Armada - Filippelli Bike Team

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Armada - Filippelli Bike Team
I 40 anni del Filippelli:
da Borgo del Marodolo
alle selle in carbonio.
Gli 8 lustri ben portati
di questo eccezionale
e compatto gruppo.
Chiunque frequenti l’ambiente ciclistico parmense, non può non conoscere
i ragazzi del Filippelli.
Impossibile far capire con una foto, la
quantità di ciclisti che si riversa in strada quando si muovono tutti insieme:
avessero 11 tesserati in più, nel 2008 si
sarebbe potuto titolare a ragione
con“la carica dei 101”.
La loro sede risulta a tutt’oggi come
uno dei veri punti di ritrovo per ciclisti
della provincia di Parma: sono, anzi,
siamo veramente in tanti ad aggregarci
alle loro uscite in settimana. Siamo in
tanti anche perché si sta proprio bene
in loro compagnia.
Se li guardiamo da lontano, ritroviamo le loro radici in Borgo del Marodolo e più precisamente all’Osteria Parma
Vecchia. La società infatti nasce come
Vecchia Parma nel 1968 (anche se c’è
chi la data al ‘66), quando il ciclismo
era ancora fatto con la maglia di lana, i
pedali con i punta piedi, la pompa lungo il piantone e i fili dei freni che formavano due archi fuori dal manubrio.
Alcune di quelle maglie di lana si trovano ancora all’interno della loro sede attuale, un luogo dove ritrovi ancora il profumo e la luce dei bar di quartiere, quando ancora i videogiochi
non c’erano, dove i vecchi giocavano
a carte col quartino di bianco sul tavolo e segnavano i punti sulle lavagnette col gesso e dove i giovani facevano chiasso accanto al calciobalilla o
alla carambola. Li c’è il gusto del ritrovo e della chiacchiera, della canzonatura e del fare qualcosa insieme.
Il “fare qualcosa insieme”, si traduce
infatti non solo nell’uscire in bici, ma
in una gran serie di attività: organizzare eventi ciclistici, mettere d’accordo tutti per le date di cene, elezioni
consiliari, trasferte per partecipazioni
a gran fondo, randonee, gite in bici.
Sono tante le cose da fare all’interno
di un gruppo così numeroso, così come molte sono anche le difficoltà che
s’incontrano e le ore spese accanto ai
vari progetti e attività.
Proprio per questo motivo, giusto
qualche sera fa, il loro presidente
(Folli, al centro qui nella foto) mi di-
me si deve, c’era bisogno di dividere
il lavoro su qualche spalla in più”.
ceva che il vecchio consiglio aveva
deciso di allargare quello nuovo da 7
a 9 membri, chiarendo la decisione
con poche, ma lucide parole: “Le cose da fare, da seguire e da tener insieme sono tante e così abbiamo deciso che per continuare a fare tutto co-
Anche con Pietro (Ziveri. ndr.), pochi
giorni fa, mi ero trovato a discorrere
sugli sforzi e le difficoltà prodotti dallo
staff di un consiglio. Mi diceva che
“...é chiaro che essendo una squadra
di amatori e cicloturisti e non pagando
i tuoi tesserati, non puoi pretendere
che facciano quello che tu vorresti che
facessero, però è anche vero che alle
spalle c’è comunque lo sforzo e il tempo, che qualcuno dedica per tenere in
piedi il tutto e permettere a chi si tessera di far parte di una squadra”. Personalmente, mi trovo d’accordo con lui,
anche perché se uno entra a far parte di
un gruppo, non è che poi possa comportarsi sempre come un
“individuale”. Nel caso ci si voglia
fare gli affari propri, ci si può sempre
acquistare personalmente il tesserino
direttamente all’UISP o all’UDACE,
senza appoggiarsi a nessuna società.
Ci vuole un po’ di rispetto per chi im-
piega il proprio tempo per altri.
Ma qui però il gruppo c’è e si vede
bene! Si vede da tante grandi e piccole cose, si percepisce chiaramente un
cameratismo goliardico da campus,
che esprime un attaccamento a questa
aggregazione eterogenea trasformatasi in un vero gruppo di amici. Magari
non sarà cosi proprio per tutti, ma credo che per gran parte di loro lo sia.
Quando venerdì sera sono passato in
sede da loro, mi sono trovato di fronte
ad un ambiente vivo e in fermento: si
stava definendo il numero di quanti
hanno aderito alla prossima cena sociale ( che si terrà il 10 novembre), e c’era
da decidere l’impostazione definitiva
della maglia commemorativa per i 40
anni della società. Erano tutti compressi (tutti, quelli che ci stavano) in una
piccola stanza con dentro il computer,
ognuno a dir la sua e tutti con l’intento
di migliorare ancor di più la divisa che
di volta in volta appariva sullo schermo; gli altri, fuori ad aspettare il loro
turno (vedi foto). Questo, secondo me,
si chiama partecipare!
Anche qui, di sera, nella loro sede,
ho incontrato ciclisti di altre squadre
che, proprio come succede quando si
esce in bici, sono venuti al Filippelli
per stare in compagnia di queste persone.
Non si creda però, che il Filippelli sia
solo un ritrovo: non è come andare alla
bocciofila! Ricordo giri da 200 km.,
già a cavallo tra gennaio e febbraio di
quest’anno, una randonee nel chianti
con finale ad andatura sostenuta e gente (di altre squadre) che si staccava in
preda a crampi o con il serbatoio vuoto
e se poi si scorrono i nomi dei vincitori
di qualche tipo di campionato (p.es. il
provinciale) ci si imbatterà in uomini e
donne del Filippelli (Michele Greci,
Prisca Calzetti e altri).
Sul fronte cicloturismo, quello 2007 è
solo l’ultimo dei tanti titoli provinciali
guadagnati da questi ragazzi. Spesso,
chi ha pensato di prendere la bici, venir
qui e uscire con un tranquillo gruppo
di cicloturisti dediti alla tavola, ben
presto si è reso conto a proprie spese
che cosi non è. Intendiamoci: durante
le loro uscite c’è spazio per tutti e se
qualcuno si stacca, poi ci si aspetta tutti, fino all’ultimo, però molti ne ho visti, sulla terza o quarta salita della gior-
nata, sfilarsi dal gruppo e cedere il passo alle maglie bianco-nere.
Il bello è che qui l’agonismo estremo
non trova spazio. È più una questione
di arlìa e di successivo sfottò davanti
ad una birra, che non di gara cieca ver-
so un risultato da classifica. E una
competizione sana come un proverbio
in dialetto.
Oggi ero in giro insieme alla loro
armada e, come al solito, eravamo in
molti anche di altre squadre: eravamo,
come spesso accade, un gruppo foltissimo e formavamo per la strada una
fila lunghissima. In due parole, un motivo a tutto questo c’è: se parli di loro,
di “quelli del Filippelli” con qualcuno,
spesso ti sentirai dire: “èh, sono forti
quei ragazzi lì: li godo”.