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AFTERIMAGE DICHIARAZIONE D’INTENTI Bolzano, 16/12/2013 Alla cortese attenzione della commissione valutatrice, Il progetto di mostra Afterimage nasce dalla collaborazione di tre curatrici i cui percorsi, di studio e di ricerca, negli ultimi anni si sono più volte incontrati. Il bando proposto dalla Galleria Civica di Trento è apparso, fin da subito, un’occasione per mettere in campo interessi artistici comuni che vanno dal documentario come forma artistica, alle moving images, all’arte politica e per lavorare su un tema stimolante come quello del rapporto tra la guerra e la sua rappresentazione. Viviamo in un periodo storico caratterizzato dalla cosiddetta “guerra permanente”, fatta al terrorismo e condotta spesso contro i nostri stessi vicini, un tempo in cui i conflitti mondiali proliferano e intere generazioni non hanno mai conosciuto la parola pace. In tali condizioni il fenomeno della migrazione ha raggiunto proporzioni senza precedenti e la riflessione su questi cambiamenti è divenuta un tema urgente, per l’Italia in particolar modo. Un’epoca in cui grazie alla continua circolazione di immagini e di informazioni è “virtualmente” possibile tenersi costantemente aggiornati su ogni tipo di avvenimento, eppure viene da chiedersi: siamo ancora in grado di impressionarci davanti a un’immagine? Di sentirci inadeguati? Impotenti? La mostra Afterimage, presentando il lavoro di artisti lontani per età e provenienza culturale e geografica, cerca di riflettere su questi temi: la capacità delle immagini di veicolare messaggi di unione e di conflitto, la loro ambiguità, il ruolo che queste assumono nella nostra definizione di una condizione di pace o di guerra, le differenti reazioni che esse innescano. Lo spazio della Galleria Civica diventa il luogo per condurre lo spettatore in una riflessione che abbraccia un ampio arco temporale, riflesso nell’allestimento della mostra attraverso due percorsi espositivi. Il pian terreno raccoglie opere che parlano dei fatti più incisivi dello scorso secolo, mentre al piano interrato sono presenti artisti più giovani e opere che indagano la natura dei vari conflitti contemporanei. Poter proporre Afterimage nel centenario della Prima Guerra mondiale in un territorio come quello di Trento, oggi luogo culturalmente ed economicamente privilegiato ma un tempo teatro di violenti scontri rimasti incancellabili nella storia d’Italia, rappresenta un’opportunità unica per sollevare una riflessione sul presente e sull’interpretazione degli stati di guerra e di pace. Valeria Mancinelli Chiara Nuzzi Stefania Rispoli AFTERIMAGE CONCEPT Afterimage “We need images to create history, especially in the age of photography and cinema. But we also need imagination to re-see these images, and thus, to re-think history”. George Didi-Huberman, Remontages du temps subi (L’œil de l’histoire, 2), 2010 Il 4 settembre 1944 un pezzo di pellicola fotografica contenente quattro immagini di Auschwitz perviene alla resistenza polacca di Cracovia. Le fotografie sono state scattate da alcuni membri del Sonderkommando e sono accompagnate dalla nota scritta di due detenuti politici che recita: “Urgente. Inviate il più rapidamente possibile due rullini… possiamo fare foto. Inviamo foto di Birkenau che mostrano i detenuti inviati alle camere a gas… Inviate le foto a Tell – pensiamo che foto ingrandite possano essere inviate più lontano.” “Inviate più lontano” chiedono i detenuti, auspicando forse di far pervenire le immagini oltre la resistenza polacca in un paese più occidentale nel pensiero, nella politica e nella cultura, in cui le atrocità consumate nei campi di concentramento tedeschi potevano ancora essere considerate inimmaginabili, oppure inviate a un tempo lontano oltre il presente, per evitare alle vittime di scomparire, essere dimenticate e non essere credute. Sessanta anni dopo, nell’aprile del 2004, le immagini dei prigionieri di Abu Ghraib torturati da alcuni soldati americani, scattate con una macchina digitale, vengono rese pubbliche per la prima volta da un programma televisivo negli Stati Uniti e, in breve tempo, fanno il giro del mondo rimbalzando da un giornale all’altro e sul web. Si tratta d’immagini trafugate e non ufficiali, come quelle di Birkenau, nelle quali, come sessanta anni prima, vittime e aggressori compaiono nella stessa inquadratura entrambi frutto delle stesse atrocità e della stessa condizione: la guerra. Immagini simili perché lontane dal fotogiornalismo - amatoriali si potrebbe dire - dove chi scatta è testimone ma allo stesso tempo è partecipe delle atrocità. Dove, senza esaltare né estetizzare, chi fotografa porta, volontariamente o meno, la guerra dal piano dell’eccezione a quello della quotidianità, rendendo forse più immaginabile quello che prima non lo era: la banalità del male. Oggi in un momento in cui, non solo siamo travolti da un’epidemia di immagini grazie alle quali veniamo costantemente aggiornati su quanto succede, ma anche i conflitti a livello mondiale sono esponenzialmente aumentati, quale è la relazione tra le immagini e gli stati di conflitto? Le immagini riescono ancora a confutare l’inimmaginabile? Viviamo in un periodo storico caratterizzato dalla cosiddetta “guerra permanente”, fatta al terrorismo e condotta spesso contro i nostri stessi vicini; in cui i conflitti mondiali proliferano e intere generazioni non hanno mai conosciuto la parola pace; in cui il fenomeno della migrazione ha raggiunto proporzio- ni senza precedenti e la riflessione su queste diaspore è divenuto un tema urgente, per l’Italia in particolar modo. Un’epoca in cui, grazie alla continua circolazione di immagini e di informazioni, non solo è “virtualmente” possibile tenersi costantemente aggiornati sui fatti, ma la maggior parte di questi vengono vissuti in diretta: dall’attacco alle torri gemelle alla primavera araba fino ad arrivare alle proteste che hanno animato Piazza Taksim. Eppure viene da chiedersi: siamo ancora in grado di impressionarci davanti a tutto questo? di sentirci inadeguati? impotenti? Essere costantemente aggiornati ci permette di reagire di più o produce il contrario? Con il termine Afterimage si definisce solitamente un’illusione ottica riferita a un’immagine che continua a tornare alla mente anche dopo aver smesso di fissarla. A partire da questo fenomeno la mostra vuole muovere una riflessione riguardo a ciò che rimane oggi da questa proliferazione d’immagini che affollano la nostra mente. Aferimage presenta il lavoro di artisti lontani per età, provenienza culturale e geografica, e nuove produzioni affidate a giovani trentini, cercando di riflettere su questi temi: la capacità delle immagini di veicolare messaggi di pace e di guerra; il loro statuto incerto, come lo è ogni testimonianza, il ruolo che assumono nella definizione della nostra condizione di nazioni, comunità e persone in conflitto; gli effetti che esse innescano. Con le loro opere molti artisti sembrano sopperire là dove la storia e la documentazione mancano, aiutandoci a immaginare l’inimmaginabile; altre riflettono sulla circolazione e possibile strumentalizzazione. In occasione dell’anniversario della prima guerra mondiale e in un territorio come quello di Trento, oggi luogo culturalmente ed economicamente privilegiato ma un tempo teatro di violenti scontri rimasti incancellabili nella storia d’Italia, Afterimage presenta due percorsi paralleli tra loro che abbracciano un arco temporale piuttosto ampio. Questi si sviluppano sui due piani della Galleria Civica: il primo raccoglie opere che parlano dei fatti che hanno segnato la storia dello scorso secolo (come ad esempio quelle di Harun Farocki, Lamia Joreige ed Eyal Sivan); il secondo presenta artisti più giovani le cui opere indagano la natura dei conflitti contemporanei (tra gli altri Adelita Husni-Bey, Mohamed Bourissa). RIFERIMENTI Georges Didi-Huberman, Immagini malgrado tutto, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2005. Georges Didi-Huberman, Remontages du temps subi (L’œil de l’histoire, 2), Paris, Minuit, 2010. Jacques Rancière, The emnacipated Spectator, Verso, Londra e New York, 2009. Jorinde Seijdel, Wild Images , “Open!” , n.8, 2005. Susan Sontag, Regarding the Pain of Others, Picador/Farrar, Straus and Giroux, New York, 2003. Afterimage si propone, attraverso una duplice riflessione, di sollevare interrogativi quanto mai urgenti. Più che cercare risposte, questa coglie la sfida lanciata da nuove generazioni di attivisti, guerriglieri e documentatori che, attraverso l’uso delle immagini, di internet e di forme alternative di comunicazione, raccontano i nostri conflitti, inseguono nuovi ideali cercando di riscrevere un futuro diverso. In occasione della mostra, il collettivo trentino Brave New Alps verrà invitato a curare un workshop finalizzato alla realizzazione del catalogo di Afterimage. Il workshop coinvolgerà la comunità di cittadini di varie fasce d’età e muoverà da una riflessione sulle condizioni di stato di pace e stato di guerra in relazione a ciò che viviamo. Il catalogo verrà presentato al termine della mostra e sarà il frutto di una collaborazione aperta e orizzontale tra artisti, curatori e pubblico. PROGRAMMI PER IL PUBBLICO in via di definizione Processo alla fotografia, laboratorio per le scuole Attorno ai primi decenni del Novecento, in risposta alla crescente necessità dei mezzi di informazione di raccontare gli avvenimenti minuziosamente, nasce il fotogiornalismo moderno. La fotografia si presenta come “la maniera più onesta” per raccontare la realtà e l’introduzione della macchina fotografica, come mezzo per narrare le notizie, cambia radicalmente non solo il giornalismo ma anche, e soprattutto, la percezione degli eventi. Oggi le immagini del passato e del presente continuano ad influenzare l’opinione pubblica rispetto ad un certo periodo storico, a situazioni, fatti e persone. Ma le fotografie raccontano sempre la verità? Durante il laboratorio Processo alla Fotografia i partecipanti saranno invitati a sostenere o confutare la veridicità di alcune fotografie. Lo spirito del laboratorio consiste nel cercare di sviluppare uno sguardo critico nei confronti dell’immagine. Worksop con il collettivo Brave new Alps per la realizzazione del catalogo della mostra. Ciclo di incontri per approfondire alcune tematiche della mostra. Tra i possibili relatori: Alfredo Cramerotti a proposito del suo testo Aesthetic Journalism. AFTERIMAGE OPERE IN MOSTRA dicembre 2013 PIANO 0 PIANO -1 Vu, 23 settembre 1936 Life, 12 luglio 1937 La fotografia Morte di un soldato repubblicano di Robert Capa acquisisce notorietà internazionale non appena viene pubblicata su “Life” nel luglio 1937, a corredo di un articolo intitolato “Morte in Spagna: la guerra civile ha perso 500.000 vite in un anno” e accompagnata dalla didascalia “la macchina fotografica di Capa coglie un soldato spagnolo nell’istante in cui cade colpito da un proiettile alla testa davanti a Cordoba”. L’immagine manifesta un alto valore simbolico: mostra l’eroismo dei Repubblicani e l’orrore della morte in diretta. Anche la composizione è perfetta: la luce è a favore della camera, la messa a fuoco è buona e la posizione del combattente ricorda quella di alcune statue classiche, come il “Galata ferito”. La fotografia, però, risulta essere stata già pubblicata sul numero di “Vu” del settembre 1936 dove, con la didascalia “Gamba in tensione, petto al vento, fucile in mano, si precipitano lungo il declivio ricoperto di stoppie... Improvvisamente il loro volo è interrotto … e il loro sangue viene bevuto dal suolo natio”, viene affiancata ad una seconda fotografia che ritrae un altro soldato nello stesso identico luogo. Sovrapponendo le due immagini si nota che l’ambiente circostante è lo stesso ma, sebbene sembrino scattate nello stesso breve lasso di tempo, nella seconda fotografia sul terreno non è presente il cadavere del primo miliziano. Nel 1974 Phillip Knightley, nel suo The First Casualty, è il primo a porre dei dubbi sull’autenticità dello scatto di Capa. L’autore scrive, infatti, di aver intervistato un corrispondete di guerra dell’epoca, nonchè conoscente di Capa, il quale aveva dichiarato che l’immagine era stata scattata in un momento di tregua. Da quel momento inizia una querelle che arriva fino ai giorni nostri e che non solo interessa Morte di un soldato repubblicano ma lo statuto delle immagini nell’ambito della produzione giornalistica e documentaria in generale. Eric Baudelaire (1973) The Dreadful Details 2007 Dittico, C-print, diasec 209 x 375 cm Galerie Greta Meert, Los Angeles Scattata in California, all’interno di uno degli studi di Hollywood, The Dreadful Details è in parte ispirata ad Alexander Gardner, uno dei fotografi che documentarono la Guerra Civile Americana divenuto celebre per la crudezza dei suoi scatti e anche per avere alterato diversi dei suoi set per rendere le sue immagini ancora più terrificanti. Il titolo dell’opera fa riferimento alla didascalia che accompagna una delle fotografie di Gardenr nel volume Photography Sketchbook of the War, 1865-1866 e che recita: "questa immagine trasmette una morale utile: essa mostra il vuoto orrore e la realtà della guerra in opposizione alla sua ostentazione. Ecco qui i dettagli spaventosi! Lasciamo che ci aiutino a prevenire che una simile calamità si abbatta sulla nazione." Mohamed Bourouissa (1978) SMAB!!! 2013 Video 4 canali, 12’ Galerie kamel mennour, Parigi Il lavoro di Bourouissa punta il dito sull’autorialità della testimonianza registrata dal linguaggio fotografico e video. Scritte aggressive, volgari e sgrammaticate e sgrammaticate raccontano, in frammenti, pensieri di commentatori anonimi a proposito di un video rap postato su You Tube, campo di battaglia contemporaneo per gang e fazioni avversarie. Brave New Alps Workshop Nuova produzione In occasione della mostra, il collettivo trentino Brave New Alps verrà invitato a curare un workshop finalizzato alla realizzazione del catalogo di Afterimage. Il workshop coinvolgerà una piccola comunità di cittadini di varie età e muoverà da una riflessione sui concetti di guerra e di pace in relazione alle condizioni che stiamo vivendo. Il catalogo verrà presentato al termine della mostra e sarà il frutto di una collaborazione aperta e orizzontale tra artisti, curatori e pubblico. Anetta Mona Chisa (1975) Lucia Tkáčová (1977) Nome de Guerre 2013 Installazione, Oro Dimensioni variabili “Siamo affascinate” scrivono le artiste “dal fenomeno del nom de guerre, da sempre utilizzato per alterare le identità, dissociarsi dalla vita quotidiana e rompere con il proprio passato. Questa scultura è costituita da una collana d’oro, esposta in mezzo allo spazio espositivo, su cui pendono una serie di ciondoli a forma di iniziale. Le lettere ricompongono la frase ““activate amok, not a causal chain”, anagramma dei nostri nomi”. Daniela Comani (1965) It Was Me. Diary 1990-1999 2005 Installazione: stampa digitale su vinile + audio 300 x 600 cm Galleria studio G7, Bologna Di taglio autobiografico Sono stata io. Diario 1900-1999 è una sorta di calendario, in cui in prima persona, l’artista testimonia 365 giorni diversi accaduti in anni lontani. Comani interpreta come se fatti ed eventi fossero capitati a lei, come se di volta in volta si trovasse ad essere Hirohito, Hitler o Einstein. Si tratta della storia letta attraverso il filtro dell’io. La storia siamo noi: artefici e vittime allo stesso tempo. Bernadette Corporation Get Rid of Yourself 2003 Video, 61’ Greenenaftali Gallery, New York Richiamando nella struttura filmica il détournement situazionista, Get Rid of Your Self crea una realtà meta-filmica che si concentra sull’esperienza e la vita dei black block. Il film nasce dall’esperienza degli artisti durante le manifestazioni del G8 di Genova ed è una messa in scena che, utilizzando immagini e linguaggi tipici di questo gruppo di contestazione, racconta la lotta alla globalizzazione. Una voce di donna conclude il lavoro, ripetendo lentamente e con tono serioso la domanda fulcro dell’intero lavoro: “How? Not what. How to? Not the question of goals or objectives. The question of tactics. How to?” >>http://vimeo.com/25952876 Nicolò de Giorgis (1985) The art of Camuflage in a Financial Crisis 2011 Stampe + Artist Book Scattate all’interno di una ventina di basi militari e di zone di addestramento nel nord d’Italia, The Art of Camouflage in a Financial Crisis indaga l’idea di camouflage documentando il “dietro le quinte” militare: immagini di infrastrutture, architetture e materiali in abbandono vengono alterate inserendo ritratti di soldati vestiti come talebani che si preparano alla guerra. Negli ultimi anni il budget dell’esercito italiano è stato ridotto al punto da non rendere più possibili neanche gli interventi di semplice manutenzione. Le forze armate sono l’unico ente pubblico italiano a cui non è permesso di scioperare. Questo, insieme all’obbligo istituzionale di difendere un’immagine disciplinata ed efficiente, fa si che l’attuale, disastrosa condizione finanziaria rimanga in gran parte invisibile. Fausto Falchi (1982) Ode an die Freude 2012 Insallazione, candele, speakers Dimensioni variabili Kaufmann Repetto, Milano Come in una metafora dell’attuale situazione economica e sociale che anche l’Italia sta vivendo, in Ode an die Freude una bandiera europea sfida una linea di fiamme alimentate da onde sonore che riproducono il Quarto Movimento della Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven. Il tessuto della bandiera è realizzato per resistere alle fiamme, mentre il brano ispirato ai sentimenti di gioia e fratellanza universale è l’inno ufficiale dall’Unione Europea. Harun Farocki (1944) Videograms of a Revolution 1992 Video, 106’ Galerie Taddeus Ropach, Parigi/Salisburgo “Proprio com’è stato detto riguardo ad Auschwitz, dopo cui è impossibile scrivere e pensare come prima, dopo Timisoara non sarà più possibile guardare la televisione allo stesso modo.” Giorgio Agamben, Mezzi Senza Fine: Note sulla Politica,1996 Il film di Harun Farocki e Andrei Ujica documenta cinque giorni nel dicembre del 1989, durante i quali una sommossa popolare ha deposto e ucciso il dittatore romeno Nicolae Ceauçescu. Il video è realizzato interamente con materiali della televisione romena e con immagini amatoriali che ritraggono le strade di Bucarest. La confusione che circonda questa vicenda lascia credere che dietro alle rivolte spontanee ci sia stato in realtà un colpo di stato militare. Nel film Farocki solleva una serie di questioni che vanno dall’uso e abuso delle immagini da parte della politica, all’intreccio che si è creato in questo particolare caso tra violenza e televisione, e all’mbiguità che assumono le immagini nella costruzione della storia ufficiale. Massimo Grimaldi (1974) Syria bomb and Hilary Swank.Google image search results shown alternately on Two Apple iPads Kabul Bomb and Natalie Portman.Google Image Search Results Shown on Two Apple iPads 2013 Installazione a muro Dimensioni variabili Galleria ZERO..., Milano Il lavoro di Massimo Grimaldi è formato da immagini prelevate da internet che scorrono su modelli Apple di ultima generazione. Uno slideshow continuo mostra casualmente persone colpite dalle bombe in Syria, attacchi terriristi assieme a foto di attrici statunitensi, mettendo in atto una riflessione sui criteri della produzione e la circolazione di immagini. L’aspetto installativo dell’opera dipende dall’evoluzione esteticotecnologica dei computer Mac, e dei suoi vari dispositivi di supporto visivo, variando ogni qual volta che viene esposta. Adelita Husni-Bey (1985) Landscapes of War 2010 Tecnica mista su carta Dimensioni variabili Landscapes of War è una serie di sette disegni che prende spunto da immagini trovate in alcuni giornali e che ripercorrono le battaglie tra i Partigiani e le SS durante la seconda guerra mondiale. I disegni sono contrassegnati da numeri che potrebbero fare riferimento a una battaglia persa, o vinta, a un caduto o a uno sbarramento, ma senza un indice preciso che dia loro un significato, questi segni appaiono non interpretabili e rendono il paesaggio una tabula rasa dove imbastire una memoria storica completamente aperta, ricca allo stesso modo di vittorie e di sconfitte. Adelita Husni-Bey (1985) A Holiday from Rules, Postcards from the Desert Island 2011 Video, 22’23” Galleria Laveronica, Ragusa In A Holiday from Rules, Postcards from the Desert Island un gruppo di bambini dell’école Vitruve è spinto a vivere su un’isola deserta da loro costruita nella hall della scuola. Durante le due settimane di workshop i bambini affrontano temi quali l’autogestione, la legge, l’assenza d’istituzioni e la cooperazione. L’opera sembra fare eco alle riflessioni che animano Il signore delle mosche firmato nel 1952 dal premio nobel William Golding. Bisan Hussam (1985) Playing House 2011 Video, 3’34” A partire da un video trovato dall’artista su You Tube, Playing House, attraverso gli occhi di un bambino introduce il tema dell’interminabile conflitto tra Israele e Palestina; grazie a questa narrazione disincantata per un attimo diventa possibile distrarsi dalle paure della guerra. >>http://vimeo.com/32778491 Lamia Joreige (1972) Objects of War 1999-2006 Installazione: oggetti + video (4 video proiezioni): 68’, 85’, 55’, 72’ Dimensioni Variabili Objects of War è una raccolta di testimonianze sulla guerra libanese. L’artista ha invitato diverse persone a scegliere un oggetto, usuale o meno, che servisse come punto di partenza per il racconto della propria storia. Queste testimonianze cercano di sostenere la formazione di una memoria collettiva sulla guerra e di provare l’impossibilità di una storia e di una rappresentazione univoca del conflitto. Il lavoro si situa in quel vuoto lasciato dalle istituzioni, libanesi e internazionali, e dalla storiografia sugli anni della guerra - di cui incerte sono anche le datazioni - cogliendo uno dei problemi più attuali del paese, quello della memoria e della trasmissione del passato recente. Kennardphillipps Stampe + computer con link al loro sito reso disponibile per la navigazione del pubblico Il collettivo Kennardphillipps inizia a lavorare nel 2002 in risposta all’invasione americana dell’Iraq. Scrivono gli artisti “noi non concepiamo la produzione artistica come un qualcosa di scollegato dai movimenti politici e sociali che fronteggiano i sistemi e le istituzioni politiche ed economiche ma la vediamo come parte di quei movimenti, ovvero l’arma visiva della protesta. Vogliamo che la produzione artistica venga usata dalle persone come parte del loro attivismo, non solo come immagini da contemplare. In linea con questo abbiamo istituito una pagina web da cui è possibile scaricare gratuitamente alcune delle nostre immagini. Agli utenti che ne usufruiscono chiediamo gentilmente di fare una donazione a sostegno dell’International Solidarity Movement”. >>http://www.kennardphillipps.com/downloads/ Thomas Kilpper (1956) A Lighthouse for Lampaduse 2009-2013 Installazione + video Dimensioni variabili Sono molti gli artisti che negli ultimi anni si sono recati a Lampedusa. Il progetto di Thomas Kilpper si è distinto tra gli altri per la volontà di coinvolgere in maniera attiva la popolazione locale attraverso la costruzione di un centro d’arte. Il lavoro ruota attorno l’edificazione di un faro, da sempre simbolo d’accoglienza per chi approda dal mare, che possa essere un luogo di scambio e di condivisone tra lampedusani e migranti. Pietro Mele (1976) Near to You 2011 Wallpaper blueback 3 x 5 metri Jarach Gallery, Venezia Near to You riproduce e ingrandisce una fotografia scattata da un militare durante una grande esercitazione NATO tenutasi in Sardegna nel 2005 e trovata dall’artista in un forum militare online. Fotografie come questa non possono essere diffuse perché coperte da segreto militare, quindi il gesto del soldato e la pubblicazione dell’immagine, prima on line e, poi nello spazio di una mostra sono da considerarsi a loro volta illegali. Durante il periodo della mostra la stessa immagine verrà affissa dall’artista, come un poster pubblicitario, per le strade di alcune città sarde. In particolar modo la visione dell’opera vuole far riflettere lo spettatore sull’attività militare nel territorio italiano. Fabrizio Perghem (1981) Nuova produzione su commissione Abituato a lavorare con il territorio e le comunità che lo abitano, Fabrizio Perghem verrà invitato a produrre una nuova opera che affronti il tema del conflitto all’interno del territorio trentino alla luce del suo passato e del suo presente. Il lavoro, sotto forma di scultura o di installazione, sarà esposto nello spazio espositivo. Martha Rosler (1943) Playboy on View Dalla serie Bringing the War Home: House Beautiful 1967-72 Fotomontaggio su C-print 61 x 51 cm Galerie Nagel Draxler, Berlino All’interno di immagini che ritraggono interni domestici o scene di vita di famiglie americane, Martha Rosler inserisce fotografie di guerra. Queste incursioni mostrano l’imperialismo e il sogno americano in tutti i suoi aspetti e le sue contraddizioni. Realizzati tra il 1967 e il 1972, e poi ripresi anche in seguito, i collage pongono sullo stesso piano mondi tenuti normalmente distinti e svelano l’intollerabile realtà nascosta all’interno della quotidianità della società americana, e non solo. Abigail Saidbotham (1970) Her Name Is Herman 2013 Video, 15’10’’ Her Name is Herman è un film sul desiderio, il feticcio, la passione e la mascolinità. Racconta la storia vera di un contadino che, nel 1976 grazie ad una premonizione, scopre una grande bomba inesplosa, ‘Herman’, della seconda guerra mondiale, sotterrata in profondità in un terreno di sua proprietà nella penisola di Gower in Galles. Questo relitto storico, sotterrato e ostile, è un archetipo potente del trauma della guerra e l’impegno di recuperarla e di disinnescarla incarna il principio maschile della conquista. Eyal Sivan (1964) The Specialist 1999 Video, 128’ Fatta eccezione per una fotografia The Specialist è un film documentario interamente realizzato a partire da materiale d’archivio, ovvero le 350 ore di girato che documentano le fasi del processo ad Adolf Eichmann, avvenuto a Gerusalemme nel 1961, e conservate presso lo Spielberg Jewish Film Archives di Gerusalemme. Più volte contestato, il film viene descritto dall’autore come un “ritratto, basato sulla drammaturgia del processo a Eichmann, un processo fatto ad uno zelante burocrate con un immenso rispetto per la legge e per la gerarchia, un ufficiale poliziotto responsabile dell’eliminazione di milioni di persone. Questo film è un documentario politico sull’obbedienza e la responsabilità, il ritratto di un esperto nel risolvere i problemi, un moderno criminale. Il film è ispirato al testo molto controverso di Hannah Arendt Eichmann in Jerusalem, report on the banality of evil.” Hito Steyerl (1966) November 2004 Video, 24’14’’ Una giovane donna tedesca, Andrea Wolf, è stata dichiarata dispersa nell’est dell’Anatolia, nella parte curda della Turchia. Era una combattente dell’esercito femminile del PKK (il partito dei lavoratori del Kurdistan) si ritiene sia stata fatta prigioniera e poi assassinata dall’esercito turco. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Era l’ottobre del 1998. La donna riappare adesso in un’immagine, come un’eroina. Il suo ritratto è stampato su alcuni manifesti e su alcune locandine di film, circola tra i manifestanti in Germania a favore della resistenza curda, come un simbolo della lotta, come la fotografia di un martire. November è la storia delle implicazioni che i segni e le immagini, nella loro libera circolazione, associazione e trasformazione, acquisiscono e allo stesso tempo veicolano, indipendentemente dalla loro grado di referenzialità. AFTERIMAGE ALLESTIMENTO OPERE dicembre 2013 PIANO 0 PIANO -1 1 > Vu, Life, immagine 13 > Eric Baudelaire, The Dreadful Details, immagine 2 > Eyal Sivan,The Specialist, video 14 > Massimo Grimaldi, Syria bomb and Hilary Swank Google image search results shown alternately in two Apple iPad, installazione 3 > Hito Steyerl, November, video 4 > Harun Farocki, Videograms of a Revolution, video 15 > Nicolò de Giorgis, The Art of Camuflage in a Financial Crisis, installazione 5 > Abigail Saidbotham, Her Name Is Herman, video 16 > Pietro Mele, Near to You, immagine 6 > Aneta Mona Chisa e Lucia Tkacova, Nome de Guerre, installazione 17 > Fausto Falchi, Ode an die Freude, installazione 7 > Adelita Husni-Bey, Landscapes of War, disegni su carta 8 > Lamia Joreige, Objects of War, installazione 9 > Martha Rosler, Playboy on View, fotomontaggio 18 > Thomas Kilpper, A Lighthouse for Lampaduse, installazione 19> Mohamed Bourouissa, SMAB!!!, installazione 20 > Bernadette Corporation,Get Rid of Yourself, video 21 > Bisan Hussam, Playing House, video 10 > Daniela Comani, It Was Me. Diary 1990-1999, installazione 22 > Fabrizio Perghem 11 > Kennardphillipps, installazione 23 > Adelita Husni-Bey, A Holiday from Rules, Postcards from the 12 > Brave New Alps Desert Island, video 3 2 1 4 5 9 7 12 6 8 10 11 19 23 22 20 21 18 15 14 17 16 13