Ambarabà - Comune di Castelfranco di Sotto
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Ambarabà - Comune di Castelfranco di Sotto
Un territorio conserva la sua identità se riesce a non perdere il contatto con le sue radici linguistiche, con una tradizione, spesso orale, di racconti, ninne-nanne, filastrocche, fiabe, modi di dire. Un patrimonio di parole che sono suoni, colori, immagini depositate nella memoria delle generazioni passate e che danno vita ad un’eredità da tramandare a quelle più giovani. Ambarabà Ciccì Coccò La magia della tradizione COMUNE DI CASTELFRANCO DI SOTTO ISTITUTO COMPRENSIVO “LEONARDO DA VINCI” CASTELFRANCO DI SOTTO 1 Ambarabà Ciccì Coccò La magia della tradizione A cura di Isa Vanni, Assessore alla Cultura e Pubblica Istruzione del Comune di Castelfranco di Sotto Coordinamento editoriale Beatrice Chimenti Annalisa Becherini Simonetta Melani Coordinamento amministrativo Cristina Canovai Testi e immagini I testi sono stati raccolti dai bambini della Scuola Primaria e Secondaria di Primo Grado dell’Istituto Comprensivo “Leonardo da Vinci” di Castelfranco di Sotto. I disegni sono stati eseguiti dai bambini della Scuola dell’Infanzia e della Scuola Primaria dell’Istituto Comprensivo “Leonardo da Vinci” di Castelfranco di Sotto. Fonti di riferimento per alcuni testi R. Goitre, E. Seritti, Canti per giocare, Edizioni Suvini Zerboni, Milano, 1980. M. Giusti, Lo Scacciapensieri, Edizioni La Cittadella Cursi, Pisa, 1957. Ringraziamenti Un particolare ringraziamento ai docenti, ai ragazzi dell’Istituto Comprensivo “L. da Vinci”, alle loro famiglie, ad alcuni cari amici castelfranchesi cultori della memoria, per l’impegno e l’entusiasmo profusi nella ricerca dei materiali. 2 Ambarabà Ciccì Coccò La magia della tradizione a cura di Isa Vanni 3 4 Presentazione Rime, suoni, ritmi, magiche parole: una divertente ed interessante raccolta di canzoncine, filastrocche, ninne nanne, proverbi, scioglilingua, fiabe rappresentanti un patrimonio letterario popolare che racchiude il mondo affascinante della memoria collettiva. La cultura tradizionale, in quanto elemento di identità e di appartenenza alla comunità, riveste una considerevole importanza per la comprensione dell’animo popolare che, nell’esprimersi attraverso storie, giochi, canti, rituali, manifesta conoscenze, credenze, fantasie, norme, simboli e significati tramandati oralmente di generazione in generazione. Si scoprono, così, pezzi importanti della tradizione toscana che hanno mantenuto nel tempo la loro funzione e che ci permettono di instaurare con le generazioni depositarie di questi valori un incontro costruttivo. Le filastrocche, le conte, le ninne nanne, i canti: giochi verbali, motori, ritmici, spesso manipolativi si rivelano importanti strumenti didattici capaci di stimolare la creatività, di sviluppare la fantasia insieme con le abilità linguistiche e mnemoniche, di contribuire ad interiorizzare concetti. Ricche di saggezza, portano con sé le memorie di gesti e affetti che si sono ripetuti nel tempo, facilitano l’interazione tra i bambini e gli adulti, diventando importanti mezzi di comunicazione, di espressione, di emozioni condivise e aggreganti. I proverbi raccontano. Nascono dall’esperienza, dall’osservazione delle cose; e dell’esperienza contengono ricchezza e profondità. Rappresentano la saggezza popolare, intrisa di sentimenti religiosi, civili, sociali, morali: una saggezza antica, ma sempre attuale. Non sono 5 mai volgari, anche se a volte usano sostantivi o verbi gergali al fine di rendere più efficaci i messaggi che intendono trasmettere. Ed infine le fiabe, narrazioni popolari che, attraverso un linguaggio semplice, esprimono contenuti legati ai ricorrenti temi della vita: la paura e l’angoscia della solitudine, dell’abbandono, la gioia del ritrovarsi nella famiglia che protegge, il coraggio, la generosità, l’astuzia, l’invidia, la ricchezza, la povertà. Le fiabe, raccontate dai nostri nonni attorno al focolare, nelle aie o nelle stalle, dischiudono ai piccoli, e non solo, la multiforme realtà della vita. Utilizzando immagini e situazioni dell’esperienza quotidiana, si raccontavano ai bambini per divertirli ma anche per trasmettere loro messaggi che potessero aiutarli a crescere e a capire la complessità del mondo. Fermamente convinta che l’esperienza di 6 ciascun uomo non debba essere sprecata, ma conservata per essere consegnata alle generazioni future, ringrazio vivamente i docenti, i ragazzi dell’Istituto Comprensivo e le loro famiglie, che hanno accolto con entusiasmo, in occasione della Festa della Toscana, la proposta dell’Amministrazione Comunale di impegnarsi nella ricerca di questo materiale prezioso che permette a tutti noi di rivisitare un mondo ricco di memorie, di ricordi, di valori che ci appartengono profondamente. La realizzazione tipografica di questo lavoro si avvale del contributo della Regione Toscana, sempre attenta e disponibile a sostenere iniziative atte a promuovere la valorizzazione del territorio. Isa Vanni Assessore alla Cultura e Pubblica Istruzione del Comune di Castelfranco di Sotto Radici e Frutti Un territorio conserva la sua identità se riesce a non perdere il contatto con le sue radici linguistiche, con una tradizione, spesso orale, di racconti, ninne-nanne, filastrocche, fiabe, modi di dire. Un patrimonio di parole che sono suoni, colori, immagini depositate nella memoria delle generazioni passate e che danno vita ad un’eredità da tramandare a quelle più giovani. Per questo il percorso di ricerca realizzato dall’Istituto Comprensivo “Leonardo da Vinci” di Castelfranco di Sotto ha un grande valore culturale, e non solo per la nostra provincia. In un momento storico in cui chiediamo ai nostri ragazzi di aprirsi al mondo, di guardare a un nuovo sentimento di cittadinanza europea, il contatto con la tradizione linguistica e letteraria locale, popolare, è un modo per arrivare più consapevoli di noi stessi e scevri da paure pregiudiziali all’incontro con culture altre che, sempre più, il presente ci chiede. Recuperare la parole dei nonni vuol dire saper guardare con più attenzione al futuro; mettersi in ascolto della cosiddetta “saggezza popolare” vuol dire misurare le nostre azioni e lo scorrere del tempo in modo nuovo. Sentirsi parte di una tradizione permette di non farsi schiacciare dal presente: i giochi, i proverbi e i racconti qui raccolti provengono da un mondo ancora capace di affascinarci e farci sentire parte di una lingua, di un territorio, di una comunità. Silvia Pagnin Assessore alla Cultura della Provincia di Pisa 7 8 Voci della Toscana L’insegnamento e la valorizzazione della storia, della letteratura, del patrimonio culturale toscano fanno parte della nostra cultura di base e sono lo scrigno di valori di cui devono riappropriarsi gli alunni per implementare il proprio bagaglio di conoscenze al fine di strutturare armonicamente lo sviluppo della propria personalità. Il presente elaborato nasce dallo studio, dalla conoscenza profonda, dalla comprensione vera del rapporto tra storia, lingua e cultura, e ha stimolato nelle nostre scuole un impegno didattico entusiasmante e serio. L’obiettivo primario è stato quello di accostare le nuove generazioni a quel mondo semplice del nostro passato di sana saggezza popolare, per recuperare la memoria e conoscere le origini culturali della nostra storia, della civiltà e della nostra lingua. Il progetto didattico è stato finalizzato al recupero del patrimonio storico linguistico del paese toscano, allo studio delle tradizioni ed è confluito nella raccolta di fiabe, filastrocche, indovinelli, giochi, canzoni, proverbi e detti del nostro popolo. La valorizzazione e la promozione della storia e del patrimonio linguistico toscano, oggi in un’ottica interculturale, fanno parte, infatti, del profilo educativo culturale e professionale di ogni allievo. I percorsi di insegnamento-apprendimento svolti in ogni plesso dell’Istituto Comprensivo, dalla Scuola dell’Infanzia, alla Primaria e Secondaria di Primo Grado hanno mirato allo studio della propria storia per ricercare, grazie ad un’acquisita consapevolezza dell’identità regionale, un nuovo modo di conoscere la realtà di ieri e di oggi. Attraverso specifiche unità didattiche è stato possibile recuperare poesie, canti, racconti, proverbi, indovinelli, che hanno mostrato la ricchezza di vita del popolo del 9 nostro Comune di appartenenza, i costumi, gli ideali. Ogni azione educativa ha permesso di fare memoria delle nostre radici, di capire chi siamo, a chi apparteniamo, di recuperare quella speranza, quella sicurezza necessarie per educare i nostri ragazzi e costruire un mondo migliore. Nell’esprimere il pieno apprezzamento per la qualità del lavoro ai docenti e agli alunni dell’Istituto Comprensivo “Leonardo da Vinci” di Castelfranco di Sotto, si ringraziano fortemente tutte le Istituzioni coinvolte nella realizzazione del volume. Un ringraziamento particolare va all’Assessorato alla Pubblica Istruzione di Castelfranco di Sotto per l’attenzione, la sensibilità e l’impegno testimoniato da sempre sul fronte della Scuola, sentita come risorsa viva del territorio, da valorizzare per le opportunità di crescita e di sviluppo sociale di cui è espressione. Cristina Picchi Vicepreside Istituto Comprensivo “L. da Vinci” di Castelfranco di Sotto 10 CANZONCINE CANTI GIOCHI 11 12 Farfallina Maria Giulia Farfallina bella bianca vola, vola e mai si stanca; vola di qua, vola di là, e poi si posa sopra un fiore e poi si posa sopra un fiore e poi si posa sopra un fior! Ecco, ecco, l’ho trovata tutta bianca e ben formata, vola di qua, vola di là, e poi si posa sopra un fiore e poi si posa sopra un fiore e poi si posa sopra un fior! O Maria Giulia, di dove sei venuta? Alza gli occhi al cielo! Fa’ un salto! Fanne un altro! Fa’ la riverenza! Fa’ la penitenza! Guarda in su, guarda in giù, da’ un bacio a chi vuoi tu! Girotondo Giro girotondo! Il pane è cotto in forno, un mazzo di viole le dono a chi le vuole: le vuole la Sandrina caschi in terra la più piccina! La bella lavanderina La bella lavanderina che lava i fazzoletti per i poveretti della città. Fai un salto, fanne un altro, fai la riverenza, fai la penitenza, guarda in su, 13 guarda in giù, dai un bacio a chi vuoi tu! Ballate, ballate, vergini Ballate, ballate, vergini, che l’angeli ci sòna, ballate, ballate, vergini, che l’angeli sonerà. Se Paola si rivoltasse e l’angelo la baciasse pieno di rose e fior, cara miseria, rivoltati un po’! Madama pollaiola - O madama pollaiola, quanti polli hai nel pollaio? - Quanti n’ho e quanti n’avevo, tutti in camera me li tenevo. - Dammene uno pel mio vantaggio, 14 quando passo son sempre sola. - Scegli, scegli quel che ti pare, ma il più bello lascialo stare. - Il più bello che ci sia, me lo voglio portar…via! Io son contadinella Io son contadinella alla campagna bella. Se fossi una regina, sarei incoronata, ma son contadinella, mi tocca lavorar. E cinquecento cavalieri con la testa insanguinata, con la spada rovinata, indovina che cos’è! E sono e sono le ciliegie, e sono e sono le ciliegie, e sono e sono le ciliegie, che maturan nel giardin. E tira e molla e molla e tira, e tira e molla e molla e tira, e tira e molla e molla e tira, e tira e molla e lascia andar! Al tempo delle ciliegie Quand’è il tempo delle ciliegie, le villanelle, le villanelle, le vanno a cogliere col panierino e questo è il frutto del mio giardino. La sottana fa campana, le scarpine a punta a punta, a ballare si fa così! Il grillo e la formica C’era un grillo in un campo di lino, la formicuzza gliene chiese un filino. Larizunferarillallera, larizunferarillallà. Disse lo grillo: - Che cosa ne vuoi fare? - Calze e camicie, mi voglio maritare. Larizun… Disse lo grillo: - Lo sposo sarò io! La formicuzza: - Sono contenta anch’io! Larizun… Era fissato il giorno delle nozze, due fichi secchi e due castagne cotte. Larizun… Erano in chiesa per mettersi l’anello, cadde lo grillo e si ruppe il cervello. Larizun… La formicuzza andò di là dal mare, cercar l’unguento pel grillo medicare. Larizun… Quando fu giunta là, vicino al mare, venne la nuova che il grillo stava male. Larizun… Quando fu giunta là, vicino al porto, venne la nuova che il grillo era morto. Larizun… La formicuzza andò sul bastimento, pel grillo morto fe’ questo lamento: Larizun… - Povero grillo! Avea sì bel bocchino, 15 gli stava bene in bocca il sigarino. Larizun… Povero grillo! Avea sì bella gamba, gli stava bene la calza rossa e gialla. Larizun… Povero grillo! Avea sì bel piedino, gli stava bene in pié lo stivalino. Larizun… Suonan le nove e, di là dal prato, si sente dire che lo grillo è sotterrato. Larizun… La formicuzza dal grande dolore prese le zampe, se le ficcò nel cuore. Larizun… Suona il tocco, nel campo di riso si sente dire che lo grillo è in paradiso. Larizun… Quattro grillini, vestiti di nero, portan lo grillo fino al cimitero. Larizun… Quattro formiche, vestito di bianco, portan la formica fino al camposanto. Larizun… 16 La bella Conturbana Come domine Betta fece a marità le tre figliole? Le maritò tutte in un mese! Come domine Betta fece? Alla prima le diede un conte, a quell’altra le dié un marchese e la bella Conturbana il Re di Francia se la prese. Alla prima le dié tovaglie, a quell’altra tovaglioli, alla bella Conturbana cento paia di lenzuoli. Alla prima le dié dugento, a quell’altra quattrocento, alla bella Conturbana quattrocento e la collana. - O madre mia che fate, date più a lei minore e di più le regalate che non tocca a me maggiore! - Sta zittina, Groliatte mia, anche a te io li darò; ma la bella Conturbana no, mai più la rivedrò! Alla fiera di Mastr’Andrè Alla fiera di Mastr’André oggi ho comprato un campanello. Dindindin fa il campanello. Alla miré, alla miré, alla fiera di Mastr’André. Alla fiera di Mastr’André oggi ho comprato un tamburello. Tuntuntun fa il tamburello, dindindin fa il campanello. Alla miré, alla miré, alla fiera di Mastr’André. Alla fiera di Mastr’André oggi ho comprato una trombetta. Pe-re-pè fa la trombetta tuntuntun fa il tamburello, dindindin fa il campanello. Alla miré, alla miré, alla fiera di Mastr’André. 17 Alla fiera di Mastr’André oggi ho comprato una chitarra. Plemplemplem fa la chitarra, pe-re-pè fa la trombetta tuntuntun fa il tamburello, dindindin fa il campanello. Alla miré, alla miré, alla fiera di Mastr’André. Alla fiera di Mastr’André oggi ho comprato un violino. Zirunziru fa il violino, plemplemplem fa la chitarra, pe-re-pè fa la trombetta tuntuntun fa il tamburello, dindindin fa il campanello. Alla miré, alla miré, alla fiera di Mastr’André. 18 Verrà quel dì di lune Verrà quel dì di lune, al mercà a comprà la fune. Lune la fune e figli non avrò, e la Rosina bella sul mercà, e la Rosina bella sul mercà. Verrà quel dì di marte, al mercà a comprà le scarpe. Marte le scarpe, lune la fune, e figli non avrò, e la Rosina bella sul mercà, e la Rosina bella sul mercà. Verrà quel dì di mercole, al mercà a comprà le nespole. Mercole le nespole, marte le scarpe, lune la fune, e figli non avrò, e la Rosina bella sul mercà, e la Rosina bella sul mercà. Verrà quel dì di giove, al mercà a comprà le ove. Giove le ove, mercole le nespole, marte le scarpe, lune la fune, e figli non avrò, e la Rosina bella sul mercà, e la Rosina bella sul mercà. Verrà quel dì di venere, al mercà a comprà la cenere. Venere la cenere, giove le ove, mercole le nespole, marte le scarpe, lune la fune, e figli non avrò, e la Rosina bella sul mercà, e la Rosina bella sul mercà. Verrà quel dì di sabato, al mercà a comprà il soprabito. Sabato il soprabito, venere la cenere, giove le ove, mercole le nespole, marte le scarpe, lune la fune, e figli non avrò, e la Rosina bella sul mercà, e la Rosina bella sul mercà. Verrà quel dì di festa, al mercà a comprà la vesta. Festa la vesta, sabato il soprabito, venere la cenere, giove le ove, mercole le nespole, marte le scarpe, lune la fune, e figli non avrò, e la Rosina bella sul mercà, e la Rosina bella sul mercà. La cornacchia del Canadà C’era una volta un corvo innamorato da far pietà d’una cornacchia bella che viveva nel Canadà, ma la cornacchia bella se ne ridea di quell’amor perché era innamorata di Cecchino, il cacciator. Oh, bella, bella, bella, la storiella del cacciator che si mette a fa’ all’amore con la cornacchia del Canadà! Oh, bella, bella, bella, ragazzini venite qua, vi canterò la storia della cornacchia del Canadà Un giorno la cornacchia se ne stava sopra un pino e il corvo giù da basso le strizzava l’occhiolino, ma la cornacchia bella se ne ridea di quell’amor perché era innamorata di Cecchino il cacciator. 19 Oh, bella, bella, bella la storiella del cacciator che si mette a fa’ all’amore con la cornacchia del Canadà! Oh, bella, bella, bella, ragazzini venite qua, vi canterò la storia della cornacchia del Canadà. Il dì del matrimonio era bell’e combinato, e la cornacchia bella svolazzava sopra un prato, e con un cavallino il bel Cecchino di là passò per il corvo la scambiò e con un colpo l’ammazzò. Oh, bella , bella, bella la storiella del cacciator che si mette a fa’ all’amore con la cornacchia del Canadà! Oh, bella, bella, bella, ragazzini venite qua, vi canterò la storia della cornacchia del Canadà. La pesca dell’anello C’erano tre sorelle bianca di rose, rose di fior, c’erano tre sorelle sulla riva del mar. La più bella di quelle, bianca di rose, rose di fior, la più bella di quelle in barca volle andare E quando fu in barca bianca di rose, rose di fior, e quando fu in barca, l’anello le cascò. Alzando gli occhi al cielo, bianca di rose, rose di fior, alzando gli occhi al cielo, lei vide un pescator. - O pescator dell’onde, bianca di rose, rose di fior, 20 o pescator dell’onde vieni a pescare più in qua. Ripescami l’anello, bianca di rose, rose di fior, ripescami l’anello che mi è caduto in mar’. - Quando l’avrò pescato bianca di rose, rose di fior, quando l’avrò pescato, cosa mi donerai? - Cento zecchini d’oro, bianca di rose, rose di fior, cento zecchini d’oro in borsa ricamà. - Non vo’ cento zecchini, bianca di rose, rose di fior, non vo’ cento zecchini, voglio un bacin d’amor! Susanna si fa i ricci Susanna si fa i ricci, i ricci, i ricci, Susanna si fa i ricci, i ricci per ballar. Ma quando fu al ballo nessuno, nessuno, ma quando fu al ballo nessuno la invitò. Soltanto un principino sciocchino, sciocchino, soltanto un principino sciocchino la invitò. Al primo ballo un fiore, un fiore al primo ballo un fiore le donò. Al secondo ballo una rosa, una rosa 21 al secondo ballo una rosa le donò. alla seconda legnata, due denti le cascò. Al terzo ballo un bacio, un bacio al terzo ballo un bacio le donò. Alla terza legnata tre denti, tre denti, alla terza legnata tre denti le cascò. La mamma alla finestra: - Susanna, Susanna! La mamma alla finestra: - Susanna! - la chiamò. E quando tornò a casa legnate, legnate, e quando tornò a casa legnate lei pigliò. Alla prima legnata un dente, un dente, alla prima legnata un dente le cascò. Alla seconda legnata due denti, due denti, 22 Alla quarta legnata tutti i denti, tutti i denti, alla quarta legnata tutti i denti le cascò. - Susanna, come ti senti? Male di denti, male di denti. Susanna, come ti senti? Male di denti, in verità. - Presto, presto, chiama il dottore oh, che dolore, oh, che dolore, presto, presto chiama il dottore oh, che dolore in verità! Ecco il dottore che gira la piazza mamma son pazza, mamma son pazza, ecco il dottore che gira la piazza, mamma, son pazza in verità! Ecco Pierino che porta l’anello, mamma che bello, mamma che bello, Ecco Pierino che porta l’anello mamma che bello in verità! Ecco il dottore che sale le scale, mamma sto male, mamma sto male, ecco il dottore che sale le scale, mamma, sto male in verità! Ecco Pierino che porta una rosa mamma, son sposa, mamma, son sposa. Ecco Pierino che porta una rosa mamma son sposa in verità! Ecco il dottore che bussa alla porta, mamma son morta, mamma son morta, ecco il dottore che bussa alla porta mamma son morta in verità! E dopo tre mesi Susanna, Susanna e dopo tre mesi Susanna si sposò. Il babbo dalle risate la pancia, la pancia, il babbo dalle risate la pancia gli scoppiò: Bum! Ecco il dottore che dà la puntura, mamma ho paura, mamma ho paura, ecco il dottore che dà la puntura mamma, ho paura in verità! Ecco Pierino che porta le mele mamma sto bene, mamma sto bene, ecco Pierino che porta le mele mamma sto bene in verità! 23 Il gioco dei bottoni Il gioco dei tappini Mia nonna, invece di andare a scuola, andava sotto il ponte con altri suoi amici e giocavano al gioco del bottone. Le regole sono queste: Nonna mi ha raccontato che quando lei era piccola andava con i suoi amici tra i campi a giocare e facevano tanti giochi, tra cui anche il gioco dei tappini, il gioco che a lei piaceva di più. Si giocava così. Prima di tutto si scriveva il nome di un ciclista sul tappino. Poi si disegnava sul terreno una pista, come quella delle biglie, con arrivo e traguardo finale. Si iniziava a giocare. Si davano dei colpetti con le dita ai propri tappini, uno a uno. Vinceva la gara il tappino/ciclista che arrivava primo. 1. si prendevano dei bottoni (li staccava dal grembiule) 2. si tiravano uno a uno sul muro facendoli rimbalzare 3. il giocatore che faceva rimbalzare il bottone più vicino al muro, vinceva tutti i bottoni. Quando nonna tornava a casa, ne toccava dalla mia bisnonna perché aveva perso tutti i bottoni e perché non era andata a scuola. 24 Il gioco delle noccioline Il gioco delle figurine di calcio Il gioco delle nocciole consisteva nel lanciare delle noccioline dentro una buca. Chi riusciva a buttarne di più, vinceva le noccioline. Questo gioco si poteva fare anche a gruppi e il gruppo che vinceva si divideva tutte le noccioline. Questo era uno dei giochi che faceva mia nonna da piccola. Questo gioco lo faceva mio nonno quando aveva la mia età. Lui e i suoi amici mettevano delle figurine di calcio a terra e uno alla volta soffiavano addosso alle figurine: se la figurina si girava verso di te la vincevi, altrimenti non la vincevi. 25 26 SCIOGLILINGUA BOTTA E RISPOSTA INDOVINELLI 27 28 Fiasco, lisca, mosca, pèsca e scala. - Sgomitola il gomitolo ch’è là aggomitolato. - Sgomitoli il gomitolo chi l’ha aggomitolato! Pezzo, pazzo, pizzo, pozzo, puzzo, puzzo, pozzo, pizzo, pazzo, pezzo. Pisa pesa il pepe al Papa, il Papa pesa il pepe a Pisa. Trentatré trentini entrarono a Trento tutti e trentatré trotterellando. Tre tozzi di pan secco in tre strettissime tasche stanno. Apelle, figlio d’Apollo, fece una palla di pelle di pollo; tutti i pesci venivano a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta d’Apelle, figlio d’Apollo. Porta aperta per chi porta; chi non porta, parta pur, ché non importa aprir la porta. Tre once di lana nera e tre di nera lana. Cuoricino mio, svetriolatitolatici! Cuoricino mio, non ti svetriolatitolaticiare! Se l’Arcivescovo di Costantinopoli si disarcivescoviscostantinopolizzasse, vi disarcivescoviscostantinopolizzereste voi come si è disarcivescoviscostantinopolizzato lui? Sereno è, sereno sarà, se non è sereno, si rasserenerà. 29 Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa. - Cosa fa un ciuco al sole? - L’ombra. Schicchiribicchieri. - Qual è la cosa più veloce? - Il pensiero. Tito, te tu m’hai ritinto il tetto, ma un’ te ne intendi mi’a tanto di tetti ritinti. - Che cosa fa il gallo appena si sveglia? - Apre gli occhi. Lievito, lievitati. Avevo un fazzoletto da ritagliare e smerlettare; lo portai dalla smerlettatrice di fazzoletti, la smellettatrice di fazzoletti non c’era, così me lo ritagliai e smerlettai da me; lo ritagliai e smerlettai meglio della smerlettarice di fazzoletti. Tre tigri contro tre tigri. - Perché Perché Qual è Quello 30 il cane mangia gli ossi? la carne la mangia il padrone. il vino migliore? che si beve in casa d’altri. - Cosa fa un gatto nell’acqua? - Si bagna. 1. C’è una fila di fratini, tutti bianchi e piccolini, stanno sempre a chiacchierare, o a ridere e mangiare. 2. Rotolin che rotolava senza gambe camminava. senza sedia si sedeva, come diamine faceva? 3. Due lucenti, due pungenti, quattro zoccoli e una scopa. 4. Qual è quella cosa Che va giù ridendo E torna su piangendo? 5. Ve lo dico, e ve l’ò detto, ve lo torno a dir di nuovo, e se voi non capirete, testa d’asino sarete. 6. Non son penna, eppure scrivo sopra un foglio tutto nero. Spiega tu il gran mistero. 7. Mezzo pepe, mezzo refe, mezzo topo, mezza lana: è un paese di Toscana. 8. Indovina, indovinello: chi fa l’uovo nel corbello? 9. Qual è quella cosa che più è calda più è fresca? 10. Non è cervo e non è bove, ma le corna porta in testa. Ha la casa ognor con sé, indovina che cos’è. 31 11. C’è una vecchiaccia a una finestraccia, le tentenna un dente e chiama tutta la gente. 12. Nasce con le corna, campa senza corna, muore con le corna. 14. Verde di fuori rosso di dentro con tutte le monachine a seder dentro. 15. Rossa, rossetta in tavola fu messa, in tavola fu mangiata e la coda le fu strappata. 32 Soluzioni agli indovinelli: 1. I denti 2. Il gomitolo 3. Il bove 4. Il secchio che scende nel pozzo 5. Il velo 6. Il gesso 7. Peretola 8. La gallina 9. Il pane 10. La chiocciola 11. La campana 12. La luna 13. La lingua 14. Il cocomero 15. La ciliegia 13. Sto sempre in casa e son coperta tutta, sono sempre bagnata e mai asciutta. PROVERBI MODI DI DIRE 33 34 Animali Tempo Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. La bodda che non chiese non ebbe coda. Gallina vecchia fa buon brodo. Al tordo ingordo gli scoppiò il gozzo. Quando il gatto ‘un c’è, i topi ballano. In bocca chiusa non entran mosche. Chi pecora si fa, lupo la mangia. Chi gallina nasce, convien che razzoli. Del maiale ‘un si butta via gnente! Con quelle gambe così secche, sembri un merlo sul vangato! ‘Ndo c’è il miele c’è le mosche. Can che abbaia non morde. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. La gatta frettolosa fece i gattini cèi. Anche le mosche c’hanno la tosse. Qui, gatta ci cova! Sotto la neve pane, sotto l’acqua fame. Cielo a pecorelle, acqua a catinelle. Aria rossa: o piscia o soffia. Rosso di sera, bel tempo si spera. Dove entra il sole, non entra il dottore. Piove sempre sul bagnato. Quando piove e tira vento, chiudi l’uscio e sta’ di dentro. Chi non ha casa, la cerca. Se piove il terzo aprilante, quaranta giorni durante. Tanto tonò che piovve. Tempo prezioso Chi dorme ‘un piglia pesci. Si fa come il Nardi, che da presto fece tardi! Chi ha tempo, ‘un aspetti tempo. Ogni lasciata è persa. È meglio tardi che mai. Il tempo è galantuomo. 35 Stagioni Paesi toscani Acqua d’Aprile: ogni goccia un barile. A Settembre l’uva è matura e il fi’o pende. Febbraio, Febbraietto corto e maledetto. Marzo pazzerello, guarda il sole e prendi l’ombrello. Per la Candelora, dall’inverno siamo fora. Giugno: la falce è in pugno. Primi freddi non ti vestire, primi caldi non ti scoprire. Col tempo e con la paglia, si matura anco le sorbe. Una rondine non fa primavera. Marzo asciutto, grano per tutto. Marzo asciutto e april bagnato, il raccolto è assicurato. Maggio ortolano, tanta paglia e po’o grano. Se Marzo non marzeggia, April mal pensa. Zappa le viti d’agosto pe’ raccoglie’ un buon mosto. Se il monte pisano si mette il cappello, Orentanesi prendete l’ombrello. Le chiacchiere le porta via il vento, le biciclette i livornesi. Da Montelupo si vede Capraia, Cristo fa le genti e poi l’appaia. Mi costi più te che il Serchio a’ lucchesi. Meglio un morto in casa che un pisano all’uscio. 36 Lavoro Chi va al mulino s’infarina. Studia novellin, che ti fo’ prete. Fa’ e disfa’, s’impara a lavorà. È meglio una cosa fatta che cento da fare. Mercante di vino, mercante poverino. Impara l’arte e mettila da parte. Contadino: scarpe grosse e cervello fino. Chi fa da sé, fa per tre. Cosa fatta, capo ha. Il lavoro cava voglie. Chi prima arriva, prima macina. Povertà Chi va a letto senza cena tutta la notte si dimena. Chi ha denti non ha pane, chi ha pane non ha denti. ‘Un si fa le nozze co’ fii secchi! È quello di Gesù: dopo questo ‘un ce n’è più. Di quel che c’è, non manca nulla. Le donne La famiglia Alla festa di Chiesa Nova, chi non ha moglie la trova. Se la mi’ nonna avea le rote, era un carretto. Chi disse donna disse danno. Socera e nòra, tempesta e gragnola. Parlà a nora perché socera ‘ntenda. Donne e buoi dei paesi tuoi. Un cavaliere fra due dame fa la figura di un salame. Dove son femmine e oche, non vi son parole poche. Tre donne fanno un mercato e quattro fanno una fiera. Quale il padre, tale il figlio. Trulli, trulli, chi l’ha fatti se li culli. Cibo O di paglia o di fieno, basta che ir corpo sia pieno. Corpo pieno non crede al digiuno. Non ti mettere in cammino, se la bocca non sa di vino. O cotta o cruda, il fo’o l’ha visto. Al contadino non far sapere quant’è bono il cacio con le pere. Se non è zuppa, è pan bagnato. Nella botte piccina ci sta il vino bono. Chi vuol viver sano e lesto, mangi poco e ceni presto 37 A tavola ‘un s’invecchia mai. L’appetito vien mangiando. Uomo avvisato, mezzo salvato. Il troppo stroppia. Frodi scoperte Sapersi accontentare Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. Le bugie hanno le gambe corte. Tutti i nodi vengono al pettine. La farina del diavolo va tutta in crusca. Hai più corna te, che un corbellino di chiocciole. Chi lascia la via vecchia per la nova, sa quel che lascia, ma ‘un sa quel che trova. Chi ‘un ha quattrini, ‘un abbia voglie. Senza lilleri ‘un si lallera. Chi s’accontenta gode. Non si può aver la botte piena e la moglie briaca. Chi troppo vuole nulla stringe. Meglio un ‘ovo oggi che una gallina domani. Cristo manda il freddo secondo i panni. L’occasione fa l’uomo ladro. Prudenza Non dire gatto se non l’hai nel sacco. Meglio avé paura che toccanne. Chi va piano va sano e va lontano, chi va forte va incontro alla morte. Chi fa i conti avanti all’oste, ni convien falli du’ vorte. Finché s’ha denti in bocca, non si sa quel che ci tocca Chi piscia contro vento, si bagna la camicia. Ride ben chi ride ultimo. 38 Mancanze Chi non ha testa abbia gambe. ‘Un reggi un co’omero in discesa! A tutti i poeti manca un verso. Tutte le ciambelle non riescono col buco. False apparenze Vizi Non è tutt’oro quel che luccica. L’abito non fa il monaco. Il diavolo non è brutto come si dipinge. Bella vigna, poca uva. Vale più un vecchio nel canto, che un giovane nel campo. Acqua torba non lava. La gallina che canta ha fatto l’ovo. Qui, ‘un si frigge mi’a con l’acqua! Chi si loda s’imbroda. Cencio dice male di straccio. Chi mal fa, mal pensa. Chi non fa, non falla. Fra sembrare e non essere è come filare e non tessere. Chi predica bene, razzola male. Tutte le mattine s’alzano un furbo e un bischero: se s’incontrano l’affare è fatto. Per fa’ un furbo ci vole un locco. Chi serba, serba al gatto. L’ozio è il padre dei vizi. Ognuno tira l’acqua al suo mulino. Morte A pagà e morì siamo sempre a tempo. Chi muore giace, e chi vive si dà pace. Il peggio è per chi more. Finché c’è vita, c’è speranza. Morto un papa, se ne fa un altro. A tutto c’è rimedio, forché alla morte. Morte desiderata, vita allungata. Chi more, more, e chi campa, campa. Meglio un asino vivo che un dottore morto. Chi visse di speranza, morì cantando. 39 Compagnia: buona o cattiva Chi pratica lo zoppo, impara a zoppicare. Chi va a letto co’ cani si leva colle pulci. L’ospite è come il pesce: dopo tre giorni puzza. Meglio soli che male accompagnati. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. In compagnia prese moglie un frate. Meglio perdilo, che trovallo! Amicizia Chi trova un amico, trova un tesoro. L’amico si conosce nel bisogno. Patti chiari, amicizia lunga. Dagli amici mi guardi Dio che dai nemici mi guardo io. Val più un amico, che cento parenti. 40 Proverbi… in libertà Modi di dire Poggio e bua fa pari. È come mette’ l’olio nel lume. La lingua batte dove il dente dole. Non c’è peggior sordo di chi non vor sentì. L’erba cattiva non more mai. Una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso. Chi più ne ha, più ne metta. Per forza ‘un si fa neanche l’aceto. Chi s’assomiglia si piglia. Andare a bischero sciolto. ‘Un esse’ avvezzi. (Non essere abituati) Fare fo’o e fiamme. Aver paura della gatta gnuda. Se voi vedé se uno è bono a po’o, mettilo a accende il fo’o. Fa’ venì il latte alle ginocchia! Avere il ciucco per il capo. La ragione è dei bischeri. Il medico pietoso fa la piaga puzzolente. Avuta la grazia, gabbato lo santo. Se fai un bel gesto, non ci fare il manifesto. Chi la fa, l’aspetti. Chi cerca, trova. Paese che vai, usanza che trovi. A caval donato, non si guarda in bocca. Chi semina vento, raccoglie tempesta. A buon intenditor poche parole. Apriti cielo, spalancati terra! Arlecchino si confessò burlando. Il gio’o è bello quando dura po’o. S’ha a di’ d’indà? (si dice di andare?) Troppi cuochi guastan la cucina. Sta co’ frati e zappa l’orto. Brutta in fascia, bella in piazza. ‘Un c’ho mi’a scritto Giocondo! È come cercare un ago nel pagliaio. Sordo come una campana. Tutti i gusti son gusti. Dove la voglia è grande, le gambe son leggere. Chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Dormire come un ghiro. Allevare una serpe in seno. Mangiare quanto un tribunale. Levarsi la sete col prosciutto. Chi si somiglia, si piglia. Fare buon viso a cattiva sorte. Cristo manda il freddo secondo i panni. Chi la vole cotta e chi la vole cruda. Chi c’ha le corna è l’ultimo a sapello. Già che siamo in ballo, balliamo. Chiodo scaccia chiodo. Aspettà la manna dal cèlo. Chi vol Cristo se lo preghi. Per bella apparire, bisogna patire. Non c’è rosa senza spine. Levà le ‘astagne dal fo’o colle mane dell’artri. Cercà il pelo nell’ovo. Male non fare, paura non avere. L’occasione fa l’uomo ladro. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Chi non more, si rivede! Non c’è due senza tre. Provà pe’ crede. 41 Gnente fa bene all’occhi. La verità vien sempre a galla. Se son rose, fioriranno. Non sapé a che santo votassi. Non è più il tempo che Berta filava. Oggi a me, domani a te. O bé o affogà. Ne sconta il giusto per il peccatore. Occhio non vede, cuore non dole. Sbagliando, s’impara. Mal comune, mezzo gaudio. Troppa grazia, Sant’Antonio, disse quello che cascò da cavallo. Tutto fa, disse quello che pisciò in mare. 42 FIABE POPOLARI 43 44 PETUZZINO 45 C’era una volta un bambino che si chiamava Petuzzino. Aveva tanta fame, ma non aveva soldi per comprarsi da mangiare. Allora andò a spazzare il chiesino e trovò un centesimino. Corse dalla sua mamma e le disse: - Ma che si compra con questo soldino? - Compraci le mele! - Mi tocca butta’ via il torsolo… - Compraci le noci! - Ma se mi compro le noci devo buttà via il guscio. Mi ci comprerò… mi ci comprerò… mi ci comprerò dei fichi secchi, così butto via solo il picciolino. Petuzzino comprò i fichi e andò a mangiarli alla finestra e, mentre li mangiava, gliene cadde uno di sotto. La mattina dopo Petuzzino si svegliò e vide davanti alla sua casa un albero pieno di fichi; allora prese una fetta di pane e salì sull’albero a mangiare pane e fichi. Mentre li mangiava passò di lì un orco che sentì l’odore di Petuzzino e disse ad alta voce avvicinandosi: - Ucci ucci, sento odor di cristianucci; o ce n’è 46 o ce n’è stati, o ce n’è di rimpiattati. L’orco alzò la testa, vide Petuzzino e gli disse: - Petuzzino, buttami un fichino. Petuzzino gli tirò un fichino, ma il fichino cascò nel piscio. - Petuzzino, Petuzzino, tiramene un altro. E il fico cascò nella cacca. - Petuzzino, dammene uno con le tue sante manine. - Noo, sennò mi mangi! Ma l’orco insisteva. Petuzzino alla fine si fece convincere e si sporse dall’albero, ma l’orco l’afferrò per un braccio e lo mise nel suo grosso sacco. Cammina, cammina ad un certo punto l’orco si fermò per fare un bisognino. - Vai più in là che sento il puzzo – gli disse Petuzzino. L’orco si allontanò e si accucciò dietro un cespuglio. Petuzzino furbo, furbo con un coltellino che aveva in tasca tagliò il sacco, uscì fuori e riempì la balla di sassi. L’orco, terminate le sue faccende, riprese il sacco, se lo rimise in spalla e si avviò verso casa. Ma il sacco pesava di più e l’orco diceva: - O Petuzzino, come sei diventato peso! Appena arrivato a casa disse alla moglie: - Mogliera, mogliera metti al foco la caldera, ché ho chiappato Petuzzino! Mogliera, mogliera, metti al foco la caldera ché ho chiappato Petuzzino! Non appena l’acqua fu bollente, l’orco e la moglie presero il sacco in due, lo portarono sotto la cappa del camino e lo rovesciarono nella caldaia. Ma, invece di Petuzzino, ci trovarono tanti pietroni. I sassi schizzarono nell’acqua e l’orchessa si bruciò. Figuratevi come si arrabbiò l’orco! E non potendo sopportare l’idea di essere stato preso in giro da Petuzzino, giurò di volerlo ritrovare a qualunque costo e di vendicarsi. Difatti, il giorno dopo, cominciò a girare per tutta la campagna e a guardare dappertutto. Gira che ti gira, guarda che ti guarda, alla fine alzando gli occhi vide Petuzzino in cima ad un tetto che gli faceva le smorfie e dalle risate aveva la bocca fino alle orecchie. - Mio caro Petuzzino, com’hai fatto a salir sul tetto? - chiese l’orco con una vocina dolce, dolce. - Ho messo pentole su pentole, piatti su piatti, bicchieri sopra bicchieri, tegami su tegami, fiaschi su fiaschi e son salito fin qui. Allora l’orco provò a salire sul tetto per mangiarlo. Fece come aveva detto Petuzzino: mise pentole su pentole, piatti su piatti, coperti su coperti, tegami su tegami, fiaschi su fiaschi, ma era troppo pesante e… BUM cascò di sotto e morì. E così Petuzzino se ne tornò dalla sua mamma. E vissero felici e contenti. Larga è la foglia, stretta la via, dite la vostra che io ho detto la mia. 47 48 LA CAPRA FERRATA 49 C’era una volta una donna che abitava nel bosco con il suo bambino. Un giorno la donna uscì per certi suoi affari e disse al bambino di tenere chiuso l’uscio di casa, perché altrimenti sarebbe potuta entrare la capra ferrata. Quando la mamma se ne fu andata, il bambino uscì e accostò la porta. E così entrò la capra ferrata, una grossa capra molto prepotente che subito chiuse l’uscio come fosse la padrona. Quando il bambino si accorse di aver lasciato l’uscio aperto, tornò subito a casa e trovò la capra ferrata che non lo fece entrare. Il bambino incominciò a piangere; ad un certo punto passò di lì una vecchietta che gli chiese: - Perché piangi? Il bimbo rispose che piangeva perché nella sua casa era entrata la capra ferrata. La vecchietta disse che, se lui le avesse dato un cesto d’insalata, lei avrebbe cacciato via la capra. - Tum, tum… Chi c’è in casa? - disse la vecchia. 50 - Sono la capra ferrata, con bocca di ferro e lingua di spada, se entri dentro ti affetto come una rapa - rispose la capra ferrata. La donna scappò via impaurita e il bambino continuò a piangere. Dopo un po’ arrivò un cacciatore che disse: - Perché piangi? - Perché mi è entrata in casa la capra ferrata. - Se mi dai tre sacchi di grano, te la caccio via io. - Tum, tum… Chi c’è in casa? - Sono la capra ferrata, con bocca di ferro e lingua di spada, se entri dentro ti affetto come una rapa - rispose la capra. E il cacciatore se la diede a gambe. - Oh, povero me, povero me! Come farò ad entrare in casa? - singhiozzava disperato il bambino. Ma ecco arrivare un uccellino che gli si posò accanto e gli chiese: - Perché piangi, bambino? - Come vuoi che non pianga? Una capra prepotente è entrata in casa mia e non vuole più andarsene. - Se prometti di darmi tre sacchi di miglio, ti aiuterò. - Ma tu sei così piccolo! - Non ti preoccupare. Lascia fare a me. - Tum, tum… Chi c’è in casa? - Sono la capra ferrata, con bocca di ferro e lingua di spada. Se entri dentro ti affetto come una rapa. - E io sono l’uccellino dal becco di ferro: ti entro dal culo e ti esco dal cervello! A quelle parole, la capra per poco non morì dalla paura e, scavalcata la finestra, se la diede a gambe attraverso i prati. Così il bambino potè rientrare dentro ed imparò da quella volta a non lasciare più la porta di casa aperta. 51 52 LA RICOTTINA 53 C’era una volta una contadina, che andava al mercato per vendere una ricottina. Mentre camminava, pensava: - Con i soldi che ricaverò potrò comprare una gallina. La gallina mi farà tante uova; dalle uova nasceranno dei bei pulcini e quando saranno diventati grassi polli e pollastre li venderò al mercato. Con i soldi ricavati potrò comprare una mucca. La mucca mi darà tanto latte e lo potrò vendere; poi mi farà anche dei vitellini e chissà quanti soldi potrò guadagnare, vendendoli. Tanti da comprarmi una bella casetta. Così quando la gente passerà, mi farà un bell’inchino dicendo gentilmente: - Buongiorno, signora padrona! E mentre così fantasticava, la contadina fece un inchino e la ricottina schizzò in mezzo alla strada. E i sogni andarono in fumo… 54 CIUCHINO BELLO 55 La notte della Vigilia di Natale in paese girava un ciuchino che aveva in groppa una cesta piena di regali per i bimbi buoni. Il ciuchino faceva una gran confusione con il suo vecchio campanaccio e ragliava per le vie del paese. Piano, piano entrava nelle case della gente, non si faceva mai vedere dai bimbi… ma loro lo aspettavano perché, se erano stati buoni, sicuramente avrebbero ricevuto qualche regalo. Portava fichi secchi, pine, mandarini, arance, pannocchie, qualche biscotto e, per i più fortunati, dei palloni di pezza o delle trottole per i maschi e delle bambole di cencio per le femmine. In cambio, i bambini dovevano mettere vicino alla porta un piatto con la farina, perché il ciuco ne era ghiotto. Il ciuchino doveva mangiare perché credevano che “cacasse” i regali, allora era meglio nutrirlo a dovere. Nonno Giorgio racconta che, prima della 56 guerra, quando lui era piccolo la sua mamma gli raccontava sempre la storia del ciuchino. Lui e i suoi fratelli non ci credevano molto, quella storia era strana. Come fa un ciuchino a portare tutti quei regali? Quell’anno però accadde una cosa misteriosa. Era la Vigilia di Natale, faceva buio e fuori dalla porta nonno e i suoi fratelli sentirono ragliare un ciuco. Il babbo di nonno aprì la porta e… con sorpresa videro un ciuco vero con un campanaccio al collo e con una cesta in groppa. Il ciuco fu fatto salire per le scale fino alla cucina, dove avevano sistemato un piatto con la farina. Il ciuchino cominciò a ragliare così forte che al fratello del nonno dalla paura gli venne la febbre! Il nonno tremava come una foglia! Allora, il loro babbo gli fece cantare le canzoncine di Natale perché il ciuchino contento gli lasciasse qualche regalino. Nonno e i suoi fratelli cantarono a squarciagola: Ciuchino bello che in bosco sei nato portami i chicchi che babbo ti ha dato!!! E poi cantavano ancora… Ave Maria del ceppo angelo benedetto l’angelo mi rispose: - Ciuchino bello, portami tante cose! 57 58 LA BELLA E LA BRUTTA 59 C’era una volta in un paese una vedova che aveva due figlie: una buona e gentile di nome Bella e l’altra cattiva di nome Brutta. Un giorno la mamma voleva fare una torta, ma le mancava il mattarello, allora chiese alle figlie se una di loro poteva andare dal Gatto Mammone a chiedere il mattarello. Brutta disse che non voleva andare da quei brutti gatti, invece Bella disse di sì e s’incamminò. Arrivata stanca, bussò e chiese se il Gatto Mammone le prestava il mattarello. Un gattino raffreddato rispose che il Gatto Mammone tornava la sera, allora Bella l’aspettò e entrò in casa. Vide il gattino raffreddato che lavava i piatti e Bella gli disse di andare a letto e lavò lei i piatti; c’era un gattino malato che spazzava le scale e Bella gli disse di andare a letto e lei fece le faccende di casa. Arrivò la sera e il Gatto Mammone ritornò a casa e chiese chi fosse stato a mettere in ordine. E i gattini risposero che era stata Bella. Il Gatto Mammone disse a Bella che le voleva 60 fare un regalo e che alla terza volta che il gallo cantava si doveva girare. E Bella se ne andò. Sentì il gallo cantare per tre volte e alla terza volta si girò e le apparve una stella d’oro sulla fronte. Tornò a casa e raccontò tutto alla mamma. Il giorno dopo toccò a Brutta riportare il mattarello. Arrivata alla casa di Gatto Mammone, bussò forte ed entrò. C’era un gattino che lavava i piatti e Brutta lo buttò nel lavandino; vide un gattino che spazzava le scale e Brutta lo buttò di sotto. Quando tornò a casa il Gatto Mammone, chiese chi era stato e tutti i gattini risposero che era stata Brutta. Il Gatto Mammone non voleva punire Brutta e le disse che alla terza volta che il gallo cantava non si doveva girare. Si cominciò a sentire il gallo cantare tre volte e Brutta si ricordò che sua sorella si era girata, allora si girò e le apparve, invece della stella come a sua sorella, una coda d’asino sulla fronte. Tornata a casa la mamma le tagliò la coda, ma più la tagliava più cresceva. Un giorno, mentre Bella ricamava, passò un principe che si era innamorato di lei e chiese alla mamma il permesso di sposarla. La mamma fu contenta e disse di sì. Giunse il giorno delle nozze e la futura sposa arrivò con la carrozza e il principe con il suo cavallo bianco. Ma all’improvviso sbucarono i gattini e si misero a cantare: - Miao, miaolino, la Brutta in carrozza e la Bella nel tino! Il principe incuriosito alzò il velo e vide Brutta. Allora corse in cantina, trovò il tino dove era stata rinchiusa Bella, la liberò e dopo pochi giorni la sposò. E i gattini cantarono: - Miao, miaolino, la Bella in carrozza e la Brutta nel tino! E vissero tutti felici e contenti. 61 62 LA BAMBINA DI PANE 63 In un paese lontano vivevano un uomo e una donna che erano sposati, ma non riuscivano ad avere bambini. La moglie piangeva sempre e non si dava proprio pace, anche perché avevano un “fottio” di beni e un’ sapevano a chi dalli in dote. Un giorno si mise a pensà e le venne in mente una cosa: la bambina se la sarebbe fatta lei! La moglie prese tanta farina, tanta acqua e incominciò a impastà…. Impasta, impasta … fece una bella bambina di pane. Il giorno dopo le fece dei riccioli di pane e la vestì con dei panni colorati. La bambina di pane veniva messa la mattina alla finestra per falla vedè a tutti. Dopo qualche giorno, sotto la finestra iniziarono a fa’ la ronda dei bei giovanotti. I giovanotti la chiamavano, ma lei un rispondeva mai! Allora la mamma rispondeva: - È una ragazza educata, è timida, non risponde al primo che passa. Uno di quei giovanotti però continuò a passà 64 sotto alla finestra per giorni e giorni e poi si decise a chiede’ la mano della ragazza di pane al su’ babbo. Ma quando il giovane entrò in casa, si trovò la bella sorpresa: la sua amata ‘un era di ciccia, ma era di pane e a forza di sta’ alla finestra sotto il sole si era anche sfatta. POLLICINO 65 C’era una volta un bambino che si chiamava Pollicino. Pollicino era l’ultimo di sei fratellini. La sua famiglia era molto povera ed i suoi genitori non potevano sfamare tutti quei bambini. Una sera Pollicino sentì i suoi genitori che parlavano di portarli nel bosco, con la speranza che qualcuno li trovasse. Lui silenzioso scese in cucina e si riempì le tasche di sassolini bianchi. La mattina dopo il babbo e la mamma li portarono a fare una gita nel bosco e loro erano tutti felici. Pollicino rimase in fondo alla fila e ad ogni pezzo di strada lasciava cadere un sassolino bianco. Arrivati al bosco, i bimbi si misero a giocare e i loro genitori li lasciarono lì e se ne andarono. Quando venne buio, i bambini iniziarono a chiamare il babbo e la mamma, ma non li trovarono. Tutti piangevano, ma Pollicino disse: - Tranquilli, torneremo a casa da soli! E così fecero. 66 Seguendo tutti i sassolini che Pollicino aveva seminato durante il tragitto, arrivarono davanti casa e picchiarono alla porta. Venne ad aprire la mamma che, appena li vide, saltò dalla gioia e disse: - Non vi lasceremo più! E vissero tutti felici e contenti. I DUE GOBBI 67 C’era una volta due fratelli i quali, poverini, avevano avuto la disgrazia di nascere tutti e due gobbi. Uno di questi, il più giovane, un giorno disse: - Voglio andare a far fortuna. Detto fatto, si mise in viaggio. Cammina, cammina, dal tanto camminare si sperse e si trovò in un bosco. - E ora cosa faccio? Se vengono gli assassini, mi trovano… È meglio che salga su quell’albero. Quando fu sull’albero, sentì un rumore. - Eccoli, aiuto! Invece, da una buca là per terra vide uscire una vecchina, e poi un’altra vecchina, e un’altra ancora: tutta una fila di vecchine l’una dietro l’altra che si misero a girare intorno all’albero cantando: - Sabato e Domenica! - Sabato e Domenica! E così continuavano a girare in tondo e ripetevano sempre da capo: - Sabato e Domenica! 68 Il gobbo, di lassù in cima all’albero, senza saper quello che faceva, rispose: - E Lunedì! - Oh! Chi è stato quell’angelo che ha detto questa bella cosa! A noialtre non ci sarebbe mai venuto in mente! E si rimisero a girare intorno all’albero, tutte felici, cantando: - Sabato e Domenica! - Sabato e Domenica! E lui rispondeva: - E Lunedì! Dopo un po’ che giravano, s’accorsero del gobbo che era in mezzo ai rami. Lui tremava di paura e cominciò a lamentarsi: - Per carità, vecchine, non m’ammazzate: m’è scappato detto senza pensarci, ma non volevo dir nulla di male. - Anzi, scendi, ti vogliamo ricompensare. Chiedi qualunque grazia e te la faremo. Il gobbo scese dall’albero. - Allora, chiedi! - Io sono un pover’uomo; cosa volete che chieda? Non chiederei altro che mi fosse levato questo gobbo, perché tutti i ragazzi mi canzonano. - E la gobba ti sarà levata! Le vecchine presero una sega e, in quattro e quattr’otto, gli segarono il gobbo, senza che lui sentisse nulla e poi gli unsero la schiena con un unguento. E la gobba l’appesero all’albero. Il gobbo tornò a casa che non era più gobbo e nessuno del paese lo riconosceva più. - Oh! Ma non sei tu? - gli fece suo fratello. - Sì che sono io! Lo vedi come sono diventato bello? - E come hai fatto? - Sta’ a sentire - e gli raccontò dell’albero, delle vecchine e del loro canto. - Ci voglio andare anch’io - disse il fratello. Detto fatto, si mise in viaggio, entrò in quel bosco e salì su quell’albero. Alla stessa ora, dal buco uscirono le solite vecchine cantando: - Sabato, Domenica e Lunedì! - Sabato, Domenica e Lunedì! E il gobbo dall’albero si mise a gridare: - E Martedì! Le vecchie presero a cantare: - Sabato, Domenica e Lunedì e Martedì! Ma non veniva bene, non tornava più il verso. Allora si voltarono in su tutte invelenite: - E chi è quell’infame, chi è quell’assassino che ha detto così? Si cantava così bene e ci ha sciupato tutto! Ora non ci torna più il verso! Finalmente lo videro tra i rami. - Scendi! Scendi! - No, che non scendo! - diceva il gobbo pieno di paura - Voi m’ammazzate! - Scendi! Non t’ammazziamo. Il gobbo scese, le vecchine staccarono dall’albero la gobba di suo fratello e gliela appiccicarono davanti. - Ecco il castigo che ti meriti! Così il povero gobbo tornò a casa con due gobbe invece di una. Morale della storia: Non fare mai le cose che fanno gli altri se non si sa quello che si sta facendo! Altrimenti si rischia di ritrovarsi con due gobbe anziché una: una davanti e una dietro. 69 70 LA CODA DEL TOPO 71 Una volta c’era un vecchietto che aveva due soldi. Si comprò un soldo di pane e un soldo di latte; ma, avendo sentito suonare a messa, mise il bicchiere col latte sulla tavola insieme col pane e se ne andò. Tornando dopo non molto, vide un topo che si beveva il latte; s’avvicinò pian piano e gli strappò la coda. - Zio, zio, dammi la coda che sono promesso e mi devo maritare - disse il topo. - Dammi il latte - gli rispose il vecchio - e ti darò la coda. Il topo andò dalla pecorella. - Pecorella, dammi il latte; lo porterò allo zio vecchio e lo zio vecchio mi ridarà la coda. - Portami l’erba - gli rispose la pecorella. Il topo andò dal terreno: - Terreno, dammi l’erba; l’erba la porterò alla pecorella, la pecorella mi darà il latte, il latte lo porterò allo zio vecchio, e lo zio vecchio mi ridarà la mia coda. - Portami l’acqua - rispose il terreno. 72 Il topo si recò alla fontana. - Fontana, dammi l’acqua; l’acqua la porterò al terreno, il terreno mi darà l’erba, l’erba la porterò alla pecorella, la pecorella mi darà il latte, il latte lo porterò allo zio vecchio e lo zio vecchio mi ridarà la coda. - Fammi aggiustare che sono guasta - rispose la fontana - va’ a chiamare mastro Antonio. - Mastro Antonio, aggiustate la fontana; la fontana mi darà l’acqua, l’acqua la porterò al terreno, il terreno mi darà l’erba, l’erba la porterò alla pecorella, la pecorella mi darà il latte, il latte lo porterò allo zio vecchio e lo zio vecchio mi ridarà la coda. - Portami le uova che devo mangiare - rispose mastro Antonio. Il topo andò dalla gallina. - Gallinella, dammi le uova; le uova le porterò a mastro Antonio, mastro Antonio aggiusterà la fontana, la fontana mi darà l’acqua, l’acqua la porterò al terreno, il terreno mi darà l’erba, l’erba la porterò alla pecorella, la pecorella mi darà il latte, il latte lo porterò allo zio vecchio e lo zio vecchio mi ridarà la coda. - Portami la crusca - rispose la gallina. Il topo andò dal fornaio. - Fornaio, dammi la crusca; la crusca la porterò alla gallina, la gallina mi darà le uova, le uova le porterò a mastro Antonio, mastro Antonio aggiusterà la fontana, la fontana mi darà l’acqua, l’acqua la porterò al terreno, il terreno mi darà l’erba, l’erba la porterò alla pecorella, la pecorella mi darà il latte, il latte lo porterò allo zio vecchio e lo zio vecchio mi ridarà la coda. - Portami la legna per il forno - rispose il fornaio Il topo andò nel bosco dove c’era legna per tutti, prese un fascio di rami secchi e li portò al fornaio, il fornaio diede al topo la crusca che fu portata alla gallina, la gallina diede le uova a mastro Antonio, mastro Antonio aggiustò la fontana, la quale diede l’acqua, che fu portata al terreno, il terreno diede l’erba che fu portata alla pecorella, la pecorella diede il latte che fu portato allo zio vecchio e lo zio vecchio ridiede la coda al topo. 73 74 CONTE FILASTROCCHE 75 76 Sotto il ponte di Baracca Cecco velluto Sotto il ponte di Baracca c’è Gigin che fa la cacca la fa dura, dura, dura, e il dottore la misura, la misura è trentatré, a uscir fuori tocca a te! Cecco Velluto suonami l’imbuto suonamelo bene perché il mi’ babbo viene. Viene da Roma, ti porta una corona, d’oro e d’argento, che costa cinquecento. Cinquecento e cinquanta, la pecorina canta, canta il mio gallo, risponde la gallina. Madama Menichina, s’affaccia alla finestra, con tre ghirlande in testa. Passan tre fanti, con tre cavalli bianchi; bianca la sella, bianco il girasole, Gesù ci mandi il sole! Ambarabà ciccì coccò Ambarabà ciccì coccò, tre civette sul comò che facevano all’amore con la figlia del dottore, il dottore s’ammalò, ambarabà ciccì coccò. Unsi, dunsi, trinsi Unsi, dunsi, trinsi, quali qualinsi, meli melinsi, riffe, raffe e ceci. 77 Vedo la luna Cecco Rivolta Vedo la luna, vedo le stelle, vedo Caino che fa le frittelle; vedo una tavola apparecchiata, vedo Caino che fa una frittata! Vedo la luna, vedo le stelle, vedo Caino che fa le frittelle; vedo la luna, vedo il sole, vedo Caino che fa all’amore! C’era una volta Cecco Rivolta che mangiava i maccheroni, se la fece nei calzoni la su’ mamma lo picchiò, povero Cecco s’ammalò. Lo portarono all’ospedale povero Cecco stava male, lo portarono giù nell’orto povero Cecco era morto, lo portarono al camposanto povero Cecco ci stette tanto. La luna Prima finisci la cucitura Gobba a ponente luna crescente. Gobba a levante luna calante. Prima finisci la cucitura, tira lo spago nella costura, spalma la pece di qua e di là, picchia e ripicchia, la scarpa è qua. 78 Sant’Anna benedetta Il viso Sant’Anna benedetta, fammi sposare in fretta! E tu lo sai chi è, è proprio un bel biondino e tu lo sai chi è. Questo è l’occhio bello, questo è il su’ fratello, questa è la gotina, questa è la su’ sorellina, questa è la bazzina, questa è la bocchina, e questo è il campanellino! Dilindilindilin! Piazza, la bella piazza Piazza, bella piazza, ci passò una lepre pazza, il pollice la vide, l’indice l’acchiappò, il medio la cucinò, l’anulare la mangiò, e al più piccino non gliene toccò nemmeno un pezzettino. Le dita della mano Il pollice dice: - Non c’è più pane! L’indice dice: - Come faremo? Il medio dice: - Ne compreremo! L’anulare dice: - Ne ho ancora un pezzettino. Il mignolo dice: - Dallo a me che sono il più piccino. 79 Manomorta Mano morta, mano morta, picchia, picchia sulla bocca! Se la bocca piangerà, mano morta ‘un picchierà! Se la bocca riderà, mano morta picchierà! Mano morta, mano morta, picchia, picchia sulla bocca! I giorni della settimana Lunedì ha chiamato Martedì, l’ha mandato da Mercoledì, per sentire da Giovedì, se è vero che Venerdì, ha detto a Sabato, che Domenica è festa. Tanto sole il Lunedì, bianca neve il Martedì. Mercoledì si scende in piazza per sentir la storia pazza. Qui si ride il Giovedì, 80 non si piange il Venerdì. E di Sabato, vi avviso, c’è la festa del sorriso. La Domenica è baldoria perché inizia un’altra storia. Cecco Bilecco Cecco Bilecco monta sullo stecco, lo steccolo si rompe e Cecco va sul ponte, il ponte va in rovina e Cecco va in farina, la farina si staccia e Cecco si sculaccia. Domani è festa Impossibile - Domani è festa: si mangia la minestra. - La minestra non mi piace! - Si mangerà la brace. - La brace è troppo nera! - Si mangerà la pera. - La pera è troppo bianca! - Si mangerà la panca. - La panca è troppo dura! - S’andrà a letto addirittura! Disse Disse Disse Disse Chiocciola marinella Chiocciola, chiocciola marinella, tira fuori le cornicella! E se non le tirerai, calci e pugni toccherai. il sordo: - Sento un tordo! il cieco: - Io lo vedo! lo zoppo: - L’acchiapperemo! il muto: - Poi canteremo! Silenzio perfetto - Silenzio perfetto, che il diavolo è sotto il letto. - Silenzio perfetto, si mangia un confetto. - Chi fa una parola va fuori di scuola! Io voglio bene a nonna Io voglio bene a nonna. E tu non sai perché. Perché nonna ha fatto mamma. E mamma ha fatto me! 81 Gobbo rotondo Carnevale, ‘un te n’andare Gobbo rotondo, che fai in questo mondo? Fo quel che posso, col mi’ gobbino addosso; quando non ne posso più piglio il gobbo e lo butto giù. Carnevale, ‘un te n’andare, ché t’ho fatto un bel cappello; ogni punto un fegatello. Carnevale, ‘un te n’andare! Una volta c’era un re Lucciola, lucciola, vien da me, ti darò il pan del re; pan del re, della regina; lucciola, lucciola, vien vicina. Una volta c’era un re, che mangiava più di me; e mangiava pane e cacio; vogliam fare a tira naso? Tira, tira, tira. Lucciola, lucciola Piove e c’è il sole Piove e c’è il sole: la Madonna coglie un fiore, lo coglie per Gesù e domani ‘un piove più. 82 Volta la carta La donnina che semina il grano; volta la carta, si trova il villano; il villano che va per i campi; volta la carta, si trovano i lampi; i lampi che fanno spavento; volta la carta, si trova il convento; il convento co’ frati in preghiera; volta la carta, si trova la fiera; la fiera con burle e con lazzi; volta la carta, si trova i ragazzi; i ragazzi che van per la via; volta la carta, si trova Sofia; Sofia che cuce di lino; volta la carta, si trova Arlecchino; Arlecchino che fa lo sgambetto; volta la carta, si trova il galletto; il galletto che canta al mattino; volta la carta, si trova il mulino; il mulino che macina il grano; volta la carta, si trova il villano; il villano che zappa la terra; volta la carta, si trova la guerra; la guerra con tanti soldati; volta la carta, si trova i malati; i malati con tanto dolore; volta la carta, si trova il dottore; il dottore che cura la gente; volta la carta…’un si trova più niente. Staccia buratta Staccia buratta, gattino della gatta, la gatta va al mulino per fa’ uno schiacciatino, con l’olio, col sale, con la pipì del cane. Buttalo, buttalo in mare! 83 La Befana La Befana La befana vien di notte con le scarpe tutte rotte; se ne fa un altro paio con la penna e il calamaio. La befana ha rotto il gonnello dalla parte del sedere; per non farselo vedere sta seduta su un asinello. Befana, Befana, non mi bucare, ché ho mangiato pane e fave! Ho un corpo duro duro, che mi sona come un tamburo. Gentilissimi signori, la befana è qui venuta, tutti quanti vi saluta e vi viene a domandare… non vi chiede né un cappone, ma nemmeno una gallina; si contenta, poverina che le diate un po’ da bere. 84 Cavallino arrì arrò Cavallino arrì arrò, piglia la biada che ti do, prendi i ferri che ti metto per andare a San Francesco. San Francesco è sulla via che ti porta a casa mia. A casa mia c’è un altare con tre monache a pregare. Ce n’è una più vecchietta, Santa Barbara benedetta. Piove pioviccica Tramontana, non venire Piove pioviccica, la carta s’appiccica s’appiccica sul muro, suona il tamburo tamburo tamburello, apri l’ombrello ci stai sotto proprio tu e così non ti bagni più! Tramontana, non venire; ho venduto il mio cappotto; l’ho venduto per tre lire. Tramontana, non venire! Bolli, bolli pentolino Bolli, bolli pentolino, fa’ la pappa al mio bambino; la rimescola la mamma, mentre il bimbo fa la nanna; fa’ la nanna, gioia mia, o la pappa scappa via. Tre tazzine di caffè Tre tazzine di caffè me le bevo tutte e tre; tre e tre fa sei; sei e sei dodici, dodici e dodici ventiquattro uno, due, tre, quattro. Uno, due, tre, quattro… Uno, due, tre, quattro cinque, sei, sette, otto: pan biscotto e mortadella. 85 Trenta dì… Pimpirulin piangeva Trenta dì conta novembre con april, giugno e settembre; di ventotto ce n’è uno, tutti gli altri ne hann trentuno. Pimpirulin piangeva, voleva mezza mela, la mamma non l’aveva e Pimpirulin piangeva. A mezzanotte in punto passò un aeroplano e sotto c’era scritto: Pimpirulin sta’ zitto. A, bi, ci, A, bi, ci la mi’ gatta mi morì, mi morì sotto un pero la mi’ gatta ha il muso nero. Anghingò Anghingò tre galline e tre cappò per andare alla cappella c’era una ragazza bella col cappello alle ventitrè uno, due, tre. 86 Torquato Tasso Torquato Tasso andando a spasso picchiò in un sasso schizzò in un fosso si ruppe l’osso del dito grosso. Mosca, moschettina La novella dello stento O mosca, o moschettina, sei cieca poverina! Sei cieca, sei bendata e annaspi disperata. Chi dunque ti vuoi pigliare? La benda a chi vuoi dare? Ti tocco e non mi vedi, t’inganno e non mi credi … sei cieca, poverina o mosca, moschettina … - La novella dello stento, che dura tanto tempo, te l’ha a racconta’? - Sì. - O che si dice sì alla novella dello stento che dura tanto tempo. Te l’ha a racconta’? - No. - O che si dice no alla novella dello stento che dura tanto tempo. - Te l’ha a racconta’? Uccellin che passi il mare Uccellin che passi il mare quante penne puoi portare? Puoi portarne trentatrè uno, due, tre. Din don campanon Din don campanon quattro vecchie sul balcon: una che fila, una che taglia, una che fa cappelli di paglia, una che fa coltelli d’argento per tagliar la testa… al vento. 87 Angiolin bellin bellino Vieni, vien Gesù Bambino Angiolin bellin bellino, con quel capo ricciolino, con quegli occhi pien d’amore, Gesù mio, ti dono il cuore! Vieni, vien Gesù Bambino a posare il tuo capino sul guanciale del mio letto. Vieni, vieni che t’aspetto; vieni, vieni non tardare; senza te non posso stare. Maria lavava Maria lavava, Giuseppe stendeva, suo figlio piangeva dal freddo che aveva. - Sta’ zitto, mio figlio, che adesso ti piglio; del latte t’ho dato, del pane un ce n’è. La neve sui monti cadeva dal cielo, Maria col suo velo copriva Gesù. 88 Sei per otto Sei per otto quarantotto, vai in cucina e fai il risotto. Il risotto s’è bruciato, va’ a chiamà il curato. Il curato dice messa, va’ a chiamà la contessa. La contessa fa un casotto sei per otto quarantotto! Filastrocca della lana Filastrocca della lana la matassa si dipana. Il gomitolo si fa guai se il gatto lo vedrà! Verrà fuori un quarantotto ed il filo sarà rotto. Gioca e salta il bel gattino e il bambino gli è vicino. Casa mia Casa mia, casa mia, per piccina che tu sia, tu mi sembri una badia. 89 90 NINNE NANNE 91 92 Ninna nanna, la malcontenta Ninna nanna, la malcontenta, babbo gode e mamma stenta! Babbo va all’osteria, mamma tribola tuttavia; babbo mangia il baccalà, mamma tribola a tutt’andà; babbo mangia li fagioli, mamma tribola co’ figlioli; babbo mangia le polpette, mamma fa delle crocette. Stella stellina Stella, stellina! La notte s’avvicina; la fiamma traballa; la mucca è nella stalla; la mucca col vitello; la pecora e l’agnello; la chioccia coi pulcini; la gatta coi gattini; ognuno ha il suo bambino; ognuno ha la sua mamma! E tutti fan la nanna. Fai la ninna, fai la nanna Fai la ninna, fai la nanna, il bambino gli è di mamma, gli è di mamma e della nonna, di Gesù e della Madonna, della mamma e della zia, di Gesù e di Maria. Nanna ieri Nanna ieri, nanna ieri, e le sporte ‘un son panieri, e i panieri ‘un son le sporte, e la vita ‘un è la morte, e la morte ‘un è la vita, e la canzone è già finita! 93 Fai la nanna, diciotto e venti Fai la nanna, diciotto e venti, il mio bimbo mette i denti, e ne mette una dozzina, tra stasera e domattina. Fai la nanna, diciotto e dua il mio bimbo ha tanta bua; ha la bua e guarirà, la Madonna l’aiuterà. Bolli, bolli pentolino Bolli, bolli, pentolino, fai la nanna, bel bambino, fai la ninna, fai la nanna, bimbo d’oro della mamma! Hai le gote tonde tonde, la tua mamma ti nasconde, ti nasconde dentro il letto, finché il gatto sta sul tetto. Fai la nanna nel lettino, 94 mentre bolle il pentolino. Quando poi ti sveglierai, tante chicche troverai. O pecorina dal candido vello O pecorina dal candido vello, ti toserò senza farti del male, il mio bambino vuole un bel mantello, ti ricompenserò con pane e sale. O falcetto sperduto su nel cielo, di stelle fammi un bel mazzolino, lo metto a capo a letto al mio bambino, ché senza quello lui non può dormire. O bimbo che riposi nella zana, anche se giri ogni terra lontana, anche se giri ogni terra lontana, più d’una mamma al mondo ‘un pòi trovare. Fate la nanna, coscine di pollo Ninna oh, ninna oh! Fate la nanna, coscine di pollo; la vostra mamma v’ha fatto il gonnello, e ve l’ha fatto con lo smerlo intorno fate la nanna, coscine di pollo. Ninna oh, ninna oh, questo bimbo a chi lo do? Lo darò alla befana che lo tiene una settimana. Lo darò all’omo nero che lo tiene un anno intero Lo darò alla su’ mamma che lo culla per fa’ la nanna. Ninna nanna, ninna nanna il bambino è della mamma della mamma e di Gesù il bambino non piange più. Fate la nanna e possiate dormire; il letto è fatto di tutte viole, e le coperte di panno sottile fate la nanna begli occhi di sole. Ninna nanna, ninna nanna il bambino è della mamma della mamma e di Gesù il bambino non piange più. Fa’ la ninna Fa’ la ninna, fa’ la nanna, piccinino della mamma; fa’ la nanna, fa’ un bel sonno, poverino, n’hai bisogno. Hai bisogno di dormire, poverino, ‘un lo sai dire. Nanna oh! nanna oh! E il mio bimbo s’addormentò. 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 Indice Presentazione di Isa Vanni 5 Radici e Frutti di Silvia Pagnin 7 Voci della Toscana di Cristina Picchi 9 Scioglilingua - Botta e Risposta - Indovinelli 27 Canzoncine - Canti - Giochi Farfallina Girotondo Maria Giulia La bella lavanderina Ballate, ballate, vergini Madama pollaiola Io son contadinella Al tempo delle ciliegie Il grillo e la formica La bella Conturbana Alla fiera di Mastr’Andrè Verrà quel dì di lune La cornacchia del Canadà La pesca dell’anello Susanna si fa i ricci Il gioco dei bottoni Il gioco dei tappini 11 Proverbi - Modi di dire Animali Tempo Tempo prezioso Stagioni Paesi toscani Lavoro Povertà Le donne - La famiglia Cibo Frodi scoperte Prudenza Sapersi accontentare Mancanze False apparenze Morte Vizi Compagnia: buona o cattiva 33 Il gioco delle noccioline Il gioco delle figurine di calcio 115 Amicizia Proverbi… in libertà - Modi di dire Fiabe Popolari Petuzzino La capra ferrata La ricottina Ciuchino bello La bella e la brutta La bambina di pane Pollicino I due gobbi La coda del topo 43 Conte - Filastrocche Sotto il ponte di Baracca Ambarabà ciccì coccò Unsi, dunsi, trinsi Cecco velluto Vedo la luna La luna Cecco Rivolta Prima finisci la cucitura Sant’Anna benedetta Piazza, la bella piazza Il viso Le dita della mano 75 116 Manomorta I giorni della settimana Cecco Bilecco Domani è festa Chiocciola marinella Impossibile Silenzio perfetto Io voglio bene a nonna Gobbo rotondo Una volta c’era un re Carnevale, ‘un te n’andare Lucciola, lucciola Piove e c’è il sole Volta la carta Staccia buratta La Befana La Befana Cavallino arrì arrò Piove pioviccica Bolli, bolli pentolino Tramontana, non venire Tre tazzine di caffè Uno, due, tre, quattro… Trenta dì… A, bi, ci, Anghingò Pimpirulin piangeva Torquato Tasso Mosca, moschettina Uccellin che passi il mare La novella dello stento Din don campanon Angiolin bellin bellino Maria lavava Vieni, vien Gesù Bambino Sei per otto Filastrocca della lana Casa mia Ninne Nanne Ninna nanna, la malcontenta Stella stellina Fai la ninna, fai la nanna Nanna ieri Fai la nanna, diciotto e venti Bolli, bolli pentolino O pecorina dal candido vello Fate la nanna, coscine di pollo Ninna oh, ninna oh! Fa’ la ninna 91 Disegni a colori 97 117 118 Finito di stampare nella Tipografia De Rose (Cosenza) Maggio 2014 119 120