Dogliani Patrizia - Mitterrand e l`Histoire

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Dogliani Patrizia - Mitterrand e l`Histoire
Mitterrand e 1’Histoire
di Patrizia Dogliani
Dieci anni fa, l’8 gennaio 1996, scompariva non ancora ottantenne (era nato il 26 ottobre 1916)
François Mitterrand (d’ora in poi FM). In occasione del decennale della sua morte si moltiplicano le
pubblicazioni e i filmati che lo ricordano, in molti casi celebrandolo, in tutte le possibili e
controverse sfaccettature della sua vita pubblica e privata. La stessa stampa italiana non ha privato il
lettore nostrano di curiosità, persino pettegolezzi: dai viaggi segreti e dalle avventure amorose in
Italia, dalle donne e dalle amanti, alla figlia illegittima, oggi riscattatasi tanto nella letteratura
quanto nella vita pubblica nei confronti di fratellastri caduti in disgrazia, fino a quel vero e proprio
segreto di Stato costituito dalla sua malattia. Si spiega così come mai un film tanto francese come
Le promeneur du Champ de Mars, tratto da uno dei colloqui autorizzati da FM con il giornalista
Georges-Marc Benamou1 , sia riuscito sorprendentemente a mantenere il cartellone per alcune
settimane in diverse sale cinematografiche italiane. Se non sterminata, certamente la bibliografia
che oramai interessa FM è copiosa e in piena concorrenza con l’altro presidente francese che meglio
ha attratto l’attenzione di storici e di politologi, Charles de Gaulle.
Occorre però osservare che molti libri sono in realtà riedizioni aggiornate di pubblicazioni
apparse subito dopo la
1
Film di Robert Guegiguian. Tra le diverse interviste, o colloqui (entretlens). si vedano appunto quelli con Georges-
Marc Benamou (Paris 1996), riapparso da Plon nel 2005 con il titolo Le dernier Mitterrand, con Marguerite Duras,
avvenuti tra il 1985 e il 1986 o pubblicati su «L’AutreJourna1» ed ora usciti in vo1. con presentazione di Mazarine
Pingeat: Le bureau de poste de la rue Dupin et autres entretiens, 2006, e il colloquio a due voci con E. Wie‘ se1,
Mémoire à deux voix, Paris 1995. Per il periodo precedente al primo settennato si veda anche l’intervista di Guy Claisse
(Paris 1980).
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Questioni
scomparsa di FM, o addirittura prima, durante i suoi due settennati, ad opera, essenzialmente, di
giornalisti, come Pierre Favier, Michel Martin- Roland, Franz-Olivier Giesoert, Edwy Plenel2 , e di
stretti collaboratori del presidente come Hubert Védine e Jacques Attali3 . Pochi sino ad ora gli
storici che si sono cimentati in un bilancio storico-politico o nel tratteggiare una biografia4 ; i primi
tentativi in tal senso sono essenzialmente contenuti negli atti di un convegno tenutosi nel 1999 a
Parigi che ha preso in esame i primi e più efficaci anni di presidenza: quelli che vanno dal 1981 al
19845 . Occorre comunque segnalare che oramai, in molte opere di storia della Francia e persino
nelle scaffalature delle librerie specializzate, l’anno 1981 viene già considerato periodizzante, cioè
punto di partenza per gli studi sulla Francia più recente, du temps présent. Più copiosi invece i
lavori relativi all’apporto di Mitterrand nel campo delle relazioni internazionali, dell’uscita dalla
Guerra fredda e nella costituzione dell’asse franco-tedesca, essenziale alla nascita dell’Unione
europea6 .
Un primo tema che emerge con forza, senza peraltro essere mai stato studiato in modo
sistematico, è il rapporto intrattenuto da FM con la storia francese, in due principali prospettive.
Primo, come la vita politica e personale di FM abbia attraversato, venendone influenzata, gli eventi
della
2
Cfr l’ultimo di E. Plevel, Le journaliste et le prészdent, Paris 2006 e ben quattro volumi, tra il 1977 e il 1996,
consacrati a FM da FO. Giesbert, giornalista del “Nouvel Observateur” passato poi a “Le Figaro”; di P. Favier e M.
Martin-Roland, La décennie Mitterrand, in 4 voll. cronologici apparsi da Seuil tra il 1990 e il 1999, recentemente
ripubblicati. FM abitava nei suoi ultimi mesi, dopo aver lasciato l’Eliseo, in rue Frédéric Le Play, vicino al Champ de
Mars.
3
Di H. Védine (figlio di uno degli amici più stretti e di lunga data di FM e consigliere diplomatico) si vedano: Les
mondes de Franois Mitterrand à l’Elysèe, 1996 e il recente Frarqois Mitterrand: Un dessein, un destin, Paris 2006; di
Jaques Attali, «consigliere speciale» di FM nel corso di tutta la sua presidenza, i 3 voll. Verbatim, i, ii, iii, apparsi da
Fayard tra il 1993 e il 1995, e la recente testimonianza C’était Françoise Mitterrand, Paris 2005.
4
Segnaliamo una recente opera di uno storico inglese: D.S. Beh, François .Mitterrand. A political biography,
Cambridge 2005.
5
Atti curati da S. Bernstein, P. Milza, J.-L. Bianco, Mitterrand. Les années du changement 1981-1984, Paris 2001.
Bianco è stato segretario generale di FM. sull’elettorato femminile si veda J. Janson - M. Sineau, Mitterrand et les
Françaises: un rendez-vous manqué, Paris 1995.
6
Cito solo qualche titolo, rinviando anche a vari interventi apparsi nel libro di S. Beratein et al. sopracitato.
L’interesse degli storici delle relazioni internazionali si è in particolare soffermato sulle relazioni franco-tedesche alle
origini della Unione europea: S. Cohen (dir.), Mitterrand et la sortie de la guerre Froide, Paris 1998; A-O. Cannoni,
Mitterrand et la réunification allemande:une bistoire secrète 1981-1995, Paris 2005 (tradotto dal ted.); ed inoltre
sull’impegno di FM nella questione palestinese: J.-P. Filiou, Mitterrand et la palestine, Paris 2005.
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storia francese corrispondenti a ben quattro sistemi politici (la Terza Repubblica, il regime di Vichy,
la Quarta e la Quinta Repubblica), tanto da emergere come una «vita esemplare» nelle sue
contraddizioni politiche e umane, soprattutto in alcuni momenti chiave: il Fronte Popolare e lo
scontro tra fascismo ed antifascismo in terra di Francia; Vichy, il collaborazionismo, la Resistenza
tra il 1940 e 1944; la Guerra d’Algeria negli anni cinquanta; le trasformazioni politiche e strategiche
della sinistra francese negli anni sessanta. Di tutti questi periodi, in particolare del secondo, e cioè
gli anni della guerra, la biografia di FM ha mantenuto a lungo coni d’ombra ed ambiguità che negli
ultimi suoi 15 anni di vita hanno fatto da base a sospetti, polemiche e recriminazioni, finendo
persino per divenire oggetto di «segreti di Stato».
Un secondo aspetto su cui riflettere è il rapporto tra FM e il passato francese, come cioè abbia
cercato, soprattutto nel primo suo settennato di presidenza della Repubblica, di plasmare la storia
francese ad usum delphini, selezionando di essa fasi e soprattutto personaggi con cui identificarsi.
In questo suo particolare rapporto con la memoria e la celebrazione storica del passato na zionale si
inseriscono alcuni progetti, in particolare architettonici e monumentali, legati tutti allo spazio
parigino, che guardano al futuro attraverso un particolare sguardo gettato sulla storia nazionale:
dalla conservazione del passato medesimo (l’amp liamento del Museo del Louvre)
e dalla
rivalutazione di alcune sue fasi (va da sé, il bicentenario della Rivoluzione francese, ma anche
l’Ottocento storico ed artistico riletto nel Museo d’Orsay), fino a interventi urbanistici come quello
relativo a una, mai realizzata, nuova. Esposizione universale che rinverdisse i fasti delle esposizione
precedenti del 1889, 1900 e 1937, che hanno comunque lasciato segni sul terreno: si pensi alla linea
immaginaria che collega la Piramide del Louvre all’Arco di Trionfo e all’Arco della Défence;
arrivando infine alla valorizzazione pubblica di alcuni terreni lungo le sponde delle Senna e dei
canali (ne sono esempio la nuova biblioteca nazionale a Tolbiac, la cineteca nazionale a Bercy, la
Città della Scienza e della Musica)7 . In queste opere offerte al grande pubblico, Mitterrand ha
voluto far risaltare un’immagine moderna di mecenate. Affrontiamo alcuni dei temi appena
accennati.
7
Tra le opere che parlano dei progetti urbanistici ed architettonici di FM, ricordiamo F. Chaslin, Les Paris de
Franiois Mitterrand. Histoire des grands projets architecturaux, Paris 1995.
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Questioni
1.
I due corpi del sovrano
Di de Gaulle si celebra essenzialmente la levatura politica e strategica in un periodo complesso, e
anche di declino, della storia della Francia metropolitana e coloniale che copre, come d’altronde
accade, come s’è detto, anche alla biografia di FM, le tre Repubbliche francesi del ventesimo
secolo, la Terza, la Quarta e l’inizio della Quinta, e che trascinando con sé la Seconda guerra
mondiale e la Resistenza, la crisi algerina, giunge sino all’anno di svolta 1968. Accenniamo a un
confronto. FM attraversò le medesime stagioni di de Gaulle (che visse tra il 1890 e il 1970 - e
notiamo così che muoiono ambedue nel loro ottantesimo anno d’età) ma, di quindici anni più
giovane, riuscì ad approdare a quella successiva; a differenza del Generale, FM appare come una
figura più “tradizionale” perché emersa da un contesto puramente politico, ma anche, per paradosso,
più innovativa nelle scelte di politica internazionale e nel sapiente uso dell’immagine presidenziale,
dei linguaggi politici8 e della storia francese. Se de Gaulle è sembrato spesso un uomo d’altri tempi,
un «apolitico», essenzialmente un soldato imprestato alla politica, Mitterrand ha impersonato per
lungo tempo le tante potenzialità, contraddizioni, qualità, difetti e privilegi dell’uomo politico. De
Gaulle oltre che dalla Scuola militare sembrava emergere dalla Francia profonda non toccata da
rivoluzioni e da trasformazioni sociali, la Francia cattolica, patriottica ed inamovibile se non nelle
fasi di difesa del territorio e delle tradizioni nazionali: amava Jeanne d’Arc (adottata sin dall’inizio
del Novecento dalla destra antirepubblicana) e la Croce di Lorena come simboli dello Stato; e i suoi
riferimenti monumentali identitari erano la chiesa di Nôtre-Dame, gli Invalides e l’Arco di
Trionfo.
Il confronto tra questi due presidenti si impone fin dal momento della scomparsa di FM,
mettendo a dura prova i sondaggi: l’8-9 gennaio 1996 una inchiesta IFOP indicava che tra le
persone intervistate il 43% considerava FM il migliore presidente della Quinta Repubblica, il 38%
sceglieva de Gaulle. In un ulteriore sondaggio, compiuto nelle giornate dell’11-12 gennaio da
«Paris-Match», de Gaulle superava in polarità FM con il 56% contro il 36%. Poi però il confronto
non fu più ritentato, né tra di essi, né con altri presidenti. In questi sondaggi contò molto l’enfasi
data alla mor8
Cfr. D.Labbè, Le Vocabulire de FM, Paris, 1990
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te alle esequie di FM. Ambedue, de Gaulle e FM, avevano impersonato gli ultimi due monarchi
di Francia in un Paese, come è stato sottolineato più volte, profondamente repubblicano ma alla
costante ricerca di un sovrano, di un «re» che con il secondo corpo taumaturgico, «le corps sacré du
roi», rinvigorisse la religione civile della Francia del secondo dopoguerra.
Jean Lacouture, uno dei più interessanti, seri e prolifici biografi francesi contemporanei, al quale
si devono importanti biografie quali quelle di de Gaulle, di Malraux, di Men dez-France di Blum,
nell’ampio lavoro in due volumi che ha riservato a Mitterrand, dal quale ho qui attinto notizie e
riferimenti, sottolineava che avvicinandosi al termine della sua esistenza, FM deteneva almeno tre
segreti10 . Due dei quali dolorosi: la malattia e il rapporto intrattenuto con Vichy e un altro di cui
invece andava particolarmente fiero: l’esistenza di una figlia illegittima, Mazarine, rivelata solo il
10 novembre 1994 dal giornale «Paris-Match», dopo che le condizioni fisiche del presidente e
l’aggravarsi della sua malattia erano divenute evidenti. Svelare il terzo segreto significava sviare
l’attenzione dell’opinione pubblica dal primo, la sua malattia, quando, negli ultimi tre anni di vita
pubblica di FM, essa non poteva più essere nascosta; significava cioè creare un pathos popolare, che
facesse dimenticare momentaneamente il tradimento compiuto nei confronti dei suoi grandi o
comuni elettori: aver celato la gravità della malattia al momento di ricandidarsi per il secondo
settennato.
Un tumore alla prostata, degenerato in metastasi ossea, era stato rivelato a Mitterrand pochi mesi
dopo la sua prima elezione del maggio 198111 . FM, che aveva inseguito e desi9
Cfr J. Julliard (dir.), La mort de roi. Autour de Franois Mitterrand. Essai d’ethnographie politique comparée, Paris
1999. Il riferimento è al libro di Ernst Kantorowicz sui doppio corpo del re medievale: uno materiale e relativo al
singolo essere umano e che pertanto con lui segue tutte le fasi della vita dalla gioventù alla vecchiaia e l’altro pubblico e
sacro, o meglio mistico, che vede nel corpo del sovrano il rappresentante prima di Cristo, e poi nel corso del tempo
quello del regno, della sovranità monastica ed infine nel Settecento dello Stato. Il libro è apparso negli Stati Uniti nel
1957 con il titolo The King’s two bodies ed è stato tradotto in francese in Les deux corps du roi, Paris 1989,
influenzando non solo la storiografia relativa all’Ancien régime ma come il dibattito storico e politico sul potere politico
in epoca successiva alla Rivoluzione francese e più spiccatamente contemporanea.
10
J. Lacouture. Franrois Mitterrand. Une histoire de franrais, 2 voll., Paris 1998: voI. 11, Les vertiges da sommet,
pp. 625 e sgg.
11
La malattia era stata considerata segreto di Stato dal 1981 al 1992 e su tale segreto aveva scritto uno dei medici
curanti, il dottor Gubler, in Le Grand Se- n’ct, Paris, all’inizio 1996; contro questo libro la famiglia ha proceduto
penalmente e il libro fu ritirato dal commercio.
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Questioni
derato da anni la presidenza, affrontò con coraggio la malattia sottoponendosi a cure alternative che
sorprendentemente
crearono nell’immediato una remissione del tumore o almeno un rallentamento sostanzioso del suo
processo di diffusione. La malattia divenne pertanto un «segreto di Stato», e venne tenuta a lungo
nascosta anche alle persone più vicine al presidente, quelle che gli avrebbero poi permesso di
rivendicarsi e di vincere, pur in condizioni politiche diverse da quelle del 1981, le elezioni del
1988, e di accedere al secondo settennato. Negli ultimi anni la malattia non può però più essere
tenuta segreta: dal 1993 essa limita il presidente nelle sue funzioni, soprattutto negli ultimi sette
mesi, quelli che vanno dal settembre 1994 all’elezione di Jacques Chirac a nuovo presidente, nel
maggio 1995. Ciononostante, FM continua a presiedere i principali appuntamenti istituzionali e le
più importanti cerimonie, comprese le celebrazioni per il 5O della fine della Seconda guerra
mondiale, attorno alla data dell’8 maggio 1995. Sulla malattia di FM possediamo una copiosa
letteratura composta essenzialmente da testimonianze postume di medici, terapeuti, psicana listi che
hanno serbato a lungo il «segreto» professionale e di Stato per poi sciogliersi negli ultimi dieci anni
in rivoli di parole rivelatrici, liberi da un costume di riserbo che alcuni di loro consideravano
un’imposizione dettata «dal monarca»12 .
Quello che qui più ci interessa come storici e scienziati sociali è la visitazione collettiva che,
attraverso la malattia di FM le modalità con le quali egli ha affrontato la fine della sua vita, la
società francese ha compiuto nei confronti della rappresentazione pubblica della morte e del corpo
del «sovrano». A tale tema, immediatamente dopo la scomparsa di FM, Jacques Julliard ha dedicato
un corso seminariale all’Ehess di Parigi13 , ponendosi, di fronte al fenomeno e alle immagini
imponenti e toccanti del lutto nazionale e del seguito che ebbero le esequie pubbliche e private di
FM, alcune basilari domande storiografiche, alfine di «ritrovare la dicotomia weberiana tra il potere
tradizionale e carismatico che suppone una personalità e quello burocratico moderno che in
principio tende all’anonimato». Solo nel novembre del 1992, oltre la metà del secondo settennato, e
due mesi dopo aver subito una prima operazione chirurgica, FM rende noto
12
In questo contesto, per lo storico, può essere interessante leggere A. Magoudi, rendez-vous. Le psychanaliste de
Francois Mitterand, Paris 2005, che rileva i problemi e le ossessioni di FM rispetto ad alcuni aspetti pubblici del suo
passato in particolare degli anni riguardanti Vichy.
13
Juillard, La mort du roi cit.
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nel corso di una trasmissione televisiva di avere un cancro. Da quei mesi il suo rapporto con il tema
della morte è stretto. Oltre alla malattia in piena evoluzione, alcuni lutti lo colpiscono direttamente:
il primo maggio 1993 si suicida, in un giorno tanto più simbolico per un uomo che aveva iniziato la
sua carriera politica come sindacalista, uno dei più stretti collaboratori di FM: Pierre Bérégovoy, exprimo ministro. Un secondo suicidio si abbatte sull’Eliseo il 7 aprile 1994, quello di Franois de
Groussouvre, a capo di una gestione delle casse presidenziali sin dall’inizio prodiga di aiuti e
sovvenzioni, e ritenuto responsabile di irregolarità contabili. Anni terribili per FM: non solo per
l’aggravarsi della malattia, per il suicidi del suo ex-primo ministro, per nuovi procedimenti
giudiziari nei confronti di un altro collaboratore, Bernard Tapie, ma anche per lo sforzo, in una fase
di coabitazione con il primo ministro Eduard Balladour (i socialisti avevano perso le elezioni del
marzo), di far fronte a inquietudini diverse provenienti dal Paese: dai cattolici che chiedono un
sostegno pubblico alla scuola privata alla comunità ebraica che gli chiede una posizione ufficiale
nei confronti della Shoa. I discorsi di FM fanno sempre più riferimento alla morte e all’onore
dell’uomo pubblico, denunciando denigratori e nemici presunti nel mondo della politica e
dell’informazione. Così, quando il suo gradimento presso la pubblica opinione è ormai crollato al
26%, siamo nell’autunno 1993, egli decide di rendere pubblica la gravità della malattia ed ottiene lo
scopo: una ritrovata coesione del Paese proprio attraverso l’ammirazione che il suo gesto suscita.
Ammirazione per il coraggio sentimento che sovrasta nettamente quello di tradimento e si trasforma
progressivamente nel rispetto nei confronti di un grande padre della patria. E stato da più parti
notato il contrasto tra quanto era avvenuto in occasione della malattia e della morte del suo
predecessore, Georges Pompidou, accolte dalla generale indifferenza, e la partecipazione emotiva
che accompagnò l’approssimarsi della morte di FM, che seppe, insieme ai suoi collaboratori,
utilizzare perdita e lutto a fini politici, come sarebbe poi in seguito avvenuto per Lady Diana nel
1997, con l’uso accorto della morte della principessa da parte della monarchia britannica, in uno dei
momenti di più bassa popolarità di quest’ultima14 .
14
Molti gli interventi di analisi sul «fenomeno Diana». Mi riservo però di rinviare ad un saggio storico precedente
alla morte e ai funerali; di Lady Diana, ancora attuale per la mostra analisi e comparazione, di D. Canndine, Il contesto,
la rappresentazione e il significato del rito: la monarchia britannica e l’in-
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Questioni
La malattia avanza oramai inarrestabile e dall’autunno 1994 il medico Jean-Pierre Tarot assiste
FM in permanenza, aiutandolo soprattutto ad affrontare le comparse pubbliche. E’ il momento in
cui la famiglia inizia a pensare alla «cerimonia degli addii» e soprattutto al luogo di sepoltura. In un
primo momento la scelta cade sul Monte Beuvray, nella Nièvre (seggio elettorale di FM), nel cuore
della Francia, vicino a Autun. Il monte appare come un vasto altopiano a 800 metri d’altezza ed è
luogo dove è stata rintraccia to il pero murario dell’antica Bibracte, capitale della popolazione degli
Eduens, poi divenuta Gergovia, dal nome delle tribù galliche che l’abitarono: un sito storicoarcheologico di grande importanza per la Francia preromana, simbolo della perennità della nazione
(è la collina che ispirò diversi scrittori e politici tra i quali Barrès). Il luogo è situato all’interno del
parco protetto di Morvan e la famiglia chiese di potervi accedere. Proprio per le difficoltà
incontrate, i collaboratori di FM spostano successivamente la loro scelta sul villaggio natale. Il 17
maggio 1995 FM aveva lasciato l’Eliseo accogliendo il suo successore Chirac; nel settembre esce
una meditazione sulla morte contenuta nel libro La mort intime di Marie de Hennezel; all’inizio
dell’ottobre FM fa l’ultima apparizione pubblica internazionale in Colorado, invitato da Bush
senior, a fianco di Gorbaciov; sceglie di trascorrere il natale con la figlia Mazarine e la madre di lei
ad Assuan in Egitto e il capodanno con la prima famiglia legale e con i suoi stretti collaboratori.
All’inizio di gennaio sospende volontariamente i trattamenti; la mattina dell’8 gennaio muore.
Nel settembre 1992 FM aveva espresso come volontà testamentaria il desiderio di celebrare due
funzioni religiose in contemporanea, una ufficiale nella basilica di Nòtre-Dame a Parigi ed una
intima e familiare al villaggio natale di Jarnac. La richiesta viene rispettata, e le funzioni hanno
luogo l’11 gennaio 1996, precedute da una manifestazione popolare in piazza della Bastiglia la sera
del giorno precedente. Due funerali, due corpi: il corpo politico è celebrato in Nôtre-Dame alla
presenza del presidente della Repubblica Chirac e di numerosi capi di Stato; la bara che raccoglie le
spoglie mortali di FM è circondata dai familiari e dagli amici più stretti nel’intima Jarnac.
venzione della tradizione”, 1820-1977, in E.J. Hobsbawm - T. Ranger (a cura di), i invenzione della tradizione, Torino
1987, pp. 99-159. Non intendiamo però parlare qui di «<invenzione di tradizione> nel caso di FM, piuttosto di rito e
culto della personalità.
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FM volle attenersi al cerimoniale inaugurato da de Gaulle Anche quest’ultimo infatti, nel suo
testamento del 1952, aveva chiesto lo svolgimento di due funerali, quello di Stato a Nòtre-Dame e
quello privato a Colombey- les-Deux- Eglises come in effetti avviene nella giornata del 9 settembre
1970, in un cerimoniale guidato dal suo successore Georges Pompidou. L’analisi recentemente fatta
dei due doppi funerali15 riscontra però delle differenze: per de Gaulle le cerimonie si svolgono in
differita, e al secondo, oltre alla famiglia privata partecipano membri della famiglia storica gaullista
allargata: membri dell’esercito e soprattutto compagnons della resistenza. Interessante notare che la
liturgia politico-patriottica viene allestita da Pompidou, estremamente attento ad alcuni temi della
Francia secolare: memoria della gloria nazionale, epopea patriottica, vittoria militare, sovranità che
va oltre l’onore della e alla Repubblica. E stato inoltre nota t (in particolare da Ben-Amos) che il
cerimoniere non sia stato poi in grado di allestire altrettanto per se stesso: i funerali di Pompidou si
svolsero in forma privata e pubblica in due momenti distinti, il 4 e il 6 aprile 1974, a Orvilliers e
ancora Nòtre-Dame alla presenza di poche autorità straniere16 . Sono quindi FM e il suo entourage
che rilanciano il cerimoniale funebre, con alcune similitudini con quello de Gaulle (le due
cerimonie nella stessa giornata, seguite dalle reti pubbliche televisive e radiofoniche), ma anche con
molte differenze dovute ai personaggi e a momenti storici diversi.
Il secondo funerale di FM resta fermamente e simbolicamente privato, giungendo a conclusione
della degradazione fisica del corpo «del re» e in presenza di una famiglia multipla che rappresenta
la trasformazione della morale pubblica e privata nella Francia di fine ventesimo secolo. Come però
giudicare la funzione voluta a Nôtre-Dame da un presidente che costantemente promosse la laicità
repubblicana? E’ stato sostenuto che l’adozione del cerimoniale cattolico non ha significato
convertire alla religione la Repubblica; al contrario, tenendo conto del passato cattolico della
Francia, esso attuerebbe una presa di distanza culturale da quest’ultimo: in definitiva esso
intenderebbe sacralizzare il cerimoniale civile inserendolo in un luogo nevralgico dello spazio
religioso
15
E. Cohen - A. Rauch, Le Cor-ps souverazn sons la 5’ République. Les funerailles télévisées da Général de Gaulle
et de Frantois Mitterrand, in «<Vingtième siècle>’, 88, octobre-décembre 2005, pp. 77-94; Avner Ben-Amos, Funeral,
Politics, and Memory in Modem France 1789-1996, Oxford 2000.
16
Cfr. E. Roussel, Georges Pompzdou, Paris 2004.
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Questioni
della nazione. I due funerali in simultanea intenderebbero inoltre rendere meglio il significato della
deposizione (a Janac del corpo naturale e quindi mortale e quello della celebrazione del corpo
politico (a Nòtre-Dame); corpo quest’ultimo che rappresenta la Repubblica in quanto tale, come un
tempo il corpo politico del sovrano rappresentava il suo regia. Julliard ricordava l’adagio: «In
Francia, il re non muore mai”. Il suo corpo naturale e quindi mortale è soggetto alla natura e alle
fasi della vita. Il corpo politico invece non può essere stravolto, esso raccoglie in sé il rapporto tra
società politica e il suo governo, è eletto per grazia di dio, o per volontà democratica, alla direzione
della nazione e del suo popolo e alla gestione del bene pubblico; è quindi un corpo esente dalle fasi
della vita e dalle fragilità terrene. Il che fa sì, come sottolineava Kantorowicz, che il corpo politico
non possa essere invalidato a causa delle incapacità espresse dai suo corpo naturale. Ciò cui in
effetti allude FM al momento svelare la gravità della sua malattia, mettendo in connessione diretta
l’incarico presidenziale con le funzioni svolte dal corpo mistico. Il 31 dicembre 1994, infatti, egli
affermava: “Je crois aux forces de l’ésprit et je ne vous quitterai pas».
Il laico FM ricorre dunque a un discorso mistico e a una tradizione che per molti storici non è
quella che risale al culto del corpo del sovrano medievale bensì alla concezione d’epoca assolutista.
Julliard si è chiesto se «il cerimoniale di FM contribuisce a rinforzare la visione del capo dello Stato
moderno come incarnazione del corpo mistico della Francia dei suo popolo» e si dà una risposta:
no, al contrario è una vera privatizzazione del simbolico statale alla quale noi abbiamo assistito [...] Cosa
vediamo nella malattia e nella morte di Franois Mitterrand? Il quotidiano all’opera: non a passione che implica la
transsustanziazione della malattia ma contrario il protocollo completo, esibito al pubblico, del morire moderno
con il suo défilé di medici, grandi piccoli, di trattamenti avanzati e di ricette, dagli specialisti ai guaritoril7 .
Occorre ricorrere all’analisi moderna e weberiana dei tre poteri (tradizione, carisma e burocrazia)
per meglio comprendere il ruolo assunto da FM. Senza dubbio, insieme a de Gaulle FM fu, sempre
seguendo le analisi di Max Weber, la figura di capo di Stato più carismatica della Francia nella
seconda metà del ventesimo secolo. Il caso di de Gaulle segue però una via del tutto peculiare. Il
generale ricevette il suo
17
Juillard, La mort du roi cit., pp. 44 e 48.
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carisma, cioè il suo potere, dalla storia e dalla autorità sopra- legale che si era conferita il 18 giugno
1940 con il suo appello «A tous les Franais».
La sua doppia legittimità: democratica, grazie all’unzione del suffragio universale, e carismatica, grazie
all’unzione della storia, lo dispensava — sostiene ancora Julliard — di fare ricorso al culto della personalità, ad
ogni trasformazione mistica, e introduce una sorta di paratia stagna tra la personalità pubblica e la personalità
privata.
De Gaulle coltiva un entourage pre-politico, una forma di compagnonnage quasi medievale, che
gli deriva dalla sua cultura, dalla sua formazione militare e dall’esperienza della guerra. Questa
cementazione, diremmo corporativa del potere basata sulla sua autorità, si ripresenta quasi invariata
al momento del suo ritorno al potere tra il 1958 e il 1969, e viene combattuta, come non
democratica, proprio da FM.
Vi sono comunque delle caratteristiche comuni e ripetute nella storia della Francia del ventesimo
secolo. La personalizzazione del potere, ad esempio, da Pétain, a de Gaulle, ed infine a FM. E
ancora, una tendenza alla gerontocrazia dei «padri della patria» grazie ad una tradizione che non ha
equivalenze in altri Paesi europei, se non forse in monarchie come quella britannica. L’età degli
uomini politici che assumono importanti ruoli o ritornano al potere come salvatori della patria è in
generale molto avanzata: Pétain viene richiamato a 84 anni, de Gaulle è presidente tra i 68 e i 79
anni d’età; e analogamente FM, tra i 65 e i 79; del resto Clemenceau aveva 76 anni nel 1917, e
Doumergue 71 nel 1934. Blum, infine, ritorna a presiedere un governo nel 1946 a 74 anni. In molti
casi, non in tutti, si crea il pericolo di depoliticizzazione dell’uomo di Stato a favore della sua
immagine popolare («il padre della patria»). René Remond ha parlato di neo-bonapartismo per
quanto riguarda la funzione di de Gaulle nella v Repubblica, perché, hanno aggiunto anche altri
politologi, la mescolanza del potere carismatico con il sistema democratico «fa obbligo a chi li
unisce nella propria persona di esprimere fedelmente le aspirazioni del popolo» (qui ancora
Julliard). Sintomatico in tal senso l’annuncio che Pompidou diede della morte di de Gaulle, il 9
novembre 1970: «la Francia è vedova».
Il doppio funerale di FM appare competere sullo stesso piano, muovendosi sulla scia di una
pratica avviata da de Gaulle, ma il funerale pubblico tenta, in più, di rinnovare la tradizione delle
cerimonie funebri repubblicane. Esso infatti si inserisce a pieno nella «genealogia» dei funerali
dello Stato
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Questioni
repubblicano, così come emergono nel primo periodo rivoluzionario 1789-99, per poi proseguire
nelle altre due repubbliche sino al 1940, per uomini politici, d’arme, di cultura e di scienza. Venne
poi rinverdito e ulteriormente riadattato a rito collettivo, o «dramma sociale» (Ben Amos), dalla
Terza Repubblica, a partire da almeno tre importanti cerimonie che ne fungono da modello: la
traslazione delle spoglie di Victor Hugo al Panthèon appena restituito da chiesa a luogo di rito civile
nel 1885; e poi due grandi processioni funebri, quella repubblicana e socialista per Jean Jaurès
voluta dal Cartel de Gauche nel 1924 (sempre verso il Panthèon) e quella repubblicana per
Clemenceau, dieci anni dopo nel 1929, lungo gli Champs-Elysées. Questa funzione funeraria,
considerata vitale per la religione civile della Francia, viene interrotta nella Quarta Repubblica e
ripresa solamente nella Quinta a partire dalla traslazione del corpo del resistente Jean Moulin,
avvenuta il 18 dicembre 1964, al Panthèon con processione militare e civile, nella quale i
combattenti per la libertà della Francia del 1940-45 sono in prima fila. Tale cerimonia è voluta da
de Gaulle, e dal suo grande cerimoniere (che è anche l’oratore funebre), lo scrittore, combattente
per la liberrtà in Spagna e nella Seconda guerra mondiale, divenuto poi convinto gaullista e a quel
tempo ministro alla cultura André Malrauxl8 . Malraux e de Gaulle rinverdiscono quindi li
cerimoniale funebre repubblicano che sarebbe poi stato messo anche al loro servizio (alcuni storici,
tra questi Laurent Douzou, affermano che con il discorso funebre per Moulin, Malraux si sarebbe
guadagnato a sua volta la “pantheizzazione», cioè un posto d’onore al Panthèon, come in effetti
avvenne alla sua scomparsa avvenuta nel novembre 1976). La cerimonia funebre di Stato o di
partito non riesce però più, almeno dagli anni settanta, a mobilitare le folle. Per Mitterrand esse si
radunano la sera prima in piazza della Bastiglia per cantare Les temps de cerises di memoria
comunarda; mentre invece sono i funerali informali, slegati dai partiti della Repubblica e anche
della sinistra, che richiamano le masse. Basti ricordare in questo senso i fune18
Su A. Malraux si veda un’altra importante biografia ad opera di J. Lacouture,Malraux, une vie dans le siècle,
1901-1976, Paris 1976 (2’ ed.). Sulle cerionia rinvio alla mia analisi compiuta in La Seconda Guerra mondiale in
Francia. complessità e ambiguità delle memorie, delle rappresentazioni e del dibattito storiografico dal 1945 ad oggi,
in Annali del Museo di Trento, in corso di pubblicazione. Si veda anche L. Douzou, La Résistancefranraise: une
bistoire perilleuse. Essai d’historiographie, Paris 2005.
Dogliani, Mitterand e l’Histoire
95
rali per i giovani caduti in manifestazioni di protesta, e soprattutto il funerale di Jean-Paul Sartre
svoltosi il 15 aprile 1980. In quella occasione almeno 50.000 persone accompagnarono il feretro del
filosofo
nelle
strade
di
2.
Parigi
sino
al
cimitero
di
Montparnasse.
Per una biografia di Mitterrand
Per meglio capire quanto andiamo scrivendo, è opportuno qui tracciare un breve profilo
biografico di FM, attenendoci, tra i vari lavori biografici segnalati, in particolare a due: alla
biografia completata da Jean Lacouture nei mesi finali della vita del presidente, e alla breve ed
appassionata biografia da poco uscita ad opera di uno dei più stretti collaboratori di FM, Hubert
Védrine, che fu segretario generale all’Eliseo dal 1991 al 199519 .
Mitterrand era nato, quinto di otto figli, secondo di tre maschi, da Joseph e Yvonne Lorain il 26
ottobre 1916 a Jarnac, nel cuore della Charente. La famiglia appartiene alla tipica piccola borghesia
provinciale, patriottica, in questo caso di sentimenti cattolici conservatori. Il padre, dopo aver
lavorato per la compagna ferroviaria Paris-Orléans, si occupa dell’azienda di produzione e di
commercio di aceto del suocero. Famiglia numerosa, tra fratelli e cugini, che permette comunque ai
più dotati di studiare, anche grazie alle istituzioni della chiesa e ancor di più alle possibilità di
crescita sociale ed intellettuale offerte dalla laica Terza Repubblica. FM sino all’università studia in
collegi cattolici di provincia; nel 1934 si iscrive alla facoltà di legge e scienze politiche a Parigi e
alloggia nel cuore della città, in rue Vaugirard, in uno studentato gestito da frati maristi. Giunge
quindi nella capitale in un anno importante, quello del tentativo eversivo delle destre nel febbraio
con la successiva risposta popolare costituita dalla nascita del Rassemblement populaire che
avrebbe dato avvio alla costituzione del governo di Fronte popolare nel maggio 1936. Gli ambienti
che FM frequenta, il cuore e gli interessi culturali e politici si situano però a destra. Egli aderisce, se
pur temporaneamente, ai Volontaires nationaux (l’organizzazione della gioventù della Croix-de-Feu
del fer-, vente clericofascista colonnello La Roque) e scrive per
19
Lacouture, Mitterrand. Une histoire de franais cit., e H. Védrine, Frangois Mitterrand. Un dessein, un destin,
Paris 2005.
96
Questioni
L’Echo de Paris, diretto da Henri de Kerillis. Vive la vita di studente universitario e di giovane
intellettuale nella Parigi frenetica e ricca di possibilità e di incontri di quegli anni, interessato alla
cultura, alla letteratura, alla politica ma senza un reale impegno di militanza né espressioni di
fanatismo.
La vera svolta avviene con la guerra. Mobilitato nel settembre 1939, inviato oltre la linea
difensiva Maginot, nelle Ardenne, ferito nei Vosgi, è preso prigioniero dai tedeschi nei mesi della
disfatta ed è rinchiuso in un campo per prigionieri, lo Stalag IX A, vicino a Kassel, in Assia, poi
nello Stalag IX C in Turingia. Nei campi di prigionia, e attraverso diversi tentativi di fuga, egli fa il
vero apprendistato politico, a contatto con un’umanità varia per provenienza sociale, confessionale
e politica, conosce militanti comunisti che costituiscono l’ossatura dell’organizzazione clandestina
dei carni), scrive e dirige giornali di prigionia. Alla terza evasione riesce a raggiungere la zona
«libera» di Vichy e si impegna nell’amministrazione come funzionario al Commissariato per
l’assistenza ai prigionieri (circa due milioni in quel momento), diretto da Maurice Pivot, un
moderato che sarà destituito all’inizio del 1943 da Laval al momento della svolta filonazista del
regime di Vichy. Gli sembra l’impegno più consono alla sua esperienza passata: occuparsi di
prigionieri di guerra e degli scambi che in quei mesi cominciano ad avviarsi tra prigionieri
rimpatriati e forza lavoro francese in partenza per la Germania nazista. Tra la fine del 1942 e
l’inizio del 1943 FM inizia un doppio gioco: pubblicamente ancora funzionario a Vichy, nella
clandestinità membro di un reseau di resistenza. Il 22 ottobre 1942, ricevuto da Pétain, accetta
d’essere insignito (avverrà di fatto nell’aprile seguente) della decorazione più prestigiosa che Vichy
assegna ai suoi funzionari, la francisque. Sembra che sia stato convinto ad accettarla dai resistenti
perché la francisque gli avrebbe potuto fornire le credenziali per poter operare come infiltrato
insospettabile
nell’amministrazione di Pétain. Dall’estate 3 entra «ufficialmente» nella
clandestinità, nel novembre è a Londra ed è arruolato ufficialmente nei servizi del governo
provvisorio di liberazione della Francia, per occuparsi ancora una volta di ex-prigionieri e della loro
integrazione nella lotta contro l’occupante. Nel dicembre 1943 incontra e ad Algeri, per la prima
volta, de Gaulle e Pierre Mendès France. Tra il febbraio 1944 e la liberazione di Parigi, nell’agosto,
FM, che ha preso il nome di battaglia di Morland, opera nuovamente nella clandestinità a Parigi e in
Dogliani, Mitterand e l’Histoire
97
Francia dando vita ad un movimento nazionale di prigionieri di guerra e deportati nel quale, grazie
al suo impegno, confluiscono sia la sua organizzazione (la Pinot-Mitterrand) che le organizzazioni
comunista e gaullista, per un totale di circa 300.000 ex prigionieri, mentre un milione e mezzo di
essi si trova ancora nei campi in Germania. Si muove nella Parigi occupata, con una giovane
guardia del corpo comunista, il futuro sociologo Edgar Morin. Alla liberazione di Parigi egli è a
fianco a de Gaulle ed entra nel primo governo provvisorio. Riconosciuto come resistente, come il
più rappresentativo dirigente di quella vasta massa di manovra che erano allora gli uomini che
tornavano dalla prigionia e deportazione in Germania, FM deve però ancora trovare una
collocazione politica.
Il 28 ottobre 1944 sposa Danielle Gouze, proveniente da una famiglia laica e socialista di
resistenti, e attua un profondo cambiamento rispetto alle origini cattoliche e conservatrici della sua
famiglia20 . Dopo una prima sconfitta elettorale come radicale indipendente nel giugno 1946, FM
compie due importanti e decisivi passi: sceglie di entrare nel piccolo ma strategico, per gli equilibri
interni a quel tempo, partito della Union démocratique et socialiste de la Résistance (Udsr) e di
costruirsi un suo feudo elettorale nella sua regione della Nièvre. Nel 1947, a 29 anni d’età, è
nominato da Paul Ramadier ministro aux Anciens combattants (ai reduci di guerra), categoria
difficile da controllare, in piena evoluzione, e mossa da spinte rivendicative alla ricerca di
riconoscimenti e compensazioni. Da allora, durante i successivi 11 anni di vita della Quarta
Repubblica, sarà nominato più vo lte ministro, a riprova del suo carisma personale ma anche
dell’estrema precarietà e fluttuazione dei primi governi postbellici. E dunque ministro ai reduci nei
governi del socialista Ramadier e del MRP Schuman nel 1947, all’Informazione nel governo del
radicale Queuille (1948), alla Francia d’oltremare nel governo Udsr di Pleven (1950), di Stato nel
governo Edgar Faure (1952), ministro delegato alla costruzione dell’Europa nel governo di destra
Laniel (giugno-settembre 1953), ministro degli Interni nel governo di Mendès France, ministro alla
Giustizia nel governo Mollet (1956). Alla fine del 1955 Mendès France, Mitterrand, Guy Mollet e
Chaban-Delmas formano il Fronte repubblicano; FM è for20
D. Mitterrand, En toutes libertés, Paris 1996.
98
Questioni
temente legato a Mendès France ma non lo segue al momento della crisi algerina dell’anno
seguente, preferendo restare al governo con Mollet che sostiene una linea repressiva contro il
movimento d’indipendenza in Algeria.
Questa scelta di sostenere la linea forte in Algeria, che avrà come ripercussione la rivolta di
Algeri e tentativi di colpo militare, sembra stranamente aver scalfito l’immagine tarda e poi
postuma di FM molto meno di quanto avrebbe fatto, a partire dal 1994, la ricostruzione della sua
giovinezza. Rentemente Védrine si è domandato perché FM non avesse seguito Mendès France
nelle dimissioni il 23 maggio 1955. Sperava forse di essere investito lui stesso della carica di
presidente del consiglio. In ogni caso, è ancora convinto che l’Algeria debba rimanere francese, pur
con uno statuto di autonomia, ed affianca pertanto Mollet, quando emana un decreto sulla giustizia
militare in Algeria che legittima lo stato emergenza e aggrava la repressione. Alla fine del suo
secondo settennato presidenziale, in una fase di ammissioni, dichiara «Ho commesso almeno un
errore nella mia vita»: quello del decreto sulla giustizia militare. Eppure è la pubblicazione nel
settembre 1994 da parte di Pierre Péan del libro Una jeunesse franaise, Franois Mitterrand, 19341947, che fa scalpore. Il libro è riconosciuto da tutti per «la solidità dell’informazione, l’assenza di
malizia da parte dell’autore, che non si presenta mai come giustiziere. Fosse stata pubblicata nel
1950, a proposito di un giovane notabile della Repubblica, l’opera sarebbe stata apprezzata per la
sua serietà e turata in buone biblioteche. Avente per oggetto, invece, un capo dello Stato che regna
da più di 13 anni e gode di uno statuto di eccezione, essa attirò miriadi di lodi e di
disapprovazioni»21 . Mitterrand stesso elogiò la qualità della ricerca, criticando solo l’importanza
eccessiva data dall’autore ai suoi rapporti con la Cagoule che furono, sembra, solo fortuiti e
personali, e mai militanti. Non è tanto il rapporto con Pétain a 1’accettazione della franquisque che
sconvolge molti suoi amici, bensì il rapporto ed anche la lunga amicizia con René Bousquet, ex
segretario generale della polizia sotto Vichy, responsabile dell’arresto e della deportazione di ebrei.
Molti collaboratori d’origine ebraica che fanno parte dell’entourage di FM considerano la notizia
una «ferita inguaribile».
Si apre così una Affaire Bousquet per FM. La domanda principale che molti si fanno non è
tanto se FM avesse cono21
Lacouture, Mitterrand. Une bistoire defranrais cit., voi. II, pp. 617 sgg.
Dogliani, Mitterand e l’Histoire
99
sciuto personalmente Bousquet a Vichy, piuttosto quali rapporti avesse con lui intrattenuto dopo la
fine della guerra, a partire dal 1949 quando Bousquet rientra nella vita pubblica come dirigente di
gruppi finanziari. Uno dei più stretti collaboratori di quest’ultimo durante la guerra, Jean-Paul
Martin, fa parte dello staff dei ministeri Mitterrand sotto la Quarta Repubblica, e Bousquet sembra
aver sostenuto finanziariamente alcune campagne politiche, tra le quali quella presidenziale di FM
nel 1965 contro de Gaulle. E soprattutto ci si chiede se FM abbia continuato a frequentare Bousquet
anche quando l’ex commissario alla «questione ebraica» di Vichy, Darquier de Pellepoix, riparato
in Spagna, svela che Bousquet aveva avuto un ruolo nella grande retata di ebrei a Parigi nel luglio
del 1942: la «Rafle del Velodrome d’Hiver». FM cercò nel 1989 di evitare che Bousquet venisse
perseguito per crimini contro l’umanità come richiedeva l’Association des fils et filles de déportés
juifs de France, in un periodo denso difatti, di processi (si era chiuso il processo contro il «boia di
Lione», il tedesco Barbie, instradato in Francia dalla Bolivia22 ). Bousquet venne poi assassinato nel
giugno 1993 sulla porta di casa da uno squilibrato, prima che il suo processo si aprisse. Attorno a
questa Affaire, le interviste rilasciate da FM assumono forte importanza e impatto pubblico e
mediatico. «In diversi colloqui nel 1993 e nel 1994 con lo storico Olivier Wieworka, (FM)
manifesta chiaramente la sua preferenza per la “pace civile”, ossia per l’oblio giudiziario, come
d’altronde i suoi predecessori; per lui con la circostanza aggravante delle sue relazioni con
Bousquet». FM non sembra però aver mai esercitato direttamente il suo potere, ma un «rappel
negatif» certamente sì. Davanti a 10 milioni di telespettatori, il 12 settembre 1994, ad una domanda
posta dal conduttore Jean-Pierre Elkabbach, FM dichiara che «le leggi razziali di Vichy (ottobre
1940-giugno 1941) colpirono solo gli ebrei stranieri e che egli, a quel tempo, non ne era a
conoscenza. (“Giornata nera per tutti noi!” dirà qualche anno più tardi Olivier Duhamel in guisa di
commentario alla televisione)»23 . Stessa posizione viene tenuta da un FM oramai palesemente
sofferente, nella conversazione televisiva, il 14 aprile 1995, con Bernard Pivot, nel programma
seguitissimo Buillon de culture. A tal
22
Si veda P. Dogliani, Tra ,guerre e pace. Memorie e rappresentazioni dei conflitti e dell’Olocausto nell’Occidente
contemporaneo, Milano 2001.
23
Lacouture, Mitterrand. Une bistoire defrangais cit., voi. n pp. 620-2.
100
Questioni
proposito, Julliard commenta: «si servì con maestria dell’ambiguità; meglio, arrivò a convertire la
Francia intera a questa ambiguità e a farne un elemento costitutivo dell’identità nazionale»24 .
Sempre in quella primavera escono in volume gli entretiens con Elie Wiesel, premio Nobel per la
letteratura, sopravvissuto allo sterminio nazista. FM sceglie proprio le conversazioni con Wiesel per
sostenere che rispetto a quel passato «Je suis en paix avec moi- méme».
Riprendiamo il cammino biografico entrando nella Quinta Repubblica. FM vi entra con un no
deciso alla Rebubblica presidenziale di de Gaulle, che nel 1964 egli condanna come Le Coup
d’Etat permanent, dal titolo del suo libro-requisitoria. Ciò non gli impedisce di presentarsi per la
prima volta candidato della Fédération de la gauche démocratique e socialiste alle presidenziali del
dicembre 1965 e di sfidare de Gaulle, che viene rieletto al secondo turno con il 55,20% dei voti
contro il 44,80% andati a FM. La lunga corsa per la conquista della presidenza parte da quell’anno
durerà circa 16 anni, nei quali FM sarà un’altra volta, nel 1974, candidato presidente, alla morte,
avvenuta il 2 aprile, Georges Pompidou, (presidente dal giugno 1969). Nel 1974 vince Valéry
Giscard d’Estaing con il 50,8 1% dei consensi al secondo turno. Deve attendere ancora sette anni
per divenire il 10 maggio 1981, il primo presidente di sinistra della Repubblica francese, e l’uomo
di sinistra che più a lungo ha governato la Francia.
Negli anni settanta FM cambia strategia, rafforzando la sua posizione e chiarendola sul piano
politico (si presenta a tutti gli effetti come socialista), allacciando i rapporti con il Pcf, escluso dal
potere sin dal 1947 ed arroccato nel controllo di alcuni importanti comuni operai. Interessante
notare che FM, a differenza di altri socialisti soprattutto più giovani, non è anticomunista; la sua
non è solo una posizione tattica ma anche una convinzione dettata dalla esperienza passata, allorché,
nella resistenza ma soprattutto nell’organizzazione dei prigionieri, aveva lavorato a contatto, e
anche in amicizia personale, con compagni di lotta comunisti. Nel 1971 rifonda al congresso di
unità socialista di Epinay il partito socialista del quale diviene segretario nazionale, unità
completata nel 1974. Cerca di rendere il nuovo soggetto un partito di massa e attiva legami con gli
altri partiti dell’Inter24
Julliard, La mort da roi Cit., p. 30
Dogliani, Mitterand e l’Histoire
101
nazional socialista; stila un Programme commun de gouvernement con il Pcf e i radicali di sinistra
nel giugno 1972, che ottiene buoni risultati soprattutto nelle elezioni locali del 1977-78, pur
entrando in crisi proprio in quegli anni. Inoltre attrae e raccoglie attorno a sé intellettuali usciti da
diverse esperienze e militanze, da quella comunista, dalle lotte anti-colonialiste, in particolare per
l’Algeria, terzo mondiste e anti- neocapitaliste per l’America latina, dai movimenti del ‘68 e post ‘68.
Alcuni hanno asserito che FM sia riuscito a strappare al Pcf l’egemonia culturale della sinistra,
già in parte messa in crisi con il 196825 . Nel 1973, FM aveva creato in seno al PS un segretariato
nazionale «à l’action culturelle», che aveva poi affidato dal 1979 a Jack Lang, futuro suo ministro
alla cultura; dal 1981 cerca costantemente il sostegno degli intellettuali e degli artisti elargendo loro
favori ed aiuti come un moderno mecenate pubblico. Bibliografo, grande lettore, con ambizioni
letterarie che non sarebbe riuscito mai a soddisfare se non in una prosa piegata al discorso politico,
FM aveva sin dai suoi primi ministeri della Quarta Repubblica frequentato circoli e uomini e donne
di cultura della capitale, sviluppando sin dagli anni sessanta legami con, tra gli altri, Margherite
Duras, Franoise Sagan, Paul Guimard (suo primo consigliere alla cultura nel primo anno di
presidenza). A FM si devono una ventina di libri, dal 1945 al volume postumo del 1998, tra
memorie, analisi e programmi politici, discorsi sulla politica interna ed estera26 . Su alcuni di questi,
in particolare su L’abeille et l’architecte (1978), sulla Lettre à tous les Franais scritta alla vigilia
delle elezioni del 1988, e sugli ultimi suoi testi, raccolti da Roland Duras nel 1998 in Les forces de
l’esprit, sono state compiute numerose analisi. L’oratoria mitterrandiana era caratteristica di un
uomo cresciuto alla politica e alla scuola retorica della Terza Repubblica e nutrito dai classici della
letteratura francese (era stato definito una sorta di «Balzac all’Eliseo»). Egli chiese alla grande
fotografa Gisèle Freund di realizzare la prima sua fotografia ufficiale da presidente, che lo ritrae
nella biblioteca dell’Eliseo mentre sfoglia gli Essais di Montaigne.
FM nutrì profondamente quella «tentazione dell’immortalità», e lo fece attraverso innumerevoli
vie: selezionando
25
F. Hourmanant, Frantois Mitterrand, Portrait d’un président en écrivain, in «French Historical Studiess, vol. 28,
n. 3, summer 2005, pp. 531-59.
26
Per una bibliografia si veda Lacouture, Mztterrand. Une bisto ire de franais cit., voi. TI, p. 705.
102
Questioni
alcune fasi storiche della storia di Francia, identificandosi egli stesso con la storia francese,
adottando forme diverse di testamento politico sino alla forma di orazione funebre per sè stesso,
così come appaiono i messaggi nel citato volume postumo del 1996: Les forces de l’esprit:
messages pour demain (Fayard 1998). Nei due settennati FM coltivò inoltre il piacere di
raccogliere attentamente per i postumi il suo lavoro presidenziale, oggi riversato come fondo al
Centre bistoriqu degli Archivi nazionali (fondo copioso che supera di gran lunga in mole le raccolte
presidenziali precedenti) facendo lavorare sino a tre storici alla volta per selezionare, ordinare,
catalogare il suo lavoro quotidiano 27 . Luoghi ed istituzioni recano il suo nome, luoghi che egli
stesso aveva creato: la Tres Grande Bibliothèque (nazionale), ribattezzata Bibliothèque FranoisMitterrand e il Quai lungo la Senna prospiciente alla nuova Piramide; l’Institut Franois Mitteriand a
Parigi, dove sono conservate le carte personali di FM; i centri che raccolgono le sue collezioni di
quadri e di doni ricevuti nei settennati (a Clamecy e a Chàteau-Chinon) e la sua biblioteca di 20.000
volumi (nel centro culturale Jean jaurès a Nevers).
3. Mitterrand e/o l’Histoire de France
La presidenza Mitterrand si aprì immediatamente con l’individuazione di segni, di luoghi e di
cerimonie simboliche. La scelta dell’emblema cadde su due alberi uniti cari alla tradizione francese:
la quercia e l’ulivo, segni di forza secolare, di pace, dell’unione del nord e del sud del territorio
della nazione 28 . Poi la Piazza della Bastiglia per i primi festeggiamenti, nella sera della vittoria, il
10 maggio. E il corteo che egli guidò nel pomeriggio del 21 maggio, giorno della sua entrata
all’Eliseo, al Panthèon dove depose rose rosse su al tombe di grandi uomini, tra i quali Jean Jaurès,
padre
27
Cfr. A. Bos - ID. Vaisse, Les Archives presidentielles de Franois Mitteand «Vingtièm siècle>, n. 86, avril-juin
2005, pp. 71-9.
28
simbolo della «rosa nel pugno” risale ai primi aoni settanta quando FM i unificare le diverse correnti del
socialismo francese. Cfr. F. Mitterd, ! rose au poiog, Paris 1973. Nei giorni successivi al 21 maggio 1982, Barbara
avrebbe cantato con successo «Quelque chose a changé, un homme e rose à la main> (qualche cosa è cambiata, un
uomo avanza con la maio). Sarebbe interessante svolgere una ricerca di storia culturale sulla lione ed adozione di alcuni
simboli soprattutto floreali all’interno della europea.
Dogliani, Mitterand e l’Histoire
103
del socialismo francese e simbolo della pace e dell’antimilitarismo per la sinistra francese. Nello
stesso momento, Pierre Mauroy, designato suo primo ministro, è al cimitero monumentale di PèreLachaise a deporre un mazzo di fiori rossi al Muro dei federati, là dove nel maggio 1871 erano stati
fucilati i Comunardi. La «Marsigliese» insieme all’«Inno alla gioia» aprono i festeggiamenti e da
allora seguono musicalmente tutti i momenti della presidenza FM. Nell’allestimento del simbolico
presidenziale, FM intende fondere insieme diverse tradizioni: la rivoluzionaria del 1789, la
repubblicana, quella della sinistra riformista a partire dal grande unificatore di inizio secolo
Jaurès29 , quella dei diritti civili, dei droits de l’bomme, d’ispirazione dreyfusarda (il 17 settembre
1981, tra i primi atti del nuovo governo, vi è l’abolizione della pena di morte in Francia, relatore
Robert Banditer).
Parigi è ancora una volta il grande teatro. FM pensa di ospitare in essa nel 1989, nel
bicentenario della Rivoluzione francese, e nel centenario della nascita della Seconda Internazionale
socialista (nei padiglioni espositive che celebravano per l’appunto il centenario ed accoglievano
delegazioni operaie da tutta Europa), un’altra Grande esposizione universale; e di festeggiare con
essi il suo secondo settennato, scadendo il primo nel maggio 1989. Sarà infatti rieletto, primo tra i
presidenti della Quinta Repubblica, l’8 maggio con il 54% dei voti contro il 46% ottenuto da
Chirac; ma per ragioni budgetarie, e di conflitti interni politici, FM non sarebbe riuscito ad allestire
un’altra grande esposizione. Riesce però a completare il Museo d’Orsay (che avrebbe dovuto
rientrare nei lavori dell’Expo, come il suo contenitore, la Gare d’Orsay era entrata nell’area
dell’esposizione del 1900) e il nuovo Louvre, inaugurando la sua Piramide nel marzo 1988 (la
nuova Biblioteca nazionale l’avrebbe inaugurata alla fine del suo secondo settennato, insieme a
Chirac, allora sindaco di Parigi).
Il 1989 fu comunque un «grande anno» per FM: la vittoria delle elezioni presidenziali avrebbero
avuto il suo apice il 14 luglio con i grandi festeggiamenti del bicentenario (con una Jessie Norman
che canta La Marseilleise ai piedi dell’obelisco di Place de la Concorde); e con la caduta del
29
Su questo richiamo, rinvio alle osservazioni fatte nel contrappunto del numero scorso: L’attualztà di Jaurès?
Dogliani legge Rioux, in «Storica>’, 31, 2005, pp. 207-17 e allo stesso J.-P. Rioux, Lecturesposthumes deJaurès, in M.
Rebérioux - G. Candar (dir.),Jaurès et les intellectuels, Paris 1994, pp. 231-52 e del volume Id., Tombeaaxpour la
gauche, Paris 1996.
104
Questioni
Muro di Berlino che avrebbe permesso a FM di farsi promotore, della riunificazione tedesca e
della accelerazione del processo unitario in Europa, grazie alla costruzione insieme a Helnint Kohl
di un asse franco-tedesco solido ed importante, tra il 1982 e il 1995.
Nella competizione sviluppatasi tra due luoghi parigini simbolo della nazione, il Panthèon
(luogo della nazione patriottica, dell’Etat-nation) e il Père-Lachaise, soprattutto nella parte che
sovrasta il cimitero, con il Monumento ai Federati (le Mur 3) e i monumenti ai caduti nella
Resistenza e nelle Deportazione e ai dirigenti del Pcf (la nazione di sinistra), FM sembra prendere
parte per il Panthèon, il «luogo santificato dalla liturgia repubblicana» e trasformarlo da «un luogo
morto dell’immaginario nazionale», come lo ha definito Mona Ozouf
31
, all’inizio degli anni
ottanta, in un luogo frequentato dalla liturgia presidenziale. Molti sono i personaggi «pantheizzati»
da FM: René Cassin (nel 1987), e Monnet (1988), tre rivoluzionari del 1789 in occasione lei
bicentenario, il trasferimento, in presenza di Lech Walesa, nell’aprile 1995, delle ceneri di Marie e
Pierre Curie. In effetti FM pose fine alla competizione tra questi due luoghi, nati negli stessi anni: il
Panthèon consacrato ai «grands homnes» nel 1791 (e restituito al culto religioso da Napoleone I e
poi Napoleone iii e riattivato a luogo laico ogni volta rinasceva la Repubblica); il Père-Lachaise
divenuto cimitero nel 1804. All’entrata di quattro ministri comunisti lei governo Mauroy nel 1981
corrisponde il rientro nella liturgia socialista anche delle visite e delle cerimonie al Mur e ai
monumenti e sepolcri che lo circondano, legati alla storia del ventesimo secolo e della seconda
guerra mondiale.
Il cerimoniale così attentamente costruito attorno al suo e imo settennato entra in crisi però con
la fine degli anni ottanta. FM viene travolto dai temi contrastanti della storia francese del Novecento
e della sua stessa vita: Vichy, la deportazione ebraica, la Shoa.
Altri simboli, esteriori al Père -Lachaise, sono progressivamente privilegiati: Drancy, il Vel-d’hiv o il
memoriale ebraico, nelle e giornate della deportazione e della memoria della persecuzione razziale. Il 17
gennaio 1995, l’inaugurazione del memoriale del martire ebreo sconosciuto (al Père -Lachaise) è prolungata
con un
30
Cfr. M.Rebérioux, Le mar desfédérés. Rouge, sang craché, in P. Nora de mémozre, vol, i, La Republique,
Paris 1984, pp. 535-58.
31
M .Ozouf, Le Panthèon, L’Ecole normale des morts, in ivi, pp. 155-78.
Dogliani, Mitterand e l’Histoire
105
omaggio davanti al monumento ad Auschwitz poi ai piedi dell’Arc de Triomphe. A volte, il Père -Lachaise è
eclissato.32
In occasione del 14 luglio 1992, giornata di alta celebrazione repubblicana in Francia e alla
vigilia del cinquantesimo anniversario del 16 luglio 1942, data che ricordava l’inizio della più
vasta «retata» di ebrei della regione parigina (circa 28.000 considerati stranieri o apolidi che
sarebbero stati destinati in maggioranza ad Auschwitz), un folto gruppo di intellettuali francesi,
tra i quali Jacques Derrida, Pierre Boulez, Patrick Modiano, Régis Debray, Pierre Vidal-Naquet,
chiese a Mitterrand che lo Stato francese riconoscesse la propria diretta responsabilità nei
crimini perpetrati da Vichy. Mitterrand, pur affermando di condividere il sentimento dei
firmatari, riprese in quell’occasione un ragionamento già formulato dal suo predecessore de
Gaulle. L’istituzione repubblicana francese per tradizione ha sempre rispettato i diritti dei suoi
cittadini; il regime di Vichy fu altra cosa rispetto alla tradizione nata dalla Rivoluzione del 1789,
fu sostanzialmente una parentesi nella storia repubblicana francese. Tra i primi suoi atti, il 22
luglio 1940, il governo Pétain aveva avviato una revisione dei naturalizzati dopo la legge del
1927 facendo perdere ad almeno 15.000 persone, tra esse 7.000 ebrei, e ai figli da loro nati, la
cittadinanza francese e lasciandoli in balia delle regole di arresto e di deportazione imposte
dall’occupante tedesco (che ebbe aiuto e sostegno da parte delle autorità di polizia francesi
nell’identificare e nel fermare i soggetti in questione). Le Repubbliche che vennero dopo, e che
reinstaurarono la democrazia, la Quarta e l’attuale Quinta, sosteneva Mitterrand, non potevano
riconoscere un errore che non apparteneva alla loro tradizione e alle loro convinzioni più
profonde. Secondo questa linea interpretativa, FM fa scrivere sul monumento eretto là dove
sorgeva il Velodrome d’biver, nel luglio 1994, due anni dopo il discusso cinquantenario della
grande Rafle, e inconsapevole dell’imminente uscita del libro Une jeunesse franaise, la seguente
scritta: «La repubblica francese, in omaggio alle vittime delle persecuzioni razziste ed
antisemite e dei crimini contro l’umanità commessi con la complicità del governo di Vichy,
detto «governo dello Stato francese”». E tutto ciò che può concedere. FM si trova più a suo agio
invece l’8 maggio 1995, in uno dei suoi ultimi dieci giorni di
32
D. Tartakowsky, Nous irons chanter sur vos tombes. Le Père-Lachaise, XIX’-XX’ siècle, Paris 1999, p. 203.
106
Questioni
presidenza (il giorno prima era stato eletto presidente Chirac cn il 52,70% dei voti, contro Jospin
che ne aveva ottenuti 47,30%), a celebrare il 50° anniversario della fine della Seconda guerra
mondiale, sulla scia di una retorica resistenziale non dissimile da quella espressa da de Gaulle:
unitaria, repubblicana, glorificante; e che escludeva per l’ultima volta vinti, la Germania oramai
unificata, dalle celebrazioni dello in Normandia e della capitolazione nazista.
4. Conclusioni: la lezione di Mitterrand
Il presidente che lo ha seguito (e lo ha eguagliato nel raddoppiare il settennato), Chirac, e alcuni
primi ministri, quale Jospin, in questi anni hanno tratto insegnamento, nel bene e nel male, da FM:
hanno cercato di lasciare un segno personale nella selezione della memoria storica nazionale ed
internazionale che era a loro più congeniale e che corrispondeva ai bisogni della loro epoca; hanno
chiuso senza drammi personali
alcuni «conti aperti» con la storia lasciati dalla presidenza
Mitterrand, in particolare nei riguardi di Vichy; sopratutto, sono stati più cauti.
Un esempio. Nel 2001, la legge Toubira ha riconosciuto la tratta degli esseri umani e la schiavitù
come crimini contro l’umanità e ha indicato alcune giornate di maggio per la commemorazione
nella Francia metropolitana e d’oltremare33 . Di fatto, in Francia l’applicazione di tale
provvedimento è stata ritardata sino al 2006, pur sotto la pressione di alcuni intellettuali proveniente
dai territori d’oltremare: la scrittrice della Guadalupe Maryse Condé, presidente del Comitépour /a
memoire de l’esclavage, e il martinicano Edouard Glissant, presidente egli di una «mission de
préfiguration d’un centre national consacré à la traite, à l’ésclavage et à leurs ablitions» che sarà
ospitato nella Cité nazionale della storia dell’emigrazione, progetto di Jacques Toubon, che
dovrebbe aprire i battenti alla fine del 2006 nell’ex palazzo della Esposizione delle Colonie del
1932, alla Porte-Dorée a Parigi. Quasi dimenticati, questi provvedimenti hanno avuto una risonanza
ed una accelerazione nella loro applicazione a seguito di due eventi saliti all’onore della cronaca
internazionale: la legge del 23 febbraio 2005 sul «ruolo positivo» della colonizzazione,
provvedimento che ha suscitato infinite po33
Aperte dal 10 maggio nella Francia metropolitana, il 22 maggio in Martinica e in Guadalupe, il 10 in Guiana, il 20
dicembre alla Réunion.
Dogliani, Mitterand e l’Histoire
107
lemiche, appelli di Storici ed intellettuali ed infine è stata soppressa nel gennaio 2006; la «rivolta»
nelle banlieues parigina e di altre città di Francia nel novembre 2005, che ha mostrato quanto
l’integrazione di figli di immigrati e di nuovi immigrati sia ancora un processo incompiuto in
Francia come in altri Paesi. Occorre sottolineare che insieme alla revoca della legge sulla «bontà»
della colonizzazione, si riapre nuovamente in Francia, rinnovata recentemente dalla visione di un
film, La trahison, la questione assai complessa della guerra d’Algeria. Questione che verte sulle
responsabilità prima di tutto; responsabilità che ora non toccano più solamente i francesi di Francia
e d’Algeria ma anche gli algerini (a proposito del destino dei giovani algerini arruolati, in qualità di
cittadini francesi, in reparti dell’esercito francese impiegati nella repressione della rivolta) ed anche
del più ambiguo ruolo degli Harkis, algerini musulmani che lavorarono e combatterono a fianco dei
francesi in Algeria, abbandonati alla vendetta dei loro compatrioti o accolti senza diritto di
cittadinanza
in
Francia
al
momento
della
dichiarazione
d’indipendenza
dell’Algeria 34 .
A pochi giorni dal ritiro della legge sulla «bontà del colonialismo» emanata nel febbraio precedente,
il 30 gennaio 2006 (siamo nelle settimane di commemorazione del decennale della morte di
Mitterrand) Jacques Chirac ha sottolineato che «nella Repubblica noi possiamo dire tutto sulla
nostra storia. La grandezza di un Paese è quella di assumersi tutta la sua storia, con le sue pagine
gloriose ma anche con la sua parte d’ombra». Un editoriale de «Le Monde» del 31 gennaio 2006
ammetteva che «Chirac sin dal suo arrivo all’Eliseo, non ha barato nella storia del suo Paese». Il 16
luglio 1995, Chirac aveva riconosciuto, in un discorso al Vel’d’hiv la responsabilità dello Stato
francese nella deportazione di migliaia di ebrei durante la seconda guerra mondiale; e nel 1997
sempre Chirac aveva consegnato al Memoria1 du Martyr Inconnu, situato dal 1956 al centro di
Parigi, lo schedario, ritrovato anni prima abbandonato in un ministero da Serge Klarsfeld, il fichier
juzf, utilizzato dai nazisti e dalla po34
La trahison (2005), film di produzione franco-algerina di Philippe Faucon tratto dall’omonimo racconto
autobiografico di Glande Sales (1999), racconta del difficile rapporto in un campo militare nel sud-est dell’Algeria nel
1960 tra ufficiali e soldati di leva francesi e commi litoni algerino-mussulmani. Si veda anche P. Dogliani, Mort poar la
France. Patriottismo repubblicano e Meticciato nella rappresentazione pubblica e nel cordoglio nazionale nella
Francia contemporanea, in M, Callari Galli - D. Londei - A. Sorcini Fratta (a cura di), Il meticciato culturale: luogo di
creazione di nuove identità o di conflitto?, Bologna 2005, pp. 25-3 8.
108
Questioni
lizia francese per identificare gli ebrei nelle grandi retate del 1942-43. Sulla base di quei nomi è
stato ampliato con il Mur de noms e rinnovato nelle sale espositive il Centre de documentation juive
conterriporaine, divenuto Mémorial de la Shoa, con l’inaugurazione fatta da Chirac il 23 gennaio
2005. Il 15 agosto 2004, a Tolone in occasione del 60’ anniversario iella sbarco in Provenza sempre
Chirac aveva reso omaggio al contributo dei soldati magrebini e africani alla Liberazione della
Francia; e nel giugno 2004 aveva riammesso le autorità tedesche alle celebrazioni dello sbarco in
Normandia35 .
Rimane però l’impressione che la costruzione interpretativa della storia condotta da Chirac sia
Stata più debole rispetto a quella prodotta da Mitterrand, appaia cioè determinata più dagli eventi e
dai doveri di presidente che da una personale, chiara visione del passato del Paese, e che soprattutto
si riveli insufficientemente consapevole del peso (delle implicazioni come delle polemiche)
contenuto nell’eredità di Mitterand. Meno gravato, per età e per generazione, di segreti e di
responsabilità acquisiti nella Seconda guerra mondiale e a Vichy, Chirac si è adattato ad un basso
profilo, lasciando spesso ad altri, al primo ministro soprattutto nelle fasi di «coabitazione», il posto
in prima fila. Fu appunto il caso di Jospin, che preparandosi con convinzione a succedere a Chirac
nel primo settennato e proveniente dalla Maison socialiste più propensa a confrontarsi e a scontrarsi
con la storia, ebbe un ampia parte nell’organizzazione della celebrazione, e della scelta dei luoghi
monumentali, nella ricorrenza della Liberazione nel 1995-96. Sempre l’editoriale di «Le Monde»
prima citato sottolinea che «al termine di un lungo regno di dodici anni, dei quali sino ad oggi si fa
fatica a intravedere degli atti forti, sì potrà, malgrado tutto, tenere tre discorsi importanti, fatti il 16
luglio 1995, il 15 agosto 2004 e il 30 gennaio 2006, nei quali ha onorato le due funzioni di primo tra
i Francesi».
Si può concludere che la pubblicistica apparsa a dieci anni dalla scomparsa di FM più che aprire
un dibattito storico- politico sulla sua figura di statista voglia celebrare ma anche decretare la fine di
un Cesarismo nella storia francese, la scomparsa dell’ultimo monarca repubblicano. Coloro che lo
seguono e lo seguiranno, a partire dalla campagna presidenziale oramai in corso, non possono che
tenere conto di ciò e marcare da esso distanze sia storiche che culturali.
35
Editorial: Chirac l’historien, in “Le Monde”, mardi 31 janvier 2006, p. 2.