Ambarabà - Comune di Castelfranco di Sotto

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Ambarabà - Comune di Castelfranco di Sotto
Un territorio conserva la sua identità se riesce a non perdere il contatto con le sue radici linguistiche, con una tradizione,
spesso orale, di racconti, ninne-nanne, filastrocche, fiabe, modi di dire. Un patrimonio di parole che sono suoni, colori,
immagini depositate nella memoria delle generazioni passate e che danno vita ad un’eredità da tramandare a quelle
più giovani.
Ambarabà
Ciccì Coccò
La magia
della
tradizione
COMUNE DI
CASTELFRANCO DI SOTTO
ISTITUTO COMPRENSIVO “LEONARDO DA VINCI”
CASTELFRANCO DI SOTTO
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Ambarabà Ciccì Coccò
La magia della tradizione
A cura di Isa Vanni, Assessore alla Cultura e Pubblica Istruzione del Comune di Castelfranco di Sotto
Coordinamento editoriale
Beatrice Chimenti
Annalisa Becherini
Simonetta Melani
Coordinamento amministrativo
Cristina Canovai
Testi e immagini
I testi sono stati raccolti dai bambini della Scuola Primaria e Secondaria di Primo Grado dell’Istituto Comprensivo
“Leonardo da Vinci” di Castelfranco di Sotto.
I disegni sono stati eseguiti dai bambini della Scuola dell’Infanzia e della Scuola Primaria dell’Istituto Comprensivo
“Leonardo da Vinci” di Castelfranco di Sotto.
Fonti di riferimento per alcuni testi
R. Goitre, E. Seritti, Canti per giocare, Edizioni Suvini Zerboni, Milano, 1980.
M. Giusti, Lo Scacciapensieri, Edizioni La Cittadella Cursi, Pisa, 1957.
Ringraziamenti
Un particolare ringraziamento ai docenti, ai ragazzi dell’Istituto Comprensivo “L. da Vinci”, alle loro famiglie, ad alcuni
cari amici castelfranchesi cultori della memoria, per l’impegno e l’entusiasmo profusi nella ricerca dei materiali.
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Ambarabà Ciccì Coccò
La magia della tradizione
a cura di Isa Vanni
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Presentazione
Rime, suoni, ritmi, magiche parole: una divertente ed interessante raccolta di canzoncine,
filastrocche, ninne nanne, proverbi, scioglilingua, fiabe rappresentanti un patrimonio letterario popolare che racchiude il mondo affascinante della memoria collettiva.
La cultura tradizionale, in quanto elemento
di identità e di appartenenza alla comunità, riveste una considerevole importanza per la comprensione dell’animo popolare che, nell’esprimersi attraverso storie, giochi, canti, rituali, manifesta conoscenze, credenze, fantasie, norme,
simboli e significati tramandati oralmente di
generazione in generazione.
Si scoprono, così, pezzi importanti della
tradizione toscana che hanno mantenuto nel
tempo la loro funzione e che ci permettono
di instaurare con le generazioni depositarie di
questi valori un incontro costruttivo.
Le filastrocche, le conte, le ninne nanne, i
canti: giochi verbali, motori, ritmici, spesso manipolativi si rivelano importanti strumenti didattici capaci di stimolare la creatività, di sviluppare la fantasia insieme con le abilità linguistiche
e mnemoniche, di contribuire ad interiorizzare
concetti.
Ricche di saggezza, portano con sé le memorie di gesti e affetti che si sono ripetuti nel
tempo, facilitano l’interazione tra i bambini e
gli adulti, diventando importanti mezzi di comunicazione, di espressione, di emozioni condivise e aggreganti.
I proverbi raccontano. Nascono dall’esperienza, dall’osservazione delle cose; e dell’esperienza contengono ricchezza e profondità.
Rappresentano la saggezza popolare, intrisa di
sentimenti religiosi, civili, sociali, morali: una
saggezza antica, ma sempre attuale. Non sono
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mai volgari, anche se a volte usano sostantivi
o verbi gergali al fine di rendere più efficaci i
messaggi che intendono trasmettere.
Ed infine le fiabe, narrazioni popolari che,
attraverso un linguaggio semplice, esprimono
contenuti legati ai ricorrenti temi della vita:
la paura e l’angoscia della solitudine, dell’abbandono, la gioia del ritrovarsi nella famiglia
che protegge, il coraggio, la generosità, l’astuzia, l’invidia, la ricchezza, la povertà. Le fiabe,
raccontate dai nostri nonni attorno al focolare,
nelle aie o nelle stalle, dischiudono ai piccoli,
e non solo, la multiforme realtà della vita. Utilizzando immagini e situazioni dell’esperienza
quotidiana, si raccontavano ai bambini per divertirli ma anche per trasmettere loro messaggi
che potessero aiutarli a crescere e a capire la
complessità del mondo.
Fermamente convinta che l’esperienza di
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ciascun uomo non debba essere sprecata, ma
conservata per essere consegnata alle generazioni future, ringrazio vivamente i docenti, i ragazzi dell’Istituto Comprensivo e le loro famiglie, che hanno accolto con entusiasmo, in occasione della Festa della Toscana, la proposta
dell’Amministrazione Comunale di impegnarsi
nella ricerca di questo materiale prezioso che
permette a tutti noi di rivisitare un mondo ricco
di memorie, di ricordi, di valori che ci appartengono profondamente.
La realizzazione tipografica di questo lavoro si avvale del contributo della Regione Toscana, sempre attenta e disponibile a sostenere
iniziative atte a promuovere la valorizzazione
del territorio.
Isa Vanni
Assessore alla Cultura e Pubblica Istruzione
del Comune di Castelfranco di Sotto
Radici e Frutti
Un territorio conserva la sua identità se
riesce a non perdere il contatto con le sue
radici linguistiche, con una tradizione, spesso
orale, di racconti, ninne-nanne, filastrocche,
fiabe, modi di dire. Un patrimonio di parole
che sono suoni, colori, immagini depositate
nella memoria delle generazioni passate e che
danno vita ad un’eredità da tramandare a quelle
più giovani.
Per questo il percorso di ricerca realizzato
dall’Istituto Comprensivo “Leonardo da Vinci”
di Castelfranco di Sotto ha un grande valore
culturale, e non solo per la nostra provincia. In
un momento storico in cui chiediamo ai nostri
ragazzi di aprirsi al mondo, di guardare a un
nuovo sentimento di cittadinanza europea, il
contatto con la tradizione linguistica e letteraria
locale, popolare, è un modo per arrivare più
consapevoli di noi stessi e scevri da paure
pregiudiziali all’incontro con culture altre che,
sempre più, il presente ci chiede.
Recuperare la parole dei nonni vuol dire
saper guardare con più attenzione al futuro;
mettersi in ascolto della cosiddetta “saggezza
popolare” vuol dire misurare le nostre azioni e
lo scorrere del tempo in modo nuovo.
Sentirsi parte di una tradizione permette di
non farsi schiacciare dal presente: i giochi, i
proverbi e i racconti qui raccolti provengono
da un mondo ancora capace di affascinarci e
farci sentire parte di una lingua, di un territorio,
di una comunità.
Silvia Pagnin
Assessore alla Cultura
della Provincia di Pisa
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Voci della Toscana
L’insegnamento e la valorizzazione della
storia, della letteratura, del patrimonio culturale toscano fanno parte della nostra cultura di
base e sono lo scrigno di valori di cui devono riappropriarsi gli alunni per implementare il
proprio bagaglio di conoscenze al fine di strutturare armonicamente lo sviluppo della propria
personalità.
Il presente elaborato nasce dallo studio,
dalla conoscenza profonda, dalla comprensione vera del rapporto tra storia, lingua e cultura,
e ha stimolato nelle nostre scuole un impegno
didattico entusiasmante e serio. L’obiettivo primario è stato quello di accostare le nuove generazioni a quel mondo semplice del nostro
passato di sana saggezza popolare, per recuperare la memoria e conoscere le origini culturali
della nostra storia, della civiltà e della nostra
lingua.
Il progetto didattico è stato finalizzato al
recupero del patrimonio storico linguistico del
paese toscano, allo studio delle tradizioni ed
è confluito nella raccolta di fiabe, filastrocche,
indovinelli, giochi, canzoni, proverbi e detti del
nostro popolo. La valorizzazione e la promozione della storia e del patrimonio linguistico
toscano, oggi in un’ottica interculturale, fanno
parte, infatti, del profilo educativo culturale e
professionale di ogni allievo.
I percorsi di insegnamento-apprendimento svolti in ogni plesso dell’Istituto Comprensivo, dalla Scuola dell’Infanzia, alla Primaria e
Secondaria di Primo Grado hanno mirato allo
studio della propria storia per ricercare, grazie
ad un’acquisita consapevolezza dell’identità regionale, un nuovo modo di conoscere la realtà di ieri e di oggi. Attraverso specifiche unità
didattiche è stato possibile recuperare poesie,
canti, racconti, proverbi, indovinelli, che hanno mostrato la ricchezza di vita del popolo del
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nostro Comune di appartenenza, i costumi, gli
ideali.
Ogni azione educativa ha permesso di fare
memoria delle nostre radici, di capire chi siamo,
a chi apparteniamo, di recuperare quella speranza, quella sicurezza necessarie per educare i
nostri ragazzi e costruire un mondo migliore.
Nell’esprimere il pieno apprezzamento per
la qualità del lavoro ai docenti e agli alunni
dell’Istituto Comprensivo “Leonardo da Vinci” di
Castelfranco di Sotto, si ringraziano fortemente
tutte le Istituzioni coinvolte nella realizzazione
del volume. Un ringraziamento particolare va
all’Assessorato alla Pubblica Istruzione di Castelfranco di Sotto per l’attenzione, la sensibilità
e l’impegno testimoniato da sempre sul fronte
della Scuola, sentita come risorsa viva del territorio, da valorizzare per le opportunità di crescita e di sviluppo sociale di cui è espressione.
Cristina Picchi
Vicepreside Istituto Comprensivo
“L. da Vinci” di Castelfranco di Sotto
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CANZONCINE
CANTI
GIOCHI
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Farfallina
Maria Giulia
Farfallina bella bianca
vola, vola e mai si stanca;
vola di qua, vola di là,
e poi si posa sopra un fiore
e poi si posa sopra un fiore
e poi si posa sopra un fior!
Ecco, ecco, l’ho trovata
tutta bianca e ben formata,
vola di qua, vola di là,
e poi si posa sopra un fiore
e poi si posa sopra un fiore
e poi si posa sopra un fior!
O Maria Giulia,
di dove sei venuta?
Alza gli occhi al cielo!
Fa’ un salto!
Fanne un altro!
Fa’ la riverenza!
Fa’ la penitenza!
Guarda in su, guarda in giù,
da’ un bacio a chi vuoi tu!
Girotondo
Giro girotondo!
Il pane è cotto in forno,
un mazzo di viole
le dono a chi le vuole:
le vuole la Sandrina
caschi in terra la più piccina!
La bella lavanderina
La bella lavanderina
che lava i fazzoletti
per i poveretti
della città.
Fai un salto,
fanne un altro,
fai la riverenza,
fai la penitenza,
guarda in su,
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guarda in giù,
dai un bacio a chi vuoi tu!
Ballate, ballate, vergini
Ballate, ballate, vergini,
che l’angeli ci sòna,
ballate, ballate, vergini,
che l’angeli sonerà.
Se Paola si rivoltasse
e l’angelo la baciasse
pieno di rose e fior,
cara miseria, rivoltati un po’!
Madama pollaiola
- O madama pollaiola,
quanti polli hai nel pollaio?
- Quanti n’ho e quanti n’avevo,
tutti in camera me li tenevo.
- Dammene uno pel mio vantaggio,
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quando passo son sempre sola.
- Scegli, scegli quel che ti pare,
ma il più bello lascialo stare.
- Il più bello che ci sia,
me lo voglio portar…via!
Io son contadinella
Io son contadinella
alla campagna bella.
Se fossi una regina,
sarei incoronata,
ma son contadinella,
mi tocca lavorar.
E cinquecento cavalieri
con la testa insanguinata,
con la spada rovinata,
indovina che cos’è!
E sono e sono le ciliegie,
e sono e sono le ciliegie,
e sono e sono le ciliegie,
che maturan nel giardin.
E tira e molla e molla e tira,
e tira e molla e molla e tira,
e tira e molla e molla e tira,
e tira e molla e lascia andar!
Al tempo delle ciliegie
Quand’è il tempo delle ciliegie,
le villanelle, le villanelle,
le vanno a cogliere col panierino
e questo è il frutto del mio giardino.
La sottana fa campana,
le scarpine a punta a punta,
a ballare si fa così!
Il grillo e la formica
C’era un grillo in un campo di lino,
la formicuzza gliene chiese un filino.
Larizunferarillallera, larizunferarillallà.
Disse lo grillo: - Che cosa ne vuoi fare?
- Calze e camicie, mi voglio maritare.
Larizun…
Disse lo grillo: - Lo sposo sarò io!
La formicuzza: - Sono contenta anch’io!
Larizun…
Era fissato il giorno delle nozze,
due fichi secchi e due castagne cotte.
Larizun…
Erano in chiesa per mettersi l’anello,
cadde lo grillo e si ruppe il cervello.
Larizun…
La formicuzza andò di là dal mare,
cercar l’unguento pel grillo medicare.
Larizun…
Quando fu giunta là, vicino al mare,
venne la nuova che il grillo stava male.
Larizun…
Quando fu giunta là, vicino al porto,
venne la nuova che il grillo era morto.
Larizun…
La formicuzza andò sul bastimento,
pel grillo morto fe’ questo lamento:
Larizun…
- Povero grillo! Avea sì bel bocchino,
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gli stava bene in bocca il sigarino.
Larizun…
Povero grillo! Avea sì bella gamba,
gli stava bene la calza rossa e gialla.
Larizun…
Povero grillo! Avea sì bel piedino,
gli stava bene in pié lo stivalino.
Larizun…
Suonan le nove e, di là dal prato,
si sente dire che lo grillo è sotterrato.
Larizun…
La formicuzza dal grande dolore
prese le zampe, se le ficcò nel cuore.
Larizun…
Suona il tocco, nel campo di riso
si sente dire che lo grillo è in paradiso.
Larizun…
Quattro grillini, vestiti di nero,
portan lo grillo fino al cimitero.
Larizun…
Quattro formiche, vestito di bianco,
portan la formica fino al camposanto.
Larizun…
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La bella Conturbana
Come domine Betta fece
a marità le tre figliole?
Le maritò tutte in un mese!
Come domine Betta fece?
Alla prima le diede un conte,
a quell’altra le dié un marchese
e la bella Conturbana
il Re di Francia se la prese.
Alla prima le dié tovaglie,
a quell’altra tovaglioli,
alla bella Conturbana
cento paia di lenzuoli.
Alla prima le dié dugento,
a quell’altra quattrocento,
alla bella Conturbana
quattrocento e la collana.
- O madre mia che fate,
date più a lei minore
e di più le regalate
che non tocca a me maggiore!
- Sta zittina, Groliatte mia,
anche a te io li darò;
ma la bella Conturbana
no, mai più la rivedrò!
Alla fiera di Mastr’Andrè
Alla fiera di Mastr’André
oggi ho comprato un campanello.
Dindindin fa il campanello.
Alla miré, alla miré,
alla fiera di Mastr’André.
Alla fiera di Mastr’André
oggi ho comprato un tamburello.
Tuntuntun fa il tamburello,
dindindin fa il campanello.
Alla miré, alla miré,
alla fiera di Mastr’André.
Alla fiera di Mastr’André
oggi ho comprato una trombetta.
Pe-re-pè fa la trombetta
tuntuntun fa il tamburello,
dindindin fa il campanello.
Alla miré, alla miré,
alla fiera di Mastr’André.
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Alla fiera di Mastr’André
oggi ho comprato una chitarra.
Plemplemplem fa la chitarra,
pe-re-pè fa la trombetta
tuntuntun fa il tamburello,
dindindin fa il campanello.
Alla miré, alla miré,
alla fiera di Mastr’André.
Alla fiera di Mastr’André
oggi ho comprato un violino.
Zirunziru fa il violino,
plemplemplem fa la chitarra,
pe-re-pè fa la trombetta
tuntuntun fa il tamburello,
dindindin fa il campanello.
Alla miré, alla miré,
alla fiera di Mastr’André.
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Verrà quel dì di lune
Verrà quel dì di lune,
al mercà a comprà la fune.
Lune la fune
e figli non avrò,
e la Rosina bella sul mercà,
e la Rosina bella sul mercà.
Verrà quel dì di marte,
al mercà a comprà le scarpe.
Marte le scarpe, lune la fune,
e figli non avrò,
e la Rosina bella sul mercà,
e la Rosina bella sul mercà.
Verrà quel dì di mercole,
al mercà a comprà le nespole.
Mercole le nespole,
marte le scarpe, lune la fune,
e figli non avrò,
e la Rosina bella sul mercà,
e la Rosina bella sul mercà.
Verrà quel dì di giove,
al mercà a comprà le ove.
Giove le ove, mercole le nespole,
marte le scarpe, lune la fune,
e figli non avrò,
e la Rosina bella sul mercà,
e la Rosina bella sul mercà.
Verrà quel dì di venere,
al mercà a comprà la cenere.
Venere la cenere,
giove le ove, mercole le nespole,
marte le scarpe, lune la fune,
e figli non avrò,
e la Rosina bella sul mercà,
e la Rosina bella sul mercà.
Verrà quel dì di sabato,
al mercà a comprà il soprabito.
Sabato il soprabito, venere la cenere,
giove le ove, mercole le nespole,
marte le scarpe, lune la fune,
e figli non avrò,
e la Rosina bella sul mercà,
e la Rosina bella sul mercà.
Verrà quel dì di festa,
al mercà a comprà la vesta.
Festa la vesta,
sabato il soprabito, venere la cenere,
giove le ove, mercole le nespole,
marte le scarpe, lune la fune,
e figli non avrò,
e la Rosina bella sul mercà,
e la Rosina bella sul mercà.
La cornacchia del Canadà
C’era una volta un corvo innamorato da far pietà
d’una cornacchia bella che viveva nel Canadà,
ma la cornacchia bella se ne ridea di quell’amor
perché era innamorata di Cecchino, il cacciator.
Oh, bella, bella, bella, la storiella del cacciator
che si mette a fa’ all’amore con la cornacchia del Canadà!
Oh, bella, bella, bella, ragazzini venite qua,
vi canterò la storia della cornacchia del Canadà
Un giorno la cornacchia se ne stava sopra un pino
e il corvo giù da basso le strizzava l’occhiolino,
ma la cornacchia bella se ne ridea di quell’amor
perché era innamorata di Cecchino il cacciator.
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Oh, bella, bella, bella la storiella del cacciator
che si mette a fa’ all’amore con la cornacchia del Canadà!
Oh, bella, bella, bella, ragazzini venite qua,
vi canterò la storia della cornacchia del Canadà.
Il dì del matrimonio era bell’e combinato,
e la cornacchia bella svolazzava sopra un
prato,
e con un cavallino il bel Cecchino di là passò
per il corvo la scambiò e con un colpo
l’ammazzò.
Oh, bella , bella, bella la storiella del cacciator
che si mette a fa’ all’amore con la cornacchia del Canadà!
Oh, bella, bella, bella, ragazzini venite qua,
vi canterò la storia della cornacchia del Canadà.
La pesca dell’anello
C’erano tre sorelle
bianca di rose, rose di fior,
c’erano tre sorelle
sulla riva del mar.
La più bella di quelle,
bianca di rose, rose di fior,
la più bella di quelle
in barca volle andare
E quando fu in barca
bianca di rose, rose di fior,
e quando fu in barca,
l’anello le cascò.
Alzando gli occhi al cielo,
bianca di rose, rose di fior,
alzando gli occhi al cielo,
lei vide un pescator.
- O pescator dell’onde,
bianca di rose, rose di fior,
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o pescator dell’onde
vieni a pescare più in qua.
Ripescami l’anello,
bianca di rose, rose di fior,
ripescami l’anello
che mi è caduto in mar’.
- Quando l’avrò pescato
bianca di rose, rose di fior,
quando l’avrò pescato,
cosa mi donerai?
- Cento zecchini d’oro,
bianca di rose, rose di fior,
cento zecchini d’oro
in borsa ricamà.
- Non vo’ cento zecchini,
bianca di rose, rose di fior,
non vo’ cento zecchini,
voglio un bacin d’amor!
Susanna si fa i ricci
Susanna si fa i ricci,
i ricci, i ricci,
Susanna si fa i ricci,
i ricci per ballar.
Ma quando fu al ballo
nessuno, nessuno,
ma quando fu al ballo
nessuno la invitò.
Soltanto un principino
sciocchino, sciocchino,
soltanto un principino
sciocchino la invitò.
Al primo ballo
un fiore, un fiore
al primo ballo
un fiore le donò.
Al secondo ballo
una rosa, una rosa
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al secondo ballo
una rosa le donò.
alla seconda legnata,
due denti le cascò.
Al terzo ballo
un bacio, un bacio
al terzo ballo
un bacio le donò.
Alla terza legnata
tre denti, tre denti,
alla terza legnata
tre denti le cascò.
La mamma alla finestra:
- Susanna, Susanna!
La mamma alla finestra:
- Susanna! - la chiamò.
E quando tornò a casa
legnate, legnate,
e quando tornò a casa
legnate lei pigliò.
Alla prima legnata
un dente, un dente,
alla prima legnata
un dente le cascò.
Alla seconda legnata
due denti, due denti,
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Alla quarta legnata
tutti i denti, tutti i denti,
alla quarta legnata
tutti i denti le cascò.
-
Susanna, come ti senti?
Male di denti, male di denti.
Susanna, come ti senti?
Male di denti, in verità.
- Presto, presto, chiama il dottore
oh, che dolore, oh, che dolore,
presto, presto chiama il dottore
oh, che dolore in verità!
Ecco il dottore che gira la piazza
mamma son pazza, mamma son pazza,
ecco il dottore che gira la piazza,
mamma, son pazza in verità!
Ecco Pierino che porta l’anello,
mamma che bello, mamma che bello,
Ecco Pierino che porta l’anello
mamma che bello in verità!
Ecco il dottore che sale le scale,
mamma sto male, mamma sto male,
ecco il dottore che sale le scale,
mamma, sto male in verità!
Ecco Pierino che porta una rosa
mamma, son sposa, mamma, son sposa.
Ecco Pierino che porta una rosa
mamma son sposa in verità!
Ecco il dottore che bussa alla porta,
mamma son morta, mamma son morta,
ecco il dottore che bussa alla porta
mamma son morta in verità!
E dopo tre mesi
Susanna, Susanna
e dopo tre mesi
Susanna si sposò.
Il babbo dalle risate
la pancia, la pancia,
il babbo dalle risate
la pancia gli scoppiò: Bum!
Ecco il dottore che dà la puntura,
mamma ho paura, mamma ho paura,
ecco il dottore che dà la puntura
mamma, ho paura in verità!
Ecco Pierino che porta le mele
mamma sto bene, mamma sto bene,
ecco Pierino che porta le mele
mamma sto bene in verità!
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Il gioco dei bottoni
Il gioco dei tappini
Mia nonna, invece di andare a scuola, andava
sotto il ponte con altri suoi amici e giocavano
al gioco del bottone.
Le regole sono queste:
Nonna mi ha raccontato che quando lei era
piccola andava con i suoi amici tra i campi a
giocare e facevano tanti giochi, tra cui anche il
gioco dei tappini, il gioco che a lei piaceva di
più.
Si giocava così.
Prima di tutto si scriveva il nome di un ciclista
sul tappino.
Poi si disegnava sul terreno una pista, come
quella delle biglie, con arrivo e traguardo finale.
Si iniziava a giocare.
Si davano dei colpetti con le dita ai propri
tappini, uno a uno.
Vinceva la gara il tappino/ciclista che arrivava
primo.
1. si prendevano dei bottoni (li staccava
dal grembiule)
2. si tiravano uno a uno sul muro facendoli
rimbalzare
3. il giocatore che faceva rimbalzare il
bottone più vicino al muro, vinceva tutti
i bottoni.
Quando nonna tornava a casa, ne toccava
dalla mia bisnonna perché aveva perso tutti i
bottoni e perché non era andata a scuola.
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Il gioco delle noccioline
Il gioco delle figurine di calcio
Il gioco delle nocciole consisteva nel lanciare
delle noccioline dentro una buca.
Chi riusciva a buttarne di più, vinceva le
noccioline.
Questo gioco si poteva fare anche a gruppi
e il gruppo che vinceva si divideva tutte le
noccioline.
Questo era uno dei giochi che faceva mia
nonna da piccola.
Questo gioco lo faceva mio nonno quando
aveva la mia età.
Lui e i suoi amici mettevano delle figurine
di calcio a terra e uno alla volta soffiavano
addosso alle figurine: se la figurina si girava
verso di te la vincevi, altrimenti non la vincevi.
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SCIOGLILINGUA
BOTTA E RISPOSTA
INDOVINELLI
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Fiasco, lisca, mosca, pèsca e scala.
- Sgomitola il gomitolo
ch’è là aggomitolato.
- Sgomitoli il gomitolo
chi l’ha aggomitolato!
Pezzo, pazzo, pizzo, pozzo, puzzo,
puzzo, pozzo, pizzo, pazzo, pezzo.
Pisa pesa il pepe al Papa,
il Papa pesa il pepe a Pisa.
Trentatré trentini
entrarono a Trento
tutti e trentatré
trotterellando.
Tre tozzi di pan secco
in tre strettissime tasche stanno.
Apelle, figlio d’Apollo,
fece una palla di pelle di pollo;
tutti i pesci venivano a galla
per vedere la palla di pelle di pollo
fatta d’Apelle, figlio d’Apollo.
Porta aperta per chi porta;
chi non porta,
parta pur, ché non importa
aprir la porta.
Tre once di lana nera
e tre di nera lana.
Cuoricino mio, svetriolatitolatici!
Cuoricino mio, non ti svetriolatitolaticiare!
Se l’Arcivescovo di Costantinopoli
si disarcivescoviscostantinopolizzasse,
vi disarcivescoviscostantinopolizzereste voi
come si è disarcivescoviscostantinopolizzato lui?
Sereno è,
sereno sarà,
se non è sereno,
si rasserenerà.
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Sopra la panca la capra campa,
sotto la panca la capra crepa.
- Cosa fa un ciuco al sole?
- L’ombra.
Schicchiribicchieri.
- Qual è la cosa più veloce?
- Il pensiero.
Tito, te tu m’hai ritinto il tetto,
ma un’ te ne intendi mi’a tanto di tetti ritinti.
- Che cosa fa il gallo appena si sveglia?
- Apre gli occhi.
Lievito, lievitati.
Avevo un fazzoletto da ritagliare e smerlettare;
lo portai dalla smerlettatrice di fazzoletti,
la smellettatrice di fazzoletti non c’era,
così me lo ritagliai e smerlettai da me;
lo ritagliai e smerlettai meglio della
smerlettarice di fazzoletti.
Tre tigri contro tre tigri.
-
Perché
Perché
Qual è
Quello
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il cane mangia gli ossi?
la carne la mangia il padrone.
il vino migliore?
che si beve in casa d’altri.
- Cosa fa un gatto nell’acqua?
- Si bagna.
1. C’è una fila di fratini,
tutti bianchi e piccolini,
stanno sempre a chiacchierare,
o a ridere e mangiare.
2. Rotolin che rotolava
senza gambe camminava.
senza sedia si sedeva,
come diamine faceva?
3. Due lucenti, due pungenti,
quattro zoccoli e una scopa.
4. Qual è quella cosa
Che va giù ridendo
E torna su piangendo?
5. Ve lo dico, e ve l’ò detto,
ve lo torno a dir di nuovo,
e se voi non capirete,
testa d’asino sarete.
6. Non son penna, eppure scrivo
sopra un foglio tutto nero.
Spiega tu il gran mistero.
7. Mezzo pepe,
mezzo refe,
mezzo topo,
mezza lana:
è un paese di Toscana.
8. Indovina, indovinello:
chi fa l’uovo nel corbello?
9. Qual è quella cosa che più è calda più è
fresca?
10. Non è cervo e non è bove,
ma le corna porta in testa.
Ha la casa ognor con sé,
indovina che cos’è.
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11. C’è una vecchiaccia
a una finestraccia,
le tentenna un dente
e chiama tutta la gente.
12. Nasce con le corna,
campa senza corna,
muore con le corna.
14. Verde di fuori
rosso di dentro
con tutte le monachine
a seder dentro.
15. Rossa, rossetta
in tavola fu messa,
in tavola fu mangiata
e la coda le fu strappata.
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Soluzioni agli indovinelli:
1. I denti
2. Il gomitolo
3. Il bove
4. Il secchio che scende nel pozzo
5. Il velo
6. Il gesso
7. Peretola
8. La gallina
9. Il pane
10. La chiocciola
11. La campana
12. La luna
13. La lingua
14. Il cocomero
15. La ciliegia
13. Sto sempre in casa e son coperta tutta,
sono sempre bagnata e mai asciutta.
PROVERBI
MODI DI DIRE
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34
Animali
Tempo
Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo
zampino.
La bodda che non chiese non ebbe coda.
Gallina vecchia fa buon brodo.
Al tordo ingordo gli scoppiò il gozzo.
Quando il gatto ‘un c’è, i topi ballano.
In bocca chiusa non entran mosche.
Chi pecora si fa, lupo la mangia.
Chi gallina nasce, convien che razzoli.
Del maiale ‘un si butta via gnente!
Con quelle gambe così secche, sembri un
merlo sul vangato!
‘Ndo c’è il miele c’è le mosche.
Can che abbaia non morde.
Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.
La gatta frettolosa fece i gattini cèi.
Anche le mosche c’hanno la tosse.
Qui, gatta ci cova!
Sotto la neve pane, sotto l’acqua fame.
Cielo a pecorelle, acqua a catinelle.
Aria rossa: o piscia o soffia.
Rosso di sera, bel tempo si spera.
Dove entra il sole, non entra il dottore.
Piove sempre sul bagnato.
Quando piove e tira vento, chiudi l’uscio e sta’
di dentro.
Chi non ha casa, la cerca.
Se piove il terzo aprilante, quaranta giorni
durante.
Tanto tonò che piovve.
Tempo prezioso
Chi dorme ‘un piglia pesci.
Si fa come il Nardi, che da presto fece tardi!
Chi ha tempo, ‘un aspetti tempo.
Ogni lasciata è persa.
È meglio tardi che mai.
Il tempo è galantuomo.
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Stagioni
Paesi toscani
Acqua d’Aprile: ogni goccia un barile.
A Settembre l’uva è matura e il fi’o pende.
Febbraio, Febbraietto corto e maledetto.
Marzo pazzerello, guarda il sole e prendi
l’ombrello.
Per la Candelora, dall’inverno siamo fora.
Giugno: la falce è in pugno.
Primi freddi non ti vestire, primi caldi non ti
scoprire.
Col tempo e con la paglia, si matura anco le
sorbe.
Una rondine non fa primavera.
Marzo asciutto, grano per tutto.
Marzo asciutto e april bagnato, il raccolto è
assicurato.
Maggio ortolano, tanta paglia e po’o grano.
Se Marzo non marzeggia, April mal pensa.
Zappa le viti d’agosto pe’ raccoglie’ un buon
mosto.
Se il monte pisano si mette il cappello,
Orentanesi prendete l’ombrello.
Le chiacchiere le porta via il vento, le
biciclette i livornesi.
Da Montelupo si vede Capraia, Cristo fa le
genti e poi l’appaia.
Mi costi più te che il Serchio a’ lucchesi.
Meglio un morto in casa che un pisano
all’uscio.
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Lavoro
Chi va al mulino s’infarina.
Studia novellin, che ti fo’ prete.
Fa’ e disfa’, s’impara a lavorà.
È meglio una cosa fatta che cento da fare.
Mercante di vino, mercante poverino.
Impara l’arte e mettila da parte.
Contadino: scarpe grosse e cervello fino.
Chi fa da sé, fa per tre.
Cosa fatta, capo ha.
Il lavoro cava voglie.
Chi prima arriva, prima macina.
Povertà
Chi va a letto senza cena tutta la notte si
dimena.
Chi ha denti non ha pane, chi ha pane non ha
denti.
‘Un si fa le nozze co’ fii secchi!
È quello di Gesù: dopo questo ‘un ce n’è più.
Di quel che c’è, non manca nulla.
Le donne
La famiglia
Alla festa di Chiesa Nova, chi non ha moglie
la trova.
Se la mi’ nonna avea le rote, era un carretto.
Chi disse donna disse danno.
Socera e nòra, tempesta e gragnola.
Parlà a nora perché socera ‘ntenda.
Donne e buoi dei paesi tuoi.
Un cavaliere fra due dame fa la figura di un
salame.
Dove son femmine e oche, non vi son parole
poche.
Tre donne fanno un mercato e quattro fanno
una fiera.
Quale il padre, tale il figlio.
Trulli, trulli, chi l’ha fatti se li culli.
Cibo
O di paglia o di fieno, basta che ir corpo sia
pieno.
Corpo pieno non crede al digiuno.
Non ti mettere in cammino, se la bocca non sa
di vino.
O cotta o cruda, il fo’o l’ha visto.
Al contadino non far sapere quant’è bono il
cacio con le pere.
Se non è zuppa, è pan bagnato.
Nella botte piccina ci sta il vino bono.
Chi vuol viver sano e lesto, mangi poco e ceni
presto
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A tavola ‘un s’invecchia mai.
L’appetito vien mangiando.
Uomo avvisato, mezzo salvato.
Il troppo stroppia.
Frodi scoperte
Sapersi accontentare
Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.
Le bugie hanno le gambe corte.
Tutti i nodi vengono al pettine.
La farina del diavolo va tutta in crusca.
Hai più corna te, che un corbellino di
chiocciole.
Chi lascia la via vecchia per la nova, sa quel
che lascia, ma ‘un sa quel che trova.
Chi ‘un ha quattrini, ‘un abbia voglie.
Senza lilleri ‘un si lallera.
Chi s’accontenta gode.
Non si può aver la botte piena e la moglie
briaca.
Chi troppo vuole nulla stringe.
Meglio un ‘ovo oggi che una gallina domani.
Cristo manda il freddo secondo i panni.
L’occasione fa l’uomo ladro.
Prudenza
Non dire gatto se non l’hai nel sacco.
Meglio avé paura che toccanne.
Chi va piano va sano e va lontano, chi va
forte va incontro alla morte.
Chi fa i conti avanti all’oste, ni convien falli
du’ vorte.
Finché s’ha denti in bocca, non si sa quel che
ci tocca
Chi piscia contro vento, si bagna la camicia.
Ride ben chi ride ultimo.
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Mancanze
Chi non ha testa abbia gambe.
‘Un reggi un co’omero in discesa!
A tutti i poeti manca un verso.
Tutte le ciambelle non riescono col buco.
False apparenze
Vizi
Non è tutt’oro quel che luccica.
L’abito non fa il monaco.
Il diavolo non è brutto come si dipinge.
Bella vigna, poca uva.
Vale più un vecchio nel canto, che un giovane
nel campo.
Acqua torba non lava.
La gallina che canta ha fatto l’ovo.
Qui, ‘un si frigge mi’a con l’acqua!
Chi si loda s’imbroda.
Cencio dice male di straccio.
Chi mal fa, mal pensa.
Chi non fa, non falla.
Fra sembrare e non essere è come filare e non
tessere.
Chi predica bene, razzola male.
Tutte le mattine s’alzano un furbo e un
bischero: se s’incontrano l’affare è fatto.
Per fa’ un furbo ci vole un locco.
Chi serba, serba al gatto.
L’ozio è il padre dei vizi.
Ognuno tira l’acqua al suo mulino.
Morte
A pagà e morì siamo sempre a tempo.
Chi muore giace, e chi vive si dà pace.
Il peggio è per chi more.
Finché c’è vita, c’è speranza.
Morto un papa, se ne fa un altro.
A tutto c’è rimedio, forché alla morte.
Morte desiderata, vita allungata.
Chi more, more, e chi campa, campa.
Meglio un asino vivo che un dottore morto.
Chi visse di speranza, morì cantando.
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Compagnia: buona o cattiva
Chi pratica lo zoppo, impara a zoppicare.
Chi va a letto co’ cani si leva colle pulci.
L’ospite è come il pesce: dopo tre giorni puzza.
Meglio soli che male accompagnati.
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.
In compagnia prese moglie un frate.
Meglio perdilo, che trovallo!
Amicizia
Chi trova un amico, trova un tesoro.
L’amico si conosce nel bisogno.
Patti chiari, amicizia lunga.
Dagli amici mi guardi Dio che dai nemici mi
guardo io.
Val più un amico, che cento parenti.
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Proverbi… in libertà
Modi di dire
Poggio e bua fa pari.
È come mette’ l’olio nel lume.
La lingua batte dove il dente dole.
Non c’è peggior sordo di chi non vor sentì.
L’erba cattiva non more mai.
Una mano lava l’altra e tutte e due lavano il
viso.
Chi più ne ha, più ne metta.
Per forza ‘un si fa neanche l’aceto.
Chi s’assomiglia si piglia.
Andare a bischero sciolto.
‘Un esse’ avvezzi. (Non essere abituati)
Fare fo’o e fiamme.
Aver paura della gatta gnuda.
Se voi vedé se uno è bono a po’o, mettilo a
accende il fo’o.
Fa’ venì il latte alle ginocchia!
Avere il ciucco per il capo.
La ragione è dei bischeri.
Il medico pietoso fa la piaga puzzolente.
Avuta la grazia, gabbato lo santo.
Se fai un bel gesto, non ci fare il manifesto.
Chi la fa, l’aspetti.
Chi cerca, trova.
Paese che vai, usanza che trovi.
A caval donato, non si guarda in bocca.
Chi semina vento, raccoglie tempesta.
A buon intenditor poche parole.
Apriti cielo, spalancati terra!
Arlecchino si confessò burlando.
Il gio’o è bello quando dura po’o.
S’ha a di’ d’indà? (si dice di andare?)
Troppi cuochi guastan la cucina.
Sta co’ frati e zappa l’orto.
Brutta in fascia, bella in piazza.
‘Un c’ho mi’a scritto Giocondo!
È come cercare un ago nel pagliaio.
Sordo come una campana.
Tutti i gusti son gusti.
Dove la voglia è grande, le gambe son
leggere.
Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.
Dormire come un ghiro.
Allevare una serpe in seno.
Mangiare quanto un tribunale.
Levarsi la sete col prosciutto.
Chi si somiglia, si piglia.
Fare buon viso a cattiva sorte.
Cristo manda il freddo secondo i panni.
Chi la vole cotta e chi la vole cruda.
Chi c’ha le corna è l’ultimo a sapello.
Già che siamo in ballo, balliamo.
Chiodo scaccia chiodo.
Aspettà la manna dal cèlo.
Chi vol Cristo se lo preghi.
Per bella apparire, bisogna patire.
Non c’è rosa senza spine.
Levà le ‘astagne dal fo’o colle mane dell’artri.
Cercà il pelo nell’ovo.
Male non fare, paura non avere.
L’occasione fa l’uomo ladro.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
Chi non more, si rivede!
Non c’è due senza tre.
Provà pe’ crede.
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Gnente fa bene all’occhi.
La verità vien sempre a galla.
Se son rose, fioriranno.
Non sapé a che santo votassi.
Non è più il tempo che Berta filava.
Oggi a me, domani a te.
O bé o affogà.
Ne sconta il giusto per il peccatore.
Occhio non vede, cuore non dole.
Sbagliando, s’impara.
Mal comune, mezzo gaudio.
Troppa grazia, Sant’Antonio, disse quello che
cascò da cavallo.
Tutto fa, disse quello che pisciò in mare.
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FIABE POPOLARI
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PETUZZINO
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C’era una volta un bambino che si chiamava
Petuzzino. Aveva tanta fame, ma non aveva
soldi per comprarsi da mangiare. Allora andò
a spazzare il chiesino e trovò un centesimino.
Corse dalla sua mamma e le disse:
- Ma che si compra con questo soldino?
- Compraci le mele!
- Mi tocca butta’ via il torsolo…
- Compraci le noci!
- Ma se mi compro le noci devo buttà via il
guscio. Mi ci comprerò… mi ci comprerò…
mi ci comprerò dei fichi secchi, così butto via
solo il picciolino.
Petuzzino comprò i fichi e andò a mangiarli
alla finestra e, mentre li mangiava, gliene
cadde uno di sotto.
La mattina dopo Petuzzino si svegliò e vide
davanti alla sua casa un albero pieno di fichi;
allora prese una fetta di pane e salì sull’albero
a mangiare pane e fichi. Mentre li mangiava
passò di lì un orco che sentì l’odore di
Petuzzino e disse ad alta voce avvicinandosi:
- Ucci ucci, sento odor di cristianucci; o ce n’è
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o ce n’è stati, o ce n’è di rimpiattati.
L’orco alzò la testa, vide Petuzzino e gli disse:
- Petuzzino, buttami un fichino.
Petuzzino gli tirò un fichino, ma il fichino
cascò nel piscio.
- Petuzzino, Petuzzino, tiramene un altro.
E il fico cascò nella cacca.
- Petuzzino, dammene uno con le tue sante
manine.
- Noo, sennò mi mangi!
Ma l’orco insisteva.
Petuzzino alla fine si fece convincere e si
sporse dall’albero, ma l’orco l’afferrò per un
braccio e lo mise nel suo grosso sacco.
Cammina, cammina ad un certo punto l’orco
si fermò per fare un bisognino.
- Vai più in là che sento il puzzo – gli disse
Petuzzino.
L’orco si allontanò e si accucciò dietro un
cespuglio. Petuzzino furbo, furbo con un
coltellino che aveva in tasca tagliò il sacco,
uscì fuori e riempì la balla di sassi.
L’orco, terminate le sue faccende, riprese il
sacco, se lo rimise in spalla e si avviò verso
casa. Ma il sacco pesava di più e l’orco diceva:
- O Petuzzino, come sei diventato peso!
Appena arrivato a casa disse alla moglie:
- Mogliera, mogliera
metti al foco la caldera,
ché ho chiappato Petuzzino!
Mogliera, mogliera,
metti al foco la caldera
ché ho chiappato Petuzzino!
Non appena l’acqua fu bollente, l’orco e la
moglie presero il sacco in due, lo portarono
sotto la cappa del camino e lo rovesciarono
nella caldaia. Ma, invece di Petuzzino, ci
trovarono tanti pietroni. I sassi schizzarono
nell’acqua e l’orchessa si bruciò.
Figuratevi come si arrabbiò l’orco!
E non potendo sopportare l’idea di essere
stato preso in giro da Petuzzino, giurò di
volerlo ritrovare a qualunque costo e di
vendicarsi. Difatti, il giorno dopo, cominciò
a girare per tutta la campagna e a guardare
dappertutto.
Gira che ti gira, guarda che ti guarda, alla fine
alzando gli occhi vide Petuzzino in cima ad
un tetto che gli faceva le smorfie e dalle risate
aveva la bocca fino alle orecchie.
- Mio caro Petuzzino, com’hai fatto a salir sul
tetto? - chiese l’orco con una vocina dolce,
dolce.
- Ho messo pentole su pentole, piatti su piatti,
bicchieri sopra bicchieri, tegami su tegami,
fiaschi su fiaschi e son salito fin qui.
Allora l’orco provò a salire sul tetto per
mangiarlo. Fece come aveva detto Petuzzino:
mise pentole su pentole, piatti su piatti,
coperti su coperti, tegami su tegami, fiaschi su
fiaschi, ma era troppo pesante e… BUM cascò
di sotto e morì.
E così Petuzzino se ne tornò dalla sua
mamma.
E vissero felici e contenti.
Larga è la foglia, stretta la via, dite la vostra che io ho detto
la mia.
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LA CAPRA FERRATA
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C’era una volta una donna che abitava nel
bosco con il suo bambino. Un giorno la
donna uscì per certi suoi affari e disse al
bambino di tenere chiuso l’uscio di casa,
perché altrimenti sarebbe potuta entrare la
capra ferrata.
Quando la mamma se ne fu andata, il
bambino uscì e accostò la porta. E così entrò
la capra ferrata, una grossa capra molto
prepotente che subito chiuse l’uscio come
fosse la padrona.
Quando il bambino si accorse di aver lasciato
l’uscio aperto, tornò subito a casa e trovò la
capra ferrata che non lo fece entrare.
Il bambino incominciò a piangere; ad un certo
punto passò di lì una vecchietta che gli chiese:
- Perché piangi?
Il bimbo rispose che piangeva perché nella
sua casa era entrata la capra ferrata.
La vecchietta disse che, se lui le avesse dato
un cesto d’insalata, lei avrebbe cacciato via la
capra.
- Tum, tum… Chi c’è in casa? - disse la vecchia.
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- Sono la capra ferrata, con bocca di ferro e
lingua di spada, se entri dentro ti affetto come
una rapa - rispose la capra ferrata.
La donna scappò via impaurita e il bambino
continuò a piangere.
Dopo un po’ arrivò un cacciatore che disse:
- Perché piangi?
- Perché mi è entrata in casa la capra ferrata.
- Se mi dai tre sacchi di grano, te la caccio via
io.
- Tum, tum… Chi c’è in casa?
- Sono la capra ferrata, con bocca di ferro e
lingua di spada, se entri dentro ti affetto come
una rapa - rispose la capra.
E il cacciatore se la diede a gambe.
- Oh, povero me, povero me! Come farò ad
entrare in casa? - singhiozzava disperato il
bambino.
Ma ecco arrivare un uccellino che gli si posò
accanto e gli chiese:
- Perché piangi, bambino?
- Come vuoi che non pianga? Una capra
prepotente è entrata in casa mia e non vuole
più andarsene.
- Se prometti di darmi tre sacchi di miglio, ti
aiuterò.
- Ma tu sei così piccolo!
- Non ti preoccupare. Lascia fare a me.
- Tum, tum… Chi c’è in casa?
- Sono la capra ferrata, con bocca di ferro e
lingua di spada. Se entri dentro ti affetto come
una rapa.
- E io sono l’uccellino dal becco di ferro: ti
entro dal culo e ti esco dal cervello!
A quelle parole, la capra per poco non morì
dalla paura e, scavalcata la finestra, se la diede
a gambe attraverso i prati.
Così il bambino potè rientrare dentro ed
imparò da quella volta a non lasciare più la
porta di casa aperta.
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LA RICOTTINA
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C’era una volta una contadina, che andava al
mercato per vendere una ricottina.
Mentre camminava, pensava:
- Con i soldi che ricaverò potrò comprare una
gallina. La gallina mi farà tante uova; dalle
uova nasceranno dei bei pulcini e quando
saranno diventati grassi polli e pollastre li
venderò al mercato.
Con i soldi ricavati potrò comprare una
mucca. La mucca mi darà tanto latte e lo
potrò vendere; poi mi farà anche dei vitellini
e chissà quanti soldi potrò guadagnare,
vendendoli. Tanti da comprarmi una bella
casetta.
Così quando la gente passerà, mi farà un
bell’inchino dicendo gentilmente:
- Buongiorno, signora padrona!
E mentre così fantasticava, la contadina fece
un inchino e la ricottina schizzò in mezzo alla
strada.
E i sogni andarono in fumo…
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CIUCHINO
BELLO
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La notte della Vigilia di Natale in paese girava
un ciuchino che aveva in groppa una cesta
piena di regali per i bimbi buoni. Il ciuchino
faceva una gran confusione con il suo
vecchio campanaccio e ragliava per le vie del
paese.
Piano, piano entrava nelle case della gente,
non si faceva mai vedere dai bimbi… ma loro
lo aspettavano perché, se erano stati buoni,
sicuramente avrebbero ricevuto qualche
regalo.
Portava fichi secchi, pine, mandarini, arance,
pannocchie, qualche biscotto e, per i più
fortunati, dei palloni di pezza o delle trottole
per i maschi e delle bambole di cencio per le
femmine.
In cambio, i bambini dovevano mettere vicino
alla porta un piatto con la farina, perché il
ciuco ne era ghiotto.
Il ciuchino doveva mangiare perché
credevano che “cacasse” i regali, allora era
meglio nutrirlo a dovere.
Nonno Giorgio racconta che, prima della
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guerra, quando lui era piccolo la sua mamma
gli raccontava sempre la storia del ciuchino.
Lui e i suoi fratelli non ci credevano molto,
quella storia era strana.
Come fa un ciuchino a portare tutti quei
regali?
Quell’anno però accadde una cosa misteriosa.
Era la Vigilia di Natale, faceva buio e fuori
dalla porta nonno e i suoi fratelli sentirono
ragliare un ciuco.
Il babbo di nonno aprì la porta e… con
sorpresa videro un ciuco vero con un
campanaccio al collo e con una cesta in
groppa.
Il ciuco fu fatto salire per le scale fino alla
cucina, dove avevano sistemato un piatto con
la farina. Il ciuchino cominciò a ragliare così
forte che al fratello del nonno dalla paura gli
venne la febbre! Il nonno tremava come una
foglia!
Allora, il loro babbo gli fece cantare le
canzoncine di Natale perché il ciuchino
contento gli lasciasse qualche regalino.
Nonno e i suoi fratelli cantarono a
squarciagola:
Ciuchino bello
che in bosco sei nato
portami i chicchi
che babbo ti ha dato!!!
E poi cantavano ancora…
Ave Maria del ceppo
angelo benedetto
l’angelo mi rispose:
- Ciuchino bello,
portami tante cose!
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LA BELLA E LA BRUTTA
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C’era una volta in un paese una vedova che
aveva due figlie: una buona e gentile di nome
Bella e l’altra cattiva di nome Brutta.
Un giorno la mamma voleva fare una torta,
ma le mancava il mattarello, allora chiese alle
figlie se una di loro poteva andare dal Gatto
Mammone a chiedere il mattarello. Brutta
disse che non voleva andare da quei brutti
gatti, invece Bella disse di sì e s’incamminò.
Arrivata stanca, bussò e chiese se il Gatto
Mammone le prestava il mattarello. Un gattino
raffreddato rispose che il Gatto Mammone
tornava la sera, allora Bella l’aspettò e entrò
in casa. Vide il gattino raffreddato che lavava
i piatti e Bella gli disse di andare a letto e
lavò lei i piatti; c’era un gattino malato che
spazzava le scale e Bella gli disse di andare a
letto e lei fece le faccende di casa.
Arrivò la sera e il Gatto Mammone ritornò
a casa e chiese chi fosse stato a mettere in
ordine.
E i gattini risposero che era stata Bella. Il
Gatto Mammone disse a Bella che le voleva
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fare un regalo e che alla terza volta che il
gallo cantava si doveva girare. E Bella se ne
andò.
Sentì il gallo cantare per tre volte e alla terza
volta si girò e le apparve una stella d’oro
sulla fronte. Tornò a casa e raccontò tutto alla
mamma.
Il giorno dopo toccò a Brutta riportare
il mattarello. Arrivata alla casa di Gatto
Mammone, bussò forte ed entrò. C’era un
gattino che lavava i piatti e Brutta lo buttò nel
lavandino; vide un gattino che spazzava le
scale e Brutta lo buttò di sotto.
Quando tornò a casa il Gatto Mammone,
chiese chi era stato e tutti i gattini risposero
che era stata Brutta. Il Gatto Mammone non
voleva punire Brutta e le disse che alla terza
volta che il gallo cantava non si doveva girare.
Si cominciò a sentire il gallo cantare tre volte
e Brutta si ricordò che sua sorella si era girata,
allora si girò e le apparve, invece della stella
come a sua sorella, una coda d’asino sulla
fronte. Tornata a casa la mamma le tagliò
la coda, ma più la tagliava più cresceva. Un
giorno, mentre Bella ricamava, passò un
principe che si era innamorato di lei e chiese
alla mamma il permesso di sposarla. La
mamma fu contenta e disse di sì.
Giunse il giorno delle nozze e la futura sposa
arrivò con la carrozza e il principe con il suo
cavallo bianco. Ma all’improvviso sbucarono i
gattini e si misero a cantare:
- Miao, miaolino, la Brutta in carrozza e la Bella nel tino!
Il principe incuriosito alzò il velo e vide
Brutta. Allora corse in cantina, trovò il tino
dove era stata rinchiusa Bella, la liberò e dopo
pochi giorni la sposò. E i gattini cantarono:
- Miao, miaolino, la Bella in carrozza e la Brutta nel tino!
E vissero tutti felici e contenti.
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LA BAMBINA DI PANE
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In un paese lontano vivevano un uomo e una
donna che erano sposati, ma non riuscivano
ad avere bambini.
La moglie piangeva sempre e non si dava
proprio pace, anche perché avevano un
“fottio” di beni e un’ sapevano a chi dalli in
dote. Un giorno si mise a pensà e le venne in
mente una cosa: la bambina se la sarebbe fatta
lei! La moglie prese tanta farina, tanta acqua
e incominciò a impastà…. Impasta, impasta
… fece una bella bambina di pane. Il giorno
dopo le fece dei riccioli di pane e la vestì con
dei panni colorati.
La bambina di pane veniva messa la mattina
alla finestra per falla vedè a tutti. Dopo
qualche giorno, sotto la finestra iniziarono a
fa’ la ronda dei bei giovanotti.
I giovanotti la chiamavano, ma lei un
rispondeva mai!
Allora la mamma rispondeva: - È una ragazza
educata, è timida, non risponde al primo che
passa.
Uno di quei giovanotti però continuò a passà
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sotto alla finestra per giorni e giorni e poi si
decise a chiede’ la mano della ragazza di pane
al su’ babbo.
Ma quando il giovane entrò in casa, si trovò la
bella sorpresa: la sua amata ‘un era di ciccia,
ma era di pane e a forza di sta’ alla finestra
sotto il sole si era anche sfatta.
POLLICINO
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C’era una volta un bambino che si chiamava
Pollicino.
Pollicino era l’ultimo di sei fratellini.
La sua famiglia era molto povera ed i suoi
genitori non potevano sfamare tutti quei
bambini.
Una sera Pollicino sentì i suoi genitori che
parlavano di portarli nel bosco, con la
speranza che qualcuno li trovasse.
Lui silenzioso scese in cucina e si riempì le
tasche di sassolini bianchi. La mattina dopo
il babbo e la mamma li portarono a fare una
gita nel bosco e loro erano tutti felici.
Pollicino rimase in fondo alla fila e ad ogni
pezzo di strada lasciava cadere un sassolino
bianco. Arrivati al bosco, i bimbi si misero a
giocare e i loro genitori li lasciarono lì e se
ne andarono. Quando venne buio, i bambini
iniziarono a chiamare il babbo e la mamma,
ma non li trovarono. Tutti piangevano, ma
Pollicino disse:
- Tranquilli, torneremo a casa da soli! E così
fecero.
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Seguendo tutti i sassolini che Pollicino aveva
seminato durante il tragitto, arrivarono davanti
casa e picchiarono alla porta.
Venne ad aprire la mamma che, appena li
vide, saltò dalla gioia e disse:
- Non vi lasceremo più!
E vissero tutti felici e contenti.
I DUE GOBBI
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C’era una volta due fratelli i quali, poverini,
avevano avuto la disgrazia di nascere tutti e
due gobbi. Uno di questi, il più giovane, un
giorno disse:
- Voglio andare a far fortuna.
Detto fatto, si mise in viaggio.
Cammina, cammina, dal tanto camminare si
sperse e si trovò in un bosco.
- E ora cosa faccio? Se vengono gli assassini,
mi trovano… È meglio che salga su
quell’albero. Quando fu sull’albero, sentì un
rumore.
- Eccoli, aiuto!
Invece, da una buca là per terra vide uscire
una vecchina, e poi un’altra vecchina, e
un’altra ancora: tutta una fila di vecchine l’una
dietro l’altra che si misero a girare intorno
all’albero cantando:
- Sabato e Domenica!
- Sabato e Domenica!
E così continuavano a girare in tondo e
ripetevano sempre da capo:
- Sabato e Domenica!
68
Il gobbo, di lassù in cima all’albero, senza
saper quello che faceva, rispose:
- E Lunedì!
- Oh! Chi è stato quell’angelo che ha detto
questa bella cosa! A noialtre non ci sarebbe
mai venuto in mente! E si rimisero a girare
intorno all’albero, tutte felici, cantando:
- Sabato e Domenica!
- Sabato e Domenica!
E lui rispondeva:
- E Lunedì!
Dopo un po’ che giravano, s’accorsero del
gobbo che era in mezzo ai rami. Lui tremava
di paura e cominciò a lamentarsi:
- Per carità, vecchine, non m’ammazzate: m’è
scappato detto senza pensarci, ma non volevo
dir nulla di male.
- Anzi, scendi, ti vogliamo ricompensare.
Chiedi qualunque grazia e te la faremo.
Il gobbo scese dall’albero.
- Allora, chiedi!
- Io sono un pover’uomo; cosa volete che
chieda? Non chiederei altro che mi fosse
levato questo gobbo, perché tutti i ragazzi mi
canzonano.
- E la gobba ti sarà levata!
Le vecchine presero una sega e, in quattro e
quattr’otto, gli segarono il gobbo, senza che
lui sentisse nulla e poi gli unsero la schiena
con un unguento. E la gobba l’appesero
all’albero. Il gobbo tornò a casa che non era
più gobbo e nessuno del paese lo riconosceva
più.
- Oh! Ma non sei tu? - gli fece suo fratello.
- Sì che sono io! Lo vedi come sono diventato
bello?
- E come hai fatto?
- Sta’ a sentire - e gli raccontò dell’albero,
delle vecchine e del loro canto.
- Ci voglio andare anch’io - disse il fratello.
Detto fatto, si mise in viaggio, entrò in quel
bosco e salì su quell’albero. Alla stessa ora,
dal buco uscirono le solite vecchine cantando:
- Sabato, Domenica e Lunedì! - Sabato, Domenica e Lunedì! E il gobbo dall’albero si mise a gridare:
- E Martedì! Le vecchie presero a cantare:
- Sabato, Domenica e Lunedì e Martedì! Ma
non veniva bene, non tornava più il verso.
Allora si voltarono in su tutte invelenite:
- E chi è quell’infame, chi è quell’assassino
che ha detto così? Si cantava così bene e ci ha
sciupato tutto! Ora non ci torna più il verso!
Finalmente lo videro tra i rami.
- Scendi! Scendi!
- No, che non scendo! - diceva il gobbo pieno
di paura - Voi m’ammazzate!
- Scendi! Non t’ammazziamo.
Il gobbo scese, le vecchine staccarono
dall’albero la gobba di suo fratello e gliela
appiccicarono davanti.
- Ecco il castigo che ti meriti!
Così il povero gobbo tornò a casa con due
gobbe invece di una.
Morale della storia: Non fare mai le cose che fanno gli altri
se non si sa quello che si sta facendo! Altrimenti si rischia di
ritrovarsi con due gobbe anziché una: una davanti e una dietro.
69
70
LA CODA DEL TOPO
71
Una volta c’era un vecchietto che aveva due
soldi.
Si comprò un soldo di pane e un soldo di
latte; ma, avendo sentito suonare a messa,
mise il bicchiere col latte sulla tavola insieme
col pane e se ne andò.
Tornando dopo non molto, vide un topo che
si beveva il latte; s’avvicinò pian piano e gli
strappò la coda.
- Zio, zio, dammi la coda che sono promesso
e mi devo maritare - disse il topo.
- Dammi il latte - gli rispose il vecchio - e ti
darò la coda.
Il topo andò dalla pecorella.
- Pecorella, dammi il latte; lo porterò allo zio
vecchio e lo zio vecchio mi ridarà la coda.
- Portami l’erba - gli rispose la pecorella.
Il topo andò dal terreno:
- Terreno, dammi l’erba; l’erba la porterò alla
pecorella, la pecorella mi darà il latte, il latte
lo porterò allo zio vecchio, e lo zio vecchio mi
ridarà la mia coda.
- Portami l’acqua - rispose il terreno.
72
Il topo si recò alla fontana.
- Fontana, dammi l’acqua; l’acqua la porterò
al terreno, il terreno mi darà l’erba, l’erba la
porterò alla pecorella, la pecorella mi darà il
latte, il latte lo porterò allo zio vecchio e lo
zio vecchio mi ridarà la coda.
- Fammi aggiustare che sono guasta - rispose
la fontana - va’ a chiamare mastro Antonio.
- Mastro Antonio, aggiustate la fontana; la
fontana mi darà l’acqua, l’acqua la porterò
al terreno, il terreno mi darà l’erba, l’erba la
porterò alla pecorella, la pecorella mi darà il
latte, il latte lo porterò allo zio vecchio e lo
zio vecchio mi ridarà la coda.
- Portami le uova che devo mangiare - rispose
mastro Antonio.
Il topo andò dalla gallina.
- Gallinella, dammi le uova; le uova le porterò
a mastro Antonio, mastro Antonio aggiusterà
la fontana, la fontana mi darà l’acqua, l’acqua
la porterò al terreno, il terreno mi darà l’erba,
l’erba la porterò alla pecorella, la pecorella mi
darà il latte, il latte lo porterò allo zio vecchio
e lo zio vecchio mi ridarà la coda.
- Portami la crusca - rispose la gallina.
Il topo andò dal fornaio.
- Fornaio, dammi la crusca; la crusca la porterò
alla gallina, la gallina mi darà le uova, le uova
le porterò a mastro Antonio, mastro Antonio
aggiusterà la fontana, la fontana mi darà
l’acqua, l’acqua la porterò al terreno, il terreno
mi darà l’erba, l’erba la porterò alla pecorella,
la pecorella mi darà il latte, il latte lo porterò
allo zio vecchio e lo zio vecchio mi ridarà la
coda.
- Portami la legna per il forno - rispose il
fornaio
Il topo andò nel bosco dove c’era legna
per tutti, prese un fascio di rami secchi e li
portò al fornaio, il fornaio diede al topo la
crusca che fu portata alla gallina, la gallina
diede le uova a mastro Antonio, mastro
Antonio aggiustò la fontana, la quale diede
l’acqua, che fu portata al terreno, il terreno
diede l’erba che fu portata alla pecorella, la
pecorella diede il latte che fu portato allo zio
vecchio e lo zio vecchio ridiede la coda al
topo.
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74
CONTE
FILASTROCCHE
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Sotto il ponte di Baracca
Cecco velluto
Sotto il ponte di Baracca
c’è Gigin che fa la cacca
la fa dura, dura, dura,
e il dottore la misura,
la misura è trentatré,
a uscir fuori tocca a te!
Cecco Velluto
suonami l’imbuto
suonamelo bene
perché il mi’ babbo viene.
Viene da Roma,
ti porta una corona,
d’oro e d’argento,
che costa cinquecento.
Cinquecento e cinquanta,
la pecorina canta,
canta il mio gallo,
risponde la gallina.
Madama Menichina,
s’affaccia alla finestra,
con tre ghirlande in testa.
Passan tre fanti,
con tre cavalli bianchi;
bianca la sella,
bianco il girasole,
Gesù ci mandi il sole!
Ambarabà ciccì coccò
Ambarabà ciccì coccò,
tre civette sul comò
che facevano all’amore
con la figlia del dottore,
il dottore s’ammalò,
ambarabà ciccì coccò.
Unsi, dunsi, trinsi
Unsi, dunsi, trinsi,
quali qualinsi,
meli melinsi,
riffe, raffe e ceci.
77
Vedo la luna
Cecco Rivolta
Vedo la luna,
vedo le stelle,
vedo Caino che fa le frittelle;
vedo una tavola apparecchiata,
vedo Caino che fa una frittata!
Vedo la luna,
vedo le stelle,
vedo Caino che fa le frittelle;
vedo la luna, vedo il sole,
vedo Caino che fa all’amore!
C’era una volta Cecco Rivolta
che mangiava i maccheroni,
se la fece nei calzoni
la su’ mamma lo picchiò,
povero Cecco s’ammalò.
Lo portarono all’ospedale
povero Cecco stava male,
lo portarono giù nell’orto
povero Cecco era morto,
lo portarono al camposanto
povero Cecco ci stette tanto.
La luna
Prima finisci la cucitura
Gobba a ponente
luna crescente.
Gobba a levante
luna calante.
Prima finisci la cucitura,
tira lo spago nella costura,
spalma la pece di qua e di là,
picchia e ripicchia,
la scarpa è qua.
78
Sant’Anna benedetta
Il viso
Sant’Anna benedetta,
fammi sposare in fretta!
E tu lo sai chi è,
è proprio un bel biondino
e tu lo sai chi è.
Questo è l’occhio bello,
questo è il su’ fratello,
questa è la gotina,
questa è la su’ sorellina,
questa è la bazzina,
questa è la bocchina,
e questo è il campanellino!
Dilindilindilin!
Piazza, la bella piazza
Piazza, bella piazza,
ci passò una lepre pazza,
il pollice la vide,
l’indice l’acchiappò,
il medio la cucinò,
l’anulare la mangiò,
e al più piccino
non gliene toccò nemmeno
un pezzettino.
Le dita della mano
Il pollice dice: - Non c’è più pane!
L’indice dice: - Come faremo?
Il medio dice: - Ne compreremo!
L’anulare dice: - Ne ho ancora un pezzettino.
Il mignolo dice: - Dallo a me che sono il più
piccino.
79
Manomorta
Mano morta, mano morta,
picchia, picchia sulla bocca!
Se la bocca piangerà,
mano morta ‘un picchierà!
Se la bocca riderà,
mano morta picchierà!
Mano morta, mano morta,
picchia, picchia sulla bocca!
I giorni della settimana
Lunedì ha chiamato Martedì,
l’ha mandato da Mercoledì,
per sentire da Giovedì,
se è vero che Venerdì,
ha detto a Sabato,
che Domenica è festa.
Tanto sole il Lunedì,
bianca neve il Martedì.
Mercoledì si scende in piazza
per sentir la storia pazza.
Qui si ride il Giovedì,
80
non si piange il Venerdì.
E di Sabato, vi avviso,
c’è la festa del sorriso.
La Domenica è baldoria
perché inizia un’altra storia.
Cecco Bilecco
Cecco Bilecco
monta sullo stecco,
lo steccolo si rompe
e Cecco va sul ponte,
il ponte va in rovina
e Cecco va in farina,
la farina si staccia
e Cecco si sculaccia.
Domani è festa
Impossibile
- Domani è festa:
si mangia la minestra.
- La minestra non mi piace!
- Si mangerà la brace.
- La brace è troppo nera!
- Si mangerà la pera.
- La pera è troppo bianca!
- Si mangerà la panca.
- La panca è troppo dura!
- S’andrà a letto addirittura!
Disse
Disse
Disse
Disse
Chiocciola marinella
Chiocciola, chiocciola marinella,
tira fuori le cornicella!
E se non le tirerai,
calci e pugni toccherai.
il sordo: - Sento un tordo!
il cieco: - Io lo vedo!
lo zoppo: - L’acchiapperemo!
il muto: - Poi canteremo!
Silenzio perfetto
- Silenzio perfetto,
che il diavolo è sotto il letto.
- Silenzio perfetto,
si mangia un confetto.
- Chi fa una parola
va fuori di scuola!
Io voglio bene a nonna
Io voglio bene a nonna.
E tu non sai perché.
Perché nonna ha fatto mamma.
E mamma ha fatto me!
81
Gobbo rotondo
Carnevale, ‘un te n’andare
Gobbo rotondo,
che fai in questo mondo?
Fo quel che posso,
col mi’ gobbino addosso;
quando non ne posso più
piglio il gobbo e lo butto giù.
Carnevale, ‘un te n’andare,
ché t’ho fatto un bel cappello;
ogni punto un fegatello.
Carnevale, ‘un te n’andare!
Una volta c’era un re
Lucciola, lucciola, vien da me,
ti darò il pan del re;
pan del re, della regina;
lucciola, lucciola, vien vicina.
Una volta c’era un re,
che mangiava più di me;
e mangiava pane e cacio;
vogliam fare a tira naso?
Tira, tira, tira.
Lucciola, lucciola
Piove e c’è il sole
Piove e c’è il sole:
la Madonna coglie un fiore,
lo coglie per Gesù
e domani ‘un piove più.
82
Volta la carta
La donnina che semina il grano;
volta la carta, si trova il villano;
il villano che va per i campi;
volta la carta, si trovano i lampi;
i lampi che fanno spavento;
volta la carta, si trova il convento;
il convento co’ frati in preghiera;
volta la carta, si trova la fiera;
la fiera con burle e con lazzi;
volta la carta, si trova i ragazzi;
i ragazzi che van per la via;
volta la carta, si trova Sofia;
Sofia che cuce di lino;
volta la carta, si trova Arlecchino;
Arlecchino che fa lo sgambetto;
volta la carta, si trova il galletto;
il galletto che canta al mattino;
volta la carta, si trova il mulino;
il mulino che macina il grano;
volta la carta, si trova il villano;
il villano che zappa la terra;
volta la carta, si trova la guerra;
la guerra con tanti soldati;
volta la carta, si trova i malati;
i malati con tanto dolore;
volta la carta, si trova il dottore;
il dottore che cura la gente;
volta la carta…’un si trova più niente.
Staccia buratta
Staccia buratta,
gattino della gatta,
la gatta va al mulino
per fa’ uno schiacciatino,
con l’olio, col sale,
con la pipì del cane.
Buttalo, buttalo in mare!
83
La Befana
La Befana
La befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte;
se ne fa un altro paio
con la penna e il calamaio.
La befana ha rotto il gonnello
dalla parte del sedere;
per non farselo vedere
sta seduta su un asinello.
Befana, Befana, non mi bucare,
ché ho mangiato pane e fave!
Ho un corpo duro duro,
che mi sona come un tamburo.
Gentilissimi signori,
la befana è qui venuta,
tutti quanti vi saluta
e vi viene a domandare…
non vi chiede né un cappone,
ma nemmeno una gallina;
si contenta, poverina
che le diate un po’ da bere.
84
Cavallino arrì arrò
Cavallino arrì arrò,
piglia la biada che ti do,
prendi i ferri che ti metto
per andare a San Francesco.
San Francesco è sulla via
che ti porta a casa mia.
A casa mia c’è un altare
con tre monache a pregare.
Ce n’è una più vecchietta,
Santa Barbara benedetta.
Piove pioviccica
Tramontana, non venire
Piove pioviccica,
la carta s’appiccica
s’appiccica sul muro,
suona il tamburo
tamburo tamburello,
apri l’ombrello
ci stai sotto proprio tu
e così non ti bagni più!
Tramontana, non venire;
ho venduto il mio cappotto;
l’ho venduto per tre lire.
Tramontana, non venire!
Bolli, bolli pentolino
Bolli, bolli pentolino,
fa’ la pappa al mio bambino;
la rimescola la mamma,
mentre il bimbo fa la nanna;
fa’ la nanna, gioia mia,
o la pappa scappa via.
Tre tazzine di caffè
Tre tazzine di caffè
me le bevo tutte e tre;
tre e tre fa sei;
sei e sei dodici,
dodici e dodici ventiquattro
uno, due, tre, quattro.
Uno, due, tre, quattro…
Uno, due, tre, quattro
cinque, sei, sette, otto:
pan biscotto
e mortadella.
85
Trenta dì…
Pimpirulin piangeva
Trenta dì conta novembre
con april, giugno e settembre;
di ventotto ce n’è uno,
tutti gli altri ne hann trentuno.
Pimpirulin piangeva,
voleva mezza mela,
la mamma non l’aveva
e Pimpirulin piangeva.
A mezzanotte in punto
passò un aeroplano
e sotto c’era scritto:
Pimpirulin sta’ zitto.
A, bi, ci,
A, bi, ci
la mi’ gatta mi morì,
mi morì sotto un pero
la mi’ gatta ha il muso nero.
Anghingò
Anghingò
tre galline e tre cappò
per andare alla cappella
c’era una ragazza bella
col cappello alle ventitrè
uno, due, tre.
86
Torquato Tasso
Torquato Tasso
andando a spasso
picchiò in un sasso
schizzò in un fosso
si ruppe l’osso del dito grosso.
Mosca, moschettina
La novella dello stento
O mosca, o moschettina,
sei cieca poverina!
Sei cieca, sei bendata
e annaspi disperata.
Chi dunque ti vuoi pigliare?
La benda a chi vuoi dare?
Ti tocco e non mi vedi,
t’inganno e non mi credi …
sei cieca, poverina
o mosca, moschettina …
- La novella dello stento,
che dura tanto tempo,
te l’ha a racconta’?
- Sì.
- O che si dice sì alla novella dello stento
che dura tanto tempo.
Te l’ha a racconta’?
- No.
- O che si dice no alla novella dello stento
che dura tanto tempo.
- Te l’ha a racconta’?
Uccellin che passi il mare
Uccellin che passi il mare
quante penne puoi portare?
Puoi portarne trentatrè
uno, due, tre.
Din don campanon
Din don campanon
quattro vecchie sul balcon:
una che fila, una che taglia,
una che fa cappelli di paglia,
una che fa coltelli d’argento
per tagliar la testa… al vento.
87
Angiolin bellin bellino
Vieni, vien Gesù Bambino
Angiolin bellin bellino,
con quel capo ricciolino,
con quegli occhi pien d’amore,
Gesù mio, ti dono il cuore!
Vieni, vien Gesù Bambino
a posare il tuo capino
sul guanciale del mio letto.
Vieni, vieni che t’aspetto;
vieni, vieni non tardare;
senza te non posso stare.
Maria lavava
Maria lavava,
Giuseppe stendeva,
suo figlio piangeva
dal freddo che aveva.
- Sta’ zitto, mio figlio,
che adesso ti piglio;
del latte t’ho dato,
del pane un ce n’è.
La neve sui monti
cadeva dal cielo,
Maria col suo velo
copriva Gesù.
88
Sei per otto
Sei per otto quarantotto,
vai in cucina e fai il risotto.
Il risotto s’è bruciato,
va’ a chiamà il curato.
Il curato dice messa,
va’ a chiamà la contessa.
La contessa fa un casotto
sei per otto quarantotto!
Filastrocca della lana
Filastrocca della lana
la matassa si dipana.
Il gomitolo si fa
guai se il gatto lo vedrà!
Verrà fuori un quarantotto
ed il filo sarà rotto.
Gioca e salta il bel gattino
e il bambino gli è vicino.
Casa mia
Casa mia, casa mia,
per piccina che tu sia,
tu mi sembri una badia.
89
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NINNE NANNE
91
92
Ninna nanna, la malcontenta
Ninna nanna, la malcontenta,
babbo gode e mamma stenta!
Babbo va all’osteria,
mamma tribola tuttavia;
babbo mangia il baccalà,
mamma tribola a tutt’andà;
babbo mangia li fagioli,
mamma tribola co’ figlioli;
babbo mangia le polpette,
mamma fa delle crocette.
Stella stellina
Stella, stellina!
La notte s’avvicina;
la fiamma traballa;
la mucca è nella stalla;
la mucca col vitello;
la pecora e l’agnello;
la chioccia coi pulcini;
la gatta coi gattini;
ognuno ha il suo bambino;
ognuno ha la sua mamma!
E tutti fan la nanna.
Fai la ninna, fai la nanna
Fai la ninna, fai la nanna,
il bambino gli è di mamma,
gli è di mamma e della nonna,
di Gesù e della Madonna,
della mamma e della zia,
di Gesù e di Maria.
Nanna ieri
Nanna ieri, nanna ieri,
e le sporte ‘un son panieri,
e i panieri ‘un son le sporte,
e la vita ‘un è la morte,
e la morte ‘un è la vita,
e la canzone è già finita!
93
Fai la nanna, diciotto e venti
Fai la nanna, diciotto e venti,
il mio bimbo mette i denti,
e ne mette una dozzina,
tra stasera e domattina.
Fai la nanna, diciotto e dua
il mio bimbo ha tanta bua;
ha la bua e guarirà,
la Madonna l’aiuterà.
Bolli, bolli pentolino
Bolli, bolli, pentolino,
fai la nanna, bel bambino,
fai la ninna, fai la nanna,
bimbo d’oro della mamma!
Hai le gote tonde tonde,
la tua mamma ti nasconde,
ti nasconde dentro il letto,
finché il gatto sta sul tetto.
Fai la nanna nel lettino,
94
mentre bolle il pentolino.
Quando poi ti sveglierai,
tante chicche troverai.
O pecorina dal candido vello
O pecorina dal candido vello,
ti toserò senza farti del male,
il mio bambino vuole un bel mantello,
ti ricompenserò con pane e sale.
O falcetto sperduto su nel cielo,
di stelle fammi un bel mazzolino,
lo metto a capo a letto al mio bambino,
ché senza quello lui non può dormire.
O bimbo che riposi nella zana,
anche se giri ogni terra lontana,
anche se giri ogni terra lontana,
più d’una mamma al mondo ‘un pòi trovare.
Fate la nanna, coscine di pollo
Ninna oh, ninna oh!
Fate la nanna, coscine di pollo;
la vostra mamma v’ha fatto il gonnello,
e ve l’ha fatto con lo smerlo intorno
fate la nanna, coscine di pollo.
Ninna oh, ninna oh,
questo bimbo a chi lo do?
Lo darò alla befana
che lo tiene una settimana.
Lo darò all’omo nero
che lo tiene un anno intero
Lo darò alla su’ mamma
che lo culla per fa’ la nanna.
Ninna nanna, ninna nanna
il bambino è della mamma
della mamma e di Gesù
il bambino non piange più.
Fate la nanna e possiate dormire;
il letto è fatto di tutte viole,
e le coperte di panno sottile
fate la nanna begli occhi di sole.
Ninna nanna, ninna nanna
il bambino è della mamma
della mamma e di Gesù
il bambino non piange più.
Fa’ la ninna
Fa’ la ninna, fa’ la nanna,
piccinino della mamma;
fa’ la nanna, fa’ un bel sonno,
poverino, n’hai bisogno.
Hai bisogno di dormire,
poverino, ‘un lo sai dire.
Nanna oh! nanna oh!
E il mio bimbo s’addormentò.
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Indice
Presentazione di Isa Vanni
5
Radici e Frutti di Silvia Pagnin
7
Voci della Toscana di Cristina Picchi
9
Scioglilingua - Botta e Risposta - Indovinelli
27
Canzoncine - Canti - Giochi
Farfallina
Girotondo
Maria Giulia
La bella lavanderina
Ballate, ballate, vergini
Madama pollaiola
Io son contadinella
Al tempo delle ciliegie
Il grillo e la formica
La bella Conturbana
Alla fiera di Mastr’Andrè
Verrà quel dì di lune
La cornacchia del Canadà
La pesca dell’anello
Susanna si fa i ricci
Il gioco dei bottoni
Il gioco dei tappini
11
Proverbi - Modi di dire
Animali
Tempo
Tempo prezioso
Stagioni
Paesi toscani
Lavoro
Povertà
Le donne - La famiglia
Cibo
Frodi scoperte
Prudenza
Sapersi accontentare
Mancanze
False apparenze
Morte
Vizi
Compagnia: buona o cattiva
33
Il gioco delle noccioline
Il gioco delle figurine di calcio
115
Amicizia
Proverbi… in libertà - Modi di dire
Fiabe Popolari
Petuzzino
La capra ferrata
La ricottina
Ciuchino bello
La bella e la brutta
La bambina di pane
Pollicino
I due gobbi
La coda del topo
43
Conte - Filastrocche
Sotto il ponte di Baracca
Ambarabà ciccì coccò
Unsi, dunsi, trinsi
Cecco velluto
Vedo la luna
La luna
Cecco Rivolta
Prima finisci la cucitura
Sant’Anna benedetta
Piazza, la bella piazza
Il viso
Le dita della mano
75
116
Manomorta
I giorni della settimana
Cecco Bilecco
Domani è festa
Chiocciola marinella
Impossibile
Silenzio perfetto
Io voglio bene a nonna
Gobbo rotondo
Una volta c’era un re
Carnevale, ‘un te n’andare
Lucciola, lucciola
Piove e c’è il sole
Volta la carta
Staccia buratta
La Befana
La Befana
Cavallino arrì arrò
Piove pioviccica
Bolli, bolli pentolino
Tramontana, non venire
Tre tazzine di caffè
Uno, due, tre, quattro…
Trenta dì…
A, bi, ci,
Anghingò
Pimpirulin piangeva
Torquato Tasso
Mosca, moschettina
Uccellin che passi il mare
La novella dello stento
Din don campanon
Angiolin bellin bellino
Maria lavava
Vieni, vien Gesù Bambino
Sei per otto
Filastrocca della lana
Casa mia
Ninne Nanne
Ninna nanna, la malcontenta
Stella stellina
Fai la ninna, fai la nanna
Nanna ieri
Fai la nanna, diciotto e venti
Bolli, bolli pentolino
O pecorina dal candido vello
Fate la nanna, coscine di pollo
Ninna oh, ninna oh!
Fa’ la ninna
91
Disegni a colori
97
117
118
Finito di stampare nella
Tipografia De Rose (Cosenza)
Maggio 2014
119
120