Rassegna stampa di domenica 13 novembre 2016
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Rassegna stampa di domenica 13 novembre 2016
Rassegna stampa di domenica 13 novembre 2016 ID Data Quotidiani Categoria Ambito La Nazione Infrastrutture Firenze Via' aeroporto, decolla lo scontro 16 13-nov-16 La Repubblica Infrastrutture Firenze La Via di Peretola che non arriva. Galletti-Rossi, scambio di accuse 16 13-nov-16 Corriere della Sera Infrastrutture Firenze Peretola, il ministero scarica i ritardi sulla Regione 16 13-nov-16 La Nazione Infrastrutture Firenze Cittadella, investimento da 450 milioni. Vincoli aeroportuali, lo stadio si sposta Ulivelli Ilaria 21 13-nov-16 La Nazione Cronaca Firenze “Distretto viola”, Campo di Marte rinasce sotto il segno del calcio Ulivelli Ilaria 17 13-nov-16 La Nazione Rischio Idraulico Firenze Quattro 'casse' per domare l'Arno. Ma non le avremo prima del 2019 Ciardi Lisa 17 13-nov-16 La Nazione Rischio Idraulico Firenze “Fogne e fiumi, troppe criticità. Investire nella manutenzione” Mazzei Alessandro 13-nov-16 Corriere della Sera Finanze Firenze Airbnb, Palazzo Vecchio ora rifà i conti 11 13-nov-16 La Repubblica Politica Toscana Il patto della cannabis tra i massimi del piddì 11 13-nov-16 Corriere della Sera Politica Referendum, il giallo delle lettere. Il No denuncia. Alfano: i dati a tutti 11 13-nov-16 Corriere della Sera Politica Parte da piazza Santa Croce la sfida di Salvini a Renzi Fatucchi Marzio 11 13-nov-16 La Repubblica Politica Salvini riempie la pizza e lancia la sfida a Renzi: “Firenze non sta con te” Ferrara Ernesto 11 13-nov-16 Il Sole 24 Ore Politica Salvini si candida leader, gelo di Berlusconi 11 13-nov-16 Corriere della Sera Politica Parisi: “Non siamo la roba di Firenze”. E Berlusconi: unità 11 13-nov-16 La Repubblica Politica Le due destre 11 13-nov-16 Corriere della Sera Politica Parisi. “Forza Italia ha scelto, male. I moderati vengano da noi” 11 13-nov-16 La Nazione Politica Martino. Berlusconi sbaglia: il proporzionale è da Prima Repubblica 11 13-nov-16 La Repubblica Politica Nei tempi bui del populismo Renzi deve accelerare sulle riforma 11 13-nov-16 L'Espresso Politica Hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato sinistra 11 13-nov-16 L'Espresso Politica 16 13-nov-16 6 Roma Titolo articolo E' gran festa nella Roma nera Giornalista Ulivelli Ilaria Vanni Massimo F. M. Fatucchi Marzio Russo Pippo Trocino Alessandro F. B. Di Caro Paola De Marchis Goffredo Bonciani Mauro Ferruggia Alessandro Scalfari Eugenio Manfellotto Bruno Pardo Denise Autorità di Bacino Fiume Arno - Pagina 1 14/11/2016 T ra i e Ga lle tti ' Via ' Decofla lo scontro A pagina 7 UIR.. -- -jU.;, A uqurtaüroiolao.iLr.caRo .i ........ .. M RMSM- 0 roporto, il ministro attacca boss «Colpa vostra se la Vip e in ritardo» Reg i one : « nostri uffici non hanno ch iesto i di ILARIA ULIVELLI DALL'UNITÀ di intenti alla rissa istituzionale il passo è stato più breve del previsto. Anche inaspettato. Giovedì sera il vertice Pd aveva sancito la pax toscana: sulle grandi infrastrutture, tutti dalla stessa parte. Nessuna polemica. Poi, dopo che il governatore Rossi aveva sollecitato il governo per accelerare la valutazione d'impatto ambientale per far partire lo sviluppo dell'aeroporto di Peretola, attesa da un anno di rinvio in rinvio, ieri è partito il missile ministeriale insieme alla contraerea della Regione. «IL PROCEDIMENTO di valutazione dell'impatto ambientale sul progetto per l'aeroporto di Firenze è estremamente complesso e vede molti soggetti istituzionali coinvolti a vario titolo», spiega stizzito il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti. Il procedimento è complesso, serve tempo. Eppure era stato lui, non più tardi della fine di agosto, che a Palazzo Vecchio aveva detto che la Via sa- II ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti risponde con una nota avvelenata al sollecito del governatore Rossi sulla Via per l'aeroporto rebbe arrivata a giorni. Sono passati due mesi e mezzo, intanto, prima della nota ufficiale con cui il governo rimbalza la colpa alla Regione. «Il calendario dei lavori previsto dalla Commissione Via spiega Galletti - ha subito di recente uno slittamento temporale a seguito di una richiesta della Regione Toscana, tramite il proprio rappresentante ufficiale, per poter approfondire alcuni aspetti tecnici ritenuti rilevanti». Proprio su questo punto al presidente della Regione Enrico Rossi salta la mosca al naso. La verifica è immediata. «Sentiti gli uffici regionali e il dirigente del settore che rappresenta la Regione Toscana nella Commissione Via, si esclude con certezza che vi sia mai stata alcuna richiesta d'approfondimento», risponde la Regione con una nota al ministro dell'ambiente. BOTTA e risposta a distanza. Non è un buon sintomo. Anche perché Rossi aveva parlato a Viareggio martedì sera con il premier Renzi e sulle infrastrutture toscane c'era stata una solidale stretta di mano. «Non è compito di un ministro `imporsi' con i tecnici continua nella nota Galletti - Se lo facessi violerei la legge, visto che la Commissione Via è organismo tecnico autonomo che prescinde da valutazioni di tipo politico e fa riferimento esclusivo a dati scientifici di sostenibilità ambientale dell'opera». Un'altra fiammata alla quale la Regione risponde con pacata fermezza che «l'autonomia dell'organismo tecnico é un principio condivisibile». Ma questa levata di scudi sicuramente non ci voleva. ®,> Il punto Tutti d'accordo Giovedì sera il vertice Pd aveva sancito la pax toscana: sulle grandi infrastrutture, tutti dalla stessa parte. Nessuna polemica. Rossi aveva incontrato anche il premier con stretta di mano sulle grandi opere L'accelerazione Venerdì il governatore Enrico Rossi aveva chiesto al governo un'accelerazione sul procedimento di valutazione d'impatto ambientale per lo sviluppo dell'aeroporto di Peretola, atteso da un anno Risposta e smentita Il ministro Galletti ieri ha scritto che è stata la Regione a chiedere un approfondimento, ma Rossi ha smentito che dagli uffici regionali siano mai partite richieste di approfondimento IL GOVERNATORE AVEVA SOLLECITATO IL GOVERNO PER VELOCIZZARE LA VALUTAZIONE D'IMPATTO AMBIENTALE PER L'AEROPORTO ATTESA DA UN ANNO IL MINISTRO HA RISPOSTO CON UNA NOTA AL VELENO Via di Peretola cine non arriva Gal eti: Rossi, scambio di accuse Il ministro incolpa la rappresentante toscana in Commissione. La Regione replica che è falso TELEFONATEVI EMUOVETEVI SANDRO BERTUCCELLI UESTO giornale ha sollecitato la politica a tornare a fare presto e bene il suo mestiere. La tela di Penelope in cui stentano le opere pubbliche strategiche rende indispensabile che chi svolge funzioni di governo a ogni livello si adoperi per sbloccare lo stallo. A conferma di quanto fossimo nel giusto arriva l'ultimo disarmante rimpallo di responsabilità tra governo e Regione. La Via dell'aeroporto non arriva? Il ministro Galletti "accusa" la rappresentante della Regione nella commissione. La Regione la difende e replica che è falso. Non se ne può davvero più. Telefonatevi più spesso, mandatevi più email, più sms. Ma muovetevi. AEROPORTO, scontro frontale tra il presidente della Regione Rossi e il ministro dell'ambiente Galletti. Uno scontro che si gioca attorno alla Via per l'aeroporto, attesa ormai da un anno e mezzo: «È la Toscana che ci ha chiesto il rinvio», accusa Galletti. «No, tutto falso», replica la Regione. Colpito dalle accuse di lentezza avanzate il giorno prima da Rossi a proposito della «Valutazione d'impatto ambientale che si attende da molto tempo», il ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti tira fuori l'asso dalla manica: «Il calendario dei lavori della Commissione Via ha subito di recente uno slittamento temporale a seguito di una richiesta della Regione Toscana, tramite il proprio rappresentante ufficiale, per poter approfondire alcuni aspetti tecnici ritenuti rilevanti», annuncia il ministro con una nota ufficiale. Solo che a ruota arriva la smentita ufficiale della Regione. VANNI A PAGINA III Tra Gallettï e Rossi è scontro frontale «È la Toscana che ci ha chiesto il rinvio». «No, tutto falso». Sull'aeroporto è scontro frontale tra ministero e Regione. Colpito dalle accuse di lentezza avanzate il giorno prima dal governatore Enrico Rossi, a proposito della «Valutazione d'impatto ambientale che si attende da un anno e mezzo», il ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti tira fuori l'asso dalla manica: «Il calendario dei lavori della Commissione Via ha subito di recente uno slittamento temporale a seguito di una richiesta della Regione Toscana, tramite il proprio rappresentante ufficiale, per poter approfondire alcuni aspetti tecnici ritenuti rilevanti», annuncia il ministro con una no- ta ufficiale. Come dire, il presidente toscano ha perso un'ottima occasione per tacere. Solo che a ruota arriva la rettifica. In Regione scatta la verifica, si cerca il direttore dell'ambiente, il dipartimento di cui fa parte Carla Chiodini, la dirigente della Via chiamata in ballo dal ministro. E alla fine si dirama la smentita della smentita: «Premesso che quello dell'autonomia dell'organismo tecnico è un principio condivisibile, sentiti gli uffici regionali e il dirigente del settore che rappresenta la Regione Toscana nella Commissione Via, si esclude con certezza che vi sia mai stata alcuna richiesta d'approfondimento», si legge nella nota diffusa dalla Regione. È comunque uno scambio che rivela un clima di crescente nervosismo attorno ad uno snodo fondamentale per la Toscana, perché proprio dalla Via ci si attende il sì che potrebbe sbloccare la nuova pista parallela all'autostrada. E, per proprietà transitiva, perfino il bosco di mitigazione dell'inceneritore e lo stadio alla Mercafir (se sarà positiva la Via azzererà il progetto Castello e Unipol darà l'okay al trasferimento del mercato generale sui propri terreni). E il ministro Galletti sente anche il bisogno di spiegare: «Il procedimento di Via sul progetto per l'aeroporto di Firenze è estremamente complesso e vede molti soggetti istituzionali coinvolti a vario titolo». E aggiunge: «Non è compito di un ministro 'imporsi' con i tecnici: se lo facessi violerei la legge, visto che la Commissione Via è organismo tecnico autonomo che prescinde da valutazioni di tipo politico e fa riferimento esclusivo a dati scientifici di sostenibilità ambientale dell'opera». Al netto degli scambi, resta però il fatto che la Via dell'aeroporto ancora non c'è. E che da un anno e mezzo ormai si attende la conclusione della procedura: è normale che, fatta salva la «complessità» di cui parla il ministro Galletti, i tempi della burocrazia italiana per una Valutazione d'impatto ambientale, siano questi? IL MINISTRO Gian Luca Galletti responsabile dell'Ambiente Peretola il nu*m*stro scarica i ritardi sulla Regione , Il ministro Galletti: hanno fatto slittare la valutazione di impatto ambientale. La replica: tutto falso Aeroporto, da Roma parte l'accusa alla Regione per il ritardo nel via libera al nuovo scalo. E dalla Regione l'accusa viene rimandata al mittente. Un rimpallo di responsabilità al cui centro c'è la valutazione di impatto ambientale (Via) al progetto inviato da Toscana Aeroporti al ministero dell'ambiente. La Via è negli uffici del ministero da oltre un anno. Ogni settimana o quasi rumors della sua approvazione rimbalzano a Firenze: ma finora si è trattato, appunto, solo di rumori. Ieri il ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti, per rispondere alle accuse del presidente Rossi che aveva ricordato questo ritardo, ha rimandato la palla alla Regione. Con una nota ufficiale: «II procedimento di Via sul progetto per l'aeroporto di Firenze è estre- mamente complesso e vede molti soggetti istituzionali coinvolti. Il calendario dei lavori previsto dalla Commissione Via ha subito di recente uno slittamento temporale a seguito di una richiesta della Regione Toscana, tramite il proprio rappresentante ufficiale, per poter approfondire alcuni aspetti tecnici ritenuti rilevanti». E Galletti poi ricorda che «non è compito di un ministro "imporsi" con i tecnici: se lo facessi violerei la legge, visto che la Commissione Via è organismo tecnico autonomo che prescinde da valutazioni di tipo politico e fa riferimento esclusivo a dati scientifici». La Regione non ci sta e pure lei risponde con una nota ufficiale: «Sentiti gli uffici regionali e il dirigente del settore che rappresenta la Regione Toscana nella Commissione Via, si esclude con certezza che vi sia mai stata alcuna richiesta di approfondimento». L'unica cosa su cui sono d'accordo, Regione e Galletti, è che «quello dell'autonomia dell'organismo tecnico è un principio condivisibile». Ma il ritardo non nasce da una richiesta di Palazzo Sacrati Strozzi: da marzo si attende una nuova riunione, raccontano gli uffici regionali, della Commissione Via per valutare il nuovo materiale richiesto dopo quella data. Niente novità a breve, questo è il risultato dell'ennesimo scontro sulla nuova pista parallela e il progetto di sviluppo. E l'unica cosa certa è che, dopo le richieste di approfondimenti sulla Via, il costo dell'opera è arrivato a sfiorare i 400 milioni di euro, per le difficoltà di mettere in sicurezza idrogeologica l'area. Lo spostamento del Fosso Reale e la mancata possibilità di «alzare» lo svincolo autostradale sotto cui già oggi passa obbliga infatti a costruire due nuovi canali, di cui uno deve rientrare verso il vecchio percorso finora usato per portare via l'acqua da quella zona alluvionale. E i costi schizzano. M.F. © RIPRODUZIONE RISERVATA L'aeroporto di Peretola ancora in attesa di una svolta Il governatore Enrico Rossi Cittadella, invesfimc»nto da 450 mïlioni Vincoli aeroportuäli: lo stadio si sposta Il progetto preliminare sarà presentatofra un mese a tutta la città di ILARIA ULIVELLI TRA MESE la Fiorentina presenterà il progetto preliminare della cittadella viola. Potrebbe slittare di qualche giorno la data del grande evento di presentazione ai tifosi, se il 10 dicembre il sindaco Nardella non riuscirà a rimandare un impegno a Roma. Parliamo del progetto preliminare, che è costato alla società viola circa 2 milioni di euro, e non del progetto definitivo, che complessivamente ne costerà più o meno 9. Quello arriverà solamente quando Palazzo Vecchio comunicherà ufficialmente che l'area di Novoli è libera e che lì si può costruire il nuovo stadio, ovvero quando si saprà il nuovo indirizzo della Mercafir. Lo stadio, a parte l'involucro esterno, ancora da decidere, ricalcherà quello di Bordeaux. Il progetto è del tutto simile a quello presentato a Palazzo Vecchio nel luglio 2014, con una sola variazione: lo stadio sarà spostato a est di 70 metri per non entrare in conflitto con le norne di sicurezza aeroportuali. GLI INVESTITORI chiedono certezze e non potrebbe essere diversamente, dato che dai 320 milioni di euro previsti inizialmente, l'investimento per la cittadella viola è schizzato a quota 450 milioni. I motivi? La falda a Novoli è superficiale, a cinque metri di profondità si trova l'acqua, e per costruire in falda servono più soldi. E' possibile che la cifra sia destinata a crescere ulteriormente, non per questo manca chi ci crede. Sono già molti i part- ner che si sono fatti avanti con la Fiorentina per la realizzazione del progetto. Non solo cinesi e arabi, nella lista ci sono anche grandi società italiane: nessuna di Firenze. Tempi? Il progetto preliminare arriverà tra un mese. Poi entro fine novembre, quando scadono le prime licenze a costruire a Castello, concesse nell'ambito della convenzione ricontrattata nel 2005, Unipol dovrebbe dare una risposta che potrebbe essere risolutiva per il futuro della Mercafir e dunque anche della cittadella. Se i mercati generali potranno spostarsi a Castello, in questo caso anche con il favore della totalità dei grossisti, il più sareb- be fatto. Anche se l'iteramministrativo - con ben due varianti urbanistiche necessarie - rischia di portarsi via un anno intero: il 2017. Ma la cittadella viola non è più un sogno nel cassetto, il progetto è molto concreto, e si basa sulla volontà della Fiorentina di avere uno stadio di proprietà. Secondo studi economici, neppure troppo complessi, avere un impianto di proprietà rende soldi, fa fare punti e dunque instaura un circolo virtuoso che si chiama business. Basta avere un calcolatore alla mano oppure un tantino di spirito d'osservazione, per notare come i precedenti in tutt'Europa, ma anche in Italia, confermino II presidente esecutiva della Fiorentina Mario Cognigni insieme al presidente onorario della società viola Andrea Della valle la tendenza. Un esempio è quello della Juventus: nell'ultima stagione giocata all'Olimpico, lo stadio in affitto aveva reso alla società bianconera 11 milioni di euro, nella prima stagione allo Stadium ne ha resi 51, con un incremento del 500 per cento. Da quando gioca nel nuovo stadio, la Juventus ha sempre vinto il campionato. Un caso? La cittadella viola comprende, insieme allo stadio, la realizzazione di 77mila metri quadri da sfruttare commercialmente e 11 mila di alberghi e strutture ricettive: il core business si sposta, non è più unicamente sportivo. Con più soldi, la società sportiva, che a quel punto può deci- alazzo Vecchio aspetta una risposta da Unipol entro la fine del mese li. SECONDO STUDI ECONOMICI, LE SOCIETÀ CON STADIO DI PROPRIETÀ DECUPLICANO GLI INCASSI FACENDO PARTIRE IL CIRCOLO DEL BUSINESS LE SOCIETA PIU FORTI POSSONO DECIDERE DI QUOTARSI IN BORSA: UN AFFARE CHE NON PERDONA. PREMIATE SOLO LE PIÙ POTENTI NON C'E ANCORA UNO STUDIO DI FATTIBILITÀ, MA L'IDEA DEL 'DISTRETTO VIOLA ' t NECESSARIA PER LA CRESCITA COMPLESSIVA DELLA FIORENTINA POTREBBE SLITTARE DI QUALCHE GIORNO RISPETTO AL 10 DICEMBRE IL G RANDE EVENTO DI PRESENTAZIONE DEL PROG ETTO PRELI M INARE DELLA CITTADELLA VIOLA dere di quotarsi in borsa, può diventare più forte sul mercato. Il processo di finanziarizzazione del calcio è darwiniano e premia solo le migliori: ma i club più solidi si dimostrano capaci di attrarre investimenti dettati non solo dalla passione sportiva. Non c'è nuovo stadio senza cittadella. Questo è l'assunto. E sta pure nella legge sugli stadi firmata da Nardella parlamentare che dà la possibilità per chi realizza impianti sportivi di costruire anche interventi urbanistici che risultino funzionali al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'intervento. Stadio modello Bordeaux Posti a sederC- 40mila tutti coperti: 450 Milioni di euro 2 p?zi re'~,m,,rr_iat:: 77rni€a metri quadri FlE efflill ç, ïIIUtt.'iJ ' rirr_ .11L' _. 11 mila metri quadri Entrc .;r mr : ,-r, pr^,^rst.,t i! progctro arof.=mir.a-.. (costo 2 mitìoní di curo) l.'GS`o F• OCi ?t? L fÍr1i?IVi?: 9 miliani di euro OBIETTIVO DELLA FIORENTINA È RIUNIRE IL SETTORE GIOVANILE PER TENERE SOTT'OCCHIO I TALENTI uistretto vi ', uampo di Marte rinasce sotto il segno del calc io TALENTI di casa da far crescere al Campo di Marte, per poterli osservare tutti insieme, per dare organicità al settore giovanile. Obiettivo della Fiorentina è puntare anche sul vivaio: il mondo italiano del pallone sa quanto il progetto sia non tanto necessario quanto ormai indispensabile. E in tal proposito la politica di `cantera' - così la chiamano gli spagnoli che sono stati i primi già nel 1912 ad adottarla - messa in cantiere dalla società viola farà rinascere sotto il segno del calcio il quartiere più sportivo di Firenze, il Campo di Marte. NON c'è ancora uno studio di fattibilità presentato, ma l'idea del `distretto viola' è necessaria per la crescita complessiva della Fiorentina: non è pensabile che una società di questo livello non disponga di un vero centro sporti- % h ,1 <'6 ß;;7a Un grande 'distretto viola' al Campo di M arte per riunire il settore g iovanile ora disperso su campi lontanissimi fra loro . Tirare su giovani talenti, accog liendo in un Campus unico dai pulcini agli allievi, è uno degli obiettivi della Fiorentina vo e sia costretta a far giocare i giovani in campi sparpagliati per tutta Firenze e molto distanti fra loro. Non mancano le difficoltà realizzative, ma vediamo nel dettaglio come si potrebbe realizzare il progetto parallelo a quello della costruzione della cittadella viola a Novoli. Il distretto viola dovrebbe poter contare su uno spazio molto ampio che va dallo stadio di rugby Padovani allo stadio del baseball, dal «Cerreti» a tutta la porzione del centro sportivo ex campini. In quest'area sarebbe concentrato tutto il settore giovanile, dal pulcini agli allievi, per avere sott'occhio la crescita dei calciatori dagli 8 ai 16 anni quando possono essere tesserati dalle con contratti professionistici. Oltre ai campi di calcio, agli spogliatoi, sarebbe necessario realizzare un grande centro sportivo e una foresteria (ora il `convitto' per giovani calciatori che abitano lontano da Firenze è in via Carnesecchi). L'IDEA del `distretto viola' sarebbe centrata sull'intera porzione di Campo di Marte per realizzare una sorta di cittadella del calcio. Un modo anche per tenere in vita il quartiere dopo che lo stadio si sarà svuotato. Il Franchi abbandonato rischierebbe il collasso. Necessita di essere riempito di attività. Fra queste potrebbero esserci quelle del rugby, dal baseball, delle società che uscirebbero dagli attuali contenitori per far spazio al distretto viola. Non è facile ma è indispensabile. Per questo la Fiorentina ci sta lavorando e ha già sottoposto l'idea all'amministrazione comunale. Ilaria Ulivellì 'BATTAGL I A PER LA S I CUREZZA altro `casse' per d 1 non le avre a ßc12019 Le opere lungo il fiume principale e la Sieve terranno 25 milioni di metri cubi Lisa Ciar i ,FIRENZE UNA VOLTA completate conterranno 25 milioni di metri cubi di acqua. Un quantitativo pari a quello di 10mila piscine olimpioniche. Ma per vedere finite le quattro casse di espansione di Figline (Firenze), lungo il fiume Arno, c'è ancora da aspettare. La brutta notizia è che l'ultimo lotto sarà finito non prima del 2019. La buona che, nel frattempo, anno dopo anno, nuovi pezzi del puzzle andranno a regime e il quantitativo di acqua che potrà essere trattenuto continuerà ad aumentare. Già oggi si può parzialmente utilizzare (ma solo in caso di vera emergenza) una porzione della Pizziconi 1, cassa che sarà inaugurata a marzo prossimo e potrà contenere da subito 3,5 milioni di metri cubi di acqua, arrivando poi a 4,2. Seguirà, entro il 2018, la Pizziconi 2, termine che non indica una nuova cassa, ma un'ottimizzazione della prima, inclusa una più funzionale «opera di presa» per far entrare l'acqua dell'Arno nel grande bacino artificiale. PARALLE LO , i lavori dovrebbero iniziare nelle altre tre casse: la Restone (15,9 milioni di euro per un'area di 115 ettari in grado di contenere 5,5 milioni di metri cubi di acqua) collocata proprio di fronte alla Pizziconi, sulla sponda opposta dell'Arno, e le Leccio e Prulli, più a valle (50,2 milioni di euro di costo complessivo per invasare 13,5 milioni di metri cubi di acqua in 292 ettari di terreno), entrambe in destra idraulica (ovvero guardando il fiume con le spalle al- la sorgente). mPER AVERE un termine di paragone - spiega l'ingegnere Francesco Gabellini, funzionario della Difesa del Suolo della Regione per un evento simile al 1966 arriverebbero oggi a Firenze 3.700 metri cubi di acqua al secondo. Con le casse di Figline scenderemo del 10% arrivando a 3.400 metri cubi al secondo». Va detto però che dal 1966 a oggi c'è stato un enorme boom urbanistico, con edificazioni selvagge anche in zone a rischio, perché molto «basse». È quindi fondamentale riuscire a trattenere più acqua possibile do- ve non faccia danni. In questa direzione vanno l'innalzamento della diga di Levane (9 milioni di inc) e le casse di espansione sulla Sieve (altri 9 milioni), che però finiranno fra il 2020 e il 2022. Tempi previsti sulla carta, al netto dei possibili ritardi che in passato sono stati grandissimi. «Purtroppo si tratta di opere complesse su aree enormi - continua l'ingegnere Gabellini - e dobbiamo spesso fare i conti con espropri, linee elettriche, cavi e interferenze con tutte le infrastrutture che si trovano in aree abitate». Gli intoppi sono in agguato. Ma l'Arno non aspetta. fácqgeLlo P@an di Se - ;r,F4191 Le ['.:755€' {Ìf ,C,äi 51C+f;P Æ;AUJI9N[i19ANN; Quuro axl pcr,homro 1 Am 11o nno, le .mumo piim, di'09 2017 e 201 8 Il primo lotto della cassa di espansione Pizziconi, costo 18 milioni di euro, sarà inaugurato nel marzo del prossimo anno. Nel 2019 sarà ottimizzata e alla fine delle opere avrà una capacità di 4,2 milioni di mc 2019 Per realizzare le casse di espansione Leccio e Prulli (capacità complessiva di 13,5 milioni di mc, costo 50 milioni) e la Restone (capacità 5,5 milioni di mc, costo 16 milioni) la fine dei lavori è prevista per il 2019 2020 e 2022 Nel 1966 a Firenze arrivarono 3. 700 metri cu b i d i acq ua al seco nd o. Con le casse d i Fi line si scenderebbe del 1 0% Si tratta di opere complesse su aree enorm i e p erciò si d evono s p esso farei conti con espropri e imprevisti L'innalzamento della diga di Levane di 5 metri, che consentirà di contenere 9 milioni di mc (costo 25 milioni), sarà terminato nel 2020. Altri 9 milioni saranno contenuti dalle casse sulla Sieve: fine lavori il 2022 DIRIMPETTAI D'ARNO Gli ingegneri Francesco Gabellini e Oreste Tavanti, dall'area della Pizziconi mostrano l 'altra sponda del fiume, dove sarà realizzata la cassa d'espansione Restone La diga di Levane L'Arno in una recente piena sotto Ponte Vecchio PER EVITARE NUOVE ALLUVIONI , SPIEGA ALESSANDRO MAZZEI, BISOGNA AVER CURA DEI FIUMI ANCHE QUANDO NON STRARIPANO bgne e fiumi, toppe critici vestire Nella manutenzione» ® . ione piano da 385 m l on per l Amo p ù 7. G, ' IL 4 NOVEMBRE 2016 è stata una data importante per il servizio idrico della Toscana : ci ha ricordato i drammatici eventi che hanno colpito molte parti della nostra regione 50 anni fa e ci ha restituito il lungarno Torrigiani. Le alluvioni del `66 hanno insegnato che molto può essere fatto per prevenire tali disastri e limitare le loro conseguenze ; ma ci hanno anche insegnato che bisogna aver cura dei nostri fiumi anche quando non straripano e quindi bisogna depurare le acque di scarico che versiamo nei fiumi e nel mare. HA RAGIONE Vannoni a dire che bisogna investire in questi settori: è per questo che come Autorità idrica toscana, appena un mese fa, abbiamo approvato i nuovi piani degli investimenti per il periodo 2016-19 dei gestori toscani del servizio idrico integrato . Nei piani sono previsti investimenti per quasi 600 milioni di euro in quattro anni per la fognatura e depurazione di tutta la Toscana, di cui 385 milioni riguardano l'asta dell'Arno. Sono stati individuati 136 interventi per collettare e depurare circa 550 scarichi fognari che attualmente vanno a finire i i nell'Arno o nei suoi affluenti senza alcun trattamento. Tutte queste opere ci consentiranno di evitare le pesanti sanzioni europee, ma soprattutto ci consentiranno di avere un fiume e un ambiente più puliti. Il crollo del lungarno Torrigiani ha messo a nudo la fragilità del nostro sistema di approvvigionamento e di distribuzione dell'acqua potabile, fragilità che peraltro come Ait denunciamo da anni: le nostre reti sono vecchie e investiamo troppo poco per la loro sostituzione e manutenzione straordinaria. La sola tariffa del servizio idrico non basta a superare il ritardo che ci portiamo dietro. Ma il crollo del Lungarno ha anche evidenziato un'altra criticità: lo scarso livello di monitoraggio delle reti e del loro funzionamento idraulico. Anche su questo fronte il quadriennio 2016-2019 potrà rappresentare una svolta: insieme al Comune abbiamo chiesto e ottenuto che Publiacqua inserisse nei suoi programmi di investimento un piano di distrettualizzazione e monitoraggio dell'intera rete fiorentina di distribuzione dell'acqua. Alessandro Mazzei direttore generale Autorità idrica toscana i ' i . ii fi ume d íventò nero Venen fi presentaz í one IL LI B RO di Giovanni Morandi "Poi il fiume diventò nero ", edito da Bompiani sarà presentato in occasione dell'incontro sul tema "Gavinana prima e dopo quel giorno". L'incontro si terrà venerdì alle 17,30 al circolo Vie Nuove, viale Giannotti 13. Parteciperanno Alfredo Esposito presidente del Quartiere 3, Pieraldo Gori, Franco Pieraccioni e Giovanni Morandi. Anche Pontassieve non dímentíca I OCCASIONE dei 50 anni dall'alluvione a Pontassieve si è tenuto il convegno «Com'era l'acqua. Scuola e territorio», dedicato a Idana Pescioli. A fine mattinata sono stati consegnati i riconoscimenti all'ex sindaco Enso Boscherini e al generale dei carabinieri Lamberto D isibio, che nel'66 era in comando a Pontassieve. *M Sono stati i nd ivi d uati 136 int erventi per dep urare 550 scarichi fog nari che vanno a finire nei corsi d 'acq ua TANTISSIMI I FIORENTINI CHE OGNI GIORNO CONTINUANO AVISITARE LA MOSTRA SULL'ALLUVIONE ALLESTITA DA LA NAZIONE L'OCCASIONE CHI NON E ' ANCORA RIUSCITO A VISITARE LA MOSTRA PUO' FARLO OGGI DALLE 9.30 ALLE 18 PER L'APERTURA STRAORDINARIA M PRIME PAGINE, FILMATI ORIGINALI E SUPPORTI M ULTIMEDIALI PERMETTONO DI RIVIVERE L'ALLUVIONE CHE COLPI' LA CITTA' NEL 1966 Airbnb, Palazzo Vecchio ora rifà i conti La norma anti evasione del Parlamento porterebbe 3 milioni in più. Ma Renzifi ena: no se è una nuova tassa In due giorni Palazzo Vecchio è passato dalla felicità al gelo (ma ancora con una punta di ottimismo) su Airbnb e la nuova normativa che prevedeva la cedolare secca (il 21%) sugli affitti tramite la piattaforma web. Non tanto per le tasse che gli «host», i proprietari, avrebbero pagato ma per il fatto che Airbnb sarebbe diventata responsabile in solido della eventuale evasione fiscale così prevedeva l'emendamento approvato in commissione finanze al Camera. Lo strumento perfetto per far emergere tutto il «nero», e quindi far schizzare in alto il pagamento della tassa di soggiorno. Conti alla mano, l'assessore al bilancio Lorenzo Perra aveva ipotizzato che si potesse passare ad incassare dagli attuali 1,5 milioni di euro l'anno a tre volte tanto, oltre 4-4,5 milioni. «Una stima prudente» conferma Perra alle 12.15. Poi, dieci minuti dopo, arrivata la gelata da Roma. «Nessuna nuova tassa in legge di bilancio, nessuna. Nemmeno Airbnb. Finché sono premier io, le tasse si abbassano e non si alzano #avanti» twitta il presidente del Consiglio Matteo Renzi dopo gli attacchi arrivatigli dal centrodestra che indicava questo provvedimento come un aumento della pressione fiscale. Una bocciatura? Forse solo un rinvio, perché in realtà la cedolare secca sarebbe stata (per chi fa l'attività in modo professionale) addirittura un abbassamento delle tasse. E forse alla fine ce la farà a passare in Parlamento. Ma la norma aveva prima di tutto proprio l'obiettivo di far emergere il sommerso, ora ancora difficile da individuare. Tanto per dare un'idea: attualmente, chi si è registrato per pagare la tassa di soggiorno a Firenze è circa un terzo degli «host» che si trovano sul sito di Airbnb (solo quello, peraltro). La stessa multinazionale ha affermato, a Palazzo Vecchio, che sono per lo meno lo mila gli appartamenti a disposizione (anche per periodi limitati) a Firenze. La realtà Gli appartamenti che possono essere affittati a Firenze secondo quanto comunicato dalla stessa Airbnb al Comune delle cose l'ha data Airdna, società californiana, che estrapola i dati dal portale: è stata lei a dimostrare che il tasso di aumento degli appartamenti disponibili a Firenze è del 20% l'anno. Sempre calcolando le media di appartamenti affittati davvero nell'ultimo anno indicata da Airdna (estrapolati dalla disponibilità offerta sul web) emerge che con un calcolo prudente almeno 625 mila sono state le «notti» affittate degli stessi lo mila appartamenti: ovviamente, con una media di almeno due ospiti per appartamento, si parla di almeno un milione e trecentomila pernottamenti che avrebbero potuto portare più di 3 milioni di euro di tassa di soggiorno nel bilancio comunale, una cifra non lontana dalla stima di Perra e comunque più del doppio di quanto incassato attualmente dal Comune. La norma della cedolare secca era stata accolta con favore da parte della Anbba, associazione che raccoglie molti «host» professionali e semi professionali. Ma pare non fosse invisa neanche alla stessa Airbnb: perché gestire diretta- mente il pagamento della tassa di soggiorno avrebbe significato gestire anche la «cassa», il «cash flow». Che, peraltro, il cliente paga quando arriva (da inizio mese a fine mese) mentre la tassa di soggiorno si paga in una unica rata a fine mese: la «valuta» e i soldi sarebbero rimasti in cassa per tutto il mese a Airbnb. Che infatti si era anche proposta, in altri Comuni, come sostituto d'imposta globale: tradotto, avrebbe potuto gestire lei pure il flusso della cedolare secca, non solo quello della tassa di soggiorno. L'offerta di Airbnb però finora si scontrava con problemi legali, dato che la filiale europea ha sede a Dublino. Per diventare sostituto d'imposta avrebbe dovuto aprire una sede in Italia (e pagare qui le tasse). La norma della commissione finanze insomma sembrava risolvere molti problemi (e pure inficiare l'obbligo di aprire la partita Iva, come chiesto dalla nuova normativa regionale). Marzo Fatucchi Fulvia Marotta Sharing 11 . Le notti che sono state affittate negli appartamenti fiorentini. Un calcolo possibile grazie ai dati della società californiana Airdna La cifra che entrerebbe nelle casse di Palazzo Vecchio se venissero pagate tutte le tasse di soggiorno relative agli affitti su Airbnb Airbnb sfrutta le idee della sharing economy usando il web: l'azienda non è proprietaria di appartamenti, ma mette in contato chi propone camere in affitto con chi le cerca attraverso una piattaforma online. Il pagamento avviene sempre onhne, la società californiana guadagna dalle commissioni, circa il 30% di quanto spende l'ospite L'assessore al Bilancio Lorenzo Perra © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli Airbnb in città al 12 novembre 2016 UAL è la parola della settimana? Senza dubbio Q alcuno è cannabis. Termine che soltanto a leggerlo vi siete drizzati sulla sedia. E magari qualcuno di voi sta anche esclamando: "Ovvia, finalmente su Repubblica Firenze si parla di cose serie!". Il fatto è che, negli ultimi giorni di vita pubblica toscana, l'oggetto è stato messo al centro d'uno slancio riformatore cui si sono iscritti i due massimi esponenti della classe dirigente toscana del piddi: il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, e il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Entrambi pubblicamente schierati per la legalizzazione della signora Maria Giovanna. Rossi ha esternato l'appoggio firmando la propostadi legge d'iniziativa popolare per la legalizzazione, promossa dal Partito Radicale. Nardella è andato oltre il sostegno alla proposta di legge, e nel corso di un'iniziativa pubblica ha confessato d'essersela fatta anche lui, da giovane, una bella canna. Giusto per dare una botta di trasgressività all'immagine, come faceva l'Epifanio di Antonio Albanese quando si sforzava di sembrare "un tipo molto get down". Un sincronismo, quello fra Palazzo Strozzi Sacrati e Palazzo Vecchio, che è pura coincidenza. Ma si sa che le coincidenze sono soltanto in parte casualità, portandosi dentro anche una grossa quota di causalità latente. Sicché, come dobbiamo interpretare questo inconscio Patto della Cannabis fra i due principali esponenti della classe politica toscana del piddì? SEGUE A PAGINA IX Il Patto della cannabis tra i massimi del piddì > -tDI.CRONACA MOLTO si potrebbe fantasticare sui motivi di questa concordia erbivora. E fra i più credibili non può che esserci un umanissimo desiderio di fuga dalla realtà. Provate un po' a immedesimarvi nei loro sguardi, e a vedere il mondo come lo vedono loro tutte le sante mattine dal balcone del proprio palazzo. Un referendum costituzionale dentro il quale sono stati trascinati e che mette a rischio l'osso del collo di entrambi, una catena di opere medie e grandi che si bloccano una dopo l'altra per pasticci vari o soltanto perché un pernicioso spleen prese il sopravvento, e persino il rischio di trovarsi il clown di McDonalds a poche decine di metri da entrambi. Non verrebbe pure a voi l'umanissima voglia di regalarvi un'innocente evasione? Una breve parentesi, giusto per distrarvi dalle incombenze del quotidiano. Magari in condivisione, che il rito è più importante del consumo. "Ce ne facciamo una qui da me, Enrico?". "No Dario, vieni tu qui che li date, con tutti quei vigili all'ingresso,..". @pïppoevai -VNOfJUZIGNERiSE}, ATA Referendum, i1 giallo delle lettere Il No denuncia. Allano: i dati a tutti Il garante sul voto all'estero: partiti e comitati hanno diritto agli indirizzi ROMA Diventa un giallo il caso della lettera firmata da Matteo Renzi e inviata a quattro milioni di italiani all'estero in vista del referendum del q dicembre. Il presidente del Comitato del No Giuseppe Gargani denuncia di aver ricevuto un cd con i soli nominativi, senza gli indirizzi. Una presunta disparità di trattamento che spinge gli esponenti del No ad annunciare denunce. Ma in serata arriva una nota del ministero dell'Interno che smentisce la ricostruzione e spiega che il dischetto, completo di indirizzi, è stato consegnato anche all'onorevole Gargani, il 12 ottobre scorso. Il pomeriggio comincia con un intervento del ministro Angelino Alfano, che spiega: «Non c'è nessuno scandalo, basta ipocrisie». Con una chiosa che allarma il comitato del No: «E un'iniziativa assolutamente normale che ha tutta l'istituzionalità che giustifica l'intervento di un presidente del Consiglio che promuove il voto». E qui si pongono alcune domande: i dati sono stati chiesti per iniziativa di Palazzo Chigi, del Pd o del Comitato Basta un sì? E la lettera è stata firmata da Renzi in qualità di segretario del Pd o di premier? E infine, le lettere sono state spedite insieme o contemporaneamente alle schede? Quanto basta per far inferocire gli esponenti del No, pronti a esposti e denunce, da Matteo Salvini ai 5 Stelle («La lettera è una truffa che altera il voto»), fino a Renato Brunetta che annuncia «azioni unitarie». In serata, la nota del Viminale. Che conferma, almeno dal punto di vista teorico, quanto sostiene Antonello Soro, Garante della privacy: «Quei dati devono essere divulgati sia ai partiti sia al comitati. Solo in caso di sms si pone un problema di privacy, ma non nel caso di lettere». Dopo la nota del Viminale, Gaetano Quagliariello si allarma: «Ho subito telefonato a Gargani, che mi ha confermato: "Non sono mica rimbambito e poi lo abbiamo letto in quattro"». Indirizzi a parte, resta il problema principale, per Quagliariello: «Le parole di Alfano sono una chiamata di correo per Renzi. Se davvero si è trattato di un'iniziativa della presidenza del Consiglio, allora saremmo nel penale. Se la possono cavare solo se dimostrano che si tratta di un'iniziativa del Pd e di una lettera pagata dal partito e non inviata con lo stesso spedizioniere dei plichi elettorali». Il Comitato del No, intanto, ha chiesto un incontro con il capo dello Stato Sergio Mattarella e con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il quale ha già fatto sapere che è disponibile. Alessandro Trocino RIPRODUZIONE RISERVATA I I numeri L'elettorato potenziale dei residenti all'estero è di circa 4 milioni di persone, quasi l'8% del totale All'ultimo referendum, quello così poco partecipato sulle trivelle (32% di affluenza), dall'estero hanno votato 780 mila italiani Può votare anche chi è temporaneamente fuori dall'Italia (minimo 3 mesi), senza essere iscritto all'Anagrafe degli Italiani residenti all'estero Parte da piazza Santa Croce la sfida di Salvini a Renzi Quindicimila a Firenze col leader leghista. Ci sono anche le bandiere ' Forza Italia «Grazie ai ,o mila in pia zza oggi a Firenze» scrive Malleo Salvini su 'l'wiiter. 11 leader della bega si lascia prendere la mano ( nei /l.,oo metri quadri liberi ieri in piazza Santa Croce, al massimo , si arriva a 18 mila). Succede , quando si fa una prova di forza. I)i certo piazza Santa Croce è si ripiena, di persine e di bandiere: sino tanti i toscani che si sino aggiunti ai novemila arrivati in pullman dal Nord e dal Sud Italia. «Abbiamo libenrio questa piazza dall'essere un'icona delle manifestazioni di sinist ria» dicono. La prova di forza, Salvini , l'ha vinta. I)i fronte a quelle migliaia di persone, sfruttando l'onda t umpista, il segretario della Lega si candida a premier . spaccando il centrodestra , o forse creando un nuovo fronte con Giorgia Meloni di Fdi, un pezzo di Forza Italia con il governatore ligure azzurro Giovanni 'l'oli, entrambi in piazza ieri. Insieme con tanti spezzoni dell'ex Pdl, compresi Gianni Alemanno di Azione Nazionale e Daniela Santanchè , che si muove nel mezzo alla folla in un bagno di selfie e di baci. Ii Forra Italia? Almeno un pezzo è qui : sventolano anche le bandiere bianche rosse e verdi , insieme a quelle azzurre, portate dal gruppo capitanato dal consigliere comunale Jacopo Cellai . Stil palco invece ci sono i sindaci toscani di centrodesIna : Alessandro Ghinelli di Arezzo, Antonfrances'o \'ivarelli Colonna di Grosseto: gtiest ' tiltimo, quando scende giù, trova Giovanni Donzelli e Fralicesco Torselli di Fdi, si abbracciano . ' Putti schierati per il No al referendum costituzionale del i dicembre il motivo ufficiale per cui è stata organizzata la manifestazione di piazza San- ta croce ma quando si chiede dello strappo fatto da salvini, che ha detto a chiare lettere «vince il No, si torna a votare. E inai con chi fa iik'iuci, con chi e nostalgico di \crdini e Alfano», rivolto al «moderato» Stefano Parisi e a Silvio Berlus'oni, \'ivarelli Colonna alza le spalle: «Non è facile, questa fase». Perché in Toscana il centrodestra riesce a vincere solo se non perde per strada nessun pezzo, da Forra Italia alla Lega e olt e. Stil palco ieri c'era anche Massimo Bitonci, ormai ex sindaco di Padova, defenestrato proprio da due consiglieri azzurri che lo hanno sfiduciato con Pd e M15. tJn altro sin(laco civico di centrodestra, Se vince il No si torna a votare E mai con chi fa inciuci e con chi è nostalgico di Verdini e Alfano anche lui stil palco, Claudio Scarpelli di Firenzuola, parla di «due soli leader, Meloni e Salvini» per il fronte unito ant i Pd. Susanna Ceccardi, sindaca Icghista di Cascina, scalda la piazza con i suoi «t re no». In piazza c'è anche lo aveva promesso il consigliere comunale azzurro (ex tJdc, ex Icghista) Mario Razzanclli. C'è il deputato Achille 'l'otaro di Fdi. C'èperò soprattutto «gente del nord», anche se l'organizzazione mette in prima fila gruppi dal sud e dal centro. Al fianco dell'iconografia tipica Icghista (il sole delle Alpi, il Icone di San Marco) spuntano i manifestini stile convention tJsa. tJn «effetto Trilinp» coli una coni raddizione di colori insanabile: sono blu, qua simbolo del centrodestra ma oltre Oceano simbolo dei I ) mocratici. I non è l'unica contraddizione in scena in santa croce. Effetto 'l'rump due: Filippo, di Varese, sventola una doppia bandiera, quella tJsa sopra quella della Federazione Russa; dal palco la salutano come un «simlxilo di pace». Intorno alla piazza, dai balconi qualcuno applaude. tJno espone una foto di Finstein che fa linguaccia e scrive: «'l'ornate in Padania». Pochi metri più in la, in piazza dei Ciompi, i centri sociali sono riuniti perla contromanifestazione: 2,0 persone in tutto, nessun problema per l'ordine pubblico. Marzo F c I IdPP)Wnorn iatinivAiA È stato uno spettacolo Una folla educata, che ha lasciato la città bella e pulita come l'ha trovata Renzi stai sereno i, ,nna a, sA, , Re- a Matteo Salvini sul palco di piazza Santa Croce di fronte ai militanti raccolti per la manifestazione di Firenze A destra, il contro corteo organizzato dai centri sociali e dagli antagonisti partito da piazza dei Ciompi I,,,pri . r;¡-¡,,l,': 7ì/, ,. i, í , ,- ' i 2. .1 ,,; . c i ibiazza e lancia la sfida a i nzi 11 1 1. 11 1 . '' .nze ,%' Il leader della Lega raduna dodicimila fan da tutta Italia Con lui Maroni, Toti, Meloni, Alemanno e Daniela antanc e SALVINI che urla: «Si o no?». E la piazza: «Nooooo». «Come non ho sentito: si o no?» ripete "l'altro Matteo" come fosse un dj. E ancora: «Noo, noooo, nooooo». Comincia e finisce così la prima reunion del "trumpismo" italiano in Santa Croce, Nella piazza che nel 1981 si riempi per Berlmguer e più volte ha ospitato manifestazioni della Cgil ieri plana un popolo di 12-13 mila militanti di destra, pochi toscani e molti padani coi loro berretti verdi, il loro folklore e i cori "secessione-secessione". Per Matteo Salvini, che aveva ideato e costruito l'evento per serrare le truppe e lanciare dalla casa di Renzi l'assalto del "no"al referendum del prossimo 4 dicembre è l'occasione di fare un passo in avanti. Di lanciare l'Opa finale sulla leadership dei centrodestra invocando nemmeno troppo velatamente le primarie: «Io ci metto la faccia. Se voi volete io ci sono. Se il voto sulla Brexit e il voto degli americani ci insegna qualcosa, con oggi si parte per andare a vincere». E siccome per un giorno Santa Croce sembra Pontida e via dei Benci un circolo leghista («E noi che siamo padani-abbiamo un sogno nel cuore-bruciare il tricolore», urlano i giovani padani davanti ai pub) l'accoglienza è stile Leopolda per Renzi: applausi, donne che baciano le foto di Salvini, selfie, cartelli "Salvini premier", leghisti ve- I cartelli dei militanti arrivati sui pullman lo incoronano premier: "Questa città non è comunista ma solo abusivamente occupata" nuti dalla Calabria e dalle Marche terremotate che si fanno autografare bandiere e libri e gridano «vai Matteoooo». È una piazza stracolma (40 mila per gli organizzatori, 10 mila dice la questura, il Pd manda gli "osservatori" a controllare) ma che non parla toscano. Forse i fiorentini che ascoltano il comizione dei big-ci sono Salvini, Toti, Meloni, Santanchè, Alemanno, Maroninon sono che poche centinaia. Si vede qualche forzista, ci sonoJacopo Cellai e Mario Razzanelli, non si affaccia il coordinatore regionale Stefano Mugnai. In compenso nel backstage del palco ci sono i sindaci di Arezzo Ghinelli e di Grosseto Vivarelli Colonna, pure Mallegni di Pietrasanta, la leghista di Cascina Ceccardi parla e si rivolge alle donne: «Quando sono brave vincono, non c'è bisogno di quote ro- , TRAVESTIMENTI Molti simboli della Lega. E qualche militante vestito da vichingo INCONSAPEVOLE II cag netto con bandana leghista esibito nella manifestazione I SELFIE Ricercatissima perla foto ricordo la parlamentare Daniela Santanchè sa. E chiamatemi sindaco, non sindaca come vorrebbe la Boldrini». Ci sono i Fratelli d'Italia, Segno che esiste un bel pezzo di centrodestra toscano che sta con Salvini. Si vedono i militanti di Casaggi, sventolano bandiere indipendentiste dei Friuli e del Veneto, molti militanti per issare i vessilli leghisti hanno portato le canne da pesca. Bergamo, Lecco, Treviso, Milano, Vigevano, Savona. Un uomo suona un corno «di capra varesotta», altri sfoggiano corna vichinghe, allo stand di "Radio Padania Libera" i fondi si raccolgono in una damigiana, vanno forti le magliette "Meglio bestia che Renzi". E quelli della sezione di Carnago e Rovate riflettono che «manca una griglia per arrostire». Un volantino annuncia l'arrivo della nuova icona della destra francese Marion Le Pen il prossimo 25 novembre, auditorium "Al Duomo" di via Cerretani, ore 18. La folla si accende contro Alfano e gli immigrati: «Gli italiani emigranti in America li tenevano in quarantena prima...» . Salvini attacca tutto e tutti: Mattarella, Napolitano, i giornalisti, l'Europa, le banche, Renzi, il Pd, i 5 Stelle, Si offre come liberatore di Firenze, cita Dante e Oriana Fallaci: «Firenze non sta con Renzi. Non è comunista: è abusivamente occupata da qualche bugiardo che manderemo a casa il prima possibile e che oggi sta a rosicare a Regnano». Ribatte il sindaco Dario Nardella: «Salvini chi?». Gli organizzatori sono imbufaliti per tutta la tassa d'ingresso dei pullman turistici che hanno dovuto pagare e per i mille controlli ai bus che hanno ritardato l'arrivo di tanti militanti. RIPROCUZIONERISERVFTA A Firenze la manifestazione di Lega e Fdi peri I No - Parisi si smarca: «Noi non siamo quella roba lì» - Ma Fi è divisa s cand da i d Berluscon i i i Il Cavaliere: dopo il voto legge elettorale condivisa - Renzi agli elettori M5S e Lega: il No e contro la vostra storia ROMA íws Più che il «No» aprendersi la scenaierie statalaspaccaturanel centrodestra. A raccontarla plasticamente sono 2 piazze: quella di Firenze, con l'adunataleghista in Piazza Santa Croce dalla quale Matteo Salvini ha detto di essere pronto a guidare il centrodestra, e l'altra a Padova, dove Stefano Parisi è arrivato con il suo tour Megavatt per un centrodestra moderato accompagnato da un messaggio di Silvio Berlusconi, proprio nel giorn o in cui Fi ha fatto cadere la giunta guidata dal sindaco della Lega Massimo Bitonci. A riportare il referendum al centro dell'attenzione ci ha pensato invece Matteo Renzi, che via Facebook ha lanciato un appello agli elettori di Lega e Mss: «Se votate No andate contro la vostra storia», ha detto il premier sostenendo che l'opposizione dei parlamentari pentastellati e del Carroccio è perchè «sono affezionati alle loro poltrone di senatori». MaquestavoltaRenzi e ilreferendum restano sullo sfondo perchè il principale protagonista della giornata è il centrodestra. Circondato da cartelli con su scritto Salvini premier, il leader della Lega lancia la sua candidaturaallaleadership delcentrodestra. Per usare le sue parole: «A metterci la faccia per vincere». La sconfitta del Sì e di Renzi è il presupposto essenziale perchè la «lunga marcia» cominciataieri a Firenzi prosegua. Ma Salvini, che dichiara di voler denunciare il premier per le lettere inviate agli italiani all'estero, ritiene la vittoria del No un risultato acquistito e seguendo le orme di Donald Trump ha già cominciato la campagna elettorale che porterà alle politiche: «Se vince il No si va avotare. Scelgono i cit- tadini, non Mattarella». Per Salvini il Quirinale deve farsi daparte. «Chi è Mattarella?», attacca il segretario del Carroccio che per il futuro annuncia di voler cancellare il ruolo del Capo dello Stato, «che non serve a niente, come iprefetti» epropone difare del Quirinale «un asilo gratuito». Da Padova la risposta di Parisi è lapidaria. «Noi non siamo quella roba che è a Firenze», «la risposta non è Salvini, non sono le ruspe, gli slogan ma la capacità di dare risposte», dice Mr Chili che r I l leader leghista: «Se vince i l No si vota, non sceglie Mattarella. I nostalgici degli inciuci non saranno nostri alleati». L'ex ad Fastweb: «No alle ruspe» Lega Con la manifestazione di ieri a Firenze illeaderleghista Matteo Salvini ha lanciatola propria candidatura come leaderdel centrodestra. Lega e Fratelli d'Italia si oppongono a qualsiasi trattativa con Renzi sulla legge elettorale dopo il referendum Forza Italia Forza Italia ha marcato con nettezza ieri la propria differenza dalla linea leghista,sebbenein piazza con Salvini ci fosseroalcuni esponenti Fi comeToti e Santanchè. Silvio Berlusconi non solo non è andato a Firenze ma non ha inviatoalcun messaggio. Una lettera è gi unta invecea Stefano Parisi, in cui ilCavaliereindica la linea di contribuirea una nuova legge elettorale dopo i l referen d u m ringrazia Berlusconi per il messaggio inviatogli e con il quale il Cavaliere di fatto conferma il percorso diParisi. «Noi,nonipopulismi, possiamo proporre un'alternativa seria ai fallimenti del centrosinistra», sottolinea l'ex premier che ribadisce: «Dopoi] referendum si dovrà andare alle urne con unalegge elettorale ragionevole e possibilmente condivisa e dare il via ad un vero percorso diriforme». Quindiper Berlusconiilritorno alvotononè immediato. Salvini è pronto ad andare alla conta. Il leader della Lega sa che dentro Fi c'èunaparte consistente che, complice anche l'endorsement del Cavaliere a Parisi, è pronto anche allo strappo. Con Salvini oltre alla leader di FdI Giorgia Meloni c'era anche il governatore della Liguria, il forzista Giovanni Toti, daniela Santanche è diversi sindaci di Fi (Arezzo, Foggia,Andria, Ascoli). «Chi ha preferito non esserci oggilibero di scegliere. Noi si parte. Io da domani porto in giro per l'Italia questa piazza, queste idee, non è il tempo dei tentenna, nè di avere dei dubbi». Insomma, «chi ha nostalgia di patti del Nazareno», «diinciuci», « di Verdini e Alfano non sarà mai nostro alleato». Toti prova a mediare: «Berlusconi in questa piazza c'è nel senso che senonci fosse stato Berlusconi non ci sarebbe neppure questapiazza», spiega il governatore ligure che però rilancia anche la necessità di un «percorso di rinnovamento». Un rinnovamento che - avverte però il leader dei Conservatori e riformisti Raffaele Fitto - deve p artire anzitutto dall'affidare la scelta della leadership ai cittadini «con le primarie». B. F. C RIPRODDZION E RISERVATA La piazza di Firenze Il leader leghista Matteo Sa [vini Parisi: «Non siamo la roba cli Firenze» E Berlusconi: unità Il partito plaude all'intervento del leader: grazie alle sue parole FI è tornata centrale ROMA Ha risvegliato l'orgoglio degli azzurri l'intervista rilasciata da Silvio Berlusconi al Corriere della Sera, nella quale il leader di Forza Italia rivendica l'anima liberale, di centro, moderata e non di «destra» del suo partito, mettendo nero su bianco la sua distanza da ricette «populiste» che non sente sue. Un'uscita da «vero statista», dicono gli azzurri, da «leader senza il quale non si va da nessuna parte» (Gianfranco Rotondi), da capo che indica la strada «mettendo in chiaro ancora una volta - come dice Paolo Romani - quale è il nostro posizionamento: non siamo né possiamo essere un centrodestra a trazione leghista, anche perché su questa strada ci avvieremmo alla sconfitta». E perché, aggiunge Antonio Tajani, «come spiega Berlusconi, noi siamo il centro, non si può andare verso un parti to unico del centro destra». E ha ragione il presidente azzurro, è vero che la sua forza è stata quella di aver «messo insieme - dice Maurizio Gasparri - cattolici e destra democratica, liberali e socialisti». Anche per questo a rimorchio di Salvini, ne è convinta Mariastella Gelmini, «non possiamo andare». II più soddisfatto di tutti pe- rò, in verità, è Stefano Parisi, che proprio ieri sfidava a distanza la piazza leghista di Firenze con un'altra tappa del suo tour «Megawatt» a Padova, città che ieri ha visto la clamorosa rottura tra Fi e Lega che ha portato alla caduta del sindaco Bitonci. Nel momento in cui Salvini accelera e si candida a guidare il centrodestra, anche Parisi alzai toni, si pone come punto di riferimento dei moderati, e tanto più si sente legittimato a farlo grazie a quella che vede come una sponda da parte del leader azzurro: «Ringrazio il presidente che ha detto che noi non siamo quella roba lì che c'è a Firenze. O si cambia passo o siamo morti, e la risposta non è Salvini, non sono le ruspe, ma la nostra capacità di dare soluzioni al Paese. Siamo noi che ci candidiamo a governare l'Italia, e dobbiamo farlo come forza liberale, riformista e popolare. Non lo può fare una forza radicale con gli slogan. Deve essere chiaro che questo è il disegno». Parole forti e di rottura, che però non rappresentano del tutto la complessità - in certi momenti il caos - che domina in FI in questi tempi. Perché anche fra i tanti che contestano la troppa vicinanza di Toti a Salvini, che ritengono un errore concedere al segretario della Lega un vantaggio di posizione così forte, non si crede che la risposta sia investire a leader Parisi, rottamare la classe dirigente, o rompere con la Lega. E cresce la voglia di misurarsi con strumenti di selezione come le primarie o simili, che secondo chi parla spesso con l'ex premier non sono del tutto escluse. «II punto di riferimento di FI è il popolarismo, certo, ma attenzione a liquidare come populismo il malessere della gente, che è reale e merita la nostra attenzione», avverte una moderata doc come la Gelmini. E se Michaela Biancofiore semplifica con un «non siamo né con 'Poti né con Parisi, ma con Berlusconi», anche Romani apprezza l'intervento del leader perché «rimette ordine in affanni ed eccessi che stanno venendo fuori in campagna elettorale, da una parte Salvini, ma dall'altra anche Parisi che ha insultato gratuitamente tanti se- natori che macinano chilometri da anni e anni» e che secondo Gasparri sono «tantissimi, ma sempre meno dei caffè che lui ha servito ai potenti...». Ben consapevole del nervosismo del suo partito, non a caso ieri Berlusconi ha lanciato una sorta di appello all'unità dei suoi, mandando un messaggio alla convention di Parisi (come aveva mandato un video a quella di Toti, con il quale il rapporto è difficile ma non ancora interrotto) in cui gli dà il merito dell'opera di coinvolgimento e apertura ad «un'area più ampia» per far vincere i moderati, ma avverte: «E fondamentale che tutti noi lavoriamo insieme, perché ciascuno di noi ha una funzione importante da svolgere». Tanto più fino al 4 dicembre, quando si capirà se l'idea di Berlusconi di un ritorno al proporzionale sarà percorribile o no. E quale sarà la posizione definitiva di FI: «Esistono tanti modelli di proporzionale - dice Romani -. Non è affatto detto che un sistema di questo tipo non dia un vincitore, non preveda una coalizione e serva solo per organizzare futuri inciuci». Paola Di Caro A Padova Stefano Parisi nella tappa di ieri dei tour «Megawatt»: «Dobbiamo candidarci alla guida dei Paese» (Bergamaschi) I11'!t1 1' : l'1_il'l11' iillì°1';,i'll( 1 4;ltIl.'I I';.`, MEGAWATT l L 'il nome del tour lungo l'Italia lanciato a inizio ottobre da Stefano Parisi per rilanciare il centrodestra. Il progetto fa seguito alla convention milanese del 16 e 17 settembre. Ieri il tour, partito da Enna, ha fatto tappa a Padova, nel giorno della crisi della giunta. Al Corriere Berlusconi ha risposto al paragone tra lui e Trump: «Evidenti analogie ma la mia storia è diversa. lo non sono "la destra" ma un centro liberale e popolare» h;I €il ;l 11 1o#lths Ìia', Lo scontro A Firenze raduno di Carroccio, I e dissidenti azzurri. Parisi: " on siamo quella roba". A Padova cade il sindaco leghista Salvini in piazza: "Io il leader" Berlusconi: no ai populismi Esplode Fi, convocato Toti GOFFREDO E MARCHIS L'euforia per i sondaggi favorevoli al No non fa bene al centrodestra. Che in un sabato di novembre, a tre settimane dal referendum, consuma la sua spaccatura pubblica. Tocca a Silvio Berlusconi, ancora una volta, cercare di ricucire. Oggi o domani sarà ad Arcore Giovanni Toti, il governatore della Liguria che mette in discussione la sopravvivenza di Forza Italia, si allea con Matteo Salvini e contesta il ruolo del Cavaliere nella scelta del futuro candidato premier. Ma non basta. Perché se la Lega scende in piazza, sull'onda del successo di Trump, per declinare le sue parole d'ordine e candida il suo leader alla guida dello schieramento, a Padova va in scena la fine della giunta Bitonci, retta da un'alleanza Carroccio-Forza Italia dimostrando tutta la fragilità della struttura azzurra. Da quando Berlusconi ha dovuto allontanarsi dalla sua creatura per i problemi di salute, ai forzisti manca una linea. Basti pensare che il neocoordinatore nazionale di Forza Italia è Niccolò Ghedini, l'avvocato padovano al quale la situazione impazzita della sua città è sfuggita proprio sotto gli occhi. Tra Padova e Firenze si materializza perciò la divisione delle due destre, speculare a quella delle due sinistre. Il No al referendum è condiviso, ma è lo scenario del dopo 4 dicembre che sembra non stare in piedi. Al Corriere della Sera, Berlusconi conferma il suo voto contrario alla riforma, si mantiene a distanza di sicurezza dal nuovo presidente degli Stati uniti e immagina una nuova legge elettorale proporzionale. Somiglia molto a una certificazione della nascita di due destre separate che si contano nelle urne per verificare quale abbia più voti. È una linea moderata, la sua, da ex premier, che non si incrocia con le parole d'ordine del segretario leghista pronunciate alla manifestazione di Firenze. Manifestazione dove sono in prima fila pezzi di Forza Italia, dallo stesso Toti a Daniela Santanchè. «Un Salvini pride - commenta Maurizio Gasparri -. Non c'è niente di male. Hanno fatto bene i nostri ad andare e non è un'investitura del leader leghista, anche perchè Toti punta alla stessa poltrona». Ma da Piazza Santa Croce Salvini pone condizioni da leader pigliatutto: «Il proporzionale serve a inciuciare meglio. Non mi piace», dice lo stesso giorno in cui Berlusconi lo propone come via d'uscita alla crisi di sistema. E a proposito degli assenti, avverte: «Chi non c'è fa la sua scelta». Insomma, per una volta la parola scissione va pronunciata a destra anzichè a sinistra. A Padova infatti il Cavaliere benedice la manifestazione di Stefano Parisi. «Solo noi, non i populismi, possiamo proporre un'alternativa seria ai fallimenti del centrosinistra - scrive in un messaggio destinato alla convention dell'ex candidato a Milano -. Basiamoci sui nostri valori: la tradizione liberale, cattolica e riformatrice». Parisi accoglie le parole di Berlusconi così: «Lo ringrazio perchè ha detto che non siamo quella roba lì che c'è a Firenze. Noi siamo liberali e popolari». All'ex premier non piace ciò che sta nascendo alla sua destra, ma teme un dopo referendum ingestibile. Per questo ha subito chiamato ad Arcore Toti, che tiene i collegamenti con la Lega Nord. Bisogna ricucire lo strappo, almeno fino alla data del voto. Quello che è accaduto a Padova, la crisi della giunta forzista-leghista è un pessimo segnale per il futuro. «Il Salvini pride è solo una fiammata. Non lo è invece la cacciata di Bitonci a Padova. Se Forza Italia si organizza - dice Gasparri - può andare al confronto con la Lega alla pari. Ma se perde i pezzi, è un problema». Con Ghedini e Paolo Romani, il vicepresidente del Senato tenta di tenere tutto insieme almeno per le prossime tre settimane. «Certo, Ghedini poteva buttare uri occhio a quello che succedeva a casa sua...», osserva. Ma non è il momento di alimentare polemiche. Si capisce per esempio che un pezzo di Forza Italia avrebbe rinviato l'indicazione sulla legge elettorale. Perché il proporzionale autorizza davvero uno scenario con due destre e distrugge un'asse sul quale i colonnelli hanno vissuto per venti anni. L'altro elemento di esplosione in Forza Italia resta Parisi e il suo ruolo. «Io ho fatto 13 mila chilomentri dal primo settembre per la campagna referendaria. Parisi, per la politica, non li ha mai fatti nemmeno in una vita intera», sottolinea Gasparri. t un punto su cui dentro il mondo azzurro bisognerà fare chiarezza al più presto. Come al solito, toccherà a Berlusconi provare a evitare la spaccatura finale. ©RIPROOUZIONE RISERVATA ~Nn fl palco dal gsaafa Satvini fancia la+w Palazzo Chigi, xuï4a scla di 3'rump. ASIa czt+t pa na ~to3aeLtisa s9 tìfà annc ia Ca# teïlar ìstlca ñdeztra Ia piaxaa e Sa}vini, Toti e f.#elo'ni in posa i nsi ema "Dopo la Brexit e Trump non è più tempo di avere paura. Oggi si parte per andare a vincere e io ci metto la faccia" "Serve un BERLUSCONI, LETTERA A PARISI L'ex premier ha inviato un messaggio di sostegno all'ex candidato a Milano impegnato in una iniziativa a Padova LE DIVISIONI POPULISMO Salvini rompe gli indugi, si candida a premier, alla guida di uno schieramento populista sul modello di Trump. Ma Berlusconi lo corregge: "Solo uno schieramento moderato, non populista, può battere la sinistra" EUROPA Per la Lega l'euro è il male assoluto, la Brexit un grande momento di autodeterminazione dei popoli, l'Unione europea incapace sui migranti e troppo burocratica . Critiche solo in parte condivise da Forza Italia che non scarica la Ue LEGGE ELETTORALE Forza Italia punta al proporzionale con un premio di governabilità. Ma per Salvini questa proposta è l'occasione per confermare tutte le sue accuse a Berlusconi. "Puntano all'inciucio con il centrosisinistra. Perciò è un sistema che non mi piace". progetto di governo serio basato sui nostri valori della tradizione liberale, cattolica riformatrice" L'INTERVISTA MASSIMO PARISI «Forza Italia ha scelto, male I moderati vengano da noi» Il deputato verdiniano: mai con la Lega. Tra loro e Renzi? C'è spazio Era a Firenze, ma alla piazza a trazione leghista ha preferito il campetto di calcio dove giocava suo figlio. Del resto le strade di Massimo Parisi, come quelle di Denis Verdini e di Riccardo Mazzoni, si sono separata da un pezzo da quelle del centrodestra e da Forza Italia, in cui pure è stato per anni, coordinatore regionale e fedelissimo di Verdini. Parisi, deputato, è esponente di Ala, la formazione di moderati voluta da Verdini. Onorevole Parisi cosa pensa del centrodestra visto in piazza Santa Croce? «È la dimostrazione del centrodestra a trazione Salvini, lepenista, antiglobalista, che non mi rappresenta e credo che anche tanti di Forza Italia abbiano difficoltà a vedersi rappresentati da quella piazza. È evidente ormai che ci sono due Forza Italia e dopo il 4 dicembre mi aspetto una nuova scissione nel partito». Il cambiamento del centrodestra è tattico o strutturale? «È definitivo. Nonostante Stefano Parisi, Forza Italia governa città e regioni con la Lega e non c'è spazio di mediazione. Anche Berlusconi sta commettendo un errore fondamentale: non ha capito che in Italia, in Europa, nel mondo, non c'è più centrodestra e centrosinistra, ma un nuovo bipolarismo tra sistema e anti-sistema, tra chi vuole ponti e chi muri, chi è per l'Europa e chi per nazionalismi che isolano. Forza Italia ha scelto la parte sbagliata». Berlusconi ha ancora la leadership del suo schieramento? «No. Basta vedere le risposte che ha avuto da Salvini e Maroni, che pure passa per moderato nel Carroccio, alla sua proposta nell'intervista al Corriere della Sera sul ritorno al propor- zionale, bocciata come "ritorno agli inciuci". C'è poi un duello perla leadership nel fronte anti sistema, tra Grillo e Salvini». Perché lei ed altri esponenti ex Forza Italia non siete più con Berlusconi e la Lega? «Abbiamo fatto scelte diverse. Noi siamo per sostenere le riforme e quello che verrà dopo il voto sul referendum del 4 dicembre, un lungo percorso in cui ci saranno da varare le leggi per applicare la riforma, da fare la legge per scegliere i senatori... Un percorso di cambiamento da cui non si torna indietro. E credo che tutti i moderati dovranno riflettere e rimettersi insieme». Forza Italia di Verdini. «È il ritornello di chi ha pochi argomenti e poca memoria. Salvini chieda a Maroni o a Calderoni se non hanno avuto rapporti con Verdini... e forse non glielo dicono ma li hanno ancora». Manca meno di un mese al referendum: che campagna farete? Che clima si aspetta? «Saremo in tante città per raccontare i contenuti della riforma. Temo però che nelle prossime settimane non ci sarà un bel clima, non vedo nulla di buono nel fronte del No, ma insulti, toni forti, violenza verbale». Renzi ha sbagliato alla Leopolda a personalizzare di nuovo la consultazione? «Al netto di Renzi, che ha corretto in parte il tiro, la personalizzazione la fanno già gli altri, il fronte del No. Sono loro che dicono "mandiamo a casa Renzi" come unico argomento. Per capire come siano divisi su tutto il resto basta pensare che la stessa sinistra che era con loro in occasione della Leopolda per il No, oggi era in piazza a contestare Salvini e la Lega». Ci sarà l'effetto Trump sul referendum? «Credo di no. E credo che il Sì vincerà, il No ha espresso tutta al sua potenzialità e gli indecisi sono ancora tanti». Mauro Bonciani Al voto : voi sarete con Renzi o con il centrodestra? ««Premesso che con l'Itali- cum attuale non ci sono le coalizioni e noi possiamo restare autonomi, di certo non saremo mai con la Lega di Salvini, con la politica di Marine Le Pen o di Viktor Orban, primo ministro dell'Ungheria. Tra Renzi e Salvini c'è una prateria a due cifre e c'è grande spazio elettorale, anche quello che Forza Italia ha perso. E se i moderati si uniscono hanno grandi chance». Perché i moderati dovrebbero venire con voi? «Siamo per riformare il Paese, per una Italia più moderna. Lo stesso Berlusconi per decine di volte ha detto queste cose e la riforma è stata scritta da Renzi assieme a Forza Italia. Noi siamo liberali, non solo liberisti in economia, siamo per l'individuo e non per lo Stato. E la riforma dà anche più poteri ai cittadini, come per le leggi popolari ed il referendum». Salvini ha attaccato duramente Verdini, nonostante la Lega abbia governato per anni insieme e grazie proprio alla © RIPRODUZIONE RISERVATA ® aspe tto dopo il e scissione : tanti nel centrodestra * forte difficoltà sono in Filippo ci;; \/icenza, citato da Salvini sul palco, arrivato con le b„i , c iere di IJsa e Pi i _sia Un cartonato di Renzi comparso tra la folla . In primo piano i cartelli «Salvini premier » in stile Usa Bandiere di Forza Italia accanto a quelle della Lega Nord in piazza Santa Croce. Sono rispuntate anche vecchie bandiere di An ANTON I O TI erluscrii sbaglia: il proporzionale è da Prima Repubblica Alessan d ro Farru ia ROMA «MI dispiace, Silvio Berlusconi sbaglia. Sono convinto che i pregi del proporzionale siano inferiori ai suoi difetti, che bene abbiamo visto per un lungo e travagliato periodo della storia italiana. Vogliamo tornare alla Prima Repubblica? Per favore, no. Ero e sono contro il proporzionale, anche in questa fase storica». Così il professor Antonio Martino (nella foto), liberale di lungo corso, tessera numero 2 di Forza Italia e già ministro degli Esteri e della Difesa nei governi Berlusconi. Professor Martino, perché erlusconi ha tradito a fede nel m lori ria, che nel 1993 e anche mol to dopo sembrava un dogma dà suo movimento? «Forza Italia è sempre stata maggioritaria. Era nel nostro dna. Il Pdl, meno. Ma devo dire che da allora la situazione è cambiata, ci sono tre poli, e il proporzionale è una scelta diciamo pragmatica, tattica, che risponde anche alla necessità di non avere uno schieramento che con il 20% del consenso effettivo ha in mano il potere. Capisco il problema. Ma non condivido la terapia. Forse Due volte ministro Antonio Martino , 74 anni, fra i fondatori di Forza Italia, ha ricoperto il ruolo di ministro degli Esteri nel primo governo BerLusconi , fra il '94 e il '95. E' stato ministro della Difesa fra il 2001 e il 2006 sempre con BerLusconi premier «Sul No sono d'accord o con Silvio . M eg Lio bocciare La riforma d i Renzi» Berlusconi pensa al proporzionale per poi dar vita poi a una coalizione. Ma non è la sola soluzione possibile...». Con l'I licum il Paese potrebbe davvero andare ai 5 Stelle. Pcl e Forza Italia il lema se lo pongono. Qual è l'alternati-io senza tornare al proporzionale? «In teoria non sono contrario al maggioritario a doppio turno, ma ritengo che il sistema meno attaccabile sia il maggioritario a turno uno come c'è in Inghilterra o negli Stati Uniti. Nel sistema inglese la scelta dei candidati viene fatta dal partito, negli Stati Uniti con le primarie. Ma in ogni caso i risultato è la governabilità». È rimasto sorpreso della scelta i erlusconi? «No, anche in passato ha manifestato opinioni favorevoli al proporzionale, e anche allora io ho dissentito. Il dibattito continua...». Sul proporzionale lei non è d'acca o con erlusconi. sulla scelta i votare o? «Su quella la penso come lui. Capisco la preoccupazione di chi come Panebianco dice: se non cambiamo la Costituzione adesso non la cambieremo mai. Ma è proprio la complessità del meccanismo di modifica che dovrebbe farci desistere da un cambiamento che non riteniamo conveniente: diciamolo, è una riforma pasticciata che crea un sistema assurdo, basti pensare al Senato, che è diventato un qualcosa che non si sa bene cosa è. Il prendere o lasciare è semplicemente demenziale». È solo un No nel merito o a nche un mo o per man dare a casa Renzí? «Ma non è questo. Il referendum non è su Renzi, è sulla riforma costituzionale. Mandare a casa il premier può essere desiderabile, un po' di riposo al giovane toscano farebbe bene a lui e credo all'Italia, ma il punto è un altro: è una riforma sbagliata. Bocciamola e poi sediamoci al tavolo per scrivere una legge elettorale diversa. Ma senza cadere nelle facili sirene del proporzionale». rag ione chi paragono Trump a erlusconi? «Ci sono indubbi punti di contatto. Ma Berlusconi non rappresenta quella destra protezionista, ferocemente anti immigrazione, che i repubblicani americani avevano abbandonato dopo il 1929. Trump è un repubblicano vecchio stile, Berlusconi rappresenta un centro liberale e popolare». I TEMPI BUI DEL POPULISMO RENZIDEVE ACCELERARE SULLARIFORMA A CAMPAGNA referendaria che avrà il suo gran finale il 4 dicembre è stata resa ancor più agitata dalla vittoria di Donald Trump e dalle sue ripercussioni in Europa e in Italia. Trump nel suo primo discorso dopo la vittoria ha rivendicato alcuni problemi dominati dal capovolgimento di politiche fin qui elaborate e attuate da otto anni, e cioè due mandati di Barack Obama: quello della sanità, quello del petrolio e dell'acciaio, quello dell'immigrazione e soprattutto il fatto che lui, Donald Trump, non ha un partito, ha un suo programma ed è a quel programma che hanno aderito i repubblicani. Quel programma capovolge quello precedente di Obama, e riguarda le scelte della politica interna e di quella internazionale. Sappiamo bene qual è il senso di quel discorso: la politica internazionale riguarda i suoi rapporti con Putin, con gli autori del Brexit e con i movimenti populisti presenti in quasi tutti i Paesi europei sotto varie forme. Nella politica economica indica come obiettivi totalmente diversi da quelli precedenti la piena occupazione degli operai e dei contadini, il rilancio della politica petrolifera e di quella siderurgica, la creazione di nuovi posti di lavoro naturalmente riservati ai cittadini americani. Nel suo discorso ha rivendicato che queste sono politiche da lui decise perché è lui che ha assunto la responsabilità del comando. Naturalmente con procedure democratiche previste ed attuate anche dai suoi avversari. SEGUE A PAGINA 27 NEI IEMPI BUI DEL POPULISMO RENZI DEVE ACCELERARE UESTO significa che la sua presenza al vertice come anche la sconfitta della Clinton sono state raggiunte con le procedure liberali dell'elezione presidenziale. Ha aggiunto che la sua politica riguarda tutti e non soltanto le categorie e gli Stati che si sono dichiarati a lui favorevoli. Per quanto riguarda infine i movimenti populisti europei, Trump sarà in buoni rapporti personali con alcuni di loro ma non sarà certo lui che li piloterà; sono conseguenze del suo ingresso alla Casa Bianca; vede quelle conseguenze con simpatia ma rispetta la loro autonomia. Per quanto riguarda la sua America, sarà vicino a tutti, l'ha ripetuto più volte e così sarà vicino ai movimenti europei che dalla nuova America saranno incoraggiati nelle nazioni dell'Europa. L'Italia è uno dei Paesi in cui la vittoria di Trump ha avuto conseguenze positive: sulla Lega di Salvini, su Meloni, e soprattutto su Grillo. In diverso modo anche su Berlusconi. Anche lui, ai suoi tempi, ha governato senza un partito: Forza Italia fu formata dai funzionari di Publitalia ai suoi ordini. Gli unici e ascoltati consiglieri sono Gianni Letta e Fedele Confalonieri. In molte cose Berlusconi somiglia a Trump, fatte le debite proporzioni tra chi è al vertice dell'America e chi per circa vent'anni è stato non il solo ma tra i più importanti leader italiani. I grillini, come si è già detto, sono molto vicini alle posizioni di Trump ma tra loro c'è una profonda differenza: Trump oltre ad essere molto ricco in proprio ha anche contatti stretti con i maggiori banchieri e imprese finanziarie di Wall Street; i grillini invece non hanno nessun contatto col mondo degli affari e le sole risorse provengono dagli stipendi parlamentari. Questo merito va loro riconosciuto. Uno dei motivi per i quali Trump ha ottenuto la sua vittoria è stato l'attacco all'establishment americano da parte dei disoccupati, dei sottopagati, delle periferie sociali che ci sono in tutti i Paesi. La sconfitta elettorale di quella classe dirigente dà luogo ad un intervallo (molto breve) dopo il quale una nuova classe dirigente prende il potere. Naturalmente il fatto che le masse rabbiose abbiano manifestato anche i motivi della loro sofferenza provoca nella nuova classe dirigente politiche che tengano conto dei disagi esistenti e quindi siano orientate soprattutto a attenuarli o addirittura ad abolirli. La classe dirigente c'è sempre dopo brevissimi periodi di intervallo, ma cambia la linea politica del Paese, una volta vanno al potere i conservatori, un'altra volta i progressisti e riformisti. Poco tempo fa c'è stato su questo giornale un dibattito sull'argomento. Alcuni, tra i quali io stesso, sostenevano che l'oligarchia fosse la forma inevitabile della democrazia: comandano in pochi e adottano una politica che soddisfa i molti che li hanno votati. Questa è la democrazia oligarchica, altre forme democratiche non esistono, esistono però altri regimi e cioè la dittatura e l'anarchia. Nella storia del Novecento i dittatori sono stati la conseguenza inevitabile di fasi di grande confusione politica. Così avvenne in Italia con Mussolini, in Germania con Hitler, in Spagna con Francisco Franco e in Russia con Lenin e poi Stalin. Inutile dire che le dittature sono state un periodo terribile nella storia delle nazioni, hanno alimentato guerre interne ed esterne per il mantenimento del potere. Richiamo qui questo dibattito perché un Paese democratico e che tale voglia restare è guidato inevitabilmente da una classe dirigente la quale accetta di essere criticata ma assume la responsabilità di governare in un sistema democratico. Conviene a questo punto tornare alla situazione italiana. C'è un establishment intorno a lui? Questo establishment è molto ristretto e il potere renziano, sia come presidenza del Consiglio e sia come segreteria del partito di maggioranza, è alla vigilia di una crisi che porterà un nuovo gruppo dirigente, oppure Renzi è un innovatore che ha certamente commesso errori ma governa soltanto da tre anni? Tra gli italiani c'è una massa crescente che manifesta la sua rabbia sociale e c'è anche una dissidenza, sia pure molto limitata numericamente, all'interno del suo partito. Si sta dunque prefigurando un'ipotesi di crisi ed una vittoria del No referendario? In questo momento i sondaggisti danno i No in maggioranza; il Sì starebbe diminuendo il distacco ma il nuovo vertice americano può avere l'effetto in Italia di un aumento dei No e non più per dissenso politico soltanto, ma anche per quella rabbia sociale che non accetta d'esser governata contro i suoi bisogni. Renzi finora ha volutamente ignorato il legame tra il referendum costituzionale e la legge elettorale. Ad un certo punto si è reso conto che quello era il punto delicato del problema e ha nominato un comitato di cinque membri rappresentativi di varie posizioni ma comunque interessati ad elaborare una riforma elettorale adeguata. I cinque membri hanno funzioni di notevole importanza: due sono i presidenti dei gruppi parlamentari di Camera e Senato, uno è il vicesegretario del premier, un altro è il presidente del partito del Pd e un altro ancora proviene dalle fila dei dissidenti. Si chiama Gianni Cuperlo che non è propriamente un antirenziano. Hanno lavorato per quasi un mese e dopo lunghe discussioni hanno raggiunto un progetto comune. Il progetto, avendo ormai raggiunto l'approvazione di tutti i membri del comitato, è stato sottoposto a Renzi e da lui approvato. Ne dette notizia qualche giorno fa nel corso di un discorso comiziale in favore dei Sì referendari, leggendo anche il comunicato che i cinque avevano stilato. Dopo quella sua pubblica adesione alla riforma elettorale proposta dai Cinque non ne ha più parlato. Sembrerebbe a questo punto che la sua adesione ci sia stata ma poi l'ha mandata in soffit- ta. E un grave errore al quale ci auguriamo ponga riparo al più presto. Il rafforzamento dei populismi e del grillismo in particolare richiede che la riforma elettorale venga molto spesso illustrata rinnovando il più frequentemente possibile la volontà del governo di effettuarla. Personalmente non sono né di sentimenti renziani né antirenziani, ma mi rendo conto che se il premier fosse costretto alle dimissioni a causa di un No vincente, si aprirebbe un periodo di estrema difficoltà per il nostro Paese con una netta diminuzione della governabilità e una instabilità in Europa. Il rischio del ballottaggio nelle elezioni italiane darebbe una molto probabile vittoria al Movimento Cinquestelle. Potete immaginare l'ipotesi di un grillino che debba governare l'Italia intera e rappresentarci in Europa e nel resto del mondo. È un'ipotesi da incubo, ecco perché la legge elettorale va cambiata, il ballottaggio abolito oppure attuato non tra liste uniche bensì tra liste apparentate. Renzi conosce certamente la legge De Gasperi del 1953 e gli apparentamenti della De con altre liste e un sistema elettorale proporzionale. La De non si presentò mai sola alle elezioni con alleati che di tanto in tanto cambiavano. Fu alleata con tutti, prima con i cosiddetti partiti minori e laici, poi con i socialisti guidati da Nenni e De Martino ed infine con i comunisti di Berlinguer, pochi giorni prima del rapimento e poi dell'uccisione di Aldo Moro, il principale regista di questi mutamenti. Renzi conosce bene questa storia ed io forse un pó meglio di lui perché l'ho direttamente vissuta. Perciò si sbrighi sul ballottaggio, sul sistema proporzionale e sugli apparentamenti con altre forze politiche affini alle posizioni del Pd. Con i tempi bui di un demagogo alla Casa Bianca gli errori non corretti immediatamente possono diventare incubi. Nella vita ed anche nella politica l'incubo è quanto di peggio possa accadere. Bruno Manfellotto Questa settimana www.lespresso.it - @bmanfellotto Il Pd è entrato nel suo decimo anno, ma è ancora sospeso tra due visioni del mondo. Mentre cresce il malcontento incapace di proporre soluzioni Hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato sinistra NELL'ANNO DEL SIGNORE 2016 - quello del quantitative easing, dei migranti, della Brexit e del fenomeno Trump l'incubo scissione di un Pd dall'altro è stato già evocato sei volte. A febbraio arriva per bocca di Miguel Gotor, spin doctor di Pier Luigi Bersani. A marzo ricompare dopo una bellicosa intervista di Massimo D'Alema al Corriere della Sera. A giugno spunta dietro il «lanciafiamme» minacciato dal leader. A settembre coincide con la nascita dei comitati per il no al referendum, D'Alema sponsor. A ottobre piomba nella direzione del partito, dove Bersani sfida: «Per mandarmi via ci vuole l'esercito». A novembre vola tra i tavoli della Leopolda del «fuori, fuori». E a dicembre, a urne chiuse, se ne parlerà ancora, vedrete. Come se la sinistra, di cui il Pd è tuttora l'azionista di riferimento, riuscisse ad accendere gli animi solo con la battaglia per il congresso, per la leadership, per il premier. Di cui la «scissione», ci sia o no, è arma determinante. Naturalmente in nome del «popolo di sinistra». E l'unica strada? Be', l'altra è eliminare il leader: D'Alema sgambettò Prodi; ancora lui, d'accordo con Bersani, licenziò Veltroni, che pure guidava il Pd del 33 per cento; in quanto a Renzi, fa testo l'indimenticabile «stai sereno» rivolto a Enrico Letta. Ora lo schema si ripropone. Senza rendersi conto che questo defatigante scontrarsi sull'ordinaria amministrazione trasferisce su ciascuno di noi un'instabilità che invece è tutta dentro il Pd; fa sospettare al "popolo di sinistra" che le riforme c'entrino poco e spinge tanti verso il rifiuto del voto o in braccio a movimenti che fanno della protesta "contro la politica" la loro unica cifra. Quali vantaggi possa portare questo vano agitarsi, non è chiaro. Nel caso del referendum, per esempio, una vittoria del Sì taglierebbe le unghie ai leader della Ditta; ma anche la tanto agognata affermazione del No non li premierebbe più di tanto visto che su quel fronte combattono forze agguerrite - Grillo, Berlusconi, Salvini - pronte a rivendicare il loro contributo. Per non dire di ciò che resta della sinistra radicale: in pochi anni Rifondazione comunista ha generato Sel che ora, per volontà del suo stesso leader Nichi Vendola, sta per confluire in un nuovo partito, Sinistra italiana, al quale però non aderiranno i sindaci arancione tentati dall'idea di un proprio movimento... EPPURE , LA NASCITA del Pd sembrava destinata a inaugurare un nuovo corso: recintando il campo, prendendo atto che il comunismo era stato spazzato via della fine delle ideologie, scegliendo l'opzione del riformismo (socialdemocratico e cattolico), cercando una politica capace di guardare avanti senza però tagliare le antiche radici. Una nuova idea di sinistra. Ma alla fine è proprio su questo che si è arenato il Pd, e con esso il maremagno di siglette e leaderini che gli si muovono intorno. Nello stesso tempo crescevano i movimenti del malcontento, trasversali e senza memoria, capaci però di orientare interi blocchi sociali (specie i giova- ni) trasferendoli dal mare della politica alle secche dell'antipolitica. Nove anni dopo (compleanno il 14 ottobre), il Pd è sospeso in un limbo, sempre in attesa di un evento-palingenesi (stavolta il referendum), incerto tra due diverse visioni del mondo e del partito, tra la rottamazione annunciata dal leader e il sogno degli ex di riprendersi la Ditta: l'uno teso ad affermare definitivamente la sua leadership, gli altri decisi a contestarne addirittura la legittimità. In quanto alla sinistra radicale, si attaccano al ritorno di una legge proporzionale utile a riportarli tra i banchi del Parlamento. COSÌ STANNO LE COSE . E non consola pensare che la malattia sia europea: quasi ovunque la sinistra ha lasciato il campo alla destra, o a movimenti di protesta che non si richiamano ai tradizionali valori della sinistra; o è costretta alla convivenza (Germania, Spagna); o, dove è ancora al governo (Italia, Francia) soffre, fatica, si divide. Né basta leggere gli eventi come esito della débâcle economica più lunga del dopoguerra; di un inimmaginabile esodo di popoli; degli egoismi sociali; della crisi del welfare non più porto sicuro, ma diritto minacciato; del divario tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, tra esclusi e integrati. Ma ieri questo era il campo proprio della sinistra. Oggi non riesce ad arginare insicurezza e sfiducia, virus dannosi dei quali si pasce la non politica. Prontissima a segnalare problemi, ma incapace di risolverli. 17Sspres.o 13 novembre 2016 53 Denise Pardo Pantheon www.lespresso.it @pardo_denise I Palazzi della nobiltà papalina e i circoli della vecchia destra apprezzano molto la sindaca Raggi. Con buona pace dei grillini doc (e furibondi) È gran festa nella Roma nera SECONDO UN FANTA-SCENARIO di cui si parla nella Capitale su Virginia Raggi sarebbe stata lanciata un'opa politica prima delle elezioni amministrative. E non da parte dei grillini. Per seguire il percorso non vanno disturbati esperti dell'Ispi, non è necessario un test QI. Elencati in ordine tracce e noti fatti la questione per la sua linearità non avrebbe bisogno di Miss Marple. LA CANDIDATA inizia la carriera forense nello studio dell'avvocato Cesare Previti. Ma dimentica di segnalarlo nel curriculum ritenendolo, si giustifica, particolare poco importante al pari del nome delle famiglie dove ha fatto la baby- Bitter. Visto il paragone, la considerazione di Raggi verso la professione di avvocato non è proprio da cinque stelle. DALLO STUDIO PREVITI allo studio di Pieremilio Sammarco il passo è breve. Alessandro, il fratello di Pieremilio, ha difeso Previti e Berlusconi. Carlo, il papà dei due, fede andreottiana, nominato eminente presidente della Corte d'Appello aveva festeggiato nel fastoso attico di Previti. Un gruppo di cari amici. ASCESA AL CAMPIDOGLIO , tra difficoltà, rifiuti e altrettante polemiche, la sindaca prova a comporre il raggio magico. Al Bilancio, ma solo per 24 ore (dato che risulta indagato) e all'ennesimo tentativo Raggi nomina assessore Raffaele De Dominicis, ex giudice della Corte dei Conti. Peccato che lui racconti, candido, al Corriere di esser stato contattato non dalla sindaca o dai suoi collaboratori. Ma da Pieremilio Sammarco che nega, grida al complotto, e alla fine concede d'essere al massimo un dispensatore di consigli. NEL FRATTEMPO all'assessorato dell'Ambiente è approdata Paola Muraro. La nomenklatura trasecola. Non è mica una novella grillina. E la storica consulente dell'Ama dell'ex plenipotenziario Franco Panzironi, uomo di totale fiducia dell'ex sindaco Alemanno (che da ministro dell'Agricoltura lo consacra segretario generale dell'unire), figura chiave del processo Mafia Capitale e coinvolto come Muraro nell'inchiesta su reati ambientali. Un simpatico ambientino. Si MATERIALIZZA L'UOMO forte dell'amministrazione. È Raffaele Marra, ex direttore all'Unire a fianco di Panzironi - tutto si tiene - che l'allora sindaco Alemanno piazza alla direzione dell'ufficio per le Politiche abitative. In una strepitosa intervista ai giornalisti del Fatto Antonio Massari e Valeria Pacelli, Marra si lascia andare: «Panzironi? Una brava persona e un bravo professionista». Nel pantheon dei suoi affetti spiccano Mauro Masi, ex dg Rai by Berlusconi, che gli firma una consulenza da 150 mila euro lordi e Renata Polverini che da presidente della Regione Lazio gli offre poltrona e mega ALTRO CHE GIORGIA MELONI , PASIONARIA DELLA GARBATELLA. VIRGINIA E I SUOI AMICI DANNO GARANZIE DI CONTINUITÀ MOLTO PIÙ SOLIDE deleghe «Era molto preparata», sostiene lui, per forza. Quando subentra il prudente Nicola Zingaretti Marra esce di scena e spiega «non ha voluto lavorare con me». DI LUI I GRILLINI purosangue farebbero volentieri polpette e premono perché Beppe Grillo convinca Raggi a rottamarlo. La sindaca resiste, accetta solo di spostare Marra da un ufficio all'altro. Tanto, come sanno pure le oche del Campidoglio, non è solo il ruolo a creare il potere ma anche il carattere e, soprattutto a Roma, le relazioni. Il rebus è: Raggi non vuole o non può escludere Marra e i suoi cari? INTANTO SUCCEDE l'impensabile. Ignorando la direttiva europea, il consiglio comunale vota il rinnovo delle concessioni dei posteggi per gli ambulanti, in maggioranza sotto licenza della famiglia Tredicine, già indagata come Panzironi in Mafia Capitale. Per la gioia sparano bengala Alemanno e Francesco Storace. Ora fervidi grillini? RICAPITOLANDO . Al momento, sul monte Capitolino i filoni d'oro sono i circoli previtiani e i club alemanniani. Tanto che Raggi registra un crescendo di fan nei templi della Roma nera, nei palazzi della nobiltà, un'unanimità, altro che Giorgia Meloni si dice. Secondo il fanta-scenario di chi conosce l'antropologia della politica capitolina, la sindaca è stata da tempo individuata e sostenuta alle elezioni sperando che rappresenti la continuità. Con buona pace dei grillini doc e furibondi. Dopo il trasformismo è arrivato il mimetismo? 17Sspres.o 13 novembre 2016 45