Malattie rare: l`Esofagite Eosinofila (EE)

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Malattie rare: l`Esofagite Eosinofila (EE)
Trieste 25/6/2009
Malattie rare: l’Esofagite Eosinofila (EE)
Responsabile Dottor Stefano Martelossi
Hanno partecipato : Prof. Alessandro Ventura, Prof. Riccardo Troncone, Dottor Federico
Marchetti, Dott.ssa Grazia Di Leo, Dottor Sablic, Dottor Flavio Faletra
L’EE è un disordine primitivo del solo esofago, presente nel bambino e nell’adulto, caratterizzato
da sintomi esofagei (disfagia, food impaction o sintomi reflusso-like e non responsivi al PPI) e da
infiltrazione eosinofila ( > 15 a 400x). L’ incidenza è di circa 1: 10.000, la prevalenza di 4-5:
10000, ed è più frequente nei maschi ( rapporto 4/1).
E’ una patologia “di moda” (187 articoli PUB med negli ultimi 2 anni, ma solo 2 RCT e 14 “clinical
trail) con incremento esponenziale dei casi negli ultimi 5 anni, in parte reale e in parte dovuto al
riconoscimento di una patologia in passato misconosciuta.
Le cause e i meccanismi dell’EE non sono chiaramente definiti: da una parte esiste la correlazione
epidemiologica tra EE e condizioni atopiche (presente nel 30-70% principalmente respiratoria) e la
risposta alla dieta elementare/oligoantigenica che hanno fatto ipotizzare un’origine allergica dell’EE
(alimentare ma anche da pneumoallergeni “ingeriti”), dall’altra parte la presenza di familiarità, la
mancata risposta alla dieta in una parte dei casi (soprattutto adulti) e la dimostrazione di
“disregolazione” , anche geneticamente determinata (seppur su 1 solo studio), di fattori di
chemiotassi e di citochine attivanti gli eosinofili, la inquadrano come un disturbo
primitivo/infiammatorio dell’esofago (e mai di altri tratti dell’apparato GI) e non riflettere invece
ipersensibilità a specifici allergeni.Interessante l’associazione tra celiachia e EE, perlopiù
asintomatica, e sempre risolta dopo dieta senza glutine.In definitiva l’EE può rappresentare un
comune end-point per diversi pathways infiammatori, non solo “allergici”, che portano ad una
infiammazione eosinofila della mucosa esofagea, almeno in parte assimilabile all’asma (l’asma
dell’esofago), basti pensare che nella stessa esofagite peptica l’eosinofilo è presente (seppur in
numero minore).
Anche la terapia dell’EE eosinofila non può di conseguenza essere facilmente codificata; questa
dovrà tener conto di un ciclo di terapia con PPI (o comunque dell’esclusione di una reflusso
gastroesofageo), del fenotipo “allergico” (dieta elementare o oligoantigenica) e della risposta agli
steroidi (inalatori o per via generale), come anche delle pochissime, ma convincenti, almeno
nell’esperienza personale, evidenze di risposta al Montelukast, utilizzabile come farmaco del
mantenimento, ma che ricordiamo non essere raccomandato dalle linee guida AGA.
Nonostante le scarse informazioni sulla storia naturale della malattia la prognosi pare essere buona,
nonostante la possibilità di una evoluzione stenosante.
PROTOCOLLO :
‐
Riconoscimento e inquadramento clinico. Possono essere schematicamente riconosciuti 2
fenotipi clinici di EE: il fenotipo “disfagico”, caratterizzato da disfagia o food impaction,
molto caratteristico e facilmente riconoscibile (bambino grandicello, atopico con food
impaction), e il fenotipo “reflusso like”, più difficile da inquadrare soprattutto nel bambino
piccolo, ma caratteristico quando siano presente pirosi, epigastralgie, dolore toracico con o
senza rigurgiti, non responsivi a PPI.
‐
Diagnosi. La diagnosi di EE necessita di Esofagogastroduodenoscopia, per ricercare i segni
macroscopici (esofago corrugato ad anelli, rigidità, placche bianche aderenti, mucosa
fragile) ed eseguire le biopsie (raccomandate 5 anche nei tratti prossimali), e dell’esame
istologico, che dimostri infiltrato eosinofilo > 15 a 400 x. Nei casi con disfagia la semplice
esecuzione di un Rx esofago con bario può essere di aiuto nell’individuare una stenosi o
segni radiologici di EE (esofago rigido, poco distendibile) ma anche in caso di normalità
andrà eseguita una EGDS. La presenza di patologia atopica rinforza la diagnosi, mentre il
risultato dei prick e forse dei patch test associati, possono essere di aiuto nell’indirizzare la
terapia dietetica.
‐
Terapia. Esistono 2 protocolli proposti in letteratura per il trattamento dell’EE, uno
pediatrico italiano e 1 statunitense per adulti e bambini. In entrambi un ciclo di PPI è
previsto sempre all’inizio della scaletta terapeutica, e la dieta di eliminazione (elementare o
oligoantigenica)
è
sempre
considerato
il
primo
step
terapeutico.
Nel nostro protocollo il ciclo di PPI è considerato il primo approccio nei casi fenotipo
reflusso-like, anche prima di qualsiasi accertamento (PPI test dell’adulto) se sono presenti
pirosi/dolore toracico e rigurgiti, mentre nei casi con fenotipo disfagia/food impaction, dopo
la diagnosi endoscopica/istologica, soprattutto se atopici, vene iniziato trattamento specifico
dell’EE, riservandosi di riconsiderarne l’utilizzo del PPI nei casi non responder alla terapia
dietetica
o
medica.
Il trattamento con dieta di eliminazione verrà iniziato esclusivamente nei soggetti con storia
clinica e/o prick test positivi per allergia alimentare e verrà preferita la dieta oligoantigenica,
(sulla base dei test allegologici). La dieta elementare verrà riservata ai casi non responsivi al
trattamento dietetico e medico.
Il
Il fluticasone dipropionato “fatto male” (ingerito, senza distanziatore, senza bere per almeno
30 minuti) è il trattamento medico di scelta; i dosaggi indicativi sono di 100-150 mcg nei
bambini 2-4 anni, di 250-500 tra 5-10 anni e di 500-800 per età > 11 anni, sempre in 2
somministrazioni, trattamento da utilizzare come medio termine (2 mesi). Lo steroide per
via generale (prednisone 1 mg/kg os) trova indicazione nei casi con esordio clinicamente
grave (disfagia importante, food impaction con rimozione endoscopica) o in presenza di
stenosi,
in
questo
caso
prima
di
una
eventuale
dilatazione.
Il Montelukast (10 mg/die eventualmente aumentabile a 30 mg/die) trova oggi spazio nei
pazienti
dopo
la
seconda
ricaduta
alla
sospensione
dello
steroide.
La terapia dovrà essere mirata principalmente ai sintomi, senza inseguire la guarigione
endoscopico/istologica, ma un esame endoscopico dovrà essere comunque eseguito dopo 2
anni sia nei soggetti asintomatici sia nei soggetti con persistenza dei sintomi o ai cambi
terapeutici per valutazione della possibile progressione della malattia e per la conosciuta
possibilità di dissociazione tra presenza di sintomi e aspetto endoscopico/istologico.
Nei soggetti nei quali viene utilizzata la dieta, soprattutto se elementare ma anche
oligoantigenica, si consiglia l’esecuzione di una esofagogastroduodenoscopia per valutare la
possibile guarigione endoscopico/istologica prima di avviare un trattamento dietetico a
lungo termine.