O. PAOLETTI , I materiali lapidei, p. 79

Transcript

O. PAOLETTI , I materiali lapidei, p. 79
I MATERIALI LAPIDEI
In questo contributo i monumenti funerari discussi nel corso di altri interventi vengono
considerati dal punto di vista del materiale lapideo adoperato per costruirli
Come prima cosa, è opportuno richiamare brevemente le caratteristiche geologiche e
litologiche del territorio, che determinarono le scelte degli architetti populoniesi1.
L'asse portante del promontorio di Piombino è costituito dal macigno, una formazione
composta principalmente da rocce sedimentarie oligoceniche, in particolare arenarie, derivate dalla
cementazione di sabbie incoerenti, che in architettura dimostrano apprezzabili caratteristiche
meccaniche2. Vi è poi la complessa «formazione di Canetolo»3 comprendente sia argille, sia calcari
compatti di colore grigio chiaro e calcareniti, che si rinvengono tra l'altro a Poggio del Pero, Poggio
al Finocchio, Poggio al Lupo; di questa categoria fa parte una roccia di media durezza, il calcare
compatto alternato a strati più marnosi, noto in Toscana sotto il nome di alberese 4. Si passa quindi
ai sedimenti di sabbie rosse di Donoratico, estesi a una parte del territorio [79] compreso tra S.
Vincenzo, Venturina e Piombino5, nonché ai depositi di «panchina»: il termine indica sedimenti
sabbiosi ricchi di frammenti organici cementati, che possono variare fra arenarie calcarifere, calcari
arenacei e (come nel nostro caso) calcareniti6, formatisi sui due versanti del Poggio della Guardiola
in seguito a fenomeni di riempimento eolico7. La panchina è una pietra abbastanza tenera e, a
differenza dell'alberese, soggetta a problemi di conservazione dovuti al degrado atmosferico8.
Per quanto riguarda i monumenti funerari di Populonia, sappiamo che gli affioramenti di
arenaria del promontorio offrirono materia prima per le più antiche tombe a camera sul Poggio del
Molino9; mentre al Piano delle Graccate e sul versante sud-occidentale del Poggio omonimo10 le
pseudocupole furono realizzate in calcare, gli stipiti e gli architravi delle porte di accesso alla cella
in alberese11.
1
FEDELI 1983, pp 59-60; FEDELI et al 1993, pp 24-5; COSTANTINI et al 1993, passim, con la relativa Carta
geologica della Provincia di Livomo a Sud del fiume Cecina, foglio Sud, scala 1 : 25000.
2
DEVOTO 1985, pp 28 ss; COSTANTINI et al 1993, pp 54-6 e Carta geologica (sopra, nota 1), lettera o. Sulla
presenza delle arenarie in area toscana recentemente uscite BANCHELLI et al 1997, in particolare p. 14; sulla
lavorabilità della pietra ROCKWELL 1989, p. 21, e sulle sue qualità meccaniche ROSA STAFFERI 1979, p. 48.
3 COSTANTINI et al 1993, pp 58-9 e Carta geologica (sopra, nota 1),lettera e.
4
DEVOTO 1985, pp 45, 48. Nelle pagine che seguono vengono usate, in qualche caso anche nello stesso contesto, la
definizione «calcare», e la definizione «alberese» che, come è noto, si riferisce a sua volta ad un tipo di calcare. Tale
scelta è stata dettata dal fatto che determinazioni litologiche basate sull'esame autoptico sono attualmente possibili solo
per un numero limitato di monumenti; un'identificazione accurata, inoltre, richiederebbe l'esecuzione di analisi
scientifiche. È sembrato pertanto più prudente attenersi alle dichiarazioni fornite dalla bibliografia relativa ai singoli
monumenti; anche se vale la pena di sottolineare che laddove analisi di laboratorio sono state eseguite (ad es. sui
materiali lapidei della T. dei Carri), è stato dimostrato che il calcare, posto a confronto con campioni di provenienza
locale, è effettivamente alberese: BARBI et al 1991, p. 24 (per note geologiche sull’alberese, FRATTINI et al. 1994. p.
190).
5 COSTANTINI et al. 1993, pp. 86-7.
6 DEVOTO 1985, pp. 46-7.
7 MANNONI 1988, p. 40, e in particolare COSTANTINI et al. 1993, p. 86, con carta geologica (sopra nota 1), sigla q8;
per uso del termine 'panchina'cfr. anche MAZZANTI et al 1980, p. 345, nota 3.
8 Analisi sulle caratteristiche della panchina di Populonia e sui fenomeni di degrado che ne minacciano la
conservazione sono state condotte su «campioni provenienti dalle cave (...) della zona» e dalla T. dei Carri: BARBI et al
1991, pp 18, 23 s., 27.
9 FEDELI 1983, pp. 79-81; cfr. il contributo di FEDELI in questi Atti.
10 FEDELI 1983, p. 81 s.; COLONNA 1986, p. 422.
11
Per tutti questi elementi, cfr. ad es. la T. del Rasoio lunato: FEDELI 1983, p. 378, n 256; per l’architrave e le ante del
vano d'accesso: FEDELI 1983, p. 379, n. 257. Sul Poggio delle Granate lastre di alberese sono state riconosciute anche
in un lembo di necropoli comprendente le tombe a fossa ed a camera, sconvolto dalle arature: ROSI 1994-95, p. 251.
1
Le tombe con crepidine a tamburo cilindrico di età orientalizzante ed arcaica presentano come
materiali di base la pietra panchina e l'alberese12: negli spazi interni la prima risulta utilizzata nelle
pareti della cella13, nei letti funebri e nelle colonnette disposte alle loro testate14 o nella
delimitazione dei loculi15, nonché nella lastra di chiusura della cella16; l’alberese ricorre nei filari
aggettanti che danno forma alla pseudocupola, nei pennacchi di appoggio17, nella copertura del
dromos18, talvolta nei letti funebri19. [80] L'esterno delle sepolture monumentali è caratterizzato,
sotto il mantello di terra del tumulo, dal sobrio effetto cromatico creato dalla combinazione della
cortina muraria del tamburo, in panchina, con le lastre più chiare di alberese usate, grazie alle
caratteristiche di durevolezza della materia, nelle parti più sollecitate dalle intemperie: le gronde per
la protezione del tamburo dalle acque piovane il lastricato, munito di cordolo, che serve a
circoscrivere la tomba.
Le eccezioni rispetto a questo modello sembrano rare: così in una tomba del Casone, priva di
un nome convenzionale, il basamento e la cella sono di arenaria e alberese, gli stipiti della porta di
panchina20. Nella Tomba delle Oreficerie, alla Porcareccia, la crepidine consisteva in blocchi di
pietra calcarea21, allo stesso modo della pseudocupola con i pennacchi angolari; mentre era
probabilmente di arenaria in una tomba della stessa area cimiteriale contraddistinta, secondo la
descrizione offerta da Minto, dall'impostazione del dromos e della cella ad un livello inferiore a
quello della crepidine stessa22.
Nella Tomba della Tazza con i Satiri cercatori di tracce, al casone, con cui si passa ad una
variante del tipo del tumulo con crepidine, cioè alla tomba munita di un avancorpo destinato a
conferire maggiore sviluppo al dromos23 la cella è costruita in arenaria e alberese24. Nella Tomba
delle Pissidi Cilindriche, a S. Cerbone, per il tamburo si impiegò, insieme alla panchina, anche il
travertino25. Si tratta, in quest'ultimo caso, di un litotipo del quale è problematico stabilire la
provenienza precisa, dal momento che nel territorio intorno a Populonia non sembrano documentati
banchi di discreta consistenza26; gli affioramenti più vicini si trovano nella zona di Riotorto, in
particolare nella valle del fiume Pecora27.
Nelle tombe a camera prive di crepidine o «ad alto tumulo», secondo la nomenclatura
corrente28, l’alberese continua a rappresentare la regola: come nei filari aggettanti che formano le
coperture, così nella delimitazione del tumulo mediante lastre conficcate nel terreno. [81]
12
FEDELI 1983, pp. 105 ss.; COLONNA 1986, p. 422 s.
FEDELI 1983, pp. 222, n. 82 (Casone); 249 n. 138 a (S. Cerbone, T. delle perline d'ambra); 283, n. 160 (Porcareccia);
v. anche sotto (nota 16), T. dei Carri.
14
FEDELI 1983, pp. 259-261, n. 143 (S. Cerbone, T. dei Letti funebri); 285 ss., n. 163 (Porcareccia, T. dei Flabelli di
bronzo); 351 s., n 220 (Conchino, T. dei Frammenti italo-corinzi); 301, 176b (Campo, dell'Argia, T. dell'Arpia, nella
quale la panchina è mista a lastre di alberese).
15 T. delle Perline d'ambra (sopra, nota 13); FEDELI 1983, p. 223, n 85 (Casone).
1 6 FEDELI 1983, pp. 223, n 85 (Casone). Nella T. dei Carri la panchina risulta impiegata nelle pareti della cella, nei
letti funebri e per chiudere le cellette ai lati del dromos: FEDELI 1983, p. 252, n. 140.
17
T. delle Perline d'ambra (sopra, nota 13); T. dei Carri (nota precedente); pennacchi, pseudocupola e copertura del
dromos della T. dei Flanelli di bronzo (FEDELI 1983, p. 285 s., n 163).
18
FEDELI 1983, p. 351 s., n 220 (Conchino, cfr. sopra, nota 14; v. altresì nota 17).
19
FEDELI 1983, p. 283, n 160 (Porcareccia, cfr. sopra, nota 13).
20
FEDELI 1983, pp. 108, 225 s., n 91.
21
Nsc 1940, p. 375 s. (A. MINTO); FEDELI 1983, p. 288, n 164.
22
In panchina, invece, l’architrave e gli stipiti della porta, nonché la lastra di chiusura: Nsc 1921, p. 328 s. (A. MINTO);
FEDELI 1983, pp. 109, 283 s., n 161.
23
FEDELI 1983, p. 108 s.
24
FEDELI 1983, p. 222 s., [n. 84.
25
FEDELI 1983, p. 266 s., n 146. Per le caratteristiche di questa pietra cfr. ROSA, STAFFERI 1979, p. 53 s.
26
FEDELI 1983, p. 115, nota 13, ritiene plausibile che i blocchi usati a Populonia siano originari di deposito lacustre,
come quelli dei laghi costieri di Piombino e di Rimigliano, un tempo prossimi a Populonia; v. però, per la formazione
recente dello strato di travertino nella zona del lago di Rimigliano, MAZZANTI et al. 1982, pp. 25 e 27.
27
COSTANTINI et al. 1993, p. 87.
28
FEDELI 1983, p. 109 s.
13
2
Nell'ambito di questa tipologia tombale, arenaria e panchina trovano impiego nelle pareti della
cella: l’arenaria ad esempio nella Tomba della Spirale d'Oro, alla Porcareccia29, la panchina in una
tomba monumentale del Costone della Fredda30.
Le tombe a edicola31, distribuite al Casone, a S. Cerbone, alla Sughera della Capra sono
costruite, come è noto, esclusivamente con blocchi di panchina32, La Tomba delle Tazze attiche e in
modo particolare quella del Bronzetto di Offerente dimostrano che dallo stesso materiale erano
ottenute le falde del tetto con i relativi lastroni di sostegno33; in pietra locale erano altresì gli acroteri
e la decorazione plastica a tutto tondo34.
Appare ovvio come lo sfruttamento dei tipi di pietra fin qui menzionati non si limitasse alle
esperienze rappresentate dalle tombe a camera, ma che, senza contare altri generi di strutture
(valgano per tutti le mura che compongono il sistema difensivo della città35, gli edifici destinati
all'attività metallurgica36, le strutture avvistate in varie occasioni nell'insenatura di Baratti e oggi
sommerse a causa dell'arretramento della linea di costa37, composte soprattutto da arenaria38, da
panchina39 e in misura minore da pietra calcarea40), esso investisse anche tipi di sepolture diversi,
pertinenti a periodi disparati. [82] Un nucleo di deposizioni a cremazione di S. Cerbone
comprendeva ciste litiche di panchina disposte a proteggere gli ossuari41; alcune tombe a fossa
dell'età del ferro scavate nei sepolcreti di Piano e di Poggio delle Granate presentavano invece il
piano di deposizione o il rivestimento delle pareti in lastre di calcare42; nella panchina erano scavate
le sepolture a sarcofago43, addensate nel podere Casone, che analogamente a quelle a cassone
29
FEDELI 1983, p. 291, n. 165.
FEDELI 1983, p. 308 s., n. 181 (4).
31
FEDELI 1983, pp. 121 ss.; (COLONNA 1986, p. 449).
32
FEDELI 1983, pp. 121-124; cfr. le aree lastricate nei poderi Casone e S. Cerbone: FEDELI 1983, pp. 248, 273, nn.
133, 151.
33
FEDELI 1983, rispettivamente pp. 270, n 149 a 236 s., n 114 (per quest'ultima anche BRUNI 1989, p. 283 s.).
34
MARTELLI 1979, p. 36 (panchina); BRUNI 1989, p. 273, ("arenaria locale, detta comunemente liparite").
35
FEDELI 1983, pp. 125 s., 335, n. 197 e COLONNA 1986, p. 4.32 (fase antica); FEDELI 1983, pp. 133 s., 346, n. 217
e COLONNA 1986, p. 497 (fase recente).
36
FEDELI 1983, pp. 180, 275 ss., n 154 e 279, n 157, con rinvii (Porcareccia); p. 345 s., n. 214 (Campo Sei).
37
FEDELI 1983, pp. 167 ss.
38
Mura della fase più antica (FEDELI 1983, p. 334, n 196) e mura ellenistiche sul versante occidentale del Poggio della
Guardiola FEDELI 1983, p. 324 s., n 189); edifici'industriali' alla Porcareccia (FEDELI 1983, pp. 275 ss., n. 154 - in
combinazione con la panchina - e 157) e a Campo Sei (FEDELI 1983, p.345 s., n 214; ivi [m], tratto delle mura?);
barriera frangiflutti (FEDELI 1983, pp.342-4, n 211). Lo stesso genere di pietra risulta impiegata in costruzioni sul
Poggio della Porcareccia (FEDELI 1983, p. 288, n 163 b) e in pozzi del periodo etrusco, sia nella stessa località che in
località Reciso (FEDELI 1983, pp. 296,331-4, nn. 171 a,195); inoltre in strutture ubicate sul poggio S. Leonardo e nella
villa nominata di Poggio del Molino, all'estremità settentrionale del golfo di Baratti (FEDELI 1983, pp. 394, n. 286; 399
ss., n. 295).
39
Tratto di muro con base sagomata presso l’acropoli (FEDELI, GALIBERTI, ROMUALDI 1993, p. 110 s., fig. 92);
mura ellenistiche della Falda della Guardiola (FEDELI 1983, p. 346, n 217 a); muri d'incerta funzione e cronologia,
attualmente sotto il livello del mare (FEDELI 1983, pp. 359-62, nn. 229-230, 233); cfr. anche le lastre di rivestimento di
una favissa in località Conchino (FEDELI 1983, p. 353, n. 223) e una struttura nei pressi del tempio sull’acropoli
(«Studi Etruschi», LV111, 1992 [1993], p. 602 [A. Romualdi]).
40
Cinta dell’acropoli in località I Massi (FEDELI 1983, pp. 126, 335, n 197) e presso la strada comunale PiombinoPopulonia (FEDELI 1983, p. 334, n. 196); mura ellenistiche, versante occidentale del Poggio della Guardiola (FEDELI
1983, p. .324 s., n. 389) — Nell’ultimo caso, blocchi di alberese e di arenaria.
41
FEDELI 1983, p. 257, n. 142, IV gruppo (panchina).
42
Per il primo caso: FEDELI 1983, p. 373, n. 239 c; per il secondo: FEDELI 1983, pp. .364, n. 234 h; 366, n. 234 m;
373, n. 239 c (qui anche il piano di deposizione); 389, n. 279 b. Nelle stesse necropoli tombe a fossa databili al IV-III
sec. a.C. documentano l'uso di arenaria impiegata con la medesima funzione: FEDELI 1983, pp. 368-9, n. 236 (1-3);
391 s., n. 281.
43
FEDELI 1983, p. 121.
30
3
rappresentavano una monumentalizzazione della tomba a fossa44. Si ritiene altresì probabile che
anche i coperchi dei sarcofagi populoniesi, come le tombe a edicola, recassero elementi di
coronamento scolpiti nella panchina o nella pietra di origine eruttiva, che abbondava nelle colline
ubicate a nord di S. vincenzo45.
Da questo sguardo d'insieme emerge non solo che i tipi di pietra da costruzione usati a
Populonia erano quelli forniti dalle cave locali46, ma anche che esisteva una correlazione stretta tra
affioramenti e luoghi d'impiego: conseguenza naturale di esigenze pratiche, miranti a contenere i
percorsi e le difficoltà di trasporto del materiale47. In questa prospettiva, se da un lato [83] merita
sottolineare l'uso esclusivo dell'arenaria sul versante settentrionale del Poggio del Molino (dove
finora non sembrano conosciuti siti estrattivi determinati) e la prevalenza del calcare nella zona
delle Granate (qualche affioramento, senza tracce apparenti di coltivazione antica, si riscontra sulle
pendici del Poggio al Lupo48 e del Poggio delle Granate), dall'altro è opportuno notare l'assenza
della panchina in ambedue i luoghi. L’uso di questa pietra si nota, viceversa, nelle necropoli
prospicienti la parte centrale del Golfo di Baratti, prossime alla località Le Grotte49. Proprio alle
Grotte e alle Buche delle Fate, sul versante meridionale del Poggio del Molino, sono noti fino
dall'Ottocento sepolcreti ellenistici, con camere ipogee scavate nella stessa massa rocciosa dalla
quale veniva estratta la panchina50.
La campagna di scavo svolta nel 1997-98 alle Grotte ha riportato l'attenzione su un elemento
di conoscenza rilevante circa gli aspetti produttivi di Populonia, e fa attendere con interesse la
pubblicazione dei suoi risultati. Ciò è tanto più rilevante in, quanto coincide con un momento nel
quale le ricerche concernenti la lavorazione della pietra registrano un forte impulso, sia dal punto di
vista della catalogazione delle tracce dell'attività estrattiva e dello studio dei manufatti sbozzati o
semilavorati, abbandonati nelle cave antiche, sia sul piano delle analisi chimico-fisiche, intese a
stabilire le provenienze dei materiali lapidei e a definire strategie per scopi di conservazione51.
44
MARTELLI 1981, p. 165. Tombe a sarcofago: FEDELI 1983, pp. 227 s., n 93; 235 s., nn. 111 e 113; 240, n. 117d,
fig. 150; a cassone: FEDELI 1983 p.246, n 131.Risulta isolato un sarcofago, realizzato in nenfro, una pietra vulcanica
caratteristica del territorio vulcente: FEDELI 1983, p. 229 s., n. 95 (per le caratteristiche geo-litologiche di quel
territorio, cfr. MANNONI 1988, p. 40).
45
MARTELLI 1979, in particolare pp. 33, 35, 37; BRUNI 1989. Sulle vulcaniti del Campigliese, classificate dalle più
recenti analisi tra le rioliti, COSTANTINI et al. 1993, pp. 93-5; cfr. DEVOTO 1985, p. 17. In questo materiale sono
realizzati, ad es., un coperchio di sarcofago dal Poggio Malassarto (FEDELI 1983, p. 205 s. e fig.103), una base e alcuni
cippi a clava di un tipo diffuso nell'Etruria settentrionale, soprattutto in redazioni marmoree (DE AGOSTINO 1957, p.
9, nn. 3-5, fig. 7; cfr. BONAMICI 1991, specialmente pp. 802-5; BRUNI 1998 b, pp. 578 ss., con bibl.); cfr. anche un
cippo sferoidale trovato in località Villa del Barone (FEDELI 1983, p. 396, n. 292, fig. 346).
46
In qualche circostanza, lo sfruttamento delle cave di pietra è stato giudicato una fonte di ricchezza paragonabile allo
sfruttamento delle risorse minerarie: così, a proposito alle cave di travertino di Serre di Rapolano, MANGANI 1990, p.
18 (sulle cave della zona -moderne, ma con tracce di escavazione più antica a piccone, STARNINI 1983).
47
Non vi sono fino a questo momento indizi relativi ad attività estrattive presso la riva del mare in generale su tale
ubicazione, vantaggiosa per l'imbarco e il trasporto a distanza del materiale, KOZELJ, WURCH KOZELJ 1993, pp. 116
ss.), come sembra invece attestato lungo il litorale livornese. In quel tratto di costa le tracce di estrazione di blocchi e la
regolarizzazitone della roccia sono state ricollegate allo sfruttamento di cave di arenaria, che si ritengono
coltivate in antico in settori oggi parzialmente sommersi, a causa dell'innalzamento del livello marino (GALOPPINI et
al. 1995-1996, p. 115 s.; una situazione paragonabile a questa è documentata a Cap La Couronne, donde proviene una
parte della pietra da costruzione di Marsiglia: GUERY et al. 1981, figg. a pp.21,25 e passim; BESSAC 1986, p.275, con
rinvii).
48
Sullo sfruttametnto delle cave di Poggio al Lupo in epoca moderna, FEDELI 1983, p. 95, nota 11; cfr. Soprintendenza
Archeologica per la Toscana, Archivio Storico, pos. 9 Livorno 4, anni 1932 e 1936.
49
Si veda la fig. 1, che abbraccia l’area in discorso e la Tomba dei Carri.
50
Le Grotte: FEDELI 1983, pp.310-320 (necropoli), pp. 320-322 (cave); per la necropoli anche ROMUALDI
1984-1985 (1988) e 1985, pp.195 ss. (accenno alla cava, rispettivamente, alle pp. 13 e 212). Buche delle Fate: FEDELI
1983, pp.325-330 (necropoli e cave); ROMUALDI 1985, p.212-214 (necropoli; per la cava, in particolare, p. 214) Alle
Buche delle Fate si osservano, malgrado il forte interramento, segni di estrazione della pietra assimilabili a quelli
documentati alle Grotte (fig. 10).
51
Per cogliere immediatamente lo sviluppo di questo settore di studi è sufficiente uno sguardo alla bibliografia elencata
nelle opere più recenti: cfr ad es. il volume collettivo comprendente PENSABENE 1993-95 (1998).
4
Speciale attenzione viene rivolta al marmo e ad altre pietre di consistenza «fredda»; ma, data la
sostanziale omogeneità delle tecniche di estrazione antiche52, vari problemi ed osservazioni sono
comuni anche a litotipi diversi. Una difficoltà ricorrente è determinata dalla continuità di
occupazione di molte cave, sfruttate anche in età post-classica e moderna; fenomeno che ha finito
per limitare, dove non le ha addirittura cancellate, le tracce di lavorazione antica. [84] Tranne che in
qualche caso particolare, per esempio laddove si conservano graffiti, è arduo stabilire datazioni per i
fronti di cava; è quasi superfluo ricordare che i tipi degli attrezzi e i procedimenti estrattivi si sono
mantenuti pressoché invariati per molti secoli, e che la meccanizzazione delle cave è un fatto non
anteriore agli inizi del XX secolo53. Sulla situazione di Populonia appare in un certo senso
privilegiata, se si considera che nell'area delle Grotte (e probabilmente alle Buche delle Fate) la
situazione stratigrafica è tale da garantire l'antichità di alcuni fronti di abbattimento.
Il bacino estrattivo delle Grotte, oggi immerso nella macchia mediterranea, si distende tra 80
m e 140 m di altitudine lungo la pendice sud-orientale del Poggio della Guardiola, ivi una zona in
cui è ubicata anche una delle principali necropoli del periodo ellenistico. Le aree attualmente
riconoscibili come cave sono non meno di quattro54 e, come si è accennato, vennero sfruttate
almeno dal VII secolo a.C. Rappresentano invece un problema ancora aperto il termine cronologico
inferiore di uso del complesso estrattivo e la possibilità di un rinnovato interesse al riguardo, anche
sporadico, in età post-classica.
Blocchi non ancora perfettamente delineati e considerevoli tratti di parete, segnati dalle tracce
degli strumenti dei cavatori, si notano lungo un fronte che si sviluppa irregolarmente nei pressi di
un sentiero che risale la collina in direzione del monastero di S. Quirico (Figg. 1-2)55; lungo il trac­
ciato del sentiero sono stati abbandonati elementi architettonici semilavorati, mentre altri si trovano
ai piedi della parete rocciosa di un'area di estrazione diversa, situata a quote inferiori56. Le novità
principali, tuttavia, vengono da una zona posta immediatamente alle spalle di una serie di tombe
ipogee, alcune delle quali con decorazione dipinta57. Questo settore della cava ha, in pianta, una
forma grosso modo a L. Sul lato prossimo alle tombe dipinte si trova un fronte di cava come
sviluppo quasi verticale, lungo circa 30 m e articolato da rientranze; davanti a questo si stende un
piano di coltivazione abbandonato in corso d'opera, situato alla base di una parete già da tempo
visibile58.
Il fronte di cava, sovrastato da un modesto strato di sabbia arrossata, è solcato in alto da
profonde incisioni, probabile conseguenza di fenomeni carsici59; [85] sul tratto più lungo una risega
orizzontale sovrasta due ordini di camere funerarie, scavate nella formazione rocciosa (Figg. 4-5).
La superficie, che conserva ancora due iscrizioni etrusche incise, appare regolarizzata e coperta da
file continue di lunghe e sottili impronte oblique lasciate dagli strumenti, ravvicinati tra loro e con
qualche cambiamento di direzione; il loro studio potrà fornire informazioni sui metodi estrattivi
della pietra60. Degno di particolare attenzione è anche un breve tratto di parete dove, osservando in
condizioni di luce radente, si nota come il procedimento di estrazione si adeguasse ai piani di
sedimentazione inclinati della panchina, con assise abbastanza regolari, alte una settantina di
52
Cave e tecniche di estrazione: tra gli altri DOLCI 1980, pp.188 ss.; ADAM 1984, pp. 23-60; KOZELY 1987;
ROKWELL 1989, pp.169-178; WAELKENS 1990 e 1994; PENSABENE 1994, pp. 339-352; 1993-95 (:1998),
pp.368-373.
53
Cenni ad es. in ROCKWELL 1989, p. 176 s.; RODER 1957, p. 221; BESSAC 1993b, p. 211. Per gli attrezzi, ad es.
ADAM 1984, p. 36.
54
FEDELI 1983, pp. 320 ss., nn. 185-6, fig. 278.
55
FEDELI 1983, p. 322, D.
56
Rispettivamente, FEDELI 1983, p. 322 s., n. 186 e p. 322, A.
57
ROMUALDI 1984-85 (1988) per la posizione della cava rispetto a queste tombe, fig. di fronte a p. 6; FEDELI et al,
1993, p. 122 s., figg. 111- 112; per la cava, FEDELI 1983, p. 322,B.
58
FEDELI 1983, p. 323, fig. 280.
59
Su questo aspetto cfr. CASONE 1993, p.185-7.
60
Importanti precisazioni di carattere generale presso BESSAC 1993a. Le iscrizioni verranno pubblicate nella Rivista di
Epigrafia Etrusca. «Studi Etruschi», LXIV
5
centimetri alla base (attuale) della stessa parete si trova un blocco d'incerta funzione; isolato su tre
lati da profonde scanalature, esso è solidale alla parete lungo il suo lato posteriore (Fig. 6).
In questa parte dello scavo, pochi anni or sono vennero in luce sepolture etrusche praticate
entro i livelli più alti del potente strato di riempimento della cava61, quindi più recenti delle tombe a
camera scavate nella roccia; si ritiene che anche queste ultime siano state costruite dopo
l’obliterazione del piano di calpestio della cava62. [86] Segni riferibili all'attività di estrazione,
rappresentati da una fila di tratti paralleli incisi, si trovano su una delle pareti che delimitano un
piano di coltivazione riportato in luce a 50-60 m di distanza dalla parete sopra descritta e ad essa
parallelo, abbandonato, come si è detto, ancora in uso (Fig. 7)63.
Anche qui le operazioni venivano condotte assecondando la stratificazione naturale della
pietra, inclinata in direzione di quella stessa parete. Il tratto del piano di coltivazione evidenziato
dallo scavo, profondo in pianta poco meno di 20 m e largo poco più di 50 m, mostra che lo
sbancamento avveniva secondo un sistema a reticolo e su gradini, con il vantaggio di sfruttare le
canalette di divisione tra blocchi contigui e di consentire a più cavatori di operare
contemporaneamente. [89] La regolarità con cui sono distribuiti i blocchi che ancora aderiscono al
letto di cava suggerisce che la panchina veniva estratta non sotto forma di massi da dividere una
volta isolati, ma in blocchi che già si avvicinavano alle dimensioni desiderate per la messa in
opera64.
L'impianto generale del piano di coltivazione sembra dunque chiaro, ma a causa
dell'irregolarità delle superfici di distacco e del degrado subito dalla pietra, è difficile riscontrare
corrispondenze esatte nelle misure dei blocchi65. Sono altresì riconoscibili canalette di separazione
tra i blocchi stessi (Fig. 8)66, tracce relative all'attacco di una canaletta per mezzo del piccone ed
altre a forma di trapezio allungato67, riferibili agli alloggiamenti di cunei di ferro che preparavano lo
strappo dei blocchi dal banco roccioso (Fig. 9)68. [90]
Sulla prosecuzione di un lato dello stesso fronte di cava vi sono tracce di due tamburi di
colonna, disposti fianco a fianco; a parte quelli sopra segnalati nell'area delle Grotte, elementi
consimili si trovano alle Buche delle Fate69, zona in cui veniva estratta pietra da costruzione
destinata a strutture ubicate diversamente da quelle servite dal giacimento di panchina delle Grotte
(Fig. 10). Anche alle Buche delle Fate, nelle pareti di cava si aprivano i dromoi di tombe a camera
sotterranea. Lo sviluppo di una necropoli in un'area precedentemente adibita a cava non è esclusivo
di Populonia, come conferma, in ambito tarquiniese, il caso del fondo scataglini70.
61
ROMUALDI 1984-85 (1988) in particolare pp 13 ss; 1985, p. 212. Sepolture assimilabili in queste sono emerse
anche nel corso dell’ultima campagna svolta alle grotte.
62
Cfr. FEDELI 1983, p. 322.
63
Per tale circostanza - non rara - ad es. ADAM 1984, p. 26; Sovana 1995, p. 125 s. (M. MIARI).
6 4 Un modo di procedere affine determinato dalla necessità di ottenere ciocchi di dimensioni contenute si osserva in una
cava coltivata su piani orizzontali progressivamente più profondi, messa in luce a Cerveteri: CRISTOFANI, BOSS
1992, in particolare figg. :12,15, 18-19 (cfr. anche ibid , p. 7 s. - inquadramento cronologico dell’area di appartenenza ­
p. 15 - tracce di altre «cave» ceretane -). Sul sistema di estrazione dei blocchi lapidei nell'antichità interessante anche se
focallizzato sul marmo, KOZELJ 1988 (l’autore del lavoro ha verificato sperimentalmente taluni processi, al fine di
valutare il tempo e il lavoro impiegati dai cavatori; su quest’ultimo aspetto per citare solo qualche esempio cfr. RODER
1993, p.49 e, per calcoli relativi a prestazioni su materiale più tenero RODER 1957, specialmente pp.240, 271).
6 5 Qualche misura a titolo indicativo: 125/135 cm (lungh.) x 62 cm (largh.) x 80-85 cm (alt.); oppure 162 cm (lungh.) x
57 cm (largh.) x 37 cm (alt.); O ancora 105 cm (lungh.) x 63 cm (largh.) x 65 cm (alt.).
66
La larghezza misura. l2 cm alla sommità e ca. 7 cm alla base.
67
Lungh. 10-12 Cm; Largh. alla base 8-10 cm, alla punta 4-4, 5 cm.
68
Sull'impiego dei cunei, RODER 1957, pp. 263-5; ADAM 1984, p. 26; DWORAKOWSKA 1987, p. 25;
WAELKENS et al. 1990), pp.62 ss. Probabilmente da considerare alloggiamenti pcr cunei anche alcuni fori orizzontali
praticati in serie su una parete della cava delle Grotte.
69 FEDELI 1983, pp. 325 ss., n. 192.
7 0 LININGTON, SERRA RIDGWAY 1997, pp. 121 ss. (in particolare pp 126 ss.) e, per le tracce di asportazione della
pietra, tavv CCXXII-CCXXIII; SERRA RIDGWAY 1998.
6
Lo studio dei dati emersi dalle indagini svolte alle Grotte consentirà certamente di formulare
osservazioni circa i procedimenti di escavazione e la quantità stimata di materiale estratto, quindi
anche ipotesi sull'organizzazione del lavoro, verosimilmente affidato a squadre poco numerose di
cavatori specializzati una ricostruzione esauriente, peraltro, dovrebbe prendere le mosse dal
completamento dello scavo anche a prescindere dall'esplorazione completa dell'area delle Grotte,
difficilmente realizzabile per ragioni pratiche71 si capirebbero meglio il rapporto tra la parete
verticale e il piano di coltivazione sopra discussi e, in generale, la fisionomia del cantiere. [91]
Un aspetto riguardo al quale si è. fino a questo momento, all’oscuro è l'esistenza di un
piazzale di cava, adatto per esempio alla squadratura dei blocchi e dei tamburi di colonna estratti72,
nonché di un percorso di uscita in pendenza o di macchine di sollevamento per i blocchi, necessarie
se l’attività estrattiva aveva dato origine a una profonda trincea, chiusa su tutti i lati. Ci sfugge
anche come avvenisse il trasporto del materiale ai luoghi di destinazione; data l'ubicazione della
cava sul fianco di una collina, si può pensare a un sistema di trascinamento, se non altro fino a
dove, raggiunto un terreno pianeggiante, potessero venire utilizza animali da traino. [92] Né
sussistono segni di una forgia per sopperire alla manutenzione degli utensili di cava73, o di
abitazioni per le maestranze74.
In ogni caso lo scavo delle Grotte rappresenta un punto di riferimento prezioso, tanto più se lo
si correla alle ricerche svolte negli ultimi anni sulla coltivazione delle cave di marmo nell'entroterra
populoniese, in special modo su quella del 'pario' di Campiglia. [93] Per quanto concerne l’epoca
medievale e moderna, lo sfruttamento dei filoni marmiferi di quel comprensorio ha svolto un ruolo
a partire anche dal Quattrocento, se è vero che Brunelleschi ne utilizzò il materiale per la
costruzione della cupola della cattedrale fiorentina di S. Maria del Fiore75; Nel secolo successivo si
incaricarono scalpellini di trasportare a Firenze campioni estratti dagli affioramenti della zona,
mentre Baccio Bandinelli e Bartolomeo Ammannati ricevettero blocchi di questa pietra da
scolpire76. Nel sito del Campo alle Buche, che deve il proprio nome alla presenza di pozzi di
coltivazione mineraria, nella fase estrattiva antica è stata individuata entro un’area caratterizzata da
marmo di grande compattezza, con segni di asportazione del materiale lapideo in grossi blocchi,
scanditi da caesure ben riconoscibili77; Il fronte di abbattimento è stato studiato anche sulla base
delle tracce delle modalità di estrazione, indicate dai solchi lasciati dagli attrezzi. Il suo
inquadramento cronologico non è semplice, tuttavia è opportuno ricordare che in prossimità della
cava si sono riconosciuti resti di un insediamento, (forse in giacitura secondaria) databili tra il IV e
il II secolo a. C.78 e che, sempre in tempi non lontani, nella vicina località di S. Dazio sono state
scavate tombe a camera di epoca orientalizzante79.
Sia l’abitato al quale apparteneva questa piccola necropoli80 che quello più tardo, contigui alla
cava, s'inquadrano in un sistema di siti gravitanti su Populonia che si è soliti porre in relazione con
71
Esemplare a questo proposito l’indagine sull’area estrattiva del Bois de Lens (Gallia Narbonese), comprendente varie
cave e cantieri, svoltasi lungo un arco di decenni: BESSAC 1993b; 1996.
7 2 Da correlare all'attività di cava anche quella di una o più botteghe di artigiani con cui uscirono le modeste sculture e i
segnacoli funerari in panchina che corredavano alcune tombe a camera: ROMUALDI 1984-85 (1988), pp 42, nn. 113-4,
fig, 35; 49 nn. 150-1, figg. 42-3; 58 n. 193 fig. 49 (sulle sculture funerarie v. altresì BRUNI 1996 [1998] pp 148 ss.) Un
cippo di panchina proviene anche dalla necropoli delle Buche delle Fate: ROMUALDI 1985, p. 212, n. 186.
73
A titolo indicativo, ADAM 1984, p. 29; KOZELJ 1987, p.23.
74
Cenni in BESSAC 1986, p. 277.
75
MANNONI et al. 1995, p 352, con rinvii.
76
SALADINO, 1995, pp 39, 87, app, E 1-2; VASIC VATOVEC 1995, p 333, nota 1.
77
MANNONI et al. 1995, pp 347 ss.
78
MANNONI et al. 1995, p 347; ROMUALDI et al. 1994- 1995, pp. 274.
79
ROMUALDI et al. 1994-1995. Di una di queste tombe, inquadrabile nel tipo populoniese «a tumulo senza crepidine»,
si conservano resti della camera a pianta quadrangolare, con banchina di deposizione delimitata da lastre di calcare.
Nelle pareti risultano usati blocchi erratici di marmo, inoltre blocchi di travertino e lastre di scisto: ibid, p 274.
80
Per la sua ubicazione v. ROMUALDI et al. 1994-1995, p. 280.
7
l’attività mineraria della zona81; adesso, i risultati ai quali si è appena fatto cenno incoraggiano ad
approfondire le ricerche anche sul fenomeno specifico dell’estrazione del marmo, per stabilire
l’epoca d'inizio di tale attività; tema di notevole interesse tanto in sé, quanto in rapporto alla
diffusione dei manufatti marmorei nell'Etruria settentrionale sulla base di una stretta correlazione
tra scultura in pietra locale di Populonia e monumenti in marmo82, infatti, è stata affacciata un’ipotesi, secondo la quale botteghe di Populonia che adoperavano il marmo di Campiglia (e forse
marmo greco) avrebbero svolto un ruolo fino dal tardo periodo arcaico83 a fianco di quelle pisane,
delineate per merito di alcuni studi recenti84. [94]
ORAZIO PAOLETTI∗
Il testo rispecchia sostanzialmente quello letto in occasione delle giornate di studio di
Populonia, con l’aggiunta di note. Tengo a ringraziare G. Bartoloni e A. Romualdi per l’invito a
prendere parte all’incontro e l’aiuto offertomi nella preparazione del lavoro; esprimo gratitudine per
varie segnalazioni anche a G. Bersotti G. capecchi, F.R. Conti, F. Fratini, L. Long, R. Mazzanti, P.
Pallecchi, A. Quattrucci, R. Settesoldi.
Bibliografia
J. P. ADAM, 1984, La construction romaine, Paris.
C. ARIAS, E. MELLO, M. ODDONE, 1991, Studio della provenienza di alcuni cippi etruschi in
marmo bianco di Volterra e Pisa, «Archeologia Classica», XLIII, pp. 8 18-833.
A. BANCHELLI, F. FRATTINI, M. GERMANI, P. MALESANI, C. MANGANELLI, DEL FA
1997, The Sandstones of Florentine Historic Buildings: Individuation of the Marker and de­
termination of the Supply Quarries of the Rocks Used in Some Florentine Monuments,
«Science and Technology for Cultural Heritage» VI 1, pp. 13-22.
I. BARBI, B. LEGGERI, S. NENCIONI, C. MANGANELLI DEL. FÀ, E. PECCHIONI, 1991, La
tomba dei carri: indagini e proposte per la conservazione, «Arkos», 15, pp. 11 – 28.
J.-C. BESSAC, 1986, Approche des problèmes posés par la construction des remparts grecs en
pierre, in P. LERICHE, H. TREZINY (a cura di), La fortification dans l'histoire du monde
grec, Paris, pp. 273-282.
J.-C BESSAC, 1993a, Traces d'outils sur la pierre: problématique, méthodes d'études et
intérpretation, in FRANCOVICH 1993, pp. 143-176.
J.-C. BESSAC, 1993b, État des recherches sur les carrières antiques du Bois de Lens (Nîmes),
«Journal of Roman Archaeology», VI, pp. 205-225
J.-C. BESSAC., 1996, La pierre en Gaule Narbonnaise et les carrières du Bois de Lens (Nîmes).
Histoire, archéologie, ethnographie et techniques, «Journal of Roman Archaeology», suppl.
XVI.
M. BONAMICI 1989, Il marmo lunense in epoca preromana, in E. DOLCI (a cura di), Il marmo
nella civiltà romana. La produzione e il commercio, Atti del seminario, Carrara, pp. 84-101.
81
CASINI 1993, pp. 304-307; ROMUALDI et al. 1994-1995, pp. 271 ss.
Su questi, cfr. BONAMICI 1989, pp. 87, 88, n. 43 e la bibliografia qui citata nella note che seguono.
8 3 FEDELI et al. 1993, p.114 s. (A. ROMUALDI); BRUNI 1993, pp. 65,69; BRUNI 1998a,p.167 s. (ROMUALDI
1996, p. 437, accenna inoltre al possibile sfruttamento delle cave di Monte Valerio a partire dalla prima età ellenistica).
84
BONAMICI 1995 (1996), p. 26, con bibliografia; BRUNI 1998a, pp. 166-172.Dal punto di vista delle analisi fisiche, i
monumenti finora esaminati sono stati ricondotti quasi esclusivamente ai bacini estrattivi apuani: ARIAS et al. 1991;
MANNONI 1991, ove rimane in sospeso il problema relativo ad un oggetto di possibile importazione orientale. Per il
ruolo svolto dalle cave dei Monti Pisani BONAMICI 1990, p. 123 s. ; BRUNI 1999, p. 263 s.
∗
Istituto di Studi Etruschi e Italici, Via Ricasoli 31, 50122 Firenze.
82
8
M. BONAMICI 1990, L'epoca etrusca: dall'età del ferro alla romanizzazione, in S. Giuliano
Terme. La storia, il territorio, Pisa, pp. 97-324. [95]
M. BONAMICI, 1991, Nuovi monumenti di marmo dall'Etruria settentrionale, «Archeologia
Classica», XLIII, pp. 795-817.
M. BONAMICI, 1995 (1996), Contributo alle rotte arcaiche nell'alto Tirreno, «Studi Etruschi»
LXI, pp. 3-43.
S. BRUNI, 1989, Attorno alla tomba del Bronzetto d’Offerente di Populonia, «Mitteilungen des
Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung» XCVI, pp. 267-284.
S. BRUNI, 1993, Prolegomena a Pisa etrusca in S. BRUNI (a cura di), Pisa. Piazza Dante: uno
spaccato della storia pisana. La campagna di scavo 1991, Pontedera, pp. 23-94.
S. BRUNI, 1996 (1998), Appunti su alcune sculture populoniesi in età ellenistica, «Studi Etruschi»,
LXII, pp. 139-151.
S. BRUNI, 1998a, Pisa etrusca, Milano.
S. BRUNI, [F. SEVERINI,] 1998b, Problemi sulle presenze etrusche nella Toscana nordoccidentale:i dati della necropoli di Pisa, in Aspetti della cultura di Volterra etrusca fra l'età
del Ferro e l'età ellenistica e contributi della ricerca antropologica alla conoscenza del
popolo etrusco, Atti del XIX Convegno di Studi Etruschi ed Italici, Firenze, pp. 559-596.
S. BRUNI, 1999, I confini del territorio della polis pisana in età arcaica. Una proposta,
«Athenaeum», 86, pp. 243-266.
G. CASCONE, 1993, La zona speleologica del Massiccio del Monte Calvi. Primo contributo alla
sua conoscenza, in MAZZANTI 1993 pp. 183-212.
A. CASINI, 1993, Archeologia di un territorio minerario: i monti di Campiglia, in MAZZANTI
1993, pp. 303-314.
G. COLONNA, 1986, Urbanistica e architettura, in AA.VV, Rasenna, Milano, pp. 371-530.
A. COSTANTINI, A. LAZZAROTTO, M. MACCANTELLI, R. MAZZANTI, F. SANDRELLI, E.
TAVARNELLI, FM. ELTER, 1993, Geologia della provincia di Livorno a Sud del fiume
Cecina, in MAZZANTI 1993, pp 1-164.
M. CRISTOFANI, M. BOSS, 1992, La struttura, in Caere 3.1. Lo scarico arcaico della Vigna
Parrocchiale I, Roma, pp. 5-17.
A. DE AGOSTINO, 1957, Populonia (Livorno). Scoperte archeologiche nella Necropoli degli anni
1954-1956, «Notizie Scavi», pp. 1-52
G. DEVOTO, 1985, Geologia applicata all’archeologia, Roma.
E. DOLCI, 1980, Carrara. Cave antiche, Carrara.
A. DWORAKOWSKA, 1987, Wooden Wedge in Ancient Quarrying, Practice. Critical
Examination of the State of Reserch, «Archeologia Warsz», XXXVIII, pp. 25-35.
F. FEDELI, 1983, Populonia. Storia e tertitorio, Firenze.
F. FEDELI, A. GALIBERTI, A. ROMUALDI, 1993, Populonia e il suo territorio, Firenze.
R. FRANCOVICH 1993 (a cura di), Archeologia delle attività estrattive e metallurgiche, Firenze.
F. FRATINI, P. GIOVANNINI, C. MANGANELLI, DAL FÀ, 1994, La pietra da calce di Firenze:
ricerca e caratterizzazione dei materiali per la produzione di «calcina forte» e «calcina
dolce», in G. BISCONTIN, G. DRIUSSI (a cura di), «Scienza e Beni Culturali», X, Atti del
convegno, Bressanone, pp. 189-214.
R. GALOPPINI, R. MAZZANTI, M. TADDEI, R. TESSARI, L. VIRESINI, 1995-96, Le cave di
arenaria lungo il litorale livornese, «Quaderni del Museo di Storia Naturale di Livorno»,
XIV, pp. 111-146.
T. GUERY, P. PIRAZZOLI, P. TROUSSET, 1983, Les carrières littorales de La Couronne indices
de variation du niveau marin, in Histoire et archéologie, «Les dossiers", 50, pp. 18-27. [96]
T. KOZELJ, 1987, Les carrières de marbre dans l’antiquité, in D. VANHOVE (a cura di), Marbres
helléniques de la carrière au chef-d'oeuvre, Catalogo della mostra, Bruxelles pp. 20-33.
9
T. KOZELJ, 1988, Extraction of Blocks in Antiquity: Special Methods of Analysis, in N. HERZ, M.
WAELKENS (a cura di), Classical Marble: Geochemistry, Technology, Trade, DordrechtBoston-London, pp. 31-39.
T. KOZELJ, M. WURCH KOZELJ, 1993, Les transports dans l’antiquité, in FRANCOVICH
1993, pp. 97-142.
R.E. LININGTON, F.R. SERRA RIDGWAY,1997, Lo scavo nel fondo Scataglini a Tarquinia,
Milano.
E. MANGANI, 1990, L'orientalizzante recente nella valle dell'Ombrone, «Annali Istituto
Universitario Orientale di Napoli. Sezione di Archeologia e Storia Antica», XII, pp 9-21.
T. MANNONI, 1988, Le rocce e le argille dell'Etruria meridionale, in Etruria meridionale, Atti del
convegno (Viterbo), Roma pp 39-42.
T. MANNONI, A. CASINI, R. PARENTI, 1995, Il marmo pario dell’Etruria, in G. CAVALIERI
MANASSE, E. ROFFIA (a cura di), Splendida civitas nostra, Studi A Frova, Roma, pp.
343-59.
M. MARTELLI 1979, Osservazioni sulle stele di Populonia, in Studi per E. Fiumi, Pisa 1979, pp.
33-45.
M. MARTELLI, 1981, Populonia, in M. CRISTOFANI (a cura di), Gli Etruschi in Maremma,
Milano, pp 153-174.
R MAZZANTI, 1993 (a cura di), La scienza della terra nell'area della provincia di Livorno a sud
del fiume Cecina, «Quaderni del Museo di storia Naturale di Livorno», XIII, suppl n. 2.
R. MAZZANTI, C. NENCINI, R. UGHI, 1982, Nuove osservazioni sul lago prosciugato di
Rimigliano nella pianura di Piombino, «Quaderni del Museo di storia Naturale di
Livorno»,III, pp. 3-30.
R. MAZZANTI, E. PRANZINI, S. TACCINI, 1980, Studi di geomorfologia costiera: VIIVariazioni della linea di riva dal Pleistocene medio-superiore ad oggi, caratteristiche
sedimentologiche e stato delle associazioni vegetali del litorale di S. Vincenzo (Toscana),
«Bollettino della Società Geologica Italiana», XCIX, pp. 341-364.
P. PENSABENE, 1993-95 (1998), Il fenomeno del marmo nella Roma tardo-repubblicana e
imperiale, in P. PENSABENE (a cura di), Marmi antichi II, «Studi Miscellanei» XXXI pp.
333-374.
P. PENSABENE, 1994, Le vie del marmo, Roma.
R. ROCKWELL, 1989, Lavorare la pietra, Roma.
J. RÖDER, 1957, Die antiken Tuffsteinbrüche der Pellenz, «Bonner Jahrbücher des Rheinischen
Landesmuseums», CLVII, pp. 213-271.
J. RÖDER, 1993, Die Steinbrüche des numidischen Marmors von Chemtou, in F. RAKOB (a cura
di), Simitthus I. Die Steinbrüche und die Stadt, Mainz 1993, pp. 17-53.
A. ROMUALDI, 1984-85 (1988), Populonia (Livorno). Loc. Le Grotte. - Relazione preliminare
sulle campagne di scavo 1965-1967 e 1979 nella necropoli, «Notizie Scavi», pp. 5-68.
A. ROMUALDI, 1985a, Il popolamento in età ellenistica a Populonia: le necropoli, in G.
CAMPOREALE, (a cura di), L’Etruria mineraria, Catalogo della Mostra, Milano, pp. 195
–214.
A. ROMUALDI 1996, Populonia, in EAA, II Supplemento 1971-1994, IV, pp. 432-442.
A. ROMUALDI, P. PALLECCHI 1992, Progetto di ricerca sulle cave di marmo nel territorio di
Campiglia con analisi mineralogiche e petrografiche di vari campioni provenienti dalle cave
stesse e da alcuni manufatti marmorei di epoca preromana, in Archivio Soprintendenza Arch.
Toscana, pos. Livorno 7, n. 15712. [97]
A. ROMUALDI, R. SETTESOLDI E. PACCIANI, 1994-95, La necropoli orientalizzante del
podere San Dazio nel distretto minerario di Populonia, «Rassegna di Archeologia», XII, pp.
271-311.
M.A. ROSA, L. STAFFERI, 1979, Le rocce nell'edilizia. Impieghi e caratteristiche tecnologiche,
Torino.
10
S. ROSI, 1994-95, T omba a camera villanoviana scoperta nel 1981 a Poggio delle
Granate-Populonia (Piombino, LI), «Rassegna di Archeologia», XII, pp. 251
V. SALADINO, 1995, La villa romana sul Poggio del Mulino (Populonia) e il lago di Rimigliano,
«Atti e Memorie dell'Accademia Toscana di Scienze e Lettere «La Colombaria»», LX, pp.
33-101.
F.R. SERRA RIDGWAY, 1998, Stone Quarries and Multi-Chamber Tombs: the Use of Space in
the Cemetery of Etruscan Tarquinia, in R.F. DOCTER, E.M. MOORMANN (a cura di), XVth
International Congress of Classical Archaeology, Abstracts, Amsterdam, p. 145.
Sovana 1995, AA.VV, Sovana, Catalogo della mostra (Sovana), Pitigliano.
E. STARNINI, 1983, Le cave di travertino, in E. LECCHINI, D. MAZZINI (a cura di), Rapolano e
il suo territorio, Rapolano, pp. 105-110.
VASIC VATOVEC, 1995, L'impegno di Cosimo I de'Medici nel reperimento dei marmi e il ruolo
dell'Ammannati, in N. ROSSELLI DEL TURCO, F. SALVI (a cura di), Bartolomeo
Ammannati scultore architetto, Firenze, pp. 329-341.
M. WAELKENS, 1990 (a cura di), Pierre éternelle du Nil au Rhin. Carrières et préfabrication,
Catalogo della mostra, Bruxelles, cap. 5.
M. WAELKENS, 1994, Cave di marmo, «EAA», II supplemento 1971-1994, Il, pp.71-88.
M. WAELKENS, P. DE PAEPE, L. MOENS, 1990, The Quarrying Techniques of the Greek
World, in Marble. Art Historical and Scientific Perspectives on Ancient Sculpture, Malibu,
pp. 47-72. [98]
11