulla.
Vedremo dopo».
I suoi rapporti con il Pd non sono idilliaci.
«C'è una certa cacofonia ma io ho lavorato bene sia con il sottosegretario Reggi che con Faraone. Il Pd
tende giustamente ad essere molto protagonista».
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Italiani poco brillanti in matematica Non è un problema di orario ma di preparazio-ne degli insegnanti
Confermati i 140 mila nuovi assunti Dovranno restare almeno tre anni nel posto che scelgono Nel prossimo
concorso avremo professori più giovani Nel 2025 la media sarà scesa di 3-4 anni
Foto: All'Istruzione
Il ministro Stefania Giannini, 54 anni, ex rettrice dell'Università per stranieri di Perugia
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 8
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Quagliariello attacca: Matteo è stato incoerente Il percorso sarà in salita
L'errore «Nulla contro il nome Un errore di metodo che rende più difficile il cammino delle riforme»
Daria Gorodisky
ROMA Il Nuovo Centrodestra ieri ha dichiarato che, per l'elezione del presidente della Repubblica, esprimerà
scheda bianca anche alla quarta votazione.
«Lo abbiamo deciso in una riunione di gruppo, all'unanimità» racconta Gaetano Quagliariello, coordinatore
nazionale del partito.
Eppure dite che non avete niente da eccepire sulla persona di Sergio Mattarella.
«Esatto, il nome non c'entra assolutamente nulla. Anzi, una larghissima parte del nostro gruppo ha grande
stima per Mattarella. Il problema invece è che Matteo Renzi ha fatto una scelta in contraddizione con lo
stesso "metodo Renzi"».
A che cosa si riferisce esattamente quando parla di «metodo Renzi»?
«Renzi ha costruito una maggioranza per le riforme con Forza Italia e una maggioranza di governo con noi; e
ci ha sempre detto che intendeva tenere insieme queste due maggioranze per potersi affrancare dalla sua
minoranza interna».
Come è avvenuto, per esempio, in occasione del voto sulla legge elettorale, l'Italicum?
«Sì. Quindi ci aspettavamo che il presidente del Consiglio fosse coerente anche per il Quirinale. Invece
abbiamo ricevuto soltanto una comunicazione con un nome. Ci è dispiaciuto. Avremmo voluto condividere il
consenso su una figura istituzionale in grado di portare a compimento le riforme e la legislatura».
Voi avevate indicato Giuliano Amato.
«Non era certamente un nome nostro, però avremmo aderito. E invece, al momento dell'indicazione del
candidato, Renzi non ha tenuto conto né della maggioranza per le riforme, né di quella di governo. Ha creato
una terza maggioranza. È un errore di metodo che renderà più difficile il percorso delle riforme».
Avete sempre affermato che il Paese ha bisogno delle riforme, a partire da nuova legge elettorale e modifiche
costituzionali: adesso, al contrario, pensate di mettervi di traverso?
«Non si tratta di un auspicio, né di una minaccia. C'è solo la constatazione che, introducendo nuovi equilibri,
si creeranno oggettivamente maggiori difficoltà sulla strada delle riforme. L'elezione del presidente della
Repubblica non equivale a quella di un authority, ma determina uno schema politico».
In questo caso, quale sarebbe?
«Se le cose andranno avanti così, avremo un'area di sinistra-sinistra, cioè quella che eleggerà il capo dello
Stato; un'area moderata, e della quale noi avremo la leadership, che rispetta l'elezione senza però
condividerla; e un'area di estrema destra, ossia quella che ha candidato Vittorio Feltri per il Colle».
Nell'area moderata che citava ci sarebbe anche Forza Italia?
«Sì, Forza Italia ha partecipato allo sforzo per realizzare le riforme e per questo vogliamo che sia rispettata.
Però siamo due forze distinte per linea politica e per organizzazione. E in nessuna decisione abbiamo ceduto
né intendiamo cedere, nulla della nostra sovranità interna».
Tra di voi qualcuno avrebbe voluto - anche per coerenza - una linea più dura della scheda bianca. È stata
anche avanzata l'ipotesi di uscire dal governo.
«E perché abbandonare? Al contrario, noi vogliamo contare di più. Le nostre analisi sulle condizioni del
Paese e sulla necessità di applicare il massimo sforzo riformatore restano intatte».
Adesso non temete piuttosto di essere ridimensionati da un possibile rimpasto di governo?
«Le nostre decisioni politiche scelte non dipendono dalle poltrone. Abbiamo compiuto una scelta di
autonomia e lo abbiamo fatto serenamente e senza alzare i toni. Però abbiamo voluto mandare un
messaggio al presidente del Consiglio: attenzione, se guardi soltanto all'obiettivo immediato senza tenere in
considerazione l'insieme, rischi di sommare le contraddizioni».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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L'intervista
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Chi è
Gaetano Quagliariello, 54 anni, inizia da giovane la sua attività politica nel Partito Radicale Nel 1994 si iscrive
a Forza Italia e viene eletto in Parlamento per la prima volta nel 2006 Nel 2013 è ministro per le Riforme
costituzionali nel governo Letta Con la fine del Pdl, non aderisce a Forza Italia: è tra i fondatori di Ncd, di cui è
coordinatore
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 9
(diffusione:619980, tiratura:779916)
La sconfitta carica Fitto «Il partito va azzerato» Verdini sotto accusa
E il leader rientra ad Arcore: dai giudici nessuna deroga per il Colle La polveriera In FI è tutti contro tutti E
anche Berlusconi è irritato con Letta e l'ex coordinatore
P. D. C.
ROMA Per la resa dei conti, o almeno il suo inizio, è bastato aspettare solo due ore. Quelle che separano
l'annuncio di Silvio Berlusconi ai suoi grandi elettori - «Non voteremo Mattarella, Renzi ha tradito i patti» dalla nota durissima di Raffaele Fitto, che chiede «l'azzeramento totale nel partito e nei gruppi parlamentari
dopo il totale fallimento politico del Nazareno».
Ha voluto consumarla calda la sua vendetta il capo della minoranza interna. Lui, che da mesi predica un
cambiamento di linea, struttura, uomini e regole nel partito, nelle ultime settimane sul patto del Nazareno era
stato chiaro: «Renzi non ci darà nulla e noi gli stiamo dando tutto». L'aveva detto a Berlusconi alla vigilia
dell'incontro con Renzi nel quale il Cavaliere aveva deciso di concedere al premier il sì sull'Italicum
modificato, quello che azzoppa il centrodestra con il premio di lista: «Fermati, è una pazzia: non puoi andare
al Quirinale senza alcuna arma utile alla trattativa. È un suicidio, è pura follia!». Ma Berlusconi non l'ha
ascoltato e solo la trentina di frondisti ha protestato ad alta voce, votando contro riforme e legge elettorale.
Gli altri? Volenti o nolenti si sono allineati, sostenendo che comunque «abbiamo ritrovato centralità». Quegli
stessi che ieri si lamentavano per «il tradimento» del premier, minacciando - cominciando da Berlusconi conseguenze letali sulle riforme. Ma è proprio a loro che Fitto ora chiede il conto: «È impensabile - tuona che i cultori del Nazareno pretendano come se nulla fosse di travestirsi da oppositori di Renzi. Ora bisogna
azzerare tutto».
Non basta insomma alla minoranza interna - che ieri si è riunita e che nei prossimi giorni potrebbe
chiaramente fare nuovi adepti - che Berlusconi sia arrivato a stringere la mano all'azzurro D'Anna, fedelissimo
di Fitto: «Eh sì, su Renzi avevi ragione tu...». E non basta nemmeno che oggi tutti puntino il dito sugli ovvi
«colpevoli» di quello che viene considerato un patto scellerato, Letta e Verdini. «Vogliamo parlare dei
capigruppo? Loro non hanno colpe? E tutti quelli che vivono accanto a Berlusconi a ogni ora e gli dicono
sempre e solo sì?» alzano la voce i fittiani, sostenuti in questo anche dall'area più fedele a Verdini, secondo i
quali le colpe non sono solo dell'ex coordinatore.
Ma sulla graticola oggi finisce soprattutto lui, assieme a Letta. Additati come i massimi responsabili del
disastro, se non gli unici, perfino da un Berlusconi che descrivono «molto irritato» nei loro confronti. Contro di
loro partono gli strali anche dei fedelissimi del «cerchio magico» berlusconiano, che spesso avevano
annunciato o almeno auspicato un leader più a schiena dritta rispetto ai diktat di Renzi e che contro Verdini
avevano spesso puntato il dito.
«Chiaro che dovremo fare delle riflessioni su come è stata gestita tutta questa partita, ma serve tempo. Ad
oggi è chiaro che si tratta di una sconfitta, ma aspettiamo il novantesimo per giudicare per bene...» profetizza
Maurizio Gasparri. È arduo capire ora cosa potrà succedere, se veramente salteranno teste o se a un redde
rationem pubblico non si arriverà mai. Ma il rischio è lo sbandamento generale, se è vero che FI è una
polveriera dove tutti scaricano le colpe su tutti, ben sapendo che il responsabile ultimo è comunque il capo.
Lui che ieri sera se n'è tornato ad Arcore per svolgere il suo compito di assistenza a Cesano Boscone, oggi.
Lì rimarrà per il weekend, non è stata concessa la deroga all'obbligo di permanenza a Milano che aveva
richiesto. Un altro colpo al suo morale di sconfitto. Si aspettava una consacrazione, si ritrova con un mare di
macerie attorno e la speranza di un colpo di scena che trasformi l'incubo in favola. Difficile, molto difficile.
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184 i voti
favorevoli
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
100
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Il retroscena
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 9
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
101
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con cui martedì l'Italicum,
il ddl di riforma della legge elettorale,
è passato
al Senato. I voti contrari sono stati 66, 2 gli astenuti.
Il testo deve ora ritornare alla Camera
Gli sms di Aldo Cazzullo
12.42 A due ore dalla prima chiama una grande incognita fa vibrare il Palazzo e percorre il Paese: quanti voti
avrà Giancarlo Magalli?
13.32 I giornalisti, categoria più impopolare di Giuliano Amato, sotto sotto sono lusingati dalla candidatura
Feltri. Certo sarebbe un duro colpo se avesse meno voti di Magalli.
13.49 Mattarella (d'ora in avanti M.) non è impopolare per il semplice fatto che è scomparso da 15 anni e
quindi il popolo non lo conosce o l'ha dimenticato.
14.18 Calderoli non è entusiasta di votare insieme con i Fratelli d'Italia, che lui chiama i Cugini di Campagna.
Non crede a Mattarella e dice: Finocchiaro o Delrio.
15.02 Berlusconi ribadisce il no: «Quelli della sinistra dc sono i nostri atavici nemici». Ma La Russa e Civati
sono convinti che nella notte B cederà.
15.38 Concluse le quirinarie online. Gettare Prodi o Bersani tra i piedi di Renzi era un'idea geniale, ma
sopravvalutare l'intelligenza politica dei grillini è grave errore.
15.41 Bossi alla buvette: «M. per Berlusconi sarebbe la morte. Gli porterà via pure le televisioni».
16.41 Calderoli ha cambiato idea e sostiene che M. ce la farà: «Alfano ha un'autonomia di resistenza di tre
minuti. Sta per cedere».
17.14 Il Paese si rinnova e il Palazzo pure: rivisti Pecoraro Scanio e Pillitteri, in gran forma: «Di questa
giornata nei libri di storia resteranno tre righe; si aprì la Terza Repubblica tornando alla Prima».
17.17 L'entourage di Renzi è terrorizzato dalla pignoleria con cui M. esaminerebbe le leggi non sempre
ineccepibili uscite da Palazzo Chigi.
17.25 Tra i 1.009 grandi elettori due non rispondono alla chiama perché sono agli arresti: Francantonio
Genovese del Pd in galera, Galan di Forza Italia ai domiciliari nella sua villa palladiana.
17.28 Quagliariello: «Stiamo andando a ufficializzare il no a M. Ma restiamo al governo, eh?». Non ne
dubitavamo.
17.40 Minzolini: «Renzi ci ha invitati a tavola, ma poi non ci ha lasciato mangiare».
17.42 Enrico Letta non parlava da sei mesi: «Anche io sono della sinistra Dc e Berlusconi votò il mio
governo. Far politica vuol dire cambiare. Dalla legge Mammì sono passati 25 anni...».
18.07 Magalli fermo a un voto si aspettava di più. Stamattina già si vedeva governatore del mondo: «Se
hanno eletto Reagan e Schwarzenegger, perché non io?».
18.21 Il leggendario Scilipoti, ingiustamente oscurato da Razzi: «Perché non dovremmo votare M.? È un
galantuomo...».
19.27 Verdini, che per l'occasione aveva anche tagliato i capelli, visto di pessimo umore. Pare che Renzi
abbia trattato malissimo al telefono Berlusconi, che si è offeso.
19.40 Renzi tenterà di ricucire anche perché non ha mai sperimentato cosa vuol dire avere l'impero editoriale
di Berlusconi contro.
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Foto: In auto Il premier Matteo Renzi, 40 anni, sale in macchina subito dopo l'assemblea con i grandi elettori
del Partito democratico (Benvegnù-Guaitoli-Panegrossi)
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Una Chiesa distante dai giochi sul Colle: per noi meglio così, è finita
un'epoca
5 i capi di Stato italiani eletti che appartenevano alla Dc: Gronchi, Segni, Leone, Cossiga e Scalfaro
Massimo Franco
«N on ci hanno chiesto nessun parere: niente. Ed è un bene. È finita l'epoca in cui sul Quirinale, come su
altre cose, politica e Chiesa si lavavano le mani l'una con l'altra. Il risultato è stato che la Chiesa si è sporcata
la faccia. E lo paghiamo ancora oggi...». L'alto esponente della Conferenza episcopale italiana guarda
all'elezione del capo dello Stato con un distacco che non è disinteresse, ma sottolineatura di una politica
ecclesiastica lontana anni luce da quella del passato. Un tempo, nel secolo scorso, pontefici e segretari di
Stato, capi della Cei si inserivano naturalmente nei giochi per la presidenza della Repubblica. Esprimevano
preferenze. Ponevano veti. Quella competizione era una sorta di prolungamento naturale di una
consuetudine che aveva come protagonisti esponenti della Dc, cresciuti e formatisi nell'associazionismo
cattolico.
Poi, dopo la fine della Guerra fredda e l'arrivo di Silvio Berlusconi, e gli anni dell'Ulivo, la pratica è solo
apparentemente proseguita: anche se in realtà «i partiti hanno spesso finto di coinvolgere la Chiesa cattolica
nelle loro decisioni. E di fatto l'hanno utilizzata per i propri fini, senza darle troppo ascolto». Adesso, la
somma di un pontificato argentino avulso da qualunque suggestione di potere mondano e il disorientamento
dei vescovi italiani ha prodotto un approccio del tutto diverso. E la distanza della Cei da quanto sta
accadendo in Parlamento finisce per essere il riflesso sia di un confine netto tra le competenze e il ruolo del
Vaticano, e gli ambiti della politica; sia di un rapporto che dovrà essere ricostruito su nuovi paradigmi, con la
Chiesa esposta, ripiegata sul fronte sociale e quasi spaventata dalle compromissioni col potere.
In questi giorni, a Casa Santa Marta papa Francesco sembra preoccupato soprattutto dal modo in cui viene
affrontato il tema dell'immigrazione. In più, sa di dover affrontare e contrastare quello che viene definito «il
magma del dissenso» nella Curia contro le sue riforme; e proprio nell'anno in cui ha deciso di intervenire
direttamente, cambiando molti uomini, nei gangli della burocrazia vaticana. L'unica politica alla quale è
attento sembra quella argentina. L'assassinio del magistrato Alberto Nisman sta terremotando la presidenza
di Cristina Kirchner, che prima aveva parlato di suicidio e poi ha dovuto ammettere l'omicidio. Questo ha
aumentato i sospetti su un governo come minimo imbarazzato dalla morte di un giudice che ipotizzava un
patto scellerato Buenos Aires-Teheran per coprire le responsabilità di un vecchio attentato del 1994 contro gli
ebrei argentini.
Francesco continua a chiedere agli amici argentini che lo vanno a trovare che idea si sono fatti, e come finirà.
Teme che si acceleri una destabilizzazione che porterebbe la Kirchner alle dimissioni prima di dicembre. Su
questo sfondo il Quirinale è lontano, lontanissimo. Gli stessi interlocutori sono diversi da quelli di un tempo.
Due giorni fa, al ricevimento dato dall'ambasciatore presso la Santa Sede, Francesco Greco, cardinali e
vescovi ascoltavano, più che discutere della competizione sul nuovo capo dello Stato. Semmai, si
lamentavano per uno stile governativo considerato poco attento alle ragioni della Chiesa. «Sappiamo che il
premier Matteo Renzi dice in giro a tutti di non avere bisogno di noi», raccontava uno di loro. «Sostiene che
siamo noi ad avere bisogno di lui».
In questo atteggiamento, vedono una novità e insieme la permanenza di un'ottica che ritengono datata.
L'indicazione che Francesco dà è di avere rapporti e cercare sponde sull'immigrazione, sui problemi della
scuola, sulla famiglia: frontiere sulle quali la Chiesa non solo è schierata in prima fila ma può offrire consigli,
collaborazione, e indicare possibili soluzioni. Il resto, si spiega, «non ci riguarda più. Non almeno, nel modo in
cui ci riguardava nel passato». Così, mentre scorrono i nomi dei candidati alla presidenza della Repubblica,
l'unica cosa che si riesce a strappare è un cenno di assenso, o uno sguardo interrogativo. Anche se nelle
settimane scorse alla Civiltà cattolica, il quindicinale dei gesuiti che ha sede in via di Porta Pinciana, a Roma,
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Il retroscena
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ci sono stati colloqui informali con alcune delle persone indicate come possibili capi dello Stato.
Ma si è trattato di incontri conoscitivi, senza la pretesa né la volontà reciproche di esercitare una qualunque
influenza sulle decisioni del Parlamento. Bisogna faticare per strappare un giudizio vaticano sui candidati più
accreditati in queste ore. L'alto esponente della Cei alla fine si sbilancia un po'. «Sul piano solo strettamente
personale, posso dire che Sergio Mattarella sarebbe un'ottima scelta perché è una persona competente e per
bene». L'impressione strana è che però l'alto prelato stia parlando in confessionale, quasi ammettendo un
peccato. La lezione di Francesco è che «bisogna stare per la strada, in mezzo alla gente, e non nei palazzi».
E non immischiarsi in tutto quello che riguarda la politica in senso stretto. L'ombra lunga e controversa del
passato si fa sentire, soprattutto in Italia: il responso del Conclave del 2013, così critico verso la Chiesa
italiana, è inequivocabile.
Dunque, Mattarella e così sia, se sarà presidente. Ma rallegrandosi in silenzio. E guardandosi bene
dall'elencare la sua fede cattolica tra le doti che ha, almeno agli occhi del Vaticano: l'indizio più vistoso che
un'epoca è davvero finita .
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Dopo le stime al rialzo di Bankitalia e Confindustria, per Prometeia il Pil salirà dello 0,7% Il premier: la
macchina si è riaccesa. La fiducia tocca i massimi dal 2011, l'effetto petrolio 3,7 per cento l'aumento delle
compravendite di case tra luglio e settembre rispetto al 2013
Lorenzo Salvia
ROMA «Segnali di ripresa timidi ma interessanti». Nel primo giorno di voto per le elezioni del presidente della
Repubblica, Matteo Renzi parla di economia e, su Twitter, usa parole di prudente ottimismo. Poi, davanti
all'assemblea dei grandi elettori del Pd, torna sull'argomento: «La macchina si è finalmente riaccesa».
In effetti qualche movimento positivo c'è. Dopo che negli ultimi giorni la Banca d'Italia aveva parlato di
crescita superiore alle ultime stime e Confindustria di fine della recessione (con Susanna Camusso della Cgil
che definisce l'associazione degli industriali «abbagliata per i tanti finanziamenti ricevuti»), ieri sono arrivati
altri numeri con il segno più. A gennaio, secondo l'Istat, l'indice di fiducia dei consumatori ha toccato il valore
più alto degli ultimi sei mesi. Ancora meglio l'indice delle imprese, ai massimi dal settembre 2011. «Gli italiani
sono più fiduciosi sul proprio futuro personale e sulle prospettive economiche» dicono al ministero
dell'Economia, aggiungendo che la «ripresa sembra diffusa in tutte le aree del Paese». Dati positivi arrivano
anche dal mercato immobiliare. Tra luglio e settembre le compravendite sono salite del 3,7% rispetto allo
stesso periodo dell'anno scorso, mentre i mutui hanno fatto segnare un + 13,9%. È vero che buona parte di
questo boom si spiega con le surroghe, cioè la sostituzione di vecchi mutui a tassi alti con nuovi mutui più
convenienti. Ma l'inversione di tendenza c'è.
Un altro segnale è arrivato ieri dal Centro studi di Confindustria che rileva una «variazione della produzione
industriale dello 0,3% in gennaio su dicembre», aggiungendo che «prosegue la lenta risalita dell'attività».
Mentre Prometeia, centro di ricerche econometriche, dice che nel corso dell'anno la ripresa si consoliderà
facendo registrare un aumento del Prodotto interno lordo pari allo 0,7%. «L'andamento - spiega il segretario
generale Paolo Onofri - sarà lento nei primi mesi e più vigoroso nei trimestri centrali, anche grazie all'Expo
che solo per il turismo dovrebbe portare una spesa aggiuntiva di un miliardo di euro». Ma da un altro centro
studi, Nomisma, invitano ad «attendere prima di festeggiare». Come spiega il capo economista Sergio De
Nardis, «non si è mai avuta una combinazione di shock esterni, dalla svalutazione al prezzo del petrolio
all'espansione monetaria, così favorevole». In effetti la discesa del prezzo della benzina ha dato una mano. A
dicembre i consumi di carburante sono cresciuti del 4,2% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.
Mentre sull'energia - che del prezzo del petrolio risente solo in maniera indiretta - la tendenza resta sempre
negativa. In tutto il 2014, secondo i dati provvisori di Terna, la domanda è scesa del 2,1% rispetto all'anno
precedente. Solo a settembre c'era stato un piccolo aumento, lo 0,4%. In quel caso solo un fuoco di paglia.
@lorenzosalvia
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Il confronto Il Pil Fonte: Istat Corriere della Sera 2016 0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 2015 Prometeia Confindustria
Bollettino di Bankitalia Fmi Ocse Commissione Ue +0,7% +2,1%* +0,4% +0,4% +0,2% +0,6% +1,4% +2,5%*
+1,2% +0,8% +1% +1,1% *Effetto combinato di mini euro, mini greggio, mini tassi e commercio mondiale in
crescita Il mercato immobiliare Le vendite in % 2009 2010 2011 2012 2013 2014 15 10 5 0 -5 -10 -15 -20 -25
-30 La fiducia dei consumatori e delle imprese 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 70 80 90 100 110 120
Imprese Consumatori
I numeri
Segnali
di ripresa del Prodotto interno lordo italiano. La Banca d'Italia
e Confindustria nei giorni scorsi hanno alzato
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Export e case, perché l'Italia rivede la ripresa
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le stime per l'anno in corso Ieri anche l'Istat ha ravvisato un aumento della fiducia dei consumatori che ha
superato la soglia dei 100 punti, valore massimo negli ultimi sei mesi Anche
il centro di ricerche Prometeia rileva che
il Pil aumenterà dello 0,7
per cento
nel 2015
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Orlandi: dico no alle lobby sul modello 730
Il direttore dell'Agenzia delle Entrate: andremo avanti sul precompilato entro il 7 marzo Il nodo delle
responsabilità e le richieste dei commercialisti sul visto di conformità Reddito-metro, nessun accanimen-to
con gli italiani perbene Spese mediche, sarà fondamen-tale usare la tessera sanitaria
Mario Sensini
ROMA I consulenti del lavoro che minacciano lo sciopero proprio nel momento cruciale, i commercialisti che
protestano perché non vogliono farsi carico della responsabilità integrale e paventano rischi di
incostituzionalità. La dichiarazione precompilata dei redditi, «la rivoluzione che cambierà la vita dei cittadini»,
come la chiama Rossella Orlandi, direttore dell'Agenzia delle Entrate, è a rischio. Entro il 7 marzo i sostituti
d'imposta dovrebbero consegnare all'Agenzia la Certificazione Unica per tutti i loro dipendenti, il documento
che sostituisce il Cud, in modo che 20 milioni di dichiarazioni in gran parte già messe a punto con quei dati, e
gli altri in possesso dell'Agenzia, possano essere trasferite ai contribuenti per il 15 aprile.
Precompilata a rischio
Se salta la trasmissione di quei dati, che secondo i consulenti del lavoro è molto complesso mettere insieme,
perché ad esempio non ci sono più da indicare solo i redditi da lavoro, l'intera operazione rischia di
naufragare. «Bisogna che ciascuno si prenda le proprie responsabilità» dice la Orlandi. «Il fisco è pronto a
cambiare. Non abbiamo nessuna intenzione di accanirci sugli italiani per bene, ma vogliamo semplificargli la
vita. Solo che, ancora una volta, ci sono pressioni lobbistiche che frenano il cambiamento» aggiunge il
direttore dell'Agenzia, a margine del Telefisco 2015 organizzato dal «Sole 24 Ore». Il modello della Cu è sul
sito dell'Agenzia da settembre, ma i software per la gestione e trasmissione sono appena stati messi a punto.
Forse anche l'Agenzia metterà a disposizione, a breve, un programma per la compilazione, ma rispetto ai
tempi del Cud, si dice, «c'è una settimana di tempo in più», fino al 7 marzo. Anche se stavolta è prevista una
bella sanzione, 100 euro, per ogni Certificazione omessa o trasmessa in ritardo.
Commercialisti contro
Quanto alle polemiche sul «visto di conformità» che i Caf e i commercialisti dovranno apporre sulle
dichiarazioni precompilate che vengono modificate o integrate, e che scarica su di loro non solo le sanzioni,
ma anche l'eventuale pagamento dell'imposta evasa, la Orlandi taglia corto: «Con i Caf non ci sono grandi
problemi. Ma il visto di conformità esiste da vent'anni: se oggi preoccupa, mi preoccupo pure io. Dove sono
abituati a metterlo? Se c'è un errore nella dichiarazione, la sanzione ai Caf oggi non solleva il contribuente.
Con la precompilata e il visto di conformità i contribuenti possono stare tranquilli, non avranno più fastidi e
non dovranno preoccuparsi più di niente. Saranno gli intermediari a rispondere dei controlli, delle sanzioni e
delle imposte dovute. A meno che, ovviamente, i contribuenti non abbiano presentato documenti falsi».
I commercialisti continuano ad avere dubbi, e sono convinti che scaricare su di loro anche il debito fiscale dei
contribuenti sia incostituzionale. I Caf protestano meno. E hanno trovato un'intesa col governo sulle tariffe per
il trattamento delle nuove precompilate, il 71% delle quali, circa 14 milioni su 20, dovranno essere integrate.
Oggi i Caf ricevono 14 euro per ogni dichiarazione trasmessa, da quest'anno per ogni 730 inviato senza
modifiche riceveranno dallo Stato 13,6 euro nel 2015, 15,4 nel 2016 e 16,9 nel 2017. Per la dichiarazione in
cui vengono solo rettificate le cifre indicate dall'Agenzia lo Stato riconoscerà 14,3 euro quest'anno, 16,6 il
prossimo, 17,7 nel 2017, mentre per le dichiarazioni integrate, ad esempio con altri oneri da detrarre o
dedurre, la tariffa è di 16,2 euro che salgono a 18,3 dal 2016. Alla quale si aggiunge la tariffa a carico del
contribuente, di solito tra i 30 e i 50 euro.
Cassetto fiscale al palo
Se tutto andrà liscio la precompilata sarà disponibile dal 15 aprile per circa 20 milioni di contribuenti, quelli
che hanno fatto l'anno scorso il 730 o il modello Unico. La dichiarazione sarà depositata sul «Cassetto
fiscale» telematico di ciascun contribuente, ma solo 4 milioni di loro, per ora, hanno l'accesso diretto al
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La riforma
30/01/2015
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sistema telematico. Nei prossimi giorni l'Agenzia lancerà una campagna per incentivarlo, semplificando anche
le modalità per ottenere il Pin. In ogni caso la dichiarazione sarà accessibile attraverso il Caf.
Dentro, quest'anno, saranno già indicati i redditi da lavoro dipendente o da pensione, quelli derivanti dalle
collaborazioni, i redditi fondiari, ma anche alcuni oneri detraibili o deducibili, come le spese sostenute per gli
interessi sui mutui, i contributi previdenziali e assistenziali, i premi assicurativi, e gli oneri pluriennali, come ad
esempio i bonus per le ristrutturazioni edilizie e la riqualificazione energetica. Dal 2016 ci saranno anche le
spese sanitarie, «ma per questo è fondamentale che i cittadini usino la tessera sanitaria per pagare spese
mediche o farmaceutiche» dice Orlandi. Se la dichiarazione viene accettata e inviata così com'è, non subirà
alcun controllo formale; se viene modificata o integrata dal Caf o dal commercialista che appone il visto di
conformità i controlli saranno fatti a loro carico. In entrambi i casi dovrebbe saltare anche il blocco e la verifica
dei rimborsi oltre i 4 mila euro che derivano da oneri pluriennali e carichi familiari.
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Le novità Il modello consultabile da aprile La dichiarazione dei redditi precompilata, il cosiddetto 730,
riguarderà 20 milioni di contribuenti tra lavoratori dipendenti e pensionati. Il modello sarà fornito direttamente
all'Agenzia delle Entrate: il 730 precompilato sarà consultabile dal 15 aprile prossimo via Internet o nei Caf, i
centri di assistenza fiscale. © RIPRODUZIONE RISERVATA Così gli ultimi controlli Una volta ricevuto il 730,
questo potrà essere confermato dai contribuenti così com'è e rispedito all'Agenzia delle Entrate. Oppure potrà
essere modificato, per inserire eventuali informazioni mancanti, da un professionista o da un Caf. Alla
dichiarazione modificata dovrà essere apposto il visto di conformità. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il visto
di conformità Saranno i Caf e i commercialisti a dover apporre il visto di conformità sulle dichiarazioni
precompilate che vengono modificate o integrate. Con questo atto si scarica su di loro la responsabilità di
eventuali errori o omissioni con conseguenze non solo in termini di sanzioni, ma anche di eventuale
pagamento dell'imposta evasa. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi è
Rossella Orlandi, 58 anni, toscana
di Empoli,
è il direttore dell'Agenzia delle Entrate dal giugno scorso. Laurea in giurispru-denza, è stata vicedirettore
dell'Accerta-mento
30/01/2015
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L'Italia disponibile a limare l'austerità La questione debito
Mario Sensini
ROMA Il governo greco troverà la prossima settimana a Roma orecchie molto attente alla richiesta di un
alleggerimento del piano di risanamento e riforme imposto a fronte dei prestiti ricevuti. Come la stragrande
maggioranza dei Paesi Ue, forse con la sola eccezione della Germania, Matteo Renzi, che martedì riceverà il
premier Alexis Tsipras, ed il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, che lo stesso giorno vedrà il suo
nuovo collega Yanis Varoufakis, sono convinti che la Grecia non possa realmente più sostenere i sacrifici
imposti a fronte dei 300 miliardi di aiuti avuti dalla comunità internazionale. Piena disponibilità, dunque, a una
graduazione dell'austerity che oltre ad aver fiaccato le possibilità di ripresa dell'economia, alla luce del voto
greco sembra controproducente anche dal punto di vista politico. Nessuna apertura, invece, ad un'eventuale
richiesta di abbattimento del debito greco. L'Italia è il terzo creditore di Atene, per 35,4 miliardi di euro, 10 dei
quali relativi al prestito bilaterale del 2010-2011, poi inglobato nel quadro degli aiuti concessi dalla Ue con
l'Efsf. La Germania è il paese che ha i maggiori crediti, 60 miliardi, seguita dalla Francia con 46. Italia al terzo
posto anche per l'esposizione bancaria, ma con solo 1,2 miliardi a fronte dei 2 della Francia e ai 12 miliardi
delle banche tedesche.
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Retroscena
30/01/2015
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Weber: «Siamo pronti a discutere ma Atene faccia delle proposte»
Il tedesco capogruppo del Ppe: attenti al dolce veleno del populismo Il nuovo governo non avrà quello che il
precedente non avrebbe ottenuto Come spiegare che il nostro denaro dovrebbe finanziare le promesse di
Tsipras?
dal nostro corrispondente Luigi Offeddu
BRUXELLES «I greci hanno espresso il loro voto democraticamente e noi lo rispettiamo. Ma una cosa va
sottolineata: hanno eletto un nuovo governo, non un nuovo Stato. Cioè: gli impegni assunti in nome del
Paese vanno mantenuti».
Manfred Weber, tedesco bavarese di 42 anni, capogruppo del Partito popolare europeo all'Europarlamento,
non è noto per usare morbide perifrasi. E sugli eventi di Atene, si mostra molto preoccupato.
La Grecia ha oppure no il diritto di chiedere una rinegoziazione del suo debito estero?
«L'Unione Europea è certamente disponibile a una discussione del programma, se Tsipras fa delle proposte.
Ma per noi, è chiaro che il nuovo governo greco non otterrà nuove concessioni che il precedente governo non
avrebbe ottenuto. In passato, l'Unione Europea ha già fatto molti passi verso la Grecia».
E una dilazione del debito, una diluizione in varie tranche nel tempo, per esempio sei-diciotto mesi in più a
partire da questo febbraio 2015?
«Il programma attuale finisce con febbraio. Dopo, dovrà essere prolungato: e certo vi è disponibilità a una
discussione. Ma la palla tocca al governo greco. E' Atene che deve fare delle proposte».
Per alcuni Paesi, fra cui la Germania, il debito dell'Ucraina può essere rinegoziato. E il dubbio è quasi
automatico: ma perché a Kiev si può anche dire «sì», e ad Atene solo «no»?
«Lasci che le ricordi come la Grecia benefici già di condizioni molto favorevoli. Per esempio di tassi di
interesse molto bassi. E non dovrà ripagare per anni la maggior parte dei prestiti. Vedo poco spazio per delle
negoziazioni. Mi è difficile immaginare, per esempio, come il vostro primo ministro Matteo Renzi possa
spiegare al suo popolo che il denaro fresco italiano deve finanziare le promesse elettorali di Tsipras. L'Italia
ha impegnato 10 miliardi di euro in aiuti bilaterali alla Grecia, e questi miliardi andrebbero persi in una
riduzione del debito!».
La Grecia resterà nel pianeta euro?
«Tutti lo vogliamo. Questo è il motivo per cui i contribuenti europei hanno pagato per salvare Atene dalla
bancarotta. Ma tutto dipende dalla Grecia: può esservi solidarietà dalla Ue solo se Atene continua con le
riforme iniziate. E' questo, il patto».
Oggi, l'emergenza è la Grecia. Ma altri Paesi non stanno bene: qual è la situazione più preoccupante fra
tutte?
«L'eurozona è stabile. Le riforme stanno dando i loro frutti. Per esempio, sono stato da poco a Madrid: in
Spagna nell'ultimo anno, è stato creato un milione di posti di lavoro! Mi preoccupa di più un altro sviluppo in
Europa: forze di estrema destra e sinistra si sono alleate in Grecia. Non hanno molto in comune ma
condividono la volontà di abbandonare un'Europa di valori, solidarietà e tolleranza. Sostengono l'egoismo. E
quest'evoluzione si vedrà in molti altri Paesi. Tutte le forze del centro devono allearsi fra loro. Per esempio, io
posso solo mettere in guardia i socialisti-democratici europei contro il dolce veleno del populismo che Tsipras
coltiva».
E l'Italia? Come giudica la sua attuale situazione?
"E' sulla via giusta. Il governo italiano è coraggioso, nell'avviare diverse importanti riforme, anche con il
supporto di Forza Italia. Questi sforzi meritano il nostro rispetto. Ma il cammino delle riforme non è finito e
dev'essere continuato. Il Ppe attende questo dal governo italiano, che ha il nostro sostegno come quello della
Commissione».
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Intervista
30/01/2015
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Qualcuno dice che la Grecia mette in pericolo l'economia mondiale...
«Non sono d'accordo. Tutti vogliamo la Grecia nell'euro, ma una sua uscita non sarebbe più così terrificante
per l'economia mondiale. Dobbiamo finirla con lo sterile dibattito tra stabilità e flessibilità. Concentrarci su
come affrontare sfide globali, creare impieghi e crescita. Riforme strutturali, disciplina di bilancio e
investimenti devono procedere insieme. Perciò il piano da 315 miliardi di investimenti presentato da JeanClaude Juncker è un segnale molto importante».
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Chi è
Il tedesco Manfred Weber,
42 anni, esponente della Csu bavarese,
è il capogruppo del Partito popolare all'Europarla-mento. Siede in Commissione Affari costituzionali
30/01/2015
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Una partita a scacchi per tre E il Califfo forse tenta il bluff
Il re giordano spalle al muro. E il pilota potrebbe essere già morto 200 milioni di dollari, il maxi riscatto chiesto
inizialmente L'imbarazzo di Tokyo Abe ha ripetuto che con i terroristi non tratta, ma lo ha lasciato fare ai
giordani
Guido Olimpio
WASHINGTON Una vicenda dai tempi lunghi, marcata da segnali confusi e dal sovrapporsi dei percorsi
negoziali, conseguenza del coinvolgimento di più Paesi, il Giappone e la Giordania.
L'Isis non ha voluto solo terrorizzare con il sacrificio degli ostaggi ma anche monetizzare. In contanti, con la
richiesta iniziale di un maxiriscatto, oppure molto più concretamente in propaganda. Una manovra definita
scaltra, anche se condotta senza l'abituale coreografia.
Il Califfo ha lanciato la sua sfida in concomitanza con il rovescio di Kobane, la cittadina curda dove ha
lasciato sul campo centinaia di militanti. È possibile che l'Isis abbia cercato di distrarre l'attenzione dalla
sconfitta e in parte c'è riuscito, usando proprio la tattica della dilazione.
Prima ha chiesto denaro, poi le 72 ore di ultimatum, seguite da altre 24. Così ha sempre mantenuto l'iniziativa
nel duello con gli avversari mettendo in imbarazzo Tokyo e Amman.
Il Giappone ha ripetuto che con i terroristi non si tratta, però lo ha lasciato fare ai giordani. E per l'esecutivo
del premier Abe è iniziata una fase delicata. Il Paese, pur non partecipando alla spedizione anti-Isis, è stato
coinvolto comunque nel conflitto con la cattura dei due ostaggi, il reporter Kenji Goto e Haruna Yukawa, poi
trucidato.
Ancora più intensa la sfida alla Giordania. Perché ha tirato dentro al possibile baratto Sajida al Rishawi, la
terrorista detenuta nel regno e coinvolta in un grande massacro. Oltre a questo c'è il vincolo della donna alla
formazione di Abu Musab al Zarkawi: ha partecipato all'attentato e suo fratello Thamer era un luogotenente
dell'emiro nero.
Per i terroristi la Giordania è un nemico doppio. Da sempre i servizi di re Abdallah collaborano con gli Usa.
Un'unità speciale, i Cavalieri della giustizia, ha condotto operazioni contro i jihadisti e molti di loro sono finiti
nella prigione di al Jafr (ora chiusa) dove i metodi usati erano brutali.
Se uno dei centri usati dai servizi era chiamato «la fabbrica delle unghie» si può immaginarne il motivo.
Non meno sensibile la questione del pilota. Usandolo per il ricatto l'Isis ha seminato tensione ad Amman,
dove la famiglia del militare, legata a un grande clan tribale, ha chiesto che la Giordania si ritiri dalla
coalizione. Lato della storia sulla quale hanno pesato le notizie uscite nelle scorse settimane.
Il 26 dicembre i militanti hanno promosso un sondaggio per decidere quale metodo usare per uccidere il
militare. E il 2 gennaio il quotidiano libanese al Mayedeen ne ha annunciato la morte, sembra per
decapitazione. Quindi i sequestratori lo hanno ritirato fuori senza però dare la prova in vita richiesta dai
mediatori. Atteggiamento che ha fatto sospettare un piano per mettere con le spalle al muro il sovrano.
Infine la comunicazione, meno fluida rispetto al passato. Solo un video ben curato - che ha suscitato molte
speculazioni - poi messaggi audio o clip piuttosto rudimentali. Davvero strano per una partita così complicata.
Chi crede ai complotti avrà le sue spiegazioni, gli esperti suggeriscono che l'Isis non ha voluto prendere dei
rischi. Troppe spie e droni in giro. E allora, per motivi di sicurezza, è ricorso a metodi meno sofisticati. Che
comunque hanno funzionato.
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La vicenda
Per la prima volta lo Stato Islamico - già autore della decapitazione di due inglesi e due americani - ha aperto
esplicitamente una trattativa Inizialmente ha chiesto un riscatto per il reporter Kenji Goto e il contractor
militare Haruna Yukawa, poi ucciso Nella trattativa è poi entrata la Giordania, che aveva tentato mediazioni
con l'Isis Allora l'Isis ha chiesto uno scambio tra il pilota giordano e il giornalista giapponese in cambio della
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Il retroscena
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 17
(diffusione:619980, tiratura:779916)
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terrorista Rishawi, già condannata a morte
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 25
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Ispezione informatica dei pm per verificare se i dati della gara siano stati alterati
Luigi Ferrarella
MILANO Ispezione informatica nella piattaforma degli appalti del «Padiglione Italia» per Expo 2015: l'ha
ordinata la Procura di Milano - in parallelo con analoga perquisizione sul versante privato di «Peck spa», uno
dei riferimenti gastronomici della città - per verificare se nelle carte (che fisicamente tali in realtà non sono
ormai più, ma files informatici) della gara per la ristorazione del «Padiglione Italia» siano state apportate
modifiche ai dati dell'offerta, così come denunciato dall'imprenditore (Piero Sassone) che, arrivato secondo
dietro Peck, ha sostenuto di essere stato battuto in maniera irregolare e ha fatto ricorso.
Questione non ancora esaminata nel merito dal Tar, che in via cautelare aveva prima concesso una breve
sospensiva, e poi in maggio respinto la sospensione della gara «anche in considerazione dell'apparente
infondatezza delle censure dedotte dal ricorrente».
In interviste a Il Fatto quotidiano e in tv a «La Gabbia», Sassone (ex chef, poi ristoratore a Saluzzo, poi
imprenditore del settore che dichiara uffici di rappresentanza in 24 Paesi), aveva lamentato: «Ho partecipato
a 4 Expo in giro per il mondo (Aichi 2005 in Giappone, Saragozza 2008 in Spagna, Shanghai 2010 in Cina,
Yeosu 2012 in Corea del Sud), ma sono stato buttato fuori proprio da quella che si tiene in Italia, dove il mio
progetto coinvolgeva 12 ristoranti stellati e 7 chef internazionali. Ritengo che la gara non sia stata regolare. Il
fatto - aveva ritenuto di aggiungere Sassone - è che Peck è controllato dalla famiglia Marzotto che ha rapporti
stretti con Diana Bracco, commissario del Padiglione Italia».
Alcune delle doglianze di Sassone è presumibile siano destinate a non scaldare granché la Procura,
somigliando più che altro a beghe d'affari. Ma dalla perquisizione operata dalla Gdf nell'inchiesta sinora
senza indagati per l'ipotesi di turbativa d'asta, si intuisce ora che altre circostanze lamentate possano invece
essere oggetto dell'interesse a verificare i fatti del pm del pool pubblica amministrazione Giovanni Polizzi. A
cominciare dall'affermazione di Sassone secondo la quale «il file dell'offerta economica di Peck risulta
modificato l'ultima volta il 3 aprile 2014 alle ore 17.37, quando il termine per la presentazione delle offerte era
il 25 marzo e le buste sono state aperte dalla commissione alle 16.30 del 2 aprile». A detta dell'imprenditore,
inoltre, è stato reso noto un solo verbale di tre sedute; e il rappresentante per l'Italia di una ditta di acque
minerali avrebbe già saputo che in lizza erano rimaste solo due offerte.
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L'evento
L'Expo Milano 2015
si aprirà
il prossimo primo maggio Sono attesi 20 milioni
di visitatori
nei sei mesi
di esposizione
Foto: In basso, i lavori sull'area espositiva di Expo 2015 che procedono a pieno ritmo (Fotogramma)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Padiglione Italia, inchiesta sulla ristorazione a Peck
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 38
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I giudici: essenziale per la Vigilanza il mandato a Nomura 2,5 miliardi L'incremento di capitale fresco che sarà
chiesto al mercato da Mps L'aumento di capitale è garantito da un consorzio (Ubs, Mediobanca, Goldman
Sachs e Citi)
Fabrizio Massaro
Milano Non si placa l'ondata di vendite sul Montepaschi. Il tema delle svalutazioni e dell'aumento di capitale
continua a pesare sul titolo. Ieri l'ennesima giornata di passione, con l'azione scesa anche oltre il 7%
toccando i nuovi minimi storici a 0,42 euro. Alla fine la chiusura è stata 0,434 euro (-5,6%), ma comunque
pesante: in due sedute, dopo la cancellazione del divieto di operare allo scoperto (dunque di scommettere al
ribasso), la perdita è di circa il 12%. Il divieto era stato decretato dalla Consob il 27 ottobre per cercare di
arginare la forte volatilità del titolo dopo la bocciatura di Mps e Carige agli stress test della Bce ed era stato
prorogato l'11 novembre.
Il mercato si attende svalutazioni pesanti dei crediti, secondo la risultante dell'asset quality review, e un
incremento del capitale fresco che sarà chiesto al mercato, attualmente fissato a 2,5 miliardi. In attesa che il
consiglio della Bce approvi il piano proposto dal management di Mps, il presidente Alessandro Profumo e
l'amministratore delegato Fabrizio Viola non svelano le carte. Ma le stime degli analisti sono pesanti. Ieri
Hsbc ha tagliato il prezzo obiettivo di Mps a 0,42 euro dal precedente 0,56 (rating «underweight»). Gli analisti
del colosso anglo-asiatico stimano svalutazioni per 3,8 miliardi nel quarto trimestre per assorbire tutti i rilievi
della Vigilanza Bce, con una stima di perdite per l'intero 2014 pari a 3,2 miliardi di euro.
Ci sono poi i dubbi sulla copertura dell'aumento di capitale, garantito da un consorzio capitanato da Ubs,
Mediobanca, Goldman Sachs e Citi. I maggiori soci, cioè Fondazione Mps con il 2,5%, e i fondi esteri entrati
(a carissimo prezzo) ormai quasi un anno fa - il messicano Fintech con il 4,5% e il brasiliano Btg Pactual con
il 2% - sono sì raccolti in un patto parasociale ma non appaiono compatti e non è detto che abbiano ancora
intenzione di sottoscrivere un secondo aumento - dopo quello monstre da 5 miliardi della scorsa estate senza prospettive chiare. Per questo le prossime settimane saranno decisive. Sono tanti i fronti aperti: dalla
bad bank di sistema, che potrebbe aiutare in maniera rilevante il Monte, al risiko bancario che vedrebbe Mps
possibile preda di Ubi o di un gruppo estero, specialmente se passerà l'obbligo di trasformare le banche
popolari maggiori in spa. Senza considerare che i vertici sono in scadenza e non c'è ancora chiarezza su un
eventuale riconferma.
Intanto ieri sono state pubblicate le motivazioni della sentenza del tribunale di Siena che lo scorso 31 ottobre
ha condannato a 3 anni e sei mesi ciascuno l'ex presidente Giuseppe Mussari, l'ex direttore generale Antonio
Vigni e l'ex capo dell'area finanza Antonio Baldassarri, per ostacolo alla vigilanza per aver occultato alla
Banca d'Italia il mandate agreement, contratto-quadro dell'operazione da 3,5 in derivati «Alexandria» con la
banca giapponese Nomura. Dovevano invece consegnarlo perché sui tre «grava un dovere di leale
collaborazione», scrivono i giudici senesi. Per la corte presieduta da Leonardo Grassi il mandate agreement
era «un documento essenziale» perché «recava in sé una indiscutibile valenza patrimoniale e finanziaria,
potendo incidere sull'iscrizione iniziale a conto economico del fair value della componente Repo all'interno
dell'operazione Btp 2034» e dunque avrebbe fatto emergere costi per 220 milioni.
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Un anno in Borsa I soci d'Arco Mercato 87,9% 4,5% Fintech 3,1% 2,5% Fondazione Mps 2% 1,896 1,51
1,125 0,739 0,354 2,282 -5,65% a 0,434 euro la chiusura di ieri marzo maggio luglio settembre novembre
gennaio '15
I vertici
In alto Fabrizio
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Mps, maxi speculazione In due giorni perde il 12%
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 38
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Viola, 56 anni, amministratore delegato
di Monte Paschi di Siena Sotto Alessandro Profumo,
57 anni, presidente dell'istituto senese
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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30/01/2015
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Francoforte: «Priorità al rafforzamento patrimoniale». «Bonus coerenti con i conti» 60 miliardi L'ammontare
mensile del programma di acquisto di titoli pubblici e privati lanciato dalla Bce
Giovanni Stringa
MILANO C'era anche Mario Draghi, a sorpresa, ieri all'università Bocconi di Milano. L'occasione è stata la
presentazione del libro «L'euro della discordia. Come è possibile un'economia della moneta unica» (tra gli
autori, Benoît Coeuré, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea). Il presidente Bce,
lasciando l'ateneo, non ha voluto rilasciare dichiarazioni, ma si è limitato a salutare gli studenti e a firmare
una banconota da 10 euro a uno di loro.
Se Draghi non ha parlato, lo ha fatto però la Bce. Francoforte ha infatti "tirato la cinghia" alle cedole bancarie,
chiedendo «prudenza» agli istituti di credito. «Le banche dovrebbero adottare una politica di distribuzione dei
dividendi conservativa che tenga conto delle difficili condizioni economiche e finanziarie correnti», ha
raccomandato la vigilanza bancaria Bce agli istituti di credito, ricordando che chi non ha passato esami e
stress test non dovrebbe distribuire cedole. Francoforte, poi, ha avviato «un'analisi approfondita sulla politica
in merito alla remunerazione variabile» degli istituti (i bonus dei banchieri): così si legge in una nota, secondo
cui si «terrà conto della situazione patrimoniale degli enti perché la remunerazione variabile dovrebbe essere
coerente con la capacità della banca di detenere una solida base di capitale».
Le parole «raccomandazioni» e «analisi» assumono un significato particolare, visto che arrivano dall'Authority
che ha appena «abbracciato» sotto la sua vigilanza 120 banche europee (senza contare le altre, che - anche
se restano sotto le autorità nazionali - ricadono comunque nell'eurosistema): la richiesta appare più di un
invito generico alla moderazione. Le mosse di Francoforte si inquadrano in un contesto già portato avanti
dalle banche centrali nazionali. Come Banca d'Italia, su cedole e bonus.
All'incontro in Bocconi Coeuré ha detto che l'unione fiscale non è necessaria «se i mercati funzionano bene».
Ma, ha aggiunto, «siamo consapevoli che il "quantitative easing" può creare una bolla». E, sulla Grecia, ha
ricordato le condizioni generali per il «Qe». Il programma della Bce ha però attirato le critiche cinesi: potrebbe
innescare, secondo Pechino, un «deprezzamento competitivo» tra le valute mondiali.
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Foto: Autografo
Il «cadeau» di Draghi ieri a uno studente della Bocconi
Foto: Il presidente Mario Draghi ieri all'università Bocconi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Bce: banche più prudenti sulle cedole
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 41
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Il ceo Thamm annuncia il trasferimento del centro di controllo. Lunedì sciopero
Erika Dellacasa
Genova Costa Crociere fa i bagagli e porta un pezzo della sede di Genova a Amburgo, e si tratta di un pezzo
importante: ad andarsene saranno quattro dipartimenti che oggi impiegano 161 persone, 140 delle quali
concentrate nel Marine Operation, l'ufficio che gestisce i movimenti della flotta e servizi delicati come security
e safety.
Questo «cervello» - ha annunciato ai sindacati il ceo Michael Thamm - convergerà a Amburgo dove è in via di
costituzione una nuova società, la Carnival Maritime, ovvero un Marine Operations Center centralizzato che
gestirà l'intera flotta di 25 unità che naviga sotto i marchi Costa Crociere, Aida Cruises (la società tedesca) e
Costa Asia che agisce in Cina. Trasferito anche il dipartimento cui fanno capo acquisti e vendite per il
comparto tecnico (escluso quindi il food and beverage che rimane in Italia), perciò il sindacato ha subito
sollevato il problema delle ricadute sull'indotto. L'operazione dovrebbe concludersi entro l'anno fiscale. Dopo
un'assemblea affollatissima nella sede genovese (i dipendenti di Costa Crociere sono un migliaio) i sindacati
Cgil-Cisl- Uil hanno dichiarato quattro ore di sciopero lunedì prossimo.
«La preoccupazione - spiega Giacomo Santoro, Fit-Cgil - è che questo sia solo l'inizio di una strategia che
porterà la compagnia al trasferimento di fatto in Germania anche se batte bandiera italiana e continuerà a
sfruttare il brand del made in Italy, importante nel settore crociere». Thamm ha motivato la scelta di Amburgo
quale «centro di eccellenza» perché «offre un accesso privilegiato alla tecnologia e alle competenze del
settore marittimo» (parole che non hanno rallegrato lo shipping genovese) e ha annunciato accordi di
collaborazione con Lufthansa Technik.
Il trasferimento di competenze e lavoro in Germania non arriva a sorpresa, lo spostamento di asse verso
Amburgo è iniziato con la nomina di Thamm al timone della compagnia non molto dopo il naufragio della
Concordia, una tragedia che probabilmente non è estranea alle scelte di Carnival, proprietaria di Costa
Crociere spa. Nell'incontro con i sindacati Thamm ha proposto l'apertura di un tavolo per affrontare il
problema dei 161 dipendenti coinvolti nella riorganizzazione (in parallelo anche Aida Costa sposterà a
Amburgo i suoi dipartimenti) ma ha escluso qualunque passo indietro: «La decisione di Carnival è definitiva»,
ha detto. Poi ha invitato tutti «a lavorare bene» affinché il posto di lavoro non sia a rischio. A buon intenditor.
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La vicenda
Scottata dal disastro della Concordia, Carnival, l'azionista Usa di Costa Crociere
ha deciso il trasferimento delle funzioni
di controllo marittimo
e sicurezza Il ceo Michael Thamm lo ha comunicato ieri. Lunedì
sarà sciopero
Foto: Costa Diadema Consegnata
a ottobre da Fincantieri, Costa Diadema è la più grande nave italiana mai costruita
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Addio a Genova, Costa Crociere porterà la «regia» ad Amburgo
30/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 45
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Cucinelli colloca in Borsa il 5,15% di Cucinelli
Brunello Cucinelli vende Brunello Cucinelli? Il fondatore del gruppo tramite la sua holding Fedone ha avviato
la cessione di 3.494.000 azioni dell'omonima società, pari al 5,14% del capitale (al prezzo di mercato oltre 68
milioni di euro), attraverso una procedura di accelerated book building riservata a investitori istituzionali.
L'operazione è già iniziata con i primi contratti di acquisto di azioni Brunello Cucinelli con Fundita e Progetto
Novantuno, società controllate da Giovanna Manfredi e da Moreno Ciarapica, amministratori e dirigenti della
società. La finalità dell'operazione di cessione del 5,14% con un accelerated book building in realtà «è la
raccolta di risorse a sostegno dell'annunciato Progetto per la bellezza, per la valorizzazione del nostro amato
territorio e la dignità della nostra terra. Saranno quindi realizzati tre parchi ai piedi dell'antico borgo medievale
di Solomeo, in collaborazione con la Fondazione Brunello e Federica Cucinelli» ha spiegato il presidente e
a.d. del gruppo, Brunello Cucinelli. La holding Fedone (detentrice fino a oggi del 61% della società) dunque
non sta fuggendo.
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Forex Milano, ospita Deutsche Bank
( f.mas. ) A ospitare il Forex del 5-6-7 febbraio a Milano per la prima volta sarà un istituto straniero : Deutsche
Bank. Può sembrare un effetto della neonata unione bancaria, ma il gruppo guidato in Italia da Flavio Valeri
ha ormai una presenza molto ampia in Italia tanto da averne fatto il suo secondo mercato europeo dopo la
Germania con oltre 40 miliardi di impieghi, 5.500 dipendenti, e 2,5 milioni di clienti (65 mila imprese). La
fotografia aggiornata emerge dai dati del bilancio 2014 presentato ieri due co-ceo Juergen Fitschen e Anshu
Jain. A livello consolidato Deutsche Bank che ha chiuso con un utile netto a 1,7 miliardi (da 681 milioni del
2013) grazie alle buone performance ma anche ai minori accantonamenti per perdite sui crediti e ai minori
costi legali relativi soprattutto all'inchiesta aperta negli Stati Uniti sulle manipolazioni valutarie e sui tassi di
interesse.
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Boscolo, Fausti esce
(f.ta.) Fine dello scontro tra Angelo Boscolo, che insieme ai fratelli controlla il gruppo alberghiero padovano, e
l'amministratore delegato Luciano Fausti, che esce di scena oggi. Fausti ha chiuso l'accordo con le banche
per la ristrutturazione del pesante indebitamento, ha venduto due hotel a cinque stelle di Roma: il Palace (a
Singapore Millenium) e l'Aleph (agli arabi). La prima ristrutturazione del debito, fallita, è avvenuta nel 2010.
Proprio le modalità di cessione degli alberghi e le scelte di gestione sono alla base delle tensioni che hanno
portato alla rottura dei rapporti. Fausti era l'uomo indicato dalle banche, ma Angelo Boscolo è socio
accomandatario della capofila e, dopo mesi di scontri, ha raggiunto l'obiettivo. L'uscita di Fausti è stata
concordata. Ora il gruppo produce cassa anche se l'indebitamento resta elevato. Le deleghe di
amministratore delegato sono passate al vicepresidente Tommaso Pompei, l'ex amministratore delegato di
Wind e Tiscali.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Sussurri & Grida
30/01/2015
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Pag. 53
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Come cambia la giustizia al tempo di Internet
Massimo Gaggi
«Obiezione vostr'onore: l'accusa ha letto un messaggio dell'imputato ma senza l' emoticon che c'era alla
fine». E il giudice accoglie il rilievo: quel faccino sorridente ha una sua rilevanza davanti alla giuria. Che,
sballottata tra fatti reali e realtà virtuale fatica a seguire il percorso di un processo nel quale si parla di indirizzi
IP, configurazioni, Bitcoin, Torrent e Codebase. Tanto che a un certo punto il giudice che presiede invita le
parti a concordare un glossario da mettere a disposizione dei giurati. Telecamere stradali, intercettazioni
telefoniche e ambientali, sorveglianza di Internet ed esami del Dna hanno cambiato il modo di indagare e di
assicurare i criminali alla giustizia.
Ma, oltre a innovare il lavoro delle polizie, le tecnologie digitali sono destinate anche a sconvolgere i processi
per molti crimini, soprattutto quelli informatici. Il procedimento in corso a New York contro Ross Ulbricht,
giovane genio informatico accusato di aver creato e gestito un sito di compravendite anonime, «Silk Road»,
diventato un hub clandestino per la compravendita di droga, è una finestra aperta su questo sorprendente
mondo. Un universo nel quale i giurati si perdono in un gioco di specchi elettronici. In apparenza tutto è
chiaro: un neolaureato che vorrebbe continuare gli studi ma poi smania per trasformare il suo genio in
business model . Ma, a differenza dei leggendari «garage» della Silicon Valley dove sono nate Apple e
Google, la start up di Ross va male. Lui ha bisogno di soldi e cambia rotta: inventa la sua creatura
clandestina, ricorre per i pagamenti ai Bitcoin, la valuta virtuale non tracciabile che circola sul web, e si
nasconde dietro lo pseudonimo Dread Pirate Roberts. Poi deposita, in un angolo del suo computer, un diario
a futura memoria con la ricostruzione delle sue gesta fino al collaudo di «Silk Road» con la compravendita di
funghi allucinogeni da lui coltivati. Ma nella realtà impalpabile del web, eccepisce la difesa, nulla è come
sembra: Ross ha concepito sì il sistema di transazioni segrete, ma poi qualche hacker si è sostituito a lui
vendendo droga al suo posto e creando false identità, compresa quella del pirata Roberts. Dissertazioni degli
ingegneri dell'Fbi e difesa che non vuole che una chat venga equiparata a una telefonata: «Non c'è un timbro
di voce che puoi riconoscere, al massimo puoi ricostruire uno stile di scrittura». E una giuria sempre più
disorientata. Il futuro della giustizia è anche questo.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Visti da lontano
30/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
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A gennaio in risalita la fiducia di imprese e consumatori*
Carlo Andrea Finotto
Carlo Andrea Finotto pagina 9
MILANO
Il 2015 sembra partire con il piede giusto per l'economia del Paese. Almeno a livello teorico. Le rilevazioni
Istat di gennaio registrano un doppio incremento per la fiducia delle imprese e per quella dei consumatori. La
prima sale a 91,6, rispetto agli 87,6 punti di dicembre 2014, toccando il livello massimo dal settembre 2011.
La seconda balza dal 99,9 di dicembre a 104, il dato più elevato da sei mesi a questa parte. Positiva la
valutazione del ministero dell'Economia e della Finanza (Mef), per il quale «Gli indicatori di fiducia sembrano
coerenti con un quadro macroeconomico che presenta diverse novità positive». Tra queste il Mef elenca «il
calo del prezzo del petrolio, costi più bassi per l'energia, cambio euro/dollaro favorevole all'export, tassi di
interesse più bassi per i titoli del debito pubblico». Inoltre, «le misure della Legge di stabilità in vigore dal
primo gennaio alleggeriscono il peso delle tasse su imprese e famiglie, che potranno anche approvvigionarsi
di finanziamenti a tassi più contenuti grazie alla politica monetaria della Banca Centrale Europea.
Contemporaneamente, il Centro studi di Confindustria (Csc), ipotizzato una ripresa superiore alle attese nel
2015. E ieri si sono aggiunti anche i dati dello stesso Csc relativi all'indagine rapida sulla produzione
industriale: +0,3% a gennaio 2015 rispetto a dicembre 2014 e +0,5% nel primo trimestre di quest'anno. In
crescita anche gli ordini di gennaio, dello 0,4% su dicembre. Negative, però, le variazioni tendenziali: -0,3% la
produzione industriale e -1,2% gli ordini.
«Non si è mai avuta come oggi una combinazione di shock esterni - svalutazione, petrolio, espansione
monetaria - così favorevole, almeno in termini potenziali» dice il capo economista di Nomisma, Sergio De
Nardis. Secondo il Mef, quel che è mancato a fine 2014 «è la scintilla di fiducia in grado di trasformare il
reddito disponibile in consumi e le risorse finanziare in investimenti».
Ma per passare dall'ottimismo ai riscontri tangibili sull'economia, occorre che «si veirifichi l'inversione di rotta
riguardo al clima deflazionistico che in ogni caso gli eventi legati al petrolio potrebbero ulteriormente
alimentare» spiega l'economista di Nomisma. Il rovescio della medaglia è il potenziale brusco risveglio «se le
aspettative di inflazione di consumatori e imprese rimanessero negative spingendo a un'ulteriore dilazione
delle spese e degli investimenti».
Non è tutto oro, infatti, quel che luccica. Se dal lato dei consumatori praticamente tutti gli indicatori sono
orientati al miglioramento - tra dicembre e gennaio il clima economico passa da 103,5 a 109,2; quello
personale da 98 a 102,2; il clima futuro balza da 101,9 a 106,5; le attese sulla situazione economica dell'Italia
risalgono da -15 a -5 e quelle sulla disoccupazione scendono da 48 a 41 - la situazione sul lato delle imprese
non è omogenea. Nell'industria manifatturiera la fiducia arretra, anche se di poco: da 97,3 a 97,1; il
commercio è quello che denuncia l'arretramento più consistente: da 104,7 a 99,5. Migliorano, invece, i
sentiment per le costruzioni e i servizi. Questi ultimi, in particolare, sono il motore della crescita complessiva.
La fiducia dei servizi balza, infatti, da 86,8 di dicembre a 94,7 di gennaio; le prime, invece (che sono uno dei
settori più tartassati dalla crisi) risalgono da 72,6 a 77,3.
Da Sergio De Nardis arriva un monito: «Il miglioramento è più di natura psicologica, considerando la fiducia
delle famiglie: un dato sicuramente importante. Ma sul fronte industriale i segnali sono ancora di stagnazione.
È quindi bene attendere prima di festeggiare». Facendo riferimento agli ultimi indicatori diffusi , Coldiretti
sottolinea che «la più evidente dimostrazione del ritorno di fiducia tra le imprese e i consumatori è l'arresto
della caduta dei consumi alimentari dopo anni di flessione. Consumi che nel 2015 riprendono a salire: si tratta
della principale voce del budget delle famiglie dopo l'abitazione, con un importo complessivo di 215 miliardi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Imprese Consumatori CLIMA FIDUCIA IMPRESE DEI CONSUMATORI E
DELLE IMPRESE Gen. 2009 - gen. 2015; indici destagionalizzati base 2005=100 Indici destagionalizzati
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INDAGINE ISTAT
30/01/2015
Il Sole 24 Ore
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(base 2005=100) Indici destagionalizzati (base 2005=100) CONSUMATORI IMPRESE Attese sulla
disoccupazione 48 41 2012 2013 2014 2015 70 80 90 100 110 91,6 104,0 81,6 91,8 Clima economico 103,5
109,2 Clima futuro 101,9 106,5 Giudizi sulla situazione economica dell'Italia -108 -104 Industria manifatturiera
97,3 97,1 Costruzioni 72,6 77,3 Servizi di mercato 86,8 94,7 Commercio 104,7 99,5 Dic. 2014 Gen. 2015 Dic.
2014 Gen. 2015 Il termometro dell'economia italiana
Indice sul clima economico espresso dai consumatori: era 103,5 a dicembre 2014
109,2
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Se l'aiuto ad Atene serve a Eurolandia*
Di Giacomo Vaciago
Dobbiamo salvare (di nuovo) la Grecia?
E chi esattamente: i loro poveri, che vivono peggio di 10 anni fa; o i loro ricchi evasori che hanno appena
beneficiato del guadagno del 20% di apprezzamento del franco svizzero? È difficile rispondere in modo utile
ignorando i fatti.
Continua pagina 3 Continua da pagina 1
Proviamo quindi a ricordare anzitutto cosa è successo negli ultimi 5 anni:
Dal maggio 2010, la Grecia ha ricevuto sostegno finanziario (mediante un apposito Economic Adjustment
Programme ) dai Paesi membri dell' Eurozona e dal Fondo Monetario Internazionale, non essendo più in
grado di finanziarsi sui mercati . Alla sua richiesta di aiuto, la comunità internazionale (Washington, Bruxelles,
e Francoforte) ha dato una risposta molto positiva seppure con il metodo della condizionalità : ti aiutiamo a
condizione che tu faccia tutto ciò che serve a te, per tornare autosufficiente, e a noi - che diventiamo tuoi
creditori - per riavere indietro quanto ti prestiamo.
Da allora, un apposito gruppo di lavoro (espressione tecnica della cosiddetta "troika" ) ha costantemente
monitorato l'evoluzione dell'economia greca, con periodiche visite in loco e predisposizione di rapporti ad hoc
sui successi e sui problemi che man mano emergevano.
Tutto il lavoro fatto è documentato in modo esauriente sul sito della Commissione Europea : ci sono i
documenti politici (consiglio di leggere il comunicato del vertice dei capi di stato e di governo dell'eurozona
del 25 marzo 2010), i rapporti tecnici, e via via le successive operazioni di verifica e di adeguamento del
primo piano (la prima ristrutturazione del debito del 2012, e così via).
Chi ha la pazienza di leggere qualche centinaio di pagine, tabelle e grafici compresi, capisce facilmente tre
cose :
I problemi più gravi dell'economia greca sono strutturali e noti da tempo: evasione fiscale, amministrazione
pubblica inefficiente, corruzione, insomma il contrario di ciò che definiremmo una buona economia di
mercato, in grado di beneficiare dell'integrazione europea, come rinforzata da una moneta comune.
Entrata in Europa nel 1981 e poi nell'Euro nel 2001, la Grecia non ne ha avuto alcun beneficio reale, e non ha
neppure provato a fare quanto necessario per avere quei benefici.
I documenti approvati dalla "troika" (e dovremmo sempre ricordarci che di quei tre organismi l'Italia è parte
rilevante!), contenevano giustamente un mix di richieste al Governo greco (che peraltro non è sempre stato lo
stesso negli ultimi 5 anni!) che riguardavano sia riforme strutturali (a cominciare dalla riduzione dell'evasione
fiscale) sia tagli di bilancio (l'austerità fiscale necessaria per riportare in pareggio il bilancio pubblico).
Come prevedibile, c'era troppo ottimismo sia nell'una sia nell'altra richiesta. Le riforme strutturali che servono
per tornare a crescere non si fanno facilmente, e sono ancora più difficili in un contesto di tagli di bilancio che
provocano - almeno nell'immediato - disoccupazione e povertà.
Ed anche lo scenario assunto per l'economia europea era allora troppo ottimistico. La decisione che i Paesi
dell'eurozona dovessero tagliare i loro deficit tutti assieme non era molto sensata. E la decisione di abbinare
al bail out dei Paesi un po' di bail in dei privati , come richiesto dalla Germania già al Consiglio europeo del
maggio 2010 (ma poi formalizzato solo a Deauville nell'ottobre ) era giustificata in sé ma fu comunicata nel
modo peggiore possibile. In proposito, la miglior narrazione resta quella di Carlo Bastasin sul Sole 24ore del
4 agosto 2011, che ci induce a diffidare delle ricostruzioni di parte, anche recenti. Perché questo è il vero
nodo politico da risolvere: uno Stato può salvare un altro Stato, solo se è anche nel suo interesse nazionale.
Altrimenti, diventa beneficenza o altruismo e allora non si capisce perché un disoccupato italiano dovrebbe
sacrificarsi a beneficio di un ricco evasore greco.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Detto tutto ciò, quali sono i problemi di oggi?
Ovviamente, gli stessi - irrisolti - di cinque anni fa : e quindi anche nel nostro interesse, dobbiamo aiutare la
Grecia a risolvere i suoi problemi.
Bisognerà perciò anzitutto aggiornare lo scenario macroeconomico e tener conto del fatto che l'ottimismo di 5
anni fa si è rivelato infondato. Bisognerà anche ammettere che riforme e macroeconomia sono
complementari, nel senso tante volte ricordato da Draghi: ciascuna deve stare in piedi da sola e deve essere
complementare all'altra. È esattamente lo spirito con cui tante volte, dal Rapporto Delors (1989) in poi,
abbiamo detto che l'Euro serve ad una Unione Economica e Monetaria (UEM) . In altre parole, la moneta
comune (in cui forse gli amici greci sono entrati per sbaglio...) serve a rendere indissolubile una unione
economica che così darà i benefici dell'integrazione: ciascuno si specializza nelle sue virtù, nell'interesse
proprio e altrui.
Se il nuovo Governo greco ci chiede di aiutarlo ad avere - assieme a noi - i benefici promessi dalla moneta
comune, è ovvio che non possiamo che dirgli di sì. Quel debito insostenibile può essere utilmente consolidato
e l'emergenza sostituita da un orizzonte appropriato, come una volta si faceva con il debito delle guerre.
Sfuggire dal ricatto quotidiano dei mercati, significa tornare esattamente alla prospettiva di lungo periodo cui
avevamo in questi anni rinunciato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Giacomo Vaciago
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La «pazienza» della Fed può durare per tutto il 2015
Walter Riolfi
La novità del fomc
L'attenzione per gli «sviluppi internazionali» cela la preoccupazione per il dollaro, salito
del 20% in 7 mesi
tassi a zero per sempre
Un terzo degli operatori Usa sa che la politica monetaria può divenire restrittiva solo per averlo letto sui libri
Forse per qualche questione tecnica o forse perchè gli algoritmi del trading automatico si sonno trovati a
disagio nel decifrare il comunicato del Fomc, i mercati americani hanno reagito in maniera opposta alle
conclusioni della Federal Reserve americana. I rendimenti dei Treasury sono scesi, quasi a segnalare che la
Fed non ci pensa affatto ad alzare i tassi d'interesse; ma il dollaro s'è ulteriormente apprezzato, come se la
svolta monetaria fosse prossima. Sensazione che anche la Borsa di New York parrebbe aver condiviso; se
non fosse che quell'1,4% lasciato dall'indice S&P è dovuto più all'afflizione per i deludenti utili aziendali (ad
eccezione di Apple) che alle questioni monetarie.
Ieri i mercati hanno un poco corretto il tiro: il dollaro ha limato i guadagni e i rendimenti dei Treasury sono
risaliti di qualche centesimo, ai medesimi livelli in cui erano prima del comunicato del Fomc; e il titolo a due
anni, allo 0,5%, continua a segnalare nessun rialzo dei tassi per tutto il 2015. C'è un motivo per cui gli
algoritmi hanno faticato a decifrare quel comunicato, più breve del solito, come non si vedeva da anni, e con
qualche significativa novità. Apparentemente più sanguigno sull'andamento dell'economia e dell'occupazione,
il testo, pur reiterando la «pazienza» di Yellen e gli altri membri, conteneva una nuova espressione: la Fed
d'ora in poi sarà molto attenta agli «sviluppi internazionali».
Non che prima non lo fosse stata, ma il fatto di annotarlo tra i fattori da tenere sotto controllo, sembra proprio
una concessione ai desiderata dei mercati americani. Con la guerra delle valute ormai in pieno svolgimento e
con le banche centrali quasi tutte impegnate ad abbassare i tassi d'interesse, per combattere la deflazione,
secondo la versione ufficiale, ma in realtà per svalutare la propria valuta, la Fed non poteva restare
insensibile al grido di dolore che si alzava da più parti: più rumoroso quello degli operatori e degli investitori
che badano solo a far soldi con bond e azioni, più convincente quello delle società manifatturiere statunitensi
che si vedono sottrarre quote di mercato dal dollaro forte, come suggeriscono i risultati trimestrali di
Caterpillar, P&G, Du Pont, Microsoft e tante altre. Sicché gli utili 2015 per l'S&P500, anziché migliorare del
10-12%, come si pensava due mesi fa, dovrebbe crescere del 4% (secondo le stime di Thomson Reuters), e
solo grazie al contributo di Apple.
Si poteva pensare che con mezzo mondo impegnato a ridurre i tassi ufficiali, o a portarli sempre più sotto
zero, o ad avventurarsi in inediti quantitative easing, per cui il dollaro s'è apprezzato del 20% in 7 mesi, la
Fed stesse a guardare? Sarà «paziente» e attenta agli «sviluppi internazionali», poiché un'inflazione sempre
più bassa (quella che gli operatori chiamano per opportunismo deflazione) la mette al sicuro dal prendere
decisioni impopolari. E, se proprio Janet Yellen volesse dare un segnale di indipendenza dal Tesoro
americano e dalle pressioni del mercato, e nel contempo intendesse mitigare qualche eccesso speculativo,
potrebbe simbolicamente far salire di 25 centesimi il Fed fund (allo 0,35% per esempio) e ribadire poi la
«considerevole» «pazienza» della banca centrale.
È quanto sostiene Bill Gross che, forse sovrastimando la funzione pedagogica della Fed, s'aspetta un piccolo
rialzo dei tassi a metà anno per far capire ai mercati che il costo del denaro non può restare a zero «troppo a
lungo». O per sempre, come s'immagina qualcuno. Al riguardo, è curioso far notare che un terzo degli
operatori dei mercati finanziari, ossia tutti quelli che hanno iniziato a lavorare dopo il lontano giugno 2006,
quando i tassi d'interesse negli Usa iniziarono a scendere, sa che la politica monetaria può diventare
(talvolta) restrittiva solo per averlo letto sui testi di economia.
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Grecia, i mercati tirano il fiato
Il recupero dei bancari aiuta la Borsa di Atene (+3,16%) - Rendimenti in calo sui bond
Vittorio Da Rold
INCONTRO TSIPRAS-SCHULZ
Toni concilianti del premier
greco: più tempo per le riforme. Martedì il leader
di Syriza sarà ricevuto a Roma
da Matteo Renzi
Dopo la tempesta è tornato il sereno alla Borsa di Atene e sui bond ellenici. L'indice azionario è passato in
territorio positivo (+3,16%, dopo aver perso quasi il 20% in tre giorni) mentre il decennale ellenico è tornato al
10,15% dall'11,04% e il triennale ha perso 46 punti base collocandosi a 17,18% di rendimento, mantenendo
però sempre la curva invertita, segno che gli investitori prevedono problemi nel breve rispetto al lungo
termine.
Una boccata d'ossigeno, dunque, dopo tre giorni di maxi-perdite che avevano fatto temere il peggio. A
ripartire sono stati i titoli bancari, che in tre giorni avevano lasciato sul terreno il 44% del loro valore.
A spaventare i mercati era stata la partenza a razzo del governo Tsipras che aveva annunciato il blocco della
messa sul mercato del colosso dell'energia elettrica, DEH, del 67% del porto del Pireo e della maggiore
raffineria del Paese, l'Hellenic Petroleum. Tutte aziende che aveva guadagnato punti in Borsa nei mesi
precedenti proprio sulla base delle aspettative di un'imminente privatizzazione annunciata dal governo
Samaras su richiesta della Troika. Nel momento in cui si è capito che il nuovo esecutivo rosso-nero aveva
bloccato tutte le privatizzazioni sono iniziate le vendite. Le reazioni non si sono fatte attendere anche a livello
politico: i cinesi, la cui società Cosco era il principale candidato all'acquisizione delle quote del Porto del
Pireo, hanno reagito. La Cosco si era assicurata la concessione per 35 anni per lo sfruttamento e
l'allargamento dei due terminal merci del porto. «Abbiamo appreso che il governo greco ha annunciato di
mettere fine alla privatizzazione del porto del Pireo. Questo ci preoccupa molto», ha dichiarato Shen
Danyang, portavoce del ministero del Commercio cinese. Mentre gli investitori occidentali si aspettavano il
default greco e fuggivano a gambe levate dall'Acropoli, i cinesi scommettevano su Atene offrendo
investimenti e comprando bond. Era il 3 ottobre 2010 quando tra l'allora premier greco Giorgos Papandreou e
quello cinese Wen Jabao, in visita ad Atene, si strinse un'alleanza strategica tra i due Paesi che avrebbe
trasformato la Grecia nella porta occidentale della Cina. Ma ora è tutto in discussione e non è bastata la visita
di Tsipras lunedì all'ambasciatore cinese per avvisarlo del cambio di rotta (subito dopo la visita a quello russo
che invece annunciava l'avvicinamento di Atene a Mosca).
Che il governo Tsipras si muova con una certa inesperienza è comprensibile, anche se questo sta facendo
spazientire più di un partner europeo. Per questo dopo due ore di colloqui nella capitale greca con il
presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, Tsipras ha chiesto «più tempo» per realizzare le «riforme
più ampie» su cui si è impegnato il governo. Uno stop and go, per non spaventare alleati e mercati ma senza
perdere il consenso interno che chiede segnali rapidi per mettere fine all'austerità.
Dal canto suo, Schulz, alla vigilia della delicata visita ad Atene di Jeroem Dijsselbloem, il presidente
dell'eurogruppo, ha spiegato che la Grecia cerca una soluzione «comune» con i partner europei. «C'è timore
in Europa sul fatto che Tsipras segua una sua strada, ma oggi ho scoperto che non le cose non stanno così»,
ha detto il capo dell'Europarlamento, parlando a fianco del premier di Atene. Le discussioni tra Tsipras e
Schulz sono state «franche» ha detto un portavoce del governo greco, e ciò significa che ci sono stati in
realtà molti punti di divergenza.
Tra i primi interlocutori del nuovo premier greco ci sarà peraltro il governo italiano: Tsipras sarà ricevuto
martedì a Roma dal presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi. I due leader si incontreranno per un
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La svolta in Grecia LE NUOVE POLITICHE DI ATENE
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pranzo di lavoro a Villa Doria Pamphili.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 850 820 790 760 730 700 29/12/2014 29/01/2015 Variazione a un mese 10,51% Il terremoto in Borsa e la posta in gioco sulle privatizzazioni INDICE IN RIPRESA In miliardi di euro
26,0 20,8 15,6 10,4 5,2 0 2011 2012 2013 2014* 2015* 2016* 2017* 2018* 2019* 2020* 1,6 1,0 0 1,5 2,2 3,4
2,9 3,0 3,4 3,6 (*) Stime Fonte: Hraaf (Fondo greco per lo sviluppo degli asset) Cumulato Annuale IL
GETTITO ATTESO DALLE DISMISSIONI
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Piano nazionale ricerca: 4,6 miliardi nel 2014-2020
Marzio Bartoloni Eugenio Bruno
LE AREE PRIORITARIE
Il documento ne individua 4 su 12 per la loro ricaduta industriale: Agrifood, Aerospazio, Made in Italy
e Fabbrica Intelligente
ROMA
Oltre 4 miliardi da spendere da qui al 2020 su 12 priorità, a cui si proverà ad aggiungere altri 11 miliardi di
fondi da conquistare a Bruxelles migliorando le nostre performance nei bandi europei che finora sono state
piuttosto deludenti. Per un totale di 15,6 miliardi da destinare al sostegno dell'innovazione (innanzitutto
industriale) nell'arco di sette anni. A prevederlo dovrebbe essere il nuovissimo Piano nazionale della ricerca
(Pnr) che a febbraio arriverà sul tavolo del Cipe e che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare nelle sue linee
fondamentali.
Strana storia quella del Pnr. Il documento programmatico del ministero dell'Istruzione contenente la strategia
nazionale del nostro Paese sul fronte della ricerca arriva con circa un anno di ritardo rispetto alle attese. Era il
31 gennaio 2014 quando l'ex ministro Maria Chiara Carrozza, presentava in Consiglio dei ministri la sua
«bozza» del Piano e dava per imminente il suo varo a Palazzo Chigi. In realtà, complice anche il cambio della
guardia a viale Trastevere, quel testo è rimasto nei cassetti fino all'arrivo di Stefania Giannini. Che ha iniziato
a lavorarci con i suoi tecnici a cavallo dell'estate e sembra ora aver trovato ora la "quadra". Grazie anche alla
messa a punto a livello europeo di tre paper che s'interfacciano in più punti con il Pnr. Si tratta della Strategia
nazionale di specializzazione intelligente, del Piano nazionale per le infrastrutture di ricerca e del Pon Ricerca
e innovazione.
Il passaggio da un ministro all'altro non ha modificato l'idea di andare oltre la classica durata triennale del Pnr
2014-2016. E indicare invece priorità e budget fino al 2020, così da agganciarsi alla nuova programmazione
dei fondi europei. Questo perché l'Italia, dopo anni di risultati poco positivi nella caccia ai fondi Ue (8% di
risorse conquistate a fronte di un 14% di finanziamento italiano), vuole alzare la posta. L'obiettivo è quello di
"incassare" almeno 8,8 miliardi in sette anni da nuovo programma Ue della ricerca Horizon 2020 che ne vale
in tutto 80. Se a queste risorse si sommano i 2,2 miliardi attesi sui programmi operativi regionali (Por) si arriva
a quegli 11 miliardi aggiuntivi (ed eventuali) che il nostro Paese dovrà conquistarsi. Fondi che si sommeranno
ai 4,6 miliardi di diretta gestione nazionale e, a loro volta, suddivisi in due sottogruppi: 2,9 miliardi provenienti
dal bilancio del Miur benchè spalmati su quattro "contenitori" (Ffo, Foe, Fisr e First); 1,7 miliardi provenienti
dal Pon Ricerca.
A proposito del Pon , è atteso per maggio il via libera della Commissione Ue al programma italiano che punta
a superare la logica dei vecchi bandi. L'idea è quella di "negoziare" con gli attori sul territorio per creare
«laboratori di innovazione» dove investire fortemente sul capitale umano (vedi dottorati e attrazione dei
ricercatori) e sulle partnership con le imprese (dai cluster alle tecnologie abilitanti).
Tornado al Pnr un altro segno distintivo riguarderà gli ambiti di intervento. Che dovrebbero restare 12, così da
garantire la comunione d'intenti con Horizon 2020, ma verrebbero suddivisi in quattro "fasce". La prima
include le aree prioritarie (Agrifoood, Aerospazio, Design Creatività & Made in Italy e Fabbrica Intelligente);
ne fanno parte quei settori considerati di immediata ricaduta industriale e, presumibilmente, da privilegiare
nella distribuzione delle risorse. A testimonianza di quanto il Piano nazionale della ricerca intenda puntare
sulla collaborazione pubblico-privata. Il secondo gruppo include invece le aree ad alto potenziale (Blue Med,
Chimica Verde e Patrimonio Culturale) e, in quanto tali, meritevoli di una "scommessa". Passando per quelle
in transizione (Smart Communities, Tecnologie e Ambienti di Vita) si arriva così alle voci consolidate
(Energia, Mobilità e Trasporti e Salute). Che lette così significano bene poco visto che si tratta di macrocomparti. Da qui l'idea di individuare degli spazi di nicchia da privilegiare all'atto del finanziamento.
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Innovazione. In ballo nei prossimi sette anni altri 11 miliardi di fondi Ue
30/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 7
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LA DOTE
4,6 miliardi
Fondi di gestione nazionale
Ne fanno parte 2,9 miliardi attesi sul bilancio del Miur nell'arco di sette anni e 1,7 miliardi di competenza del
Pon Ricerca nello stesso periodo di tempo
11 miliardi
Fondi europei
A loro volta vanno suddivisi in due gruppi: i Por regionali (2,2 miliardi) e la quota del programma Horizon 2020
destinata all'Italia (8,8 miliardi)
30/01/2015
Il Sole 24 Ore
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Expo, un patto per calmierare i prezzi
Chi aderisce avrà il bollino certificato dell'evento - Il limite: difficili i controlli e nessuna sanzione
Sara Monaci
MILANO
La città di Milano tenta la strada dell'"autocontrollo" per calmierare i prezzi e renderli trasparenti durante il
periodo di Expo, da maggio a ottobre 2015. E, oltre a questo, punta a garantire elevati standard di servizio e
accoglienza, promuovendo le eccellenze locali. Solo aderendo a questi standard gli operatori del commercio
e della ricezione alberghiera potranno esporre il marchio Expo.
È questo il senso dell'accordo firmato ieri dal Comune di Milano, in particolare dall'assessore milanese alle
Attività produttive Franco D'Alfonso, dalle associazioni di categoria del commercio e dei consumatori e dai
rappresentanti dei distretti urbani del commercio.
L'obiettivo è ambizioso: chiedere a commercianti e operatori del turismo di impegnarsi per garantire la qualità
dei servizi; dare informazioni e distribuire materiale divulgativo sulla manifestazione universale; rispettare
orari e calendari che permettano ai visitatori di andare e venire agevolmente dal sito espositivo di Rho;
permettere l'utilizzo di Internet; formare il personale su lingue e usi e costumi degli ospiti; elevare gli standard
di pulizia e decoro, in particolare nelle aree esterne. E soprattutto: essere trasparenti nell'esposizione dei
prezzi, per evitare comportamenti "furbi" di incrementi fuori controllo, raggirando la clientela.
Nel documento sugli impegni condivisi si parla proprio di «avere un comportamento corretto nella gestione
dei listini prezzi nel rispetto del turista ...garantire l'esposizione dei prezzi palese e chiara anche e soprattutto
della merce disposta in vetrina...».
Inoltre si tenta anche di limitare l'evasione fiscale e la frode nelle piccole commissioni: «evidenziare i metodi
di pagamento accettati favorendo l'uso della moneta elettronica, rendere evidenti e trasparenti le scelte del
consumatore che comportano costi aggiuntivi, nonché la politica sui cambi».
Ogni categoria ha le sue prescrizioni. Si va dal piccolo artigianato alle grandi strutture di vendita fino ai
mercati coperti. Per tutti, ai primi posti delle richieste, c'è l'attenzione ai prezzi.
Si chiede «rispetto del criterio di equilibrio tra servizio e prezzo», fino a parlare di vera e propria «moral
suasion sui prezzi di alcuni prodotti di larghissimo consumo, come ad esempio le bottigliette di acqua». Viene
inoltre imposto uno «sconto del 5% sui prodotti di vendita», con servizi su misura anche in funzione delle
diverse etnie.
Oltre a queste autolimitazioni, si suggerisce anche di predisporre percorsi degustativi dentro le strutture, con
promozioni di cibo dell'eccellenza lombarda, garantendo anche un menù per bambini e uno per i turisti.
Il limite di questo accordo è però chiaro: i controlli sono difficili e le sanzioni non esistono. Ci si affida al
giudizio dei visitatori che, in caso di lamentele, dovrebbero far sapere alle istituzioni e alle associazioni i
problemi che hanno avuto. In questo periodo peraltro i prezzi in città sono già lievitati, soprattutto negli
alberghi. Fatto di cui i vertici di Palazzo Marino sono consapevoli. L'auspicio è che l'accordo possa almeno
limitare i possibili danni d'immagine.
Ieri all'atto della firma erano presenti il sindaco di Milano Giuliano Pisapia e il presidente della Camera di
commercio milanese Carlo Sangalli.
Pisapia ha ribadito l'attesa di 20 milioni di visitatori durante il semestre di Expo, parlando di «impegno a
promuovere il made in Italy e la qualità dei servizi per valorizzare la città a livello internazionale».
Per Sangalli questo patto «è già parte dell'eredità di Expo, perché l'immagine che lasceremo ai visitatori è la
migliore vetrina per gli anni futuri».
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Eventi. Un accordo di autoregolamentazione tra Comune di Milano, commercianti e artigiani - Richiesto
anche di elevare gli standard dei servizi
30/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 18
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Non c'è Qe senza investimenti
Perché ha funzionato in America e come può funzionare in Europa
Martin Feldstein
Il programma di Quantitative easing (Qe) della Bce è più ampio del previsto, eppure perfino i suoi sostenitori
temono che non possa bastare a risollevare i redditi reali, ridurre la disoccupazione e far scendere i rapporti
debito pubblico/Pil. E fanno bene a preoccuparsi.
Ma prima la buona notizia: l'anticipazione del Qe ha già accelerato l'indebolimento dell'euro. Un euro più
debole stimolerà le esportazioni dei Paesi dell'Eurozona - di cui circa la metà va nei mercati esterni risollevandone il Pil. Il deprezzamento dell'euro farà aumentare i prezzi delle importazioni e il tasso
dell'inflazione, allontanando l'Eurozona dalla deflazione. Purtroppo tutto ciò potrebbe non bastare. Negli Usa
il Qe è riuscito, ma le condizioni di partenza erano molto diverse da quelle dell'Europa.
I Paesi dell'Eurozona non devono allentare i loro sforzi riformisti pensando che gli acquisti obbligazionari della
Bce possano risolvere i loro problemi. E se non riescono a superare le barriere politiche per portare avanti le
riforme strutturali nell'occupazione e nei mercati dei prodotti e migliorare produttività e competitività, possono
sempre varare misure per stimolare la domanda aggregata. Sicuramente il pesante indebitamento dei
principali Paesi dell'Eurozona preclude il ricorso a misure keynesiane - aumentare la spesa o ridurre le tasse
- per incrementare la domanda attraverso maggiori disavanzi. Ma i governi dell'Eurozona possono cambiare
la struttura fiscale facendo in modo di stimolare la spesa privata senza ridurre il reddito netto o far aumentare
i deficit fiscali.
Prima però chiediamoci perché quella capacità di stimolare crescita e occupazione di cui il Qe ha dato prova
negli Usa, potrebbe non valere nell'Eurozona. L'effetto del Qe sulla domanda Usa rispecchiava le condizioni
del mercato finanziario nel 2008, quando la Fed ha cominciato il suo acquisto massiccio. All'epoca, il tasso di
interesse sui titoli di stato decennali era vicino al 4%. L'aggressivo programma di acquisti obbligazionari della
Fed e il suo impegno a mantenere bassi i tassi di interesse per un periodo prolungato, ha abbassato i tassi a
lungo termine di circa l'1,5%. La caduta verticale dei tassi a lungo termine ha portato gli investitori ad
acquistare azioni, facendone salire il prezzo. E i tassi di interesse bassi hanno stimolato una ripresa dei
prezzi delle case. Nel 2013, l'indice Standard & Poor è salito del 30%. Nel 2013, la combinazione dei prezzi
più alti di azioni e case ha fatto aumentare il patrimonio immobiliare netto di 10 trilioni di dollari, l'equivalente
circa del 60 % del Pil di quell'anno. E ciò ha portato a sua volta a un aumento nella spesa al consumo,
spingendo le attività ad aumentare la produzione e le assunzioni, portando redditi maggiori e di conseguenza
una spesa al consumo ancora più alta. Così, la crescita reale del Pil (adattata all'inflazione) è salita al 4% nel
secondo semestre 2013. Dopo una pausa legata alle condizioni climatiche nel primo trimestre del 2014, il Pil
ha continuato a crescere a un tasso annuale di più del 4%. Dunque, il successo del Qe negli Usa è dipeso
dalla capacità della Fed di far scendere i tassi a lungo termine. Nell'Eurozona, invece, i tassi a lungo termine
sono già molto bassi, con i titoli di stato decennali a circa 50 punti base in Germania e Francia e solo 150
punti base in Italia e Spagna.
Il meccanismo chiave che ha funzionato negli Usa, dunque, non funzionerà nell'Eurozona. Abbassare il tasso
di cambio del dollaro da 1,15 (il livello prima dell'inizio del Qe) alla parità, o ancora a meno, aiuterà ma
probabilmente non sarà sufficiente. Per fortuna che il Qe non è l'unico strumento a disposizione dei policy
maker. Ogni Paese dell'Eurozona può modificare le norme fiscali per stimolare l'investimento economico,
l'immobiliare e la spesa al consumo senza far aumentare il deficit fiscale e senza chiedere il permesso alla
Commissione.
Prendiamo l'obiettivo di stimolare l'investimento economico. Il credito d'imposta o il deprezzamento accelerato
hanno fatto scendere i costi di investimento delle aziende e dunque aumentato i guadagni sull'investimento al
netto delle imposte. La conseguente perdita di entrate potrebbe essere compensata da un aumento
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Il Sole 24 Ore
Pag. 18
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dell'aliquota dell'imposta per le imprese.
Allo stesso modo, la domanda di nuove case potrebbe aumentare permettendo ai proprietari di detrarre gli
interessi sui mutui ipotecari (come si fa negli Usa) oppure concedendo un credito d'imposta sul pagamento
degli interessi sui mutui. Un credito d'imposta temporaneo sull'acquisto delle case darebbe un'accelerata
all'immobiliare, con una spinta maggiore nel breve termine più che in futuro. In questo caso, la perdita di
entrate potrebbe essere compensata da un aumento dell'aliquota d'imposta personale.
L'impegno ad aumentare annualmente l'Iva di due punti percentuali nei prossimi cinque anni stimolerebbe gli
acquisti adesso per cautelarsi da aumenti di prezzo futuri. La riduzione dei redditi reali provocata da un
aumento dell'Iva potrebbe essere compensata dalla combinazione di riduzioni fiscali personali, imposte
ridotte sui salari e maggiori trasferimenti.
I membri dell'Eurozona non possono adattare i tassi di interesse o i tassi di cambio, ma possono modificare le
proprie misure fiscali per stimolare spesa e domanda, con policy adeguate e diversificate da paese a paese.
Adesso i leader politici nazionali devono ammettere che il Qe non basta e cominciare a pensare a cos'altro
fare per stimolare spesa e domanda.
(Traduzione di Francesca Novajra)
© PROJECT SYNDICATE, 2015
30/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 21.22
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Serra: investiamo sulle Popolari da marzo 2014
Leonardo Maisano
«Investiamo sulle banche popolari dal marzo 2014». Davide Serra creatore e manager del fondo Algebris
replica alle voci che in Italia lo indicano come una delle mani più attive nel rastrellare, da Londra, titoli degli
istituti al centro della riforma voluta dal governo. Replica e chiarisce. «Abbiamo popolari e in particolare
abbiamo una specifica, grande posizione. La società sa cosa vogliamo e dove intendiamo arrivare. Ci siamo
parlati, anzi siamo in dialogo costante. Non aggiungo altro. Considerato per sua esplicita ammissione vicino a
Matteo Renzi e all'entourage del premier, il nome di Serra, è stato prima sussurrato poi esplicitamente speso
come il sospetto numero uno, artefice possibile degli acquisti delle popolari nei giorni precedenti la notizia di
un iter accelerato del provvedimento adottato venerdì 16.
pagina 22Il trading. Il fondatore di Algebris replica alle voci che in Italia lo indicano come una delle mani più
attive sul settore vola Global Financials ll fondo corre in gennaio Il manager: è cresciuto del 5,7% in un mese,
ma questo è dovuto al nostro accresciuto investimento in Quindell Londra «Investiamo sulle banche popolari
dal marzo 2014». Davide Serra creatore e manager del fondo Algebris replica alle voci che in Italia lo
indicano come una delle mani più attive nel rastrellare, da Londra, titoli degli istituti al centro della riforma
voluta dal governo. Replica e chiarisce. «Abbiamo popolari e in particolare abbiamo una specifica, grande
posizione. La società sa cosa vogliamo e dove intendiamo arrivare. Ci siamo parlati, anzi siamo in dialogo
costante. Non aggiungo altro. Da analista lo scrivevo quindici anni fa che le regole andavano cambiate, il
Fondo monetario lo ha detto, la Banca d'Italia lo ha chiesto. Non sarò io a deciderlo...spero». Considerato per
sua esplicita ammissione vicino a Matteo Renzi e all'entourage del premier, il nome di Davide Serra, è stato
prima sussurrato poi esplicitamente speso come il sospetto numero uno, artefice possibile degli acquisti delle
popolari nei giorni precedenti la notizia di un iter accelerato del provvedimento adottato venerdì 16. Lunedì
19, lo ricordiamo, i titoli si sono impennati con il Banco Popolare e Bpm a più 21%, Pop Emilia 24%, Ubi 15%
per chiudere con quella di Etruria e Lazio cresciuta del 65 percento. Una banca, quest'ultima, che vede alla
vice presidenza Pierluigi Boschi padre del ministro delle riforme Elena Boschi. E tanto basta per innescare
inevitabili e prevedibili associazioni. La dinamica è, a dir poco, curiosa e ha spinto la Consob ad avviare
un'indagine conoscitiva per capire che cosa sia successo e se davvero ci siano state indebite interferenze sul
mercato. Il fondo Global Financials di Algebris ha avuto un'impennata nella seconda metà del mese di
gennaio che sembrerebbe confermare l'esposizione sulle popolari. Davide Serra raggiunto al telefono scuote
metaforicamente la testa e precisa. «Quel fondo cresce del 5,7% in un mese, ma la performance è
determinata dal nostro accresciuto investimento sulla società inglese Quindell. Abbiamo raddoppiato
l'esposizione nonostante quello che dicevano di noi (il gruppo britannico è esploso in un mese passando dai
43 pence di fine dicembre ai 122 del 22 gennaio, dopo le polemiche e le critiche che avevano accompagnato
lo scorso anno le operazioni di Serra n.d.r.). Global Financials oggi rappresenta il 3% dei 2,1 miliardi che
gestiamo, ma pesa per il 15% della strategia equity che in totale non supera il 20 per cento degli asset. Il
resto ? Credito per più della metà. Sull'azionario abbiamo poi mandati non pubblici». Resta quindi il dubbio
che fra le pieghe delle più private strategie di investimenti equity che fanno capo ad Algebris si nascondano
performance non visibili. «I risultati dei mandati degli investitori - precisa - non li comunico, ma chi fa il mio
mestiere mediamente gestisce tutto in modo simile...Sono vent'anni che seguo le banche pensare che io
abbia bisogno di una legge per comperare tre titoli è una cosa che può succedere solo in Italia grazie a gente
che sembra non sapere più come perdere tempo. La tempistica dell'iter di legge? Non ne ho idea, ma ormai
dipende più dalla Bce e dai meccanismi di stabilizzazione europei che dai regolatori e legislatori nazionali». ©
RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Il finanziere . Davide Serra
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Banche/2. Il finanziere risponde alle voci su acquisti prima del decreto del Governo
30/01/2015
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Pag. 1
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L'ultima telefonata "Avanti senza di voi"
FRANCESCO BEI
STAVOLTA nessun incontro.
Per sancire lo strappo basta una telefonata. A mezzogiorno Renzi consulta Berlusconi per l'ultima volta. Il
leader di Forza Italia parte in quarta chiedendo al premier di fare marcia indietro. «Vi abbiamo concesso il
ballottaggio sulla legge elettoralee anche il premio di lista. Ora ci aspettiamo un uguale ascolto da parte
vostra sul Quirinale».
Ma per Renzi il piano del Nazareno, quello delle riforme, deve restare separato dal Colle. A PAGINA 2
ROMA. Stavolta nessun incontro.
Per sancire lo strappo basta una telefonata. A mezzogiorno Renzi consulta Berlusconi per l'ultima volta. Il
leader di Forza Italia parte in quarta chiedendo al premier di fare marcia indietro. «Vi abbiamo concesso il
ballottaggio sulla legge elettorale e anche il premio di lista. Ora ci aspettiamo un uguale ascolto da parte
vostra sul Quirinale». Ma per Renzi il piano del Nazareno, quello delle riforme, deve restare separato dal
Colle.
Inoltre, ricorda Renzi, «nella legge elettorale ci sono cose che piacciono anche a voi: proprio il premio di
maggioranza alla lista sei stato tu il primo a suggerirlo.
Tutta la filosofia dell'Italicum è in linea con quello che hai sempre detto». Berlusconi, da buon venditore,
cambia argomento e riattacca sul Quirinale: «Ci avevi promesso Amato e non hai rispettato il patto». «Non è
vero - replica il segretario Pd - tu pensavi di impormi il vostro candidato, ma io non ti ho mai promesso
niente». Il colloquio, riferiscono i presenti, si fa sempre più teso. I toni si accendono. È Berlusconi,
amareggiato per essere finito con le spalle al muro, ad alzare il tiro.
«Se voi andate avanti su Mattarella, per quanto mi riguarda tutti gli accordi sono definitivamente messi in
discussione». È la minaccia più grave, quella di far saltare il patto del Nazareno e sfilarsi dal sostegno alla
riforma elettorale e quella costituzionale. Sulla carta la maggioranza ci sarebbe ancora, ma il segretario
sarebbe esposto a qualsiasi ricatto della minoranza interna al Pd.
È un'arma finale e Renzi risponde rilanciando a modo suo. Con una minaccia altrettanto forte: «Va bene, fai
pure. Per me non è un problema, io vado avanti anche senza di te». Che sia un bluff, uno sfogo o una mossa
calcolata, di certo sortisce qualche effetto.
Perché l'ex Cavaliere torna alla fine colomba e si lascia uno spiraglio d'uscita: «Non c'è bisogno di rompere,
aspetta. rivediamoci appena tornoa Roma la prossima settimana. Noi voteremo bianca anche al quarto
scrutinio». Un segnale, quello della scheda bianca su Mattarella, che serve a lanciare un ponte verso l'altra
sponda.
Senza contare che offre (a differenza dell'uscita dall'aula) la possibilità di far giungere sottobanco alcuni voti
forzisti al nuovo presidente se dovessero eventualmente mancare. Che il clima possa cambiare lo fa capire
anche Matteo Orfini. A sera, in Transatlantico, confida infatti che il Pd «chiederà al centrodestra un
supplemento di riflessione» su Mattarella. Francesco Bonifazi, renziano di ferro e tesoriere Pd, conferma:
«Possiamo tendere loro una mano per farli rientrare con dignità».
Alla fine di una giornata in cui il Pd sembra finalmente pacificato,è quasi di tempo di bilanci. Anche se, a
palazzo Chigi, Renzi si mantiene prudente. Forse per scaramanzia, pur dichiarandosi «ottimista», con i suoi
ammette che «l'elezione non è ancora in cassaforte». Certo, il Pd stavolta sembra «serio e convinto», ma che
qualcuno ne approfitti per consumare le proprie vendette lo dà per scontato: «I franchi tiratori ci saranno, ma
in una quota fisiologica. Non più di 40-45 e, anche senza Ncd, dovremo stare sui 530-550 voti al quarto
scrutinio».
Grazie forse a qualche apporto grillino e dall'Ncd. Per Renzi resterebbe un obiettivo ragguardevole quello di
aver «dimezzato i franchi tiratori del 2013».
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IL RETROSCENA
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Qualcosa, sotto la superficie piatta dell'unanimità, per la verità già emerge. Tra i bersaniani si raccolgono
sospetti contro i turchi che «non voteranno Mattarella perché speravano in Amato». I turchi replicano che
saranno semmai i seguaci di Bersani a smarcarsi da Mattarella «perché scontenti rispetto alla decisione del
loro stesso leader di non aver fatto a Renzi il nome della Finocchiaro». Insomma, Renzi per primo sa bene
che il fuoco cova ancora sotto la cenere. Anche per questo ci tiene a far circolare un monito preciso. «Dio non
voglia, se non passasse Mattarella sarebbe un bruttissimo segnale per il governo...e anche per la
legislatura». Anche per questo ieri mattina ha voluto incontrare il magistrato anticorruzione Raffaele Cantone,
per far capire a tutti che un Presidente della Repubblica sarebbe comunque eletto. Magari con i voti dei
cinque stelle. Ma a quel punto senza garanzie per nessuno. Un pratico Davide Zoggia, bersaniano di ferro,
ieri alla buvette spiegava ad alcuni giovani deputati un dato di fatto elementare: «Mattarella non scioglie le
Camere, Cantone sì. Regolatevi».
Resta il problema del rapporto nel governo con Angelino Alfano. Il leader Ncd ha iniziato a piantare un seme
dentro Forza Italia in vista delle prossime elezioni, in mancanza di qualsiasi segnale di apertura da Renzi. Ma
il premier, con i suoi, ribalta il ragionamento: «Possiamo anche ragionare insieme sulla prospettiva politica da
qui al 20018, ma che senso ha rompere sul presidente della Repubblica? Alfano mi ha fatto due nomi, era un
prendere o lasciare, non potevamo accettare». Convinto che «Angelino» si chiami fuori «in un passaggio
storico» e solo per «mettersi in scia di Berlusconi», Renzi pone un'altra domanda: «Non voteranno Mattarella
per un fatto di principio. Bene. Ma se Mattarella non passa, Angelino che fa?».
PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.camera.it
Foto: PREMIER Il premier Matteo Renzi saluta la folla davanti alla sede pd del Nazareno
30/01/2015
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Pag. 8
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"E Bersani media "È il mio favorito fin dal 2013 mi fido del premier"
"Feci subito il nome di Mattarella a Berlusconi e lui disse no e preferì Marini. Ora teniamoci prudenti, ma se
va dritta ne sarò felice "Non ho mai pensato di impiccarmi a un nome di sinistra. Per il capo dello Stato io non
guardo alle culture di appartenenza
GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA. Bersani mediatore, Bersani che passa da una telecamera all'altra, Bersani che assapora una
possibile vittoria anche non se è più lui a guidare la Ditta e il dividendo lo incasserà Matteo Renzi e il Pd non
più suo. «Non è finita finchè non è finita - dice l'ex segretario in un corridoio laterale di Montecitorio -. Ma la
mia soddisfazione per l'eventuale elezione di Mattarella nonè un mistero per nessuno». Era la sua prima
scelta nel 2013.
«Feci subito quel nome a Berlusconi quando ci incontrammo per trovare un candidato condiviso ed eleggerlo
alla prima votazione. Berlusconi anche allora disse di no, preferendo Marini». Era la sua scelta anche adesso
che non conduce più le danze. Più di Amato, forse, «perché io non guardo alle culture di appartenenza
quando si sceglie una figura come il capo dello Stato. Ovvero non ho mai pensato di impiccarmi a un nome di
sinistra. Andavano bene tutt'e due». Ma la sua preferenzaè sempre andata all'ex dirigente della sinistra Dc.
Che due anni dopo sembra vicino al traguardo. Bersani spiega di non voler analizzare adesso cosa è
cambiato dal 2013 al 2015, perché oggi si può fare quello che allora fu impossibile o peggio, si rivelò una
pasticcio clamoroso. «Non è ancora fatta ed è giusto tenersi un margine di prudenza», dice scottato dalla
tremenda catastrofe dei 101 traditori di Prodi, che impallinarono il Professore per impallinare lui. L'ex
segretario però si muove in queste ore dando la netta impressione di voler evitare il bis, malgrado Renzi sia
un avversario interno e quasi tutto li divide.
«Stavolta di Matteo mi fido. È andato oltre i confini del Nazareno e lo dimostra la reazione di Berlusconi. Ora
il problema ce l'ha l'ex Cavaliere».
Quindi la mattina presto in Transatlantico media con Nichi Vendola, già ben disposto a convergere su
Mattarella dalla quarta votazione. Approfitta dei microfoni che lo seguono, delle tv che lo invitano per una
ospitata volante per catechizzare la minoranza. «Se siamo tutti responsabili ce la facciamo, poi Berlusconi
farà quello che vorrà. Secondo me perde un'occasione pazzesca a tirarsi fuori».
Per anticiparei franchi tiratori tira in ballo se stesso. «L'altra volta non ci fu lealtà nei mie confronti. Perciò
adesso la devono anche a me. Possiamo raffigurare un Pd che sia davvero al servizio del Paese».
La fiducia in Renzi è cresciuta dopo il colloquio di mercoledì, durato appena mezz'ora, a differenza di quello
successivo con Berlusconi seduto a Palazzo Chigi per ben due ore. «Sono stato poco perché è andato
benissimo. Mi ha detto che puntava tutto su Mattarella, in continuità con la mia scelta del 2013. Che il patto
del Nazareno si poteva scansare in questo frangente e che l'importante era tenere unito il Pd». Musica per le
orecchie dell'ex segretario. Che ora non vuole immaginare scenari, nuove maggioranze o uno spostamento
dell'asse a sinistra grazie ai voti di Sinistra e libertà, future correzioni dell'Italicum e delle riforme.
«Non è il momento, aspettiamo sabato».
Prudente. Come lo sono i renziani, del resto. Il braccio destro del premier Luca Lotti ieri solcava il
Transatlantico osservando i capannelli di deputati, soprattutto quelli del Pd. Per vedere se le correnti si
riunivano, se si creava l'atmosfera della trappola.
Bersani intanto dava una mano, cercando argomenti per non avere sorprese dal gruppo democratico. Tra un
collegamento tv e l'altro perdeva le due "chiamate" al seggio e recuperava grazie a una deroga della
presidenza. «Con Mattarella si chiuderebbe la ferita dei 101», diceva in video a SkyTg24 allontanando
definitivamente un fantasma ormai invecchiato che ha avuto però tanto spazio tra i militanti. Salutava Enrico
Letta, sorridente e disponibile con i giornalisti dopo un lungo silenzio. «Mattarella? Una decisione giusta, la
stessa che avevamo preparato due anni fa. Significa che la legislatura ha avuto un'evoluzione...». Bersani in
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IL COLLOQUIO
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Pag. 8
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effetti pensa che i nodi siano venuti al pettine: che la "bolla" grillina è scoppiata, che il Parlamento deberlusconizzato dalla "non vittoria" del Pd ha prodotto qualche buon risultato. E sicuramente l'elezione di
Mattarella è quello che all'ex segretario piace di più.
Foto: UNANIMITÀ Il momento della votazione della proposta Mattarella nell'assemblea dei grandi elettori del
Pd
Foto: EX SEGRETARIO Pierluigi Bersani segretario Pd dal 2009 al 2013
30/01/2015
La Repubblica - Ed. nazionale
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"Matteo come uno scorpione masochista"
TUTTO PIÙ DIFFICILE Le maggioranze variabili non portano bene, da ora tutto più difficile per il premier
CARICA DEI 101 L'elezione di Mattarella? Se penso al Pd e alla carica dei 101 ho grandi dubbi
ALBERTO D'ARGENIO
ROMA. «E ora Renzi dove va senza Forza Italia? Le maggioranze a geometria variabile non hanno mai
portato bene, per il premier da qui in avanti sarà tutto molto difficile». Renato Brunetta, capogruppo azzurro a
Montecitorio, accusa il premier di portare avanti una politica «fatti di balle, azzardo morale, giochetti e
opportunismi». E ancora, «ha la sindrome dello scorpione ma morirà insieme alla rana che ha ucciso».
Onorevole, cosa resta del Nazareno? «La candidatura di Mattarella è un altolà al patto del Nazareno, lo ha
detto Berlusconi e tutti i grandi elettori di Forza Italia sono d'accordo con lui».
Vuol dire che il patto è rotto? «Se volevo dire che è rotto dicevo che è rotto. Come si può però pensare che
Forza Italia fornisca i voti a Renzi per le riforme "e poi sulla scelta del presidente della Repubblica lui scelga
la via della porta in faccia? Questo vuol dire altolà, d'ora in poi sarà tutto più difficile, Renzi non può pensare
di avere e gestire tre maggioranze». Quali? «Una di governo fatta con molti parlamentari carne della nostra
carne, una per le riforme per compensare le defezioni nel suo partito e una terza con tutta la sinistra unita,
magari anche con qualche pezzo di transfughi grillini contro Forza Italia ed Ncd. Il tutto solo perché Renzi è
affetto oltre che da bulimia di potere, anche dalla sindrome dello scorpione che uccide la rana che lo fa
traghettare morendo insieme».
Vuole dire che se passa Mattarella il governo cade? «Per Renzi sarà tutto più difficile sia all'interno della
maggioranza di governo, e questo attiene agli amici di Area Popolare (Ncd e Udc, ndr) sia per quanto
riguarda il patto del Nazareno. E non sarà facile nemmeno con la maggioranza di sinistra».
Vede avvicinarsi le elezioni? «Le maggioranzea geometrie variabili non hanno mai portato bene nella storia
della Repubblica, quando Renzi si troverà a fare i conti con sua bulimia capirà che si possono anche vincere
le battaglie, ma se poi si perde la guerra...». Alla quarta votazione continuerete con la scheda bianca? «Si, lo
abbiamo deciso insieme ad Area Popolare».
Se il giudizio non è sulla persona di Mattarella, ma sul metodo, perché questa posizione? Renzi il nome ve lo
ha sottoposto.
«Il nostro è un giudizio complessivo. Questa è una brutta giornata per le istituzioni repubblicane, emerge
un'idea di politica fatta di balle, azzardo morale, giochetti e opportunismi. Dove va Renzi senza di noi che
abbiamo salvato luie il suo governo almeno dieci volte?».
Crede che alla fine Mattarella ce la farà? «Se penso alla storia del partito cosiddetto democratico e alla
carica dei 101 ho grandi dubbi, ma a questo punto non me lo auguro nemmeno perché sarebbe un ulteriore
elemento di degrado per la politica. Dico solo che anche le volpi più scaltre finiscono in pellicceria».
La fronda di Forza Italia ora chiede di azzerare le cariche e le dimissioni dei capigruppo.
Come risponde? «Noi siamo un partito monarchico e anarchico, ognuno è libero di dire quello che vuole ma
l'importante è la coerenza nei fatti». Si dimetterà? «Non ci penso nemmeno, ho altro da fare in questo
momento, ho nel mio mirino Renzi lo scorpione masochista».
Foto: IL CAPOGRUPPO Renato Brunetta è capogruppo di Forza Italia alla Camera, spesso critico verso il
governo Renzi
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L'INTERVISTA/ BRUNETTA, CAPOGRUPPO ALLA CAMERA: "DOVE VA ORA SENZA FORZA ITALIA?"
30/01/2015
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Da Brescia a Verona la 'ndrangheta puntava agli appalti del Nord
L'intercettazione di un capoclan: "Ho incontrato Tosi" Indagato anche Grillo, ex senatore di Forza Italia
Spunta una mazzetta da un milione e 300mila euro per le mense in Lombardia
FABIO TONACCI FRANCESCO VIVIANO
ROMA. «Voracemente protesa a insinuarsi in qualsiasi piega del complesso dei rapporti finanziari». Così
appare la 'ndrangheta emiliana agli occhi di chi, negli ultimi tre anni, l'ha sentita parlare al telefono e ne ha
seguito le mosse. Tra estorsioni, violenze, armi, droga, appalti della ricostruzione post terremoto, gli
investigatori hanno afferrato anche il filo della corruzione. Quello che porta inevitabilmente alla politica,a cui
gli emissari del clan Grande Aracri dimostrano di essere particolarmente interessati. «Ho incontrato il sindaco
di Verona Flavio Tosi,è sempre buono avere delle amicizie», si vanta coi suoi l'imprenditore calabrese
Antonio Gualtieri, in carcere perché individuato come «uno dei capi dell'associazione mafiosa». Cercano
appoggi, si agganciano a chiunque possa aprire loro qualche porta nelle giunte comunali, o nei ministeri di
Roma.
Nell'elenco dei politici indagati per corruzione dalle tre procure di Bologna, Brescia e Catanzaro, oltre ai già
noti Nicola Sodano sindaco di Mantova (Forza Italia) e Franco Bonferroni ex senatore democristiano, si
aggiunge ora il nome di Luigi Grillo, anche lui ex senatore di Forza Italia, già coinvolto nell'inchiesta sulle
tangenti dell'Expo. Tre vicende, queste, ancora coperte dal segreto istruttorio, ma che indicano una delle
tracce seguite per capire fin dove si erano spinti, al Nord, gli ndranghetisti di Cutro.
IL PRANZO CON IL SINDACO Agli atti c'è una lunghissima informativa dei carabinieri, 2940 pagine, nella
quale vengono ricostruiti i passaggi di un affare che il clan voleva fare nella Verona del sindaco leghista Tosi.
La storia ruota attorno alla figura dell'imprenditore del ferro veronese Moreno Nicolis, definito dal gip Alberto
Ziroldi «uomo che dispone di contatti con l'amministrazione comunale scaligera». Nicolis, siamo nel 2012, ha
intenzione di acquisire la vasta area Tiberghien, derivante del fallimento della Rizzi Costruzioni. Antonio
Gualtieri è interessato a un pezzo della "torta", il boss Nicolino "mano di gomma" Grande Aracri ha dato l'ok
all'operazione. Nicoli si offre di presentare Gualtieri al sindaco Flavio Tosi (che nonè indagato).
Cosa che avviene durante un pranzo nella taverna di Nicolis. «Oggi mi sono incontrato col sindaco e il
vicesindaco di Verona (Vito Giancino, ndr) - dice Gualtieri ascoltato in una intercettazione ambientale del 22
febbraio 2012-e ancora stanno mangiando, lì da Moreno sotto in taverna... Moreno me l'ha portato là, me l'ha
fatto conoscere... è sempre buono avere delle amicizie». Un incontro confermato anche da un'altra indagata,
come anticipa un articolo dell' Espresso . Quello stesso giorno Gualtieri però a Verona va a trovare anche il
curatore fallimentare, l'avvocato Emanuela Rolando.
«Emerge il limpido tentativo di corruzione del curatore - si legge nell'informativa - al quale è stato
presumibilmente promesso un ingente corrispettivo in cambio dell'assegnazione pilotata del fallimento».
Impressione corroborata dall'intercettazione in cui la consulente finanziaria Roberta Tattini (arrestata), spiega:
«Non è vero che il curatore non sapeva niente... una parte gliel'hanno già data, e una parte gli spetta... ».
LA TANGENTE SPARITA Un altro mistero è dove siano finiti 1,3 milioni di euro consegnati dall'imprenditore
reggiano Mirco Salsi, titolare della Reggiana Gourmet srl ed ex vicepresidente della locale Cna, alla signora
Maria Rosa Gelmi, «la quale - si legge nell'ordinanza - avrebbe dovuto intercedere per favorirlo
nell'assegnazione di un appalto nel settore delle mense della polizia penitenziaria della Regione Lombardia».
Ma qualcosa va storto, la donna si tiene i soldi e sparisce. A quel punto Salsi si rivolge alla 'ndrangheta per
recuperare la cifra, salvo poi diventarne vittima tanto da essere costretto a «ingoiare alcune fatture». La
Gelmi il 27 luglio 2013 ai militari racconta: «Salsi mi ha consegnato 1,3 milioni. La differenza in più rispetto ai
soldi pagati nelle tangenti a due assessori e a Porcino (un non meglio identificato funzionario pubblico, ndr ) è
stata spesa per le organizzazioni di pranzi e cene per ingraziarseli. Il progetto della costruzione della nuova
casa di riposo e delle carceri di Brescia è poi fallito, perché nel frattempo la giunta comunale è cambiata».
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L'inchiesta
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Che fine ha fatto, dunque, quel denaro?
LE TAPPE GLI ARRESTI Mercoledì i carabinieri hanno arrestato 117 persone in Emilia Romagna ed
eseguito altri 46 fermi in Lombardia, Calabria e altre parti d'Italia L'INDAGINE L'inchiesta delle tre procure di
Bologna, Brescia e Catanzaro ruota attorno all'infiltrazione del clan Grande Aracri di Cutri a Reggio Emilia,
Parma, Mantova, Piacenza IL TERREMOTO Nel corso dell'indagine è emerso che imprese vicine al clan
hanno ottenuto appalti per la ricostruzione nei comuni colpiti dal sisma del 2012
Foto: LA RETE Nella foto, la conferenza stampa con cui gli inquirenti hanno presentato l'operazione
"Aemilia", il maxi-blitz contro la 'ndrangheta in Emilia
30/01/2015
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 19
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Io, nel mirino delle cosche sono rimasta isolata anche nel Pd"
In direzione dissi: fate fuori una che ha contrastato i clan, è un messaggio. Ora scriverò a Renzi
ELEONORA CAPELLI
BOLOGNA. «Io l'ho detto davanti a tutti, alla direzione del Pd dell'Emilia Romagna: se adesso mi emarginate,
lanciate un segnale alla 'ndrangheta che io cerco di contrastare. Ma mi hanno lasciato sola e adesso che ci
sono gli atti della magistratura, scriverò a Matteo Renzi e gli racconterò tutto». Sonia Masini, ex sindaco ed
ex presidente della Provincia di Reggio Emilia, era nel "mirino": il consigliere del Pdl Giuseppe Pagliani,
arrestato nella maxi inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Emilia con l'accusa di concorso esterno in
associazione mafiosa, di lei diceva al telefono: «Alla Masini adesso le facciamo una "curetta" come Dio
comanda». Eppure Masini dice: «Il mio allarme cadde nel silenzio totale, nel Pd mi trattarono con sufficienza»
Quando lei ha sollevato il problema, quali sono state le reazioni? «Sono rimasti tutti allibiti, il segretario
Stefano Bonaccini, ora presidente della Regione, era infastidito dal mio intervento e ha cercato di
interrompermi. Ma io sono andata avanti: voi non mi avete candidato alle europee, e non mi candidate alle
regionali. Fate fuori una persona che ha contrastato la 'ndrangheta e questo è un messaggio. Le persone
oggetto di pressioni di questo tipo non vanno lasciate sole perché significa metterle in pericolo».
Perché il suo discorso cadde nel vuoto? «Penso che non fossero "sul pezzo",e che abbiano prevalso i
personalismi e la competizione forsennata che si è creata nel partito. Mi hanno trattato come una persona
attaccata alla poltrona. Adesso non mi invitano quasi alle riunioni, nessuno in questi giorni ha alzato il
telefono per dirmi: forse avevi ragione tu».
Il problema delle infiltrazioni mafiose in Emilia è stato sottovalutato? «L'abbiamo sottovalutato tutti nei primi
tempi. Dal 2010 però abbiamo visto cose che prima non avvenivano, come i roghi notturni delle auto. E le
risposte degli organi dello Stato sono state pronte. Adesso però le informazioni le abbiamo, ci sono i nomi, le
condanne, non c'è più giustificazione. Anche per me guardare in faccia queste cose è stato un dolore
continuo, perché io amo la mia terra, i nostri servizi, il nostro modello. Però bisogna tenere sempre la guardia
alta».
Cosa si aspettava dal suo partito? «Io mi sono mossa in questi anni, e non tutti si sono mossi allo stesso
modo. Ma attorno a me ho visto freddezza e incertezza.
Quando ho revocato un appalto già assegnato ho dovuto combattere dentro al Pd.
Difendevo non solo me stessa, ma l'istituzione. L'ho pagato sulla mia pelle e sono stata messa in difficoltà.
Ora però Renzi deve essere informato, perché della delicatezza della situazione si doveva tenere conto».
PER SAPERNE DI PIÙ www.interno.gov.it www.carabinieri.it
Foto: MINACCIATA Sonia Masini ex sindaco ed ex presidente della Provincia di Reggio Emilia
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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L'INTERVISTA / SONIA MASINI, EX PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI REGGIO EMILIA
30/01/2015
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 24
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Shell taglia 15 miliardi di spese per resistere al crollo del petrolio
CARLOTTA SCOZZARI
MILANO. La multinazionale petrolifera Royal Dutch Shell sconta a bilancio la caduta del prezzo del greggio e
corre ai ripari con un maxi taglio degli investimenti da 15 miliardi. Un provvedimento che non soltanto vale
grosso modo quanto una Finanziaria italiana, ma che non mancherà di avere ripercussioni su tutta l'industria
petrolifera. Ieri il gruppo anglo-olandese ha annunciato di avere archiviato il 2014 con un utile netto di 15,052
miliardi di dollari, in flessione dai 16,371 dell'anno prima. Nel solo quarto trimestre del 2014, quando cioè il
prezzo dell'oro nero ha cominciato una discesa praticamente senza sosta, i profitti netti di Shell sono crollati
del 57% a 773 milioni di dollari. Ciononostante, la società pagherà agli azionisti un dividendo trimestrale di 47
centesimi di dollaro per azione, invariato rispetto all'anno precedente. Soprattutto, però, ha colpito il modo in
cui il gruppo ha deciso di fronteggiare il calo del petrolio, che ancora ieri, sui mercati delle materie prime, è
sceso sotto i 44 dollari al barile, prezzi che non si vedevano dal marzo del 2009.
Shell ha, infatti, annunciato un super programma di taglio degli investimenti da 15 miliardi di dollari in tre
anni. Una mossa che non soltanto ha messo sotto pressione le azioni della stessa multinazionale (-4,3%), ma
anche quelle di tutta l'industria petrolifera, perché ora si teme che le altre "sorelle" (Bp, Chevron, ed
ExxonMobil, cioè le maggiori compagnie a controllo privato) possano imitare Shell e annunciare tagli agli
investimenti. Così, ieri in Borsa le vendite sono scattate innanzi tutto sulle società attive nei servizi petroliferi,
direttamente influenzate dalla decisione di Shell, come la Tenaris della famiglia Rocca (-4,3%) e la francese
Vallourec (-3,8 per cento). Debole tutto il settore:a Piazza Affari, Eni ha lasciato l'1,78% e la controllata
Saipem il 4,5 per cento. Quest'ultima ha risentito anche del giudizio negativo degli analisti di Credit Suisse,
che proprio ieri hanno fatto sapere di preferirle la concorrente Technip, nonché delle recenti parole del
numero uno dell'Eni, Claudio Descalzi.
L'ad del gruppo del Cane a sei zampe ha aperto all'ingresso di un socio o a un aumento di capitale per
Saipem dichiarando che «una diluizione della quota dal 43 sotto il 30% ci permetterebbe di deconsolidare il
debito». Ad assistere Descalzi nel dossier è proprio la banca d'affari Credit Suisse. Chi invece per ora
esclude di mettere in vendita parti del business è l'ad di Shell, Ben van Beurden, che ha spiegato che «è
fondamentale evitare la deforestazione dei progetti di investimento» vendendo agli attuali, compressi, valori di
Borsa.
Ma i gruppi petroliferi non sono gli unici a risentire del calo del greggio. Succede, per esempio, anche a
Gazprom, poiché agli attuali prezzi l'oro nero rappresenta sempre di più un valido concorrente del gas. Ieri il
colosso russo dell'energia ha annunciato di avere archiviato il terzo trimestre con un calo dell'utile netto del
61%, a 105,7 miliardi di rubli, circa 1,4 miliardi di euro. Numeri su cui, però, più di ogni altro fattore, ha pesato
la crisi dell'Ucraina, tra i maggiori clienti di Gazprom.
Foto: L'ad di Shell, Ben van Beurden
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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IL CASO
30/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 6
(diffusione:309253, tiratura:418328)
M5S, così il nome Bersani è servito da anti-Prodi
Ora possibile un voto-blitz su Mattarella, ma è fuori tempo
JACOPO IACOBONI
L'ennesimo disastro politico e comunicativo - del Movimento cinque stelle avviene solo per incapacità? O è la
fotografia di una spaccatura strutturale talmente grave nel Movimento (non tra ortodossi e «dissidenti» ma,
più nascosta e letale, tra ortodossi e Casaleggio), da aver buttato al mare anche l'unica chance realistica di
incidere, cioè il nome di Romano Prodi? O è un mix delle due cose? Lenti e tardivi Come anticipato da «La
Stampa» ieri, il M5s ieri pomeriggio ha votato, abbastanza compatto (120 voti su 128 potenziali), un
candidato di bandiera, Ferdinando Imposimato. Oggi dovrebbe restare su Imposimato, nella seconda e nella
terza, inutile votazione; o magari cominciare a votare alla terza votazione Romano Prodi, segnale del
«vogliamo convergere su un nome, ma non potevamo essere noi a proporlo sul campo, è pur sempre un
nome del Pd». Ma quel segnale andava giocato molto prima. Dalla quarta, domani, o dalla quinta, il M5s
potrebbe ricorrere a un sondaggio lampo, sul blog, su Mattarella, «ma solo se fossimo determinanti». Il dato
di fatto è che il movimento è arrivato tardi, così facendo, e ancora una volta è fuori dal gioco, a meno che
Mattarella non venga impallinato (come Prodi nel 2013, ma le situazioni di partenza sono molto diverse) nel
voto segreto. Perché in quella forza - a due anni dall'ingresso in Parlamento - non ce la fanno ancora a
toccare palla? Bersani per non fare Prodi Qui dobbiamo entrare nel campo delle ricostruzioni.
Nell'assemblea, molto calda, in cui mercoledì i parlamentari hanno proposto dieci nomi, quello per
«incunearsi nel Patto del Nazareno» c'era già, quello con le uniche chance di successo: Romano Prodi,
ovviamente. Perché allora far uscire anche Pierluigi Bersani? C'è chi ritiene che il nome di Bersani sia stato
usato producendo un puro effetto depistaggio, indebolire quella che era l'unica, realistica operazione
possibile: quella sul Professore (e indebolire l'operazione Prodi, sia detto en passant, faceva un regalo a
Renzi). Alessandro Di Battista ieri scriveva: «Dopo averci pensato, praticamente, tutta la notte, ho votato. Ho
votato seguendo il cuore perché al cuor non si comanda». E ha votato per un «uomo che ha dedicato tutta la
vita alla lotta alla mafia», presumibilmente Nino Di Matteo. Che senso aveva si sono chiesti in molti - far
entrare anche Bersani nella rosa? Milano sorpresa Era meglio che l'unico nome «realistico» restasse quello
di Prodi, e anzi, doveva «uscire» primo sul blog. Così non è stato, e anzi, molti commenti mainstream ieri
erano depistati dalla presenza del nome Bersani. Nome su cui a Milano sono caduti dalle nuvole: dando la
sensazione di qualcosa che ormai gli sfugge totalmente di mano. Il professor Becchi scherzava su twitter,
«Beppe propone Prodi, Di Battista Bersani, mi ci manca solo Di Maio che proponga la Bindi: ma perché non
fondate insieme il Pd-R?» . Battuta che almeno annusa il grande caos - ormai verticale - che c'è tra
GrilloCasaleggio, da una parte, e il direttorio dall'altra. La spaccatura verticale In questo quadro, e con la
totale lentezza di Milano nell'inquadrare la vicenda, il movimento si condanna - salvo eventi imprevedibili
domani alla seconda drammatica dimostrazione di irrilevanza dopo il 2013, quella forse più vicina
all'autodissoluzione.
I passi (al ralenti) del Movimento n «Mattarella un politico navigato, fa parte del sistema politico, è un ex dc,
ministro... è un curriculum integrato in quel sistema che noi cerchiamo di combattere. Se mi piace? No». Così
Roberto Fico, del direttorio M5s n Paola Taverna, ex capogruppo M5s: «Se non siamo determinanti è chiaro
che non ci sporchiamo le mani. Se dovessimo essere determinanti credo si debba far decidere la Rete con
una votazione lampo sul blog». n Di Maio spiega: «Per ora portiamo avanti il nostro nome, fermo restando
che qualsiasi cambiamento lo decideremo chiedendo ai cittadini il loro parere».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Retroscena
30/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 9
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Il premier visto da Costa-Gavras "Pragmatico, non un sovversivo"
"Vuole far uscire il Paese dalla fame, non dall'Europa"
LEONARDO MARTINELLI PARIGI
Dietro al Panthéon, ai margini del quartier latin, a Parigi, tutti sanno che Costa-Gavras, quell'affabile signore
di quasi 83 anni (ma ne dimostra molti meno), vive al di là di uno strano portone verde, in fondo nel cortile.
Greco naturalizzato francese, è il mitico regista di film come ZL'orgia del potere e Missing. «Lo scorso maggio
me ne stavo a casa - racconta - e ricevetti una telefonata: una piacevole sorpresa». Dall'altra parte del filo,
Alexis Tsipras: «Era di passaggio a Parigi. Mi disse che voleva conoscermi». Si ritrovarono al Mavrommatis,
ristorante greco ovviamente. L'incontro al ristorante «La prima domanda che gli posi fu: vi presentate come
sinistra radicale, ma cosa vuol dire per te "radicale"? Lui rispose: significa ritornare alle radici della Grecia, la
cultura e la democrazia. Già lì tirai un sospiro di sollievo». Tsipras non è uno sterile sovversivo, né un
veterocomunista: Gavras ci tiene a sottolinearlo. «Me lo disse anche quella sera: non vuole uscire
dall'Europa, né per forza dall'euro. Il problema è che il debito pubblico della Grecia è enorme: non riusciranno
mai a rimborsarlo. E poi la responsabilità di quel debito è dei politici greci che l'hanno contratto ma anche del
signor Barroso e della signora Merkel: hanno consentito che gli europei continuassero a vendere di tutto ai
greci, anche forniture militari, sempre a credito». La caduta del ceto medio In tutti questi anni il regista ha
viaggiato spesso nel suo paese di origine. «Ai tempi dell'illusoria crescita economica, se una famiglia voleva
partire in vacanza, la banca proponeva subito di prestarle i soldi. Se voleva comprare la Mercedes, uguale.
Avevano subìto la povertà, saltarono subito su quella che sembrava una buona occasione. Oggi il ceto medio
non ha neanche i soldi per pagare il riscaldamento». Quella sera di maggio Costantino (il suo vero nome) e
Alexis fecero le ore piccole a discutere mentre Andreas, il padrone del Mavrommatis, serviva un piatto dietro
l'altro: «Tsipras è simpatico, ascolta molto e fornisce lunghe spiegazioni». Dicono che sia un figlio di borghesi
che vuole fare il rivoluzionario... «Anche Lenin era figlio di borghesi. E poi non è il criterio che utilizzo per
giudicare una persona». Lunedì si sono sentiti al telefono: «L'ho felicitato», dice Costa-Gavras. Se all'inizio
era un po' diffidente «è perché in Francia Tsipras veniva sempre associato a Jean-Luc Mélenchon, che a me
non piace per nulla». Il leader dell'estrema sinistra: lui sì, un po' vetero... «Mélenchon dice che, se Tsipras ci
è riuscito, adesso vincerà anche lui. Non ha capito che la gravità della crisi in Grecia è incomparabile con
quella della Francia». Costa-Gavras è sempre stato un regista impegnato e di sinistra. Ma allergico alle
etichette partitiche, costantemente fuori dagli schemi. Condannò il totalitarismo di destra in Grecia in ZL'orgia
del potere, nel 1969, ma l'anno dopo anche quello comunista della Cecoslovacchia in La confessione. Negli
anni settanta frequentava Roma, perché lavorò con lo sceneggiatore Franco Solinas. «Conobbi allora un
certo Giorgio Napolitano. Io ero abituato ai comunisti qui a Parigi: brave persone, per carità, che difendevano
degli ideali. Ma che per l'Urss nutrivano una fede religiosa. Poi vidi Napolitano e mi dissi: vedi che perfino un
comunista può essere fedele servitore del suo stato».
Foto: Contro i colonnelli Il regista Costa-Gavras denunciò il totalitarismo in Grecia con il film «Z-L'orgia del
potere» nel 1969
Foto: La grande illusione «Ai tempi dell'illusoria crescita economica, se una famiglia voleva partire in vacanza,
la banca proponeva subito di prestarle i soldi Se voleva comprare la Mercedes, uguale»
Foto: COSIMA SCAVOLINI/LAPRESSE
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Colloquio
30/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 19
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Banche, stretta Bce su bonus e dividendi
La Vigilanza unica passerà al setaccio i compensi dei manager
GIANLUCA PAOLUCCI TORINO
Raccomandazione alle banche nella politica di dividendi e monitoraggio accurato dei bonus dei top manager
del credito. La vigilanza bancaria della Bce, impegnata in questi giorni con l'esame di piani di rafforzamento
patrimoniale degli istituti «bocciati» dagli stress test, manda segnali chiari anche agli istituti «promossi» agli
esami di ottobre. Doppia mossa Il Consiglio di vigilanza della Banca centrale europea, presieduto da Danièle
Nouy, raccomanda a tutti gli istituti di «adottare una politica di distribuzione dei dividendi conservativa che
tenga conto delle difficili condizioni economiche e finanziarie correnti», proibendo del tutto la distribuzione di
cedole alle 13 banche europee - di cui 4 italiane - che non hanno superato i test. Si tratta dunque non solo di
Mps e Carige ma anche di Bpm e Popolare Vicenza, le cui misure ulteriori di rafforzamento patrimoniale
erano state conteggiate da Bankitalia ma non dalla Bce. Per gli istituti risultati in regola con i requisiti al 31
dicembre 2014 ma che non hanno ancora attuato i correttivi richiesti per centrare i requisiti al 2019 la
richiesta della vigilanza europea è quella di distribuire dividendi solo nella misura in cui si «garantito il
percorso verso la piena attuazione dei coefficienti richiesti». Non è una semplice «moral suasion». La stessa
vigilanza avvisa gli istituti che l'inosservanza della raccomandazione può avere conseguenze potenzialmente
piuttosto pesanti. Gli istituti che distribuiranno dividendi senza tenere conto della richiesta della Bce «sono
tenuti a fornire informazioni aggiuntive e motivazioni dettagliate» delle proprie scelte e i piani di «piena
attuazione» dei coefficienti prefissati. I rischi Non solo: la Bce (il cui presidente Mario Draghi, ieri, a sorpresa
ha preso parte a un incontro sull'euro all'Università Bocconi che tra i relatori vedeva Benoît Coeuré, membro
del board dell'Eurotower) si riserva, una volta esaminata la documentazione, di prendere ulteriori decisioni
fino alla richiesta di ulteriori rafforzamenti patrimoniali. Inoltre, la stessa Bce - che ha i poteri di vigilanza sui
120 maggiori istituti europei - raccomanda alle banche centrali nazionali di applicare le stesse
raccomandazioni anche alle banche più piccole non vigilate da Francoforte. L'altro capitolo riguarda i bonus
dei banchieri. La vigilanza Bce avvierà un'analisi approfondita delle politiche adottate per la remunerazione
variabile dei top manager, tenendo conto della situazione patrimoniale degli istituti «poiché la remunerazione
variabile dovrebbe essere coerente con la capacità della banca di detenere una solida base di capitale». Oggi
intanto il sistema bancario sarà scosso dallo sciopero dei 310 mila bancari: manifestazioni in quattro città
indette dai sindacati che temono nuovi esuberi e chiedono maggiore trasparenza sui compensi dei manager e
sulle consulenze. BANCO POPOLARE GRUPPO BANCARIO, BANCA POPOLARE DELL'EMILIA
ROMAGNA, BANCA POPOLARE DI MILANO, BANCA POPOLARE DI SONDRIO, BANCA POPOLARE DI
VENEZIA, CREDEM CREDITO EMILIANO, CREDITO VALTELLINESE, ICCREA BANCA, INTESA
SANPAOLO, MEDIOBANCA, UBI BANCA, UNI CREDIT, VENETO BANCA, MONTE DEI PASCHI DI SIENA
BANCA DAL 1472, BANCA CARIGE CASSA DI RISPARMIO DI GENOVA E IMPERIA
I risultati degli stress test di ottobre 26 50 24 631 *30 463 -814 256 765 CREDITO EMILIANO 1.183 *713
10.897 1.761 8.747 -2.111 - LA STAMPA DATI IN MILIONI DI EURO CAPITALE IN ECCESSO MANCANZA
DI CAPITALE * Entrambe dovrebbero rientrare nel divieto della Bce di distribuire dividendi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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OGGI LO SCIOPERO DEI BANCARI: MANIFESTAZIONI IN QUATTRO CITTÀ
30/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
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Alta tensione in FI Silvio: non mi farò tagliare fuori
Marco Conti
«Ma non ha cacciato Inzaghi figuriamoci se rinuncia a Verdini!». La tesi è che «il patto del Nazareno resterà
in piedi». A pag. 5 «Ma non ha cacciato Inzaghi figuriamoci se rinuncia a Verdini!». La tesi dell'ex ministro
azzurro è che «passata la buriana, il patto del Nazareno resterà in piedi». Forza Italia è in ebollizione. Volano
gli stracci tra fittiani e nazareni. Silvio Berlusconi è nervoso e talmente sicuro di essere stato «tradito» da
Renzi che si guarda bene dal chiedere ai magistrati una deroga che gli permetta di restare a Roma. A
nauseare il Cavaliere anche il comportamento di molti esponenti di FI i quali, dopo anni di continui inchini, ieri
hanno trovato il coraggio per chiedere all'ex presidente del Consiglio di «farsi da parte». Berlusconi non se lo
fa dire due volte e fa accendere i motori dell'aereo che lo riporta ad Arcore e domani a Cesano Boscone. In
sostanza «meglio gli anziani della casa di riposo che i nominati di largo del Nazareno».
DIRETTA A Roma lascia un manipolo di luogotenenti in conflitto tra loro. «Non ne posso più di essere guidata
da un paio di deficienti», sostiene la deputata azzurra che si sposta di capannello in capannello. «Rischiamo
l'isolamento», si interroga Maria Stella Gelmini che pur considerando la candidatura di Mattarella «un colpo
basso che finirà con l'indebolire Renzi», sta sulla linea di Giovanni Toti: «Il Quirinale è una cosa, le riforme
costituzionali ed elettorali un'altra». Il coordinatore azzurro si barcamena tra il pressing di Letta e Confalonieri
in favore di Mattarella, e i capigruppo che nella riunione di ieri mattina, sostengono di «non assicurare i
numeri» su Mattarella. Berlusconi chiama anche la figlia Marina che lo rassicura sulla tenuta delle aziende. Il
Cavaliere tentenna per tutta la mattinata. Su una mano ha gli editoriali scritti da Mattarella quando era
direttore del Popolo e le interviste degli ultimi trent'anni del possibile nuovo inquilino del Colle. Sull'altra uno
schemino che racconta la possibile distribuzione dei voti dalla quarta votazione in poi. C'è anche uno spazio
vuoto per i possibili dissidenti di FI. Ovvero per coloro che vorrebbero votare Mattarella «anche perché sostengono - abbiamo sbagliato a non costruire un candidato alternativo, visto che sapevamo come sarebbe
andata con Amato». Un paio di telefonate in direzione di palazzo Chigi convincono l'ex premier che Renzi
non considera alternative al nome di Mattarella. «Un prendere o lasciare inaccettabile», tuona il Cavaliere che
in vent'anni di politica non ha mai avuto dubbi su chi scegliere tra un ex Ds e un ex Dc di sinistra. Stavolta
però si rende conto di non avere scelta e che il Rottamatore scegliendo di ricompattare la sinistra, gli ha
chiuso ogni opzione alternativa. «Il ragazzo con me ha chiuso», tuona Berlusconi contro Renzi prima di
incontrare alla Camera i grandi elettori azzurri e usare toni molto più soft. «Mi ha chiamato Mattarella (la
telefonata in realtà è stata fatta dal Cavaliere) e gli ho spiegato che contro di lui non ho nulla di personale e
che votiamo scheda bianca per rispetto». Una mano tesa utile per il dopo e che tiene conto del rischio che
alla fine il patto con l'Area popolare possa non reggerà e che il partito di Alfano, per obbligo di lealtà di
governo, alla fine possa spaccarsi e votare Mattarella dalla quinta in poi e sempre che non esca alla quarta
votazione. Raccontano che ieri sera, per convincere Alfano a restare incollato a
FI, Berlusconi sarebbe anche pronto ad aprirgli di nuovo le porte di FI mettendolo alla guida di un nuovo
partito. «Ora le riforme e la legge elettorale se le fa da solo con Fassina e Civati», attacca il Cavaliere che per
sbollire l'ira, senza compromettere nulla ed evitare il banco degli imputati, decide di rientrare ad Arcore.
TATTICA In un partito ormai ben oltre la crisi di nervi, solo Fitto esulta («l'avevo detto che stavamo
sbagliando tutto»), mentre i suoi chiedono ai vertici del partito di mettere a punto un meccanismo per
controllare chi non rispetta l'ordine di votare scheda bianca. Una ventina di senatori e una trentina di deputati
sarebbero pronti a votare Mattarella. I primi per fare un dispetto a Fitto, i secondi per smentire Brunetta che il
gruppo azzurro di Montecitorio non lo controlla ormai da tempo. Infine ci sono i siciliani, partito nel partito, che
Mattarella sono pronti a votarlo dalla quarta. La falla dentro FI sembra destinata ad allargarsi. Sul piede di
guerra è la Ravetto, perplessa l'ex ministro Bernini. L'assenza del leader da Roma contribuisce ad alimentare
tensioni e scambi di accuse. Il successo ottenuto sull'Italicum, passato con i voti determinanti di FI
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Il retroscena
30/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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sull'emendamento Esposito, aveva convinto i sostenitori del Patto del Nazareno che lo schema si potesse
ripetere sul Quirinale. Ovvero che Renzi avrebbe scelto con Berlusconi un candidato comune e potabile per il
Pd come per FI. «Non avevamo un nome alternativo, ecco perché io ho sostenuto l'idea di votare Prodi»,
spiegava ieri pomeriggio alla Camera l'azzurro Minzolini. Troppo tardi e comunque troppo per il Cavaliere che
continua ad avere un unico e solo incubo: il voto anticipato a primavera.
Foto: Sopra, Giuliano Amato, candidato dei moderati Angelino Alfano: anche Ncd ha votato scheda bianca e
annuncia di rifarlo pure alla quarta
30/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 5
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«Silvio ha sbagliato fin dall'inizio trovi un candidato per il quarto voto»
È DEBOLE, NON HA PIÙ LA FORZA CHE AVEVA UN TEMPO L'INTESA CON I DEM È MORTA, IL
PREMIER HA FATTO IL FURBO
Re. Pez.
Onorevole Bossi, ha parlato con Berlusconi? «Ci siamo visti mercoledì sera e l'ho anche rivisto dopo la prima
votazione di oggi. Gli ho detto tutto quello che dovevo dirgli». Cioè? «Ha commesso molti errori, e credo che
lo sappia anche lui. Ma il più grave è stato di non battere il pugno con Renzi quando era il momento di farlo».
Quando era il momento? «Quando hanno cominciato a parlare dei candidati per il Quirinale. Non doveva farsi
fregare dalla questione del metodo, non conta niente il metodo, contano i nomi». Cosa avrebbe dovuto fare?
«Doveva parlare chiaro e dirgli: tu Matteo mi hai fatto votare delle porcherie come la legge elettorale e quelle
che chiamate riforme costituzionali. Adesso devi votare tu il candidato che dico io. Altrimenti te ne vai a quel
paese». Difficilmente Renzi avrebbe piegato il capo. «Può darsi, ma Berlusconi non si sarebbe trovato nella
situazione di dover subire le imposizioni di quell'altro». E adesso cosa succederà? Ce la farà Mattarella?
«Spero di no. E soprattutto Berlusconi deve sperare di no. Se Mattarella va al Quirinale a Silvio mangiano
tutto, televisioni comprese. E finisce che lo sbattono pure in galera». A parte queste previsioni, cosa
dovrebbe fare il Cavaliere da adesso in poi? «Votare scheda bianca per un paio di votazioni, trovare un buon
candidato e opporlo a Mattarella dalla quarta votazione in avanti. Che sia un buon candidato però, sennò non
serve a niente». Secondo lei il Patto del Nazareno è finito o, una volta archiviata la questione del Quirinale,
Renzi e Berlusconi torneranno ad accordarsi? «Difficile dirlo adesso. La mia impressione, però, è che quel
patto sia morto oggi. Certo, Berlusconi si è mostrato molto debole in questi tempi, non ha più la forza che
aveva un tempo. Però credo che questa volta abbia capito che l'accordo col segretario del Pd era una
trappola fin dall'inizio. Renzi voleva i voti di Forza Italia per le sue riformette, e non è mai stato disposto a
dare niente in cambio». Vuol dire che Berlusconi è stato ingenuo? «Ha fatto molti errori, questo è sicuro, e noi
della Lega lo avevamo messo in guardia. Però Renzi ha fatto troppo il furbo e continua a farlo. Anche per lui
arriveranno momenti difficili». Per il Cavaliere sono già arrivati. «Ha sbagliato a fidarsi. Nel momento decisivo
della trattativa si è presentato al tavolo più importante senza carte da giocare. Era disarmato, quell'altro non
ci ha pensato su nemmeno un attimo e lo ha fucilato». E' ancora possibile che Forza Italia alla fine ceda e
decida di votare Mattarella? «Direi di no. Sarebbe un ulteriore errore. Gravissimo. Anche se ormai ho visto di
tutto». Se Berlusconi dalla quarta votazione puntasse su un nome che lei giudica di valore, la Lega sarebbe
disposta ad appoggiarlo? «Non lo so. Dipende dal nome. E comunque non credo che la Lega in questo
momento possa mettersi a votare per altri. Noi andiamo avanti per la nostra strada. Io alla prima votazione ho
scritto il nome di Vittorio Feltri sulla scheda e continuerò a farlo. Così tutti gli altri leghisti. Comunque non
crediate che i giochi si siano chiusi definitivamente. Secondo me si andrà ancora avanti per un bel po'».
Foto: Umberto Bossi
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L'intervista Umberto Bossi
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Renzi straccia il Nazareno e blinda Mattarella sul Colle
Il premier compatta il Pd: «Dopo di lui non ci sono altri candidati nostri» Ma prova a rassicurare Berlusconi:
«Lavoreremo insieme per le riforme» PALLOTTOLIERE Giachetti: «Sergio può arrivare a 600, qualche voto
si aggiungerà» INCUBO URNE Rivolto alla minoranza: «Se falliamo non sarà una normale sconfitta»
Laura Cesaretti
Roma Il Pd si compatta e il patto del Nazareno si rompe: l'accelerazione impressa da Matteo Renzi sul nome
di Sergio Mattarella segna una svolta politica le cui ripercussioni sulla legislatura e sulle riforme sono ancora
da capire. Anche se, in casa renziana, la speranza di una ricucitura con il Cavaliere la nutrono in molti. «Ora dice il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi - eleggiamo il capo dello Stato. Mattarella è una persona
stimata da tutti e c'è un ottimo clima nel Pd, poi vedremo sulle riforme. Da qui a sabato c'è ancora tempo, tre
giorni in politica sono tantissimi». La prima votazione finisce come previsto nel nulla, con una massiccia
quantità di schede bianche (538), alcuni candidati di bandiera che fanno più o meno il pieno dei loro voti e un
po' di voti dispersi. Prodi ne totalizza solo 9, Bersani 5: a dimostrazione che nel Pd non è partita alcuna
«operazione» anti-renziana. Sulla carta, il candidato di Renzi può contare su 585 voti, dal Pd a Sel a Sc agli
ex M5S, un'ottantina di franchi tiratori farebbero saltare il banco. Anche se nel Pd c'è grande ottimismo:
«Stavolta i "traditori" saranno ancor meno della soglia fisiologica normale", assicura Gianclaudio Bressa.
«Mattarella può arrivare a 600 - calcola un parlamentare esperto come Roberto Giachetti - un po' di voti
grillini, centristi, anche Fi si aggiungeranno». L'accelerazione Renzi la ha decisa mercoledì, quando sul nome
di Mattarella - dopo un incontro giudicato «interlocutorio» con Berlusconi - da Forza Italia non è arrivato alcun
segnale di disgelo, che lui attendeva. E quando ha constatato che quel nome, nella sua lista ristretta da
tempo, era il passepartout per tenere tutto il Pd e stoppare i giochi di interdizione che potevano partire al suo
interno. A quel punto ha scelto di andare subito all'incasso, consapevole dei rischi ma anche dei vantaggi:
«Berlusconi deve fare la faccia feroce, ora, ma mi ha detto non romperà davvero il patto del Nazareno:
continueremo a lavorare insieme sulle riforme», assicurava ieri ai suoi. Quanto alla divisione con Alfano e
l'Ncd, allineato con il Cavaliere, il premier fa spallucce: «Quelli vogliono restare al governo». Ieri, davanti ai
grandi elettori Pd riuniti, il premier è stato abilissimo nel presentare una candidatura «di tutti» e «in
continuità» con le proposte avanzate da Pier Luigi Bersani nel 2013, e dunque capace di «cancellare lo
smacco» di allora, sanando la ferita dei 101 (Prodi non lo ha mai neppure nominato, però). Ha rassicurato sul
fatto di non aver scelto un proprio sodale, ma «uno in grado di dire dei no anche a chi lo ha indicato». Poi ha
lanciato un avvertimento secco a tutti coloro che, dentro il suo partito, potevano sperare di far entrare in gioco
il proprio candidato in caso di debacle: «Dopo Mattarella non ci sono altri candidati del Pd: è lui quello su cui
ci giochiamo il nostro credito, tutti insieme», e «se falliamo questo passaggio non sarà una normale sconfitta,
è bene dirselo chiaramente: stavolta niente giochini». Quanto a Berlusconi, sappia che «non è un atto di
arroganza del Pd», sono «tutte le altre forze politiche» ad aver attribuito al partito di maggioranza l'onere
della proposta. Mattarella sarà probabilmente eletto domani, e Renzi metterà la firma su un successo che lo
rafforza a sinistra. Consapevole però che la strada delle riforme rischia di farsi più impervia, e la strada della
legislatura più breve: un' impasse sulla riforma del Senato, se Fi frenasse, comporterebbe contraccolpi anche
all'Italicum, spiega un renziano: «Si finirebbe per votare l'anno prossimo, con il Consultellum al Senato. E col
risultato di doverci rimettere d'accordo con Berlusconi dopo il voto». UN ORDINE GRADITO ALLA
SCUDERIA Il tweet di Matteo Renzi che incorona Sergio Mattarella, figura capace di compattare il Pd,
candidato del partito A destra Pier Luigi Bersani che ha appena votato [Ansa]
SCHEDE BIANCHE:
FERDINANDO IMPOSIMATO
SCRUTINIO SHOW: VOTATI GIORNALISTI E PRESENTATORI
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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il retroscena
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OGGI
prima votazione: ore 11.00 seconda votazione: ore 15.15
538
120
49
37
23
14
11
25 VOTANTI: 975 VOTI ANCHE A: voti SCHEDE NULLE: 33 VOTI DISPERSI: 48 VITTORIO FELTRI voti
LUCIANA CASTELLINA voti EMMA BONINO C. SABELLI FIORETTI voti voti STEFANO RODOTÀ voti
GABRIELE ALBERTINI voti ROMANO PRODI 9voti PIERLUIGI BERSANI 5voti SERGIO MATTARELLA
5voti SABRINA FERILLI 1voti FRANCESCO TOTTI 5voti GIULIANO FERRARA 1voti PAOLO MIELI 3voti
GIANCARLO MAGALLI 1voti EZIO GREGGIO 2voti LUCA MANGONI 1voti
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La delusione di Berlusconi: «Basta, ora opposizione dura»
Lo sfogo dell'ex premier: «Renzi ha tradito la parola data, il Patto è finito Mattarella? Se lo votino loro». E su
Italicum e riforme: «Non passeranno»
Francesco Cramer
Roma «Mattarella? Se lo votino loro. A tutto c'è un limite». E ancora: «Io ho mantenuto la parola data, Matteo
no. Ora il patto non c'è più». Berlusconi è addolorato e triste: dal premier, incaponitosi su Mattarella, è
arrivato l'ennesimo schiaffo. Spiace soprattutto dopo aver donato così tanto sangue alla causa delle riforme e
della legge elettorale. «Ma adesso basta. Se ha i numeri lo dimostri. Tanto non ce li ha...». Il Cavaliere decide
che no, voterà scheda bianca anche alla quarta votazione, quella di domani, quella decisiva in cui sarà
sufficiente la maggioranza assoluta dei grandi elettori. Ma soprattutto, d'ora in avanti, sarà opposizione dura,
durissima. Anzi: «Italicum e riforme non passeranno», dice il Cavaliere. La decisione di cambiare registro è
una decisione sofferta, certo; tanto che per tutta la mattina Berlusconi è combattuto. Mattarella è un dito
nell'occhio, l'ennesimo, e non gli è piaciuto affatto come è stato trattato da Renzi. Però, poco prima di pranzo,
gira voce che, persa per persa la partita del Colle, il Cavaliere sia orientato a dire di sì anche a Mattarella. «A
questo punto tanto vale metterci il cappello sopra», ragiona un forzista in Transatlantico. Ma è uno dei pochi.
Gli altri, tanti, avrebbero difficoltà a digerire un rospo così grande: «È un altro Scalfaro. Avrei difficoltà a
votarlo...», ammette un altro deputato forzista. A palazzo Grazioli ci sono Gianni Letta e Fedele Confalonieri, i
più fidati consiglieri dell'ex premier. Che fare? La partita va giocata assieme ad Alfano per fare massa critica:
meglio vedersi. I due mangiano assieme. Anche al leader di Ncd non va giù il modo con cui s'è mosso Renzi:
ultimativo, a tratti sfacciato. Così non va. Berlusconi necessita di una boccata d'aria: «Ho bisogno di
pensare» e fa un giro per le vie del centro. Poi, però, dal possibile «sì» si passa al «nì» e quindi al «no»
secco. Lo ufficializza prima Paolo Romani, arrivato alla Camera alle 14: «Non c'è nessun margine su
Mattarella - dice il capogruppo al Senato -. È la rottura di un metodo, il percorso quindi è negativo». Il patto è
stracciato anche perché il tono con il quale Romani annuncia il niet di Berlusconi è straordinariamente
perentorio. Alla Camera arriva anche Verdini, telefonino incollato all'orecchio, muto come un pesce, la faccia
tirata come una corda di violino. Poi, alla spicciolata, arrivano tutti gli altri perché alle 16 il Cavaliere incontri i
grandi elettori forzisti a Montecitorio. Ai suoi spiega: «Non ho nulla sulla persona di Mattarella ma non è certo
un nome condiviso. Gli ho parlato al telefono e l'ho avvisato: daremo scheda bianca. La considera un segno
di rispetto nei suoi confronti». Poi traccia la linea del partito: «Vedrete che ci saranno delle sorprese sulla
legge elettorale e le riforme costituzionali... Vedrete che sia l'una che le altre non vedranno mai la luce come
leggi della Repubblica...». Basta col soccorso azzurro, basta con l'opposizione blanda. Sarà guerra su tutti i
provvedimenti. «Sono molto rammaricato - dice scuro in volto -, io ho mantenuto la parola data, non siamo
noi a non aver rispettato il patto ma Renzi». Quindi parla anche di Ncd: «La scelta di Renzi su come
procedere segna uno spartiacque nell'atteggiamento di Area popolare al governo; d'ora in avanti saranno
molto critici verso l'esecutivo ma non faranno cadere governo». Per ora. Poi arriva il consiglio: «Vada dalla
Lega, presidente». E Berlusconi sale dal vecchio amico Bossi. E incrociando il senatore D'Anna, criticissimo
sul Patto del Nazareno, Berlusconi ammette: «Avevi ragione tu... Non dovevo fidarmi di quello lì».
La giornata del Cav Nel primo pomeriggio Silvio Berlusconi ha deciso di concedersi una pausa andando a
fare shopping per le vie del centro di Roma. «Ho bisogno di pensare», avrebbe detto ai suoi fedelissimi Nel
pomeriggio - dopo aver visto privatamente Angelino Alfano - nuovo incontro con i gruppi parlamentari di
Forza Italia. Quindi il rientro a Milano in serata Al termine del vertice mattutinoconlostatomaggiorediForza
Italia, Gianni Letta e Fedele Confalonieri a Palazzo Grazioli, Berlusconi ha incontrato altri big azzurri nella
sede del partito a San Lorenzo in Lucina La pausa shopping Con i grandi elettori I vertici mattutini
Foto: TRATTATIVA
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il retroscena
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Foto: Il leader del centrodestra Silvio Berlusconi
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Il Giornale - Ed. nazionale
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Il Pd teme i suoi cecchini e parte l'acquisto dei voti
Grandi manovre con Sel e la fronda di Civati per evitare figuracce come quella dei 101 che silurarono Prodi. Il
sì unanime dell'assemblea dem non dà garanzie, servono più consensi
Roberto Scafuri
Roma Aspettando novità. Matteo Renzi taglia e ritaglia nellanotte la carta Mattarella, con fitta ragnatela di
sms inviati al capogruppo Speranza, a Bersani, per finire con la telefonata mattutina a Nichi Vendola. «I voti
di Sel saranno determinantie saràuna candidatura fuori dal patto del Nazareno», assicura. Il governatore
pugliese ancora non si fida, ma i segnali che provengono dallo spento vulcano grillino non lasciano margini di
manovra. «Con i nostri 33 voti - dirà uno dei suoi fedelissimi che altro avremmo potuto fare? LanciareProdi
noi allaprima votazione significherebbe bruciarlo per sempre». «Ce nevorrebbero da subito almeno 150»,
argomenterà una RosyBindipiù malleabile che mai. Aspettando novità che non arrivano, le armi degli
oppositori interni a Renzi si spuntano di ora in ora, mentre il premier ha già aperto la serranda del terzo forno:
dopo quello del governo con Alfano e quello delle riformecon Berlusconi, arriva la premiata maggioranza con
la sinistra per il Quirinale. Troppo furbo per essere vero? Forza Italia e Ncd masticano amaro, si sentono
traditi, ma Renzi ha già cominciato la vendita al dettaglio e pure la sinistra vendoliana comincia a
ingolosirsiper una riacquistata centralità politica. «Vediamo se il Pd regge nelle prime tre votazioni, per ora
noi votiamo la Castellina», spiega Nicola Fratoianni. Poco dopo, un ulteriore conciliabolo di Vendola con
Gianni Cuperlo dà il via libera al voto per Mattarella nella quarta. «La sua statura, la sua caratura democratica
è quanto di più contrario e lontano possa esservi al Patto del Nazareno. È una nostra vittoria politica», dirà il
leader di Sel. Nel frattempo, all'assemblea pidina, Renzi ha già toccato le corde dell'orgoglio: «Cancelliamo lo
smacco del 2013». E anche quelle, assai persuasive, della minaccia: «Il candidato è uno, non ce ne saranno
altri del Pd». Ma a questo punto non serve neppure più lo spauracchio di un nome extra-politica o extraPd,
perché già dal mattino erano fioccati «sì» a Mattarella anche da coloro che poco prima si sarebbero buttati
nel fuoco per Prodi. E il Professore, racconterà una Bindi spiazzata da quello che fu il suo alter ego nella lotta
a Buttiglione segretario Ppi, «mi ha detto di non voler essere più usato, si tira fuori». Aspettando novità che
non ci sono, ecco così ripetersi (forse persino pericolosamente) la stessa entusiastica approvazione della
candidatura da parte dell'assemblea pd. Unanimità per l'unico nome in grigio capace di recuperare l'unità
delpartito.«Renzihafatto dueconti, Mattarella è quello che avrebbe perso meno voti nel segreto dell'urna»,
dicono i bersaniani. Ormai è tutto un epinicio alle qualità dell'uomo «dalla schiena dritta», e cede la diga di
Pippo Civati, che se la prende con l'inattualità dell'infantilismo grillino.«Io voto Prodi nelle prime tre; quando
proposi Mattarella, un non Nazareno, mi risero dietro. Ora è tutto cambiato e alla quarta sono pronto a
votarlo, basta che il patto del Nazareno non rientri dalla finestra, e Mattarella non conceda le elezioni a
Renzi...». Anche Bersani s'intesta la vittoria: «Questavolta i Grandielettori devono essere leali, me lo
devono.Mattarella va bene, cela faremo.Tuttiuniti». Cosa chesi potrà toccare con mano solo alla quarta
votazione. Novità permettendo.
70 Sono i parlamentari della minoranza del Pd che votano per l'elezione del capo dello Stato
Foto: PLEBISCITO L'assemblea Pd ha scelto Sergio Mattarella
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30/01/2015
Il Giornale - Ed. nazionale
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La delega fiscale è in ritardo E le piccole partite Iva tremano
Centinaia di migliaia di contribuenti rischiano di pagare un'imposta doppia ma serve una modifica alla legge di
Stabilità: il termine ultimo è il 26 marzo NUOVA MAZZATA Sulla casa sta per abbattersi la revisione delle
rendite catastali
Gian Maria De Francesco
Roma L'elezione del presidente della Repubblica ha totalmente bloccato l'azione politica del governo,
soprattutto in materia economica. Il Palazzo ha sempre funzionato così, ma perdere tempo significa anche far
pendere sulla testa dei contribuenti la spada di Damocle di un aumento delle tasse. Ladelega fiscale è
bloccata dagli inizi di gennaio, in seguito alle polemiche per l'introduzione delle soglie di punibilità per il reato
di frode fiscale che avrebbe determinato la cancellazione dell'ingiusta condanna di Silvio Berlusconi. Il
premier Matteo Renzi ha così deciso di rimandare al Consiglio dei ministri del 20 febbraio l'emanazione dei
decreti attuativi (in totale sono 7). Il risvolto peggiore è che sull'altare del «politicamente e moralmente
corretto»sono state sacrificatecentinaia di migliaiadi piccole partite Iva penalizzate dal nuovo regime dei
minimi, introdotto con la legge di Stabilità 2015. Partite Iva che ora temono di restare gabbate perché
l'eserciziodella delega scade il 26 marzoe itempi perciò sonostrettissimi. Il Giornale ha affrontato la questione
sin da ottobre. Il nuovo forfait per piccole aziende, professionisti e commercianti triplical'aliquota unica
sostitutiva al 15% dal 5% in vigore fino al 31 dicembre scorso. Al tempo stesso, viene introdotta una soglia di
ricavi molto bassa (15mila euro). Un esempio aiuta a comprendere meglio l'incresciosa situazione: un
professionista con 15mila euro fatturati e 3mila euro di costi pagava 600 euro di Irpef con il vecchio regime,
ovveroil 5 per cento di 12mila euro (il margine operativo lordo). Con il nuovo regime dei minimi paga, invece,
1.170 euro, praticamente il doppio e per una piccola realtà 570 euro sono preziosi. Conviene molto di più
adeguarsi al regime ordinario che consente la deduzione di alcuni costi sostenuti dalle aziende. Il viceministro
dell'Economia, Luigi Casero (Ncd), e il sottosegretario all'economia, Enrico Zanetti (Sc), hanno promesso una
soluzione lasciando intendere che i «minimi» in vigore finoa fine2014 saranno prorogati anche quest'anno.
Ma - come detto - il tempo stringe. Anche per questo motivo da più parti si invoca una proroga per l'esercizio
della delega in modo tale da poter fare le cose per bene. Tanto più i tempi si allungheranno, però, tanto più
perdurerà l'incertezza. Molti, infatti, stanno rinviando l'emissione delle fatture in attesa di decidere a quale
regime aderire (per i «minimi» l'Iva è indetraibile, ndr ). Intanto, le partite Iva hanno lanciato l'hashtag
#malusrenzi perché, pur guadagnando poco, non percepiscono nemmeno il bonus da 80 euro. Un'altra
sciagura, poi, sta per abbattersi sui cittadini italiani, sotto il nome di revisione del catasto. L'intenzione del
governo è adeguare i valori delle rendite a quelli di mercato. L'equazione è presto risolta: l'Imu mediamente
raddoppierebbe (il gettito 2014 è stato di circa 24 miliardi), mentre l'imposta di registro sulle compravendite
triplicherebbe. Anche inquesto caso,il viceministro Casero ha cercato di buttare acqua sul fuoco sostenendo
che le entrate resteranno invariate e che la nuova local tax surrogherà una serie di imposte non aggravando il
carico sui cittadini. Di buone intenzioni, si sa, è lastricata la strada per l'inferno. Lo ha ricordato anche il
presidente della commissione Finanze della Camera, Daniele Capezzone (Fi): «Non sarebbe accettabile
l'elusione o peggio il tradimento dei paletti fondamentali» della delega che prevede l'invarianza di gettito. Con
Renzi, però, non si può mai stare troppo sereni.
L'ENNESIMA STANGATA
230-260
24 L'EGO Il governo ha in mente una revisione degli estimi catastali fino al 100% Come funziona oggi Gettito
Imu 2014 Aumento imposta di registro Partita iva e regime dei minimi Vengono calcolati i vani Come
funzionerà Verranno calcolati i metri quadri L'algoritmo incrocerà i metri quadri con la posizione, le
caratteristiche dell'immobile e i prezzi di mercato dell'osservatorio dell'Agenzia delle Entrate miliardi stima
dopo la revisione: Previsti rincari fino a euro all'anno se non ci saranno le riduzioni delle aliquote Tasi e Imu
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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30/01/2015
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+200% imposta triplicata +100% al 15% dal 5%
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30/01/2015
Il Giornale - Ed. nazionale
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Guardia alta con la Merkel, ma anche con i bancarottieri pubblici
Mario Cervi
Ad Angela Merkel si incomincia, finalmente, a rimproverare il fatto che
conleil'Europaimmaginatadaipadrifondatorisistadisgregandoeimpoverendo e per di più stanno rinascendo
sopitie pericolosi nazionalismi. Il problemaperòèche-nonostantequestidatipreoccupanti-difficilmente
laCancellieradefletteràdallasualineaegemonicaedallapoliticadelrigore, in quanto, non dimentichiamolo, è
vissuta fino alla caduta del muro di Berlino, nel 1989, nella Germania Est e quindi inevitabilmente la sua
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risentedell'educazionestatalista,dirigista,assolutistaeimperialista,tipicadelcomunismo.Staquindiallenazionichen
onvoglionodiventare colonie tedesche opporsi in bloccoa quest'abbraccio mortale, ricordandosi - come
affermava von Clausewitz - che quando la situazione è critica, e lo è, al massimo ardimento corrisponde
suprema saggezza. Carlo Cerofolini e-mail Caro Cerofolini, secondo lei i comportamenti politici di Angela
Merkel e le sue miopi rigidità economiche derivano dall'educazione ricevuta nella DDR, la Germania
comunista. Può darsi, anche se i grandi successi industriali tedeschi sembra appartengano piuttosto a una
logica capitalistica di mercato, di competitività, di efficienza. Ritengo comunque meritate molte critiche che
alla cancelliera sono rivolte. M'impensierisce tuttavia il fatto che molti moderati pronti ad addebitare a Frau
Merkel l'impronta ideologica degli anni giovanili sono invece prodighi di elogi per il nuovo governo greco,
punta di diamante dell'offensiva anti euro. Il lettore Giancarlo Politi definisce il ministro delle Finanze di Syriza
un nuovo Leonida, capace d'opporsi ai persiani d'oggi, ossia alle sopraffazioni merkeliane. Sarei più sobrio
negli entusiasmi. Tsipras e i suoi si sono formati, loro sì, nel culto del credo vetero marxista. Anche se alcuni
ministri di Syriza provengono da buoni studi in prestigiose istituzioni internazionali, le loro soluzioni per trarre
a salvamento la Grecia naufragante in una tremenda crisi economica sono d'antico e non rimpianto stampo.
Non si pagano i debiti e si continua a spendere. Tecniche finanziarie volta a volta sperimentate dai Perón,
dagli Allende, dagli Chávez, da tutti i bancarottieri pubblici del pianeta. Guardiamoci da Angela, se la
riteniamo un pericolo. Ma guardiamoci ancor più dagli annunciatori di miracoli. Non sono profeti, sono
ciarlatani.
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la stanza di Mario Cervi
30/01/2015
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Male che vada assisteremo al canto del cigno
Paolo Granzotto
Caro Granzotto, eccoci al giorno della verità: l'elezione del presidente della Repubblica con tanti nomi
sull'ottovolante delle previsioni. Purtroppo tra questi nomi ci sono quelli che mai scendono a terra
definitivamente e non sono nomi condivisibili ma vecchi arnesi della politica e quasi tutti di matrice rossa. Una
volta (eravamo nel novembre 2011) le spedii una molletta dicendo che non intendevo più turarmi
montanellianamente il naso in una cabina elettorale. E lei con inguaribile ottimismo mi invitò ad andare a
votare poiché sarebbero stati i sinceri democratici a dover turarsi il naso. Da allora di melma ne è passata
tanta sotto i ponti della politica e siamo ancora qui a parlare dell'incapace Prodi e del traditore e rapinatore
notturno Amato per guidare i destini dell'Italia! Le garantisco che se Berlusconi lascia passare anche questa
do un definitivo addio alle urne e con me tanti amici e parenti. Daniele Conso e-mail Dài, dica la verità, caro
Conso: bene fece, allora, a recarsi alle urne. Come dice (grosso modo) Massimo Cacciari - che talvolta la
dice giusta - l' homo democraticus non può chiamarsi fuori - e dunque sentirsi innocente - dalla vita pubblica.
E se proprio ha una pessima idea della politica e pessimissima del personale politico, resta sempre il
montanelliano «turatevi il naso». Ma poi, voltandogli le spalle si voleva perdere il trapasso dalla incancrenita
formula delle trincee contrapposte, resa ancor più determinante da vent'anni di isterico antiberlusconismo?
Assistere alla rottamazione di quest'ultimo e dei tanti smacchiatori di giaguari? È stata, sia a mano destra
come a mano manca, una travagliata marcia, però eccoci qui, caro Conso. Sì, d'accordo, ci ritroviamo ancora
in panchina Prodi (« extremely ignorant » per Lord Lawson, Cancelliere dello Scacchiere dei governi
Thatcher) e l'ingrata mano lunga Amato, campione di poltrone e di pensioni. Ma anche nella sciagurata
ipotesi che uno arraffi il Colle è il loro canto del cigno. Time over per i vecchi arnesi.
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L'angolo di Granzotto
30/01/2015
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 5
(diffusione:105812, tiratura:151233)
«Obiettivo è quota 600, ci credo Silvio non bloccherà le riforme»
Renzi: niente soccorso da M5S, ma voti da Fi e Ncd La soddisfazione del capo del governo: «Sergio già
cresce nel Paese e in Parlamento. Abbiamo fatto la scelta giusta. Anche twitter ha capito». Poi l'ammissione:
«Non ho un piano B, se perdo ci rimetto l'osso del collo»
V
Oggi come mai Matteo Renzi si sente cucita addosso l'immagine del giocatore di poker. «Ancora non hanno
capito come ragiono io...», dice sfogliando uno dopo l'altro i lanci di agenzia con le parole critiche, minacciose
e colme di delusione di Berlusconi. «Ogni partita è una cosa a sé. Il Colle è un affare. L'Italicum un altro. Le
riforme un altro ancora. E ogni volta mi gioco tutto, ci metto la faccia, anche l'osso del collo...». All-in è la
formula magica. Una parolina del poker texano che si usa quando nel piatto si mette l'intera posta, qualche
volta anche al buio. Si trionfa o si perde rovinosamente, senza alternative. Su Sergio Mattarella, Renzi ha
fatto di nuovo all-in . Se domani perde è il caos, la scissione del Pd. Il voto anticipato. La fine delle riforme. Se
passa, è l'affermazione finale di una leadership. Ma non basta prendere le fiches e buttarle con sicurezza nel
piatto. Bisogna lavorare per fare i numeri, per mettersi al sicuro, per spaventare l'avversario. Ecco l'altra
faccia di Renzi. Il premier-segretario che ha passato l'intera notte di mercoledì a chiamare uno per uno i
grandi elettori Ncd, a partire da Alfano. «Ma avete capito che per seguire i pasdaran di Forza Italia non votate
un simbolo dell'antimafia?». Conta di prenderne almeno venti, Renzi, soprattutto tra i siciliani. E anche con
Berlusconi i giochi non sono chiusi. L'ultima telefonata è stata burrascosa. L'ex Cav. l'ha accusato di averlo
messo spalle al muro, di averlo tradito. Ma Renzi non ci sta: «Hai chiesto autorevolezza e autonomia,
capacità politica, esperienza internazionale. Dimmi in che cosa Mattarella non risponde a questo profilo». Poi
i toni si sono fatti più distesi. Nell'indicazione della scheda bianca è sottintesa anche una certa libertà di
coscienza lasciata ai grandi elettori forzisti, diversi dei quali, i più moderati, almeno una ventina, voterebbero
volentieri il giurista palermitano. Anche Mario Mauro e i suoi hanno lanciato segnali, contandosi in Aula con il
nome di bandiera "Albertini": basta una telefonata, e ci sono. E tante "anime sole" nei gruppi misti chiedono in
cambio una chiamata del premier. Luca Lotti fa la spola come al solito tra Montecitorio e Palazzo Chigi. Porta
numeri. E scenari. I franchi tiratori Pd scendono, ma non sotto i 4050. Sotto controllo ci sono l'ex tesoriere Ds
Sposetti e gli uomini più vicini a "quirinabili" esclusi in extremis come Fassino e Veltroni. È comunque un
numero altino, fisiologico ma non rassicurante. Oggi, chiamati da Palazzo Chigi, sbarcheranno a Roma, per
dare una mano a tenere unita la truppa, grandi vecchi della famiglia democratica come Pierluigi Castagnetti.
Si uniranno alla task force composta da Lotti, Guerini e dai mattarelliani doc Gianclaudio Bressa e Francesco
Saverio Garofani. Il punto di partenza del fronte pro-Mattarella è quota 575, bastano 70 "ribelli" per andare a
sbattere contro il muro. «Ma Sergio sta crescendo, sta crescendo nel Paese e sta crescendo anche in
Parlamento. Ogni ora che passa mi arrivano sms di adesione. Stavolta abbiamo fatto il nome giusto, se
guardano twitter trovano solo incoraggiamenti. Arriveremo a 600, vedrete», è la certezza che il premier e i
suoi si scambiano quando quasi tutte le luci di Palazzo Chigi sono spente. La «narrazione» che ha costruito
nell'assemblea dei grandi elettori democrat è stata studiata a fondo per lasciare una traccia nei tg e mettere
un'ipoteca su chi pensa a qualche scherzetto: stavolta si tradisce un simbolo della legalità e della moralità,
non un politico qualsiasi. Quel «siate maturi» lanciato al Pd come un sasso nello stagno vuol dire questo. Non
ci crede, Matteo, al soccorso last minute di M5S. «In diversi voteranno Sergio, ma saranno singoli. Non vi
illudete, quando arriva il momento della verità si tirano sempre fuori». E forse è meglio così. Perché chiusa la
"mano" del Colle, riparte il giro di carte su Italicum e riforme. E, nonostante minacce e tensioni, «il Nazareno
va avanti, Silvio non lascerà il tavolo. L'ha detto pure lui, non conviene a nessuno». Gli ultimi contatti con il
leader di Forza Italia sono tendenti al sereno, per quanto possibile. «Io ci proverò fino all'ultimo secondo utile
a tenerli dentro - assicura Renzi -, a strappargli un'adesione piena. Sarebbe un bel segno per il Paese. E
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Retroscena. L'ultima telefonata con Berlusconi: «Proverò a convincerti fino all'ultimo secondo». Gli sms dai
grandi elettori. E sale il pressing sugli indecisi La sfida a Ncd: come fate a non votare un simbolo della lotta
alla mafia?
30/01/2015
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 5
(diffusione:105812, tiratura:151233)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Silvio lo sa». ROBERTO GIACHETTI «No di Berlusconi suicida» Quello di Silvio Berlusconi è un
«incomprensibile suicidio»: lo afferma il vice presidente della Camera del Pd, commentando la scelta di non
votare Mattarella: «Così non ottiene altro che tirarsi fuori, uscire dal novero dei "padri costituenti" che hanno
sostenuto le riforme, rinunciare a incidere» FRANCESCO BOCCIA «Il Pd lo vota compatto» «Il segretario sta
facendo in queste ore la sintesi politica fra le proposte avanzate dai gruppi. Se il candidato resta Mattarella il
Pd lo vota compatto», ha dichiarato l'esponente della minoranza dem: con questo nome «Renzi è ripartito
dall'unità del partito democratico» STEFANO FASSINA «Stop minacce su riforme» «Le minacce di ritorsioni
su riforma costituzionale e legge elettorale che arrivano da Forza Italia in reazione all'indicazione di Sergio
Mattarella per il Quirinale sono gravi e indice di scarso senso delle istituzioni», per l'esponente Pd: La scelta
«aiuta il clima» all'interno del partito
Foto: DECISO. Il premier Matteo Renzi
Foto: (Ansa)
30/01/2015
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 6
(diffusione:105812, tiratura:151233)
L'intervista Il senatore Pd Francesco Russo: «Berlusconi rischia di isolarsi, chi ferma le riforme sparisce. Se
M5S converge su Sergio lo scenario politico cambia»
Marco Iasevoli
C'è un significato nell'indicazione di Sergio Mattarella a capo dello Stato che forse sfugge, o è sottovalutato.
«È un enorme segno di speranza per quegli uomini e quelle donne, dentro e fuori le istituzioni, dentro e fuori
la politica, che ogni giorno lottano e rischiano ciò che hanno di più caro per sconfiggere il cancro della mafia».
A tirare le fila di una giornata lunghissima e caotica, sui divanetti del Transatlantico, è Francesco Russo,
senatore Pd e segretario dei giovani popolari quando il giurista palermitano conduceva il Ppi nell'Ulivo. «Io
credo che Renzi e il Pd abbiano dimostrato di essere in sintonia con il Paese. Proprio non so come
Berlusconi e Alfano giustificheranno il proprio "no" a una persona lontana dalla battaglia politica, pulita, con
una storia familiare importante. Libera davvero, subordinata a nessuno. Una figura inattaccabile - scandisce -,
intorno alla quale italiani si aspettano una convergenza piena del Parlamento, non prese di distanza tattiche e
incomprensibili». Non è stata una prevaricazione su Ncd e Fi? No. Oggi è uscito sconfitto chi voleva
speculare sulle divisioni nel Pd e invece si è trovato di fronte un segretario e un partito intenzionati a portare
al Colle un garante vero. Anche nel metodo, c'è poco da dire: se un partito ha il 46 per cento dei grandi
elettori, deve fare la prima mossa e mettere come pilastro l'unità interna. È logica, è buon senso. E poi io
faccio un ragionamento: con Mattarella, Renzi ha dimostrato di non cercare né volere un "candidato-amico",
ha messo davanti a tutto l'interesse comune ad avere un capo dello Stato autorevole. Berlusconi dovrebbe
dimostrare la stessa saggezza. Quindi è convinto che non ci saranno scherzetti? Penso che se qualcuno nel
Pd pensasse di far saltare una figura come Mattarella si assumerebbe una responsabilità enorme davanti al
Paese, e ne pagherebbe politicamente tutte le conseguenze. Berlusconi minaccia di far saltare le riforme...
Così rischia di trovarsi completamente isolato, specie nell'ipotesi in cui M5S confluisse su Mattarella in modo
determinante. In pochi giorni ci sarebbe il capovolgimento totale del quadro politico. Anche sulle riforme, che
vanno realizzate con la più ampia maggioranza possibile: ed è da quando sono entrato qua dentro che
auspico un coinvolgimento dei grillini nel cambiamento delle regole del gioco. Anche Ncd, pur dicendo che il
governo non rischia, parla di riforme in bilico... Se c'è una cosa chiara di questa legislatura è che non
possiamo ripresentarci davanti agli elettori senza chiudere la riforma elettorale e costituzionale. Chi fa saltare
tutto è destinato a sparire. Quanto all'Italicum, alla Camera il Pd è autosufficiente per portarlo a casa.
Insomma, lei è ottimista... Questa legislatura è iniziata con centinaia di parlamentari che hanno indossato i
braccialetti bianchi per aderire alla campagna anticorruzione di Libera. Dopo due anni, quel gesto potrebbe
diventare impegno concreto con Mattarella al Colle.
Foto: Francesco Russo
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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«Un segno di speranza per chi lotta contro la mafia»
30/01/2015
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 7
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Fitto va al contrattacco: Silvio rompi, ora va azzerato tutto nel partito
I dissidenti Anche la minoranza di Fi converge sulla scheda bianca, ma dal Pd c'è chi auspica sorprese nel
segreto dell'urna
Angelo Picariello
Dentro Forza Italia gongola Raffaele Fitto. La sua linea anti-Nazareno prende il sopravvento. Ascolta il
racconto delle parole di SilvioBerlusconi ai grandi elettori che gli arriva dalla pattuglia di deputati e senatori e
si frega le mani. Prende carta e penna per chiedere l'«azzeramento totale nel partito e nei gruppi
parlamentari. È impensabile che i cultori del Nazareno pretendano ora di travestirsi da oppositori di Renzi».
Con il no a Mattarella trionfa la linea anti-Renzi dell'opposizione interna, ma ora - paradosso dei paradossi se passa Mattarella alla quarta votazione trionferebbe ancora di più. «Sarebbe la certificazione che il
soccorso azzurro sulle riforme non ha portato a niente», ragiona un parlamentare vicino a Fitto. Da questo al
sospetto che qualche voto per il giudice costituzionale siciliano possa arrivare dai dissidenti di Fi il passo è
breve, e ieri nel Pd c'era anche più di un dirigente che - parlando in Transatlantico - metteva la cosa nel
conto. Rocco Palese, il deputato più vicino all'ex ministro pugliese, assicura: «L'assemblea dei grandi elettori
di Fi oggi ha deciso all'unanimità di votare scheda bianca anche alla quarta votazione. Non c'è stato nessun
dissenso». Mai dire mai col voto segreto, ma Palese - ironie dei cognomi - si dice certo: «La scheda bianca è
il metodo di controllo del voto più semplice ed efficace. Io mi atterrò alle scelte prese in assemblea odierna». I
dubbi, in realtà, restano tutti sulla quarta votazione, anche se ora sarebbe davvero difficile immaginare un
dietro front di Berlusconi dopo la scelta proposta e avallata da tutti i franchi tiratori. Di sicuro, dopo il voto per
il Colle, dentro Forza Italia inizierà un altro film. «Da tempo sostengo una linea politica che è stata
criminalizzata e ostracizzata», denuncia Fitto. «Ci hanno perfino chiamato traditori. Ancora all'inizio di questa
settimana, avevo caldamente invitato Berlusconi a dire no alla legge elettorale, o almeno a rinviare il voto al
Senato a dopo l'elezione del capo dello Stato. Per tutta risposta, c'era chi festeggiava l'ormai prossima
"sostituzione" dei dissidenti Pd con i voti di Forza Italia. Che facciamo ora? Facciamo finta che tutto vada
bene?». Raffaele Fitto
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Il retroscena
30/01/2015
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 9
(diffusione:105812, tiratura:151233)
«Atene guarda a Oriente e punta sull'unità nazionale»
L'economista greca Vintiadis: possibile un asse coi Paesi periferici sulla crescita No a derive anti-euro,
l'obiettivo è riscattare una nazione umiliata
DIEGO MOTTA
"Le prime mosse di Tsipras mostrano l'esistenza di una strategia pianificata con cura, tutt'altro che
improvvisata. E ogni azione va letta innanzitutto nella prospettiva dell'unità nazionale, che è il nuovo obiettivo
di Atene». Marianna Vintiadis, economista greca che vive a Milano, sta seguendo con grande attenzione i
passi iniziali del leader di Syriza nello scenario nazionale ed europeo. «È giusto guardare al negoziato che si
è aperto con Bruxelles e al rapporto con la Germania - sottolinea - ma c'è un altro fatto da non sottovalutare».
Quale? Nel programma elettorale di Tsipras uno dei punti-chiave era la ricerca di partnership commerciali con
la Cina, la Russia, il mondo arabo e l'America latina. Atene ha già messo il veto contro le possibili nuove
sanzioni alla Russia per la vicenda ucraina e il segnale giunto ieri da Mosca sui possibili aiuti finanziari ad
Atene va in questa direzione. Importante è anche l'attenzione che il nuovo premier sta dando, dal punto di
vista geopolitico e religioso, alla Chiesa ortodossa. È come se, in questo inizio, il suo sguardo fosse più
rivolto a Oriente che a Occidente, dove pure si erano concentrate le attese e le paure maggiori per il suo
avvento. Quanto al rapporto con Berlino e ai negoziati con la troika , questo primo mese di governo sarà
decisivo. Continuerà la battaglia contro l'austerity, ma non prevedo derive per l'euro. È possibile una
ridefinizione delle scadenze sul debito ellenico? Rispondo con un'altra domanda: e se qualcuno alla fine
comprasse una parte del debito e fosse disposto ad allungare i tempi di pagamento? Le ipotesi allo studio
con l'Europa per un allentamento del rigore e un contemporaneo rilancio della crescita potrebbero essere
diverse, compresa quella di un'alleanza costituita da più Paesi per chiedere una sorta di Piano Marshall a
favore dei cosiddetti Stati periferici dell'Eurozona, partendo anche dal potenziamento dei fondi strutturali. Non
dimentichiamo che sul palco con Tsipras, la notte della vittoria, c'erano i leader spagnoli di Podemos, mentre
in Italia in tanti hanno festeggiato. Come giudica la scelta di bloccare la privatizzazione dell'energia elettrica e
del Pireo? Si tratta di un provvedimento annunciato per tempo che risponde, questo sì, a un modello di
sinistra "tradizionale". Presumo che abbiano pensato anche a un piano con opzioni alternative, anche se mi
sembra più strategico, in questo momento, il tema dei rapporti col Cremlino. Sul piano interno, quali saranno
invece gli obiettivi? Si punterà molto sulla rigenerazione del Paese, anche di tipo morale. La forte spinta alla
lotta alla corruzione sarà uno dei temi principali su cui si misurerà l'azione di governo. La Grecia è un Paese
in ginocchio, con un popolo umiliato dalla presenza della troika in questi anni. Ad Atene non c'è più niente, né
salario minimo, né pensioni, né servizi di welfare degni di un Paese civile. Il vero errore è stata proprio
l'umiliazione di un'intera nazione, che avrebbe potuto alimentare ulteriori lotte intestine. In questo senso, la
reazione è stata immediata: in poche ore Tsipras si è alleato con l'estrema destra, quasi ci fosse un piano
precostituito, ponendo le basi per un esecutivo di unità nazionale. Ha ottenuto la maggioranza e governerà,
peraltro in un sistema monocamerale. La mia sensazione è che da tempo, da molto tempo, si stesse
preparando a tutto questo.
Foto: Marianna Vintiadis
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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L'intervista/2
30/01/2015
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 9
(diffusione:105812, tiratura:151233)
«Hanno promesso troppo Dove troveranno le risorse?»
Katzikas, direttore dell'Osservatorio sulla crisi, non è ottimista: Syriza al massimo potrà ottenere che slitti il
memorandum con la troika
MARTA OTTAVIANI
Un Paese che ha bisogno una politica economica solida e di mantenere gli impegni con l'Europa. Un governo
che ha margini di trattativa limitati e che rischia di aver fatto troppe promesse agli elettori. Dimitris Katzikas,
direttore dell'Osservatorio sulla crisi, spiega come si è arrivati a questa crisi politica, ma anche i rischi che
attendono il governo di Alexis Tsipras. Il processo elettorale si è concluso: che idea si è fatto di quello che è
successo in Grecia negli ultimi mesi? L'autunno del 2014 era stato un punto di svolta molto importante che è
stato sfruttato male dall'esecutivo uscente. La disoccupazione era diminuita, c'era un aria generale di
ottimismo. L'ex premier Samaras si è fatto prendere dal panico a causa del risultato di Syriza alle elezioni
europee e si è aperto il processo elettorale che tutti conosciamo. La borsa di Atene ha reagito male
all'insediamento del nuovo governo: che trend si aspetta per i prossimi mesi? Non sono molto ottimista. Oltre
all'andamento dei mercati c'è da considera il fatto che nelle ultime settimane alcuni capitali hanno iniziato a
uscire. Ci aspettiamo anche una diminuzione delle entrate fiscali. Come giudica la stabilità di questo
governo? Syriza e Anel (i Greci Indipendenti, ndr. ) hanno una visione comune sul memorandum: entrambi
sono contro. Se si pensa che il governo Tsipras avrà soprattutto la funzione di rinegoziare con la troika, allora
credo che sia un esecutivo destinato a rimanere stabile. La madre di tutte le domande: riuscirà il premier a
rinegoziare con la troika? Al massimo potrà ottenere uno slittamento dei termini del memorandum, però a
quel punto vorrei sapere dove stia la grande novità, visto che anche da Samaras arrivavano ipotesi del
genere. Che idea si è fatto del programma economico di Syriza? Personalmente credo non stia in piedi. Per
prima cosa non credo che la Grecia sia caratterizzata da una crisi umanitaria, come dicono loro. E poi ho seri
dubbi sulle coperture. Hanno promesso troppo a troppe persone. Vorrei sapere dove troveranno i soldi per
fare tutto questo. Il nuovo ministro dell'Economia Giorgios Stathakis parla di risorse derivanti dalla lotta
all'evasione fiscale e gestione diversa del surplus primario concordata con l'Europa... Appunto, prima devono
raggiungere l'accordo con l'Europa e non è affatto detto che ci riescano, anzi le dichiarazioni di questi giorni
mi pare vadano in senso contrario. La lotta all'evasione? Non è così facile come sembra. Ci vuole un sistema
informatico ad hoc, che al momento non è ancora stato implementato. A questo si deve aggiungere che
Tsipras ha garantito la marcia indietro sulle privatizzazioni e quindi ancora meno soldi nelle casse dello Stato.
Se faccio bene i calcoli, Tsipras per soddisfare quello che ha promesso in campagna elettorale ha bisogno di
almeno tre anni. Senza contare poi come farà a bilanciare le risorse da destinare alla crescita e quelle per
restituire i soldi ai creditori internazionali. Ma la cosa che mi preoccupa maggiormente è un'altra: non dicono
mai cosa faranno se la rinegoziazione con la troika dovesse andare male. Pensa sia il preludio a una
possibile uscita della Grecia dall'Eurozona? Non credo che né Tsipras né i Greci Indipendenti si prenderanno
mai una responsabilità del genere. Si rischia un governo ibrido, che non farà ripartire il Paese e non chiuderà
il conto con il memorandum, lasciando l'elettorato nella rassegnazione totale.
Foto: Dimitris Katzikas
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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L'intervista/1
30/01/2015
Libero - Ed. nazionale
Pag. 9
(diffusione:125215, tiratura:224026)
«Da Renzi metodi assurdi, ma il governo reggerà»
Il capogruppo Ncd al Senato: «Compatti sul no a Mattarella e sul nome per il Colle siamo vicini a Forza Italia»
L'attività di governo nasce da una consapevole emergenza nazionale e nel patto non è compresa l'elezione
del Presidente della Repubblica. Certo, ogni cosa che in politica accade lascia il suo segno
FRANCESCO DE DOMINICIS
Senatore Maurizio Sacconi, l'assemblea del Nuovo centro destra ha deciso di non votare Sergio Mattarella:
perché il «no» anche se non proviene dalle file del Partito democratico? «Per una ragione di metodo che in
questo caso è sostanza politica. Invece di perseguire un obiettivo di coesione nazionale attraverso la scelta e
la paziente ricerca di un comune denominatore tra le forze politiche che sostengono le riforme, il Pd ha
deciso per la ricomposizione interna e per la ricerca del consenso a sinistra, Sel compresa. Un prendere o
lasciare che non poteva essere accettato». Dentro Ncd siete compatti oppure ha avvertito malumori? «Esco
da una riunione unanime, introdotta da Angelino Alfano che ha rivendicato il nostro avere la schiena dritta
anche nei rapporti con la maggioranza di governo. La soluzione è stata condivisa». Avete avuto offerte o
subito pressioni dal premier Matteo Renzi per "mollare" Silvio Berlusconi e Forza Italia? «Renzi ha cercato
con noi e con Berlusconi di acquisire consenso alla sua proposta, ma abbiamo ribadito la necessità del
concorso di tutti i popolari italiani a una soluzione di coesione nazionale come dovrebbe essere quella del
Presidente della Repubblica. Abbiamo indicato esplicitamente la necessità di unità fra chi si riconosce nei
popolari europei». L'asse con il Cavaliere sul Quirinale è un primo passo per riunificare tutto il centro destra o
è un'operazione una tantum ? «È un passaggio politicamente rilevante nel quale Forza Italia e Area popolare
si ritrovano insieme seppure per la scelta del Capo dello Stato. Intanto, verifichiamo in questi giorni la
coesione di quest'area, che si è peraltro già prodotta sulla riforma della legge elettorale, e poi vedremo». È
comunque un dato di fatto che rispetto al Pd avete preso un'altra strada: cambierà qualcosa nei rapporti e
negli equilibri col governo? Sono a rischio le riforme e tutto il patto del Nazareno? «Distinguiamo: l'attività di
governo nasce da una consapevole emergenza nazionale e nel patto non è mai stata compresa l'elezione del
Presidente della Repubblica. Un riflesso più accentuato può esserci sulle riforme istituzionali perché c'è un
rapporto diretto tra le riforme stesse e la figura di garanzia che dal Quirinale deve accompagnare la
transizione del nostro assetto istituzionale». Ma è possibile un rimpasto nel governo dopo l'elezione?
«Ribadisco che il Quirinale non rientrava nel patto di governo. Certo, ogni cosa che in politica accade lascia il
suo segno. In ogni caso, io non credo che ''Italia si avvantaggerebbe da una crisi dell'esecutivo e da una fine
anticipata della legislatura. Il nostro Paese ha bisogno di continuità di governo per la ripresa dell'economia e
del lavoro». twitter@DeDominicisF
Foto: Maurizio Sacconi
Foto: Sacconi [Lapresse]
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Intervista a Maurizio Sacconi
30/01/2015
Il Foglio
Pag. 2
(diffusione:25000)
Adriano Sofri
Descriverò un'altra tenda del campo Unicef di Khanke, a Duhok, Kurdistan iracheno, che ospita molte migliaia
di profughi yazidi. C'è un ragazzo di diciassette anni, alto e robusto, ha indosso una tuta scura e un paio di
ciabatte. E' il maggiore di sette tra fratelli e sorelle, la più piccola ha due anni, guance paffute e arrossate,
una capigliatura riccia e chiara da angioletto, gli sta abbarbicata a una gamba guardando di sotto in su finché
lui non si rassegna a prenderla ancora in braccio. Gli altri si sparpagliano attorno all'apertura della tenda. Lui
parla a lungo con il nostro Marzio Babille, responsabile dell'Unicef che sta per lasciare l'Iraq e quell'incarico
dopo anni di impegno strenuo. Il ragazzo cerca di trovare qualcosa da dire sul futuro che vede per sé e i suoi,
cominciando dal freddo che farà ancora nei prossimi giorni. Vorrebbe che studiassero tutti, dice. Adesso
qualcuno frequenta le scuole del campo, qualcuno il nido, qualcuno sta in tenda perché ha un'età inadatta, lui
tiene il conto di tutti. Hanno perduto i genitori e tutti gli altri parenti, lui è il diciassettenne capo di una famiglia
di sette, soli al mondo. Tiene su una faccia normale e terribilmente seria, finché Marzio e lui si abbracciano, e
non trattengono più la commozione né l'uno né l'altro.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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PICCOLA POSTA
30/01/2015
ItaliaOggi
Pag. 1
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Grillo l'anti-euro sostiene Prodi padre dell'euro
PIETRO VERNIZZI
«Prodi alle Quirinarie è stato voluto personalmente da Grillo per spaccare il Pd. Un capolavoro di mancanza
di coerenza per chi si presenta come anti-euro e poi per il Quirinale candida proprio colui che più di tutti ha
sostenuto la moneta unica». Così Paolo Becchi, professore di Filosofia del diritto all'Università di Genova,
sottolinea la contraddizione del M5S e in particolare di Beppe Grillo. Becchi non ha dubbi: «Le Quirinarie del
2013 erano state un grande esempio di democrazia diretta. I nomi proposti per queste nuove elezioni
dimostrano che non siamo più in presenza di una strategia, bensì di una tattica. Lo scopo è scombussolare e
dividere il Pd». Vernizzi a pag. 5 «Il nome di Prodi alle Quirinarie è stato voluto personalmente da Grillo per
spaccare il Pd. Un capolavoro di mancanza di coerenza per chi si presenta come anti-euro e poi per il
Quirinale candida proprio colui che più di tutti ha sostenuto la moneta unica». È la constatazione di Paolo
Becchi, professore di Filosofia del diritto all'Università di Genova, dopo che nella rosa dei dieci nomi per le
Quirinarie dell'M5S sono stati inseriti anche Romano Prodi e Pierluigi Bersani. Con l'aggravante che il primo
dei due, a differenza degli altri nove candidati, non è emerso dalla discussione della rete ma solo per volontà
di Beppe Grillo. Domanda. Che cosa ne pensa dei dieci nomi scelti per le Quirinarie? Risposta. Le Quirinarie
del 2013 erano state un grande esempio di democrazia diretta ed erano arrivati dalla rete dei nomi inattesi
come Gino Strada, la Gabanelli e Rodotà. I nomi proposti per queste nuove elezioni dimostrano che non
siamo più in presenza di una strategia, bensì di una tattica. Lo scopo è scombussolare e dividere il Pd,
presentando dei nomi che possono metterlo in diffi coltà come Bersani e Prodi. D. Come valuta questa
tattica? R. È una tattica da vecchia politica, e se l'M5S voleva dimostrare di essere il nuovo, questo è proprio
il segno che ormai il Movimento è diventato un partito come tutti gli altri. D. Alla fine però a decidere sarà la
base del Movimento... R. La base ratifi cherà decisioni che sono già state prese. Oggi si voterà su questi dieci
nomi che sono stati presentati e si porterà avanti il nome del candidato. Anche se si può escludere che esca
Prodi, perché è diffi cile che possa rappresentare l'anima dell'M5S. Va notato che Grillo ha inserito il nome di
Prodi di propria volontà, senza che, a differenza degli altri nove nomi, fosse stato discusso prima dalla rete.
D. A che cosa servono realmente le Quirinarie? R. Le Quirinarie non servono assolutamente a nulla, anche
perché riguarderanno solo i primi tre scrutini. È diffi cile pensare che l'M5S, a truppe ormai ridotte del 20%,
possa raggiungere la maggioranza qualifi cata. Mentre dal quarto scrutinio in poi, l'M5S ha annunciato il
«liberi tutti». Da sabato in poi cioè non si andrà avanti a votare per il candidato dei Cinque Stelle, ma si
faranno accordi con gli altri partiti. E in quell'occasione sbucherà probabilmente il nome di Prodi. D. La tattica
è spaccare il Pd o dividere Renzi e Berlusconi? R. Le due cose marciano insieme. Se fra i dieci nomi si
propone una fi gura come Bersani, ex segretario del Pd, e Prodi che è il fondatore dell'Ulivo, è abbastanza
evidente che si sta cercando di dividere il partito di Renzi che invece resta unito con la candidatura di
Mattarella. D. Ma Prodi non è proprio il «padre» dell'euro? R. Appunto. La candidatura di Prodi è molto
contraddittoria per l'M5S che si proclama anti-euro, e che ha deciso di fare una campagna per un referendum
che non ci sarà mai. Si è voluta creare l'illusione di un Movimento anti-euro, e poi si candida Prodi che è colui
che ha introdotto l'euro e che ne è stato uno dei massimi sostenitori. D. Che cosa ne pensa dei nove
parlamentari che martedì hanno annunciato la fuoriuscita dall'M5S? R. Ormai l'emorragia non è più fi
siologica ma patologica. Quando il 20% dei deputati eletti lascia, incomincerei a pormi qualche problema sul
funzionamento del partito in quanto tale. Grillo ha attuato una strategia molto forte e ormai i cinque del
direttorio controllano tutti gli altri. Basta una parola di Di Maio o di Di Battista, e immediatamente la linea del
vertice politico è più che rispettata. D. A quale progetto è funzionale il direttorio? R. Il direttorio va nella
direzione di un partito molto chiuso e settario, che non ammette possibilità di discussione al suo interno, ma
che rispetta rigorosamente una linea dettata dall'alto esercitata nella pratica appunto da Di Maio e Di Battista.
IlSussidiario.net
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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LO DICE PAOLO BECCHI, EX IDEOLOGO M5S
30/01/2015
ItaliaOggi
Pag. 1
(diffusione:88538, tiratura:156000)
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Foto: Beppe Grillo
Foto: Paolo Becchi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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30/01/2015
ItaliaOggi
Pag. 2
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Rinviati al 2016 i tagli alla spesa dei comuni. Sprecare è meglio
Anche il Pd vota l'emendamento contro la spending review
SERGIO LUCIANO
Non c'è solo la minoranza del Pd a dare filo da torcere a Renzi. Il premier deve guardarsi anche da falangi
silenziose della sua stessa maggioranza che, sparse sul territorio italiano e radicate negli enti locali, remano
contro. Contro cosa? Contro Sergio Mattarella per il Quirinale? Macchè! Remano contro quella piccolagrande
riforma economica che consiste - nelle (buone) intenzioni del premier - nel togliere dalle grinfie dei comuni le
decisioni sugli acquisti e sugli appalti, insomma: strappargli di mano i cordoni della borsa. Riuscendo così a
risparmiare, sulla spesa pubblica per l'acquisto di beni e servizi, quel 15-20% che tutte le statistiche stimano
siano appunto «sperperati». Dal 1° gennaio 2015, infatti, i comuni con meno di 180 mila abitanti avrebbero
dovuto cessare dal bandire e gestire in proprio le gare d'appalto per acquisti e lavori e avrebbero dovuto
aggregarsi con i comuni limitrofi fi no a raggiungere la «massa critica» minima di 180 mila abitanti. Queste
aggregazioni di enti locali (se ne prevedono in tutto 200) potrebbero continuare a gestire in monte ma
direttamente i piccoli acquisti, mentre secondo la legge sarebbero obbligate a far convergere gli altri ordini, di
beni o servizi «convenzionati», sulle 35 centrali appaltanti nazionali in via di costituzione, capaci di fare gare
on-line, trasparenti, e stroncare sul nascere intrallazzi e corruzione. Peccato, però, che nel «Milleproroghe»
sia spuntata la proroga per rinviare di almeno un anno tutto ciò, anzi c'è chi dice di diciotto mesi. E...
sorpresa, anche il Pd ha approvato l'emendamento che, a oggi, vara la proroga a metà 2016! Il paradosso tipico del nostro Paese tartufesco - è che l'Anci, Associazione nazionale comuni d'Italia, non si è schierata
formalmente contro, anzi ha preparato una specie di vademecum per i sindaci dei comuni «aggregandi»; ma
le forze politiche in campo hanno stretto un'alleanza «di fatto» per conservare il «cucuzzaro» nella propria
disponibilità e boicottare la spending review. L'«esproprio» del potere di gestione autonoma degli acquisti è,
in realtà, la pietra angolare di quella ritirata strategica dalle follie della «devolution» che giustamente Renzi ha
programmato. Dare facoltà di spesa alla periferia signifi ca perderne il controllo. A fronte di qualche virtuoso
che spenderà al meglio, la maggioranza scialacquerà, per incapacità o per intrallazzi. Per questo è
essenziale che la spesa pubblica venga «guarita» da queste infi ltrazioni di furbizie e insipienze. E proprio per
questo sia i furbi che gli insipienti recalcitrano: sotto tutte le bandiere, a cominciare da quelle del Pd.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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IL PUNTO
30/01/2015
ItaliaOggi
Pag. 4
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Il mio presidente sarebbe stato Antonio Martino. Ma il paese non è
attrezzato per avere, in quella posizione, un liberale alla Luigi Einaudi
RICCARDO RUGGERI
Ci sono momenti in cui anche una rubrica giornalistica, come il Cameo, viene stressata dai suoi lettori per
conoscere il nome del Presidente della Repubblica. Questo pezzo è stato scritto ante prima votazione,
l'estensore non ha alcuna capacità divinatoria, e nessuna informazione segreta, campa solo grazie alla
cospicua quantità di informazioni che si procura da giornali, Tv , social, e che poi processa, secondo la
metodologia manageriale tipica delle analisi markettare prodotto/mercato. Ancora una premessa: il nome
indicato che emerge dal processo, non è necessariamente il mio preferito. I due nomi più degni li ho subito
tolti dalla lista, perché sapevo che non sarebbero mai stati scelti. Antonio Martino (il mio candidato), perché il
Paese non è culturalmentee moralmente attrezzato per avere in quella posizione un liberale alla Luigi
Einaudi, che serenamente rimanderebbe ai Governi molte leggi, vuoi perché nel legislativo il compromesso
politico non è previsto, vuoi perché la modestia personale dei ministri, primi e non, degli ultimi esecutivi è
imbarazzante. Mario Draghi, perché gran parte dell'intellighenzia nostrana ritiene che alla BCE possa fare
meglio gli interessi dell'Italia: sarebbe vero se fossimo un paese serio, essendo come siamo, gli creiamo solo
imbarazzo, ma tant'è, inutile discutere. Procedo all'analisi dei principali candidati emersi in questi ultimi giorni
(mi spiace non considerare l'amico Vittorio Feltri, ma è candidato di bandiera). Gli ultimi tre della lista,e quello
«di rincorsa», dovrebbero essere quelli che meglio ottemperano al profi lo richiesto. Ritengo che, in una fase
storica come questa, il Presidente debba essere un personaggio che, da un lato possieda un'alta dimensione
internazionale, dall'altro sia un garante verso possibili bonapartismi dei due nazareni, stante l'orrendo Italicus
e lo sciagurato nuovo Senato. Per questo motivo, solo quattro hanno, in modo più o meno accentuato queste
due qualità. Poche speranze per la seconda fi la. # Laura Boldrini, il mix «femminista-immigrati-albagia
radical chic» l'ha segnata, «allora meglio Vendola» si dice (poche chance). # Pierferdinando Casini, è
considerato l'ultimo grande cetaceo della prima repubblica, è ancora in grado di nuotare o già spiaggiato?
Questo il dilemma (poche chance). # Graziano Delrio, era il sogno presidenziale dei nazareni, il classico
ossequioso tagliatore di nastri, Bergoglio lo ha fulminato con la «teoria del coniglio» (poche chance) # Piero
Fassino, serio, sgobbone, fulminato dalla maledizione del Filadelfi a, un inaccettabile mix « digitus impudicus
-bugie» (poche chance) # Anna Finocchiaro, donna di classe, capace, fulminata da un solo episodio: ormai è
per tutti «falce e carrello». Un ultimo guizzo? # Pietro Grasso, uomo d'altri tempi, te lo immagini col
giustacuore, non certo in doppio petto quirinalizio, riconducibile, nel bene e nel male, a Clement Attlee (poche
chance). # Piercarlo Padoan, abbattuto da quel birbante di Sgarbi, l'ha fulminato con un «non sa neppure
usare l'accento giusto del suo cognome». Un ultimo guizzo? Ed eccoci alla «terna fi nale più uno»: Amato,
Mattarella, Prodi, più Bersani. Mi sono ispirato al Palio di Siena. Renzi e Berlusconi, i nazareni, fungono da
«mossieri», supponiamo che i cavalli siano i tre della terna e il quarto, Bersani, sia il «cavallo di rincorsa»,
che può entrare nei canapi già al galoppo, passando fra il verrocchino e il lato esterno della pista. Come
sappiamo, la partenza la dà il cavallo di rincorsa, non i mossieri. Il Patto del Nazareno ha raggiunto il suo
massimo splendore una settimana fa, quando i voti di Berlusconi sono stati determinanti per l'emendamento
Esposito. Come succede spesso, il declino inizia nel momento stesso del massimo successo. Così è stato.
Berlusconi è in un cul de sac, l'unico che gli andrebbe bene è Amato, ma Renzi non lo può accettare, perché
non gli garba e più della metà degli italiani insorgerebbe, quindi il Cavaliere dovrà chinare la testa (ormai ci ha
fatto il callo). I Cinquestelle, meno sciocchi del previsto, se puntano su Prodi e, specie su Bersani, rientrano in
gioco, mettendo Renzi al muro.A questo punto gli resta solo Mattarella, che pure non gli è gradito perché è sì
uomo silenzioso ma di forte personalità. Il sogno, a lungo agognato, di avere un banale «tagliatore di nastri»
è fallito. I due nazareni consuntivano la loro prima sconfi tta. Hanno vinto le minoranze Pd e Fi, e pure il M5S.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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IL CAMEO DI RICCARDO RUGGERI
30/01/2015
ItaliaOggi
Pag. 4
(diffusione:88538, tiratura:156000)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Incredibile il suicidio politico della Lega. Sergio Mattarella, persona perbene e di poche parole (sia
benedetto!) è l'ipotesi, ragionata, del Cameo. [email protected] @editoreruggeri © Riproduzione
riservata
30/01/2015
MF - Ed. nazionale
Pag. 16
(diffusione:104189, tiratura:173386)
Il modello delle banche popolari è la strada verso un sistema creditizio più
democratico
Annamaria Furlan*
Oggi il sistema bancario si ferma in tutte le città italiane per uno sciopero sacrosanto indetto dai sindacati di
categoria. La decisione dell'Abi di disdire il contratto di lavoro è davvero sbagliata in una fase in cui occorre il
massimo senso di responsabilità per trovare soluzioni condivise sui problemi del lavoro. Non si riforma il
sistema bancario tagliando il costo del lavoro o riducendo il personale senza un progetto vero di riforma del
sistema bancario, capace di riattivare un circuito virtuoso tra la finanza, la raccolta dei risparmi e l'economia
reale del paese. Le decisioni della Bce a livello europeo possono favorire lo sviluppo e nuovi investimenti in
tutti i segmenti produttivi. Tuttavia, molto dipenderà proprio dalla capacità delle banche italiane di non
chiudersi nel recinto dei profitti e dei dividendi, ma di saper intercettare i reali bisogno del territorio, delle
piccole e medie imprese, delle famiglie, dei giovani imprenditori che vogliono investire in innovazione e
ricerca. Per questo abbiamo difeso e continueremo a difendere il modello delle Banche popolari cooperative.
Uno dei fattori scatenanti della crisi economica è stato proprio il modello di governance oligarchica delle
banche fondata sul legame a doppia mandata tra azionisti e top management. Un patto che purtroppo ha
avuto un ruolo decisivo nello sviluppo della finanza predatoria, sino alla sua esplosione nella crisi finanziaria.
Le banche popolari cooperative, in Italia e in Europa, hanno invece rappresentato una zona franca, ispirate a
un modello di democrazia economica attraverso il voto capitario, indipendente dal volume di azioni
possedute. La presenza di tanti stakeholder negli organi di governo ha garantito una profonda integrazione
con le economie e con le comunità di riferimento. Non a caso il 65% del credito alle piccole e medie imprese
è stato erogato in questi anni dalle banche popolari e cooperative, molto più rispetto alle banche spa. Perché
il governo vuole smantellare per decreto questo patrimonio storico del nostro Paese, con il rischio di invasioni
straniere da parte di quei colossi bancari internazionali interessati alla finanza speculativa e predatoria? Lo
scandalo dei «derivati» nel Monte dei Paschi di Siena aveva messo bene a nudo non solo tutti i limiti dei
controlli pubblici (Banca d'Italia e Consob), ma la sostanziale ininfluenza degli stake-holder e dei lavoratori
sulle decisioni assunte dal management. Il modello delle banche popolari, fondato sulla partecipazione, è
invece la strada per democratizzare il sistema del credito, lo strumento per migliorare la qualità dei servizi,
aumentare la produttività delle aziende, in modo da renderle più competitive e concorrenziali sul mercato
sempre più globale. Purtroppo di tutto questo, non c'è traccia nel dibattito politico, tutto «autoreferenziale»,
italiano. Un sistema solido di regole sulla rappresentanza, insieme a forme moderne di partecipazione dei
lavoratori, possono avere certamente ripercussioni positive sugli investimenti e favorire la ripresa industriale
del paese. Questa è la vera svolta culturale ed economica, la sfida che lanciamo al presidente del Consiglio e
alle forze politiche, anche in vista delle privatizzazioni già annunciate delle Poste e di altre importanti quote di
aziende pubbliche. È giunto davvero il momento di valutare se e come un modello di riferimento simile a
quello tedesco possa essere mutuato nel nostro Paese, applicando l'articolo 46 della Costituzione. Non si
tratta, quindi, solo di far eleggere i rappresentanti dei lavoratori nei consigli di indirizzo e sorveglianza. Si
tratta di costruire finalmente un sistema di democrazia economica nel quale i fondi azionari collettivi dei
lavoratori (a cui si deve legare anche la quota di previdenza integrativa, rendendola obbligatoria) possano
intervenire di diritto nel capitale d'impresa, proprio per vigilare ed indirizzare le scelte dei gruppi manageriali.
E chi si autoproclama «riformista» farebbe bene ad aprire un dialogo con il sindacato e le altre parti sociali su
questi temi se vuole davvero cambiare il nostro Paese. (riproduzione riservata) *segretario generale della Cisl
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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COMMENTI & ANALISI
30/01/2015
Financial Times
Pag. 7
(diffusione:265676, tiratura:903298)
GLOBAL POLITICS
Philip Stephens
The euro has become the prisoner of a playground game of "you-go-first". Everyone - almost - knows what
needs to be done, even if some resile from admitting it. The necessary ingredients are growth,
competitiveness and sustainable debt and deficits. The missing glue is trust. Governments will act only if they
are sure those on the other side of the creditor/debtor line will do the same. As in the school playground, each
insists the other must jump first. The result is policy paralysis and the rise of populism. A sensible European
policy maker would see the election success of Greece's Syriza as a wake-up call rather than a nightmare.
Not because the radical leftist government of Alexis Tsipras is correct in most of its prescriptions (though
neither is it invariably wrong), but because its victory crystallises the impasse that has crippled the eurozone.
Not so long ago governments confounded the gloomsters by summoning up the political will needed to keep
the single currency on the road. Compromises were made on all sides. Berlin, though it could never say so,
abandoned its opposition to bailouts; the peripheral economies accepted a harsh mix of austerity and
structural reforms. Resuscitating the euro is one thing; rejuvenating it is proving a lot tougher. The passing of
the immediate crisis has sapped the will to act. Mario Draghi, the president of the European Central Bank,
has been heroic in his efforts to buy time, most recently through pumping even more cheap money into the
euro-zone economy. In national capitals, though, resolve has curdled into mutual resentments. Syriza
represents a collision between austerity and democracy. This may be the first of many. In some respects,
Greece is sui generis. You do not have to be a wild leftie to see that so large are its debts that they cannot be
completely repaid and that never-ending austerity is not an answer. However it is dressed up - longer
maturities, interest rate cuts or write-offs - Athens needs debt forgiveness. Pretending otherwise does nothing
to advance the interests of creditors. Greece's problems, though, have always been as much political as
economic. While others saw in the EU the opportunity to modernise, the ruling class in Athens simply
pocketed the cash. Above all else, Greece needs half-honest government. The rest of the eurozone should
be applauding Mr Tsipras's promise to stamp out corruption and to collect more of the taxes. Syriza goes
wrong when it suggests that the route back to economic growth is to spend more on consumer subsidies and
public sector workers. Clientelism and outright corruption has been the bane of Greek politics since the
demise of colonels in 1974. Mr Tsipras too often sounds as if the far left now wants nothing more than to take
its turn at distributing the spoils of office. On the other side of the line, Germany's Angela Merkel is not the
pantomime villain of populist, and increasingly, popular myth. The chancellor is right when she says that the
eurozone can survive long term only if weak economies improve their competitiveness, and rein in deficits
and debts. What grates is Berlin's moralising tone. What deeply disappoints is the chancellor's obsessive
regard for short-term swings of domestic public opinion. Ms Merkel is Europe's most powerful politician;
domestically she has no rivals to speak of. She can afford to spend some of the capital accumulated over
three successive election victories. Sometimes leaders have to make the political weather. She should look to
Helmut Kohl, her predecessor-but-one. Instead she combines tactical pragmatism with strategic myopia. Ms
Merkel has said more than once that the failure of the euro would put in doubt the entire postwar European
order. Given Russia's armed aggression in Ukraine and its growing interference elsewhere in Europe, that
would be a calamity beyond imagination. So, yes, the euro has a future only if weak governments get the
economics right, but ratchet up the pressure too much and there will be no currency to save. Greece should
not be given a free pass, but the lesson of the post-crisis years has been that governments can go only so far
in cutting budgets and improving competitiveness when their economies are shrinking and living standards
are in free fall. Austerity-driven growth was always a fraudulent prospectus. Now the populists threaten to
make it impossible for debtors to embark on even calibrated fiscal retrenchment. Syriza' s victory will
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The stand-off that may sink the euro
30/01/2015
Financial Times
Pag. 7
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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embolden the far right as much as the far left, the xenophobic National Front in France as well as Spain's
leftist Podemos party. What will Ms Merkel say if enforced austerity and economic decline catapult Marine Le
Pen into the Elysée Palace in a couple of years? The euro depends on political consent as well as fiscal
discipline. For its part, Greece must decide its future. Does it want to be a modern European democracy or
would it prefer to rejoin the Balkans as another client of Vladimir Putin's Russia? It is not yet clear where
Syriza stands on this though its apparent closeness to the Kremlin is not encouraging. The bargain to
guarantee a future for the euro has not changed since the start of the crisis: more growth-friendly structural
reform in debt-burdened nations in return for an easing of the eurozone's fiscal straitjacket by Germany and
others. As for who should go first, well, that is easy: both. [email protected]
30/01/2015
International New York Times
Pag. 1,4
(diffusione:222930, tiratura:500000)
BY GAIA PIANIGIANI
''It is no longer reasonable to think that the owner of a neighboring castle would buy yours. It's most likely to
be a Russian, or a Chinese.''This castle in the Chianti region near Florence can be all yours, including the
scenery, the history and the Italian regulations and taxes. Nestled on a gentle Tuscan hill near this town just
east of Florence, and caressed by the morning fog, sits a medieval castle that was once home to the few
prominent noble families who plotted against the Medicis' rule during the Renaissance, some of whom are
believed to have taken refuge here.For centuries after, the descendants of the nobles and the peasants who
served them lived sheltered by the fortress's crenelated walls or in the nearby country houses, and went to
Mass in a rose stone church.''I remember a procession of over 25 farmers' families to the Sunday's Mass
here up until the late 1960s,'' said Franco Viliani, 80, a former manager of the estate. ''It might sound strange
for a pseudo-feudal system, but that was a form of inclusion. Afterward, we have seen some owners once or
twice a year.''Today, the entire estate is deserted and up for sale, castle, church and all. While that might
seem an exceptional circumstance, increasingly for Italy, it is not.While castles and historic mansions in Italy
have long been family inheritances, today dozens of them are for sale, even in one of the most conservative
real estate markets in Europe.In recent years, Italy's well-rooted inherited wealth has withered from a potent
combination of factors. They include the increasing costs of living and services, the shaky finances of owners
in a time of lingering economic trouble, cuts in government subsidies to maintain historical properties and, not
least, mushrooming property taxes.''The Italian market is mostly historical - mansions pass from generation to
generation,'' said Dimitri Corti, chief executive at Lionard, an exclusive real estate company based in Florence
whose portfolio includes about 70 castles in central and northern Italy.''It is not necessarily true that the owner
is a millionaire, like one can assume in countries like the United States or England,'' he added. ''Some do
need liquidity.''Moreover, those with the money to buy are frequently not Italians, a worrisome circumstance to
some here who bemoan the loss of historical and family patrimony to a newly moneyed global elite.The bulk
of Lionard's sellers are Italians, Mr. Corti said, while a majority of buyers are foreigners. They predominantly
seek villas or mansions in Tuscany, and are ready to spend an average of 6 or 7 million euros (about $6.75
million to $7.85 million).''It is no longer reasonable to think that the owner of a neighboring castle would buy
yours,'' Mr. Corti added. ''It's most likely to be a Russian, or a Chinese.''Indeed, more than 50 percent of
Lionard's clients come from Russia and the former Soviet Union, while the rest mostly live in North America.
Other luxury realtors, like Sotheby's Italian branch, have a more diverse clientele, ranging from the Arab
countries to China, plus Russia and North America.Despite relatively low incomes, Italians have historically
inherited properties and benefited from low property taxes, helping them to afford their housing or to invest in
more real estate.In 2011, as the financial crisis deepened and the government cameunder pressure to
balance its books, the technocratic prime minister, Mario Monti, raised property taxes and started a review of
the land register's assessment of home values.On historic buildings, where owners used to pay little as
compensation for the elevated costs of maintaining centuries-old structures, the taxes increased by 20 or 30
times, depending on the property's location.On some buildings, taxes spiked from 3,000 euros in 2011 to
75,000 euros by 2013. That might be a small figure for castle dwellers in Britain, but it is a burden for Italian
pockets, especially in regions where the property's market value or tourism interest is low.Once, the 4,600
square feet on five floors of the Tavolese castle, about 19 miles south of Florence, housed the noble Uberti
family, mentioned in Dante's ''Divine Comedy,'' and then the Canigiani family, whose daughter Elena gave
birth to the illustrious Renaissance poet Francesco Petrarch.The 14th-century castle was turned into a lavish
bed and breakfast and wedding venue. But today, the fruits of the estate's 5,000 olive trees have not been
picked for years, and the newlyweds' bed from remains unmade. Buyers can make it theirs for 18 million
euros.But buyer beware: Living a nobleman's life in Italy comes at a cost, even for many tycoons. New
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Caveat emptor
30/01/2015
International New York Times
Pag. 1,4
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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owners face the same onerous bureaucracy as Italians to make even minimal changes to many older
properties.Under Italian law, the owner of a historic building is its custodian, bound to maintain it and grant its
security and, in some cases, its use to the public. Many buyers give up on properties of great historic value,
but in bad condition, for this reason, brokers said.''This is a problem for possible investors, who want to have
modern comforts like a spa, air-conditioning or a lift,'' said Mr. Pallavicini, of the Italian Historic Houses
Association.''We no longer live like in 1800,'' he added. ''But 99 percent of those changes are either
impossible or extremely bureaucratic and complicated in an Italian historic building.''At the same time, many
of the association's 5,500 members would prefer never to sell their property, he said. ''They have an umbilical
cord to that building,'' he said. ''They were maybe raised there. Selling is not an option, as long as they can
resist.''But while selling may be hard to swallow, too often the only other option is abandonment, especially for
castles and monuments not located in tourist regions.''If a Tuscan owner who sells his mansion can hope in a
Russian, British or American buyer to restore his family's finances, we can't,'' said Francesco Scardaccione,
the owner of a historic palazzo and two country estates, and president of the Italian Historic Houses
Association branch in the southern region of Basilicata.''What is going to happen,'' he asked, ''the day we will
no longer be able to afford it?''
30/01/2015
International New York Times
Pag. 1.14.16
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Stimulus plan could help the jobless - or it may just make the rich richer
BY JACK EWING
The European Central Bank's bondbuying plan should benefit 18.4 million people who are without jobs. But
there is also a risk that it will help only a privileged few. The debate has raged ever since central banks in the
United States, Britain and Japan began buying government bonds to inject cash into the economy. Has the
flood of money helped average folks - or simply made the rich even richer?The question, part of a larger
debate over the causes of economic inequality around the world, rises anew now that the European Central
Bank plans to start a similar program in the eurozone.The so-called quantitative easing, if it works as
intended, should benefit the 18.4 million people in the eurozone who do not have jobs. But there is also a risk
it will help only a privileged few, like the people whose stocks have been going up since the central bank's
president, Mario Draghi, announced the stimulus program last week.If the new bank policy only widens the
eurozone's gulfs, once the money pumps are switched on in March, the purpose will be defeated.The
question of who benefits is particularly pertinent at a time when European solidarity is under severe strain.
Greeks have just elected a leftist prime minister who wants to cast off the fiscal shackles imposed by fellow
eurozone members.Germans are grumpy that the central bank chose to adopt quantitative easing over their
objections. Populist parties from Helsinki to Madrid are feeding on the resentments generated by seven years
of economic crisis.Official economic data due Friday is expected only to underscore the region's problems.
Unemployment in the eurozone will remain stuck at 11.5 percent, according to analyst estimates. Inflation is
forecast to fall to minus 0.5 percent, reinforcing fears that the region is being pulled into a downward price
spiral - deflation - that would discourage hiring and growth.There is little doubt that some people, countries
and industries will cash in more than others. The winners include commercial banks that hold a lot of
government bonds and will be able to sell them for higher prices.Another beneficiary will be exporters in
Germany and elsewhere in the eurozone, whose goods have become more attractively priced around the
world because of a decline in the value of the euro prompted by central bank policy. Investors have been
selling euros because they can find better rates elsewhere.And people who own eurozone stocks are already
reaping the rewards, as market indexes have soared in the wake of Mr. Draghi's announcement.The likely
losers could include insurance companies, which will have even more trouble earning a low-risk return on the
money they keep on hand to pay policyholders. And people who keep their savings in the bank - as many
Europeans do - will see few gains as Mr. Draghi and company keep interest rates at low or even negative
levels.And then there are the chain reactions that quantitative easing could set off that no one can
predict.Nobody forecast, for example, that imminent quantitative easing by the European Central Bank and
the plunging euro would prompt the Swiss National Bank to abandon efforts to hold down the value of the
franc - with grave repercussions for homeowners in Poland who hold mortgages in francs.Another noneurozone European country scrambling to respond to the euro's plunge is Denmark, whose central bank on
Thursday edged interest rates further into negative territory for the second time in 10 days, trying to keep the
krone from rising.But proponents of Mr. Draghi's quantitative easing argue that, whatever the potential
downside, the most important thing is to do something to prevent an even more severe economic crisis that
would hit poor people the hardest. For Mr. Draghi the only objective - officially, at least - is to push inflation
back up toward the central bank's target of just below 2 percent. Too low inflation - or worse, outright deflation
- undercuts corporate profits, forces wages down and leads to higher unemployment.The stimulus of pumping
money into the economy is supposed to automatically raise inflation, although the strategy has not worked in
the United States very well because the stronger dollar has lowered the price of oil and other imported
goods.The only relevant criterion ''is the mandate of the E.C.B. to achieve an inflation target of close to 2
percent,'' said Guntram Wolff, the director of Bruegel, a research organization in Brussels.Germany, for all its
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Who benefits from E.C.B.'s easing?
30/01/2015
International New York Times
Pag. 1.14.16
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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griping about quantitative easing, stands to be one of the big beneficiaries of quantitative easing. But not all
Germans will share in the bonanza.For example, the German benchmark DAX index has hit record highs
since Mr. Draghi's announcement. Analysts at DZ Bank in Frankfurt forecast that the index will climb even
higher.That's great for Germans who own shares or stock mutual funds. But only about 14 percent do. That is
in stark contrast to the United States, where about half of all families own stocks directly or indirectly and
have profited from the market-stoking effects of the Federal Reserve's quantitative easing.Germany might
also be benefiting disproportionately from the recent decline of the euro against the dollar. If Germany was
not part of the euro club, its currency would probably be doing what the Swiss franc is doing - rising to its
highest levels since 2011, as investors look for a haven from global uncertainty. The strong franc is already
creating problems for Switzerland's tourism industry, as well as its watchmakers and other exporters.But
German companies aren't the only ones likely to enjoy a quantitative easing bonus. Italian and French
exporters will benefit even more from a weak euro than German companies, Mr. Wolff of Bruegel said,
because they are more likely to sell consumer goods like fashion or food products whose price tags are an
important competitive factor. German companies tend to sell products like machine tools, where reliability and
precision are more important than price.Commercial banks around the eurozone are other likely beneficiaries.
The central bank plans to spend 60 billion euros a month, or about $68 billion, in the bond market, which will
push down yields, the market interest rates on debt. When yields fall, the value of a bond with a fixed interest
rate goes up. Higher bond prices should especially help banks in Italy and some other countries that have
large holdings of their own country's debt.If bankers feel better about their financial health, they may be more
willing to lend to small and midsize businesses, which will in turn create jobs. Economists suspect that is
exactly what the central bank is hoping for.''A big part of this is just cleaning the bank balance sheets after the
sovereign debt crisis,'' said Viral V. Acharya, professor of finance at Stern School of Business at New York
University.But Mr. Acharya said central bank bond buying is an inefficient way to fix eurozone banks. At the
rate that the bank plans to buy bonds, he said, it will take months for banks to unload their holdings.''Banks
are the ones that will have to transmit this policy,'' Mr. Acharya said. ''I'm not optimistic this will happen very
fast.''Overly indebted homeowners in Spain and Ireland have reason to raise a toast to quantitative easing, to
the extent banks do become more willing to lend. They should be able to refinance their homes at even lower
interest rates and make smaller monthly payments.But that benefit will be smaller in Germany where most
people rent their homes and debt levels are low. And besides being renters, Germans are also savers who
will earn even more dismal interest rates on their bank accounts.As for the most vulnerable people in the
eurozone - the unemployed and the working poor - there is no certainty that any benefits from quantitative
easing will trickle down.But because the rewards of euro-style quantitative easing are so uncertain, some
economists propose a more radical solution to ensure that every citizen gets his or her share.John
Muellbauer, a senior fellow at the Institute for New Economic Thinking at Oxford University, for instance, has
called on the European Central Bank to print money and simply give ¤500 to every person in the
eurozone.That idea does not go over big with central bankers, though. ''It would be very complicated to do
that,'' Benoît Coeuré, a member of the central bank's executive board, said in an interview on Monday with
the broadcaster Europe 1.''If there are things to be done that target citizens directly, it is up to governments to
do it,'' Mr. Coeuré said. ''That is not our work.''
30/01/2015
International New York Times
Pag. 5
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Back-stabbing, strategy and secret votes help pick the constitutional leader
BY ELISABETTA POVOLEDO
No one party has enough votes to push through a candidate, and the winner is likely to emerge out of a
compromise.Shortly before voting began in Parliament on Thursday to elect Italy's new president, a flash mob
gathered in the cold rain outside the Quirinale, the presidential residence.The small, bedraggled group had
come to support the unlikely candidacy of Giancarlo Magalli, a popular television presenter, whose name has
circulated on social media to succeed Giorgio Napolitano, 89, who resigned this month citing his advanced
age.It mattered little that Mr. Magalli has no chance of winning. His supporters see him as a protest candidate
- ''an icon of Italian malcontent,'' as Federico Spini, a computer engineer who works at Rome's third
university, put it. ''We want them to know that things aren't right.''Nevertheless, the Italian president will be
elected the usual way: a secret ballot among 1,009 lawmakers and regional delegates that leaves
considerable room for all manner of backstabbing, horse-trading and surprises. Even before the start of the
voting, which is expected to last at least three days, the speculation and intrigues had begun.No one party
has enough votes to push through a candidate, and the winner is likely to emerge out of a compromise
between Prime Minister Matteo Renzi's Democratic Party and the center-right opposition led by former Prime
Minister Silvio Berlusconi.On Thursday, Mr. Renzi formally backed Sergio Mattarella, a former lawmaker from
his party and a constitutional court judge.But like papal conclaves, conventional wisdom has it that those who
enter into the first vote as president emerge defeated, and supporters of Mr. Berlusconi, whose antipathy for
Italy's judiciary has long been a leitmotif of his political platform, rejected Mr. Mattarella outright.As expected,
the first round of voting did not produce a winner. The parties of Mr. Renzi and Mr. Berlusconi - the two
largest in Parliament - cast blank ballots, and a handful of other candidates supported by other parties fell far
short of gaining enough votes.The early jostling reflected the ways the election has historically been used to
consolidate the hierarchy of power within Parliament. Already, various candidates - including former Italian
leaders like Romano Prodi and Giuliano Amato - have been effectively vetoed, leaving the field wide
open.''Presidential elections are always where showdowns occur,'' said Sabino Labia, a journalist and the
author of a 2014 book about the history of presidential elections. Although about 40 potential candidates have
emerged so far, the winning choice ''will have to overcome many obstacles,'' successfully navigating ''the
various wars being fought within each political party,'' he said.For Mr. Renzi, who has been facing growing
dissent from within his own Democratic Party, the election has the potential to expose his weakness should
his candidate not receive the necessary backing. The victory this week by the leader of the leftist Syriza party
in Greece, Alexis Tsipras, has already roused the fervor of Mr. Renzi's challengers in his party.There will be
two rounds of voting a day until someone is elected, and analysts said that Mr. Renzi's position will weaken
with each round.''Renzi needs to close this quickly because the longer it goes the more insidious it will
become for him, both within his party and within the government, with a strong risk of laceration,'' said Gino
Scaccia, a constitutional rights professor at Rome's Luiss Guido Carli University. Mr. Renzi ''has to show that
he can keep his party and coalition united,'' he said.Italy has had 12 presidents since 1948, a post that serves
as the guarantor of the Constitution and exercises several crucial functions to ensure political stability
including dissolving Parliament, calling new elections, naming the prime minister and rubber-stamping the
cabinet.The president is the arbiter of national unity, often a mediator for improbable political alliances and
occasionally within single political parties, which are often fractious and split among different positions.The
president also appoints judges to the constitutional court, as well as senators for life, and he or she - though
there has never been a female president - has the right to grant pardons.Some have suggested that Mr.
Berlusconi, who is serving a conviction for tax fraud and cannot run for public office for two years, was fishing
for absolution. But as the president is representative of national unity, analysts have said any new head of
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Italy's chaotic presidential process
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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state would be hesitant in alienating a large part of the electorate that feels Mr. Berlusconi got what he
deserved.Appeals have come from across the political spectrum for the election of a president above the
political fray, with respected international standing and the freedom to make decisions independently of
political pressures.Debate has also focused on the role the president should play in the country's political
life.The current constitutional rules are vague enough that presidents have a lot of leeway, and Mr. Napolitano
was an active - his critics would say too active - participant during his tenure, for example naming economist
Mario Monti as prime minister to replace Mr. Berlusconi during the Eurozone crisis in 2011.But reforms under
discussion to change the electoral law and the makeup of Parliament are leaning toward reinforcing the
executive branch, which could create potential conflict in the case of a decisive president. ''The temptation
might be to chose a president that wouldn't be characterized as a leader,'' Mr. Scaccia said.But even that
calculation is no guarantee. ''The impression I have is that when you're in the position of president, above
political responsibilities to any one party, even sheep can become lions,'' Mr. Scaccia said.
30/01/2015
Le Figaro
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« MME MERKEL, M. HOLLANDE : PARLEZ D'UNE SEULE VOIX», UNE TRIBUNE DE L'ANCIEN PREMIER
MINISTRE
Votre devoir, Madame la Chancelière, Monsieur le Président, est de dire avec fermeté qu'aucun État membre
de l'Union européenne ne peut sans conséquence se soustraire à ses engagementsMadame la Chancelière,
Monsieur le Président, ce soir, vous vous retrouverez à Strasbourg. La construction européenne est
profondément en crise, au risque de faire oublier aux citoyens européens les formidables progrès qu'elle a
apportés et de remettre en cause son existence même. Comme à chacun des moments décisifs de l'histoire
de l'Europe, c'est à l'Allemagne et à la France de se montrer à la hauteur des enjeux et de proposer les
conditions d'un ressaisissement collectif.Par les initiatives que vous choisirez de prendre, vous indiquerez
comment vous entendez vous positionner face à l'alternative offerte à l'Europe en cette année 2015. D'un
côté, l'attentisme qui a prévalu ces derniers mois, misant sur les baisses des prix du pétrole et de l'euro pour
soutenir la reprise économique, alors qu'elles ne sont qu'une bouffée d'oxygène donnée à un patient dont le
mal n'est pas traité. De l'autre, le sursaut qui pourrait permettre de repousser les nuages qui assombrissent le
ciel européen en ce début d'année.Car les quelques espoirs de reprise économique ne peuvent dissimuler la
gravité des menaces qui sont devant nous : une situation russo-ukrainienne toujours très instable, une
possible remise en cause des engagements européens de la Grèce, un risque grandissant de voir le
Royaume-Uni tourner le dos à l'Union sous la pression des eurosceptiques, l'installation d'une situation de
déflation et de croissance faible par défaut de réformes et d'investissements.Mais nous avons les moyens d'y
faire face si, comme ceux de vos prédécesseurs qui ont marqué l'histoire du continent, vous prenez, ce soir,
sur chacun de ces sujets, une initiative commune. Tout au long de la crise ukrainienne, nous n'avons pas
senti la force du tandem franco-allemand, pourtant seul à même de peser clairement et utilement sur les
autorités russes. Il faut proposer à Vladimir Poutine, conjointement et avec le président de l'Union
européenne, une discussion sur le cadre et les éléments essentiels d'un accord qui garantirait à l'Ukraine et à
tous ses voisins, la Russie comme les États frontaliers de l'Union, la sécurité et la stabilité nécessaires au
développement économique. Rien ne serait plus contraire à nos intérêts qu'une Russie isolée et appauvrie,
laissant se jouer la politique du pire au Moyen-Orient.La Grèce vient de connaître une échéance électorale
importante, dont il faut bien entendu respecter l'issue. Mais est-ce à dire qu'il faille renoncer à rappeler et
clarifier les enjeux des semaines à venir ? Votre devoir est de dire avec fermeté qu'aucun État membre de
l'Union européenne ne peut sans conséquence se soustraire à ses engagements. Il ne s'agit pas d'être
compassionnel ou rigoriste, mais simplement de préserver les conditions de la confiance mutuelle. Il ne peut
y avoir de solidarité sans responsabilité. Les autres États européens, par le soutien financier considérable
qu'ils ont offert, ont déjà apporté une contribution importante au redressement de la Grèce. Leurs citoyens,
qui sont aussi des contribuables, s'ils comprennent la nécessité d'équilibrer les efforts, ne comprendraient
pas d'avoir à payer le prix de cet abandon.Pour que la discussion avec la Grèce soit sérieuse et constructive,
il faut que les États de l'eurogroupe parlent d'une seule voix. À cet égard, l'invitation précipitée d'Alexis
Tsipras à Paris n'est pas raisonnable. Plutôt que d'agir en solo, c'est une rencontre avec le couple
francoallemand qui devrait être proposée au premier ministre grec. La France ne doit pas accréditer l'idée
qu'elle s'écarterait de l'Allemagne, au profit d'une relance économique européenne incontrôlée, non exempte
de relents démagogiques.Au Royaume-Uni, semaine après semaine, progresse l'idée, si les conservateurs
gagnent les prochaines élections, d'un référendum sur l'appartenance à l'Union et d'une renégociation aux
contours flous, qui pourrait conduire à la rupture. Il est temps que la France et l'Allemagne réfléchissent à la
réponse à apporter aux Britanniques sur les deux sujets qui les préoccupent : l'immigration et la subsidiarité.
Engagez dès maintenant et ensemble le dialogue avec David Cameron afin de dissiper les ambiguïtés et de
transformer une menace en opportunité de réformer une gouvernance européenne à bout de souffle !Enfin,
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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FRANÇOIS FILLON
30/01/2015
Le Figaro
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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l'Europe attend toujours une initiative politique forte pour accompagner les efforts de la Banque centrale
européenne qui, sous l'impulsion de Mario Draghi, mène une politique monétaire à la hauteur des enjeux,
mais qui ne peut à elle seule tenir lieu de stratégie économique pour le continent. Quelle belle occasion
manquée pour l'Europe de faire parler ensemble les autorités politiques et monétaires de l'Union et de la
zone euroL'assouplissement monétaire sans vraies réformes de structure ne marchera pas, comme le montre
la situation japonaise. Au coeur de la zone euro, c'est au couple francoallemand de montrer l'exemple en
engageant un processus de convergence économique, fiscale et sociale. Fixonsnous des objectifs et un
calendrier : se doter, en trois ans, d'un impôt sur les sociétés à taux unique, de taux de TVA et d'une fiscalité
sur le capital harmonisés, et en cinq ans d'un marché du travail unique conçu autour d'un contrat de travail et
d'un mécanisme d'indemnisation du chômage communs.Madame la Chancelière, Monsieur le Président,
sortez des chemins balisés. De Gaulle et Adenauer, Kohl et Mitterrand ne resteraient pas les bras croisés
devant la lave antieuropéenne qui monte. Ce soir, à Strasbourg, vous avez le devoir d'avancer.
30/01/2015
Le Figaro
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La devise chinoise atteint son plus bas niveau depuis sept mois face au dollar. La dépréciation s'accélère.
SÉBASTIEN FALLETTI SHANGHAÏ
@fallettisebASIE La guerre des monnaies redouble en Asie et entraîne à son tour le yuan dans la spirale
baissière. Cette semaine, la devise chinoise est tombée à son niveau le plus bas depuis sept mois face au
dollar, laissant entendre que Pékin emboîtait le pas de la BCE et des nombreuses banques centrales de la
planète qui misent sur la dépréciation de leur monnaie pour relancer leur économie.Jeudi matin, la banque
centrale chinoise (PBOC) a fixé une nouvelle fois à la baisse le point médian de référence du renminbi face
au billet vert, alors que la devise s'est déjà dépréciée de 0,9depuis le début de l'année. Les stratèges chinois
contrôlent étroitement leur monnaie, qui n'est autorisée qu'à une fluctuation maximale de 2 % par rapport au
point de référence décrété chaque matin par Pékin. Mais ce seuil inférieur a été pratiquement atteint
mercredi, les investisseurs pariant sur une baisse du yuan, sur fond de ralentissement de la croissance de la
deuxième économie mondiale.La pression s'est accrue sur Pékin, alors que Singapour cédait à son tour aux
sirènes de la dépréciation, mercredi, en faisait plonger sa devise à son niveau le plus bas depuis quatre ans
face au dollar afin de maintenir sa compétitivité face à ses rivales asiatiques.Le spectaculaire
assouplissement quantitatif décrété par Mario Draghi, le président de la Banque centrale européenne, le 22
janvier pousse les dirigeants chinois à entrer à leur tour dans la danse, pour voler au secours de leurs
exportations, qui se renchérissent face à l'euro. Pan Gongsheng, le vice-gouverneur de la PBOC, a indiqué
que le nouveau contexte financier international pousserait le renminbi vers le bas, avec pour horizon la fin
prochaine du programme d'assouplissement quantitatif de la Fed américaine, attendu d'ici juin. Cela «
poussera encore davantage le dollar à s'apprécier, et encouragera du coup le yuan à se déprécier face au
dollar », a prévenu Pan.Ce ton tranche avec la fermeté affichée jusqu'en décembre par la PBOC, qui refusait
de déclencher la politique de la « planche à billets » choisie par le Japon et les États-Unis. Ce mois-là, les
argentiers chinois avaient vendu l'équivalent de 23 milliards de dollars sur les marchés, avec pour objectif de
soutenir la valeur du renminbi, soupçonnent les experts.Réformes structurellesDésormais, Pékin semble
s'être résigné à l'action de la BCE, espérant qu'elle relancera le moteur de son premier partenaire
commercial, dont les déboires pourraient plomber la fragile croissance mondiale. « Cela va contribuer à
doper la vigueur économique de la zone euro, à accroître la demande européenne, et cela va donc profiter
aux exportateurs chinois » a affirmé, Pan.Mais cette nouvelle donne divise l'équipe menée par le président Xi
Jinping, qui s'est fixé pour objectif de réduire la dépendance aux exportations en misant sur une montée en
gamme et des réformes structurelles. « Les dirigeants ne déprécieront pas fortement le yuan car ils ont pour
objectif stratégique d'asseoir son rôle de grande devise internationale », prédit Ye Tan, économiste
indépendante et chroniqueuse vedette des médias chinois. Avec en ligne de mire l'ouverture progressive du
secteur financier du continent.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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La guerre des monnaies s'intensifie et rattrape le yuan
30/01/2015
Les Echos
Pag. 8
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Corrado Passera : « Le risque majeur pour l'Italie reste un dérapage
économique et social »
Pierre de Gasquet
Ancien patron du premier groupe bancaire italien Intesa Sanpaolo et ex-ministre du Développement
économique de Mario Monti (2011-2013), Corrado Passera, soixante ans, lance, ce week-end, le nouveau
parti de centre droit, Italia Unica, à Rome. A la veille du scrutin présidentiel, il livre aux « Echos » son
diagnostic sur l'état du pays. En quoi cette élection présidentielle est-elle un test majeur pour Matteo Renzi ?
C'est un test important pour tout le Parlement. En réalité, tant Matteo Renzi que Silvio Berlusconi voudraient
une figure de second plan. Nous pensons que, dans ce moment de grande crise, il faudrait un président qui
exerce un rôle de garant avec une grande expérience, une forte indépendance et dont l'autorité soit reconnue
au niveau international. Seulement deux ou trois candidats ont ces caractéristiques aujourd'hui. Mais la
plupart des noms qui circulent ne correspondent pas à ce profil. Comment jugez-vous la situation
économique du pays ? L'Italie va de plus en plus mal, année après année. Quand un pays a 10 millions de
personnes sans emploi ou sans emploi suffisant, le malaise social devient très élevé. C'est une donnée
qu'aucun politicien n'a le courage d'affronter. Aujourd'hui, le risque majeur pour l'Italie est celui d'un dérapage
économique et social. Heureusement, nous avons un contexte externe inespéré avec des taux d'intérêt à
zéro, un taux de change avec le dollar plus favorable et le prix du pétrole tombé à son plus bas historique. Ne
pas saisir cette opportunité serait une très grande faute. La priorité devrait être de stimuler les
investissements, qui ont chuté de manière dramatique en quelques années. Or le gouvernement Renzi a
surtout augmenté les dépenses publiques (+ 50 milliards d'euros sur les quatre prochaines années), et aussi
la pression fiscale (+ 70 milliards sur quatre ans). C'est une très grave erreur. Au niveau européen, le plan
Juncker est complètement dérisoire. On parle de 20 milliards de mise initiale divisés entre 28 pays. Pour
l'Italie, nous proposons un plan de 500 milliards d'euros sur quatre ans pour relancer les investissements
dans les infrastructures, la recherche et l'innovation. Il faut aussi réduire de moitié l'impôt sur les bénéfices
des entreprises pour le porter sous la barre des 20 %. Quel est le bilan de la réforme de l'emploi à vos yeux ?
Le « Jobs Act » a un contenu structurel nul : rien n'a changé. Au lieu de faire un grand pas sur la flexibilité et
les amortisseurs sociaux, on a fait une réformette marginale qui risque de créer des distorsions. Elle a surtout
servi à Matteo Renzi à mener une bataille idéologique sur l'article 18 [NDLR : sur le licenciement illégitime].
Quant à la réforme du Sénat, il aurait fallu le supprimer et non pas le mettre entre les mains des conseillers
régionaux. Pourquoi lancer votre nouveau parti aujourd'hui ? Nous avons décidé de nous lancer dans la
bataille, car l'Italie ne peut continuer à ne pas avoir de plan de développement, comme depuis quinze ans.
Personne ne le fait. Aujourd'hui, nous avons deux partis protestataires proches de Le Pen : celui de Beppe
Grillo et la Ligue du Nord. Aucun parti ne représente vraiment la droite républicaine, qui ne se reconnaît ni
dans la gauche ni dans la droite populiste. Il n'y a pas l'équivalent de la CDU, du Parti populaire espagnol ou
des conservateurs britanniques. La preuve en est que plus de 50 % des Italiens ne vont plus voter, alors que
l'Italie a toujours eu un niveau de participation élevé. L'anomalie italienne est que les deux partis de droite se
sont alliés à Matteo Renzi. C'est ce vide politique qui nous conduit à accélérer notre projet.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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INTERVISTA
30/01/2015
Les Echos
Pag. 10
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Eric Le Boucher
Pour les Allemands, les politiques budgétaire et monétaire sont des artifices dangereux : seule compte la
compétitivité des entreprises. L'action de la BCE et le vote grec risquent donc de nourrir l'euroscepticisme
outre-Rhin. En 2010, six Allemands sur dix étaient contre une aide à la Grèce. Que les Grecs se débrouillent,
ils ont triché, ils ont augmenté artificiellement leur niveau de vie grâce à l'euro, qu'ils mettent de l'ordre chez
eux, « nous, Allemands, ne paierons pas ». Les Grecs avaient été prévenus, les traités excluent délibérément
tout sauvetage par les autres, tout « bail-out », les gouvernements sont responsables de leurs comptes.
Angela Merkel a mis beaucoup de temps à se laisser convaincre que la crise grecque mettait l'ensemble de
l'édifice de la monnaie unique en péril et qu'il fallait tendre la main à Athènes. Elle a accédé aux demandes
de Paris, de Rome et de Washington dans l'urgence, devant des marchés financiers qui s'apprêtaient à tirer
de copieux gains d'un démantèlement, morceau par morceau, de la zone. Berlin a perdu, des mécanismes
de sauvetage ont été créés, puis améliorés au fur et à mesure des autres crises en Irlande, en Espagne, au
Portugal. Vue d'Allemagne, l'introduction de cette solidarité intra-européenne était une cinglante défaite de la
« conception allemande » de la zone euro, la « culture de stabilité » qu'ils croyaient imprimée pour toujours
dans les textes de l'Union. Pour les Allemands, les politiques budgétaire (la fameuse « relance » que les
Français adulent) et monétaire (la planche à billets, la baisse du taux de change) sont des artifices
dangereux, des illusions, seule compte la micro-économie, la production compétitive de produits de qualité.
Cette culture est ancrée au plus profond dans les mentalités germaniques et dans le droit constitutionnel de
la République fédérale. La défaite en Grèce avait brisé les règles de Maastricht et elle allait, vue d'Allemagne,
en entraîner d'autres. Tel a bien été le cas, Mme Merkel a dû accumuler les concessions, l'Union a aidé les
pays, puis les banques, puis la Banque centrale européenne, pourtant installée à Francfort-sur-le-Main, a
cessé d'être la fille de sa mère, la Bundesbank. Les reculs continuent. S'installe une « Europe de la
croissance » qui, d'inspiration keynésienne, est à l'opposé absolu de la conception germanique. Pour les
Allemands, c'est une vision laxiste qui donne des excuses intellectuelles, budgétaires et monétaires aux
gouvernements pour repousser les réformes microéconomiques douloureuses : coût du travail, marché du
travail, formation, efficacité de l'Etat. C'est donner une bouteille à l'ivrogne en lui disant que c'est la dernière.
Au printemps 2013, est né outre-Rhin le parti Alternative pour l'Allemagne (AfD), qui a créé la surprise en
obtenant 4,7 % des voix lors des élections au Bundestag six mois plus tard. AfD n'est pas contre l'Europe,
mais plaide pour une dislocation en deux, un euro du Sud, un euro du Nord. L'Europe keynésienne « de la
croissance » pour les pays du Club Med et une solide Europe « de la stabilité » au Nord. AfD serait
aujourd'hui autour de 10 %. C'est encore peu, et la popularité d'Angela Merkel est telle (41 % de satisfaits)
que la chancelière n'est pas encore trop gênée. Les Allemands restent dans leur immense majorité attachés
à l'Europe et à l'euro. Mais tous les partenaires européens devraient veiller à ne pas les blesser. Or il faut
s'inquiéter. D'abord à cause de la liste des défaites qui s'allonge. La BCE a franchi le Rubicon avec sa
politique d'« assouplissement quantitatif », elle va racheter massivement des dettes d'Etats, politique qui va
d'abord servir les pays du Sud. Mario Draghi a pris les devants et il a déminé le terrain juridique pour éviter
de se faire attaquer devant la Cour constitutionnelle allemande, mais, dans les faits, la politique monétaire
européenne ressemble à celle de la FED américaine, qui est, vue d'Allemagne, le contre-exemple de la
stabilité. La victoire de Syriza en Grèce vient, évidemment, gonfler les rangs de ceux qui, en Allemagne, « en
ont assez » des Grecs. L'Europe les a sauvés, une remise de dette leur a déjà été accordée, et voilà qu'ils
demandent encore plus. Heureusement, les Allemands font une distinction avec les Espagnols ou les
Portugais, ils limitent leur rejet aux Grecs. L'autre motif d'inquiétude tient aux mots. Les Grecs, justement,
mais pas seulement, des personnalités populistes d'autres pays, mais pas seulement, parfois des ministres,
ajoutent des attaques directes contre les Allemands, leur suprématie, leur aveuglement, leur égoïsme... A ce
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Attention à ne pas décourager les Allemands
30/01/2015
Les Echos
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discours, les Allemands, encore marqués par leur histoire, n'osent pas répondre sur le même ton, mais il les
blesse. Toute une phraséologie anti-allemande nourrit AfD et fait grandir l'euroscepticisme. Rassurer les
Allemands devrait être, aujourd'hui, le mot d'ordre des gouvernements de l'Union. Angela Merkel dîne
vendredi 30 janvier avec François Hollande et Martin Schultz, le président du Parlement européen. Le but est
de renforcer un axe franco-allemand dégradé. Il sera question de fiscalité et d'un socle de règles sociales.
C'est bien, mais trop peu. Sur le fond, les Allemands ont des arguments économiques discutables (Keynes a
raison sur la conjoncture), mais des arguments juridiques imparables. Cette « Europe de la croissance » viole
les textes des traités, elle vient d'un rapport de force politique, elle est anti-démocratique. La solidarité entre
pays engage sur une voie fédérale, il faut mettre en face des traités d'union politique. C'est là le plus grave
motif d'inquiétude. La France comme la Grèce veulent les instruments fédéraux sans le transfert de
souveraineté qui va avec. On ne peut à la fois vouloir restructurer la dette grecque et vanter le
souverainisme. C'est la contradiction des partis populistes, c'est le coeur de la réticence des Allemands. Ils
ont raison.
30/01/2015
Les Echos
Pag. 14
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Pierre de Gasquet
A la surprise générale, Matteo Renzi soutient un profil indépendant pour le Quirinal. Joker ou coup de poker
pour emporter la partie en attendant le quatrième tour de scrutin ? Les politologues n'ont pas fini de
s'interroger sur le choix surprise du juge constitutionnel sicilien, Sergio Mattarella, 73 ans, pour la succession
de Giorgio Napolitano au Quirinal. Réputé réservé, l'homme est un Sicilien discret, issu de la vieille
démocratie chrétienne, dont le frère (gouverneur de la région Sicile) a été assassiné par la mafia. Pour
Matteo Renzi, ce sera le candidat du parti démocrate « jusqu'au bout ». Mais Silvio Berlusconi et le nouveau
centre droit ont déjà hissé les barricades sans cacher leur préférence pour l'ex-président du Conseil, Giuliano
Amato. Il faut la majorité des deux tiers pour être élu aux trois premiers tours. Le vote est secret, la procédure
byzantine, et on ne connaîtra donc le résultat final que demain, au quatrième tour de scrutin, où l'élection se
fera à la majorité absolue. « Sergio Mattarella est un homme de la légalité, de la bataille pour une politique
avec un P majuscule (...) Il incarne un témoignage contre toutes les mafias », a lancé Matteo Renzi en
appelant le plus grand nombre des 1.009 « grands électeurs » du Parlement à soutenir sa candidature.
Malgré la levée de boucliers du parti de Silvio Berlusconi, l'objectif du chef du gouvernement reste d'assurer
son élection à la majorité absolue (505 voix) au quatrième tour de scrutin. Même sans les voix de Silvio
Berlusconi, le résultat peut être atteint avec le soutien des partis de gauche et du centre et l'appui massif du
parti démocrate. « La principale surprise est que Matteo Renzi n'a pas hésité à rompre son pacte avec
Berlusconi pour préserver la cohésion du parti démocrate », estime Mattia Guidi de l'université Luiss.
Candidat « low profile » ? Une chose est sûre : Sergio Mattarella, qui a donné son nom à une réforme
électorale controversée, sera un président moins « encombrant » qu'un Giuliano Amato ou Romano Prodi
pour Matteo Renzi. Mais il est aussi surtout connu pour avoir démissionné du gouvernement Andreotti en
1990, en signe de désaccord sur la réforme audiovisuelle qui favorisait les chaînes de Silvio Berlusconi. Bien
qu'issu du courant de gauche de la démocratie chrétienne, ce juriste discret est aujourd'hui perçu comme
indépendant. Le premier tour de scrutin n'a pas réuni le quorum des deux tiers. En cas de succès, Sergio
Mattarrella sera le treizième président de la République italienne et le premier sicilien élu au Quirinal.
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Sergio Mattarella : le « joker » de Renzi au Quirinal
30/01/2015
Les Echos
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Bruno Trévidic
Le groupe italien a présenté son plan stratégique à quatre ans. Les réductions de coûts et les cessions
d'actifs vont se poursuivre. En fait de plan stratégique 2015-2019, c'est essentiellement un nouveau plan
d'économies et de restructuration qu'a dévoilé mercredi Mauro Moretti, le nouveau patron de Finmeccanica.
Le consortium italien, qui a déjà cédé sa branche énergie et s'apprête à faire de même avec le ferroviaire, a
confirmé son redressement, avec des prévisions revues à la hausse pour les résultats 2014. Finmeccanica,
qui dévoilera ses comptes le 18 mars, table désormais sur un résultat brut d'exploitation de 1 milliard d'euros,
pour un chiffre d'affaires de 14,5 milliards. Mais le groupe va devoir poursuivre les réductions de coûts et les
cessions d'actifs pour pouvoir retrouver une génération de trésorerie légèrement positive en 2015 et
poursuivre son désendettement. Mauro Moretti a réaffirmé son intention de poursuivre le recentrage du
groupe sur l'aéronautique et la défense, avec l'objectif de faire croître de 20 % le résultat brut d'exploitation
de cette branche d'ici à 2016. Mais il n'a fourni aucune explication sur les moyens d'y parvenir ainsi que sur
les actifs qui pourraient être cédés. Vente partielle de DRS L'homme a seulement annoncé la vente
prochaine de deux activités de DRS, la filiale américaine d'électronique de défense rachetée à prix d'or en
2008. Mais sans dire lesquelles. A plus long terme, Finmeccanica envisage même d'adosser tout DRS à un
partenaire. Sans plus de précision. Le patron de Finmeccanica déclare aussi vouloir réexaminer sa
participation dans le fabricant de missiles MBDA, codétenu avec Airbus et BEA. Mais sans préciser comment
ni pourquoi. Même chose concernant le programme de jet régional Superjet développé avec Sukhoi. A
l'inverse, le groupe souhaite se renforcer dans le fabricant d'avions à hélices ATR, codétenu avec Airbus.
Mais ce dernier n'est pas vendeur.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Cessions d'actifs en vue pour Finmeccanica
30/01/2015
Les Echos
Pag. 32
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J.-Ph. L.
Selon la Cour suprême, les frais de dossiers sur les crédits étaient illicites. Cela représenterait 13 milliards de
charge pour les banques. Une charge de 400 millions d'euros : tel est le montant d'une provision passée l'an
dernier par Deutsche Bank pour couvrir le remboursement de frais bancaires indûment prélevés à ses clients.
La banque francfortoise est loin d'être seule à être pénalisée. Tout établissement bancaire en Allemagne
ayant octroyé des crédits à des particuliers est en effet confronté à pareille déconvenue à la suite de deux
arrêts détonants rendus l'an dernier par la justice allemande et dont l'impact n'avait pas encore pu être
vraiment mesuré. La Cour suprême de justice (Bundesgerichtshof) a décidé dans deux arrêts, en mai et en
octobre 2014, que les frais de dossiers réclamés par les banques au moment d'accorder un crédit étaient
illicites. Tous les crédits sont concernés : crédits à la consommation, pour l'achat d'une voiture ou d'un
logement. On imagine les retombées potentielles de ces décisions, d'autant qu'elles sont rétroactives et
couvrent des crédits accordés depuis 2004 ! 2 % de la somme prêtée Pour en décider ainsi, le juge a estimé
que les frais assis entre autres sur les recherches pour vérifier la solvabilité du client étaient dans le seul
intérêt de la banque. Ils ne devaient donc pas être répercutés sur les consommateurs. Une décision qui vaut
argent comptant pour ces derniers, pour des sommes importantes dans la mesure où les frais peuvent
représenter en moyenne 2 % de la somme prêtée. La fondation Stiftung Warentest, qui défend les
consommateurs, a édité une lettre type de réclamation qui a été téléchargée plus de 2 millions de fois. Au
total, en se fondant sur les statistiques de crédit de la Bundesbank sur les dernières années, la fondation
estime à 13 milliards d'euros la somme que les banques vont supporter en Allemagne pour rembourser les
frais prélevés à tort. Outre les caisses d'épargne et mutualistes, les grands noms du crédit aux particuliers
sont l'espagnol Santander, l'italien UniCredit et Targobank, qui appartient au Crédit Mutuel.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Quand la justice allemande efface des milliards d'euros de frais bancaires
30/01/2015
Wall Street Journal
Pag. W2
'The U.S. is the biggest market in the world for wine 'HOW MANY BOTTLES of wine do you think were
produced last year? A friend and I were trying to figure out an answer to this question over supper the other
day. I won't embarrass myself by revealing how far off I was, but let's just say it was by a very long way.The
latest figures from International Wine & Spirit Research ( IWSR), a London- based drinks research group, in a
report commissioned by Vinexpo, estimate that in 2013, 3.2 billion cases of wine were produced. That's 38.4
billion bottles- quite an astonishing number. The majority, 54%, is red wine, compared with 37% for white and
9% for rosé.Who drinks it all? The quick answer is Europe and the U.S. But if I were to ask you to name the
No. 1 wine-consuming country by volume, I suspect you might guess France. Wrong.According to the IWSR,
the U.S. is still the biggest market by volume, drinking a total of 339 million cases of wine in 2013. This was
above France's 296 million cases, Italy's 288 million, Germany's 274 million and China's 144 million (which
made it the world's fifth largest consumer of wine). The U.K. came in sixth, drinking a total of 133 million
cases.Per capita wine consumption is perhaps the more interesting figure. Here, Italy leads the pack, ahead
of France, Switzerland, Portugal and Austria. In terms of total market value (which nation spends the most on
wine), the top three are the U. S., France and the U. K., with Britain forecast to increase its spending over the
next three years, nudging France into third place. The IWSR predicts that by 2018, the top two stillwine
markets by value, the U. S. and U. K., will be worth $33.2 billion and $17.1 billion respectively.I find these
figures fascinating. It's not just the sheer scale of the global wine trade, but in a world that's increasingly
looking toward new markets in Asia, it also emphasizes the importance of traditional markets like the U.S. and
U.K."The U.S. is the biggest market in the world for wine and will remain the biggest market up to 2018 by
quite a margin," says Humphrey Serjeantson, a senior analyst at the IWSR. "What we are seeing in the U. S.
is that it is increasingly common for millennial consumers to drink wine with meals. But there is no doubt
consumers in the U. S. are becoming more knowledgeable and educated about wine."Sparkling-wine
consumption was led by the Germans, who drank 46 million cases of fizz in 2014. They beat France, at 30
million, and Russia (traditionally a large market for Champagne), which consumed 26 million cases. The U.S.
was fourth, with 18 million cases, and the U.K. fifth, consuming 11 million cases-incredible given the
difference in population of the two countries.Although the U.S. and Europe are strong at the moment, Mr.
Serjeantson says that European consumption is set to decline due to a change in lifestyle factors, such as
greater awareness of drunk driving.China, meanwhile, saw a 69% growth in wine consumption from 2009 to
2013 and is forecast to grow by almost 25% from 2014 to 2018. Good news for wine producers, as someone
has to drink all that wine.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Who's Driving World Wine Consumption?
30/01/2015
Il Venerdi di Repubblica - N.1402 - 30 gennaio 2015
Pag. 7
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«Grazie a Dio, sono ateo»: una frase di Buñuel che nessuno dice più
Curzio Maltese
«Grazie a Dio, sono ateo». Chissà se è ancora possibile oggi rivendicare un felice ateismo come quello di
Luis Buñuel. Un onesto e sincero ateismo che non ha bisogno di giustifcare se stesso. Pare infatti che ormai
non sia più possibile dichiararsi non credenti senza aggiungere subito parole di estremo rispetto per le
religioni ed elogi entusiastici al Papa. Al contrario, i credenti non si sentono afatto obbligati a esprimere
rispetto nei confronti degli atei e, anzi, in qualche caso si sentono autorizzati a insultarli o a compatirli. Ora
pensate se io qui scrivessi che compatisco o provo tristezza per un cristiano o un musulmano, apriti cielo.
Quanto a papa Francesco, dice belle cose e ne fa alcune importanti, soprattutto sul piano simbolico, che pure
conta. Sul piano pratico, tuttavia, la Chiesa rimane una gerarchia di potere perfettamente funzionale a un
mondo dove l'1 per cento degli uomini dispone ormai delle stesse ricchezze del rimanente 99 per cento. Con
gloriose eccezioni, naturalmente, di minoranze che lottano dalla parte dei poveri come imporrebbe il Vangelo.
Ma anche con clamorosi scandali che si perpetuano, come la permanenza dello Ior, paradiso fscale gonfo di
capitali di oscura origine. Lo stesso discorso si può fare per le gerarchie dell'Islam, che benedicono società
ingiuste nel nome di Allah. Le religioni hanno in genere un cattivo rapporto con la democrazia e la giustizia
sociale, per motivi anche ovvi di principio e di prassi. Se la sovranità non spetta ai popoli ma a Dio, se la
giustizia non è di questo mondo ma dell'aldilà, non v'è ragione di battersi per i diritti in questa vita. Su questo
punto le religioni monoteiste diferiscono pochissimo ed è bizzarro voler stabilire classifche fra Islam o
Cristianesimo o Ebraismo. Tutte le religioni storicamente preferiscono regimi dispotici alle istituzioni
democratiche. Nel secolo scorso il Vaticano ha trattato molto meglio con Mussolini e Hitler e Franco che non
con i governi repubblicani. In Sudamerica, come sicuramente ricorderà papa Bergoglio, le gerarchie
cattoliche hanno afancato i peggiori regimi fascisti e ne hanno coperto e giustifcato i crimini contro l'umanità.
Esistono, certo, altre eccezioni e il vasto mondo è pieno di associazioni cattoliche che praticano ogni giorno la
fratellanza e la solidarietà, al pari e al fanco di altre associazioni di ispirazione laica. Se ne può dedurre che
credere o non credere in Dio non infuisce sull'epicità dei comportamenti. Intorno alla tragedia di Charlie
Hebdo si è anche sviluppato uno strano dibattito sulla liceità della satira contro le religioni. Secondo molti
giornali anglosassoni, quelli di Charlie se la sarebbero un po' cercata, perché non bisogna ofendere le
religioni. Addirittura qualcuno si è spinto a sostenere che ofendere l'Islam equivale a ofendere tutti i popoli
islamici e quindi si tratterebbe di razzismo, una teoria assurda quest'ultima. A chi ne è convinto bisognerebbe
consigliare un corso di storia della comicità ebraica.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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CONTROMANO
30/01/2015
Il Venerdi di Repubblica - N.1402 - 30 gennaio 2015
Pag. 96
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L'Italia triste senza più vere passioni
Riccardo Staglianò
usciamo dalla sindrome di Siracusa. Che il tentativo di Platone di fondare una società giusta basata sulla
ragione sia fallito non equivale al naufragio necessario di ogni passione trasformatrice. Così come la
catastrofe del socialismo reale non equivale allo screditamento perpetuo delle ragioni di fondo del socialismo
ideale, uguaglianza in testa. Quello di Diego Fusaro in Il futuro è nostro. Filosofia dell'azione (Bompiani, pp.
620, euro 15) è un poderoso, impegnativo, eruditissimo attacco contro il fortilizio di alibi che abbiamo
costruito intorno alla nostra rassegnazione. Disuguaglianza ai massimi. Diritti ai minimi. Cambiare è difcile,
ma si può. Si deve, sostiene il giovane ricercatore dell'Università San Rafaele di Milano, cultore e
rivitalizzatore di Marx che non disdegna le ospitate televisive su La Gabbia né di accasare le sue Cronache
marxiane su Radio Padania. E il cambiamento inizia con l'abbandonare dicotomie invecchiate, come destra e
sinistra («entrambe funzionali al capitale») e ingaggiando invece il sistema economico che la fine della storia
aveva sbrigativamente dato per vincitore e unico superstite sotto il cielo delle idee. La narrativa, sostiene
Haruki Murakami, non deve risolvere problemi ma «soltanto parafrasare una dopo l'altra le nostre difcoltà».
Per la filosofia Fusaro coltiva ambizioni più grandi: «Salverà il mondo». Perché considera il platonico mito
della caverna ancora così importante? «Perché descrive perfettamente la condizione umana attuale, di
prigioneri che non sanno di esserlo. Che scambiano le ombre in cui vivono, il sistema capitalista post 1989
spacciato per unico mondo possibile, con la libertà. Diventando così cultori ignari della propria prigione. La
filosofia deve ripartire da qui: contemplare la verità per liberarci dalle catene. È il cuore del pensiero filosofico,
dalla verità vi farà liberi dei Vangeli all' uscita dallo stato di minorità di Kant». Cita Bloch quando dice che
pensare significa oltrepassare , spostarci mentalmente in avanti, verso un luogo da cui sia possibile vedere i
limiti dell'oggi. A giudicare dall'immobilismo che ci afigge, abbiamo smesso di farlo? «Preferiamo calcolare. Il
calcolo registra il presente, mentre il sapere filosofico può mettere in luce le sue contraddizioni,
programmando futuri alternativi. La critica glaciale del presente può farci vedere che al suo interno esistono
mondi migliori e più giusti, sebbene l'ideologia dominante dopo la caduta del Muro lo neghi». Perché l'89,
anche come capacità di immaginare il futuro, è uno spartiacque? «Perché dopo il crollo avviene un bis della
presunta lezione siracusana: una sconfitta specifica viene trasfigurata nella sconfitta assoluta di cambiare
l'ordine esistente. Ogni tentativo di porre rimedio alle contraddizioni macroscopiche del capitalismo viene
demonizzato come votato allo scacco. L'utopia viene sempre disegnata a braccetto con la violenza. È falso,
ma a forza di ripeterlo diventa il pensiero dominante». Rispetto alle varie definizioni di società (quella liquida
di Bauman, quella del rischio di Beck), lei propone l'attributo «livida». Ce lo spiega? «L'ho preso in prestito dal
filosofo Enrico Donaggio. Gli individui sono profondamente scontenti per la miseria che avanza, ma sono
incapaci di trasformare questo sentimento in una passione politica grande. L'ira attuale potrebbe giustificare
20 rivoluzioni russe e 15 francesi eppure resta intrappolata negli individui. Finché c'è rabbia c'è speranza, mi
viene da dire, ma oggi non sappiamo trasformare le passioni tristi di cui siamo in balia». Denuncia anche il
fallimento delle «banche dell'ira»: a cosa si riferisce? «Penso al Pci e alla Chiesa che canalizzavano le
energie degli esclusi, trasformandole in giacimento per azioni future. In Salò, profeticamente, Pasolini mette
in scena l'uccisione del giovane comunista e la domanda straziante di una ragazzza tra gli escrementi al
Signore che l'ha abbandonata. Sono due istituzioni scomparse». Oggi la rabbia è polverizzata, magari contro
lo straniero. È un diversivo? «Certo. La strategia del capitale è sempre stata: dividi e comanda. Invece di
lottare insieme contro il capitale i disoccupati finiscono per lottare tra loro. Senza accorgersi che la vera
minaccia non viene dall'altra sponda del Mediterraneo quanto dall'altra sponda dell'Atlantico, intesa come
ideologia del consumismo totale. Vedo coetanei dei centri sociali che si picchiano con quelli di Casa Pound
mentre la finanza si frega le mani. Come i capponi di Renzo che si beccavano a vicenda». Perché definisce
la sinistra, nel «serpentone metamorfico Pci-Pds-Ds-Pd», tragica ma non seria? «Siamo passati da Gramsci
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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cultura
30/01/2015
Il Venerdi di Repubblica - N.1402 - 30 gennaio 2015
Pag. 96
(diffusione:687955, tiratura:539384)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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a Renzi, ovvero dalla lotta contro il capitale a quella per il capitale. La sinistra pensa di essere la soluzione,
ma è il problema, dal momento che non fa più battaglie a difesa degli ultimi». Cosa le piace di meno del
presidente del consiglio? «Le sue riforme vanno lette in senso ultraliberale e neocapitalistico. Quella del
lavoro, per tutte, è contro i lavoratori e in difesa della spending review e della concorrenza. La
contradddizione centrale è la solita: stai col capitale o col lavoro? Lui col capitale. D'altronde si è vantato di
non aver mai letto Marx. Nel suo lessico postmoderno sostituisce rivoluzione con rottamazione, una pulsione
solo reattiva». Lei si definirebbe di sinistra? «Ho abbandonato queste categorie, ormai attuali come quelle di
guelfi e ghibellini, perché entrambe accettano la sovranità del mercato e la subalternità politica e culturale nei
confronti degli Stati uniti. Mi definisco allievo indipendente di Hegel, Marx e Gramsci. L'unica dicotomia valida
oggi è tra chi accetta il sistema capitalistico e chi continua a lottare per la difesa del lavoro e dell'umanità».
Parlando di lavoro, perché il «tempo determinato» è la madre di tutti i mali? «Rappresenta bene lo spirito del
tempo. Le nuove generazioni, senza garanzie e stabilità, sono meglio asservite. Oranti (la radice di precario è
prex, preghiera) che dipendono dalla volontà di chi dà loro lavoro. Il divieto di licenziamento senza giusta
causa, di cui molto si parla, viene comodamente aggirato attraverso il non rinnovo. Il vecchio proletariato, che
poteva lottare per le proprie ragioni, si è dissolto nel precariato indifeso». Eppure segnala una contraddizione:
«Nella società più disuguale di sempre, ogni pancia vuota dovrebbe costituire un argomento, se non a favore
del comunismo, comunque contro il mos oeconomicus egemonico». E invece... «Niente ritorno di fiamma
rossa. Le vittime difendono il sistema perché è crollato il senso di una possibile alternativa. Il capitalismo è un
totalitarismo così seducente da convincere gli esclusi a lottare per l'inclusione. Gli ultimi farebbero di tutto per
un iPhone». Il presidente uruguayano Pepe Mujica sul capitalismo è meno tranciante di lei: ce l'ha sia con i
convertiti che con i nostalgici. Dice: lasciamo che il mercato produca ricchezza e ridistribuiamola al meglio.
Non le sembra più ragionevole? «Di sicuro il capitalismo moderato, con diritti sociali e del lavoro, è migliore di
quello selvaggio. La Svezia è meglio dell'America. Ma al cuore del capitalismo resta lo sfruttamento dell'uomo
sull'uomo. In questo senso continuo a essere anticapitalista, in cerca dell'emancipazione umana». In pratica
però non ho capito cosa immagina... «Il comunismo ha sacrificato l'individuo sull'altare della comunità. Il
capitalismo sacrifica la comunità per l'individualismo selvaggio. Ma l'individuo può pienamente realizzare se
stesso solo tra individui ugualmente liberi, che mantengono la loro lingua e cultura e non vengono visti come
nemici. Questo scenario lo chiamo comunitarismo cosmopolitico ». Uno degli ultimi focolai di protesta globale
è stato Occupy Wall Street. Era sulla buona strada? «Sì, perché ha messo a fuoco che il problema non era
destra o sinistra, ma il capitale finanziario. Questo libro è un invito è a mantenere vivo il senso della
possibilità. La realtà non è un solido cristallo ma l'esito di una prassi storica costantemente trasformabile.
Insegnava Fortini: tutto è tremendo, ma non ancora irrimediabile. Ecco, chi dice il contrario fa soltanto
ideologia». Riccardo Staglianò fototeca Gilardi corbis
Foto: A destra, fantasmi e protagonisti di un'epoca vissuta dagli italiani - secondo Diego Fusaro (sopra) senza più speranze né orizzonti di miglioramento. Sotto, il suo Il futuro è nostro. Filosofa dell'azione ,
pubblicato da Bompiani
Foto: Sopra, il flosofo Karl Marx , teorico del materialismo storico e, sotto, Antonio Gramsci , fondatore del
partito comunista italiano Il proletariato che lottava per le proprie ragioni si è dissolto nel precariato indifeso
Foto: Ci serve il senso della possibilità. Tutto è tremendo, ma nulla irrimediabile
30/01/2015
L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
Pag. 5
(diffusione:369755, tiratura:500452)
Quelle dietrologie così peroniste
Il giudice Nisman indagava sulla presidente argentina, Kirchner. La sua morte ha scatenato i teorici del
complotto. Per i lati oscuri della vicenda. Ma anche perché il paese non si è mai liberato del populismo
Roberto Saviano
Il procuratore generale argentino Alberto Nisman è morto il 18 gennaio. Alla vigilia della sua audizione in
parlamento sull'inchiesta che coinvolge la presidente Cristina Kirchner e il ministro degli Esteri Hector
Timerman per presunte coperture offerte ai funzionari iraniani accusati dell'attentato del 1994 all'Aima di
Buenos Aires. La sua morte ha aperto una ferita enorme risucchiando il paese nel vortice degli omicidi politici.
Un inferno che dà la stura a dietrologie e congetture di cui la stampa e il web sono ormai saturi. Questo
omicidio è diffcile da comprendere se si vogliono evitare sterili rincorse a teorie del complotto. Ad esempio, le
presenze di Nisman all'ambasciata nordamericana a Buenos Aires - rivelate dai cablogrammi di Wikileaks possono essere interpretate tanto come asservimento di Nisman ai servizi segreti statunitensi e israeliani,
quanto come volontà del magistrato di condividere informazioni e di cercare prove per le proprie tesi su un
Paese, l'Iran, nel mirino degli Stati Uniti. Chi ritiene che Nisman lavorasse per Cia e Mossad lo fa proprio sulla
base di un assunto: l'inchiesta che coinvolge la presidente Kirchner aveva più valore in politica estera che in
politica interna e serviva a screditare l'Iran di Ahmadinejad che in quel periodo era il nemico giurato degli Stati
Uniti. La disinvoltura con cui Cristina Kirchner e il Frente para la Victoria intervengono nella politica
internazionale ha prestato il fanco poi alle illazioni della primissima ora. E soprattutto l'Argentina non si è mai
davvero liberata dal peronismo, per cui vengono elette le mogli degli ex presidenti, chiamate poi solo per
nome. Una cultura dove da sempre fanno presa le interpretazioni cospirazioniste in chiave antiamericana.
Populismo e promesse e mai un vero percorso di cambiamento: ecco il pus che esce dalla ferita di questo
omicidio politico. Ma se è vero che Nisman accusava Kirchner, è altrettanto vero che la sua morte improvvisa
ha gettato un'ombra sinistra proprio sul governo che è costretto a trovare continue giustificazioni. Tra le tante
anomalie, quella che a me è saltata all'occhio è che non vi fosse traccia nell'edifcio della scorta armata che
pure era stata assegnata a Nisman, dopo le minacce ricevute. Ben dieci agenti di polizia che avrebbero
dovuto incontrare il procuratore il giorno seguente ma non presidiavano il suo appartamento né l'edifcio,
nonostante fonti riferiscano che Nisman temesse per la propria vita. Ma anche la memoria di Nisman, dalle
illazioni di queste ore, sarà fortemente infangata. Si dirà che gli americani lo hanno imbeccato contro l'Iran,
che Wikileaks lo ha scoperto e che gli americani stessi lo hanno liquidato. Tesi lineare che non tiene conto
del fatto che le indagini di Nisman e le fnalità del governo Kirchner (chiudere accordi favorevoli con Teheran
sull'acquisto di petrolio) non dovevano necessariamente portare a questo epilogo: un omicidio per cui la
prima a pagare sul piano internazionale è proprio la presidente. Il caso Nisman mi ha ricordato ciò che è
accaduto ad Anna Politkovskaja, uccisa con una pistola che sembrava armata da Putin. Eppure, talvolta, il
colpevole può non essere il maggior indiziato. Magari l'omicidio è stato orchestrato da qualcuno che aveva
perso potere, alcuni pensano a un'unità dei servizi segreti i cui vertici erano stati licenziati dal governo
qualche settimana prima. Quel che è certo, è che alla verità non si arriverà mai perché il dibattito è e resterà
politico, è e resterà ideologico: contro o pro Kirchner, contro o pro Usa, con il coinvolgimento di Israele e del
Mossad. E a complicare le cose ci si mette la stessa presidente con i suoi post su Facebook. Cristina
Kirchner, dopo aver sostenuto la tesi del suicidio, cambia idea e parla di omicidio, ma aggiunge che le accuse
contro di lei sarebbero orchestrate dalla stampa e che avrebbero una connessione con l'attentato alla
redazione di Charlie Hebdo a Parigi. È chiaro che così tutti contribuiscono a intorbidire le acque. È chiaro che
la verità, già sommersa da una valanga di menzogne, sarà impossibile da trovare. E il caso Nisman sarà
l'ennesimo omicidio tra vent'anni ancora irrisolto. A pagare saranno la sua memoria e l'autorevolezza
dell'Argentina.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L'antitaliano
30/01/2015
L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
Pag. 1.26
(diffusione:369755, tiratura:500452)
NON È UN PAESE PER TSIPRAS
STEFANO RODOTÀ DI MARCO DAMILANO
La speranza. La forza della democrazia, alternativa alla destra del rifuto, rappresentata da Syriza, in Grecia.
E «le chiusure oligarchie, l'asfssia» della sinistra, in Italia. Dopo il trionfo di Alexis Tsipras cambierà la politica
europea, prevede Stefano Rodotà, con il recupero dell'idea di solidarietà, «utopia necessaria», come la
defnisce nel suo ultimo libro pubblicato da Laterza. Syriza in Grecia e Podemos in Spagna sono i partiti della
crisi, nati e cresciuti nella grande crisi economica, guidati da leader lontani dalla vecchia sinistra europea per
cultura e generazione. E in Italia? «La metto giù brutale», risponde Rodotà che nei sondaggi della rete resta il
nome più votato per il Quirinale dopo la candidatura del 2013. «Assistiamo alla strada già fallimentare, la
sommatoria di dirigenti di partito. E nessuno risponde alla domanda: siamo capaci in Italia di radicare una
coalizione sociale come Syriza?». Stefano Rodotà, Syriza ha vinto annunciando che le politiche di austerity
sono finite, in Grecia e in Europa. Ma è proprio così? «Conosco personalmente Alexis Tsipras, è un politico
realista, non farà saltare tutto, proverà ad aprire un negoziato con Bruxelles sul debito. Sarebbe un
gravissimo errore politico per le istituzioni europee pensare di liquidarlo. Anche perché in Grecia Alba Dorata
ha conquistato il terzo posto. Se non ci fosse stata una forza democratica come Syriza che ha intercettato il
disagio si sarebbe ingrandita ancora di più l'estrema destra del rifuto, come successo in Francia con il Front
National. Anche in Spagna Podemos intercetta il malessere, lo traduce in una richiesta democratica e non nel
rifuto. Ma questo ruolo non può essere lasciato solo a Syriza e a Podemos, deve diventare un compito
comune. Il resto della sinistra europea è sfdata dal risultato greco. Per chi governa è un'opportunità. Tsipras
aiuterà chi vuole rimettere in discussione gli equilibri in Europa». È un possibile alleato per Matteo Renzi?
«Certamente. Io non sono stupito che Tsipras guardi a Renzi. I principali interlocutori che si devono sentire
sfdati dal nuovo governo greco sono quei partiti e quei leader che appartengono alla sinistra socialista o si
fregiano di questa etichetta. Se resteranno in silenzio, perderanno una grande occasione». Quale sarà
l'effetto di Syriza sull'Europa? «Il più importante è l'inevitabile riapertura del processo costituente in Europa.
Per mettere al centro le politiche di austerità è stato azzerato il processo costituente aperto nel 1999, la
Costituzione europea affossata con il referendum francese, il Trattato di Lisbona, che pure era insufficiente.
L'Europa in questi anni è stata amputata dei diritti, è passata l'identifcazione tra Bruxelles e i sacrifci, l'Europa
è avvertita come burocrazia e riduzione dei diritti, in primo luogo quelli sociali. Oggi c'è l'occasione di
riconquistare fducia nella costruzione europea con un ripensamento delle sue istituzioni. Jurgen Habermas,
convinto apologeta dell'Europa, ha scritto che solo la solidarietà può far venir meno l'odio reciproco tra Paesi
debitori e Paesi creditori che sta alla radice della crisi». Lei nel suo libro ha scritto che la solidarietà è
diventata «una parola proscritta». «Ora però la solidarietà ritorna. L'Europa ha perduto i suoi cittadini, la
vittoria di Syriza può essere il primo passo per ricostruire un'unità vera e mettere in diffcoltà chi vuole
distruggere la costruzione europea rappresentandone solo i problemi. Uno stimolo rivolto soprattutto ai partiti
della sinistra socialista». In Grecia, però, i socialisti del Pasok sopravvivono a stento dopo aver sostenuto i
governi di grande coalizione. In Spagna Podemos supera nei sondaggi il Psoe, lo storico partito socialista.
Vincono i movimenti nuovi che superano la sinistra del Novecento. «È vero. I partiti socialisti europei, a
partire dal Pasok greco, non sono caduti per un attacco esterno, si sono auto-consumati perché non sono
stati in grado di dare una risposta nuova alle esigenze e alle urgenze nate negli ultimi anni di crisi. E il vuoto
che si è aperto a sinistra non è stato colmato da quello che c'era prima. In Grecia, per esempio, il Kke, il
partito comunista ellenico, è rimasto sulle percentuali di sempre. L'elettorato perso dai socialisti si sposta
verso proposte politiche nuove. La crisi della socialdemocrazia, il suo logoramento, la sua dissoluzione, è
stata determinata dalla sua timidezza e inadeguatezza politica. La risposta nuova è caratterizzata dalla
radicalità. Podemos è un movimento più radicale e ideologizzato. Syriza è una storia sociale, con un lavoro
quotidiano di vicinanza alle persone in diffcoltà, drammaticamente impoverite dalle ricette della Trojka, è un
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INTERVISTA Primo Piano dopo il voto greco / la lezione per l'italia
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L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
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partito socialmente insediato. Ora la sfda è uscire dal mondo delle ipotesi, la radicalità sarà messa alla prova.
Vinte le elezioni, questo insediamento sociale sarà rafforzato?». Si poteva fare qualcosa di simile in Italia?
Nel 2011 27 milioni di italiani votarono per l'acqua pubblica e contro il nucleare, lei scrisse che si stava
formando un movimento di "altra politica" e non di anti-politica: «Le donne, le ragazze e i ragazzi, i precari, i
lavoratori, la scuola, la cultura». Dove sono finiti? Chi li rappresenta in politica? Nichi Vendola? Pippo Civati?
La lista Tsipras? «Io la metto giù in termini brutali. Una lista messa su con il nome di Tsipras alle ultime
elezioni europee ha consentito di superare la soglia di sbarramento e di evitare la débâcle di precedenti
esperienze, la Sinistra arcobaleno e Rivoluzione Civile. Ma è una risposta assolutamente inadeguata. Syriza
non è un modello teorico, astratto, Syriza è una coalizione sociale. Quello che manca qui da noi. Siamo
capaci in Italia di radicare un movimento come Syriza? Non mi pare che questi temi siano sforati. Sento
parlare di fuoriusciti del Pd che dovrebbero sommarsi con un pezzo di Sel. E mi sembra che sia la strada di
sempre, la sommatoria di dirigenti di partito, all'origine di tutte le sconftte degli ultimi anni. Si avverte un gioco
di oligarchie. Un'asfssia». Nell'ultimo incontro di Sel a Milano "Human Factor" con Vendola e Civati si è
parlato di adesioni trasversali, di doppie tessere... «Per carità, rimettere insieme i cocci è sempre un esercizio
utile! Ma non può bastare. Non c'è a sinistra del Pd una lettura adeguata della situazione. Si ripercorrono
strade già sperimentate, con risultati modesti. I radicali con la doppia tessera si sono ridotti a percentuali
irrilevanti. E la doppia tessera per chi non ha ancora maturato l'idea di lasciare il Pd può diventare un alibi, un
modo per non guardare in faccia la realtà, la scorciatoia per continuare con la sommatoria tra dirigenti di
partito mentre in Europa c'è ben altro slancio...». Tsipras e Iglesias sono due leader giovani, espressione di
una generazione della crisi, coetanei di Renzi. In Italia molti leader che vorrebbero imitarli erano già in
Parlamento quando loro andavano a scuola. Ci vorrebbe, anche a sinistra del Pd, una rottamazione? «Il
termine non mi piace. Ma guardiamo i fatti: la rottamazione di Renzi nel Pd è stata la reazione a un blocco
impressionante che durava da anni. In tutti i campi, non solo in politica. Guardi all'università quanti sono i
docenti con meno di quarant'anni. Non è possibile andare avanti con un Paese che taglia fuori la generazione
più giovane in cui c'è un potenziale innovativo. La rottamazione è stata una parola d'ordine che ha avuto
fortuna perché è sembrata l'unico modo di chiudere con le pesanti blindature oligarchiche dei partiti. In
passato il sistema politico aveva dimostrato di saper trovare le energie al suo interno per rinnovarsi, dal 2013
in poi la reazione è stata: fateli fuori tutti. Renzi nelle seconde primarie, quelle del 2013, ha vinto senza
combattere, aveva davanti a sé un'autostrada. Enrico Letta aveva il consenso di Giorgio Napolitano ma non
aveva nessuna possibilità di resistere». C'è un problema di leadership? Chi è lo Tsipras italiano? «Io dico che
il credito che Maurizio Landini si è saputo conquistare è dato dall'immediato senso di vicinanza che lui
sollecita quando interviene in prima persona nei tavoli delle crisi aziendali, nei cortei di piazza o sulla riforma
della politica. È lontano dall'idea di riaggregare vecchie sigle, ma anche da personalità come Sergio Cofferati
o da Susanna Camusso, anche se con la segretaria della Cgil c'è stato un riavvicinamento. Quando il peso
dell'opposizione politica in Parlamento si è assottigliato, per esempio sul Jobs Act, è cresciuto il peso
dell'opposizione sociale. In questo Paese si è teorizzata l'irrilevanza dei corpi intermedi, ma negli ultimi mesi i
sindacati si sono dimostrati più capaci e vitali dei partiti. Ma raccogliere consenso soltanto attorno a una
soggettività sindacale non basta. Costruire una coalizione sociale non signifca mettere alla sua testa Landini
e la Fiom. In Italia ci sono altri soggetti sociali importanti. C'è don Luigi Ciotti di Libera che guarda con occhi
limpidi alla politica. C'è Emergency, ci sono i comitati che seguono la destinazione dei beni confscati alla
mafa. Mondi che non possono essere rinchiusi in uno schema pre-costituito». E il Movimento 5 Stelle? I
milioni di elettori, i parlamentari, i sindaci, sono interlocutori di questo progetto? «Sì, ma non nel senso che
allora si deve aggiungere un posto per i rappresentanti di 5 Stelle. Nel M5S ci sono persone nuove che hanno
un riferimento sociale, anche se il dialogo è faticoso e possono arrivare a farti arrabbiare. Ricordo l'interesse
di chi ha votato per il movimento e di tanti parlamentari quando abbiamo presentato le proposte al Teatro
Valle su acqua pubblica, reddito minimo garantito, fne vita, beni comuni, democrazia diretta. È ancora una
base di partenza». E lei che ruolo immagina per sé? «Ormai sono vecchiotto... Ricordo che nei giorni del
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referendum sull'acqua ho lavorato e mi sono sentito a mio agio con giovani coetanei di Tsipras e Iglesias che
hanno quarantacinque anni meno di me, fuori dai vincoli delle sigle tradizionali. Potrei farle un lungo elenco di
nomi rimasti ai margini. C'è bisogno di recuperare queste persone, di un rinnovamento che ridia slancio a
quel che di vitale è rimasto. Per costruire, anche in Italia, una coalizione sociale». Foto: pagine 26-27: N.
Pilos - Laif / Contrasto, pagine 28-29: Tania - A3, P. Scavuzzo - Agf, A, Casasoli - A3, P. Barrena Bloomberg / GettyImages
Foto: Alexis TsiprAs con lA viTToriA nel pugno
Foto: stefano rodotà. a destra, dall'alto: pippo civati, maurizio landini e pablo iglesias, il leader di podemos, il
partito spagnolo accreditato nei sondaggi di un consenso vicino al 30 per cento
Foto: la crisi della socialdemocrazia è dovuta alla sua timidezza. mentre ora è tempo di radicalità
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Ha vinto per disperazione
colloquio con PETROS MARKARIS DI FEDERICA BIANCHI
Il Camilleri greco, Petros Markaris, 78 anni, anche sceneggiatore del compianto grande regista Theo
Anghelopoulos, sulla crisi del suo Paese dal 2010 ad oggi ha scritto una trilogia edita in Italia da Bompiani.
Ha raccontato i vizi della sua gente trasformandosi nella coscienza critica della società e della politica. Dopo
la vittoria di Tsipras spiega di non essere un suo sostenitore ma al contempo condivide con i connazionali la
gioia di essersi liberato dell'establishment politico che negli ultimi 40 anni ha condotto la Grecia nel baratro.
Petros Markaris, come descriverebbe il personaggio Alexis Tsipras? «È un politico giovane, estremamente
ambizioso, determinato da anni a diventare primo ministro con un atteggiamento verso i problemi politici del
tipo: "Andiamo al potere, poi una volta lì troveremo una soluzione"». Cosa pensa della strana alleanza tra la
sinistra radicale di Syriza e la destra estremista degli Indipendentisti Greci, dichiaratamente antiimmigrazione
ed euroscettica? «È ragionevole che il partito della sinistra radicale, oppositore dell'intesa con la Troika (il trio
composto da Fondo monetario internazionale, Unione europea e Banca centrale europea, n.d.r.) cooperi con
un altro partito radicale anti Troika. E poi me l'aspettavo un'alleanza con Panos Kammenos. Da mesi lui e
Tsipras votano insieme in parlamento su vari temi economici contro il vecchio governo». Questa sintonia
nell'opposizione al vecchio governo basta per governare insieme? «In questo momento l'intero scenario
politico greco si regge sul dualismo dell'essere favorevoli o contrari alle ricette d'austerità imposte dalla
Troika. Gli altri temi di una politica nazionale come l'educazione, gli affari esteri o l'immigrazione non sono
assolutamente affrontati. Sembra che non interessino a nessuno. Ma è ovvio che Tsipras avrà grandi
problemi con i suoi nuovi alleati appena andrà a toccare quei tasti. D'altra parte non aveva scelta migliore.
Stavros Theodorakis, il leader del partito "To potami" (Il Fiume), aveva affermato che l'avrebbe aiutato su temi
comuni, decisione per decisione, ma per entrare al governo avrebbe voluto imporre condizioni pesanti che
Tsipras non era disposto a concedere. E poi la base di Syriza vede Theodorakis come parte intergrante del
vecchio establishment e non vuole avere nulla a che fare con lui». L'alleanza tra la nuova destra e la nuova
sinistra basata sul comune nemico segna la fine dell'antagonismo tra destra e sinistra che ha diviso i greci fin
dagli anni della guerra civile? «Non credo proprio. L'intera campagna elettorale ha approfondito la frattura
nata dalla Seconda guerra mondiale. Antonis Samaras diceva che chi avrebbe votato per Syrizia avrebbe
votato per la propria distruzione, la stessa retorica usata dalla destra contro la sinistra all'epoca dell'Unione
sovietica. E Tsipras d'altra parte accusava coloro che parteggiavano per Samaras di essersi venduti al Fondo
monetario internazionale che per i socialisti di una volta è l'equivalente del vendersi agli "americani"...». Molti
elettori di Syriza hanno dichiarato che non si aspettano che Tsipras metta davvero in pratica ogni cosa che ha
detto e dunque il neo primo ministro avrà più ampio spazio di manovra di quanto non si pensi... «La Grecia è
l'unico Paese europeo in cui la gente va a votare per un partito da cui non si aspetta il rispetto del
programma. Vero ma assurdo. Syriza anche se include persone moderate e intelligenti non è un partito unito.
È composto da diverse fazioni e nessuno sa quale prevarrà. Lo stesso Tsipras, a scapito delle apparenze, è
un "primus inter pares" e resta da vedere se ce la farà a imporsi davvero una volta al governo». Lei per chi ha
votato? «Devo proprio dirlo? Preferisco di no. Però posso dire che ho dato un voto mirato a non far diventare
Alba Dorata il terzo partito greco. Che lo sia diventato lo stesso mi dispiace molto. Per come è messo il
sistema politico greco non sono d'accordo con nessun partito. È il sistema stesso che non funziona. Certo
Alba Dorata è l'opzione peggiore di tutte». E cosa pensa di George Papandreou, l'ex primo ministro socialista
che questa volta non ce l'ha fatta ad entrare in parlamento? «Uno dei risultati davvero positivi di questa
elezione è stata l'eliminazione di Papandreou e probabilmente anche di Samaras dalla scena politica greca. I
partiti tradizionali hanno perso insieme oltre il 30 per cento dei voti. Coloro che volevano votare a destra
hanno votato per Alba Dorata e Kammenos. I liberali per Syriza. Molti elettori di Nuova democrazia sono
delusi dal loro partito e dall'ex primo ministro». Cosa ha sbagliato Samaras? «Non solo non ha alleviato la
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Primo Piano dopo il voto greco / l'intervista
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crisi come promesso ma la sua campagna per la rielezione è stata orrenda, incentrata tutta sulla
demonizzazione dell'avversario e sulla paura. Tsipras dovrebbe mandargli un mazzo di fori e ringraziarlo per
averlo aiutato a vincere». Dunque è stato un voto soprattutto di protesta? «I commentatori stranieri hanno
scritto che la gente voleva un cambiamento ma la realtà è che questo voto è stato il frutto di una profonda
frustrazione. La maggior parte dei greci non aveva più nulla da perdere. In realtà ce l'ha eccome ma non se
ne rende conto. È disperata. Cinque anni di misure disumane l'hanno portata allo stremo delle forze e hanno
distrutto l'intera classe media che infatti si è rivoltata contro Samaras, incapace di migliorarne la condizione».
Eppure qualcosa stava migliorando. Il Paese ha raggiunto il surplus di bilancio primario, ovvero prima del
pagamento degli interessi.... «L'anno scorso la situazione si era quanto meno stabilizzata. Si era arrestata la
caduta nel baratro. Ma gli errori di Samaras, il suo continuo strizzare l'occhiolino ai fascisti, hanno distrutto
tutto». Come descrive l'atmosfera in Grecia dopo queste storiche elezioni? «La Bibbia dice che l'Universo è
stato creato dal caos. Oggi il caos domina sovrano: nessuno sa cosa succederà nelle prossime settimane.
Magari ci sono grandi cose in preparazione. Chissà». Qual è il sentimento predominante adesso? «Più che la
felicità è un grande sollievo. Sollievo per essersi fnalmente liberati dei partiti che ci avevano condotto nel
baratro. Ma la mia paura è che non ci si renda conto che quando ci si libera da qualcuno c'è sempre qualcun
altro che lo sostituisce. E non è detto che sia migliore. Perché in Grecia è il sistema clientelare all'origine di
tutti mali. Nato negli anni Ottanta con Andreas Papandreou, non è mai sparito. Nemmeno ora. L'obiettivo dei
politici che vincono non è smantellarlo ma utilizzarlo a proprio vantaggio nell'ottica che sia arrivato "il proprio
turno". Se anche Syrizia farà così ci potremo dimenticare qualsiasi cambiamento. E certo non è un bel
segnale che la leadership dei sindacati stia ora tutta con Syriza... Per questo motivo ho deciso di mantenere
una certa distanza dai vincitori. Ho un'età avanzata: ho già visto tutto nella vita». Queste elezioni le hanno
ispirato un altro romanzo? «Mi sono stufato della crisi. Nella realtà non ne vedo una via d'uscita come
avviene nei romanzi. Lo scrittore tedesco Heiner Müller diceva che l'ottimista non ha abbastanza
informazioni. Io sono un pessimista». P. Giannakouris - Ap / LaPresse, P. Matsas - Oplae / Luzphoto Foto: N.
Pilos - Laif / Contrasto (2
Ma Alexis ha alcuni assi nella manica...
I prossimi passi di Alexis Tsipras non saranno semplici. E non che ci volesse la nota inviata al neo primo
ministro dalla cancelliera Merkel per saperlo. Il prossimo 28 febbraio scadrà il programma di salvataggio.
Senza un suo rinnovo la Grecia potrebbe ancora una volta trovarsi sull'orlo della bancarotta. Nei corridoi di
Bruxelles si parla di una rinegoziazione della scadenza del debito e di un taglio ai tassi di interesse. Ma la
partita deve ancora essere giocata. A giudicare dalla scelta di alcuni giocatori Tsipras si è dimostrato un
allenatore scaltro. Innanzitutto ad un'alleanza più affine ma molto complicata ha scelto in tempi record quella
con un populista di destra, Panos Kammenos, con cui all'esterno del Parlamento non berrebbe nemmeno un
bicchiere di raki, ma che all'interno probabilmente gli garantirà un governo stabile. La contropartita? Un
ministero, quello della Difesa, che Kammenos desidera da tempo, e che tra l'altro Tsipras non avrebbe
saputo gestire con i suoi. Nei giorni precedenti le elezioni gli anarchici di Exarchia avevano scommesso che
Syriza non ce l'avrebbe mai fatta a controllare le forze di polizie e che alla prima battaglia urbana il partito
sarebbe stato travolto dalle proteste. In poche ore hanno dovuto ricredersi. Seconda scelta vincente: quella
che è tutt'ora considerata la mina vagante del partito, l'euroscettico e insofferente Panagiotis Lafazanis, è
stata disinnescata con il ministero dello Sviluppo e dell'Ambiente dove potrà mettere alla prova le sue tesi di
estrema sinistra. Infine, al ministero delle Finanze - sorpresa, sorpresa - non c'è Che Guevara ma Yanis
Varoufakis, professore insieme a James Galbraith all'Università del Texas ad Austin e raffinato blogger amato
dai giornalisti per le sue spiegazioni cristalline. Tra i primi a non ritenere sostenibile il debito greco (sua la
definizione delle misure di austerità come di "waterboarding fiscale"), Varoufakis non ha mai creduto però che
l'uscita dall'euro fosse la soluzione ai guai greci. Al contrario, sono anni che elabora piani su come alleviare la
crisi europea. Ora avrà la possibilità di metterli in pratica insieme a Yannis Dragasakis, altro economista, ora
vice primo ministro gerco con delega alle trattative con Bruxelles. F.B.
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L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
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Foto: PetrOs MArkAris. A sinistrA: LA FestA Per LA vittOriA dei sOstenitOri di syrizA
Foto: il nuovo Premier dovrà fare i conti con un sistema clientelare all'origine di tutti i nostri mali IN ALTo:
ALTRE duE IMMAGINI dEGLI ELETToRI dI SyRIzA IN FESTA dAvANTI ALL'uNIvERSITà dI ATENE
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L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
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Draghi-Merkel cronaca di un divorzio
Claire Jones a FranCoForte, steFan Wagstyl a Berlino e Chris gi
Il disaccordo tra Mario Draghi e Angela Merkel è cominciato davanti alle montagne Grand Tetons nel
Wyoming lo scorso agosto. All'appuntamento annuale dei maggiori responsabili della politica monetaria del
mondo, il simposio di Jackson Hole, è intervenuto anche Draghi. Il suo discorso, tenuto il secondo giorno
all'ora di pranzo, ha segnato l'inizio di un drastico deterioramento del rapporto tra il presidente della Banca
centrale europea e la cancelliera tedesca. Nel suo intervento, alcuni passaggi del quale non erano stati
esaminati prima dai funzionari della cerchia ristretta della Bce, Draghi ha gettato le fondamenta del
programma avviato la scorsa settimana per l'acquisto di obbligazioni di Stato europee per mille miliardi di
euro. E alcuni punti hanno fatto infuriare la cancelleria a Berlino. Il legame tra il più potente leader politico
dell'eurozona e il banchiere centrale è stato cruciale per la stabilità dell'euro, in un'area che ha dovuto e deve
affrontare la crisi del debito, una crescita debole e la defazione. La Merkel aveva offerto un chiaro appoggio a
Draghi quando, nell'estate del 2012, promise di «fare tutto il necessario» per evitare che l'unione monetaria si
sfaldasse, incluso l'acquisto di debito sovrano dei Paesi più in crisi e ciò in quantità potenzialmente illimitate.
Nei 18 mesi scorsi, tuttavia, Berlino si è sempre più irritata di fronte all'insistenza della Banca centrale
europea su un possibile programma di "alleggerimento quantitativo" del debito, in inglese chiamato
"quantitative easing". I tassi di interesse bassi come non mai hanno messo da tempo in agitazione i
risparmiatori tedeschi, facendo il gioco del partito euroscettico AfD e premendo sull'Unione democratica
cristiana della Merkel. Il suo scontro con la Bce e la sua seria preoccupazione per l'economia dell'eurozona si
sommano alle diffcoltà create dalla crisi ucraina con la Russia. Il leader più potente dell'Europa non crede di
avere perso il controllo del destino della Ue, ma teme che ciò possa accadere. Il suggerimento avanzato dal
presidente della Bce a Jackson Hole - che la Germania metta mano al suo forziere fscale per fare ripartire la
crescita nella regione - è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Angela Merkel avrebbe detto in
privato che Draghi stava «giocando un altro gioco». Ad aggravare l'irritazione di Berlino è stato poi il modo
eccezionalmente esplicito di Draghi di ricordare le sempre più basse aspettative d'infazione, che i mercati
hanno interpretato come il segno di un percorso obbligato verso un programma di quantitative easing. Dopo
un incontro con Draghi ai margini del vertice Ue di dicembre, l'ira della cancelliera è stata tale da spingerla
addirittura a ipotizzare una presa di posizione contro questo programma, mossa che avrebbe quasi
certamente turbato i mercati che stavano già largamente scontando un cospicuo acquisto di bond sovrani da
parte di Francoforte. La Merkel ha deciso alla fne di non pronunciarsi pubblicamente: la cancelleria ha
escluso dichiarazioni anche per il futuro. Invece nelle conversazioni con altri leader è stata più diretta.
All'inizio di gennaio, ha visitato a Londra con David Cameron il British Museum. Lì ha aspettato di arrivare alla
mostra sulla Repubblica di Weimar e sull'iperinfazione di quegli anni per dire al premier britannico che, a suo
avviso, il Qe era una «pessima, pessima idea». Nella settimana successiva, Draghi è andato a trovare la
cancelliera e il suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, ma non è riuscito a fugare le principali
preoccupazioni del governo tedesco: che un acquisto di obbligazioni sovrane allenti la pressione sugli Stati
membri più spendaccioni, che devono ancora implementare importanti riforme economiche, e che il
contribuente tedesco sia esposto nel caso che qualche Paese decida di rinnegare il proprio debito. Una
questione particolarmente delicata all'indomani delle elezioni greche vinte dal partito Syriza, che vuole
ristrutturare il debito e abbandonare le politiche di austerità. Il suo leader, Alexis Tsipras, ha già incontrato
Draghi due volte. Berlino non accetta neppure l'argomento che la lotta contro la defazione nell'area euro
abbia minato la credibilità della Bce, in particolare sulla stabilità dei prezzi al di sotto, ma di poco, del 2 per
cento. Negli ultimi mesi, Draghi ha subìto l'effetto delle forti critiche dell'establishment tedesco contro
l'adozione sempre più aggressiva di politiche monetarie non convenzionali da parte della Banca che egli
guida. Nell'Eurotower, c'è chi teme che un atteggiamento negativo della Germania possa persino affevolire
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Primo Piano dopo il voto greco / lo scontro germania-bce
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L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
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l'effetto "maggiore fducia" che il Qe dovrebbe trasmettere. Quanto alla tradizionale politica della Bce di
spalmare le possibili perdite derivanti dall'acquisto in massa di titoli sovrani su tutte le 19 banche centrali
nazionali, Draghi sapeva che alla fne avrebbe dovuto piegarsi alle pressioni tedesche. Così, spetterà alle
banche nazionali assumersi il rischio per quasi tutte le perdite riguardanti il proprio debito sovrano, una
soluzione concepita per evitare che i Paesi dell'unione monetaria siano costretti a fronteggiare i danni di una
ristrutturazione del debito greco. La soluzione ha, tuttavia, suscitato anche la preoccupazione che la Bce non
sia più impegnata come prima a mantenere lo status quo dell'unione monetaria. Nel quadro del programma di
Qe, i termini per l'acquisto di titoli del debito greco sono stati formulati in maniera tale che la Grecia non sia in
grado di parteciparvi fno ad almeno il prossimo giugno. Si tratta di un'importante concessione, ma Berlino
voleva molto di più. La Germania è ancora preoccupata che alla fne il conto vada a cadere sui propri
contribuenti. La cancelliera è indignata, in particolare, per la decisione della Bce di lasciare il programma
aperto, come ha reso esplicito Draghi impegnandosi ad acquistare obbligazioni di Stato finché l'inflazione non
mostrerà segni di avvicinarsi al 2 per cento. La sensazione è che l'Eurotower abbia messo le ansie dei
mercati davanti a quelle dei suoi padroni politici. «Il rapporto di Draghi con Berlino sarà molto più precario da
questo mo mento in poi, perché ha messo la Merkel in una posizione molto diffcile sul piano interno», dice
Mujtaba Rahman, direttore del Eurasia Group. «Il sostegno della cancelliere alle precedenti decisioni della
Bce le hanno già scatenato contro gli schieramenti tedeschi anti euro. Ora dovrà gestire le conseguenze del
Qe assieme a negoziati diffcili sulla Grecia e sull'Ucraina, oltre a elezioni ravvicinate ad Amburgo e a Brema,
dove gli euroscettici dell'AfD potrebbero raccogliere un buon successo». Traduzione di Marina Guiomar
Parada Foto: A. Kotte - Laif / Contrasto, M. Schreiber - Reuters / Contrasto, U. Bernhart - Anzenberger /
Contrasto© 2015, The Financial Times
Foto: AngeLA MeRKeL. A SiniStRA: MARio dRAghi. Sotto: LA Sede deLLA BCe A FRAnCoFoRte
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Il Jihad lo fanno i media*
Colloquio Con Patrick Cockburn - di daniele Castellani Perelli
Il governo di Sua Maestà dovrebbe considerare l'idea di pensionare l'intero MI6 (l'intelligence britannica, ndr),
e al suo posto assumere Patrick Cockburn». A dirlo è stata lo scorso dicembre la giuria che ha insignito
Cockburn - 64 anni, irlandese, storico corrispondente dal Medio Oriente prima del "Financial Times" e poi
dell'"Independent" - del premio di miglior giornalista di affari esteri britannico, per aver raccontato prima di tutti
l'emergere dell'Isis (Stato islamico). Se è così, allora suona un po' preoccupante non tanto la prontezza con
cui Cockburn risponde «yeah, sure», sì sicuro, quando gli chiediamo se ritiene probabile un attentato jihadista
in Italia, quanto il fatalismo con cui dice che davanti ad attacchi come quello parigino contro "Charlie Hebdo"
c'è ben poco da fare, è pressoché inutile rimproverare i servizi segreti, che diffcilmente possono indovinare
chi nell'enorme massa di sospettati può tramutarsi in un assassino. Ma come si spiega Cockburn (che in
questi giorni è in libreria con il suo "L'Ascesa dello Stato Islamico. Isis, il ritorno del jihadismo", edito da
Stampa Alternativa) che così tanti europei siano attratti dal jihad? «Non direi che sono tanti. Ci sono 5 milioni
di musulmani in Francia, 4 in Germania, 3 nel Regno Uniti», risponde. «Davanti a questi numeri la
percentuale di chi parte per la Siria è davvero minima. Gli attentati di Parigi sono stati compiuti da sole tre
persone». In questo scenario, secondo lui, ci sono dei limiti a quello che i governi possono fare: «Ovviamente
bisogna rafforzare la sicurezza e i servizi di intel ligence che sorvegliano gruppi sospetti. Ma sono
controproducenti quelle misu re eccessive che fniscono per criminalizzare un'intera comunità e per offendere
dei musulmani che magari non avrebbero alcuna simpatia verso al Qaeda. È una strada diffcile da
percorrere, è vero, ma non so quanto siano effcaci quei leader che non fanno che riempirsi la bocca di
"guerra al terrorismo"». Ma allora che cosa può fare l'Occidente per prevenire gli attentati? «Deve cercare di
fermare gli almeno sette confitti che si stanno combattendo dal Pakistan alla Somalia alla Nigeria, soprattutto
quelli in Iraq, Siria, Yemen e Libia, dalle cui scintille possono generarsi famme in Europa. Poi sarebbe bello
se le guerre in Medio Oriente l'Occidente smettesse di provocarle o alimentarle. Ho coperto il confitto in Libia,
che è stato combattuto anzitutto dalla Nato. È stato quell'intervento ad aprire il campo all'attuale guerra civile
tra bande criminali, uno stato di caos in cui prosperano formazioni simili ad al Qaeda. In Siria, che è il
principale santuario dei jihadisti, l'Occidente è contro l'Isis ed anche contro il dittatore Assad, che però
combatte contro l'Isis, che dunque insieme ai qaedisti di al Nusra sarebbe il primo benefciario della caduta di
Assad». Ma davanti a questo dilemma, come porsi allora in Siria? «Bisogna cercare di ottenere un cessate-ilfuoco tra l'esercito di Assad e le forze non jihadiste, che è poi quello che sta provando a fare l'inviato speciale
dell'Onu Staffan de Mistura». Per Cockburn il modo in cui i leader e i media occidentali hanno vissuto gli
attentati parigini è stato molto istruttivo. Perché mentre Boko Haram uccideva duemila persone in Nigeria,
loro usavano espressioni retoriche e senza senso delle proporzioni, come "L'11 settembre francese",
mostrando proprio quella paura che i terroristi volevano provocare («Metà del jihad la fanno i media», dicono
alcuni jihadisti). E poi perché, dietro l'unanimità di facciata con cui tutti i leader e i loro alleati hanno
denunciato i jihadisti e espresso solidarietà alle vittime, ognuno va poi per la sua strada quando si tratta di
agire, politicamente o militarmente, e infatti l'Isis è potuto crescere in pochi mesi in maniera incredibile anche
grazie a loro, Turchia e Arabia Saudita in primis: «Fino al 2011 in Iraq il livello di violenza era alto, ma in
qualche modo la situazione era stabile. Ciò che ha peggiorato le cose è stato lo scoppio della guerra in Siria.
Il ramo iracheno di Al Qaeda è andato a fare esperienza lì, ed è poi tornato in Iraq più potente e più ricco di
prima, forte anche della sua capacità politica di rappresentare il disagio sunnita in entrambi i Paesi, dove il
governo è nelle mani degli sciiti. Me l'hanno confermato anche diversi politici di Baghdad, è stata la guerra in
Siria a dare il colpo fnale all'Iraq». A proposito, è d'accordo Patrick Cockburn con chi sostiene che in Medio
Oriente si stia combattendo una guerra dei trent'anni tra sciiti e sunniti, che ha avuto grosso modo inizio con
quella tra Iran e Iraq negli Anni Ottanta e che vediamo all'opera in questi giorni anche in Yemen? «Mah. A
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Dossier minaccia islamista / l'intervista
30/01/2015
L'Espresso - N.5 - 5 febbraio 2015
Pag. 64
(diffusione:369755, tiratura:500452)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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Baghdad trovi chi dice che una volta la convivenza tra i due gruppi era più pacifca, ma in fondo già mille anni
fa i sunniti bruciavano le moschee sciite. Però sì, tutto si è complicato con la rivoluzione iraniana del 1979 e
con la diffusione, dall'altra parte, del fondamentalismo wahhabita, nemico degli sciiti, sponsorizzato e
sovvenzionato, da Londra fino a Kuala Lumpur, dall'Arabia Saudita, grande alleato dell'Occidente, fno a farlo
diventare sempre più infuente nel sunnismo mainstream». Proprio quel fondamentalismo sunnita ha prodotto
negli ultimi decenni formazioni come al Qaeda e l'Isis. Quali differenze ci sono tra loro? «Hanno un'ideologia
molto simile, tattiche legate agli attentati suicidi, un'idea militare della religione. Ma l'Isis è forse più antisciita
e soprattutto è una specie di macchina da guerra. Intendiamoci, al Qaeda non è più "moderata", ma l'Isis è un
mix di fanatismo religioso e esperienza militare, con gente che ha un vero background di guerra». Per quanto
riguarda l'Italia, per Cockburn le possibilità che sia colpita da un attacco terroristico sono proporzionali al
proflo che terrà il Paese, e ricorda quella volta che un ministro italiano, Roberto Calderoli, mostrò in tv una
vignetta su Maometto provocando una manifestazione davanti al consolato italiano di Bengasi, in Libia, che
fnì con diversi morti. «Incidenti come quello potrebbero fornire il pretesto per un attacco», avverte. E quanto
al presunto riscatto pagato dal governo per la liberazione delle cooperanti Greta e Vanessa in Siria? «Non ho
un'opinione forte. Britannici e americani non pagano, ma questo non sembra dissuadere l'Isis dal prendere
ostaggi di queste nazionalità. Comunque anche qui abbiamo una pro spettiva molto occidentale e
dimentichiamo che la maggior parte delle persone rapite in Iraq e Siria sono dei locali, c'è un vero business
criminale di cui non parliamo mai». Negli ultimi sei mesi Cockburn è stato più di una volta in Iraq, Siria e
Pakistan. Oggi ritiene che il lavoro di corrispondente di guerra in Medio Oriente sia diventato molto più diffcile:
«In Iraq e Siria c'è gente che vuole uccidere giornalisti proprio per garantirsi il massimo della pubblicità, e poi i
governi centrali in pratica non esistono e non possono proteggerti». È ancora più diffcile, questo lavoro, se
come lui si hanno a casa una moglie e due figli ad aspettarti? «Devi trovare un equilibrio tra il tuo lavoro e le
emozioni della tua famiglia. A volte si può evitare un posto se in quel momento è particolarmente pericoloso.
Ma solo tu sai il vero rischio della situazione, mentre tua moglie che è a casa vede le immagini in tv e pensa
che tutto sia pericolosissimo, quando non sempre lo è. Ma non bisogna fare troppo romanticismo attorno a
questo mestiere. In fondo quando vai lì hai un passaporto europeo, parecchi soldi in tasca, e molte più
chance di cavartela di milioni di iracheni e siriani». Patrick Cockburn "copre", come si dice in gergo, il Medio
Oriente da 40 anni. Qual è stato l'ultimo momento in cui ha pensato che questa regione ce la potesse fare?
«Ero a Baghdad, a fine anni Settanta. Saddam Hussein stava per andare al potere e non era il mostro che
sarebbe diventato. Aveva una buona formazione, e non c'erano guerre, e l'Iraq sembrava avere un futuro
davanti a sé. Poi anno dopo anno il Paese è venuto giù, tirandosi dietro tutta la regione». Foto: Rex Features
/ Olycom, Reuters / Contrasto
Foto: una sFilata su CaRRi aRmati di militanti dellO statO islamiCO a Raqqa, Città della siRia Che è la lORO
ROCCaFORte. in bassO a sinistRa: patRiCk COCkbuRn e la COpeRtina del suO libRO
30/01/2015
The Economist - N.5 - 31 gennaio 2015
Pag. 10
Moral disorder
Whatever the generals think, smashing Yingluck Shinawatra and her brother is no cure for Thailand's ills
FOR 15 years Thaksin Shinawatra has dominated Thai politics-and for most of that time the country's
generals and their supporters around the ailing king have tried to destroy him. The populist billionaire fled into
exile two years after a coup deposed him in 2006, but his sister, Yingluck, still won an election in 2011 and
ruled as his proxy, with Mr Thaksin pulling the strings from Dubai. But she was ousted last May in a
constitutional wrangle-and soon afterwards the army took over. Now rampant abuses stemming from a rice
subsidy programme that was overseen by her government, have led to a sham impeachment of her. Criminal
charges will follow. This time, finally, the generals and courtiers may have cornered the Shinawatras (see
page 40). Ms Yingluck is in effect a hostage in negotiations with Mr Thaksin, whose position has weakened.
He has lost the backing of Thailand's crown prince, while a purge in the police force has weakened a key
bastion of his support. Mr Thaksin may now sacrifice his political ambitions to safeguard his family and
fortune. Some Thais will cheer, longing for calm after years of political stand-offs and street protests that often
spilled into violence. But the junta's determination to abolish democratic politics spells trouble, probably the
bloody kind, in the future. It should think again. The worst form of government, except for all the others There
was much to fault in the way Mr Thaksin ran his country, both before and after he fled abroad to avoid a jail
sentence for abuse of power. With support from a poor, rural heartland in the north and north-east, neither he
nor his sister paid enough heed to the interests of Bangkok's middle classes or the southern provinces. In
office Mr Thaksin favoured his own considerable business interests and weakened public institutions. He was
a Berlusconi with less of the bunga-bunga. Appallingly, in 2003-04 he ordered an extrajudicial assassination
programme that killed thousands of supposed drug dealers. His sister was less authoritarian but also less
competent. And yet the Thaksinite governments were probably no more corrupt than their predecessors were.
Crucially, the Shinawatras did much to transform the lives of some of the country's worse off. They built
country roads, boosted education and provided health care for the poor. The old elites resented this, not least
because they liked to think of the king traditionally atop an ordered hierarchy with deferential peasants at the
bottom grateful for royal charity. Without putting it in so many words, Mr Thaksin implicitly challenged that
dispensation, and a majority of Thais approved. But soon after he or his loyalists were back in office, the
political stand-offs and the street violence would resume. Last May the generals intervened to break the
dismal cycle, claiming impartiality. They spoke of reconciliation and tried to start discussussions with Mr
Thaksin. But recently they have changed their minds, perhaps to please the establishment around the court of
the old king. Impeaching Yingluck is only part of it. The generals are drawing up a constitution designed to
keep populist parties like Mr Thaksin's Pheu Thai from power. They intend to rule for as long as it takes to
restore a supposed moral order. This will do Thailand no good. The lesson of the past 15 years is that ever
more Thais want a say in their country. Banishing the Shinawatras will not change that. The West should
make clear to the generals that a constitution that bans Thailand's most successful party from power is a step
backwards. If they still go ahead, military ties should be broken. The era of Thaksin may be ending; but the
democracy that he so imperfectly represented is Thailand's only hope.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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LEADERS / Thailand's politics
30/01/2015
The Economist - N.5 - 31 gennaio 2015
Pag. 21
Mayday in Milan
MILAN, Despite scandals and delays, Italy should pull it off
CRANES dot the skyline in north-west Milan, Italy's second city. The area is not pretty, but for six months
after May 1st it will be home to the World Expo-an event every five years that is a cross between a trade
convention and a theme park, and traces its origins to London's Great Exhibition of 1851. Expectations are
high: 145 countries are participating and 8m tickets, over a third of the total, have been sold to tour operators.
The theme, "Feeding the planet, energy for life", is touted as a spur both for Italian culinary exports and for
tackling world hunger. The government is ramping up efforts to promote Italy as a destination for tourists and
investors alike, hoping that Expo can be a catalyst. It has launched an international recruitment drive for
directors of its notoriously ill-run museums. At the Davos World Economic Forum, the economic-development
ministry aired a much-praised video meant to alter common stereotypes about Italy. Only a few days later,
however, the cultural ministry launched verybello.it, a less impressive website listingi,300 things to do in Italy
during Expo. Few liked the title, or the fact that it was available only in Italian, or that its map of Italy at first left
out Sicily. The run-up to Expo has also been overshadowed by scandal. Last year seven people were
arrested on corrupti on charges. That makes one stereotype about Italy, the pervasiveness of graft, hard to
banish. But a new anti-corruption unit now oversees contracts related to Expo; the Paris-based OECD calls it
a model for other big events. Discussion has shifted to what will happen to the Milan site after Expo. A tender
last autumn for investors to redevelop it after the event drew no applicants. Marco Ponti, an economics
professor at Politecnico di Milano, says big infrastructure projects like Expo rarely bring much benefit; smaller
infrastructure programmes might have been better. Yet Intesa Sanpaolo, a bank, reckons Expo could boost
Italy's GDP by an extra 0.1%, thanks mostly to revenues from tourism and construction. And Expo promises
an array of architectural and gastronomic delights. Organisers hope it could help reform the bureaucracy, by
showing how quickly simplified visa and customs processes can be put into practice. Some worry that Milan's
infrastructure will not be ready to welcome the 20m tourists who may descend on the city. But in the words of
one organiser: "No chaos, no party!"
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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EUROPE / World Expo
30/01/2015
The Economist - N.5 - 31 gennaio 2015
Pag. 51
Rules and laws
Can law firms merge when their legal systems differ? A test case from China LAST October China's
Communist Party /announced an "extensive and profound revolution" aimed at establishing the rule of law by
2020. It was a tacit admission that the country so far has relied more on connections than on statutes and
contracts. China did not permit private firms until 1992, and its legal sector is underdeveloped: it has $7.6
billion in annual revenues, or 0.1% of GDP, compared with more than 1% in big European countries. So
scoffers abound. But on January 27th Dentons, a Western firm, merged with Dacheng of China. Called
Dacheng there and Dentons abroad, the new law firm is the world's biggest, displacing Baker & McKenzie. Its
6,600 lawyers make it 50% bigger than its rival. The tie-up also highlights change in the global legal market.
Unlike accounting, legal services are fragmented: the new firm will have a market share of well under 1%.
One reason is lawyers' liking for autonomy. Another is regulation: many countries, including China, bar
foreigners from their legal system. But globalisation has stoked demand for global legal services. More than a
decade ago Britain's elite "Magic Circle" law firms began merging with similarly wellpositioned counterparts
abroad. Lowlier outfits such as Dentons have used a Swiss structure called a Veretn to form international
mega-firms, which retain separate local profit pools but have the scale to lure giant clients. Dentons grew
from an AngloAmerican merger in 2010 and a tie-up with French and Canadian firms in 2013. Dacheng's
story in China is similar. Unlike the "Red Circle" of elite firms that grew up in the 1990s to serve Western
clients, •• Dacheng focused on the domestic market, merging with local firms or poaching their partners in
major cities. In its early days it was more like a confederation of English barristers' chambers than a full-scale
law firm: lawyers worked in autonomous offices and kept the bulk of their earnings. Decentralisation let
Dacheng grow fastbut it also meant quality varied and made it hard to build capable teams. For many foreign
firms, China has been a money pit. As befits a country where the rule of law remains a distant goal, Chinese
executives tend to view attorneys as a bothersome transaction cost rather than trusted advisers. They tend to
opt for the lowest bidder and start price negotiations from there. Global firms eager to advertise their standing
in China have grudgingly accepted this-though they sometimes provide inferior service in exchange for
inferior fees. Thin pickings have led many to pack their bags: on January 19th Fried Frank, an American firm,
said it would close its Hong Kong and Shanghai offices. Dentons is betting that the tide is turning. As China's
currency has strengthened and economic growth in its eastern conurIbations has slowed, companies are
turning elsewhere: towards less developed interior /"\NLOOKERS could be excused for cities and foreign
markets. Last year Chi- \ » / thinking that Christmas had come nese acquisitions abroad exceeded inagaintotheeurozonethismonth.OnJanubound purchases for the first time. ary 22nd the European Central
Bank (ECB) In theory, these trends should play to said it was ready to buy over €1 trillion ($11 Dacheng's
strengths. Whereas blue-chip trillion) of sovereign and asset-backed Chinese businesses need no guidance
in bonds between March 2015 and Septemchoosing a Western firm to advise on for- ber 2016. Growth, jobs
and an end to the eign deals, Dacheng's clients are less so- spectre of deflation were euphorically
inphisticated, and may thus be more likely to voked by politicians, businessmen and accept a referral to
Dentons when they journalists. venture abroad. Less prestige-heavy Chi- The immediate result was to grease
the nese law firms "have the most value" to skids under the sliding euro, worth $Li3 at Dentons, says Joseph
Andrew, the firm's mid-week. It is now down by 19% against chairman, "because they have the relation- the
dollar since May 2014, and by 10% ships with the CEOS of Chinese clients" against its trading partners'
currencies. Most think it has further to fall. This is good news for the euro zone, esLaying down the law
penally weaker members like France and Chinese Law firms, selected, 2013 Italy where many firms struggled
to sell Revenue per Number their products when the euro was higher, lawyer of "My dream is parity" of the
euro with the S'ooo lawyers dollar, said Matteo Renzi, Italy's prime Tiantong 667 12 Boutique with the
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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CHINESE LEGAL MERGERS
30/01/2015
The Economist - N.5 - 31 gennaio 2015
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minister, at a meeting of the economic
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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30/01/2015
Time - N.6 - 9 febbraio 2015
Pag. 14
Down and Out in Davos
Why the world's powerful are worried about 2015
Rana Foroohar
IT'S A PERENNIAL QUESTION: WHAT IS the World Economic Forum (WEF) actually good for? The annual
confab of the world's rich and powerful in Davos, Switzerland, has evolved significantly in the past few
decades, from a gathering of hardcore economists and financiers to a broader forum for the discussion of
ideas ranging from the role of women in the workplace to the future of the Internet. In my opinion, it's still the
best place on earth to get a sense of what global decisionmakers will be thinking about in the year ahead. I
made my way around the Magic Mountain listening to bankers, executives, policymakers and world leaders,
and here's what I found. Tech Brings Bad With Good DIGITAL DISRUPTERS AND WEB PIONEERS
GOOGLE executive chairman Eric Schmidt, Yahoo CEO Marissa Mayer and Facebook COO Sheryl
Sandberg among them-were out in force as always, extolling the virtues of concepts like the "Internet of
things," which could create entirely new markets. But average people don't necessarily share their
enthusiasm for, and abiding faith in, tech. The Edelman Trust Barometer report, a 27-country survey
measuring confidence in the public and private sectors that was released during the conference, found that
the majority of the world's consumers think technological change is moving too fast for them. By a margin of 2
to 1, people don't believe that governments or businesses are thinking enough about the broad societal
impact of developments like social media, digital security, genetically modified foods and fracking.
Technology for technology's sake, most people feel, is not a good thing. That, in part, may be because the
gains made possible by technology over the past decade or so have been unevenly shared. A WEF white
paper prepared by the Swiss bank UBS found that sectors boosted by new technologies, such as finance and
manufacturing, "have delivered a large share of U.S. economic growth without adding significant numbers of
new jobs." Smarter software and the advent of such innovations as 3-D printing are making some people very
wealthy. But technological advances have done comparatively little to replace the middle-class jobs lost over
the past couple of decades. How to explain the divide? Technologists like MIT's Andrew McAfee, who made
waves at Davos last year with a book he co-wrote, Race Against the Machine, would argue that the scope of
the digital revolution is so massive that it will destroy more jobs before it starts creating them and that the
broader growth-enhancing effects of technology will simply take longer to be felt. As the UBS paper notes, it
took around 50 years for the benefits of electricity to completely filter through the economy. Still, for a
civilization that reflexively looks to technology to deliver us from seemingly unsolvable predicaments, this is a
worrisome trend. Global Growth May Be in Peril WE NEED THAT BROADER TECH BOOM TO GOOSE
productivity. Globally, productivity grew at a good clip over the past half-century, rising 1.7% a year. But as
countries become more developed, productivity growth slows. One of the most sobering presentations, given
by the consulting giant McKinsey, made the point that when you combine slower productivity with a dramatic
decrease in the global birth rate, you get economic growth that could be much lower over the next 50 years
than it has been in the past 50. Economic growth is basically a function of the number of workers and their
productivity. The former is falling sharply as countries get richer and women have fewer children, and the
latter is more or less stagnant. "It's as if we've been flying a plane on two engines, and one of them is about to
go out," says James Manyika, head of the McKinsey Global Institute. If current trends continue, McKinsey
projects that global growth will slow to about 2.1% a year, even as more people than ever have expectations
of a middle-class life. Not a great formula for social stability. Women and Children First PEOPLE CAN KEEP
PRAYING THAT TECHNOLOGY will produce more middle-class jobs, but there is one proven solution for
boosting economic growth: putting more women to work. The picture of gender parity from Davos is never
great; this year, the meeting had a record 17% female participation, up from 9% in the early 2000s. One WEF
study found that at the current rate of change, it would take women 81 more years to reach economic equality
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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COMMENTARY/ THE CURIOUS CAPITALIST
30/01/2015
Time - N.6 - 9 febbraio 2015
Pag. 14
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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with men. Ironically, this seems to have created a cottage industry in gender-parity consulting. Employees of
both sexes from firms like Mercer and Ernst & Young were at Davos hawking strategies about how to
promote women. My advice: think less about leaning in and more about how to help families create support
structures that allow more women to work. Warren Buffett once suggested to me that the U.S. government
should offer subsidized child care, allowing caregivers (mostly women) to earn a better wage while freeing
wornen who are higher up the educational food chain to take bigger jobs. It remains one of the best policy
proposals I've ever heard. Plenty of Band-Aids, Not Many Cures OF COURSE, THAT WOULD REQUIRE
ACTION FROM politicians, something that everyone agrees is in short supply. The divide between the
fortunes of global markets (which have remained surprisingly buoyant) and national economies (which are
sluggish in many parts of the world) was a big topic yet again. In the middle of the WEF meeting, the
European Central Bank (ECB) launched its version of quantitative easing, a Si-3 trillion bond-buying program
of the type that the U.S. Federal Reserve-which bought some $4 trillion in assets over the past few years-has
only just reined in. It is an effort to help Europe avert another recession, and markets responded instantly,
with European stocks rising, bond yields falling and the euro weakening, which should help exports. While
many at Davos were grateful for the uptick in their portfolios, some high-profile financiers fretted that the
ECB's move comes with a downside that will thwart a lasting solution to the European debt crisis. As hedge
funder Paul Singer put it to me, "The QE program takes the pressure off European leaders to take the fiscal,
tax, regulatory, trade, education and other steps necessary to generate real sustainable growth. [ECB
president] Mario Draghi is an enabler, because the money printing enables the Presidents and Prime
Ministers to avoid mak ing real structural reforms." Polarized politics on both sides of the Atlantic has made it
hard for governments to make the sorts of moves that create real growth. (The recent Greek elections won't
change much there.) So central bankers have kept the easy money flowing to give countries more time. But
the emerging-market crises of the 1980s and '90s teach us that printing money isn't a substitute for fixing
structural problems. If you do one without the other, the market will punish you viciously later on. And all that
easy money has exacerbated the growth of inequality globally, since most of it has gone to pumping up
stocks, which are mainly held by the top 25% of the population. Wages remain stagnant and middle-class
jobs elusive. That divide, which reflects the one between Davos and everywhere else, is what we'll be
grappling with in the year ahead. • JEAN-CHRISTOPHE BOTT-EPA
Foto: Hot seats From left: WEF board member Jim Hagemann Snabe, Facebook's Sandberg, Google's
Schmidt, Microsoft CEOSatpaNadella and Vodafone CEO Vittorio Colao participate in a panel
29/01/2015
Courrier International - N.1265 - 29 gennaio 2015
Pag. 6
Bras de fer gréco-allemand
JEAN-HÉBERT ARMENGAUD
En couverture : GRÈCE - La fontaine de Neptune (Poséidon), à Florence, en Italie, vue par Léo Caillard.
Série Hipster in Stone. ISLAM - Série Carnets d'Orient. Photo Soo. Courtesy galerie 127. Semaine noire pour
Angela Merkel. Le 22 janvier, Mario Draghi, le président de la Banque centrale européenne, lançait un vaste
programme dit d' "assouplissement quantitatif ". Autrement dit, la possibilité de racheter des dettes
souveraines des pays de la zone euro, pour combattre le risque de dé ation. Mais aussi tenter de relancer
une croissance atone puisque ce programme revient à injecter des liquidités dans l'économie, à "faire
marcher la planche à billets". Première défaite pour la chancelière allemande, qui s'était toujours opposée à
cette politique. Le deuxième camou et est venu trois jours plus tard, lorsque la Grèce a élu à une quasimajorité absolue le candidat de la gauche dite "radicale", Alexis Tsipras, celui-là même qui a toujours accusé
Angela Merkel d'être "responsable de l'austérité" qui a mis ce pays du Sud à genoux, économiquement et
socialement. Le nouveau chef de gouvernement grec veut en fi nir avec l'extrême rigueur imposée par l'Union
européenne et renégocier une dette abyssale de 320 milliards d'euros. La solution déjà en cours de
discussion serait un rééchelonnement de cette dette. Les négociations prendront des mois et surtout devront
recevoir le feu vert d'Angela Merkel, patronne de la plus puissante économie de la zone euro. Bien que
pragmatique, la chancelière doit bichonner son électorat, et lui promettre que "la Grèce paiera", d'autant que,
sur les 320 milliards de la dette grecque, l'Allemagne en a prêté 65. C'est donc un bras de fer qui s'engage
désormais directement entre Alexis Tsipras et Angela Merkel.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 30/01/2015
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ÉDITORIAL
29/01/2015
Courrier International - N.1265 - 29 gennaio 2015
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Vu d'Espagne. Guettant l'exemple grec, le parti radical de la péninsule, Podemos, doit maintenant présenter
un véritable plan de gouvernement.
- Enric Juliana Publié le 26 janvier
Barcelone -La Vanguardia La victoire écrasante de Syriza en Grèce est un message fort envoyé à l'Union
européenne, qui rencontre un écho notamment en Espagne, au Portugal, en France et en Italie. Pour la
première fois depuis la chute du mur de Berlin, voire depuis bien plus longtemps, un parti de gauche né hors
de la tradition social-démocrate remporte haut la main des élections législatives dans un pays européen
n'appartenant pas à l'ancien bloc soviétique. Syriza est un parti politique d'un genre nouveau. C'est un
mélange de gauches de di érentes sensibilités, dirigé par un homme politique jeune et intelligent, qui trouve
son élan dans l'épouvantable crise sociale vécue par la Grèce. Rappelons que ses origines remontent au
défunt Parti communiste de l'intérieur, un parti marxiste qui avait fait scission à la fi n des années 1960 avec
le Parti communiste grec (RKK), plus orthodoxe, à la suite de la violente répression soviétique du Printemps
de Prague (1968). L'éternelle querelle entre les orthodoxes et les réformateurs : dogmatisme contre exibilité ;
repli contre ouverture ; nostalgiques de l'URSS contre déçus de Moscou après les tragédies de Budapest et
de Prague ; balkaniques eurosceptiques contre balkaniques proeuropéens ; Harilaos Florakis contre
Leonidas Kyrkos. Autant d'échos d'un passé aujourd'hui lointain. Nous pourrions dire qu'il s'agit d'une victoire
posthume de l'eurocommunisme à une époque où il ne reste plus de communisme et où tout paraît tourner
autour de l'euro. Les événements helléniques ne sont pas dénués d'ironie. Comment ces résultats électoraux
grecs vont-ils se traduire dans le panorama politique espagnol ? Avant toute analyse, une constatation
s'impose : le malaise social est de plus en plus grave. En Grèce, il atteint certes des proportions extrêmes,
mais dans les autres pays du sud de l'Europe il n'est pas non plus à prendre à la légère ; et ce profond
malaise a désormais un visage politique respectable, qui n'a rien à voir avec les mouvements populistes des
autres pays. Syriza est un parti européiste qui désire que la Grèce reste dans la zone euro, sous d'autres
conditions. Des conditions inacceptables selon l'exécutif européen, mais qui fi niront bien par être négociées
à Bruxelles et à Berlin. On ne peut pas dire la même chose du puissant Front national en France ou du
Mouvement 5 étoiles de Beppe Grillo en Italie, farouchement eurosceptiques. Syriza, par conséquent, se
présente comme un référent politique européen de la modernité. La victoire de Syriza inspire du courage au
parti expérimental Podemos, qui a prévu de faire une démonstration de force le 31 janvier, lors d'une grande
manifestation-meeting à la Puerta del Sol, à Madrid. Le triomphe d'Alexis Tsipras donne des ailes à Pablo
Iglesias mais lui impose de nouvelles obligations. Dénoncer le système ne su t plus, et même si la première
phase de lancement médiatique est réussie, il lui faut maintenant mûrir un véritable projet de gouvernement.
Iglesias court aujourd'hui le risque de devenir le jouet que les télévisions privées espagnoles s'arrachent, le
rebelle de service qui n'hésite pas à traiter de "pantou e" son opposant le plus grotesque dans les émissions
du samedi soir, tandis que le nouveau Premier ministre grec négociera avec Angela Merkel à Berlin. Je n'irai
pas jusqu'à dire que le triomphe de Tsipras va contraindre Iglesias à couper sa queuede-cheval, mais, oui, à
moins jouer les Peter Pan. Nous entrons dans une nouvelle ère. Le succès de Podemos dépend de Syriza. Enric Juliana Publié le 26 janvier
DE MORGEN BRUXELLES Un titre en grec, avec des sous-titres en néerlandais : "Syriza triomphe". "Et
maintenant, que va-t-il arriver ? Le chaos ?", s'interroge l'éditorial de l'édition du 26 janvier.
LA RAZÓN MADRID "Les Grecs se jettent dans l'abîme du populisme", se lamente le quotidien espagnol La
Razón. Le jeu de mots alarmiste mêlant les termes "Grèce" et "disgrâce" n'a pas manqué de faire réagir les
Espagnols sur les réseaux sociaux.
IL MANIFESTO ROME Cette victoire est tellement "mythique" que l'adjectif mérite bien un "k". "Gouverner un
pays détruit semble une mission impossible", écrit le quotidien communiste, qui veut tout de même y croire.
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Un exemple à suivre
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THE TIMES LONDRES "L'Europe secouée par la révolte grecque contre l'austérité : les marchés se
préparent après la victoire du parti radical de gauche", titre le journal conservateur The Times.
"Le triomphe d'Alexis Tsipras donne des ailes à Pablo Iglesias mais lui impose aussi de nouvelles
obligations"
TA NEA ATHÈNES "36,3 % : la Grèce a tourné la page", titre le premier quotidien grec, avec une photo
d'Alexis Tsipras levant les bras au soir de la victoire de Syriza.
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Courrier International - N.1265 - 29 gennaio 2015
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La BCE brûle ses dernières cartouches
Euro. L'institut monétaire européen s'est finalement résolu à racheter massivement de la dette pour tenter de
relancer la croissance. Les avis sont partagés sur le plan de Mario Draghi.
Martin Sandbu Publié le 22 janvier
Super Mario à la rescousse - Financial Times Londres C'est enfin officiel. Mario Draghi, président de la
Banque centrale européenne (BCE), a de nouveau fait acte d'autorité en mettant sur pied un programme
d'achats d'actifs - ou assouplissement quantitatif - d'une ampleur bien supérieure à ce qui semblait
politiquement possible. Une fois de plus, il a également montré son talent de prestidigitateur. De trois façons
diérentes, il a élégamment éludé les dicultés qui pourraient restreindre l'ecacité de l'opération. Premièrement,
nombre de personnes ont armé que l'assouplissement quantitatif ne fonctionnerait pas dans la zone euro. La
BCE va racheter pour plus de 1 100 milliards d'euros d'obligations de premier ordre. C'est du costaud. La
plupart des observateurs s'attendaient à moitié moins. Le programme devrait donc avoir un eet mécanique
deux fois plus puissant sur l'économie européenne - même si cet eet lui-même fait l'objet de débat, deux fois
zéro étant toujours égal à zéro. En annonçant une somme supérieure aux attentes, Mario Draghi commet une
sorte d'abus de confiance - je l'entends dans un sens positif : il connaît la nature humaine. Lors de sa
conférence de presse [le 22 janvier], il a souligné l'eet qu'aurait l'assouplissement quantitatif sur les
anticipations en matière d'ination. Souvenezvous comment, en 2012, il a changé l'état d'esprit des marchés,
qui redoutaient alors la désintégration de la zone euro, en promettant simplement de faire "tout ce qui serait
nécessaire", sans donner plus de détails sur ce qui se révélerait être [deux mois plus tard] une opération
monétaire sur titres [OMT, un programme de rachat illimité de titres souverains]. Maintenant, il espère qu'audelà des eets mécaniques de l'assouplissement quantitatif - baisse du rendement des obligations et
augmentation des liquidités des banques - le simple fait que la BCE prenne de nouvelles mesures sera
source d'optimisme, entraînant ainsi un changement des comportements. Orir un plan beaucoup plus
ambitieux que prévu y contribue clairement. Deuxièmement, le président de la BCE a accédé à la demande
de l'Allemagne, qui souhaitait que la majeure partie des achats d'actifs pèse sur le bilan des banques
centrales nationales. Certains ont alors annoncé la fin du "partage des risques", et même la directrice
générale du FMI estime que cela limitera l'ecacité du plan. Mario Draghi, lui, a expliqué que la question de
savoir qui, théoriquement, supporterait le risque n'était pas pertinente. Vous y accordez tous bien trop
d'attention, a-t-il lancé aux journalistes et, implicitement, aux responsables de la banque centrale allemande.
Démutualisation. Il est allé jusqu'à spéculer sur les conséquences d'un éventuel défaut souverain : "comme la
plupart des banques centrales nationales ont un coussin [de capitaux] susant, il ne se passerait rien". Le
message ne pouvait être plus limpide : la "démutualisation" du risque est une astuce sans importance sur le
plan économique, mais elle a permis de résoudre le problème politique que représentait le scepticisme
allemand quant à l'assouplissement quantitatif. De fait, Mario Draghi a raison, ne serait-ce que parce que l'on
peut toujours compenser une perte sur des titres souverains en retenant la part des profits de la BCE
revenant à l'Etat concerné. Et les Allemands sceptiques qui siègent au Conseil des gouverneurs de la BCE le
comprennent certainement. C'est un petit arrangement politique qui produit des eets économiques salutaires.
Troisièmement, l'avis préliminaire récemment rendu par [l'avocat général de] la Cour européenne de justice
concernant le programme OMT précise que tout rachat d'obligations par la BCE doit se borner à maintenir
l'existence d'un marché fonctionnel. La réponse imparable de Mario Draghi est de lancer un programme de
rachats qui, concrètement, n'a pas de limites, mais qui restreint la quantité d'obligations que les banques
centrales peuvent détenir pour chaque émission (25 %) et pour chaque émetteur (33 %). Cela semble
parfaitement arbitraire, et, surtout, comme la dette publique de l'ensemble de la zone euro dépasse 9 000
milliards d'euros, cela devrait permettre à la BCE de faire bien plus que ce qu'elle vient de promettre. Autant
de preuves, s'il en fallait encore, que Draghi mérite bien son surnom de Super Mario. - Martin Sandbu Publié
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transversales. économie
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le 22 janvier Sur le bateau "Economie". Dessin de Schneider, Suisse.
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Georgi Kantchev Publié le 19 janvier
Munich - Süddeutsche Zeitung Ça y est : Mario Draghi, président de la Banque centrale européenne (BCE),
va racheter pour plusieurs centaines de milliards d'euros d'obligations d'Etat à des pays européens. La BCE
va ainsi injecter de la monnaie dans des marchés financiers qui roulent déjà sur l'or. Quelques garde-fous
sont certes prévus : les tranches seront mensualisées, le programme de rachat se cantonnera aux titres
jugés sûrs (donc pas de dette grecque [la Grèce sera en fait soumise à des critères d'éligibilité
supplémentaires]) et, en cas de pertes, les banques centrales nationales couvriront les risques pour 80 %
des actifs concernés. Cela dit, on n'a jamais vu de pari plus risqué dans l'histoire de l'Europe. Mario Draghi
justifie son programme en déclarant vouloir éviter la déation, dégringolade des prix susceptible d'entraîner un
eondrement partiel de l'économie. Pour ce faire, il est prêt à courir le risque de voir cet accroissement de la
masse monétaire engendrer de nouvelles bulles et déboucher, au bout du compte, sur un krach financier alors que le spectre de la déation est encore très abstrait. Si la hausse des prix est aussi faible aujourd'hui,
c'est en partie dû à la chute du prix du pétrole. Les arguments ne manquent pas pour dénoncer une injection
aussi massive de monnaie, d'un point de vue tant constitutionnel que politique et économique. Lancée sur
l'autoroute de la finance, la BCE se comporte comme un automobiliste qui s'obstinerait à avancer sans se
soucier des centaines de véhicules roulant en sens inverse, et donc, à ses yeux, à contresens.
Naturellement, cette nouvelle politique compte également des soutiens. On les trouve pour l'essentiel dans le
milieu de la finance internationale et dans le sud de l'Europe. Rien d'étonnant à cela : en rachetant des
obligations souveraines, l'institut monétaire rend plus supportable le service de la dette pour les pays
lourdement endettés. Il y réduit la pression en faveur des réformes - au moment précis où celles-ci produisent
leurs premiers résultats positifs. Euroscepticisme. En agissant de la sorte, la BCE irte avec l'aide financière
aux Etats, ce qui lui est interdit. Elle met en péril la santé des banques et des assurances, elle dévalorise le
pécule des épargnants en refusant de relever les taux directeurs, et elle attise l'euroscepticisme en
Allemagne. En voulant consolider l'euro, Mario Draghi fait exactement l'inverse. Ceux qui défendent la
politique de la BCE arguent que cet argent profitera au bout du compte aux consommateurs et aux
entreprises en favorisant la consommation et l'investissement. Pourtant, à l'heure où les taux d'intérêt sont
proches de zéro et où la chute des prix du pétrole s'apparente de facto à un plan de relance, le problème ne
vient pas d'un manque de monnaie mais d'un manque de confiance dans la politique budgétaire et la
compétitivité des Etats. Certes, le conseil des gouverneurs de la BCE est un organe collégial qui prend ses
décisions à la majorité. Mais la tradition veut que le patron ait beaucoup de pouvoir - comme jadis Alan
Greenspan, président de la banque centrale américaine [de 1987 à 2006]. La réputation de l'ancien patron de
la Fed, considéré naguère comme un magicien en matière monétaire, est aujourd'hui ruinée, et il a été
contraint de reconnaître qu'il avait commis des erreurs gravissimes [certains le jugent responsable de la crise
des subprimes]. Super Mario semble bien parti pour connaître le même sort. - Marc Beise Publié le 23 janvier
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Un pari trop risqué