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Numero 17 Luglio 2009 RIVISTA DI ARTE E STORIA DEL GIARDINO Maurice Laurent La Chabaude Pietra Rossa Le Jardin Plume Cilento Chelsea Flower Show Rosanova n 17:ROSANOVA 8 9-06-2009 12:12 Pagina 80 Rosanova n 17:ROSANOVA 8 9-06-2009 12:12 Pagina 81 Chelsea Flower Show 2009 ‘Non sine sole iris’. Un racconto londinese Testo e foto di Anna Kauber ‘N on c’è arcobaleno senza il sole’ è il motto latino che compare sul quadro di Isaac Oliver del 1600 cir ca, nel castello di Hatfield, pochi chilometri a nord di Londra (castello e giardini meritano sicuramente una visita!). È il ritratto di Elisabetta I che a Hatfield visse la sua giovinezza e vuole essere l’allegoria del suo gover no; l’arcobaleno simboleggia la pace e ricor da a coloro che lo vedono che solo la saggezza della regina può garantire prosperità e benessere. Bene, l’ho ricordato perché forse può introdurre ottimamente il mio racconto: mi son portata un po’ di sole dall’Italia e vengo a cercare Iris e i suoi colori a Londra. Pace e benessere son certa saranno garantiti! Eccomi dunque per il secondo anno consecutivo al Chelsea Flower Show . Non potevo mancare: credo che l’esperienza dell’anno scorso mi abbia causato una forma di dipendenza. A vevo rinnovato a tempo debito l’iscrizione alla Royal Horticultural Society - la blasonata associazione senza fini di lucro che creò la manifestazione nel 1913 (siamo arrivati alla 86esima edizione, sempre nella stessa sede, il Royal Hospital nel quartier e di Chelsea) - per ricever e la rivista della Society , e soprattutto per potere visitare l’esposizione nel giorno riservato ai membri. Last but not least gli iscritti alla RHS, oltr e all’invio mensile della lor o rivista, possono aver e A fianco e sopra. Due particolari del progetto di Luciano Giubbilei, vincitore di medaglia d’oro al Chelsea Flower Show 2009. 81 Rosanova n 17:ROSANOVA 8 9-06-2009 12:12 Pagina 82 accesso gratuito ai vari giar dini, parchi, orti botanici e musei collegati alla mostra. Anche quest’anno nei gior ni immediatamente precedenti alla mostra ho per cepito una elettrizzante carica di aspettativa, e ho avuto la netta sensazione che tutta la città, e forse la nazione, vivesser o insieme a me l’attesa del più grande e importante evento relativo a fiori e giardinaggio d’Inghilterra (e dunque, probabilmente, del mondo intero). Questo non solo per ché il Chelsea Flower Show gode del patr onato dei sovrani d’Inghilterra, o perché da oltre centocinquant’anni (se contiamo le edizioni dal 1862 al 1913, quando l’esibizione si chiamava ‘Gr eat Spring Show’ e si teneva a Kensington) la mostra si ripete con crescente successo. No… e non è neanche perchè i media ne parlano in continuazione, prima, durante e dopo. Anzi, è vero il contrario: i media inglesi inseguono e assecondano quello che è un interesse della maggioranza della popolazione. Sono le persone comuni che determinano questa situazione, ed è la lor o passione smisurata che dà la possibilità all’esposizione di esistere! Non è il frutto di un allettamento mediatico, non è rispetto della tradizione, non è ossequio aiegnanti: r è la pura e semplice espressione e realizzazione di un’attitudine dif fusissima: l’amore degli inglesi per il giardino, le piante e i fiori. Se qualcuno avesse dei dubbi, basta considerare le cifre: l’anno scorso nei cinque giorni della manifestazione sono stati venduti 156.000 biglietti; quest’anno si parla di cifre persino maggiori, sicuramente con la pr esenza di molti stranieri da tutto il mondo, e i biglietti erano esauriti da mesi! Visito la mostra di mercoledì; con me, di buon mattino e già dall’uscita della metropolitana, si avvia a passo spedito una folla eterogenea. In un primo tempo più diradata, si compatta a mano a mano che, attraversando le vie alberate cir condate dagli splendidi palazzi in mattoni rossi di Chelsea (una delle zone più eleganti e aristocratiche di Londra fin dal XVI secolo), ci avviciniamo all’ingresso. Sembriamo un corteo di adepti, consapevolmente e visibilmente felici. Sappiamo di essere più o meno tutti accomunati dallo stesso sentimento, da una sorta di malattia difficilmente guaribile: l’amore folle per i fiori. 82 Rosanova n 17:ROSANOVA 8 9-06-2009 12:12 Pagina 83 Esagero? Può darsi, ma è un’impressione che si rafforza nel tempo, e dopo la scorsa edizione della mostra - la mia iniziazione - ha avuto un’ulterior e conferma quest’anno, come se non bastasse un decennio di visite consecutive in Gran Bretagna, vagando ogni estate per giardini, orti botanici e mostre, o facendo semplici passeggiate nell’ammaliante, ordinata e luminosa campagna inglese. Siamo ancora tutti fuori dall’area vera e propria della mostra, ma vale la pena di attraversare questi luoghi, e di ammirarli: gli edifici del Royal Hospital furono costruiti nel 1692 da Christopher Wren, uno dei massimi architetti dell’epoca. Il complesso dell’ospedale, elegante e maestoso, sorge all’interno di un grande parco, dove si svolge la manifestazione. Ho quasi la sensazione che il luogo siaealizzato r appositamente per il Chelsea (come tutti a Londra chiamano la manifestazione, sottintendo il resto). Forse il genius loci e l’architetto Wren, che ha creato il complesso in maniera così squisita, erano dei giardinieri appassionati? Comunque sia, mi sembra davvero che fin dall’ingresso la collocazione della mostra in uno spazio fisico e mentale così appropriato contribuisca a creare - insieme all’organizzazione impeccabile, alla proverbiale gentilezza inglese, al livello notoriamente altissimo e selezionato delle pr oposte di ogni genere e alle strutture perfettamente funzionanti - una diffusa sensazione di armonia e benessere. (Qualche cifra indicativa per apprezzare lo sforzo organizzativo: ottocento persone impegnate per tre settimane e mezzo ad allestire l’evento, cinque chilometri di tubazioni, 185 bagni e una distesa di tappeto tela sul terr eno equivalente alla superficie di circa sei campi da calcio…). E i fiori… tanti fiori, un’orgia di fiori, e i giar dini… con altri fiori, e le piante! Quanti! Resto ancora una volta a bocca aperta. Cr edevo di essere preparata, quasi una veterana ormai svezzata. Errore. Come ho potuto illudermi? In questo mondo particolare non esiste monotonia e non si conosce assuefazione. Ogni volta la bellezza della natura ti spiazza, ti sorprende, ti coglie impreparato. Puoi ritenerti il più esperto frequentatore di giardini, il più enciclopedico conoscitore di piante, il più smaliziato habitué a mostre ed eventi del settore. Ma se sei ‘toccato’ da questa follia, sei hai contratto il morbo incurabile, basta 83 Rosanova n 17:ROSANOVA 8 9-06-2009 12:13 Pagina 84 un piccolo fiore spuntato dove non l’avresti mai detto, oppure l’indescrivibile, struggente bellezza di un petalo diafano, e torni a essere senza difese, incantato e felice come la prima volta. Non riuscirei a spiegare altrimenti perché qui - io che divento nevr otica se resto in mezzo a una folla per più di dieci minuti -, immersa come tutti nella calca, riesco a esser tranquilla e beata nella mia estasi… Supero insieme agli altri i cancelli d’ingresso. Dopo il controllo di sicurezza con l’ispezione delle borse (qui, come negli USA, i luoghi di grande af fluenza pubblica sono sorvegliati con puntiglio), per qualche decina di minuti diveniamo un’unica onda variopinta che scorre lungo il grande viale principale, ombreggiato da alti alberi: gli stand sui due lati sono identici per forma e dimensione, accostati l’uno all’altr o, di una eleganza sobria e very british. Soprattutto sono pieni di ogni ben di dio, accuratamente selezionato: abbigliamento e oggettistica raffinata - tante marche ricercate all’estero, gettonatissime! -, sementi, macchinari e attrezzi, decori, accessori. E ancora: diverse associazioni, spesso di beneficenza - meritoriamente numer ose in Gran Bretagna -, scuole, enti e case editrici. Di sicuro una gamma di proposte non dissimile da quella che siamo abituati a vedere nelle mostre italiane, ma qui su scala più vasta, e forse per questo di standard qualitativo più alto. Unica nota dolente, almeno per il nostro gusto italico, sono le proposte - numerose, ahimè! - di “artigianato artistico”. Ogni volta rimango esterrefatta dal modo in cui gli inglesi manifestano nel loro gusto estremi opposti: la più classica sobrietà va di pari passo con una stravagante, eccentrica e a volte inconsulta follia creativa, evidentemente senza nessuna preoccupazione della ovvia contraddittorietà dei due estremi. La mostra si svolge all’interno di un parco enorme: 4.455 ettari, vale a dire 44.550 metri quadrati. Solo il Gr eat Pavillion, la gigantesca struttura coperta di acciaio a vetro, simile a una stupefacente serra vittoriana, occupa un’estensione di 12.000 metri quadrati! Dislocati all’interno si trovano i giardini costruiti, nati come pr oposte dei vivaisti per dare un contesto armonioso alle loro piante. Oggi le proposte progettuali dei migliori garden designers inglesi e stranieri hanno un’importanza centrale, e rappr esentano 84 Rosanova n 17:ROSANOVA 8 9-06-2009 12:13 Pagina 85 un appuntamento imperdibile per i visitatori. Siamo tutti ammassati davanti ai cordoni protettivi: è un’esperienza nell’esperienza osservare il modo in cui gli inglesi si rapportano al giardino, anche nel caso di oper e “fittizie” e super pr ogettate. Li spio da anni con ammirazione: nelle piccole città di campagna, o nelle tipiche casette a schiera delle periferie urbane… li vedi uscir e la sera dopo cena, alla luce ammaliante dei lunghi crepuscoli estivi: ben muniti di guanti e attr ezzi, in giardini grandi e piccoli, si prendono cura di piante e fiori, con concentrazione, intensità e passione amorevole. Soprattutto sono stata arricchita dalle visite insieme a lor o a parchi, giardini, vivai e orti botanici. È un’esperienza straor dinaria essere coinvolta in questi riti: senti che entri a far parte di un gruppo di anime gemelle, grazie agli sguar di, a piccole frasi che ti vengono rivolte per renderti partecipe di un commento stupito e ammirato, e della percezione di un segreto che ci unisce. Tutto questo avviene anche al Chelsea, anche quando, in file or dinate, si divorano con tutti i sensi tesi i giardini in gara: si accarezza, ci si china a fiutare, si commenta con stupore e ammirazione, e spesso con molta competenza. Anche la competizione (che non pr evede una classifica, ma solo una pr emiazione di merito) è seguita con entusiasmo e mobilita - oltr e ai progettisti - veri e pr opri team di ‘cacciatori di fiori’ che girano per i vivai del mondo (molto spesso anche in Italia) per procurarsi le migliori qualità di piante e fiori richiesti. Già da ora è iniziata la ricer ca per i giardini del prossimo anno! Prima della mia partenza avevo letto che quest’anno la Maison Laur ent-Perrier, sponsor di giardini al Chelsea da 11 anni, aveva commissionato la r ealizzazione di quest’anno a un italiano, Luciano Giubbilei, i cui lavori conoscevo attraverso le pubblicazioni sulle riviste e sul web. Ero molto orgogliosa di questo e così ho fatto di tutto per avere la possibilità di far due chiacchiere con lui alla mostra. Ce l’ho fatta. Luciano è di Siena, classe 1971: a 29 anni si è diplomato a Londra in progettazione del giardino, e da lì non si è mai più spostato. Dal 1997 eser cita la libera professione di garden designer ottenendo importanti riconoscimenti professionali; lo vedo oggi, giovane pr ofessionista che dimostra ancor meno anni di quelli che ha, davanti al suo giardino al Chelsea, attorniato da una folla di personalità e gente 85 Rosanova n 17:ROSANOVA 8 9-06-2009 12:13 Pagina 86 comune entusiasta della sua realizzazione. Per un garden designer essere stato chiamato a lavorare al Chelsea è sicuramente una consacrazione, una svolta pr ofessionale determinante, e Luciano ne è felicemente consapevole anche se forse un po’ smarrito, ma è una mia impressione. È riservato, modesto o forse timido, mi colpiscono l’equilibrio e la chiarezza di vedute sui vari argomenti che abbiamo toccato insieme. Del suo lavor o al Chelsea dice senza enfasi che ‘The Art in Nature’ - come l’ha chiamato- è ‘un semplice giardino londinese’. E davvero riconosco che non si discosta dal suo caratteristico stile personale: ordinato ed elegante, la composizione vegetale racchiude e fonde in sé l’arte e l’architettura. Le simmetriche siepi di Carpinus betulus, Taxus baccata e Buxus sempervirens (mi dice che fin da ragazzo era rapito dai bossi di Villa Gamberaia e che da questo trae tutt’ora ispirazione), gli alberi di Carpinus betulus dalla chioma potata a scatola disegnano uno spazio semplice, armonioso e sobrio. ale T rigore formale è interrotto da aiuole di fiori erbe e bulbi. Questa a mio giudizio è la parte più notevole e affascinante del suo progetto: l’insieme è superbo ed elegantissimo nella scelta delle varie cromie e tessiture contrapposte, sicuramente una tavolozza magistrale, che vedo riesce ad ammaliar e tutte le persone che visitano lo stand. Credo vaga la pena di elencare le varie specie scelte: - Allium atropurpureum - Aquilegia stellata ‘Ruby Port’ - Astrantia major ‘Claret’ - Astrantia major ‘Hadspen Blood’ - Calamagrostis ‘Karl Foerster’ - Deschampsia cespitosa - Foeniculum vulgare - Foeniculum vulgare ‘Giant Bronze’ - Iris germanica ‘Black Swan’ - Iris germanica ‘Deep Black’ - Iris germanica ‘Interpol’ - Iris germanica ‘Paint it Black’ 86 Rosanova n 17:ROSANOVA 8 9-06-2009 12:13 Pagina 87 - Iris germanica ‘Superstition’ - Paeonia ‘Buckeye Belle’ …quante Iris!!! La presenza discreta dell’acqua e l’eterea scultura racchiusa in blocchi squadrati di marmo travertino rendono il giardino ancor più raffinato: è stato premiato dalla giuria con la medaglia d’oro. Bravissimo Luciano, complimenti! Credo comunque che tutte le nuove proposte in gara susciteranno discussioni per molto tempo - non solo sui mass media - e saranno uno stimolo profondo per i visitatori. Del resto è precisamente questo il loro senso e il loro scopo. La grande folla di solito esaurisce il gir o verso mezzogiorno, e in tanti appr ofittano degli spazi verdi, ampi e ben curati, per fermarsi a mangiare all’aperto. Ci sono strutture in abbondanza, self-service e chioschetti di ogni tipo, ma non pochi scelgono più classicamente un inglesissimo picnic. Li osservo sdraiati nel parco mentre mangiano e si sollazzano in mezzo alla natura rigogliosa, e mi vengono subito in mente alcuni quadri al Tate British di Hogarth e Gainsborough, ma anche certi del Canaletto e di Turner. Dipinti che già nel XVIII secolo celebravano la vocazione nazionale per le attività all’aria aperta: vocazione aristocratica in una fase iniziale, che con il passare degli anni si è sempre più consolidata e diffusa anche a livello popolare. Come s’addice agli animi nobili… ed eccoli nel parco, in versione postmoderna, più sbrindellata e globalizzata… ma è lo spirito del tempo! E a proposito, ecco qualche dato significativo delle vendite al Chelsea ‘08: 8.000 bottiglie di champagne, 20.000 bicchieri di PIMM’s (loro apprezzatissa bevanda estiva, alcolica e fruttata), 110.000 tazze di tè o caffè, 25.000 bottiglie d’acqua. Il Great Pavillion è il cuore pulsante dell’intera manifestazione, il tempio dove si celebra la bellezza dei fiori e la bravura dei vivaisti. Sotto le ampie arcate trovano spazio centotrentasei espositori; una decina di stand sono dedicati come l’anno scorso alla sensibilizzazione su temi ambientalistici. È per tutti il momento più emozionante, e anche i britannici - solitamente molto compassati - giunti nel cuore della mostra non possono fare a meno di lasciarsi un po’ andare. Non è facile descrivere il tripudio di fiori, di profumi, di colori e forme, di bel87 Rosanova n 17:ROSANOVA 8 9-06-2009 16:39 Pagina 88 lezza che ti circonda. È addirittura spiazzante, per vastità e intensità. E imperdibile: le gemme all’interno di questo scrigno valgono da sole il viaggio. Ci sono stand che espongono solo una specie di fiore, ma declinata in una incredibile varietà di colori, forme, sfumatur e: tutte perfette. Oppur e interi ‘campi’ fioriti come in natura; piante esotiche, alberi, frutta e vegetali da orto. E poi ci sono i vivaisti storici e rinomati, alcuni presenti sul mercato da decine d’anni. Mi sono bloccata davanti allo stand di David Austin: un tripudio di o r se, e la fragranza che aleggia tutto intorno è la somma esaltante di una tavolozza di aromi incantevoli. Davanti allo stand di Austin i visitatori sono così numer osi che per entrare si procede in coda secondo un senso di marcia indicato: entrata/uscita. Sfiliamo mormorando estasiati fra muri di rose, come isolati da tutto il resto: al centro gorgoglia un canaletto d’acqua con piccoli spruzzi di fontanelle, che allieta anche acusticamente la visita. È un’esperienza sensoriale ricca e molto ben congegnata, direi! Immersa tra la folla di giovani, coppie, vecchietti ga gliardi e curiosi, amiche garrule, famiglie, signore eleganti e appassionati stranieri di ogni tipo, tutti visibil mente felici ed eccitati, mi blocco davanti a Knoll, stimatissimo vivaio di graminacee. Negli anni ho assistito alla crescita dell’amore degli inglesi per questo genere di piante, dagli albori alla completa a ffermazione. Nei vivai del paese è cr esciuta in modo esponenziale la presenza di nuove varietà, e la selezione dinuances inedite di colori e forme. Oggi credo sia difficile, anche per chi non stima particolarmente questo genere di piante, non prendere atto delle loro grandi potenzialità estetiche e formali. Mi riesce addirittura incomprensibile come si possa pensare di non avere una graminacea in giardino, rinunciando all’armonioso contrasto di forme che riesce pr odurre. I fili delicati di foglie, dritte oppure arcuate a fontana, i pennacchi serici e trasparenti come un piumaggio elaborato, o le spighette che ondeggiano al vento, o che restano immobili tratteggiando masse di piccoli segni filanti, morbidi ed eterei, colorati tutto l’anno… no, mi è davver o difficile pensare che si possa rinunciare a piante del genere! Da quanto ho potuto osservare, anche qui i vivaisti dimostrano subito le caratteristiche di passione e serietà che colpiscono anche nei migliori specialisti italiani. Penso 88 Rosanova n 17:ROSANOVA 8 9-06-2009 12:13 Pagina 89 che li accomuni l’amore per il proprio lavoro, e che impegno e bravura siano le loro qualità più evidenti. Molto simile è anche la voglia di spiegare, di aiutare, di far capire agli appassionati il pr oprio lavoro e ogni segreto delle loro piante: riconosco un entusiasmo comune, anche nei più affermati, che da anni lavorano nel settore. Forse è una passione che non può esaurirsi: come quella dei giardinieri, anche i più celebri, che rimane inalterata negli anni. L ’eccezione che ben conosciamo in Italia, ma che non mi pare di avere notato in Gran Bretagna, è quella dei finti vivaisti, vale a dire dei meri venditori di piante. I tanti, troppi “garden centers” gestiti da sedicenti esperti favoriscono un appr occio superficiale, e pr opagano la non-cultura ripugnante e vergognosa dell’usa e getta anche nel mondo dei giardini. Tuttavia la vera differenza che balza agli occhi visitando il Chelsea Flower Show, se si fa un confr onto con la situazione in Italia, è l’abisso che separa le due cultur e “nazionali” del giardino, delle pratiche e delle conoscenze a esso legate, e più estesamente dell’attenzione per il paesaggio. Due mondi differenti, stile e sensibilità che sono quasi sempre tristemente agli opposti, sia per il numero delle persone interessate, sia per la profondità della conoscenza e dell’interesse reale. Nel nostro sventurato paese è evidente la vergognosa e reiterata latitanza delle istituzioni e dei responsabili del settore, che non di rado si rivelano pericolosi e distruttivi. All’opposto nel Regno Unito si è af fermata nei secoli una visione condivisa dai singoli cittadini e dalle istituzioni delegate, che considera il tema dell’ambiente un interesse primario e un valore imprescindibile. Mi auguro che possa cambiare qualcosa anche da noi, e non voglio perdere la fiducia. Rimbocchiamoci le maniche… e avrei una proposta da suggerire: “Se ci trovassimo tutti al Chelsea Flower Show 2010?” Arrivederci, quindi! 89