Visualizza l`edizione del 2016 numero 13

Transcript

Visualizza l`edizione del 2016 numero 13
Edizione del 22 luglio 2016
Reg. Trib. Civile di Roma sez. stampa n. 371/2009
FERIE ESTIVE,
RICARICHIAMOCI!
Seguici su anclsu.com e su facebook #anclsu
Editoriale
L’Unione:
tratto distintivo del
Sindacato
p.3
Focus
Dimissioni telematiche,
alcune
domande...
p.5
Quesiti
Rispondonogli esperti del
Centro Studi
p.10
Redazione
Bollettino ufficiale
Associazione Nazionale Consulenti
del Lavoro - Sindacato Unitario
Anno 10 - Numero 13 (127)
Reg. Tribunale Civile di Roma
sezione stampa n. 371 del 19.11.2009
Direttore Responsabile
Francesco Longobardi
Capo redattore
Paola Diana Onder
Coordinatori di redazione
Silvia Bradaschia
Giuliana Della Bianca
Francesco Pierro
Redazione e impaginazione
Solcom srl
via Conversano, 74/76
70124 Bari
Editore
Ancl - Segreteria Nazionale
via Cristoforo Colombo, 456
Scala B, I piano
00145 Roma
Contatti www.anclsu.com
[email protected]
[email protected]
Sommario
EDIZIONE DEL
22 luglio 2016
EDITORIALE
L’Unione deve essere tratto distintivo del Sindacato
pag. 3
FOCUS
Dimissioni telematiche, alcune domande sull’esclusione dei cdl
pag. 5
FOCUS
Legittimo il divieto del velo sul luogo di lavoro?
Parola ai giudici
pag. 6
ATTIVITA’ SINDACALE
L’Ancl Campania incontra l’assessore regionale
alla formazione
pag. 7
FORMAZIONE
La formazione interna Ancl
pag.8
QUESITI
Le risposte degli esperti del Centro Studi
pag. 10
CHI SIAMO
Dirigenti e sedi
pag. 19
La vignetta della settimana
Note
chiuso alle
ore 17.00
del 19 luglio
2016
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
editoriale
P. 3
L’unione
deve essere il tratto
distintivo del nostro
Sindacato!
scrive
Francesco Longobardi
presidente nazionale Ancl - Su
Cari colleghi, ci apprestiamo a trascorrere
qualche giorno di riposo per le attese ferie
estive. Ferie più che meritate se ci voltiamo a guardare i mesi impegnativi affrontati:
siamo reduci da giorni intensi e ricchi di iniziative e attività che ci hanno visti coinvolti
a 360 gradi nell’economia reale del paese.
La nuova legge sul Jobs Act, la riforma della
contrattazione e il reintrodotto tema dell’alternanza scuola lavoro rendono la nostra
professione quanto mai dinamica e in movimento continuo: lavoriamo in uno scenario che ci coinvolge direttamente non più e
non solo come elaboratori di buste paghe
ma con un ruolo centrale di consulente
strategico dell’impresa.
In tutte le occasioni di incontro e formazione che ho presenziato in questi ultimi mesi,
e in vista del Congresso elettivo di ottobre,
non mi sono stancato di ribadire che una
seria riforma del mercato del lavoro non
può essere nè pensata nè realizzata senza
il concorso diretto e concreto degli operatori professionali più direttamente coinvolti:
i consulenti del lavoro.
Prima di salutarvi e augurarvi serene ferie,
mi permetto di utilizzare questo spazio per
condividere qualche considerazione generale sul mio mandato che si avvicina a conclusione: si è trattato di un periodo florido
per la nostra categoria che, non a caso, è
sempre più in evidenza nel panorama nazionale. Tutto grazie all’intensità e alla serenità con cui si sono svolti i rapporti tra le tre
componenti della governance di categoria
che permetteranno ai colleghi di domani di
leggere la bella storia durata dieci anni. In
questo tratto di strada la nostra professione ha conquistato spazi e funzioni nuove (la
certificazione dei contratti, la conciliazione,
il contenzioso tributario, la mediazione, l’asseverazione dei rapporti di lavoro), una
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
P. 4
grandissima visibilità mediatica (con presenza costante sulle principali televisioni e testate nazionali), che
è diventata centrale nel movimento oridinistico e ha
guadagnato una eccezionale autorevolezza.
Sulla base di queste conquiste, il nostro obbiettivo
deve essere quello di continuare ad avere un Sindacato presente nella vita pubblica, autorevole, capace
di collaborare, di proporre, capace di dedicare risorse
che solo una Politica sindacale di larghe ambizioni può
mettere in campo, capace di una politica di difesa e di
progresso della categoria. Capace di relazionarsi con
le altre forze del mondo del lavoro, capace di creare
quelle alleanze che diano forza e visibilità e guardare
più ampiamente al futuro, in chiave progettuale ed in
chiave di ulteriore espansione degli interessi del nostro
sindacato.
L’impegno per tutti è quindi quello di continuare a fare
squadra, senza indecisioni, per il migliore nostro futuro,
del nostro Sindacato di categoria, della nostra professione, delle nostre imprese.
Con grande orgoglio consegno alla futura leadership
una dirigenza istituzionale formata interamente da
iscritti all’Ancl.
Chiedo a chi verrà dopo di me quale Presidente Ancl di
proseguire su questa strada che tanto bene ha portato
alla nostra professione. E’ quindi evidente quanto sia
importante per le componenti di Categoria continuare
ad investire nel coinvolgimento reciproco, nella condivisione, nel dialogo, per continuare ad accrescere
la forza e la vitalità della categoria stessa. Non senza
evidenziare che il percorso tracciato è denominato dai
rispettivi ruoli, dalle rispettive funzioni.
Approfitterò del prossimo congresso elettivo dell’Ancl,
per tracciare il percorso fatto, non per attribuirmi dei
meriti, ma per ratificare l’utilità e la necessità della forza sindacale unitaria all’interno della categoria.
Una delle poche categorie che non hanno sindacati
frammentati e forse neanche conosciuti e riconosciuti
all’esterno, ma un unico sindacato che è stato anche
in alcune occasioni interlocutore della pubblica amministrazione. Tengo quindi sin d’ora a sottolineare la pregiatezza delle rispettive azioni ed iniziative dell’intera
Categoria, che rimangono pregiate nel rispetto dei ruoli
e delle competenze, ma che remano all’unisono per il
progresso della nostra attività professionale.
Il futuro della nostra Associazione richiede forza ed
impegno, dunque ricarichiamoci, buone ferie a tutti voi
colleghi!
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
focus
gli approfondimenti
P. 5
Dimissioni telematiche, alcune domande sull’ esclusione dei Cdl
scrive
Francesco Longobardi
La domanda che vogliamo porre al Governo è la seguente: quali sono gli interessi pubblicistici che persegue la disciplina delle
dimissioni? Come è noto, infatti, lo Stato può intervenire nei rapporti fra privati, limitandone la libera espressione dell’autonomia negoziale, ma solo in funzione di un interesse superiore di natura pubblicistica.
Immaginiamo già la risposta: lo scopo è quello di assicurare data certa alle dimissioni evitando la pratica illecita delle cd. dimissioni in bianco.
Ma se questa è la risposta, sorge spontanea una seconda domanda: ma questo scopo, certamente condivisibile, non viene già
assicurato dall’invio delle dimissioni in forma telematica? Quest’ultima è una domanda retorica perché ha intenti evidentemente polemici presupponendo una risposta ovvia; e la risposta ovvia è: sì, è sufficiente la trasmissione telematica per assicurare
data certa alle dimissioni.
Beh, a questo punto, scusate la petulanza ma fateci fare una terza domanda: perché allora limitare solo ad alcuni soggetti la
competenza a trasmettere tali dimissioni telematiche? Qual è lo scopo pubblicistico perseguito da tale ulteriore limitazione
della libertà negoziale delle parti. In altre parole: perché costringere il lavoratore a recarsi presso un soggetto di natura sindacale, con il quale egli magari non ha alcuna dimestichezza, per compiere un atto semplicissimo quale il recesso dal rapporto di
lavoro? Qui la risposta non riusciamo proprio a immaginarla e forse non c’è, nel senso che lo scopo perseguito non ha natura
pubblicistica.
È facile immaginare cosa succede quando un lavoratore si reca in una delle sedi sindacali o parasindacali abilitate: il sindacalista
di turno gli chiederà per quale ragione intenda dimettersi, e poi magari gli lo indurrà a dubitare se il trattamento retributivo
e normativo ricevuto sia conforme a quello contrattualmente previsto e magari gli proporrà anche di fare un bel conteggio.
Benissimo, tutto legittimo.
Ma vi è un interesse dello Stato, meritevole di essere sancito in una legge, a promuovere il contenzioso del lavoro? a sostenere,
in qualche modo, gli uffici legali delle organizzazioni sindacali? A chi volesse rispondere di si chiederemmo anche di indicarci in
quale norma costituzionale tale interesse superiore trova fondamento.
Se quella norma non si riesce a trovarla beh, allora si consenta al lavoratore di rassegnare le dimissioni dove gli pare, senza
escludere che possa farlo anche (non solo) dove ha gestito tutto il resto del suo rapporto di lavoro, dalla A alla Z, cioè nello
studio del Consulente del Lavoro, professionista iscritto a un Albo, vincolato a rigorosi doveri deontologici.
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
focus
gli approfondimenti
P. 6
Legittimo il divieto del velo sul luogo di lavoro? Parola ai giudici
scrive
Renzo La Costa
Il datore di lavoro ha il diritto di imporre il divieto del velo sul luogo di lavoro nel caso in cui l’azienda persegua una politica di
neutralità religiosa ed ideologica. E’ stato questo il parere reso lo scorso maggio dall’avvocato generale della Corte di giustizia
Ue, Juliane Kokott, in riferimento alla causa intentata da una lavoratrice contro una società belga da cui era stata licenziata
proprio a causa della pretesa di indossare il simbolo religioso. La lavoratrice di fede musulmana, lavorava come receptionist,
ma a causa della sua insistenza nel voler portare il velo a lavoro, è stata licenziata dalla società nella quale è vietato per tutti
i suoi dipendenti di portare segni religiosi, politici e filosofici visibili. Dopo aver perso la causa nei primi due gradi di giudizio, la
lavoratrice si era rivolta alla Corte di cassazione belga, che, a sua volta, ha interrogato la Corte di giustizia dell’Unione europea in riferimento al divieto, previsto dal diritto dell’Ue, di discriminazioni fondate sulla religione o sulle convinzioni personali.
Secondo l’avvocato generale Kokott, la decisione dell’impresa di vietare il velo non costituisce però una discriminazione
diretta contro una specifica fede, ma eventualmente una discriminazione indiretta fondata sulla religione. Anche in questo
caso però, secondo l’avvocato, la scelta è giustificata e idonea al fine di attuare una legittima politica di neutralità religiosa ed
ideologica all’interno dei luoghi di lavoro. Dal punto di vista del controllo di proporzionalità, Kokott ritiene che il divieto imposto
dall’azienda può essere considerato proporzionato, non arrecando danni eccessivi agli interessi legittimi della lavoratrice.
E’ vero che la religione per molte persone è una parte fondamentale dell’identità e che la libertà di confessione è un fondamento della società democratica, ma una certa riservatezza in materia sul luogo di lavoro è una legittima richiesta da parte
delle aziende. Ma in perfetto contrasto a tale pronuncia sono intervenute da ultimo le conclusioni di altro avvocato generale
della Corte di Giustizia: “Una politica aziendale che impone a una dipendente di togliere il velo islamico quando si trova a contatto con i clienti costituisce un’illegittima discriminazione diretta”, ha concluso l’avvocato generale della Corte di giustizia Ue
Eleanor Sharpston, contraddicendo le conclusioni pubblicate dalla sua collega Juliano Kokott . Anche nel caso in esame, si è
trattato di una lavoratrice assunta come ingegnere progettista da una società di consulenza informatica: a seguito di talune
lamentele della clientela e all’invito aziendale di non indossare il vero, il diniego della dipendente ha motivato il licenziamento.
La delicatissima questione passa ora ai giudici della Corte di Giustizia, che dovranno dirimere le due distinte pronunce. Cosa
decisamente non facile.
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
News
Attività sindacale
P. 7
L’Ancl Campania incontra l’assessore regionale alla formazione
In data 15 Luglio il Segretario Regionale della Confprofessione Campania e Presidente Regionale dell’ANCL
SU Anna Maria Granata (a destra nella foto) ha incontrato l’Assessore alla Formazione e Pari Opportunità
della Regione Campania, Chiara Marciani (a sinistra
nella foto). Sono state affrontate tematiche relative
alla formazione, all’ apprendistato, ai corsi per favorire
l’apprendimento di nuovi mestieri e alle misure regionali in favore dei professionisti della regione.
Si è parlato di finanziare i giovani praticanti degli studi professionali con un incentivo di natura economica
finalizzato a sostenere il loro reddito nei mesi di praticantato. In considerazione della consistente platea
di giovani interessati, l’Assessore Marciani ha chiesto
di studiare insieme una misura che consente il finanziamento dei percorsi di praticantato. Si è quindi, concordato di insediare un tavolo tecnico finalizzato a alla
ricerca di un sistema di requisiti premianti per i giovani
praticanti degli studi professionali meritevoli dell’incentivo economico.
All’uopo abbiamo evidenziato la delibera tra la Regione
Marche e la delegazione Confprofessione n. 44/2015
che ha approvato un incentivazione del praticantato e
che in fase operativa concede agevolazione ai praticanti dei Dottori Commercialisti in quella regione.
Anna Maria Granata
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
News
Formazione
P. 8
La formazione interna Ancl:
strumento di crescita e opportunità
Corso 3 livello Fiesole
La formazione è parte integrante ed irrinunciabile dell’attività sindacale,
ed al tempo stesso strumento di opportunità di crescita per tutti.
Fare sindacato non è soltanto una scelta etica, ma è
addossarsi una responsabilità sempre più grande,
considerata la velocità del cambiamento e la conseguente rapidità delle decisioni da assumere, decisioni che impongono competenze e conoscenze
per svolgere al meglio il ruolo di rappresentanza.
Con questi principi 11 anni fa sono stati ideati e realizzati
a Fiesole i corsi di formazione interna per i quadri dirigenziali dell’Ancl, attività formativa sindacale che non era mai
stata affrontata prima, lasciata alla iniziativa personale.
Ai dirigenti venne offerta l’occasione di essere preparati ad affrontare le situazioni più diverse, dalle problematiche strettamente sindacali alla comunicazione nei rapporti interpersonali. Si comprese quasi subito che era
necessario estendere la partecipazione a tutti gli associati onde favorire e consentire un’adeguata preparazione anche a coloro che, pur non ricoprendo cariche istituzionali, potevano essere coinvolti in un momento
successivo.
Tuttora il programma, declinato su tre livelli collegati e consequenziali, mira a sviluppare competenze per tutti
i quadri della categoria, con particolare riferimento alle strutture regionali e provinciali, alfine di rappresentare
al meglio le richieste degli associati.
Alcuni esempi degli argomenti trattati:
-
Formazione di base
-
Apprendimento organizzativo
-
Aggiornamento strategico e comportamentale dei dirigenti
-
Metodologia di sviluppo del proselitismo
-
Comunicazione e informazione per stimolare, favorire, creare, laddove inesistente, quella comunicazi one necessaria per portare le informazioni sul territorio.
Propedeutica a ciò è la partecipazione ai corsi, innanzitutto, dei componenti i consigli territoriali degli organismi di riferimento, unioni provinciali in primis, e di tutti gli iscritti Ancl che hanno interesse a conoscere
l’associazione nella sua regolamentazione. L’organizzazione prevede due sessioni: primaverile ed autunnale. Ci
prepariamo a realizzare corsi fino alla metà del prossimo mese di ottobre, poiché alla fine dello stesso mese si
celebrerà il congresso elettorale per il rinnovo delle cariche. Coloro che fossero interessati sono pregati di rivolgersi alla segreteria nazionale al seguente indirizzo [email protected] e, quindi, un arrivederci a presto,
Il coordinatore del Centro Studi Nazionale Ancl s.u. Paola Diana Onder
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
P. 10
quesiti
l’esperto risponde
Nuovo regime forfettini dal 2016
a cura di
Paola Diana Onder
coordinatrice
Centro Studi Nazionale
Domanda
Buongiorno, ho il caso di un dipendente che vuole dimettersi dall’attuale datore di lavoro presso il quale svolge l’attività
di operaio termoidraulico ed aprire nel 2016 una propria partita IVA nel regime dei forfettini sempre come termoidraulico.
Egli potrà aprire nel regime dei forfettini come ditta START UP e quindi con le agevolazioni previste in tale regime per
le start UP? Oppure non potrà aprire nel regime dei forfettini in quanto si tratta di attività già svolta precedentemente
come dipendente? Oppure, ancora, potrà aprire nel regime dei forfettini ma non potrà essere considerato START UP
visto che svolgeva la stessa attività precedentemente quale dipendente?
Se l’operaio invece di dimettersi venisse licenziato, potrebbe aprire nel regime dei forfettini e anche essere classificato
come START UP nel regime dei forfettini?
Colgo l’occasione per porre anche un altro quesito: se il soggetto potesse aprire nel regime dei forfettini ma nel 2016
supererà di tanto il limite dei ricavi previsto per rientrare in detto regime, egli solo dal 2017 passerà nel regime normale
e non già dal 2016, è corretto?
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
quesiti
P. 11
Risponde Renzo Ghiotto
A partire dal 1° gennaio 2016 il nuovo regime forfetario, di cui all’art. 1 commi da 54 a 89 della L. n. 190/2014, rappresenta il “nuovo” regime naturale, nel senso che i soggetti, in possesso dei requisiti previsti, che svolgono un’attività
d’impresa, arte o professione vi entrano “automaticamente”. In caso di inizio dell’attività è possibile avvalersi del regime
forfetario comunicando, nella dichiarazione di inizio attività, “… di presumere la sussistenza dei requisiti di cui al comma
54 …”. Inoltre, coloro che iniziano una nuova attività possono fruire del cosiddetto regime forfettario start-up: l’aliquota
sostitutiva del regime agevolato viene ridotta dal 15 al 5% per i primi 5 anni di attività. Per beneficiare dell’aliquota ridotta
è necessario verificare, oltre alla sussistenza degli altri requisiti richiesti dalla legge, che l’attività intrapresa non deve
costituire in alcun modo mera prosecuzione dell’attività svolta precedentemente sotto forma di lavoro dipendente. Tale
requisito non opera laddove il contribuente dia prova di aver perso il lavoro o di essere in mobilità per cause indipendenti
dalla propria volontà. Per capire se vi è mera continuazione o meno, vanno esaminati diversi elementi, e non è possibile
fornire una risposta definitiva in una direzione o nell’altra, nel senso che solo un’analisi approfondita delle caratteristiche
con cui viene svolta la nuova attività potrebbe portare a una conclusione in un senso o nell’altro. Detto ciò, va sottolineato che il fatto che la prestazione venga resa a clienti diversi rispetto a quelli prima serviti dall’ex datore di lavoro, è
certamente un elemento che depone per la non continuazione dell’attività. E’ invece un’ipotesi di sostanziale continuità
quella di un lavoratore dipendente con qualifica di operaio termoidraulico che intenda iniziare l’attività di imprenditore
rivolgendosi allo stesso mercato di riferimento (si pensi all’ipotesi in cui l’ex datore di lavoro o i clienti dello stesso siano
la parte prevalente dei suoi clienti). Con riferimento all’ultimo quesito, il conseguimento di ricavi (ragguagliati ad anno)
superiori alla soglia prevista in relazione all’attività esercitata determina la fuoriuscita dal regime forfetario a decorrere
dal periodo d’imposta successivo.
Apprendistato tempo determinato
Domanda
Buonasera, una mia azienda nuova cliente che applica il CCNL PANIFICI INDUSTRIA ha sempre instaurato rapporti di
apprendistato professionalizzante a tempo determinato di 3/4 mesi facendo riferimento al suddetto CCNL che regola il
lavoro a tempo determinato con la motivazione di periodo di maggiore produzione e/o picchi di maggiore lavoro (periodo
estivo).
Si rammenta, comunque, che l’Azienda non svolge attività stagionale. Secondo voi l’instaurazione di rapporti di apprendistato professionalizzante a tempo determinato di 3/4 mesi nei periodi estivi è corretta o poteva e doveva soltanto
assumere personale non apprendista a tempo determinato?
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
P. 12
quesiti
Soluzione proposta
Secondo me per l’apprendistato professionalizzante non è possibile attuare tale soluzione se non in caso di attività stagionale e pertanto si dovrà instaurare rapporto di apprendistato stagionale.
Risponde Antonio Stella
Il Decreto 167/2011 (oggi abrogato e sostituito dal D.lgs. 81/2015) ha avuto non solo il pregio di disciplinare ex novo l’intera disciplina del contratto di apprendistato in soli sette articoli, ma ha anche di averlo inequivocabilmente definito: “L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani”.
Tale inciso rappresenta un principio generale tale da far ritenere che l’apprendistato stagionale rappresenti un’eccezione e in quanto tale deve essere espressamente e specificamente disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro
stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che possono prevedere
specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato ex comma 5 art. dell’art.
44 del D.lgs. 81/2015 che recita “Per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali, i contratti collettivi
nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato.”
La peculiarità dell’apprendistato stagionale si evince altresì dalla sottrazione di tali contratti dalla durata minima fissata
in sei mesi cosi come disposto dall’art. 42, comma 2, D.lgs. 81/2015 “Il contratto di apprendistato ha una durata minima
non inferiore a sei mesi, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 43, comma 8, e 44, comma 5.”
Il concetto di stagionalità non coincide con un periodo di maggiore produzione e/o picchi di maggiore lavoro, ma è insita
nell’attività lavorativa che si svolge in un determinato periodo dell’anno e manca del carattere della continuità.
Il CCNL Panificatori Industria, non disciplina l’apprendistato stagionale e pertanto si concorda dunque con la soluzione
proposta.
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
quesiti
P. 13
Elemento perequativo, CCNLMetalmeccanica industria
Domanda
L’art. 13 del CCNL Metalmeccanica industria prevede un elemento perequativo, attualmente di 485 euro, per le aziende
che non danno premi di risultato previsti da contratti di secondo livello. Nell’articolo viene però detto anche che tale elemento viene corrisposto per “una cifra inferiore fino a concorrenza in caso di presenza di retribuzioni aggiuntive a quelle
fissate dal CCNL”. Un’azienda nostra cliente eroga nel mese di giugno, a tutti i dipendenti, una sorta di quattordicesima
del valore di circa 900 euro, non prevista dal CCNL. Essendo tale importo superiore a quello dell’elemento perequativo,
può l’azienda ritenersi esonerata dal corrispondere quest’ultimo?
Soluzione proposta
Secondo me sì, perchè siamo in presenza di una retribuzioni aggiuntiva non prevista dal CCNL che non solo va in riduzione dell’elemento perequativo fino a concorrenza, ma addirittura lo supera.
Risponde Paola Maschietto
Art. 13 – Elemento perequativo – C.C.N.L. METALMECCANICA – Aziende industriali
A decorrere dal 2008, ai lavoratori in forza al 1° gennaio di ogni anno nelle aziende prive di contrattazione di secondo livello riguardante il premio di risultato o altri istituti retributivi comunque soggetti a contribuzione e che nel corso dell’anno
precedente (1° gennaio-31 dicembre) abbiano percepito un trattamento retributivo composto esclusivamente da importi
retributivi fissati dal c.c.n.l. (lavoratori privi di superminimi collettivi o individuali, premi annui o altri importi retributivi comunque soggetti a contribuzione), è corrisposta, a titolo perequativo, con la retribuzione del mese di giugno, una cifra
annua pari a 260,00 euro, onnicomprensiva e non incidente sul t.f.r. ovvero una cifra inferiore fino a concorrenza in caso di
presenza di retribuzioni aggiuntive a quelle fissate dal c.c.n.l., in funzione della durata, anche non consecutiva, del rapporto
di lavoro nel corso dell’anno precedente. La frazione di mese superiore a 15 giorni sarà considerata, a questi effetti, come
mese intero. A decorrere dal 1° gennaio 2011 l’importo sopra riportato è stato elevato a 455,00 euro. Con Accordo del 05
novembre 2014 - a decorrere dal 1° gennaio 2014 - l’elemento perequativo è stato elevato a 485,00 euro.
Nel caso prospettato viene erogato periodicamente un emolumento, soggetto a contribuzione, in misura superiore a quella minima garantita dall’elemento perequativo spettante a chi non goda di altre integrazioni o istituti retributivi ultra contrattuali; i 485,00 euro potrebbero ritenersi pertanto ricompresi in tale importo. Se l’azienda non vi avesse già provveduto,
per correttezza d’informazione, sarebbe opportuno comunicare al lavoratore, in occasione dell’erogazione dei 900,00 euro,
a che titolo tale somma viene corrisposta, precisandone il suo assoggettamento e la sua omnicomprensività.
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
quesiti
P. 14
Pignoramento quinto dello stipendio
Domanda
Per un dipendente, con retribuzione lorda di 1.466,00 mensile, viene notificato alla ditta in data 21.1.2016 da parte di
Equitalia il pignoramento del quinto dello stipendio per tributi, interessi di mora, sanzioni e compensi di riscossione.
Il dipendente ha già altri due pignoramenti da parte di altri creditori a favore dei quali viene effettuata la trattenuta mensile dei due quinti dello stipendio.
La trattenuta può essere fatta fino al 50% dello stipendio?
La trattenuta deve essere effettuata in base alla data di ricezione dei pignoramenti o in percentuale tra tutti i creditori
che hanno richiesto il pignoramento?
Risponde Silvia Manzati
L’articolo 13 del Decreto Legge n. 83/2015, in vigore il 27 giugno 2015, ha modificato gli articoli 545 e 546 del codice di procedura civile che regolamentano il pignoramento di pensioni e stipendi, determinando la quota di pensione assolutamente impignorabile, stabilendo un “minimo vitale” del debitore pensionato e disciplinando il pignoramento dei conti correnti
su cui conferiscono emolumenti retributivi e pensionistici.
Per quanto riguarda il pignoramento “alla fonte” operato dal sostituto d’imposta, rimangono valide le precedenti disposizioni dell’articolo 545 c.p.c., il quale prevede che “le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità
relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per
crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato”. Le somme predette
possono essere pignorate, nella misura di un quinto, anche per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni e, in
eguale misura, per ogni altro credito.
Il legislatore ha previsto che il pignoramento per il concorso simultaneo di diverse cause tra quelle indicate non può superare la metà dell’ammontare delle somme predette al netto delle ritenute di legge, pena l’inefficacia.
La trattenuta va effettuata sulla base della data di ricezione dei pignoramenti e il creditore che propone una nuova procedura deve aspettare che venga interamente soddisfatto il creditore che ha beneficiato di una precedente assegnazione.
Nel caso prospettato, pertanto, si ritiene che il nuovo pignoramento possa essere effettuato solo per la somma residuale
fino alla trattenuta complessiva del 50% dello stipendio netto.
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
quesiti
P. 15
Congedo straordinario per
familiare disabile
Domanda
Buongiorno, ho un dipendente che ha richiesto ed ottenuto dal’Inps il “congedo straordinario per il familiare di una persona con disabilità grave (D.Lgs 151/2001 art.42 comma 5)” per un anno; il dipendente ha paga oraria, i quesiti sono i
seguenti:
- le festività (es. 1/1 e 6/1) sono retribuite? se sì , dalla ditta o dall’inps ?
- gli assegni familiari e il bonus Renzi vengono pagati dalla ditta o dall’inps ?
Risponde Paola Maschietto
E’ possibile richiedere congedi dal lavoro, della durata massima di due anni, per assistere il disabile, come prevede l’art. 42
del D.Lgs 151/01, usufruibili anche in maniera frazionata. Il disabile non deve essere ricoverato a tempo pieno a meno che
non sia richiesta dai sanitari la presenza del dipendente che presta assistenza. Durante il suddetto congedo i beneficiari
non potranno svolgere alcun tipo di attività lavorativa, e dovranno, al rientro in servdfizio, produrre idonea dichiarazione
sostitutiva di atto notorio attestante tale circostanza.
Il congedo non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona. Nel caso, invece, di assistenza a figli con handicap grave, i genitori, anche adottivi, hanno entrambi i predetti diritti, da usufruire alternativamente;
negli stessi giorni l’altro genitore non può fruire del prolungamento del congedo parentale o delle due ore di riposo giornaliero retribuito.
Tale periodo non produce effetti per la maturazione delle ferie, del trattamento di fine rapporto e della tredicesima mensilità. In caso di fruizione di congedo parentale in modo frazionato è necessaria la ripresa effettiva del lavoro tra un periodo e
l’altro, ripresa non rinvenibile nelle ferie. Ciò non significa che immediatamente dopo una frazione e prima della successiva
non possano essere fruiti giorni di ferie; significa invece che se le frazioni si susseguono in modo continuativo (ad es., in caso
di settimana corta, dal lunedì al venerdì e così successivamente) oppure sono intervallate soltanto da ferie, i giorni festivi e,
in caso di settimana corta, i sabati sono conteggiati come giorni di congedo parentale.
Il lavoratore richiedente il congedo straordinario ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione,
con riferimento esclusivamente alle voci fisse e continuative del trattamento; va calcolata quindi prendendo come base l’ultimo mese di lavoro che precede il congedo, esclusi gli emolumenti variabili della retribuzione. L’importo erogato, essendo
un’indennità a carico dell’Inps, non rileva dal punto di vista previdenziale. Il periodo è coperto da contribuzione figurativa.
La retribuzione andrà assoggettata a tassazione ordinaria. Gli assegni familiari continueranno a maturare, e ad essere erogati, come il bonus Renzi, se spettanti.
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
quesiti
P. 16
Azienda promozione turistica e
stagionalità
Domanda
Premetto che la mia ditta cliente è un’Azienda di Promozione Turistica che opera in Trentino nelle zone dell’alta e bassa
Valsugana con un organico di alcune unità a tempo indeterminato, mentre, nel periodo estivo, da maggio a settembre,
in conseguenza all’apertura di uffici nei vari comuni a vocazione turistica, ha l’esigenza di assumere personale a tempo
determinato.
L’azienda applica il contratto del Terziario laddove l’art. 66/bis tratta i contratti a tempo determinato in località turistiche
e fra l’altro recita: “…la gestione dei picchi di lavoro sono riconducibili a ragioni di stagionalità”.
Il nocciolo del problema sta proprio nel riconoscimento della stagionalità, al fine di poter escludere la trasformazione a
tempo indeterminato se il cumulo dei vari periodi supera i 36 mesi.
A sostegno della stagionalità mi sembra di poter richiamare il DPR 7 ottobre 1963 n° 1525 che al n°48 dell’elenco riporta: “…attività esercitate dalle aziende turistiche che abbiano nell’anno solare, un periodo di inattività non inferiore a
70 giorni continuativi o a 120 giorni non continuativi” e questo requisito è presente nelle sedi periferiche dell’azienda da
me assistita.
Purtroppo non fa alcun cenno alla stagionalità delle unità periferiche, ma, mi pare evidente che, ignorare tale circostanza può portare a conseguenze estreme in quanto l’azienda dovrebbe sopportare dei costi sproporzionati rispetto
alle proprie capacità e necessità produttive, tali da minare la sopravvivenza della stessa con gravi conseguenze per il
mantenimento dei posti di lavoro.
In conclusione mi preme far presente che, dalla visura camerale si evince che il codice ATECO 2007 dell’attività è il
79.90.19 – altri servizi di prenotazione e altre attività di assistenza turistica non svolte dalle agenzie di viaggio.
Risponde Giovanbattista Vavalà
L’art. 19, c. 2, del dlgs n. 81/2015 prevede che il limite dei trentasei mesi, superato il quale il rapporto di lavoro a tempo
determinato si trasforma a tempo indeterminato, non si applichi alle attività stagionali di cui all’articolo 21, c. 2, dello stesso dlgs. Quest’ultima norma prevede che le attività in questione siano individuate con decreto del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali ovvero dai contratti collettivi, ma fino all’adozione del decreto ministeriale, occorrerà sempre tenere
conto delle attività stagionali previste dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525. Quest’ultima
normativa contempla, fra le altre, le attività esercitate dalle aziende turistiche con periodi di inattività di almeno 70 giorni
continuativi o 120 non continuativi, mentre l’ipotesi di accordo del 31.03.2015 del ccnl del settore Commercio (applicato
nel caso di specie) sembra dare per acquisito il requisito della stagionalità in località a prevalente vocazione turistica,
anche per quelle aziende che, “pur non esercitando attività a carattere stagionale secondo quanto previsto dall’elenco
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
P. 17
allegato al DPR 7/10/1963, n. 1525 e successive modificazioni, necessitano di gestire picchi di lavoro intensificati in
determinati periodi dell’anno”; pertanto, le parti sociali, nel concordare “che i contratti a tempo determinato conclusi
per gestire detti picchi di lavoro siano riconducibili a ragioni di stagionalità, pertanto esclusi da limitazioni quantitative ai
sensi dell’art. 10, comma 7, lett. b). D.Lgs. n. 368/2001”, impegnano le organizzazioni territoriali ad individuare le località a
prevalente vocazione turistica rientranti nel campo di applicazione della disposizione. Si ritiene, dunque, che il problema
posto col quesito sia superato dalla stessa normativa contrattuale, coordinata con il concetto di “attività stagionale” di
cui all’19, c. 2, del dlgs n. 81/2015, da intendersi in senso piuttosto ampio, anche per evitare distorsioni applicative della
normativa che si verificherebbero laddove si costringerebbe ad assumere lavoratori a tempo indeterminato da impiegare in attività o esercizi che hanno rilevanti e stabili periodi di chiusura nel corso dell’anno.
In alternativa, volendo adottare un atteggiamento prudenziale, nulla impedisce che, superati i 36 mesi a tempo determinato, le assunzioni vengano effettuate a tempo indeterminato ma con contratto a tempo parziale ciclico, laddove si
conoscano in anticipo e con precisione i periodi di apertura e chiusura dei relativi uffici periferici. Del resto, la normativa
vigente (art. 24, c. 3, dlgs 81/2015) garantirebbe in ogni caso il diritto di precedenza al lavoratore precedentemente
impiegato nella medesima attività stagionale.
Periodo di comporto e fruizione
cig
Domanda
Si consideri il caso di un lavoratore (operaio) in malattia con anzianità superiore ai 6 anni e quindi conservazione del
posto in caso di malattia pari a 365 giorni. Il lavoratore ha fatto una malattia di diversi mesi, poi non ha più portato certificato per un mese, in cui è stato collocato in ferie residue di comune accordo; a seguire è iniziata la cig in deroga con
sospensione a zero ore e lui con tutto il suo reparto è stato collocato in cig; durante la cig ha ricominciato a portare certificati di malattia, ma essendo il rapporto già sospeso è stata pagata la cig (cig in deroga in quanto l’azienda è inquadrata
nel settore artigiano a livello contributivo).
Ora, a breve, arriviamo a 365 giorni di malattia contando tutti i certificati, anche per quei periodi dove è stata pagata la
cig! Mi domando se sia giusto considerare anche questi periodi come malattia al fine del superamento del comporto.
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
P. 18
Soluzione proposta
Penso di poter considerare tutti i giorni di malattia certificati, anche se di fatto è stata pagata la cig
Risponde Silvia Manzati
L’INPS con la circolare n. 82 del 16 giugno 2009 ha riordinato le norme che regolano il concorso tra indennità di malattia
e integrazioni salariali, superando le circolari fino ad allora emesse e adeguandosi agli orientamenti giurisprudenziali.
L’Istituto, al primo punto, trattando della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, ha confermato quanto previsto
dall’articolo 3 della Legge n. 464/1972. Tale norma prevede che se, durante la sospensione da lavoro a zero ore, insorge
lo stato di malattia, il lavoratore continuerà ad usufruire delle integrazioni salariali straordinarie. Qualora, invece, lo stato
di malattia sia antecedente all’inizio della sospensione dell’attività lavorativa per CIGS, si verificheranno due casi.
Infatti, se la totalità degli addetti all’unità produttiva, nella quale il lavoratore è occupato, ha sospeso l’attività, spetta anche a lui la CIGS, mentre se non viene sospesa la totalità del personale, il lavoratore ammalato continuerà a beneficiare
dell’indennità di malattia.
Al secondo punto, trattando della Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, l’INPS, supera gli orientamenti precedenti, che
stabilivano la prevalenza dell’indennità di malattia sul trattamento di integrazione salariale, e si adegua agli orientamenti
della giurisprudenza, che concordavano sulla identità di ratio delle due tipologie di cassa integrazione guadagni. Pertanto, l’Ente previdenziale stabilisce che anche in caso di malattia durante un periodo di Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria il lavoratore usufruirà dei trattamenti di malattia o di CIGO secondo le modalità indicate al primo punto per la CIGS.
Poiché sia nei casi di ricorso all’integrazione salariale straordinaria che ordinaria, tale trattamento prevale sull’indennità
di malattia, si ritiene che ciò avvenga anche nel caso di ricorso alla cig in deroga.
Si ritiene, pertanto, che nel caso prospettato, si sia agito correttamente erogando l’indennità di cassa integrazione guadagni in deroga anziché l’indennità di malattia.
La predetta circolare, inoltre, ricorda come durante la sospensione totale dell’attività lavorativa non vi è l’obbligo di prestazione da parte del lavoratore ed egli non è nemmeno tenuto a comunicare lo stato di malattia al datore di lavoro.
Si ritiene, pertanto, che, nonostante il datore di lavoro sia in possesso di certificati di malattia per periodi interessati dalla
CIG in deroga, questi periodi non possano essere considerati giorni di malattia e conteggiati al fine del superamento del
periodo di comporto.
edizione nr. 127 del
22 luglio 2016
CHI SIAMO
DIRIGENTI E SEDI
ANCL - SINDACATO UNITARIO
ANCL SEGRETERIA NAZIONALE
via Cristoforo Colombo, 456 - Scala B, I piano
00145 Roma - tel. 06 5415742
UFFICIO DI PRESIDENZA NAZIONALE
Da chi è composto l’Ufficio di presidenza
Presidente Nazionale Francesco Longobardi
Vice Presidente Nazionale Vicario Guido Sciacca
Segretario Tesoriere Luca Bonati
Segretario Amministrativo Romana Bettoni
Coordinatore del Centro Studi Nazionale Paola Diana Onder
Componenti Claudio Faggiotto, Manuela Maffiotti, Dario Montanaro, Roberto Morini
CONSIGLIO NAZIONALE SINDACI REVISORI
Da chi è composto il Consiglio
Giammaria Monticelli, Tiziano Belotti, Luigi Sabatini
CONSIGLIO NAZIONALE PROBIVIRI
Da chi è composto il Consiglio
Rossano Zanella, Filippo Continisio, Luciano Ognissanti
CONSIGLIO NAZIONALE
Da chi è composto il Consiglio
Consiglieri di estrazione congressuale
Walter Agostini, Mario Alborno, Mario Annaro, Omar Barella, Giovanni Besio, Romana Bettoni, Paolo Biscarini,
Francesco Blasini, Luca Bonati, Bruno Bravi, Luciana Bruno, Maurizio Buonocore, Biancamaria Burali,
Antonio Cairo, Stefano Camassa, Stella Crimi, Flavia Croce, Nestore D’Alessandro, Laura Della Rosa,
Roberto Entilli, Claudio Faggiotto, Vittorina Faoro, Carlo Flagella, Giovanna Formentin, Annarita Formicola,
Debora Furlan, Giuseppe Gaetano, Massimiliano Gerardi, Antonietta Giacomin, Zeno Giarola, Daniele Girini,
Mariano Giunta, Alfonso Izzo, Manuela Maffiotti, Livio Masi, Domenico Monaco, Dario Montanaro,
Roberto Morini, Piervittorio Morsiani, Loredana Nicoli, Paola Diana Onder, Marco Operti, Leonardo Pascazio,
Roberto Pasquini, Valeria Rama, Alberto Saitta, Antonio Saporito, Roberto Sartore, Guido Sciacca,
Roberta Sighinolfi, Antonella Spalletti, Antonio Stella, Giuseppe Trovato, Massimiliano Umbaldo,
Enrico Vannicola.
Ex presidenti ed ex segretari generali nazionali - consiglieri nazionali di diritto
Giancarlo Bottaro, Roberto De Lorenzis, Franco Dolli, Giuseppe Innocenti, Gabriella Perini, Benito Pesenato
PRESIDENTI CONSIGLI REGIONALI ANCL
I presidenti dei Consigli Regionali dell’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro
Pasquale Arteritano (Molise), Crocifisso Baldari (Puglia), Elisabetta Battistella (Bolzano),
Maria Paola Cogotti (Sardegna), Marco Degan (Veneto), Anna Maria Ermacora (Friuli Venezia Giulia),
Luca Fedeli (Toscana), Nicola Filippi (Piemonte), Andrea Fortuna (Lombardia), Anna Maria Granata (Campania),
Giuseppe Gaetano (Calabria), Fabio Licari (Marche), Fabrizio Marti (Liguria), Claudia Paoli (Umbria),
Fabiano Paoli (Trento), Andrea Parlagreco (Lazio), Luca Piscaglia (Emilia Romagna), Lucia Scarpone (Abruzzo),
Stefania Scoglio (Sicilia)