Scarica il pdf

Transcript

Scarica il pdf
AFTERIMAGE
DICHIARAZIONE D’INTENTI
Bolzano, 16/12/2013
Alla cortese attenzione della commissione valutatrice,
Il progetto di mostra Afterimage nasce dalla collaborazione di
tre curatrici i cui percorsi, di studio e di ricerca, negli ultimi anni si sono più volte incontrati. Il bando proposto dalla
Galleria Civica di Trento è apparso, fin da subito, un’occasione
per mettere in campo interessi artistici comuni che vanno dal
documentario come forma artistica, alle moving images, all’arte
politica e per lavorare su un tema stimolante come quello del
rapporto tra la guerra e la sua rappresentazione.
Viviamo in un periodo storico caratterizzato dalla cosiddetta “guerra permanente”, fatta al terrorismo e condotta spesso
contro i nostri stessi vicini, un tempo in cui i conflitti mondiali
proliferano e intere generazioni non hanno mai conosciuto la
parola pace. In tali condizioni il fenomeno della migrazione
ha raggiunto proporzioni senza precedenti e la riflessione su
questi cambiamenti è divenuta un tema urgente, per l’Italia in
particolar modo. Un’epoca in cui grazie alla continua circolazione di immagini e di informazioni è “virtualmente” possibile
tenersi costantemente aggiornati su ogni tipo di avvenimento,
eppure viene da chiedersi: siamo ancora in grado di impressionarci davanti a un’immagine? Di sentirci inadeguati? Impotenti?
La mostra Afterimage, presentando il lavoro di artisti lontani
per età e provenienza culturale e geografica, cerca di riflettere
su questi temi: la capacità delle immagini di veicolare messaggi
di unione e di conflitto, la loro ambiguità, il ruolo che queste
assumono nella nostra definizione di una condizione di pace o
di guerra, le differenti reazioni che esse innescano.
Lo spazio della Galleria Civica diventa il luogo per condurre
lo spettatore in una riflessione che abbraccia un ampio arco
temporale, riflesso nell’allestimento della mostra attraverso due
percorsi espositivi. Il pian terreno raccoglie opere che parlano
dei fatti più incisivi dello scorso secolo, mentre al piano interrato sono presenti artisti più giovani e opere che indagano la
natura dei vari conflitti contemporanei.
Poter proporre Afterimage nel centenario della Prima Guerra
mondiale in un territorio come quello di Trento, oggi luogo
culturalmente ed economicamente privilegiato ma un tempo teatro di violenti scontri rimasti incancellabili nella storia
d’Italia, rappresenta un’opportunità unica per sollevare una riflessione sul presente e sull’interpretazione degli stati di guerra
e di pace.
Valeria Mancinelli
Chiara Nuzzi
Stefania Rispoli
AFTERIMAGE
CONCEPT
Afterimage
“We need images to create history, especially in the age of photography and cinema. But we also need imagination to re-see
these images, and thus, to re-think history”.
George Didi-Huberman, Remontages du temps subi (L’œil de l’histoire, 2), 2010
Il 4 settembre 1944 un pezzo di pellicola fotografica contenente
quattro immagini di Auschwitz perviene alla resistenza polacca
di Cracovia. Le fotografie sono state scattate da alcuni membri
del Sonderkommando e sono accompagnate dalla nota scritta
di due detenuti politici che recita:
“Urgente. Inviate il più rapidamente possibile due rullini…
possiamo fare foto. Inviamo foto di Birkenau che mostrano i
detenuti inviati alle camere a gas… Inviate le foto a Tell – pensiamo che foto ingrandite possano essere inviate più lontano.”
“Inviate più lontano” chiedono i detenuti, auspicando forse
di far pervenire le immagini oltre la resistenza polacca in un
paese più occidentale nel pensiero, nella politica e nella cultura, in cui le atrocità consumate nei campi di concentramento
tedeschi potevano ancora essere considerate inimmaginabili,
oppure inviate a un tempo lontano oltre il presente, per evitare
alle vittime di scomparire, essere dimenticate e non essere
credute. Sessanta anni dopo, nell’aprile del 2004, le immagini dei prigionieri di Abu Ghraib torturati da alcuni soldati americani,
scattate con una macchina digitale, vengono rese pubbliche per
la prima volta da un programma televisivo negli Stati Uniti e,
in breve tempo, fanno il giro del mondo rimbalzando da un
giornale all’altro e sul web. Si tratta d’immagini trafugate e non
ufficiali, come quelle di Birkenau, nelle quali, come sessanta anni prima, vittime e aggressori compaiono nella stessa
inquadratura entrambi frutto delle stesse atrocità e della stessa
condizione: la guerra.
Immagini simili perché lontane dal fotogiornalismo - amatoriali
si potrebbe dire - dove chi scatta è testimone ma allo stesso
tempo è partecipe delle atrocità. Dove, senza esaltare né estetizzare, chi fotografa porta, volontariamente o meno, la guerra
dal piano dell’eccezione a quello della quotidianità, rendendo
forse più immaginabile quello che prima non lo era: la banalità
del male.
Oggi in un momento in cui, non solo siamo travolti da
un’epidemia di immagini grazie alle quali veniamo costantemente aggiornati su quanto succede, ma anche i conflitti a
livello mondiale sono esponenzialmente aumentati, quale è la
relazione tra le immagini e gli stati di conflitto? Le immagini
riescono ancora a confutare l’inimmaginabile?
Viviamo in un periodo storico caratterizzato dalla cosiddetta
“guerra permanente”, fatta al terrorismo e condotta spesso contro i nostri stessi vicini; in cui i conflitti mondiali proliferano
e intere generazioni non hanno mai conosciuto la parola pace;
in cui il fenomeno della migrazione ha raggiunto proporzio-
ni senza precedenti e la riflessione su queste diaspore è divenuto
un tema urgente, per l’Italia in particolar modo. Un’epoca in cui,
grazie alla continua circolazione di immagini e di informazioni,
non solo è “virtualmente” possibile tenersi costantemente aggiornati sui fatti, ma la maggior parte di questi vengono vissuti in diretta:
dall’attacco alle torri gemelle alla primavera araba fino ad arrivare
alle proteste che hanno animato Piazza Taksim. Eppure viene da
chiedersi: siamo ancora in grado di impressionarci davanti a tutto
questo? di sentirci inadeguati? impotenti? Essere costantemente
aggiornati ci permette di reagire di più o produce il contrario?
Con il termine Afterimage si definisce solitamente un’illusione ottica riferita a un’immagine che continua a tornare alla mente anche
dopo aver smesso di fissarla.
A partire da questo fenomeno la mostra vuole muovere una
riflessione riguardo a ciò che rimane oggi da questa proliferazione
d’immagini che affollano la nostra mente.
Aferimage presenta il lavoro di artisti lontani per età, provenienza
culturale e geografica, e nuove produzioni affidate a giovani trentini,
cercando di riflettere su questi temi: la capacità delle immagini di
veicolare messaggi di pace e di guerra; il loro statuto incerto, come
lo è ogni testimonianza, il ruolo che assumono nella definizione
della nostra condizione di nazioni, comunità e persone in conflitto;
gli effetti che esse innescano.
Con le loro opere molti artisti sembrano sopperire là dove la storia
e la documentazione mancano, aiutandoci a immaginare l’inimmaginabile; altre riflettono sulla circolazione e possibile strumentalizzazione.
In occasione dell’anniversario della prima guerra mondiale e in
un territorio come quello di Trento, oggi luogo culturalmente ed
economicamente privilegiato ma un tempo teatro di violenti scontri
rimasti incancellabili nella storia d’Italia, Afterimage presenta due
percorsi paralleli tra loro che abbracciano un arco temporale piuttosto ampio. Questi si sviluppano sui due piani della Galleria Civica:
il primo raccoglie opere che parlano dei fatti che hanno segnato
la storia dello scorso secolo (come ad esempio quelle di Harun
Farocki, Lamia Joreige ed Eyal Sivan); il secondo presenta artisti più
giovani le cui opere indagano la natura dei conflitti contemporanei
(tra gli altri Adelita Husni-Bey, Mohamed Bourissa). RIFERIMENTI
Georges Didi-Huberman, Immagini malgrado tutto, Raffaello
Cortina Editore, Milano, 2005.
Georges Didi-Huberman, Remontages du temps subi (L’œil de
l’histoire, 2), Paris, Minuit, 2010.
Jacques Rancière, The emnacipated Spectator, Verso, Londra e
New York, 2009.
Jorinde Seijdel, Wild Images , “Open!” , n.8, 2005.
Susan Sontag, Regarding the Pain of Others, Picador/Farrar,
Straus and Giroux, New York, 2003.
Afterimage si propone, attraverso una duplice riflessione, di sollevare interrogativi quanto mai urgenti. Più che cercare risposte, questa
coglie la sfida lanciata da nuove generazioni di attivisti, guerriglieri
e documentatori che, attraverso l’uso delle immagini, di internet e
di forme alternative di comunicazione, raccontano i nostri conflitti,
inseguono nuovi ideali cercando di riscrevere un futuro diverso.
In occasione della mostra, il collettivo trentino Brave New Alps
verrà invitato a curare un workshop finalizzato alla realizzazione
del catalogo di Afterimage. Il workshop coinvolgerà la comunità
di cittadini di varie fasce d’età e muoverà da una riflessione sulle
condizioni di stato di pace e stato di guerra in relazione a ciò che viviamo. Il catalogo verrà presentato al termine della mostra e sarà il
frutto di una collaborazione aperta e orizzontale tra artisti, curatori
e pubblico.
PROGRAMMI PER IL PUBBLICO
in via di definizione
Processo alla fotografia, laboratorio per le scuole
Attorno ai primi decenni del Novecento, in risposta alla
crescente necessità dei mezzi di informazione di raccontare gli
avvenimenti minuziosamente, nasce il fotogiornalismo moderno. La fotografia si presenta come “la maniera più onesta” per
raccontare la realtà e l’introduzione della macchina fotografica,
come mezzo per narrare le notizie, cambia radicalmente non
solo il giornalismo ma anche, e soprattutto, la percezione degli
eventi. Oggi le immagini del passato e del presente continuano
ad influenzare l’opinione pubblica rispetto ad un certo periodo
storico, a situazioni, fatti e persone. Ma le fotografie raccontano
sempre la verità? Durante il laboratorio Processo alla Fotografia
i partecipanti saranno invitati a sostenere o confutare la veridicità di alcune fotografie. Lo spirito del laboratorio consiste
nel cercare di sviluppare uno sguardo critico nei confronti
dell’immagine.
Worksop con il collettivo Brave new Alps per la realizzazione
del catalogo della mostra.
Ciclo di incontri per approfondire alcune tematiche della
mostra. Tra i possibili relatori: Alfredo Cramerotti a proposito
del suo testo Aesthetic Journalism.
AFTERIMAGE
OPERE IN MOSTRA
dicembre 2013
PIANO 0
PIANO -1
Vu, 23 settembre 1936
Life, 12 luglio 1937
La fotografia Morte di un soldato repubblicano di Robert Capa
acquisisce notorietà internazionale non appena viene pubblicata su “Life” nel luglio 1937, a corredo di un articolo intitolato
“Morte in Spagna: la guerra civile ha perso 500.000 vite in un
anno” e accompagnata dalla didascalia “la macchina fotografica di Capa coglie un soldato spagnolo nell’istante in cui cade
colpito da un proiettile alla testa davanti a Cordoba”. L’immagine manifesta un alto valore simbolico: mostra l’eroismo dei
Repubblicani e l’orrore della morte in diretta. Anche la composizione è perfetta: la luce è a favore della camera, la messa
a fuoco è buona e la posizione del combattente ricorda quella
di alcune statue classiche, come il “Galata ferito”. La fotografia,
però, risulta essere stata già pubblicata sul numero di “Vu” del
settembre 1936 dove, con la didascalia “Gamba in tensione,
petto al vento, fucile in mano, si precipitano lungo il declivio
ricoperto di stoppie... Improvvisamente il loro volo è interrotto … e il loro sangue viene bevuto dal suolo natio”, viene
affiancata ad una seconda fotografia che ritrae un altro soldato
nello stesso identico luogo. Sovrapponendo le due immagini si
nota che l’ambiente circostante è lo stesso ma, sebbene sembrino scattate nello stesso breve lasso di tempo, nella seconda
fotografia sul terreno non è presente il cadavere del primo
miliziano.
Nel 1974 Phillip Knightley, nel suo The First Casualty, è il
primo a porre dei dubbi sull’autenticità dello scatto di Capa.
L’autore scrive, infatti, di aver intervistato un corrispondete di
guerra dell’epoca, nonchè conoscente di Capa, il quale aveva
dichiarato che l’immagine era stata scattata in un momento di
tregua. Da quel momento inizia una querelle che arriva fino
ai giorni nostri e che non solo interessa Morte di un soldato
repubblicano ma lo statuto delle immagini nell’ambito della
produzione giornalistica e documentaria in generale.
Eric Baudelaire (1973)
The Dreadful Details
2007
Dittico, C-print, diasec
209 x 375 cm
Galerie Greta Meert, Los Angeles
Scattata in California, all’interno di uno degli studi di Hollywood, The Dreadful Details è in parte ispirata ad Alexander
Gardner, uno dei fotografi che documentarono la Guerra Civile
Americana divenuto celebre per la crudezza dei suoi scatti e
anche per avere alterato diversi dei suoi set per rendere le sue
immagini ancora più terrificanti.
Il titolo dell’opera fa riferimento alla didascalia che accompagna una delle fotografie di Gardenr nel volume Photography
Sketchbook of the War, 1865-1866 e che recita: "questa immagine trasmette una morale utile: essa mostra il vuoto orrore e la
realtà della guerra in opposizione alla sua ostentazione. Ecco
qui i dettagli spaventosi! Lasciamo che ci aiutino a prevenire
che una simile calamità si abbatta sulla nazione."
Mohamed Bourouissa (1978)
SMAB!!!
2013
Video 4 canali, 12’
Galerie kamel mennour, Parigi
Il lavoro di Bourouissa punta il dito sull’autorialità della testimonianza registrata dal linguaggio fotografico e video. Scritte
aggressive, volgari e sgrammaticate e sgrammaticate raccontano, in frammenti, pensieri di commentatori anonimi a proposito di un video rap postato su You Tube, campo di battaglia
contemporaneo per gang e fazioni avversarie.
Brave New Alps
Workshop
Nuova produzione
In occasione della mostra, il collettivo trentino Brave New Alps
verrà invitato a curare un workshop finalizzato alla realizzazione del catalogo di Afterimage. Il workshop coinvolgerà una
piccola comunità di cittadini di varie età e muoverà da una
riflessione sui concetti di guerra e di pace in relazione alle
condizioni che stiamo vivendo. Il catalogo verrà presentato
al termine della mostra e sarà il frutto di una collaborazione
aperta e orizzontale tra artisti, curatori e pubblico.
Anetta Mona Chisa (1975) Lucia Tkáčová (1977)
Nome de Guerre
2013
Installazione, Oro
Dimensioni variabili
“Siamo affascinate” scrivono le artiste “dal fenomeno del nom
de guerre, da sempre utilizzato per alterare le identità, dissociarsi dalla vita quotidiana e rompere con il proprio passato.
Questa scultura è costituita da una collana d’oro, esposta in
mezzo allo spazio espositivo, su cui pendono una serie di ciondoli a forma di iniziale. Le lettere ricompongono la frase ““activate amok, not a causal chain”, anagramma dei nostri nomi”.
Daniela Comani (1965)
It Was Me. Diary 1990-1999
2005
Installazione: stampa digitale su vinile + audio
300 x 600 cm
Galleria studio G7, Bologna
Di taglio autobiografico Sono stata io. Diario 1900-1999 è una
sorta di calendario, in cui in prima persona, l’artista testimonia
365 giorni diversi accaduti in anni lontani. Comani interpreta
come se fatti ed eventi fossero capitati a lei, come se di volta in
volta si trovasse ad essere Hirohito, Hitler o Einstein. Si tratta
della storia letta attraverso il filtro dell’io. La storia siamo noi:
artefici e vittime allo stesso tempo.
Bernadette Corporation
Get Rid of Yourself
2003
Video, 61’
Greenenaftali Gallery, New York
Richiamando nella struttura filmica il détournement situazionista, Get Rid of Your Self crea una realtà meta-filmica che si
concentra sull’esperienza e la vita dei black block. Il film nasce
dall’esperienza degli artisti durante le manifestazioni del G8 di
Genova ed è una messa in scena che, utilizzando immagini e
linguaggi tipici di questo gruppo di contestazione, racconta la
lotta alla globalizzazione.
Una voce di donna conclude il lavoro, ripetendo lentamente e
con tono serioso la domanda fulcro dell’intero lavoro: “How?
Not what. How to? Not the question of goals or objectives. The
question of tactics. How to?”
>>http://vimeo.com/25952876
Nicolò de Giorgis (1985)
The art of Camuflage in a Financial Crisis
2011
Stampe + Artist Book
Scattate all’interno di una ventina di basi militari e di zone di
addestramento nel nord d’Italia, The Art of Camouflage in a
Financial Crisis indaga l’idea di camouflage documentando il
“dietro le quinte” militare: immagini di infrastrutture, architetture e materiali in abbandono vengono alterate inserendo
ritratti di soldati vestiti come talebani che si preparano alla
guerra. Negli ultimi anni il budget dell’esercito italiano è stato
ridotto al punto da non rendere più possibili neanche gli interventi di semplice manutenzione.
Le forze armate sono l’unico ente pubblico italiano a cui non
è permesso di scioperare. Questo, insieme all’obbligo istituzionale di difendere un’immagine disciplinata ed efficiente, fa si
che l’attuale, disastrosa condizione finanziaria rimanga in gran
parte invisibile.
Fausto Falchi (1982)
Ode an die Freude
2012
Insallazione, candele, speakers
Dimensioni variabili
Kaufmann Repetto, Milano
Come in una metafora dell’attuale situazione economica e
sociale che anche l’Italia sta vivendo, in Ode an die Freude
una bandiera europea sfida una linea di fiamme alimentate da
onde sonore che riproducono il Quarto Movimento della Nona
Sinfonia di Ludwig van Beethoven. Il tessuto della bandiera è
realizzato per resistere alle fiamme, mentre il brano ispirato
ai sentimenti di gioia e fratellanza universale è l’inno ufficiale
dall’Unione Europea.
Harun Farocki (1944)
Videograms of a Revolution
1992
Video, 106’
Galerie Taddeus Ropach, Parigi/Salisburgo
“Proprio com’è stato detto riguardo ad Auschwitz, dopo cui è
impossibile scrivere e pensare come prima, dopo Timisoara
non sarà più possibile guardare la televisione allo stesso modo.”
Giorgio Agamben, Mezzi Senza Fine: Note sulla Politica,1996
Il film di Harun Farocki e Andrei Ujica documenta cinque
giorni nel dicembre del 1989, durante i quali una sommossa popolare ha deposto e ucciso il dittatore romeno Nicolae
Ceauçescu. Il video è realizzato interamente con materiali della
televisione romena e con immagini amatoriali che ritraggono
le strade di Bucarest. La confusione che circonda questa vicenda lascia credere che dietro alle rivolte spontanee ci sia stato in
realtà un colpo di stato militare. Nel film Farocki solleva una
serie di questioni che vanno dall’uso e abuso delle immagini
da parte della politica, all’intreccio che si è creato in questo
particolare caso tra violenza e televisione, e all’mbiguità che
assumono le immagini nella costruzione della storia ufficiale.
Massimo Grimaldi (1974)
Syria bomb and Hilary Swank.Google image search results shown alternately on Two Apple
iPads
Kabul Bomb and Natalie Portman.Google Image Search Results Shown on Two Apple iPads
2013
Installazione a muro
Dimensioni variabili
Galleria ZERO..., Milano
Il lavoro di Massimo Grimaldi è formato da immagini prelevate da internet che scorrono su modelli Apple di ultima generazione. Uno slideshow continuo mostra casualmente persone
colpite dalle bombe in Syria, attacchi terriristi assieme a foto di
attrici statunitensi, mettendo in atto una riflessione sui criteri
della produzione e la circolazione di immagini.
L’aspetto installativo dell’opera dipende dall’evoluzione esteticotecnologica dei computer Mac, e dei suoi vari dispositivi di
supporto visivo, variando ogni qual volta che viene esposta.
Adelita Husni-Bey (1985)
Landscapes of War
2010
Tecnica mista su carta
Dimensioni variabili
Landscapes of War è una serie di sette disegni che prende spunto da immagini trovate in alcuni giornali e che ripercorrono le
battaglie tra i Partigiani e le SS durante la seconda guerra mondiale. I disegni sono contrassegnati da numeri che potrebbero
fare riferimento a una battaglia persa, o vinta, a un caduto o a
uno sbarramento, ma senza un indice preciso che dia loro un
significato, questi segni appaiono non interpretabili e rendono il paesaggio una tabula rasa dove imbastire una memoria
storica completamente aperta, ricca allo stesso modo di vittorie
e di sconfitte.
Adelita Husni-Bey (1985)
A Holiday from Rules, Postcards from the Desert Island
2011
Video, 22’23”
Galleria Laveronica, Ragusa
In A Holiday from Rules, Postcards from the Desert Island un
gruppo di bambini dell’école Vitruve è spinto a vivere su un’isola deserta da loro costruita nella hall della scuola. Durante
le due settimane di workshop i bambini affrontano temi quali
l’autogestione, la legge, l’assenza d’istituzioni e la cooperazione.
L’opera sembra fare eco alle riflessioni che animano Il signore
delle mosche firmato nel 1952 dal premio nobel William Golding.
Bisan Hussam (1985)
Playing House
2011
Video, 3’34”
A partire da un video trovato dall’artista su You Tube, Playing
House, attraverso gli occhi di un bambino introduce il tema
dell’interminabile conflitto tra Israele e Palestina; grazie a
questa narrazione disincantata per un attimo diventa possibile
distrarsi dalle paure della guerra.
>>http://vimeo.com/32778491
Lamia Joreige (1972)
Objects of War
1999-2006
Installazione: oggetti + video (4 video proiezioni): 68’, 85’, 55’, 72’
Dimensioni Variabili
Objects of War è una raccolta di testimonianze sulla guerra
libanese. L’artista ha invitato diverse persone a scegliere un
oggetto, usuale o meno, che servisse come punto di partenza per il racconto della propria storia. Queste testimonianze
cercano di sostenere la formazione di una memoria collettiva
sulla guerra e di provare l’impossibilità di una storia e di una
rappresentazione univoca del conflitto. Il lavoro si situa in quel
vuoto lasciato dalle istituzioni, libanesi e internazionali, e dalla
storiografia sugli anni della guerra - di cui incerte sono anche
le datazioni - cogliendo uno dei problemi più attuali del paese,
quello della memoria e della trasmissione del passato recente.
Kennardphillipps
Stampe + computer con link al loro sito reso disponibile per la navigazione del pubblico
Il collettivo Kennardphillipps inizia a lavorare nel 2002 in
risposta all’invasione americana dell’Iraq. Scrivono gli artisti
“noi non concepiamo la produzione artistica come un qualcosa
di scollegato dai movimenti politici e sociali che fronteggiano i
sistemi e le istituzioni politiche ed economiche ma la vediamo
come parte di quei movimenti, ovvero l’arma visiva della protesta. Vogliamo che la produzione artistica venga usata dalle
persone come parte del loro attivismo, non solo come immagini da contemplare. In linea con questo abbiamo istituito una
pagina web da cui è possibile scaricare gratuitamente alcune
delle nostre immagini. Agli utenti che ne usufruiscono chiediamo gentilmente di fare una donazione a sostegno dell’International Solidarity Movement”.
>>http://www.kennardphillipps.com/downloads/
Thomas Kilpper (1956)
A Lighthouse for Lampaduse
2009-2013
Installazione + video
Dimensioni variabili
Sono molti gli artisti che negli ultimi anni si sono recati a Lampedusa. Il progetto di Thomas Kilpper si è distinto tra gli altri
per la volontà di coinvolgere in maniera attiva la popolazione
locale attraverso la costruzione di un centro d’arte.
Il lavoro ruota attorno l’edificazione di un faro, da sempre
simbolo d’accoglienza per chi approda dal mare, che possa
essere un luogo di scambio e di condivisone tra lampedusani e
migranti.
Pietro Mele (1976)
Near to You
2011
Wallpaper blueback
3 x 5 metri
Jarach Gallery, Venezia
Near to You riproduce e ingrandisce una fotografia scattata da
un militare durante una grande esercitazione NATO tenutasi
in Sardegna nel 2005 e trovata dall’artista in un forum militare
online. Fotografie come questa non possono essere diffuse perché coperte da segreto militare, quindi il gesto del soldato e la
pubblicazione dell’immagine, prima on line e, poi nello spazio
di una mostra sono da considerarsi a loro volta illegali.
Durante il periodo della mostra la stessa immagine verrà affissa
dall’artista, come un poster pubblicitario, per le strade di alcune città sarde.
In particolar modo la visione dell’opera vuole far riflettere lo
spettatore sull’attività militare nel territorio italiano.
Fabrizio Perghem (1981)
Nuova produzione su commissione
Abituato a lavorare con il territorio e le comunità che lo abitano, Fabrizio Perghem verrà invitato a produrre una nuova
opera che affronti il tema del conflitto all’interno del territorio
trentino alla luce del suo passato e del suo presente. Il lavoro,
sotto forma di scultura o di installazione, sarà esposto nello
spazio espositivo.
Martha Rosler (1943)
Playboy on View
Dalla serie Bringing the War Home: House Beautiful
1967-72
Fotomontaggio su C-print
61 x 51 cm
Galerie Nagel Draxler, Berlino
All’interno di immagini che ritraggono interni domestici o scene di vita di famiglie americane, Martha Rosler inserisce fotografie di guerra. Queste incursioni mostrano l’imperialismo e il
sogno americano in tutti i suoi aspetti e le sue contraddizioni.
Realizzati tra il 1967 e il 1972, e poi ripresi anche in seguito, i
collage pongono sullo stesso piano mondi tenuti normalmente
distinti e svelano l’intollerabile realtà nascosta all’interno della
quotidianità della società americana, e non solo.
Abigail Saidbotham (1970)
Her Name Is Herman
2013
Video, 15’10’’
Her Name is Herman è un film sul desiderio, il feticcio, la passione e la mascolinità. Racconta la storia vera di un contadino
che, nel 1976 grazie ad una premonizione, scopre una grande
bomba inesplosa, ‘Herman’, della seconda guerra mondiale,
sotterrata in profondità in un terreno di sua proprietà nella
penisola di Gower in Galles.
Questo relitto storico, sotterrato e ostile, è un archetipo potente
del trauma della guerra e l’impegno di recuperarla e di disinnescarla incarna il principio maschile della conquista.
Eyal Sivan (1964)
The Specialist
1999
Video, 128’
Fatta eccezione per una fotografia The Specialist è un film
documentario interamente realizzato a partire da materiale
d’archivio, ovvero le 350 ore di girato che documentano le fasi
del processo ad Adolf Eichmann, avvenuto a Gerusalemme nel
1961, e conservate presso lo Spielberg Jewish Film Archives
di Gerusalemme. Più volte contestato, il film viene descritto
dall’autore come un “ritratto, basato sulla drammaturgia del
processo a Eichmann, un processo fatto ad uno zelante burocrate con un immenso rispetto per la legge e per la gerarchia,
un ufficiale poliziotto responsabile dell’eliminazione di milioni
di persone. Questo film è un documentario politico sull’obbedienza e la responsabilità, il ritratto di un esperto nel risolvere
i problemi, un moderno criminale. Il film è ispirato al testo
molto controverso di Hannah Arendt Eichmann in Jerusalem,
report on the banality of evil.”
Hito Steyerl (1966)
November
2004
Video, 24’14’’
Una giovane donna tedesca, Andrea Wolf, è stata dichiarata
dispersa nell’est dell’Anatolia, nella parte curda della Turchia.
Era una combattente dell’esercito femminile del PKK (il partito
dei lavoratori del Kurdistan) si ritiene sia stata fatta prigioniera e poi assassinata dall’esercito turco. Il suo corpo non è mai
stato ritrovato. Era l’ottobre del 1998. La donna riappare adesso
in un’immagine, come un’eroina. Il suo ritratto è stampato
su alcuni manifesti e su alcune locandine di film, circola tra i
manifestanti in Germania a favore della resistenza curda, come
un simbolo della lotta, come la fotografia di un martire.
November è la storia delle implicazioni che i segni e le immagini, nella loro libera circolazione, associazione e trasformazione,
acquisiscono e allo stesso tempo veicolano, indipendentemente
dalla loro grado di referenzialità.
AFTERIMAGE
ALLESTIMENTO OPERE
dicembre 2013
PIANO 0
PIANO -1
1 > Vu, Life, immagine
13 > Eric Baudelaire, The Dreadful Details, immagine
2 > Eyal Sivan,The Specialist, video
14 > Massimo Grimaldi, Syria bomb and Hilary Swank Google image
search results shown alternately in two Apple iPad, installazione
3 > Hito Steyerl, November, video
4 > Harun Farocki, Videograms of a Revolution, video
15 > Nicolò de Giorgis, The Art of Camuflage in a Financial Crisis,
installazione
5 > Abigail Saidbotham, Her Name Is Herman, video
16 > Pietro Mele, Near to You, immagine
6 > Aneta Mona Chisa e Lucia Tkacova, Nome de Guerre,
installazione
17 > Fausto Falchi, Ode an die Freude, installazione
7 > Adelita Husni-Bey, Landscapes of War, disegni su carta
8 > Lamia Joreige, Objects of War, installazione
9 > Martha Rosler, Playboy on View, fotomontaggio
18 > Thomas Kilpper, A Lighthouse for Lampaduse, installazione
19> Mohamed Bourouissa, SMAB!!!, installazione
20 > Bernadette Corporation,Get Rid of Yourself, video
21 > Bisan Hussam, Playing House, video
10 > Daniela Comani, It Was Me. Diary 1990-1999, installazione
22 > Fabrizio Perghem
11 > Kennardphillipps, installazione
23 > Adelita Husni-Bey, A Holiday from Rules, Postcards from the
12 > Brave New Alps
Desert Island, video
3
2
1
4
5
9
7
12
6
8
10
11
19
23
22
20
21
18
15
14
17
16
13