Supporting Potential Development

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Supporting Potential Development
PRESENTAZIONE
Ines Testoni, Maria Silvia Guglielmin, Gianandrea Salvestrin, Thomas Sageder
Psicodramma, playback theatre e formazione continua nella ricerca-azione:
il Progetto Grundtvig
Psychodrama, playback theatre & lifelong learning in action research:
Supporting potential development: the Grundtvig Programme
ARTICOLI
Ines Testoni, Maria Silvia Guglielmin
Supporting Potential Development - Grundtvig Project: an introduction
Ines Testoni, Maria Silvia Guglielmin, Ingrid Pogliani, Lia Tempra
Psychodrama and playback theatre for developing self-efficacy: “Supporting Potential Development”
MARZO 2012
ANNO XIV • PSICODRAMMA CLASSICO
Thomas Sageder
Psychodrama skills for trainers working with unemployed people: the Austrian contribution
Päivi Ketonen
Finnish experiences from the Grundtvig Project of Supporting Potential Development
Eglê Paužienê, Rasa Urbšienê
Playback theatre as a transforming tool for personal strength: the Lithuanian contribution
Marco Finetti, Paolo Lanciani, Nadia Lotti, Giacomo Volpengo
Active methods and playback theatre: an Italian experience with disadvantaged groups
Anna Ruscazio, Marco Greco
Psicodramma e orientamento professionale: un’esperienza italiana
Franca Bonato
La linea della vita: un’esperienza italiana di psicodramma e formazione con adulti disabili
Anna Boeri
Autobiografia educativa e psicodramma moreniano: un contributo italiano
ISBN 978-88-906668-0-3
9 788890 666803
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SUPPLEMENTO MONOGRAFICO
Dana Munteanu, Carmen Mecu, Luiza Vasilescu, Liviu Gaja, Radu Vulcu
Supporting potential development: the Romanian experiences
SUPPLEMENTO MONOGRAFICO • MARZO 2012
Psychodrama,
Playback Theatre &
Lifelong Learning
in Action Research
Editors: Ines Testoni, Maria Silvia Guglielmin,
Thomas Sageder, Paola de Leonardis
QUADERNI
DELL’ASSOCIAZIONE
ITALIANA
PSICODRAMMATISTI
MORENIANI
19/03/12 10.45
ANNO XIV • MARZO 2012
Supplemento monografico a PSICODRAMMA CLASSICO
Psychodrama,
Playback Theatre &
Lifelong Learning
in Action Research
Editors: Ines Testoni, Maria Silvia Guglielmin,
Thomas Sageder, Paola de Leonardis
Il presente progetto è stato realizzato con il supporto finanziario
della Commissione Europea. Gli autori degli articoli sono i soli ed
unici responsabili dei contenuti degli articoli stessi. La Commissione
Europea declina ogni responsabilità per l’uso che possa essere fatto
delle informazioni in essi contenute.
This project has been funded with support from the European
Commission. The articles reflecs the views only of the authors, and
the Commission cannot be held responsible for any use which may
be made of the information contained therein.
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QUADERNI
DELL’ASSOCIAZIONE
ITALIANA
PSICODRAMMATISTI
MORENIANI
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INDICE
Presentazione
■ Ines Testoni, Maria Silvia Guglielmin, Gianandrea Salvestrin, Thomas Sageder
Psicodramma, playback theatre e formazione continua nella ricerca-azione
Sostenere il potenziale di sviluppo: il Progetto Grundtvig Presentation
■ Psychodrama, playback theatre & lifelong learning in action research
Supporting potential development: the Grundtvig Programme
7
15
Project Lines
■ Ines Testoni, Maria Silvia Guglielmin
Grundtvig Programme: an introduction
The Project: “Supporting Potential Development”
23
Grundtvig Programme: un’introduzione
Il Progetto: “Supporting Potential Development”
Project Results
■ Ines Testoni, Maria Silvia Guglielmin, Ingrid Pogliani, Lia Tempra
Psychodrama and playback theatre for developing self-efficacy
Purpose, tools and results of the Grundtvig Project
“Supporting Potential Development”
31
Psicodramma e playback theatre per lo sviluppo dell’autoefficacia
Finalità, strumenti e risultati del progetto Grundtvig
“Supporting Potential Development” Austria
■ Thomas Sageder
Psychodrama skills for trainers working with unemployed people
The Austrian contribution to the Grundtvig learning partnership
Supporting Potential Development
57
Abilità psicodrammatiche per i trainers che lavorano con
persone disoccupate
Il contributo austriaco al partenariato di apprendimento
Grundtvig Supporting Potential Development
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Romania
■ Dana Munteanu, Carmen Mecu, Luiza Vasilescu, Liviu Gaja, Radu Vulcu
Supporting Potential Development: the Romanian experiences
Presentation of the European Grundtvig project: organization,
implementation, results and perspectives
69
Supporting Potential Development: le esperienze rumene
Presentazione del progetto europeo Grundtvig: organizzazione,
implementazione, risultati e prospettive
Finlandia
■ Päivi Ketonen
Finnish experiences from the Grundtvig Programme
Psychodrama and playback theatre for “Supporting Potential Development” Esperienze finlandesi del progetto Grundtvig
Psicodramma e playback theatre per il “Supporting Potential Development” 77
Lithuania
■ Eglė Paužienė, Rasa Urbšienė
Playback theatre as a transforming tool for personal strength
Applied playback theatre for training to work and for social integration
89
Il playback theatre come strumento di potenziamento personale
Applicazione del playback theatre per la formazione al lavoro e
per l’integrazione sociale
Italy
■ Marco Finetti, Paolo Lanciani, Nadia Lotti, Giacomo Volpengo
Active methods and playback theatre: coherent interweaving between
theory and method
An experience for elaborating tools focused on teaching and training
for disadvantaged groups
99
■ Metodi attivi e playback theatre: intrecci coerenti tra teoria e metodo
Un’esperienza di elaborazione di strumenti per l’insegnamento e
la formazione destinati a categorie svantaggiate
■ Anna Ruscazio, Marco Greco
Psicodramma e orientamento professionale
Utilizzo della metodologia psicodrammatica in un percorso di orientamento
di gruppo per donne in re-inserimento lavorativo
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Psychodrama and professional orientation
The use of the psychodramatic methodology in a group orientation project
for women to be reintegrated into the labour market
■ Franca Bonato
La linea della vita
Psicodramma e formazione con adulti disabili per sviluppare autonomia
e realizzare progetti di vita
The life’s line
Psychodrama and training of disabled adults to develop independence
and to realize life projects
Autobiografia educativa e psicodramma moreniano
Il conflitto come matrice di apprendimento personale e professionale
127
■ Anna Boeri
143
Educational autobiography and Morenian psychodrama
Conflict as a personal and professional learning matrix
Psychodrama, Playback Theatre &
Lifelong Learning in Action Research
Supplemento monografico a
PSICODRAMMA CLASSICO
Quaderni dell’Associazione Italiana
Psicodrammatisti Moreniani (AIPsiM)
Anno XIV – Marzo 2012
Direttore responsabile
Paola de Leonardis
Redazione
Livio Baracchini, Paolo Carrirolo,
Paola de Leonardis, Ivan Fossati, Ivan Togni
® 2012 AIPsiM
Tutti i diritti riservati - All rights reserved.
AIPsiM - Associazione Italiana
Psicodrammatisti Moreniani
via Cola Montano n. 18 - 20159 Milano.
Iscrizione al Tribunale di Milano: n. 242
Stampa
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La rivista è inviata gratuitamente
ai soci AIPsiM.
Redazione
Psicodramma Classico - Quaderni AIPsiM,
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E-mail: [email protected]
www.aipsim.it
Il presente progetto è stato realizzato con il supporto
finanziario della Commissione Europea. Gli autori
degli articoli sono i soli ed unici responsabili dei
contenuti degli articoli stessi. La Commissione
Europea declina ogni responsabilità per l’uso
che possa essere fatto delle informazioni in essi
contenute.
This project has been funded with support from the
European Commission. The articles reflecs the views
only of the authors, and the Commission cannot be
held responsible for any use which may be made of
the information contained therein.
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PRESENTAZIONE
Psicodramma, playback theatre e
formazione continua nella ricerca-azione
Sostenere il potenziale di sviluppo: il Progetto Grundtvig
INES TESTONI, MARIA SILVIA GUGLIELMIN,
GIANANDREA SALVESTRIN, THOMAS SAGEDER
L
’Unione Europea è spesso percepita dai cittadini come un ente sovranazionale che
impone tasse, leggi e restrizioni ai paesi partner. Le notizie di televisioni e giornali
collegano l’Europa a decisioni economiche per salvare gli stati membri, leggi di austerità,
meeting internazionali tra leader politici per disegnare il futuro politico ed economico
dell’Unione.
L’Europa vissuta dalle Organizzazioni Non Governative (ONG) invece è qualcosa di
più. Fare progetti in Europa significa conoscere persone, professionisti, colleghi di altri
paesi; significa scambiarsi buone prassi, costruire reti, innovare; significa progettare una
società più inclusiva, rafforzare il ruolo della donna, sostenere la creatività.
La partecipazione ai progetti europei fa comprendere il significato essenziale dell’Europa:
l’Europa siamo noi. La Commissione Europea, il Consiglio d’Europa e il Parlamento
dettano le linee, tracciano le priorità, selezionano gli obiettivi, ma sono le organizzazioni
che riempiono queste indicazioni con i contenuti, con i progetti, con le loro idee.
Una delle priorità dell’Unione Europea è la crescita intelligente, che significa: incoraggiare
le persone ad apprendere, studiare ed aggiornare le loro competenze, favorire la creazione di
nuovi prodotti/servizi in grado di stimolare la crescita e l’occupazione per affrontare le sfide
della società, promuovere l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
All’interno di queste priorità si è sviluppato il programma Lifelong Learning, che stimola ogni
cittadino europeo ad apprendere per tutto il corso della vita, dai primi anni alla terza età.
Tra i sottoprogrammi di Lifelong Learning, il programma Grundtvig mira a contribuire
ad offrire agli adulti percorsi per migliorare le loro conoscenze e competenze.
Per far questo Grundtvig si è posto i seguenti obiettivi operativi: migliorare la qualità
e l’accessibilità della mobilità, in tutta Europa, dei singoli coinvolti nell’istruzione degli
adulti e aumentarne il numero, in modo che entro il 2013 venga sostenuta una mobilità
annua di almeno 7.000 persone impegnate nell’istruzione degli adulti; migliorare la qualità
e aumentare il volume della cooperazione tra le organizzazioni coinvolte nell’istruzione
degli adulti in tutta Europa; prestare assistenza alle persone appartenenti a gruppi sociali
vulnerabili e a contesti sociali marginali, soprattutto agli anziani e a coloro che hanno lasciato
gli studi senza aver acquisito qualifiche di base, per offrire loro opportunità alternative di
accesso all’istruzione degli adulti.
Per comprendere meglio questi obiettivi è necessario specificare il significato di
“mobilità”. Per un project manager mobilità significa prevedere degli scambi e dei viaggi
tra i partecipanti al progetto in un altro paese dell’Unione, ma nella nostra esperienza
mobilità significa scoprire un nuovo mondo, conoscere altre modalità per migliorare la
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propria professionalità, aprire i confini dentro i quali si è lavorato fino al quel momento. Le
mobilità sono essenziali per l’Europa per molti motivi: per un confronto tra organizzazioni
che si occupano delle stesse problematiche nell’ottica di un’equiparazione dei servizi nei
stati membri, per favorire creatività e innovazione grazie allo scambio di buone prassi, per
fare in modo che gli europei si conoscano personalmente, perché solo grazie alla conoscenza
personale dei cittadini nascerà la cultura europea.
Il secondo concetto importante da spiegare è quello di “partenariato”: nel programma
Grundtvig è previsto un partenariato di almeno 3 paesi per dare al progetto un forte valore
europeo. Le attività possibili non comprendono solo corsi di qualifica formali ma anche
attività di apprendimento non formali o divulgative e persino ambienti d’apprendimento
completamente informali, come musei, biblioteche e ONG, per riuscire a cogliere le
opportunità e affrontare le sfide create dai rapidi cambiamenti che avvengono in quasi tutti
i settori della vita quotidiana, nei modi di comunicare, lavorare, vivere in famiglia, con gli
amici e nelle comunità locali, nazionali ed europee.
Il progetto Supporting Potential Development
Il progetto Supporting Potential Development si inserisce nel programma Grundtvig
partenariati di apprendimento.
Il locus nascendi del progetto è stato il convegno “Io, tu, l’altro, occasioni d’incontro”
che si è tenuto a Treviso (Italia) nel 2008. Molti professionisti si sono ritrovati ricercando
un confronto attivo e partecipato per approfondire tematiche riguardanti la formazione, la
creatività, lo sviluppo della persona con l’aiuto delle metodologie dello psicodramma e
del playback theatre. In quell’occasione è nata l’idea di sviluppare un progetto in grado di
delineare un percorso attivo nella formazione che fosse efficace e di aiuto alle persone che si
occupano di educazione nel campo dell’apprendimento permanente; inoltre, si è evidenziata
l’importanza di un confronto che non si fermasse solamente ai confini dell’Italia, ma potesse
avere un respiro più ampio, un respiro europeo, per stare al passo con le esigenze di una
comunità che cresce e si evolve.
Il progetto è stato quindi proposto all’Associazione Italiana Psicodrammatisti Moreniani
(AIPsiM) che lo ha accolto e fatto proprio. Le prime associazioni che si sono impegnate
a sostenere tale iniziativa affiancando l’AIPsiM sono state l’associazione italiana di
playback theatre Humus, l’associazione romena di psicodramma classico e l’associazione
spagnola di psicodramma. Il progetto è stato presentato all’Europa per tre volte con diverse
modifiche e aggiustamenti, trovando il sostegno di altre associazioni di playback theatre e
di psicodramma ottenendo nel 2010 il finanziamento europeo.
Al termine del processo, il progetto finanziato vede affiancati i seguenti sette partner:
-
Associazione Italiana Psicodrammatisti Moreniani (AIPsiM), come coordinatore del
progetto;
-
HUMUS, associazione italiana di playback theatre;
-la Romanian Association for Classical Psychodrama, l’associazione romena di
psicodramma classico;
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PSYCHODRAMA, PLAYBACK THEATRE & LIFELONG LEARNING IN ACTION RESEARCH –
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- Ö
sterreichischer Arbeitskreis für Gruppentherapie und Gruppendynamik/Fachsektion
psychodrama, Soziometrie & Rollenspiel (AOGG/PD), l’associazione austriaca per la
psicoterapia di gruppo e dinamiche di gruppo, psicodramma, sociometria e gioco di
ruolo;
-Save Pazinimo ir realizavimo studia, l’associazione lituana di playback theatre;
-Kasvunpaikka Oy e Suomen Tarinateatteriverkkoyhdistys ry, due associazioni di playback
theatre e psicodramma della Finlandia.
Nel concreto, il progetto Supporting Potential Development si era posto i seguenti
obiettivi:
1) favorire scambi di buone prassi tra quanti si occupano di formazione degli adulti,
insegnanti, educatori e tutti coloro che lavorano per l’inserimento lavorativo di persone
svantaggiate, in modo da poter rendere più efficaci e qualitativi i loro interventi;
2) fornire agli insegnanti ed educatori strumenti per aumentare l’empowerment personale
e professionale, accrescendo le capacità che permettono alle persone di sviluppare idee
nuove, attingendo al loro potenziale di creatività, alle loro conoscenze e alle loro risorse;
3) promuovere un atteggiamento di rinnovamento e cambiamento, fornendo strumenti
efficaci per sviluppare capacità comunicative, relazionali e di problem solving, indispensabili
per poter creare dei rapporti di lavoro efficaci, costruttivi ed innovativi;
4) verificare l’efficacia dell’intervento attraverso una ricerca-azione con analisi pre- e posthoc.
Ad esclusione dell’AIPsiM, responsabile del progetto e della ricerca, ideata e coordinata
dalla prof.ssa Ines Testoni dell’Università di Padova, tutte le altre associazioni avevano il
compito di attivare gruppi di formazione, ai quali hanno partecipato insegnanti, psicologi,
educatori, formatori. Alcune associazioni hanno inserito il corso di formazione da esse
progettato all’interno di corsi già avviati di psicodramma o playback theatre; altre hanno
scelto di creare un corso ex novo. Sono stati così attivati 6 corsi di formazione. Ogni corso
era formato da un gruppo di almeno 10 persone, che ha ricevuto una formazione di 30
ore. I gruppi di Italia e Finlandia sono stati condotti utilizzando sia lo psicodramma che
il playback theatre, quelli della Romania e dell’Austria utilizzando solo la metodologia
psicodrammatica, quelli di Lituania e Finlandia solo il playback theatre.
Lo psicodramma e un gran numero di altri metodi attivi creativi derivano dall'insegnamento
di Jacob Moreno (1989-1974). Nato a Bucarest, Moreno passò gran parte della sua infanzia
e giovinezza a Vienna e immigrò negli USA nel 1925. Come molte famiglie oggi in e attorno
all'Europa, la famiglia di Moreno era spesso alla ricerca di migliori condizioni di vita.
Moreno studiò medicina a Vienna e fin dall'inizio le problematiche sociali furono importanti
per lui. Per questo, durante la prima guerra mondiale, riorganizzò un campo di rifugiati
seguendo i principi sociometrici. Nel suo lavoro Moreno considerò l'essere umano come un
attore che conduce la sua vita creativamente. Se la creatività si può espandere liberamente,
le persone sono sane. “Per essere creativi a volte nuovi pattern devono differenziarsi dai
vecchi.” (Stadler & Kern, 2010). Moreno ha fortemente enfatizzato l’importanza della
spontaneità e della creatività come fattori che garantiscono il cambiamento attraverso la
soluzione integrata di problemi tanto individuali quanto sociali.
Normalmente le difficoltà della vita quotidiana vengono risolte facendo ricorso a schemi
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precostituiti che non sempre offrono risposte adeguate alle nuove forme di disagio da cui
deriva la sofferenza. Ed è indiscutibile che la situazione presente sia tanto nuova quanto
difficile, poiché ci espone a una sfida temibile, ove modalità passate di gestione della
crisi non possono che risultare inefficaci. L’accelerazione dei ritmi della trasformazione
sociale richiede altresì l’implementazione di nuove forme di intervento che possano essere
garantite da professionisti competenti (coaches, teachers and trainers) capaci di lavorare
per lo sviluppo sostenibile. La formazione di tali figure tramite le tecniche attive, volte
a promuovere l’empowerment dei soggetti in condizioni di svantaggio, è l’obiettivo del
progetto che presentiamo in questo volume.
I gruppi sono stati diretti da psicodrammatisti e da conduttori di playback theatre, che
hanno affrontato e approfondito attraverso le tecniche attive tematiche attinenti le teorie
dell’autoefficacia di Bandura (Bandura, 1997), l’impotenza appresa (Seligman, 1979),
gli stili attributivi (Alloy, Peterson, Abramson, Seligman, 1984), le teorie implicite degli
insegnanti sull’intelligenza (Albanese, Doudin, Martin, 1999) e le teorie interazioniste
(effetto Pigmalione) (Fele, Paoletti, 2003). Tutte problematiche che, se non conosciute
dai formatori, possono condizionare il loro modo di porsi nei confronti dei loro studenti,
influenzando la modalità d’insegnamento e perpetuando stili attributivi che non permettono
alla persona il cambiamento e la riuscita. Come abbiamo già esplicitato sopra, i discenti erano
figure destinate a lavorare con studenti che avrebbero frequentato corsi di riqualificazione
professionale, pertanto tali tematiche erano particolarmente importanti visto che questi
soggetti spesso sono sfiduciati e non credono nelle proprie capacità e potenzialità. A questo
fine, si è ritenuto fondamentale offrire ai formatori l’acquisizione di tecniche attive, che a
loro volta facilitano l’apprendimento negli adulti e sviluppano l’empowerment.
Il progetto si è realizzato in quattro fasi.
La prima fase è stata di progettazione e di confronto: i coordinatori e i direttori dei gruppi
dei diversi paesi si sono incontrati per confrontarsi e definire modalità di attuazione degli
obiettivi, risultati attesi, modalità di valutazione, scambio di buone prassi.
Nella seconda fase le associazioni hanno realizzato i corsi di formazione somministrando
i test.
È seguita la terza fase, dedicata alla valutazione e all’analisi dei dati.
Gli strumenti utilizzati per la ricerca sono stati i seguenti.
Per la rilevazione ex ante si sono utilizzati: il GSES (General Self-Efficacy Scale–
Schwarzer, Jerusalem,1995), che misura la percezione di autoefficacia; il SAI-R (Spontaneity
Assessment Inventory Revised - Kipper, Hundal, 2005), che misura la spontaneità; infine
un questionario a risposte aperte (costruito dalla prof.ssa Testoni, Università di Padova),
costituito da 5 domande sulle teorie implicite dei formatori.
Per l’analisi ex post: si sono ri-somministrati il GSES e il SAI-R, nonché un questionario
costruito assieme ai partner del progetto, con la supervisione della prof.ssa Testoni, sulla
valutazione degli apprendimenti.
Infine la quarta fase, finalizzata alla divulgazione di buone prassi, consistente nella
pubblicazione di questa monografia e nella realizzazione di convegni (Sharing Psychodrama,
Sharing Experiences a Craiova in Romania; International Symposium ad Innsbruck in
Austria; Incontro di Primavera a Milano in Italia).
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PSYCHODRAMA, PLAYBACK THEATRE & LIFELONG LEARNING IN ACTION RESEARCH –
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Punti di forza e aspetti di debolezza del progetto
Il progetto Supporting Potential Development presenta aspetti di eccellenza e di
innovazione per diversi motivi.
Primo tra tutti l’ampio partenariato, distribuito in 5 Paesi europei: Italia (come leader),
Austria, Finlandia, Lituania e Romania. L’area di influenza del progetto va da nord a sud,
con un importante inserimento dell’est europeo. Questo permette la comparazione dei
risultati, lo scambio di prassi, di idee e di modalità di lavoro nell’ambito di paesi di culture
molto diverse.
Un secondo importante valore del progetto è l’utilizzo delle tecniche dello psicodramma
classico e del playback theatre: tecniche attive di insegnamento dove non solo la mente, ma
tutto il corpo è uno strumento che apprende. Questo tipo di tecniche si inseriscono in quella
che l’Europa chiama educazione non formale. L’educazione formale è quella classica, che
prevede lezioni frontali durante le quali il ruolo del discente è quello di ascoltare, prendere
appunti, eventualmente richiedere specificazioni: questo tipo di educazione scolastica
prevede l’utilizzo di capacità attentive e di resistenza che molti studenti, specialmente adulti,
non hanno. Nell’ambito dell’educazione non formale, le tecniche attive, comprendenti role
playing e attività di gruppo, richiedono l’attivazione del corpo, della mente e spesso anche
dei sentimenti. Nel lavoro attivo non c’è la possibilità di annoiarsi e il focus dell’istruzione è
su quello che il discente apprende, non su quello che il maestro spiega. L’Europa sta puntando
sempre di più sull’educazione non formale per vari motivi: evitare i drop out scolastici,
favorire la creatività, permettere ad una fascia scarsamente scolarizzata di accedere alla
formazione, favorire l’interscambio generazionale, attivare processi di apprendimento.
Il terzo importante aspetto positivo del progetto Supporting Potential Development
riguarda i beneficiari finali. La crisi economica e sociale presente in Europa rischia
di aggravare la situazione dei soggetti che sono già a rischio di esclusione sociale. Il
coinvolgimento nel processo di sviluppo dei settori più emarginati della società è uno
dei capisaldi delle politiche europee. In tutti i programmi della commissione europea
l’attenzione verso le persone con minori opportunità è grande: l’Europa non vuole essere
elitaria, ogni cittadino in Europa deve poter partecipare alla vita politica, secondo i concetti
di partecipazione democratica e cittadinanza attiva che rende il cittadino attore responsabile
nella società. L’obiettivo centrale del progetto Supporting Potential Development, di
sviluppare autoefficacia e spontaneità in soggetti a rischio esclusione, va nella direzione di
potenziare le soft skills personali, per permettere una migliore risposta alle sfide che la crisi
pone: dal lavoro, alle relazioni familiari, dall’inclusione sociale allo sviluppo delle proprie
potenzialità.
L’eccellenza del progetto è data anche dalla scientificità della valutazione: spesso
la valutazione dei progetti europei è lasciata a semplici questionari, ideati dai partner.
Supporting Potential Development invece valuta il progetto in base a scale psicologiche
validate in tutta Europa, mette in relazione i risultati con altri risultati nel campo, mira a
valorizzare in maniera sempre più forte l’educazione non formale, gettando le basi per il
riconoscimento scientifico del suo valore.
Tutto questo ha richiesto un forte impegno e molto lavoro da parte di tutti i partner e
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non sempre è stato facile coordinarsi e comprendersi. Sicuramente un punto di debolezza
del progetto è stato non prevedere un maggior numero di incontri tra i coordinatori per
confrontarsi in modo più incisivo sulle fasi cruciali del lavoro. Questo a volte ha creato
incomprensioni.
Nel complesso, comunque, la collaborazione tra i diversi paesi è stata proficua e ha
permesso di creare buoni scambi e buoni rapporti. Nel futuro l’obiettivo sarà quello di
intensificare tali scambi, per prevenire difficoltà e aumentare la collaborazione.
Monografia come sintesi del lavoro e scambio di buone prassi
La presente monografia raccoglie i risultati della ricerca svolta, integrandoli con
testimonianze relative a progetti simili, al fine di facilitare uno scambio di buone prassi
attraverso la diffusione degli articoli sull’uso dello psicodramma, del playback theatre e
delle tecniche attive nella formazione degli adulti.
Essa raccoglie alcuni articoli in inglese riguardanti il progetto e la ricerca. I primi due
contributi (Testoni, Guglielmin, Pogliani, Tempra e Testoni, Guglielmin) presentano il
progetto Supporting Potential Development inscritto nei programmi europei Grundtvig,
illustrando le linee guida dell’intero lavoro e la ricerca realizzata e discutendo le tematiche
più squisitamente legate alle politiche europee nel settore del Lifelong Learning Programme
(LLP). Seguono i lavori dei partner che hanno partecipato al progetto: Thomas Sageder
discute il contributo dell’Austria al progetto, approfondendo le tematiche relative alle abilità
psicodrammatiche dei trainers; Päivi Ketonen presenta il lavoro della Finlandia, estendendo
il resoconto ad aspetti esperienziali e alla considerazione di criticità incontrate nelle fasi
del lavoro; Eglė Paužienė e Rasa Urbšienė riportano i dati della partecipazione lituana,
descrivendo le potenzialità del playback theater nel perseguimento di obiettivi formativi;
Dana Munteanu, Carmen Mecu, Luiza Vasilescu, Liviu Gaja e Radu Vulcu analizzano
l’attività rumena, approfondendo le tematiche dell’implementazione e ottimizzazione del
progetto futuro.
Gli articoli in lingua italiana approfondiscono il tema delle metodologie attive utilizzate
nella formazione degli adulti, apportando nuovi contributi attraverso la descrizione di
esperienze concrete: Anna Boeri introduce il racconto autobiografico applicato alla dinamica
di gestione dei conflitti emotivi attraverso l’uso delle tecniche psicodrammatiche in contesti
di formazione gruppale; Anna Ruscazio e Marco Greco descrivono un’esperienza di
orientamento e reinserimento lavorativo di donne in cerca di lavoro (progetto “Rosaverde”),
esponendo alcuni tratti della teoria moreniana in relazione al problema psicosociale trattato;
Franca Bonato riporta l’esperienza di conduzione di gruppo con soggetti disabili, chiamati
e prendere coscienza della loro condizione e delle loro istanze di autonomia attraverso
l’attivazione progettuale e narrativa.
La speranza è che, anche tramite la presente monografia, questa modalità di lavoro,
che si è dimostrata efficace e valida, possa diffondersi nel mondo dell’apprendimento
permanente. ■
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PSYCHODRAMA, PLAYBACK THEATRE & LIFELONG LEARNING IN ACTION RESEARCH –
13
■ BIBLIOGRAFIA
Albanese, O., Doudin, P.A., Martin, D. (1999). “Lo sviluppo psicologico degli allievi e la concezione
dell’intelligenza degli insegnanti”, in Quaderni di Psicoterapia di Gruppo, 2, 7-30. Roma: Borla.
Alloy, L.B., Peterson, C., Abramson, Y., Seligman, M.E. (1984). “Attributional style and generality of
learned helplessness”, in Journal of Personality and Social Psychology, 46 (3), 681-687.
Bandura, A. (1997). Autoefficacia: teoria e applicazioni. Trento: Erickson.
Fele, G., Paoletti, I. (2003). L’interazione in classe. Bologna: il Mulino.
Kipper, D.A., Hundal J. (2005). “The Spontaneity Assessment Inventory: The relationship between
spontaneity and nonspontaneity”, in Journal of Group Psychotherapy, Psychodrama and Sociometry,
58, 119-129.
Schwarzer, R., Jerusalem, M. (1995). “Generalized Self-Efficacy Scale”, in J. Weinman, J., Wright,
S., Johnston, M.: Measures in health psychology: A user’s portfolio. Causal and control beliefs
(pp. 35-37). Windsor, Uk: NFER-NELSON.
Seligman, M.E., et. al. (1979). “Depressive attributional style”, in Journal of Abnormal Psychology,
88 (3), 242-247.
Stadler, C., Kern, S. (2010). Psychodrama. Eine Einführung. Wiesbaden: VS Verlag.
■ GLI AUTORI
INES TESTONI: professore associato di Psicologia Sociale, direttore del Master Death Studies & the End
of Life, direttore del corso di alta formazione per il contrasto sociale alle mafie, direttore del progetto
europeo Empower – Daphne, Università degli Studi di Padova.
E-mail: [email protected]
MARIA SILVIA GUGLIELMIN: psicologa, psicodrammatista, coordinatore del progetto Grundtvig,
coordinatrice della rete internazionale per il progetto europeo Empower – Daphne per l'Università degli
Studi di Padova.
E-mail: [email protected]
GIANANDREA SALVESTRIN: formatore, progettista europeo, project officer del progetto europeo
Empower – Daphne per l’Università degli Studi di Padova.
E-mail: [email protected]
THOMAS SAGEDER: psicologo, psicoterapeuta, docente di Psicodramma, coordinatore per l’Austria del
Grundtvig Project Supporting Potential Development.
E-mail: [email protected]
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PRESENTATION
Psychodrama, playback theatre &
lifelong learning in action research
Supporting potential development: the Grundtvig Programme
INES TESTONI, MARIA SILVIA GUGLIELMIN,
GIANANDREA SALVESTRIN, THOMAS SAGEDER
T
he European Union is often perceived by it’s citizens as a supranational entity that
imposes taxes, laws and restrictions on partner countries. The television news and
newspapers link Europe to economic decisions taken to save member states, austere
regulations and international meetings between international leaders to design a political
and economic future for the Union.
The Europe of the NGO’s is something much more significant. It means meeting new
people, professionals and colleagues from other countries, it means exchanging ideas and
best practices, developing networks; it means creating a more inclusive society, strengthening
the role that women play and supporting creativity and innovation. Participation in these
European projects makes one realize the essential meaning of Europe: Europe is us. The
European Commission, the Council of Europe and the Parliament dictate the guidelines,
identify priorities, and select targets, but it’s the organizations (NGO’s) that carry out the
work stipulated and fill the void with their ideas and projects.
One of the priorities of the European Union is to promote smart growth, which means
to encourage individuals to learn, to study, to upgrade skills, to develop new products and
services in order to stimulate growth and employment and to meet the economic challenges
and promote the use of information technology and communication. Within the realm of
these priorities, the programme of Lifelong Learning has developed which inspires every
European citizen to learn throughout the course of their life, from youth to old age.
Among the subgroups of programs under the umbrella of Lifelong Learning, the
Grundtvig project seeks to contribute by offering various opportunities for adults to improve
their knowledge and skills.
In order to do this, Grundtvig has highlighted the following specific objectives: improve
the quality and accessibility of mobility of individuals involved in adult education and
increase their numbers, so that by 2013 annual mobility is supported by at least 7,000 people
involved in adult education; increase the amount of cooperation between organizations
throughout Europe involved in adult learning and provide assistance to individuals belonging
to vulnerable social groups and other marginalized people, especially the elderly and those
that left their studies without having received any base qualifications, so as to offer them
alternative opportunities to access adult education.
In order to understand these objectives, it’s necessary to specify what we mean by
“mobility”. For a project manager, mobility means to organize exchanges and trips for
project participants. But in my experience, mobility means to discover a new world, learn
new ways to improve your expertise and redefine work boundaries. Mobility is essential for
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Europe for many reasons: to provide a comparison between organizations that are involved
in the same issues with a view to reach an equality of services provided by member states,
to foster creativity and innovation through the exchange of best practices and to ensure
Europeans get to know each other, because only thorough personal acquaintance of it’s
citizens will the European culture transform itself.
The second important concept is “partnership”: within the Grundtvig Programme, a
partnership comprised of at least 3 countries is expected in order to give the project a strong
European significance. Possible activities include not just formal qualifying courses, but also,
non formal learning activities and outreach conducted in informal learning environments such
as museums, libraries, and NGO’s. This is in order to seize opportunities and face challenges
created by the rapid changes that are occurring in all sectors of society: in the way we
communicate, work, live our life, and in our local, national and European communities.
Supporting Potential Development project
The project Supporting Potential Development is part of the Grundtvig learning
partnership.
The project came about as a result of the conference “Me, you, the other, opportunities
to meet” held in Treviso (Italy) in 2008. Many professionals were finding themselves
searching for a venue to explore issues and share comparisons on training, creativity and self
improvement through the use of psychodrama methods and playback theatre. At that time,
the idea of developing an effective plan to help individuals involved in lifelong learning
arose. In addition, the importance of creating a comparison that was not limited to the
borders of Italy, but that had a larger scope and that was able to keep pace with the growing
needs of a community became obvious.
The project was proposed and endorsed by the Italian Association of Morenian
Psychodramatists (AIPsiM) and they made it their own. The first groups that became
involved in supporting this initiative with AIPsiM were the Italian playback theatre
Humus groups, the Romanian Organization of classical psychodrama and the Spanish
association of psychodrama. The project was submitted to the EU three times, each time
with various modifications; we found support from other associations of playback theatre
and psychodrama, and in 2010 obtained European funding for the project.
The project is now assisted by seven partners:
-The Italian Association of Morenian Psychodramatists (AIPsiM), coordinator of the
project;
- HUMUS, Italian Association of Playback Theatre;
-The Romanian Association of Classical Psychodrama;
- Österreichischer Arbeitskreis für Gruppentherapie und Gruppendynamik / Fachsektion
Psychodrama, Soziometrie & Rollenspiel (OEAGG/PD), The Austrian association of group
psychotherapy and group dynamics/section for psychodrama, sociometry and role play;
-Save Pazinimo ir realizavimo studia, The Lithuanian association of playback theatre;
-Kasvunpaikka Oy e Suomen Tarinateatteriverkkoyhdistys, two playback theatre and
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psychodrama associations of Finland.
In concrete terms, the project Supporting Potential Development had set the following
objectives:
1) encourage the exchange of best practices between those involved in adult education:
teachers, educators and all those individuals who are involved in the employment integration
of disadvantaged people;
2) provide educators and teachers with tools that enable them to become more personally
and professionally empowered, thereby increasing the capacities that allow individuals
to develop new ideas, drawing from their creative potential, their knowledge and their
resources;
3) promote an attitude of renewal and change by supplying efficient tools that develop
communication skills and interpersonal and problem solving skills, that are essential for
creating effective working relationships that are constructive and innovative;
4) verify the success of the intervention via an action-research with a pre-and post-hoc
analysis.
Except for the AIPsiM, which was in charge of the project and the research designed and
coordinated by Prof. Ines Testoni from the University of Padua, all the other associations
and groups were responsible for creating training groups, that were attended by teachers,
psychologists, educators, and trainers. Some associations included the training course they
developed with courses of psychodrama and playback theatre already underway, others
chose to create a new course altogether. Six training courses were started. Every course
was made up of a group of at least 10 people that received 30 hours of training. The Italian
and Finnish groups used both psychodrama and playback theatre techniques, those from
Romania and Austria only used the psychodramatic method, those from Lithuania and
Finland used only playback theatre methods.
Psychodrama and a various number of other creative action methods go back to Jacob
Levy Moreno (1989-1974). Born in Bucharest, Moreno spent much of his childhood and
youth in Vienna and immigrated to the United States in 1925. Like many of today’s families
in and around Europe, Moreno’s family was often in search of better living conditions.
Moreno studied medicine in Vienna and social concerns were important to him from the
beginning. So, he rearranged a refugee camp according to sociometric objectives while
World War I.
In his work, Moreno sees the human being as an actor who masters his life creatively.
If creativity can unfold freely, people are healthy. “To stay creative, sometimes old patterns
have to differ to new ones.” (Stadler, Kern, 2010). The creative and spontaneous change as
a process of problem solving affects both individuals and society as a whole. Usually the
problem solving process in everyday life is possible through conserved roles. That changes
when there are new and serious problems. We know that the current economic and social
situation presents such a challenge. Old action structures prove to be unsuitable. Spontaneity
is developing new and creative solutions. Especially the integration of the whole body with
all its senses accelerates the process of development. In additional, sympathetic companions
(coaches, teachers and trainers) are required to promote sustainable changes. The project
Supporting Potential Development would like to contribute to these changes. It works with
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action-oriented methods and aims of empowerment. So it should be possible to counteract
conditions of helplessness and negative attribution styles.
The groups were directed by psychodramatists and playback theatre conductors, who
have developed though the active techniques issues surrounding the theories of self-efficacy
of Bandura (Bandura, 1997), learned helplessness (Seligman, 1979), attributive styles
(Alloy, Peterson, Abramson, Seligman, 1984), teachers implicit theories about intelligence
(Albanese, Doudin, Martin, 1999) and theories of interaction (Pygmalion effect) (Fele,
Paoletti, 2003). All issues if not known by the leader can condition the way trainers behave
in regards to their students, affecting their teaching methods and perpetuating attributive
styles that do not allow the person to change and reach success. As we explained above,
the trainees were individuals that worked with students that were attending professional
prequalification courses, therefore these issues were particularly important given that these
individuals often lack confidence and do not believe in their abilities and potential. To this
end, it was considered essential to offer trainers the possibility to learn active techniques
which in turn facilitate adult learning and develop empowerment.
The project was carried out in four phases.
The first phase of the research included design and comparison: the coordinators and the group
leaders from the various countries met to discuss and define how to implement the objectives,
set expected outcomes, decided on evaluation approaches and exchanged best practices.
In the second phase, the associations carried out the training courses by administering
the test.
Next was the third phase, dedicated to evaluating and analyzing the data.
The research tools used were the following.
For detecting ex ante, we used: the GSES (General Self-Efficacy Scale, Schwarzer,
Jerusalem, 1995), that measures the perception of self-efficacy; the SAI-R (Spontaneity
Assessment Inventory Revised - Kipper, Hundal, 2005), that measures spontaneity; and
lastly an open ended questionnaire (created by prof. Testoni, University of Padua), which
consists of five questions about the implicit theories of trainers.
For the ex post analysis, we administered the GSES and the SAI-R, as well as a
questionnaire on the learning assessment that was created with the partners of the project
under the supervision of prof. Testoni.
Lastly, the fourth stage aimed at disseminating best practices by the publication of this
essay and creating conferences (Sharing Psychodrama, Sharing Experiences in Craiova and
Romania; International Symposium at Innsbruck and Spring meeting in Milan).
Strengths and weaknesses of the project
The Supporting Potential Development project contains aspects of innovation and
excellence.
Foremost among them is our partnership with 5 European countries: Italy (the leader),
Austria, Finland, Lithuania and Romania. The area of influence of the project runs from
north to south, with an important input from Eastern Europe. This makes it possible to
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compare the results and exchange practices, ideas and ways of working within countries
belonging to different cultures.
A second important value of the project lies in the use of classical psychodrama
techniques and playback theatre; active teaching techniques, where not only the mind, but
also the entire body becomes a learning instrument. These types of teaching methods belong
to the realm of non formal education. Formal education is the typical form of teaching,
which includes such activities as face to face lectures and the role of the learner is to listen,
take notes and when appropriate, ask for clarification. This type of schooling requires a great
amount of attention and concentration that many students, especially adults do not have.
Within the environment of non formal education, active techniques such as role playing
and group activities require the use of the body, the mind and often also the emotions. In
active learning activities, there is no chance of getting bored and the focus of the teaching
is on what the student learns, not on what the teacher says. Europe is increasingly relying
on non formal education for various reasons: to prevent school drop outs, foster creativity,
promote generational interchange, activate the learning process and provide an array of
poorly schooled individuals access to training.
The third important positive aspect of the project Supporting Potential Development
involves the final recipients. The economic and social crisis in Europe could aggravate the
situation for individuals that are already at risk of social exclusion. The involvement in
the development process of the most marginalized sectors of society is a cornerstone of
European policies. In all of the projects of the European Commission, special attention is
paid to individuals with less opportunities: Europe does not want to be elitist, every citizen
in Europe should be able to participate in politics according to the concept of democratic
participation and active citizenship that makes everyone a responsible player in society.
The main goal of the project Supporting Potential Development, the development of selfefficacy and spontaneity in people at risk of social exclusion, goes towards developing
personal soft skills, that enable individuals to respond to the challenges of the crisis and
develop their potential.
The excellence of the project also depends on the scientific evaluation: in many instances,
the component of assessment of European projects relies only on simple questionnaires
designed by the partners involved. Supporting Potential Development instead evaluates the
project using psychological scales and assessment tools that are validated across Europe,
correlates the findings with others in the field, seeks to promote non formal education and
thereby lays the foundations for the scientific recognition of it’s value.
All of this has required a firm commitment and much effort by all the partners and it
was not always easy to understand one another and coordinate tasks. Surely an element
of weakness of the project was not to provide for a greater number of meetings between
the coordinators to discuss in greater detail the critical stages of the work. This sometimes
created misunderstandings.
On the whole, the collaboration between the different countries has been fruitful, and
has allowed us to create a good exchange of ideas and solidify relationships. In the future,
the goal will be to deepen those exchanges, in order to prevent problems and increase
collaboration.
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Synthesis of the work conducted and exchange of best practices
The following presents a summary of the results of the research that combines testimonies
relative to similar projects, with the goal of facilitating an exchange of best practices via the
dissemination of articles on the use of psychodrama, playback theatre and other techniques
used for training adults.
The first two contributions from (Testoni, Guglielmin, Pogliani, Tempra e Testoni,
Guglielmin) introduce the project Supporting Potential Development part of the European
Grundtvig Programme, outline the highlights of the entire work and research and discuss the
issues most linked to European policies on Lifelong Learning Programme (LLP).
Following is the work of the partners that participated in the project: The Austrian
contribution is presented by Thomas Sageder, a member of the OEAGG, the write-up
explores in particular the use of psycho dramatic skills for trainers that are involved in
training the unemployed.
Päivi Ketonen discussed the work carried out by Finland extending the experience to
experiential aspects and consideration of critical issues faced in the stages of labor. Eglė
Paužienė and Rasa Urbšienė report on the data of the Lithuanian participation which includes
how playback theatre methods were utilized to achieve education and training objectives.
Dana Munteanu, Carmen Mecu, Luiza Vasilescu, Liviu Gaja e Radu Vulcu analyze the
Romanian contribution delving into the issues of implementation and optimization of future
projects.
The papers in Italian explore the theme of active methodologies used for training adults
and make new contributions by describing concrete experiences. Anna Boeri introduces
the theme of the autobiographical story and it’s application to the emotional dynamics of
conflict management in the context of group formation; the participation of Anna Ruscazio
and Marco Greco illustrates an experience of employment orientation and reintegration
conducted with a group of women within the project “Rosaverde” setting out some features
of the Morenian theory in relation to the psychosocial problem treated; Franca Bonato
reports on her experience of leading groups of disabled individuals called to become aware
of their condition and their demands for autonomy through the implementation of planning
and narrative.
The hope is that even through this volume, this type of work, which has proved effective
and valid, can spread into the world of lifelong learning.
■
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■ BIBLIOGRAPHY
Albanese, O., Doudin, P.A., Martin, D. (1999). “Lo sviluppo psicologico degli allievi e la concezione
dell’intelligenza degli insegnanti”, in Quaderni di Psicoterapia di Gruppo, 2, 7-30. Roma: Borla.
Alloy, L.B., Peterson, C., Abramson, Y., Seligman, M.E. (1984). “Attributional style and generality of
learned helplessness”, in Journal of Personality and Social Psychology, 46 (3), 681-687.
Bandura, A. (1997). Autoefficacia: teoria e applicazioni. Trento: Erickson.
Fele, G., Paoletti, I. (2003). L’interazione in classe. Bologna: il Mulino.
Kipper, D.A., Hundal J. (2005). “The Spontaneity Assessment Inventory: The relationship between
spontaneity and non spontaneity”, in Journal of Group Psychotherapy, Psychodrama and Sociometry,
58, 119-129.
Schwarzer, R., Jerusalem, M., “Generalized Self-Efficacy Scale”, in J. Weinman, J., Wright, S.,
Johnston, M. (1995). Measures in health psychology: A user’s portfolio. Causal and control beliefs (pp.
35-37). Windsor, Uk: NFER-NELSON.
Seligman, M.E., et. al. (1979). “Depressive attributional style”, in Journal of Abnormal Psychology, 88 (3),
242-247.
Stadler, C, Kern, S. (2010). Psychodrama. Eine Einführung. Wiesbaden: VS Verlag.
■ AUTHORS
INES TESTONI: associate professor of Social Psychology, director of the Master program “Death Studies
& the End of Life”, director of the advanced training course on the social contrast to the mafia, project
director for Empower – Daphne, University of Padua.
E-mail: [email protected]
MARIA SILVIA GUGLIELMIN: psychologist, psycho dramatist, coordinator of the project Grundtvig,
coordinator of the International Network for the European Project Empower – Daphne, University of
Padua.
E-mail: [email protected]
GIANANDREA SALVESTRIN: trainer, European project designer, project officer for the European Project
Empower – Daphne, University of Padua.
E-mail: [email protected]
THOMAS SAGEDER: psychologist, psychotherapist, teaching therapist for Psychodrama, Austrian
coordinator of the Grundtvig Programme Supporting Potential Development.
E-mail: [email protected]
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PROJECT LINES
Grundtvig Programme: an introduction
The project “Supporting Potential Development”
INES TESTONI, MARIA SILVIA GUGLIELMIN
■ Abstract
In the article the authors discuss the various European policies concerning education and training
that address the difficult economic situation. They explain the concept of “flexicurity”, which is a
combination of the flexibility required by the new economic policies and the security that the welfare
state must guarantee it’s workers. Within this scenario, programs such as Lifelong Learning Programme
are aimed at increasing the flexibility of workers. Part of the Grundtvig initiative is located within these
programs and in particular the project “Supporting Potential Development” is presented. This project
was designed by the Italian Association of Morenian Psychodramatists (AIPsiM) and aims to increase
self-efficacy and spontaneity of adults involved in a training program implemented using the techniques
of psychodrama and playback theatre.
■ Key words: lifelong learning, European policy, unemployment, flexicurity.
Grundtvig Programme: un’introduzione
Il progetto “Supporting Potential Development”
INES TESTONI, MARIA SILVIA GUGLIELMIN
■ Sommario
Nell’articolo sono presentate le politiche europee riguardanti l’educazione e i training proposti per
affrontare la difficile situazione di crisi economica. Viene illustrata la “flexicurity”, ovvero una
combinazione tra la flessibilità richiesta dalle nuove politiche economiche e la sicurezza che il
welfare state deve garantire ai lavoratori. In questo scenario rientrano i progetti denominati “Lifelong
Learning Programme”, che mirano ad incrementare la flessibilità dei lavoratori. Al loro interno
si inserisce il Grundtvig e in particolare il “Supporting Potential Development”, qui presentato,
ideato dall’Associazione Italiana Psicodrammatisti Moreniani (AIPsiM), che mira ad incrementare
l’autoefficacia e la spontaneità degli adulti coinvolti in un percorso di formazione attuato mediante le
tecniche dello psicodramma e del playback theatre.
■ Parole chiave: formazione continua, politiche europee, disoccupazione, flexicurity.
T
he Council of the European Union (CEU) is interested in enhancing cohesion among all
member states through the development of inter-state, inter-group and inter-individual
relationships. Through a series of specific initiatives, the goal is to contribute to the successful
implementation of inclusive strategies and underline the importance of achieving sustainable
and inclusive growth (Watkins, 2007). This originates from the CEU’s belief that education and
training play a fundamental role in achieving cooperative objectives as that equips citizens with
the skills and competencies needed by society to promote social and trans-national cohesion.
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European policy on education and training
In order to improve social and individual competencies for the 21st Century and considering
the formative process as a complex reality influenced by cultural, individual and socioeconomic factors, the European policy is involved in three different types of intervention
(EComm, 2008; ECoun, 2006). The first type of intervention is aimed at scholastic drop out
and the necessity of improving access to higher education. Essentially the goal is to create
pro-active and compensatory measures to prevent discrimination and inequality (Collins,
Kenway, McLeod, 2000; Duru-Bellat, 2004; Ellenbogen, Chamberland, 1997; Ross, 2007).
Related to this goal, the second objective involves promoting the mobility of young people
in order to give them the possibility of constructing their own life project. In this sense, the
Youth on the Move initiative is directed towards helping young people achieve their full
education and training potential, thereby improving their employment prospects (EComm,
2004a, 2004b; ECou, 2005).
Educational Institutions need to improve the quality and relevance of the courses they
offer and to encourage citizens from all walks of life to enroll in formal and non-formal
higher education courses (Scheerens, 2007). Given the relationship between education and
economic growth (De la Fuente, 2006), the latter objective concerns the recognition that the
training available must be relevant to the needs of the workforce and must also facilitate the
individuals’ access to lifelong learning opportunities and guidance (EComm, 2003, 2006b;
Brunello and Checchi, 2007; Hanushek, Kimko, 2000; Kleiner et al. 2005). This means that
education and training programs must respond quickly to new trends in order to better meet
the skill needs of the labor market and the social and cultural challenges of a globalized
world. In order to strengthen the ability to anticipate and match labor market skill needs, the
CEU is geared towards improving access to lifelong learning, in particular for disadvantaged
groups. The strategies adopted in pursuit of these three objectives means that Member States
of the EU must engage in horizontal cooperation and share experience and best practices.
Facing the labor crisis and the solution of “ flexicurity”:
the role of lifelong learning
The CEU considers chronically high unemployment rates as an unacceptable loss of
human capital. In recent years, the labor crisis, which has discouraged workers and lead
them to leave productive activities, has required the EU to make significant labor market
reforms. The crisis has illustrated how hard it is to implement integrated policies. In fact, on
the one hand, the short-term working solutions have not been complemented with enough
training opportunities for employees and on the other hand, when incentives for training are
offered, an insufficient number of individuals take the opportunity to re-train. In the latest
CEU report on this issue, they state that modern social security systems have to be revisited
and adapted to the post-crisis context. The welfare state solution that CEU proposes is
“flexicurity”. The term “flexicurity”, which derives from the combination of “flexibility”
and “security”, is a labor market policy of the welfare state oriented towards a dynamic
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economic model. This model is made up of two fundamental concepts: social security and
active labor. The European Commission implements flexicurity through the following:
comprehensive lifelong learning strategies, reliable and flexible contractual arrangements
and modern social security systems that provide adequate income support during
employment transitions. In this sense, flexicurity guarantees on the one hand, flexibility and
reliability in contractual arrangements, and on the other hand, creates active labor market
policies, reduces segmentation in employment and makes transitions worthwhile for both
the employee and the economy. Lifelong Learning (LL) is the cornerstone of this model
and may indeed provide a solution to the present situation only if the promotion of a postcrisis labor market is related to the creation of a highly skilled workforce that is capable
of contributing and adjusting to social change through an upgrade of competencies and
knowledge.
The European investment in education and training systems is geared towards anticipating
skill needs and raising global employment. Specific priorities of flexicurity policies are
upgrading skills of workers who are particularly vulnerable to economic restructuring.
For example, women, minority groups, the disabled or mentally challenged, low skilled
workers that need to transition towards a new kind of job, the unemployed and parents
returning to work. These goals are pursued through the Lifelong Learning Programme
(LLP), instituted by the European Parliament on November 15th, 2006. This programme
is similar to other educational concepts like continuing education, but with the addition of
providing both formal and informal learning opportunities throughout an individual’s life so
that there is a continuous development and an improvement of knowledge and skills needed
for employment and personal fulfillment. The strategic importance of the LLP is related to
the fact that it is not enough to ensure that people remain active and acquire the right skills
to get a job; the recovery must be based on creating job growth. In fact, policies that exploit
key sources of job creation and promote entrepreneurship and self-employment are also
essential to increasing employment rates. So the basis of the success of flexicurity is the
promotion and diffusion of LLP strategies.
Specific LLP priorities in Europe include: implementing lifelong learning through
partnerships at regional and local levels between public services, education and training
providers and employers; identifying training needs, improving the relevance of education
and training and facilitating individuals’ access to further education and training.
The European Grundtvig Programme and Lifelong Learning
Within the LLP, the European Grundtvig Programme (EGP) focuses on problems related
to adults and the ageing population, specifically on education and “alternative education
streams”. Launched in 2000 and now part of the overarching LLP, the Grundtvig programme
provides adults with opportunities to improve their knowledge and skills, keeping them
mentally agile and potentially more employable. This cooperative venture also involves
supporting the institutions and organizations delivering these services, in addition to teachers
and staff. Grundtvig’s mission includes the cooperation between associations, information
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services, counseling organizations and others involved in LL and adult education at local,
regional and national levels, such as NGOs, enterprises, voluntary groups and research
centers. The purpose of the Lifelong Learning Programme promoted by the EGP is to enable
individuals at all stages of their lives, pursue active learning opportunities. In addition, the
program is focused on constructing cooperative opportunities throughout Europe with the
goal of integrating various educational and training initiatives. In this sense, the EGP is
geared towards creating networks of groups working in the educational field, and with these
networks, constructing a forum or a common platform to discuss and exchange information
on key issues, policy, training and/or research in the area of adult education.
Both formal and informal organizations can participate in the EGP. For example, primary
and secondary schools that provide courses for adults, community centers, libraries and
museums, hospitals, prisons and youth detention centers, sports associations, neighborhood
organizations, national / regional and local authorities, professional organizations and private
sector enterprises whose activities are not limited to vocational training. The EGP/LLP is
divided into various sub programs, which include the Grundtvig Multilateral Projects that
involves institutions/organizations from different countries working together and pooling
their knowledge and experience to create pilot projects in strategic areas interested in high
quality teaching products.
The Grundtvig Multilateral Network, whose goal is to strengthen the link between the
various promoters of adult education practices and to improve the European dimension in
every activity or issue of common interest in the field of adult learning, in addition to helping
make lifelong learning opportunities more available to citizens. Lastly, the Grundtvig
accompanying measures is a financing program that supports various activities which,
although not eligible under the main actions of the Grundtvig Programme, will clearly
contribute to achieving its objectives. Supporting Potential Development is included in the
dimension of the construction of European partnership.
In addition, the CEU underlines the importance of reinforcing the evidence base of
socio-educational interventions through a partnership with the education and training
sectors in identifying the factors that produced the effects. This requirement means that joint
progress reports need to take into account European objectives, whilst acknowledging the
distinct added value which those reports offer in providing a deeper insight into the CEU.
The adoption of a clear methodology which includes a description of the process and the
results of the intervention ensures transparency and an effective operational participation
of the relevant stakeholders. The need to ensure that the effects of the interventions can be
measured through quantitative and qualitative methods is becoming increasingly important.
A scientific methodology requires gathering impartial evidence that provides feedback and
advice and promotes through the dissemination of the results, the best model.
During this complex time in history where rapid changes are occurring, there is a need
for training opportunities and the development of competencies and resources that can
help individuals find and apply new strategies to manage challenges with flexibility and
efficiency. In this context, teachers and educators need to have instruments that enable them
to offer adequate responses to the needs of those who are in a disadvantaged position. For
example, there are those who have lost their jobs and need to be empowered, immigrants
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that need to find a new niche and individuals who due to economic reasons, had to interrupt
their studies. In all of the aforementioned cases, there is a need to provide training that is
based on a methodology that is strong and effective and that can help these individuals
develop their potential. Both teachers and educators as well as their students and clients
have to become active protagonist of their own personal and professional life.
From the aformentioned, and specifically after the instances of the European Commission
(2007), the program Supporting Potential Development (SPD) was born, joining organizations
from Austria, Finland, Italy, Lithuania and Romania. The idea of the SPD originated from
the Italian Association of Morenian Psychodramatists, whose objective is the dissemination
of the Morenian action methods, the development of effective tools and the promotion of
studies on the theoretical and practical efficacy of the constructs. Starting from this position,
the association started to think about incorporating Morenian action methods to empower
and train adults in relational skills and to develop their creativity. This method can help
professionals build stronger competences and improve their own effectiveness. The choice
to focus in particular on teachers and educators is based on the fact that these professionals
work with groups. This approach reaches more people and is congruent with the Morenian
Action method. In particular, the association is interested in supporting those who work with
disadvantaged people. The result of this activity proved that Morenian action methods are
useful in developing relational and communicative skills as well as developing the ability to
engage in creative problem solving.
Objectives and aims of Supporting Potential Development
The main objectives of the SPD are to develop adequate new teaching and educational
skills for teachers/ educators who work with disadvantaged people. In order to do this,
experts in action methods, psychodrama and playback theatre have been selected by SPD
because the methodologies they employ involve active educational techniques. SPD offers
teachers and educators the opportunity to work, on the one hand, on specific themes, such
as conflict management, vocational orientation, systemic thinking, cultural–gender–race
differences; and on the other hand, to use action methods as a tool for developing potential
and creativity, thus helping professionals become more flexible and competent on both a
personal and professional level.
The aims of SPD are the following ones.
- To create and promote a network of associations that use psychodrama and playback
theatre in lifelong learning, foster the exchange of best practices and increase the mobility
of trainers and students (which is a common goal of all the aforementioned programs). The
EU will set common standards in training.
- To upgrade personal, professional, pedagogical, relational and social competencies. In
particular, those of teachers and educators because they reach many individuals and thus
multiply the effects of the project.
- To support the development of creativity in individuals and groups; the main objective
is to develop the ability to come up with the right answers to new problems or situations
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and new answers to old situations, in both personal or professional contexts. This means
developing the individual’s potential and creativity so that they are able to analyze relational
situations and personal feelings under several perspectives.
- To initiate a network of professional trainers and to create training courses for teachers and
educators using psychodrama and playback theatre.
■
■ BIBLIOGRAPHY
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■ AUTHORS
INES TESTONI: Professor of Social Psychology and Director of Master Death Studies - University of
Padua (Italy).
E-mail: [email protected]
MARIA SILVIA GUGLIELMIN: psychologist, psychotherapist, psychodramatist. Daphne projectUniversity of Padua (Italy).
E-mail: [email protected]
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PROJECT RESULTS
Psychodrama and playback theatre
for developing self-efficacy
Purpose, tools and risults of the Grundtvig Project
“Supporting Potential Development”
INES TESTONI, MARIA SILVIA GUGLIELMIN, INGRID POGLIANI, LIA TEMPRA
■ Abstract
The article introduces the training project Grundtvig called “Supporting Potential Development” and
discusses the tools used in the research and the results obtained. In the ex-ante stage, various evaluations
were carried out, including two multiple-choice questionnaires to identify levels of self-efficacy and
spontaneity of the participants and an open-ended questionnaire to detect implicit theories of trainers. In
the ex-post phase, in addition to the multiple choice questionnaires, another questionnaire appropriately
named “learning questionnaire” was administered to assess the knowledge acquired. In addition, the
trainers were asked to answer two open ended questions concerning the technical aspects used that
promoted the possible improvement in self-efficacy. It was found that the techniques used, namely
psychodrama and playback theatre increased the perception of self-efficacy and levels of spontaneity.
■ Key words: lifelong learning, textual analysis, self-efficacy, spontaneity, active techniques.
■
Psicodramma e playback theatre per lo sviluppo dell’autoefficacia
Finalità, strumenti e risultati del progetto Grundtvig
“Supporting Potential Development”
INES TESTONI, MARIA SILVIA GUGLIELMIN, INGRID POGLIANI, LIA TEMPRA
■ Sommario
In questo articolo vengono presentati il progetto di formazione Grundtvig “Supporting Potential
Development”, gli strumenti utilizzati nella ricerca e i risultati ottenuti. Nella fase ex-ante sono
stati proposti due questionari a scelta multipla, per individuare i livelli di autoefficacia e spontaneità
dei partecipanti e un questionario a risposte aperte, per rilevare le teorie implicite dei formatori.
Nella fase ex-post oltre ai questionari a scelta multipla è stato somministrato il questionario sulle
conoscenze apprese “learning questionnaire”. Inoltre ai trainers è stato chiesto di rispondere a due
domande aperte riguardanti gli aspetti tecnici utilizzati che hanno promosso l’eventuale miglioramento
dell’autoefficacia. È emerso come le tecniche usate, psicodramma e playback theatre, aumentino la
percezione di autoefficacia e i livelli di spontaneità.
■ Parole chiave: lifelong learning, textual analysis, autoefficacia, spontaneità, tecniche attive.
T
he project Supporting Potential Development (SPD), part of the European programme
Grundtvig, brings together important organizations that use classic psychodrama
techniques (PC) and/or playback theatre (PT) for Lifelong Learning (LL) and for training
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teachers (target group: TG) that are involved in the employment integration of the
unemployed or other disadvantaged individuals (final beneficiaries: FB), in 5 European
countries: Austria (PC), Finland (2 training groups: 1 PT, the other PT & PC), Italy (PC &
PT), Lithuania (PT) and Romania (PC)1.
Project purpose and target
The main objective of this project was to teach the TG active techniques of psychodrama
and playback theatre. These techniques are effective in increasing the FB’s creativity and
relationship skills enhancing their coping strategies before an ever changing world in
the midst of an economic crisis. Taking on the perspective of “research-action”, the SPD
project also intended to monitor the potential changes that the use of this training approach
produced in the TG. The TG thus served a double function: on the one hand, the TG were
pupils learning to change their own behaviour thanks to the use of active techniques, and
on the other hand, the TG were educators /teachers learning to use active techniques that
they will later employ with those who suffer social failure. This required that participants
mobilize their own feelings of failure, in order to identify with those with whom they work.
This approach permitted us to investigate at the end of the training what was the perceived
effectiveness of the use of the active techniques. The make-up of the TG in the pre-test,
in the post-test and in the “common/shared” pre-test/post-test is described in Table 1 and
highlights the female prevalence of the participants.
Table 1 - Participant characteristics at the first administration.
PRE-TEST
POST-TEST
Gender
Age
(% female) (mean)
N
PRE-TEST/POST-TEST
Gender
Age
(% female) (mean)
N.
Gender
Age
(% female) (mean)
Country
N.
Austria
20
75
45
18
83
46
18
83
46
Finland
25
80
44
24
79
43
24
79
43
Italy
17
65
45
23
70
42
17
65
45
Lithuania
19
90
29
20
90
29
19
90
29
Romania
10
100
34
20
100
36
10
100
34
Total
91
80
40
105
84
39
88
82
40
1
The associations that are involved in the project are: ARPsIC (Romania), Kasvunpaikka Oy e Soumen
Tarinateatteriverkkoyhdistys (Finland), OAGG/PD (Austria), Save Pazinimo Ir Realizavimo Studija (Lithuania),
AIPsiM e Humus (Italy). The research is coordinated by the University of Padua and the scientific director of the
project is Ines Testoni, from the Department of Applied Psychology.
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33
Methodology
The SPD project complied with the model of action research in the real world (Robson,
2011), and applied the longitudinal survey modality which includes a pre-test and post-test,
and a before and after the “intervention” on target subjects.
Referring to the theory of causal attribution and the relationship with motivation
that suffers a block when failure is due to causes considered external, permanent and
uncontrollable (Weiner, 1974) producing learned helplessness (Seligman, 1975) and
passivity in managing problems, it was desired to investigate the representations on the
part of the TG of the motivations that drive the FB in their formative work. The idea that
led SPD has been to make the TG understand that the motivation to resolve employment
problems can be reactivated by modifying the forms of attribution of the causal locus of
failure from the external to the internal, from the unmanageable to the manageable and
controllable. Since this change is related with an increase in the perception of self-efficacy
(Bandura, 1977, pp. 191-215), the basic hypothesis that drove the SPD project has consisted
in believing that the active techniques of PC and PT, by raising the level of spontaneity and
the perception of self efficacy, reduce the experience of helplessness.
In order to detect the perception of self-efficacy and the level of spontaneity, combined
with the representations of the motivation for participation in the courses held by the TG with
the FB, as well as the assessment of the usefulness of the active techniques, the following
tools were used.
- Self efficacy: the general monofactorial Self-Efficacy Scale (GSE) (Jerusalem, Schwarzer,
1979, pp. 195-213), made up of 10 items (Likert-4). Many studies report that positive
coefficients are correlated with positive feelings; optimism and employment satisfaction,
while negative coefficients are correlated with depression, anxiety, stress and burnout
(Davelaar, Araujo e Kipper, 2008, pp.117-128).
- Spontaneity: Spontaneity Assessment Inventory – Revised) (SAI-R) (Kipper, Hundal,
2005, pp. 119. 129), made up of 18 items.
- Representation of the group of teachers-target of the causal attribution / Motivation of
the pupils: open ended questionnaire that investigates the representations of motivation and
the forms of causal attribution of failure of the users.
- Perception of the usefulness of the active techniques by the target group: an open ended
questionnaire self-evaluating the effectiveness of the intervention.
- Multiple choice questionnaire: in order to measure the quality of the acquired learning, a
multiple choice questionnaire of 15 questions was additionally given to the TG. This was prepared
by an ad hoc group of partners (psycho dramatists) and professionals of playback theatre.
SAI-R pre-test results: GSE analysis
In the pre-test administration, the reliability of the SAI-R and GSE instruments were
evaluated, showing good values of internal consistency for all countries (Cronbach’s
alpha - Table 2).
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incresing
Self-efficacy
COURSE PARTECIPATION REASONS
is a
passivity
is a
DISQUALYFING FACTORS
is a
is a
is a
empowerment
ATTENDANCE-PERSEVERANCE REASONS
is associated with
incresing
socio-economical situation
is a
FINLAND (FTG)
is a
overcames
childwood problems
is a
getting
sharing.
Graph 1 - Representation of motivation, responsibilities and self-efficacy of the FTG.
DEEP NEEDS
TRAINERS'S OBJECTIVES/STRATEGIES
getting
learn new roles
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Two one-way ANOVA tests were conducted, with a factor between “Country” and
respectively the dependent variable GSE and SAI-R. The results indicate the presence of
statistically significant differences between the countries [ F(4,86)=2.73 p=.034 h2=.11 for
SAI-R; F(4,86)=2.47 p=.051 h2=.10 for GSE]. The post-hoc analysis conducted using the
Bonferroni method showed that the main differences are between Romania and Italy, in
particular on both instruments, the Romanian participants have higher scores than those of
the Italians (mean difference R-IT= 11.61 p=.051 for SAI-R; mean difference R-IT= 4.75
p=.061 for GSE). Even with respect to the other countries, Romania has higher scores but
in this case one can only speak about a tendency since this difference is not significant. In
the case of the GSE scale, however, Romania has a significantly higher score than all the
other partners.
Table 2 - Descriptive statistics of the first administration.
Scale
Country
Cronbach’s alpha
Min
Max
M
SD
SAI-R
Austria
.91
34
79
63.52
10.81
(18 item)
Finlandia
.94
34
76
59.80
10.52
Italy
.77
39
65
54.59
7.20
Lithuania
.88
37
78
59.68
11.20
Romania
.89
46
79
66.20
9.84
.90
34
79
60.32
10.52
GSE
Austria
Total
.84
25
40
32.00
4.76
(10 item)
Finland
.78
23
37
30.80
3.76
Italy
.77
19
35
29.35
4.09
Lithuania
.80
21
37
30.15
4.03
Romania
.90
27
40
34.10
4.84
.82
19
40
31.02
4.37
Total
In general the correlation between the two instruments is positive with a confidence level
of 99% (alpha=0.01) (Table 3).
Table 3 - Correlation between instruments at the first administration.
Country
Austria
Finland
Italy
Lithuania
Romania
Total
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SAI-R-GSE Correlation
.69
.46
.38
.77
.50
.62
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need of support
concrete employment objectives
is a
is a
COURSE PARTECIPATION REASONS
incresing
Self-efficacy
is a
is a
is a
is cause of
is a
DEEP NEEDS
incresing
incresing
is a
collective self-efficacy
sharing
getting
unawareness dropping out
contradicts
ATTENDANCE-PERSEVERANCE REASONS
is a
empowerment
ITALY (ITG)
Graph 2 - Representation of motivation, assignment, and self-efficacy of the ITG.
socio-economical situation
is a
is a
lack of...is a...
incresing
DISQUALYFING FACTORS
lack of...is a...
support
is part of
TRAINERS'S OBJECTIVES/STRATEGIES
dispositional theory
social competence
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PSYCHODRAMA, PLAYBACK THEATRE & LIFELONG LEARNING IN ACTION RESEARCH –
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The instruments show a positive correlation of total average intensity (r=.62), more
moderate in some countries (Italy r=.38, Finland r=.46, Romania r=.50) and higher in
others (Lithuania r=.77, Austria r=.69). It is noteworthy that there is a significant negative
correlation between age and SAI-R values with a confidence level of 95% (alpha=.05). The
trainers that are younger are more spontaneous, but with increasing age they lose some of
this spontaneity. In the GSE scale however, we did not find any significant difference. In
both the GSE & SAI-R instruments, the scores obtained were very high, therefore there is
a heightened sense of personal auto-efficiency among the trainers at the beginning of the
project and this is combined with a strong sense of spontaneity (Table 3).
Pre-test qualitative analysis: causal attribution and justification
The text of the open ended questions was analyzed using the ATLAS-T program, utilizing
both codes that refer to the theoretical constructs covered in this research. Networks were
obtained for 5 countries, one for each country. In each network there are 5 main nodes:
“course participation reasons” (motivation); “deep needs” (needs); “attendance perseverance
reasons” (participation); “disqualifying factors” (causal attribution); “trainer’s objectives/
strategies” (strong points). In the graphs the objectives are shown in the incoming and in
the outgoing, the strategies proposed are illustrated. Each graph illustrates the depictions of
the TG with respect to the FB. In each chart we can identify some aspects connected to selfefficacy or self-handicapping/sabotage which determine a disqualifying vision of the users.
FINLAND (FTG)
The Finnish TG (FTG) represents their own FB (Graph 1) and is driven to participate
by social demands as the environment they live in values these types of empowerment
experiences. There is perhaps a perception of “passivity” inherent in the motivation of the FB,
witch could feel obliged to take part in the courses. The FTG stresses the need to overcome this
condition through the use of active techniques. We must emphasise the coincidence between
participation in the courses and deep needs of the FB, represented by the psychodynamic
relationship between “deep needs” and “disqualifying factors” inscribed in the construct of
“childhood problems” (severe problems during child development). References made to selfefficacy emphasise the importance of empowerment which the courses leverage on through
the use of psychodrama techniques that enable the FB’s to try new roles.
ITALY (ITG)
Also for the ITG (Graph 2), the factors that lead the FB to participate in the vocational retraining courses are an increase in self-efficacy, empowerment, sharing, the need for support
and concrete goals (find a job, improve one’s economic standing). The “disqualifying factors”
that generate failure in the FB are the individuals inherent negative traits (for example,
laziness & lack of intelligence), factors that the active techniques are able to mitigate upon
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is a
need of support
DEEP NEEDS
is a
to fill the time
is a
is a
is a
is a
sharing
is a
is a
is a
is a
work with yourself
psychological problems
knowledge
ATTENDANCE-PERSEVERANCE REASONS
contradicts
unawareness dropping out
is a
incresing
overcames
concrete employment objectives
is a
COURSE PARTECIPATION REASONS
LITHUANIA (LTG)
Graph 3 - Representation of motivation, assignment, and self-efficacy of the LTG.
is a
stoppage
lack of...is a...
aims at
incresing
is a
is a
is a
socio-economical situation
stress
acceptance self-others
incresing
lack of...is a...
DISQUALYFING FACTORS
lack of...is a...
support
is part of
TRAINERS'S OBJECTIVES/STRATEGIES
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in order to change the situation. The dimension of self-efficacy is related to the experience
of sharing and improvement of social skills and relationships.
LITHUANIA (LTG)
For the LTG (Graph 3) the reasons that prompt the FB to participate in the courses are
the need for support, the need to reach specific objectives (find work, economic well-being),
the need to gain knowledge and to “bridge time”; sometimes experienced as empty due to
unemployment. The “disqualifying factors” include stress, the absence of support, nonacceptance of the self and others and psychological problems. There is also a “disqualifying
situation” of “stoppage” which combines with impotence. Even for the LTG, self-efficacy is
guaranteed from the improvement in personal relationships.
ROMANIA (RTG)
For the RTG among the reasons that push the FB to participate in the training are the
need for openness (to overcome rigid and burocratic patterns that create passive employees)
and the need to increase one’s own level of competence (Graph 4). Information appears as a
central point for self-efficacy in the entire network of concepts. The “disqualifying factors”
are realistically attributed to the difficult socio-economic situation. In describing the RTG
training strategies proposed, specific detailed and strategic suggestions are advanced and
therefore training that is intended as a passive transfer of information is disapproved of,
instead active techniques are encouraged.
AUSTRIA (ATG)
The ATG while sharing many aspects with the other TGs, among which the problem
of “passivity” and “childhood problems”, has a unique feature illustrated in Graph 5.
Acknowledgement is a motivating force that drives participation and is a deep need of this
group of people. The FB is seen as the potential bearer of unrecognized potential which
seeks “to be sponsored” in order to emerge and become successful. Training is seen as an
opportunity to create a network of useful contacts and is presented with a description of
possible types (individual work and group work, peer education & multidisciplinary team).
SYNOPTIC VIEW OF THE GT
In the overview of the entire GT (Graph 6), it becomes evident that the cause of the
employment disadvantage is especially attributed to internal factors: lack of self-esteem,
helplessness and psychological problems. While the motivation to participate in the courses
is represented by a combination of internal factors (personal change) and external factors
(social pressure, economic crisis). The methodological point of view highlights the lack of
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competence
incresing
incresing
COURSE PARTECIPATION REASONS
is a
need for openness
DEEP NEEDS
is a
is a
incresing
is a
incresing
incresing
is a
concrete employment objectives
getting
empowerment.
is a
is a
ATTENDANCE-PERSEVERANCE REASONS
informations
is a
is a
ROMANIA (RTG)
lack of...is a...
getting
is a
lack of...is a...
knowledge
incresing
interests
socio-economical situation
incresing
TRAINERS'S OBJECTIVES/STRATEGIES
lack of...is a...
satisfies
incresing
DISQUALYFING FACTORS
getting
need of feedback
curiosity/involvement
Graph 4 - Representation of motivation, assignment, and self-efficacy of the RTG.
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a relationship among some crucial areas, particularly those relating to disqualifying factors
which remain very isolated from the objectives and strategies of the intervention, but are
connected with the desire to prevent the drop out of the FB and to guarantee a peaceful and
sharing atmosphere. It also becomes clear that creativity is considered a vital aspect that
enables the development of self-confidence and problem solving skills.
Post-test results: SAI-R Analysis / GSE, Learning Questionnaire
The post-test statistical packet is made up by SAI-R, GSE and the Learning Questionnaire.
The qualitative part consist of two open ended questions formulated ad hoc and directed at
educators and used to assess the active techniques used. Even in the post-test administration,
the reliability of the instruments (SAI-R and GSE) were evaluated and these showed good
internal consistency in all the countries (Cronbach’s Alpha, Table 4) with the exception of
the GSE in Lithuania (alpha=.40)
Table 4 - Descriptive statistics post test tools.
Scale
Country
Cronbach’s alpha
Min
Max
M
SD
SAI-R
Austria
.89
38
84
62.19
9.48
(18 item)
Finland
.92
38
76
61.57
9.48
Italy
.75
51
75
62.35
5.87
Lithuania
.79
54
78
68.07
6.62
Romania
.87
51
85
67.95
8.48
.87
38
85
64.30
8.46
GSE
Austria
Total
.82
25
39
32.40
3.74
(10 item)
Finland
.81
25
38
31.79
4.19
Italy
.76
26
38
33.30
3.34
Lithuania
.40
31
38
34.80
2.33
Romania
.83
28
40
34.75
3.48
.78
25
40
33.36
3.64
Total
Two one-way ANOVA were conducted, with a factor between “Country” and respectively
the dependent variable GSE and SAI-R. The results indicate the presence of statistically
significant differences between the countries [F (4.100) = 3.42 p =. 011 h 2 =. 12 for SAI-R,
F (4.100) = 3.19 p =. 016 h 2 =. 11 for GSE]. The post-hoc analysis conducted using the
Bonferroni method showed that the main differences are between Finland and Lithuania and
between Finland and Romania. In particular, on both instruments Finnish participants have
lower scores than Lithuanian and Romanian participants (mean difference FIN-LT= -6.50
p=.093, mean difference FIN-R= -6.38 p=.107 for SAI-R; mean difference FIN-LT= -3.01
p=.054, mean difference FIN-R= -2.96 p=.062 for GSE) (Table 5).
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19/03/12 10.46
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is a
is a
DEEP NEEDS
to be sponsored
is a
concrete employment objectives
is a
is a
acknowledgement
is a
is a
is a
COURSE PARTECIPATION REASONS
incresing
contacts
incresing
is a
sharing
passivity
knowledge
structure the time
is a
lack of...is a...
incresing
getting
ATTENDANCE-PERSEVERANCE REASONS
is a
is a
AUSTRIA (ATG)
Graph 5 - Representations of motivation, attribution and self-efficacy of the ATG.
is a
is a
trial work
is a
is a
is a
DISQUALYFING FACTORES
is a
dispositional theory
social-economical situation
childwood problems
is a
is a
psycological problems
incresing
trust
multiprofessional team;
single and group work
TRAINERS'S OBJECTIVES/STRATEGIES
peer group
42 – SUPPLEMENTO MONOGRAFICO A PSICODRAMMA CLASSICO - MARZO 2012 - AIPsiM
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PSYCHODRAMA, PLAYBACK THEATRE & LIFELONG LEARNING IN ACTION RESEARCH –
43
Table 5 - Correlation between instruments at the second administration.
Country
Correlation SAI-R-GSE
Austria
.52
Finland
.35
Italy
.25
Lithuania
.34
Romania
.27
Total
.42
The instruments show an overall positive correlation of moderate intensity (r=.42),
but lower than that recorded at the first administration. In particular, in some countries the
correlation is lower (Italy r=.25, Romania r=.27) in respect to the others (Lithuania r=.34,
Finland r=.35, Austria r=.52).
Detecting the change: comparison between pre-test/post-test
There were a total of 88 participants in both administrations. Table 6 reports the main
variables showing that in all the countries there are more women participants (65%-100%);
the average age is not homogeneous in all the countries, in particular participants from
Lithuania and Romania have an average age that is 10 to 15 years less than that of other
countries. Lastly, the number of years of study are not equal in all the countries, in particular,
participants from Austria and Romania have more schooling than the others.
Table 6 - Characteristics of the participants for both administrations.
Country
N
Gender (%Female)
Age (mean)
Years of Education
(mean)
Austria
18
83
46
20
Finland
24
79
43
15
Italy
17
65
45
16
Lithuania
19
90
29
15
Romania
10
100
34
18
Total
88
82
40
16
Both instruments show good values of internal consistency (.69-.94) in all the countries
with the exception of the GSE in Lithuania at the post-test (alpha=.41) (Table 7).
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19/03/12 10.46
04 Testoni Guglielmin Pogliani Tempra Finale.indd 44
is a
need of support
concrete employment objectives
is a
DEEP NEEDS
is a
knowledge
is a
is a
is a
is a
incresing
passivity
Graph 6 - Synopsis of the GT.
is a
is a
is a
is a
self-efficacy
incresing
is a
is a
is a
contradicts
getting
socio-economical situation
dispositional theory
overcames
empowerment
getting
ATTENDANCE-PERSEVERANCE REASONS
structure/fill the time
lack of...is a...
is a
COURSE PARTECIPATION REASONS
is a
sharing
is a
SYNOPTIC VIEW OF THE GT
is a
is a
childhood problems
is a
DISQUALYFING FACTORS
is a
psychological problems
TRAINERS'S OBJECTIVES/STRATEGIES
unawareness dropping out
44 – SUPPLEMENTO MONOGRAFICO A PSICODRAMMA CLASSICO - MARZO 2012 - AIPsiM
19/03/12 10.46
PSYCHODRAMA, PLAYBACK THEATRE & LIFELONG LEARNING IN ACTION RESEARCH –
45
Table 7 - Reliability of the tools (Cronbach’s alpha ) in the two administrations.
Scale
Country
Pre-Test
Post-Test
SAIR
(18 item)
Austria
Finland
Italy
Lituania
Romania
Total
Austria
Finland
Italy
Lituania
Romania
Total
.92
.94
.77
.88
.89
.90
.85
.79
.77
.80
.90
.82
.89
.92
.77
.77
.89
.87
.82
.81
.69
.41
.88
.77
GSE
(10 item)
The instruments show an overall positive correlation of moderate intensity that is stronger
in the first administration (r=.61 at pre-test, r=.42 at post-test). There is a lower correlation
recorded in Italy, Finland and Romania with respect to the other countries (Table 8).
Table 8 - Correlations between SAI-R and GSE, in the two administrations.
Country
Austria
Finland
Italy
Lithuania
Romania
Total
Pre-Test
.68
.45
.38
.77
.50
.61
Post-Test
.52
.35
.23
.39
.29
.42
Table 9 - Descriptive statistics tools in the two administrations.
Scale
SAI-R
(18 item)
GSE
(10 item)
04 Testoni Guglielmin Pogliani Tempra Finale.indd 45
Country
Austria
Finland
Italy
Lithuania
Romania
Total
Austria
Finland
Italy
Lithuania
Romania
Total
Pre-Test
M
SD
62.86
11.11
59.12
10.18
54.59
7.20
59.68
11.20
66.20
9.84
59.94
10.44
31.61
4.86
30.71
3.82
29.35
4.09
30.15
4.03
34.10
4.84
30.90
4.38
M
62.19
61.57
62.18
67.55
65.10
63.51
32.40
31.79
33.82
34.84
34.40
33.26
Post-Test
SD
9.48
9.48
6.32
6.36
9.33
8.46
3.74
4.19
3.00
2.39
3.75
3.63
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46 – SUPPLEMENTO MONOGRAFICO A PSICODRAMMA CLASSICO - MARZO 2012 - AIPsiM
Initially the change between pre-test and post-test was studied on the total sample. The
results of the t-test for the paired data indicate a statistically significant increase of both
instruments between the pre-test and post-test period [t (87) = 3.83 p <.001 for SAI-R, t (87)
= 4.87 p <.001 for GSE].
The Table 9 shows the values of Mand DS for both tools (GSE and SAI-R) in pre-and
post-tests.
To assess whether this change was recorded with the same intensity in each country,
two ANOVA 5x2 studies were later carried out, with a factor between “Country”, a factor
within “Time” (pre vs. post) and the dependent variable, respectively SAIRI and GSE. The
results indicate an interaction between the factors “time” and “Country” on both instruments
[F (4.83) = 4.54 p =. 002 h p2 =. 18 for SAI-R, F (4.83) = 4.20 p = .004 h p2 =. 17 for
GSE] confirming the presence of different changes between the two phases in the different
countries. Comparisons carried out later between pre-post within each country, with the
Bonferroni correction for multiple comparisons, showed that, for both instruments, the
change affects only two countries, Italy and Lithuania (SAIR: Pre-Post Mean Difference =
7:59 p <.001 for Italy, Pre-Post mean Difference = 7.87 p ​​<.001 for Lithuania; GSE: PrePost mean Difference = 4:47 p <.001 for Italy, Pre-Post mean Difference = 4.69 p <.001 for
Lithuania) (Picture 1, Picture 2).
The pre- post- correlations indicate a varied agreement between the two measurements for
both instruments. Generally, higher correlations are found for SAI-R, with the exception of
Media SAI-R
Picture 1 - SAI-R average in the two administrations.
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PSYCHODRAMA, PLAYBACK THEATRE & LIFELONG LEARNING IN ACTION RESEARCH –
47
Picture 2 - GSE Average of the two administrations.
Lithuania (r =. 29), while there are particularly critical GSE correlations (low) in Lithuania
(r =. 10) and Finland (r =. 19) (Tab 10).
Table 10 - Pre-post correlations for each instrument.
Country
SAI-R
GSE
Austria
.68
.77
Finland
.57
.19
Italy
.93
.41
Lithuania
.29
.10
Romania
.70
.63
Total
.61
.36
Qualitative post-test analysis: the representation of the efficacy of the intervention
At the end of the project, we asked the TG how they evaluated the change of perception in self
efficacy on the part of the FB’s and to define which technical aspects of the active techniques used
encouraged the possible improvement. For each partner country, an ad hoc graph was created and
from this, a summary that globally answered the two questions was put together.
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48 – SUPPLEMENTO MONOGRAFICO A PSICODRAMMA CLASSICO - MARZO 2012 - AIPsiM
Graph 7 - Outlook of FGT (first group).
reflection about personal strength
THROUGH
INCREASE SELF-EFFICACY
THROUGH
THROUGH
TECHNIQUE
TECHNIQUE
trust
serve and learning from others
TECHNIQUE
sharing stories
playing someone other’s role
concentrate to other’s issues
Graph 8 - Outlook of the FGT (second group).
INCREASE SELF-EFFICACY
contradicts
not sure
TECHNIQUE
is associated with
TECHNIQUE
TECHNIQUE
nothing is wrong
indirectly
everybody as protagonist-te..
support
is associated with
no conscious
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PSYCHODRAMA, PLAYBACK THEATRE & LIFELONG LEARNING IN ACTION RESEARCH –
49
Outlook of FGT
For the FGT we created two graphs to distinguish the answers given by the two groups.
The first (Graph 7) shows how reflecting on the personal strength of the trainer, trust and
listening to the experiences of others allows changes to happen and modifies in part the
perception of self efficacy of the FB. The techniques that are proposed in order to increase
self efficacy are mainly role playing and sharing. The second group (Graph 8) stresses the
fact that training may have altered the perception of one’s own self efficacy in an inexplicit
and unconscious manner. The proposed methods to increase self efficacy are: support,
considering everyone as a protagonist (of their own life) and encouraging the perception
that nothing that emerges is wrong.
Outlook of IGT
The theory of roles and the four dimensions of playback theatre to orient the educational
action that magnifies the perception of auto efficiency is considered crucial by IGT. The
active techniques used in fact guarantee the attainment of a new understanding and a new
point of view about one’s own situation that can then be used in different life situations.
Skills that are considered particularly important for the trainer are: listening, being able to
alternate between action and reflection, improvisation and providing feedback (Graph 9).
Outlook of LGT
The LGT states that self-efficacy is developed in training through spontaneity and
creativity, which promote self-acceptance that within the psychodrama scene, creates a
vision of one’s own personal history. This makes people more responsible and aware of their
own possibilities and therefore increases the perception of self-efficacy. The most crucial
dimensions were: action on stage, empathy, the increase in confidence of the subject and the
chance to experience new situations and actions (Graph 10).
Outlook of RGT
According to the RTG, self-efficacy is encouraged by the stage action that promotes intersubjectivity and the development of a positive self/canvas (tele). Through the identification
of shared problems, it becomes possible to activate the search for new solutions to these.
The main proposed technique is role playing (Graph 11).
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19/03/12 10.46
04 Testoni Guglielmin Pogliani Tempra Finale.indd 50
four dimension of playback the..
role theory
Graph 9 - Outlook of IGT.
is cause of
is cause of
listening
alternation action/reflection
feedback
TECHNIQUE
TECHNIQUE
TECHNIQUE
TECHNIQUE
INCREASE SELF-EFFICACY
THROUGH
improvisation
THROUGH
THROUGH
THROUGH
THROUGH
new situations of life
creativity
awareness
sharing
give a new poin of view
50 – SUPPLEMENTO MONOGRAFICO A PSICODRAMMA CLASSICO - MARZO 2012 - AIPsiM
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PSYCHODRAMA, PLAYBACK THEATRE & LIFELONG LEARNING IN ACTION RESEARCH –
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Graph 10 - Outlook of LGT.
spontaneity-creativity
THROUGH
INCREASE SELF-EFFICACY
THROUGH
story telling
THROUGH
THROUGH
TECHNIQUE
self-acceptance
THROUGH
Watching their own stories
THROUGH
THROUGH
acting on the stage
TECHNIQUE
is associated with
become more responsible
TECHNIQUE
trust
aware of the possibilities.
being a part of the stage team..
try new situations-actions
empathy
Graph 11 - Outlook of RGT.
action methods
THROUGH
INCREASE SELF-EFFICACY
developing the positive tele
THROUGH
THROUGH
identification of the problems
THROUGH
TECHNIQUE
THROUGH
finding new solutions
intersubjectivity
Role reversal
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19/03/12 10.46
04 Testoni Guglielmin Pogliani Tempra Finale.indd 52
Socio-drama
role theory
Socio-metric exercises
Role reversal
role-play
TECHNIQUE
TECHNIQUE
TECHNIQUE
Social Atom
TECHNIQUE
INCREASE SELF-EFFICACY
TECHNIQUE
TECHNIQUE
is cause of
Graph 12 - Outlook of ATG.
Mirroring
THROUGH
THROUGH
THROUGH
THROUGH
scenic methods
change the roles
social context's visibility
different roles's visibility
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Outlook of ATG
The ATG believe that the methods create change through the visibility of different
social contexts and from this comparison arises the first experiences that the person has with
different roles. The techniques that have proven to increase self-efficacy are sociodrama,
role playing, sociometric exercises and the mirror technique (Graph 12).
Synopsis of the entire GT outlook
All trainers (Graph 13) believe they have contributed to the change of perception of selfefficacy of their students either directly or indirectly. We note that the role-play technique
was indicated by all of the GT as the most effective one. The following technical aspects
are also highlighted as being particularly effective: the mirror technique and sociodrama
(Austria); listening, alternating between action and reflection and improvisation (Italy);
sharing (Finland); action on stage, empathy (Lithuania); and awareness of roles (Romania).
The learning outcome: Learning Questionnaire
The Learning Questionnaire includes 15 questions that the TG responds to by identifying
the best choice among the three alternatives. Following are the general percentages of correct
responses. The percentages of correct answers are satisfactory showing that reflecting on basic
concepts has produced a good enough operative to guide further experiences (Picture 3).
Picture 3 - Percentage of right answers at the final Learning Questionnaire.
04 Testoni Guglielmin Pogliani Tempra Finale.indd 53
19/03/12 10.46
04 Testoni Guglielmin Pogliani Tempra Finale.indd 54
mirroring
TECHNIQUE
sociodrama
TECHNIQUE
AUSTRIA
TECHNIQUE
ITALY
TECHNIQUE
in
TECHNIQUE
TECHNIQUE
alternation action/reflection
improvisation
TECHNIQUE
in
role-play
TECHNIQUE
listening
in
TECHNIQUE
sharing stories
TECHNIQUE
FINLAND
in
INCREASE SELF-EFFICACY
Graph 13 - Graphic image of the synopsis of the entire GT outlook.
TECHNIQUE
TECHNIQUE
acting on the stage
TECHNIQUE
LITHUANIA
in
empathy
RUMANIA
54 – SUPPLEMENTO MONOGRAFICO A PSICODRAMMA CLASSICO - MARZO 2012 - AIPsiM
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PSYCHODRAMA, PLAYBACK THEATRE & LIFELONG LEARNING IN ACTION RESEARCH –
55
Conclusion
The active techniques of psychodrama and playback theater increase both the perception
of self-efficacy and the levels of spontaneity, thus demonstrating that these two constructs
can be considered strongly integrated. As already demonstrated by Kipper (Kipper, Hundal,
2005). It is therefore considered desirable to further develop this type of intervention and
apply it to other situations where there exists a condition of social distress that requires
empowering disadvantaged people.
■
■ BIBLIOGRAPHY
Bandura, A. (1977). “Self-efficacy: Toward a unifying theory of behavioral change”, in Psychological
Review, 84, 191-215.
Davelaar, P.S., Araujo, F.S., & Kipper, D.A. (2008). “The Revise Spontaneity Assessment Inventory
(SAI-R): Relationship to goal orientation, motivation, perceived self-efficacy, and self-esteem”, in The
Arts in Psychotherapy, 35, 117–128.
Jerusalem, M., Schwarzer, R. (1979). “General Self-Efficacy Scale”, in R. Schwarzer (Ed.), Self-efficacy:
Thought control of action, pp. 195-213.
Kipper, D.A., & Hundal J. (2005). “The Spontaneity Assessment Inventory: The relationship between
spontaneity and non-spontaneity”, in Journal of Group Psychotherapy,Psychodrama and Sociometry,58,
119-129.
Robson, C. (2011, 3rd ed.). Real World Research. Padstow: Wiley e Sons.
Seligman, M.E. (1975). Helplessness: on depression, development, and death. San Francisco: Freeman
University Press.
Weiner, B. (1974). Achievement motivation and attribution theory. Morristown: General Learning Press.
■ AUTHORS
INES TESTONI: Professor of Social Psychology and Director of Master Death Studies - University of Padua.
E-mail: [email protected]
MARIA SILVIA GUGLIELMIN: psychologist, psychotherapist, psychodramatist. Daphne projectUniversity of Padua.
E-mail: [email protected]
INGRID POGLIANI: educator, clinical psychologist. E-mail: [email protected]
LIA TEMPRA: Graduated in Psychology, Dipartment of Applied Psychology’s trainee- University of Padua.
E-mail: [email protected]
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56 – SUPPLEMENTO MONOGRAFICO A PSICODRAMMA CLASSICO - MARZO 2012 - AIPsiM
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AUSTRIA
Psychodrama skills for trainers working
with unemployed people
The Austrian contribution to the Grundtvig learning partnership
Supporting Potential Development
THOMAS SAGEDER
■ Abstract
The Austrian psychodramatists organized in the Austrian Association for Group Psychotherapy and Group
Dynamics (OEAGG) gladly accepted the invitation to cooperate in the Grundtvig learning partnership
Supporting Potential Development. The partnership had the main objective to develop and to promote new
and adequate teaching and educational skills for teachers and educators which are working with people
who are in a condition of disadvantage nowadays, particularly with job problems. Each organization
had to carry out one thirty-hours training with 20 learners. The Austrian training had been carried out
between April and June 2011 in Vienna by 4 experienced trainers using psychodramatic techniques. These
techniques are presented in detail in the article and can be offered as good practice for international
exchange.
■ Key words: Grundtvig, psychodrama, role playing, sociodrama, unemployment.
Abilità psicodrammatiche per i trainers che lavorano
con persone disoccupate
Il contributo austriaco al partenariato di apprendimento Grundtvig Supporting Potential Development
INES TESTONI, MARIA SILVIA GUGLIELMIN
■ Sommario
Gli psicodrammatisti austriaci organizzati nell’Austrian Association for Group Psychotherapy and
Group Dynamics (OEAGG) hanno accettato volentieri l’invito di collaborare al progetto Grundtvig
partenariato di apprendimento Supporting Potential Development. Il parternariato ha avuto come
principale obiettivo lo sviluppo e la promozione di nuovi e adeguati insegnamenti e abilità educative
per insegnanti ed educatori che lavorano con persone che sono in condizione di svantaggio oggi, in
particolare con problemi di lavoro. Ogni organizzazione doveva attuare un training di 30 ore con 20
discenti. Il training austriaco è stato fatto tra l’aprile e il giugno del 2011 a Vienna da 4 trainers esperti
che usavano le tecniche psicodrammatiche. Queste tecniche sono descritte nel dettaglio nell’articolo e
possono presentarsi come buone pratiche per gli scambi internazionali.
■ Parole chiave: Grundtvig, psicodramma, role playing, sociodramma, disoccupazione.
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58 – SUPPLEMENTO MONOGRAFICO A PSICODRAMMA CLASSICO - MARZO 2012 - AIPsiM
T
he Austrian Association for Group Psychotherapy and Group Dynamics (OEAGG) was
founded by Dr. Raoul Schindler in 1959 to promote research, training and application
of group dynamics and group psychotherapy. Starting in its first years as a small group of
friends the association has developed to an organization with nearly 1500 members and
numerous programs in counselling and psychotherapy. In 2010 Mag. Maria-Anna Pleischl
took over the position as general secretary. The OEAGG is Austria’s largest private education
organization for psychotherapy today. The association has memberships in the OEBVP
(Austrian Federal Association for Psychotherapy), in the EAP (European Association for
Psychotherapy) and in the IAGP (International Association for Group Psychotherapy).
As the atmosphere was open-minded several directions of group work and group therapy
could be integrated. So the pioneers of psychodrama in Austria joint the association in
the 1970ies. At the moment nearly 380 Austrian psychodramatists are organized in the
Association for Group Psychotherapy and Group Dynamics. The head of the psychodramasection is Norbert Neuretter. When the psychodrama-section got the invitation to cooperate
in the Grundtvig-learning partnership Supporting Potential Development the Austrian
psychodramatists gladly accepted.
Objectives and backgrounds
In a constantly changing society and in a complex historical time there is the need to
training and developing competences and resources which can help people to find right
answers to the new situations again. In this context teachers and educators require instruments
that enable them to offer also adequate responses to the needs of those who are in a condition
of disadvantage nowadays (people which lost their jobs, migrants which need to find a new
collocation, students they had to interrupt their studies for economic reasons and many
others). The partnership had the main object to develop new and adequate teaching and
educational skills. In order to pursue this main objective the partners carried out courses using
actions methods (psychodrama or playback theatre). They recorded and tried to exchange
good practice to start a European collaboration. Great importance was attached to use action
methods as tools for developing potential and creativity helping the professionals to become
more flexible in their work with the disadvantaged categories. Both teachers and educators
and their clients should become aware protagonists of their personal and professional life.
After completion of the approval process seven European psychodrama and playback
organizations could participate in the project. During the first meeting held in Milano in
December 2010 representatives from Finland, Italy, Lithuania, Romania and Austria had
planed the training schedules using psychodrama and/or playback theatre. Each organization
had to carry out one thirty-hour training with 20 learners. The learners had to be professionals
working with disadvantaged people; particularly with job problems.
There is a long research tradition in Austria on unemployment. It should be highlighted the
pioneering work of Jahoda, Lazarsfeld and Zeisel (2009) on the unemployed of Marienthal
in the 1930ies. After the closure of a large textile factory in Marienthal (next to Vienna)
suddenly an extensive unemployment was established. The research team spent six weeks
on site. An attempt was made to raise the psychological and social impact of unemployment
05 Austria.indd 58
19/03/12 10.46
PSYCHODRAMA, PLAYBACK THEATRE & LIFELONG LEARNING IN ACTION RESEARCH –
59
(resignation, activity inability, excessive demand) on both the individuals and the entire
community as fully as possible. The study provides a deep insight to life without an early
prospect to employment and is still considered as a milestone in the development of empirical
social research.
Kirchler (1995) examined the subjective causes of unemployment. A considerable
part of the listed causes concerned personal characteristics of the unemployed: lack of
motivation and interest, convenience and lack of endurance, physical and mental disabilities,
alcoholism and addiction, over aging. The results suggest the image of an individual debt
of unemployment. Also, an expert survey came to similar conclusions. Unemployed people
can hardly identify themselves with other unemployed. This lack of identification leads to
the development of isolation and victim attitudes. Thus, psychodrama and playback theatre,
which are known to attach importance to groups, could be helpful to find ways out.
The Austrian Government and the Austrian Labour Market Service (AMS) are making
great efforts to minimize unemployment in the country. The unemployment rate for
Austria had been amounted 4.1% in November 2011 according to Eurostat calculation. The
European average (EU27) had been 9.8%. Austria currently has the lowest unemployment
rate in Europe. 68,000 unemployed persons were in trainings arranged by the Labour Market
Service in end of November 2011. The trainings, according to a recent study, have several
positive effects. For women with trainings in 2010 employment duration raised by 27 days
to 212 days, while employment duration for women without trainings decreased by 31 days
to 153 days. Also, on the annual income the trainings had positive impact for women. For
males, a drop in employment was recorded at 23 days for those who had trainings. However,
men without trainings were employed by 56 days less.
For 2012 almost one billion euros for actions of the active labour market policy is
available in Austria. Two-thirds should be invested in trainings for the unemployed. The
actions should be increasingly more significant. When the project partners had decided to
select teachers and educators for unemployed as learners they had at least identified an
important current group.
The training in detail
As mentioned, each organization had to carry out one thirty-hours training with
20 learners. The learners had to be professionals working with disadvantaged people;
particularly with job problems. The trainings should help professionals to build a stronger
competence and to exchange with colleagues from other European countries. Every partner
had to grant three trainers with specific competence in psychodrama or playback theatre.
Learning group and trainer staff
The offer to attend the free thirty-hours training was directed in Austria to all members
of the OEAGG. Responses exceeded all expectations. More than 100 people applied
for participation. All selected learners in the Austrian training had been working with
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is a
is a
DEEP NEEDS
to be sponsored
is a
concrete employment objectives
is a
Graph 1 - Pre-test results.
is a
acknowledgement
is a
is a
is a
COURSE PARTECIPATION REASONS
incresing
contacts
incresing
is a
sharing
passivity
knowledge
structure the time
is a
lack of...is a...
incresing
getting
ATTENDANCE-PERSEVERANCE REASONS
is a
is a
is a
is a
trial work
is a
is a
is a
DISQUALYFING FACTORES
is a
dispositional theory
social-economical situation
childwood problems
is a
is a
psycological problems
incresing
trust
multiprofessional team;
single and group work
TRAINERS'S OBJECTIVES/STRATEGIES
peer group
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unemployed persons. 15 learners were female and five learners were male. All learners were
willing to edit the scientific questionnaire (pre- and post-test) which the project partners
developed to evaluate the project activities scientifically. It was not difficult to motivate the
participants to cooperate. They were intrinsically motivated to a great extent.
The training took place between April and June 2011 in Vienna. Five training days each
six hours had been realized (so totally 30 hours). Thus, the frequency of the training was about
twice a month. 18 learners finished the training while two learners dropped out. The project
management opted for four trainers to guarantee the minimum number of three trainers. All
trainers had considerable experiences in therapy and training with disadvantaged people.
They had demonstrable references on a theoretical and practical level. The opening session
was supported by the head of psychodrama section.
The learners as experts on unemployment
The opening training session was first dedicated to warm-up for the project and the
training group. Here, the first part of the scientific questionnaire (pre-test) was processed.
The 20 participants had been considered to be experts on unemployment thereby. Project
partners had developed five open-ended questions to clarify among others why unemployed
people participate in courses and trainings, what their needs are, and what the training
participation determines. The responses were evaluated by the coordinating italian project
partner with support from the University of Padua. In summary, the following reasons could
be worked out for training participation:
- to avoid economic disadvantages;
- to pursue concrete employment objectives;
- to find time structure again interrupted during unemployment;
- to get acknowledgement.
The reasons for training participation clearly interact with the needs. Reasons to be
difficult for training participation (disqualifying factors) primarily are: psychological
and childhood problems and other personal dispositional factors. As successful training
strategies have been proposed:
- to increase confidence, knowledge and information;
- to structure time;
- to work in single and in group setting;
- to work in multi-professional, and as key strategy;
- to put the persons with its peculiarities in the centre.
Graph 1 shows many details of the test.
The Austrian figure is related to other participating countries. Especially with Finland,
there are notable similarities. The results also show relationship with Kirchler’s studies
mentioned above (Kirchler,1995); particularly in the field of personal dispositional factors
and internal attributions.
Participants (learners) of the training had the opportunity to train psychodramatic skills
which they can use in their work with unemployed people. Of course, in a thirty-hours
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training cannot be purchased a complete education in psychodrama. On the other hand, the
participants had already acquired other training courses. So, the psychodrama techniques
should be supplementary skills merely. In agreement with the project partners in the Austrian
training psychodramatic techniques were used only (no elements from playback theatre).
Each trainer had a thematic focus (e.g. role theory, social atom, sociodrama).
Essential psychodramatic techniques utilized in the training are described briefly now.
Doubling: the base of trainer-client relationship
There are many emotions involved in a learning process. People – whether they are
unemployed or not – experience stress, hope, and anxiety. Coaches have to deal with these
emotions. It is not sufficient to have only advisory competence. Emotions may be strong
or well hidden. Psychodrama possesses a basic technique to cope with these emotions:
doubling. It is the earliest psychodrama technique in developmental terms. Moreno (1959)
derived doubling from the early parent-child interaction where mom or dad make available as
a double for the infant to recreate emotions. In order to double, the coach (or another member
of the group) stands behind the person and tries to empathize with her/him. The coach then is
verbalizing from the perspective of the person her/his inner experience. Doubling is helpful to
wake inner experiences of the person to be blocked at the moment.
The participants in training could discover the effect of doubling executing the following
exercise: a person (the role giver) expressed a particular emotion nonverbally. A second
person (the role receiver) – she/he was facing – tried to take the emotion and to reply.
If the emotion was doubled sufficiently well the role giver felt suddenly understood. For
experimental purposes, participants were asked not to double but to give an inadequate
answer. The effect was amazing and there was the expected irritation immediately on the
side of the role giver. In subgroups, the participants shared their experiences with empathy
and double processes in their work with unemployed.
Roles: the sources of Self
The term role is omnipresent in psychodramatic discussion; particularly roles constitute
the base of a person’s self. “The self emerges from the roles”, Moreno often said (Moreno,
1959). We understand the current role as form the self appears in a certain situation. The
potency of roles had been shown in training by the following illustration.
Participants were assigned corporate roles, but the persons did not know what roles they
had held (there were notes taped to the forehead, so that only other people could see the
role). Selected roles were: chief, staff representative, secretary, innovator, cleaner, trainee,
person who will be terminated next month, and some more. The subsequent task was to plan
an all-day excursion. Objectives and sequences of this day should be discussed. Participants
should conduct themselves in contact with the others as they assumed to be proper. In the
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end, almost all players guessed their roles and acted in the prescribed roles. The sharing about
play experiences bridged to role theory and the role unemployed. What role expectations are
associated with unemployed and jobseekers? What role expectations they attribute themselves?
What impact has the role to self-image?
The entanglement between the individual and the society based on roles had been
demonstrated. The participants produced a roll diagram (Stadler, Kern, 2010) about a time
in which they were looking for a job by themselves. So, they could gain more knowledge
and personal experience.
Social atom: the smallest unit
Moreno had intensely studied interpersonal relationships. Sociometry is concerned with
the measurement of interpersonal relationships. The results will open up opportunities
for change and improvement for individuals, groups and societies. From psychodramatic
perspective, we can never consider an individual in isolation. The surrounding persons
(family members as well as non-familial members) must always be considered too. The
complete personal unit is called the person’s social atom.
The focus in training was on interpersonal relationships associated with unemployment.
In the social atom of an unemployed person those persons can be elaborated which are
promoting the resumption of employment; and those persons which are impeding the
resumption. There are different technical ways to create a social atom in a consultation
process. Participants had the opportunity to practice several options. Sociometric work
is particularly suitable for groups. Using sociometric differentiation exercises (as done
comprehensive in the training) an overview on current group situation can be found quickly.
Thereby, it is important to note what sociometric diagnosis may cause. The exercises could
establish connections to the participant own work.
Sociodrama: making the social share visible
As we know from role theory, every role has individual share and collective share. This
point is – related to unemployment – of major significance. For example, the referred results
from Kirchler’s studies (Kirchler, 1995) on subjective causes of unemployment intend a
strong attribution toward self-inflicted unemployment. On the other hand, psychodrama
emphasizes both own share and social share.
Sociodrama is a special staging process to make the social shares of roles visible. In the
performed course the trainer first divided the group into three subgroups. The subgroups
were asked either to prepare roles on the demand side of labour, on the supply side of labour
or intermediate roles (like trainers for unemployed). Thus, a lot of roles from the world of
labour were brought on training stage: consultants at the Labour Market Service, employees
in the personnel office, mothers with dependent children, long-term unemployed, men with
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Socio-drama
role theory
Socio-metric exercises
Role reversal
role-play
TECHNIQUE
TECHNIQUE
TECHNIQUE
Social Atom
TECHNIQUE
INCREASE SELF-EFFICACY
TECHNIQUE
TECHNIQUE
is cause of
Graph 2 - Trainer survey.
Mirroring
THROUGH
THROUGH
THROUGH
THROUGH
scenic methods
change the roles
social context's visibility
different roles's visibility
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existential fears, trainers and coaches, and so on. Role play and sharing demonstrated the
special strains of roles situated between supply and demand sides. Participants felt confirmed
in their professional experiences.
Mirroring: the view from outside
Mirroring provides the client to consider his/her situation from an external point of view.
When mirroring technique is applied the client leaves (accompanied by the coach) the play
scene to examine the scene from outside the play stage. She/he is looking in a psychological
mirror. The mirror confirms the person’s identity. According to Moreno, mirroring is related
to the child’s ability to recognize itself in a (physical) mirror. This means a significant growth
in the child’s self-concept. The mirror technique is indicated when the client appears to be
captured to rigid, retracted or otherwise inappropriate behaviour and does not become aware
of this behaviour. The psychodramatic mirror is well suited for processing of resistances
(von Ameln, Gerstmann, Kramer, 2009).
In training, the mirror technique was presented both for application in single setting and
for application in group setting. Participants had opportunity to exercise the technique. They
practiced psychodramatic mirroring using concrete counselling situations from their work
with unemployed persons. Mirroring scenes had produced surprising and valuable insights.
Benefits of scenic working had become evident clearly.
Results
The participant’s (learner’s) perspective
Most learners had been fairly satisfied with training days and project activities they
participated. “The project was interesting and instructive” was frequently answered in the
final feedback. “It encouraged working with dramatic and creative methods” was another
significant response. Thus, the objective of project partners to promote action methods as
tools for developing potential and creativity could be confirmed. Further, it was highlighted
by some participants that the psychodramatic techniques presented had been theoretically
justified. Participants also revised a learning questionnaire to validate results found. The
desire to continue the training was expressed repeatedly. Finally, space was given to discuss
suggestions for training improvements. Thereby, potential was noted in the transitions
between the training days.
The trainer’s perspective
Trainers of all partners were asked to indicate technical psychodrama (or playback
theatre) aspects they found helpful to change learners’ self-efficacy perception. Austria
trainers considered in general that scenic methods are useful to visualize social contexts and
make roles expandable.
Graph 2 shows the result of this trainer survey in detail.
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The reported techniques (role plays including role reversal, sociodrama, sociometric
exercises, social atom and mirroring) can be offered to the international partners as good
practice for supporting potential development.
The objective perspective
Pre- and post-test survey was part of the scientific research project partners exerted.
So, participants (learners) processed at the beginning and end of the training two personal
inventories:
- the SAI-R: personal experience;
- the General Self-Efficacy Scale (GSE).
The SAI-R asks how strongly people have several feelings and thoughts trough a typical
day (like to be creative, happy, uninhibited, and so). In brief, the SAI-R brought no significant
changes between pre-and post-test in the Austrian investigation. There should be no greater
disappointment about this fact. The investigation was carried out with healthy adults, and
the expectation one 30-hours training could change the way to experience feelings and
thoughts is hard to meet. We also know personality inventories in general are often very
stable and it is difficult to detect changes. In addition, the result reminds to an investigation
by Tschuschke and Anbeh (2004) on outpatient psychodrama therapy groups. Also there,
the subjective improvements and satisfactions were higher than changes could be detected
by inventories.
On the other hand, there had been little but remarkable changes at the General SelfEfficacy Scale when pre- and post-test results were compared. While bringing most of the
ten statements no significant pre- and post-test differences, there are motivating exceptions.
The statement “I can always manage to solve difficult problems if I try hard enough” was
answered more optimistic in the post-test (Mean Diff = .33, p = .08, two-tailed paired t-test).
The main change however was noted in the statement “I am confident that I could deal
efficiently with unexpected events” (Mean Diff = .33, p = .01. two-tailed paired t-test).
Significantly more people reported increased confidence in the post-test. As we know,
Moreno designed psychodrama to give right answers to new situations (and also new
answers to old situations), so to deal efficiently with unexpected events too. The performed
training gives a little but significant indication that psychodrama can really provide this.
Project dissemination
Project dissemination and sharing good practice are ongoing processes on both levels
national and international. The results achieved in the training are motivating this process.
The experiences of the participating european partners will enrich austrian activities in the
future. ■
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■ BIBLIOGRAPHY
Ameln, F.V., Gerstmann, R., Kramer, J. (2009). Psychodrama. Heidelberg: Springer (2. überarb. Auflage).
Jahoda, M., Lazarsfeld, P.F., Zeisel, H. (2009). Die Arbeitslosen von Marienthal. Ein soziographischer
Versuch. Frankfurt am Main: Suhrkamp (22. Auflage).
Kirchler, E.M. (1995). Wirtschaftpsychologie. Grundlagen und Anwendungsfelder der Ökonomischen
Psychologie. Göttingen: Hogfrefe.
Moreno, J.L. (1959). Gruppenpsychotherapie und Psychodrama. Einleitung in die Theorie und Praxis.
Stuttgart: Thieme.
Stadler, C., Kern, S. (2010). Psychodrama. Eine Einführung. Wiesbaden: VS Verlag für Sozialwissenschaften.
Tschuschke, V., Anbeh, T. (2004). “Therapieeffekte ambulanter Psychodrama-Gruppenbehandlung –
Ergebnisse der PAGE-Studie”, in Zeitschrift für Psychodrama und Soziometrie, 1, 85-94.
■ WEB SITES
http://www.ams.at, 27.12.2011
http://www.oeagg.at, 30.12.2011
http://orf.at, 14.12.2011
■ ACKNOWLEDGMENTS
The National Agency for Lifelong Learning Programme is acknowledged for financial support. Gratitude
is expressed to General Secretary of the OEAGG and Head of Psychodrama-section for organizational and
substantive support. Special thanks to the trainers and learners of the training. Without them the project
could not have been carried out. The same applies to the European partners. Last but not least, the Italian
partner is gratefully acknowledged for project planning and coordination.
■ AUTHOR
THOMAS SAGEDER: psychologist, psychotherapist, teaching therapist for psychodrama, Austrian
coordinator of the Grundtvig Project Supporting Potential Development.
E-mail: [email protected]
OEAGG: Austrian Association for Group Psychotherapy and Group Dynamics, Lenaugasse 3, 1080 Wien,
Austria.
E-mail: [email protected]
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ROMANIA
Supporting Potential Development:
the Romanian experiences
Presentation of the European Grundtvig Programme: organization,
implementation, results and perspectives
DANA MUNTEANU, CARMEN MECU, LUIZA VASILESCU, LIVIU GAJA, RADU VULCU
■ Abstract
The article presents the Romanian experiences in the planning and implementing the European
Grundtvig Programme. It includes the following aspects: how the project team was composed; which
was the background in which the activities were made; how do we set our activity and how we motivated
your learners; which techniques had been used; the analysis of the pre-test and post-test graphics; a
possible development of the intervention and methodology according to the European objectives and
about the function of the Lifelong Learning Programme.
■ Key words: action methods, adult education, empowering, learning helplessness, research.
Supporting Potential Development: le esperienze romene
Presentazione del progetto europeo Grundtvig: organizzazione,
implementazione, risultati e prospettive
DANA MUNTEANU, CARMEN MECU, LUIZA VASILESCU, LIVIU GAJA, RADU VULCU
■ Sommario
L’articolo presenta le esperienze romene nella programmazione e nell’implementazione del progetto
europeo Grundtvig. Include i seguenti aspetti: come era composto il team del progetto, quale era il
contesto in cui sono state implementate le azioni, come sono state preparate le attività e come sono stati
motivati i partecipanti, quali tecniche sono state usate, l’analisi dei grafici del pre-test e del post-test,
il possibile sviluppo dell’intervento e della metodologia in base agli obiettivi europei e riguardo alla
funzione del Lifelong Learning Programme.
■ Parole chiave: metodi attivi, educazione degli adulti, empowering, impotenza appresa, ricerca.
O
ne of the goals that is in accordance with the key competencies of initiative and
entrepreneurship of the European Commission “include personal, interpersonal and
intercultural skills and relate to all forms of behavior which allow people to participate
effectively and constructively in the social and working life, and particularly in increasingly
different societies, and as well as solve conflicts where this is necessary”. We as partner tried
to fulfill this through the main means of psychodrama, we are talking here about the action
methods that became, in this case, an intervention tool.
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The Romanian team was composed of five trainers formed in psychodrama method,
recognized by Romanian Association of Classical Psychodrama: Luiza Vasilescu and
Carmen Mecu for Bucharest; Daniela Munteanu, Liviu Gaja and Radu Vulcu for Sibiu.
The activities were conceived using psychodrama which “...is a method of psychoterapy in
which clients are encouraged to continue and complete their actions through dramatization,
role playing and dramatic self-presentation. Both verbal and non-verbal communications
are utilized. A number of scenes are enacted, depicting, for example, memories of specific
happenings in the past, unfinished situations, inner dreams, fantasies, preparations for future
risk-taking situations, or unrehearsed expressions of mental states in the here and now.
These scenes either approximate real-life situations or are externalisations of inner mental
processes. If required, other roles may be taken by group members or inanimate objects.
Many techniques are employed, such as role reversal, doubling, mirroring, concretizing,
maximizing and soliloquy. Usually the phases of warm up, action, working through, closure
and sharing can be identified.” (Kellermann, 1992).
In Romania, those who can use psychodrama in adult education are the specialists qualified
in psychodrama, willing to use their knowledge gained during training with their trainees.
In this respect, every third person involved in psychodrama training has connections with
the field of adult education, but we don’t have any written evidence of whether (and if yes,
how) the gained knowledge, attitudes and skills are used or not in educational activity. The
field of adult education in Romania is still in the making. On the other hand, the research
found that adult educators are highly motivated in acquiring new competences and applying
psychodrama methods.
The activities were structured as followed: identification of the target group and
establishing the main subjects; selection and translation of the materials and tests; choosing
the location where training will take place; making the presentation maps (description of
the project, themes, schedule of training meetings); establishing the contacts with target
institutions from Sibiu and Bucharest, presentation of the project based on the maps that we
prepared and then signing the agreements and last but not least identifying and the selection
of the individuals that were willing to participate (based on CV-s received from them). After
the selection we formed two groups, one in Sibiu and other in Bucharest, both composted of
ten learners. The training sessions consisted of ten modules three hours each.
Learning sessions
The modules were structured as follow:
module 1 (February 2011) – signing individuals contracts, pre-testing, regulation for efficient
function of the training (gathering the pre-testing results and transmitting the information to
the project coordinator from Italy);
module 2 (March 2011) – respecting personal subjectivity and active listening;
module 3 (March 2011) – warm-up;
module 4 (April 2011) – creativity and spontaneity;
module 5 (April 2011) – role theory;
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module 6 (May 2011) – sociometry and social/personal/professional atom;
module 7 (May 2011) – self efficacy and empowering;
module 8 (June 2011) – learning helplessness;
module 9 (June 2011) – mirroring and being heard;
module 10 (July 2011) – post-testing, feed-back, participation certificates.
For each module, we had a theoretical part (power point presentation), practice part
(applications of the techniques) and feed-back. After every session of training, we exchanged
reports of activity between Sibiu and Bucharest trainers. Other activities were the preparation
of the Torino mobility (Italy, July 2011) and organizing the meeting between GRU partners
and training learners in Craiova (Romania, October 2011).
Motivational techniques
In our opinion the key elements for increasing learner’s motivation were: the gratuity
of the training; information about a new method which stimulated their curiosity; focus on
practice and concise theory and the opportunity of personal and professional growth.
The Bucharest group consisted of four speech terapists from inter-school centers; three
psychologists, two teachers and one school educator for children with vision impairment.
The Sibiu group contained five support teachers from placement centers of Child Protection
Agency, three psychologists working in NGO’s and placement center and two social workers
from NGO’s.
Psychodrama techniques used in education are lying on the foundation of the
psychodrama leader – so the adult educator understands the application of psychodramatic
tools. The techniques which have been used were: role reversal, role playing, mirror, double,
concretizing, warm-up, sociometry and social atom.
Analysis of the pre-test results
Amongst reasons to participate to training (Graph 1), romanians identify the possibility
to experiment with new methods and techniques and the openness need (to overcome
bureaucratic and rigid patterns that make workers learning to be passive). This need is linked
to empowerment, which is one the course participation and perseverance reason as well as
a individuals deep need and training target. Other reasons to join are the knowledge of self
and others, professional retraining, the need to increase knowledge and skills. A network
central node connected to all five macro factors, is information. Seems to emerge an idea of
bureaucratic organization, where it is essential to fill information gaps. Romanians identify
some factors that determine courses participation limiting the possible training abandonment
feedback need, having credits, empowerment, curiosity and information need. Proposing
personal and career growth and strengthening capacity are central aspects in dropping-out
prevention. The importance of keeping alive curiosity is recognized just from Romanians
trainers as an essential feature to encurage courses participation. Among deep needs they
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Graphic 1 - Analysis for Romanian pre-test results.
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identify specific employment objectives, themselves and others knowledge, self-esteem,
professional development and knowledge, information and expertise need. Disqualifying
factors are: fatigue, lack of time, difficult socio-economic situation, lack of knowledge and
self-sufficiency illusion. Describing the training strategies proposed Romanians are more
detailed than others and suggest the need of practical courses that provide tools like increase
of information, curiosity, motivation, interests and empowerment.
Analysis of the post-test results
The University of Padova research team that handled the Grundtvig project thought
to submit some questions during the post-test phase even to trainers that guided and led
courses. These questions want to investigate the psychodrama and playback trainers efficacy
perception. It was then asked:
-to indicate the ways in which educators believe they have changed their students selfefficacy perception;
- to indicate at least one technical psychodrama and playback theater aspect they found
useful for changing students self-efficacy perception.
A graph was drawn for each country partner and from these graphs, a new summary one
that could answer, in a comprehensive manner, to the two questions. All trainers involved
answered they believed to have contributed to the change of their students self-efficacy
perception. In particular we can see forward how trainers believe to have contributed
in every country. In Romania the active methods help people to develop a positive and
intersubjective attitude (Graph 2). All this allows to identify more clearly problems and find
new solutions, because it develops spontaneity and creativity.
Graph 2 - Analysis for Romanian post-test results.
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Conclusions and possible future directions
It is generally accepted that applying psychodrama methods requires al least a basic
training in psychodrama, in order to be able to handle with care discretion the impact of the
techniques on the group members and to avoid flattening the creative potential of psychodrama
(Wittinger, 2000). That’s why psychodrama is not merely a question of technique, it is way
of beeing in relations, and as Marcia Karp expresses is a way of practicing living without
being punished for making mistakes (Karp, Holmes, Bradshaw, Tauvon, 1998); that is to
say, practicing growing up while you are doing it.
The learning atmosphere created by psychodrama is another basic resource in favor
of education and personal development. Being mainly a group method psychodrama can
produce an adequate learning environment by stimulating group cohesion, an atmosphere
of confidence and safety, in which the learner can effectively handle anxiety related to
the learning situation, teacher or other group member. Most of the problems reported by
educators they are confronting in their work (e.g. lack of motivation, drop outs) can be handle
more efficiently if more attention is paid development of group cohesion and creation of an
adequate learning environment (indicated in the article 29 paragraph 1 of Decision on the
Lifelong Learning Programme (LLP): “to help provide adults with classes which improve
their knowledge and competences”).
A European network was created that consisted of seven associations which use action
methods (psychodrama and playback theatre) to foster an exchange of good practices,
a greater mobility of teachers and students and a joint research in this subject. So, the
European goal that implies the sense of harmony, integration and improving the practice of
adult training through the psychodrama and the playback theatre was reached (article 29,
paragraph 2 of the Decision on the Learning Standing Program (LSP) “to improve quality
and increase the cooperation among the organizations involved in adult education across
Europe”). Employment growth has been achieved to cope with problems (empowerment)
by action methods used (the inversion of the central role), which generated a positive tele
and inter-subjectivity as the background for achieving creative solutions. They identified
specific problems, and gave examples to stimulate creativity, new solutions were found
within the group focused on the force of practical application. So learners have received
declarative and procedural information, and have developed openness and ability to
formulate goals and find ways to solve the discussed problems. It would be necessary to
include assistance for the implementation of the program taught in any course for life long
learning. Psychodramatic methodology helped people to re-discover their own resources
and capabilities leading to the discovery and exploitation of their spontaneity and creativity.
It started, within a secure and reassuring environment, a perceptible, active and constructive
dialogue between the different aspects of live. The person comes to a higher level of selfawareness and confidence, and gets access to more spontaneous and creative ways to relate
to others. The psychodrama is a method of self development based on ‘putting into action’ of
the contents of the internal world. In psychodrama the person ‘plays’, acting his/hers mental
representations. In a psychodrama, the person involved in the personal research finds the
support of the group through which he/she learns to communicate and interact with others,
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respecting the views of others and seeing different ideas not as a threat but as a precious. The
person is actively engaged in knowing him/her self and developing his/hers resources and
listening to different parts of his/hers internal and relational world, like doubts, questions,
talent, blocks, desires, needs, and so on.
In doing so the person starts an internal dialogue that leads him/her to grasp the possible
solutions to the conflicts inside or with the outside world. Doing this he/she finds motivations
and support in the participation to the psychodrama and to the group. This approach aimed
at improving interpersonal relationships allows, through the use of different techniques
(reverse role, double mirror, soliloquy, sociometry...), to release crystallized and repetitive
emotions, to solve problems and crisis, to search and discover alternative options respectful
of themselves and of others. With this method the person may, by developing an active
dialogue, take that path of change that leads to empowerment and creative spontaneity. This
analysis can lead to a personal (self-knowledge and harmonization between internal needs
and requirements of reality) and professional growth - gain greater competence in managing
professional and interpersonal relationships (article 29, paragraph 2 of the Decision on
the Learning Standing Program (LSP) “to give proper tools to professionals involved in
adult education, in serving others, in conflict and personnel management”; “to improve
pedagogical methodologies and organization management of associations operating in adult
education. Facilitate the access to personal and team creativity”).
We selected some eloquent comments from the learners.
“After attending this course I feel more spontaneous and creative. That led to an
improvement of my activity as a teacher. I used part of techniques learned there to make
children more active in their education and to increase their spontaneity, creativity and
ability to getting to know themselves. Children ability to relate and communicate with
other mates and teachers has improved as well. I also used these techniques to increase
the self esteem level in my pupils. I used the following techniques: role reversal, mirror
and double. I used them in short, warming-up activities prior to daily routine activities. I
also used them in more elaborate counseling activities. I practiced role reversal both with
class teacher and with mate children. I used the mirror technique to help children express
the way they perceive their mates and I insisted on positive aspects (children often tend to
mirror especially negative aspects). I used double help children that could not express their
thoughts and feelings. In November Alexandra Marin and I will present to my colleagues
from our school the techniques we learned and some possible activities for the class.”
(Monica Popescu - teacher).
“I used the warming-up technique, because that make more easier to focus the childrenʼs
attention. Another theing that I used it was the mirror technique that need to know each
other better, the reversal of roles for shy children to help them to open themselves, be more
cooperative and relaxed.” (Cristina Iganea - psychologist).
In his book “Lo psicodramma classico”, Boria sustains that “...the practice and the
psychodramatic literature emphasize that the application of psychodrama spread all over
both in the clinical-therapeutic as well in the educational areas.” (Boria, 2000, p. 17); that’s
why the usefulness of psychodrama and sociometry in education often leaves the doors open
to the creative applications of his methods in many domains of social life. That's why now,
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while we are facing one of the biggest crisis of our times that invades all our life domains,
we think that psychological support is most necessary. So, as a conclusion, we consider that
a continuation of the project is more than welcomed.
■
■ BIBLIOGRAPHY
Boria, G. (2000). Lo psicodramma classico. Milano: Franco Angeli.
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■ AUTHORS
DANA MUNTEANU: psychologist, psychodramatist A.R.Psi.C.
E-mail: [email protected]
CARMEN MECU: psychologist, psychodramatist A.R.Psi.C.
E-mail: [email protected]
LUIZA VASILESCU: psychologist, psychodramatist A.R.Psi.C.
E-mail: [email protected]
LIVIU GAJA: psychologist psychodramatist A.R.Psi.C.
E-mail: [email protected]
RADU VULCU: PhD, psychologist, psychodramatist A.R.Psi.C.
E-mail: [email protected]
A.R.Psi.C.: Romanian Association of Classical Psychodrama - Şcoala de Înot St. 5/32, Sibiu, code: 550005,
Romania.
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FINLAND
Finnish experiences from the
Grundtvig Programme
Psychodrama and playback theatre for
“Supporting Potential Development”
PÄIVI KETONEN
■ Abstract
In the article the author describes how the Grundtvig Programme of Supporting the Potential
Development using psychodrama and playback theatre was carried out in Kasvunpaikka and what were
the results and main questions in the process. According to this research the people in Kasvunpaikka’s
group felt that the increased self-efficacy and empowerment happened through trust, reflection about
personal story and serving and learning from others. The main techniques in this project were sharing
personal experiences, taking roles of another person and concentrating to other’s issues. Difficulties in
making international research are also processed in this writing.
■ Key words: psychodrama, playback theatre, Morenian pedagogy, retraining, self-efficacy.
Esperienze finlandesi nel programma Grundtvig
Psicodramma e playback theatre per il progetto
“Supporting Potential Development”
PÄIVI KETONEN
■ Sommario
Nell’articolo l’autrice descrive come il progetto Grundtvig “Supporting Potential Development” che
usa lo psicodramma e il playback theatre è stato portato avanti da Kasvunpaikka e quali sono stati i
risultati e le principali domande nel processo. In accordo con questa ricerca le persone di Kasvunpaikka
hanno percepito che l’incremento di autoefficacia ed empowerment è avvenuto attraverso la fiducia, la
riflessione sulla propria storia personale e l’essere d’aiuto e l’imparare dagli altri. Le principali tecniche
usate nel progetto sono state la condivisione delle esperienze personali, l’assunzione di ruoli di altre
persone e il concentrarsi su altre possibilità. Sono inoltre riportate nell’articolo le difficoltà nel fare una
ricerca internazionale.
■ Parole chiave: psicodramma, playback theatre, pedagogia moreniana, riqualificazione, autoefficacia.
T
he idea of getting in touch with other European psychodrama and playback trainers came
to Kasvunpaikka (Place for Growth) through the Finnish Playback Theatre Network.
Kasvunpaikka was asked to join as another Finnish company in this project of supporting
potential development to develop psychodrama and playback theatre methods. The idea
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seemed to fit well with Kasvunpaikka’s training program for playback theatre conductors.
In this phase we were not aware that this project would be mainly research orientated which
caused some problems in the carrying out this project.
What is Kasvunpaikka?
Kasvunpaikka is a small training firm that has been alive ever since from 1987.
Conductors for action methods has been trained there since 1992 and directors for playback
theatre from 1995. Team building, communication skills and supervision have been other
main training areas.
Nowadays Päivi Ketonen is the only owner of the firm and acts as a head trainer. She is
trained in learning psychology, psychodrama (TEP) and playback theatre. She is a graduate
of Jonathan Fox’s Playback Theatre School among the first graduates and was the main
founder in Finland. She works as a private trainer and supervisor part time and since autum
2011 her main work is acting as a Head of the Department of Performing Arts in Metropolia,
University of Applied Sciences in Helsinki Finland.
She and Reijo Rautiainen, socionom, therapist, psychodrama director and playback
theatre actor as well as conductor were the other team member in this project. Riitta Harilo,
hospital clown, action methods leader as well as long time great playback actress was a team
member to be, but in the way the project found it’s way her part did not really come alive,
because of the way project was finally created. In other situations different visiting trainers
work in different trainings Kasvunpaikka is organizing.
Learning approach
In these studies students were working with Moreno’s concepts of creativity, sociometry,
tele, role theory and concretizing. The special techniques that were used were, warming up,
sharing, concretizing, role taking, role reversal, mirroring and maximizing and the whole
psychodrama. Students acted in the roles of protagonist, antagonist, double and audience.
The other ground viewpoints were narrative theory and playback theatre. The special
techniques that come out from this approach are storytelling, and all different forms of
playback like fluid sculpture, transformation, sentence, meeting, ambivalences, microcosms,
free improvisation and story.
They were used fully also in this project. Participants acted in all those roles that exist in
playback theatre (teller, actor, musician, audience member - witness and conductor).
This application where psychodrama, playback theatre and narrative thinking comes
together is called Morenian pedagogy (Ketonen, 2006, 2008). It can be seen as a sociodynamic
way to learn and it creates knowledge through socioconstructive process (Vygotsky, 1978)
and creates communities of practice (Wenger, 1998).
The application is described in the following pictures. The theoretical structure is starting
from Moreno’s cannon of creativity (Picture 1). Moreno is describing this phenomena with
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the concepts of warming up, spontaneity, creativity and cultural conserve. The process of
creativity starts with warming up (VI= Virittäytyminen in Finnish) which may awake the
spontaneity (Sp) and part of that energy becomes creativity (Lu= luovuus in Finnish) and
some of it may find a form in a culture conserve CC (KS= kulttuurisäilyke in Finnish).
Picture 1 - Cannon of creativity (Moreno, 1953).
Further in this model where psychodrama, playback theatre and narrative thinking have
been put together, creativity is the central focus. In the teaching the teacher is working
with creativity in different levels when creating learning experiences (usually in a form
of a story) and processing them. These levels of creativity (as well as levels of stories and
experiences) are individual-, group-, social- and archetypal levels. Sometimes one can think
also organizational and global levels.
Surrounded by and rooted in different levels of creativity (Picture 2) the teacher is
working consciously trying to build up the learning process through different steps; which
are human value, connection/tele, group, spontaneity, role theory, concretizing, techniques
and art. If the teacher can create all these steps she will see how his or her students are able
to open the symbolic door (called Narnia in this model) to their own learning process. In
that final state the teacher does not have control over his or her students any more. Learners
will do there own meaning making process of what has happened. Most often they get
experiences of flow, spontaneity, increased motivation (self-esteem and self-efficacy)
and they make some sort of learning outcomes that they can also give form to (cultural
conserve CC).
All of this is happening in the certain time and space (T, S) and therefore learning
process is always contextual. Moreno is always using the here and now when working with
psychodrama and this is also the case in this work (H, N). That thinking and practice will
take the work in deeper existential level.
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Picture 2 - Morenian stairs (Morenian pedagogy) (Ketonen, 2008).
How was the project carried out
The project involved people who were training to become playback theatre conductors.
This training lasts 2 years all together. Last two of four semesters of this group’s studies
were part of this project. The themes for these semesters (first two are playback acting and
playback directing) were leadership and therapeutic playback theatre and psychodrama. The
practical part of these studies finished in Romanian psychodrama conference in October
2011. Students will do their written thesis on the form of a book representing playback
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method and their learning process. They will finish that before June 2012 and present their
work in Finnish playback theatre gathering where also this project will be presented.
All of these students were highly motivated for their studies and paid their training from
their own pockets. Their goals for these studies were partly personal and partly professional.
All of them were working in the field of therapy, teaching (therapy, art), social work or
church. Their professional goals were connected with goals of project, how to support
people in danger to get alienated.
These studies happened in the period starting in January and ending in October. There
were 9 students participating the program. These studies included those ten modules but in
the whole had larger amount of time than any other group that participated the project.
Päivi Ketonen was their main teacher and Reijo Rautiainen joined her in the therapeutic
psychodrama and playback theatre part. Riitta Harilo joined us in the beginning and
hopefully she will be with us in the ending as well.
The final processing of this project in European level will be happening at the same time
with Finnish psychodrama conference 2012. Reijo Rautiainen or one of the students that
participated the course will be presenting our work in Finland while Päivi Ketonen and one
of the teachers will be in Milan 2012 sharing the wisdom we got out from working together
in this project. Hopefully we can create a connection through Skype and share some of this
work also with Finnish psychodrama community.
Pre- and post-tests: some viewpoints to outcomes from
Finnish process led by Kasvunpaikka
The different time orientation makes this group a special case in the whole project. This
situation came out of limited or misunderstood information in the application for the project.
When the reality was revealing for us we could not change it anymore but wanted to take
part even with the different orientation. According to Ines Testoni, the Finnish answers gave
the same result in both Finnish groups (the other group was from Finnish Playback Theatre
Network) (Graph 1).
Even though already in the beginning of the project the different time orientation
concerning the Finnish groups was recognized Ketonen still wants to remind of this fact.
Like discussed in the beginning the different orientation to the time frame may bring some
difficulties to the interpretation of the results of this research.
In autumn 2010, project participants took part in the three following training modules in
Kasvunpaikka.
1. Acting in playback theatre
- 9-day course in acting.
2. Conducting playback theatre
- 9-day course in conducting playback theatre;
- a playback theatre gathering in Savonlinna, with the theme Staying Aside;
- a 5-day course introduction to psychodrama.
3. Leadership in playback theatre
- 3-day training module;
- 5-day training in psychodrama.
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FINLANDIA
Graph 1 - Results of the pre-test in Finland (Testoni 2011).
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After the training programme was officially finished in Finland with a one day session, the
group members travelled together to Romania to participate in a psychodrama conference,
with the theme Sharing Psychodrama, Sharing Experiences. The group will meet in a
Finnish playback theatre gathering in June 2012 and present the Grundtvig project there.
The first test of Supporting Potential Development was taken before the leadership part
started, but as mentioned before, students had been in the training for one year and they had
already been affected by these methods. Some people often say that they find the beginning
of these kinds of courses difficult and even scary, whereas others state immediately how
empowering and extraordinary it is compared with their former studies. So when answering
the pretest questions in this part of the process the answers might have been affected with
what had already been experienced. The change between the beginning and end can also
have been affected by this.
Ketonen’s first conclusions of the results of “team of qualitative analysis” is that people
in Finland were more passive than any other project groups and it seemed that they did
not participate in retraining courses voluntarily. In later discussions, the team has clarified
that they “simply want to report that Finnish students that have been participating in your
courses, when answering to questionnaire, have stated that participation in those retraining
courses is somehow obliged”.
Ketonen wants to think this a little bit further. This brings up some special questions
concerning international research projects. In different cultures different words and
expressions might have different meanings depending of a context. In this case this question
comes up in the possibility of different translations of the term passive and retraining.
They carry contextual and hidden cultural impacts. All these different possibilities in
understanding the context might cause possibilities of different outcomes in interpreting
this part of the results.
First I want to comment this possibility of reading these results with this interpretation
of being passive. Ketonen thinks this interpretation may hit and almost insult Finnish
participants and if they read the result in the first understood way when it sounds like Finnish
people or even the small training group will be interpreted to something very opposite than
people in Finland tend to think about ourselves.
The old history of Finnish people fighting against huge Russia in the World War II
succeeding in that fight to keep their independency and later being the tiny nation and still
the only country paying their war depths to USA. This kind of coping in very difficult
situations and finding a way together with their great strength is called “sisu”. This sisu
is part of Finnish pride and part of very deep cultural identity of Finnish people. Being
seen as passive is very provocative for them and even for me as a member of research
group it is difficult to keep my objectivity and openness to all kind of possible outcomes in
this research. When participation is described as obliged it can be agreed and seen as the
meaning was meant and understood.
Secondly in Finnish the term retraining can be understood in two different ways:
- meaning requalification;
- meaning further education.
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In the cases of requalification the reasons for participation may differ a lot depending of
a life situation of a person.
1) If someone has lost his job he needs to get new training in order to be qualified for
something totally new.
1.1) The person loses his or her job because of his lack of the demanded competence on
some area in the work. In these cases the worker is most often recommended to take part
in retraining course. These people are not always choosing the possibility themselves and
that’s why their motivation may not be very high and as “team of qualitative analysis” is
saying the results are telling, If this is the case the course may even deepen participants’
feeling of learned helplessness and low self-esteem.
1.2) The person may lose his or her job because there are strong cultural changes in a society
(like forest industry is changing strongly in Finland at the moment and many people have
become unemployed because of that and not because they are bad workers). Most often
people in this kind of situation are more motivated to train themselves to something new
and are more active in searching new possibilities. Their experience for example of their
self-efficacy might be quite high.
1.3) In the third case someone needs retraining if he has come sick or invalid to do his
current job and does not have qualification for any other job. The situation is not “his or her
fault”. Motivation and possibilities for retraining in these cases may differ a lot depending
of the person and of the reasons that led him or her to this situation.
All these different cases may have a strong impact for one’s motivation, self-esteem and
self-efficacy. These factors effect also to the motivation and one’s ability to make interventions
concerning their life situations. Here we have to take again a cultural context into consideration
as well. It is much more shameful to lose a job because of your own fault than because of the
social situation. So motivation to go retraining may be different for these people depending on
the situation and reason why they are attending the course. These different reasons may give
different results for people’s motivation and their experience of their self-efficacy.
According to Ketonen, who has worked many years in further education courses is assuming
that people who participate retraining as further education are usually highly motivated and
voluntarily participating to the course they choose and feel they need in order to be better in
their profession. Most often people have to pay of further education courses and one has to be
motivated to do that.
In this test the term was understood in all of these different ways. The term and question
was discussed in the group before answering and participants claimed that they don’t
understand what does it mean. Leader gave them freedom to make an interpretation in the
way participants wanted without understanding how meaningful this freedom was. Some
participants choose to think how imaginary participants would react and some have thought
about themselves. Therefore Ketonen is concerned how definitive interpretations can be
made out of these answers and claim that Finnish people or people from some other country
are like this or that in how they see people’s motivation and also reasons for participating
retraining courses.
On the other hand this result of Finnish people being passive Ketonen can also see the
danger and possibility for passivity when the society is taking a lot of responsibility (like
Finland is aiming or at least used to aim to have a high level in social care) of the welfare
of its citizens.
In “team of qualitative analysis” summary of Finnish people’s reason to go to retraining
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courses we can find the motivation for working with deeper issues concerning the childhood
problems in order to survive better in life. Author assumes these goals come up mainly
from people who take part in psychological retraining courses like this playback theatre
conductor course was.
The post-test results with one question
These results (Graph 2) seem natural outcomes compared to those techniques we used
in our process: sharing, role reversal, storytelling and playing back each other’s stories. It
is easy to understand that participants feel that concentrating on each other and believing
in each other’s possibilities increases everybody’s self esteem. Seeing other people’s life
situations and their choices might increase their self-efficacy. The team report claimed
that according to leader of Kasvunpaikka’s group said that she believed “meditation on
your own personal strength, trust and listening to other’s experiences allow to change your
own condition, and, in part to modify perception of self-efficacy”. This kind of dialogue
has a great influence on seeing life from a completely new perspective and, in most cases,
having more possibilities than we thought before. Even though Ketonen cannot recognize
the meaning of meditating in this context, she believes that respecting and recognizing the
power in everybody is crucial.
Graph 2 - Results of the pre-test in Finland (Testoni 2011).
INCREASE SELF-EFFICACY
THROUGH
THROUGH
THROUGH
TECHNIQUE
TECHNIQUE
reflection about personal strength
trust
serve and learning from others
TECHNIQUE
sharing stories
playing someone other’s role
concentrate to other’s issues
Possibilities
Nevertheless I understand the meaning of these action method studies can be and has
been very strong in the project of supporting the potential development. These methods
help people to find ways in improving their coping in their lives and situations at their work.
Moreno has described group as a microcosm of the world. By creating this microcosms
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using psychodrama and playback theatre in the training we might succeed in supporting one
to manage better in life by:
1) giving a strong experience of belonging and being part of some group in society. These
experiences prohibit isolation;
2) creating possibilities to see and practice different ways to choose or cope in difficult life
situations.
In this project people had the opportunity to be part of a meaningful group and get in
touch with other European psychodrama or playback theatre people. This situation gave
a great possibility to develop multicultural identity, which might also have an effect to
strengthen the self-esteem as well as self-efficacy in larger scale.
Lifelong learning
Respect for lifelong learning is very strong in Finland. Besides the appreciation of this
possibility to learn throughout ones life in the end of this project I started to wonder if
lifelong learning might divide people and also deepen the differences between educated
and employed people compared to uneducated and or unemployed. The well trained will be
more and more trained all the time and those who lack education and work might feel more
and more inadequate in that process. That might cause passivity and low self-esteem for
those who don’t constantly educate themselves.
There is also a danger in Finland with quite high social care that people put all the blame
on the shoulders of society and escape their own responsibility in the process of making
there life satisfactory to themselves. I hope action methods with strong communicative and
kinesthetic emphasis, use of different experiences rather than only knowledge can bring an
alternative way to learn for everybody and especially for people who are not so cognitively
orientated.
Last thoughts
In this research Finnish groups were found out to be the most passive among these
nations that took part in this research. Through these questions Finnish participants did not
express any strategies either. Ketonen is underlining only these two results because they
feel so surprising for me. I am also thinking if they tell more about leader as a trainer or do
they really pick up something that I am blind to and not aware of in my own teaching or in
Finnish culture.
With these results author became woken up with the remarkable responsibility of a research
and of the power of interpretations. This makes me to think what we see as passivity and
activity and how and what kind of information do we get in research processes and how do we
use it. What if after this research people think in some parts of the European community that
Finnish people in general are passive and they have no capacity for making strategies in their
lives and they are tended to feel learned helpless and low in their self-esteem.
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To some extent previous definitions might be true but they might also tell about some
weaknesses in this questionnaire. What if the used questions are leaving some crucial
information aside or they do not pick up possible cultural differences. In this project Ketonen
sees that something of this happened and hopefully this viewpoint will be helpful in next
project.
■
■ BIBLIOGRAPHY
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■ AUTHORS
PÄIVI KETONEN: Med, TEP, vice Chairman of Finnish Playback Theatre Network.
E-mail: [email protected]
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LITHUANIA
Playback theatre as a transforming tool
for personal strength
Applied playback theatre for training to work and for social integration
EGLĖ PAUŽIENĖ, RASA URBŠIENĖ
■ Abstract
In this article an application of the playback theatre method pursuing training objectives of work and
social integration is discussed, paying attention to its influence on the restoration of the disturbed sides
of personality and disclosing the main aspects of the method. Stories’ narration provides an opportunity
to see a new perspective and affects knowing of oneself and others. Possibilities for self-investigation
and revealing are created in the group-work, seeking the personal transformation and strengthening,
when strategies to support motivation, effective training process and personal growth are applied. The
structure and dynamics of PT group session and main practical issues, based on ethics and principles of
social assistance and development of human potentials in the group, are revealed.
■ Key words: p layback theatre, working in groups, personality transformation, personal strengthening,
narrative.
Il playback theatre come strumento di potenziamento personale
Applicazione del playback theatre per la formazione al lavoro
e per l’integrazione sociale
EGLĖ PAUŽIENĖ, RASA URBŠIENĖ
■ Sommario
In questo articolo è discussa un’applicazione del metodo del playback theatre nel perseguimento degli
obiettivi del training e dell’integrazione sociale, ponendo attenzione alla sua influenza nel miglioramento
degli aspetti disturbati della personalità ed evidenziando gli aspetti principali del metodo. La narrazione
di storie fornisce un’opportunità per scorgere una nuova prospettiva e incidere sulla conoscenza di sè
e degli altri. Possibilità di indagine e rivelazioni su se stessi sono create nel gruppo di lavoro, cercando
la trasformazione e il rafforzamento personale, quando sono applicate strategie per supportare la
motivazione, processi effettivi di training e crescita personale. Sono descritte la struttura e le dinamiche
della sessione di gruppo col playback theatre e i principali risultati pratici, basati sull’etica e sui principi
dell’assistenza sociale e dello sviluppo delle potenzialità umane nel gruppo.
■ Parole chiave: playback theatre, lavoro di gruppo, trasformazione personalità, potenziamento
personale, narrazione.
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he Studio for Self-Awareness and Self-Realization (SsAsR) is a non governmental
organization which started its activities in year 2002 with main goal to help people and
communities to recognize their capacities and to find new and better ways for self realization
by the work of professionals of psychology, professional instructors, training experts, social
and cultural work and other highly-qualified specialists. SsAsR is especially focusing its
efforts on development and implementation of the new forms in the adult-training sector and
social change in Lithuania. Using innovative and non-traditional action methods to foster
different social groups to find new ways for integration, organization works actively in nonformal education field.
SsAsR takes part in EU projects as executive organization as well as organization
implementing services in creation of the training programs, methods and handbooks; in
practical work with different target groups of adults. The main staff is experienced in
international cooperation and EU projects implementation, and eagerly participates in the
constant self-development activities. Organization is the member of International Playback
Theatre Network (IPTN) and participates in development of European PT communities’
fostering the implementation of the new action methods in the social and educational fields.
Training groups and motivation
The training using the playback theatre method as an action method implementing the
Grundtvig project was designed for two different groups of people. One of the training groups
for playback theatre is the young people – students from the Vilnius University and Vilnius
Pedagogic University as well as Belarusian Humanitarian University. All of them currently are
in the active studies of social or humanitarian specialties’ (psychology, pedagogy, and media).
The other group was established of the women who are seeking for the better self realization,
needing to know something new, willing to get new skills and knowledge. They were eager to
look for their selves, to increase inner strength, to fill the time, to create, to be useful, to have
fun, to have a special group to connect.
Both groups have met the challenge in the life to start or to re-start their careers, becoming
more active and involved in the social life. If people searching for social and work activity
are unable to find it, they usually lost their self-confidence and start blaming themselves
on these failures. Such situation provokes negative emotions: anxiety, sadness, feeling of
loneliness and helplessness. Negative emotions trigger people to take care of their lives
encouraging them to look for a solution related with social support or active courses.
Working in the groups participants were motivated to create new social contacts with
meaningful and deeper connection with people and to find new possibilities; to increase self
confidence and creativity.
One person says: “The reason to participate is a need for changes, which in each case
depends on individual situation. In my case, I became jobless and to find new possibilities
for work, I feel like I have to learn new roles and new ways of solving the problems I’m
facing.”.
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The other participant describes her motivation to join the training: “One of the reasons
is the possibility to learn new things and improve such skills as improvisation, creativity,
spontaneity which can help in every day situations. Also it’s a good way to meet new people
who are interested in the same things and improve your communication skills.”.
Application of playback theatre
During the application of the playback theatre method and pursuing training objectives
of work and social integration, a part of the influence is directed towards restoration and
regulation of the disturbed sides of the personality. If the person wants to acquire knowledge
or seeks for advice, wishes to participate in the training, it may be stated that situation is
already improving.
Having paid attention to potential peculiarities of the training group in any of social
settings, it is extremely important to follow principles of effective influence, related to the
following:
- ambivalences, related to mixed feelings of the participant towards training and changes
in oneself and acceptance;
- reflective listening, involving all interventions being told to the participants;
- open questions that invite participants to speak during discussion and continue the
answer.
Narrative in playback theatre
People depend on their own emotions and permanently seek to shake them, whether they
are bad or good. The experience is narrated aiming at brief recollection of those emotions,
remaking them and generalizing (Fox, Salas, 1993). Narration of fixed, negative or painful
attitudes during playback theatre workshops cleans out from these influencing emotions
and allows changing when accepting new and different information. Stories narrated in
playback theatre provide a possibility to look at the stories from a new perspective, regarding
environment and time as one ‘story might inspire other stories about life’s challenges,
expanding on the theme’ (Chesner, Hahn, 2002). This affects different knowing of oneself
and others, provides possibility to accept new capabilities and integrate into one’s own
experience new experiences and new knowledge.
Playback theatre method functions as a measure of enhancement regarding personality
growth, socialization effectiveness and vocational integration. The method provides
possibility to change oneself, change one’s attitude towards other person and response
method in an important situation. Thus, when connecting measures of knowledge provision
and internal personal experience, internalization of deep impact on the participants can
be pursued. This causes a long-term change in a person’s behaviour in the field of social
relations, development of adequate responding and ability of understanding the other person.
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Pleasure in self-investigation and revealing possibilities
One of the most fundamental issues raised by behaviourists is the following: what
provides behaviour with special driving force? How do emotions affect our long-term
individual and social development? How do we acquire and act in accordance with the
distant goals being pursued that lead our lives? How do specific psychological disorders
occur and destroy emotional and motivational process of a human? The answers to the most
part of these questions become clearer when we observe refinements of human emotions and
motivational status.
During playback theatre training seminars, the following strategies are applied, required
when pursuing support for motivation of the participants and assurance of effective training
and personal influence:
- empathy and acceptance of each participant pursuing respectful communication with
single participant separately and with the entire group as well (playback theatre’s
ritualized narration of personal stories and playing them);
- perception of one’s wish to make changes in one’s life situation, and support of positive
expectations (playback theatre’s spontaneous reflection of the past of the participant and
his/her dream story);
- avoiding confrontation in pursuance of escaping defensiveness or hostility among the
participants (main principles of playback theatre sessions: respect regarding story of the
participant, absence of evaluation, security, acceptance and encouraging);
- work concerning resistance, emphatically reflecting indecision of each participant when
making choice and changing oneself (spontaneity and improvisation tools at playback
theatre are training exercises);
- enhancing of strength of participant personality, supporting and enhancing believing in
one and in the fact that one may change oneself (drama tasks and training exercises of
playback theatre).
Specificity of playback theatre method is related to non-traditional ways of changing
oneself and learning narrating personal stories, experience revealing, acceptance and selfchanging through drama, emotional personalism of stories and interactions in the group
when integrating art elements of improvisation theatre. Playback theatre method directs
participants of the training into deeper awareness and experience through repeated going
through the story. While participants are working concerning their own experience and that
of other members of the group, perception of themselves and the environment occurs and
also development of the personality at various levels.
In 1997 conducted by Comedia survey “Defining Values: Evaluating Arts Programmes”
(Matarasso, 1997) showed that an individual when participating in the artistic activity is
able to do the following:
- enhance self-esteem and self-confidence;
- to assist the individual in becoming socially more active;
- allow the participant to see how he/she is assessed by others;
- enhance interest in art and its understanding;
- provide possibility of investigation of personal rights and responsibility;
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- encourage adults to take up studies and develop themselves;
- to assist a person in acquiring new abilities and working experience;
- to assist in becoming luckier when searching for job.
Personality transformation
Work when applying playback theatre method encourages internal transformation of a
personality as follows:
- develops self-confidence, enhancing a feeling of a personality value as of a unique one,
revealing of positive sides of one’s personality and ability to demonstrate good traits and
features;
- strengthens abilities of interpersonal communication, teaches cooperation actively,
common goal achievement, non-verbal communication and contact keeping, assists in
feeling own relationship with the environment and determining own place there;
- reduces limitation and stress that manifest in both personality’s inside and in the group.
A person becomes free at greater extent, starts feeling confidence in own body, learns
how to control own responses and becomes more courageous in expressing them. At the
same time occurring confidence in each other in the group encourages reduction in stress
of the entire group, feelings of unrestraint and unanimity that create peaceful atmosphere
around;
- develops creativity of a personality and a team, promotes spontaneous usage of movements
and speech, encourages self-expression energy while finding new self-realization means
and ways, teaches free both verbal and non-verbal presentation of oneself;
- enhances sense of personal well being, occurrence of inner emotional balance and
reduction in internal disagreement.
Structure and dynamics of a playback theatre session
The following takes place during playback theatre sessions:
- acceptable and secure environment is created;
- each participant is heard and seen from the very beginning;
-emphasized-respectful atmosphere and participation forms, involving all participants;
- acceptance of all problems, worries, attitudes, opinions and feelings;
- reflection;
- time management;
- feeling a bond with participants and close relationship;
- adequate end of the session.
The greater numbers of elements act the more successful and effective educational
process is.
Applying Moreno sociometry method (Moreno, 1951) in each group it is pursued a
complex model of relations between the participants that influences higher or lower level
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of involving and vitality and effectiveness of the group. Sociometry analyses interpersonal
systems aiming at maximization and development of participation of all members in the
group.
Working in groups applying playback theatre
The method is based on ethics and principles of social assistance and gives priority
to development of human potentials in the group, relationships with other people that go
through the same problem. The same ethics is followed: confidence and recognition of inner
power of a human, spiritual dignity and autonomy, the right to make own decisions selfdependently and choose the most appropriate one, and importance of self-engagement.
The aim of working in a group – to assist the participant in revealing his/her inner power
in pursuance of improvement in his/her relationship with others and also one’s own social
functioning as follows: to create better conditions in one’s own residential and working
environment.
During the work process in the group, through narrated experiences and stories,
individual social needs of participants are identified that have influence on social prosperity
normalization: improvement in social life, social environment and social existence, taking
into account needs and values of people in that society. Participants themselves are involved
into identification of problems and needs, searching for ways out and provision of appropriate
plans.
With the following two objectives in mind, the work in groups is organized:
- technical awareness of the field (vocational guidance, job motivation, possibilities and
search);
- social activity related to personality experiences, values, needs and possibilities.
Practical methodological aspects
During playback theatre seminar, a secure relaxing atmosphere is created, and also
active playful process takes place. Participants perform interactive tasks based on drama
and improvisation, during which they share their own experience and feelings, learn to
understand and accept others and themselves, analyse various situations of training object
and develop personal abilities, required for solving the raised issues. Practical tasks are
prepared by professionals - playback experts - and are applied when pursuing achievement
of the set goals. Additionally, participants acquire the following abilities that help in
every day life: hearing and understanding the other, non-verbal body language usage and
identification, self-confidence and confidence in other participant in the team, flexibility and
humour in various situations.
Creation of specific secure and encouraging for action atmosphere
A sense of secure space is created, where a structure defines the limits and eliminates
worries. Still, the creative structure is not dry and strict, on the contrary, the supporting
and stimulating space is provided for unrestricted drama action. Worries are eliminated
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through creative structures, providing conditions that allow the narrator to gain courage
and motivation. In such environment if the narrator does not know the structure of his/her
own story, the leader assists him/her in finding the beginning, the middle and the end of
the story, i.e. a particular part of narrator’s life, his/her feelings and essence of the story.
When working with stories (experiences) and feelings, the freedom of verbal and non-verbal
expression is encouraged. Playback theatre “...aims to provide a respectful environment,
where each teller and story in honoured.” (Chesner, Hahn, 2002). The atmosphere of
group’s community guarantees support, security and confidence, where integrity and respect
determine equality and absence of discrimination.
Leadership
The role of the leader of the session has certain sub-roles and functions that require the
following:
-leading the individuals that participate in the process of group self-formation and in
training sessions;
- creating an appropriate atmosphere so that the outcomes of the sessions would be
successful and results desired achieved;
- being an expert in a special subject;
- being a wise guide and a fellow-passenger of the participants;
- interpreting for the participants the symbols that occur during the process.
This is an authentic and most frequently non-verbal communication that creates
appropriate relationships and confidence among the leader and participants. The following is
demonstrated to the participants: “I want to create a secure space for you so that you would
be able to risk and take a creative challenge; I propose and invite – share your experience.”.
If the leader does this in a professional way, the session takes place without obstructing.
Friendliness of the leader influences ability of restless and shy people to cooperate with
strangers.
Planning
The work in the group of PT seminar involves the following all component parts of
social work process:
- analysis and assessment of a social problem of the group are conducted;
- a plan of solution to the problem is prepared;
- particular assistance is provided;
- changes that have taken place are evaluated;
- the process is finished.
Variety in activity strategies
Next to the standard work forms when applying playback theatre method in the
educational model of activity, variety in strategies is important. The strategies are planned
taking into account specificity of a target group and contents of training goals to be raised.
In pursuance of transforming the restricted way of thinking and acting of a target group
members, the following creative interactive training methods are used that enable more
effective mastering of provided training material interiorizing it in one’s inside more through
experienced and emotional structures than cognitive ones.
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- Movement and body kinaesthetic – mimic, body language, creative movement techniques
and other. Usage of body becomes effective when thoughts and feelings are not clear enough.
Stiffness is related to fear that one does something inappropriate, while attention to the body
allows coping with the primary fear of stumble, as “I” is directed towards kinaesthetic
perception.
If an individual is able to start to describe this, he/she is able to get to know it and start
working appropriately.
- Self-reflecting and acceptance – meditation, relaxation, visualization, creative writing
and other. Playback theatre involves holistic, directed towards personality teaching and
learning. When this method is applied, the participants take part in the following three
training domains in accordance with Krathwohl, Bloom and Masia (1964) system: cognitive,
affective, and psychomotor. Personal aspects of identity and values arise when stories
narrated are heard and respected, when participants listen to each other stories; perform
experiences, feelings and prospects of each other with understanding and compassion.
Weinstock-Wynters (1996) identifies these efforts as the third domain of holistic education
that occurs when during a session; education becomes therapeutic, still not becoming
therapy. This is a domain, in which learning takes place using emotions as well, where
knowing starts to be constructed and obtain meaning on the basis not only of books and
discussions but on sensing experiences, acceptance and working with oneself.
- Acceptance of environment and others – drama action, performing stories of others,
listening to others and hearing them, drills on relationship with the environment, and other.
Playback theatre method when creating relationship with the environment employs tasks
that promote trust in each other, exercises concerning sensing one’s own self in the existing
environment, identification of relationships with other people and one’s own place among
them, develops abilities of listening to other people, hearing them, creative understanding
and perception. In the active relationship with other participants in the group, a personal
attitude towards different people transforms itself, peculiarities, differences of other people
are accepted, and perception of the world expands.
- Meeting of needs to belong and be recognized – drama activities provide self-expression
process, when the need of being heard and seen is met, and provides possibility to see and
assess others. Belonging to the group during a seminar in secure environment meets the
need of a human to be important and significant, a person becomes a member of a solid team
that pursues common objectives and solves their own important problems.
- Creativity development – especially important is a role of a leader, his/her ability to model
the set “I can”, not give in when exposed to a more complicated or unusual problem. An
attitude or sets regarding own creativity are among the most significant creativity factors,
therefore extremely important is evaluation of a person and his/her encouraging, which
also comes out to be an essence of playback theatre method. Possibility of creation together
with others, hearing their confirmation that one is creative assists in developing of selfconfidence, allows “being infected” with new ideas, encourages new foresight possibilities
regarding a new job and vocational vision, and creation of objectives and near tasks.
-Creative solutions to problems – playback theatre method provides creative collective
initiative. Participants work in groups, recreating material of personal experience, perception
of theoretical training problems, planning and foresight of the future, using artistic tools of
expression. Questions, tasks and problems are solved applying working tools of this method.
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Improvisation, when a person is involved and experimenting, is the best way to become
creative – this has an effect in psychological and social domains. Associative ideas being
employed at the playback theatre influence spontaneity, which is required for confidence
and closeness in the group.
■
■ BIBLIOGRAPHY
Chesner, A., Hahn, H. (2002). Creative advances in groupwork. London: Jessica Kingsley Publishers.
Fox, J., Salas, J. (1993). Improvising real life: Personal story in playback theatre. Dubuque: Kendall/Hunt.
Krathwohl, D.R., Bloom, B.S., Masia, Bertram, B. (1964). Taxonomy of educational objectives: the
classification of educational goals; handbook II: the affective domain. New York: David McKay.
Matarasso, F. (1997). Use or ornament? The social impact of participation in the arts. Comedia, Bournes
Green Stroud.
Moreno, J.L. (1951). Sociometry, experimental method and the science of society. An approach to a new
political orientation. New York: Beacon House.
Weinstock-Wynters, L. (1996). Toward a pedagogy of inclusivity: building community through the
action methods of psychodrama and playback theatre. (Doctoral dissertation, Union Institute, 1996).
Dissertation Abstracts International, 57-10A, 4264.
■ WEB SITES
http://playbackteatras.lt/
http://www.playbackcentre.org/our-partners/company-partners
■ AUTHORS
ASA URBŠIENĖ: expert of playback theatre (Playback School, NY, USA), music educator and cultural
R
manager. She is a teacher and member of PT Company, and works as an expert in new programmes and
innovative methods for different social groups’ training in the Studio for self-awareness and self-realization.
E-mail: [email protected]
GLĖ PAUŽIENĖ: psychologist, psychotherapist, group analyst (Oslo GA Institute, Norway) and teacher
E
in group analysis. She works in individual and group counselling and psychotherapy, in education and
methodology, and she is a member and conductor of PT Company in the Studio for self-awareness and
self-realization.
E-mail: [email protected]
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ITALY
Active methods and playback theatre:
coherent interweaving
between theory and method
An experience for elaborating tools focused on teaching and
training for disadvantaged groups
MARCO FINETTI, PAOLO LANCIANI, NADIA LOTTI, GIACOMO VOLPENGO
■ Abstract
The following article presents theoretical and methodological criteria which founded training
intervention made by Italian Playback Theatre School staff in occasion of Grundtvig project “Supporting
Potential Development”. It refers in particular to integrated use of active Morenian methods and
playback theatre techniques. The course was presented as complement to CTSC, Theatre Course for
Community Development, in the Italian Playback Theatre School located in Milan and Turin. The main
aim of this training intervention was to offer to the students the tools focused on teaching and training
for disadvantaged groups, in particular for unemployed attending retraining courses. Moreno’s role
theory contribution helped to understand the right behaviour to be adopted with disadvantaged groups,
in particular to lead active listening process. Playback theatre conduction experience and the teamwork
playing the actor role permitted to train directly these skills. The effectiveness of the methods used was
supported by the results of scientific research carried out by the University of Padua (Italy).
■ Key words: playback theatre, active methods, lifelong learning, good practices, European exchange.
Metodi attivi e playback theatre:
intrecci coerenti tra teoria e metodo
Un’esperienza di elaborazione di strumenti per l’insegnamento e la formazione destinati a categorie svantaggiate
MARCO FINETTI, PAOLO LANCIANI, NADIA LOTTI, GIACOMO VOLPENGO
■ Sommario
Il seguente articolo presenta i criteri teorici e metodologici che sono stati alla base dell’intervento
formativo da parte dello staff italiano della Scuola di Playback Theatre in occasione del progetto
Grundtvig “Supporting Potential Development”. In particolare si riferisce ad un uso integrato di metodi
attivi di matrice moreniana e tecniche di playback theatre. Il corso è stato realizzato nell’ambito del Corso
di Teatro per lo Sviluppo di Comunità nelle sedi di Milano e Torino. Lo scopo principale dell’intervento
formativo è costituito dal fornire ai partecipanti gli strumenti specificatamente centrati sul lavoro di
insegnamento e formazione per categorie svantaggiate, in particolare disoccupati impegnati in percorsi
di riqualificazione professionale. Il contributo della teoria del ruolo di J.L. Moreno ha offerto la chiave
di lettura con cui agire il proprio ruolo di formatore per categorie svantaggiate e in particolare per
guidare il processo di ascolto attivo. L’esperienza di conduzione del playback theatre, nonché il lavoro
di équipe svolto nel ruolo di attore, hanno permesso di addestrare queste competenze direttamente.
L’efficacia dei metodi utilizzati è stata suffragata dai risultati della ricerca scientifica portata avanti
dall’Università di Padova (Italia).
■ Parole chiave: playback theatre, metodi attivi, formazione permanente, buone prassi, scambi europei.
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uring “Supporting Potential Development” Grundtvig project offered to 30 CTSC
students the opportunity to take part to 10 training modules focused on teaching and
training for disadvantaged groups, in particular for unemployed attending retraining courses.
Expected targets were: good practices exchange between teacher colleagues; the
opportunity for learners to meet international trainers and colleagues; the opportunity for
trainers to develop skills to support disadvantaged groups they are working or will work
with; to develop individual and professional empowerment, drawing from personal creative
and knowledge potential, developing personal resources.
Humus Association had the specific objective to realize, coherently with the European
partners’ project, a path integrating Morenian theory and playback theatre methodology.
Learners did not have the target to become teachers of the method, but to be able to use
theory and techniques as support to specific retraining courses. Theories become then also
cognitive understanding tools and specific techniques become practice.
Active methods and playback theatre
Active methods, arising from Morenian classic psychodrama (Moreno, 1985, 1987)
are exploratory approaches and expressive languages favouring action rather than words,
encouraging the spontaneous and creative emerging of themselves, bringing into play body
and emotions. Active methods are particularly suitable in groups’ management; active
methods adopted during the training were sociometry, role playing and sociodrama.
The playback theatre, founded by Jonathan Fox (Fox, 1994; Salas, 1996) recalls Moreno’s
Spontaneity Theatre even if it has developed specific guidelines which makes it differing to
psychodrama by several aspects. It is a theatrical form – also adopted with therapeutic or
educational aims – in which an actor team stages instantly the stories narrated by the public
who may reflect in them.
It is possible to realize playback performances in theatres or in communities (schools, socialeducational institutions) in order to involve participants into theatrical activity starting from a
theme or their specific situation. The performance can also inspired by socio-cultural themes,
this helps a deeper understanding of individual and group declinations about common problem
or theme (diversity, sexuality, drug addiction, parenting, etc.). Playback theatre is adopted also
without a team as training laboratory; it is a versatile tool in working with children, teenagers,
and adults, to facilitate spontaneity, expressiveness, communicative ability and body use, in a
listening and respectful context (Dotti, 2006).
Multi-dimensional path
Consequently to internal and European planning stage, the Italian Playback Theatre School
is dedicated to realize a project mix of Morenian theory and playback theatre techniques. The
training team was composed by school teachers divided in three main categories: experts in
playback theatre, experts in active Morenian methods or experts in both them. In particular,
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the working group created to realize the project was composed by: Paolo Lanciani, Davide
Motta and Chiara Baratti - reference trainers; Giacomo Volpengo and Marco Finetti - project
coordinators; Marilena Aimo and Gigi Dotti - scientific research responsible respectively for
Turin and Milan; Nadia Lotti, Humus Association President - project supervisor responsible.
All people involved in the group are Italian Playback Theatre School founders and acted as
trainers and trainer teachers.
The ten project modules were organized within activities promoted by Italian
Playback Theatre School. Themes developed in the 10 modules are: individual and group
Empowerment, individual and group Self-efficacy, individual and group Self-handicapping,
individual and group Learned helplessness, individual and group Resilience. Each theme
was divided in two different parts, articulated as following.
1°Part
- revision starting phase of specific theme active work;
- theoretical part;
- process analysis.
2°Part
- practical laboratory (techniques learning and managing exercises);
- public event (open to external participants - method testing with external audience).
The Morenian techniques adopted involved a thirty students group which experimented
different roles and functions. In fact, every participant was involved both in stage activity
and in conduction activity, playing roles as conductor, performer, musician, (public) and
storyteller.
J.L. Moreno’s role theory (Moreno, 1985, 1987) contribution helped to understand
the right behaviour to be adopted with disadvantaged groups, in particular to lead active
listening process. Playback theatre conduction experience and the teamwork playing the
actor role permitted to train directly these skills. The roles of narrator and group member
during free exchange offered suggestions to think about how much these techniques and
theories can influence participant’s way of relating with each other and develop active
listening skills also in situations more unstructured than performances. The project has three
different moments with specific aims: direct experience, theoretical analysis, learned skills
experimentation.
The conduction direct experience phase helped trainees to develop their role of group
facilitators, ritual setting guarantors, active listeners. It is evident how playback theatre
practice is constitutively designed as favourable to non-interpretative listening: the
conductor collects the story but delegates to actors the staging and to narrator himself the
comment about what returned to him. Participants, playing the actor role, trained on explicit
different points of view assumption (roles and counter-roles) that the potential user, more
or less aware, could mention. The theoretical analysis carried out after experience allowed
students to signify insights had on the scene and to develop more effective and richer ways
to listen. The role theory (Moreno, 1985, 1987) focuses on narrator-user neurophysiologic,
psychological (cognitive-emotional) and social-relational and value levels. Playback theatre
theory (Fox, 1994) reads the story on personal, interpersonal, social, and transpersonal
levels. These two interpretations interplay allows to discern protagonists constitutive
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Graph 1 - Pre-test results.
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and experiential dimensions and narrative dimensions offer a sophisticated and effective
interpretation for listening and support and for training interventions designing highly
effective meet to participant needs.
Exchange and storytelling moments were for participants an opportunity to measure
how much the different dimension awareness was actually useful to find for themselves and
the others new and more appropriate needs of relationship, of work and unemployment. In
particular, quality and adequacy participant’s contributions during sharing time proved to be
a positive indication of practical and theoretical learning expression dimensions beyond the
theatre scene in strict sense.
Results
Padua University Research Team that dealt with Grundtvig Programme has developed
an initial test (pre-test) and a final test (post-test) to verify the validity of the tools adopted
during the training.
Pre-test results in Italy (Graph 1), that can be seen in the graph above, revealed that
reasons that may motivate people to attend a retraining course are to increase empowerment,
self-efficacy and professional and relational skills. It is important also to consider the need
to share professional reality and support need. We focused on these issues to improve, giving
strength and value, our future theatre trainer’s education for community development.
The transition from being part of the public to performer, conductor or musician role
assumption implies a different intent that became in our context as empowerment: from
being conducted to act.
Self-efficacy requires participants to assume a clear position also towards themselves.
Intentional action subject has to explain what deeply wants to say. Then he meets himself
through relationship with others and confronts with change possibility, towards outside
(towards the world, the social, the other) and towards inside (towards the emotionality,
towards the itself).
Intentional action means subjectively action in a group relationship, with consequent
relational skills development.
Group that represents the story or the emotion lived by the narrator has the need to act
as a single representative instrument, that is, to allow narrator and audience to identify
themselves with what happens on stage, bringing a greater range of views, reflective
opportunities and new emotional stimuli.
The second graph (Graph 2), resulting from post-test analysis, is the project effectiveness
perception by trainers involved and proves that self-efficacy occurred thanks to awareness
achieved, to a new viewpoint that allows facing difficult situations, through creativity and
sharing.
Morenian role theory (Moreno, 1985, 1987) and the four playback theatre dimensions,
personal, interpersonal, social, and transpersonal (are the main tools for self-efficacy
realization, while useful techniques have been listening, action/reflection alternating,
improvisation and feedback.
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Graph 2 - Post-test results.
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A challenge and an opportunity for trainers and trainees
For school trainers’ staff this was an opportunity to experience and reflect on Morenian
and playback theatre theories and methodological tools application in areas without set
and settings defined by explicit stage presence. It should be noted in fact that trainees are
normally formed to the use of playback theatre as a tool to form companies, to realize
experiential workshops moreover classic performance managed by a formed company. It is
not explicitly discussed theories and techniques adoption in educational contexts.
It is difficult to think about a training process based on Morenian theory in a completely
unstructured context, it must be explicit then that the anomaly is the absence of stage
space intended as physical and static place (set), but also as mental and procedural place
(setting). Trainer role maintains playback theatre and sociodrama conductor constituting
aspects, ensuring participants subjectivity respect and giving adequate space to everyone,
guaranteeing a constant alternation between action, observation and reflection.
The training path showed the importance of developing more and more accurately shared
the training models that use the theory of Moreno and playback theatre as content moreover
as method basis. The opportunity to use it as key to explain and analyse phenomenon studied
by researchers, as self-efficacy or self-handicapping resulted to be extremely valuable.
Strong point is definitely the coherence between theory and methods: conductor gives
confidence and responsibility to the group, activating its resources without replacing it,
similarly an empowerment path requires resources activation such as trust and responsibility
assignment.
Hypothetical project development
The current economic crisis appears to be a strong obstacle for most vulnerable classes
introduction to labour market, including young people and women and for reintroduction of
people that lost their work, like over fifty people. We consider therefore important to convey
our efforts in this direction, providing our expertise to projects that refers to women and
unemployed young people. We want therefore highlight the following points.
- Methodological and theoretical elaboration was greatly enriched by possibility of
comparison and exchange between educators and students with international partners,
thanks both to visits received during conferences organized in Italy and to events abroad,
particularly in Romania and Lithuania. Expanding international comparison with a larger
partners number, would definitely offer enhanced exchanges and comparisons, increasing
participants stimuli, awareness and effectiveness level of training proposed. A successive
project that favours more exchanges with European colleagues would permit development
of theoretical material shared and enriched by each others contributions.
- The project demonstrated, over adopted methods effectiveness, the validity of scientific
researches that accompanied it. To evaluate the results obtained becomes necessary to
scientifically validate them. Basing on the experience gained with this project, we could define
even better the data necessaries to define the evaluation needs starting from the stakeholders.
This would help to acquire a reflective and self-criticism culture.
■
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106 – SUPPLEMENTO MONOGRAFICO A PSICODRAMMA CLASSICO - MARZO 2012 - AIPsiM
■ BIBLIOGRAPHY
Dotti, L. (2006). Storie di vita in scena. Il teatro di improvvisazione al servizio del singolo, del gruppo,
della comunità. Torino: Ed. Ananke.
Fox, J. (1994). Acts of service - Spontaneity, committment, tradition in the nonscripted theatre
New York: Tusitala.
Moreno, J.L. (1985). Manuale di psicodramma, vol. 1. Roma: Astrolabio.
Moreno, J.L., Moreno, Z.T. (1987). Manuale di psicodramma, vol. 2. Roma: Astrolabio.
Salas, J. (1996). Improvising real life. Hunt: Dubuque, Kendall.
■ AUTHORS
MARCO FINETTI: educator, professional trainer, coordinator and teacher of Italian Playback Theatre
School based in Turin.
E-mail: [email protected]
PAOLO LANCIANI: psychologist, psychotherapist, trainer, psychodrama, sociodrama and playback
theatre teacher.
E-mail: [email protected]
NADIA LOTTI: trainer, psychodramatist, director of Italian Playback Theatre School.
E-mail: [email protected]
GIACOMO VOLPENGO: trainer, counselor, teacher in Italian Playback Theatre School, theatre
performer.
E-mail: [email protected]
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ITALIA
Psicodramma e orientamento
professionale
L’utilizzo della metodologia psicodrammatica in un percorso
di orientamento di gruppo per donne in re-inserimento lavorativo
ANNA RUSCAZIO, MARCO GRECO
■ Sommario
Gli autori analizzano gli obiettivi e le caratteristiche peculiari dei percorsi di orientamento professionale,
individuando alcuni spunti teorici e metodologici dello psicodramma di particolare interesse nell’azione
orientativa. Tale analisi è stata supportata dall’esperienza diretta di un percorso di orientamento di
gruppo gestito con metodologia psicodrammatica che si è svolto presso la città di Carmagnola, in
provincia di Torino (Italia), nel 2006-2007. L’articolo entra nel dettaglio del progetto “Rosaverde” che
ha visto il coinvolgimento di venti donne disoccupate, italiane e straniere, suddivise in due gruppi, per
un periodo della durata complessiva di 8 mesi durante i quali per ciascuna partecipante è stato avviato
con successo un tirocinio presso un’azienda del territorio.
■ Parole chiave: p sicodramma moreniano, orientamento, reinserimento lavorativo, gruppo, rinforzo
competenze, maieutica.
Psychodrama and professional orientation
The use of the psychodramatic methodology in a group orientation project
for women to be reintegrated into the labour market
ANNA RUSCAZIO, MARCO GRECO
■ Abstract
The authors analyze the objectives and unique features of professional orientation experiences,
identifying some theoretical and methodological psychodramatic ideas of particular interest for
professional orientation. This analysis was backed up by the direct experience of a group orientation
project carried out with the psychodramatic methodology in the town of Carmagnola, in the province
of Turin (Italy), in 2006-2007. The article describes in detail the “Rosaverde” project, which regarded
twenty unemployed Italian and foreign women subdivided in two groups. During the eight-month
project, each participant underwent successful training in a local company.
■ Key words: M
orenian psychodrama, orientation, professional reintegration, group, competence
consolidation, maieutics.
C
on il termine “orientamento” si intende “...contemporaneamente, sia il processo sociopsicologico che il soggetto mette in atto per affrontare in maniera attiva la complessità
e il cambiamento socio-economico, sia l’intervento professionale attivato per supportare
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il fronteggiamento dei diversi compiti posti da questo processo, nel tentativo di ridurre
l’insorgere di eventuali fattori di stress psicosociale.” (Pombeni, D’Angelo, 1994, p. 67).
Questa definizione di Pombeni mette in luce come l’orientamento preveda l’attivarsi di due
soggetti, orientatore e orientato, in un contesto che deve tenere in considerazione i risvolti
psicologici e sociali che la particolare situazione comporta.
Andremo ora a definire i concetti chiave che caratterizzano l’azione orientativa alla
quale ci riferiamo.
Auto-orientamento e partecipazione attiva
Se prima degli anni Settanta l’utente dell’azione orientativa aveva una posizione
essenzialmente passiva e dipendente da quanto valutato e stabilito dall’orientatore, dopo il
seminario dell’UNESCO di Bratislava del 1970 tale posizione viene rovesciata, in quanto,
come si legge nella sintesi del seminario stesso “...orientare significa porre l’individuo in
grado di prendere coscienza di sé e di progredire per l’adeguamento dei suoi studi e della
sua professione alle mutevoli esigenze della vita, con il duplice obiettivo di contribuire al
progresso della società e di raggiungere il pieno sviluppo della persona.”.
L’azione orientativa, quindi, per essere davvero efficace e per “durare nel tempo”
deve essere un processo nel quale la persona svolga un ruolo da protagonista attivo e, su
sollecitazione dell’orientatore, arrivi a maturare le scelte non solo da prendere nell’immediato,
ma anche da sostenere e da valutare nel tempo. Soltanto in questo modo l’orientamento
diventa un processo di crescita e di “stabilizzazione” dell’individuo, capace di sostenerlo
anche nelle inevitabili difficoltà che la scelta professionale potrà porre nel suo futuro.
In questo senso, non si tratta tanto di un’azione orientativa che viene attivata
dall’orientatore nei confronti del suo cliente, ma di un processo di auto-orientamento nel
quale il soggetto è “l’agente principale dei processi dinamici che liberano le risorse capaci di
sostenere la promozione, la maturità, l’autonomia, agli effetti delle decisioni da prendere.”
(Augenti, 1984). È pertanto centrale la partecipazione attiva del soggetto il quale, come
sottolinea Sarchielli (1978), deve essere messo in grado di costruire i significati della propria
storia, di riconoscere le risorse di cui dispone e di valutare le condizioni del proprio contesto
sociale ed economico, oltre che personale e familiare.
Nell’ottica di questa “rifondazione del concetto e della pratica di orientamento”
(Pombeni, 1978), “...al centro della riflessione viene posto l’individuo con i differenti
bisogni orientativi che caratterizzano il suo sempre più complesso rapporto con l’attività
lavorativa. L’intervento orientativo non viene più finalizzato ad orientare la persona
a prendere delle sagge decisioni, ma piuttosto ad aiutarla a prendere le sue decisioni
saggiamente.” (Pombeni, D’Angelo, 1994). Soltanto la consapevolezza delle decisioni
prese, delle conseguenze non solo pratiche, ma anche psicologiche, che tali decisioni
comportano, può rendere la persona più adeguata a quanto il contesto sociale, lavorativo e
personale richiede.
L’intervento orientativo è pertanto un intervento “maieutico”, in quanto, in maniera
simile all’arte della levatrice, aiuta le persone a trovare in se stesse, con l’aiuto dell’altro, le
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risposte che cercano. “L’uomo non può giungere in chiaro con se stesso da solo. La ricerca
che lo concerne non può cominciare e finire nel recinto chiuso della sua individualità: può
essere invece soltanto il frutto di un dialogare continuo con gli altri, come con se stesso.”
(Abbagnano, 1979, p. 68).
Gestione del cambiamento e della situazione critica
Di norma le azioni orientative si rivolgono a persone che si trovano nelle cosiddette
“situazioni di transizione” (tra differenti ordini di studi, tra scuola e lavoro, tra lavoro e
lavoro, tra non lavoro e lavoro), le quali mettono la persona in una condizione critica che
richiede di prendere decisioni e di assumersene il carico. Visto che lo sconvolgimento di
equilibri pre-esistenti può essere fonte di gravi frustrazioni, si tratta, di conseguenza, di
saper gestire un livello d’ansia fuori dalla norma. Questo comporta uno stato temporaneo
di disorganizzazione, caratterizzato da difficoltà del soggetto nel fronteggiare l’evento
utilizzando gli strumenti di cui abitualmente dispone per risolvere i problemi che gli si
presentano.
La situazione di transizione viene vissuta come critica se viene percepita dal soggetto
come “...un problema e una minaccia per la propria identità, dal momento che gli viene
richiesto di valutare la definizione di sé su cui ha fondato la propria esperienza storica fino
a quel momento (come, ad esempio, nelle situazioni di scelta) o di riorganizzare alcune
sue dimensioni portanti (come, ad esempio, nelle esperienze di inserimento in un nuovo
contesto organizzativo).” (Pombeni, D’Angelo, 1994).
I cambiamenti a livello sia scolastico che professionale coinvolgono l’individuo in
tutte le sue dimensioni, da quella cognitiva a quella emotiva, e vanno valutate e affrontate
insieme alla persona stessa, tenendo in considerazione complessivamente la sua vita con
le risorse, ma anche i limiti ed i condizionamenti, che essa offre. Questi, inevitabilmente,
vanno ad influenzare in maniera determinante il modo di affrontare la situazione stessa, e di
conseguenza, l’azione di aiuto che l’orientatore può mettere in campo.
Strategie di fronteggiamento
Per affrontare la situazione di transizione occorre aiutare la persona ad individuare e
a sviluppare le cosiddette strategie di fronteggiamento che, se da un lato si fondano su
una conoscenza più precisa delle risorse che il contesto lavorativo può offrire e degli
strumenti che possono essere messi in campo, dall’altro coinvolgono in maniera diretta le
risorse ed i limiti personali. Per strategie di fronteggiamento si intende “...l’attivazione di
comportamenti specifici finalizzati alla risoluzione del problema.” (Pombeni, D’Angelo,
1994). In questo senso l’azione orientativa tende a migliorare l’uso delle capacità individuali
in funzione del conseguimento di determinati obiettivi e della risoluzione del problema
specifico e ad aiutare “...il soggetto a riorganizzarsi, in modo tale che la situazione non
venga percepita come svalutativa per la propria identità, e a elaborare strategie di coping
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finalizzate a una lettura delle variabili che intervengono nella situazione per capire come
muoversi e per impostare un’adeguata soluzione del problema.” (Pombeni, D’Angelo,
1994). Nelle attività di orientamento è pertanto fondamentale mettere la persona nella
condizione di sperimentare la propria capacità di risposta a situazioni nuove ed inaspettate,
così da rinforzarne l’autostima e ottenere così una risposta più adeguata alle richieste che la
situazione lavorativa impone.
I destinatari delle attività di orientamento professionale
Se genericamente si possono definire come potenziali destinatari degli interventi
di orientamento tutti coloro che si trovano a dover affrontare situazioni di transizione
scolastica o professionale, ci sembra utile tentare di descrivere con maggior precisione
alcune caratteristiche che distinguono alcune tipologie di destinatari delle azioni orientative.
Il panorama dei possibili destinatari dei progetti che prevedono l’orientamento
professionale è molto cambiato in questi ultimi anni, sia a livello nazionale (viste le notevoli
trasformazioni del mercato del lavoro in atto), sia a livello locale (in particolare con la crisi
economica perdurante da anni). Le persone che si rivolgono ai servizi di accompagnamento
alla ricerca di lavoro e orientamento hanno un’età che sta via via crescendo e profili
professionali sempre più alti, anche se continuano a permanere i cosiddetti soggetti deboli.
Le attività stesse di orientamento, nell’individuazione di un progetto professionale,
spesso devono confrontarsi con un mercato del lavoro che oggi si presenta come sempre più
flessibile e precario, frammentario ed instabile, incapace di dare certezze anche minime. Ci
sono persone che oggi lavorano come interinali per anni presso la stessa azienda, ma con
mansioni che variano di giorno in giorno, se non di ora in ora. Ci sono professionisti che si
trovano a dover lavorare esclusivamente come collaboratori, vedendo cambiare funzioni ed
interlocutori di continuo.
Tutto questo porta ad una estrema solitudine professionale; raramente, infatti, chi lavora
in queste condizioni – e sono molti – riesce ad identificarsi con un gruppo di lavoro o con uno
spirito aziendale. Ci si sente anche estremamente soli nella progettazione del proprio futuro
professionale, non essendo possibili per queste persone piani di sviluppo professionale, ma
solo una progettazione individuale a brevissimo termine, in un contesto economico che non
offre garanzie di continuità e stabilità. La conseguenza è, spesso, la caduta radicale della
fiducia in se stessi e nel mondo del lavoro, con l’impossibilità per le persone giovani di
progettare la propria vita familiare e per le persone più mature di portare a termine progetti
già avviati.
Oltre a ciò, la profonda crisi economica di questi ultimi anni e il trasferimento di reparti
produttivi all’estero hanno portato molte persone, dai profili più vari, ad essere espulsi da
aziende che fino a qualche anno prima parevano poter garantire un futuro certo ai loro
dipendenti. Se l’età poi di queste persone è superiore ai 40 anni, la situazione diventa
ancora più critica. Diviene difficile ricollocarsi sul mercato del lavoro nonostante curricula
e competenze anche significativi. Occorre ridefinire, dopo molti anni, la propria identità
professionale e personale, cercando di capire quali competenze siano ancora spendibili.
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Anche qui prevale la solitudine, la sfiducia, il senso di vuoto, la difficoltà a ricomporre la
propria vita, a ridare un nuovo equilibrio anche alla vita familiare, a riconoscere una propria
identità.
Per chi lavora nei servizi di orientamento le situazioni descritte, che indubbiamente
sono segnate dall’urgenza dell’occupazione, sono portatrici di frustrazione, in quanto non
si hanno gli strumenti per dare una risposta concreta e immediata al problema. Forse però
l’orientatore può rinunciare a questa tentazione di onnipotenza se pensa che il suo compito è
realmente un altro; e cioè quello di aiutare la persona a farsi carico di tutti questi problemi, a
riconoscerli, ad esprimerli, per poter poi individuare le proprie risorse ed avviare un progetto
professionale.
In un contesto complessivamente privo di prospettive chiare, le persone in cerca di
collocazione tendono a reagire in due maniere apparentemente antitetiche: sopravvalutare
le proprie potenzialità (“io sono in grado di fare tutto, ci metto poco ad imparare”) oppure
sottovalutarsi radicalmente (“quello che ho fatto finora, non si fa più, è cambiato il mondo,
non so proprio cosa potrei fare d’ora in poi”). Ugualmente, spesso si reagisce assegnando
completamente la responsabilità della situazione alle attuali caratteristiche del mercato del
lavoro senza cercare di individuare le proprie potenzialità e i possibili spazi di applicazione
(“sono giovane e non trovo lavoro perché cercano sempre persone con esperienza”; “non
sono più giovane, la mia esperienza non interessa perché ciò che conta per le aziende è solo
risparmiare assumendo persone giovani”).
Ci sembra pertanto che l’urgenza di oggi nel fare orientamento sia, non solo quella
di dare informazioni e strumenti concreti per la ricerca del lavoro, ma di individuare le
competenze, e ancor più quella di sostenere le persone:
- ad affrontare il momento di transizione, non tralasciando, ma anzi aiutandole a dare
voce, a riconoscere l’impatto emotivo che il difficile momento di transizione porta con sé;
- a mettersi alla prova, sperimentarsi in situazioni nuove, potendo verificare la portata
dell’inedito;
- a creare spazi di confronto tra le persone, sottraendole al senso di abbandono e di
solitudine;
- a riconoscere l’importanza che nella loro vita riveste l’ambito lavorativo, rispetto agli
ambiti familiari e sociali.
Occorre un lavoro di orientamento che rafforzi l’identità sociale e personale: solo
offrendo una maggiore consapevolezza di chi si è, come si reagisce, quali sono le proprie
potenzialità, quale apporto possono dare coloro che stanno intorno alla persona, ma anche
quali difficoltà essi possano creare, è possibile aiutare chi è costretto a ri-orientarsi più e più
volte per poter stare al passo con i tempi e con le modalità lavorative di oggi.
L’orientamento di gruppo
Nella nostra esperienza, per poter raggiungere gli obiettivi che ci paiono oggi più urgenti,
la più idonea ed efficace modalità di gestione delle attività di orientamento è quella del
gruppo.
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Il gruppo è il “...luogo privilegiato di elaborazione e di confronto… in grado di influire
positivamente sul processo di orientamento.” (Carrè, 1991). “Il counseling orientativo di
gruppo viene definito come un processo di aiuto alla persona affinché, confrontandosi con
altri, impari a prendere decisioni da sola e ad assumersene le relative responsabilità.”
(Pombeni, D’Angelo, 1994).
“Il gruppo è qualcosa di più e di diverso dalla somma dei suoi membri.” (Lewin, 1935):
è uno strumento complesso e sofisticato, nel quale è possibile rimettere in discussione
le proprie certezze ed i propri modelli di pensiero, scoprendo idee nuove, prospettive
originali e soluzioni non ancora tentate (Cravero, 2002). Ma ancor più, come sottolinea Carl
Rogers (1976), nelle attività formative è fondamentale creare condizioni emotive ottimali,
caratterizzate da spontaneità e fiducia, per mettere i soggetti nelle condizioni di massima
apertura nei confronti degli stimoli provenienti dall’ambiente esterno.
Attraverso il confronto all’interno del gruppo è possibile avviare il processo di autovalutazione
del singolo e di riconoscimento delle proprie abilità personali. “È proprio grazie al confronto con
gli altri che l’individuo può acquisire una conoscenza di se stesso mettendo in relazione il livello
di abilità e capacità che ritiene di possedere con il livello dimostrato dagli altri.” (Pombeni,
D’Angelo, 1994).
Le persone inoltre tendono a percepire il proprio problema come unico e a vivere con
incertezza la fase di transizione. Scoprire in gruppo che si tratta di un problema condiviso,
per il quale gli altri possono trovare soluzioni diverse, può portare a una modificazione della
propria rappresentazione del problema stesso e all’individuazione di soluzioni inedite.
Il gruppo di orientamento è:
- centrato sul compito, nel senso che la ragione del trovarsi insieme è legata al superamento
della fase critica di transizione;
- strutturato, nel senso che ha degli argomenti predeterminati da trattare, suddivisi in
obiettivi, contenuti e metodologie;
- un piccolo gruppo, costituito da otto/quindici persone;
- omogeneo, per ciò che riguarda la sua composizione; dicendo ciò ci si riferisce alla
“...percezione da parte dei suoi membri di essere simili e confrontabili rispetto al compito
da affrontare.” (Pombeni, D’Angelo, 1994).
Gli obiettivi dell’orientamento professionale rivolto a disoccupati
Le attività di orientamento professionale rivolte a persone disoccupate si propongono di
supportarle in una operazione di ridefinizione di sé e delle diverse forze che interagiscono
nella situazione in cui si sono venuti a trovare, stimolandole a riappropriarsi di una capacità
progettuale finalizzata a prefigurare possibili vie di superamento della propria condizione
non lavorativa.
Come già sottolineato, l’intervento intende aiutare i soggetti a gestire sul piano cognitivo
e socio-emotivo la situazione critica, ampliando il repertorio di strategie atte a fronteggiarla
onde evitare comportamenti di puro adattamento passivo alle circostanze. È fondamentale,
per le persone che vivono questa esperienza, integrare le informazioni relative alla ricerca
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del lavoro all’interno della propria storia di vita e professionale per poterle ancorare a
significati e valori in cui si riconoscono come persone e come lavoratori.
In particolare, il percorso orientativo si deve articolare rispetto ai seguenti obiettivi:
- elaborare con le persone un patto, in cui siano esplicitate con chiarezza le finalità
dell’intervento ricostruendo bisogni, attese e motivazioni del gruppo nei confronti
dell’intervento stesso e in cui sia illustrata la metodologia di lavoro prevista;
- aiutare i partecipanti a confrontare i significati dell’essere disoccupati, esplicitando
rappresentazioni e vissuti personali collegati alla mancanza del lavoro e ricostruendo come
è cambiata la quotidianità in relazione alla perdita del lavoro;
- riflettere circa la propria rappresentazione del futuro, soffermandosi in particolare sulla
percezione che i soggetti hanno di poter intervenire nella determinazione degli eventi che lo
caratterizzeranno;
- aiutare i partecipanti a riconoscere il proprio bagaglio di risorse personali e professionali
in funzione della ricerca della nuova occupazione, rileggendo le precedenti esperienze
lavorative, ivi incluse esperienze non strettamente attinenti al lavoro, al fine di verificare il
potenziale individuale in rapporto alla gamma di possibilità di occupazione realisticamente
perseguibili;
- sviluppare nei membri del gruppo abilità concrete per gestire la transizione, tracciando
un piano di azioni da mettere in atto nel breve e medio periodo e potenziando al contempo
alcune abilità che favoriscano il successo delle azioni stesse;
- prefigurare eventuali difficoltà e insuccessi che si potranno verificare, sollecitando il
gruppo a comprendere eventuali errori di comportamento, valutarne il possibile impatto
emotivo e individuare nuove o diverse strategie per far fronte al problema;
- aumentare il livello di informazione del gruppo rispetto alle condizioni del mercato del
lavoro e alle opportunità occupazionali.
L’utilizzo della metodologia psicodrammatica nelle attività di orientamento di gruppo
Analizziamo ora alcuni aspetti fondanti la teoria e la metodologia psicodrammatica,
particolarmente interessanti ed efficaci nella gestione di un gruppo di orientamento formativo
e professionale, stanti gli obiettivi e le urgenze individuate nei paragrafi precedenti.
La conserva culturale ed il fattore spontaneità/creatività
L’ideatore dello psicodramma, Jacob Levy Moreno, definisce come “conserva culturale”
tutti i comportamenti e gli atteggiamenti standardizzati e cristallizzati che si ripetono
sempre uguali a se stessi, senza alcuna tensione innovativa. “Si potrebbe pensare, allora,
che per Moreno la conserva culturale sia una specie di zavorra che, nostro malgrado, va
accumulandosi nel corso della storia umana. Ma non è così, in quanto egli attribuisce
alla cultura un essenziale valore strumentale per stimolare l’umanità ad ulteriori processi
creativi.” (Boria, 1997).
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Molto spesso, nell’incontrare persone in percorsi di orientamento, ci è venuta alla mente
questa definizione, poiché sono molte le persone prigioniere per alibi, per debolezza o per
cultura, di un immaginario stereotipato rispetto al loro lavoro; lavoro che, quando considerato
come un insieme di comportamenti sclerotizzati, ripetitivi e dagli scarsi contenuti d’ingegno,
produce azioni sempre più ricche di frustrazioni e lontananze.
Lo psicodramma si pone come obiettivo principale proprio lo sperimentare ruoli e quindi,
di conseguenza, l’innescare nell’individuo la capacità di avviare processi costantemente in
divenire, che lo rendano capace di far fronte alla continua richiesta di adattamento e di
cambiamento dell’ambiente in cui si trova.
Un percorso di orientamento dovrebbe, a nostro avviso, puntare soprattutto a promuovere
e rendere l’individuo cosciente della propria capacità innovativa in un contesto lavorativo
che tende costantemente a chiedere alle persone di rinnovare il proprio ruolo. Quella che
Moreno definiva “conserva culturale” non trova più alcuno spazio nel mondo del lavoro di
oggi, anche se poche sono le persone disponibili e pronte ad abbandonare la certezza dei
risultati raggiunti e dei ruoli ricoperti, per una continua e a volte radicale riprogettazione
della propria vita professionale.
Attraverso le attività di gruppo è possibile sperimentarsi in situazioni che, nella
condizione protetta del setting psicodrammatico, richiedono di abbandonare, facendosene
tuttavia carico, la sicurezza dei ruoli professionali precedenti, di prendere coscienza non
solo delle proprie rigidità e difficoltà ma anche delle proprie risorse di fronte a situazioni
nuove: tutti aspetti fondamentali per maturare ed interiorizzare una capacità sempre nuova
di porsi nel mercato del lavoro.
“Lo psicodramma rappresenta la situazione appositamente costruita per aiutare uno
specifico individuo (il protagonista) a sviluppare le forze base del comportamento umano:
la spontaneità e la creatività.” (Boria, 2005, p. 34). Proprio attraverso l’ “addestramento
alla spontaneità”, portatrice di comportamenti creativi, è possibile “...trasformare la realtà,
rompere gli schemi, ed evitare le cristallizzazioni: essa [la spontaneità] comporta di
affrontare i rischi del cambiamento.” (Boria, 2005, p. 32).
Abbandonare “il certo” - peraltro non più esistente - per “l’incerto” genera senza dubbio
ansia, disorientamento e quel senso di abbandono e di solitudine che molte persone oggi
affermano di provare. Lo psicodramma, promuovendo un forte senso di responsabilità
nell’individuo, intende fargli sperimentare la possibilità di agire situazioni relazionali con
il più basso contenuto d’ansia all’interno delle quali possa sperimentare quella potenzialità
innovativa che Moreno chiama creatività, e che “...si definisce nell’atto concreto e la cui
caratteristica è quella di fornire risposte adeguate a situazioni nuove o risposte nuove a
situazioni già affrontate.” (Boria, 2005, p. 32).
In un gruppo di orientamento formativo “...uno degli obiettivi principali non è lo
sviluppo della spontaneità, quanto la capacità di realizzare atti creativi, di assumere ruoli
nuovi creativamente e di superare/trasformare in modo creativo i ruoli sociali e lavorativi
inadeguati e/o stereotipati.” (Dotti, 1998, p. 23).
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L’attenzione agli atomi sociali nei quali si articola l’identità dell’individuo
Ogni individuo si percepisce e si sperimenta nella vita reale come facente parte di
quelle unità non ulteriormente divisibili, costituite dalle persone presenti nel suo ambiente
di vita personale, professionale o altro, che costruiscono intorno a lui continue mutevoli
costellazioni di relazioni.
Nelle attività di orientamento occorre tenere ben presenti questi “atomi sociali”, lavorando
con le persone non solo su quelli che nel corso del tempo hanno caratterizzato la loro vita
professionale, ma anche sugli atomi legati alla vita familiare e sociale, ed ai loro equilibri.
Molto spesso nelle attività di orientamento non si dà la sufficiente attenzione all’influenza,
positiva o negativa, che l’ambiente familiare o sociale può esercitare sull’individuo.
Perdere il lavoro comporta la rottura dell’equilibrio familiare e il radicale mutamento della
propria identità sociale. Per questo è fondamentale, in tali situazioni, dare forma visibile,
attraverso l’azione, alle costellazioni di relazioni familiari del soggetto al fine di dargli la
possibilità, non solo di sperimentare il proprio ruolo nella nuova condizione svantaggiata, ma
anche, attraverso l’inversione di ruolo e il decentramento percettivo, di sperimentare i relativi
controruoli, così da arricchire la percezione di sé e della realtà. L’azione psicodrammatica,
non concentrandosi solo sul ruolo professionale, permette un’osservazione a tutto tondo dei
ruoli sociali agiti dalle persone e dei loro possibili cambiamenti.
La teoria dei ruoli nella definizione di un percorso di orientamento lavorativo
“L’approccio psicodrammatico mira a facilitare l’individuo nella costruzione di una
personalità capace di produrre ruoli adatti a sé e adeguati alle diversificate situazioni
interpersonali in cui egli viene a trovarsi.” (Boria, 2005, p. 46). Come sottolinea Giovanni
Boria, per Moreno l’assunzione di un ruolo non consiste tanto nell’adeguamento ad un modello
imposto e stabilito dall’esterno, ma in un apporto personale che è espressione della spontaneità
e della creatività dell’individuo. Il ruolo può essere osservato e descritto nel suo definire l’atto
relazionale; è attraverso l’osservazione del suo farsi, dunque, che è possibile “...intervenire con
modalità concrete per operare cambiamenti.” (Boria, 2005, p. 47).
L’assunzione di un ruolo comporta che esista fuori di noi qualcosa o qualcuno con cui si
interagisce: ciò che Moreno chiama controruolo. “Lo psicodramma dispone di una tecnica
fondamentale (inversione di ruolo), grazie alla quale una stessa persona (quella agente
il ruolo) è messa in condizione di integrare il suo usuale punto di vista col punto di vista
dell’altro (quello di colui che agisce il controruolo) come conseguenza di un provvisorio
decentramento da se stessa nei panni dell’altro.” (Boria, 2005, p. 49). Osservare e
sperimentare la relazione nei panni di altri, significa rinnovare il proprio punto di vista,
già consolidato e sperimentato, per individuare modalità nuove di gestione della relazione.
“L’inversione di ruolo, tecnica fondamentale dello psicodramma, è lo strumento chiave di
ogni processo formativo.” (Dotti, 1998).
L’uso della metodologia psicodrammatica offre la possibilità, in primo luogo di ampliare
e arricchire l’osservazione del proprio ruolo professionale, poi di viverne e riconoscerne
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i risvolti emotivi (spesso decisivi al momento della scelta) e infine di sperimentarsi in un
contesto protetto in modalità relazionali più adeguate, fattore essenziale nella gestione del
cambiamento.
L’apporto del gruppo psicodrammatico e il ruolo del direttore
“La possibilità che una persona ha di utilizzare questo meccanismo di decentramento
ed auto-osservazione merita un’attenzione particolare, perché è proprio attraverso
l’attivazione di esso nel setting psicodrammatico che la persona giunge ad ampliare la sua
autocoscienza ed il suo autocontrollo, in conseguenza sia della svariata gamma di ruoli in
cui ella si cimenta, sia della presenza di ‘altri’ (il gruppo ed il direttore) che – in quanto
testimoni empatici del suo agire – le offrono dei feedback che inducono in lei la messa a
fuoco di aspetti auto-osservativi.” (Boria, 2005, p. 51).
Il gruppo: abbiamo già sottolineato la sua importanza come luogo di confronto e di
condivisione, da cui possono emergere soluzioni nuove alle criticità portate dai singoli
membri. Il gruppo di orientamento gestito con metodologia psicodrammatica può offrire
molto di più ai suoi membri.
In primo luogo questo tipo di formazione può essere definita “in gruppo” piuttosto che “di
gruppo” poiché in essa ogni membro non ha alcuna relazione professionale con gli altri, ma
partecipa con l’obiettivo di avere “una più ampia coscienza della propria professionalità”
(Dotti, 1998, p. 46) e per fare questo utilizza il gruppo.
Nel gruppo condotto con metodologia psicodrammatica, grazie al primato assegnato
alla soggettività ed alla regola della sospensione della risposta, è garantito un clima di
accettazione e di assenza di giudizio che dà a ciascuno la possibilità di esprimersi parimenti
agli altri e in cui è possibile affrontare il rischio di sperimentarsi.
Il gruppo ricopre inoltre il ruolo di mondo ausiliario: il protagonista, infatti, trova
in esso il luogo idoneo per incontrare i suoi “fantasmi” concretizzandoli grazie agli ioausiliari (scelti tra i membri del gruppo) ricoprendo i ruoli che lui gli assegna. Tra le
funzioni attivate, sottolineiamo la funzione di specchio, che è funzione fondamentale per un
gruppo di orientamento professionale in quanto ogni individuo ha l’occasione di cogliere la
complessità degli aspetti del proprio modo di porsi rispetto al suo ruolo di lavoratore; aspetti
che gli vengono rimandati dagli altri e che possono contribuire ad arricchire o a modificare
la percezione di sé.
Nella partecipazione finale, che è la parte conclusiva della sessione di psicodramma,
ogni membro del gruppo è chiamato a riconoscere e comunicare al protagonista dell’azione
appena conclusa i propri vissuti, e le risonanze che il lavoro del protagonista ha prodotto in
lui restituendogli le suggestioni evocate e, quindi, definendo ulteriori parti di sè grazie al
lavoro del protagonista.
La peculiare natura della metodologia psicodrammatica – quando applicata ad un percorso
di orientamento di gruppo – sostanzia il fatto che l’obiettivo cardine dello psicodramma è
proprio quello di “addestrare” i partecipanti ad affrontare il cambiamento, sempre in termini
di relazione con se stessi e con il mondo che li circonda, nei vari ruoli che via via assumono.
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“I meccanismi che vengono abitualmente attivati in un gruppo che fa psicodramma…
hanno la straordinaria capacità di innescare e di alimentare poi dei processi significativi
volti a produrre cambiamenti stabili di funzionamento delle persone.” (Boria, 2005, p. 149).
Avviare dei processi di cambiamento: è proprio in questo che lo psicodramma potrebbe
aiutare maggiormente le persone che oggi si rivolgono ai servizi per l’orientamento
professionale, in quanto queste persone non hanno solo il bisogno di risolvere l’urgenza
lavorativa del momento, ma anche quello di sperimentarsi e riconoscersi capaci di porsi in
maniera costruttiva e adeguata rispetto alle richieste che il mondo del lavoro farà loro.
Nel dirigere il gruppo, il direttore tende costantemente a sorprenderlo, a richiedere ad
ogni singolo partecipante di inventarsi dei modi di porsi nel qui ed ora dell’azione spesso mai
sperimentati prima, rendendolo cosciente delle proprie possibilità creative. “Un elemento
che contribuisce con evidenza a produrre cambiamento è il ripetuto trovarsi in contesti di
novità per chi partecipa alla vita del gruppo… . Questo aspetto mira a rompere il copione
di comportamento che ci appartiene e ci caratterizza e sollecita invece ad un’azione che
attinga alle risorse spontanee e creative di cui ciascuno è dotato.” (Boria, 2005, p. 149).
Va sottolineato inoltre che lo psicodramma intende aiutare le persone ad esprimere
creativamente tutte le proprie potenzialità, ma non in maniera astratta, bensì ancorando
le persone alla realtà del contesto in cui si trovano. Ciascuno è chiamato ad agire
responsabilmente nel proprio contesto, a “starci dentro” senza “scappatoie” e senza sconti,
trovando in se stesso le risorse utili e le risposte per non “soccombere”, ma anzi per vivere
nella realtà nella maniera più armoniosa, completa e intensa possibile.
Sperimentare questa possibilità nel luogo protetto del gruppo, significa prima di tutto
accettare che il proprio copione di comportamento sia spesso sconvolto e disporsi a mettersi
radicalmente in gioco.
“Chi ha consuetudine col lavoro psicodrammatico sa che ogni sessione offre la sorpresa
dell’inatteso e dell’imprevedibile. L’attività del gruppo ed il lavoro col protagonista sono
una palestra che ‘addestra’ ad orientare il proprio passo in direzioni mutevoli per via dei
continui aggiustamenti direzionali. Potremmo visualizzare metaforicamente l’agire nel
contesto psicodrammatico con l’immagine di un movimento di danza, che si differenzia
nettamente dal più comune camminare con passo ripetitivo e lineare. Il direttore crea un
percorso inatteso che richiede di non distogliere lo sguardo da ciò che è fuori di noi per
poter produrre risposte e comportamenti adeguati, nati sul momento grazie alla disponibilità
spontanea e creativa del nostro essere, unitamente coinvolto nel corpo e nella mente.”
(Boria, 2005, p. 154).
Nel lavoro di orientamento, capita spesso di percepire che il modo di porsi delle persone
possa essere non adeguato al contesto lavorativo in cui hanno operato o al cosiddetto
“mercato del lavoro” nel quale vogliono inserirsi. Un “passo ripetitivo e lineare” che
non è in grado di considerare le sollecitazioni dell’esterno. La difficoltà in questi casi
è quella di riuscire a fare in modo che il “cambiamento di passo” non resti un’esigenza
riconosciuta solo dall’orientatore e quindi imposta dall’esterno, ovviamente con scarsissimi
risultati, ma divenga un’urgenza per la persona stessa. In un contesto di gruppo gestito
con lo psicodramma, in cui diventa “un’abitudine rompere le abitudini”, in cui tutti ci si
sperimenta in questo, è più facile che le persone abbandonino i loro “lidi conosciuti” (ma
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quanto realmente conosciuti?), per avventurarsi in un viaggio alla scoperta di sé e della
possibilità di affrontare nuove prospettive.
L’“...interrompere i discorsi che hanno già compiutezza nella mente… arricchire
o cambiare un pensiero già confezionato che potrebbe essere utilizzato come schema
rassicurante ed anche come schermo per non andare al di là del già noto…” (Boria, 2005,
p. 155) sembrano presupposti indispensabili qualora si voglia programmare un intervento
che si pone come obiettivo principale quello di riuscire a gestire un momento di transizione.
Attraverso lo psicodramma “...si tocca con mano l’inevitabilità della rottura del copione e la
forza di una verità nuova che si va mettendo in luce nell’interiorità della persona.” (Boria,
2005, p. 155). Si tratta di “tirar fuori” maieuticamente quelle risorse che le persone non sanno
di avere e che, solo attraverso una sperimentazione diretta, possono riuscire a riconoscersi.
“La persona si addentra nella scoperta di verità nuove sentendosi rassicurata e protetta
dalla presenza e dagli stimoli del gruppo in cui si sta sperimentando; e questo costituisce
un apprendimento che potrà trovare graduale applicazione anche nella quotidianità della
vita.” (Boria, 2005, p. 155).
Portando a conclusione le considerazioni sull’efficacia del metodo psicodrammatico,
elenchiamo una serie di finalità. Riuscire ad agire ruoli nuovi, imparando ad osservarli e
a definirli. Sperimentare la possibilità cognitiva ed emotiva di “stare” nella realtà nella
quale ci si trova, esercitandosi fino a raggiungere una situazione di benessere dovuta al
senso di adeguatezza rispetto a quanto richiesto. Riconoscere anche le proprie esigenze, i
propri bisogni e saper convivere con essi. Considerare ogni problema nella sua complessità
valutando tutti i risvolti che esso comporta a livello personale, familiare e sociale. Imparare
a vedere la stessa realtà da punti di vista diversi e divergenti; razionalmente e, cosa molto più
difficile, considerandone le componenti emotive. Sono tutti fattori, questi, che potrebbero
avviare un processo di cambiamento estremamente efficace per ogni persona che si trovi
nella necessità di dover ridefinire una costellazione di ruoli così importante come quella
professionale.
Lo psicodramma al servizio dell’orientamento professionale: il “Progetto Rosaverde”
Il “Progetto Rosaverde” è finanziato dal Programma Operativo della Regione Piemonte
– Fondo Sociale Europeo – Misura E1 – Promozione della partecipazione femminile al
mercato del lavoro, che è stato presentato e diretto dal Comune di Carmagnola, si è svolto
nel corso del 2006 e del 2007 ed ha visto il partenariato di otto Comuni, il Consorzio Socioassistenziale Cisa 31, la Provincia di Torino, l’Ascom, la Coldiretti e la Cooperativa Orso.
Destinatarie del progetto sono state 20 donne, metà italiane e metà straniere, che hanno
risposto ad un bando per la partecipazione ad un percorso di orientamento individuale e di
gruppo e ad un periodo di tirocinio della durata di 4 mesi con borsa lavoro presso aziende
del territorio.
I grandi manifesti del bando, comparsi nei sette comuni che hanno aderito al progetto,
hanno attirato l’attenzione di 60 donne che proprio attraverso la compilazione della domanda
di partecipazione hanno cominciato, in maniera più o meno consapevole, a rendersi conto
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di quel “ruolo mancato”, di quel bisogno di lavoro, per il quale non riuscivano a trovare una
soluzione progettuale.
Gli operatori responsabili del progetto hanno incontrato tutte le 60 donne che avevano
fatto domanda, con l’obiettivo di conoscere la loro storia e di selezionarle, individuando
quelle più motivate non solo al lavoro, ma anche a mettersi in gioco per mettere a fuoco e
dare un nome ai propri limiti e alle proprie risorse personali.
Le 20 donne selezionate sono state poi suddivise in due gruppi di orientamento, gestiti
con metodologia psicodrammatica. Ad esse il percorso di gruppo è stato presentato senza
fare diretto riferimento alla metodologia psicodrammatica, ma specificando solo l’utilizzo di
un metodo che avrebbe coinvolto attivamente le partecipanti. I 10 incontri di orientamento
propedeutici all’inserimento in tirocinio si sono svolti a cadenza settimanale da fine giugno
a metà ottobre 2006, sempre nello stesso luogo e nello stesso orario (un’aula di una scuola
superiore di Carmagnola, la mattina del martedì per un gruppo e del venerdì per l’altro, dalle
ore 9.00 alle ore 12.30), mentre, su richiesta delle partecipanti, si sono svolti altri quattro
incontri di supervisione a cadenza mensile durante il periodo di tirocinio, tra novembre 2006
e febbraio 2007. La conduttrice del gruppo è stata sempre affiancata da una co-conduttrice,
che ha supportato soprattutto le donne straniere che manifestavano qualche difficoltà con la
lingua italiana. L’aula, provvista solo di sedie mobili, è stata privata della maggior parte dei
banchi, così da poter utilizzare tutto lo spazio disponibile.
In ciascun gruppo c’erano quindi 10 donne, tra i 20 e i 40 anni, che da un periodo
lungo, anche di alcuni anni, erano disoccupate perché totalmente assorbite dalla cura della
casa e dei figli. Una caratteristica che accomunava la maggior parte di esse era il vivere
molto isolate, senza una rete di amicizie stabili, spesso senza aiuto. Alla domanda: “Chi,
nell’ultimo anno, è entrato in casa tua, eccezion fatta per tuo marito ed i tuoi figli?”, molte
donne, soprattutto straniere, hanno risposto: “Nessuno”.
Il gruppo ha quindi da subito rappresentato una risorsa fondamentale per la crescita di
queste persone, proprio perché attraverso di esso è stato possibile riattivare la loro capacità
di relazionarsi, confrontarsi e condividere.
I vari incontri hanno avuto come fondamentali focus di attenzione:
1. considerare il lavoro non solo dal punto di vista più strettamente professionale, ma anche
dal punto di vista dell’impatto che può avere sull’equilibrio personale e familiare;
2. individuare strategie di cambiamento in ciascuno degli ambiti interessati.
L’approccio al lavoro non è stato considerato solo dal punto di vista delle competenze più
strettamente legate alla sfera professionale; si è voluto lavorare con le donne considerando
la loro capacità di gestire l’impegno lavorativo, con tutto quello che ciò significa dal punto
di vista sia organizzativo che emotivo, in stretta connessione con le problematiche di tipo
personale e familiare.
In sintesi, gli incontri hanno riguardato i seguenti temi:
1. il significato del lavoro: quale spazio possiamo o vogliamo dare al lavoro nella nostra
vita;
2. i momenti cruciali della vita professionale: come abbiamo vissuto le nostre precedenti
esperienze di lavoro ed i periodi di disoccupazione;
3. le nostre capacità: nell’ambito professionale, familiare e personale;
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4. i nostri limiti: quali possono influire negativamente sul lavoro e quali possibilità di
cambiamento ci si riconosce;
5. i ruoli che ciascuno ricopre nei vari ambiti della vita: quali sono e quali vorremmo
realizzare in futuro;
6. i cambiamenti portati dal lavoro: quali aspettative, quali difficoltà si sono incontrate
anche a livello personale e familiare;
7. limiti e risorse allo specchio: quali competenze trasversali e quali criticità il gruppo
riconosce a ciascuno;
8. cambiamenti possibili: quali sarebbero realisticamente necessari per affrontare meglio le
necessità di un lavoro.
In entrambi i gruppi, il lavoro è stato seguito con crescente coinvolgimento da parte delle
partecipanti, che hanno affrontato ogni argomento con sempre maggior consapevolezza,
tanto che molte hanno sottolineato quanto proprio lo sperimentarsi e lo scoprire aspetti
nuovi di sé e la capacità di ipotizzare possibilità di cambiamento siano stati i fattori che più
di altri hanno reso proficuo questo percorso.
“Progetto Rosaverde”: cosa si è potuto utilizzare della metodologia psicodrammatica
1. Il setting: il gruppo era omogeneo, si trovava sempre nello stesso luogo, allo stesso
orario, era seguito dallo stesso psicodrammatista e dallo stesso co-conduttore.
2. La relazione: gli incontri erano il luogo dove ciascuna delle partecipanti entrava in
relazione con le altre, scoprendo il proprio valore, le proprie criticità, la voglia di scommettere
su se stessi, precisando e condividendo la propria storia, definendosi via via, percependosi
come soggetto in cerca di lavoro capace di far fronte a questa grande sfida.
3. Il gruppo: circolarità, parità fra i membri e intersoggettività sono state le regole che
hanno caratterizzato il gruppo. I due gruppi, che si sono venuti via via costituendo, si sono
caratterizzati per una forza e una determinazione del tutto particolare e “femminile”: non è
un caso che anche fuori dall’aula di formazione molte donne si sono incontrate, sostenute,
aiutate nell’organizzazione dei figli e della casa e per gli spostamenti, consapevoli di poter
insieme con minor difficoltà raggiungere l’obiettivo lavorativo di ciascuna.
Le funzioni psicologiche specificamente attivate dalla metodologia psicodrammatica
hanno avuto un ruolo importante lungo tutto il percorso del lavoro psicodrammatico, in
particolare le seguenti.
- La funzione di specchio, che si produce quando “...un individuo coglie aspetti di se stesso
nelle immagini relative alla sua persona costruite dagli altri ed a lui rimandate.” (Boria,
2005, p. 99). Molte delle attività proposte hanno fatto leva su questa funzione, trasformando
il gruppo composto inizialmente da donne che si ritrovano “ad occhi bassi” una vicina
all’altra, a persone i cui occhi si incontrano e si osservano, fino a definirsi reciprocamente.
L’attivazione della funzione di specchio all’interno dei due gruppi è stata fondamentale
non solo per le persone rispecchiate, che riuscivano a cogliere parti di se stesse ancora
in ombra; essa ha dato maggior consapevolezza e dignità anche a chi offriva lo specchio,
soprattutto quando si è trattato di donne (in particolare le donne straniere) poco abituate a
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vedere riconosciuto il valore del proprio pensare e del proprio sentire.
- La funzione di doppio, soprattutto quando viene esercitata “...non verso se stessi, ma nei
confronti di un altro con cui (la persona) ha una comunicazione che suscita in lei speciali
meccanismi empatici o identificatori.” (Boria, 2005, p. 98). È funzione particolarmente
significativa perché ha permesso di dare parola a chi, per difficoltà linguistiche, culturali e
per eventi traumatici non riusciva ad attivare l’auto-osservazione.
- La funzione di inversione di ruolo, “...la cui ricchezza scaturisce proprio dalla sua
idoneità a far cogliere all’osservatore nuove verità, aggirando e superando in modo
naturale blocchi emotivi e pregiudizi cognitivi anche cristallizzati.” (Boria 2005, p. 100).
Durante le attività le donne hanno fatto inversione di ruolo con i propri figli, genitori, mariti,
ex mariti, ex datori di lavoro, amici, per arricchire la percezione di se stesse, delle proprie
capacità, delle possibili modalità di far fronte ai problemi.
A titolo esemplificativo, ripercorriamo tre attività che si sono basate rispettivamente
sulle tre funzioni.
Funzione di specchio: limiti e risorse allo specchio
Tutte le partecipati sono sedute in un grande cerchio. A ciascuna viene consegnato un
foglio diviso in due tra “risorse” e “limiti”.
1. Dopo aver scritto il proprio nome sulla scheda, ogni soggetto identifica la propria
principale risorsa ed il proprio principale limite. Il foglio viene piegato così da coprire
quanto già scritto.
2. Ogni foglio viene passato alla vicina di sinistra, compilato e ulteriormente ripiegato, in
modo che le scritte precedenti siano sempre coperte.
3. Quando ogni foglio è ritornato alla proprietaria, viene da lei letto individualmente.
4. Terminate le letture, si passa alla verbalizzazione finale.
Funzione di doppio: i ruoli della mia vita
1. Ciascuno è invitato a pensare ai ruoli che ricopre nella sua vita (ruolo di figlio, genitore,
amico, collega, vicina di casa…).
2. Individualmente ciascuno compila la scheda “La torta dei ruoli” (Fig. 1), assegnando a
ciascun ruolo lo spazio che ritiene occupi nella sua vita.
3. Su un altro foglio ciascuno individua i ruoli del desiderio, definendo eventuali ruoli
mancanti ma desiderati e ridistribuendo le percentuali degli altri ruoli secondo il proprio
desiderio. Una volta terminata la “torta”, ciascuno inserisce nel fondo della scheda la data
(mese e anno) entro cui spera di poterla realizzare.
4. A turno, ciascuno individua una compagna attraverso la quale possa, in inversione di
ruolo, descrivere i suoi ruoli attuali e quelli del desiderio.
5. Alla fine il soggetto può correggere o aggiungere eventuali particolari.
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Fig. 1 - La “torta dei ruoli”
Ruoli individuati
1) ______________________
2) _______________________
3) ______________________
4) _______________________
5) ______________________
6) _______________________
7) ______________________
8) _______________________
Funzione di inversione di ruolo: le nostre capacità
1. Tre sedie vengono poste al centro. Il conduttore spiega che queste tre sedie rappresentano
tre ambiti della nostra vita: quello familiare, quello professionale e quello personale,
interessi, hobby, eccetera.
2. Ciascuno è invitato a turno a sedersi su una delle sedie e, assumendo il ruolo di un
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testimone privilegiato di quell’ambito (ad esempio suo marito, il suo datore di lavoro, ecc.)
descrive, parlando di sé in terza persona, che cosa sa fare in quell’ambito, quali capacità
possiede, ecc.. Dopo una breve presentazione, dall’uditorio è possibile fare delle domande.
Tutti devono fare almeno tre giri, occupando tutte 3 le sedie, oppure sedendosi più volte
sulla stessa sedia.
3. Compilazione individuale della scheda: “Quali mie capacità mi possono essere utili nel
lavoro?”.
“Progetto Rosaverde”: cosa non si è potuto utilizzare della metodologia psicodrammatica
Se pensiamo ad una sessione con un gruppo clinico di psicodramma, la prima attività
che di norma viene proposta è il cosiddetto “aggiornamento del gruppo”, nel quale ciascuno
è chiamato a dire quello che più gli preme riguardo alla propria persona considerata in tutta
la sua complessità, nel periodo di tempo che intercorre tra un gruppo e l’altro. In un gruppo
come quello del progetto Rosaverde, così come in molti incontri a carattere formativo e
non clinico, questo non è possibile, proprio perché ciò che accomuna i partecipanti non è
semplicemente l’essere persone, ma persone con un determinato obiettivo, nel nostro caso la
ricerca del lavoro. L’oggetto degli incontri non scaturisce da ciò che di volta in volta portano
i presenti, ma viene predefinito dal conduttore e illustrato all’inizio di ogni incontro, anche
se gestito con la necessaria flessibilità.
Il set non è stato quello di un teatro di psicodramma; ciò nonostante la pregnanza ed
il valore degli incontri non è risultato sminuito, tenuto conto che il luogo era comunque
familiare ed evocativo.
Rispetto ad un percorso di tipo clinico è stato dato maggior spazio ad attività che si
basano sul tempo del gruppo piuttosto che sul lavoro col protagonista; anche se non sono
mancate occasioni per lavorare con singoli micro-protagonisti, che hanno agevolato e
approfondito in tutte le partecipanti la consapevolezza di alcuni nodi critici relativamente
all’inserimento nel mondo del lavoro e al “terremoto” che spesso questo comporta a livello
personale e familiare.
Se tuttavia è vero che in un gruppo di formazione come questo, le tematiche su cui lavorare
sono vincolate da un accordo iniziale proposto dal conduttore in quanto ad obiettivi, tempi
e metodologia, è tuttavia altrettanto vero che il tema dell’occupazione lavorativa è stato
trattato considerando non solo le risorse professionali delle persone, ma, come si è precisato
nei paragrafi precedenti, andando ad esplorare temi più personali, legati alla complessità
della situazione esistenziale di ciascuno, così come avviene nella clinica.
Anche nella formazione, quindi, soprattutto quando essa tratta temi fondamentali come
quello del lavoro, occorre avere un’attenzione particolare alla persona nella sua complessità;
occorre, cioè, fare un’analisi puntuale, senza la quale il percorso risulterebbe “zoppo” e
forse un po’ sterile.
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L’atto conclusivo del percorso
L’ultima attività del quattordicesimo ed ultimo incontro dei due gruppi - a sette mesi dal
primo incontro, dopo due abbandoni e con 18 tirocinanti in procinto di terminare l’esperienza
- è stata un’attività che ha voluto visivamente ed emotivamente far percepire la coesione e
la forza del gruppo.
Ultima attività: La ragnatela
Tutte le partecipanti sono sedute in cerchio. Passandosi un nastro, ciascuna si rivolge ad
una compagna dicendole, in un primo giro: “Di te mi ha colpito...” e nel secondo giro: “ Ti
auguro che...”.
Un’attività molto semplice per la quale è stato usato il tipico nastro rosso e bianco che
segnala “lavori in corso”. Di questo ultimo incontro pensiamo che tutte le donne coinvolte,
ed anche le conduttrici, ricordino l’intensità emotiva, la ricchezza di specchi, tanto che a
forza di passarsi il nastro non avevano più spazio nelle mani per reggerlo.
Conclusioni
A distanza di qualche mese dalla chiusura dei lavori è stato organizzato un seminario
conclusivo, al quale hanno partecipato anche molte delle donne coinvolte nel progetto, che
con sguardo rapito ed intenso hanno ascoltato la descrizione degli incontri di gruppo ed
hanno poi avuto lo spazio per raccontare le une le storie delle altre, storie che poi sono state
raccolte in un piccolo libro.
Al termine del progetto 11 donne hanno avuto un contratto di lavoro presso l’azienda
che le ha ospitate in tirocinio o presso aziende dello stesso settore. Una donna ha aperto
un’attività commerciale presso la quale ancora oggi, a distanza di cinque anni, vengono
inserite tirocinanti di altri progetti seguiti dal Comune di Carmagnola.
Nella nostra esperienza professionale di psicodrammatisti e formatori, la direzione
dei due gruppi di orientamento del progetto Rosaverde rappresenta finora senza dubbio
l’esperienza più completa e significativa in tema di formazione di adulti in reinserimento
lavorativo con l’utilizzo della metodologia psicodrammatica. È stata infatti un’occasione
ideale di sperimentazione dell’applicazione dello psicodramma ad un gruppo di orientamento
professionale, tenuto conto del target delle partecipanti, della durata del percorso, delle varie
fasi del progetto stesso, che hanno compreso oltre agli incontri di gruppo, anche una parte di
orientamento individuale e l’inserimento in tirocinio presso le aziende. In particolare l’uso
della metodologia psicodrammatica ha facilitato la rimotivazione delle persone in cerca di
lavoro per scoprire parti di esse che erano in sonno. Infine sottolineiamo lo spazio dato alle
emozioni; attenzione, questa, non frequente negli itinerari proposti per la ricerca di nuove
occupazioni lavorative. ■
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■ BIBLIOGRAFIA
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■ GLI AUTORI
ANNA RUSCAZIO: psicodrammatista, progettista e formatrice in percorsi di orientamento e inserimento
lavorativo presso la Cooperativa Sociale O.R.So. Torino, Direttore di A.I.Psi.M. Piemonte.
E-mail: [email protected];
E-mail: [email protected]
MARCO GRECO: psicologo, psicoterapeuta, psicodrammatista. Responsabile della sede di Torino della
scuola di specializzazione in psicoterapia “Studio di Psicodramma” di Milano, diretta dal dott. Giovanni
Boria. Presidente dell’AIPsiM (Associazione Italiana Psicodrammatisti Moreniani) dal 2006 al 2012.
E-mail: [email protected]
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ITALIA
La linea della vita
Psicodramma e formazione con adulti disabili per sviluppare autonomia
e realizzare progetti di vita
FRANCA BONATO
■ Sommario
L’articolo espone un’esperienza quadriennale condotta dall’autrice con disabili adulti, finalizzata
all’ideazione e alla realizzazione di progetti di vita che permettano loro di arrivare all’autonomia.
Quale autonomia? La maggior autonomia possibile, che non è una categoria assoluta, ma per ognuno è
diversa. L’esperienza si concentra sull’importanza di ripercorrere, con il metodo psicodrammatico, le
varie tappe esistenziali di queste persone per fare acquisire loro il senso del tempo passato e del tempo
presente, e aiutarli a proiettarsi in un tempo futuro ad essi accessibile.
■ Parole chiave: disabilità, formazione adulti, autonomia della persona, psicodramma.
The life’s line
Psychodrama and training of disabled adults to develop independence
and to realize life projects
FRANCA BONATO
■ Abstract
he article describes a four-year experience carried out by the author with disabled adults with the
T
objective of developing and realizing life projects aimed at achieving independence. What kind of
independence? The most independence possible, which is not an absolute category, as it varies from
person to person. The experience is focused on the importance of retracing with the psychodramatic
method the different existential stages of these people to develop a sense of past and present, and help
them project their lives into an accessible future.
■ Key words: disability, adult training, personal independence, psychodrama.
L
’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute)
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità promuove dal 2002 un nuovo modo
di descrivere e misurare la salute e la disabilità della popolazione. La valutazione in un
individuo in condizione di disabilità non può essere effettuata ignorando i rapporti esistenti
tra corpo, mente, ambiente e cultura.
La disabilità viene definita come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione
tra la condizione di salute, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le
circostanze in cui vive un individuo. I fattori ambientali (aspetti architettonici, atteggiamenti
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della società, sistema normativo, ecc.) e personali (sesso, razza, età, forma fisica, abitudini,
fattori psicologici quali autostima, identità, immagine di sé) interagiscono con l’individuo in
una particolare condizione di salute e determinano il livello e il grado del suo funzionamento.
A causa di questa relazione, ambienti diversi possono avere un impatto molto diverso sullo
stesso individuo e condizionare il suo stato di benessere psicofisico.
L’ICF promuove un approccio biopsicosociale alla disabilità ove la stessa non è
considerata una caratteristica dell’individuo, ma piuttosto una complessa interazione di
condizioni, molte delle quali sono determinate dall’ambiente sociale. Il funzionamento e la
disabilità di una persona sono definiti dunque da un’interazione dinamica e complessa tra
le condizioni di salute e i fattori contestuali, arrivando così a considerare la disabilità come
“una condizione di salute in un ambiente sfavorevole”.
Questa concezione influenza in modo diretto la definizione di “autonomia” della persona,
che non può più essere intesa come sinonimo di indipendenza o di autosufficienza operativa
e neppure come una caratteristica riservata a chi ha piene abilità cognitive. Una persona
che dipenda da altri a causa di limitazioni cognitive, di debolezza fisica o di malattia, può
sempre aspirare ad un livello di autonomia compatibile alle proprie aspettative e a quelle del
proprio ambiente, le quali dipendono dall’accessibilità del luogo in cui vive, dalla cultura
dell’integrazione e dalla tutela dei diritti dei cittadini (Canevaro, Lanes, 2003).
L’autonomia così pensata prevede una forte interazione tra la persona disabile e
l’ambiente sociale, ambiente che può negare o rendere possibile progettare, almeno in
parte, la propria vita, entrare in relazione con gli altri, e, sempre con gli altri, partecipare
alla costruzione della società. Questa visone obbliga la società a riconoscere il binomio
diversità/normalità ovvero ad accettare e non negare la diversità, senza nascondersi dietro
a mistificazioni o a false prospettive. Chi è professionalmente impegnato in questo settore
molto spesso si imbatte in tentativi di camuffamento od occultamento della diversità, anche
da parte di chi ne è direttamente coinvolto. Tale camuffamento sociale nasconde ancestrali
desideri di concepire la disabilità come un passaggio, un momento esistenziale che può
essere superato per essere trasformato in normalità. Pensare alla diversità come uno “stadio
sanabile” significa negarla e sperare in una miracolosa guarigione, prospettiva pericolosa
che si annida spesso nella fantasia affettiva di molti, ed in modo particolare dei famigliari
dei disabili (Canevaro, Chieregatti, 1999).
La polarità diversità/normalità deve invece essere riconosciuta come tale, poiché
accettarla induce a riflettere e a volgere l’impegno, non tanto all’assurdo tentativo di trovare
modalità per eliminare la diversità, quanto su come gestirla affinché non causi danni ai
diversi. Non è contro la diversità che si deve lavorare, ma sui danni che essa può provocare
nelle persone che ne sono titolari sul piano dei diritti e delle opportunità. In tale prospettiva
tutta la società viene responsabilizzata, perché non è tanto la differenza in sé che segnala
discriminazione o che fa soffrire per la discriminazione, ma è il danno che la differenza
può provocare in termini di opportunità per esercitare i propri diritti. Tutta la società ne
è quindi coinvolta ed è chiamata ad individuare quali sono i danni che possono essere
provocati proprio dalla mancanza di riconoscimento del diverso. Questo pensiero abolisce
la possibilità di delegare la cura e la gestione della disabilità esclusivamente alle famiglie,
ai servizi o alle associazioni.
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Se la polarità diversità/normalità viene riconosciuta come tale e non smembrata,
la convivenza con essa non diventa più qualcosa di speciale, bensì il nostro quotidiano
modo di essere individui sociali, capaci di stare insieme e condividere le responsabilità,
testimoniando in questo la nostra cittadinanza attiva (Bonato, 2007).
È importante chiarire questi presupposti dal momento che la riflessione ed il percorso di
formazione psicodrammatica trattato in questo articolo sono rivolti nello specifico a persone
adulte con disabilità intellettiva. Ritengo fondamentale precisare la categoria di riferimento,
poiché i concetti di indipendenza e di autonomia ne sono chiaramente influenzati. Essi non
corrispondono solo alla quantità di azioni che una persona è in grado di svolgere da sola,
ma anche alla misura della sua dipendenza dalla famiglia di origine. Spesso le famiglie
del disabile si sostituiscono a lui impedendogli di agire-scegliere. Ne consegue che la
dipendenza dalla famiglia, così come quante cose il disabile riesce a fare da solo, sono
elementi utili per misurare i suoi livelli di autonomia.
L’autonomia viene infatti intesa come il saper prendere da soli o con l’aiuto di altri le
decisioni riguardanti la propria vita, gestire le proprie risorse ed anche gli aiuti che vengono
dal contesto sociale, saper auto-valutarsi realisticamente, senza diminuire o ingigantire i
limiti e le risorse personali.
Ideare e costruire un “progetto di vita”
L’approccio biopsicosociale promosso dall’ICF favorisce la possibilità per le persone
disabili di giungere a concepire e quindi pensare di realizzare un proprio progetto di vita.
La realizzazione di tale progetto, per i disabili con insufficienza mentale, significa dover
affrontare insieme ai familiari, alle associazioni e ai servizi territoriali un percorso che
prevede il raggiungimento di una serie di obiettivi, riassumibili in:
- sviluppare un livello di autonomia di base della persona;
- preparare il distacco dalla famiglia nella consapevolezza dei propri limiti;
- predisporre l’inserimento socio-lavorativo in contesti di normalità;
- trovare una casa ed un luogo di vita e di sperimentazione;
- sensibilizzare il territorio, perché il territorio stesso possa riconoscerlo come cittadino
che ha pari opportunità;
- creare la possibilità di organizzare il tempo libero insieme con amici.
Realizzare un progetto di vita, inoltre, ha come presupposto aiutare la persona a
sviluppare desideri e sogni, tra i quali poter scegliere quelli a cui dare forma reale (Breda,
Rago, 1991). Si deve rendere la persona in grado di capire cosa è utile, qual è la strada per
arrivare a concretizzare i propri desideri, nella consapevolezza dei limiti individuali che
definiscono il piano di realtà. Questo significa insegnare al disabile a progettare se stesso,
attività che include la capacità di proiettare in un futuro e cercare che cosa serve per arrivare
a raggiungere l’obiettivo prefissato. Il progetto di vita dovrebbe permettere di trovare
direzioni diverse per arrivare all’autonomia. Quale autonomia? Naturalmente pensiamo alla
maggior autonomia possibile. Non c’è autonomia in termini assoluti, la maggior autonomia
possibile che per ognuno è un’autonomia diversa.
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Fin da bambini si dovrebbe stimolare l’autonomia delle persone e farle sentire protagoniste
della propria vita e della società. L’età adulta dovrebbe essere il momento in cui la propria
visione progettuale acquista un significato più ampio, che permette di legare il senso della
propria esistenza non solo all’oggi, ma anche al proprio passato e al proprio futuro.
Con i disabili mentali questo processo viene a complicarsi per la tendenza generalizzata di
chi si relaziona con loro a considerarli bambini per tutta la vita. La lentezza nel comprendere
e nell’agire, che è propria di queste persone, porta facilmente chi gli sta accanto a sostituirsi
a loro, non solo operativamente, ma anche a livello di desideri e di scelte. La frase “ciò che
è meglio per lui” diventa una costante che sancisce la facoltà di sostituirsi all’altro e gli nega
la possibilità di imparare gradualmente e progettare un proprio futuro da adulto. Lo sguardo
degli altri, anche delle istituzioni, tende a vedere queste persone come infantili, soggetti da
interdire, ed è naturale che se essi crescono come persone da interdire, non potranno mai
raggiungere un’identità adulta. Il senso dell’identità presuppone la relazione sociale: essa è basata sulla relazione con
l’altro percepito come simile e contemporaneamente come diverso. Potremmo dire che il
soggetto si sviluppa in modo immanente al suo essere in relazione ed è quindi fondamentale
per lo sviluppo della sua identità il rispecchiamento che gli altri rimandano. Per realizzare un
cambiamento tangibile diviene fondamentale non trascurare lo sguardo di chi gli sta accanto
ed operare affinché questo sguardo possa rispecchiarlo come persona che può diventare
adulta (Bonato, 2003).
Non è l’età o l’intelligenza che rende una persona adulta, ma la qualità dell’incontro con
gli altri; l’adultità non esclude i limiti, anzi li include, perché presuppone la consapevolezza
del proprio essere individui limitati. Si può quindi essere adulti anche con maggiori limiti di
altri, l’importante è averne consapevolezza.
Se l’obiettivo finale è quello di aiutare la persona a realizzarsi, di guidarla ad avere
una visione di sé accettando le proprie inadeguatezze, ad avere una sufficiente capacità di
leggersi nel contesto reale per riuscire a chiedere o dare aiuto, diventa fondamentale operare
in modo che l’immagine dolente del disabile bisognoso e gestito da altri possa cambiare.
Entrare nell’ottica di una formazione che si ponga come obiettivo la realizzazione
di progetti di vita significa aprire un enorme capitolo, che coinvolge sfere pedagogiche,
psicologiche, ma anche e soprattutto psicosociali.
Un progetto di vita per persone disabili può apparire un’impresa titanica, che impegna la
persona e tutta la società, all’interno del quale è fondamentale avere sempre questo doppio
sguardo, sull’individuo e sul contesto sociale, per riuscire a fare un lavoro parallelo.
Preparare al “dopo di noi”
“Dopo di noi” si definiscono molti progetti rivolti alle persone disabili attivati in questo
ultimo decennio nel nostro paese. “Dopo di noi” si sono chiamate anche decine di associazioni
di genitori impegnate ad occuparsi del futuro dei figli disabili, in previsione della separazione
data dall’ineluttabilità della fine della vita.
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Un’associazione “Dopo di noi”, molto attiva nel biellese, da alcuni anni porta avanti
un articolato piano di lavoro che si occupa di realizzare progetti di vita per disabili adulti
con ritardo mentale medio. L’associazione nasce nei primi anni del 2000 con l’intento di
incrementare “percorsi verso l’autonomia” riuscendo in questi anni a sviluppare un’articolata
rete territoriale che coinvolge molte persone ed una molteplicità di competenze. I percorsi si
articolano in laboratori ed in varie attività, anche individualizzate, che riguardano:
- l’ambito dell’autonomia personale: laboratori per imparare a prendersi cura del proprio
corpo, dove s’insegna l’igiene personale, la vestizione, l’alimentazione corretta ecc.;
- l’ambito dell’autonomia domestica: attività di vita domestica per imparare a prendersi
cura dello spazio abitativo, inclusa la preparazione del cibo;
- l’ambito dell’autonomia sociale: percorsi di management personale (gestione del
denaro, uso del telefono, dell’orologio ecc.), attività per sviluppare le abilità sociali e di
autonomia urbana (prendere i mezzi pubblici, relazionarsi adeguatamente con le persone
che si incontrano, conoscere e usare i diversi servizi della comunità ecc.), gestione del
tempo libero in casa e fuori casa ecc.;
- l’ambito dell’autonomia per l’autogestione: percorsi per acquisire abilità legate
all’autodeterminazione, alla libera scelta, alla gestione della propria salute ecc..
L’associazione investe inoltre, in modo permanente, in attività culturali quali laboratori
di teatro, di danza e di musica che coinvolgono disabili, studenti delle scuole superiori e
volontari, e realizza numerosi eventi e spettacoli. Il tutto finalizzato a cercare di modificare
culturalmente lo sguardo sociale verso le persone disabili e sensibilizzare il territorio perché
possa riconoscerli come cittadini con pari opportunità.
All’interno dei percorsi verso l’autonomia, il progetto di formazione psicodrammatica
chiamato “La linea della vita” ha svolto e svolge tutt’oggi un ruolo importante. Essa
ha permesso di sviluppare competenze e di lavorare in modo concreto, attraverso la
rappresentazione simbolica, sui concetti di tempo e di spazio con soggetti che, per limiti
intellettivi, non li avevano ancora consolidati.
I concetti astratti di tempo e di spazio, grazie al qui ed ora della scena psicodrammatica,
hanno potuto assumere un forte significato esistenziale, divenendo momenti di vita vissuta.
La concretizzazione delle scene di vita nella semirealtà dello psicodramma, che richiede la
costruzione del luogo e l’immedesimazione temporale nel contesto narrato, riesce a rendere
più chiara la percezione della propria storia (tempo vissuto al passato), permette di cogliere
con immediatezza il presente (tempo che vivo ora), per riuscire a proiettarsi nel tempo futuro
(Boria, 2009), presupposto necessario per progettare la propria vita.
Il percorso ha consentito parallelamente di sviluppare un lavoro di confronto con le
famiglie che ha assunto un significato di individuazione e di smarcamento da legami che
presentavano tratti simbiotici. Lavorare sulla linea della vita ha significato ripercorrere la
propria storia e ripensarla per riuscire a comprendere come essa abbia connotazioni molto
differenti per ciascun membro della famiglia, e quindi come ciascuno sia un’entità a se
stante e non una parte confusa di un insieme indistinto, che penalizza la persona disabile.
Per un genitore, il pensiero “Io faccio sempre ciò che è bene per lui...” spesso rappresenta
l’unica opzione, che annulla totalmente l’identità del figlio.
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Come nasce il progetto “La linea della vita”
Pensare di progettare se stessi significa proiettarsi nel futuro. Che senso può avere il futuro
per persone che spesso mancano della cognizione del tempo, che non riconoscono i giorni
della settimana, non sono capaci di leggere l’orologio ecc.? Se essere adulti significa, anche,
legare il senso della propria esistenza non solo all’oggi, ma alla propria storia passata ed al
proprio futuro, comprendere la dimensione temporale diviene basilare. Inoltre, preparare al
“dopo di noi” significa preparare una persona al distacco, indurla a pensare che tra un po’ di
tempo... le persone dalle quali dipendiamo non ci saranno più, attribuendo al tempo futuro
anche un significato di dolorosa separazione. Il concetto di tempo, inevitabilmente legato al
nostro limite temporale, diventa quindi centrale e risulta fondamentale anche per riuscire a
comprendere ed accettare i nostri limiti legati all’essere e al fare.
Contattata come psicodrammatista nel 2006 per collaborare al progetto “Dopo di noi”,
rivolsi tutta la mia attenzione su come poter fare acquisire ai disabili il senso del tempo e
come poter coinvolgere in quest’operazione le famiglie, che il tempo subivano pesantemente
da sempre. Avere un figlio disabile significa, infatti, dedicargli molto tempo di cura, imparare
a rispettare i suoi tempi attendendo pazientemente che svolga l’azione senza sostituirsi per
fretta a lui, infine preoccuparsi che quando il proprio tempo di vita si esaurirà, lui possa
sopravvivere al genitore.
Trovai utile, al riguardo, iniziare un’attività di raccolta e catalogazione di materiale
autobiografico. L’attività non era direttamente svolta da me, ma da educatori su mie
indicazioni e schede. L’obiettivo era stimolare familiari, disabili, volontari ed educatori
a parlare del tempo passato in termini di episodi, vicende realmente accadute (Colleoni,
2006). Per coinvolgere e far partecipare attivamente i familiari, feci iniziare la raccolta a
partire dal periodo della gravidanza, al fine di stimolare i genitori a ritrovare il loro figlio
ideale, immagine che poi si sarebbe dovuta confrontare con il figlio reale disabile.
La raccolta durò parecchi mesi e diede origine alla stesura per ciascun disabile di un
diario, e venne realizzata anche una piccola mostra (interna all’associazione) di abiti, giochi
e foto del passato. Il percorso fu molto utile perché tuffò il gruppo, educatori e volontari
compresi, in una dimensione di percorso storico che dette a tutti in modo nitido il senso della
trasformazione, del cambiamento e della crescita. Parallelamente i diari elaborati dettero a
me la possibilità di comprendere le tappe esistenziali più significative di ciascun disabile.
Analizzando i diari di ogni componente del gruppo (formato da circa una dozzina di
disabili), riuscii a definire alcune fasi esistenziali fondamentali della vita di quelle persone
e collegarle ad eventi significativi, attraverso i quali poter creare il senso del prima e del
poi, senza ricorrere a date o età. I diari mi permisero di costruire una sequenza di quattordici
carte, con immagini fotografiche chiare, attraverso le quali dare loro il senso di un’età senza
ricorrere ai numeri, che per alcuni non significavano nulla.
La linea della vita prese così forma e divenne una chiara linea del tempo dell’uomo,
dalla nascita alla morte. Il tracciarla per terra come un gioco, che ciascuno imparò a fare,
portò anche a trovare una modalità verbale che scandiva ritualmente il senso del proseguire
della vita. La modalità si presentava come “poi si cresce e... ; e poi si cresce e... ecc.”. Il
“poi si cresce” ad una certa carta della linea si trasformò in “poi si invecchia e...; poi si
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invecchia e... ecc.” fino a giungere alla morte. Furono proprio i disabili a trovare l’immagine
che definiva il passaggio dal crescere all’invecchiare, disegnando un passaggio a livello,
immagine che risultò un simbolo molto evocativo anche per i gruppi successivi ai quali,
negli ultimi quattro anni, ho riproposto il percorso.
Strutturata la linea della vita ed imparata la sequenza, poté avere inizio il percorso
psicodrammatico propriamente inteso, che consisteva nell’esplorazione delle varie tappe
esistenziali, da prima di nascere fino alla morte; ripercorrendo così i momenti significativi
del passato in modo da riuscire, alla fine, a proiettarsi in un futuro possibile.
L’esplorazione della linea della vita ha permesso a ciascun partecipante di ritrovare
pezzi della propria storia e di ripensarli con una maggiore chiarezza emotiva; gli ha dato il
senso del tempo passato, che si definisce come il tempo di “quando ero piccolo”. Ha reso
possibile un confronto tra passato e presente, permettendo di cogliere la differenza tra la
propria esistenza e quella dei coetanei normodotati e di comprendere che, nonostante le
differenti abilità, per ciascuno si possono trovare risposte appaganti. Infine, ha permesso
agli adulti disabili di addestrarsi a ruoli nuovi, immaginando situazioni possibili nel tempo
futuro, portandoli anche a riflettere sulle esperienze dolorose che il futuro può serbare, come
ad esempio la morte di chi è caro.
Il percorso la linea della vita ha offerto molte opportunità ed ha consentito anche di
realizzare alcune sessioni che hanno coinvolto i genitori. Questi, grazie alla schematicità
delle carte, hanno potuto ripercorrere insieme ai figli la storia passata per scoprire che ogni
accadimento aveva per ciascuno un valore emotivo differente, proprio perché si è persone
diverse.
Oggi la linea della vita è un mazzo di quattordici grandi carte, che facilitano l’attività
di psicodramma con i disabili, perché hanno il potere di chiarire la dimensione temporale,
trasformando i difficili concetti di passato - presente - futuro in dimensione concrete: il
tempo che ho vissuto, il tempo che sto vivendo, il tempo che vivrò.
Struttura generale del percorso progettuale e attività formative
Le quattordici carte della linea della vita prevedono un percorso che attraverso l’uso di
modalità attive (psicodramma, sociodramma, role-playing) dà al gruppo la possibilità di rivisitare
e riflettere sulla propria storia personale, per giungere ad immaginare un futuro accessibile.
Grazie al metodo psicodrammatico, i soggetti coinvolti possono rivivere emotivamente
le esperienze di vita passata per giungere a cogliere in maniera più ampia e complessa il loro
valore emotivo. Ciò consente di sviluppare la creatività ovvero di trovare risposte adeguate
a nuove e problematiche situazioni esistenziali o risposte nuove a vecchie situazioni irrisolte
(Boria, 1997). Il percorso si propone di consolidare la dimensione temporale per stimolare
le persone disabili a:
- elaborare nuove risposte per un migliore adattamento all’ambiente;
- trovare risposte emotive più consone e mature a situazioni vissute in passato negativamente;
- avere una più ampia comprensione di ruoli esistenziali in rapporto ai propri bisogni
emotivo-affettivi;
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- prepararsi
ad agire nuovi comportamenti, più adeguati alle esigenze personali, attraverso
la tecnica di addestramento al ruolo;
- porre le basi per progettare in modo concreto ipotesi riguardo al proprio futuro.
In sintesi, il percorso si propone di aiutare la persona disabile a realizzare il proprio
progetto di vita e prevede l’attuazione sia di incontri con il gruppo dei soli familiari sia di
sessioni di confronto tra i due gruppi.
Gli incontri con i genitori sono molto utili e sono finalizzati a:
- favorire la comunicazione e lo scambio di esperienze e vissuti sulla genitorialità nel
gruppo dei genitori;
- permettere una più ampia comprensione del ruolo genitoriale in rapporto ai bisogni dei figli;
- rendere partecipi i familiari riguardo a temi e riflessioni che emergono durante le sessioni
di psicodramma dei figli;
- creare momenti di confronto diretto che favoriscano l’incontro emotivo tra familiari e disabili;
- creare situazioni che sviluppino relazioni empatiche tra i due gruppi e quindi possano
alimentare la fiducia dei familiari riguardo alle capacità di autonomia dei figli;
- sostenere da un lato l’autostima dei figli e dall’altro consolidare il ruolo genitoriale.
Gli incontri con i genitori sono diretti a fare in modo che i familiari imparino a vedere
adulto il proprio figlio, permettendogli così di crescere. Gli argomenti trattati nella linea
della vita corrispondono alle tappe fondamentali del percorso evolutivo dell’uomo. Qui
sotto verranno elencati alcuni argomenti suggeriti dalle immagini sulle carte. Ben lontano
dal voler proporre una rigida guida, l’elenco si offre come un indice tematico per stimolare
e sviluppare il significato delle immagini proposte.
Voglio precisare che la sequenza temporale delle carte non è uniformemente distribuita,
alcune fasi della vita sono molto più sviluppate di altre. Si prevede, ad esempio, una sosta
significativa nella fase nascita-bimbo piccolo, che implica una sperimentazione ampia dei
ruoli psicosomatici. La scelta di dedicare più tempo e dare più spazio a certe fasi della
vita rispetto ad altre è emersa dall’analisi dei diari. Tutti gli utenti, infatti, avevano una
ricca documentazione della fase neonatale e dei primi anni di vita e mostravano molta
dimestichezza con essa.
È importante porre in evidenza come, da un lato la fase iniziale della vita non preveda
grandi ostacoli intellettivi per i disabili e dall’altro i ruoli psicosomatici, propri di questo
periodo, siano anche i primi che gli esseri umani agiscono quando approdano al gioco
simbolico. Giocare per consolidare i ruoli psicosomatici ha la funzione di rendere possibile
l’accesso a forme più strutturate di ruolo: ruoli psicodrammatici e ruoli sociali (Bonato,
2003).
Le semplici situazioni di “come se” che il bambino sperimenta durante le prime fasi della
vita sono legate alla sopravvivenza (mangiare, dormire, essere accuditi ecc.) (Winnicott,
1995). Esse si sviluppano, via via, in azioni simboliche più articolate, che aiutano il disabile
ad entrare gradualmente nella semi-realtà psicodrammatica.
Qui di seguito espongo alcune indicazioni sulle carte della linea della vita, con
l’intendimento di evidenziare alcuni temi rilevanti e di suggerire alcune attività da sviluppare
con il gruppo.
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Attività introduttive alla costruzione della linea della vita
Prima di iniziare il percorso ritengo sia opportuno introdurre l’argomento con attività
che possano aiutare il gruppo a riflettere sulla vita e a manifestare liberamente cosa essa
rappresenti per ciascuno di loro.
1) Cos’è la vita?
- Utilizzare disegni, fotografie, poesie, colori, materiali vari... per attivare pensieri e
accompagnare le persone del gruppo ad esprimere cosa rappresenta per loro la “vita”.
2) Una metafora sulla vita
- Esaminare l’esperienza del ciclo della vita: nascere, crescere, invecchiare e morire,
osservando ad esempio il ciclo delle piante.
- Utilizzare il linguaggio simbolico (danza, teatro, disegno) per rappresentare con il corpo,
i colori e segni grafici la sequenza temporale del ciclo vitale.
3) Costruiamo la linea della vita
- Costruire la linea distribuendo le quattordici carte sul pavimento come se fosse una strada.
- Fare scegliere a ciascuno la carta che piace di più e verbalizzare sul perché piace.
- Scambiare - barattare le carte e poi dire cosa piace o non piace della nuova carta.
- Rifare la linea della vita ordinando le carte sul pavimento ed illustrare la sequenze come
fosse una storia: “C’era una volta una mamma incinta...”.
- Camminare tutti insieme lungo la linea, come fosse un sentiero, e insieme raccontare la
sequenza della storia: “C’era una volta...”.
Attività con le carte
Le attività da proporre si collegano naturalmente alle immagini delle carte. Si inizia col
presentare l’esperienza della gravidanza con la metafora del pancione visto come un grande
pacco regalo dal contenuto ignoto, che come tale muove desideri e paure.
Successivamente diviene importante fare rivivere al disabile, seguendo un ordine
cronologico, le seguenti tappe esistenziali.
1) Nei panni di neonato si fanno sperimentare i ruoli psicosomatici di base: mangiare,
dormire, piangere ecc. come unico strumento di comunicazione. È fondamentale che nella
dimensione di fusionalità propria della fase neonatale, tutto il gruppo possa agire sia il ruolo
di chi accudisce amorevolmente sia quello d’essere totalmente accudito e dipendente.
2) Segue la sperimentazione delle dimensioni psicomotorie successive alla fase neonatale
quali: rotolare, gattonare, manipolare, stringere, lanciare, strappare, esplorare con la bocca,
emettere le prime ecolalie, nonché coinvolgersi nel divertente gioco del cucù, in cui si fanno
scomparire e riapparire le cose e le persone (Lapierre, Aucouturier, 1978). Resta sempre
fondamentale fare sperimentare entrambi i ruoli della relazione, quello di genitore e quello
di bimbo da svezzare. In questa fase emergono le prime esperienze di possibili capricci,
ovvero i primi moti individuativi da parte del bambino piccolo.
3) Segue il ruolo di bambino che impara a camminare, la fatica di camminare da solo,
l’aumento di forza fisica, i primi incontri e scontri con i coetanei, la parola - frase ecc.. La
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relazione genitore - bambino diventa più complessa ed inizia l’esplorazione dei ruoli di
bimbo bravo che risponde alle richieste e di bimbo arrabbiato che si oppone.
4) Si prosegue poi con l’esperienza della scuola materna, sperimentando la capacità del
bambino di dire “No!” e la difficoltà del controruolo adulto di affrontare i comportamenti
oppositivi. Per le persone disabili imparare a dire “No!” “Non voglio!” è spesso uno scoglio
difficile da superare poiché implica il confrontarsi con il senso di colpa, la paura di deludere,
di non essere più amato e quindi di venire abbandonato. Paura, quest’ultima, che spesso
risulta molto accentuata, probabilmente per la situazione di dipendenza che queste persone
vivono.
5) Si passa poi a proporre il ruolo di alunno e quello di maestro, anche attraverso i ricordi
del periodo trascorso alla scuola elementare. Le attività da proporre in tale fase essenziale
sono volte a:
-fare sperimentare il ruolo di alunno della scuola elementare e poi, a turno, quello di
insegnante, sviluppando il ruolo di adulto come colui che riveste una posizione
responsabile ed esercita autorità;
- sviluppare la capacità critica verso i comportamenti delle persone che rivestono ruoli di
autorità per riconoscere i bravi e i cattivi maestri;
- elaborare eventuali esperienze negative vissute alla scuola elementare;
-acquisire nuove consapevolezze sull’essere adulti attraverso l’addestramento al ruolo di
grande che deve gestire i comportamenti oppositivi del bambino;
- acquisire nuove consapevolezze riguardo i comportamenti competitivi, che in quest’età
si manifestano in modo esemplare nel volere essere a tutti i costi “primo”;
-riconoscere le differenze di genere, ovvero le differenze tra i comportamenti dei maschi
e delle femmine.
6) Si giunge infine a definire il periodo adolescenziale, proponendo attività orientate alla
cura di sé per acquisire nuove consapevolezze riguardo alla relazione tra la cura di sé e il
desiderio di piacere e di essere corteggiati. Parallelamente, occorre consolidare l’autostima e
proporre attività indirizzate al recupero di ricordi più recenti e all’elaborazione di esperienze
adolescenziali.
7) A questo livello è opportuno orientare il gruppo ad osservare immagini legate alla vita
di coppia, con riferimento alla situazione esistenziale dei compagni di scuola, oggi adulti
e, probabilmente, sposati, per giungere ad esplicitare (per poi rappresentarli nella plusrealtà
psicodrammatica) sogni e desideri legati al proprio futuro affettivo.
8) Sempre a questo livello occorre favorire un confronto tra le categorie disabilità e
normalità, per definire differenze ed uguaglianze e poter circoscrivere “ciò che NON mi
è possibile fare” e “ciò che MI è possibile fare...” in quanto persona diversamente abile.
Le attività da proporre devono essere indirizzate a definire con chiarezza la differenza tra
sogno e desiderio (ovvero tra possibile ed impossibile), in modo da riuscire ad aprirsi a
concrete progettualità per il futuro. Qui diviene importante arrivare a fare un bilancio tra
risorse e limiti, al fine di rispondere alla domanda: “Nel futuro come potrebbe essere la mia
famiglia?”.
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9) Il percorso procede poi col definire il passaggio tra la dimensione del crescere-maturare
e dell’invecchiare, proponendo attività indirizzate a:
- individuare e riconoscere chi sta invecchiando attorno a noi;
- elencare cosa cambia nell’essere umano quando diventa vecchio;
- pensare e definire cosa significa invecchiare;
- pensare a chi conosciamo o abbiamo conosciuto di molto vecchio e malato e che cosa
questa condizione comporta;
- recuperare esperienze e ricordi (che molti disabili posseggono già) di visita o di attività
di volontariato nelle case di riposo;
- sviluppare il ruolo di chi aiuta e accudisce persone più bisognose; - favorire la consapevolezza di essere capaci di aiutare gli altri, consolidando così la parte
adulta.
10) Infine è importante lasciare a ciascuno la possibilità di immaginare e di rappresentare la
morte come meglio desidera. È fondamentale, alla fine del percorso della linea della vita,
aiutare il gruppo a sviluppare la consapevolezza che essere persone adulte significa essere
capaci di affrontare il ciclo della vita, ovvero essere capaci di accettare che si nasce, si
cresce, s’invecchia e si muore.
Le carte da giocare in sessioni miste: genitori e figli
Sono previsti incontri di confronto tra genitori e figli. Solitamente essi vengono collocati
all’inizio, a metà e alla fine del percorso. A tale riguardo voglio porre in evidenza alcuni temi
che possono risultare interessanti al fine di fare emergere nuove consapevolezze.
Ritengo possa essere utile avviare un confronto sulla domanda introduttiva al percorso:
“Cos’è la vita?” per potere:
- confrontare le definizioni di “vita” date dai genitori e dai figli;
- evidenziare differenze e somiglianze tra le risposte date dai genitori e dai figli;
- usare le carte della linea della vita per proporre attività che possano promuovere un
processo d’individuazione.
Dal confronto sui differenti modi di percepire la vita può essere utile passare ad attivare
nei genitori ricordi e verbalizzazioni riguardo al proprio figlio piccolo. Soffermandosi
sulle prime carte della linea della vita per stimolare il racconto “C’era una volta il mio
bambino…” e quindi favorire:
- ricordi della vita trascorsa;
- una comparazione tra i momenti relazionali considerati significativi dai genitori ed
episodi affettivi significativi dei figli. Raramente accade che le esperienze coincidano;
ne deriva un vissuto emotivo molto forte per i genitori che sono costretti a mettere in
discussione la propria certezza che i figli provino le loro stesse emozioni e conservino gli
stessi ricordi;
- un confronto tra figli e genitori per riflettere sul senso del tempo che passa e fa cambiare
le relazioni.
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È utile al riguardo promuovere un confronto tra le categorie di disabilità e di normalità,
evidenziando le differenze tra i figli disabili e i loro coetanei normodotati e constatando che,
anagraficamente, sono uomini e donne (e non più bambini). Importante diviene a questo
punto definire differenze ed uguaglianze, ovvero ciò che è possibile e ciò che non è possibile
fare come figli e come genitori.
In tale contesto risulta proficuo poter raccontare, in quanto persone disabili e genitori di
figli adulti, quali desideri ciascuno custodisca nel proprio cassetto. Tale attività favorisce la
definizione delle categorie del “poter fare” e del “sarebbe bello fare”.
Costruire un progetto di vita, che si possa concretamente realizzare significa fare emergere
e stimolare un confronto tra risorse e limiti finalizzato ad accettare, senza nascondersi dietro
a mistificazioni, il binomio diversità/normalità.
Osservazioni conclusive
Il percorso del progetto “La linea della vita” rivolge molta attenzione all’attività di
addestramento ai ruoli poiché, considerando il deficit mentale degli utenti, lo sviluppo di scene
psicodrammatiche complesse non è realizzabile. Raramente è possibile attuare inversioni di
ruolo con più di una persona, poiché i disabili tendono a confondersi e a disorientarsi. La
polarità ruolo-controruolo diviene quindi dominante. Eccezionalmente vi è la possibilità di
includere nella scena il terzo, quale testimone dell’azione che si va svolgendo.
L’attività di addestramento ai ruoli all’interno del percorso “La linea della vita” ha
evidenziato quelli che potrebbero essere definiti i tasti dolenti, ovvero i punti critici che
costringono a restare nella stessa fase esistenziale molto a lungo.
All’interno dei tre gruppi (tutti con soggetti che presentano deficit mentale medio) con i
quali in questi anni ho potuto sperimentare il percorso sono emerse, nonostante le differenze
di età, di deficit mentale e di autonomia funzionale, alcune costanti. Metterò in rilievo di seguito le più significative.
A - La necessità-scelta di sostare molto a lungo (come del resto emerge esaminando la
sequenza delle carte) sui primi anni di vita, ed in particolar modo nella fase di fusionalità
con l’altro, sperimentando in varie situazioni l’alternanza tra il ruolo attivo “prendersi cura
dell’altro inerme” e il ruolo passivo “essere inerme e curato dall’altro”. Nello sperimentare
tali ruoli risulta chiara la fatica dei disabili a prendersi cura dell’altro. Emerge inoltre uno
stile di cura alquanto evitante, che probabilmente riproduce i modelli di attaccamento vissuti
nelle prima fase di vita (Bowlby, 1999). Il lavoro svolto parallelamente con i gruppi di
genitori evidenzia come l’accettazione della disabilità nella fase iniziale della vita sia molto
sofferta. Il figlio ideale si distanzia così tanto dal figlio nato disabile da far presumere la
presenza di un rifiuto inconscio. Tale condizione si riflette, probabilmente, nel modello di
cura poi posto in atto.
B - Vi è nei disabili una preferenza ad agire il ruolo di neonato quale creatura inerme.
Quasi tutti riescono a giocarlo in modo sufficientemente adeguato. Risulta invece difficile
l’assunzione dei ruoli attivi, fatica questa che emerge costantemente nelle varie fasi della
vita.
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C - La necessità di sviluppare ed addestrare attraverso l’azione psicodrammatica il ruolo
attivo. Potenziare tale ruolo diventa quindi una priorità. A tale fine la fase della vita 0-3 anni
si propone come un territorio ideale.
D - La necessità di addestrare la capacità di autoaffermazione e di insegnare le locuzioni:
“Io!” “Mio!” “No!”. A tale riguardo nella fase della scuola materna si possono proporre
attività allettanti, che nella loro semplicità riescono a divertire i disabili e ad addestrare la
loro capacità di autoaffermazione. Affermare la propria identità proponendosi e dichiarando
“Io!” risulta per taluni un ostacolo quasi insormontabile, come pure è molto difficile per
loro impossessarsi di qualcosa e rivendicarla come “Mio-mio!”, espressione tipica dei
bimbi piccoli.
“Io” che sottintende “Io voglio”, “Mio” che implica la conquista di qualcosa che ci piace,
è un pensiero che una larga maggioranza di disabili con deficit mentale deve sviluppare.
Forse, troppo spesso, è stata loro negata questa possibilità di scelta, perché qualcuno ha
sempre deciso al loro posto disconoscendoli. In questa fase l’addestramento per riuscire
a dire “No!” è lungo e difficile. Nell’ambito dei gruppi da me condotti, per alcuni tale
risultato non è mai stato completamente raggiungibile.
Le attività che sviluppano la capacità di auto-affermarsi, ovvero di riuscire a dire “Io”,
“Mio”, “No”, sono fondamentali poiché tale capacità determina i livelli di maturità emotiva
sui quali ipotizzare quale autonomia sia possibile per la persona e quindi quale progetto
di vita sia realizzabile con lui. Saper dire “No! Non voglio!” è una conquista che mette in
gioco la sfera dell’aggressività. Il corpo gioca un ruolo dominante all’interno del processo.
Lavorare sull’aggressività implica un lungo e attento percorso psicomotorio che conduce la
persona a sviluppare le capacità di: saper prendere, saper afferrare, lanciare, saper strappare
ed infine sapere impossessarsi e conquistare (Lapierre, Aucouturier, 1978). La rabbia mette in gioco terribili sensi di colpa e la grande paura di non essere più amati
e quindi di venire abbandonati (paura, quest’ultima, che a mio avviso domina in modo
ancestrale il disabile). La rabbia trattenuta e subita diventa un ambito molto delicato che
richiede prima un lungo tempo di sperimentazione attraverso il gioco e poi una fase di
elaborazione emotiva.
E - La necessità di potenziare l’autostima. Dalla fase 3-5 anni si passa alla fase della scuola
elementare: è lo stadio che include il livello mentale della maggior parte dei soggetti con
ritardo medio. In questo livello diventa importante stimolare la competizione tra pari, che
è un altro modo per incontrare il sentimento della rabbia, ma in una veste sportiva quindi
più tollerabile perché meno colpevolizzante. Nella competizione il ruolo che si addestra
è sempre quello attivo. Si stimola nelle persone la voglia di vincere, che ripropone la
locuzione “Io voglio” collegandola alla vittoria. Mettersi in gioco e riuscire a vincere diviene
un’esperienza determinante per potenziare l’autostima, la vittoria è infatti un momento di
importante riconoscimento e plauso.
F - L’importanza di definire l’identità sessuale ed impegnarsi in un percorso di educazione
sentimentale. Dalla fase della scuola elementare si passa infine alla scuola media e media
superiore. Qui si affronta l’adolescenza, età emotiva cui appartiene la maggior parte dei
soggetti che compongono i gruppi con i quali lavoro. L’identità sessuale legata al desiderio
diventa un tema molto importante che richiede anche la realizzazione di percorsi pedagogici
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mirati. La sfera sessuale non può essere assolutamente trascurata, essere adulti significa
anche saper gestire la propria sessualità (Veglia, 2003). All’inizio di questo articolo ho evidenziato come entrare nell’ottica di una formazione
che si ponga come obiettivo quello di realizzare progetti di vita con persone disabili significhi
aprire un enorme capitolo, che coinvolge sfere pedagogiche, psicologiche e psicosociali.
Questi progetti prevedono un lavoro titanico che si struttura nella realizzazione di molte
piccole azioni protratte costantemente e molto a lungo nel tempo. Realizzare progetti di vita
non significa rincorrere affannosamente il tempo, anche se la dimensione temporale ne è un
elemento essenziale. Infatti senza una consapevolezza di cosa sia il tempo e di come esso
interferisca nella nostra esistenza questi progetti non sarebbero attuabili.
Giunta alla conclusione di questa mia testimonianza mi piace poter concludere con
le parole di Umberto Galimberti (2007), che mettono in relazione il tempo, l’uomo e la
speranza, aspetti indispensabili al fine di poter realizzare quanto fin qui esposto: “Sperare
non significa solo guardare avanti con ottimismo, ma soprattutto guardare indietro per
vedere come è possibile configurare quel passato che ci abita, per riuscire a giocarlo in
possibilità di vita futura.”.
■
■ BIBLIOGRAFIA
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Bonato, F. (2007). “Itinerari d’integrazione con persone diversamente abili”, in Psicodramma Classico,
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Milano: Quaderni AIPsiM.
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Gruppo Abele.
De Leonardis, P. (1994). Lo scarto del cavallo. Lo psicodramma come intervento sui piccoli gruppi. Milano:
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Dotti, L. (2002). Lo psicodramma dei bambini. Milano: Franco Angeli.
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ICF (2002) - Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute.
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Veglia, F. (2003). Handicap e sessualità: il silenzio, la voce, la carezza. Milano: Franco Angeli.
Winnicott, D.W. (1995). Gioco e realtà. Roma: Armando Editore.
■ L’AUTRICE
RANCA BONATO: Dal 1988 si occupa di formazione per adulti, di teatro educativo nelle scuole, di
F
teatro sociale con soggetti disabili e psichiatrici, utilizzando modalità attive (tecniche mimico-teatrali,
psicodramma, sociodramma, playbach theatre). Gestisce dal 1989 una scuola di teatro per bambini e ragazzi
(Teatro Patatrac - Biella). Dal 2006 coordina le attività teatrali ed educative di “opificiodellarte”, innovativa
struttura artistica dove si realizzano percorsi di teatro, di danza, di musica finalizzati all’integrazione sociale.
E-mail: [email protected]
Sito: www.opificiodellarte.it
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ITALIA
Autobiografia educativa
e psicodramma moreniano
Il conflitto come matrice di apprendimento personale e professionale
ANNA BOERI
■ Sommario
Nell’articolo viene presentata l’esperienza di un gruppo di formazione sulla gestione emotiva dei conflitti
che vede la combinazione dello psicodramma moreniano e delle tecniche di autobiografia educativa.
L’autrice espone il percorso formativo effettuato dimostrando l’efficacia del metodo autobiografico,
qui descritto anche nei suoi assunti teorici, come possibilità per accelerare il processo di riconnessione
con le emozioni legate alle storie educative dei partecipanti, che verranno portate successivamente
sulla scena psicodrammatica e giocate nel “qui ed ora” della rappresentazione. Tra le diverse attività
effettuate viene presentato l’uso della funzione del doppio in intervista autobiografica e l’esplorazione
delle vicende autobiografiche-educative attraverso la messa in scena delle foto dell’infanzia e dei
ricordi conflittuali.
■ Parole chiave: psicodramma moreniano, autobiografia educativa, gestione conflitti.
Educational autobiography and Morenian psychodrama
Conflict as a personal and professional learning matrix
ANNA BOERI
■ Abstract
The article describes the experience of a training group regarding the emotional management of
conflicts which involves the combination of Morenian psychodrama and educational autobiography
techniques. The author explains the training programme carried out whilst showing the effectiveness
of the autobiographical method, which is also described here showing its theoretical assumptions, as
a way of accelerating the process of reconnection with emotions linked to the educational experiences
of the participants. These will then be included on the psychodramatic scene and acted out in the
“immediacy” of the stage. The different activities carried out include the use of the role of the double
in the autobiographical interview and the exploration of the autobiographical-educational events by
means of the introduction of childhood photos and memories of conflict.
■ Key words: Morenian psychodrama, educational autobiography, conflicts management.
L
’apprendimento adulto appare radicalmente diverso da quello infantile. Risulta infatti
segnato da forti motivazioni interne, provenienti da bisogni non più di alfabetizzazione
primaria, quanto da istanze sociali, di promozione personale, di riqualificazione professionale.
In questa logica la formazione si afferma sempre più come strumento per la sintonizzazione
interna delle risorse personali, per la comprensione e la cura di sé; in altre parole, come
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strumento di sviluppo individuale nell’età adulta, un’età che implica la capacità di usare
responsabilmente il proprio patrimonio emotivo e interiore.
Un corso di formazione sulla gestione emotiva dei conflitti parte dalla premessa che il
conflitto, visto nella sua utilità trasformativa piuttosto che nella sua funzione disgregativa,
messa in luce sovente in alcuni stereotipi, offre la possibilità di vivere un’esperienza di
conoscenza di sé ricca e generativa.
L’educazione ricevuta diventa la base di partenza per scoprire la propria matrice
conflittuale, per confrontarsi nel presente con gli esiti che questa ha lasciato ed eventualmente
svincolarsi dalla tirannia dei modelli educativi subiti o ricevuti che portano a replicare
copioni relazionali disfunzionali ed inadeguati.
La riemersione delle memorie educative, prevista dal modello formativo presentato, è
favorita dall’utilizzo degli strumenti autobiografici quali la scrittura e l’analisi individuale
delle fotografie dell’infanzia, memorie consegnate successivamente al gruppo che diventa
il luogo di esperienza e di apprendimento per eccellenza. Come viene ben evidenziato
nell’articolo, la particolare atmosfera relazionale calda e rassicurante creata e vissuta nel
gruppo consente ai partecipanti all’esperienza di familiarizzare con le emozioni e i sentimenti
“forti” che il conflitto mette in atto. La conoscenza di sé e del proprio modo di vivere il
conflitto nel gruppo di psicodramma avviene nell’azione scenica, attraverso il gioco teatrale,
dove le emozioni si concretizzano, prendono una forma specifica, possono diventare dei
simboli attraverso oggetti, maschere, suoni, posture del corpo. Spesso sul palcoscenico le
persone riconoscono attraverso il gioco e i suoi simboli le persone significative della propria
infanzia, possono re-incontrarle nel “qui ed ora” e sperimentare ruoli nuovi e maggiormente
rispondenti alle proprie esigenze evolutive.
In un’occasione un partecipante, partendo da una foto apparentemente neutra della
sua infanzia, compie, attraverso un lavoro da protagonista, un percorso di rivisitazione di
nodi conflittuali molto dolorosi della sua vita in cui rivela al padre e alla madre la propria
omosessualità. Rivivendo il conflitto, riesce in forma catartica ad esprimere ai genitori, ed
in particolare al padre morto suicida quando lui era adolescente, la sua rabbia per essersi
sentito abbandonato e giudicato, e la sua piena adesione a un orientamento sessuale che,
seppur non condiviso dal padre, rappresentava per lui una scelta necessaria.
Questa catarsi non ha spento il conflitto infantile-adolescenziale in una sorta di
riappacificazione postuma, ma ha dato al partecipante la coscienza del percorso fatto,
mostrandogli ulteriori fasi di crescita e di sviluppo personale.
Nel riconoscimento del valore individuativo che il conflitto porta, come competenza
nell’abitare la contrarietà e viverla come occasione di crescita, si situa il contributo dello
psicodramma moreniano, per la sua caratteristica peculiare di muoversi sui piani della
fusionalità e dell’individuazione come processi di integrazione di bisogni fondamentali.
Questa prospettiva si arricchisce, nel lavoro che segue, di una specifica vocazione
psicopedagogica, ossia di una capacità di vivere le emozioni stesse come risorsa per
collocarsi dentro le relazioni, senza farsi tiranneggiare dagli stati d’animo che un certo tipo
di educazione ricevuta nell’infanzia, volenti o nolenti, ci consegna.
Si tratta pertanto di un approccio inedito, affascinante e carico di potenzialità nell’incrocio
che enfatizza contributi scientifici diversi seppure organicamente tesi allo stesso obiettivo.
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L’autobiografia nella formazione dell’adulto
Si può realisticamente affermare che l’autobiografia come genere letterario appartenga ai
primordi della storia umana (si veda d esempio il libro di Giobbe nella Bibbia). Raccontare
la propria storia di vita, mettendola per iscritto, rappresenta sia una straordinaria occasione
per manifestare una specifica soggettività, sia una forma di appartenenza culturale. Nel IV
secolo d.C. Sant’Agostino esalta al massimo questo genere di scrittura con le sue Confessioni,
una vera e propria introspezione autobiografica di grande valore spirituale, che configura e
precorre la moderna idea di coscienza (la ricerca del Maestro interiore).
Successivamente la pratica di scrivere su di sé costituì una modalità comune a filosofi
e pedagogisti (Rousseau, 1995) per comunicare l’evoluzione del proprio pensiero e per
“educare all’educazione” altri adulti attraverso un percorso esemplare (Formenti, 1992).
Più il primato dell’individuo si afferma, più la diaristica si impone nel panorama
letterario, fino all’apicalità di Marcel Proust con la sua Recherche, che segna un passaggio
fondamentale rispetto agli autori precedenti. Nel frattempo anche la psicoanalisi, fra
Ottocento e Novecento, offre un modello di decantazione autobiografica segnato da valenze
terapeutiche, ma non solo (Freud era solito ricordare il significato di civilizzazione della
pratica analitica, valenza accentuata da Jung, il suo principale allievo).
Il recupero della propria infanzia diventa spesso, nella cura psicoanalitica, un fattore
centrale della guarigione o perlomeno della possibilità di trasformazione esistenziale. Il
recupero dei ricordi infantili, sia nella logica delle nevrosi (Freud) che in quella dei complessi
(Jung), e la loro condivisione con il terapeuta, assume lo stesso valore dell’analisi dei sogni,
così centrali nel pensiero psicoanalitico.
Infine negli anni 1950 la sociologia scopre con Dolci (1963) “le storie di vita”,
un immenso deposito di vicende umane esemplari da esplorare e da usare spesso come
denuncia di oppressioni e ingiustizie. È un primo passo verso la vera e propria autobiografia
formativa, che esplode contemporaneamente in varie aree culturali europee, a partire dagli
anni ’70, dove il modello biografico si sviluppa secondo peculiarità locali.
Il punto di attacco è l’emergere dell’età adulta come età formativa.
Nella visione tradizionale esisteva solo la pedagogia, ossia la scienza che si occupa di
bambini e adolescenti. In questa visione l’età adulta diventa l’approdo stesso della crescita e
niente più. Presto si impone, con il pensiero di Knowles (1992), una visione in cui l’adulto
appare a pieno titolo un potenziale soggetto di apprendimento.
L’apprendimento adulto appare radicalmente diverso da quello infantile. Risulta infatti
segnato da forti motivazioni interne, provenienti da bisogni non più di alfabetizzazione
primaria, quanto da istanze sociali, di promozione personale, di riqualificazione professionale.
In questa logica la formazione autobiografica si afferma sempre più come strumento per la
sintonizzazione interna delle risorse personali, per la comprensione e la cura di sé, in altre
parole come strumento di sviluppo individuale nell’età adulta, età che implica la capacità di
usare responsabilmente il proprio patrimonio emotivo e interiore.
In Italia, negli anni ’90, si afferma la figura di Duccio Demetrio come vero e proprio
caposcuola di questa tendenza. Il suo libro “Raccontarsi” (1995) diventa un classico del
genere e segna il riconoscimento definitivo di questo approccio.
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Demetrio (2000) vede l’autobiografia formativa come una sfida “...all’imparare a riflettere
innanzitutto con e su se stessi, a promuovere i propri talenti, ad acquisire al più presto
possibile un’indipendenza intellettuale e creativa”, e accentua il carattere autoriflessivo di
questa operazione sugli aspetti più propriamente introspettivi: “L’autobiografia, in quanto
racconto di sé raccontato innanzitutto a se stessi, racchiude – ed è questo che, anche
inconsapevolmente, si cerca di portare alla luce – il ‘disegno’ della propria esistenza giunta
a uno stato di maturazione provvisorio che richiede una sosta meditativa.”.
L’approccio autobiografico formativo è pertanto una nozione recente se non recentissima
nel panorama delle intuizioni che di volta in volta attraversano le metodologie educative.
Personalmente ritengo sia un approccio destinato a durare e a lasciare un segno. Specie
se coniugato con la memoria dell’educazione e dell’apprendimento ricevuto, temi ben
sviluppati da alcuni allievi di Demetrio, in particolare Ivano Gamelli e Laura Formenti
(1998).
La conoscenza di sé appare una condizione imprescindibile per la professione educativa
e l’autobiografia si candida a diventare lo strumento cardine di questa opzione. Non è più
un fare autobiografico dettato dal puro e semplice bisogno narrativo e comunicativo, quanto
il confronto fra la propria dimensione soggettiva e la presenza degli altri nell’esperienza
di vita. In altre parole, quello che storicamente appariva lo strumento spesso capriccioso
del rispecchiamento narrativo, diventa qui uno spazio di riduzione del proprio portato
narcisistico in funzione della crescita evolutiva e della rinuncia all’onnipotenza.
Gli strumenti dell’autobiografia educativa
Se scomponiamo il termine “autobiografia” troviamo la segmentazione stessa degli
strumenti possibili:
- auto: momento di centratura su di sé;
- bio: riguardante la storia della persona;
- grafia: attraverso l’uso della scrittura.
Descritto così, il metodo appare piuttosto circoscritto e fortemente orientato allo scrivere.
Gran parte delle tecniche utilizzate, infatti, attengono a un momento di decantazione scritta,
in genere diaristico, dove le varie memorie possono trovare una loro composizione e un loro
ordine. In realtà, nel metodo autobiografico questo tipo di esercizio non è mai individuale,
ma viene realizzato all’interno di un preciso setting di gruppo dove, in genere, le scritture
vengono condivise seguendo varie tecniche.
Un esempio tipico è la tecnica dell’incipit. Si chiede ai partecipanti di scrivere l’incipit
dell’eventuale romanzo di un particolare aspetto della loro vita, come la formazione
sentimentale, la propria carriera scolastica, la personale vocazione lavorativa, la storia della
propria educazione, ecc.. Si dà la misura di questo stesso inizio (20-30 righe non di più) e
un tempo massimo per scriverle. Segue un momento laboratoriale, in grande gruppo o in
piccoli gruppi, dove possa avvenire una significativa forma di condivisione dei racconti
personali.
Si può anche dare qualche compito specifico, ad esempio quello di trovare tra i
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membri del gruppo gli aspetti simili della propria generazione, oppure le parole che più
rappresentano uno stato d’animo adeguato a quella situazione. In altre parole, la scrittura è
offerta ai membri del gruppo per favorire lo scambio narrativo e comunicativo, ma anche,
eventualmente, la ricerca su singoli elementi dell’autobiografia.
“Il gruppo, come il coro greco nella tragedia, sottolinea le salienze della narrazione
individuale, sorprendendo a volte lo stesso narratore; oppure, come muto testimone, convalida la narrazione per quello che è e rappresenta. La funzione del gruppo esalta le dimensioni
ermeneutiche, emancipatorie, esperienziali, connettive dell’autobiografia, esercitando una
meta-prospettiva su tali dimensioni, facendole esplodere in una moltiplicazione di livelli:
livelli di senso, livelli di autonomia, livelli di esperienza, livelli di collegamento possibile
inter-, intra- e trans-individuale.” (Formenti, 1992).
Esistono anche tecniche più drasticamente selettive, ossia improntate non tanto e non
solo alla decantazione della scrittura, quanto ad individuare concretamente nello scrivere
momenti specifici della propria storia. Avviene quando il compito “è orientato a focalizzare
singoli eventi, ad esempio: “quando mi sono accorto di avere un corpo...”, oppure “le parole
che mi ferivano e quelle che mi facevano bene nella mia adolescenza”.
Ci troviamo qui in presenza di una vocazione più specifica: l’autobiografia perde
completamente i toni morbidi delle narrazioni spontanee per seguire il percorso di una
ricerca “faticosa” su se stessi. Possiamo definire il primo approccio come “narrativo” e
il secondo come “problematico”, usando la categoria della maggiore o minore enfasi sul
compito come chiave per stabilire un discrimine (Metzger, 1994).
Esistono però altre tipologie di tecniche che non attengono alla scrittura. Si tratta di
modalità narrative che possiamo definire miste o semplicemente orali.
In tali tecniche il racconto di sé si traduce in frammenti di colloquio, in conversazioni, in
momenti di scambi verbali facilitati dal ricorso a documenti e a testimonianze della propria
storia personale, ad esempio fotografie, lettere, oggetti, testi di canzoni o poesie e tutto
quello che può essere utile nello scambio relazionale a riconoscere e a mettere il soggetto al
centro del proprio percorso formativo.
Lo strumento-documento qui ha il solo scopo di aprire una via d’accesso alla storia
personale di ciascuno, frammento-testimonianza che ben si presta ad essere esplorato
attraverso il metodo psicodrammatico. Lo psicodramma, palestra di relazionalità, permette
un’esplorazione creativa e vitale del frammento autobiografico, crea nessi tra il frammento e
la storia personale del soggetto-protagonista e attraverso la presenza del direttore garantisce
la qualità dell’esperienza di incontro.
Le memorie individuali come filigrana del co-conscio e del co-inconscio
nel gruppo di psicodramma
Il gruppo di formazione da me condotto sulla gestione emotiva dei conflitti nella fase
iniziale non si presenta con le caratteristiche della spontaneità e dell’incontro individuate
da Moreno (1964). Nel modulo precedente infatti i partecipanti hanno vissuto un’esperienza
intensiva di formazione (della durata di 4 giorni) condotta con la metodologia del T-group.
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Il gruppo è pertanto già costituito secondo tale specifica impronta formativa, ha già una sua
struttura interna di relazioni interpersonali attivata dal T-group, in cui il focus specifico è
rivolto alle dinamiche gruppali. La prima fase è quindi per me di osservazione degli scambi
comunicativi tra i membri e dei posizionamenti reciproci. A questo scopo utilizzo la tecnica
della catena aperta, in cui la presentazione diventa un pretesto per creare condivisione di
quello che ognuno ha precedentemente sperimentato nell’ambito del gruppo.
L’obiettivo iniziale è di mettere il focus sulle storie di vita, sulla memoria dell’educazione
ricevuta e permettere a ciascuno di immergersi in un magma emotivo di provenienza
direttamente autobiografica.
Il gruppo diventa il luogo dove questi frammenti di memoria vissuta si mescolano
attraverso il riconoscimento, l’identificazione, la differenziazione... e il luogo in cui, in
un processo che definirei di diffusione osmotica, si crea una memoria comune. Possiamo
definire questa tessitura di memorie collettiva come costruzione di un co-conscio e di un
co-inconscio?
Il processo di formazione del gruppo viene favorito dalle particolari e penetranti ritualità
dello psicodramma moreniano, quando le storie vissute dai membri del gruppo vengono
trasformate in azione scenica, che colloca i segni della presenza comune in un contenitore
ben definito.
“Il gruppo è una realtà psichica implicante interazione fra mondo interno e mondo
esterno la quale nasce attraverso un accomunamento. L’accomunamento tra uomini non
può avvenire, naturalmente, se non c’è comunicazione, e la comunicazione non può avvenire
se non c’è informazione affettiva (messa in forma degli affetti).
Stabilita l’importanza della comunicazione per creare accomunamento, lo scambio di
segni, verbali e non verbali, attraverso i quali la comunicazione crea accomunamento, è
duplice:
a. un singolo segno, emesso da un membro, può essere messo dentro, nello stesso tempo, in
tutti i membri del gruppo (accomunamento proiettivo);
b. i segni emessi da tutti i membri del gruppo possono essere presi dentro ogni singolo
membro (accomunamento introiettivo).
Per creare un gruppo è necessario che tutti i membri del gruppo ricevano gli stessi segni,
anche se ogni individuo reagisce agli stessi segni in modo diverso. Nel momento in cui le
diverse reazioni agli stessi segni vengono espresse diventano segni comuni. L’accomunamento
non è solo una procedura psichica, attraverso la quale il gruppo si costituisce, ma è anche
lo scopo al quale mira la costituzione del gruppo. In questa prospettiva il crearsi di un
gruppo è quel processo attraverso il quale più individui acquistano un’anima comune, che
è appunto la realtà psichica del gruppo (anima collettiva).” (Fornari, in Trentini, 1986).
Il compito preciso dello psicodrammatista è quello di agire in modo intenzionale sulla
forma della comunicazione, cercando di promuovere relazioni intersoggettive. Gli strumenti
di questa facilitazione passano attraverso le consegne e le specifiche attività che il conduttore
propone, attraverso le quali travasa nell’archivio del co-conscio e del co-inconscio contenuti
spesso inediti che riqualificano modelli relazionali tra i partecipanti. Le tecniche specifiche,
consuete per uno psicodrammatista (la sospensione della risposta, la circolarità della
comunicazione e la suddivisione strutturata del tempo tra i partecipanti) consentono di
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evitare l’instaurarsi di una dinamica relazionale interdipendente (Boeri, 2007).
Le immagini delle memorie educative stimolano l’emozionalità del gruppo e accendono
il bisogno di trovare una loro collocazione dentro le rappresentazioni comuni. Nel
setting convergono, non solo le storie dette, ma anche le memorie implicite, nascoste alla
consapevolezza, che attivano immedesimazioni reciproche, inducendo la possibilità di
rispecchiamenti, di doppi, di passaggi fra stati consci e stati inconsci.
La metodologia psicodrammatica consente di esplorare il mondo psichico in un ambiente
accettante, accudente, empatico che favorisce l’instaurarsi di relazioni intersoggettive
e teliche. Moreno sostiene che il fattore che tiene insieme i gruppi si chiama “tele”, in
opposizione al transfert che tende a dissociarli.
Sviluppare relazioni teliche all’interno di un gruppo permette di privilegiare la “reazione
reale” contrapponendola alla “reazione di transfert”, cioè di salvaguardare i sentimenti che
mirano al riconoscimento dell’altro per quello che è nella realtà.
Boria elabora ulteriormente questo concetto: “…nello stesso momento in cui il paziente
proietta inconsciamente sul terapeuta le sue fantasie, un altro processo è attivo: una parte
dell’io del paziente non viene trascinata nella regressione transferale, ma piuttosto prova
emozioni verso la persona del terapeuta e lo apprezza intuitivamente per il tipo di persona
che questa è. I sentimenti verso l’io reale del terapeuta sono un’espressione della relazione
di tele: essi si amplieranno gradualmente sostituendosi alla relazione di transfert. Le
esperienze di rapporto “reale” vengono innescate dalla specifica e genuina umanità di
cui lo psicodrammatista si mostra portatore […]. I meccanismi transferali vengono trattati
attraverso la concretizzazione scenica delle immagini del protagonista, con la partecipazione
degli io-ausiliari. Costoro sulla scena incarnano i fantasmi del protagonista, diventano
schermo vivente che accoglie e riflette i sentimenti transferali di questo. Il protagonista
agisce i suoi meccanismi di transfert attraverso i personaggi che ricoprono il ruolo delle
figure che egli ha dentro di sé.” (Boria, 2005).
I compagni del gruppo assumono dunque il ruolo degli altri significativi dell’ambiente
relazionale o di aspetti del mondo interno del protagonista, rendendo concreti e percepibili
sulla scena i fantasmi transferali. L’incontro del protagonista con queste parti di sé, strutturato
dal direttore attraverso consegne specifiche, favorisce in lui l’emersione di insight, la
comprensione e l’integrazione di queste parti di sé in maniera nuova e gli consente di
“rimetterle dentro” con una collocazione diversa, che risponde alla presa di consapevolezza
sorta attraverso l’esperienza psicodrammatica; l’esperienza vissuta, concreta, consente al
preconscio di rivelarsi nella sua attività trasformatrice.
Questo processo è reso possibile dall’azione, dalla rappresentazione scenica dove le
parole e le fantasie prendono forma reale, si concretizzano. I partecipanti all’azione allenano
via via le loro coscienze a cogliere i guizzi e le scintille che l’inconscio rende espliciti
nelle parole, nei pensieri, nei gesti e nei cambiamenti di sguardi. Come dicono Corbella
e Boria (2002) essi fanno esperienza di incontro, vero, reale, significativo, e “riparano” le
connessioni mancanti, rami spezzati laddove questa esperienza si cristallizza, si memorizza.
Lo spazio psicodrammatico facilita l’instaurarsi o il restaurarsi di un’area transizionale
tra mondo interno e mondo esterno che fa sperimentare, oltre alla dimensione specificamente
cognitiva, anche l’area del gioco e della creatività. Questo consente ai partecipanti di tenere
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basse le difese e di entrare in contatto con parti inedite di sé. Il contesto permette l’emergere
di vissuti arcaici e genuinamente primitivi, li trasforma in azione in una semirealtà nella
quale la persona rivive le emozioni, anche le più conflittuali (rabbia, odio, rancore). La
presenza concreta e rassicurante del direttore e del mondo ausiliario costituito dal gruppo
le permette inoltre di guardare le proprie emozioni da punti di vista diversi, trasformarle e
rielaborarle in una modalità più adattiva e funzionale alla realtà del momento presente.
Essendo la memoria una struttura soggettiva, la sua messa in scena implica che la
persona stabilisca una qualche forma di selezione autobiografica proprio in funzione del
gruppo. Anzi, tale processo appare sostanzialmente bi-direzionale: il soggetto seleziona la
memoria da consegnare al gruppo, ma anche il gruppo consente che certe memorie vengano
lasciate affiorare.
Nell’individuazione delle storie personali si attiva una corrente telica che permette
l’emersione di un protagonista, emergente gruppale, che racchiude in sé i contenuti
autobiografici co-consci e più spesso co-inconsci di tutti i partecipanti. Il direttore favorisce
azioni volte a costruire questo registro comune, a formare una dimensione psichica integrata
fra i membri del gruppo.
La scelta del protagonista, ovvero di colui che metterà in scena la propria storia attraverso
il sostegno del gruppo-attore, rappresenta l’apice del processo di identificazione reciproca e
segna un momento di grande intensità gruppale. La storia autobiografica votata dai membri
del gruppo per la rappresentazione scenica non è pertanto un vissuto puramente individuale,
ma rappresenta la forma di memoria che il gruppo intende dare per se stesso. Il singolo
offre il suo racconto per favorire nel gruppo un processo di sedimentazione che implica
la comunanza emotiva e la protezione reciproca. Il pianto, ad esempio, ha la funzione
di liberare emozioni profonde nel singolo, ma è anche espressione della commozione di
tutto il gruppo. Il singolo piange a nome del gruppo e anche per coloro che non riescono a
piangere. La manifestazione emozionale personale rivela in realtà le capacità inconsce che
accomunano tutti i membri. Nell’espressione psicodrammatica il pianto del singolo non
appartiene solo a chi piange, ma simboleggia una comune evidenza emotiva.
Quando poi il racconto della memoria viene rappresentato sulla scena psicodrammatica,
i processi co-consci e co-inconsci acquistano una forza particolare. Una tensione sotterranea
spinge tutti ad entrare nella storia, ad immedesimarsi nei vari ruoli, anche se non coinvolti
direttamente in funzione di ausiliari, e consente al preconscio gruppale di esprimersi
facilitando atti individuativi e nuove capacità di rilettura delle vicende del passato. Tutto
questo avviene nell’esperienza psicodrammatica, dove le persone attivano una profonda
consapevolezza psichica e, ciascuna, nel rispetto dei propri tempi, ha la possibilità di
accedere ai propri fantasmi interiori, anche quelli più pesanti dovuti ad educazioni ricevute
particolarmente rigide, violente, disfunzionali. L’accesso a tale profonda consapevolezza è
favorito dall’atmosfera densa di accettazione e di rispetto reciproco che l’intersoggettività
consente.
Nel gruppo di psicodramma il modo di affrontare “...i conflitti, intesi qui quali scontri,
contrasti, divergenze relazionali, ed in quanto tali occasioni di apprendimento...” (Novara,
2011) è peculiare. A tal proposito cito Andrea Cocchi (2001): “Per quanto riguarda la
nostra gestione dei gruppi, certamente qualcuno potrà dire (e lo dice!) che noi siamo
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a-conflittuali, mentre in realtà abbiamo ben presente l’età evolutiva nella quale, prima
occorre sperimentare il senso di sicurezza, e poi si può combattere. Nello psicodramma quel
‘combattere’ lo mettiamo in scena ‘giocando’ e il gioco ha lo stesso significato emozionale
della realtà. […] rielaborando la realtà attraverso il gioco possiamo lavorare sul piano
della sicurezza e dell’accudimento che la semirealtà ci consente di portare agli estremi,
come ci consente di portare agli estremi – sempre nel gioco – la violenza e l’aggressività
[…]. L’interdipendenza viene tolta dalle relazioni gruppali e travasata nella dimensione
intrapsichica, dove si è autorizzati, anzi incoraggiati a sperimentarla. Dal momento che
noi reifichiamo il mondo interno dei partecipanti attraverso il gioco teatrale, uno può, anzi
deve rendere vere e concrete le interdipendenze forti tra i suoi ruoli interni che poi, spesso,
sono la matrice del disagio!”.
L’esperienza formativa che illustrerò sulla “gestione emotiva dei conflitti” dimostrerà
l’efficacia del contributo del metodo autobiografico come possibilità di accelerare i processi
di formazione della matrice di gruppo e della formazione del co-conscio e co-inconscio
gruppale. La narrazione metterà in evidenza come la particolare atmosfera relazionale
caratterizzata dal contesto caldo e rassicurante dello psicodramma, consenta ai partecipanti
di familiarizzare con emozioni e sentimenti che il conflitto stesso mette in atto.
Un’esperienza di formazione all’elaborazione dei conflitti mediante
lo psicodramma e il metodo autobiografico
Nella primavera del 2000 vengo incaricata dal Centro Psicopedagogico per la Pace e la
Gestione dei Conflitti di Piacenza di progettare un modulo sulla gestione emotiva dei conflitti
nell’ambito di un più ampio corso di specializzazione dal titolo “So-stare nel conflitto”.
Il corso è articolato in 7 moduli distribuiti su 20 giornate per un totale di 140 ore:
l’esperienza illustrata è riferita al secondo modulo dal titolo “La ricerca intrapersonale:
aspetti emotivi e autobiografici” (Boeri, 2004). Con Daniele Novara, responsabile e formatore dell’Istituto di formazione, decidiamo
di lavorare a partire dall’educazione personale ricevuta dai singoli corsisti. L’ipotesi che
intendo percorrere è che in questa esplorazione autobiografica, condotta con vari strumenti,
si trovino situazioni che possono essere rivisitate e rielaborate con le modalità e le tecniche
specifiche dello psicodramma moreniano.
Si tratta di un’ipotesi sostanzialmente inedita e sperimentale che fa convergere cultura
psicopedagogica e ricerca psicodrammatica.
I corsisti vengono coinvolti in un’esperienza full immersion che li porta a vivere e a
comprendere il conflitto autobiografico, avvalendosi del contributo di due metodologie che
rendono il percorso formativo particolarmente ricco di contenuti e di scoperte.
A partire dal settembre 2000 la formazione – tre giorni di lavoro (diventeranno 4 dal
2009) per 7 ore al giorno – è stata ripetuta 12 volte con 12 gruppi diversi, in genere formati
da un numero fra le 12 e le 20 unità, e ha visto coinvolti operatori di professionalità diverse:
educatori, insegnanti, psicologi, pedagogisti, mediatori, oltre a persone semplicemente
interessate alla proposta formativa.
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Posso quindi sostenere, alla luce della reiterata esperienza compiuta, che il lavoro svolto
ha rappresentato una risposta efficace alla necessità di formazione emotiva ai conflitti. Nelle
pagine che seguono illustrerò il percorso compiuto da uno di questi 12 gruppi, formato da
14 persone, parlandone sia da un punto di vista di fondazione teorica che offrendo esempi
pratici tratti dalla registrazione in dvd dell’esperienza.
Il lavoro si è sviluppato sempre in co-conduzione, seguendo una procedura di suddivisione
dei ruoli che ha garantito a ciascun formatore di mantenere le proprie specifiche competenze
metodologiche, quelle psicodrammatiche, quelle psicopedagogiche e autobiografiche. Le
attività si sono alternate con una successione che di volta in volta proponeva esplorazioni
singole, di gruppo e in gruppo di tipo autobiografico e psicodrammatico.
Il co-conduttore, non essendo colui che dirigeva l’attività in quel momento, si assumeva
il compito di aiutare il gruppo a rielaborare cognitivamente i contenuti emotivi emersi nelle
azioni psicodrammatiche mettendo in luce le aree di potenziale apprendimento suggerite da
ciò che era stato appena vissuto.
La formazione del gruppo secondo i criteri psicodrammatici
C’è una necessità imprescindibile che precede ogni attivazione psicodrammatica
ed è quella di creare le condizioni affinché un insieme interagente di persone si collochi
progressivamente in una dimensione di intersoggettività, caratteristica del gruppo orientato
in senso psicodrammatico.
Nel caso in questione si parla di ri-orientare il gruppo – che ha già fatto un’esperienza di
condivisione molto formalizzata condotta con la tecnica del T-group – verso il rispetto della
verità soggettiva, primo passo che consente di limitare le dimensioni proiettive, in coerenza
con l’obiettivo proprio del gruppo di psicodramma di creare relazioni intersoggettive tra i
membri.
Considerato che l’ambiente destinato alla formazione è assolutamente spoglio di
connotazioni psicodrammatiche – si tratta di una stanza non attrezzata – si rende necessario
trovare una disposizione corporea delle persone che consenta lo scambio comunicativo
circolare. I partecipanti vengono invitati a disporsi in cerchio seduti sulle sedie. È un’
indicazione semplice ma che assume una precisa valenza simbolica, ossia creare uno spazio
dove ciascuno possa essere visto e possa vedere gli altri.
Il cerchio rappresenta la forma spaziale di distribuzione del gruppo in una stanza più
simile al palcoscenico. Si tratta di una fase che non esclude successivamente, nel momento
dell’azione e della regia psicodrammatica, la definizione di uno spazio maggiormente distinto.
Intervista autobiografica e funzione di doppio
È questo il primo momento di ibridazione dei metodi autobiografico e psicodrammatico.
L’intervista autobiografica è una specifica attività volta ad esplorare l’educazione
ricevuta dai partecipanti.
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Ai partecipanti, divisi in coppie (le persone vengono stimolate a scegliersi liberamente
dopo un’attivazione psicomotoria), viene affidato il compito di intervistarsi reciprocamente
su quella che è stata l’educazione che hanno ricevuto nell’infanzia e nell’adolescenza, con
particolare attenzione agli eventuali contenuti conflittuali.
Introduco qui una breve nota sul concetto epistemologico di educazione ricevuta:
“Se consideriamo l’educazione come il complesso sistema di interventi (a livello sociale,
psicologico, antropologico, etologico e quant’altro) che una determinata società mette
in atto, attraverso i suoi membri, per modellare la crescita delle nuove generazioni (ma
non solo), occorre sottolineare quanto sia importante la capacità di autoriconoscimento
dell’educazione ricevuta da parte dei soggetti implicati nei processi educativi stessi.
Si tratta non tanto dell’analisi dell’educazione attiva (ossia del come si impartisce
l’educazione) quanto dell’analisi dell’educazione passiva, quella subita, quella che il
destino familiare, sociale e culturale ha stabilito per i suoi componenti.
L’esplorazione, in particolare, si sofferma sulla distinzione fra educazione intenzionale
– il complesso di azioni esplicitamente determinate al raggiungimento di un obiettivo – ed
educazione implicita o subliminale, ossia il sistema inconscio di comunicazioni educative
che avviene automaticamente nelle relazioni intergenerazionali.” (Novara, 2002).
L’intervista è preceduta da un momento gruppale in cui vengono individuate alcune
domande possibili, per diminuire l’ansia e favorire l’esplicitazione dei contenuti. Ovviamente
i partecipanti sono invitati a porre domande non invasive e sufficientemente aperte. In
coppia, i ruoli vengono ben distinti: l’intervistatore e l’intervistato. In realtà, la funzione
primaria dell’intervistatore è quella dell’ascolto, ossia di saper raccogliere, ricevere e tenere
dentro di sé il racconto dell’altro come una forma singolare di incontro e relazione profonda.
In questo modo si invitano i partecipanti ad ascoltare il racconto più che a sentirlo, ad
interiorizzarlo come un dono e un’offerta dell’altro.
Il tempo viene dato dai conduttori, si tratta di 15/20 minuti a testa.
L’intervista, rispetto ad altre forme di narrazione, presenta il vantaggio di collocare
l’intervistato in una posizione di rilevante significato emotivo, in quanto la persona sente
l’importanza del suo racconto per il partner che lo deve raccogliere. Il suo vissuto passato
diventa materiale interessante e perde il carattere di nebulosità che spesso caratterizza i puri
e semplici racconti dell’infanzia.
L’intervista, con le sue domande specifiche, permette alla storia personale di prendere
forma in termini di consapevolezza piuttosto che di nostalgia. L’intervista fornisce la
possibilità di congedarsi da una visione sentimentale dell’educazione ricevuta verso una
visione “reale”, legata al qui ed ora, e genuinamente personale, della propria storia. Questa
visione si presenta frequentemente con i tratti della sofferenza.
In particolare la memoria degli eventuali conflitti favorisce un processo di distanziamento
e di oggettivazione del proprio percorso autobiografico tale da consentire la scoperta,
nell’archivio dei ricordi, di figure e situazioni solo apparentemente giudicati irrilevanti, ma
che ora acquistano una luce più interessante e preparano a nuove possibili scoperte.
C’è spesso nei partecipanti la sensazione di aver incontrato qualcosa di nuovo, qualcosa
che la coscienza mette a fuoco per la prima volta. L’intervista finisce col liberare la zavorra
dei residui infantili, collocando la propria vicenda personale su un piano di responsabilità e
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di dialogo profondo con se stessi.
Nella successiva attività, realizzata mantenendo la disposizione a cerchio, i partecipanti
sperimentano un’ulteriore fase di ricerca. In qualità di conduttore psicodrammatista fornisco
una breve spiegazione sul significato del “gioco come se” e restituisco “doppiando” le
possibili sensazioni di ansia dei partecipanti, valorizzando l’aspetto della curiosità e del
timore che accompagna sempre l’inizio di un nuovo viaggio.
Cerco di creare nell’ambiente un’atmosfera diversa, di raccoglimento, abbasso la luce
e chiedo al gruppo di formare un cerchio stretto e, alle coppie che si sono intervistate, di
rimanere vicine. Il mio intento è quello di aderire all’invito moreniano di costruire un luogo
speciale con accentuate funzioni simboliche e contenitive.
Si può dire che un teatro di psicodramma è tanto più funzionale quanto più è idoneo
ad aiutare ogni persona a sentirsi protagonista o comunque parte importante per la vita
del gruppo, anche grazie alla percezione di un ambiente contenitivo e rassicurante nei
suoi elementi spaziali e percettivi. Una caratteristica del teatro di psicodramma è quella di
presentarsi come un ambiente “differenziato”, cioè come un ambiente capace di creare uno
stacco netto dall’usuale ambiente di vita e di predisporre l’individuo al coinvolgimento nella
situazione psicodrammatica.
Questo stacco è spazialmente determinato da un passaggio ben definito che segna e
distingue l’essere “dentro” dall’essere “fuori” dallo spazio terapeutico (Boria, 1997). Cerco
di comunicare al gruppo la necessità di entrare quasi ritualmente in un luogo speciale, esterno
ma anche interno, che predisponga ad un coinvolgimento emozionale attivo. La comune
aula per la formazione diventerà quel luogo speciale dove ciascuno potrà fare esperienza di
sé e degli altri.
Questa fase costituisce per la sottoscritta un momento di riscaldamento, un modo per
entrare nel ruolo di direttore, uscendo dalla co-conduzione formativa e riservandomi uno
specifico spazio mentale, che mi consentirà di sentirmi emozionalmente viva e di trasmettere
uno stile di conduzione che porterà il gruppo a vivere in profondità la metodologia
psicodrammatica accanto a quella autobiografica.
Inizio secondo un ordine casuale e do l’indicazione a uno della coppia di mettersi dietro
al compagno/a e, dopo avergli/le appoggiato le mani sulle spalle, di raccontare quello che
ricorda dell’intervista partendo da elementi di realtà, ma anche consentendosi di esprimere
eventualmente quello che non è stato verbalizzato ma che lui/lei ha intuito, fidandosi della
propria capacità empatica e di immedesimazione. Incomincia così l’azione.
Si percepisce un clima di tensione carico di impegno, di motivazione, di ricerca, di
estrema attenzione all’altro, come se le parole costituissero un dono prezioso da offrire al
compagno/a.
Generalmente le parole fluiscono in maniera spontanea, liberate dall’azione. Si osserva
talvolta che chi ascolta dalla voce dell’altro il proprio racconto mostra visibilmente segni
di intensa commozione. È un momento in cui accade qualcosa di insolito, di imprevisto, di
nuovo.
Spesso i racconti tra le coppie che si sono scelte sono simili, simili le sofferenze, simili
le modalità di affrontare i conflitti, mentre altre volte le narrazioni di coppia, pur apparendo
molto diverse, paiono votate a una sorta di complementarità.
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Conclusa questa fase di lavoro, il gruppo si predispone alla verbalizzazione del vissuto.
Le mie consegne sono precise e orientate a creare le condizioni e il rispetto della soggettività,
dove la verità di ciascuno ha il diritto di essere espressa e ascoltata senza il giudizio degli
altri e dove ciascuno ha un proprio tempo di partecipazione per esprimersi.
Le emozioni espresse sono intense, è importante curare questa fase in cui si sviluppa la
messa in comune e la possibilità di riconnettersi gli uni agli altri. Si avverte che l’esito della
funzione di doppio ha creato quelle condizioni di reciprocità che hanno consentito e favorito
“incontri”, nell’accezione moreniana del termine. Il rispecchiamento a volte è doloroso, va
a toccare il cuore del conflitto, della vergogna e della colpa, come quella prodotta dall’aver
descritto le proprie figure educative nelle loro mancanze: “Mi sembra di aver violato la
mia famiglia”. Altre volte il rispecchiamento dà valore a figure educative scomparse (in
particolare i nonni), o a figure di insegnanti che hanno inciso positivamente sull’educazione
ricevuta. A volte il conflitto passa sullo sfondo o non emerge. Può accadere che qualcuno,
nel raccontare l’altro, volutamente occulti delle parti per rispetto e per tutelare l’intimità
creatasi nella coppia. Questo avviene nonostante nella consegna iniziale il direttore espliciti
preventivamente un momento di successiva socializzazione dei racconti per consentire a
ciascuno di sentirsi libero di “non dire”, di decidere che cosa raccontare. Nell’intimità della
coppia, infatti, le persone tendono a parlare di sé diffusamente, mentre nel grande gruppo è
possibile che avvertano delle resistenze (senso di invasione, vergogna, derisione…) rispetto
ai contenuti portati, emozioni che li distrarrebbero dal vivere profondamente l’esperienza
di riconoscimento.
L’incontro ha anche un aspetto fusionale, quindi una funzione di doppio nel senso che
il soggetto è in grado di sentire l’altro come se fosse se stesso, quindi di essere, per un
momento, un suo sosia interiore, in una corrente empatica reciproca che Moreno chiama
“tele”. L’incontro è uno dei cardini del pensiero moreniano, che si fonda sulla possibilità
di costruire relazioni basate sulla conoscenza reciproca e sulla profonda accettazione della
reciproca differenza (Cocchi, 1997).
Generalmente i partecipanti sono riconoscenti ai compagni per i doppi forniti, si sentono
rassicurati e capiti; molto raramente in questa fase emergono doppi di confronto, cioè
espressi in modo divergente dalle parole del compagno.
La restituzione più pedagogica dell’altro conduttore, che avvia la conclusione della
prima giornata formativa, introduce gli elementi salienti dell’apprendimento autobiografico.
In tale feedback al gruppo si sottolinea l’importanza di aprire uno spazio di dialogo in cui
riconnettersi con la propria educazione ricevuta, attivando un senso di appartenenza critica.
Questo vuol dire creare degli elementi di distanza diacronica dalla propria storia educativa,
che consentano uno sguardo non solo affettivo, ma anche capace di cogliere le ripercussioni
sul proprio destino personale e sulle proprie competenze. “In che modo l’educazione che
ho ricevuto influenza il mio modo di educare? In che modo l’educazione influenza il mio
personale modo di affrontare i conflitti? Quali sono i pieni e i vuoti che l’educazione mi ha
lasciato? Come posso imparare dall’educazione ricevuta?” sono domande che attivano un
processo di sintonizzazione interna: “La mia storia mi appartiene non solo in senso affettivo,
ma anche come luogo di apprendimento per il mio futuro”. L’intervista e la successiva
attività di doppio hanno rappresentato un primo passo in questa direzione.
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Alla fine di questa prima giornata formativa, la sensazione di tutti è quella che il gruppo
sia cresciuto, che tutto il materiale prodotto rappresenti un repertorio di ulteriori sviluppi per
un personale riconoscimento emotivo e per attivare apprendimenti innovativi.
L’esplorazione dell’educazione ricevuta attraverso le foto
Con una lettera spedita un mese prima dell’avvio di questo secondo modulo di formazione,
i partecipanti hanno ricevuto il compito di reperire da una a tre fotografie riferibili alla loro
“infanzia educativa”, ossia foto che in qualche modo rappresentino momenti significativi
della loro educazione. La regola di non superare le tre foto è tassativa e serve per contenere
il rischio di intasamento e confusione emotiva.
Questa ricerca rappresenta già una prima area di lavoro formativo, in quanto necessita
di due precise azioni. La prima è l’individuazione della collocazione delle foto, ossia il
ritrovamento di queste fondamentali testimonianze nei luoghi dove sono attualmente
collocate. In genere le possibilità sono due: o presso l’abitazione stessa del partecipante o
a casa dei genitori. La seconda operazione è la selezione delle foto, anche se in certi casi
il problema non sussiste in quanto le foto o non ci sono (molto raramente) oppure sono
pochissime. Normalmente si tratta di selezionare le foto che si ritengono più significative
e questo comporta una prima elaborazione emotiva, che fa affiorare un substrato di vissuti
autobiografici in genere rimossi o accantonati. Questa fase di lavoro non è solo un momento
tecnico, ma una vera e propria attività rivelatrice.
Il lavoro formativo successivo consiste nel cercare di guidare i partecipanti nell’analisi
individuale delle proprie foto, aiutandoli ad individuare i passaggi autobiografico-educativi
principali attraverso modalità strutturate.
Il conduttore propone tre livelli di analisi: emotivo, semiologico e semantico ed invita i
partecipanti a sostare sulle loro foto, stimolandoli con precise domande che coinvolgono i
tre livelli (Barman, 1997).
La fotografia nell’azione psicodrammatica
Siamo a metà del percorso formativo e ci addentriamo sempre più nel cuore
dell’esperienza. Il programma della seconda parte della giornata prevede che una delle foto
venga portata sulla scena per la rappresentazione psicodrammatica.
Dopo un’attività di riscaldamento orientata in senso fusionale, percepisco che nel gruppo
c’è un clima di attesa e disponibilità a giocarsi sufficientemente spontanei a mobilitare le
loro energie per mettersi adeguatamente in rapporto con la nuova esperienza.
Chiedo a ciascuno di scegliere la fotografia che in questo momento sente di dover esplorare
più a fondo, di riguardarla e darle un titolo. Poi a turno ciascuno la presenta sinteticamente
al gruppo. Il titolo e i dati essenziali vengono riportati dall’altro conduttore su un tabellone
e i partecipanti procedono alla scelta del protagonista apponendo una crocetta accanto al
titolo preferito.
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È il momento del singolo, del protagonista.
Definisco lo spazio dell’azione con un nastro adesivo colorato che separa il palcoscenico
dall’uditorio, dove i compagni del gruppo si dispongono portandovi la propria sedia. In un
angolo predispongo un bauletto contenente materiale vario (stoffe, piccoli oggetti) e uno
sgabello piuttosto alto che può fungere da balconata. Cerco di porre una giusta enfasi nel
sottolineare questi passaggi.
Va sempre tenuto presente che il contesto formativo è un contesto di apprendimento.
Pertanto è necessario prevedere spazi distinti per l’azione, per l’interazione gruppale, per
la verbalizzazione dei vissuti, per l’elaborazione teorica e per la progettazione tecnico/
operativa. In particolare va marcata ed enfatizzata la distinzione fra spazio teorico/tecnico e
spazio esperienziale/elaborativo (Dotti, 1998).
Ho anche ben presente che per il protagonista e gli altri del gruppo è la prima volta che
vivono un’esperienza simile; questo per me direttore ha il significato simbolico di una specie
di “iniziazione” all’azione, responsabilità affascinante e carica di energia propria del “qui ed
ora” del gruppo. La spontaneità opera nel presente, nel “qui ed ora”, stimola l’individuo ad
una risposta nuova e adeguata ad una situazione già conosciuta (Moreno, 1964).
Mi metto a disposizione del protagonista, tenendo presente anche l’insieme del gruppo,
cercando man mano di sintonizzarmi con le emozioni, che emergono nel protagonista
cercando attivamente un’alleanza, consapevole anche di dover essere garante degli aspetti
tecnici e delle regole fondamentali della metodologia moreniana.
Non mi soffermo sulla descrizione della tecnica della fotografia in quanto ampiamente
conosciuta nell’ambiente psicodrammatico. Mi preme invece riportare un esempio
significativo di una delle attività.
Titolo: “Lo spettacolo”, protagonista Matteo
Nella foto, M. è da solo, all’età di 7 anni. È su un palcoscenico e sta presentando uno
spettacolo per la festa della mamma. Nonostante l’indicazione fosse quella di portare
immagini che li ritraevano insieme ad adulti, M. che si presenta come una persona molto
timida, è fermamente convinto di voler lavorare su quella foto. Dopo una prima riproduzione
fedele dell’immagine, mi accorgo che gli elementi di sfondo, contorni, fotografo, deducibili
dalla foto non aggiungono novità all’esperienza di M., quindi decido di far entrare nella
scena i personaggi significativi del bambino M. e di farli accomodare artificiosamente nelle
prime poltrone della platea. Il protagonista sceglie i genitori, la nonna e una tata, che nella
foto del desiderio partecipano commossi alla rappresentazione ed esprimono nelle didascalie
dell’inversione di ruolo dei messaggi positivi.
Sento però che M. non ha ancora raggiunto un sufficiente livello di integrazione e
che è riscaldato per andare oltre nell’esplorazione psicodrammatica. Gli chiedo quindi di
incontrare nell’attualità i genitori per scattare una nuova foto. In questa nuova scena M.
esplicita l’obiettivo di incontrare i genitori e di voler fare loro delle rivelazioni importanti.
Decide di rimanere sul palcoscenico e dall’alto svela la sua omosessualità. Ha bisogno
di tenersi ad una distanza giusta dalla propria scena per guardarla ed esprimersi. È un
significativo atto individuativo, di svelamento di sé e di forte e chiara esplicitazione di un
conflitto latente. Per comunicare con il padre M. sceglie una sedia vuota e gli dice: “Dovrei
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essere arrabbiato con te, per il tuo suicidio, per il vuoto che mi hai lasciato, ma sento ora di
averti perdonato.”.
Lo sharing che segue è un momento di grande coinvolgimento emotivo che conclude
il lavoro della seconda giornata. La maggior parte dei compagni esprimono a M. molta
gratitudine per il dono che ha loro offerto attraverso questo lavoro. È l’occasione per
riconoscersi reciprocamente, ma anche per differenziarsi.
È il momento della comunione, della catarsi integrativa gruppale, che non comporta la
perdita dei confini personali nel tutto del gruppo, ma fa circolare fra i membri la specificità
dell’esserci e la piena titolarità del suo esprimersi (De Leonardis,1994).
L’educazione ricevuta in azione: la messa in scena di un conflitto autobiografico
Il giorno successivo, che è anche l’ultimo giorno del corso, mettiamo in scena episodi
tratti dalle passate vicende educative dei partecipanti. Come in precedenza il metodo di
lavoro prevede una prima fase di esplorazione autobiografica.
Si chiede a ciascuno di scrivere su un foglio un episodio di conflittualità rintracciato
nella propria storia educativa entrando nei dettagli.
Si tratta di un lavoro sulla memoria. Non è sempre facile reperire ed isolare episodi
rubricati nell’area della conflittualità. È pertanto un’indagine molto soggettiva, a seguito
della quale di solito emergono frammenti che hanno superato la selezione della memoria e si
presentano come molto significativi. È un momento importante di questo lavoro formativo,
in quanto impone a ciascuno un confronto diretto tra le proprie vicende educative ed i
possibili esiti odierni. Non ci sono mediazioni tecniche e socializzanti, ognuno si confronta
con se stesso di fronte al foglio bianco e diventa in quel momento “archeologo” della propria
storia.
Il reperto che questa indagine porta alla luce ha un grande valore simbolico, emotivo e
di riconnessione narrativa. È ciò che resta di un mondo per la gran parte dimenticato, tracce
che la memoria mantiene vive e a cui occorre dare un significato. Questi episodi di ricordi
educativi hanno nella formazione psicopedagogica lo stesso valore che hanno i sogni nel
setting psicoterapeutico.
Il campo è diverso, qui non c’è interpretazione, ma rimane il tentativo di imparare da
queste tracce di memoria a gestire e vivere meglio il presente. È con queste motivazioni che
il compito viene introdotto, incorniciato ed affidato all’impegno di ciascuno.
Dopo un adeguato tempo per la scrittura individuale, viene attivato uno scambio del
racconto fatto in coppia, dove la scrittura favorisce il transito dell’attenzione dalla propria
storia a quella dell’altro e consente interrelazione e il reciproco riconoscimento.
Ricomposto il grande gruppo, si verifica la disponibilità dei singoli a giocare la propria
storia sulla scena. Il protagonista offre spontaneamente il proprio racconto autobiografico
conflittuale al gruppo e al direttore, che si apprestano a coinvolgersi attivamente. Spesso
utilizzo la tecnica del role playing, con il protagonista che sceglie il proprio alter-ego e
costruisce la scena all’interno della quale le persone del gruppo si inseriscono spontaneamente
per assumere i diversi ruoli.
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Sperimentare “ruoli difficili”, come sempre le situazioni conflittuali comportano,
significa per ciascuno sperimentare la possibilità di accedere, in un contesto protetto di
semirealtà, a parti di sé inesplorate e temute. Nel corso della conduzione può accadere che il
protagonista, dal ruolo di osservatore esterno, venga coinvolto progressivamente negli altri
ruoli. A volte accade che nello svilupparsi dell’azione quello che sembrava il “sentimento
centrale conflittuale” del racconto assuma differenti caratteristiche o passi sullo sfondo per
dare spazio ad un nuovo focus inatteso che modifica l’immagine di sé e degli altri nella
vicenda conflittuale.
Nel mio ruolo cerco di sintonizzarmi, per quanto mi è possibile, con questi aspetti e di
individuare nel “qui ed ora” la tecnica che mi sembra più appropriata per consentire agli
aspetti emotivi collegati alle immagini emergenti di confluire unitariamente verso il nucleo
centrale del conflitto. Dentro di me sento un’ambivalenza legata al ruolo di direttore: rimanere
nell’ombra, “non essere presente” sulla scena, e allo stesso tempo essere responsabile degli
interventi di regia che garantiscono il dispiegamento dell’azione.
Il direttore, infatti, nello psicodramma moreniano, per evitare interpretazioni e permettere
l’accadere del qui ed ora dell’azione, si trova a dover rinunciare al (gratificante) ruolo di
interlocutore scenico privilegiato; l’esperienza dimostra come sia faticoso, per chi già non
abbia una consolidata esperienza professionale, rinunciare ad essere il polo di riferimento
dialogico del protagonista (Boria, 1997).
L’azione psicodrammatica vive il suo culmine, non tanto nella rappresentazione
memorialistica, quanto nello sforzo di riparazione. Si tratta di un gioco scenico che mira
all’individuazione di un bisogno legato al desiderio, ossia alla possibilità che nell’azione
di semirealtà si possa decidere per un altro esito, trasformando il conflitto sul piano
dell’integrazione riparativa: “Cosa avresti voluto che facessero? Quali parole, quali gesti
avresti desiderato? Ti do la possibilità di vivere concretamente sulla scena questo tuo
desiderio”. Il desiderio prende forma nelle parole e nei gesti.
Le emozioni si manifestano, assumono forme vibranti di significati, l’incontro con l’altro
(ausiliario) anche nella sua fisicità consente di sentire e di sciogliere finalmente la tensione
in scambi realmente liberatori. L’obiettivo è proprio quello di liberare il passato dalla sua
parvenza minacciosa, dalla sua fossilizzazione psichica che paralizza e impedisce ulteriori
sviluppi.
È un processo di confidenza con la propria storia e con le proprie ferite che prelude a
nuovi apprendimenti emotivi.
L’azione si conclude con il ritorno alla realtà e, ancora una volta, il gruppo si esprime
emozionalmente sull’esperienza.
A questo punto del percorso formativo, che conclude la mattinata, non è più necessario il
richiamo alle regole dell’intersoggettività, in quanto i singoli ne hanno fatto propri i principi
metodologici e sono in grado di assaporare la valenza vivificante dell’autoespressione
all’interno di un clima di diffusa empatia, dove ciascuno, esprimendosi, si vede con gli occhi
degli altri e vede con i propri occhi l’altrui specificità che si esprime (De Leonardis, 1994).
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La rielaborazione psicopedagogica
Nel pomeriggio si svolge l’ultima parte del lavoro formativo che prevede una
rielaborazione psicopedagogica dei vissuti esplorati, utilizzandoli ora come pretesto per
sviluppare l’area del desiderio. È il momento del co-conduttore pedagogista. Ai partecipanti
si propone uno schema, tratto dal repertorio del Centro Psicopedagogico per la Pace, che
permette una riconnessione fra passato e presente.
Ogni storia scritta viene analizzata con l’aiuto di tale schema. Eccone di seguito un
esempio (Fig. 1).
Fig. 1 – Schema per la riconnessione passato-presente (Centro Psicopedagogico per la Pace)
Rielaborazione
Titolo
della storia
La torta negata
Stile/i educativo/i
Area del
Area della responsabilità
del passato
desiderio
(cosa sarebbe stato bene
(con parola chiave) (cosa avresti voluto
che facessero)
che facessero?)
Rifiuto
Maggiore
accoglienza delle
mie ragioni
Stipulare un accordo
chiaro con regole
comprensibili
Si tratta di uno schema che consente di evidenziare con facilità la differenza fra un modello
rielaborativo puramente centrato sulla compensazione dei desideri non soddisfatti, ma
sostanzialmente speculare (“faccio il contrario di quello che hanno fatto a me”), e un modello
che si riconnette col passato senza fissarlo definitivamente come qualcosa di irreversibile,
ma creando le condizioni mentali ed emotive per un cambiamento ed una assunzione di
responsabilità individuale svincolata dalla tirannia dei modelli educativi subiti o ricevuti.
Viene utilizzata, quindi, la “colonna della responsabilità” per evidenziare gli snodi di una
possibile cultura relazionale del conflitto fatta di consapevolezze e strumenti che partono
direttamente dalla storia dei singoli partecipanti. Si tratta di un processo di sintonizzazione
interna che ha una specifica caratterizzazione maieutica volta a far riconoscere a ciascuno
come dentro di sé si trovino tanto i problemi che la loro soluzione.
Conclusioni
L’esperienza descritta dimostra le potenzialità di una sinergia fra lo psicodramma
moreniano e il metodo autobiografico. La combinazione dei due metodi ha messo in luce in
maniera significativa che il modo peculiare di affrontare i conflitti ha una specifica matrice
nelle particolare modalità con cui ciascuno è stato educato a stare nelle divergenze, nelle
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contrarietà, nelle difficoltà relazionali dove è necessario assumere ruoli chiari e individuati.
Lo psicodramma ha mostrato tutta la sua efficacia nel consentire ai partecipanti al gruppo
di accedere al loro “sé conflittuale” in un clima di intersoggettività, confidenza e sicurezza.
Le emozioni spesso pervasive e minacciose del conflitto, hanno potuto, in molti casi,
essere riconosciute e addomesticate dalle varie attività proposte costantemente orientate
all’integrazione di nuove consapevolezze sul piano emotivo e cognitivo, anche collegate
alle vicende autobiografiche di ciascuno.
Dopo tanti anni di conduzione di questo modulo se ne possono dedurre le criticità, aree di
miglioramento, esiti a breve e a lungo termine. Tra le aree critiche riportate dai partecipanti
nelle valutazioni finali compare spesso l’elemento “tempo”. Anche se negli ultimi anni la
formazione del modulo descritto è passata dalle tre alle quattro giornate, non tutti hanno avuto
la possibilità di lavorare quali protagonisti dell’azione scenica e rimane in loro la voglia di
mettersi alla prova e di sperimentarsi sul palcoscenico. In termini di effetti a lungo termine
questo fa sì che le persone spesso ritornino a fare altre esperienze nel teatro di psicodramma
magari anche in corsi non specifici sul conflitto, ma con il desiderio di compiere un’altra
tappa del proprio viaggio di conoscenza di sé.
■
■ BIBLIOGRAFIA
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■ RINGRAZIAMENTI
L’autrice ringrazia Daniele Novara, co-conduttore del percorso formativo presentato e responsabile
del Centro Psicopedagogico per la Pace e la Gestione dei Conflitti di Piacenza, per avere creduto fin
dall’inizio alla possibile sinergia tra il metodo autobiografico e quello psicodrammatico e per averla
nutrita di cultura e di esperienza psico-pedagogica oltre che umana. Ringrazia inoltre tutti i partecipanti
di questa esperienza formativa incontrati nei dodici anni che con tanto coraggio e curiosità si sono lasciati
accompagnare ad esplorare le loro emozioni. Infine, un ringraziamento particolare va a Valeria Maggiali,
allieva e futura psicodrammatista, che in questi anni ha dato all’autrice il piacere di sentirsi “maestra” e
che l’ha aiutata nella redazione di questo articolo.
■ L’AUTRICE
NNA BOERI: formatrice, psicodrammatista, collaboratrice del CPP (Centro Psicopedagogico per la Pace
A
e la Gestione dei Conflitti) di Piacenza (Italia).
E-mail: [email protected]
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