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Idrogeno a breve. E adesso? Spunti di riflessione sulla storia recente del riscaldamento in Italia Hanno reso possibile questa pubblicazione: Ing. Laura Bigotta che ha curato l’edizione dei testi e gli approfondimenti delle conseguenze dell’inquinamento; Ing. Christian Barbati per le valutazioni tecniche intorno all’applicazione della condensazione e tutto quel che riguarda l’efficienza energetica; Ing. Erneso Benini per gli approfondimenti inerenti le applicazioni della cogenerazione diffusa; Ing. Vincenzo Recchi per tutto quel che riguarda la tecnologia delle fuel cell nell’ambito stazionario; Mauro Boschini per i suoi preziosi disegni fatti a tempo di record; Luca Morandini per l’elaborazione grafica generale; Alessandro Zerbinato per il coordinamento operativo; e tutte le persone di ICI Caldaie che hanno collaborato con entusiasmo alla stesura di questo lavoro. A tutti voi grazie Dagli anni ’70 ad oggi è successo di tutto, ma sarebbe fin troppo facile elencare solo gli errori della nostra storia nel riscaldamento degli edifici in Italia, a ben guardare un filo sottile ci sta guidando verso il futuro. Negli anni, attraverso moltissimi errori, abbiamo perseguito una chiara strategia di riduzione delle emissioni inquinanti e dei consumi. È una caratteristica dell’uomo quella di utilizzare al meglio l’energia disponibile. Per questo oggi siamo così vicini ad un ulteriore passo: la progressiva eliminazione dei combustibili fossili e l’introduzione dell’idrogeno. Sicuramente le applicazioni stazionarie delle celle a combustibile sono alle porte; dobbiamo quindi progettare gli impianti di oggi in funzione della tecnologia che verrà. A quanto siamo dalle prime applicazioni? Siamo vicinissimi, perché mai come in questo periodo si è assistito ad una tale concentrazione di studio su questi argomenti. Il percorso che viene proposto in questa mostra attraversa le varie tappe della storia italiana del riscaldamento dagli anni ’70 ai nostri giorni. L’ultima sezione della mostra è dedicata a questa tecnologia, che vede impegnata anche ICI Caldaie col progetto Sidera 30, sistema di microcogenerazione civile con celle a combustibile ad elettrolita polimerico. Anni ‘70 Il gasolio sporca le nostre città. Gasolio, piogge acide, smog. Negli anni settanta in Italia gli impianti di riscaldamento erano per la maggior parte a gasolio che aveva sostituito la nafta pesante o, addirittura, i vecchi impianti a carbone. Si prestava ancora poca attenzione al problema inquinamento e nelle grandi città i gestori degli impianti si organizzavano per ottenere buone tariffe nell’acquisto di questo combustibile. I comignoli delle abitazioni distribuiscono fumi nerastri che ingrigiscono le città. Gli impianti di riscaldamento sono alimentati da autocisterne che periodicamente “fanno il pieno in cantina”. IL GASOLIO Ma che cos’è il gasolio? Prodotto distillato dal petrolio, il gasolio deriva il suo nome dall’essere stato in passato utilizzato per ottenere il gas d’olio minerale. Nel gasolio sono presenti diversi classi di idrocarburi come paraffine, aromatici e naftenici e le loro proporzioni variano da gasolio a gasolio. Tra i parametri che maggiormente caratterizzano il gasolio, il contenuto di zolfo rappresenta l’elemento più critico per le sue implicazioni in campo ambientale. Nel gasolio da riscaldamento il contenuto di zolfo è di circa 0,2% in peso. Infatti dalla ossidazione dello zolfo nel corso dei processi di combustione di sostanze che contengono questo elemento anche come impurezza - come nel caso del gasolio - si ottiene l’inquinante atmosferico per eccellenza: l’anidride solforosa. L’anidride solforosa o biossido di zolfo è un gas incolore, irritante, non infiammabile, molto solubile in acqua e dall’odore pungente. Dato che è più pesante dell’aria tende a stratificarsi nelle zone più basse. È considerato l’inquinante atmosferico per eccellenza essendo il più diffuso, uno dei più aggressivi e pericolosi e di gran lunga quello più studiato ed emesso in maggior quantità dalle sorgenti antropogeniche. Gli SOx (nome con cui comunemente vengono chiamati l’anidride solforosa SO2 e l’anidride solforica SO3) sono responsabili di danni diretti sulla salute dell’uomo: gli effetti del biossido di zolfo sono principalmente legati a patologie dell’apparato respiratorio come bronchiti, asma e tracheiti e ad irritazioni della pelle, degli occhi e delle mucose. S O O mano direttamente in sospensione oppure al suolo provoca l’acidificazione di laghi e corsi d’acqua, danneggia la vegetazione (soprattutto ad alte quote) e molti suoli forestali. Oltre a questo, le piogge acide accelerano il decadimento dei materiali da costruzione e delle vernici; compromettono poi la bellezza ed il decoro degli edifici, delle statue e delle sculture patrimonio culturale di ogni nazione. Biossido di zolfo L’azione principale operata ai danni dell’ambiente da parte degli ossidi di zolfo consiste nell’acidificazione delle precipitazioni meteorologiche con la conseguente compromissione dell’equilibrio degli ecosistemi interessati: sono le famigerate piogge acide. LE PIOGGE ACIDE Con il termine piogge acide si intende generalmente il processo di ricaduta dall’atmosfera di particelle, gas e precipitazioni acide. Le piogge acide sono causate essenzialmente dagli ossidi di zolfo (SOx) e, in parte minore, dagli ossidi d’azoto (NOx), presenti in atmosfera sia per cause naturali sia per effetto delle attività umane. Nel caso in cui questi gas entrino in contatto con l’acqua atmosferica allora si originano degli acidi prima della deposizione. In presenza di acqua gli ossidi di zolfo originano l’acido solforico, mentre gli ossidi di azoto si trasformano in acido nitrico; di conseguenza queste sostanze causano un’acidificazione delle precipitazioni. Azione delle piogge acide su di una foresta dell’Europa Settentrionale. In effetti da alcuni decenni in molte zone del pianeta si sono registrate precipitazioni piovose, nevose, nebbie e rugiade con valori di pH significativamente più bassi del normale (pH 5,5), cioè compresi tra 2 e 5. L’azione degli acidi che si for- L’azione delle piogge acide risulta particolarmente evidente su questa statua realizzata in Westphalia (Ger); la foto a sinistra è stata scattata nel 1908, mentre la foto a destra è del 1968: sono trascorsi solo 60 anni! LO SMOG Oltre agli ossidi di zolfo, l’altro grande inquinante derivante dalla combustione del gasolio è il particolato. Spesso il particolato rappresenta l’inquinante a maggiore impatto ambientale nelle aree urbane, tanto da indurre le autorità competenti a disporre dei blocchi del traffico per ridurne il fenomeno. Si tratta di sostanze allo stato solido o liquido che, a causa delle loro piccole dimensioni, restano sospese in atmosfera per tempi più o meno lunghi; le polveri totali sospese vengono anche indicate come PM (Particulate Matter). Il particolato primario di origine antropica è dovuto principalmente all’utilizzo dei combustibili fossili (riscaldamento domestico, centrali termoelettriche, ecc.) e alle emissioni degli autoveicoli. A prescindere dalla tossicità, le particelle che possono produrre degli effetti indesiderati sull’uomo sono sostanzialmente quelle di dimensioni più ridotte, infatti nel processo della respirazione le particelle maggiori di 15 micron vengono generalmente rimosse dal naso. Il particolato che si deposita nel tratto superiore dell’apparato respiratorio (cavità nasali, faringe e laringe) può generare vari effetti irritativi come l’infiammazione e la secchezza del naso e della gola; tutti questi fenomeni sono molto più gravi se le parti- celle hanno assorbito sostanze acide (come il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, ecc.). Per la particolare struttura della superficie, le particelle possono anche assorbire dall’aria sostanze chimiche cancerogene; trascinandole nei tratti respiratori e prolungandone i tempi di residenza, ne accentuano gli effetti. Le particelle più piccole penetrano nel sistema respiratorio a varie profondità e possono trascorrere lunghi periodi di tempo prima che vengano rimosse, per questo sono le più pericolose. Queste polveri aggravano le malattie respiratorie croniche come l’asma, la bronchite e l’enfisema. Le persone più vulnerabili sono gli anziani, gli asmatici, i bambini e chi svolge un’intensa attività fisica all’aperto, sia di tipo lavorativo che sportivo. Gli effetti del particolato sul clima e sui materiali sono piuttosto evidenti. Il particolato dei fumi e delle esalazioni provoca una diminuzione della visibilità atmosferica; allo stesso tempo diminuisce anche la luminosità assorbendo o riflettendo la luce solare. Negli ultimi 50 anni si è notata una diminuzione della visibilità del 50%, ed il fenomeno risulta tanto più grave quanto più ci si avvicina alle grandi aree abitative ed industriali. Le polveri sospese favoriscono la formazione di nebbie e nuvole, costituendo i nuclei di condensazione attorno ai quali si condensano le gocce d’acqua. Di conseguenza favoriscono il verificarsi dei fenomeni delle nebbie e delle piogge acide, che comportano effetti di erosione e corrosione dei materiali e dei metalli. Il particolato inoltre danneggia i circuiti elettrici ed elettronici, insudicia gli edifici e le opere d’arte e riduce la durata dei tessuti. Le polveri possono depositarsi sulle foglie delle piante e formare così una patina opaca che, schermando la luce, ostacola il processo della fotosintesi. Come si può chiaramente vedere dalla foto, un’esposizione anche breve al biossido di zolfo provoca notevoli danni a livello fogliare. Il gasolio in questi anni veniva trasportato su strada mediante autocisterne, aumentando il traffico veicolare, per essere poi distribuito ai diversi condomini. In ogni condominio veniva poi posata una cisterna interrata di grandi dimensioni (per aumentare il potere di acquisto), con l’idea di “fare il pieno” a inizio stagione per assicurare il caldo agli inquilini. Questi serbatoi nel corso degli anni, quando si è iniziato a mettere da parte questo combustibile, non sono stati né rimossi né tanto meno bonificati, con la conseguenza che il gasolio continua ad inquinarci, attraverso percolamenti nel suolo e possibili inquinamenti delle falde acquifere…. Le caldaie, sia per le singole abitazioni che per i grandi condomini, sono installate in centrali termiche (molto sporche) abbinate a bruciatori soffiati. Le caratteristiche tecniche di questi bruciatori e la scarsa purezza del gasolio impongono manutenzioni specializzate frequenti da parte dei “bruciatoristi”. Le canne fumarie, anche esse molto sporche a causa della fuliggine, che inesorabilmente si forma quando si brucia gasolio, necessitavano di frequenti passaggi da parte degli spazzacamini che periodicamente rimuovevano insieme alla fuliggine le altre sostanze depositate (ad esempio composti solforati). Il materiale rimosso veniva gettato in discariche senz’altro abusive, dal momento che la problematica dei rifiuti non era stata ancora presa in considerazione nei dovuti modi. I rendimenti di questi generatori sono molto bassi (inferiori al 80%): siamo ancora molto lontani da un concetto di risparmio energetico a causa del basso costo del gasolio. Anni ‘90 Arriva il metano e le caldaie murali “adornano” i nostri palazzi. Gas metano, caldaie murali, alti consumi. Negli anni ’90 si anni il metano viene considerato il combustibile alternativo per gli impianti di riscaldamento e, in minima parte per l’autotrazione. La possibilità di importare metano dalla Russia e dai mari del Nord e quindi l’indipendenza dai paesi arabi, convincono vari paesi europei, tra cui l’Italia, ad investire in questo nuovo combustibile che favorirà una prima parziale conversione degli impianti esistenti. Le città vengono invase da una rete di tubazioni: è arrivato il metano che sostituisce quasi completamente il gasolio. Le caldaie vengono collocate in ogni singola unità famigliare, ma i fumi molte volte vengono scaricati a parete e magari sotto la finestra di un altro appartamento. Le città vengono bucherellate per far passare i metanodotti con una campagna di promozione volta a convertire gli impianti. Il metano viene promosso come una fonte di risparmio (costa meno) e per un minor inquinamento (la combustione non produce nerofumo). fonti alternative sono state individuate e le economie dei paesi in pieno sviluppo hanno bisogno di aumentare i consumi. Il metano, facile da distribuire e senza necessità di stoccaggio locale, favorisce la nascita del concetto di caldaia individuale. A causa della pericolosità del gas, notevolmente superiore a quella del gasolio, inizia a porsi il problema della sicurezza e quindi delle normative, nazionali prima ed europee poi, per salvaguardare la sicurezza degli utilizzatori. Quasi contemporaneamente, gli stessi tecnici, abbozzano metodi per il calcolo del fabbisogno termico degli edifici. Siamo ormai alla fine del periodo della crisi energetica, le Gli Italiani sono stanchi di dipendere da centrali sporche, a basso rendimento e dai consumi ripartiti con criteri incerti. La proposta della caldaia autonoma murale, che si può installare in casa con tutte le possibilità di gestione in proprio, è di fatto l’elemento che scatena il cambio degli impianti. Sebbene il metano sia giustamente considerato un combu- stibile più pulito del gasolio, alla combustione di quest’ultimo è in ogni caso comunque legata la formazione di NOx. NOx Col termine NOx si indica la somma pesata del monossido di azoto (NO) e del biossido di azoto (NO2). L’ossido di azoto (NO) è un gas incolore, insapore ed inodore; è prodotto soprattutto nel corso dei processi di combustione ad alta temperatura assieme al biossido di azoto (che costituisce meno del 5% degli NOx totali emessi). Viene poi ossidato in atmosfera dall’ossigeno e più rapidamente dall’ozono producendo biossido di azoto. La tossicità del monossido di azoto è limitata, al contrario di quella del biossido di azoto che risulta invece notevole. Biossido di azoto Il biossido di azoto è un gas tossico di colore gialloO rosso, dall’odore forte e pungente e con grande potere irritante per le mucose e può contribuire N O all’insorgere di varie alterazioni delle funzioni polmonari, bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare; è un energico ossidante, molto reattivo e quindi altamente corrosivo. Il colore rossastro dei fumi è dato dalla presenza della forma NO2 (che è quella prevalente). Il ben noto colore giallognolo delle foschie che ricoprono le città ad elevato traffico è dovuto per l’appunto al biossido di azoto. Il biossido di azoto svolge un ruolo fondamentale nella formazione dello smog fotochimico in quanto costituisce l’intermedio di base per la produzione di tutta una serie di inquinanti secondari molto pericolosi come l’ozono, l’acido nitrico, l’acido nitroso, gli alchilnitrati, i perossiacetililnitrati, ecc. Si stima che gli ossidi di azoto contribuiscano per il 30% alla formazione delle piogge acide (il restante è imputabile al biossido di zolfo e ad altri inquinanti). La principale fonte antropogenica di ossido di azoto è data dalle combustioni ad alta temperatura, durante le quali la reazione fra l’azoto dell’aria e l’ossigeno forma monossido di azoto. Nelle atmosfere inquinate in modo continuativo (in genere dagli autoveicoli) si assiste ad un ciclo giornaliero di formazione di inquinanti secondari: il monossido di azoto viene ossidato tramite reazioni fotochimiche (cataliz- zate dalla luce) a biossido di azoto; si forma così una miscela NO-NO2, che raggiunge il picco di concentrazione nelle zone e nelle ore di traffico più intenso. Attraverso una serie di reazioni, ancora catalizzate dalla luce solare, si giunge alla formazione di ozono e di composti organici ossidanti (smog fotochimico). Durante la notte queste sostanze decadono formando composti organici nitrati, perossidi ed aerosol acidi. Una situazione del genere si verifica specialmente nelle città ad elevato traffico e molto soleggiate come ad esempio Los Angeles, Città del Messico, Santiago del Cile, Roma, ecc. Santiago del Cile. Le città sembrano avvolte che una nube di inquinanti che, oltre a provocare una diminuzione della visibilità costituiscono un pericolo per la salute dei soggetti più deboli come i bambini, gli anziani e gli asmatici. IL PROBLEMA SICUREZZA Un altro problema legato alle caldaie murali è il grosso problema di sicurezza legato alla combustione non comMonossido di carbonio pleta di alcune caldaie (di tipo B) che conduce alla formazione di ossido di carbonio. O L’ossido di carbonio (CO) è un gas incolore, inodore, C infiammabile, e molto tossico. Si forma durante le combustioni delle sostanze organiche, quando sono incomplete per difetto di aria (cioè per mancanza di ossigeno). Gli effetti sull’ambiente sono da considerarsi trascurabili, mentre gli effetti sull’uomo sono particolarmente pericolosi. La sua pericolosità è dovuta alla formazione con l’emoglobina del sangue di un composto fisiologicamente inattivo, la carbossiemoglobina, che impedisce l’ossigenazione dei tessuti. A basse concentrazioni provoca emicranie, debolezza diffusa, giramenti di testa; a concentrazioni maggiori può provocare esiti letali. Combustioni incomplete possono avvenire solo quando gli impianti non vengono manutenzionati, oppure all’avviamento degli impianti, quando la combustione avviene in difetto di aria per brevi periodi. Escludendo l’anidride carbonica, la quantità di ossido carbonio che viene emesso dai processi di combustione che avvengono negli autoveicoli è circa 10 volte maggiore di quella degli altri inquinanti. Per le sue caratteristiche l’ossido di carbonio rappresenta un inquinante molto insidioso, soprattutto nei luoghi chiusi dove si può accumulare in concentrazioni letali. Tali situazioni sono purtroppo frequenti e innumerevoli sono i casi di avvelenamento e gli incidenti anche mortali imputabili alle stufe o agli scaldabagni difettosi o non controllati. Essendo il CO incolore, insapore, inodore e non irritante, può causare morti accidentali senza che le vittime si rendano conto di quel che sta loro succedendo. ra interessi economici che favoriscono l’aumento dei consumi dei combustibili. LE CALDAIE MURALI Sono gli anni novanta, quelli delle caldaie murali, che, dal nulla, fanno diventare l’Italia il paese europeo a maggior diffusione dell’impianto autonomo, facendo impennare la richiesta di questi prodotti. In un decennio il mercato italiano delle caldaie murali arriva ad un milione di pezzi di caldaie vendute per anno. Se ne fa un uso indiscriminato, dagli edifici a singola utenza a quelli condominiali di grandi dimensioni, senza mai tener conto delle reali esigenze termiche di questi stabili. Nella metà degli anni novanta, in concomitanza con la progressiva riduzione degli spazi degli appartamenti, viene inventata in Italia la caldaia per esterni che costituirà, assieme alle unità esterne dei condizionatori, l’elemento decorativo predominante dei nostri condomini. Questa soluzione, che deve trovare una normativa di riferimento, verrà riconosciuta anche dalle norme europee, pur essendo un assurdo dal punto di vista tecnico. Una volta respirato, il CO si lega all’emoglobina con una affinità che è 220 volte superiore a quella dell’ossigeno e formando un composto inattivo fisiologicamente che viene chiamato carbossiemoglobina. Questa sostanza, al contrario dell’emoglobina, non è in grado di garantire l’ossigenazione ai tessuti, in particolare al cervello ed al cuore. La morte sopravviene pertanto per asfissia. L’effetto del CO risulta maggiore in altitudine, per la ridotta percentuale di ossigeno nell’aria. In caso di intossicazione bisogna immediatamente portare all’aria aperta il soggetto colpito, perché la respirazione di aria arricchita di ossigeno aiuta l’eliminazione del CO dalla carbossiemoglobina. Gli algoritmi di calcolo per la determinazione del fabbisogno termico degli edifici (FEN) passeranno al vaglio di commissioni tecniche che approveranno metodi colpevoli di sovrastimare gli impianti almeno del doppio delle reali necessità (perlomeno con le conoscenze del tempo). Ancora una volta quindi non ci si occupa di inquinamento, di possibile risparmio o di tecnologie eco-sostenibili, ma di pretesti che, per placare la rissosità degli inquilini, masche- Caldaie e unità esterne “decorano” un condominio. Oggi Il caro petrolio impone economie energetiche. Risparmio energetico, condensazione, distribuzione. L’accresciuta sensibilità ecologica delle amministrazioni pubbliche, i moderni sistemi di rilevamento dell’inquinamento, il crescente prezzo del petrolio e l’acuirsi delle malattie polmonari, stanno di fatto imponendo una ricerca di riduzione delle emissioni inquinanti. Ci si è concentrati molto sulle problematiche legate al mondo dell’autotrazione con lo studio di motori di nuova generazione e con misure di limitazione del traffico urbano. Centrali termiche con caldaie a condensazione vengono installate in prossimità dei tetti per risolvere il problema della canna fumaria. Gli appartamenti ricevono il calore da un’unica radice e i moduli satellitari rendono autonoma la gestione e i consumi. Ma della gestione della caldaietta murale chi se ne occupa? Chi controlla le ripetute accensioni che vengono pilotate dal cronotermostato, che ha come unico scopo quello di garantire una precisione di regolazione della temperatura di casa? In alcuni modelli la precisione è tale da comandare qualche centinaio di accensioni al giorno; mandando all’aria qualsiasi criterio di risparmio o di riduzione delle emissioni. Per questa serie di motivi si stanno proponendo caldaie centralizzate piuttosto che impianti di teleriscaldamento nei quartieri densamente abitati. Innanzitutto il punto di partenza non può che essere il com- bustibile, e indubbiamente il protagonista per questi anni è il metano. Alla luce degli sviluppi tecnologici degli ultimi anni risulta evidente, che le cosiddette “caldaie ad alto rendimento” devono cedere il passo alle caldaie a condensazione. COS’È LA CONDENSAZIONE? Dalla combustione del metano si ottengono, semplificando, energia termica, anidride carbonica ed acqua: CH4 + 2O2 _ energia + CO2 + 2H2O Questa reazione avviene tra gas e le alte temperature della combustione mantengono i fumi in tale stato. Le caldaie di tipo “tradizionale” sono progettate per catturare il calore sensibile dei fumi e trasferirlo all’acqua nel modo più efficace possibile. In altre parole i fumi, a contatto con le superfici di scambio, vengono raffreddati da 1100°C a circa 120°C. Nei fumi “raffreddati” rimane disponibile un ulteriore residuo di energia: il calore sensibile residuo (da 120°C a 40/50°C) ed il calore latente del cambio di fase. Questo secondo contributo, pari a circa 1kW per metro cubo di metano, si ottiene appunto per l’energia ceduta al momento del passaggio dei fumi dallo stato gassoso a quello liquido. Costringere il vapore acqueo presente nei fumi a condensare, significa in definitiva andare a recuperare dai fumi una consistente quantità di energia, altrimenti persa nei fumi di scarico. Se infatti il processo di evaporazione dell’acqua asporta energia ai fumi, la condensazione del vapor d’acqua cede calore al fluido di caldaia (è un po’ il processo inverso di quando si sperimenta l’evaporazione di un liquido sulla pelle). È evidente, da quanto descritto finora, che la condensazione altro non è che un fenomeno fisico, il quale, come tale è sottoposto alle sue leggi. Tutto ciò significa che una caldaia a condensazione deve essere pensata, progettata, realizzata e installata in modo da favorire il più possibile il fenomeno della condensazione. C’è da aggiungere che queste caldaie si accoppiano facilmente agli impianti a bassa temperatura e/o a sistemi di regolazione a temperatura scorrevole. Ai giorni nostri infatti sono sempre più diffuse tecniche di riscaldamento di questo tipo: impianti a pavimento o a parete, superfici di scambio dei corpi scaldanti sovradimensionate ecc.; al fine di migliorare il comfort delle abitazioni e ridurre al minimo le dispersioni. Infatti i risparmi che si possono ottenere non sono legati unicamente alle alte efficienze ottenibili in centrale termica, ma anche mantenendo molto basse le temperature dell’anello di riscaldamento. RISPARMIO ENERGETICO Cosa vuol dire tutto questo? Che l’azione combinata degli impianti ben regolati a bassa temperatura e l’utilizzo delle moderne caldaie a condensazione consentono di ottenere risparmi compresi tra un 20 ed un 40% rispetto ai generatori tradizionali; il che significa forte riduzione della spesa energetica e abbattimento delle emissioni inquinanti. Questi risultati sono raggiungibili con impianti centralizzati, gestiti da personale competente e qualificato e con potenze “centrate” sul reale fabbisogno dell’edificio. A questi vantaggi occorre aggiungere che la produzione centralizzata del calore riduce i rischi e permette un controllo più efficace dell’impianto. Per salvaguardare consumi ed emissioni dobbiamo rinunciare all’autonomia nella gestione del caldo nei nostri appartamenti? Torneremo a battagliare nelle assemblee condominiali per ottenere orari e temperature più consoni alle nostre abitudini? No, se la progettazione tiene conto di tutti i rendimenti che concorrono al rendimento globale dell’edificio secondo la formula ηg = ηp x ηd x ηr x ηe Spaccato di una caldaia a condensazione. Dove: ηg ηp ηd ηr ηe è il rendimento globale dell’edificio è il rendimento di produzione (della caldaia) è il rendimento di distribuzione è il rendimento di regolazione è il rendimento di emissione (dei corpi scaldanti) L’energia termica, che viene prodotta da un’unica caldaia, può essere distribuita agli appartamenti tramite sistemi di gestione e contabilizzazione, che permettono agli utenti di usufruire del calore agli orari e temperature, che preferiscono. Tali sistemi, conosciuti come “moduli satellitari” sono inoltre in grado di contabilizzare l’energia termica utilizzata, così che l’utente contribuisce alle spese generali del riscaldamento, secondo i suoi effettivi consumi, proprio come con le caldaie murali. MODULI TERMICI I moduli termici satellitari sono una risposta alla recente richiesta di prodotti che possano coniugare la versatilità e l’autonomia delle caldaie autonome con la semplicità di gestione e gli elevati rendimenti della produzione centralizzata. Ricevono il fluido primario dalla centrale termica e contabilizzano tutta l’energia che entra nel singolo appartamento permettendo in questo modo ad ogni utente di gestire il proprio consumo e quindi la propria spesa. Spaccato del modulo Radiax Box. L’idraulica e la regolazione successiva permettono la produzione di calore per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria. Il pannello di comando elettronico permette la contabilizzazione remota e la regolazione di ogni singolo apparecchio. I moduli sono proposti nelle versioni da incasso e per esterno, con accumulo, istantaneo e per la ripartizione di acqua refrigerata. Nelle versioni più complesse essi sono in grado di gestire anche impianti con differenti livelli di temperatura (impianti misti a pavimento) e inversioni estate/inverno per la refrigerazione estiva. Buttando un occhio al futuro (e alle pagine successive) vale la pena sottolineare come un impianto a combustione centralizzata e moduli satellitari sia già pronto a raccogliere la sfida dell’idrogeno. Il modulo infatti è un sistema di distribuzione e contabilizzazione dell’energia termica contenuta nell’acqua calda prodotta dalla caldaia, e che prescinde dal sistema utilizzato per tale produzione (metano, biomasse, energia solare, idrogeno…). Domani Idrogeno e fuel cell: inquinamento a zero. Idrogeno, cogenerazione, emissioni zero. Le città dell’immediato futuro saranno indissolubilmente legate a un elemento chimico, il primo che si trova sulla tavola periodica degli elementi: l’idrogeno. Verrà distribuito nelle nostre case attraverso idrogenodotti e servirà per azionare i motori delle nostre autovetture. Le centrali termiche sono sostituite da sistemi a celle a combustibile, che, oltre a produrre e distribuire calore, producono e distribuiscono energia elettrica. Gli impianti ricevono calore ed energia elettrica da un’unica centrale locale. La rete di distribuzione del metano è completamente trasformata per la distribuzione di idrogeno. MA CHE COS’È L’IDROGENO? L’idrogeno, l’elemento più leggero e abbondante dell’universo, nel suo stato fondamentale è assai raro sulla Terra, dove si trova quasi unicamente legato ad altri elementi in numerosissimi composti, quali l’acqua, gli idrocarburi e molti composti organici. Per essere utilizzato, deve quindi essere estratto e questa operazione può essere effettuata a partire da differenti fonti energetiche: può essere estratto dagli idrocarburi (infatti è un sottoprodotto delle raffinerie e di molti processi chimici); può essere ricavato per elettrolisi dell’acqua; può essere prodotto dalla fermentazione e dal trattamento delle biomasse, nonché prodotto da fonti nucleari. Idrogeno significa “generatore di acqua”; allo stato fondamentale è un gas non tossico, incolore, inodore, estremamente volatile; presenta il più alto rapporto energia/peso tra tutti i combustibili noti: 1 kg di idrogeno è in grado di liberare la stessa quantità di energia di 2.1 kg di gas naturale e 2.8 kg di benzina. L’idrogeno si presta ad essere utilizzato per produrre energia in un sistema chiamato cella a combustibile. La cella a combustibile è un generatore elettrochimico, dove l’energia chimica dei combustibili è trasformata direttamente in energia elettrica, senza combustione. La cella è composta da due elettrodi in materiale poroso, separati da un elettrolita. Gli elettrodi fungono da siti catalitici per le reazioni di cella che consumano idrogeno ed ossigeno, con produzione di acqua e passaggio di corrente elettrica nel circuito esterno; la trasformazione elettrochimica è accompagnata da produzione di calore. Complessivamente la reazione può essere scritta: H2 + _ O2 _ H2O + calore Una cella a combustibile funziona in modo analogo a una batteria, in quanto produce energia elettrica attraverso un processo elettrochimico; tuttavia, a differenza di quest’ultima, consuma sostanze provenienti dall’esterno ed è quindi in grado di funzionare senza interruzioni, finché al sistema viene fornito combustibile (idrogeno) e ossidante (ossigeno o aria). Il gas combustibile (idrogeno) e il gas comburente (ossigeno) vengono fatti affluire dalla parte posteriore rispettivamente dell’anodo e del catodo e generano energia elettrica attraverso l’ossidazione elettrochimica dell’idrogeno e la riduzione elettrochimica dell’ossigeno. e¯ idrogeno dotti inquinanti che hanno sempre accompagnato i processi di generazione di potenza con combustione (ossidi di zolfo, particolato, ossidi di azoto, monossido di carbonio). La cella a combustibile è dunque un generatore a emissioni zero - anche sonore, non essendoci parti in movimento - dal momento che gli unici prodotti di reazione sono l’acqua e il calore. Il calore è dunque un “sottoprodotto” delle celle a combustibile. COGENERAZIONE CIVILE I fabbisogni energetici delle unità residenziali, condominiali e dei piccoli esercizi commerciali, essenzialmente elettricità, calore e freddo, sono tradizionalmente soddisfatti mediante la fornitura separata dell’energia elettrica e termica. Il modello tradizionale per il soddisfacimento di tali fabbisogni prevede la generazione di energia elettrica in grandi centrali termoelettriche, distanti dal bacino di utenza metropolitano, ed il successivo trasferimento mediante la rete di trasmissione e distribuzione alle singole utenze. L’energia termica, d’altra parte, viene generata presso la singola utenza (sia essa monofamiliare o condominiale) mediante sistemi a combustione per il riscaldamento degli ambienti. L’energia frigorifera, infine, si genera mediante sistemi a compressione alimentati dalla stessa rete elettrica. ossigeno ANODO CATODO CALORE membrana di scambio protonico idrogeno di ricircolo vapore e aria catalizzatori Funzionamento di una cella a combustibile. Questo sistema dunque permette di generare corrente elettrica senza combustione, attraverso un processo elettrochimico, con la conseguente totale assenza di quei sottopro- Modulo satellitare per la ripartizione di energia elettrica e termica. Tale modello è sì collaudato ma è pure affetto da molteplici svantaggi, primo fra tutti un rendimento termodinamico complessivamente basso (se si prendono in considerazione tutti e tre i fabbisogni di cui sopra come output energetici), nonché emissioni inquinanti non trascurabili e la necessità di una efficiente rete elettrica di distribuzione, che si rivela onerosa in termini di costi di investimento e di esercizio. Per l’utente finale, il tutto si traduce in ultima analisi in un costo dell’energia acquistata piuttosto elevato. L’alternativa classica al modello sopra delineato propone grandi reti di teleriscaldamento (o teleraffreddamento) alimentate da centrali cogenerative di taglia relativamente grande, che abbinano alla produzione di elettricità la generazione di calore e/o freddo in modo centralizzato. In questo modo si eliminano parte dei problemi sopraccennati, ma permane comunque l’inefficacia nei riguardi del contenimento delle emissioni, nonché la necessità di una doppia rete, con i relativi costi, di distribuzione dell’energia termica ed elettrica. Lo scenario tecnologico che si sta prospettando negli ultimi anni induce, di fatto, ad assegnare sempre maggiore importanza alla cosiddetta “generazione distribuita”di elettricità, calore e freddo sul territorio, modificando profondamente sia il ruolo dell’attuale rete elettrica sia quello dei sistemi a combustione/compressione per la produzione del calore/freddo. Secondo il modello di generazione distribuita si immagina l’inserimento nelle aeree metropolitane di un gran numero di micro-centrali di cogenerazione ad alta efficienza, che soddisfino una porzione significativa dei consumi energetici (elettrici, termici e di climatizzazione) delle utenze domestiche, commerciali e terziarie. Coniugando infatti i meriti termodinamici ben noti della cogenerazione con le prestazioni, in prospettiva elevate, dei più promettenti sistemi di microgenerazione, questo scenario è convenientemente associato ad un utilizzo più razionale delle risorse energetiche, oltre che alla drastica semplificazione delle infrastrutture richieste per il vettoriamento dell’energia. SIDERA 30 Nelle moderne città europee ci sono molti progetti di teleriscaldamento, a testimonianza della necessità di tornare a centralizzare la produzione per evitare sprechi, garantire appropriate manutenzioni e allontanare i pericoli del combustibile dalle abitazioni. Nei progetti più evoluti, e dove è possibile, si parla di centrali di cogenerazione e teleriscaldamento con combustione a biomasse e combustibili da fonte rinnovabile. Questo perché alla necessità del riscaldamento delle abitazioni si aggiunge la crescente esigenza di energia elettrica. In questo contesto si inserisce perfettamente il progetto Sidera 30 di microcogenerazione a celle a combustibile che ICI Caldaie sta sviluppando. Questa macchina infatti è in grado di soppiantare la caldaia negli impianti centralizzati sostituendone le funzioni e integrando la produzione di energia elettrica. Il cambio sarà tanto più semplice quanto più gli impianti saranno stati ammodernati nel prossimo periodo. La macchina è composta da una unità di reforming per la trasformazione del metano in idrogeno, da quattro stack per la produzione di energia elettrica e calore, da una caldaia a condensazione per l’integrazione del fabbisogno termico e da un refrigeratore (optional) per la produzione di acqua refrigerata. Nel momento in cui sarà disponibile l’idrogeno direttamente come combustibile, l’evoluzione del prodotto vedrà l’eliminazione del reformer. Grazie alla presenza di quest’ultimo elemento, sarà possibile una veloce introduzione nel mercato del sistema perché sarà sufficiente allacciare Sidera 30 alla rete del gas, all’impianto di riscaldamento e ai contatori elettrici, unificando i consumi energetici in un’unica centrale di produzione. Con l’installazione di Sidera 30 le unità plurifamigliari saranno in grado di essere autosufficienti nelle produzioni energetiche, ridurre le emissioni inquinanti a zero e vendere gli esuberi elettrici in rete; il tutto con una macchina senza organi in movimento e quindi senza emissioni sonore. Più unità collegate tra loro potrebbero essere in grado di sostituire grandi centrali elettriche sempre più difficili da collocare nel territorio e verrebbero a trovarsi in centro città, direttamente collegate all’utenza semplificando i problemi di distribuzione. I vantaggi sono tali da giustificare la scelta di questi prodotti per le semplificazioni logistiche e le ripercussioni ambientali. Azienda Certificata con Sistema Qualità Aziendale ISO 9001:2000 Idrogeno a breve. E adesso? Spunti di riflessione sulla storia recente del riscaldamento in Italia ICI CALDAIE SpA 37059 ZEVIO fraz. Campagnola (Verona) Italy Via G. Pascoli 38 Telefono 045 8738511 Fax 045 8731148 [email protected] www.icicaldaie.com realizzato con il contributo della Regione Veneto