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Idrogeno a breve.
E adesso?
Spunti di riflessione sulla storia recente del riscaldamento in Italia
Hanno reso possibile questa pubblicazione:
Ing. Laura Bigotta che ha curato l’edizione dei testi e gli approfondimenti delle conseguenze dell’inquinamento;
Ing. Christian Barbati per le valutazioni tecniche intorno all’applicazione della condensazione
e tutto quel che riguarda l’efficienza energetica;
Ing. Erneso Benini per gli approfondimenti inerenti le applicazioni della cogenerazione diffusa;
Ing. Vincenzo Recchi per tutto quel che riguarda la tecnologia delle fuel cell nell’ambito stazionario;
Mauro Boschini per i suoi preziosi disegni fatti a tempo di record;
Luca Morandini per l’elaborazione grafica generale;
Alessandro Zerbinato per il coordinamento operativo;
e tutte le persone di ICI Caldaie che hanno collaborato con entusiasmo alla stesura di questo lavoro.
A tutti voi grazie
Dagli anni ’70 ad oggi è successo di tutto, ma sarebbe fin
troppo facile elencare solo gli errori della nostra storia nel
riscaldamento degli edifici in Italia, a ben guardare un filo
sottile ci sta guidando verso il futuro. Negli anni, attraverso moltissimi errori, abbiamo perseguito una chiara strategia di riduzione delle emissioni inquinanti e dei consumi.
È una caratteristica dell’uomo quella di utilizzare al
meglio l’energia disponibile.
Per questo oggi siamo così vicini ad un ulteriore passo: la
progressiva eliminazione dei combustibili fossili e l’introduzione dell’idrogeno.
Sicuramente le applicazioni stazionarie delle celle a combustibile sono alle porte; dobbiamo quindi progettare gli
impianti di oggi in funzione della tecnologia che verrà.
A quanto siamo dalle prime applicazioni?
Siamo vicinissimi, perché mai come in questo periodo si
è assistito ad una tale concentrazione di studio su questi
argomenti.
Il percorso che viene proposto in questa mostra attraversa le varie tappe della storia italiana del riscaldamento dagli anni ’70 ai nostri giorni.
L’ultima sezione della mostra è dedicata a questa tecnologia, che vede impegnata anche ICI Caldaie col progetto Sidera 30, sistema di microcogenerazione civile con
celle a combustibile ad elettrolita polimerico.
Anni ‘70
Il gasolio
sporca le nostre città.
Gasolio, piogge acide, smog.
Negli anni settanta in Italia gli impianti di riscaldamento
erano per la maggior parte a gasolio che aveva sostituito la
nafta pesante o, addirittura, i vecchi impianti a carbone.
Si prestava ancora poca attenzione al problema inquinamento e nelle grandi città i gestori degli impianti si organizzavano per ottenere buone tariffe nell’acquisto di questo
combustibile.
I comignoli delle
abitazioni distribuiscono
fumi nerastri che ingrigiscono le città.
Gli impianti di riscaldamento sono alimentati
da autocisterne che
periodicamente “fanno
il pieno in cantina”.
IL GASOLIO
Ma che cos’è il gasolio? Prodotto distillato dal petrolio, il
gasolio deriva il suo nome dall’essere stato in passato utilizzato per ottenere il gas d’olio minerale. Nel gasolio sono presenti diversi classi di idrocarburi come paraffine, aromatici e
naftenici e le loro proporzioni variano da gasolio a gasolio.
Tra i parametri che maggiormente caratterizzano il gasolio,
il contenuto di zolfo rappresenta l’elemento più critico per
le sue implicazioni in campo ambientale. Nel gasolio da
riscaldamento il contenuto di zolfo è di circa 0,2% in peso.
Infatti dalla ossidazione dello zolfo nel corso dei processi di
combustione di sostanze che contengono questo elemento
anche come impurezza - come nel caso del gasolio - si ottiene l’inquinante atmosferico per eccellenza: l’anidride solforosa.
L’anidride solforosa o biossido di zolfo è un gas incolore,
irritante, non infiammabile, molto solubile in acqua e dall’odore pungente.
Dato che è più pesante dell’aria tende a stratificarsi nelle
zone più basse. È considerato l’inquinante atmosferico per
eccellenza essendo il più diffuso, uno dei più aggressivi e
pericolosi e di gran lunga quello più studiato ed emesso in
maggior quantità dalle sorgenti antropogeniche.
Gli SOx (nome con cui comunemente vengono chiamati l’anidride solforosa SO2 e l’anidride solforica SO3) sono
responsabili di danni diretti
sulla salute dell’uomo: gli
effetti del biossido di zolfo
sono principalmente legati
a patologie dell’apparato
respiratorio come bronchiti, asma e tracheiti e ad irritazioni della pelle, degli
occhi e delle mucose.
S
O
O
mano direttamente in sospensione oppure al suolo provoca
l’acidificazione di laghi e corsi d’acqua, danneggia la vegetazione (soprattutto ad alte quote) e molti suoli forestali.
Oltre a questo, le piogge acide accelerano il decadimento
dei materiali da costruzione e delle vernici; compromettono
poi la bellezza ed il decoro degli edifici, delle statue e delle
sculture patrimonio culturale di ogni nazione.
Biossido di zolfo
L’azione principale operata ai danni dell’ambiente da parte
degli ossidi di zolfo consiste nell’acidificazione delle precipitazioni meteorologiche con la conseguente compromissione dell’equilibrio degli ecosistemi interessati: sono le famigerate piogge acide.
LE PIOGGE ACIDE
Con il termine piogge acide si intende generalmente il processo di ricaduta dall’atmosfera di particelle, gas e precipitazioni acide. Le piogge acide sono causate essenzialmente
dagli ossidi di zolfo (SOx) e, in parte minore, dagli ossidi d’azoto (NOx), presenti in atmosfera sia per cause naturali sia
per effetto delle attività umane.
Nel caso in cui questi gas entrino in contatto con l’acqua
atmosferica allora si originano degli acidi prima della deposizione. In presenza di acqua gli ossidi di zolfo originano l’acido solforico, mentre gli ossidi di azoto si trasformano in
acido nitrico; di conseguenza queste sostanze causano
un’acidificazione delle precipitazioni.
Azione delle piogge acide su di una foresta dell’Europa Settentrionale.
In effetti da alcuni decenni in molte zone del pianeta si sono
registrate precipitazioni piovose, nevose, nebbie e rugiade
con valori di pH significativamente più bassi del normale (pH
5,5), cioè compresi tra 2 e 5. L’azione degli acidi che si for-
L’azione delle piogge acide risulta particolarmente evidente su
questa statua realizzata in Westphalia (Ger); la foto a sinistra
è stata scattata nel 1908, mentre la foto a destra è del 1968:
sono trascorsi solo 60 anni!
LO SMOG
Oltre agli ossidi di zolfo, l’altro grande inquinante derivante dalla combustione del gasolio è il particolato. Spesso il
particolato rappresenta l’inquinante a maggiore impatto
ambientale nelle aree urbane, tanto da indurre le autorità
competenti a disporre dei blocchi del traffico per ridurne il
fenomeno.
Si tratta di sostanze allo stato solido o liquido che, a causa
delle loro piccole dimensioni, restano sospese in atmosfera
per tempi più o meno lunghi; le polveri totali sospese vengono anche indicate come PM (Particulate Matter).
Il particolato primario di origine antropica è dovuto principalmente all’utilizzo dei combustibili fossili (riscaldamento
domestico, centrali termoelettriche, ecc.) e alle emissioni
degli autoveicoli.
A prescindere dalla tossicità, le particelle che possono produrre degli effetti indesiderati sull’uomo sono sostanzialmente quelle di dimensioni più ridotte, infatti nel processo
della respirazione le particelle maggiori di 15 micron vengono generalmente rimosse dal naso. Il particolato che si
deposita nel tratto superiore dell’apparato respiratorio
(cavità nasali, faringe e laringe) può generare vari effetti irritativi come l’infiammazione e la secchezza del naso e della
gola; tutti questi fenomeni sono molto più gravi se le parti-
celle hanno assorbito sostanze acide (come il biossido di
zolfo, gli ossidi di azoto, ecc.).
Per la particolare struttura della superficie, le particelle possono anche assorbire dall’aria sostanze chimiche cancerogene; trascinandole nei tratti respiratori e prolungandone i
tempi di residenza, ne accentuano gli effetti. Le particelle
più piccole penetrano nel sistema respiratorio a varie profondità e possono trascorrere lunghi periodi di tempo prima
che vengano rimosse, per questo sono le più pericolose.
Queste polveri aggravano le malattie respiratorie croniche
come l’asma, la bronchite e l’enfisema.
Le persone più vulnerabili sono gli anziani, gli asmatici, i
bambini e chi svolge un’intensa attività fisica all’aperto, sia
di tipo lavorativo che sportivo.
Gli effetti del particolato sul clima e sui materiali sono piuttosto evidenti. Il particolato dei fumi e delle esalazioni provoca una diminuzione della visibilità atmosferica; allo stesso tempo diminuisce anche la luminosità assorbendo o
riflettendo la luce solare.
Negli ultimi 50 anni si è notata una diminuzione della visibilità del 50%, ed il fenomeno risulta tanto più grave quanto più ci si avvicina alle grandi aree abitative ed industriali.
Le polveri sospese favoriscono la formazione di nebbie e
nuvole, costituendo i nuclei di condensazione attorno ai
quali si condensano le gocce d’acqua. Di conseguenza
favoriscono il verificarsi dei fenomeni delle nebbie e delle
piogge acide, che comportano effetti di erosione e corrosione dei materiali e dei metalli.
Il particolato inoltre danneggia i circuiti elettrici ed elettronici, insudicia gli edifici e le opere d’arte e riduce la durata
dei tessuti. Le polveri possono depositarsi sulle foglie delle
piante e formare così una patina opaca che, schermando la
luce, ostacola il processo della fotosintesi.
Come si può chiaramente vedere dalla foto, un’esposizione
anche breve al biossido di zolfo provoca notevoli danni a
livello fogliare.
Il gasolio in questi anni veniva trasportato su strada mediante autocisterne, aumentando il traffico veicolare, per essere
poi distribuito ai diversi condomini.
In ogni condominio veniva poi posata una cisterna interrata di grandi dimensioni (per aumentare il potere di acquisto), con l’idea di “fare il pieno” a inizio stagione per assicurare il caldo agli inquilini.
Questi serbatoi nel corso degli anni, quando si è iniziato a
mettere da parte questo combustibile, non sono stati né
rimossi né tanto meno bonificati, con la conseguenza che il
gasolio continua ad inquinarci, attraverso percolamenti nel
suolo e possibili inquinamenti delle falde acquifere….
Le caldaie, sia per le singole abitazioni che per i grandi condomini, sono installate in centrali termiche (molto sporche)
abbinate a bruciatori soffiati. Le caratteristiche tecniche di
questi bruciatori e la scarsa purezza del gasolio impongono
manutenzioni specializzate frequenti da parte dei “bruciatoristi”.
Le canne fumarie, anche esse molto sporche a causa della
fuliggine, che inesorabilmente si forma quando si brucia
gasolio, necessitavano di frequenti passaggi da parte degli
spazzacamini che periodicamente rimuovevano insieme alla
fuliggine le altre sostanze depositate (ad esempio composti
solforati). Il materiale rimosso veniva gettato in discariche
senz’altro abusive, dal momento che la problematica dei
rifiuti non era stata ancora presa in considerazione nei
dovuti modi.
I rendimenti di questi generatori sono molto bassi (inferiori
al 80%): siamo ancora molto lontani da un concetto di
risparmio energetico a causa del basso costo del gasolio.
Anni ‘90
Arriva il metano e
le caldaie murali “adornano”
i nostri palazzi.
Gas metano, caldaie murali,
alti consumi.
Negli anni ’90 si anni il metano viene considerato il combustibile alternativo per gli impianti di riscaldamento e, in
minima parte per l’autotrazione.
La possibilità di importare metano dalla Russia e dai mari
del Nord e quindi l’indipendenza dai paesi arabi, convincono vari paesi europei, tra cui l’Italia, ad investire in questo
nuovo combustibile che favorirà una prima parziale conversione degli impianti esistenti.
Le città vengono invase da una rete di
tubazioni: è arrivato il metano che sostituisce quasi completamente il gasolio.
Le caldaie vengono collocate in ogni singola unità famigliare, ma i fumi molte volte
vengono scaricati a parete e magari sotto
la finestra di un altro appartamento.
Le città vengono bucherellate per far passare i metanodotti con una campagna di promozione volta a convertire gli
impianti. Il metano viene promosso come una fonte di
risparmio (costa meno) e per un minor inquinamento (la
combustione non produce nerofumo).
fonti alternative sono state individuate e le economie dei
paesi in pieno sviluppo hanno bisogno di aumentare i consumi. Il metano, facile da distribuire e senza necessità di
stoccaggio locale, favorisce la nascita del concetto di caldaia individuale.
A causa della pericolosità del gas, notevolmente superiore
a quella del gasolio, inizia a porsi il problema della sicurezza e quindi delle normative, nazionali prima ed europee poi,
per salvaguardare la sicurezza degli utilizzatori.
Quasi contemporaneamente, gli stessi tecnici, abbozzano
metodi per il calcolo del fabbisogno termico degli edifici.
Siamo ormai alla fine del periodo della crisi energetica, le
Gli Italiani sono stanchi di dipendere da centrali sporche, a
basso rendimento e dai consumi ripartiti con criteri incerti.
La proposta della caldaia autonoma murale, che si può installare in casa con tutte le possibilità di gestione in proprio, è di
fatto l’elemento che scatena il cambio degli impianti.
Sebbene il metano sia giustamente considerato un combu-
stibile più pulito del gasolio, alla combustione di quest’ultimo è in ogni caso comunque legata la formazione di NOx.
NOx
Col termine NOx si indica la somma pesata del monossido
di azoto (NO) e del biossido di azoto (NO2).
L’ossido di azoto (NO) è un gas incolore, insapore ed inodore; è prodotto soprattutto nel corso dei processi di combustione ad alta temperatura assieme al biossido di azoto
(che costituisce meno del 5% degli NOx totali emessi).
Viene poi ossidato in atmosfera dall’ossigeno e più rapidamente dall’ozono producendo biossido di azoto.
La tossicità del monossido di azoto è limitata, al contrario di
quella del biossido di azoto
che risulta invece notevole.
Biossido di azoto
Il biossido di azoto è un
gas tossico di colore gialloO
rosso, dall’odore forte e
pungente e con grande
potere irritante per le
mucose e può contribuire
N
O
all’insorgere di varie alterazioni delle funzioni polmonari, bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare; è un
energico ossidante, molto reattivo e quindi altamente corrosivo.
Il colore rossastro dei fumi è dato dalla presenza della forma
NO2 (che è quella prevalente).
Il ben noto colore giallognolo delle foschie che ricoprono le
città ad elevato traffico è dovuto per l’appunto al biossido
di azoto. Il biossido di azoto svolge un ruolo fondamentale
nella formazione dello smog fotochimico in quanto costituisce l’intermedio di base per la produzione di tutta una
serie di inquinanti secondari molto pericolosi come l’ozono,
l’acido nitrico, l’acido nitroso, gli alchilnitrati, i perossiacetililnitrati, ecc. Si stima che gli ossidi di azoto contribuiscano
per il 30% alla formazione delle piogge acide (il restante è
imputabile al biossido di zolfo e ad altri inquinanti).
La principale fonte antropogenica di ossido di azoto è data
dalle combustioni ad alta temperatura, durante le quali la
reazione fra l’azoto dell’aria e l’ossigeno forma monossido
di azoto. Nelle atmosfere inquinate in modo continuativo
(in genere dagli autoveicoli) si assiste ad un ciclo giornaliero di formazione di inquinanti secondari: il monossido di
azoto viene ossidato tramite reazioni fotochimiche (cataliz-
zate dalla luce) a biossido di azoto; si forma così una miscela NO-NO2, che raggiunge il picco di concentrazione nelle
zone e nelle ore di traffico più intenso. Attraverso una serie
di reazioni, ancora catalizzate dalla luce solare, si giunge
alla formazione di ozono e di composti organici ossidanti
(smog fotochimico). Durante la notte queste sostanze decadono formando composti organici nitrati, perossidi ed aerosol acidi.
Una situazione del genere si verifica specialmente nelle città
ad elevato traffico e molto soleggiate come ad esempio Los
Angeles, Città del Messico, Santiago del Cile, Roma, ecc.
Santiago del Cile.
Le città sembrano avvolte che una nube di inquinanti che,
oltre a provocare una diminuzione della visibilità costituiscono un pericolo per la salute dei soggetti più deboli come
i bambini, gli anziani e gli asmatici.
IL PROBLEMA SICUREZZA
Un altro problema legato alle caldaie murali è il grosso problema di sicurezza legato
alla combustione non comMonossido di carbonio
pleta di alcune caldaie (di
tipo B) che conduce alla
formazione di ossido di
carbonio.
O
L’ossido di carbonio (CO) è
un gas incolore, inodore,
C
infiammabile, e molto tossico. Si forma durante le
combustioni delle sostanze organiche, quando sono incomplete per difetto di aria (cioè per mancanza di ossigeno).
Gli effetti sull’ambiente sono da considerarsi trascurabili,
mentre gli effetti sull’uomo sono particolarmente pericolosi. La sua pericolosità è dovuta alla formazione con l’emoglobina del sangue di un composto fisiologicamente inattivo, la carbossiemoglobina, che impedisce l’ossigenazione
dei tessuti. A basse concentrazioni provoca emicranie,
debolezza diffusa, giramenti di testa; a concentrazioni maggiori può provocare esiti letali.
Combustioni incomplete possono avvenire solo quando gli
impianti non vengono manutenzionati, oppure all’avviamento degli impianti, quando la combustione avviene in
difetto di aria per brevi periodi. Escludendo l’anidride carbonica, la quantità di ossido carbonio che viene emesso dai
processi di combustione che avvengono negli autoveicoli è
circa 10 volte maggiore di quella degli altri inquinanti.
Per le sue caratteristiche l’ossido di carbonio rappresenta un
inquinante molto insidioso, soprattutto nei luoghi chiusi
dove si può accumulare in concentrazioni letali.
Tali situazioni sono purtroppo frequenti e innumerevoli
sono i casi di avvelenamento e gli incidenti anche mortali
imputabili alle stufe o agli scaldabagni difettosi o non controllati. Essendo il CO incolore, insapore, inodore e non irritante, può causare morti accidentali senza che le vittime si
rendano conto di quel che sta loro succedendo.
ra interessi economici che favoriscono l’aumento dei consumi dei combustibili.
LE CALDAIE MURALI
Sono gli anni novanta, quelli delle caldaie murali, che, dal
nulla, fanno diventare l’Italia il paese europeo a maggior
diffusione dell’impianto autonomo, facendo impennare la
richiesta di questi prodotti. In un decennio il mercato italiano delle caldaie murali arriva ad un milione di pezzi di caldaie vendute per anno.
Se ne fa un uso indiscriminato, dagli edifici a singola utenza a quelli condominiali di grandi dimensioni, senza mai
tener conto delle reali esigenze termiche di questi stabili.
Nella metà degli anni novanta, in concomitanza con la progressiva riduzione degli spazi degli appartamenti, viene
inventata in Italia la caldaia per esterni che costituirà, assieme alle unità esterne dei condizionatori, l’elemento decorativo predominante dei nostri condomini.
Questa soluzione, che deve trovare una normativa di riferimento, verrà riconosciuta anche dalle norme europee, pur
essendo un assurdo dal punto di vista tecnico.
Una volta respirato, il CO si lega all’emoglobina con una
affinità che è 220 volte superiore a quella dell’ossigeno e
formando un composto inattivo fisiologicamente che viene
chiamato carbossiemoglobina. Questa sostanza, al contrario dell’emoglobina, non è in grado di garantire l’ossigenazione ai tessuti, in particolare al cervello ed al cuore.
La morte sopravviene pertanto per asfissia. L’effetto del CO
risulta maggiore in altitudine, per la ridotta percentuale di
ossigeno nell’aria. In caso di intossicazione bisogna immediatamente portare all’aria aperta il soggetto colpito, perché la respirazione di aria arricchita di ossigeno aiuta l’eliminazione del CO dalla carbossiemoglobina.
Gli algoritmi di calcolo per la determinazione del fabbisogno termico degli edifici (FEN) passeranno al vaglio di commissioni tecniche che approveranno metodi colpevoli di
sovrastimare gli impianti almeno del doppio delle reali
necessità (perlomeno con le conoscenze del tempo).
Ancora una volta quindi non ci si occupa di inquinamento,
di possibile risparmio o di tecnologie eco-sostenibili, ma di
pretesti che, per placare la rissosità degli inquilini, masche-
Caldaie e unità esterne “decorano” un condominio.
Oggi
Il caro petrolio impone
economie energetiche.
Risparmio energetico,
condensazione, distribuzione.
L’accresciuta sensibilità ecologica delle amministrazioni
pubbliche, i moderni sistemi di rilevamento dell’inquinamento, il crescente prezzo del petrolio e l’acuirsi delle
malattie polmonari, stanno di fatto imponendo una ricerca
di riduzione delle emissioni inquinanti. Ci si è concentrati
molto sulle problematiche legate al mondo dell’autotrazione con lo studio di motori di nuova generazione e con
misure di limitazione del traffico urbano.
Centrali termiche con
caldaie a condensazione
vengono installate in
prossimità dei tetti per
risolvere il problema
della canna fumaria.
Gli appartamenti ricevono il calore da un’unica
radice e i moduli satellitari rendono autonoma
la gestione e i consumi.
Ma della gestione della caldaietta murale chi se ne occupa?
Chi controlla le ripetute accensioni che vengono pilotate dal
cronotermostato, che ha come unico scopo quello di garantire una precisione di regolazione della temperatura di casa?
In alcuni modelli la precisione è tale da comandare qualche
centinaio di accensioni al giorno; mandando all’aria qualsiasi criterio di risparmio o di riduzione delle emissioni.
Per questa serie di motivi si stanno proponendo caldaie centralizzate piuttosto che impianti di teleriscaldamento nei
quartieri densamente abitati.
Innanzitutto il punto di partenza non può che essere il com-
bustibile, e indubbiamente il protagonista per questi anni è il
metano. Alla luce degli sviluppi tecnologici degli ultimi anni
risulta evidente, che le cosiddette “caldaie ad alto rendimento” devono cedere il passo alle caldaie a condensazione.
COS’È LA CONDENSAZIONE?
Dalla combustione del metano si ottengono, semplificando,
energia termica, anidride carbonica ed acqua:
CH4 + 2O2 _ energia + CO2 + 2H2O
Questa reazione avviene tra gas e le alte temperature della
combustione mantengono i fumi in tale stato.
Le caldaie di tipo “tradizionale” sono progettate per catturare il calore sensibile dei fumi e trasferirlo all’acqua nel
modo più efficace possibile. In altre parole i fumi, a contatto con le superfici di scambio, vengono raffreddati da
1100°C a circa 120°C.
Nei fumi “raffreddati” rimane disponibile un ulteriore residuo di energia: il calore sensibile residuo (da 120°C a
40/50°C) ed il calore latente del cambio di fase.
Questo secondo contributo, pari a circa 1kW per metro
cubo di metano, si ottiene appunto per l’energia ceduta al
momento del passaggio dei fumi dallo stato gassoso a quello liquido.
Costringere il vapore acqueo presente nei fumi a condensare, significa in definitiva andare a recuperare dai fumi una
consistente quantità di energia, altrimenti persa nei fumi di
scarico. Se infatti il processo di evaporazione dell’acqua
asporta energia ai fumi, la condensazione del vapor d’acqua cede calore al fluido di caldaia (è un po’ il processo
inverso di quando si sperimenta l’evaporazione di un liquido sulla pelle).
È evidente, da quanto descritto finora, che la condensazione altro non è che un fenomeno fisico, il quale, come tale
è sottoposto alle sue leggi.
Tutto ciò significa che una caldaia a condensazione deve
essere pensata, progettata, realizzata e installata in
modo da favorire il più possibile il fenomeno della condensazione.
C’è da aggiungere che queste caldaie si accoppiano facilmente agli impianti a bassa temperatura e/o a sistemi di
regolazione a temperatura scorrevole.
Ai giorni nostri infatti sono sempre più diffuse tecniche di
riscaldamento di questo tipo: impianti a pavimento o a
parete, superfici di scambio dei corpi scaldanti sovradimensionate ecc.; al fine di migliorare il comfort delle abitazioni
e ridurre al minimo le dispersioni. Infatti i risparmi che si
possono ottenere non sono legati unicamente alle alte efficienze ottenibili in centrale termica, ma anche mantenendo
molto basse le temperature dell’anello di riscaldamento.
RISPARMIO ENERGETICO
Cosa vuol dire tutto questo? Che l’azione combinata degli
impianti ben regolati a bassa temperatura e l’utilizzo delle
moderne caldaie a condensazione consentono di ottenere
risparmi compresi tra un 20 ed un 40% rispetto ai generatori tradizionali; il che significa forte riduzione della spesa
energetica e abbattimento delle emissioni inquinanti.
Questi risultati sono raggiungibili con impianti centralizzati,
gestiti da personale competente e qualificato e con potenze “centrate” sul reale fabbisogno dell’edificio. A questi
vantaggi occorre aggiungere che la produzione centralizzata del calore riduce i rischi e permette un controllo più efficace dell’impianto.
Per salvaguardare consumi ed emissioni dobbiamo rinunciare all’autonomia nella gestione del caldo nei nostri
appartamenti? Torneremo a battagliare nelle assemblee
condominiali per ottenere orari e temperature più consoni
alle nostre abitudini?
No, se la progettazione tiene conto di tutti i rendimenti che
concorrono al rendimento globale dell’edificio secondo la
formula
ηg = ηp x ηd x ηr x ηe
Spaccato di una caldaia a condensazione.
Dove: ηg
ηp
ηd
ηr
ηe
è il rendimento globale dell’edificio
è il rendimento di produzione (della caldaia)
è il rendimento di distribuzione
è il rendimento di regolazione
è il rendimento di emissione (dei corpi scaldanti)
L’energia termica, che viene prodotta da un’unica caldaia,
può essere distribuita agli appartamenti tramite sistemi di
gestione e contabilizzazione, che permettono agli utenti di
usufruire del calore agli orari e temperature, che preferiscono.
Tali sistemi, conosciuti come “moduli satellitari” sono inoltre in grado di contabilizzare l’energia termica utilizzata,
così che l’utente contribuisce alle spese generali del riscaldamento, secondo i suoi effettivi consumi, proprio come
con le caldaie murali.
MODULI TERMICI
I moduli termici satellitari sono una risposta alla recente
richiesta di prodotti che possano coniugare la versatilità e
l’autonomia delle caldaie autonome con la semplicità di
gestione e gli elevati rendimenti della produzione centralizzata. Ricevono il fluido primario dalla centrale termica e
contabilizzano tutta l’energia che entra nel singolo appartamento permettendo in questo modo ad ogni utente di
gestire il proprio consumo e quindi la propria spesa.
Spaccato del modulo Radiax Box.
L’idraulica e la regolazione successiva permettono la produzione di calore per il riscaldamento e la produzione di acqua
calda sanitaria. Il pannello di comando elettronico permette la contabilizzazione remota e la regolazione di ogni singolo apparecchio. I moduli sono proposti nelle versioni da
incasso e per esterno, con accumulo, istantaneo e per la
ripartizione di acqua refrigerata. Nelle versioni più complesse essi sono in grado di gestire anche impianti con differenti
livelli di temperatura (impianti misti a pavimento) e inversioni estate/inverno per la refrigerazione estiva.
Buttando un occhio al futuro (e alle pagine successive) vale
la pena sottolineare come un impianto a combustione centralizzata e moduli satellitari sia già pronto a raccogliere la
sfida dell’idrogeno. Il modulo infatti è un sistema di distribuzione e contabilizzazione dell’energia termica contenuta
nell’acqua calda prodotta dalla caldaia, e che prescinde dal
sistema utilizzato per tale produzione (metano, biomasse,
energia solare, idrogeno…).
Domani
Idrogeno e fuel cell:
inquinamento a zero.
Idrogeno, cogenerazione,
emissioni zero.
Le città dell’immediato futuro saranno indissolubilmente
legate a un elemento chimico, il primo che si trova sulla
tavola periodica degli elementi: l’idrogeno. Verrà distribuito
nelle nostre case attraverso idrogenodotti e servirà per
azionare i motori delle nostre autovetture.
Le centrali termiche sono sostituite
da sistemi a celle a combustibile, che, oltre
a produrre e distribuire calore, producono
e distribuiscono energia elettrica.
Gli impianti ricevono calore ed energia
elettrica da un’unica centrale locale.
La rete di distribuzione del metano
è completamente trasformata
per la distribuzione di idrogeno.
MA CHE COS’È L’IDROGENO?
L’idrogeno, l’elemento più leggero e abbondante dell’universo, nel suo stato fondamentale è assai raro sulla Terra,
dove si trova quasi unicamente legato ad altri elementi in
numerosissimi composti, quali l’acqua, gli idrocarburi e
molti composti organici.
Per essere utilizzato, deve quindi essere estratto e questa
operazione può essere effettuata a partire da differenti
fonti energetiche: può essere estratto dagli idrocarburi
(infatti è un sottoprodotto delle raffinerie e di molti processi chimici); può essere ricavato per elettrolisi dell’acqua; può
essere prodotto dalla fermentazione e dal trattamento delle
biomasse, nonché prodotto da fonti nucleari.
Idrogeno significa “generatore di acqua”; allo stato fondamentale è un gas non tossico, incolore, inodore, estremamente volatile; presenta il più alto rapporto energia/peso
tra tutti i combustibili noti: 1 kg di idrogeno è in grado di
liberare la stessa quantità di energia di 2.1 kg di gas naturale e 2.8 kg di benzina.
L’idrogeno si presta ad essere utilizzato per produrre energia in un sistema chiamato cella a combustibile.
La cella a combustibile è un generatore elettrochimico,
dove l’energia chimica dei combustibili è trasformata direttamente in energia elettrica, senza combustione.
La cella è composta da due elettrodi in materiale poroso,
separati da un elettrolita. Gli elettrodi fungono da siti catalitici per le reazioni di cella che consumano idrogeno ed
ossigeno, con produzione di acqua e passaggio di corrente
elettrica nel circuito esterno; la trasformazione elettrochimica è accompagnata da produzione di calore.
Complessivamente la reazione può essere scritta:
H2 + _ O2 _ H2O + calore
Una cella a combustibile funziona in modo analogo a una
batteria, in quanto produce energia elettrica attraverso un
processo elettrochimico; tuttavia, a differenza di quest’ultima, consuma sostanze provenienti dall’esterno ed è quindi
in grado di funzionare senza interruzioni, finché al sistema
viene fornito combustibile (idrogeno) e ossidante (ossigeno
o aria).
Il gas combustibile (idrogeno) e il gas comburente (ossigeno) vengono fatti affluire dalla parte posteriore rispettivamente dell’anodo e del catodo e generano energia elettrica
attraverso l’ossidazione elettrochimica dell’idrogeno e la
riduzione elettrochimica dell’ossigeno.
e¯
idrogeno
dotti inquinanti che hanno sempre accompagnato i processi di generazione di potenza con combustione (ossidi di
zolfo, particolato, ossidi di azoto, monossido di carbonio).
La cella a combustibile è dunque un generatore a emissioni
zero - anche sonore, non essendoci parti in movimento - dal
momento che gli unici prodotti di reazione sono l’acqua e il
calore.
Il calore è dunque un “sottoprodotto” delle celle a combustibile.
COGENERAZIONE CIVILE
I fabbisogni energetici delle unità residenziali, condominiali
e dei piccoli esercizi commerciali, essenzialmente elettricità,
calore e freddo, sono tradizionalmente soddisfatti mediante la fornitura separata dell’energia elettrica e termica.
Il modello tradizionale per il soddisfacimento di tali fabbisogni prevede la generazione di energia elettrica in grandi
centrali termoelettriche, distanti dal bacino di utenza
metropolitano, ed il successivo trasferimento mediante la
rete di trasmissione e distribuzione alle singole utenze.
L’energia termica, d’altra parte, viene generata presso la
singola utenza (sia essa monofamiliare o condominiale)
mediante sistemi a combustione per il riscaldamento degli
ambienti. L’energia frigorifera, infine, si genera mediante
sistemi a compressione alimentati dalla stessa rete elettrica.
ossigeno
ANODO
CATODO
CALORE
membrana
di scambio
protonico
idrogeno di ricircolo
vapore e aria
catalizzatori
Funzionamento di una cella a combustibile.
Questo sistema dunque permette di generare corrente elettrica senza combustione, attraverso un processo elettrochimico, con la conseguente totale assenza di quei sottopro-
Modulo satellitare per la ripartizione di energia elettrica
e termica.
Tale modello è sì collaudato ma è pure affetto da molteplici svantaggi, primo fra tutti un rendimento termodinamico
complessivamente basso (se si prendono in considerazione
tutti e tre i fabbisogni di cui sopra come output energetici),
nonché emissioni inquinanti non trascurabili e la necessità
di una efficiente rete elettrica di distribuzione, che si rivela
onerosa in termini di costi di investimento e di esercizio. Per
l’utente finale, il tutto si traduce in ultima analisi in un costo
dell’energia acquistata piuttosto elevato. L’alternativa classica al modello sopra delineato propone grandi reti di teleriscaldamento (o teleraffreddamento) alimentate da centrali cogenerative di taglia relativamente grande, che abbinano alla produzione di elettricità la generazione di calore e/o
freddo in modo centralizzato.
In questo modo si eliminano parte dei problemi sopraccennati, ma permane comunque l’inefficacia nei riguardi del
contenimento delle emissioni, nonché la necessità di una
doppia rete, con i relativi costi, di distribuzione dell’energia
termica ed elettrica. Lo scenario tecnologico che si sta prospettando negli ultimi anni induce, di fatto, ad assegnare
sempre maggiore importanza alla cosiddetta “generazione
distribuita”di elettricità, calore e freddo sul territorio, modificando profondamente sia il ruolo dell’attuale rete elettrica
sia quello dei sistemi a combustione/compressione per la
produzione del calore/freddo. Secondo il modello di generazione distribuita si immagina l’inserimento nelle aeree
metropolitane di un gran numero di micro-centrali di cogenerazione ad alta efficienza, che soddisfino una porzione
significativa dei consumi energetici (elettrici, termici e di climatizzazione) delle utenze domestiche, commerciali e terziarie. Coniugando infatti i meriti termodinamici ben noti
della cogenerazione con le prestazioni, in prospettiva elevate, dei più promettenti sistemi di microgenerazione, questo
scenario è convenientemente associato ad un utilizzo più
razionale delle risorse energetiche, oltre che alla drastica
semplificazione delle infrastrutture richieste per il vettoriamento dell’energia.
SIDERA 30
Nelle moderne città europee ci sono molti progetti di teleriscaldamento, a testimonianza della necessità di tornare a
centralizzare la produzione per evitare sprechi, garantire
appropriate manutenzioni e allontanare i pericoli del combustibile dalle abitazioni. Nei progetti più evoluti, e dove è
possibile, si parla di centrali di cogenerazione e teleriscaldamento con combustione a biomasse e combustibili da fonte
rinnovabile. Questo perché alla necessità del
riscaldamento delle abitazioni si aggiunge la crescente esigenza di energia elettrica. In questo contesto si inserisce
perfettamente il progetto Sidera 30 di microcogenerazione
a celle a combustibile che ICI Caldaie sta sviluppando.
Questa macchina infatti è in grado di soppiantare la caldaia
negli impianti centralizzati sostituendone le funzioni e integrando la produzione di energia elettrica. Il cambio sarà
tanto più semplice quanto più gli impianti saranno stati
ammodernati nel prossimo periodo. La macchina è composta da una unità di reforming per la trasformazione del
metano in idrogeno, da quattro stack per la produzione di
energia elettrica e calore, da una caldaia a condensazione
per l’integrazione del fabbisogno termico e da un refrigeratore (optional) per la produzione di acqua refrigerata.
Nel momento in cui sarà disponibile l’idrogeno direttamente come combustibile, l’evoluzione del prodotto vedrà l’eliminazione del reformer. Grazie alla presenza di quest’ultimo elemento, sarà possibile una veloce introduzione nel
mercato del sistema perché sarà sufficiente allacciare Sidera
30 alla rete del gas, all’impianto di riscaldamento e ai contatori elettrici, unificando i consumi energetici in un’unica
centrale di produzione.
Con l’installazione di Sidera 30 le unità plurifamigliari
saranno in grado di essere autosufficienti nelle produzioni
energetiche, ridurre le emissioni inquinanti a zero e vendere gli esuberi elettrici in rete; il tutto con una macchina
senza organi in movimento e quindi senza emissioni sonore. Più unità collegate tra loro potrebbero essere in grado di
sostituire grandi centrali elettriche sempre più difficili da
collocare nel territorio e verrebbero a trovarsi in centro città,
direttamente collegate all’utenza semplificando i problemi
di distribuzione. I vantaggi sono tali da giustificare la scelta
di questi prodotti per le semplificazioni logistiche e le ripercussioni ambientali.
Azienda Certificata con
Sistema Qualità Aziendale ISO 9001:2000
Idrogeno a breve.
E adesso?
Spunti di riflessione sulla storia recente del riscaldamento in Italia
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