Mercato e economia della castagna

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Mercato e economia della castagna
Mercato e economia della castagna
Franco Sereno - AgriBisalta Peveragno Gruppo Agrimola
La ditta AGRIBISALTA SRL di Peveragno (CN) rappresenta il “ramo cuneese” dell’AGRIMOLA S.P.A con sede ad Imola
e con altri stabilimenti in altre importanti zone castanicole italiane.
La nostra esperienza ci permette di confermare, come è ampiamente risaputo, che la castagna per secoli nella
provincia di Cuneo ha rappresentato una fonte di reddito non indifferente per l’economia montana e delle valli che fanno
da corona alla città di Cuneo.
La castagna in quanto frutto è sempre stata considerata “il pane dei poveri” in quanto veniva impiegata per sfamare
intere popolazioni, inoltre, nei suoi molteplici usi il castagno permetteva di riscaldare, medicare , conciare le pelli ecc... Il
legno di castagno ha sempre avuto un ruolo significativo di lavoro e di utilizzi svariati.
In sostanza dove era presente il castagno era presente l’uomo.
Al giorno d’oggi è invece più logico affermare che la castagna sia diventata“il pane dei ricchi” per molteplici fattori.
Nelle valli del Cuneese, ma anche nel resto d’Italia, frutti freschi di ibridi eurogiapponesi sono stati pagati direttamente al
produttore agricolo dai 3.50€ ai 5.00€/kg, o al limite prezzi leggermente inferiori per le varietà locali (Tempurive, Garrone
rosso, Domestiche ecc... raccolte in massa, con percentuale di difetti dell’ordine del 10/15/20%).
Il prodotto fresco, una volta lavorato è stato, ed è tuttora venduto al consumatore della GD e GDO a prezzi che variano
dai 6 €/kg agli 8 €/kg, nonostante la presenza di:
a) difetti di circa il 6-7% (frutti non consumabili);
b) calo peso dovuto a cottura e sbucciatura del prodotto.
Possiamo pertanto affermare che al consumatore finale la castagna intesa come “polpa” realmente consumabile venga
a costare quantomeno dagli 8-10€/kg.
Confrontando questo prezzo con ad esempio quello di altri frutti, ortaggi e verdure di uso corrente o latticini e carni, si
nota che le castagne costano molto di più.
Tale situazione è motivata dalla ben nota carenza di prodotto dovuto a varie malattie, a cominciare dal cinipide
galligeno, che negli anni recenti ha ridotto la vigoria delle piante con conseguenti riduzione della produzione e fondato
allarmismo tra gli operatori (che hanno visto compromessa la sopravvivenza del castagno nell’intera fascia
pedemontana), accompagnato dai noti cancro corticale e mal dell’inchiostro. Inoltre anche difficoltà di impollinazione,
sbalzi di temperatura, eventi atmosferici vari hanno portato, nel tempo, ad una riduzione della produzione e conseguente
aumento dei prezzi al produttore pari a 2/3 volte superiori rispetto a quelli pagati 5/6 anni fa.
La pianta inoltre, consuma elementi nutritivi dal terreno che si impoverisce se non vengono reintegrati e le piante dopo
un po’ di anni ne risentono, si indeboliscono e conseguentemente cala la produzione quantitativamente e
qualitativamente. Affinché le piante producano è quindi necessario anche “dare da mangiare” alle piante e non solo
sempre prendere “quello che viene”, cioè è sempre più necessario curare i boschi, come si faceva una volta…
Tuttavia la castagna è richiesta per la sua tipicità, la tradizione della cultura alpina e, possiamo dire, anche “sfiziosità”,
oltre che dai mercati italiani anche all’estero dove da sempre le castagne e i marroni italiani hanno rappresentato, e
rappresentano, un notevole punto di riferimento.
Tale situazione di mercato ha reso più appetibile la castagna di importazione tant’è che le importazioni da Spagna,
Portogallo, Turchia, Paesi dei Balcani ed altri, sono più che triplicate nel corso degli ultimi 3/5 anni in quanto le castagne
italiane non sono più sufficienti a coprire anche solo il consumo del mercato interno.
È chiaro che per i Paesi esteri produttori di castagne si sono aperti notevoli e consistenti spazi commerciali in Paesi e
mercati a noi vicini e da sempre serviti dagli operatori commerciali italiani, come Svizzera, Austria, Germania ecc…
Probabilmente questi spazi saranno difficilmente recuperabili, se non con una forte ripresa della produzione italiana.
Un’annotazione per quanto riguarda l’industria di trasformazione: marron glacée, prodotti canditi, sotto sciroppo, liquori,
nonché farina di castagne e castagne secche ecc... hanno subito contraccolpi dovuti in primis agli alti costi di acquisto
della materia prima e conseguentemente dei prodotti finiti, che hanno portato ad una contrazione dei consumi interni ed
una minor aggressività sui mercati esteri.
Molte industrie di trasformazione hanno dovuto cessare l’attività, solamente le meglio posizionate e con prodotti di
qualità (come esempio locale posso citare l’Azienda Agrimontana) sono presenti e solide sul mercato.
È necessario “raccomandare” ai produttori una maggiore attenzione alle tecniche colturali per salvaguardare una coltura
come quella del castagno che, oltre a essere “storia” è senz’altro “presente” e “futuro” del Cuneese, e di molte altre aree
castanicole italiane, e può sicuramente essere fonte di reddito per molte famiglie, oltre che salvaguardia di un territorio
bellissimo e invidiato da molti anche turisticamente, come dimostra anche il crescente successo di pubblico e di
interesse per la Fiera del Marrone di Cuneo.
AGRIBISALTA/GRUPPO AGRIMOLA
F. SERENO